Dietro la tua ombra

di Hoshi_Rin
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** 1. ***
Capitolo 3: *** 2. ***



Capitolo 1
*** Introduzione ***


Introduzione

 

La strada era buia e vuota, data l'ora tarda della notte. Dovevano essere le due, ma non c'erano macchine in quella stradina di campagna.
Due figure in moto stavano tornando a casa dopo una festa di compleanno, l'ormai solita festa annuale organizzata da Laurel in cui ci si vestiva a tema libero. Claire si era vestita da ragazza degli anni Cinquanta: dei jeans a pinocchietto e una camicetta bianca. Leonard, invece, si era improvvisato un gentleman inglese dell'Ottocento, con tanto di cappello a cilindro annesso.
Quel giorno i due avrebbero dovuto festeggiare il terzo anno insieme, ma la loro storia non andava molto bene, soprattutto negli ultimi tempi nei quali entrambi erano stremati a causa delle continue verifiche di fine anno scolastico. Leonard, invece, si preparava ad affrontare l'esame di Stato.
A scuola Claire era sempre stata vista male perché Leonard era il ragazzo più gettonato di tutta la scuola e alle altre studentesse non andava bene che stessero insieme. Lui era alto, col fisico costantemente allenato. Gli occhi di un verde magnetico incorniciati da una chioma di ricci castani. Claire era l'esatto contrario: occhi castano scuro, così come i capelli lunghi, sempre in disordine. Non era né magra né robusta, si riteneva nella media.
Se in quel momento la storia con Leonard fosse finita, sarebbe finita anche la sua vita scolastica, diventando la zimbella di tutto l'istituto.
«Carina la festa, quest'anno.» disse la ragazza tanto per spezzare il silenzio.
«Sì,» ammise Leonard. «Anche la gente era abbastanza simpatica.»
Claire sentì lo stomaco contorcersi, e si strinse ancora di più contro il ragazzo. «Anche la ragazza con cui hai parlato tutta la sera...?» ribatté in modo scherzoso, anche se in realtà provava un profondo fastidio ripensando a quella bionda cheerleader appiccicata a Leonard come le ventose di una piovra.
«Cosa vuoi dire con questo?»
«Niente, è solo che pensavo di passare la serata con te, e invece...»
«Sei proprio immatura.» rintuzzò lui stizzito.
Rimasero in silenzio per qualche minuto. Claire sentiva gli occhi pizzicare, ma non voleva cedere al pianto. Avrebbe fatto come faceva sempre, cioè abbassare lo sguardo e ingoiare il groppone. Poi però decise di insistere. Non riusciva a sopportare tutto quel dolore che provava. Si sentiva offesa, poco compresa, e non più amata come tre anni prima. «Era un'occasione per stare insieme. In questo periodo ci stiamo allontanando un po', non trovi?»
«Lo sai che tra poco comincio gli esami. Devo studiare.» sbuffò lui.
«Appunto per quello avremmo potuto passare del tempo insieme alla festa, per recuperare il tempo perso.»
«Senti, Claire, io sono stanco. In tutti i sensi. Della scuola, degli amici e... di te.» Claire rimase in silenzio abbracciando Leonard da dietro, la fronte appoggiata alla sua schiena. Non aveva la forza di ribadire. Si sentiva sconfitta, come se avesse appena ricevuto un pugno talmente forte da mandarla K.O. Non riusciva più a trattenere le lacrime, infatti cominciò piano piano a singhiozzare. «Claire, ascolta, non intendevo quello... Stiamo ancora insieme dopo tre anni. Non ti chiedi perché abbia deciso di stare insieme a te per così tanto tempo? Lo sai che ti amo.» Il cuore della ragazza ebbe un tuffo. Claire strabuzzò gli occhi e smise si piangere. Era parecchio che non sentiva quelle due parole. Ti amo. L'ultima volta doveva risalire ad un anno prima, l'ultimo giorno dell'anno. «Già da tre anni ho deciso di stare insieme a te finché tu me lo permetterai.»
Claire non sapeva cosa dire. Si sentiva così stupida ed infantile. Quando il suo cuore rallentò il battito, si schiarì la voce, asciugandosi le lacrime. «Oh, Leo, io...» Non riuscì mai a finire la frase. Leonard si era voltato per poter vederla con la coda dell'occhio, un leggero sorriso imbarazzato ad accompagnare la sua espressione, ma nello stesso istante dei fari d'auto svoltarono improvvisamente verso di loro e si avvicinarono ad una velocità elevata, accecando la vista di Claire. «Attento!»
L'impatto era stato talmente forte da far catapultare Leonard in avanti, contro il vetro dell'auto, mentre Claire cadde a terra, sbattendo forte la testa contro il terreno freddo e rigido.

L'uomo che stava al volante scese dall'auto nel panico. Intorno a lei, Claire vedeva solo la volta stellata vorticare sopra la sua testa. Il continuo roteare di quelle luci bianche le provocò un forte mal di testa. Non capiva niente in quel momento, ma riuscì a sentire una voce carica di panico che parlava da sola. Non colse una sola parola, perché ormai i sensi la stavano abbandonando, infatti, dopo qualche secondo, chiuse gli occhi sprofondando nel buio e nel silenzio più totale.

 

Caterina Losi©2015-All rights reserved
Questa storia è protetta da COPYRIGHT. Ogni tipo di plagio o riproduzione senza autorizzazione è punibile legalmente.

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Capitolo 2
*** 1. ***


1.



