The Wolf Story

di Delyassodicuori
(/viewuser.php?uid=240731)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1 ***
Capitolo 3: *** 2 ***
Capitolo 4: *** 3 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***



Note 

Questa fan fiction in realtà è molto più vecchia di quanto sembri.
Quando avevo scritto questa storia (tra l’altro la mia primissima storia scritta in assoluto) lo avevo fatto con tanto amore ed impegno, senza però rendermi conto dei numerosissimi errori di ortografia e di lessico che avevo commesso. Stavo continuando persino il seguito di questa storia, quando finalmente mi sono accora dell’enorme casino da me compiuto, per questo l’avevo cancellata dalla pagina di Efp. Ora però sono ritornata con il mio primo racconto, che mi ha fatto passare giornate intere al pc solo per poter scrivere uno o più capitoli, e ha fatto sognare me e chi mi seguiva nonostante tutto. Ed è solo per questo che ho deciso di riprendere la storia, per rivivere quell’esperienza e per i lettori che sono ancora interessati a leggere o rileggere questa fan fiction.  Naturalmente grammatica e tutto verranno aggiustati e revisionati per bene, e ci saranno un po’ di modifiche rispetto alla vecchia storia. Non essendo brava nei discorsi (figuriamoci a finirli) vi lascio alla storia senza troppi indugi. Buona lettura.



 
Prologo

 
La campanella che segnava la fine delle lezioni di quel giorno suonò, vibrante e agitata. Gli studenti si alzarono tutti allo stesso tempo dalle loro sedie, uscendo fuori dalle aule e dalla scuola rivestita in mattoni rossi sbiaditi. Sulla parete adiacente all’entrata dell’edificio stavano appese delle grosse lettere in bronzo, decorati con caratteri geometrici:
 
Istituto Statale d’Arte
 
Proprio sotto quelle scritte, sulla rampa di ferro posta accanto ai quei pochi gradini che conducevano all’ingresso, attendeva una ragazza. I suoi capelli, rossi scarlatti, erano talmente lunghi da arrivarle fin sotto i polpacci. Per non essere tanto d’impiccio, li aveva legati in una lunga treccia, chiusa con un nastro azzurro. La sua pelle rosea si stava riscaldando sotto i raggi del sole che filtravano dalle grosse nubi bianche che dominavano il cielo di Ancona, mentre i suoi occhi, di un verde chiaro così liquido che dava quasi l’impressione di potersi affogare in esso, scrutavano da una parte all’altra, impazienti.
Caterina era solita aspettare in quel punto le sue amiche, sempre in ritardo.
O forse sono io che esco sempre in anticipo” pensò ella, sbuffando.
Era una giornata stranamente calda per essere febbraio. E Ancona, una delle tante città di Italia, non era di certo conosciuta per essere calda e soleggiata durante l’inverno.
Alla faccia delle previsioni del meteo” riflette Caterina, cercando di fissare il sole, senza successo. Si stropicciò gli occhi mezzi bruciati, chiedendosi per quanto ancora avrebbe dovuto aspettare Lisa e Carmela.
Nel mentre ripensò al suo ultimo compito di storia, nel tentativo di capire perché avesse preso solo un misero sette e mezzo invece di un otto pieno.
Insomma, le domande le aveva risposte tutte, dove aveva sbagliato? Purtroppo la professoressa aveva consegnato i compiti corretti proprio all’ultimo minuto, un attimo prima che la campanella suonasse, per questo Caterina era riuscita a malapena a vedere il grosso voto rosso sopra il foglio, senza riuscire quindi a comprendere i suoi errori.
Nel mentre del suo riflettere su quella stupida verifica, il suo telefono cominciò a vibrare dentro la tasca dei sui jeans. Stupita lo tirò fuori, sbloccando la schermata di blocco e scoprendo due nuovi messaggi appena arrivati. Decise quindi di aprirli e di leggerli. Uno veniva da Carmela, l’altro da Lisa.
E adesso?” pensò mezza allarmata la ragazza, leggendo il messaggio di Carmela:
 
Scusami bellezza, ma il prof. di Architettura mi voleva parlare proprio ora! Ci sentiamo per telefono più tardi! Un bacio :*
 
Il secondo messaggio, quello di Lisa, non era di certo migliore del precedente:

Cate, i’m so sorry, ma avevo promesso a Gabriele che dovevamo ritrovarci di sotto, davanti all’entrata per il laboratorio di Pittorica. Carmela mi ha già detto che ha da fare, per cui penso che oggi dovrai andare da sola. Scusaci T.T
 

Ogni volta la stessa storia!” brontolò dentro di sé Caterina, avviandosi verso il cancello dell’istituto.
Corse lungo la discesa che portava alla strada, per poi camminare più tranquillamente lungo il marciapiede.
Mentre passeggiava, la ragazza continuava a pensare ai suoi mille problemi, senza quindi rendersi conto che la strada che stava imboccando era completamente vuota. Non passava una sola persona e non sgommavano nemmeno un’auto o una moto. Quando se ne accorse dopo aver camminato per due minuti, si guardò intorno, confusa. Conosceva bene quella via, e sapeva che a quell’ora c’era sempre tanta gente che passava. Perché era così vuoto e silenzioso?
Continuò a camminare, pensando che poteva essere solo un caso, quando sentì qualcosa passare velocemente dietro di lei. Si voltò subito, allarmata, ma non vide nessuno dietro di sé.
Si scrollò le spalle, convinta che fosse stata una sua impressione, ma quel qualcosa ritornò a passare velocemente, stavolta vicino al suo fianco sinistro. Caterina balzò all’indietro, spaventata, ma anche stavolta non incontrò anima viva.
-Chi è?- fece, stupidamente, nonostante se ne rendesse conto pure lei.
Dopo quel richiamo, sentì una risata vibrare nell’aria, simile alla risata di una bambina, poi di colpo tre figure nere la accerchiarono ad una velocità spaventosa.
Erano tre persone, vestiti con strani mantelli neri e con le teste coperte da enormi cappucci, mentre sui loro petti avevano ognuno appesa una catena con sopra una grossa “V” argentata e decorata con piccoli rubini luminescenti.
Caterina si bloccò al solo vederli, inghiottendo la saliva. Si strinse la sua borsa a tracolla, balbettando un:-C-cosa volete?-.
Il più grosso dei tre si avvicinò e, senza nemmeno che la ragazza se ne potesse accorgere, le bloccò le mani dietro la schiena. Caterina sentì i polsi dolenti, mentre quella stretta non solo le impediva di muoversi, ma cominciava anche a tirarle in modo spaventoso i suoi muscoli.
Era sul punto di gridare aiuto, quando si presentò il quarto, anche lui incappucciato e tutto ricoperto da una mantello nero.
-Caterina- disse l’ultimo arrivato in inglese. La sua voce, seppur appartenesse ad un uomo, era soave e pacata. La ragazza riuscì a notare di lui solo la parte inferiore del viso che il cappuccio non riusciva a coprire e, con orrore, come la sua pelle fosse cadaverica, bianchissima.
-Come sai il mio nome?- chiese lei (in inglese naturalmente, considerandosi fortunata di saperlo abbastanza bene), su di giri –Chi siete, insomma? Che volete?!?-.
Caterina si divincolò, provando a liberarsi, ma la stretta di quella persona grossa e massiccia era talmente forte che per poco non perse fiato solo per quel movimento.
-Non preoccuparti- riprese l’uomo dalla pelle cadaverica –Tutto ti verrà spiegato. Ora vieni con noi, per favore-.
La ragazza avrebbe voluto ribattere, ma le figure incappucciate (in particolar modo quella sottospecie di montagna umana che le stringeva i polsi) la trascinarono via, senza proferire parola.
Mentre camminavano, i loro mantelli svolazzavano tra le loro gambe, ma Caterina non riuscì a distinguere i loro piedi. Era come se, invece di camminare, le figure svolazzassero a qualche centimetro sopra il marciapiede.
Inoltre non producevano alcun rumore. Non respiravano, e quando si muovevano, lo facevano in modo fin troppo silenzioso per i gusti della ragazza.
Demoni? Spiriti malvagi? Cosa diavolo sono questi? E che vogliono da me?” erano le uniche domande che quel povero ostaggio poteva porsi.
Prima ancora di riuscire a trovare qualche risposta ad una sola delle sue domande, si accorse, incredula, che erano giunti davanti all’appartamento in cui ella viveva con la sua famiglia.
Ma… perché mi hanno portata a casa? Non volevano rapirmi?” pensò, mentre in cinque salirono le scale, fino a giungere al terzo piano, davanti alla porta di legno scuro di casa sua.
L’uomo dalla pelle cadaverica che aveva guidato il gruppo poggiò la sua mano sulla superficie liscia della porta, spalancandola con facilità. Caterina rimase incredula a fissare, senza capire. La portarono dentro e a quel punto l’uomo cadaverico chiuse la porta alle loro spalle, per poi sorpassare il gruppo e dirigersi nello stretto corridoio che portava alle camere da letto.
Cosa significa tutto questo?” si chiese per l’ennesima volta Caterina “Mia madre dovrebbe essere qui, a quest’ora, così come mia sorella…”.
L’uomo tornò, con due strane forme sferiche in braccio nascoste sotto il suo mantello. Si avvicinò a Caterina, e a quel punto quella grossa montagna la liberò dalla sua possente stretta. La ragazza si massaggiò i polsi dolenti, notando quanto fossero rossi. Guardò poi in faccia l’uomo cadaverico (o per lo meno ci provò nonostante il grosso cappuccio) e chiese:-Volete spiegarmi cosa volete?-.
-La tua anima, mia cara e dolce Caterina- rispose lui, sorridendole. I suoi denti erano così bianchi e luminosi che per poco Caterina non si accecò al solo vederli.
Prima ancora di poter comprendere il senso delle sue parole, l’uomo tirò fuori dal suo mantello quelle sfere.
La ragazza impallidì, per poi urlare dall’orrore e dalla paura quando si accorse che quelle non erano sfere ma teste mozzate. La prima apparteneva ad una donna, i suoi occhi castani rivolti verso l’alto, la bocca spalancata come in un urlo silenzioso, mentre l’altra testa era quella di un uomo, dai capelli rossi scarlatti e dagli occhi verdi, anche questi rivolti verso l’alto. Entrambe le teste erano tenute per i capelli, mentre le loro gole mozzate grondavano sangue scuro.
Caterina cadde in ginocchio, le lacrime che inondavano gli occhi e le guance, le mani alla bocca, mentre fissava terrificata le teste dei suoi genitori.
Non è reale…” fu l’unica cosa alla quale riuscì a pensare, mentre tutto il suo corpo tremava. 
L’uomo pose con delicatezza le teste sul pavimento, poi fece un cenno con la mano alla figura più minuta del gruppo. Quest’ultima rise (la stessa risata che Caterina aveva sentito prima), si avvicinò alla ragazza e le afferrò i polsi, stavolta portandoli in alto, all’altezza del suo cappuccio. Caterina rimase immobile, mezza appesa, l’urlo soffocato in gola, mentre il suo sguardo ora era posato sull’uomo cadaverico che si stava inginocchiando di fronte a lei.
-Perché?- riuscì solamente a chiedere, mentre le sue calde lacrime cadevano sulle sue ginocchia.
-Perché sei speciale, Caterina- disse lui, sfiorandole il viso con due dita, spostandole poi al suo collo.
Nel mentre che avvicinava le sue labbra alla gola di lei, sospirò un:-Per cui mi servi, futura veggente-.
L’uomo aprì la bocca verso il collo della ragazza, scoprendo quindi i suoi canini lunghi e affilati. La morse, senza indugio, facendo penetrare i suoi denti oltre la pelle, dentro la carne, assaporando così il sapore del sangue di lei.
Caterina urlò, il dolore farsi strada dalla gola fino al resto del corpo. Si sentiva bruciare dentro, come se delle fiamme la stessero divorando tutta, mentre il mondo attorno a lei cominciava ad oscurasi, facendola cadere in un abisso profondo e buio.
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 1 ***


