Ali di insetto

di korime
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo-Teca per farfalle ***
Capitolo 2: *** L'autodistruttore ***



Capitolo 1
*** Prologo-Teca per farfalle ***


Laboratorio scientifico Truppe anti-demone
 
-Pulsazioni?-
-Stabili dottore.-
Che cosa stavano dicendo?
-Gli esami del sangue mostrano particelle anomale estranee ai globuli rossi e alle piastrine, appaiono di un colore verde acido.-
-Disgustoso.-
-E’ stata portata qui insieme ad altri elementi, c’è una ragazza con un corpo tumefatto e delle sporgenze simile alle bocce di un polipo.- altre persone? C’erano altre persone in trappola come lei?
Aprì gli occhi finalmente, senza riuscire a capire bene se quello che avesse sopra alla sua faccia fosse un tetto o una lastra di ferro. Era un soffitto fatto di lastre di metallo, ci era andata vicino
-Si è ridestata.- era vero ma aveva la vista molto annebbiata, riconobbe solo un camice bianco addosso a qualcuno, lo sentì trafficare con qualcosa di metallico su un ripiano proprio accanto al suo viso.
Provò a muoversi ma aveva gli arti formicolanti e immobilizzati
-Cerca di stare ferma. A quanto pare gli insetticidi funzionano con te, non ti uccidono ma ti paralizzano adeguatamente.-
-Io non sono un insetto.- disse con la voce spezzata dal pianto ma anche impastata da quella brutta sensazione che sembrava un post sbornia da sonniferi
-No certo, tu sei molto peggio.- rimane immobile, deglutendo. Disgustata era la voce di quell’uomo, disgustata dal suo aspetto, da quel nuovo aspetto che a lei non era sembrato nemmeno tanto male all’inizio. Il medico le mandò un’occhiata al corpo interamente nudo, ora coperto da segni verdi simili a ghirigori tracciati su un foglio da un bambino armato di pastello verde. Sarebbero stati ancora belli se non avesse avuto, ora, cicatrici di bisturi, bruciature e forbici ad accompagnarli.
Sbatté le palpebre voltandosi a guardare quello che aveva ancora attaccato alle sue scapole.
Chiodi impregnati di insetticida le imprigionavano a quel tavolo da laboratorio dove lei era solo una rana da vivisezione
-Ora vediamo queste ali tesoro.- che falso tono zuccheroso aveva quell’uomo. Lei lo guardò terrorizzata mentre avvicinava quella pinza alla membrana azzurra che componeva la sua parte non umana. La giovane osservo le punte dentate di quell’arnese da tortura avvicinarsi alla sua ala inchiodata
-Per favore no.-
-Voi demoni non avete il diritto di chiedere la pietà, non siete nemmeno bestie, siete creature immonde. Sai?! Io adoro gli animali, ho ben due cani a casa, o almeno li avevo prima che due di voi li sbranassero come spiedini di pollo fritto.- la ragazza scosse il capo lasciando scivolare le lacrime calde dai suoi occhi  color nocciola –Proprio per questo non vi considero nemmeno animali, ma solo aborti che la natura ha sputato via perché troppo disgustata da voi.- pose una mano sulla membrana e poggiò le punte dentate della pinza su di essa
-Io non … non sono stata … io sono un essere umano, lo giuro, una ragazza normale.- boccheggiava a stento ogni parola
-le tue ali da insetto dicono tutt’altro piccolo tesoro.- i denti di quell’arnese, come un mostro famelico, afferrarono un lembo interno della membrana e staccarono via con decisione, un colpo secco e per lei fu come sentirsi strappare via un pezzo di pelle dal braccio. Urlò e gemé annaspando ancora per via nella mancanza di fiato che l’ansia le aveva procurato
-Vediamo che cose interessanti troveremo da questo campione.- disse l’uomo infilando il pezzo di ala strappato in un barattolo come da esposizione. Ormai lei ci vedeva bene ma le lacrime le rendevano tutto annebbiato
-Casa … voglio … mia mamma.-
-Quei traditori sono stati arrestati insieme ad altri traditori del nostro genere.-
-Pensi dottore, in mezzo a loro c’erano anche i coniugi Makimura.- uno degli infermieri parlò come se stesse rivelando chissà quale notizia. Il dottore sospirò quasi deluso
-Ormai a questo mondo non puoi dare fiducia nemmeno alle persone apparentemente oneste.- si pulì gli occhiali con fare rammaricato ma era evidente un sorriso quasi gioioso, come di un bambino, sulle sue labbra accerchiate di baffi brizzolati
-Cosa ne facciamo nel mostro ora?-
-Analizzate il campione di ala e controllate che abbia affinità con una vera farfalla. Ora raccogli un lembo di pelle nelle zone colorate di verde e vediamo cosa troviamo. Voglio vedere che tipo di cellule compongono questi mostri.- a quelle parole la ragazza urlò di nuovo e per poco le sue braccia non si sollevarono dal freddo metallo della barella che le faceva da letto, e forse presto, da tomba stessa
-Oh per Dio, si sta per riprendere?- esclamò l’infermiere
-Fai in fretta e dopo sopprimila, non ho intenzione di sprecare altro materiale per immobilizzarla, c’è un intero reggimento di insetti oltre a lei.- l’infermiere si avvicinò alla prigioniera bloccandole il braccio che aveva tentato di muovere. Prese la piccola cesoia dal banco di lavoro e questo fu una pessima mossa.