Claire aprì gli occhi. Dapprima vide tutto bianco, poi sfumato ed infine tutto prese forma e colore. Faticò a riconoscere la stanza in cui si trovava, così diversa dalla sua e con un particolare odore di alcool da far venire l'emicrania. Arricciando il naso e tenendosi una mano sulla tempia, si mise a sedere.
«Claire!» Una mano tremante le accarezzò il viso. «Ciao, cara. Come ti senti?» Al lato del letto stava seduta una donna dalla chioma rossa e il corpo gracile che le sorrideva, anche se i suoi occhi mostravano segni di stanchezza e pianto.
«Chi sei?»
La felicità sul viso della donna si spense lasciando spazio ad un'espressione più preoccupata. Aggrottando la fronte, cercò di restare calma e riacquistare l'ombra di un sorriso, ma con scarso successo. «Sono la mamma, Claire. Ti senti bene?»
«Scusa, io non... Sei mia mamma?» ripeté la ragazza corrugando le sopracciglia, procurandosi un'ulteriore fitta di emicrania. «Io non ricordo. Non... Dove sono? Perché non sono nella mia stanza?»
«Non ricordi perché sei qui? Non ti ricordi di me? Mamma Margaret...?» La donna si portò una mano alle labbra che cominciarono a tremare.
Incapace di parlare, Claire scosse il capo. Le dispiaceva vedere Margaret – così aveva detto di chiamarsi – in quello stato di angoscia.
Senza dire niente, Margaret uscì dalla stanza e sparì per qualche minuto. Riapparve in seguito accompagnata da un'infermiera nera di capelli che cercava di calmarla, passando gli occhi di un azzurro glaciale da Margaret al pavimento, subito dopo a Claire.
«Insomma, non si ricorda di me. Cos'è? Una specie di perdita della memoria?» Margaret cercava di parlare a bassa voce, ma Claire sentiva tutto e una fitta la colpì allo stomaco quando sentì dire “perdita della memoria”.
L'infermiera, in tono pacato, continuava a ripetere la stessa cosa: «Non si preoccupi. Probabilmente non ricorda perché è stata incosciente per due settimane. Vedrà che continuando a venire a trovarla, piano piano le tornerà la memoria.»
«Scusate, ma io non ricordo proprio niente. Perché sono qui?» chiese Claire intervenendo nella conversazione privata. Stavano parlando di lei in sua presenza, aveva il diritto di sapere cosa succedeva.
«Non preoccuparti. Ora pensa a riposarti, cara.» Margaret aveva gli occhi lucidi, ma cercava di sorridere. Il sorriso le spuntò facilmente sulle labbra, ma probabilmente era la stanchezza che provocava allucinazioni a Claire. L'infermiera annuì a quanto detto da Margaret ed uscì dalla stanza.
La ragazza avrebbe voluto porre altre domande, ma vedendo che anche Margaret era stanca, decise di rimandare.

Il giorno dopo, Claire non ricevette visite, ad eccezione del medico e dell'infermiera dai capelli scuri, se si potevano considerare visitatori.
Si sentiva sola ma, come aveva sentito il giorno prima da Margaret, probabilmente aveva perso la memoria in modo temporaneo e non si ricordava neppure chi fossero i suoi amici, né se ne avesse qualcuno. Questo pensiero le fece accapponare la pelle. Se avesse veramente subito una perdita della memoria? Anche se in modo temporaneo, l'idea la terrorizzò. Non volendo pensarci ulteriormente, la ragazza decise di addormentarsi liberando la mente da ogni pensiero.

Per un mese le visite si susseguirono regolarmente alla solita ora: dalle tre del pomeriggio alle sei. A trovarla furono i genitori e qualche amico. Come detto dall'infermiera, lentamente i ricordi cominciarono a riaffiorare e Claire ne fu veramente sollevata. Si ricordava di Laurel, la sua migliore amica, altri compagni di classe, che le raccontavano le cose successe a scuola da quando lei aveva avuto l'incidente – il medico le aveva spiegato cos'era successo. L'unica stranezza che Claire aveva colto del suo incidente era che quando qualcuno citava l'accaduto, si cercava subito di cambiare argomento o se ne parlava in modo pacato e attento, ma non diede molto peso alla situazione. Anzi, Claire era felice che non si parlasse dell'incidente. Parlarne la faceva sentire diversa dagli altri.

Un giorno in particolare, in cui a trovarla erano andati solo i suoi genitori, Claire ammise di aver sognato un bambino coi capelli scuri e gli occhi verdi – gli unici particolari a livello fisico che ricordava – che le diceva di andare a giocare con lui e i loro genitori.
Margaret lanciò uno sguardo a suo marito – Alfred – e gli fece un cenno di intesa. Claire stava per domandare se qualcosa non andava, ma la madre la precedette. «Non è venuto a trovarti, mai. Troppo impegnato con l'università. È uscito di casa a quindici anni, circa; non voleva più stare con noi, ma a te voleva molto bene. Così quando gli abbiamo chiesto di venirti a prendere domani, ci ha detto che lo farà volentieri.»
«Cosa? Di chi state parlando? E perché non venite a prendermi voi, domani?» Claire scossa il capo confusa, passando lo sguardo dalla madre al padre, e viceversa.
Questa volta fu il padre a rispondere, la voce profonda e roca. «Tuo fratello, Claire, Thomas. Vedi, noi partiamo per lavoro. Dobbiamo andare all'estero, ancora a tempo indefinito, perciò verrà a prenderti lui e ti porterà nella nuova casa – dopo l'incidente abbiamo cambiato casa. Ci è più comodo vivere in campagna.» Fece una pausa pensando Claire volesse dire qualcosa, ma lei rimase in silenzio ad ascoltare. «In questo modo avrete modo di riunirvi e, chissà, magari deciderà di tornare a vivere con noi.» aggiunse con un sorriso triste.
«Ho capito. In questo caso, non vedo l'ora di incontrarlo!» esclamò Claire sentendosi prima abbattuta e poi eccitata all'idea di riformare il nucleo familiare.

