Frammenti di ricordi

di Bloody Q
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Passo del non ritorno ***
Capitolo 2: *** Caothica ***



Capitolo 1
*** Passo del non ritorno ***


                                                                                    Image and video hosting by TinyPic


Sotto la flebile luce emessa da una lampadina, prendeva posto un banco da lavoro in legno visibilmente logorato dal tempo. Il resto della stanza appariva buia e silenziosa. Sul banco si distinguevano ingranaggi di varia misura e spessore, sottili catene, una serie di viti e bulloni, un cacciavite, una chiave inglese e tre fogli rappresentanti qualche strano progetto, messi esattamente al centro. Il tutto si presentava sistemato con una perfezione quasi maniacale. Dalla penombra apparve una mano che, coperta da un guanto, si diresse verso un chiodo leggermente spostato per rimetterlo nella giusta posizione.
Poco più a destra, una figura maneggiava un bisturi con movimenti leggeri, quasi delicati. L'individuo operava una persona, una donna. All'interno del suo corpo inseriva i vari ingranaggi, viti, catene e quant'altro. Ricucite le incisioni, la figura portò la donna in un'altra stanza, più grande rispetto alla prima.
Qualche minuto più tardi, la stessa mano, che poco prima stringeva il bisturi, premette sul pulsante di una tastiera che si collegava a un grande schermo. Si accese e, illuminando gran parte della stanza, nell'ambiente si diffuse una voce femminile robotizzata che accompagnava ogni operazione svolta dal computer.


Avvio Sistema Operativo Elisabeth I

Montagne Arkhor, West Virginia

Aprile 29 2014 10:34 p.m.

Digitare l'operazione che si desidera svolgere



Questa volta entrambe le mani digitarono sulla tastiera. Dei fari illuminarono la parte destra e sinistra di quello che sembrava essere un laboratorio, così scoprendo delle vasche cilindriche posizionate in verticale. Ognuna conteneva una persona nuda immersa in acqua color ciano, con un tubicino inserito tramite un ago nel polso sinistro e altri due nelle tempie.


Trasferimento dati funzioni cerebrali da Soggetto 012 a Elizabeth I in corso...


Tutti i fari si spensero e se ne accesero altri più piccoli posti all'interno della base della vasca 012, illuminando una ragazza snella dalla pelle candida e dai capelli lunghi e biondi. La stessa ragazza che poco prima veniva operata.


Trasferimento dati funzioni cerebrali completato

Apertura Archivio Memoria Soggetto 012

Digitare il file memoria che si desidera aprire



Sul monitor apparvero una serie di documenti nominati tutti con le stesse quattro lettere ma con numeri differenti. I documenti furono fatti scorrere fino alla fine. L'indice di quella mano destra cliccò su uno degli ultimi file.


Apertura file memoria TYLR04222014 in corso...

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Lettura conclusa con successo

Avvio riproduzione file



La ragazza nella vasca spalancò di colpo i grandi occhi verdi. Nella sua mente iniziarono a scorrere frammenti di ricordi che pian piano si collegarono tra loro e che vennero riprodotti sullo schermo.