1
 
Leah
 

 
Gocce di pioggia caddero sul mio naso, scivolando poi lungo il mio muso, finendo dritte nelle mie labbra. Tirai leggermente fuori la lingua, gustandomi l’acqua piovana. Per tutta la notte non aveva piovuto, come avevo sperato, ma ora che il sole stava sorgendo le nuvole avevano deciso di raggrupparsi, diventando sempre più nere e iniziando così a piangere. Avevo dormito per almeno tre o quattro ore (forse meno) nella mia forma di lupo, sotto un grosso pino che teoricamente mi doveva proteggere da eventuali piogge improvvise. Invece quelle poche gocce che erano riuscite a passare attraverso le foglie e i rami del pino mi avevano svegliata dal mio sonno senza sogni. Aprii gli occhi lentamente, scoprendo come le gocce di pioggia intorno a me cominciassero a moltiplicarsi, fino a ché non cominciò a piovere a dirotto. Ci impiegai quasi mezzo secolo ad alzare la testa, lanciando però un grosso e lungo sbadiglio. Decisi così di alzarmi sulle mie quattro zampe, stiracchiandomi un poco la schiena. Scossi poi la testa, pestando le mie zampe sul terreno umidiccio, e cominciai ad incamminarmi verso il torrente del monte Olimpia, il territorio della famiglia dei vampiri vegetariani per eccellenza, i Cullen.
Erano passati diversi giorni dall’ultima volta che noi lupi, i mutaforma della tribù Quileutes, ci eravamo uniti assieme ai Cullen ed a tante altre sanguisughe come loro per testimoniare a favore di Renesmee contro altri vampiri chiamati Volturi.
Dopo quell’evento, che per poco non portò ad una guerra (se non ad una carneficina), Jacob, il mio migliore amico ed alfa del nostro piccolo branco, aveva chiesto a noi del suo seguito che cosa volevano fare, se tornare da Sam e il suo branco (di idioti, aggiungerei), oppure rimanere con lui e quindi sopportare la puzza dei succhia-sangue vegetariani. Io fui la prima ad avanzare verso di lui, rispondendogli in faccia:-Tu mandami indietro da quel fetente del mio ex, e poi vedi come ti castro per bene e ti faccio diventare una lupa come me-. Lui naturalmente aveva sorriso a quell’affermazione, annuendo. Mi aveva poi stretto la mano e baciato sulla guancia destra, dicendo:-Non sia mai! In effetti penso che senza la tua presenza mi annoierei a morte, Clearwater-.
Subito dopo di me venne anche Seth, quel rompisca…. tenerone di mio fratello, sorridendo e dicendo:-Beh, io non ho voglia di farmi nuovamente inginocchiare da Sam. E poi tu sei simpatico al suo confronto. Spiacente per te, fratello, ma mi devi sopportare. Anche perché peggio di Leah non posso essere, vero?-.
Quil e Embry avevano riso a quell’affermazione, mentre io, sogghignando, davo un piccolo pugno sul braccio di Seth. Jacob si era trattenuto dal ridere come i suoi amici d’infanzia, accettando anche il piccoletto. Per finire anche Embry e Quil si unirono a lui.
–Scordatelo che ti lasciamo solo con questi tre, bello!- aveva detto Embry.
–Seth ha ragione, sei più simpatico tu di Mr. Carbonella alla brace!- aveva ammesso Quil.
E così avevamo fatto la nostra scelta. Potevamo anche tornare nella nostra terra ogni tanto, ma lì c’erano Sam e gli altri lupi, e ormai avevamo deciso di non averci niente a che fare con loro, anche se capitavano volte in cui ci incontravamo o davamo insieme la caccia a qualche vampiro non invitato nella zona Quileutes.
Anche se le nostre case rimanevano sempre a La Push, era in questa zona dei Cullen che ci riunivamo spesso. Perché continuavamo a rimanere lì anche se non sopportavamo la loro puzza? Semplice, in primis per l’imprinting di Jacob, e in secondo luogo, ma non meno importante, è perché ancora non ci fidavamo molto di Sam. Lui aveva rinunciato a voler uccidere Renesmee, ma non ne eravamo del tutto convinti. Infatti più volte aveva dimostrato odio e ribrezzo nei confronti della piccola ibrida, quando lei incontrandolo lo salutava o magari tentava di parlagli. Sam, ogni volta, la respingeva, storcendo il naso, come se anche lei puzzasse - quando invece, a parer mio, il suo odore ricordava il caramello e le ciliege.
Se doveva esserci una terza ragione, riguardava (appunto) il nostro rapporto con l’altro branco. Sam, come tutti sanno ormai, lo detestavo da morire e preferivo rimanere alla larga da quel viscido traditore, Paul e Jacob non si potevano nemmeno vedere e Jared faceva troppo il sapientone per i gusti di Embry.
Camminai tranquilla in mezzo al bosco, sotto la pioggia che filtrava tra le foglie degli alberi, ripensando proprio agli ultimi avvenimenti, quando nella mia mente entrò anche quella di Jacob. Sembrava quasi senza fiato. Evidentemente stava correndo il più veloce che poteva.
Leah! Sbrigati, prendilo!
Prendere cosa?
Il cervo, no?!?
Quale cervo?
Entrai nella sua mente, osservando attraverso i suoi occhi il culo di un grosso cervo che zigzagava tra gli alberi, tentando di sfuggire dagli artigli del lupo. Tornai allora nella mia di testa, ovviamente dopo aver analizzato bene da che parte venivano e verso dove erano diretti. Mi spinsi così a destra, notando con la coda dell’occhio il cervo correre dritto davanti a sé, senza sapere che io ero a qualche metro alla sua sinistra. Piegai le zampe, con la coda sotto il mio ventre e il muso a qualche centimetro sopra il suolo. Non appena il cervo tornò nel mio campo visivo, scattai alla velocità della luce, balzai in aria e mi buttai sulla preda, conficcando le mie zanne nella sua spalla, penetrando la carne. Il gusto acre del suo sangue m’invase la bocca mentre atterravamo entrambi, predatore e preda, sull’erba bagnata. Dopo una mezza ruzzolata, il cervo provò a liberarsi dalla mia presa, cercando di colpirmi il muso con le sue enormi corna. Io fui più veloce e, cogliendo un suo momento di disattenzione, lo azzannai alla gola, poggiando in contemporanea la zampa sinistra sul suo collo, per poi rompergli le vertebre con un movimento scattante. La sua vita finì così, con la testa a penzoloni e il collo peloso tra le mie fauci. Lo lasciai cadere a terra, mentre Jacob finalmente mi raggiungeva, con il fiato grosso e la lingua a penzoloni.
Brava! Sei stata grande! Fece lui, avvicinandosi e annusando il cervo morto.
Non c’è di ché! gli risposi, scuotendo la coda Ma dimmi, avevi così tanta fame da non riuscire a prendere questo coso da solo?
-Leah, lo sai che abbiamo imparato a parlare anche così, vero?- chiese lui, parlando ma non utilizzando i suoi pensieri.
-Si, lo so- feci io di rimando, sbuffando. Noi lupi, sia del branco di Jacob che quello di Sam, avevamo imparato a parlare anche in questa maniera, rendendo le cose più semplici. Non eri così costretto per forza ad entrare nella mente del tuo compagno e quindi di disturbargli la privacy. Era una cosa positiva, in fondo, e io ne ero contenta, tuttavia continuavo a dimenticarmi della cosa, e così mi capita ancora adesso di utilizzare il pensiero invece delle parole per rivolgermi agli altri.
Mi leccai le labbra dal sangue, pulendo il resto con la zampa, mentre Jacob osservava il cadavere dell’animale.
-Beh, buon appetito caro alfa!- dissi, sedendomi. Jacob mi fissò per un istante, poi guardò il cervo, e infine si rivolse nuovamente a me:-No, Leah, questo coso lo hai ammazzato tu, è tuo ora-.
-Si, certo, ma sei stato tu ad inseguirlo per primo!- ribattei –Quindi è tuo di diritto-.
Jacob rise alla parola diritto, guardando nuovamente la preda. Inclinò leggermente la testa di lato, per poi dire:-Allora dividiamocelo. Io l’ho sfiancato e tu lo hai finito. Ci stai?-.
-Mi sembra più che ragionevole, alfa- dissi, alzandomi.
-Smettila di chiamarmi così, però!- sbuffò lui. Odiava essere l’alfa, questo lo sapevano un po’ tutti, ma le cose sono andate a finire così, ed era bene che si mettesse in testa per una buona volta che ora è lui il nostro capo. Jacob evitò di rispondermi a questo pensiero, e invece decise a staccare la zampa anteriore dell’animale.
Lo mangiammo con calma, come se avessimo tutto il tempo del mondo a nostra disposizione. Provavo a lasciare le parti migliori a Jacob, ma lui continuava a rifiutarle, porgendole invece a me.
Lo hai finito tu, ricordalo! Continuava a ripetermi con il pensiero, avendo la bocca troppo piena per parlare.
Io mangiavo seguendo i consigli che mi aveva dato l’amico tempo fa, prima che Renesmee nascesse. Ogni volta che si trattava di carne cruda, lasciavo che fosse la lupa in me a mangiare, mentre l’umana andava a nascondersi nell’anticamera della mia mente, per lasciar mangiare in pace il mio animale.