Prendere sonno fu un'impresa, quella sera. Claire continuava a pensare al giorno dopo, quando sarebbe finalmente tornata a casa. Avrebbe ripreso le sue vecchie abitudini, tra cui scrivere e disegnare. Sarebbe uscita nuovamente coi suoi amici. Avrebbe fatto giri infiniti per il centro della città. Certo, ogni tanto sarebbe dovuta tornare in ospedale per delle visite, ma avrebbe riavuto la sua vita. Quando i pensieri andarono scemando lentamente, Claire riuscì ad addormentarsi, e la notte passò velocemente, talmente tanto che la mattina dopo le sembrò di aver dormito solo mezz'ora, ma era così contenta che scese in fretta dal letto e si preparò. Aveva appena finito di riempire la borsa da viaggio che le avevano lasciato i genitori con i pochi averi che aveva all'ospedale quando la porta si aprì. Claire si ricordò che sarebbe venuto suo fratello a prenderla, così si voltò in fretta per vederlo, ritrovandoselo alle spalle. La ragazza sussultò facendo cadere il borsone ai suoi piedi e rise imbarazzata.
«Caspita! Sei silenzioso.» disse cercando di calmare il battito cardiaco.
Thomas la guardò dall'alto dei suoi dieci centimetri più di lei serio. «Questo è quello che mi insegnano nella gilda degli assassini.»
Claire strabuzzò gli occhi e si fece piccola sotto lo sguardo accusatorio del ragazzo. «A-assassini, hai detto?»
«Sto scherzando!» esclamò Thomas scoppiando a ridere. «Ciao, sorellina!» La prese in braccio e fece un paio di giri su se stesso. Quando la rimise giù, Claire emise un debole sorriso incerto e tornò a guardare il fratello, fissandolo con occhi diversi. Quando era entrato non l'aveva visto bene perché si trovava in controluce, ma ora che la luce che entrava dalla finestra lo inondò, Claire si rese conto di quanto affascinante fosse. Gli occhi illuminati dal sole, e nascosti da una montatura di occhiali nera, erano di un castano tendente al verde, con una chioma castana ad incorniciare il viso dai tratti precisi e perfetti.
«Sei sicuro di essere mio fratello?» chiese lei all'improvviso.
«Scusa?» Il sorriso di Thomas ora era più enigmatico e la guardava accigliato.
«Insomma, sembri un dio greco, io invece... beh...» Claire abbassò lo sguardo sul proprio corpo, poi tornò a fissare il fratello.
«Claire, sei la ragazza più bella che io abbia mai visto. E parlo sul serio!» la riprese lui ridendo. «Dico, hai mai visto le ragazze della mia università? No, no, sei di gran lunga meglio. Anche se ammetto di essere un figo da paura.» aggiunse improvvisando uno sguardo di conquista al quale lei non resistette e scoppiò a ridere. Soddisfatto, Thomas prese da terra il borsone di Claire e si diresse verso la porta. «Andiamo?»

Appena furono nel parcheggio dell'ospedale, Claire seguì Thomas fino alla sua macchina: un'appariscente Audi A7 nera. Il ragazzo aprì il bagagliaio e vi posò il borsone, passando poi alla portiera anteriore. «Prego.» Claire indugiò un attimo prima di salire sull'auto. Come diamine aveva fatto a comprarla, se era uscito di casa senza avere un lavoro né altro che potesse garantirgli di vivere? E dove aveva vissuto per tutto quel tempo, fino ad arrivare all'università?
«Qualcosa non va?» chiese Thomas dal posto del conducente affacciandosi per guardarla negli occhi. Claire scosse il capo sorridendo e salì sull'auto. Gli avrebbe chiesto qualcosa sulla sua vita una volta a casa.
Thomas accese il motore e aprì il portaoggetti davanti a Claire. «Qualche preferenza musicale?»
Claire osservò i vari cd di fronte a sé, finché ne estrasse uno a caso. Il ragazzo sorrise. «Linkin Park? Vedo che i tuoi gusti non sono stati intaccati dall'incidente.»
Uscirono dal parcheggio con i finestrini oscurati chiusi, l'aria condizionata accesa e la musica ad alto volume, mentre fuori cominciavano a vedersi gli alberi alti e verdi e le panchine del giardino dell'ospedale. Claire era eccitata al pensiero di tornare finalmente a casa, e le venne in mente subito la sua stanza di un giallo pastello, la sua libreria così colma di libri che non sapeva più dove mettere quelli nuovi, la sua mensola con i peluche e le bambole di quando era piccola... Non vedeva l'ora di riappropriarsi del suo comodo letto e dimenticarsi di quello duro dell'ospedale. Poi si ricordò che in realtà avevano cambiato casa e si rabbuiò. «Com'è la nuova casa?» chiese guardando il fratello che batteva le mani sul volante a ritmo della musica.
«Grande, spaziosa, isolata... Te ne innamorerai.»
«Ci sei già stato?»
«Oh, sì.» rispose lui con un ghigno. Si voltò per dire altro, ma notò l'espressione confusa di Claire. «Oh, ehm... Sono dovuto andare lì per imparare la strada.» La ragazza sorrise e tornò a guardare fuori dal finestrino, mentre le note di When they come for me le consigliavano il sonno. In poco tempo, Claire si addormentò.