La mano della ragazza demone si aprì e l’infermiere si trovo il braccio invischiato in una materia bianca e candida ma di consistenza appiccicosa che gli bloccò il braccio fino a espandesi lungo il polso e la mano
-Maledetta puttanella.-
-Presto strappala via, è ancora troppo debole perché sia efficace contro di noi.- il dottore, che aveva avuto già modo di analizzare quella strana sostanza, diede quell’ordine che non tardò ad essere eseguito dal suo sottoposto che si strappo via di dosso la materia bianca e vischiosa con il solo uso della mano libera. Solo qualche frammento gli rimase appiccicato al manico del camice da laboratorio ma non era un problema. Se li sarebbe tolti con calma buttandoli poi nell’immondizia insieme al cadavere di quel mostro dall’aspetto di giovane donna unito ad una farfalla
-No, no vi prego.- ormai era un fiume in piena lei. Un fiume di lacrime e respiri soffocati mentre sentiva di nuovo la sensazione pungente di una lama che invadeva la sua pelle giovane. Ribellarsi di nuovo sarebbe stato inutile, che fare se non accettare quel destino? Stavolta, almeno, sarebbe stata l’ultima …

Ricordava solo un boato immenso. Un urlo strozzato e un rumore sordo di qualcosa che cade a terra sul bagnato. La giovane chiuse gli occhi mentre la polvere e i detriti di piccola dimensione volavano anche vicino a lei
-Cosa … - l’infermiere ora le dava le spalle e tremava, con le mani strette alla sua barella e la cesoia proprio ai suoi piedi
-No, fermo … - guardava qualcosa e lei provò a seguire il suo sguardo. C’era qualcosa tra il fumo e le macerie dell’ingresso del laboratorio
-Voi … - una voce profonda, animalesca e umana allo stesso tempo. le fece gelare il sangue nelle vene
-No, questi non sono compagni tuoi, sono mezzosangue non vedi? Sono solo scarti non centri nulla con loro.- l’infermiere non parlava propriamente, urlava più che altro. La figura si mostrò meglio alla sua vista senza volerlo. Lo osservò e il sangue gelato divenne brina.
Un corpo perfetto di muscoli e possenza, appartenente a qualcosa che era anche meno umano di lei. Occhi profondi e famelici risaltavano su un capo nero ornato di corna a forma di ali di pipistrello. Le forzute gambe ricoperto di pelo nero di animale camminavano verso di loro lasciando oscillare dietro a sé la lunga coda. Più che chiedersi chi fosse, lei avrebbe voluto chiedersi cosa fosse. Se lei appariva mostruosa agli occhi delle persone, come poteva apparire quell’essere?
Sguainò i denti il nuovo mostro, lasciando vedere per bene le zanne aguzze che sorridevano affamate e divertite
-Dovrei ammazzarvi senza ripensamenti.- possibile che in quella voce demoniaca sentisse uno straccio di anima? E perché le arrivava così vicino al cuore? Come se la facesse sentire protetta in quel momento e allo stesso tempo terrorizzata
-No … no … - l’uomo si mosse attorno alla barella e tremava così tanto e si muoveva così goffamente da far cascare a terra tutti gli strumenti di tortura che erano posati lì accanto apposta per lei. Il possente demone saettò come se si fosse più che altro teletrasportato e agguantò la testa dell’uomo
-Non ho tempo … ora.- furono le parole che lei udì prima di vedere la testa dell’uomo svuotata del suo contenuto sul suolo, con il solo ausilio della mano possente di quel mostro. Fu secco e veloce come se nemmeno lui volesse farlo in modo convinto, come se ci fosse il rischio che ci ripensasse, ma quella scena la fece di nuovo urlare di terrore.
Ora toccava a lei? Era come lei? O era uno di quei mostri che avevano sbranato tutti i suoi compagni di classe proprio due giorni prima?
La guardò e pesante fu quello sguardo addosso al suo viso, alle sue ali e al suo corpo sfregiato
-Andiamo via.- una voce squillante e femminile arrivò dal ingresso distrutto della sala operatoria. Lei distinse una ragazza dai corvini capelli corti e il corpo sfigurato da un essere simile ad un aborto di polipo. Lei in qualche modo la riconobbe. Era su quel enorme camion dove era stata trainata dentro con la forza. Tra tutte quelle che erano con lei, quella ragazza polipo era la più tranquilla, o meglio, la più rassegnata.
