Wheatcroft

di Triz
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Passato ***
Capitolo 2: *** Presente - Parte Prima ***
Capitolo 3: *** Presente - Parte Seconda ***
Capitolo 4: *** Futuro ***



Capitolo 1
*** Passato ***


Capitolo 1
Passato

Quando si prepara il primo appuntamento tra due persone, di solito, alcuni pensano a una cena romantica con rose e violini, altri potrebbero ritenere più adatta una serata al cinema e altri ancora potrebbero pensare che portare a ballare il proprio partner sia una scelta ancora migliore.
Sherman Watson non apparteneva a nessuna di queste categorie.
Secondo Sherman, infatti, decise che non c'era nulla di meglio che portare Cassandra Wood, la compagna di college per cui aveva una cotta, a Villa Wheatcroft, infestata da un fantasma da più di due secoli.


«Professor Watson, c'è una visita per lei» annunciò l'assistente dell'insegnante di Storia contemporanea e Sherman rinunciò per il momento a lasciare il proprio ufficio. Si fece avanti un uomo piccolo e dalla faccia di topo che non attese l'invito di Sherman per accomodarsi su una delle sedie.
«Lei chi è?» chiese bruscamente Sherman incrociando le dita sul tavolo.
«Sono Edgar, il nuovo custode della Villa Wheatcroft» mormorò l'ometto e attese che Sherman reagisse a quell'affermazione, ma quando non accadde continuò: «È stato il mio predecessore a parlarmi di lei».
«Cosa vuole da me?».
«Vede, il mio predecessore mi ha parlato di un... problema che lei risolse vent'anni fa» rispose il signor Edgar: «Credevo che volesse impressionarmi, ma ora che la villa è stata nuovamente infestata ho bisogno del suo aiuto per risolverlo di nuovo».
«Non mi occupo più di fantasmi» disse freddamente Sherman: «Rivolgetevi a qualcun altro, non a me».
«Lo farei volentieri, signor Watson, ma sfortunatamente non posso».
«Cosa intende?».
«Intendo dire che questo fantasma ha chiesto espressamente di lei» rispose Edgar giocherellando con una penna che aveva preso dalla scrivania: «E non ha intenzione di abbandonare la villa finché non sarà soddisfatta la sua richiesta».
«Temo che si debba accontentare, perché io non ho più intenzione di occuparmi di fantasmi» ribatté irritato Sherman sottraendo la penna dalle mani di Edgar e rimettendola al suo posto: «E ora, se non le dispiace...».
Edgar si alzò con un sospiro e si diresse verso la porta, ma prima si voltò e sorprese Sherman a dare un'occhiata nostalgica a una foto del suo matrimonio che teneva sempre in ufficio: «Commette uno sbaglio, professor Sherman» disse il custode e uscì dall'ufficio.

«Sai, Sherman, credevo che mi avresti portata a ballare» osservò Cassandra Wood quando la vecchia macchina di Sherman Watson parcheggiò davanti al cancello della villa.
«Ballare? Nah, sarebbe stato troppo banale» rispose lui, poi scese dall'auto e accese la torcia che aveva portato con sé.
«Almeno mi vorresti dire cosa ci facciamo qui?».
«È per il mio lavoro».
«Tu hai un lavoro?» domandò Cassandra stupita e Sherman annuì, poi sollevò il mento a mo' di saluto verso l'uomo che veniva loro incontro, un tipo viscido e dall'aria imbronciata.
«Alla buon'ora, ragazzo, sei in ritardo!».
«Ho avuto da fare» rispose Sherman guardandosi i piedi ed evitando accuratamente di aggiungere che era stata colpa di Cassandra, che doveva finire di truccarsi: «Lei è Cassandra, stasera mi darà una mano» spiegò indicando la ragazza e lei si mise le mani sui fianchi.
«Se vuoi un mio parere, stasera vacci piano, che è di pessimo umore» sbottò il custode dopo aver apprezzato per un momento la presenza di Cassandra: «Come se già non lo fosse di per sé».
«Chi è di pessimo umore?».
«Il fantasma che gira da queste parti, bambola, il tuo ragazzo non te l'ha detto?».
Cassandra alzò gli occhi al cielo e sbuffò irritata, poi vide che Sherman aveva salutato di nuovo il custode e si era avviato lungo il sentiero lastricato di erbacce mettendosi in tasca le chiavi della villa.


