Vampire Slayer

di Conodioeamore
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


PROLOGO Sin da quando ero bambina, sono stata addestrata ad odiare le creature della notte. I miei genitori mi avevano affidata ad un maestro che m'insegnò tutto quello che c'era da sapere su di loro. Perché le favole che si tramandano sono vere. Sono la realtà. Molti mi chiedono come io riesca ad uccidere a sangue freddo. Guardarli negli occhi e premere il grilletto. Io gli rispondo semplicemente che sono dei mostri senza umanità. Adesso che sono cresciuta ed ho imparato tutto quello che c'è da sapere su di loro. Non mi farò mai prendere alla sprovvista da nessuno. Sono diventata una cacciatrice. Per loro ho abbandonato la vita diurna per cacciare durante il buio.
Per colpa loro ho dovuto rinunciare ai miei sogni nel cassetto... e per questo la pagheranno molto cara. 1 Pioveva a dirotto. Ho detto tutto. Mi ero seduta alla sedia della mia scrivania quando ricevetti la telefonata. Il cellulare aveva iniziato a cantare Demon's Fate dei Within Temptation. Al che risposi. - Devee? - mi chiese una voce maschile. - Cosa vuoi Bryan? - gli domandai infastidita. Quel giorno avevo già i nervi a fior di pelle, e non avevo voglia di dover stare al telefono con lui. Ogni volta che attaccava a parlare, mi teneva per ore con la cornetta attaccata all'orecchio. Avrei potuto rischiare un tumore all'orecchio. La finestra si spalancò improvvisamente, facendo entrare alcune foglie secche, bagnate dall'acqua. Sussultai per lo spavento. - Che succede?- mi chiese. - Nulla, però se non mi dici immediatamente cosa vuoi presto succederà qualcosa! - lo minacciai. Con quel: "qualcosa" mi riferivo al fatto che lo avrei strangolato a mani nude. - Non scaldarti tanto, dolcezza- esortò. Sbuffai dentro il microfono del cellulare, in modo che sentisse quanto ero stanca e scontrosa in particolar modo. - Ti ho chiamata per offrirti un lavoro. - Nel sentire quelle parole, drizzai la schiena ed attizzai le orecchie come se fossi un cane. - Sono tutta orecchie, Bryan. Ma non ho tutto il giorno. Sono appena tornata dalla caccia e sono veramente stanca e vorrei andare a dormire. - - Cercherò di essere il più breve possibile, allora - mi rispose, accennando un sorriso che riuscii a notare dall'altro capo del telefono. - La nostra squadra speciale che si occupa di casi soprannaturali, è stata sterminata durante il giro di pattuglia... - - C'erano segni di zanne? - gli domandai immediatamente. Ci mise qualche secondo a darmi una risposta. - La scientifica non mi ha rivelato niente. Ha detto che vuole parlare solo con te. - - Fammi capire, ti hanno detto che devo andare sulla scena del crimine?- - Non sulla scena del crimine... ma sulle scene dei crimini. I membri della squadra si erano separati come ogni sera. Sono stati uccisi in posti diversi. - - Sanno che sono una ragazzina? - - Non credo, ma dubito che gliene importi qualcosa. Sanno che sei stata allenata da... Lui. - Lui... il mio maestro. Lo stregone più forte di tutti i tempi. Sin da quando ero una bambina al posto di giocare con le bambole, mi allenavo con i coltelli da lancio. A dieci anni anziché leggere i libri di Geronimo Stilton leggevo i libri di difesa contro le creature della notte. Adesso che ho diciassette anni, anziché di uscire la sera con gli amici per andare in discoteca, vado a caccia di creature mortali. Insomma, sono una ragazza che ha degli obbiettivi nella vita. - Devee? Ci sei ancora? - - Certo! - gli risposi, tornando alla realtà. - Dì loro che andrò direttamente all'obitorio verso mezzogiorno. - - Ma vogliono che visiti prima la scena del crimine... - - Non m'importa un fico secco di quello che vogliono loro. Non ho nessuna intenzione di andare a visitare la scena del crimine. Ho visto troppi cadaveri in settimana. E poi non ho detto che non li guarderò, semplicemente voglio risparmiarmi il viaggio in macchina da una scena del crimine ad un'altra. E per di più ho bisogno di recuperare le forze. Perciò, dì al tenente di farsi trovare a mezzogiorno all'obitorio. Aspetto tue istruzioni, Bryan. - Attaccai immediatamente il cellulare e lo lanciai sulla scrivania. Mi alzai dalla sedia ed andai a chiudere le tende della stanza. Non ce la faccio più... era tutta la settimana che andavo a caccia di vampiri e licantropi di ogni razza. Avevo ricevuto il mandato di eliminazione per tre vampiri e due licantropi. La notte precedente avevo assistito anche ad una tentata rapina da parte di un uomo sui quarant'anni nei confronti di una signora anziana. Ero veramente stremata ed avevo assolutamente bisogno di andarmene a dormire. Mi tolsi velocemente i stivali neri, placcati alle punte in ferro con rinforzo in argento e li lasciai cadere contro i piedi del letto. Poi mi tolsi il resto della mia "Divisa da caccia" con tutto l'arsenale al seguito. Dopodiché mi buttai sul letto che avevo in dosso soltanto la canottiera e gli slip. Non mi preoccupai nemmeno di richiudere la finestra, per quanto ero stanca. Però mi coprii con il piumone. Presi sonno nell'esatto momento in cui la mia testa toccò il cuscino.
 

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Capitolo 2
*** 2 ***


Fui svegliata dal rumore del clacson di una macchina sportiva, scoprendo che mancavano appena due ore a mezzogiorno. Prima di addormentarmi avevo messo la sveglia al cellulare, ma scoprii che si era spento e così lo misi in carica, sperando che appena due ore di carica gli bastassero. Mi affrettai a vestirmi, indossando la mia divisa da lavoro. Chiamai al centro dei taxi ed inviai la via della casa in cui abitavo, in modo da farmi venire a prendere. Il lato positivo di essere un Cacciatore è che ti abituano a lavorare da solo sin dalla più tenera età e non appena sei abbastanza autonomo ti fanno andare a vivere da solo, fino a quando, ovviamente, non trovi un partner e fai un altro mini Cacciatore. Il vincolo al quale tutti noi Cacciatori siamo vincolati è quello di avere figli solo con altri della nostra specie, però possiamo avere rapporti sessuali con qualsiasi razza. Il campanello suonò circa mezz'ora dopo, era il tassista. Presi il mio arsenale ed uscii di casa. Salii in macchina e dissi all'autista il luogo in cui doveva portarmi. L'ospedale dove erano custoditi i cadaveri era situato in un punto molto scomodo. Per arrivarci, infatti, fui costretta ad usare tacchi e suola. La macchina si fermò al confine tra l'asfalto e il terreno ricoperto da brecciolini e piantine spinose. Sembrava ottimo come set di un film horror. Appena il taxi si fermò, l'autista mi invitò a scendere dicendomi: - Da questo punto in poi è impossibile proseguire con qualsiasi mezzo. Dovrà procedere a piedi.- Presi la mia borsa e diedi la mancia al tassista, poi mi affrettai a scendere dall'automobile. Non ero del tutto sicura di voler procedere, perché ogni istinto del mio corpo mi diceva di non farlo, però mi dovetti fare coraggio. Del resto, era il mio lavoro. Bryan mi aveva inviato una piantina dell'ospedale con cerchiato in rosso la camera dov'era la camera mortuaria. Appena varcai la porta dell'ospedale, venni travolta da un'aura tetra ed un incredibile puzza di cadavere. Essendo isolato, nell'edificio non c'era anima viva. Forse la polizia lo aveva chiuso per averlo a disposizione durante il corso delle indagini. Un paio di poliziotti stavano a guardia dell'entrata principale che portava ai vari reparti. Uno di loro mi guardò sorridendomi e, molto gentilmente mi disse: - I minorenni non possono entrare qui. - Lo scrutai dall'alto verso il basso. Aveva sì e no quarant'anni, alto all'incirca un metro e settanta. La sua carnagione era olivastra ed il colore degli occhi era quello delle nocciole. Abbozzai un sorriso e per tutta risposta gli dissi: - Sono stata convocata dalla polizia locale per esaminare i cadaveri dei vostri colleghi - gli risposi, spostando poi lo sguardo da lui al suo collega. Quest'ultimo mi stava fissando senza spiccicare parola. Valli a capire gli adulti! - Non puoi essere la Cacciatrice! Sei troppo piccola... - Non gli diedi il tempo di finire la frase che subito ribattei. - Vede agente, a me non importa un fico secco se rispecchio o no il suo ideale di "Cacciatrice perfetta". Le cose stanno così, sono io colei che stavate aspettando, perciò le sarei grata se mi accompagnasse nella stanza dove mi stanno aspettando i suoi superiori. - Nel sentire quelle parole, l'agente rimase senza parole. Corrucciò la fronte e mi disse: - Identificatevi, allora.- Immediatamente, dalla tasca interna della giacca presi il distintivo dei Cacciatori soprannaturali. - Cacciatrice Devee Hamilton. - Era una rarità vederne uno, perché non c'erano molti cacciatori di mostri in circolazione. L'uomo non disse nulla, si limitò semplicemente a scortarmi dai suoi superiori, mentre il collega rimase a sorvegliare l'entrata. Non ci mettemmo molto ad arrivare nella stanza dove il capo della polizia mi stava aspettando. La porta era aperta e da dentro si potevano sentire i rumori delle voci di alcuni agenti che si lamentavano del ritardo della Cacciatrice, che sarei io. A quel pensiero mi si formò un nodo alla gola, e le gambe mi si bloccarono. L'agente che mi aveva accompagnata mi si parò davanti, entrando per primo nella stanza. Immediatamente gli altri poliziotti si girarono verso di lui. - Agente Mike, qualcosa non va? - gli chiese uno di loro. - Niente sergente. Ho qui, però, una ragazza che dice di essere la Cacciatrice Devee Hamilton - gli rispose. Subito l'uomo drizzò la schiena, perché poco prima stava con le mani sopra la scrivania. Evidentemente stava leggendo alcuni documenti. Al che intervenni. - Mettiamo immediatamente le cose in chiaro, non è che mi sono presentata qui come una pazza appena uscita dal manicomio che soffre di doppia personalità e ho detto di essere un'altra persona. - Uno degli agenti scoppiò a ridere, ma lo sguardo agghiacciante dell'uomo che, molto probabilmente, doveva essere il suo superiore lo fece smettere subito. Scostai l'agente Mike da davanti a me e raggiunsi un punto in cui tutti potevano vedermi. - Sono la Cacciatrice Devee Hamilton e sì, ho diciassette anni. - Immediatamente gli agenti nella sala si misero a bisbigliare tra di loro. -Chi ti ha mandato qui? - mi domandò un'uomo in divisa. Voltai lo sguardo verso di lui. - E... tu saresti l'agente a cui hanno affidato il caso, suppongo. - -No, non sono io. Rispondi alla mia domanda. - - Risponderò solamente al tuo superiore, ossia all'agente che si occupa degli omicidi... chi è tra di voi? - chiesi a tutti i membri della sala. Una voce femminile interruppe il brusio di sottofondo che si era andato a formare qualche istante prima. - Sono io - disse, facendosi avanti. Non era in divisa. Indossava un paio di jeans ed una camicia con maniche tre quarti nera. La pistola nella fondina ascellare, come ce l'avevo io. Solo che la mia non era in bella vista come la sua, perché ero furba. - Sono Devee Hamilton - le dissi, porgendole la mano. Lei la strinse e mi guardò con aria titubante. - Jessica Monroe.- I suoi capelli rispecchiavano un po' il suo modo di essere. Erano senz'altro tinti, perché erano di un rosso innaturale. Gli occhi, invece ce li aveva marroni. Non mi tolse ancora gli occhi di dosso. O meglio dal mio viso. La gente si girava spesso per fissarmi quando uscivo per strada. D'altronde sono un po' particolare. I miei capelli sono lunghi fino a metà schiena e sono completamente bianchi, mentre i miei occhi sono di due colori diversi. Uno azzurro e l'altro marrone. E spesso bastavano loro a mettere in suggestione la gente. Mi portai una mano sulle punte dei capelli e dissi: - Non sono tinti, sono naturali.- Il mio tono era sarcastico, ma credo che nessuno di loro se ne fosse accorto. - Posso vedere i cadaveri? - Domandai come se stessi impartendo un ordine. La donna mi guardò per qualche istante e poi mi fece strada verso la camera mortuaria. - Da questa parte - mi disse.Un paio di agenti ci accompagnarono dai cadaveri. Scendemmo le scale e alla nostra sinistra ci trovammo un corridoio a malapena illuminato da delle lampadine al neon, non c'erano finestre. - Incantevole - dissi ironica. Uno degli agenti abbozzò un sorriso, mentre Jessica diede una controbattuta: - Avete paura, Cacciatrice?- Accennai un sorriso. - Vado a caccia di mostri dall'età di quattordici anni. Secondo voi posso avere paura di un corridoio con scarsa illuminazione?- La verità era che soffrivo di claustrofobia, e l'illuminazione non aiutava affatto. Mi trovavo più a mio agio con la totale oscurità che con il rumore delle lampadine che si potevano fulminare da un momento all'altro. Quando avevo dieci anni, un vampiro attaccò la mia famiglia mentre eravamo in vacanza al lago. Mio padre riuscì a farmi fuggire durante la notte tramite dei passaggi sotterranei. Mi ritrovai in un corridoio infinito nel quale non c'erano finestre e la luce era molto bassa. Mi prese il panico e smisi di respirare, fortuna volle che mio zio mi trovò accasciata a terra che boccheggiavo per far entrare un po' d'aria. Alla fine scoprii che i miei erano stati massacrati dal vampiro. Mio zio mi prese con sé e mi portò a casa sua, nel Montana. Quando fui abbastanza grande l'associazione mi diede una casa tutta per me, quella dove vivevo. Non tornai mai a casa dei miei genitori e non rividi più il mio maestro. - Beh, ognuno di noi ha le proprie paure.- - Non mi posso permettere di avere paura, altrimenti non svolgerei bene il mio lavoro - ribattei secca. - Touche, Devee - disse Jessica accennando, subito dopo, un sorriso. Entrammo nell'obitorio. - Quanti sono i cadaveri? - Non appena finii la domanda, un agente mi voltò verso di lui. - Erano nostri compagni. Non chiamarli cadaveri, per favore!- Il suo tono risultò alquanto infastidito. Beh, al diavolo se erano loro compagni perché ai miei occhi rimanevano comunque dei cadaveri. - Agente, non m'importa se gli uomini che ci sono qui erano o no vostri amici. Saperlo non cambierà ciò che sono, cioè morti. Sono dei corpi senza vita.- L'uomo non ebbe il coraggio di ribattere, evidentemente le mie parole lo avevano lasciato di stucco. Mi voltai verso Jessica, aspettando una sua risposta. - Sono dieci. Erano divisi in tre gruppi d'ispezione.- Mi avvicinai ai corpi per guardare meglio i segni che avevano sul corpo. Alcuni di loro erano mutilati e altri privi di arti. Pensavo che fossero vampiri, però mi dovetti ricredere. Era senza dubbio opera di un gruppo di licantropi. Non c'erano segni di canini umani, ma la pelle era completamente strappata. Chiunque fosse, aveva appena ricevuto il gene della licantropia e quindi non apparteneva ad un branco. - Un gruppo di licantropi - dissi ricoprendo l'ultimo cadavere. - Vuoi dire che non è stato un vampiro?- domandò l'agente con i capelli neri. - No. E' stato un licantropo, alla sua prima luna piena aggiungerei. Su ogni cadavere cambia il modo in cui è stato sbranato.- - Come fai a dirlo?- - Perché l'ho studiato, a differenza vostra.- - Grazie, Devee. Ci occuperemo noi di appurare le indagini. Non sai dirci nient'altro?- mi chiese Jessica. - Cercate nel clan del lupo dal manto rosso. Sono quelli che maggiormente trasformano gli umani. Comunque è senza dubbio opera di un licantropo di età inferiore ai vent'anni. Lo si capisce dal segno dei denti.- Gli agenti mi guardarono con sguardo sbigottito. - Okay, grazie.-Jessica mi accompagnò all'uscita dell'ospedale. - Chi ti viene a riprendere?- mi chiese. - Mi verrà a prendere un taxi - le risposi. La donna sembrava alquanto dispiaciuta. - Se vuoi ti accompagno io. La mia macchina è alla fine del sentiero.- - Grazie, ma ho il tassista che mi aspetta alla fine della strada.- -Come preferisci. Arrivederci, Devee - mi salutò la donna. - E grazie ancora per l'aiuto offertoci.- - Ho fatto solo il mio lavoro.- Detto ciò, uscii dall'ospedale e mi affrettai a raggiungere il taxi. Presi il cellulare dalla tasca dei jeans e guardai l'ora. Erano le quattro del pomeriggio. Ero rimasta molto tempo nell'ospedale. Arrivai sotto casa che erano le cinque e mezza, più di un'ora di macchina dall'ospedale, incredibile. Era già il crepuscolo, quindi da ora iniziava la mia caccia contro i vampiri. Notai dalla strada che le luci della mia stanza erano accese. Strano, dato che ero sicura di averle spente prima di uscire. Pagai il tassista ed entrai velocemente dentro casa. Estrassi la pistola dalla fondina, e feci molta attenzione a non fare il minimo rumore. Un maledetto vampiro era entrato in casa mia, merda. Mi sbrigai ad andare in camera mia e con mia grande sorpresa trovai una mia vecchia conoscenza che non vedevo dal fatidico giorno di sette anni fa. Corsius, il vampiro che aveva ucciso i miei genitori. Il vampiro era sdraiato sul mio letto e mi stava guardando con un sorriso a trentadue denti. - Ci incontriamo di nuovo, dolcezza - mi disse, sorridendo malizioso.