Ci saziammo così, lasciando solo le ossa e qualche parte che non riuscivamo a digerire entrambi. Fu allora che la pioggia divenne sempre più forte, persino in mezzo alla foresta dove a regnare erano gli alberi e le loro numerosissime foglie.
-Colazione e doccia, eh?- dissi, mentre mi ripulivo nuovamente il muso anche con l’aiuto dell’acqua piovana che mi cadeva in testa.
-Non si può chiedere di meglio- scherzò Jacob, leccandosi le labbra. Mi fece poi un cenno con la testa, invitandomi ad entrare in una piccola grotta lì vicino. Per fortuna l’interno era vuoto, altrimenti saremo stati costretti a lottare contro un grizzly, e nessuno dei due a quest’ora aveva chissà quale voglia di combattere.
Jacob si sdraiò con la pancia all’aria, e io lo imitai, stendendomi al suo fianco. Che bella sensazione, sdraiarsi a riposare dopo una bella mangiata!
Ci rilassammo entrambi, svuotando nel frattempo le nostre menti.
Guardai verso l’entrata della caverna, mentre la pioggia tentava, invano, di impedirmi di vedere oltre essa. Mi stavo quasi incantando nell’osservare l’esterno, quando mi accorsi che Jacob mi stava fissando. Mi voltai verso di lui, notando che mi stava guardando in modo strano.
-Perché mi fissi così?- chiesi, mezza imbarazzata. Quello sguardo non lo aveva mai usato su di me. Al massimo guardava Bella in questo modo… no, un secondo, non come Bella, ma ci era vicino. Era un modo diverso rispetto a come osservava tempo prima quell’umana, un modo di guardare che non glielo avevo mai visto fare.
-Che c’è? Non posso guardarti?- chiese lui, scrollando le spalle, perfettamente calmo.
-Non è questo…- risposi –è che… non mi guardi mai così-.
Jacob mi fissò per un altro istante, per poi rivolgere lo sguardo verso il soffitto di pietra. Tornai a guardare a mia volta fuori, finché lui non disse:-Ti guardo perché sei bella. È un crimine, forse?-.
Avevo voltato la testa di scatto al solo sentire quelle parole, ritrovandomi con il muso di Jacob a due dita di distanza dal mio. Mi stava nuovamente guardando in quel modo. E adesso perché il mio cuore stava cominciando a battere forte?
-Uh…. Grazie…- dissi, senza sapere veramente cosa dirgli, per poi voltare la testa nuovamente per non avere i suoi occhi puntati sui miei.
-Non c’è di ché!- sorrise lui, tornando a fissare sopra le nostre teste.
Provai giusto per un secondo ad entrare nella sua mente, per capire che cosa gli era passato per il cervello. Scoprii così che il suo punto di vista non mentiva. Rivedevo me attraverso i suoi occhi, ed effettivamente sembravo avere un aspetto magnifico. Ma a dirittura bella mi sembrava esagerato!
Non lo è! Pensò Jacob, ributtandomi nella mia di testa Per una volta ti faccio un complimento e tu non lo accetti, che ingrata!
Risi, e anche lui dopo un secondo si mise a ridere. Rimanemmo poi in silenzio, con solo il rumore della pioggia che riecheggiava come un eco nella caverna a farci compagnia. Poi Jacob si alzò, sedendosi ritto e guardando l’esterno. Aveva lo sguardo quasi perso nel vuoto, ma capii subito che voleva dire qualcosa di importante, e che in quel momento stava cercando le parole giuste. Dopo quello che parve un secolo, aprì la bocca, sospirando un:-Ho rotto il mio imprinting-.
Ci impiegai mezzo minuto per capire di che diavolo parlava. Mi sedetti anche io, fissandolo in muso.
-Come sarebbe dire ho rotto il mio imprinting?- chiesi, ancora incredula.
Jacob sospirò, chiudendo gli occhi, per poi riaprirli e guardarmi.
-Ho fatto il rito, Leah- spiegò –E ora sono libero da quelle stramaledette catene!-.
Il rito. Certo.
Da quasi due anni che esiste quel rito in grado di eliminare l’imprinting. Se il lupo che lo aveva subito non lo voleva più avere, bastava recitare una preghiera davanti al fuoco, per poi bruciare un capello appartenuto al soggetto dell’imprinting. Ma un rituale simile era decisamente raro che venisse compiuto, soprattutto perché tutti i mutaforma che subivano la magia poi erano soddisfatti di essa, anzi, ci si aggrappavano a questo imprinting come se non avessero più altre vie di fuga dalla loro stessa vita, come se fosse l’unico loro centro di gravità.
Eppure… se un lupo decideva spontaneamente di compiere tale rito, poteva solo significare che il suo imprinting non ha funzionato come avrebbe dovuto.
-Ma… perché?- domandai –Insomma… finalmente avevi smesso di soffrire… finalmente eri felice! Perché lo hai fatto?-.
-Davo davvero questa impressione?- mi sorrise lui, per poi tornare serio, scuotendo la testa –No, Leah, non ero felice per niente. Quando ho subito l’imprinting mi sono sentito per un attimo come tutti gli altri che lo avevano subito prima di me. Ma subito dopo mi sono sentito soffocare, come se quelle catene mi stringessero troppo forte. Ho provato a vedere i suoi lati positivi, ma ti giuro, Lee, non ne ho trovato nemmeno uno! Ho aspettato un po’ di tempo per vedere se la situazione migliorava, ma al contrario peggiorava sempre. Così un giorno ho deciso che era il caso di fare questo rito, e così ho fatto la sera precedente. Ho acceso un piccolo falò, ho recitato la preghiera e ho bruciato un capello di Nessie. E per essere sicuro che avesse funzionato sono tornato di corsa qui e sono andato a vedere Renesmee di persona. E ha funzionato sul serio! Quando ho guardato negli occhi della bimba non ho sentito più nulla, nessuna catena che mi stringeva, nessuno che mi teneva ancorato per forza a lei!-.
-E immagino che dopo te ne sei andato urlando di gioia e saltando come un demente- dissi io. Jacob rise, accorgendosi dopo che il mio non era un tentativo di scherzare. Si ricompose subito, deglutendo. –Più o meno- riprese lui –Fatto sta’ che ora mi sento libero, libero di amare chi voglio senza che qualche magia me lo imponga con la forza!-.
-Ma sei sicuro, Jake?- gli chiesi io, in ansia –Sul serio… era l’unica cosa che ti poteva rendere felice. La porta della felicità era aperta per te e tu l’hai chiusa così. Sei certo che quello che hai fatto sia stato giusto?-.
-Mio Dio, Leah, hai più dubbi di me, e tu non puoi nemmeno avere l’imprinting!- esclamò lui, mezzo scocciato ma anche un poco divertito –Stai tranquilla, Lee, se ti dico che non ero felice è la pura verità. Tra l’altro, quella non è la vera felicità, ma solo una stupida e mera illusione. Come avevo detto tempo fa, che senso ha? Insomma, uno deve essere libero di stare con chi vuole, e questa magia non è altro che un blocco inutile!-.
Stavo per ribattere di nuovo, ancora poco convinta, ma Jacob aveva predetto ciò che stavo per dire, così posò la fronte sulla mia e mi fissò negli occhi. Mi immersi in quelle iridi cioccolato fondente, mentre lui diceva, sicuro:-Leah, sto bene. Anzi, andrà tutto bene. Ti fidi di me, vero?-.
-Si, mi fido- risposi, cercando di rimanere lucida con il cervello e di non pensare troppo a quanto potevano essere belli i suoi occhi –E… se dici che stai bene, allora sto bene anche io-.
Per fargli capire quanto fossero sincere le mie parole, gli sorrisi e gli diedi una leggera zampata sulla sua nuca, come una carezza. Jacob ricambiò il sorriso, per poi sdraiarsi, stavolta con la pancia a terra. È vero, la sua motivazione era ancora parecchio ignota a me, ma se mi diceva che andava tutto bene potevo solo fidarmi, no? Per essere assolutamente certa, decisi di guardare nella sua mente. Lui acconsentì, mostrando tranquillamente le sue emozioni e i suoi ricordi. Effettivamente, osservando dal suo punto di vista, sembrava che quelle catene d’acciaio fossero troppo strette, troppo soffocanti. Ma perché l’imprinting si è comportato così? Nessuno dei lupi che lo aveva subito, come Sam, Paul, Jared o Quil, aveva sentito nulla del genere. Jacob era il primo lupo che ho conosciuto ad aver ripudiato sia prima che dopo la sua magia. Era un lupo indipendente e libero ora, proprio come aveva detto lui. E potei osservare, attraverso la sua mente, quanto questo cambiamento lo rendesse gioioso, con il cuore pieno di felicità assoluta. Allargai il sorriso, capendo così che il mio amico finalmente era in pace con sé stesso.
-Te l’ho detto di fidarti- mi sorrise lui, ammiccando. Gli ricambiai il sorriso, sdraiandomi accanto al grosso lupo rossiccio. Jacob alzò la testa, permettendomi così di poggiare la mia sopra le sue zampe, con l’orecchio sinistro che sfiorava il suo collo. Lui allora poggiò la sua testa su di me, coccolandomi teneramente, come una madre con il proprio figlio, o come un uomo con la sua donna…
Scacciai via quest’ultimo pensiero, facendo quasi ridere di gusto l’alfa. Gli feci rimangiare la sua risata morsicandogli la zampa, e Jacob decise allora di chiudere la bocca e di non scartavetrarmi le scatole… dopo aver morsicato come risposta il mio orecchio destro.
Continuammo a rimanere in quella posizione, morsicandoci ogni tanto in segno di affetto o semplicemente per scherzare, mentre la pioggia di fuori cominciava a diminuire d’intensità, quando il lupo mi chiese, improvvisamente:-Tu odi completamente Sam?-.
Rimasi cinque secondi di sasso dopo quella domanda, ma ciò nonostante riuscii a rispondergli:-Gran parte di me lo odia, questo è certo. Ma una piccola, anzi, minima parte, è … triste, ecco-.
Feci un secondo di pausa, seguito da un lungo sospiro, per poi riprendere:-Lo detesto, soprattutto per quello che ha fatto a me, a Emily, e per quello che stava per fare agli altri. Pensavo di conoscerlo bene… ma mi sbagliavo-.
-E la tua parte triste cosa ne pensa?- chiese Jacob, sfiorando con la sua zampa la mia, come a confortarmi.
-Non lo so- risposi, sincera –L’amore che tanto tempo fa provavo sta svanendo, ma al suo posto ora c’è questo senso di amarezza… non riesco a spiegarmi il perchè…-.
-Forse perché non hai ancora digerito il “tradimento” o come lo chiami tu- disse il lupo, sfiorandomi con il suo naso il mio orecchio, lo stesso che aveva morso per scherzo –E questo un po’ si ricollega con la tua rabbia, no?-.
Rimasi in silenzio, a riflettere sulla cosa. Non aveva tutti i torti, a essere sinceri. Quel gran figlio di puttana era sparito per due settimane senza nemmeno chiamare o mandare un messaggio, e poi risputava così di colpo, peggio di un fungo, a dirmi che la relazione non poteva continuare così e che non potevamo più stare insieme e bla bla bla! Più ci ripenso, più il ricordo mi fa infuriare, ma sapevo perfettamente che, d’altro canto, non era colpa sua, bensì dell’imprinting.
-Ecco un altro motivo per cui dico che senza l’imprinting si vive meglio!- aggiunse Jacob in risposta ai miei pensieri. Annui, perfettamente d’accordo con lui sulla questione.
-Non ti preoccupare, Lee- disse Jacob in tono soave, stringendomi ancor di più a lui –se quel coglione torna a romperti le scatole gli rompo il naso, promesso!-.
-Grazie!- esclamai io, ridendo di gusto –Ora ricordo perché mi sono unita a te!-.
-Cazzo, mi chiamavano L’ammazza ex!-.
Ridemmo entrambi, per poi tornare alla tranquillità del nostro abbraccio.
Purtroppo quella tranquillità non durò più di due secondi, perché subito dopo sentimmo entrambi un ululato d’allarme risuonare nell’aria.
Ci alzammo entrambi di scatto, uscendo dalla caverna, mentre le poche gocce di pioggia che continuavano ancora a cadere cominciavano a bagnare i nostri manti.
Corremmo il più velocemente possibile verso la fonte del richiamo, ma non dovemmo fare chissà quanta strada. Quil stava ancora ululando sopra un grosso masso quando gli arrivammo incontro, seguiti a ruota da Seth e Embry.
-Che succede? Gli altri lupi ci attaccano?- chiese stupidamente Embry.
Imbecille pensai, sapendo perfettamente che poteva sentirmi Se così fosse Jacob lo avrebbe saputo da prima e sarebbe stato lui a richiamarci tutti, non Quil!
Embry stava cominciando a lamentarsi del mio modo di rispondergli, ma Jacob lo zittì con un:-Non ora!-. L’alfa si rivolse così a Quil, che aveva finalmente smesso di ululare ed era sceso dal masso:-Cosa c’è che non va?-.
-Vampiri a La Push!- disse l’amico dal manto marrone, agitato –Jared è appena passato di qui chiedendo il nostro aiuto da parte di Sam, così vi ho chiamati!-.
-Hai fatto bene- disse Jacob, poi cercò di mettersi in contatto con l’altro alfa, chiudendo gli occhi per un secondo. Quando li riaprì, ci fece un cenno con la testa, ad indicarci che lo dovevamo seguire. Corremmo in mezzo alla foresta, superando numerosi massi che incontravamo per strada e il fiume che separava la zona dei Cullen da quella dei Quileutes.
-Potresti anche dirci la situazione intanto, no?- chiesi a Jacob, mentre correvo alla sua destra. Essendo il beta del suo piccolo branco avevo questo onore di corrergli al suo fianco. Ero il suo braccio destro, per così dire. Lui poneva tutta la sua fiducia in me, e stessa cosa la facevo io con lui. Tra di noi non c’erano segreti, insomma, e potevamo parlare liberamente di molte cose, anche le più intime.
-Sam dice che ci sono ben venti vampiri vicini alla loro zona- rispose Jacob, mentre saltavamo insieme un tronco caduto a terra da decenni –Quando si sono accorti dei lupi, avevano deciso la ritirata, ma sembra non sappiano dove andare. Per ora corrono in giro completamente a caso, e se possono combattono contro i loro inseguitori!-.
-Sono un gruppo di venti succhia-sangue? Scherzi?- domandai, stupita. Che diavolo ci facevano così tanti vampiri a La Push?
-Anch’io pensavo scherzasse, ma purtroppo è così!- rispose Jacob –La fortuna sembra essere dalla nostra parte, però. Secondo Sam sono troppo deboli ed inesperti, per cui possiamo finirli subito!-.
-Si spera!- disse Quil, dietro di noi, mentre Embry annuiva. Seth invece si sentiva a disagio, ma è normale vederlo così.
-E’ ora che ti abitui al tuo ruolo, fratellino!- gli dissi, sorridendogli, ma Seth non ricambiò la mia allegria come speravo.
-Parla per te, Leah!- rispose lui, agitato –Lo sai che non mi piace dare la caccia ai vampiri!-.
-Ma se inseguiamo quelli cattivi, brutti e orripilanti!- dissi, nello stesso momento in cui Embry e Quil si misero a canticchiare alle sue spalle:-Cocco delle sanguisughe, cocco delle sanguisughe!-.
-Ignorali, sono cretini dalla nascita!- disse Jacob, cercando di consolare il piccolo lupo color sabbia. I due lupi dietro di noi risero di rimando.
Continuammo a correre insieme, finché non individuammo finalmente qualche vampiro che correva a casaccio. Erano in tre, notai, inseguiti ognuno da due lupi del branco di Sam. Altri vampiri, però, erano riusciti a seminare gli altri mutaforma,  e ora stavano inseguendo i lupi inseguitori per aiutare i loro compagni succhia-sangue.
-Aiutiamoli!- ordinò Jacob, e partimmo alla carica, dividendoci. Seth scattò con Quil, Embry andò da solo (per poi farsi accompagnare un secondo dopo da Paul, apparso dal nulla), infine Jacob e io andammo insieme, inseguendo il vampiro che seguiva Colin e un altro lupo di nome Rupert che a loro volta inseguivano una vampira bionda.
La sanguisuga, stupidamente, si fermò e si voltò indietro, forse convinta di poter affrontare due lupi insieme, ma si sbagliò di grosso. Rupert e Colin le furono addosso, e in un lampo riuscirono a strapparle entrambe le braccia. Le arti si staccarono come se un grosso pezzo di ghiaccio si rompesse in mille pezzi. Perfino il suono ricordava il ghiaccio o una grossa pietra che si rompe.
A quel punto rimaneva solo il vampiro maschio che, accorgendosi di come i due lupi avevano ucciso la sua compagna, decise di deviare verso destra per sfuggirci. Colin e Rupert stavano ancora facendo a pezzi la vampira, così io e Jacob partimmo all’inseguimento della sanguisuga rimasta. Correva veloce, notammo, ma non abbastanza. Eravamo anzi vicinissimi ad afferrarlo con i denti, ma il vampiro fece un grosso salto, sfuggendo dalla nostra presa. Finì invece per atterrare su un grosso ramo a dieci metri sopra le nostre teste, mentre io e il mio alfa rimanevamo a fissarlo, dal basso, chiedendoci come potevamo raggiungerlo.
Provai allora a fare un balzo, ma non era abbastanza potente per farmi salire in alto. Quando atterrai ci provò Jacob, ma anche lui fallì miseramente.
Dopo altri tentativi, cominciammo a girare intorno all’albero, scoprendo che il vampiro non voleva muoversi dalla sua posizione, ma anzi ci scrutava attentamente. Noi lo studiavamo, così come lui studiava noi. Io e Jacob cercavamo di capire come acchiapparlo e finirlo, mentre il vampiro valutava le varie vie di fuga possibili. Alla fine, dopo averci studiato per altri dieci secondi, ci sorrise, scoprendo i canini bianchissimi.
Il tempo di chiederci che diavolo aveva da sogghignare che la sanguisuga balzò dal suo ramo, dritto verso Jacob.
Tutto quello che accadde dopo passò talmente in fretta che impedì sia a me che al lupo rosso di fare qualcosa, eppure vedevo tutta la scena come al rallenty.
Il vampiro era atterrato addosso al lupo, proprio mentre quest’ultimo si era alzato su due zampe per saltare su di lui. Entrambi si schiantarono sul terreno, con il vampiro sopra il lupo. Jacob stava per scrollarselo di dosso e io stavo per arrivare dai due per separarli, ma il succhia-sangue fu più veloce. Aveva fatto avvicinare la sua bocca alla gola pelosa del mutaforma, per poi morderlo con violenza. Jacob in un primo momento s’immobilizzò, per poi lanciare un guaito sonoro simile ad un urlo, un misto tra dolore e paura. Arrivai addosso ai due e con le zanne afferrai il vampiro per i vestiti e lo separai dal mio amico, facendolo saltare in aria. Il succhia-sangue atterrò proprio mentre arrivavano Colin e Rupert per finirlo. Mentre i due lupi sistemavano la preda per bene, io mi ero voltata nuovamente verso Jacob, osservando con orrore come il lupo si stava trasformando lentamente in ragazzo. Continuava a contorcersi dal dolore, stringendo con una mano la gola e con l’altra il petto. Si era capovolto sul terreno per soffocare le sue urla tra le foglie cadute e l’erba bagnata di rugiada, invano. Nel frattempo io ero tornata velocemente alla mia forma umana e lo stavo raggiungendo. Mi inginocchiai di fronte a lui, prendendogli la testa e stringendolo all’altezza del mio cuore.
-Cosa diavolo…?- sentii parlare l’umano Colin alle mie spalle, ma io mi voltai verso di lui e gli urlai in faccia:-Vai a chiamare qualcuno, pezzo di merda!-. Colin scattò via assieme a Rupert dopo quell’aggressione, così io tornai a concentrare tutta la mia attenzione sul ragazzo che tenevo stretto a me, osservando la sua ferita. Il morso sembrava profondo, e il sangue lo copriva tutto, impedendomi così di vedere bene il danno. Avevo cercato di tranquillizzarmi, di dire a me stessa che era tutto apposto, ma purtroppo non era così. Il veleno di vampiro era letale per i lupi, e questo era risaputo a tutti. Il panico si faceva strada in me man mano che le urla di Jacob aumentavano.
-Leah!- mi chiamò Seth, nella sua forma umana, mentre dietro di lui arrivavano Embry e Quil, anche loro umani.
-Aiutatemi, vi prego!- urlai io, cercando di sovrastare le grida agonizzanti di Jacob –Dobbiamo portarlo da Carlisle, aiutatemi!-.
Embry e Quil non se lo fecero ripetere due volte, così presero Jacob, uno per le spalle e l’altro per i piedi, per poi trasportarlo di corsa verso il monte Olimpia, mentre io e Seth li seguivamo a ruota.
Il viaggio di ritorno al territorio dei Cullen mi parve durare un’eternità, ma per fortuna riuscimmo ad arrivare alla loro enorme casa bianca alla velocità della luce.
I ragazzi entrarono con il loro amico sofferente, mentre Seth e io continuavamo a seguirli. All’entrata c’erano Esme e Alice Cullen, che stavano osservando la scena completamente confuse, ma anche spaventate.
-E’ stato morso!- spiegai loro brevemente, mentre Carlisle appariva da sopra le scale. Gli bastò un occhiata veloce per capire la situazione, poi disse ai due mutaforma di portare Jacob di sopra. Salii le scale saltando due gradini per volta, notando come il dottore-vampiro indicava ai due ragazzi un divano dove poggiare il lupo ferito. Una volta fatto ciò Jacob lanciò altre forti urla, mentre il suo corpo si contorceva sempre di più. Provai ad andargli vicino, ma Carlisle mi bloccò.
-Prima lo devo aiutare!- mi disse, inginocchiandosi poi a terra, vicino al ragazzo sul divano. Lo morse nello stesso punto in cui era stato già ferito qualche minuto fa prima ancora che me ne potessi rendere conto. Io e i ragazzi osservammo con orrore la scena, come il vampiro succhiasse via il veleno dalla gola di Jacob. Più andava avanti così, più lo sguardo di Carlisle assumeva una certa nota di disgusto.
“E’ al contatto con il suo sangue” riflettei, ma che altro potevo fare io? Potevo solo affidarmi a quel dottore che già una volta gli aveva salvato la vita, e sperare che Jacob sopravvivesse al morso del vampiro.
La cosa finì con la stessa velocità con cui era iniziata. Carlisle si staccò da Jacob, sputando a terra e pulendosi disgustato la bocca con la manica della maglia. Il lupo, intanto, aveva smesso di muoversi. Ora era immobile, svenuto, ma con ancora lo sguardo sofferente.
Riuscii finalmente ad avvicinarmi a lui, inginocchiandomi accanto al mio amico.
Gli accarezzai i capelli, corti e selvaggi, mentre in cuor mio speravo che potesse riprendere i sensi al più presto.
-Tutto bene, ragazzi- disse Carlisle, riprendendo il fiato e ricomponendosi –Si riprenderà, vedrete-.
Annui, fiduciosa, mentre poggiavo la fronte su quella sudata di Jacob, pregando in silenzio.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 2 ***