                                         Passo del non ritorno


Ricordo il sole. Ricordo gli alberi. Ma dov'ero? In una foresta forse. Sì, era proprio una foresta, sulle montagne Arkhor se non mi sbaglio. Camminavo, dovevo cercare la legna per il fuoco. Perché ero lì? Ero sola? No, adesso ricordo. Ero insieme a Lauren e Alison, e c'era anche Karen. C'erano tutte le ragazze del gruppo scout. Si ero lì con loro. Greta, anche lei era con me. Non sarei andata senza di lei.
Ricordo che camminavo e pensavo. Non guardai più la strada. Pensavo a quella volta in cui mi persi in un luna park e fu Greta a ritrovarmi. Me ne disse di tutti i colori. Io mi perdo sempre, specialmente nei miei pensieri.
Continuavo a pensare, fin quando non mi resi conto di essermi allontanata troppo. Ero rimasta sola. Un brivido mi corse lungo la schiena, lo ricordo bene. La foresta si era zittita, nessun rumore. Qualcuno mi osservava, ne ero certa. Il sole era scomparso, lo avevano coperto le nuvole. L'atmosfera non mi piaceva, rivolevo la luce.
Un rumore. Sentivo un rumore strano.
Denti. Qualcuno batteva i denti.
Ma da dove arrivava? Non lo capivo. Qualcosa si era mosso tra gli alberi e i cespugli. Iniziai a girare su me stessa, ma non vedevo niente. Un colpo di vento improvviso alzò una nube di terra che mi arrivò negli occhi e iniziai a lacrimare. Lì stropicciai. Nel frattempo iniziai a camminare in avanti, ma inciampai e poi caddi a terra. Sono sbadata, troppo. Ricordo di aver riaperto gli occhi e di essere sobbalzata quando qualcuno mi si pose davanti di colpo. Scattai immediatamente in piedi e poi indietreggiai. Ricordo che davanti a me c'era un ragazzo moro, sulla ventina credo. Era carino. Iniziò ad avvicinarsi con uno sguardo malizioso. Questo non mi piaceva.
«Perché scappi?» Mi si rivolse così, fermandosi a pochi passi da me. «Sembra che tu abbia visto un fantasma.»
«Ti conviene starmi lontano, pratico il Ju-Jitsu da otto anni.»
Ero diffidente e mi misi in guardia.
Scoppiò in una fragorosa risata e dopo riprese a camminare verso me. Fu fermato da un'altra ragazza che s'intromise nella discussione. Esclamò a gran voce «Stai lontano da lei!»
Riconobbi quella voce: Greta!
«Oh che carina, una bambina. Ti sei persa? Dove hai lasciato i tuoi genitori?» Quel ragazzo la prese in giro per la bassa statura. Non sapeva contro chi si era messo.
«La bambina è aggressiva e se non ti allontani subito dalla mia amica, ti strappo le palle e te le faccio ingoiare a forza.»
Ricordo che gli rispose così e che si pose davanti a me.
«Calma tigre, le facevo un po' paura per divertirmi.»
«Divertiti con qualcun altro!» Lo esortò afferrandomi per mano e portandomi via.
Lui rimase fermo.
«Comunque mi chiamo Dan,» urlò lui «se vi va di giocare lasciate le vostre tendine da girlscout e venite da me e i miei amici!»
Ricordo di averla ringraziata per essere arrivata, ma lei m'ignorò.
«Hei Greta, parlo con te, ti sei arrabbiata?»
Già conoscevo la risposta.
«E me lo chiedi pure! Certo che sono arrabbiata. Prima te ne vai in giro senza dirmi niente. Io ti raggiungo e dopo qualche secondo sparisci di nuovo lasciandomi sola in una foresta enorme. Poi, dopo venti minuti spesi per cercare te, ti ritrovo con un ragazzo che probabilmente è un serial killer e vengo in tuo aiuto prendendo le tue difese. Per finire in bellezza non hai neanche trovato uno straccio di legnetto!»
Era molto seccata.
«Prima di tutto quello non è un serial killer, è solo un idiota come tanti. Secondo, sai che a volte può capitare che mi perda nei miei pensieri e che me ne vada involontariamente per conto mio. E per finire...» mi abbassai e presi un pezzo di legno «... ecco il legnetto.»