Uscendo dalla casa si Laurel, Leonard passò il casco a Claire e montò in moto. Lei lo seguì e subito dopo partirono ritrovandosi in una strada buia e deserta. Stavano parlando, forse litigando, ma il vento forte le impediva di sentire quello che lui diceva. Non sentiva nemmeno le proprie, di parole. Una luce bianca accecò la vista a Claire, che sbatté violentemente a terra. Un rumore di vetri infranti attirò la sua attenzione, ma non riuscì a voltarsi e rimase immobile. Con la coda dell'occhio intravide un'auto, ma ciò che attirò la sua attenzione fu il rivolo di sangue che scivolava lungo la carrozzeria. Leonard...

Claire sobbalzò sul sedile spalancando gli occhi, il respiro affannato. «Leonard!» gridò.
«Claire! Cos'è successo?» Thomas teneva le mani sul volante e alternava la visuale dalla strada a lei e viceversa. Sul suo volto si leggeva la preoccupazione che lo assaliva. Doveva aver gridato forte, se la guardava in quel modo.
«Leonard è... È colpa mia! Devo chiamarlo e sentire come sta.» disse lei tastando le tasche in cerca del cellulare. «Dove...? Accidenti, è nella borsa!»
Thomas, vedendo l'espressione sconfitta di Claire mista alla preoccupazione per Leonard, le passò titubante il suo. «Chiamalo.» La ragazza prese il telefono e compose il numero avidamente. Mentre aspettava una risposta, fissava suo fratello che teneva lo sguardo fisso sulla strada, la mascella serrata e la preoccupazione e lo spavento impressi sul volto.
«Segreteria telefonica. Chiamo Laurel.» Compose il numero dell'amica e dopo qualche squillo sentì una voce dolce dall'altra parte del telefono. «Pronto?»
«Laurel! Ciao, sono Claire.» Dall'altro capo arrivava un brusio confuso. Claire alzò il volume del telefono, ma non capiva lo stesso cosa diceva l'amica. «Non si sente niente.»
«Mettilo in viva-voce.» le suggerì Thomas. Claire eseguì e finalmente la voce di Laurel risuonava forte e chiara.
«Claire, come stai?»
«Bene, grazie. Sono uscita oggi dall'ospedale e sto andando a casa.» disse frettolosa. Le dispiaceva troncare così la conversazione, ma doveva sapere come stava Leonard. «Senti, non voglio parlare di me ora. Piuttosto, ho chiamato Leonard, ma mi risponde la sua segreteria telefonica. Volevo sapere come sta. Sai, dopo l'incidente non ho saputo più niente di lui, né l'ho visto da qualche parte.» Dall'altra parte del telefono giunse un silenzio surreale. Claire guardò Thomas con uno sguardo severo, come a chiedere che problemi avesse il suo telefono. «Laurel? Sei ancora lì?»
All'improvviso la voce di Laurel riprese a parlare, più cauta e incrinata di prima. «Non l'hai saputo? Leonard è... Beh, lui non è riuscito a...» Non finì la frase perché Claire chiuse la chiamata, capendo cosa voleva dire l'amica. Se ne stava ferma con il telefono in mano a fissare davanti a sé, senza alcuna espressione. Non sapeva cosa fare. Piangere? Urlare? Le mancavano le lacrime e non trovava la voce per gridare il suo disappunto. Non le restava che assorbire quel duro colpo in silenzio.
Thomas deglutì. «Io... Mi dispiace.»
«Quanto manca?» chiese lei con indifferenza, come se non avesse sentito il fratello.
«Ancora poco.»