2
 
Seth
 
 

Leah stava seduta di fronte a Jacob da più di mezz’ora.
Dopo che Carlisle lo aveva salvato, ci ha dato il consenso di riportarlo a casa, spiegandoci che si sarebbe svegliato a breve, e che quindi era meglio per lui stare a casa per almeno 24 ore, giusto per farlo riprendere completamente dal trauma post-morso. Così Embry e Quil lo trasportarono nuovamente a casa Black, dove Billy ci accolse preoccupato. Mentre i due lupi stendevano l’amico sul divano del salotto, io spiegai brevemente cosa era successo all’anziano della tribù. Al mio racconto poi si aggiunse anche Leah, raccontando ciò che aveva visto. Billy sembrava scosso a sentirci parlare, ma ciò nonostante rimase calmo e composto - anche se ho potuto notare quanto le sue mani tremassero.
Dopo aver spiegato la sua versione dei fatti, mia sorella andò a sedersi accanto al nostro alfa, posando la sua fronte su quella di lui mentre gli accarezzava i capelli. E ancora non si era mossa!
-Caspita, non l’ho mai vista così preoccupata per qualcuno!- disse Quil a Embry in disparte, alla soglia della cucina. Mi aggiunsi anche io al loro discorso, mentre Embry aggiungeva:-Beh, al massimo era protettiva verso il piccoletto qua’ presente… però è vero. In qualche modo è triste vederla così-.
-Carlisle ha per caso detto qualcosa riguardo a probabili effetti collaterali?- chiesi io, incrociando le braccia. Lo ammetto, anche io ero in pensiero per Jacob, e lo stesso valeva sia per Quil che per Embry – inutile dire anche Billy, a questo punto. Ma, come presupponevano loro, nessuno batteva Leah in questo campo.
-Non mi pare abbia accennato a qualcosa del genere- rispose Quil, guardando verso il lupo sdraiato sul divano. Mi voltai anche io, notando il modo in cui Leah teneva stretta la sua mano sinistra, come se temesse di perderlo da un momento all’altro. Vedevo anche come muoveva velocemente le labbra, senza però far sentire una sola parola di quello che stava sussurrando.
Forse non è così male pregare un po’ ” pensai.
-Intanto Colin e Rupert saranno andati ad informare Sam- disse Embry, stringendo i pugni –E come minimo, quel gran figlio di puttana si sta sbellicando dalle risate-.
-Non dovresti parlare così di lui!- si aggiunse improvvisamente Billy, sbucato fuori da chissà dove –Anche se i rapporti tra i due branchi si stanno incrinando, rimanete comunque fratelli, ricordatevelo tutti!-.
Embry sbuffò, mentre Quil si grattava la testa. Quel che diceva Billy era vero, tuttavia non potevo definirli tutti miei fratelli. Colin e Brady si salvavano, stessa cosa valeva anche per Jared. Ma Paul e Sam erano quelli che non riuscivo a trovarmeli simpatici. Paul, per quanto fosse legato alle leggi della tribù, era troppo scontroso per i miei gusti, e perdeva le staffe più facilmente di mia sorella, mentre Sam… beh, detesto ammetterlo, ma la verità è che non lo detesto, bensì lo temo.
Quando l’alfa dal manto nero aveva deciso di attaccare i Cullen a causa di Renesmee, mi aveva fatto inginocchiare a terra, per impedirmi di prendere chissà quale iniziativa - anche se poi l’ha presa Jacob, e grazie a lui io ho avuto abbastanza fegato per separarmi dagli altri e seguirlo. Lo temevo anche da prima, non solo nel periodo iniziale da lupo, ma anche quando stava con mia sorella. Anche allora trovavo in Sam qualcosa di strano e inquietante, ma non osavo ammetterlo, specie davanti a Leah. E quando lui l’aveva lasciata avevo provato giusto per un po’ di secondi un senso di odio che non pensavo di possedere. Per un secondo avevo la brutta voglia di andare da lui e tirargli un cazzotto. Quel desiderio però era sparito quando avevo osservato l’espressione di dolore sul volto di Leah. La rabbia aveva ceduto il posto alla tristezza, e quel giorno l’avevo abbracciata forte, cercando di consolarla in tutti i modi, dicendole che lui non si meritava una ragazza straordinaria come mia sorella e cose del genere. Questo sembrava rallegrarla, ma solo di poco…
Un urlo incredibilmente forte mi fece distogliere dai miei pensieri. Feci un salto all’indietro che per poco non mi faceva sbattere la nuca contro la soglia della cucina.
Jacob si era svegliato, urlando, mentre stava seduto e teneva le mani alla testa. Anche Leah si era ritrovata a fare un salto lontano da lui, spaventata. Guardandomi attorno notai che anche i due lupi e l’anziano sulla sedia a rotelle erano paralizzati.
Jacob smise di urlare, tornando a calmarsi con degli enormi e lenti respiri. Stava sudando lungo la fronte e il collo, dove un secondo dopo tastò, mezzo incredulo.
Leah si avvicinò a lui con cautela, per non spaventarlo subito. L’alfa continuò a toccarsi la gola, nel punto esatto in cui era stato morso, e pian piano realizzò l’accaduto dell’ora precedente.
-Va tutto bene, Jake- fece Leah, sfiorandogli la spalla con calma. Jacob si accorse allora della sua presenza e la guardò dritta negli occhi.
-Sono… ancora vivo?- chiese, con la voce che tremava e le braccia tremanti. Ci avvicinammo a lui, io spingendo la sedia di Billy, mentre la lupa gli spiegava:-Per fortuna si, ti abbiamo portato da Carlisle e lui ti ha tolto il veleno-.
-Carlisle… veleno… si, certo…- fece il lupo rosso, ancora scosso, ma sul punto di riprendere completamente la calma. Smise di toccarsi il collo, massaggiandosi le braccia.
-Come ti senti, Jacob?- chiese il padre, una volta che feci fermare la sedia al fianco del figlio.
-Uh… strano….- rispose quest’ultimo, mentre cercava di fermare i tremiti –Pensavo… di bruciare… stavo letteralmente bruciando, ma poi le fiamme si sono estinte…-.
-Vuoi un po’ d’acqua? Magari aiuta- proposi io. Jacob guardò un secondo a terra e annui.
Andai immediatamente in cucina, presi un bicchiere pulito e lo portai al rubinetto. Una volta riempito tornai in salotto dagli altri. Porsi il bicchiere all’alfa, che lo prese e lo bevve in un sorso. Alla fine sospirò e lasciò il bicchiere vuoto sul tavolino a fianco del divano.
-E… quel vampiro che ha tentato di uccidermi?- chiese, dopo due secondi di pausa. Fu Leah la prima a rispondere:-Ci hanno già pensato gli altri lupi. Senti, più ci pensi ora, peggio è. Riposati che è meglio!-.
Jacob sembrava sul punto di ribattere, ma qualcosa lo costrinse ad annuire e a stendersi nuovamente sul divano.
-Bel modo di iniziare la giornata!- si ritrovò a borbottare.
 