Mi ero stampata un sorriso sulle labbra. Greta mi tolse di mano il pezzo di legno e me ne diede un colpo in testa. Lieve. Delicata come sempre quando si tratta di me.
«Stupida! Non posso tenerti sempre gli occhi puntati addosso e non posso difenderti a vita, devi responsabilizzarti. Dico sul serio Taylor, devi imparare a cavartela da sola.»
Mi sentivo in colpa. Le ero di peso. Lo sono tuttora. Mi gettai a braccia aperte verso lei e la strinsi in un forte abbraccio.
«Giuro che lo farò, ma ammettilo che mi ami per questo!»
Le stampai un bacio sulla guancia. Mi piace riempirla di coccole, è così adorabile.
Il bene che le voglio è il più sincero e forte. Non so cosa farei se la perdessi.
«Sei sempre la solita! Beh, ricordami di comprarti un collare e un guinzaglio, così magari non ti perdo più.»
Iniziammo a ridere. Quando ride, sto bene. La faccio disperare sempre. Lei mi vede scherzare anche sulle cose più serie. Non le faccio capire che in realtà mi sento morire ogni volta che per colpa mia sta male. Cerco solo di farla ridere. Se glielo facessi capire, si sentirebbe in colpa per tutte le volte che mi rimprovera. Starebbe peggio e io non voglio.
Ricordo il buio. Ricordo la notte. Se non sbaglio era passata qualche ora e il caldo sole diede il cambio alla romantica quanto misteriosa luna. Amo la luna. Vedevo i suoi delicati raggi accarezzare le fronde degli alberi. Lei mi dona sempre una sensazione di tranquillità. Come Greta. Ci riunimmo intorno al fuoco per poi procedere al nostro rito. Il racconto di storie dell'orrore. Per ultima lasciammo la nostra “Horror Lady”, ovvero Lauren. È sempre così angosciante ascoltarla!
«Ebbene ragazze, 'sta notte non vi racconterò qualcosa inventato da me. Ho fatto delle ricerche su questo posto e sono emerse delle vicende dai risvolti raccapriccianti.» Iniziò a spiegare Lauren. Solo due frasi, eppure con quel tono basso e quello sguardo inquietante riuscì a far rabbrividire metà delle ragazze.
«Qui l'unica cosa raccapricciante sei tu.»
Ricordo Greta commentare così le parole di Lauren mentre liberava i capelli ricci e castani dall'elastico che li teneva riuniti in una coda. Tra loro due non correva buon sangue. Si detestavano. Da piccole Lauren la prendeva in giro e spesso la mortificava per il fisico paffuto. Adesso che Greta ha una forma fisica anche migliore della sua, usa il suo unico punto debole per insultarla. Me. «Se fossi in te non scherzerei, c'è un motivo se questa foresta si chiama anche “Passo del non ritorno”.» Affermò Lauren con sguardo serio e impassibile intimorendo tutte. «Ci sono parecchie storie al riguardo, ma adesso vi racconterò quella più famosa.»
Ricordo un particolare silenzio che durò circa dieci secondi. Tutte ci scambiammo sguardi inquietati.
«Circa cinque anni fa, un pullman scolastico con a bordo ventuno ragazzini di seconda media era diretto alla Baita Verde, che era situata al lato opposto delle montagne Arkhor rispetto al punto in cui si trovavano loro. Lì avevano appuntamento con altri due pullman.» Prese una pausa di un secondo scrutandoci tutte. «Non arrivò mai!» esclamò.