L’enorme uomo diavolo si avvicinò ulteriormente e la squadrò ancora, sfiorandole il corpo ferito con il suo artiglio.
-Che … cosa vuoi?- per un istante aveva quasi creduto di avere salva la vita ma effettivamente non c’era nulla che le aveva garantito ciò, se non il fatto che avesse ucciso i suoi aguzzini.
E poi, in fondo, che vita poteva salvare? Una vita a fuggire, nascondersi? Non aveva più modo di nascondere quelle ali tanto appariscenti per tutta la vita. Era così fondamentale salvarsi in un mondo che ormai la vedeva come bestia, mostro … demone? Un mondo allo sfacelo e sull’orlo dell’autodistruzione
-Stai bene?- Le domandò il diavolo, e la sua voce le apparve meno profonda e minacciosa, almeno rivolta a lei. Lo guardò pensando quasi che fosse un sadico modo per burlarsi di lei prima di mangiarle la testa
-No.-
-Lo immagino.- la sua mano artigliata estrasse con decisione i chiodi che le imprigionavano le ali. Il movimento fu secco e doloroso e non potè trattenere altre grida e gemiti di dolore, ma le sue ali di farfalla demone si mossero libere fino a coprirle il corpo nudo, cosa che le braccia ancora non potevano fare
-Non avere vergogna.- lo guardò ancora ansimando, stanca per il troppo dolore subito. Il suo aspetto stava mutando. Le sue strane corna e il suo capo scuro stavano diventando una folta chioma mora, scura, più scura anche di quella di lei, avrebbe detto neri. Anche i suoi spaventosi occhi mutarono, divenendo neri e accerchiati da profonde occhiaie che, insieme alle sopracciglia folte, donavano al suo sguardo la capacità di mantenere comunque quell’aspetto ombroso e quasi animale. La pelle era un po’ abbronzata sul fisico ancora perfetto e scultoreo, segnato solo da due segni che gli sfregiavano le spalle da dietro le costole fino a sopra i pettorali. La sua altezza, comunque, diminuì di qualche centimetro ma non era, per questo, troppo meno imponente di come apparisse prima. Era umano adesso? Oppure no? sembrava quasi più demoniaco adesso anche se era una esagerazione dirlo e pensarlo.
Le faceva ancora paura, e non aiutò di certo il sorriso decorato di canini quasi vampireschi che lui le stava mostrando
-Starai meglio tra un po’.- allungo le mani su di lei e le aprì le ali facendola arrossire nel sapere di essere totalmente nuda ai suoi occhi. La ragazza dai capelli corti non pareva essere della stessa preoccupazione, si guardava attorno spaesata e spaventata, sicuramente pensierosa all’idea che qualcuno potesse avvicinarsi. Eppure lei non temeva questo, era come essere davanti al diavolo in persona che nemmeno un intero esercito armato avrebbe potuto fermare.
Lui le afferrò le braccia ancora addormentate e formicolanti e le sollevo il busto
-Non puoi camminare vero?- lei lo guardo in quegli occhi, rimanendone pietrificata
-Vuoi mangiarmi?- domanda a bruciapelo che le servì solo per sapere se stava effettivamente per morire
-Non stai ragionando più dico bene?- lui sorrise, ora quasi dolcemente –Se avessi voluto mangiarti non ti avrei liberata, non mi sarei disturbato a farlo dico bene?- le sfiorò la fronte, calda e sudata. Lei continuava a fissarlo e il suo cervello viaggiava a mille
-Ti conosco?-
-Non penso.- rispose secco lui e le passò le mani sotto i glutei sollevandola dalla barella e posizionandosela tra le braccia. Lei smise di preoccuparsi della sua intimità violata dagli sguardi di altri e si strinse alle sue spalle
-Non so il tuo nome compagna.- le domandò
-Compagna?- guardo di nuovo la ragazza che li attendeva davanti all’ingresso distrutto –Noi siamo … compagni?-
-Sei un umano?- le domandò
-Non più.-
-Ma non sei un demone.-
-No, e mai lo sarò, o forse sì?- lui scosse il capo rassicurandola –Sei un Devilman, come noi, e insieme a noi, lotterai, da viva, non da cavia da esperimento.- si avviò finalmente verso l’uscita portandola con sé senza la minima fatica, come se portasse tra le braccia un cuscino di piume
-Il tuo nome bambina?-
-Guarda che ho 15 anni.- lui rise rassicurandola ulteriormente.
Nome … quel nome non le serviva più, tanto valeva gettarlo via
-Chou.- fu la prima cosa che le venne in mente. Ridicolo
-Che nome scontato.- appunto
-Lo so.- lei pose la guancia sulla sua spalla, era comoda –Non mi so inventare di meglio.-
-Il tuo vero nome lo lascio dentro la tua testa fino a quando lo riterrai opportuno.- che animo comprensivo.