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Capitolo 3
*** 3 ***


Sospettavo che un giorno lo avrei rivisto, ma non così presto. In fondo sette anni sono molti. Non sono la bambina debole che ero allora, adesso sono una cacciatrice. Dalla fondina dei pantaloni, strinsi tra le mani la mia pistola con proiettili di quercia. - Che cosa ci fai qui? - gli domandai in tono distaccato. Il vampiro sorrise non appena finii la frase. Mi fa piacere vedere che la mia domanda lo diverte. - Piccola, non hai ricevuto nessuna lettera?- Una lettera? Erano settimane che non mi arrivavano lettere. Però non volevo dargli la soddisfazione di rispondere alla sua domanda. - Perché dovrei dirti se ho oppure no ricevuto una lettera?- La luce della luna illuminava i suoi capelli, neri come le piume dei corvi, che gli arrivavano fino alle spalle. Stranamente li aveva sciolti. I tratti del suo viso erano morbidi e dolci, anche se il suo sguardo di ghiaccio incuteva un certo timore. Il taglio dei suoi occhi era a mandorla, ed ogni volta che lo posava su di me sentivo che poteva leggere i miei pensieri più oscuri. Ammetto che avevo molta paura di lui, però se c'era una cosa che avevo imparato bene era che non bisognava mai e poi mai mostrare l'incertezza davanti ai mostri. Loro la riescono a captare e ne approfittano per usarla contro l'avversario. - Bimba, dalla tua risposta deduco che non ti è arrivata nessuna lettera - esordì, un'istante prima di raggiungermi. Mi prese il viso tra le mani e mi attirò a sé. Il chiaro di luna lo travolse completamente, mostrando l'uomo per quello che era realmente: un mostro. In quel momento, mi tornarono alla mente le parole che mi disse una sera mia madre, quando ero ancora una bambina. Stavamo sfogliando un libro sui vampiri e mi soffermai su un ritratto di un vampiro. Mi ricordo che era bellissimo, forse perfino più bello di Corsius. Era seduto su una poltrona e tra le mani stringeva un calice con dentro del sangue. La sua pelle era molto bianca. - Sembra così freddo - le avevo detto. - La neve è candida - mi aveva risposto. Quelle parole mi suonavano del tutto nuove, non conoscevo il significato di quelle parole. - Che cosa vuol dire candida e che cos'è la neve? - Mia madre mi aveva presa in braccio e guardandomi negli occhi mi rispose: - Candido, è qualcosa che non è rosso. - - Che significa qualcosa di rosso? - La mamma posò il dito contro la figura del libro e continuò dicendo: - Lui è... chi succhia il sangue delle persone. Il mostro che assume forma umana. Costui è un vampiro. - Guardai ancora una volta il dipinto dell'uomo. Non faceva paura, però incuteva un certo timore. I suoi occhi erano del colore del sangue, i suoi capelli erano dorati. - Non bisogna avvicinarsi a loro... se lo fai, sarai catturata da quegli occhi! - Strattonai immediatamente via Corsius da me. - Non ti avvicinare mai più, o giuro su Dio che ti pianto una pallottola nel cervello! - lo minacciai a brutto grugno. La sua risata riecheggiò come se fosse attaccato ad una cassa amplificante. Era sonora, e faceva male ai timpani. - Bimba, quante volte te l'ho detto che non puoi ribellarti a me? - Si avvicinò nuovamente e prese tra le mani una ciocca dei miei capelli. Deglutii a fatica. - Che cosa vuoi da me? - gli domandai con aria di sufficienza. Corsius sorrise appena. Si avvicinò al mio orecchio sinistro e mi sussurrò: - Voglio farti mia. - - Qual è il tuo problema? - gli domandai alzando la voce. Il suo viso si fece serio tutt'assieme. - Stai tranquilla, non ho nessun desiderio perverso nei confronti di una ragazzina. Aspetterò che tu cresca ancora un po' - mi rispose. Viva la sincerità! - Oggi sono venuto a portarti alla Night Academy. - Lo guardai un po' perplessa. - Perché dovresti portarmi in quel postaccio? - Corsius accennò un sorriso malizioso. - Perché così sarai sotto il mio controllo. - - E se io mi rifiutassi? - - In quel caso ucciderò il tuo maestro, che tengo nelle segrete del mio castello. - Perfetto, non c'era niente di più bello che sapere che il proprio maestro era un ostaggio di un vampiro perverso. La mia giornata non poteva prendere piega migliore. Sbuffando, gli feci capire che avevo deciso di stare alle sue condizioni. Mi posò una mano sulla nuca e disse: - Brava, bimba. - La Night Academy... perché tra tutti i posti in cui Corsius poteva portarmi, aveva scelto proprio quell'accademia? Beh, lo avrei scoperto presto. .......................................................................................................................................................... NOTA DELL'AUTRICE Mi dispiace tantissimo per non aver continuato Dark Lovers. Il fatto è che sono andata avanti con il secondo volume de La regina guardiana e non ho potuto dedicare molto tempo alle altre storie. Vi prometto che proverò ad essere più puntuale e proverò a far uscire un capitolo a settimana (dovete darmi il tempo di scriverli). Ringrazio tutti i lettori che mi seguono e commentano ;) Un abbraccio caloroso a tutti quanti! MARTINA

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


- Non voglio andare in quella sottospecie di carcere, solo per diventare il tuo ideale di donna perfetta – ribattei, mentre Corsius mi stava preparando le valigie. Il vampiro accennò un sorriso perverso. – Sei nata per compiacermi, ma sfortunatamente sei ancora inesperta al riguardo. In quella scuola ti insegneranno tutto quello che c'è da sapere, te lo garantisco. Diventerai la mia serva umana, Dolcezza – m'intimò lui. Mi trattava come se gli appartenessi, ma invece non era così. Mi sarei opposta con tutte le mie forze, per non cadere nella sua tela. Deglutii a fatica. Quelle parole, uscite dalla sua maledettissima bocca, mi fecero venire la nausea. Cavolo, non avevo nemmeno diciotto anni. Come può voler fare atti perversi su di una minorenne? – Facciamo un patto – gli dissi, facendo qualche passo nella sua direzione. Corsius alzò lo sguardo e tempo un secondo scoppiò a ridere, facendo stordire i timpani anche alle persone che abitavano ad un chilometro di distanza da dove eravamo noi. Era ancora più odioso quando faceva così. – Senti, senti... e che genere di patto vuoi propormi, Dolcezza? – Oddio, quanto è viscido! Ammetto che il patto che avevo intenzione di proporgli era veramente una pazzia. Se c'era una cosa che il mio maestro mi aveva ripetuto fino alla nausea, era che non bisognava mai e poi mai eseguire il giuramento di servire per sempre una persona, specialmente una creatura soprannaturale. Io in quel momento stavo infrangendo una delle Regole Sacre dei Cacciatori. Avrei potuto persino perdere il potere per quello. "Liberamente, spontaneamente, con pieno e profondo convincimento dell'animo, con assoluta e irremovibile volontà, prometto di restare per sempre fedele al mio Protetto. Che la mia anima sia legata a quella del mio Protetto, che il mio sangue si unisca al suo. Che le nostre menti ed i nostri corpi diventino uno solo..." questo dice il Giuramento. Infrangerlo sarebbe come scavarsi una fossa da solo. In tutta la vita un Cacciatore può scegliere un solo protetto, perché sarà per sempre. E non può in alcun modo mettere fine alla sua vita. Dal momento in cui un Cacciatore uccide il Protetto di un altro Cacciatore, questi viene immediatamente privato delle armi e del titolo.– Ti propongo uno scambio. Tu liberi il mio maestro ed io diventerò la tua Cacciatrice. – Il vampiro venne abbastanza vicino, da poter riuscire ad accarezzarmi il viso con la mano. D'istinto tirai indietro la testa. Al ché, Corsius accennò un mezzo sorriso e disse: – Se vuoi veramente diventare la mia Cacciatrice, dovrai essere pronta a prestarti ad ogni mia necessità... – – Ho detto Cacciatrice, non concubina! – ribattei, corrucciando la fronte. – Voglio ricordarti che nel momento in cui finisci di pronunciare il Giuramento, saremo legati in tutti i modi. "Che le nostre menti ed i nostri cuori diventino uno solo..." – Corsius avvicina le mie labbra alle sue, attirandomi per la vita. «Non bisogna avvicinarsi a loro... se lo fai, sarai catturata da quegli occhi!» mi aveva detto mia madre. Non posso permettergli di fare di me ciò che vuole, l'ho giurato. Gli diedi uno schiaffo sulla guancia, facendolo voltare di poco con il capo. L'impronta rossa della mia mano, si fece subito vedere su quella sua pelle color porcellana. – Vuoi davvero peggiorare la situazione, Bimba? Non ti scordare che per ogni trasgressione, verranno inflitte delle pene al tuo maestro. – – Grandissimo figlio di puttana! – imprecai. Corsius accennò un altro sorriso. Questa volta però, non si limitò solo a quello. Mi prese per il collo e mi lanciò contro il mobile, procurandomi una lesione alle costole del fianco sinistro. – Sono più forte di te, bambina. Non ti conviene avermi come tuo nemico – mi ricordò il vampiro. Abbassai lo sguardo in segno di sottomissione, però gli sputai sulle scarpe. – Fottiti – gli dico prima di prendere la pistola e piantargli una pallottola al centro del petto. Corsius accennò un sorriso che tendeva al sadico, in quel momento capii quanto poteva essere spregevole e spietato. Con la sua velocità, si avvicinò a me e, senza tante cerimonie, affondò i suoi canini nella mia carne facendomi gridare dal dolore. Cercai di togliermelo di dosso, ma ogni tentativo risultò vano, dato che io stavo perdendo le forze, mentre lui le stava acquisendo. – Tu mi appartieni. Farai bene a rammentarlo, quando in futuro vorrai ancora tradirmi. – Quello stronzo mi ha appena impresso il suo primo marchio, tramite il morso. I vampiri lo chiamano il Bacio Sacro. Quando uno della loro specie crea un legame con un mortale tramite il sangue. Qual è il suo piano? Improvvisamente la porta si aprì ed entrò Bryan armato di fucile con proiettili in grado di uccidere i vampiri. Mi abbassai di colpo, lasciando che il mio amico mi salvasse la vita ancora una volta. Corsius sembrò appena ferirsi, non riportando gravi ferite. Merda, è più forte di quanto ricordassi. Bryan mi prese per la mano e mi aiutò a scappare da casa mia. – Corri – m'intimò, affrettando sempre di più i passi. Fuori casa, ci stava aspettando una decappottabile nera, alla guida della quale c'era una donna che indossava un paio di Ray-Ban. Le avrei voluto tanto domandare come mai in piena notte indossasse degli occhiali da sole, ma non lo feci. – Sali – mi ordinò Bryan. Feci come mi era stato appena detto perché, non volevo per nessun motivo al mondo ritrovarmi nuovamente a dover affrontare Corsius. Non appena anche Bryan fu nella macchina, l'autista partì scomparendo nella notte. Solo dopo qualche istante, mi accorsi che non eravamo soli. Infatti, a bordo dell'auto c'era mio zio, Oscar. L'ultima persona su questo pianeta che mi sarei aspettata di trovarmi accanto. – Devee... mi fa piacere vedere che stai bene e che non hai riportato danni. – Ma sta scherzando? Un vampiro mi ha quasi dissanguata, ed io sarei quella che non ha riportato danni? —————————————————————————————————————————————————- MIEI CARI LETTORI, FINALMENTE ECCO UN NUOVO CAPITOLO DI DARK LOVERS. SPERO VI PIACCIA. PRESTO SCUOLA SARA' FINITA COSì POTRO' DEDICARMI DI PIU' ALLA SCRITTURA ;) DARK DREAMER <3

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


- Non voglio andare in quella sottospecie di carcere, solo per diventare il tuo ideale di donna perfetta – ribattei, mentre Corsius mi stava preparando le valigie. Il vampiro accennò un sorriso perverso. – Sei nata per compiacermi, ma sfortunatamente sei ancora inesperta al riguardo. In quella scuola ti insegneranno tutto quello che c'è da sapere, te lo garantisco. Diventerai la mia serva umana, Dolcezza – m'intimò lui. Mi trattava come se gli appartenessi, ma invece non era così. Mi sarei opposta con tutte le mie forze, per non cadere nella sua tela. Deglutii a fatica. Quelle parole, uscite dalla sua maledettissima bocca, mi fecero venire la nausea. Cavolo, non avevo nemmeno diciotto anni. Come può voler fare atti perversi su di una minorenne? – Facciamo un patto – gli dissi, facendo qualche passo nella sua direzione. Corsius alzò lo sguardo e tempo un secondo scoppiò a ridere, facendo stordire i timpani anche alle persone che abitavano ad un chilometro di distanza da dove eravamo noi. Era ancora più odioso quando faceva così. – Senti, senti... e che genere di patto vuoi propormi, Dolcezza? – Oddio, quanto è viscido! Ammetto che il patto che avevo intenzione di proporgli era veramente una pazzia. Se c'era una cosa che il mio maestro mi aveva ripetuto fino alla nausea, era che non bisognava mai e poi mai eseguire il giuramento di servire per sempre una persona, specialmente una creatura soprannaturale. Io in quel momento stavo infrangendo una delle Regole Sacre dei Cacciatori. Avrei potuto persino perdere il potere per quello. "Liberamente, spontaneamente, con pieno e profondo convincimento dell'animo, con assoluta e irremovibile volontà, prometto di restare per sempre fedele al mio Protetto. Che la mia anima sia legata a quella del mio Protetto, che il mio sangue si unisca al suo. Che le nostre menti ed i nostri corpi diventino uno solo..." questo dice il Giuramento. Infrangerlo sarebbe come scavarsi una fossa da solo. In tutta la vita un Cacciatore può scegliere un solo protetto, perché sarà per sempre. E non può in alcun modo mettere fine alla sua vita. Dal momento in cui un Cacciatore uccide il Protetto di un altro Cacciatore, questi viene immediatamente privato delle armi e del titolo.– Ti propongo uno scambio. Tu liberi il mio maestro ed io diventerò la tua Cacciatrice. – Il vampiro venne abbastanza vicino, da poter riuscire ad accarezzarmi il viso con la mano. D'istinto tirai indietro la testa. Al ché, Corsius accennò un mezzo sorriso e disse: – Se vuoi veramente diventare la mia Cacciatrice, dovrai essere pronta a prestarti ad ogni mia necessità... – – Ho detto Cacciatrice, non concubina! – ribattei, corrucciando la fronte. – Voglio ricordarti che nel momento in cui finisci di pronunciare il Giuramento, saremo legati in tutti i modi. "Che le nostre menti ed i nostri cuori diventino uno solo..." – Corsius avvicina le mie labbra alle sue, attirandomi per la vita. «Non bisogna avvicinarsi a loro... se lo fai, sarai catturata da quegli occhi!» mi aveva detto mia madre. Non posso permettergli di fare di me ciò che vuole, l'ho giurato. Gli diedi uno schiaffo sulla guancia, facendolo voltare di poco con il capo. L'impronta rossa della mia mano, si fece subito vedere su quella sua pelle color porcellana. – Vuoi davvero peggiorare la situazione, Bimba? Non ti scordare che per ogni trasgressione, verranno inflitte delle pene al tuo maestro. – – Grandissimo figlio di puttana! – imprecai. Corsius accennò un altro sorriso. Questa volta però, non si limitò solo a quello. Mi prese per il collo e mi lanciò contro il mobile, procurandomi una lesione alle costole del fianco sinistro. – Sono più forte di te, bambina. Non ti conviene avermi come tuo nemico – mi ricordò il vampiro. Abbassai lo sguardo in segno di sottomissione, però gli sputai sulle scarpe. – Fottiti – gli dico prima di prendere la pistola e piantargli una pallottola al centro del petto. Corsius accennò un sorriso che tendeva al sadico, in quel momento capii quanto poteva essere spregevole e spietato. Con la sua velocità, si avvicinò a me e, senza tante cerimonie, affondò i suoi canini nella mia carne facendomi gridare dal dolore. Cercai di togliermelo di dosso, ma ogni tentativo risultò vano, dato che io stavo perdendo le forze, mentre lui le stava acquisendo. – Tu mi appartieni. Farai bene a rammentarlo, quando in futuro vorrai ancora tradirmi. – Quello stronzo mi ha appena impresso il suo primo marchio, tramite il morso. I vampiri lo chiamano il Bacio Sacro. Quando uno della loro specie crea un legame con un mortale tramite il sangue. Qual è il suo piano? Improvvisamente la porta si aprì ed entrò Bryan armato di fucile con proiettili in grado di uccidere i vampiri. Mi abbassai di colpo, lasciando che il mio amico mi salvasse la vita ancora una volta. Corsius sembrò appena ferirsi, non riportando gravi ferite. Merda, è più forte di quanto ricordassi. Bryan mi prese per la mano e mi aiutò a scappare da casa mia. – Corri – m'intimò, affrettando sempre di più i passi. Fuori casa, ci stava aspettando una decappottabile nera, alla guida della quale c'era una donna che indossava un paio di Ray-Ban. Le avrei voluto tanto domandare come mai in piena notte indossasse degli occhiali da sole, ma non lo feci. – Sali – mi ordinò Bryan. Feci come mi era stato appena detto perché, non volevo per nessun motivo al mondo ritrovarmi nuovamente a dover affrontare Corsius. Non appena anche Bryan fu nella macchina, l'autista partì scomparendo nella notte. Solo dopo qualche istante, mi accorsi che non eravamo soli. Infatti, a bordo dell'auto c'era mio zio, Oscar. L'ultima persona su questo pianeta che mi sarei aspettata di trovarmi accanto. – Devee... mi fa piacere vedere che stai bene e che non hai riportato danni. – Ma sta scherzando? Un vampiro mi ha quasi dissanguata, ed io sarei quella che non ha riportato danni? —————————————————————————————————————————————————- MIEI CARI LETTORI, FINALMENTE ECCO UN NUOVO CAPITOLO DI VAMPIRE SLAYER. SPERO VI PIACCIA. PRESTO SCUOLA SARA' FINITA COSì POTRO' DEDICARMI DI PIU' ALLA SCRITTURA ;) DARK DREAMER <3