«Il conducente, per guadagnare tempo, seguì un sentiero attraversò la foresta che gli avrebbe permesso di tagliare metà della strada, ma si perse. Inoltre bucò uno pneumatico e a causa del tardo orario decise di cambiarlo il giorno seguente. Così lui, il professore e i ventuno ragazzini rimasero a pernottare in quel posto freddo, sconosciuto e lugubre. Si sistemarono tutti dentro il pullman e quando anche l'ultimo degli schiamazzi ebbe fine, un particolare silenzio invase l'area che li circondava. Strane ombre iniziarono a prendere forma e a svanire in un lampo. Losche figure si aggiravano fuori dal pullman e, il dettaglio più inquietante: chiunque si trovasse lì fuori iniziò a sbattere i denti molto velocemente. Tutti nel pullman iniziarono ad allarmarsi, ma il professore riuscì a calmare i ragazzi. Qualcosa piombò sopra il pullman e tutti si zittirono di colpo. Quel qualcosa iniziò a muoversi sul tettuccio fino a cadere sul cofano continuando a sbattere i denti a una certa velocità. L'autista, seduto al suo posto, si avvicinò con cautela al parabrezza per cercare di capire cosa fosse quell'essere dall'aspetto vagamente umanoide. Più lui si avvicinava, più il rumore dei denti rallentava e quando l'uomo si fermò, cessò improvvisamente anche quel rumore. Per una manciata di secondi ci fu un silenzio totale, anche le ombre e le figure parvero scomparire.»
Lauren si bloccò guardandoci intensamente. Ci fissava sfoggiando uno dei suoi sguardi più macabri «BAM!» Urlò facendoci sobbalzare tutte.
Ricordo perfettamente la mano di Greta sulla mia. Ricordo la sua stretta. Così forte da farmi sentire un intenso dolore.
«Quella cosa si fiondò sull'autista sfondando il parabrezza. Urla e pianti ebbero inizio mentre altre cose simili a quella iniziarono a entrare dai finestrini. Alcune attaccarono immediatamente, mentre altre camminavano a testa in giù sul tetto e a quattro piedi in cerca di una preda. Panico e caos regnavano dentro quel pullman. Quelle cose trascinarono via a forza tutti i passeggeri e nessuno fu più ritrovato. C'è chi dice che questa è solo una fantasia, una leggenda, chi invece afferma di aver udito quei rumori o visto delle strane figure. C'è chi ha addirittura avvistato un ragazzino con la faccia ridotta in brandelli vagare, ma una cosa è certa, nessuno qui è al sicuro.» Finì così il racconto di Lauren.
«Tutte cazzate. Enormi, immani cazzate.»
Ricordo Greta convinta nel dire quelle parole.
«Saranno tutte cazzate, eppure hai stritolato così forte la mano della tua ragazza che non credo sia più in grado di usarla. Come farà a soddisfare le tue particolari voglie adesso?» Rispose Lauren, con un sorriso cattivo e malizioso stampato in faccia mentre tutte le altre ridevano di gusto.
La stessa storia, ogni volta. Non le sopportavo.
«Non è la mia ragazza!» Greta si difese arrabbiata.
«Davvero? Ma se le stai appiccicata al culo come una fidanzata gelosa. Non può voltarsi un attimo che ti ritrova davanti.»
Karen, un'altra stronza. Scatenò in Greta una rabbia pronta a esplodere in qualsiasi momento. Ricordo il suo volto. Serio. Solo io capii che quella serietà nascondeva un'espressione ferita. Io riesco a guardare oltre quello che Greta mostra e riesco a capirla. Sono la sola a esserne capace. Stava per sputare in faccia a tutte la sua furia, lo ricordo davvero molto bene. Io la precedetti chiedendo loro di smetterla.
«Vuoi che ci diamo un taglio? Solo se prima vi date un bacetto.» Così Lauren diede il via a una catena di versi di baci rivolti a noi. Greta si alzò e si diresse verso la nostra tenda. Io mi alzai e la seguii. Prima però lanciai a tutte un'occhiata di dissenso.
Entrai nella tenda. Ricordo Greta seduta a terra. Tremava dalla rabbia. Io m'inginocchiai accanto a lei. Cercavo di calmarla.
«Ricordami per quale motivo abbiamo accettato di venire quaggiù con quelle stronze madornali.» L'ultima volta che la vidi così arrabbiata finì col prendersela con me, anche se non centravo niente. Sempre per lo stesso identico motivo. Mi ferì sul serio. Disse che ero un peso, uno sbaglio. Ma io non avevo colpe. Non ne avevo.
«Siamo venute qua per allontanarci dai vari drammi sociali e familiari» Le risposi con la mia solita naturalezza e semplicità.