Devilman, un uomo diavolo. Anche lei lo era? Ma quella persona non sembrava avere un diavolo in corpo, sembrava così umano, così terreno
-Sentiamo il tuo nome scontato.- gli domandò, quasi in procinto di addormentarsi mentre lui superava il cadavere del dottore e i detriti dell’ingresso
-Akira Fudo.- rispose l’uomo diavolo.
 

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Capitolo 2
*** L'autodistruttore ***


Chou guardava verso la distesa infinita di cielo, attendendolo, più di tutti gli altri. I Devilman si erano riuniti come un corpo solo attendendo l’arrivo di quello che ormai era il loro leader, il primo di loro, il primo e l’unico che era diventato ciò che era perché aveva scommesso il tutto per tutto, mettendo la sua vita come pegno scommettendo per la riuscita della loro vittoria.
Chou aveva guardato nei suoi occhi fieri e convinti e aveva visto non solo decisione e voglia di combattere, ma anche qualcosa per cui farlo.
Forse … qualcuno?
-Perché te ne stai sempre così in disparte?- le sue ali si rizzarono per un secondo in allerta. Succedeva sempre quando sentiva qualcosa alla sprovvista. Si volse e dietro di lei vide Miko, stanca ma sorridente, poco coperta nei suoi abiti alla moda
-C’è troppo rumore là giù. Tutto questo parlare di attacchi e di guerre mi mette paura.- Miko si mise seduta accanto a lei sul bordo del promontorio da cui si vedeva in lontananza la città ancora civilizzata che presto non lo sarebbe stata più
-Sei sempre ferma a guardare il cielo aspettando di vederlo volare qui.- lei non arrossì ne si imbarazzò, ne negò nulla, perché farlo poi? Cosa c’era di sbagliato o di inopportuno? Miko la guardò con un velo di tristezza sugli occhi –Potrebbe farti male sai?-
-Me ne sta già facendo.- Chou rise giocando con una ciocca di capelli  mentre il vento le sollevava lievemente la gonna del vestito
-Perché sorridi sempre?- Miko parve innervosirsi e Chou la guardò stupita
-Cosa?-
-Perché sorridi anche quando non vuoi farlo? Sei irritante.- si stiracchiò le braccia incrociandole poi dietro al basco che le copriva la testa. Chou si grattò il capo imbarazzata
-Se non rido almeno un po’ finisce davvero il mondo ai miei occhi.-
-Il mondo finirà comunque che tu rida o pianga.-
-Sei sempre così dura e rude, l’esatto opposto di me, eppure quel giorno eri tremante e spaventata esattamente come lo ero io.- la guardò aspettandosi una occhiataccia che non tardò ad arrivare dalla donna polipo
-Stai andando troppo oltre Chou, e dire che ero venuta qui perché mi preoccupavo per te.-
-E ti sono grata per questo.- Miko si distese sul suolo arido e polveroso come se ormai fosse abituata alla vita all’aperto. La verità era che lo aveva in qualche modo accettato e la luce attiva e quasi rabbiosa dei suoi occhi fece pensare a Chou che era anche molto piena di vendetta nella sua testa.
La rabbia per gli umani. Razza di cui entrambe un tempo erano componenti. Lei cosa provava per loro?
Sicuramente provava pena, quello era certo. Aveva constatato quanto le persone fossero diventate meschine verso il prossimo da quando quella apocalisse era iniziata, e lo aveva visto prima ancora che quel demone dalle ali di farfalla si fondesse con lei.
Figli cacciati dai genitori per crisi di paura nate dal nulla e viceversa. Ad esempio, lo aveva visto fare ai suoi vicini. Il ragazzino aveva appena undici anni ed era rimasto davanti casa per due giorni, piangendo e pregando di entrare, ma le sbarre del cancelletto erano rimaste serrate e i due coniugi erano rimasti dentro casa senza nemmeno sporgere il naso dalla finestra.
Il ragazzino se ne era andato alla fine, infreddolito e affamato. I suoi genitori non avevano acconsentito a farlo entrare.
“E se i genitori avessero ragione? I demoni paiono avere una certa passione per i corpi dei bambini.” Non avevano avuto alcuna conferma della cosa se non da qualche notiziario in tv.
Chou lo aveva visto andare via e da una parte, il suo cuore umano ne aveva trovato sollievo. Non si sarebbe più dovuta dannare della cosa
“Sarà stato ucciso dopo nemmeno un giorno?” O magari era là in mezzo come Devilman anche lui.
Provava anche tanta paura però, il genere umano si stava rivelando più pericoloso dei demoni stessi che ora sembravano in fase di stallo ad osservare i Devilman e gli umani distruggersi tra loro come in un gioco Voyerista perverso.