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Il ricordo dei miei natali passati mi sfiorò immediatamente la mente, come un dolce aroma abbraccia le narici. Non volevo ricordare, perché ricordare faceva male ed io non potevo permettermelo. Andai ad affiancare Bryan, che continuava a guardare il castello con aria imbambolata. - É stupendo - commentò. - Se lo dici tu. - Avevo promesso a me stessa che non avrei mai mostrato agli altri i sentimenti che sento realmente. Nel corso degli anni mi ero costruita una corazza solida che mai nessuno era riuscito a distruggere. - Come vorrei poter vivere qui. – - Fidati, è tutta appartenenza! - L'ipocrisia che regnava in quel luogo era qualcosa di agghiacciante. Mi faceva venire la nausea. Mia zia mi riteneva responsabile della morte dei miei genitori e per quel motivo, mi aveva sempre guardata con uno sguardo carico di profondo odio. - Dai, entriamo. Esmeralda ci sta aspettando - esordì mio zio, avviandosi verso l'entrata della tenuta. La giornata non poteva proseguire meglio di così. Mio zio avvicinò le chiavi alla serratura. La porta era in legno scolpito, con al centro, in alto, un luccicante vetro istoriato che serviva più per abbellire che come spioncino. La casa era esattamente come la ricordavo. Era molto tetra e buia, con quell'aurea gotica che l'avvolgeva. Non a caso i cacciatori vivevano durante la notte, come il resto dei mostri che cacciavano. Diciamo che siamo rimasti tutti un po' soggiogati dall'oscurità e preferiamo le cose tetre. L'atrio era immerso nella penombra creata dalle belle tende che schermavano la luce del sole, densa come sciroppo. Il pavimento era fatto in mattoni. - Sei ritornato, finalmente. E vedo che sei in dolce compagnia! – Io e Bryan alzammo lo sguardo in direzione della voce che avevamo sentito. Dalle scale poste sulla sinistra, scese una figura che ci misi un po' a riconoscere. Sebbene erano più di tre anni che non lo vedevo, rimasi sorpresa nel vedere il suo completo cambiamento. Il ragazzo era poco più alto di me, con una massa di riccioli biondi che gli ricadeva fin sotto le spalle. Portava una camicia nera con le maniche arrotolate a mostrare i solidi avambracci muscolosi. I jeans, attillati come la buccia di un acino d'uva, evidenziavano i fianchi snelli. Calzava dei stivali neri da equitazione. I suoi occhi erano dello stesso colore del cielo durante una bella giornata di sole: azzurri. Fece lampeggiare i piccoli denti bianchi in un sorriso. – Devee... sei proprio tu? – mi domandò. Mio cugino Mitch, stentavo a crederci. Non sapevo cosa rispondere. – E chi altri, sennò? – Il suo sorriso si allargò. Scese in fretta e furia le scale, venendo verso di me ad offrirmi una stretta di mano e io gliela strinsi. Era forte, ma morbida. Niente lavoro manuale, un po' di pesi, abbastanza per consolidare. I ragazzi che sono della mia statura non dovrebbero esagerare con i pesi. Magari se indossano solamente un costume da bagno andrebbe pure bene, ma con i vestiti addosso sembrano dei nani deformi. – Ho saputo che sei stata attaccata da un vampiro, come è andata? – – Me la sono cavata, come sempre d'altronde – gli risposi. – Non ti smentisci mai, vero? – chiese retorico, continuandomi a sorridere. – Mi sei mancata – mi disse offrendomi un suo abbraccio, che non esitai ad accettare. Dal buio corridoio, non ci mise molto a comparire anche mia zia Esmeralda. – Siete già arrivati – disse con disinganno. Mi divincolai immediatamente dall'abbraccio di mio cugino. Non volevo per nessuna ragione che pensasse male. Era alta e snella, con la pelle olivastra e i corti capelli biondo dorato che le arrivavano fino a metà collo. Indossava il completo da caccia. Il bustino neri che indossava le metteva molto in risalto il decolté. Non mi notò immediatamente, perché ero coperta da Mitch. Quando si accorse della mia presenza, non tardò a rabbuiarsi. – Sei ancora viva, allora. – Mitch le lanciò una gelida occhiata. – Madre! – l'ammonì. Posai la mano sulla sua spalla. – Non fa niente, ormai quello che dice non mi fa né caldo né freddo – gli dissi, guardandola con sguardo omicida. – Attenta, ragazzina. Potresti rischiare di farti del male. – Era una minaccia, per caso? – Sono abituata a farmi del male. – La mia controbattuta la lasciò senza parole. Sì, uno a zero per Devee! Mio zio tentò di cambiare discorso. – Dev, da quant'è che non mangi? – – Dalla scorsa mattina – gli risposi. Sul volto di mio zio comparve un'espressione contrariata. – Non ti fa bene non mangiare. Quand'è che lo capirai? – – Non ho avuto il tempo di pensare a mangiare. Vorrei ricordarti che sono stata attaccata da un vampiro, la notte scorsa. – Mitch si schiarì la gola. – Vieni, andiamo in cucina a preparare la colazione – disse, porgendomi la mano. Il suo modo alquanto strano mi lasciò non poco sorpresa, come al resto dei presenti. Ma che cavolo gli era successo negli ultimi tre anni? Seduta al tavolo della cucina, sorseggiai lentamente il caffè ancora fumante. Con la prima tazza della giornata non si dovrebbe mai avere fretta. Mitch era seduto difronte a me e mi fissava. Io provai a non incrociare il suo sguardo ma ad certo punto non ce la feci più e lo fissai a mia volta. – Perché mi guardi? – mi chiese. – Per lo stesso motivo per cui mi guardi tu. – – E sarebbe? – – Dimmelo tu. – – Sembri... diversa – mi disse, come se stesse dicendo una parolaccia. Lo guardai con fare interrogativo, poi mi strinsi nelle spalle e abbassai gli occhi sulla tazza di caffè. – Qualcosa non va? – Scossi la testa. Quasi sicuramente non mi credette, tuttavia mi accennò un sorriso caloroso. Nella stanza entrò anche Bryan. Mi ero dimenticata completamente di lui. – Mitch, lui è un mio amico – dissi, indicando il ragazzo con lo sguardo. – Bryan Owen, molto piacere – gli disse il ragazzo, porgendogli una mano. – Mitch Forrest. – Mio cugino gli strinse la mano a sua volta. Sapevo che mio cugino voleva sapere quello che mi era successo. Non ero del tutto sicura di voler rivelare a Mitch che Corsius aveva intenzione di farmi diventare la sua concubina. No, accennare a quel dettaglio non era necessario. ..................................................................................................................................................................... Dolcetti, eccomi tornata con un nuovo capitolo della vostra cacciatrice di mostri preferita! Allora i capitoli di questo romanzo sono molto brevi, dato che vorrei farne molti perché... boh, fa più scena! Quindi... fatemi sapere se vi sta piacendo questa storia. Come sempre le solite ammorbanti premesse: se vi è piaciuto lasciate un commento e una stellina e consigliatelo ai vostri amici. Ci vediamo con il prossimo aggiornamento! Dark Dreamer :3

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Ero seduta accanto a Bryan che intanto stava mangiando una ciambella. - Allora, mi vuoi raccontare quello che è successo la scorsa notte? - domandò insistente Mitch. Sapevo che era stanco e che stavo mettendo a dura prova la sua pazienza. Tirai un sospiro di sollievo, prima di iniziare a raccontargli quello che mi era successo. - Quando sono tornata a casa, ho trovato una sorpresina - dissi ironica. Mio cugino mi guardò di sbieco. Era duro di comprendonio. - Che genere di sorpresina? - C'era Corsius nella sua camera da letto - gli rispose Bryan al posto mio. Il suo intervento mi fece salire i nervi, diamine. Volevo divertirmi ancora un po' con lui prima di raccontargli tutta la verità, invece quel rompiscatole ha dovuto rovinare i miei piani. Mitch impallidì non appena sentì pronunciare il nome "Corsius" dalla bocca di Bryan, tant'è che fece cadere la tazza del caffè sul pavimento, rompendola in mille pezzi. Sussultammo tutti e tre quando sentimmo il rumore che avevano procurato i cocci della tazza. - Però - commentò sarcastico Bryan. Al che, gli lanciai un'occhiata fulminea. - Ti ha fatto del male? - mi domandò Mitch. Non ebbi il coraggio di rispondergli, mi limitai semplicemente ad abbassare lo sguardo per terra. - Allora? - insistette. - Ci ha provato, però mi sono opposta. – Mio cugino si passò le mani tra i capelli e cacciò un respiro di frustrazione. - Cristo, Dev. Quel figlio di puttana poteva ucciderti! - si lamentò. - Lo so. Ma non è successo, quindi... - Non feci in tempo a terminare la frase che immediatamente Mitch venne accanto a me. - Se ha solo provato a fare qualche sua insulsa avance su di te, i-io lo... - Gli premetti le dita contro la bocca per tranquillizzarlo. - Shhh. Va tutto bene. - Lo guardai negli occhi per qualche istante, prima di continuare. - So badare a me stessa, non preoccuparti. – Mitch non parve del tutto convinto dalle mie parole, avrei tanto voluto raccontargli una bugia, ma non lo feci. Non ero mai stata brava a mentire, riuscivano sempre a scoprirmi quindi ad un certo punto decisi di non provarci nemmeno. - I miei genitori hanno ritenuto più conveniente mandarti in quella specie di scuola di sovrannaturale. – Il tono della sua voce non mi piacque per niente. Dalla porta della cucina, comparve una figura che mi fece saltare. - Bryan, Mitch, Devee. - Era mia zia, Esmeralda. – Fareste meglio ad andarvi ad allenare. – Sulle prime, Mitch parve del tutto confuso, così come me e Bryan. Che piani aveva quella donna? – Perché, questa sera si farà qualcosa di speciale? – le domandò il figlio. - Andrete a caccia. Servono cacciatori giovani e forti ed è ora che vi diate sul serio da fare. – Nel sentire quelle parole, sbuffai. - Avevo capito che dovevo andare nella scuola dei cadaveri ambulanti, per farmi fare da concubina ad un vampiro. – Nel mio tono di voce, l'ironia divampò come se fosse un vulcano in piena eruzione. Esmeralda mi lanciò un'occhiata accigliata. – Non preoccuparti, ci andrai. Solo che questa sera, andrete a caccia di ghoul. – Mi guardò per un breve istante dritta negli occhi. – Partirete per l'accademia fra tre giorni. – Detto ciò, uscì dalla cucina con la sua solita camminata da donna perfetta. Quanto la odiavo. Cavolo, non eravamo carne da macello! .......................................................... Scusatemi mie dolci pasticcini se ci ho messo tanto a pubblicare questa parte, ma sono stata impegnata con la terza prova del concorso. Comunque, spero che vi piaccia questa nuova parte. L'ottavo capitolo lo sto già scrivendo. Quindi tra una settimana sarà pronto (forse anche meno). XX Martina :3