«Allora perché ho l'impressione che i veri drammi iniziano quando siamo con loro?» Ricordo le sue lacrime agli occhi. Non ricordo invece di aver mai odiato tanto le mie compagne come in quell'istante.
«Ascolta, la verità è che quelle sono delle viscide serpi che si pugnalano alle spalle in continuazione e sono invidiose del nostro vero e sincero rapporto di amicizia.» Sfoggiai uno dei miei sorrisi migliori nonostante dentro bruciavo dalla rabbia. Apparire infuriata non sarebbe servito a calmarla. L'avrebbe fatta stare peggio. Iniziai ad accarezzarle la schiena, riusciva a calmarla. Greta poggiò la testa sulla mia spalla e si lasciò coccolare un po'.
È davvero adorabile.
Passò circa un'ora quando Greta ed io ci infilammo nei nostri sacchi a pelo. Sentii anche le altre entrare nelle loro tende.
Ricordo della musica. Musica rock in lontananza. Pensai che con molta probabilità fosse quel ragazzo con i suoi amici.
Ricordo delle urla. Iniziai a sentirle un quarto d'ora dopo essermi coricata. Grida che sovrastarono anche il volume alto della musica.
«Greta.» La chiamai scuotendola piano ma si voltò dal lato opposto.
«Greta svegliati!» Insistetti riuscendo poi nel mio intento.
«Che vuoi?»
Si mise seduta e iniziò a stropicciarsi un occhio.
«Non lo senti anche tu?» Le chiesi.
«Questa musica assordante? Si la sento.» Mi rispose guardandomi con un pizzico d'irritazione.
«No, non la musica. Le urla!»
«Senti, a fare sto casino sono quei ragazzi e ti svelo un segreto, i maschi sono stupidi. Vorranno sicuramente spaventarci, ma a prendersi lo spavento saranno loro quando vedranno la faccia di Lauren.»
«Sì, ma...» Greta m'interruppe, mi guardò negli occhi e affermò di avere sonno tornando a dormire. Tornai a coricarmi. Poco dopo sia le urla sia la musica cessarono. Un silenzio non poco inquietante ci circondò.
Ricordo di aver avuto la sensazione che qualcuno si stesse aggirando tra le tende. Poi sentii di nuovo quel rumore. Denti. Continuavano a sbattere senza sosta, a una velocità sempre maggiore come se fosse un tic nervoso.
Ricordo quel rumore rallentare e avvicinarsi alla mia tenda.
«Non è vero, non esiste, non è vero, non esiste, non è vero, non esiste...»
Iniziai a sussurrare queste parole in preda al panico. Serrai gli occhi. Rividi mio padre nella mia testa. Lo stesso uomo che mi diede la vita. Lo stesso uomo che tentò di togliermela.
«Tay! Taylor!» Era la voce di Greta. Mi scuoteva con forza.
Sa che da quell'orribile giorno, durante la notte, posso essere vittima di un attacco di panico.
Ricordo di aver spalancato gli occhi e di essermi zittita di colpo.
«È fuori» le sussurrai intimorendola.
Anche Greta si accorse del rumore dei denti che proveniva dall'esterno. Proprio dietro di lei. Si voltò lentamente. Il rumore cessò.
Un attimo di silenzio totale.
La tensione si poteva percepire sulla pelle.
Si sentiva solo il respiro carico di ansia di Greta.
Ricordo cristallinamente l'attimo in cui la tenda fu strappata. Ricordo di essere stata afferrata per i capelli e di essere stata scaraventata bruscamente fuori dall'accampamento. Ricordo di aver visto tutte le altre essere state catturate, proprio come me. Ricordo le urla. Da quel momento tutto è diventato confuso nella mia mente. Quelle persone, o forse erano animali o cose, non so, ma quegli esseri iniziarono a trascinarci molto velocemente dentro la foresta. Uno di loro mi tirava dalla caviglia tenendola ben salda. L'ultima cosa che ricordo è Greta che, trascinata da qualcun altro poco più avanti di me, gridò il mio nome sovrastando le urla delle altre ragazze. Poi buio.