Nei restanti minuti che li separavano dall'arrivo alla nuova casa, né Thomas né Claire dissero niente. Lui batteva nervosamente le dita sul volante, mentre Claire, ancora sotto shock, se ne stava rigida al suo posto. Il paesaggio cambiò: la strada sterrata venne sostituita da una via ciottolata ed i campi di campagna vennero sostituiti da una fila di alberi disposti a distanza calcolata gli uni dagli altri, formando così un viale ben curato e fresco. Invece delle fattorie, in fondo al viale, ora si vedeva una casa signorile di due piani. Thomas parcheggiò di fianco all'edificio e, dopo aver spento il motore e lanciato un'occhiata a Claire, uscì dall'auto. La ragazza sentì sbattere il bagagliaio e poco dopo Thomas era lì vicino a lei, tenendole la portiera aperta con una mano, mentre nell'altra teneva il suo borsone.
«Signorina.» disse Thomas cercando di farla sorridere, ma lei, restando impassibile, uscì dall'auto e prese il borsone dalla mano del fratello, avviandosi verso la parte anteriore della casa. Thomas la seguì titubante, incerto su come comportarsi, ma quando svoltò l'angolo vide Claire ferma davanti alla casa, intenta a fissare la facciata con un grande sorriso stampato in volto.
«È semplicemente fantastica!» esclamò, come se fino a pochi secondi prima non si trovasse in un silenzio di lutto irreale. Thomas seguì il suo sguardo e vide che stava guardando il balconcino pieno di piante sul portico, con l'edera che scendeva sinuosa tra le piccole colonne componenti la balaustra.
«Già. Pensa che dentro c'è anche più fresco.» rispose il fratello facendosi aria con la mano e mimando uno svenimento. «Vogliamo entrare?» Claire rise e lo seguì all'interno della casa.
Appena dentro, lo sguardo della ragazza si posò sul pianerottolo in cui le due scalinate poste ai lati della stanza si univano al primo piano, sovrastato da un alto soffitto a volta bianco. Sotto alle scale si trovava una porta di vetro che conduceva ad un giardino verde e fresco piuttosto ben curato, in mezzo al quale si ergeva una bellissima statua in stile classico che fungeva da fontana in una vasca piena di ninfee.
«D'accordo. Tu somigli ad un dio greco e questa casa è veramente... veramente...»
«Spettacolare?» concluse la frase Thomas. Claire posò lo sguardo su di lui e vide che anche lui osservava la cura con la quale era stato tenuto il giardino. «Le persone che ci vivevano prima ci tenevano molto all'apparenza esteriore, evidentemente.»
«Non si può trascurare una casa del genere.» rispose Claire con indifferenza. «E noi vivremo qui? Davvero?»
«No, ho picchiato l'anziano che ci viveva prima per farmi dare le chiavi.»
Claire gli lanciò uno sguardo di rimprovero, mentre cercava inutilmente di nascondere un sorriso. All'improvviso si ricordò di quello che le aveva detto il padre il giorno prima, di come lei rappresentava per i suoi genitori l'unica speranza perché Thomas tornasse a vivere con loro. «Tu... Rimarrai qui, vero?»
«Che razza di domanda è? Certo! Non penserai di restare qui da sola essendo ancora minorenne!» esclamò lui, indignato.
«Intendevo se rimarrai qui anche quando papà e mamma saranno tornati.» precisò lei, abbassando la voce in modo innocente.
Thomas rimase spiazzato. Sollevò una mano e aprì la bocca aperta per dire qualcosa, ma non ne uscì suono. «Ti faccio vedere la tua stanza.» disse infine in tono asciutto. Improvvisamente era diventato rigido e rude, come aveva notato Claire mentre il fratello le toglieva con forza il borsone dalle mani.
Salirono al primo piano da una delle due scalinate e svoltarono a destra, in un corridoio con una serie di porte chiuse, tranne l'ultima, nella quale entrarono. I raggi del sole che filtravano dalle tende azzurre illuminavano di una luce fredda il letto dalle lenzuola arancioni che poggiava contro la parete opposta alla finestra, di fianco alla quale si trovava una scrivania bianca con sopra una lampada ed il portatile di Claire. Voltandosi verso il letto, la ragazza notò due porte: una portava al bagno, la seconda era una cabina armadio.
«Ti piace?» chiese Thomas standosene appoggiato allo stipite della porta della stanza con un sorriso compiaciuto sulle labbra, come se poco prima non fosse stato di un umore più nero del carbone. «Ho scelto io di darti questa stanza. È la più grande.»
Claire non sapeva cosa dire. Si sedette sul letto tastando la morbidezza del materasso. «Mi piace, sì. E riguardo a prima...»
«Poi penserai tu ad arredarla.» riprese Thomas interrompendo Claire, che si morse il labbro inferiore. «Io non ho gusti da ragazza. Però ho già messo tutti i tuoi vestiti nell'armadio, quindi almeno di quelli non devi preoccuparti – visto che erano un bel po'...» Sorrise di nuovo e si staccò dallo stipite. «Beh, ti lascio alle tue cose. A che ore ti va di cenare?»
La ragazza sospirò, poi rispose con un sorriso poco convincente al quale Thomas non fece caso. «Alle otto va bene?»
«Ottimo! Per quell'ora la pizza sarà qui. Spero non ti dispiaccia se oggi non preparo niente.»
«No, la pizza va benissimo.»
«Bene. Io vado a farmi la doccia. Se ti serve qualcosa, la mia stanza è nell'altro corridoio, ultima porta a sinistra.» Detto ciò, Thomas uscì dalla stanza. Per un breve attimo, Claire notò che era tornato scuro in volto. Quali problemi doveva aver avuto coi loro genitori? Non gli piaceva proprio parlare di loro due, così la ragazza decise di non indagare oltre. O almeno, non in modo così diretto.
Quando non sentì più i passi del fratello nel corridoio, Claire si diresse verso la sua borsa e la svuotò sul letto. Vestiti di ricambio, regali da parte di amici mentre era in ospedale, caramelle e il cellulare. Scarico, ovviamente, pensò dopo aver provato ad accenderlo. Non trovando il caricabatterie, buttò il telefono sul letto e si diresse verso la scrivania, dove accese il PC. Effettuò l'accesso alla sua mail, piena di posta in arrivo contenente messaggi come “Ho saputo oggi cos'è successo! Mi dispiace.”, oppure “Come stai?”, o anche “Guarisci presto.”
Chiuse il computer e uscì dalla stanza, un po' per il caldo, un po' perché era curiosa di sapere cosa si trovava dietro quelle numerose porte di legno chiuse. Dopo aver provato ad aprirne inutilmente sei, ruotò il pomello dell'ultima del corridoio. La porta si aprì cigolando, mostrando una stanza completamente buia. Claire cercò l'interruttore tastando la parete alla sua destra e poi a sinistra, e finalmente un lampadario immenso illuminò la stanza enorme e piena di libri, alcuni scritti dai suoi genitori – che ricordava essere due scrittori –, altri di letteratura di tutto il mondo. In mezzo alla stanza si trovava una scrivania ampia e robusta in mogano con alcuni libri aperti e carte sparse su di essa. La sua attenzione fu improvvisamente catturata da un luccichio proveniente da una libreria opposta alla finestra da cui entrava l'accecante sole del pomeriggio. Claire si stava avvicinando allo scaffale da cui proveniva quel riflesso di luce, quando sentì il rumore dello sciacquone dall'altra parte del corridoio. Sobbalzò e, spaventata, uscì velocemente dalla biblioteca, maledicendosi per non essere riuscita a dare un'occhiata all'oggetto nascosto nella libreria.


 

Caterina Losi©2015-All rights reserved
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Capitolo 3
*** 2. ***


2.