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Il motto di quella sera era: "il resto è silenzio". Valeva a dire, che chi avrebbe aperto bocca, sarebbe morto seduta stante. Non c'era da scherzare con quei mostriciattoli. Un letto di nebbia nascondeva il terreno sotto i nostri piedi. L'oscurità della notte senza luna rendeva difficile vedere a qualche metro di distanza. Il silenzio dei morti inquieti martellava le nostre menti, non ci lasciava pace: noi non dovevamo essere lì, in quella notte d'inverno a perlustrare le rovine dell'antico cimitero e il loro avvertimento doveva persuaderci dal continuare la nostra caccia, ma noi ci trovavamo lì, all'erta davanti al decadente cancello, con i cuori in gola e le orecchie tese a trarre il più debole sibilo proveniente dell'oscurità. Al nostro seguito una decina di militari speciali ne sovrannaturale, "i migliori", a quanto ci aveva assicurato il sindaco di quella terra, ma che a mio avviso non avrebbero resistito a lungo neanche di fronte ad un troll di montagna. Armi in pugno varcammo la soglia di quel terreno maledetto. Non si udiva neanche il rumore dei nostri passi, inghiottito dal terreno putrefatto, e il tintinnio delle armi arrivava al nostro udito attenuato, lontano. Si udì solo il gracchiare di un corvo e tutto il resto era oscurità. Mitch deglutì. Che femminuccia, pensai. Mia zia Esmeralda aveva ritenuto che fosse meglio mandarlo ad una battuta di caccia. Cavolo, era carne da macello! Tutto iniziò in un lampo, un movimento indistinto alla nostra destra e l'ascia bipenne del nano calò in un istante su qualcosa che stava sbucando da un mausoleo. Il ghoul cadde a terra senza vita e scoppiò il caos. A decine fuoriuscirono dalle catacombe e da ogni anfratto aperto nel terreno. Presto circondati da quelle immonde creature, combattemmo senza sosta per non venire sopraffatti. L'imponente martello da guerra a due mani dell'inquisitore, ai nostri occhi ingombrante e scomodo in una mischia, vorticava nelle sue mani come vivo, come se bramasse il sangue di quegli esseri senza dio. Eravamo ricoperti del loro sangue corrotto quando riuscimmo a respingere il nemico e a ricacciarlo nelle catacombe. Il sergente della milizia ordinò di coprire la nostra avanzata verso la cappella in rovina che si imponeva in posizione sopraelevata sul cimitero. Ci avviammo verso una scalinata di arenaria corrosa dal tempo facendoci strada tra i non-morti. La salita non fu meno ardua, menando fendenti e spargendo il sangue nero dei ghoul, che andarono poi in rotta lasciando libera la salita. La cima era vicina, a pochi passi da noi. Quella notte d'inferno iniziava a schiarirsi con i primi bagliori di un'alba ancora troppo lontana per poter tirare un sospiro di sollievo. Quella notte d'inferno stava per finire, ma ci attendeva ancora il compito più arduo. Estrassi la pistola dalla fondina ed iniziai a sparare. Bryan e Mitch fecero lo stesso. Se fossi sopravvissuta a quella nottata, avrei ammazzato di botte mia zia. Ci trovammo in uno spiazzo, superammo due statue di pietra raffiguranti creature demoniache e seguendo il lastricato arrivammo di fronte a una cappella diroccata coi muri crollati e i resti delle colonne decadenti. Rimaneva quasi intatto il reticolo di una vetrata con ancora qualche vetro dai colori spenti, risucchiati dalla malvagità che era assopita in quel luogo. Al centro del pavimento in pietra decorata di oscure trame si trovava una bara di marmo nero con i finimenti d'argento. In quel luogo in decadimento sembrava l'unico oggetto a mantenere una sinistra bellezza e un risoluto splendore, come se non fosse minimamente scalfita dal tempo. Il coperchio aperto in buona parte lasciava intravedere uno strato di terra sul fondo della bara. Nessun segno del suo occupatore. Uno schianto di roccia in frantumi alle nostre spalle attirò la nostra attenzione. Come ci girammo non percepimmo alcun movimento. Ci allertarono i piedistalli vuoti che fino a qualche istante prima reggevano le statue di pietra, ma non ebbi il tempo di reagire. Come feci per voltarmi nuovamente verso la cappella, sentii un dolore atroce al volto e mi ritrovai stordita a terra. Passò qualche secondo prima che potei riprendere controllo del mio corpo. Il sapore ferroso del sangue mi saturava la bocca. Sputai a terra e mi rialzai barcollando cercando vicino a me la pistola. La trovai appena in tempo per poter parare una zampa artigliata che mi avrebbe squarciato il petto. Schivai un altro attacco e vidi che i miei compagni erano alle prese con l'altro mostro. Byan non mostrava fatica nel parare i colpi e nell'infliggere piccole ma sfiancanti ferite al nemico, maledetto! Io ero da sola, faccia a faccia contro il mortale nemico. Fece un balzo per atterrarmi e mi parai levando il braccio per ripararmi la faccia. Il suo peso mi fece cadere su un ginocchio. La creatura arretrò di un passo per sferrare un altro attacco e ne approfittai per fare una capriola a lato e colpirlo con un fendente all'altezza della spalla. Il ghoul urlò di dolore e si girò furioso, con gli occhi brillanti di odio. Mi caricò e senza esitare affondai la punta della lama nel suo torace, ritrovandomi con la faccia a pochi centimetri dal suo muso. Estratta la lama, lo finii con un fendente al collo. Con il fiato corto, mi voltai nell'istante in cui l'altro gargouille veniva ucciso dai miei compagni. - Queste maledette bestie sono sempre più resistenti – grugnì Mitch, pulendo il filo dell'ascia sul palmo della mano. Io ribattei: - La loro forza deriva dalla vicinanza al vampiro, quindi il nostro signore della notte non deve essere lontano. Diamoci da fare per scovarlo. – Il ragazzo avanzò con determinazione all'interno della cappella. Continuò al centro, mentre io e Bryan lo seguimmo ai lati. - Due uomini e una ragazzina che portano disturbo nel mio dominio e fanno strage dei miei sudditi – disse una voce con accento aristocratico. – Vi avrei dato il benvenuto, se non aveste violato la mia dimora entrando con le armi. Così mi sono visto costretto a sguinzagliare i ghoul. – Una figura magra dalla carnagione pallida uscì da una zona d'ombra rivelandosi alla debole luce. Portava abiti eleganti aventi i colori rosso e grigio dell'ormai decaduta casata Von Udoril. Fece pochi passi e si fermò al centro della vetrata. - Il mio nome è Dratan Von Udoril - annunciò con fierezza. - E questa è la mia residenza. Cosa dovrei farne di voi inaspettati e non di meno indesiderati ospiti? – Il vampiro riprese a camminare a passi lenti e calcolati. - Non posso di certo lasciarvi andare – continuò, mostrandoci un maledettissimo sorriso beffardo. – Vi farò condurre nelle catacombe dai miei sudditi dove sarete confinati finché necessario. – Sentii una pressione sulla mia mente. Il vampiro ci aveva bloccati per qualche istante e cercava di controllarci. – I tuoi poteri non possono ghermirci – esclamai. - Neanche nel cuore della tua tana, quindi combatti in modo leale, sempre se i decenni in cui sei marcito nella tua tomba non ti abbiano fatto dimenticare i codici cavallereschi. – Il vampiro estrasse una spada dalla lama liscia con l'elsa decorata in oro e accennò un inchino – Come desideri, prode Cacciatrice - rispose in segno di sfida, mettendosi abilmente in posizione di difesa. - Abbassate le armi, per favore – esordì una voce dal profondo delle tenebre. Alla luce fioca che illuminava quel luogo tetro, sbucò un'altra figura. I suoi occhi erano verde smeraldo e i capelli come la corteccia degli alberi in inverno. Per certi lineamenti, somigliava a Dratan, se non per il fatto che lui aveva i capelli biondi. - E tu chi sei? – gli domandò Mitch, rimanendo sulla difensiva. - Perdonatemi, non mi sono ancora presentato. Il mio nome è Rayne Von Udoril. – Si avvicinò a me, fece un inchino, alquanto inaspettato, per poi baciarmi la mano. – Ora saresti così gentile da dirmi il tuo? – Tirai immediatamente via la mano, disgustata. - Devee. Devee Hamilton. – Il pronunciare della mia famiglia dalla quale discendevo, in qualche modo mi dava rassicurazione. - La Cacciatrice che ha dato del filo da torcere a Corsius. – Beh, cosa potevo farci? Ero diventata famosa nel mondo dei non-morti.

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Il motto di quella sera era: "il resto è silenzio". Valeva a dire, che chi avrebbe aperto bocca, sarebbe morto seduta stante. Non c'era da scherzare con quei mostriciattoli. Un letto di nebbia nascondeva il terreno sotto i nostri piedi. L'oscurità della notte senza luna rendeva difficile vedere a qualche metro di distanza. Il silenzio dei morti inquieti martellava le nostre menti, non ci lasciava pace: noi non dovevamo essere lì, in quella notte d'inverno a perlustrare le rovine dell'antico cimitero e il loro avvertimento doveva persuaderci dal continuare la nostra caccia, ma noi ci trovavamo lì, all'erta davanti al decadente cancello, con i cuori in gola e le orecchie tese a trarre il più debole sibilo proveniente dell'oscurità. Al nostro seguito una decina di militari speciali ne sovrannaturale, "i migliori", a quanto ci aveva assicurato il sindaco di quella terra, ma che a mio avviso non avrebbero resistito a lungo neanche di fronte ad un troll di montagna. Armi in pugno varcammo la soglia di quel terreno maledetto. Non si udiva neanche il rumore dei nostri passi, inghiottito dal terreno putrefatto, e il tintinnio delle armi arrivava al nostro udito attenuato, lontano. Si udì solo il gracchiare di un corvo e tutto il resto era oscurità. Mitch deglutì. Che femminuccia, pensai. Mia zia Esmeralda aveva ritenuto che fosse meglio mandarlo ad una battuta di caccia. Cavolo, era carne da macello! Tutto iniziò in un lampo, un movimento indistinto alla nostra destra e l'ascia bipenne del nano calò in un istante su qualcosa che stava sbucando da un mausoleo. Il ghoul cadde a terra senza vita e scoppiò il caos. A decine fuoriuscirono dalle catacombe e da ogni anfratto aperto nel terreno. Presto circondati da quelle immonde creature, combattemmo senza sosta per non venire sopraffatti. L'imponente martello da guerra a due mani dell'inquisitore, ai nostri occhi ingombrante e scomodo in una mischia, vorticava nelle sue mani come vivo, come se bramasse il sangue di quegli esseri senza dio. Eravamo ricoperti del loro sangue corrotto quando riuscimmo a respingere il nemico e a ricacciarlo nelle catacombe. Il sergente della milizia ordinò di coprire la nostra avanzata verso la cappella in rovina che si imponeva in posizione sopraelevata sul cimitero. Ci avviammo verso una scalinata di arenaria corrosa dal tempo facendoci strada tra i non-morti. La salita non fu meno ardua, menando fendenti e spargendo il sangue nero dei ghoul, che andarono poi in rotta lasciando libera la salita. La cima era vicina, a pochi passi da noi. Quella notte d'inferno iniziava a schiarirsi con i primi bagliori di un'alba ancora troppo lontana per poter tirare un sospiro di sollievo. Quella notte d'inferno stava per finire, ma ci attendeva ancora il compito più arduo. Estrassi la pistola dalla fondina ed iniziai a sparare. Bryan e Mitch fecero lo stesso. Se fossi sopravvissuta a quella nottata, avrei ammazzato di botte mia zia. Ci trovammo in uno spiazzo, superammo due statue di pietra raffiguranti creature demoniache e seguendo il lastricato arrivammo di fronte a una cappella diroccata coi muri crollati e i resti delle colonne decadenti. Rimaneva quasi intatto il reticolo di una vetrata con ancora qualche vetro dai colori spenti, risucchiati dalla malvagità che era assopita in quel luogo. Al centro del pavimento in pietra decorata di oscure trame si trovava una bara di marmo nero con i finimenti d'argento. In quel luogo in decadimento sembrava l'unico oggetto a mantenere una sinistra bellezza e un risoluto splendore, come se non fosse minimamente scalfita dal tempo. Il coperchio aperto in buona parte lasciava intravedere uno strato di terra sul fondo della bara. Nessun segno del suo occupatore. Uno schianto di roccia in frantumi alle nostre spalle attirò la nostra attenzione. Come ci girammo non percepimmo alcun movimento. Ci allertarono i piedistalli vuoti che fino a qualche istante prima reggevano le statue di pietra, ma non ebbi il tempo di reagire. Come feci per voltarmi nuovamente verso la cappella, sentii un dolore atroce al volto e mi ritrovai stordita a terra. Passò qualche secondo prima che potei riprendere controllo del mio corpo. Il sapore ferroso del sangue mi saturava la bocca. Sputai a terra e mi rialzai barcollando cercando vicino a me la pistola. La trovai appena in tempo per poter parare una zampa artigliata che mi avrebbe squarciato il petto. Schivai un altro attacco e vidi che i miei compagni erano alle prese con l'altro mostro. Byan non mostrava fatica nel parare i colpi e nell'infliggere piccole ma sfiancanti ferite al nemico, maledetto! Io ero da sola, faccia a faccia contro il mortale nemico. Fece un balzo per atterrarmi e mi parai levando il braccio per ripararmi la faccia. Il suo peso mi fece cadere su un ginocchio. La creatura arretrò di un passo per sferrare un altro attacco e ne approfittai per fare una capriola a lato e colpirlo con un fendente all'altezza della spalla. Il ghoul urlò di dolore e si girò furioso, con gli occhi brillanti di odio. Mi caricò e senza esitare affondai la punta della lama nel suo torace, ritrovandomi con la faccia a pochi centimetri dal suo muso. Estratta la lama, lo finii con un fendente al collo. Con il fiato corto, mi voltai nell'istante in cui l'altro gargouille veniva ucciso dai miei compagni. - Queste maledette bestie sono sempre più resistenti – grugnì Mitch, pulendo il filo dell'ascia sul palmo della mano. Io ribattei: - La loro forza deriva dalla vicinanza al vampiro, quindi il nostro signore della notte non deve essere lontano. Diamoci da fare per scovarlo. – Il ragazzo avanzò con determinazione all'interno della cappella. Continuò al centro, mentre io e Bryan lo seguimmo ai lati. - Due uomini e una ragazzina che portano disturbo nel mio dominio e fanno strage dei miei sudditi – disse una voce con accento aristocratico. – Vi avrei dato il benvenuto, se non aveste violato la mia dimora entrando con le armi. Così mi sono visto costretto a sguinzagliare i ghoul. – Una figura magra dalla carnagione pallida uscì da una zona d'ombra rivelandosi alla debole luce. Portava abiti eleganti aventi i colori rosso e grigio dell'ormai decaduta casata Von Udoril. Fece pochi passi e si fermò al centro della vetrata. - Il mio nome è Dratan Von Udoril - annunciò con fierezza. - E questa è la mia residenza. Cosa dovrei farne di voi inaspettati e non di meno indesiderati ospiti? – Il vampiro riprese a camminare a passi lenti e calcolati. - Non posso di certo lasciarvi andare – continuò, mostrandoci un maledettissimo sorriso beffardo. – Vi farò condurre nelle catacombe dai miei sudditi dove sarete confinati finché necessario. – Sentii una pressione sulla mia mente. Il vampiro ci aveva bloccati per qualche istante e cercava di controllarci. – I tuoi poteri non possono ghermirci – esclamai. - Neanche nel cuore della tua tana, quindi combatti in modo leale, sempre se i decenni in cui sei marcito nella tua tomba non ti abbiano fatto dimenticare i codici cavallereschi. – Il vampiro estrasse una spada dalla lama liscia con l'elsa decorata in oro e accennò un inchino – Come desideri, prode Cacciatrice - rispose in segno di sfida, mettendosi abilmente in posizione di difesa. - Abbassate le armi, per favore – esordì una voce dal profondo delle tenebre. Alla luce fioca che illuminava quel luogo tetro, sbucò un'altra figura. I suoi occhi erano verde smeraldo e i capelli come la corteccia degli alberi in inverno. Per certi lineamenti, somigliava a Dratan, se non per il fatto che lui aveva i capelli biondi. - E tu chi sei? – gli domandò Mitch, rimanendo sulla difensiva. - Perdonatemi, non mi sono ancora presentato. Il mio nome è Rayne Von Udoril. – Si avvicinò a me, fece un inchino, alquanto inaspettato, per poi baciarmi la mano. – Ora saresti così gentile da dirmi il tuo? – Tirai immediatamente via la mano, disgustata. - Devee. Devee Hamilton. – Il pronunciare il nome della famiglia dalla quale discendevo, in qualche modo mi dava rassicurazione. - La Cacciatrice che ha dato del filo da torcere a Corsius. – Beh, cosa potevo farci? Ero diventata famosa nel mondo dei non-morti.

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Mi è sempre piaciuto essere riconosciuta dalle persone. Anche quando uscivo in strada e mi fissavano con sguardo incuriosito. Il mio colore di capelli... candido come la neve. Ero sempre stata quella che la gente definiva "strana", e per un po' di tempo ci sono anche stata male. Alla fine, ho dovuto farci semplicemente l'abitudine. Ero ciò che ero e non potevo tornare indietro nel passato e cambiare tutto. Il passato è passato e non tornerà. Rayne Von Udoril si avvicinò a me con un sorriso alquanto caloroso per essere mostrato da un vampiro. Era abbastanza inquietante, se lo devo ammettere. Indietreggiai di qualche passo, mentre lui veniva verso di me, allora si lasciò sfuggire una risata. Immediatamente Bryan si parò davanti a me, come uno scudo. – Stai a debita distanza da lei. Vampiro. – Disse la parola "vampiro" con tono dispregiativo. Agli occhi di un cacciatore, non sono altro che dei mostri senz'anima che si nutrono di persone innocenti. Ovviamente non tutti erano così, ma andavano per la maggiore. - Tranquillo, cacciatore. Non ho nessuna intenzione di farle male. Vorrei guardarla solamente più da vicino. La ragazzina che ha fatto perdere la testa ad uno dei vampiri più antichi del mondo. – Con poca fatica, Rayne riesce a spostare Bryan da davanti, in modo da fronteggiarmi. I suoi occhi. C'era qualcosa di strano nei suoi occhi. Ci misi molto a capire che mi chiedevano aiuto. Ma in quell'istante non me ne accorsi. - Evidentemente, Corsius non è così potente come vuole farvi credere – ribattei, guardandolo dritto negli occhi. Sapevo di mettere molta suggestione con il colore degli occhi differenti, ma non avrei mai pensato che un vampiro così antico come Rayne deviasse lo sguardo come un bambino al quale stanno facendo un rimprovero. Non è master di sé stesso. - Fidati, giovane cacciatrice. Corsius è uno dei più antichi vampiri dell'Ordine dei Cinque. Potremmo addirittura dire che ne fu il diretto fondatore. – Le parole di Dratan mi lasciarono senza parole. Era intervenuto così, senza che nessuno se lo aspettasse, lasciandoci tutti con uno strano senso di amaro in bocca. Corsius, uno dei Cinque? Questo sì che era una scoperta interessante. Ad essere sincera, ignoravo che ciò potesse essere possibile. Anche se riuscì a sterminare la mia famiglia da solo, non avrei mai immaginato che facesse parte di quella fanatica setta. - Si gira voce che vuole che diventi la sua Cacciatrice. Sei veramente pronta a diventare sua per l'eternità? – Avete presente quando qualcuno dice le cose nel momento sbagliato? Ecco, per i vampiri era sempre così. Quella frase fece voltare Mitch verso di me, con uno sguardo assassino negli occhi. Sarei voluta sparire seduta stante. – Non mi avevi detto di questo! – Mi voltai verso di lui, con lo sguardo rammaricato. – Non avevo altra scelta se non proporglielo. È lui che ha il maestro. – - Non significa che tu ti debba sacrificare per lui! Non sei una merce di scambio. Non permetterò che lui metta i suoi artigli su di te. – Quelle parole, risuonarono nella notte come i tuoni durante una tempesta. Come un fulmine che cade sulla strada. Sarò per lui ciò che vorrà che io sia. Non permetterò che mi porti via l'ultima cosa che mi tiene legata al passato. Sarebbe troppo doloroso perdere anche lui. preferirei ucciderlo io, piuttosto che farlo fare a Corsius. Guardai Mitch dritto nelle pupille. – La vita è mia. Mie sono le decisioni. – Detto questo, mi avvia verso l'uscita della tana dei vampiri. Poco prima di uscire fuori mi voltai nuovamente per dire ai due: - Potete dire a Corsius che la Cacciatrice è pronta a giocare, se è ciò che vuole. – - Devee, sei sicura che... - Bryan non terminò la frase. Gli bastò guardarmi dritta negli occhi. I due vampiri annuirono, mentre si inchinarono. No, non avevano dimenticato le regole cavalleresche, sebbene fossero passati secoli. Uscimmo dalla cappella e ci avviammo verso il ritrovo, con le prime luci dell'alba che si riflettevano nei nostri occhi. Ormai avevo preso la mia decisione e niente e nessuno mi avrebbe fatto cambiare idea. D'altronde, ero stata addestrata per quello. ................................................................................................................................................................... Miei cari angioletti, Eccoci qui con un nuovo capitolo sulla vostra cacciatrice di vampiri preferita. Allora, cosa ne pensate? Sono stata puntuale, vero? Così non mi chiederete più quando aggiorno. Vi invito sempre ad andare a controllare il mio profilo, nelle informazioni ci sono scritte ogni quanto aggiorno le varie storie. Vi invito inoltre a leggere anche la storia Le Cronache di Lafyen - Il risveglio delle Guardiane, candidata ai the wattys. Vi prometto che non è deludente! ;p Bene, detto questo, non mi resta che sperare che vi sia piaciuto questo capitolo. Se sì, lasciate un commento e una stellina. E se non l'avete ancora fatto, followatemi (si può dire? Ve be' shalla! XD) Ci leggiamo al prossimo capitolo che sarà quello di I love my angel il 28 agosto. Un abbraccio, Martina :3