Fine riproduzione file



Qualche altra parola

Buonasera a tutti voi che siete arrivati fin quaggiù. Dopo un lungo periodo di pausa, riparto con questa storia che, ribadisco, partecipa al contest "The Melancholy Spirit - Dark Horror Story".
Questo non è il mio lavoro migliore, ma spero che possa ugualmente esservi di gradimento.
Vi invito, per chi volesse, a recensire. Ve ne sarei grata!

Grazie per l'attenzione.


Bloody Q

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Capitolo 2
*** Caothica ***


L'indice di quella mano destra cliccò nuovamente sul mouse, questa volta nel file successivo a quello riprodotto prima.


Apertura file memoria TYLR04232014 in corso...

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Lettura conclusa con successo

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I ricordi di Taylor furono nuovamente proiettati sullo schermo e a narrare le vicende era di nuovo il pensiero della ragazza.


                                                                                          Caothica


Ricordo una gran puzza di zolfo. Ricordo di essermi svegliata al centro di una strada. Avevo un gran male alla testa. Credo di aver perso i sensi dopo averla battuta da qualche parte, forse una roccia mentre venivo trascinata da quella cosa.
Mi misi in piedi, barcollai un po'. Ricordo un luogo cupo illuminato da alcuni lampioni. La prima cosa a saltarmi agli occhi fu una torre dalla struttura insolita situata sullo sfondo del paese. Subito dopo notai le strane case ammassate tra di loro. Sia strade, sia marciapiedi erano in basolato lavico. Il tutto appariva distorto, persino gli alberi, spogli delle loro foglie, prendevano forme non consone alla loro natura. Alzai lo sguardo verso l'alto e vidi il cielo totalmente coperto da nubi dorate. Quel luogo sembrava essere deserto. Notai subito l'assenza di qualsiasi mezzo di trasporto e cartelloni pubblicitari.
Vidi passare correndo qualcuno all'incrocio un po' più avanti di me. Ricordo di aver rincorso quella persona e di avergli gridato di fermarsi.
«Hei fermati! Aspetta fermat...»
Qualcuno da dietro mi tappò la bocca con una mano e mi trascinò dietro una casa. Io opposi resistenza, inutilmente.
«Ascolta,» mi si rivolse una voce maschile «io ti lascio solo se non urli.»
Io annuì e fui liberata da quelle mani gelate. Mi voltai e mi ritrovai davanti un ragazzo biondo dalla pelle molto pallida.
«Sopravvivere in questo luogo è quasi impossibile,» disse con estrema serietà. «quindi ascolta il mio consiglio, se tieni alla tua vita stai lontano da tutti, non avvicinarti a nessuno. Non fare alcun tipo di rumore e soprattutto non urlare.»
«Ma tu chi sei?» Gli chiesi io.
«Chi sono non importa. Adesso che ti trovi in questo luogo dovrai imparare a vivere come un fantasma, altrimenti morirai.»
Non ebbi alcuna possibilità di replicare perché scappò via immediatamente.
Ricordo che iniziai a camminare con cautela. Poco dopo mi resi realmente conto di cosa mi fosse accaduto. Ero stata rapita insieme alle mie compagne. Anche Greta era stata presa. Pensai subito che dovesse trovarsi in quel posto strano e iniziai a cercarla.
Continuai a girare per parecchio tempo senza vedere l'ombra di nessuno, solo quelle case inquietanti. In un altro incrocio fui travolta da quel ragazzo misterioso che avevo incontrato circa un'ora prima, finendo col cadere entrambi a terra.
Ricordo la sua aria preoccupata.
«Scappa!» Mi urlò rimettendosi in piedi e correndo via.
Io lo seguii chiedendogli da cosa stessimo scappando ma non rispose.
Si appoggiò su un albero per riprendere fiato. Ricordo di aver udito quel rumore di denti.
Mi voltai e vidi una serie di persone che correvano verso di noi, altre uscivano dalle finestre delle case correndo a quattro piedi come ragni sui muri. Sembravano essere in decomposizione, ad alcuni mancava un braccio o una mano, altri si trascinavano con le braccia perché erano senza gambe o piedi. Qualcun altro era senza un occhio o un orecchio. A tutti mancava qualcosa.