«Hai già dato un'occhiata alla casa?» domandò Thomas addentando un trancio di pizza margherita.
Claire smise di masticare imbarazzata e guardò fisso il piatto. Per sua fortuna Thomas non se ne rese conto. Se le porte erano tutte – o quasi – chiuse, perché le faceva quella domanda? Magari nemmeno lui lo sapeva, visto che aveva visitato la casa poche volte e probabilmente neanche per più di mezz'ora, coi suoi genitori dentro. Passò lo sguardo prima sul fratello, sui suoi capelli ancora bagnati, poi sui fornelli dietro di lui, pensando a cosa dire. «No. Ho dormito dopo aver fatto una doccia e mi sono svegliata poco fa.» mentì lei, subito invasa dal rimorso per quella bugia. Thomas annuì mentre mandava giù un boccone. «Però, prima di scendere, ho provato ad aprire qualche porta, ma sono tutte chiuse a chiave.» ammise lei dopo qualche secondo di silenzio.
«Davvero? Non ci ho fatto caso. Ad ogni modo non saprei nemmeno come aprirle. Le chiavi le hanno quelli.» Con quelli doveva riferirsi ai genitori. Claire rimase ferita da quel modo di chiamarli.
«La biblioteca è aperta.» continuò Claire.
Thomas posò la pizza prima di portarla nuovamente in bocca e fissò Claire. «Ci sei entrata?»
Claire diventò rossa come il pomodoro sulla sua pizza. «Sì.» disse con voce flebile.
Il fratello scrollò le spalle, indifferente. «Sarà pieno di quelle sottospecie di libri dei vecchi.» Ancora una volta, il modo in cui Thomas si riferiva ai genitori la urtò parecchio, e lui dovette accorgersene, perché distolse lo sguardo da quello della sorella e tornò a concentrarsi sulla pizza. Claire immaginò che neanche volesse scusarsi per quel modo di parlare. Ogni volta che nominava i genitori, diventava un'altra persona, più arrogante e fredda.
«Vado in camera mia.» disse lei, alzandosi da tavola, arrabbiata col fratello per quella sua impassibilità.
«Ti piace leggere?» chiese lui all'improvviso.
Claire si fermò sulla soglia della cucina. «Sì. Perché?»
«Allora dopo torniamo insieme in biblioteca.»
Il cuore della ragazza si fermò un attimo, poi riprese a pompare velocemente. «Perché?» chiese nuovamente.
«Non amo leggere, ma il libro che ho letto ultimamente mi ha preso molto. Erano anni che non vivevo un'avventura del genere. Da un punto di vista letterario, intendo.»
«Va bene.» Claire rimase addossata alla parete della porta, a braccia incrociate sul petto, aspettando che il fratello finisse di mangiare.

Thomas ripulì in fretta la cucina e buttò fuori casa i cartoni della pizza. Quando ebbe finito prese Claire per un gomito e la portò al piano di sopra, nella biblioteca. Appena vi furono entrati, la ragazza lanciò uno sguardo verso lo scaffale dal quale qualche ora prima aveva visto il luccichio, ma non ricordava il punto esatto in cui questo si trovava, dato che il sole era ormai calato. Dietro di sé, Thomas prese ad aggirarsi nella libreria, probabilmente in cerca del libro di cui aveva parlato.
«Quali libri leggi?» disse mentre con un dito scorreva i diversi dorsi, soffermandosi sopra alcuni particolari ed estraendoli dallo scaffale per dargli un'occhiata.
«Quasi tutto, ma mi piacciono molto i gialli.» rispose Claire, mentre una luce le si accese negli occhi. Amava parlare di libri, così dimenticò subito di essere arrabbiata col fratello. «Il massimo è leggerli di notte! In una casa del genere, poi, isolata da tutto...» Fissò Thomas, che la guardava a sua volta con un sorrisetto divertito.
«Sei tale e quale a papà.» Claire rimase stupita. Fino a poco fa, a cena, Thomas aveva chiamato i suoi genitori in modi piuttosto dispregiativi, invece ora aveva usato un termine così vicino da farle capire che ancora si sentiva parte della famiglia. «Per i gusti in fatto di libri e il tuo modo di parlare. Per il resto sei identica a mamma.»
La ragazza pensò al giorno in cui aveva visto sua madre all'ospedale, al suo risveglio dopo due settimane di incoscienza. Non le era sembrato si somigliassero più di tanto, ma probabilmente era dovuto al fatto che la donna che aveva conosciuto quel giorno era sciupata e con un viso talmente stanco da non far trasparire la sua bellezza. Claire focalizzò l'attenzione sul viso e sì, si rese conto che delle somiglianze c'erano: il taglio e il colore degli occhi, lo stesso naso piccolo e fine, la bocca a forma di cuore. Sorrise e seguì il fratello mentre si muoveva tra una libreria e l'altra.
«Tu, invece, leggi poco, è così?» chiese per non insistere su ciò che Thomas aveva appena detto.
«Per niente!» esclamò lui, ridendo. «Magari ogni tanto, ma non sono attratto dalla lettura. Infatti, volevo consigliarti questo, l'ultimo che ho letto.» Thomas le porse un libro dalla copertina marrone. Claire se lo rigirò tra le mani, ma non c'era segnato né il titolo né l'autore. Guardò con aria interrogativa il fratello.
«Che cos'è?»
«Non saprei. Quando ero piccolo, papà lo consultava spesso, e dopo averlo letto aveva un sacco di idee per una nuova storia.» Claire sussultò al sentire nuovamente uscire la parola papà dalla bocca del fratello. Cominciava a pensare che magari lo dicesse solo per compiacerla e non farla innervosire.
«D'accordo, allora, lo leggerò.»
«Poi mi aspetto una tua recensione.» disse lui mentre si avviava fuori dalla biblioteca. «Ammesso che tu riesca ad arrivare alla fine del libro.» aggiunse con un ghigno decisamente misterioso che Claire non gli aveva ancora visto fare. Prima che potesse ribattere, Thomas era già uscito. Claire prese la sua affermazione strana come una sfida, così uscì anche lei dalla stanza con un sorriso compiaciuto, dirigendosi verso la sua camera da letto.