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Che cosa siamo in realtà? Davvero i cacciatori sono convinti di poter cacciare i mostri? In tutti questi anni, credevo di aver trovato le risposte a queste domande, ma mi sbagliavo. Non potevo uccidere i mostri senza diventarlo anch'io. Pian piano l'oscurità mi ha divorata, trasformandomi in ciò per cui mi sono battuta e ho cacciato. In quel momento sentivo di aver perso tutto. I miei sani principi. La mia dignità. Quel che restava della mia famiglia. Tutto. La verità è che Corsius aveva vinto ed io avevo perso. Non ero riuscita ad oppormi al suo volere. Stavo sudando freddo, e avevo il respiro affannato. Bryan mi mise una mano sulla fronte. – Ehi, è tutto passato. – No, non era tutto passato. Aveva vinto. Corsius aveva vinto, mentre io no. Si era approfittato della mia debolezza, mentre ero vulnerabile. Me la pagherà per questo. - No! – urlai, isterica. Lacrime causate al nervoso scesero sulle mie guance. Mi portai le mani alla bocca ed iniziai a piangere di più. Non era possibile. Avevo deluso i miei genitori. Mia madre. Le avevo promesso che non avrei mai e poi mai permesso ad un vampiro di prendere il controllo della mia mente. - Devee... - Bryan non sapeva che cosa dire per consolarmi. Mi abbracciò, stringendomi forte a sé. Provò a consolarmi, ma non ci riuscì. Non poteva cancellare quello che era successo. Non esisteva una bacchetta magica che invertisse il tempo. Dovevo accettare il mio nuovo destino. Non ero più una Cacciatrice, ormai. - Troveremo un modo. Te lo prometto – mi disse, con la testa vicino alla mia. Con una mano mi asciugò le lacrime e mi diede un bacio sulla fronte. Perché proprio a me? Mi sentivo una completa fallita. Quando mia zia lo sarebbe venuto a sapere, mi avrebbe ripudiata da quella casa e cancellato dai registri di famiglia. No, non doveva scoprirlo. Nessuno lo sarebbe dovuto venire a sapere. Doveva restare un segreto. Alzai lo sguardo a guardare Bryan. Avevo ancora gli occhi lucidi e le guance bagnate. – Bryan – iniziai. Lui si limitò a guardarmi aspettando che parlassi. - Promettimi che non dirai a nessuno quello che è successo stanotte. Ho bisogno della tua parola. – Un po' esitante, Bryan mi rispose: - Sì. Sì, te lo giuro. – Forse era rimasta un pizzico di speranza, per me. Ma per la mia anima non si poteva più fare nulla. Ormai era stata macchiata dal marchio di un vampiro. - Ora cerca di dormire, però. Domani dovremmo partire per andare all'Inferno. Rimarrò qui con te.– Coincidenze? No, non credo. Non ho mai creduto alle coincidenze. Corsius ha aspettato che mi fossi iscritta in quella scuola per marchiarmi. Aveva messo in atto il suo piano. Bryan si sdraiò al mio fianco e mi accarezzò i capelli. Lo conoscevo da una vita, eravamo come fratelli. Ci siamo presi sempre cura l'uno dell'altra e lo faremo per sempre. Lui era stato una di quelle persone che hanno influenzato molto il periodo della perdita dei miei genitori. Mi ha aiutata a superarla. Dio solo sa quante notti ha passato nella mia stanza a consolarmi quando piangevo disperatamente, cercando di soffocare le lacrime nel cuscino. Gli volevo un bene dell'anima, anche se non ho mai avuto il coraggio di dirglielo. È il mio angelo. Restò sveglio ad accarezzarmi i capelli per tutto il tempo, fino a quando non mi addormentai sopra la sua cassa toracica, cullata dal suo dolce profumo di limone. La mattina seguente, dopo aver portato tutti i bagagli in macchina, partimmo per casa mia. C'erano delle cose che dovevo assolutamente portarmi dietro, se dovevo stare in quella maledetta scuola. Oltre al mio arsenale, avevo anche una delle mie magliette preferite con scritto: "TOCCAMI E SARAI CIBO PER VERMI". Me l'ero fatta fare qualche tempo prima, solo per ironia e la indossavo solo quando andavo a caccia. Ma visto che stavo per andare in una scuola piena di mostri, mi sembrava giusto portamela appresso. D'altronde, sono una persona molto ironica. Quando la indossai, mi godetti le facce strabiliate di Bryan e Mitch. – Però, è...- - E' sicuramente adatta alla situazione – concluse Bryan. - Lo so, sì! – commentai con un sorriso a trentadue denti. Ci stavo veramente riuscendo. Stavo sopprimendo il desiderio di rivelare a Mitch quello che ero diventata. Speravo solo che non lo sarebbe venuto a scoprire. Forse avevo sottovalutato le mie capacità teatrali. Dopo aver riempito quattro valige più altre due che erano in macchina, ero finalmente pronta per buttarmi nella vasca degli squali ed iniziare un nuovo capitolo. Oppure proseguire l'avventura. Dipende dai punti di vista. Non avevo dimenticato il vero obbiettivo per cui stavo andando lì. Ed era quello di scoprire dove Corsius avesse rinchiuso il mio Maestro. Anche se, ora che aveva ciò che voleva non riuscivo lo stesso a capire perché non ci avesse restituito la sua testa su un piatto d'argento. Che stesse cambiando le sue abitudini? Può darsi. Ma rimaneva comunque un mostro, che aveva fatto una cosa molto disonesta, tra l'altro. Volevo vendicarmi ad ogni costo. Una volta saliti in macchina, iniziammo tutti e tre ad innervosirci. Stavamo per buttarci letteralmente nella fossa dei leoni. Praticamente era un suicidio. Così, per sdrammatizzare, Bryan se ne uscì con una sfida. – Vediamo quanti mostri uccidiamo durante l'arco dell'anno scolastico. Alla fine, faremo una classifica e colui che arriverà ultimo sarà costretto a pagare la cena agli altri due. – Era un po' stupida come sfida, ma almeno era servita a farci distrarre un po' e a sdrammatizzare la situazione. E devo ammettere che aveva funzionato, per un po'. Mitch si voltò verso di me. - Ma che cosa è successo la scorsa notte? Ho sentito delle urla provenire dalla tua camera da letto. – Non sapevo cosa raccontargli. - Ecco... - - Ha avuto un incubo – intervenne Bryan, coprendomi le spalle. Scambiai una fugace occhiata di ringraziamento e tornai a fissare Mitch. – Sì, ho fatto solo un brutto sogno. – - Eh, già. Stavo andando in cucina per andare a prendere un bicchiere d'acqua, quando l'ho sentita gridare. – - Che cosa hai sognato? – mi domandò. Bryan si girò a guardarmi. – Già, piacerebbe saperlo anche a me. - Spalancai gli occhi. gli avevo chiesto di non parlare, eppure non mi fece capire che non aveva nessuna intenzione di esaudire la mia richiesta. - N-non me lo ricordo più – mentii. Forse ero riuscita a darla a bere a Mitch, ma non di certo a Bryan, che continuava a fissarmi con disapprovazione. Sapevo benissimo da me che gli avrei dovuto raccontare la verità, però non potevo. Anche se lui non mi avrebbe giudicata, non mi potevo fidare abbastanza; sarebbe andato a raccontare tutto a zia Esmeralda. Allora il consiglio lo avrebbe scoperto in meno di un'ora. No. A parte Bryan, nessun'altro avrebbe dovuto scoprire il legame che mi univa a Corsius. ........................................................................................ Cacciatori, cosa ne pensate di questo nuovo capitolo? L'ho fatto un po' più lungo degli altri, perché continuate a lamentarvi della brevità di questi capitoli. Spero che lo apprezzerete. Anyway, vi è piaciuto? Spero che non sia troppo presto per parlare di SHIP... ma non posso farne a meno. Allora, ecco la mia lista con i rispettivi nomi. Come al solito fatemi sapere nei commenti chi preferite e perché. ;p Deryan (Devee - Bryan) Demitch (Devee -Mitch) Anche se sono cugini, ma shhh. Nelle ship tutto è possibile. Dersius (Devee - Corsius) Che non so perché, ma credo che sarà quella più votata. Lasciate una stellina se vi è piaciuto il capitolo e ricordatevi: COMMENTATE, COMMENTATE, COMMENTATE! Un abbraccio. Con odio e amore, - Martina :3

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Se qualche tempo fa mi avrebbero chiesto: - I sogni sono reali? - gli avrei certamente risposto con un: - No - . Invece dovetti ricredermi. Almeno dopo quello che mi era successo la notte in cui Corsius cinse il legame. Non credevo che i vampiri potessero fare cose di quel tipo attraverso i sogni, beh la aggiungerò al mio quaderno degli appunti sul sovrannaturale. Quando arrivammo alla scuola degli incubi, ad attenderci c'era una donna circa sui venticinque, trent'anni, dalla carnagione molto scura e corti capelli castano scuro. Sebbene facesse abbastanza freddo, le sfoggiava con molta disinvoltura una canottiera lilla e una gonna nera a vita alta. Ai piedi portava stivali che le arrivavano fino al ginocchio dello stesso colore della canottiera. La mia prima reazione quale fu? Semplice, mettermi le mani nei capelli. - Benvenuti.- Inutile dire che Bryan e Mitch stavano sbavando come cani allupati. Dall'odore che emanava la sua pelle, quando le passai accanto, potei confermare la mia ipotesi. Leopardo mannaro, non c'era alcun dubbio. Ovvio che in pieno inverno non sentisse freddo. Se devo essere sincere, questa cosa la invidio ai licantropi, perché si adattano facilmente al clima. - Io sono Mitch, mentre loro sono Bryan e Devee. - Che scenetta nauseante. Senza dire nessuna parola, mi avvicinai verso l'entrata e mi misi a fissare la struttura che si ergeva davanti ai miei occhi. sebbene fosse stata costruita solo qualche decennio fa, aveva tutte le caratteristiche di un palazzo d'epoca. Con le sue imponenti mura fatte in pietra e l'aria che emanava, rendeva tutto molto inquietante. Sembrava di ritrovarsi nel palazzo del conte Dracula, solo che non stava in bilico di una montagna. Al contrario, era spianato con la strada asfaltata. Tutt'intorno era circondata da vegetazione. In poche parole eravamo dispersi nel nulla. Ma d'altronde qui siamo nella parte periferica del Missoula, nel Montana. - Vi faccio vedere la scuola. – Mi sarei aspettata una specie di corteo di benvenuto, dato che era stato Corsius in persona ad avvertirli che mi sarei trasferita lì. Invece... beh, meglio così. Il solo pensiero di dover affrontare dei mostri tutti i giorni, mi fa rivoltare lo stomaco. Il portone era enorme ed emanava un senso di imponenza, era fatto in metallo scuro. Appena entrati, sulla destra c'era un piccolo gabbiotto dove, all'interno, sedeva un uomo anziano e dall'aria alquanto dimessa. Le rughe sul suo viso faceva intuire che doveva avere all'incirca un'ottantina d'anni. Tutto mi fece pensare, tranne che fosse lì per scelta. - Prima che proseguiamo, dovete firmare i moduli. – La donna si fermò davanti al gabbiotto, dove erano appoggiati un mucchietto di fogli. Le nostre iscrizioni. - Però, che bella baracca – commentò Bryan. Io e Mitch ci girammo verso di lui e lo fulminammo con lo sguardo. Che dire, bisognava dargli un premio come per le "migliori battute a sproposito". – Che c'è? Non ho detto niente. – Alzai gli occhi al cielo e mi avvicinai alla ragazza. - Visto che tu sai i nostri nomi, potresti almeno dirci il tuo. Oppure ti è di troppo disturbo? – La donna mi guardò con occhi di sfida, incupendosi un po'. - Non è tenuta a parlarvi –rimbeccò una voce mascolina alle nostre spalle. Mi voltai per vedere chi fosse.Dal lato apposto alla porta d'entrata c'era un uomo. I suoi capelli erano colorrame ed erano molto lunghi. il suo volto era calmo e rilassato, tuttavia la suavoce emanava una specie di autorità celata. - E... tu saresti...? – Nel mio tono di voce non potei fare a meno di metterci un pizzico d'ironia. D'altronde, chi era costui per dire che quella donna non aveva l'autorità per parlare? Quando uscì alla luce, potei notare meglio il suo viso insieme agli altri dettagli che lo caratterizzavano. Le braccia non erano molto muscolose, se messe in paragone con quelle di Bryan, ma comunque era molto forte perché era pur sempre una bestia. Gli occhi erano ambrati e le labbra carnose. La mascella era volitiva e senza il minimo accenno di barba. Credo che avesse all'incirca una ventina d'anni, non saprei dirlo con certezza. - Io mi chiamo James, sono il suo Nimir-Raj, Cacciatrice e non le ho dato il permesso di dire il suo nome né qualsiasi altra cosa la riguardi. – Sorrise beffardo, inarcando un sopracciglio. Strinsi i pugni. Quel leopardo mannaro stava mettendo a dura prova la mia pazienza, già da minuto uno. Dio che odio.