«Di nuovo lei?» sbottò Sherman irritato quando, la sera successiva, trovò Edgar fuori dalla propria aula: «È inutile che continui a insistere, non tornerò a villa Wheatcroft!».
«Il fantasma mi ha detto di darle un messaggio» disse Edgar tranquillo mentre giocherellava con la sigaretta spenta.
«Ah, davvero? E quale sarebbe?» chiese Sherman sarcastico.
«Parola per parola?».
«Certo, parola per parola» sbottò Sherman ed Edgar mise in tasca la sigaretta con un sospiro.
«"Aspetto da vent'anni che mi porti a ballare"».

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Capitolo 2
*** Presente - Parte Prima ***


Capitolo 2
Presente - Parte prima

«Sherman Watson, giuro che ti ammazzo!» ringhiò Cassandra quando raggiunse il ragazzo sulla veranda.
«Anche secondo me fa un po' freddo» mormorò lui distratto cercando le chiavi del portone.
«Sherman!».
«Che c'è?».
Con un movimento rapido, Cassandra gli sottrasse le chiavi e, per quanto Sherman si allungasse su di lei per riprenderle, la ragazza riusciva sempre a metterle fuori dalla sua portata: «Non ti ridarò le chiavi finché non mi spieghi quale sarebbe il tuo lavoro».
«Non è proprio un lavoro, diciamo più un hobby».
«Quello che è, pretendo delle spiegazioni».
«E va bene» sospirò Sherman rinunciando definitivamente alle chiavi: «Il proprietario di questo posto mi ha chiamato ieri per convincere il fantasma che c'è qui ad andare altrove ed è questo che faccio, mi chiamano per disinfestare le case».
«Tipo Ghostbusters?».
«Esatto, contenta?» disse Sherman e approfittò dello stupore di Cassandra per riprendersi le chiavi.


Aspetto da vent'anni che mi porti a ballare.
Sherman Watson poteva anche non crederci, ma solo lei, solo la sua Cassandra poteva dire una cosa del genere.
Aspetto da vent'anni che mi porti a ballare.
«Cristo santo, vada più piano o ci ammazziamo!» gridava Edgar nel posto accanto a lui.
Aspetto da vent'anni che mi porti a ballare.
Sherman correva come un pazzo su quelle strade che non percorreva più da anni, schiacciava a tavoletta l'acceleratore e non riusciva a mettere in fila due pensieri che fossero coerenti e logici.
Oh, ma che la logica si fotta!
Era stato logico pensare di portare la propria - quasi - ragazza in una villa nota per essere infestata da un fantasma? Era logico correre in quel modo e sperare che fosse veramente lei, ringraziando Dio per quell'occasione che da mesi sperava di avere e che gli era giunta quando meno ci poteva credere?
Cassandra, la sua Cassandra, la sua Cassie.