Chou sospiro chiedendosi se quei giorni sarebbero mai tornati. Se così non fosse stato … avrebbe voluto essere con …
-Akira.- le ali si spalancarono sulla sua schiena come antenne di insetto che captano qualcosa. Si volse e si alzò da terra correndo verso il gruppo di Devilman che attendevano il loro capo e lo osservavano con orgoglio trionfo mentre si avvicinava a loro.
Chou cerco di trattenere l’emozione ma per lei era difficile. Miko la affiancava e forse non sapeva se osservare Akira che si avvicinava o lei che quasi tremava di gioia.
Chou superò tutti i suoi nuovi compagni, sbatacchiando qua e là le sue ali che forse sfiorarono qualcuno. Corse incontro a lui e si gettò tra le sue braccia senza riflettere.
Vergogna? Pudore? A che servivano in un mondo come quello ormai?
Accettazione? Forse era l’unica cosa valida. E lei doveva averne tanta, in ogni senso.
Akira la strinse, sicuramente stupito da quel gesto. Le accarezzò i capelli e sembrava che si trattenesse, come se volesse solo mostrare un lato fraterno senza esserne del tutto convinto
-Ben tornato.- disse Chou tra i tremiti e le guance rosse
-Non ci speravi?- rise lui divertito. Lei si spostò da quel calore bello quanto inumano, senza alzare gli occhi verso di lui
-Ci spero ogni volta.- a cosa si riferiva realmente? Nemmeno la sua testa sapeva risponderle. Lui le accarezzò il capo e tenendola accanto a sé parlò al resto dei mezzi demoni davanti a lui
-Possiamo combattere questa guerra.- era sicuro. Alzò il pugno verso il cielo ringhiando con i suoi denti aguzzi che ormai aveva anche nella sua forma umana
-L’esercito degli umani si è armato fino ai denti.- disse qualcuno
-La squadra anti-demone non è più controllabile. Quanti dei nostri sono stati uccisi?-
-Molti, ma tanti sono stati salvati.- Akira parlò lanciando un occhio a Chou che si pietrificò per qualche istante
-Allora è arrivato il nostro momento?- Miko si fece avanti, affiancò Roku che esultava quasi alla vista di Akira. Il ragazzo la guardò turbato ma si rilassò nel vedere il sorriso compiaciuto di Miko –Il momento dei Devilman qui presenti.- Chou potè vedere le guance di Roku arrossire liete e colorarsi di un sorriso quasi provocatorio
-E’ chiaro, vero Fratello?-
-Dobbiamo attaccare gli umani ora che i Demoni si sono ritirati? La guerra è contro di loro?- domandò qualcuno da una fila secondaria
-Gli umani non ci hanno certo fatto una bella figura contro di noi e contro i Demoni stessi.- Miko si poggiò la mano sul fianco sventolando l’aria con l’altra –Perché preoccuparci di loro?-
-Non avevamo già fatto questo discorso Miko?- Akira avanzò verso di lei di pochi passi tirando Chou insieme a lui come se volesse che ogni membro di quel piccolo esercito ascoltasse attentamente ogni parola che veniva pronunciata, come un solo orecchio di una sola entità
-Certo Akira. Ma cosa possiamo fare? Non solo il corpo anti-demone ma anche molti civili ci danno la caccia.-
-Loro … sono là su.- la voce incerta di Chou si fece udire. Akira e gli altri la osservarono mentre puntava il dito verso il cielo –Sono lì che ci guardano vero?-
-Sì.- Accennò il loro leader tristemente –E attendono la nostra autodistruzione.-
-Aspetteranno che una delle due fazioni sia completamente distrutta e poi ricompariranno per dare il colpo di grazia.- Roku si mise seduto a terra con le mani sulle ginocchia arreso –Loro, miseri bastardi sadici.- Akira lo osservò il silenzio per qualche istante
-Il nostro vero nemico, al momento, non sono ne gli umani ne i demoni, ma solo il corpo speciale.- strinse il pugno sul petto guardando ogni suo alleato negli occhi prima di proseguire
-Coloro che vi hanno trattati come bestie da macello e che stanno intaccando le menti più fragili, sono loro il vero mostro.- ci fu silenzio accompagnato solo da qualche borbottio
-Sei sempre sicuro di questo Akira?- domandò Miko rompendo il silenzio che era diventato quasi opprimente –Potrebbero non essere tanto civili come paiono, anzi, non lo sono affatto e ne abbiamo avuto la prova.-
-Parlando così non fai altro che alimentare le speranze dei Demoni di vincere su di noi. Ogni essere umano può vincere sul demone che ha dentro di sé.- toccò la spalla di Chou facendola sussultare –Anche la creatura all’apparenza più fragile può mostrare una forza che va al di là di quella umana.-
Erano parole che Chou aveva sempre visto come luce colata, forse anche troppo.