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


I leopardi sono le creature, a parer mio, più indomabili; sia l'animale in se per se che l'uomo che ha quella forma di licantropia. La maggior parte di loro sono presuntuosi, anzi tutti. Credono di poter avanzare pretese perché una volta al mese gli cresce la pelliccia, ma non sanno che non appena combinano qualcosa di illegale, ci sono io che metto fine ai loro giochi. E allora vediamo chi è che ride. Credo che James avvertì il mio umore, perché mi accennò un sorriso beffardo e, facendo un'occhiata gelida alla donna, uscì di fuori. La donna leopardo, senza dire una parola, lo seguì all'aperto. Provai a seguirli con lo sguardo, ma sparirono poco dopo. - Che bello - commentò Bryan con tono sarcastico. A parte noi tre e il guardiano, non c'era nessuno. Bene, si cominciava alla grande. Mi dava fastidio che qualcuno mi desse l'ordine di andare in un luogo e poi non trovavo nessuno ad accogliermi, non considerando i due psicopatici di poco prima. Così mi avvicinai al gabbiotto dove era seduto il vecchietto e gli domandai a voce alta: - Mi scusi. Sa dirmi dove si trovano le nostre stanze? - - Ci sento benissimo. Non c'è nessun bisogno che urli - biascicò lui. Quella risposta ci lasciò tutti e tre di stucco. L'uomo uscì dall'abitacolo e prese tre chiavi. - Seguitemi e lasciate qui le vostre valigie.- Si avviò a piccoli passi, ma molto svelti, verso le scale che, molto probabilmente, conducevano alle stanze. Almeno era quello che mi auguravo. Mitch e Bryan fecero come gli aveva detto, mentre io mi sbrigai a prendere dalla borsa almeno la mia amatissima Walter semiautomatica con un calibro di 7.65, la chiamavo "la mia bimba". Bryan mi prendeva spesso in giro perché davo spesso nomi alle mie armi da fuoco, ma ehi che potevo farci? A qualcuno dovevo pur affezionarmi! Presi l'arma e l'agganciai alla cintura dei jeans, affrettandomi a raggiungere gli altri. Avevo iniziato ad odiare quel posto ancor prima di metterci piede ed ogni minuto che passava, non faceva altro che confermare e triplicare il mio odio per quella specie di accademia sovrannaturale. Non credo che la mia considerazione per quel posto, popolato per lo più da vampiri e lupi mannari, sarebbe cambiato da un momento all'altro. C'erano molti lati negativi, anzi c'erano solo lati negativi. Benché mi sforzassi di farmela piacere, non ci riuscivo. Ma infondo, può capitare. Le camere dei dormitori non erano tanto più piacevoli del resto della struttura. Credo che fossero la parte più lugubre dell'edificio. Almeno per quel momento, dato che non avevo avuto ancora il piacere di mettere piede nelle aule. Scoprii con mio grande rammarico che avrei dovuto condividere la stanza con una lupa mannara. Il vecchio, del quale ignoravo il nome, non so era nemmeno degnato di dirmi quale forma di licantropia avesse la mia coinquilina. Davvero rassicurante. Quando varcai la porta della mia nuova dimora, con mia grande sorpresa trovai le mie valigie poste ai piedi del letto. La prima cosa che feci fu quella di andare a tastare il territorio; dovevo assicurarmi che la mia compagna di dormite non avesse alcuno scheletro nell'armadio, per così dire. Anche se era praticamente impossibile che non lo avesse. Mi aspettavo di trovare resti di esseri umani fatti a pezzi e sacche di sangue, ma il luogo risultò anche abbastanza pulito. C'erano qualche paia di calzini sparsi per la stanza e il letto era disfatto. Tutto nella norma, insomma. Nemmeno io ero molto ordinata nella mia stanza, quindi non potevo lamentarmi in alcun modo. Però, dovevo ammettere che l'idea di condividere la stanza con una ragazza non era così male. Essendo una cacciatrice, mi sono sempre persa le parti divertenti del vivere in una scuola. . Con estrema cautela andai a tastare il letto e una volta deciso che non avrei corso alcun pericolo, iniziai a svuotare le valigie. Stando a quello che aveva detto prima il vecchio, i dormitori dei maschi erano al secondo corridoio a sinistra, mentre quello delle ragazze a destra. Per raggiungerlo, avevamo passato un corridoio semichiuso che somigliava più ad un balcone. La luce pomeridiana filtrava da quelle tra una colonna di pietra e l'altra, donandogli quell'aura misteriosa e tetra. Una parte di me non vedeva l'ora che calasse la notte per ritornare in quel posto. Chissà se ci avrei trovato qualcuno che trasgrediva alle regole. In realtà era proprio quello che aspettavo, mettermi in mostra davanti a tutti uccidendo uno dei mostri che soggiornavano in quel tugurio. Avrei chiesto senz'altro aiuto a Bryan, visto che Mitch non era poi così esperto di queste cose. Anche se mio zio lo aveva addestrato a dovere, la moglie si era sempre rifiutata di fargli vivere la vita di un Cacciatore. Non avrei mai capito di quali problemi fosse affetta quella donna, ma pazienza. Sul mio letto trovai due divise scolastiche, una invernale e l'altra estiva. Entrambe avevano una gonnellina corta con motivo scozzese di tonalità che davano sul blu e il marrone. La camicia bianca era posta sotto il cardigan beige e una cravatta a righe alterne blu e marrone. Gli stivali marroni erano fatti in modo da arrivare fin sotto le ginocchia; e quelli diciamo che erano l'unica cosa positiva. Almeno avrei potuto nascondere lì dentro i pugnali. Nel complesso, faceva veramente vomitare. Inoltre, ci avevano abbinato un paio di parigine nere oppure le calze dello stesso colore. Beh, il senso dello stile non era una loro virtù. Mi domandai se queste divise le avesse disegnate un ceco oppure le avevano realizzate apposta per farcele indossare apposta. Dato che era inverno indossai quella invernale, perché, a differenza della ragazza che avevo incontrato prima, io ci tenevo a non ammalarmi. Finii di cambiarmi, facendo molta attenzione a nascondere la mia pistola sotto la cinta. Andai ad aprire l'armadio per guardarmi allo specchio e nel complesso non è che mi stesse così male. Tranne forse per il fatto che i miei capelli stonavano con il colore della divisa. - Stai molto... - Prima che la voce potesse finire la frase, estrassi il pugnale in argento che avevo nascosto nello stivale destro e lo lanciai dritto al cuore. Quando mi voltai, con mio grande stupore notai che era una ragazza poco più bassa di me. La mia più grande soddisfazione fu quella di scoprire che non l'avevo colpita affatto, lanciando il coltello contro la parete alle sue spalle. – Bene – concluse, con gli occhi terrorizzati. Io non ebbi il coraggio di risponderle, perché mi sentivo abbastanza in colpa. E mi succedeva di rado.

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Non mi sarei mai aspettata una compagna di stanza così... singolare, ecco. Credo che sia il termine più appropriato per descriverla. Era l'esatto contrario di me: capelli castani con un taglio a caschetto, fisico robusto e carnagione scura; eppure era più bassa di me! Lupo mannaro, senza dubbio. La ragazza si voltò ed estrasse il pugnale dalla parete, venendo verso di me, allungò la mano con l'arma tra le mani e me la porse. - Grazie - le dissi, affrettandomi a riprendere il pugnale. Con un sorriso poco convinto, che lasciava intravedere gran parte dei suoi sentimenti, mi rispose: - Non c'è di che. Solo, la prossima volta non scagliare coltelli ai tuoi coinquilini.- Acconsentii con il capo. - Vedrò di tenerlo in mente. – - Tu sei Devee Hamilton, la Cacciatrice, vero? - Prima che potessi risponderle, continuò a parlare. - Io mi chiami Francy Stuart.- - Piacere di conoscerti, Francy - le dissi, andando a chiudere l'armadio. Francy andò a sedersi sopra il suo letto ed incrociò la gambe. - Quanti anni hai? – - Sedici. - Mi appoggiai all'armadio, ed iniziai a giocare con il pugnale che avevo tra le mani. - Perché hai i capelli di questo colore? - Sbuffai, mentre pensavo ad una scusa da dirle. - Perchè un giorno mi hanno messo paura e mi sono venuti i capelli bianchi dallo spavento. – Non appena finii di dire quella stronzata, Francy scoppiò a ridere e di gusto, anche. Beh, almeno avevo fatto colpo. - Sei una tipa abbastanza simpatica, lo devo ammettere. - Si alzò dal letto e venne ad affiancarmi, cingendomi un braccio intorno alla spalla. - Ho l'impressione che diventeremo grandi amiche, me lo sento, sorella! - "Speriamo sia così". Non avevo mai avuto l'occasione di condividere la stanza con qualcuno, men che meno con una ragazza. Era un'esperienza tutta da pregustare, e io ne ero entusiasta proprio come lei. Lo sguardo di Francy si spostò da me alle mie borse e sorrise maliziosamente. - Che cosa c'è li dentro? - mi chiese curiosa, avvicinandosi alle borse. Mi affrettai a raggiungerla prima che potesse aprirne anche solo una. - Per di più armi contro chi mi infastidisce e contro chi si comporta male - le risposi, prendendole la mano con la quale stava per aprire la borsa nera. - Okay, chica. Non toccherò le tue armi. Ma promettimi che prima o poi me le farai vedere. – Mi strinsi nelle spalle e le risposi: - Okay, te lo prometto. - Speravo solo di non doverle usare contro di lei. Che stessi iniziando a provare compassione per i mostri? Nah, era una cosa del tutto impossibile per me. - Le lezioni stanno per cominciare, vuoi che ti faccia vedere dove sono le aule? – mi domandò, avviandosi alla porta. La mia idea era quella di andare a cercare Bryan, per sapere cosa avrebbe fatto lui. – Veramente… preferirei andare a cercare i miei due amici. Sai, quei due che sono arrivati con me questo pomeriggio. – Francy rimase un pochino perplessa, non curandosi di mostrare la pensierosità. – Sì, ho sentito di quei due. Mitch e Bryan, se non sbaglio. Quando il preside mi ha mandata a chiamare, c’era anche un altro tipo con me; di sicuro sono stati affidati a lui. Comunque, li ritroverai durante la pausa pasto. – Non potevo credere a quello che le mie orecchie avevano appena udito. – Pausa pasto? Io sono abituata a cenare verso le nove e mezzo! – - Beh, chica qui dovrai aspettare le due del mattino, prima di poter mangiare qualcosa come si deve che non sia sangue nelle sacche di plasma. – - Io non mi nutro di sangue, lo sai vero? Sono un essere umano, ho bisogno di qualcosa di più… nutritivo. – - Beh, ma questi sono dettagli, chica. Sono sicura che il preside provvederà anche ai non mostri - rispose, minimizzando il tutto con una pacca sulla spalla. Lo speravo davvero, anche perché non mi andava di bere sangue umano o animale che fosse; preferivo di gran lunga un sandwich. - Ora è meglio se andiamo. Le lezioni inizieranno tra poco o più di venti minuti. - Francy fece per uscire dalla stanza ed io mi affrettai a raggiungerla; non sia mai che la perdessi rimanendo indietro. In poco tempo il corridoio di riempì di ragazza con varie "puzze" diverse. Cavolo, era veramente nauseante l'odore di putrefazione che usciva da alcune camere. Possibile che nessuno facesse niente per risolvere il problema? Avrei dovuto parlare a più presto con il preside, riguardo a questo, e non solo. C'era una cosa più grande che mi premeva sapere: perché Corsius non si era ancora fatto vedere?

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Percorremmo il corridoio al ritroso, poi sorpassammo la balconata di pietra fino ad arrivare davanti una porta massiccia, nella quale vi erano incastonati due draghi. – Ecco, siamo arrivati! – esultò Francy, pimpante. La ragazza aprì la porta e, di colpo, il brusio che si sentiva provenire dall'interno cessò seduta stante. I presenti in aula si voltarono verso di noi, chi aveva uno sguardo famelico, chi, invece, era rimasto sorpreso; tutti avevano avvertito che ero umana. Ero una preda, merda. Non mi mostrai intimorita da loro, anzi l'esatto contrario. Era l'unico modo per non divenire una facile preda. Andai vicino alla cattedra, senza badare agli sguardi assassini dei nuovi compagni di corso. Maledizione, dentro di me si stava facendo sempre più insistente il desiderio di ucciderli uno dopo l'altro. – Mi chiamo Devee Hamilton – dissi al lupo mannaro, che stava tenendo la lezione. Non si scomodò nemmeno di guardarmi in faccia, che maleducato. Al che, la mia pazienza svanì prima ancora di averla. Sbuffai, ed iniziai a sbattere le dita sulla cattedra in segno di noia. – Ehm, Devee... – mi chiamò Francy. Mi girai verso di lei per mo-strarle la mia attenzione. – Non sperare che ti risponda, conviene metterci sedute. – La ragazza mi poggiò una mano sulla spalla in segno di comprensione, una mossa devo dire anche abbastanza azzardata perché avrei potuto benissimo ucciderla estraendo il pugnale dai stivali. Andammo a sederci al penultimo banco, davanti a due vampire: una aveva lunghi capelli rossi e due occhioni verdi, come quello delle bambole di porcellana, la pelle perfettamente liscia tempestata di lentiggini sulle gote; mentre la sua vicina aveva un taglio di capelli a caschetto multicolor, tanto da sembrare un unicorno. Sentivo i loro sguardi su di me, come quello del resto della classe. Del resto, ero l'unica che risvegliava in loro l'istinto della caccia. – Però, la novellina ha un aspetto delizioso – annunciò alla classe uno dei ragazzi che sedevano ai banchi della parete di destra. Francy si voltò di scatto, folgorandolo con lo sguardo. – Lei è una mia amica, quindi non azzardatevi nemmeno a sfiorarla. –Il ragazzo scoppiò in una grassa risata sguaiata, seguita anche dai suoi amici e poi dal resto della classe. – Ma come, non ci eravamo ripromessi di condividere tutto, eh Francy? – – Se volete fare amicizia venire pure, ad attendervi ci sarà una sorpresa! – li stuzzicai, mostrando un sorrisetto beffardo. – Oh, oh, oh – esordirono in coro i ragazzi che gli sedevano al con-fine. Evidentemente dovevo aver attirato l'attenzione del galletto dell'accademia, fantastico! Aveva capelli castano scuro, molto tendenti al colore della corteccia dei pini, occhi rossi come due grandi rubini e bocca sottile. Ogni volta che sorrideva, mostrava quei due canini che sembrava vantarsi in particolar modo di possedere. Il professore non aveva ancora detto una parola, si limitava a tenere gli occhi sul registro, spostando di quando in quando lo sguardo su altre scartoffie che teneva sulla cattedra. – La ragazzina ha tenacia da vendere, vedo – commentò il suo compagno di banco. Nel sentire quelle parole così vuote per essere pronunciate da uno come lui, sbuffai. – E tu, invece, ti credi invincibile. – Il vampiro si alzò per venirmi ad attaccare usando la sua velocità, ma se c'era una cosa che avevo im-parato molto bene dalle lezioni di difesa del mio maestro, era che dovevo essere molto più veloce di loro nei movimenti. Il fatto che Corsius mi avesse impresso il suo marchio aveva giovato anche a noi favore, per giunta. Presi il paletto di legno che avevo nascosto nello stivale e mi alzai, prima che si scagliasse sopra di me glielo conficcai al centro del petto, sfiorandogli di poco il cuore. Il vampiro emise un lamento di dolore, urlando acutamente. – Fa male, vero? Adesso ti ricorderai per bene della tua novellina! – gli sussurrai all'orecchio. Non avevo intenzione di ucciderlo, ma di mettere in guardia tutti una volta per tutta. Ero certa che la voce a-vrebbe iniziato a girare e non aspettavo altro. Ci sarebbero stati molto vampiri che non aspettavano altro che mettere alla prova la ragazza che Corsius aveva marchiato, ed io non aspettavo altro. Lasciai cadere a terra il vampiro ed uscii dall'aula, seguita dal galletto morto-vivente. Se non mi avrebbe lasciata in pace, gli avrei sicuramente strappato il cuore a mani nude, per poi servirlo a Corsius su un piatto d'argento.