«Avanti, Sherman, spara! Di chi è stata l'idea dello scherzo? Scommetto di quella stupida di Melinda!» borbottò Cassandra visibilmente a disagio quando l'ennesimo ratto scappò lungo il corridoio. La villa, un tempo grande e magnifica, era stata lasciata in balia di sé stessa, come testimoniavano le ragnatele e le assi marce del pavimento che scricchiolavano ad ogni passo: il custode era solo riuscito a impedire che i vandali imbrattassero le pareti di scritte volgari, dal momento che persino lui aveva timore di entrare.
«Non è uno scherzo e Melinda non c'entra niente, e anche se fosse lo sai che non mi vede di buon occhio».
Cassandra sbuffò, ricordando di come l'amica l'aveva supplicata di dare due di picche a "quel nerd psicopatico": «E allora chi è il fantasma?».
«Lord Amadeus Wheatcroft, fu lui a far costruire questa villa e ne fu il primo abitante non appena sposò la sua seconda moglie» iniziò a raccontare Sherman con un'eccitazione quasi surreale: «Il venticinque maggio di ogni anno lui riappare nella villa, fa cacciare chi ci abita e sta tutta la notte sul balcone della facciata principale. Ormai qui non ci viene più nessuno proprio per questo».
«E perché proprio il venticinque maggio?».
Sherman alzò le spalle e Cassandra sorrise: era la prima volta che lo coglieva in fallo su qualcosa che non sapeva. Intanto erano arrivati al salone principale e Sherman indicò con la torcia un dipinto a figura intera, che ritraeva un uomo maturo che guardava con un accenno di sorriso a una donna molto più giovane a cui teneva la mano.
«Quello è lord Wheatcroft e, appena usciamo da qui» e indicò il finestrone sporco di fronte al dipinto: «Ce lo ritroveremo davanti. E ora che c'è?» sospirò quando Cassandra lo fissò perplessa.
«Perché hai deciso di portarmi con te, Sherman?» domandò lentamente.
«Mi hanno detto che sei una tipa tosta e molto coraggiosa».
«Solo quando si tratta di dirne quattro a qualcuno» commentò Cassandra cercando di sembrare disinvolta e Sherman sorrise, debolmente illuminato dalla luce della torcia e dal poco che filtrava dai vetri della finestra.
«Pronta?» mormorò nel tono più dolce possibile e tendendole la mano.
Lei esitò per un attimo, poi rifletté che ormai c'era dentro con tutte le scarpe: tanto valeva prendere la mano di Sherman e uscire.
Così fece, e negli anni che seguirono non si pentì mai di quel gesto.

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Capitolo 3
*** Presente - Parte Seconda ***


Capitolo 3
Presente - Parte Seconda

L'attuale lord Wheatcroft non doveva averci impiegato molto a riportare la villa agli antichi splendori.
Quando si fiondò di corsa lungo il viale d'ingresso tirato a lucido ed entrò nella villa, Sherman stentava a riconoscere in quel luogo la stessa stamberga dove era entrato con Cassandra vent'anni prima e le assi del pavimento non scricchiolavano più sotto i suoi piedi man mano che si avvicinava al salone.
Il ritratto di Lord Amadeus Wheatcroft e di sua moglie Astrid, ripulito e restaurato, era ancora lì dove Sherman ricordava e la forte luce lunare che entrava dalla finestra rendeva ormai inutile la torcia che Edgar aveva dato al professore.
Sherman uscì sul balcone e una lieve brezza gli accarezzò il viso: anche se il balcone faceva ora una più degna figura di sé, Sherman quasi non riuscì a trovare alcuna differenza rispetto a vent'anni prima.
Anche quella sera, nello stesso punto da cui lord Wheatcroft lo fissava altero, c'era un fantasma che lo aspettava.
«Ciao, Sherman, ce ne hai messo, di tempo!».

«Come vi siete permessi di entrare in casa mia?» disse la voce profonda di Lord Amadeus Wheatcroft: il fantasma dava le spalle ai due ragazzi e con le mani dietro la schiena osservava la desolazione e il declino che si erano impossessati del vasto giardino della villa.
«Buonasera, lord Wheatcroft» disse Sherman. Vicino a lui, Cassandra non riusciva a spiccicare una parola: le voci che circolavano all'università, che deridevano Sherman Watson e la sua ridicola passione per i fantasmi e le loro storie, divennero a loro volta ridicole e irritanti di fronte a ciò a cui i suoi occhi assistevano.
«Cerchi di arruffianarmi, ragazzo?» tuonò Amadeus voltandosi e fissando Sherman con tutto il disprezzo che riusciva a provare. Anche con quell'atteggiamento, che normalmente non poteva sopportare nei viventi, Cassandra rimase sempre meno stupita e sempre più affascinata da ciò che stava assistendo.
«E tu cos'hai da fissare?» sbottò lord Wheatcroft altero accorgendosi della presenza di Cassandra.
La ragazza sobbalzò, diede un'occhiata a Sherman e lui annuì, pur mostrandosi apprensivo nei suoi confronti. Quando riuscì a ritrovare la voce, Cassandra prese il coraggio a due mani e chiese: «Perché proprio il venticinque maggio?».
«Cosa?».
«Il venticinque maggio» disse allora Sherman guardando lord Amadeus negli occhi: «Potrebbe restare in questo posto quanto vuole - in fondo è la sua casa - eppure ha scelto il venticinque maggio. Io mi chiedevo perché».
Lo sguardo di Amadeus divenne ancora più torvo: «Attendo una visita, per cui pretendo che ve ne andiate, tutti e due!» ringhiò allontanandosi e tornando a scrutare il giardino.
«Una visita? E di chi?».