«Se riesci a starmi dietro, seguimi.» Mi si rivolse quel ragazzo iniziando a correre.
Io lo seguii. Ricordo che andava molto veloce e per un attimo pensai che non sarei riuscita a tenere il suo passo, ma subito dopo entrò in una bottega e mi tirò dentro.
«Qui saremo al sicuro.» Affermò serrando la porta e accendendo uno di quei lumi a petrolio antichi.
«Adesso posso sapere chi sei?» Chiesi ancora col fiatone.
«Mi chiamo Rory e mi trovo bloccato in questo posto ormai da cinque anni.»
Rimasi sbalordita. Cinque anni non erano pochi.
«Se non sono invadente, potrei sapere come sei arrivato qua e come sei sopravvissuto per tutto questo tempo?» Chiesi curiosa di conoscere la risposta.
«In realtà sei molto invadente.» Disse sedendosi a terra e poggiandosi a un muro.
«Scusa.» Risposi seguendo il suo esempio.
Passarono circa dieci minuti in totale silenzio. Quel posto era sporco e pieno di ragnatele. Puzzava di marcio e muffa. Vecchi tavoli in legno e sedie distrutte erano ammassati in vari punti della stanza. Un telo in origine bianco e ingiallito nel tempo lasciava intravedere una libreria semi vuota e impolverata. Era tutto messo in disordine, sembrava essere stato abbandonato da tempo.
«Cinque anni fa venni in gita qui sulle montagne Arkhor con i miei compagni di classe. Eravamo tre classi in tre pullman differenti, ma il nostro autista fu l'unico a decidere di tagliare la strada entrando nella foresta. Bucò una ruota e fummo costretti a passare la notte dentro nella foresta. Ricordo che eravamo tutti coricati pronti per dormire, quando qualcosa iniziò a muoversi fuori dal pullman. Di colpo quelle cose entrarono e ci portarono via. Così sono arrivato qua e non sono riuscito più ad andarmene.»
Rory mi colse di sorpresa e io non seppi dire niente. Lo guardai solamente. Ricordo come i suoi lineamenti divennero malinconici.
«Ricordo delle urla e poi di essermi svegliato in questo posto. Riuscii a riunirmi con alcuni dei miei compagni, ma uno a uno morirono tutti. Imploravano il mio aiuto mentre scappavo. Ricordo come urlavano il mio nome, mentre quelle cose li scannavano come fossero dei conigli.»
Il vuoto dei suoi occhi fu in un attimo riempito dal rimorso e dalla rabbia nati dalla sua ultima frase.
«Ma esattamente cosa sono?» Riuscii a chiedergli dopo un attimo di silenzio.
«Marionette.» Rispose rivolgendo il suo sguardo verso il mio.
Rimasi sorpresa da quell'affermazione. Quelle cose sembravano tutto fuorché marionette.
«Sembrano diverse dal tipo di marionette che conosco io.»
Rory sorrise.
«Beh, questo perché sono costruite con i cadaveri degli esseri umani.»
Un brivido mi corse lungo la schiena. Era macabro, inquietante e disumano. Rimasi in silenzio.
«Non te lo aspettavi, eh? C'è una persona qui che usa le marionette per catturare chi si addentra nella foresta per poi usare queste persone come cavie per i suoi esperimenti, ovvero il Marionettista.» Mi spiegò lui. «Tutti quelli che ci hanno inseguito sono esperimenti falliti, per questo sono così orribili da vedere. Sono marionette trascurate. Quelle in fase di sperimentazione e quelle riuscite vengono tenute nel laboratorio dentro vasche rigeneratrici che evitano la decomposizione dei cadaveri.»
Lo fissavo sbalordita.
«Un buon marionettista si prende sempre cura delle proprie marionette.» Aggiunse Rory assumendo un tono e uno sguardo poco rassicuranti.
«S-se così fosse non lascerebbe quelle marionette orribili in quelle condizioni.» Balbettai senza rendermene conto.
Rory affermò che il Marionettista si prendeva cura anche di quelle in cattive condizioni. Io non riuscii a capire.
«Come ho già detto quelli sono esperimenti falliti e il Marionettista potrebbe riciclare i loro pezzi e gettarle via senza alcun problema. Invece le usa per catturare le prede e ucciderle per lui.»
«Che cosa intendi per pezzi?» Chiesi istintivamente.
«Fai molte domande.»
«Più che legittime dato che adesso mi trovo qui.» Risposi senza esitazione.
«Caothica. Ho chiamato questo paesino così.»