La mattina dopo, Claire si svegliò con il libro marrone aperto sulle prime pagine, di fianco alla sua faccia appoggiata al cuscino. Si tirò a sedere sbadigliando e chiuse il libro, posizionandolo sul comodino. Guardò l'ora e rimase stupita: erano le dieci e trenta passate. Non aveva mai dormito così tanto, soprattutto perché il giorno dopo doveva sempre andare a scuola. Scuola?! Balzò giù dal letto, aprì l'armadio e si mise addosso le prime cose che trovò, poi pensò alle scarpe che prese da sotto il letto e si infilò senza nemmeno allacciare le stringhe. Uscì di corsa dalla stanza, noncurante del fatto che fosse tutta spettinata, e fece irruzione in cucina col fiatone.
Thomas si trovava ai fornelli, estremamente tranquillo, cosa che diede molto fastidio a Claire, che avanzò fino alle sue spalle pestando i piedi a terra. Lui non diede segno di accorgimento, oppure la stava semplicemente evitando, così Claire sbuffò talmente forte da costringerlo a voltarsi.
«Buongiorno anche a te.»
«Buongiorno? Non mi hai svegliata per andare a scuola!» esordì lei dopo aver perso la pazienza. «Dico, io avrei molte, decisamente troppe verifiche, in questo periodo da poter permettermi il lusso di stare a casa, e tu stai qui a preparare la colazione come se niente fosse?»
Thomas rimase composto a fissarla, poi si voltò a togliere la padella dal fuoco. Dopo aver lasciato scivolare le uova e la pancetta su due piatti, si sedette al tavolo. Sembrava stesse valutando bene ciò che aveva da dire. «Sai, nemmeno io potrei permettermi di perdere delle lezioni, ma sono qui per te. Siediti e facciamo colazione, per favore.» Claire si sentì all'improvviso in imbarazzo e si morse il labbro inferiore, ma obbedì. Quel ragazzo le sembrava sempre più strano e mostrava certamente segni di bipolarismo: un attimo prima la accoglieva a braccia aperte, sorridente e contento di rivederla; la volta dopo diventava scontroso e distaccato, per poi ripetere nuovamente il processo. «Sei stata incosciente per due settimane. Pensi di poter andare a scuola ad affrontare le verifiche e, con esse, lo stress di fine anno?» continuò lui, indifferente.
Claire ammise mentalmente che Thomas aveva ragione. Non aveva studiato niente ed era indietro di un paio di settimane rispetto ai suoi compagni di classe: recuperare tutto in quelle ultime settimane di scuola sarebbe stato un suicidio. Guardò il bicchiere pieno di succo d'arancia davanti a sé, le mani appoggiate alle ginocchia e un'espressione contrariata. Dal momento che non rispondeva, Thomas parlò di nuovo. «Sei esonerata fino alla fine dell'anno scolastico.»
«Come farò, allora, a recuperare tutto?»
«Ecco, ora viene la parte noiosa: dovrai studiare tutto quest'estate e dare un esame a settembre per essere riammessa nella tua classe.»
Sconfitta, Claire si buttò indietro sulla sedia. Doveva immaginarlo. Si piegò in avanti, prendendosi la testa tra le mani e scuotendo il capo.
«Non avrai pensato che ti avrei portata a scuola conciata così, comunque!» esclamò Thomas inorridito guardando la testa della sorella. Claire sentì la nota ironica nella sua voce, così si mise a ridere.
«C'è del caffè?»
«Lo sai che non fa bene, alla tua età.»
«No, non lo sapevo. E tu quando hai cominciato, di grazia?»
Non sapendo come ribattere, Thomas sorrise e si alzò per prendere la caffettiera. «Touché.»