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Ecco cosa succedeva a sottovalutarmi, si poteva finire con un paletto piantato in qualsiasi parte del corpo. Il cadavere parlante doveva ringraziarmi per non averlo ucciso davanti a tutti. In fondo, mi bastava solo umiliarlo davanti a tutta la classe, per farmi sentire appagata di come ero stata tirata su dai miei genitori e dal resto dei miei famigliari. Ero un’Hamilton, dopotutto. Non potevo permettermi di fare la figura della ragazzina tonta, ne valeva il buon nome della mia famiglia. Appena uscii dall'aula, venni sbattuta con forza contro la parete di-fronte la porta. Il vampiro che mi aveva assistito alla mia performance non ne aveva ancora abbastanza, evidentemente. Sarei state più che felice di rimediare, tanto non aspettavo altro. - Qual è il tuo problema? - mi domandò accanendosi. Corrucciai la fronte e gli presi il braccio che mi stringeva la gola; glielo piegai per allontanarlo da me, nonostante tenesse la stretta ben salda. - Il mio problema? Siete voi che fate i cascamorti con qualunque ragazza vi capiti a tiro. – - Avresti potuto reagire diversamente - mi rimproverò. Questa sì che era bella, reagire diversamente? Ma era serio? Scoppiai a ridere, dovevo ammettere che quel neo vampiro era proprio ingenuo. Dando cielo, ma sul serio pensava che non avrei fatto nulla? - Cosa c'è di così divertente, adesso? – - Solo la tua beata ingenuità, mio caro - gli risposi, accennandogli un sorriso. – Non siamo tutti degli assassini come supponete voi Cacciatori. - Il vampiro sembrava davvero convinto della sua parole, mi faceva te-nerezza. – Supponete? Mio caro, non è una supposizione, ma una semplice constatazione. Voi siete dei mostri che si nutrono di sangue umano e per di più siete morti. - Il sangue mi ribolliva in corpo, volevo staccargli la testa dal collo, eppure c'era qualcosa che mi tratteneva. – Perché venire in un posto dove "i mostri che si nutrono del sangue umano" sono ben accetti, allora? - Evidentemente non sapeva della mia fama, altrimenti non mi avrebbe mai fatto una domanda così ovvia. Lo guardai di sbieco, dicendogli: - Davvero non sai perché mi trovo qui? – L’espressione del vampiro mi fece capire la sua serietà al riguardo, così decisi di confessargli ogni cosa. Feci un lungo respiro, prima di iniziare a parlare. – Il caro e buon vecchio Corsius ha pensato bene di farmi internare qui per tenermi d’occhio e controllare ogni mio singolo movimento. – Alle mie parole, spalancò gli occhi. – Mi stai dicendo che tu sei la Cacciatrice alla quale Lord Corsius ha ucciso la famiglia? – Ma perché questo qui ha la fissa di rispondere con altre domande? Davvero non lo capisco. Sbuffai e mi poggiai contro la parete, dicendo: – Sì, sono proprio io. – Il mio sguardo si perse nel vuoto, quando sentii una mano poggiarsi sul mio braccio. Era calda e confortevole, quasi nostalgica. – Mi dispiace, so come ci si può sentire. Anch’io ho visto morire tutta la mia famiglia davanti ai miei occhi – mi confessò. Oh, ma com’è triste. Quasi mi dispiace. Se non fosse che nel corso della sua non vita ha sterminato più persone di quante ne abbia effettivamente conosciute da umano. Dovevo ritornare fredda e distaccata, non dovevo farmi travolgere dagli attimi di nostalgia. Nessuna pietà per i mostri, era la regola. – Se ti aspetti che ti compatisca, sprechi il tuo tempo – gli dissi secca. Il vampiro sorrise appena e venne ad appoggiarsi accanto a me. – Non m aspetto proprio niente, in verità. Ho smesso di aspettare che la gente mi compatisca. – In qualche modo, ci somigliavamo. Mi ero sbagliata a pensarlo una persona vuota, perché la maggior parte di loro, una volta trasformati, decideva di spegnere le proprie emozioni. Era più facile l’esistenza, e ad essere onesta avrei voluto farlo anche io delle volte, ma erano proprio i sentimenti che mi differenziavano da loro. Anche se ero diventata un mostro proprio perché gli davo la caccia, non smettevo mai di ricordarmi chi ero. – Comunque, io sono Abel – ricomincia il vampiro, porgendomi la mano. Mi giro verso di lui e lo guardo negli occhi per un po’, alquanto guardinga da stringerla. Temevo che ci fosse un secondo fine, quindi non potevo essere di certo da biasimare. Abel si lasciò cadere la mano lungo il fianco, alquanto stranito. – So che hai difficoltà a fidarti dei vampiri, ma non prenderli tutti per degli assassini. – – Vuoi forse dirmi che siete tutti grandi amiconi con gli esseri umani? Ma fammi il piacere, e non fare l’ingenuo che con me non attacca. – – Non è questione di essere ingenui, ma di forza di volontà. È vero, prima in classe sono stato uno stronzo, ma non per questo merito la morte. – Ma diceva sul serio? Nei miei diciassette anni di vita, non ho mai visto un vampiro che era così amico degli esseri umani, ed ora questo qui vuole farmi credere il contrario. Deve avermi preso per un’inetta. - La penseresti come me, se passassi anni con i Cacciatori, fidati Abel. Per noi non siete altro che dei bersagli da eliminare per rendere il mondo un posto più vivibile. – Solo dopo pochi secondi mi accorsi di quanto ero stata fredda e insensibile nel dire quelle parole, perché Abel non ebbe coraggio di controbattere. Si tolse dal muro ed incominciò ad avviarsi verso il corridoio, poiché la campanella suonò qualche istante dopo. - Il mio nome è Devee, comunque – urlai. Non avevo la benché minima idea del perché gli dissi il mio nome, sentivo solo un forte bi-sogno di dimostrargli che di me si poteva fidare; anche se io sapevo se fidarmi di lui. Abel si girò verso di me e sorrise a trentadue denti. – Piacere di conoscerti – disse prima di sparire nell’oscurità del corridoio.

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Appena Abel sparì nell'oscurità del corridoio, la porta dell'aula si aprì ed uscirono gli studenti. Senza degnarmi di una parola, mi passarono accanto riservando solo per la sottoscritta, occhiatacce alquanto minacciose. Se avevano qualche problema che si facessero avanti. Ero più che felice di trafiggerli, e poi mio zio mi aveva regalato nuovi giocattolini apposta per i miei compagni di studi. Insomma, mi servi-vano dei bersagli su cui testarli per accertarmi che funzionassero. Sentii una presenza alle mie spalle e fui costretta a voltarmi di scatto. Francy era dietro di me e fissava il vuoto con un’espressione cupa. La donna che ci aveva ricevuti prima era riapparsa, come l’illuminazione della Madonna, davanti ai nostri occhi. D’improvviso, la donna mi sorrise. – Vieni, ti accompagno dal preside – disse in tono impassibile. Il leopardo mi fissò, priva di espressione, come se il sorriso di poco prima fosse stato una pura illusione. Rispetto ai suoi occhi gelidi e tenebrosi, quelli dei ratti sembravano dotati di maggiore personalità. Quelle parole suonarono più come un ordine. Mi si accapponò la pelle. Sì, ero in grado di sostenere lo sguardo dei vampiri, però il male suscita sensazioni peculiari: la pelle che si accappona, appunto, una morsa che stringe la gola e il ventre… Persino certi umani mi hanno procurato tali sensazioni, perché essere non-morti non è indispensabile per essere malvagi, anche se di sicuro aiuta. Come mi era stato ordinato, m’incamminai, precedendo Francy. Forse fu soltanto la paura, però sentivo lo sguardo degli altri mostri fisso sulla mia schiena e mi parve che un cubetto di ghiaccio mi scivo-lasse lungo la spina dorsale. Quando entrai nell’ufficio, vasto quanto un magazzino e dalle pareti di solida roccia, mi aspettavo di vedere, con uno svolazzo di mantello, una sorta di Bela Lugosi. Non fu così, ma il vampiro che sedeva a ridosso di una parete offriva uno spettacolo altrettanto suggestivo. Quand’era morto probabilmente aveva dodici - tredici anni. Se era stato pallido in vita, come redivivo era spettrale. I capelli erano di quel biondo cenere lustro che ha talvolta la capigliatura dei bambini prima di scurirsi. L’unica differenza era che i suoi non sarebbero mai diventati scuri. Seduto sopra una sedia in legno scolpito, il preside non arrivava a toccare coi piedi il pavimento. Un vampiro dalla pelle di uno strano avorio cupo gli si avvicinò e si curvò sul bracciolo a sussurrargli qualcosa all’orecchio. La risata del preside fu come un trillo di campane: un suono bello e artificioso. Anche la donna misteriosa gli si avvicinò, sistemandosi dietro la sedia e mettendosi ad accarezzargli la chioma biondo cenere. Un umano si portò alla sua destra e rimase presso la parete, con le mani intrecciate, lo sguardo fisso davanti a sé, la schiena rigida. Era quasi completamente calvo, eppure quella caratteristica, a differenza di quanto accade alla maggior parte degli uomini, non lo imbruttiva; anzi il suo viso affilato, dagli occhi neri, era bello, anche se lui aveva l’aria di non curarsene granché. Chissà perché, lo avrei definito un soldato. Un altro uomo si accostò alla donna leopardo. Aveva i capelli corti, tra il biondo e il rosso, gli occhi di un verde pallido, e un viso strano, né bello né brutto, ma che restava impresso nella memoria e poteva addirittura essere giudicato affascinante, se lo si osservava abbastanza a lungo. Non era un vampiro, ma non mi azzardai davvero a considerarlo un umano. L’ultima ad avvicinarsi alla sedia fu Francy, che si mise alla sinistra del bimbo-preside, ma restando in qualche modo in disparte, pur essendo lì, accanto agli altri. - Be’, manca soltanto la colonna sonora di Dracula. Per il resto, il servizio è completo – esordii. La voce del preside fu come la risata: acuta, innocua, di una inno-cenza calcolata. – Credi di essere divertente, vero? – Scrollai le spalle. – Dipende… - Lui sorrise, senza mostrare le zanne. Aveva un aspetto estremamente umano, con gli occhi luccicanti d’ironia, il viso rotondo e simpatico. Sembrava che dicesse: Guarda come sono inoffensivo: sono soltanto un bel ragazzino! Ma certo… Il vampiro dalla pelle d’avorio sussurrò di nuovo all’orecchio del preside, che rise: una risata così fresca e limpida da far venir voglia d’imbottigliarla. - Ti eserciti, per quella risata, oppure ti viene naturale? – chiesi. Mi accorsi che Francy faceva una smorfia, forse per cercare di non ridere o forse per apparire minacciosa… Magari entrambe le cose. Su certe persone faccio questo effetto, lo so.

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


In una maniera molto umana, il bambino preside smise di ridere poco a poco, finché nei suoi occhi continuò a luccicare soltanto una sorta d’ironia che non era per niente rassicurante: rammentava lo sguardo con cui un falco osserva una serpe. – Sei molto coraggiosa… oppure molto stupida – commentò l’immortale. - Come dicevo, sembra proprio un film. – Tutti parvero ignorare la mia battuta ironica. Il ragazzino immortale si alzò dalla sua sedia e si avvicinò a me. Riuscivo ad avvertire il potere che emanava, era lascivo. Molto probabilmente si nutriva di lussuria, oltre che di sangue; dati i suoi secoli non mi sarei sorpresa affatto se ne fosse stato capace. - Non mi sono ancora presentato, il mio nome è Aloysius. Sono uno dei cinque Vampiri Antichi. – La convinzione con la quale pronunciò il suo nome e la sua posizione nel ceto sociale era ammirevole. Mi ero dimenticata quanto erano vanitosi i vampiri, credevo che sono Corsius fosse così, invece mi dovetti ricredere. Che fossero solo dei presuntuosi senza cervello? Probabile. - Credevo che non mi avresti mai rivelato il tuo nome. Ebbene, io sono Devee Hamilton. – - So perfettamente chi sei, Cacciatrice. E devo ammettere che è un piacere incontrare la donna che ha fatto impazzire uno dei più anziani vampiri. – - Be’, lo stesso non posso dire io. Per me non è affatto piacevole fare la tua conoscenza, Aloysius. – Avevo deciso di mettere da parte le formalità, d’altro canto non facevano proprio per me. Dargli del tu stava a significare che non mi facevo intimorire da uno che sarebbe dovuto morire millenni orsono. Gli avrei portato rispetto solo se si fosse trovato sul fondo di una bara e non fosse stato in grado di riaprire più gli occhi, perché ridotto in un pugno di cenere. - Che cosa sai dell’Ordine dei Cinque? – mi domandò Aloysius, ini-ziando a girare intorno a me. Odiavo quando qualcuno mi ronzava in-torno come un avvoltoio, mi faceva salire l’ansia. Mi scansai dal punto in cui ero ferma, per far capire al piccolo preside che non avevo nessuna intenzione di essere trattata come una criminale sotto pro-cesso. Di solito ero io che facevo domande, non il contrario. - So soltanto che è un antico ordine di vampiri. Gli Anziani, per così dire. – - Non sai molto, allora. Eppure, ti ritieni idonea a darci la caccia. Voglio sapere il motivo di tanta sfrontatezza. – - Sai chi sono, Aloysius. Saprai sicuramente cosa mi ha spinta ad in-traprendere questo percorso senza ritorno. – Guardai lui, poi osservai di nuovo il branco di mostri. - Comincio a capire perché Corsius ha una passione morbosa nei tuoi confronti… - borbottò Aloysius, in tono asciutto, privo di umorismo. La sua voce stava perdendo il tono musicale e lo faceva a poco a poco, come il ghiaccio che si scioglie se messo al sole. - Credo che converrai con me sul fatto che Corsius sia un maniaco sessuale – intervenni, non lasciando trasparire alcun segno di diver-timento. A dire la verità, ero stanca, arrabbiata e spaventata. Mi sa-rebbe molto piaciuto chiudere quella ridicola faccenda ed arrivare al sodo il prima possibile. Aloysius tornò a sedersi accanto ai suoi seguaci, incrociando le mani. – Non posso comandare le scelte di Corsius, non ne sono in grado. Il mio consiglio è di dimostrarti buona e di essere appagante nei suoi confronti – mi suggerì. – Sappiamo entrambi che questo non potrà mai accadere. Perché ostinarsi a continuare con questa farsa? – gli domandai cinica. Volevo sapere fino a dove si sarebbe spinto. Non riuscivo a capire per quale motivo non contraddiceva Corsius. Ne era in grado, ma per qualche ragione era come se fosse sottomesso a lui. La sua infelicità impregnava le pareti come il sangue di cui tanto bramava il sapore. – Hai conosciuto molto bene Corsius, eppure non ne sei spaventata. Perché? – Sbuffai. Non mi piaceva quando qualcuno rispondeva alle mie do-mande con altre domande. – Odio Corsius, anche se ho paura di lui non posso permettermi di darlo a vedere. – – La maggior parte degli umani, se sapesse che fosse cercata da un vampiro, si metterebbe ad urlare. Tu non reagisci così e questo mi fa molto incuriosire. – – Non credo che risolverebbe i miei problemi iniziare ad urlare come una gallina, non credi anche tu? – Aloysius abbozzò un sorriso compiaciuto. – Hai ragione, Cacciatrice – ammise. – Ora puoi ritornare alle tue lezioni. Spero che la permanenza in questa accademia ti faccia cam-biare idea su noi “mostri”. – Prima di voltarmi ed uscire dalla stanza, gli sorrisi beffardamente rispondendogli: – Ne dubito, ma grazie per aver fiducia in me. – Uscii dalla stanza, seguita da Francy. Avevo l’impressione che sa-rebbe diventata il mio cagnolino e che non mi avrebbe mai lasciata un attimo da sola. Forse perché glielo aveva ordinato Corsius in persona. Erano ormai giorni che non lo vedevo, ed iniziavo a domandarmi dove diamine fosse finito. Quando qualcuno non si fa vedere per un po’ di tempo fa pensare solo ad una cosa: che sta architettando qualcosa. Sicura come la morte, non mi sarebbe piaciuto scoprire di cosa si trattava. Mentre percorrevo il corridoio per avviarmi alla prossima lezione, mi voltai a guardare Francy - che continuava a camminare a testa bassa. – Senti… credi che sia possibile saltare la prossima lezione? – le domandai. Francy tirò su il viso e mi guardò di sbieco. – Perché vorresti saltare la lezione? – – Voglio accertarmi che Mitch e Bryan stiano bene. – – In teoria non potresti, tra due ore ci sarà la pausa spuntino e ci riuniamo tutti nel salone grande per la cena. Potresti incontrarli lì – mi suggerì. – È che non ho tanta voglia di partecipare alle lezioni, stasera. In-fondo è la mia prima notte qui, vorrei farci un attimo l’abitudine. Mi capisci, vero? – – Sì, certo. Ti capisco perfettamente. – – Allora spero non ti dispiacerà se andrò in camera mia a distendermi un po’ sul letto – aggiunsi, iniziandomi a dirigere dalla parte opposta. – Affatto. Ci vediamo dopo e casomai ti porto un panino. – Le sorrisi calorosamente. – Sarebbe magnifico. Grazie ancora, Francy. – – Ma figurati. – E mentre la figura di Francy si faceva sempre più distante ed oscura, ero sempre più vicina all’essere in pace con me stessa.