Passarono ben 24 ore da quando Jacob era stato morso. Il giorno seguente ci ritrovammo tutti davanti a casa sua, scoprendo come il nostro alfa si reggeva perfettamente in piedi, energico e allegro.
-Vedo che stai meglio ora- sospirò di sollievo Leah, dandogli una pacca sulla spalla.
-Si, anche se devo ammettere che ho dormito poco stanotte- rispose lui, scrocchiandosi le nocche.
-Ci conviene allora andarcene da qui per ora- disse Embry, in pensiero –Paul mi ha accennato ieri che Sam in questo periodo è piuttosto incazzato, quindi è meglio stargli alla larga-.
-Perché è arrabbiato?- domandò Jacob, confuso. In effetti anche io mi stavo porgendo la stessa domanda.
-Non saprei- scrollò le spalle l’amico –Forse perché sei il primo lupo che è sopravvissuto al morso della sanguisuga, e così gli hai rubato la fama!-.
-Wow, dovrei essere famoso ora perché sono quasi morto?- fece l’alfa, decisamente poco contento –Sul serio, dovrei fare quattro chiacchiere con quello scemo, un giorno!-.
Dopo aver discusso ancora un po’ sul carattere dell’alfa dal manto nero, Jacob decise che era ora di andare al monte Olympia. Proprio quando ci stavamo incamminando notai Billy alla finestra, che guardava il figlio con aria preoccupata. Ma non fu quello che mi stupì, bensì lo erano i suoi occhi. Capii subito che quell’uomo nascondeva qualcosa, forse un segreto per niente bello. Aspettai che ci fummo allontanati dal bosco della riserva, e quando arrivammo al monte Olympia, ne parlai con Leah.
-Lo hai notato anche tu, eh?- sussurrò lei, facendo ben attenzione che nessuno dei tre lupi ci sentisse –In effetti è strano da parte sua!-.
-Piuttosto inquietante direi!- ammisi io –Secondo te cosa potrebbe essere?-.
-Non lo so- scosse la testa.
-Caspita!- esclamò improvvisamente Jacob, sbattendo un pugno sulla sua mano, come se avesse appena avuto una specie di illuminazione.
-Cosa?- chiedemmo tutti in coro, fermandoci con lui. Il lupo rosso si girò verso di noi, guardando me, Quil e Embry. –Non vi ho detto che avevo fatto il rito! Per colpa del morso me ne sono completamente scordato!- disse infine.
Il… cosa?
-Eh?- feci io, mentre Embry e Quil aggiunsero:-Sul serio? Quando?-.
-L’altro ieri!- rispose il loro amico –La sera prima che venissi morso!-.
-Time out!- li zittì io – Di quale rito stai parlando?-.
Gli altri mi guardarono per un secondo, poi si fissarono tutti a vicenda.
-Ebbene?- domandai. Il fatto che non mi stavano rispondendo subito mi mandava sui nervi!
-Leah, non glielo hai detto?- chiese Jacob a mia sorella. Lei rispose scrollando le spalle:-Pensavo sapesse già cosa fosse il rito, ma a quanto sembra…-.
-Il rito, caro Seth, lo fanno i lupi che hanno subito l’imprinting ma non lo vogliono più avere- mi spiegò brevemente Quil –Si compie accendendo un piccolo falò, pronunciando  una preghiera e infine bruciando un capello del soggetto del tuo imprinting. Tuttavia è piuttosto raro che questo rito venga compiuto, perché maggior parte dei lupi accetta la sua nuova condizione, ma se un mutaforma esegue il rito…-.
-… Vuol dire che il suo imprinting era sbagliato o semplicemente non funzionava!- concluse per lui Embry.
-E… da quando esiste una cosa del genere?- domandai. Era la prima volta che sentivo parlare di un’usanza simile. Perché nessuno me lo aveva mai detto?
-Da un po’, in effetti- rispose Leah, mentre Quil chiedeva a Jacob:-Per cui ora non hai il legame con Renesmee, vero?-
-Yep!- rispose quest’ultimo, allegro –Mi sento talmente bene che potrei saltare di gioia tutto il giorno!-.
-Ma sta davvero bene?- sussurrai a Leah, curioso. Lei rispose sorridendo:-Si. anche io prima ero scettica, ma poi mi sono resa conto che non ha torto. Sta davvero bene, non temere!-.
-Sai Quil, forse dovresti farlo anche tu!- propose Jacob all’amico. Quil rimase perplesso per un attimo, per poi pietrificarsi.
-I-io? Fare il rito?-
-Perché no?-
-Beh ecco… non lo so… con te ha funzionato, non so se per me vale la stessa cosa…-
-Oh, fidati, andrà bene!- gli sorrise l’alfa –Anzi, così potrai fare tutto quello che vorrai senza sentirti legato a Claire!-.
Quil era ancora mezzo scettico, lo si vedeva lontano chilometri, ma poi annui con la testa:-Beh, penso non ci sia niente di sbagliato a provare…-.
-Jake, un secondo!- m intromisi –Questo… rito… può funzionare anche con i mutaforma che ancora non hanno subito la magia?-.
Il piccolo branco mi fissò, confuso.
Forse la mia era una domanda stupida, o semplicemente non aveva la risposta che volevo ricevere, tuttavia speravo molto che ci fosse una possibilità anche per me.
-Non vuoi l’imprinting?- chiese Embry, rompendo il silenzio –Perché?-.
-Uhm… solo per sapere… ecco…- dissi, imbarazzato.
Jacob mi fissò per un secondo, poi ci pensò su, incrociando le braccia.
-Penso che si possa fare- sospirò, chiudendo gli occhi –Billy mi ha detto che è possibile. L’unica differenza è che dovrai bruciare un tuo capello, naturalmente, e quando lo avrai fatto, dovrai pronunciare un’altra preghiera, più breve-.
-Quindi posso farlo?- domandai di colpo, ansioso. L’alfa rimase stupito dalla mia reazione, ma annui:-Certo! Se proprio devi…-.
Sospirai di sollievo, grattandomi la testa. Leah si avvicinò a me e sussurrò:-Cosa c’è, fratellino? Non vuoi avere la ragazza dei tuoi sogni?-.
-No, cara sorellona- le risposi –Non sono così scemo da farmi catturare dalle catene!-.
 