Finita la colazione, Claire non sapeva proprio cosa fare, ora che non doveva nemmeno andare a scuola. Dopo aver girato per la casa e aver dato un'occhiata al giardino che sembrava invitarla all'ombra del salice piangente oltre la fontana, pensò che sarebbe andata avanti a leggere il libro.
Passando nel corridoio che portava alla sua camera, notò che la porta della biblioteca era aperta. Sentì un improvviso moto di curiosità, così andò sul pianerottolo delle scale per assicurarsi che Thomas stesse ancora lavando le cose della colazione. Quando sentì il tintinnio delle posate sotto il getto dell'acqua, decise che aveva la strada libera e si rinchiuse in biblioteca.
Non sapeva esattamente cosa stesse cercando, ma cominciò a guardare incuriosita ogni scaffale più da vicino, in particolare quello in cui il giorno prima aveva visto lo scintillio. Tirò fuori tutti i libri, sentendo di starsi avvicinando alla sua meta, ma quando anche l'ultimo volume scivolò via dalla mensola lasciando dietro di sé soltanto una scia di polvere, Claire si sedette a terra delusa. Cosa si aspettava di trovare, in fondo? Magari quello che aveva attirato la sua attenzione era un segnalibro plastificato che, insieme ai raggi del sole, aveva fatto qualche gioco di luce.
Dopo un attimo di sconfitta, riprese a rovistare nelle altre librerie – anche se questa volta senza svuotarle –, ma senza alcun risultato. Stava per rinunciare, quando lanciò uno sguardo alla possente scrivania in messo alla stanza. Fece un giro intorno a essa fino a dare le spalle alla finestra e si sedette sulla vecchia poltrona di pelle marrone. La porta alla sua destra era ancora chiusa, così decise di dare un'occhiata anche ai cassetti che ora si trovavano a pochi centimetri dalle sue mani.
Molto lentamente – e tenendo d'occhio la porta – Claire aprì il primo cassetto. Carte, buste, qualche matita... niente di interessante. Anche i seguenti due cassetti mostravano più o meno lo stesso contenuto, ma quando arrivò all'ultimo, Claire trattenne il fiato. Sul fondo del cassetto si trovava un grosso album bianco con scritto Ricordi di famiglia a caratteri dorati. Lo prese tra le mani, accarezzandone la copertina e soffermandosi sulla piccola frase scritta in corsivo. Non riuscendo a trattenere la curiosità, lo aprì per dargli un rapido sguardo. La prima foto in bianco e nero ritraeva due giovani. Il ragazzo era bello, coi capelli corti e mossi, e abbracciava da dietro la ragazza dai capelli corti e con un taglio tipico degli anni '80. I suoi genitori. Scorrendo le pagine vide altre loro foto, come quelle del loro matrimonio – sembravano così felici quel giorno –, fino ad arrivare a quelle di una prima gravidanza. Doveva essere Thomas. Claire sorrise vedendo la mano del padre che accarezzava la pancia della madre. Nelle seguenti pagine non trovò alcuna foto, ma vide segni di colla e pezzi di carta, come se le avessero strappate via tutte. Confusa, Claire proseguì e poco dopo arrivarono finalmente le foto di un piccolo Thomas coi capelli scuri e gli occhi verdi che faceva il bagno in una bacinella gialla. Diede particolare attenzione alla figura della madre. La stessa espressione stanca e afflitta che le aveva visto all'ospedale continuò per almeno altre due pagine di album, finché finalmente il sorriso riapparve, insieme ad un nuovo pancione. Thomas, un bimbo di soli cinque anni, sedeva triste vicino alla madre e sembrava non voler guardarla. Claire sapeva che i bambini di solito erano molto felici quando la loro mamma rimaneva incinta, ma Thomas non ne sembrava affatto contento. Forse perché i genitori non gli prestavano particolari attenzioni. Forse perché avevano saputo che era una femmina e Thomas avrebbe voluto un fratellino. Forse, forse, forse. Claire si poteva basare solo su supposizioni, soprattutto perché non ci teneva a chiedere direttamente a Thomas il motivo del suo malumore.
Dopo qualche pagina arrivò finalmente alla sua nascita. Una piccola Claire dormiva tra le braccia della madre, che le accarezzava delicatamente una guancia. Ancora una volta, però, sua madre non sembrava molto felice. Due parti dovevano averla segnata, ma, ancora una volta, Claire non poteva sapere il perché di quella fiacchezza. Guardò le altre foto nella pagina, e in nessuna di quelle sei si trovava Thomas. Claire si accigliò, scorrendo ancora le pagine, ma di Thomas non c'era traccia.
«Cosa stai facendo?» Claire sussultò. Non aveva sentito la porta aprirsi, tanto meno Thomas entrare. Gli lanciò uno sguardo confuso mentre se ne stava sulla soglia della biblioteca e si accorse che aveva una strana luce negli occhi. Sembrava arrabbiato e allo stesso tempo preoccupato, mentre la sua cassa toracica si alzava e abbassava in fretta. Guardò dietro di sé, alla finestra, e si rese conto che doveva essere quasi mezzogiorno, perché il sole ora si trovava proprio sopra la casa.
«Io...» Non sapeva cosa dire. Quando Thomas perdeva la calma lei non sapeva mai come rispondere, soprattutto perché non conosceva in anticipo il modo in cui lui avrebbe potuto reagire. Prima che potesse aprire bocca, Thomas si avvicinò minacciosamente, sembrava stesse per esplodere. Posò le mani sulla scrivania e la guardò dritto negli occhi, ma Claire distolse subito lo sguardo, incapace di non provare imbarazzo e cercando di nascondere l'aria colpevole che aveva assunto. Aria colpevole per cosa, poi? Cosa aveva fatto che non andava? Era così sbagliato curiosare nell'album della sua famiglia? Non poteva sorridere guardando le foto della sua, della loro infanzia? Stava per porre tutte quelle domande, una dopo l'altra, quando Thomas la bloccò sulla poltrona, stringendole forte un polso. Claire soffocò un grido di dolore, cercando di ricacciare indietro le lacrime mentre guardava prima la sua mano ormai sbiancata e poi fratello.
«Metti giù quell'album ed esci da questa stanza. Subito.» Contrariamente a come Claire si aspettava, Thomas parlò con un tono calmo, forse troppo misurato, e apatico, anche se la presa sul suo braccio si faceva sempre più forte. Era abituata che le parlasse in quel modo, ma non se lo fece ripetere due volte. Spinse Thomas quel poco che le permettesse di liberare il polso e lasciò cadere l'album nell'ultimo cassetto della scrivania. Lui indietreggiò e Claire notò che stringeva i pugni, quindi, prima che potesse farle ancora del male, passò velocemente oltre al fratello, dirigendosi in camera sua e chiudendosi la porta alle spalle.
Finalmente riprese a respirare. Non si era resa conto che fino a quel momento aveva trattenuto il respiro. Si sedette a letto e guardò il polso arrossato, lasciando che le lacrime scivolassero sulle guance.


 

Caterina Losi©2015-All rights reserved
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