Ricordava ancora quel bambino abbandonato da chi aveva il dovere di proteggerlo. Il dubbio e la indifferenza della sua famiglia che si era rifiutata di dare soccorso. Persone amiche e ora nemiche, parenti e ora estranei.
Non sapeva se quelle parole fossero effettivamente così realistiche, forse era lei che stava ponendo Akira su un piedistallo troppo alto. Poteva anche sbagliarsi?
Decise che in quel momento non era importante. Akira le aveva salvato la vita e questo lo rendeva il suo unico mondo ormai, l’unico posto in cui voleva rifugiarsi ora che non aveva più un affetto, una casa, un mondo in cui stare.
Forse era patetica, illusa e triste, ma il mondo non aveva dato prova solo qualche tempo prima di esserlo per intero?
Sentiva lo sguardo di Miko addosso e sapeva cosa stava pensando. Per lei Chou si stava illudendo, stava rischiando di ferirsi e sapevano entrambe perché
-Cosa facciamo quindi come prima mossa? Attaccheremo di nuovo le loro basi?-
-No, per il momento è meglio cercare alleati, persone che possono avere bisogno di noi come noi di loro. Ci sono ancora molti Devilman in giro per il mondo che stanno solo cercando una risposta, una sicurezza su ciò che sono e ciò che possono fare e noi gliela daremo.- altre persone …
Akira la usava spesso questa affermazione. Chi erano quest’altre persone? Chi era?
“Ingenua ragazza, lo sai.”
Non era importante
“Perché illuderti così?”
Non lo stava facendo, ok, forse un po’, ma non era così stupida da non arrivarci, almeno nel profondo di se stessa
-Stai andando di nuovo via vero?- domandò Chou sembrando il più naturale possibile. Lui la guardò e non potè che compiacersi notando come solo con lei, tra tutte quelle persone, assumesse una dolcezza differente, protettiva
“Chissà che tipo di dolcezza dai a lei invece.” Avrebbe voluto saperlo e contemporaneamente voleva evitarlo a tutti i costi
-Sto andando a prendere una nostra alleata fidata.-
-Veniamo con te.- Roku si alzò in piedi stringendo i pugni
-No, non occorre, è una cosa che devo fare io.- le sue ali si spalancarono, ampie come quelle di un angelo ma tenebrose come quelle di una creatura mortuaria. Chou aveva il vizio di paragonarle sempre alle sue, così candide e fragili.
Akira si rivolse a lei abbassandosi col busto per guardarla meglio. Era così piccola rispetto a lui
-Aspettami qui e fammi il favore di calmare i bollenti spiriti di Roku, sempre ammesso che non ci riesca Miko.- le accarezzò le punte ondulate dei capelli scuri
-Lo farò se sei tu che me lo chiedi.-
-Non essere sempre così composta con me. Mi tratti come se fossi il tuo capo.-
-Tu mi hai … -
- … salvato la vita, lo so, ma smettila di sentirti in debito. Tutti voi siete miei fratelli adesso, compagni, ho salvato voi come voi state salvando me.- le scompigliò i capelli sulla nuca –Non sai nemmeno quanto sia così. Essere il primo e credere di essere l’unico con questo fardello, voi mi avete dato una speranza.- Chou spalancò gli occhi, sorpresa nel ritrovarsi a essere intenerita dalla figura di Akira per la prima volta
-Non pensavo che … -
-Non l’ho mai detto a nessuno Chou. Chissà come mai con te mi trovo più a mio agio a parlare.- lei sorrise e cercò di non emozionarsi troppo o almeno di non darlo a vedere. Non era molto, ma se non avrebbe potuto aspirare ad altro, allora avrebbe conservato questo con cura e gelosia, come fosse stata la più grande dichiarazione d’amore.
Un bacio sulla fronte e poi il volo. Lo vide sparire in lontananza e si preparò nel vederlo tornare con qualcuno di prezioso tra le braccia. Qualcuno che avrebbe vissuto ciò che lei non poteva che bramare.

Fu come sentirlo dentro di sé.
Si sentiva bruciare e percepiva una instabilità mentale che non le apparteneva
-Chou.- Miko la chiamo senza muoversi dalle rocce del promontorio. Lei non si fece pregare e corse vicino a lei mentre uno di loro, un demone volante più simile ad un alieno, atterrava davanti a loro, inginocchiandosi poi, stanco per il tragitto
-Akira è impazzito.- Chou si sentì gelare il sangue non appena il loro compagno ebbe pronunciato quelle parole
-Che cosa … - si fece avanti oltre gli altri e si chinò su di lui con mani tremanti afferrandogli le spalle squamose –Cosa gli è accaduto?- il suo compagno semi sconosciuto scosse il capo
-Gli umani … - strinse i denti fino a quasi spezzarsi i canini appuntiti –Purtroppo si è sbagliato.- l’incendio che Chou aveva sentito dentro il suo cuore. Che fosse quello?