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Ero decisa a cambiare strategia. Non potevo di certo aspettare che Corsius si facesse vivo, portandomi in dono qualcosa che non avrei di certo apprezzato. Magari sarei stata io a riservargli qualcosa di davvero speciale, come una pallottola placcata in argento dritta nel cuore ad esempio. Non volevo vedere la sua orrenda faccia in giro per l’accademia e men che meno viverci. Ma ho imparato che non si può avere tutto dalla vita, per cui preferisco affrontare i miei problemi a colpi di pistola. Per tutta la notte non sono riuscita a chiudere occhio, così mi sono ritrovata a veder sorgere l’alba per la seconda volta in questa setti-mana, e la cosa mi mise di pessimo umore. Tutto stava nel decidere con chi prendermela e come sfogarmi, ma in quel momento volevo soltanto dormire: il resto poteva aspettare e avrebbe aspettato. L’alba scivolò nel cielo come un manto di luce, sul quale il pianete Venere scintillava come un piccolo diamante. Quando fui abbastanza sicura che tutta l’accademia era sprofondata in un sonno profondo, uscii dalla camera facendo molta attenzione a non svegliare la mia vicina di letto. A differenza dei vampiri, i licantropi non avevano bisogno di addormentarsi durante il giorno e non avevano quell’aspetto da cadaveri ambulanti. Misi la testa fuori dalla porta che affacciava sul corridoio femminile. Regnava un silenzio tombale, ero fortunata. Dovevo solo cercare il corridoio maschile e trovare la stanza di Bryan o di Mitch. Ero più che sicura che a quell’ora erano già svegli. Mi sarei sentita a disagio se avessi scoperto che ero l’unica che non riusciva a prendere sonno. Iniziai a percorrere il corridoio completamente oscurato dalle tende color notte – tipo quelle che si possono trovare in qualsiasi dormitorio maschile di un college. Che tranquillità… pensai. Era il momento più adatto per uscire di nascosto e farsi una passeggiata per l’accademia del terrore. Riuscendo quasi a percepire quelli che dormivano nelle stanze, ebbi la tentazione di origliare a una porta per ascoltare il respiro dei vicini. Però non dovevo farlo, il mio obbiettivo era di trovare la camera dei Cacciatori e non avrei permesso a niente e a nessuno d’intralciare il mio cammino. Quando Francy era tornata dalla cena, mi aveva portato un panino che aveva preparato di fretta per non farsi scoprire dai professori; la regola voleva che gli studenti che non si presentavano durante il pasto, sarebbero rimasti a digiuno fino a quello successivo. Facile rispettare quella regola se tutti fossimo stati dei vampiri, però provatelo a dire ad un’adolescente in pieno sviluppo. Ma dovevo ritenermi anche fortunata, almeno la mia compagna di stanza non era un succhiasangue. Avrei dovuto rinchiuderla solo una volta al mese, durante la luna piena. M’imbattei nel corridoio del lato opposto a quello dove era la mia camera. Non saprei dire come percepii che in quel lato del castello di Dracula c’erano le camere dei ragazzi, forse perché da sotto alcune porte usciva un tanfo infernale. Speravo solo di non dovermi mettere a combattere, avevo portato con me solo un pugnale di legno ed una pistola (perché era quello più vicino a me e non volevo che Francy si accorgesse che me l’ero svignata). Volevo mettermi ad aprire ogni singola stanza, ma sapevo che non avrei finito nemmeno per l’anno dopo e di quel passo si sarebbe fatto notte e tutti i morti viventi sarebbero ritornati dal loro sonno ca-daverico. Dal fondo del corridoio sentii delle voci, stile risatine da post sbronza. Pregai con tutta me stessa che non ci fossero dentro anche Mitch e Bryan, dovevo assolutamente andare a controllare se fossero stati coinvolti anche quei due. Strinsi la pistola ancora più forte, per infondermi coraggio. Non mi avrebbero potuto nuocere finché avessi tra le mani la mia amatissima Walter semiautomatica con il calibro di 7.65, era il mio gioiello. Feci irruzione nella stanza, non dicendo nulla. Tra i presenti qualcuno si lasciò sfuggire un gridolino di sorpresa – o perché stava venendo. Quel posto era un bordello, che schifo. C’erano ragazzi che fumavano erba, altri che sbattevano donne da qualsiasi parte; mi sentivo parecchio a disagio. In quell’accademia, il giorno era come la notte e secondo loro era normale svolgere queste cose alla luce del sole. Tra i membri del circolo dei drogati c’era anche il tizio che si era ritrovato un paletto nel cuore la sera prima. Stava fumando erba insieme a… Mitch?! Non riuscivo a credere che un tipo gracilino come mio cugino avesse avuto la forza di assumere droghe psichedeliche. – Mitch! – borbottai. I suoi occhi erano spenti, come se non fosse lui. Si girò a guardarmi, mentre continuava a ridere sguaiatamente. Mi avvicinai a lui e gli mollai uno schiaffo in pieno viso. – Riprenditi, Cristo! – Niente, era partito per la tangente. Il vampiro al quale avevo dolcemente donato una palettata nel cuore scoppiò a ridere, facendomi sorgere la fatidica domanda: «Ma perché non sta dormendo?» – Vuoi unirti alla festa, Cacciatrice? – mi chiese il biondino. Il potere che emanava la sete di sangue, mi fece venir il voltastomaco. Aveva impregnato tutta la stanza, faceva veramente schifo. – Grazie della proposta, ma passo – ribadii infastidita. Volevo solo riprendermi mio cugino ed andare via da questo posto. – Be’, sei una guastafeste. – Una ragazzina mi passò accanto, con un misero lenzuolo che le copriva le intimità, andò a sedersi in braccio al vampiro biondo, che non esitò un istante a nutrirsi di lei. Dio, come si può cadere facilmente in basso. Guardai il sangue della ragazza scenderle per tutto il corpo, e questo mi faceva venir voglia di piantare una pallottola nel cuore a quel bastardo. – Mitch, andiamocene – gli ordinai, prendendolo per un braccio. Non misi tanta forza a tirarlo su, era leggero come una piuma. Mi chiesi come un tipo simile potesse essere un Cacciatore e appartenere alla famiglia Hamilton, era un disonore averlo come parente. Se zia Esmeralda lo avesse visto fraternizzare con coloro a cui diamo la caccia, lo avrebbe appeso ad una corda e lasciato cadere dalla torre dell’orologio della chiesa vicino alla loro magione. – Credo che dovrebbe essere Mitch a scegliere, Devee – disse una voce alle mie spalle. – E tu come ti permetti ad offrire droghe a minorenni? – Mi girai a guardare il ragazzo che aveva osato mettere bocca, ma rimasi para-lizzata. Non riuscivo a muovere nessun passo verso di lui. Merda! – Ci rivediamo ancora, chariot – esordì Corsius, con un sorriso bef-fardo stampato sul viso.

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


Dopo giorni che non lo vedevo, finalmente era uscito allo scoperto. Nella mano destra stringevo la Walter semiautomatica, che per qualche strana ragione non riuscivo a puntargli contro. Anche se mi era impossibile muovermi, almeno potevo ancora controllare le mie espressioni, e non erano delle migliori in quel mo-mento. Corsius continuava a guardarmi con quel sorrisetto idiota stampato sul viso, e la voglia di prenderlo a calci sulle gengive au-mentava sempre più. – Cos’hai, ma chariot? Sembra quasi che tu non riesca a muoverti – disse con enfasi, avvicinandosi verso di me. Se avessi potuto, gli avrei piantato una pallottola al centro del cuore. Lo odiavo così tanto, mi aveva impresso il primo marchio, impedendomi così di nuocergli in alcun modo. Ero in transizione per diventare la sua serva umana, nonché la sua Cacciatrice. Se avesse portato a termine la sua opera, sarei divenuta a tutti gli effetti un vampiro. Non sarei più invecchiata, le mie emozioni dipendevano dalle sue e viceversa, sarei stata molto più forte di quanto non lo sia già. Insomma, un sogno che diventerebbe realtà, se non per il fatto che ero legata a lui come un cagnolino e le miei emozioni sarebbero state controllate. Non lo avrei più odiato, anzi sarei stata soggiogata dalla sua bellezza. No, non potevo permettergli di conferirmi gli altri tre marchi. – Vedo che provi gusto a complicarmi la vita – ribadii sarcastica. Corsius scoppiò in una risata copiosa. Be' ero felice che le mie lamentele lo divertivano (e che era di buon umore), questo significava che con un po' di fortuna non avrebbe staccato la testa a nessuno. – Ma chariot, provo gusto nel vederti così disponibile come tutte le altre donne in questa stanza. – – Stai usando i tuoi poteri su di me, credi veramente che vorrei es-sere così vulnerabile in questo momento? Preferirei trafiggerti con un paletto, credimi – mi affrettai a confessargli. Non volevo che si facesse un'idea sbagliata di me. Il vampiro si avvicinò verso di me, sollevandomi il mento con un dito e avvicinando la sua bocca alla mia. Avevo paura di quello che aveva intenzione di fare, non mi fidavo era un pazzo maniaco, dopotutto. Deglutii, cercando di rallentare i battiti del cuore che erano accelerati senza motivo. Avevo paura? Sì. Mi fidavo? No. Il resto dei presenti era rimasto immobile da quando era entrato Corsius, tutto per "rispetto" nei confronti di uno dei vampiri più antichi del mondo. Sembravo vederlo solo io per ciò che era in realtà: un bamboccio presuntuoso che si credeva il dio Apollo sceso in Terra. Mi dava i nervi, anche se emanava una forte attrazione sessuale, d'altronde era quello uno dei suoi punti di forza. Quando entrò nella stanza, la tensione sessuale crebbe in un modo indescrivibile, e quel vampiro esprimeva sesso da tutti i pori. Aveva avuto effetto anche sui maschi, era incredibile i feromoni che emanava. – Vediamo come reagirai quando ti imporrò il secondo marchio, ma petite – annunciò, sicuro di se. E come poteva non esserlo, infondo era uno dei vampiri più potenti sulla faccia della Terra. Se non era sicuro lui, non saprei proprio immaginare chi altri potrebbe esserlo. Corsius si avvicinò alle mie labbra, fuoriuscendo i canini affilati come lame di un rasoio. Erano di un bianco scintillante. Quando le sue labbra si posarono sulle mie non riuscii più a resistere nemmeno con la mente, che tanto si impegnava a lottare contro il predatore che si ritrovava davanti. – Ora accettami come tuo unico padrone. Diventa la mia Cacciatrice – disse, staccandosi dalle mie labbra. Mi strinse il collo con una mano, premendo abbastanza forte da farmi mancare il respiro. – Giurami eterna fedeltà, ho detto. – Questa volta non lo disse gentilmente, al contrario urlò talmente tanto da far vibrare le pareti. – Preferisco morire, piuttosto – gli risposi a denti stretti. La presa si fece sempre più forte, sentivo che nei polmoni non filtrava abbastanza aria da poter rimanere sveglia. – Corsius, fermo! – esordì una voce alle sue spalle. Il vampiro, in-curiosito, si voltò tenendomi ancora salda nella sua presa - che si era fatta di poco più debole, da permettermi di respirare. – Tu devi essere Bryan, se non sbaglio. – Corsius non parve preoc-cuparsi che Bryan aveva tra le mani un fucile carico con proiettili d’argento, perché sapeva benissimo che non gli facevano nulla all’infuori del solletico. – Lasciala. Andare – gl’intimò a denti stretti. Corsius scoppiò a ridere di gusto, con il sottofondo dei suoi seguaci che gli facevano da coro. – Altrimenti? – Se c’era una cosa che avevo imparato in tutti questi anni su Bryan, era che a lui non importava niente di chi si facesse male. L’unico scopo era portare a termine la missione. – Vuoi davvero premere il grilletto, con la consapevolezza di poter colpire Devee? Io non credo. – Guardai Bryan negli occhi, incitandolo a premere quel maledettis-simo grilletto e di farla finita una volta per tutte. Era molto abile con il tiro al bersaglio, e di rado sbagliava il colpo. – Lo immaginavo, non ne saresti mai capace. ¬– Non appena finì la frase, il rumore del fucile riecheggiò in tutta la stanza e nel corridoio. Il sangue di Corsius colava dal braccio nel quale teneva il mio collo. Fu costretto a lasciarmi andare e farmi cadere a terra, così non indugiai oltre e trascinai Mitch via dal gruppo di vampiri, sparando al biondino che aveva osato intromettersi nella conversazione di poco prima. Uscii dalla stanza di corsa, portandomi dietro mio cugino come se fosse un aquilone per quanto era leggero. Non erano passate nemmeno ventiquattro ore da quand’ero arrivata ed ero già riuscita a far incazzare uno devi vampiri più antichi al mondo, bene.

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


Correvamo più velocemente che potevamo, in quel momento era-vamo inseguiti da un gruppo di vampiri assetati di sangue. L’unica cosa alla quale pensavamo era metterli fuori gioco. Non mi sorprendeva che Aloysius avesse detto nulla a riguardo ai poteri di Corsius. – Dobbiamo uscire da qui – disse Bryan, mentre ci precipitavamo giù dalle scale. Mentre avevamo attraversato il corridoio, avevamo spostato anche le tende per far entrare la luce del giorno, in modo da bloccare i vampiri e costringerli a prendere un'altra strada. Almeno gli avevamo dato un po’ di pista. Quando ci ritrovammo nell’atrio e abbastanza vicini alla porta, ma non per aprirla, fummo fermati dal preside che si trovava proprio davanti a noi. Grandioso. – Si può sapere cosa state combinando? – domandò Aloysius, al-quanto alterato. Non riuscivo più a trattenermi, era davvero troppo quello che avevo subito quella mattina. – Chiedilo a Corsius e ai suoi leccapiedi, ci stanno inseguendo per tutto il castello e… – Non feci in tempo a finire la frase che Aloysius richiamò il silenzio per ordinarci di seguirlo nel suo “studio”.

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


Quando varcammo la porta dello studio del terrore, con mia grande sorpresa (e anche dispiacere) trovai ad attenderci Corsius, affiancato dal vampiro biondo. Stranamente non era ancora collassato e ormai il sole aveva raggiunto il suo “punto di forza”. – Non è educato scappare mentre si sta avendo una conversazione, ma chariot – esordì non appena entrai nella stanza. Strinsi forte i pugni, tant’è che ebbi la sensazione che mi stesse uscendo il sangue. – Sai cos’altro non è educato? Conferire marchi senza il consenso altrui – rimbeccai, puntandogli la pistola al centro della testa. Quella volta non mi avrebbe fermata, ne ero sicura. Avevo alzato le mie difese, la mia mente era al sicuro da tutte le insidie psichiche dei vampiri. Corsius accennò un sorriso, iniziò ad avanzare in direzione della pi-stola. La sua sicurezza era così provocante, che mi fece venir voglia di sparargli immediatamente. Ma... – Cosa c’è, ma chariot? Non riesci a spararmi? – Rise di gusto, prendendo la pistola con le sue stesse mani e la lasciò cadere a terra. Cosa diamine mi stava facendo? Sentivo le sue mani ovunque, e la sensazione che suscitava in me non era delle più caste. Per qualche strano motivo, il mostro che aveva ucciso la mia famiglia era diventato intoccabile, per lo meno da me. Dovevo sperare solo che Bryan trovasse il coraggio di piantargli una pallottola in testa al posto mio. Sentii uno schiarirsi di gola e sia io che Corsius ci voltammo. Aloysius, senza tante cerimonie, si era andato a sedere al suo posto. – Corsius, ti sarei grado se evitassi di fare queste porcate davanti a me – gli chiese il bambino. Il vampiro fu costretto, suo malgrado, di lasciarmi andare e si avvicinò al tavolo in legno. Una volta sedutoci sopra, ritornò a fissarmi con quegli occhi così penetranti. Un’ondata di brividi passò lungo tutto il mio corpo, il timore di essere toccata ancora una volta da lui mi faceva salire il volta stomaco. – Presto diventerà la mia serva umana, e allora nessuno potrà più impedirmi di farle quello che vorrò – disse con convinzione. C’era solo un piccolo problema, Corsius aveva fatto i conti senza l’oste. Io non avrei mai accettato di diventare il suo giocattolino sessuale, se lo sarebbe dovuto mettere in testa da tempo. – Tu sei malato – sbottò Bryan. – Seriamente, se fossi in te andrei a farmi controllare, zio. – Le parole di Bryan mi lasciano completamente spaesata e divertita. Non avrei mai immaginato che avrebbe avuto il coraggio di rivolgergli la parola oltre a sparare. – Come prego? – gli domandò sbigottito Corsius. Bryan mi venne ad affiancare, sfiorandomi appena il braccio con il suo. – Ti rendi conto che è solo una ragazzina? Ma ti sembra normale dirle una cosa del genere? Ha diciassette anni, per l’amor del cielo, abbi un po’ di rispetto! – – Rispetto… – borbottò il vampiro. – Nessuno mi ha mostrato ri-spetto quando hanno condannato la mia sposa. – Aloysius parve seccato nel sentire le sue lamentele. – Corsius, sono passati decenni, ormai. La colpa non è della Cacciatrice. – La tentata persuasione del bambino non servì a nulla, anzi lo fece solo incazzare di più. Corsius scese dal tavolo e venne verso di noi, con gli occhi rossi come il sangue che mi scorreva nelle vene. – La colpa è della sua famiglia, qualcuno deve pagare – disse a denti stretti, fissandomi dritta negli occhi. Odio, rancore, desiderio di vendetta, solitudine, tutti sentimenti che in quel momento fuoriuscivano dai suoi occhi, e in qualche modo mi sentivo responsabile. – Non ti è bastato uccidere i suoi genitori? – Corsius spostò il suo sguardo da me a Bryan, lanciando anche un’occhiata fugace a Mitch. – Te lo dirò solo una volta, Cacciatore. Non avrò pace fin quando non avrò messo in ginocchio l’ultima superstite di questa maledetta famiglia. – Senza che me ne rendessi conto, mi ritrovai una mano che mi stringeva la gola. Con le mani cercai di togliermela, perché sentivo di star soffocare. – Ma ho imparato che la vendetta è più buona gustata un po’ alla volta. Preferisco vederla cadere poco a poco, così conoscerà veramente la sofferenza – concluse, facendomi l’occhiolino. – Fottiti – biascicai. – Fotterei volentieri te – ribatté, prima di avvicinarsi al mio viso e baciarmi. In quel momento un’ondata d’ira m’invase dalla testa ai piedi, ma non potevo fare nulla al riguardo. Saperlo, mi faceva incazzare di più. Quando si staccò, notai che sulle labbra aveva un sorriso malizioso e i suoi occhi erano di uno strano colore: un rosso con sfumature bianche. – Ricordati sempre di me, ma chariot – mi sussurrò, prima di uscire dalla stanza. L’aria che procurò Corsius mentre usciva dallo studio formava una parete semisolida di fresco e umidità, che aderì alla mia pelle come una membrana di plastica. Era abbastanza strano, dai miei punti di vista.

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