Jacob, Quil e io tenemmo appuntamento per il “rito” verso sera in quello stesso giorno. Per tutto il resto del tempo cercai di fare altro per non pensare a cosa andavo incontro, per cui la mattinata la utilizzai per andare a caccia e fare a gara di corsa con Leah (naturalmente vinse la lupa), mentre il pomeriggio andai alla fumetteria di Forks per comprare qualche volume manga. La mia trasformazione e tutti i fenomeni successivi ad essa mi avevano lasciato indietro con i fumetti giapponesi, e ritornare in quel negozio mi aveva dato una sensazione quasi nostalgica.  Mentre sceglievo con cura cosa potevo comprare, la mia mente vagò all’indietro, quando ancora ero solo un ragazzino umano che pensava che quello dei lupi mutaforma fosse solo la nostra leggenda. Allora ero piuttosto impacciato e timido, e non sapevo per niente come ci si relazionava con gli altri miei coetanei.
Avevo i capelli un poco più lunghi rispetto ad ora, completamente disordinati (io e il pettine non andavamo mai d’accordo, tanto per essere chiari), ed ero molto più magrolino e minuscolo. Anzi, ero il più piccolo di statura in confronto a tutta la scuola, ed ero quindi il bersaglio preferito dei teppisti del mio anno. Ogni giorno mi chiedevano i soldi del pranzo, ma quando non avevo nemmeno uno spicciolo da dare, questi, decisamente robusti e più grossi, mi mettevano con le spalle al muro e mi colpivano con mille pugni sullo stomaco. In quei giorni finivo sempre steso a terra per qualche minuto.  Quando tornavo a casa dopo aver ricevuto quella sottospecie di punizione ingiusta, facevo sì che né Sue né Harry se ne accorgessero… purtroppo con Leah non funzionava, perché lei capiva sempre in tempo reale che cosa mi succedeva. Ricordo che un giorno mi aveva messo un impacco freddo all’addome, e mi aveva detto:-Seth, stai crescendo, per cui è ora che impari a difenderti!-.
Io le avevo risposto:-Come diavolo faccio? Guarda me e guarda loro! Chi ha la meglio secondo te? Il ragazzino senza muscoli o quei tre mammut?-.
Avevo voglia di piangere quella volta. Sapevo perfettamente che ero debole, ma Leah me lo aveva ricordato fin troppo bene, e questo mi innervosiva parecchio. Mia sorella aveva capito come mi sentivo, così chiuse lì il discorso e mi promise che non ne avrebbe fatto parola con i nostri genitori.
L’ultima volta che però venni aggredito dai bulli c’era anche Leah, ed era il periodo in cui Sam l’aveva scaricata da poco per poi mettersi con nostra cugina Emily. Stavo uscendo da scuola, più tardi dei miei compagni perché dovevo finire il compito di Chimica, e Leah era venuta a prendermi. Gli altri alunni se ne erano andati, ma eravamo rimasti solo io e quei teppisti. Quando ero uscito dalla porta principale per dirigermi da mia sorella, i tre mammut mi avevano bloccato di colpo la strada.
-Allora, pivellino, cosa vogliamo fare oggi?- mi aveva chiesto uno di loro, ghignando. Io avevo stretto la tracolla e avevo fatto un passo indietro, tremando.
-Lasciatemi in pace!- avevo detto, e loro avevano pensato bene di fare il contrario. Il più grosso mi aveva spinto talmente forte che ero caduto per terra di sedere. Avevano riso molto forte, e io stavo per alzarmi, ma due di loro mi avevano bloccato a terra per i polsi e il terzo stava per darmi un cazzotto in faccia…
Forse quel giorno mi sarei rotto il naso se non fosse arrivata Leah proprio in quel preciso momento.
Aveva parato il colpo del bullo, e poi, ringhiandogli in faccia, lo aveva scaraventato a terra con un calcio. Gli altri due mi avevano liberato e avevano raggiunto il loro compare. Lo aiutarono ad alzarsi, quella volta, e tutti e tre avevano poi guardato mia sorella. I loro sguardi si erano fatti terrificati, spaventati, ed erano poi corsi via lontano da noi. Capii in seguito il motivo della loro fuga quando Leah si era voltata verso di me. Tremava, da capo a collo, e i suoi occhi fremevano di rabbia. Si era calmata, dopo due secondi, e mi aveva aiutato ad alzarmi. Di questa storia non ne parlammo mai con nessuno, eccetto Jacob. Leah glielo aveva raccontato una volta, e lui per poco non si prendeva un colpo.
-Sai che potevi trasformati in quel momento e uccidere quei tre dementi o Seth?- fece lui, come una specie di rimprovero. Lei aveva abbassato il capo, colpevole, ma poi l’amico l’aveva consolata, dicendole che era stata brava invece a trattenersi.
Tornai con la mente nel presente, alla fumetteria. Quanto tempo era passato da ché sono andato a scuola? Forse troppo, ma non potevo farci nulla. Non volevo tornare più in quell’istituto del cavolo, dove la gente ti disprezza se sei debole. In più la situazione da noi lupi era ancora critica, e tornare a scuola in un momento simile era impensabile.
Andai alla cassa per pagare i dieci volumi che tenevo stretti al petto come se fossero dei tesori preziosi, poi tornai di fretta e furia a casa per rimetterli a posto nella libreria della mia stanza.
Dopo dieci secondi decisi di prenderne uno e di leggerlo ora.
Mi immersi nella storia e nei disegni ben curati, dimenticandomi del resto per una bella mezz’ora. Concluso quel volume, presi gli altri nove e lessi anche quelli.
Quando finii con l’ultimo, guardai l’orologio. Era ora di andare da Jacob e Quil.
Trattenni l’eccitazione, rimettendo a posto con cura i miei manga, poi uscii di casa chiudendo la porta a chiave – tanto a quest’ora Sue era da Charlie, e poteva tornare anche tardi.
Corsi per un breve tratto di foresta con le mie gambe, poi saltai e mi trasformai in aria. Noi mutaforma avevamo imparato a trasformarci senza strappare i vestiti, cambiandoci alla velocità della luce mentre il nostro corpo umano dava spazio a quello animale. Stessa cosa  valeva anche per la trasformazione inversa, in questo modo si risparmiava molto tempo e non si rischiava di svuotare l’armadio.
Atterrai sulle mie quattro zampe, correndo fino a raggiungere il grande prato del bosco di Forks dove avevamo appuntamento.
Jacob e Quil erano già arrivati, e avevano già acceso un bel falò.
-Era ora!- mi salutò Jacob. Erano entrambi in forma umana, così decisi di trasformarmi anche io.
-Scusate il ritardo- dissi –Non sono veloce come Leah!-.
-Non preoccuparti, è comprensibile- disse l’alfa –Ora, tu e Quil dovete sedervi vicino al fuoco con le gambe incrociate-.
Io e il lupo marrone ubbidimmo, sedendoci l’uno di fianco all’altro, di fronte al fuoco.
-Bene- disse Jacob, camminando avanti e indietro –Adesso, dovete dire la preghiera con gli occhi chiusi. Nel mentre che lo fate, dovreste sentire il calore che si fa strada nel vostro cuore. Non temetelo, accoglietelo, e lasciate che vi avvolga. Intesi?-.
-Si- rispondemmo in coro. Chiusi gli occhi e, in sincronia con Quil, pronunciai la preghiera che stamattina ci aveva passato Jacob.
Non erano parole difficili, anche se erano nella lingua nativa-americana.
Il nostro accento Quileutes fu l’unico suono che sentimmo in quello spazio d’erba, assieme ai passi di Jacob e ai grilli che si richiamavano tra gli alberi.
Mentre pregavo, sentivo come il calore del fuoco entrasse nel mio petto, verso il mio cuore. Entrò in esso, e da lì si espanse per tutto il mio corpo. Era una sensazione strana all’inizio, ma pian piano divenne piacevole, e le nostre parole divennero più decise man mano che ci avvicinavamo ala fine della preghiera.
Aprimmo gli occhi dopo aver pronunciato le ultime parole, sotto il comando di Jacob. Poi l’alfa si rivolse a Quil:-Brucia il capello adesso-.
Quil prese dalla tasca dei jeans una bustina di plastica, con dentro il capello nero e corto di Claire. Lo tirò fuori, guardandolo per un istante. Sospirò e lo buttò nel fuoco. Il capello bruciò in un attimo, e le fiamme si fecero più incandescenti per un secondo. 
Quil respirò con calma, chiuse e riaprì gli occhi. A guardarlo sembrava ora una persona diversa. Era… tranquillo, e un barlume nei suoi occhi indicava che ora non si sentiva più stretto da qualcosa. Era libero. Il rito con lui aveva appena funzionato. Ora toccava a me fare il prossimo passo.
Sotto ordine di Jacob, staccai un capello dalla mia nuca, lo guardai per un secondo e lo buttai tra le fiamme. Unii poi le mani e chiusi gli occhi, come mi aveva detto di fare l’alfa, recitando infine una preghiera più breve rispetto a quella precedente, con decisione.
-Io sono nato libero. E morirò libero. Questa è la mia preghiera-.
Quando aprii di nuovo gli occhi, le lingue di fuoco si fecero ancora più incandescenti. Si ingigantirono di colpo, facendo saltare all’indietro me e Quil. Jacob fece un passo indietro, stupito.
Il fuoco sembrava inizialmente ingrandirsi senza sosta, poi si fermò, e il suo colore cambiò. Da rosso con sfumature gialle, le fiamme assunsero una tonalità rosso scarlatto, incandescente.
Dopo il colore, fu la forma a cambiare. Il fuoco non si alzava più verso l’alto. Le sue lingue si divaricarono, si contorsero, fino a formare un corpo minuscolo fatto di fiamme. Il corpo e il volto erano quelli di una ragazza, notai. Era magrolina, minuscola e con il petto piatto, i capelli formati da filamenti infuocati lunghissimi che si contorcevano in aria. Le fiamme che formavano il suo corpicino si distinguevano dai suoi capelli grazie al loro colore. Erano fiamme bianche, brillanti, e per poco non mi accecai al solo guardarla.
Ciò che mi lasciò però senza fiato furono gli occhi di questa ragazza di fuoco. Occhi ancor più rossi delle fiamme, che ricordavano fin troppo il sangue.
La ragazza mi guardò, con quelle iridi da paura, e il fuoco in mezzo al suo volto si divise in una specie di mezza luna. Capii così che mi stava sorridendo.
Infine, con la stessa velocità con cui le fiamme erano andate a formarsi, la figura si contorse su sé stessa, e il fuoco tornò al suo colore originario, per poi spegnersi di colpo. Salirono filamenti di fumo dalla legna bruciata, mentre il buio della notte aveva riconquistato il suo spazio nel prato e nel bosco.
-Cosa… cosa è successo?- chiesi, ancora incredulo per quella shoccante visione.
-Billy aveva accennato ad una cosa simile…- pensò ad alta voce Jacob, sbarrando gli occhi.
Io e Quil lo fissammo, senza capire. Il lupo ritornò in sé e spiegò:-Billy aveva detto che poteva succedere che il fuoco prendesse forma del soggetto dell’imprinting al quale si è voluto rinunciare. E questa ragazza che abbiamo visto… sarebbe stata la tua imprinting, Seth-.
-La mia… sul serio?- domandai. Era una ragazza bella tutto sommato, anche se non pienamente sviluppata. Avevo notato però che, a dispetto del petto, aveva già i fianchi formati. Quindi poteva essere anche una mia coetanea. Però quegli occhi…
-Jacob…?- feci, alzandomi lentamente –Io… avrei potuto subire la magia… su una vampira?-.
-Penso di si- rispose lui, scombussolato come me –Ma almeno adesso sappiamo che non potrà mai accadere ciò. Per cui non dobbiamo preoccuparci-.
Certo” pensai “Ma da quando l’imprinting funziona anche sui vampiri?”.
Era un pensiero al quale non riuscivo a dare risposta. Ci pensai continuamente, anche mentre andavo dai Cullen. Persino quando volevo dormire nel bosco sotto casa loro, il ricordo di quella ragazza non mi lasciava in pace. Ma chi era? La incontrerò, nel futuro? Se si, quando?
Mi addormentai, con queste domande che mi frullavano nel cervello, cadendo in un sonno profondo.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** 3 ***


3
 

Jacob

 
 
 
 