-C’è stata una carneficina, sia da parte loro che da parte sua. In questo momento non sembra nemmeno lui e io non ho saputo che fare.-
-E’ l’incendio che abbiamo visto scoppiare da lontano?- domandò Miko. L’altro accennò e una smorfia di dolore interiore comparve sul suo viso sfigurato dal demone che ne aveva preso il corpo ma non l’intelletto. Chou percepì lo stesso dolore raddoppiato di tre volte
-Portami da lui.- ordinò, non chiese
-Chou in questo momento … -
-Fallo e basta, ti prego.- ora lo stava pregando. Quanto aveva pregato nell’ultimo periodo? Ogni cosa, ogni divinità di cui non aveva nemmeno la certezza, ora si trovava a pregare qualcuno che la conducesse da lui. L’altro la guardò come pietrificato per qualche secondo
-Tanto penso che non faccia più alcuna differenza.- quel Devilman appariva così svuotato, come se gli avessero tolto tutto.
Ed era così.
Quando ti tolgono un ideale, una sicurezza, una luce da seguire, quando non hai nulla, una famiglia, una vita che fosse valida da vivere … cosa ti resta?
-Qualcosa è stato tolto anche a lui.- disse Chou inginocchiandosi davanti al suo compagno, al suo simile che, anche se praticamente sconosciuto, condivideva con lei il medesimo destino
 –Gli hanno portato via l’unica cosa per cui lottava, non è vero?-
-Io questo non lo so.-
-Ma senti che è così perché la stai perdendo anche tu, come tutti noi.- Chou trattenne le lacrime e facendosi forza spalancò le sue ali azzurre –Se possiamo riprendiamocelo.-

Fu come guardare nel buco nero del cuore delle persone, ciò che avevano davanti era tutto ciò che ora l’umano incarnava.
Un lago di sangue e cadaveri si espandeva davanti ad una casa in fiamme, il cui incendio si stava dissipando lentamente ma ancora bruciava e lanciava il suo calore sulle loro facce congelate
-Questa è … - Chou sentiva il fiato in gola simile a lingue di fiamme. Faticava a tirare fuori le parole
-E’ la casa de Makimura.- sussurrò Roku al suo fianco. Chou non conosceva quel nome se non tramite i discorsi dei medici che l’avevano imprigionata e torturata, ma aveva capito che era il nome della cosa preziosa di Akira.
Roku piangeva, sussurrando il nome di qualcuno che Chou non conosceva, non poteva sapere che era il nome di un suo fidato amico che sicuramente era morto in quella casa, nel tentativo di proteggere quella persona tanto importante per il suo fratello spirituale, colui che ora stimava fino alla morte. Era voluto venire anche lui ad assistere, sentendosi ora impotente come non mai.
Ryo Asuka era la causa di tutto.
-Quel bastardo.- Pugnale si asciugò gli occhi –Se solo lo avessi trovato, avrei almeno potuto dare giustizia a questo massacro.-
-Non è così semplice credo.- sussurrò il Devilman che li aveva condotti lì.
Chou avanzò qualche passo sentendo le gocce di sangue sfiorarle le scarpe.
Akira non c’era, aveva lasciato dietro di sé una scia di sangue ma era sparito nell’ombra.
E se quella cosa che lo rendeva ancora umano si fosse spezzata?
-Dobbiamo trovarlo.- Chou si volse verso gli altri con occhi spalancati e spiritati. Non c’era molto che potesse fare di certo, ma doveva essere con lui, qualunque fossero state le conseguenze.

-E’ qui.- Yumi rimane immobile davanti alla porta di quel enorme capannone mal’andato.
Era lì che si era rifugiato? Nascondendo forse il dolore?
Chou glielo avrebbe tirato fuori se era quello che doveva fare, ma lui glielo avrebbe permesso?
Ora si sentiva messa da parte più che mai.
Non doveva pensare a questo ora. Non doveva essere tanto egoista.
-Entriamo.- mise la mano sulla maniglia e spalancò la porta –Come lo hai trovato Yumi?- domandò
-L’ho seguito, ma anche se lo chiamavo non rispondeva, era come in tranche. Non ho avuto il coraggio di avvicinarmi e non so perché.-
-Non credo che sia strano Yumi.- disse Miko coprendosi bene il capo con il berretto mentre il freddo di quel giorno aumentava mano a mano che la notte moriva. Il sole non li avrebbe riscaldati.
Dentro era come ci si poteva aspettare, un cumulo di detriti e polvere. La luce delle prime luci dell’alba filtrava dai buchi delle alte finestre e lo illuminavano.
Lì c’era lui, fermo e immobile, come una statua di marmo antica, seduto su un residuo di parete ormai distrutta e corrosa dal tempo. guardava in basso. Per un secondo, Chou ebbe come la sensazione di sentirsi mordere allo stomaco da fauci aguzze.