«Lo sai che giorno è oggi?».
Sherman doveva ancora riprendersi dallo shock e sulle prime non capì la semplice domanda di Cassie, che se ne stava seduta a gambe accavallate sul parapetto del balcone, ma poi lei ripeté le sue parole con un sorriso dolce e comprensivo e Sherman capì.
«Oggi è... è il venticinque maggio» mormorò l'uomo passandosi una mano sul viso.
«Già, che combinazione, eh?».
Cassandra saltò giù dal parapetto e scosse la testa riccioluta, gesto che riservava a Sherman sapendo quanto gli piacesse: lui aveva accumulato dentro di sé due anni di cose da dirle, voleva sentire ancora la sua risata o anche, perché no?, il suo modo speciale di rimproverarlo quando lei credeva che fosse necessario.
Se solo non fosse stato così bloccato.
«Rilassati, Sherman, va tutto bene» gli sussurrò all'orecchio quando lo abbracciò. Gli accarezzò il viso e notò i capelli di suo marito che cominciavano a farsi grigi, poi chiese: «Forza, raccontami di te, cosa mi sono persa negli ultimi due anni?».
Impappinandosi di continuo e facendosi tirare fuori le parole a forza - come accadeva ogni volta che era nervoso -, Sherman le raccontò del posto fisso al college che alla fine aveva accettato, la rassicurò che il cane Zenit stava bene e continuava ad avere paura del chihuaua della vicina e, quando Cassandra gli domandò se continuava a interessarsi di fantasmi, Sherman le rispose con rammarico che aveva smesso da un po'.
«Insomma, sei diventato quello che vent'anni fa ritenevi un tipo noioso».
«Esattamente».
Marito e moglie risero come non accadeva più da due anni, poi Cassandra gli lasciò un bacio freddo sulla guancia e disse: «Faresti le ultime due cose per me, Sherman?».

Lady Astrid Wheatcroft era molto più giovane di lord Amadeus, ma questo non le impedì di sposarlo il venticinque maggio del 1724: al contrario di quanto pensavano i due figli di primo letto, che disapprovavano le nozze, Astrid fu felice e fu molto amata dal marito, pur avendo avuto una brevissima vita matrimoniale.
Dopo la morte di lady Wheatcroft, il venticinque maggio di ogni anno, lord Amadeus era solito recarsi sul balcone dove si erano sposati e nemmeno la morte del suo corpo gli impedì di farlo: pur mostrandosi un uomo freddo e razionale, lord Wheatcroft sperava che prima o poi Astrid, nonostante la morte, potesse tornare da lui e fu questa speranza a impedire al suo fantasma di andarsene del tutto.
La sera in cui Sherman andò alla villa con Cassandra, la speranza di Amadeus aveva cominciato a vacillare dopo anni di attesa e l'amore che un tempo aveva provato per Astrid si stava trasformando in rabbia nei suoi confronti.
Raccontò tutto questo in uno sfogo di frustrazione e non gli importava nulla degli sguardi attoniti dei due ragazzi. Quando finì di parlare e nella notte non si sentì nemmeno una mosca volare, Sherman disse: «Ha mai pensato che forse non è qui che Astrid la aspetta?».
«Cosa vuoi dire?».
«Quello che Sherman vuole dire, secondo me, è che magari Astrid non voleva che lei finisse così» mormorò Cassandra e Sherman annuì: «Io non so se esiste l'aldilà o se finiremo nel nulla, ma se io fossi Astrid e se amassi qualcuno come ha fatto lei, mi distruggerebbe sapere che qualcuno ha sprecato la propria esistenza aspettandomi in un posto dove non sarei mai tornata, non crede?».
E fu dopo quelle parole che Sherman capì di aver fatto bene a portare Cassandra con sé.