-Eh? Un film?- domandai con la bocca piena.
-Si- rispose Leah, dopo aver ingoiato per bene un pezzo di carne sanguinolento –Giusto per non pensare sempre ai lupi e ai vampiri. Un modo per stare insieme-.
Continuai a masticare, valutando la cosa. In effetti era da molto tempo che non guardavo un film con qualcuno. Anzi, non facevo nessuna attività che fosse considerata da umano da quello che mi sembrava un eternità. Osservai l’enorme cervo che avevo abbattuto, e senza volerlo avevo lasciato che la mia parte umana uscisse fuori dal suo angolino, per ciò la vista del cadavere macellato per poco non mi fece rivoltare lo stomaco.
Tornai ad osservare la lupa, che intanto continuava a mangiare beata. Rivoli di sangue scivolavano dalla sua bocca, lungo il mento, arrivando fino al collo o gocciolando per terra. Doveva ancora imparare a mangiare sotto questa forma in modo più pulito, questo lo sapeva anche lei, ma per qualche ragione vederla così mi dava una strana sensazione. Bellezza e orrido erano mischiati insieme, creando una vista così sublime dalla quale non riuscivo a distogliere lo sguardo.
Leah si accorse che la stavo fissando, e di colpo arrossì. Mandò giù il boccone e chiese:-Cosa c’è?-
-Uh? Ah, nulla!- dissi, tornando con i piedi per terra. Guardai nuovamente il cervo, ma in quel momento non riuscivo proprio a capacitarmi di mangiarlo.
-Finiscilo tu, questo- feci, sbuffando e allontanandomi di qualche passo dalla carcassa.
-Cofa? Pefchè?- domandò, voltandosi verso di me mentre masticava ancora.
-Non ho fame- risposi, sedendomi nell’erba sotto un grosso pino. Leah finì di masticare, ma non osò toccare più il cervo. Si ripulì il muso meglio che poteva, poi venne al mio fianco e si sedette anche lei.
-Sono ancora sporca?- mi chiese, dopo un’altra strofinata. Evidentemente non si era accorta del sangue sul suo collo.
Scossi la testa:-Lascia fare a me-, e prima che lei potesse ribattere, mi avvicinai alla sua gola e cominciai a leccare via il sangue. Si era quasi seccato, per cui per lavarlo via mi ci voleva più tempo del necessario. Solo che appena la mia lingua toccò quella sostanza, un’altra strana sensazione mi invase. Un brivido piacevole mi corse lungo la spina dorsale, facendomi rizzare i peli. Il sangue sul corpo della lupa aveva un sapore così buono che non volevo quasi staccarmene. Lei rimase immobile, mentre io spostavo il mio muso avanti e indietro sul suo collo e sotto la sua mascella. Pulendole il manto, mi accorsi di almeno tre cose che fin’ora non avevo mai notato:
Primo, la mia gola, più io gustavo quel sangue, più si rinfrescava e si addolciva allo stesso tempo.
Secondo, il battito cardiaco mio e di Leah si erano sincronizzati, più veloci e potenti del solito.
Terzo, solo quando avevo quasi ripulito via il sangue dalla lupa riuscii a percepire di nuovo il suo odore, ma era, per qualche ragione a me ignota, più dolce. Era un profumo che ricordava molto il cioccolato mischiato al miele. Un odore che mi spingeva sempre di più a leccarle la gola, un odore che mi faceva impazzire di gioia.
Il cuore della lupa aumentò il battito ancor di più, mentre sentivo chiaramente come ansimava piano, o come il suo corpo stava tremando, nonostante sia diventato più caldo del normale.
Continuai così, avvicinando sempre di più il mio corpo al suo, i nostri petti quasi al contatto, mentre assaporavo il suo profumo e la sua gola…
-Ok, basta così!- quasi mi ringhiò addosso lei. Con una forte zampata riuscì ad allontanarmi, il fiatone che le usciva fuori dalla bocca, mentre mi fissava. Non sapevo dire che sguardo fosse il suo. Era arrabbiata? Incredula? O imbarazzata?
Anche provando a leggerle nella mente, era difficile dirlo: al suo interno le emozioni erano tutte incasinate, e più mi concentravo a capire qual’era quello che dominava, più mi faceva girare la testa. Tornai a respirare anch’io, il battito cardiaco che riprendeva il suo normale ritmo. Fissai Leah, e di colpo mi accorsi di quello che stavo facendo.
-Oh, cazzo….- sospirai –Scusami, non volevo…-
-Non fa nulla- fece Leah, riprendendo anche lei a respirare normalmente. Si raddrizzò con la schiena, mentre le tremava la zampa che aveva usato per allontanarmi da lei. Forse voleva resistere all’impulso di toccarsi la gola, o semplicemente era terrorizzata. Ma che diavolo mi era preso?
-No, sono serio- replicai –Mi dispiace, davvero, non ho idea di cosa mi è saltato in testa, ti giuro che…-
-Respira, prima di tutto!- mi disse, afferrandomi per le spalle –E seconda cosa, ti ho detto che non fa niente, quindi smettila di scusarti!-.
-Ok, scusa…- stavo per dire, ma tappai la bocca. Leah, sentendo quell’ultimo “scusa”, si mise a ridere.
-Mi hai pulito bene almeno?- chiese, come se non fosse successo nulla. La guardai per un secondo. La vista del suo collo mi stava mandando su di giri. Inoltre… perchè se un attimo prima avevo la gola fresca e dolce, ora stava cominciando a bruciare?
-Si- risposi, inghiottendo la saliva –Almeno quello ho fatto bene-.
-Perfetto- mi sorrise (e quel sorriso bastò a tranquillizzarmi) –Allora, lasciamo il cervo lì ai corvi?-.
-Ci sono anche i corvi a Forks?- domandai, aggrottando la fronte.
-Chi lo sa!- fece, voltandosi verso gli alberi –Facciamo a chi arriva prima al torrente?-.
Non mi diede nemmeno il tempo di rispondere che partì come un razzo verso la foresta.
Ehi, non vale, aspettami!
Corsi più velocemente che potevo, raggiungendo il suo passo dopo venticinque metri.
Mi meravigliava come era riuscita a cambiare discorso di colpo, o come era riuscita a calmarsi. Fossi stato al suo posto magari avrei anche azzannato l’idiota che cercava di farmi una cosa simile.
Si, ma io non sono così crudele rispose ai miei pensieri E poi… oh, ti prego, Jake, basta parlarne!
Ok, scusa
Maledetto, ti stai scusando di nuovo?
Scusami!
Rise, così forte che il suono poteva sovrastare quello del vento che entrava nelle orecchie. Mi aggiunsi alla sua risata con piacere.
Che idiota che sono, eh?
Oh, beh, stiamo parlando di te!
Grazie, me lo ricorderò questo!
Leah fece la linguaccia e aumentò la velocità. Quanto avrei voluto avere le zampe come le sue, lunghe e magre, perfette per correre veloci.
E io vorrei avere la tua potenza!
Nah, non ti serve! Basta che scappi e sei apposto!
Che stronzo!
Sempre al tuo servizio, signora!
Leah fu la prima ad arrivare al torrente – ovviamente.
La raggiunsi dopo quasi un minuto, con il fiato grosso e i polmoni che chiedevano pietà.
-Vecchio!- mi prese in giro lei, mentre si avvicinava all’acqua.
-Ma finiscila!- latrai, avvicinandomi alla lupa, che intanto beveva tranquilla.
Avvicinai il muso alla riva e bevvi così tanto che temevo di dover prosciugare il torrente da un momento all’altro. Ma non potevo farci molto: la corsa mi aveva stancato più del solito (cosa molto strana) e inoltre la gola mi bruciava ancora. L’acqua era freschissima, saporita, e mi regalava un certo sollievo, ma solo per un secondo. Appena smettevo di bere, il bruciore tornava, e così ero costretto a bere di nuovo anche se non ero più assetato.
-Ehi, così dovrai andare in bagno cento volte!- mi rimbeccò Leah, leccandosi le labbra.
Allontanai la testa dal piccolo fiumiciattolo, inghiottendo l’acqua che avevo raccolto in bocca.
-Mi hai fatto venir sete, dannata te!- dissi, asciugandomi con una zampata.
Camminammo poi lungo la riva, guardandoci ogni tanto intorno per vedere se c’erano segni di vita da qualche parte. Sam poteva benissimo attaccarci così per niente da un momento all’altro, ed era bene stare almeno all’erta.
Ormai non avevo più quelle stramaledette catene che mi soffocavano e mi costringevano a rimanere con Nessie, per cui potevamo anche tornare a vivere a La Push, ma finché non si sistemava la questione con l’altro alfa, era fuori discussione. Stare troppo a casa nostra era un pericolo sia per noi lupi del piccolo branco sia per i Cullen, che erano decisamente di meno rispetto al branco di Sam.
-Niente in questa zona, a quanto pare- dissi, annusando l’aria, cercando di scovare qualche odore che potesse rappresentare una minaccia, ma le uniche cose che sentivo erano il muschio dei pini che erano cresciuti vicino al torrente, la terra bagnata sotto le nostre zampe e il profumo dolce di Leah. Soprattutto l’odore di Leah.
-Già- annui lei –è anche un po’ troppo tranquillo, non pensi?-
-Mhm- feci. Ma forse eravamo noi a preoccuparci troppo. E poi, anche se Sam avesse deciso di attaccare, avrei potuto notarlo subito entrando nella sua mente, per cui fare un attacco a sorpresa sarebbe stato poco intelligente da parte sua.
Ci rilassammo dopo altri dieci minuti di guardia, e subito sospirai:-A quando il film quindi? E cosa si guarda?-
-Mamma e io avevamo preso da poco un horror-splatter- rispose la lupa, gioiosa –Si chiama “Into darkness”. Eeeeh.. stasera da me va bene?-
-Certo- risposi -Non sapevo però che tu e Sue guardate film simili-.
-Sorpreso, Black?- mi stuzzicò lei, sogghignando.
-Solo se scopro che il film è da oscar, Clearwater!- ammiccai.
 