Non vide Akira in quel posto, almeno per un istante. Vide un cumulo di nebbia nera che formava la sagoma di un demone mostruoso, piegato in avanti, seduto sulla roccia, proprio come lui, ma invece che guardare il vuoto fissava loro con aria di scherno, di sfida, come se sapesse che non avevano il coraggio di avanzare.
Chou si bloccò per un istante e sentì le gambe tremare, ma si smosse mentre le sue ali volteggiavano assieme ai lunghi capelli.
Doveva apparire distaccata intimamente, ma vicina a lui per ciò che gli era accaduto. Come era dura ogni volta quella recita
-Akira … - la visione dell’oscuro demone si era dissolta e vedeva di nuovo quella luce che era il Devilman che le aveva salvato la vita. Una luce, ora, così tetra anche ai suoi occhi, cosa voleva dire?
Akira alzò gli occhi verso di lei e poi guardò gli altri alle sue spalle
-Perché non siete con gli altri?- domandò con voce spenta, una voce che non gli apparteneva
-Credo che tu sappia il perché Fratello.- Roku parlava a denti stretti
-Non era necessario.- Akira si alzò facendo leva sulle ginocchia, con un sorriso in volto deciso e tranquillizzante ma che Chou percepì come estremamente falso.
Si sentiva oppressa e percepiva l’aria pesante e forse anche gli altri dietro di lei lo percepivano
-Akira … noi capiamo che … - Chou provò a parlare
-Capite?- la interruppe bruscamente, senza guardarla e continuava a fissare in avanti come se nemmeno fosse in compagnia –Cosa capite?-
-Sappiamo che non possiamo comprendere il tuo dolore Fratello.- intervenne Roku che si slacciò il bottone della sua camicia mentre iniziava a sentire fastidiosamente caldo e questo dopo che, fuori dal quel capanno, avevano percepito i brividi di freddo autunnali che iniziavano a farsi sentire.
A dire il vero, ormai, anche il clima sembrava impazzito, come la notte e il giorno che spesso parevano mischiarsi tra loro. Nonostante questo, anche quel calore improvviso non era normale
-Dolore?- Akira si volse e squadrò Chou.
Guardò lei, solamente lei, dall’alto della sua altezza possente –Quale dolore?- non mentiva, ed era la cosa più spaventosa. Chou non percepiva negazione nella sua voce o nei suoi occhi, non c’era puramente traccia di dolore in quel sorriso quasi perverso.
-No.- scosse il capo la piccola farfalla e fu come se lui percepisse il suo senso di angoscia, perché allargò ancora quel sorriso e alzò il viso facendo oscurare i suoi occhi dai suoi capelli scuri –A … Akira … - lei pronunciava il suo nome come se lo stesse invocando
-Akira … - ripeté lui sciommiottandola –Akira, Akira. Quel bastardo non è qui.-
-Che succede?- Chou sentì Miko urlare dietro di lei e quando si volse vide Yumi in ginocchio a terra, che si reggeva il petto e ansimava come se il fiato le fosse stato tolto
-Caldo … caldo … non respiro … - Miko si chinò su di lei ma il sudore sul suo viso fece presagire che non era messa poi tanto meglio. Chou sentiva, invece, un formicolio fastidioso alle ali
-Che … cosa … - si volse di nuovo verso Akira che ora guardava in alto sguainando un sorriso muto che lo rendeva così grottesco da infastidirle la vista. Cercò di spalancare le ali ma quelle non rispondevano ai suoi ordini
-Akira, ti prego.-
-Non c’è nessuno qui, sciocca ragazzina, non c’è proprio … “Nessuno”.- La terra sotto i loro piedi tremò, le pietre si scheggiarono da sole come toccate da pugni invisibili, i loro vestiti addosso sembravano bruciare come in autocombustione e il panico sopraggiunse nei loro cuori quando capirono che quello non era la loro guida, il loro salvatore, il loro capo … la sua luce …
Il terreno si sgretolò sotto e attorno a lui, sfondando il terreno con una potenza inaudita
-Chou allontanati.- la voce di Roku non la strappò dall’incanto malefico che aveva imprigionato i suoi occhi alla figura di Akira, che andava a sgretolarsi come il terreno e le pietre attorno a lui, lasciando spazio a qualcos’altro e … a qualcun altro.
La sua pelle si disintegrava e le sue fattezze divennero nulla.
Un mostro dalle grandi ali stava prendendo il suo posto e non era il Devilman che combatteva per quegli uomini che non meritavano la pace.
Nel mentre, dalle finestre, insieme alla luce del sole, tra mille vetri infranti, un orda di demoni fece il suo ingresso.
Sopra le loro teste, sguainavano artigli e fauci, pronti ad uccidere.
Chou gridò il suo nome inutilmente.
 

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