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Capitolo 4
*** Futuro ***


Capitolo 4
Futuro
Lord Amadeus Wheatcroft se ne andò allo scoccare della mezzanotte.
Con immenso sollievo del custode e del proprietario della villa, il fantasma non fece più ritorno sul balcone per aspettare Astrid al chiaro di luna, ma questo Sherman e Cassandra lo avevano intuito dalle parole che Amadeus disse prima di andarsene e che nessuno dei due riuscì a dimenticare per il resto delle loro vite.
«Aspettavo Astrid perché avevo paura della morte, ma ora non più. Grazie».
Riportarono le chiavi al custode e Sherman riaccompagnò Cassie a casa con un tragitto piuttosto silenzioso. Quando arrivarono davanti alla porta, Sherman rimase interdetto quando Cassandra chiese: «Allora, per il prossimo appuntamento quando ci vediamo?». 
«Il prossimo?».
«Certo, sono stata bene, nonostante il fantasma e la casa scricchiolante» disse Cassandra e Sherman rise: «L'importante è che la prossima volta mi porti a ballare, però».
Sherman non portò mai Cassandra a ballare, ma non per questo lei smise di vederlo, né le impedì di andare all'altare con lui e nemmeno la spinse a rifiutarsi di seguirlo nelle sporadiche cacce ai fantasmi che lo costringevano a spostarsi in lungo e in largo per l'Inghilterra.


La prima cosa che Cassandra chiese a Sherman fu ballare insieme.
Sherman era un po' arrugginito - non ballava dai tempi del loro matrimonio - e non poteva stringere Cassandra senza che il contatto delle dita con quell'aria densa gli ricordassero che non era il suo corpo a ballare con lui su quel balcone, ma solo per quella volta decise di ignorarlo.
La seconda cosa che Cassandra chiese a Sherman fu di non diventare come lord Amadeus.
Erano passati vent'anni, è vero, ma Cassandra ci credeva davvero a quello che aveva detto a lord Wheatcroft e ci credeva tuttora.
«E secondo te cosa dovrei fare?».
«Tutto quello che vuoi, qualunque tua scelta mi andrà bene» gli aveva risposto prima di baciarlo sulle labbra.
E dopo quel bacio, Cassandra Wood-Watson se ne andò per sempre.

«Allora, come è andata?» chiese Edgar il custode quando Sherman uscì dalla villa.
«Non tornerà più» rispose lui piano e ammetterlo, paradossalmente, lo fece stare meglio.
«Ehi, si sente bene?» domandò allora il custode vedendo Sherman ancora un po' scosso: «Ho una bottiglia a casa, se vuole qualcosa di forte...».
«Non ne ho bisogno, sto bene» tagliò corto Sherman mostrandosi risoluto, poi tornò alla macchina: «Arrivederci».
Ma dopo quella sera a villa Wheatcroft, Edgar non rivide più il professor Sherman Watson e non si aspettò mai che accadesse.

 
Fine


















Note dell'Autrice
E questo è l'epilogo della storia.
Come scritto nell'introduzione, la long ha partecipato al contest Ombre del passato - Quando dimenticare è impossibile indetto da _Vintage_ e si è classificata quarta.
Non credo che ci sia molto altro da dire, in effetti, a parte la solita lista di nomi dei prestavolti per la storia: Vincent D'Onofrio (Sherman), Alex Kingston (Cassandra), Charles Dance (lord Wheatcroft) e Jackie Earle Haley (Edgar).
Ci tengo a ringraziare _Vintage_ per il contest che ha organizzato e voi per esservi fermati a leggere la storia, sperando che sia stata di vostro gradimento.
Alla prossima,
Triz

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