 
Bussai alla porta di legno, stando ben attento a non romperla con la sola forza del mio pugno. Leah si presentò subito alla porta, aprendola e offrendomi un largo e sincero sorriso.
-Benvenuto nell’inferno, giovanotto. Pronto per cacarti sotto dalla paura vomitando alle scene di lotta?-.
-Scene di lotta? Paura? Bellezza, io me li mangio a colazione!-
Leah rise, facendomi entrare. Il salotto era stato ben ordinato, con i pop-corn già pronti in due grossi vassoi e due bottiglie di birra e una lattina di coca, il tutto poggiato sul tavolino di fronte al divano. La Tv stava appena sotto il ripiano della cucina, evidentemente sistemato da poco lì. Leah chiuse la porta alle sue palle, e io la osservai giusto per due secondi. Nonostante la sua semplicità nel vestirsi (una maglietta bianca e un paio di jeans chiari), non potevo far a meno di notare quanto era bella.
Voltai la testa da un'altra parte prima che lo facesse lei, nascondendole così la mia faccia arrossata.
Stupido, contieniti!” pensai.
-Ehi, sei arrivato alla fine!-.
Per poco non mi presi un colpo quando Seth sbucò fuori dalla sua stanza. Non mi aspettavo sinceramente che ci fosse anche lui. E, non so spiegarmi nemmeno il perché, ma mi sentivo deluso.
-Anche a te piacciono gli horror?- domandai al piccolo lupo, che intanto si dirigeva in cucina a prendere dei bicchieri.
-No- rispose sottovoce la sorella, dopo essersi avvicinata a me –Ma voleva stare comunque con noi. Dice che non aveva nulla da fare e … beh, non sono riuscita a scacciarlo via, punto!-.
-Ti sento!- la avvisò Seth, tornando in salotto –Ti devo ricordare che sono quello che ha le orecchie…-.
-Oh, Gesù, non ricominciare!- sospirò Leah, spingendo il fratello da parte.
Ci sedemmo tutti e tre dopo che Leah mise il dvd nel videoregistratore, poi la lupa prese il telecomando e fece partire il film. L’inizio era piuttosto calmo, senza chissà quale scena movimentata. Poi di colpo iniziano le scene più dure e macabre, con tanto di finto sangue che schizza ovunque e le facce terrorizzate dei protagonisti, che cercano di sfuggire invano da un killer spietato.
Leah mi passava i pop-corn nel mentre, che accettavo di buon grado, ma ogni volta che porgeva la ciotola a Seth, lui sembrava non accorgersene nemmeno. Era troppo concentrato sul film, ma non in senso positivo. Era come se fosse sul punto di rigurgitare il pranzo. Bastava vedere come il suo viso aveva assunto una tonalità verdognola, e come il lupetto tremava ogni volta che si presentava tanto sangue in una scena, con gli occhi che non riuscivano a staccarsi dallo schermo.
-Ehi- diedi una gomitata a Leah –Credi che vomiterà sui pop-corn?-
-Spero di no- rispose lei –Altrimenti se li mangia tutti lui!-.
Dopo altri tre minuti di proiezione, Seth sembrava essere arrivato al limite.
Si alzò di scatto e corse verso il bagno, senza curarsi di chiudere la porta alle sue spalle.
-Non dovremo preoccuparci?- domandai, mentre dal bagno uscivano gemiti disgustosi. Il ragazzino avrebbe potuto vomitare anche l’anima, se ne avesse avuto la forza.
-Nah, gli passerà- mi rassicurò la lupa, scrollando le spalle –Non è una novità. E poi è colpa sua, io lo avevo avvisato, e non mi ha ascoltato. Così impara!-.
-Crudele- sospirai, e Leah ricambiò la risposta con il dito medio, senza però mancare di sogghignarmi.
Continuammo così a guardare il film (senza badare troppo al povero disgraziato nel cesso), e le scene splatter divennero sempre più intense.
Mano a mano che vedevo quel finto sangue spargersi ovunque nel raggio di chilometri, la mia gola sembrava bruciare di più.
Sapevo perfettamente che quello non era sangue, ma solo vernice o sugo di pomodoro… tuttavia quella visione… continuava a farmi innervosire.
Il suo colore era talmente intenso che poteva anche essere reale…
-Jake, ti senti bene?- chiese Leah, sfiorandomi la spalla con due dita.
Annui, grattandomi la gola, sperando che il bruciore passasse, ma non funzionava.
-Ho solo sete- dissi, prendendo la bottiglia di birra già aperta.
Ne bevvi una lunga, anzi, lunghissima sorsata, quasi senza respirare. Leah cercava di concentrarsi sul film, ma potevo chiaramente percepire il suo sguardo su di me. Quando smisi di bere la birra, la gola sembrava essere migliorata… e invece il bruciore divenne sempre più intenso, e per poco non soffocai.
-Jacob!- esclamò la lupa, stoppando il film. Si chinò su di me, tenendomi per le spalle. –Mio Dio, cos’hai?-.
-Sto bene…- tossì io. Provai a respirare lentamente dal naso, e allo stesso tempo cercai di non andare nel panico. –Mi sono solo quasi strozzato… tranquilla-.
-Oh, si certo, sto tranquilla!- ribatté lei, ironica ma anche mezza terrorizzata.
Mi alzai, sempre con la mano alla gola, dirigendomi verso la cucina. Mi appoggiai per due secondi al lavello, aprendo poi il rubinetto. Piegai la testa verso di esso, bevendo così tanta acqua da riempirmi lo stomaco… ma non a sufficienza per placare la gola in fiamme.
Chiusi il rubinetto con rabbia, ringhiando tra i denti. Possibile che, nonostante tutto ciò che bevo, non riesco ad assetarmi?
Mi voltai, respirando con calma. Leah era davanti a me, una mano poggiata sul ripiano della cucina, gli occhi fissi sui miei. La stavo preoccupando, e anche troppo! Mi asciugai la bocca con il braccio, mugugnando un:-Scusa se ti ho spaventata-.
-Ti scusi un po’ troppo oggi- disse la lupa, avvicinandosi lentamente. Poggiò una mano sulla mia guancia senza che me ne potessi accorgere. Era calda, liscia e morbida al contatto, e potevo sentire attraverso il suo polso i nervi e il battito accelerato. Poggiai la mano sulla sua, mentre lei mi chiedeva cauta:-Ti senti meglio? O devo chiamare Carlisle?-.
-NO!- sbottai di colpo, allontanando la sua mano dalla mia faccia –Non chiamarlo! Sto bene!-.
-Ma Jacob!- fece Leah, scossa dalla mia reazione improvvisa –Continui a tastarti la gola, hai sempre sete da quello che vedo, e in più stavi per soffocare! Non dirmi che quando hai mangiato quel dannato cervo ti è rimasto un pezzo incastrato…-
-Non c’entra un cazzo quel cervo, ok?- ringhiai senza volerlo, la mano sempre più stretta alla gola, a coprire il pomo d’Adamo.
Leah rimase lì a fissarmi, sempre più preoccupata. –Va bene- disse alla fine, con calma. Incrociò le braccia al petto e, sempre guardandomi negli occhi, domandò:-Allora puoi almeno dirmi che cos’hai?-.
-Mi…- balbettai, appoggiandomi al ripiano -… mi brucia la gola… non so perché-.
-Assurdo- disse la lupa, scuotendo la testa, sempre più vicina –Noi lupi non possiamo ammalarci, non puoi avere il mal di gola!-.
-Lo so- risposi. Leah continuava a fissarmi, stavolta confusa.
Sentimmo entrambi il rumore dello sciacquone provenire dal bagno, poi i passi di Seth che si avvicinavano. Lo vidi con la coda dell’occhio guardarci, guardare la TV e poi rivolgersi di nuovo a noi.
-Che succede?- chiese, aggrottando la fronte –Che mi sono perso?-.
Leah si era voltata nel frattempo e stava anche per rispondere, ma io le tappai velocemente la bocca con la mano.
-Nulla- risposi al suo posto, mentre la ragazza mi guardava di traverso –Sono solo un po’ stanco e volevo andare a casa, tutto qui-.
-Ma…- ribatté Seth, incredulo –E il film? Pensavo ti piacesse! E poi non penso che puoi tornare a casa a dormire, non con Sam in circolazione!-.
-Nemmeno voi allora dovreste stare qui, no?- risposi, ma invece di usare un tono calmo, quello che mi uscii fuori sembrava un ringhio basso.
Seth rabbrividì, mentre Leah mi toglieva la mano dal suo viso.
-Lo sappiamo, Jake- rispose –E infatti volevamo tornare dai Cullen dopo. Senti, sei sicuro che…-.
Non le lasciai nemmeno terminare la frase. Mi bastò solo guardarla male nelle pupille per farla tacere. Lei si tappò la bocca, ma capii immediatamente che stava perdendo la pazienza.
-Scusate- dissi, dirigendomi verso la porta di casa e uscendo di fretta e furia. Solo dopo aver superato alcuni alberi corsi il più lontano possibile, fino a quando la gola non decise di pulsare. Mi accasciai a terra, boccheggiando. Non solo bruciava, ora pungeva come se avessi ingoiato un alveare intero con le api dentro. Mi sentivo graffiare da dentro, e non c’era niente che potessi fare se non respirare forte.
La mia mano destra teneva ancora la gola, mentre quella sinistra graffiava il terreno, strappando fili d’erba e scavando nel terriccio, come se stessi cercando un appiglio alla quale aggrapparmi.
Respira!” mi dissi “Respira piano!”.
Ascoltai la mia coscienza e cominciai a respirare più lentamente. Inspirai ed espirai, ma solo dopo averlo fatto dieci volte mi accorsi che non funzionava, né per calmarmi né per alleviare questo dannato bruciore!
-Jacob!-
Alzai di colpo la testa. Leah era inginocchiata proprio di fronte a me, gli occhi che nascondevano ansia e paura.
Riabbassai il capo, mentre un gemito rotto mi saliva dalla trachea.
Chiusi gli occhi e li riaprì, ma quando lo feci, cominciai a vedere tutto rosso. L’erba strappata tra le mie dita, il terriccio sotto di me, la mia mano sinistra, tutto quanto aveva assunto una tonalità rosso sangue. Stavo impazzendo?
Rialzai la testa, e notai con timore che anche il viso di Leah era inchiostrato di rosso.
-Ti porto da Carlisle- disse lei, ma la sua voce sembrava lontana –Lui saprà di certo cosa fare!-.
-NO!- urlai, con tutto il fiato che avevo nei polmoni. Mi buttai immediatamente sulla lupa, stringendole la schiena con le braccia, poggiando la testa sulla sua spalla, con la bocca che le sfiorava la clavicola nuda.
Lei rimase immobile, come pietrificata, mentre io cominciavo a percepire pian piano il suo calore. Potevo percepire il sangue fluire per tutto il suo corpo, e il profumo così dolce del suo collo stuzzicare la mia gola infiammata.
-Leah…- sospirai sulla sua pelle. Sentivo il suo cuore battere forte, molto forte, e ciò mi mandava fuori di testa.
La lupa mi mise le mani sulle spalle, ma non tentò nemmeno di allontanarmi da lei. Forse voleva dirmi qualcosa, ma doveva essersi rimangiata le parole, perché aveva aperto per un secondo la bocca per poi deglutire.
Qualcosa mi spinse a baciarle la pelle del collo. Era così calda, così liscia, così morbida…
Più la baciavo, più un istinto che non pensavo di avere mi incitava anche a leccarle quella dolce e profumata pelle, mentre la stringevo sempre di più a me.
Non sentivo più nulla. Il mio mondo era concentrato unicamente sul collo di Leah. Tutto il resto non m’interessava.
La morsi ancora prima di accorgermene.
I miei denti scavarono oltre la sua pelle, penetrando i muscoli della gola, fino a toccare i vasi sanguigni. Il suo sangue venne subito al contatto con la mia bocca, la mia lingua e l’interno della mia gola, dolce e saporito, caldo e fresco allo stesso tempo. Era decisamente la cosa più deliziosa che avessi mai assaggiato in vita mia, e non riuscivo a farne a meno.
Mi stavo completamente drogando di quel sapore così perfetto. Il liquido mi entrava nella gola, rinfrescandola e addolcendola, per poi espandersi per tutto il corpo. Non mi sentivo più debole, ma al contrario, mi sentivo come se potessi spaccare una montagna di due.
Ancora… solo un altro po’…”.
-JACOB BASTA!-.
L’urlo e il pugno che lo seguì mi fecero staccare dal corpo di Leah. Mi ritrovai accasciato a terra, mezzo stordito. La mia mente ci mise un bel po’ a tornare lucida, e io ce ne misi il doppio per ritrovarmi di nuovo in ginocchio.
Ma cosa stavo facendo? Perché non me lo ricordavo più?
Alzai gli occhi, e i colori attorno a me ripresero il loro posto. Quando però mi guardai intorno, notai, seduta sul terreno, una Leah completamente diversa dal solito.
Era… spaventata e incredula allo stesso tempo, gli occhi spalancati fissi sui miei, la bocca che cercava aria. Il suo collo era tutto sporco di sangue, e così valeva per la sua maglia, che fino a pochi minuti fa era bianca immacolata.
Pian piano i miei ricordi cominciavano a riaffiorare, e quando l’immagine di me che mordeva la gola della lupa mi affiorò davanti agli occhi, mi tastai automaticamente le labbra, completamente infradiciate. Allontanai le dita dalla bocca e le osservai.
Sangue.
Il sangue di Leah.
La mia lingua tastò l’interno della bocca, gustando un ultima volta quel sapore così buono che mi aveva fatto perdere il senno…
Con orrore tornai a guardare Leah, che nel frattempo era ritornata in sé. Si avvicinò a me, quasi gattonando, senza staccare gli occhi dai miei.
Provò ad alzare una mano verso il mio viso, ma io mi allontanai con uno scatto, ritrovandomi con il culo a terra.
-Jake…- fece lei, come a rassicurarmi, come a dirmi che andava tutto bene. Ma si sbagliava. Non andava bene per niente!
-Io…- sussurrai, le parole che uscivano a fatica –Cosa…. Che diavolo….?-.
-E’ tutto ok, Jake- disse, più vicina –Calmati ora…-.
-Calmarmi? CALMARMI?- urlai, con la pazienza che aveva superato il limite –Come puoi dirmi di calmarmi, eh? Guarda che ti ho fatto, e non me ne sono nemmeno accorto!-.
-Si, senti, lo so che è orribile, o terrificante, o come cazzo lo vuoi chiamare- disse con decisione Leah. Il mio urlo non l’aveva smossa nemmeno di un centimetro.
-Però non puoi nemmeno arrabbiarti così!- continuò lei –Sicuramente ci sarà una spiegazione logica a … beh… a quello che hai fatto ora. Insomma, mica ti sei svegliato stamattina con l’intento di fingerti un vampiro, no?-.
Deglutii alla parola vampiro, ripensando al gusto del suo sangue, e a quello del cervo con il quale Leah si era sporcata questa mattina. Solo che nel caso del cervo pensavo fosse normale il fatto che il suo sangue mi stuzzicasse, perché in fin dei conti sono un animale anch’io (e poi ero convinto che fosse stata tutta colpa del lupo che era in me)… ma questa volta è diverso! Questa volta il mio lupo non c’entrava proprio nulla…
Che diavolo mi sta succedendo?
-F-forse….- balbettai, portandomi poi le mani alla testa, ancora incredulo per la mia azione -… ma… stavo per ucciderti…-.
-Non dirlo neanche, ok?- mi interruppe Leah, avvicinandosi quel tanto che bastava per togliermi le mani dalla faccia e prenderle tra le sue.
-Ma…- stavo per ribattere, ma lei li zittì ancora:-Niente “ma”! Qualsiasi cosa sia successo, non è stata colpa tua, e inoltre non lo hai fatto apposta, quindi smettila di frignare e pensa con lucidità!-.
Una delle cose che rendono Leah incredibile? La sua capacità di poter ragionare anche in una situazione simile.
La guardai, senza parole, ma in fondo aveva ragione. Quel che era successo non era da me… e sicuramente ci dovrebbe essere un motivo valido per spiegarlo!
Leah si rilassò dopo avermi osservato per altri due secondi, per poi sedersi a gambe incrociate, aggrottando la fronte. Si guardò i piedi, pensierosa, e io ne approfittai per pulirmi la bocca meglio che potevo.
Improvvisamente aprì gli occhi, come se avesse avuto un lampo di genio.
-Billy!- esclamò lei, battendo un pugno sulla mano.
-Billy?- ripetei, confuso.
-Si, Billy- rispose la lupa, guardandomi torvo –Sai, tuo padre, quel vecchio con il capello da cowboy che sta sulla sedia a rotelle, che ama la birra, la pesca, guardare una partita in tv con Charlie ed è mezzo cotto di mia madre…-.
-Si, lo so chi è, grazie!- ribattei, ricambiando lo sguardo –E, no, non credo che sia mezzo cotto di Sue, come tu pensi, ma lasciamo perdere questo. Che c’entra Billy con questa storia?-.
-Ricordi quando sei stato morso dal vampiro, no?- disse lei, ignorando la prima parte di quello che avevo detto.
-Preferirei non ricordarlo- rabbrividì, il ricordo delle sue zanne sulla mia carne ancora vivo. Leah scosse la testa:-Beh, spiacente, ma è meglio se te lo ricordi. Quando ti abbiamo riportato a casa, Billy era preoccupato come tutti i papà per i loro figli, ma allo stesso tempo aveva uno sguardo strano, come se… uhm… nascondesse qualcosa…-.
-Mio padre….- dissi io, lentamente –… dovrebbe avere un segreto?-.
-Riflettici per un secondo, Jacob- disse Leah, alzandosi in piedi –Vieni morso da una sanguisuga da due soldi e per poco non ci rimetti ( e ringrazia Carlisle!), tuo padre che sa qualcosa che noi invece ignoriamo e tu che all’improvviso hai sempre sete e poi mi mordi come se tu fossi un vampiro e non un lupo!-.
-Non dimenticare che mi bruciava la gola fino a un attimo fa!- aggiunsi.
-E ti brucia ancora?-
-No…- e con quella mi tastai il pomo d’Adamo. La gola non era più in fiamme. Era invece bella che fresca, e anche addolcita. Non sapevo se esserne contento o meno, sapendo che per arrivare a questa situazione ho dovuto…
-Bene- disse Leah, mentre mi alzavo anch’io –Allora, andiamo da tuo padre e gli chiediamo cosa c’è che non va. Sicuramente lui sa cosa…-
-… mi è successo?- completai la frase prima di lei –Mi sembra ovvio a questo punto Leah, insomma… ti ho appena morsa e ho … bevuto il tuo sangue!-.
-Si, ma perché? E come? Questo non lo sappiamo, giusto?- fece, comprensiva.
Sbuffai. In effetti bisognava chiarire subito questa faccenda.
-Va bene- annui –Andiamo allora!-.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3190951