Nome perfetto pensai, sembrava cucito su misura proprio per quel luogo.
«Comunque per pezzi intendo parti del corpo. Le marionette attaccano le persone in modo violento finendo col danneggiare, anche seriamente, arti, ossa, organi e così via. Per questo motivo il Marionettista è costretto a sostituire e ricostruire le zone danneggiate usando parti di altri corpi, ma per poterlo fare bisogna avere dei corpi abbinabili il più possibile alla persona in questione.» Rispose Rory esaurientemente.
«È roba da deviati mentali! Sono tanti mostri di Frankenstein!» Rimasi sconvolta da quella rivelazione.
«Lui preferisce definirle “Opere”.»
«Io non riesco a capire. Perché crearsi così tanti problemi se potrebbe semplicemente uccidere le sue vittime senza danneggiarle?»
Rory si mise in piedi e si diresse verso la libreria.
«È proprio questo il punto, non può. Le marionette sono tante e lui è solo uno. Controllare perfettamente più di 300 marionette non solo è difficile ma anche stancante, quindi preferisce mantenere il massimo controllo sulle marionette perfette piuttosto che sugli scarti.»
Ricordo come Rory rispondeva sicuro di sé, mentre riordinava i pochi libri sugli scaffali in ordine di altezza.
«Ho notato che queste marionette sono parecchio forti. Hanno trascinato me e le mie amiche come se fossimo piume.»
«Questo perché il Marionettista le opera tutte e non solo per ricostruirle, ma soprattutto per installare un particolare sistema composto da ingranaggi, viti, bulloni e catene che le rendono più forti.»
Rory sembrava saperne tanto, forse anche troppo.
«Tu come fai a sapere tutte queste cose?» Chiesi iniziando a insospettirmi.
«Vivo qui da cinque anni, qualcosa la dovrò pur sapere, non credi?» Rispose entrando sulla difensiva.
Mi alzai e mi posizionai davanti a lui.
«Questa non la trovo una motivazione. Quindi, a meno che tu e il Marionettista non abbiate chiacchierato amichevolmente davanti a una tazza di tè caldo, magari potresti essere tu questo Marionettista.»
Rory mi fissò per un attimo intimorendomi un po', ma non glielo feci notare.
«Sono entrato nel suo laboratorio, una volta. Ho visto dove lavora e crea. Ho anche visto il Marionettista mentre operava e in che maniera controlla le marionette. Dopodiché sono scappato via per evitare di farmi scoprire.»
Era serio. Non sapevo se potermi fidare, ma non avevo altra scelta.
«Senti ho un piano. Il Marionettista è la nostra unica via di uscita e io da solo non posso contrastarlo, ma in due abbiamo qualche possibilità. Quello che ho in mente è di andare al suo laboratorio, c'è un passaggio sotterraneo qui nella bottega che si collega direttamente con la torre, ovvero il suo quartier generale.»
Ero un po' riluttante all'idea, ma se era l'unico modo per uscire ero disposta a seguirlo.
«Ok ci sto, vengo con te, ma a un patto. Devi aiutarmi a trovare la mia amica.»
Non mi ero dimenticata di Greta ed ero seriamente preoccupata. Ogni secondo che passava lì fuori poteva esserle fatale.
Rory sembrò accettare anche se non entusiasta.
Uscimmo dalla bottega il più silenziosamente possibile e con la massima cautela iniziammo a cercare Greta. Circa dieci minuti dopo Rory sembrava essersi già stufato.
«Senti, ma dobbiamo continuare a cercarla ancora?»
«Ma se abbiamo appena iniziato!»
Parlavamo a sussurri per evitare di attirare le marionette.
«A quest'ora sarà già morta, è tempo sprecato.» Affermò con un pizzico d'irritazione.
Ricordo che mi fermai di colpo, mi voltai verso di lui e lo guardai fisso negli occhi.
«Greta non è solo un'amica. È tutta la mia famiglia. Lei è l'unica persona che si preoccupa e si prende cura di me, mi sta accanto, mi ascolta e soprattutto è l'unica a non avermi mai tradito. Lei, non mi ha mai abbandonato e io non ho intenzione di farlo adesso con lei, quindi se ti sei stancato vattene, io continuo a cercarla con o senza di te.»
Non sono solita impormi sugli altri ed essere così seria ma, se si tratta di Greta, tutto cambia. Ripresi a camminare e Rory infine decise di seguirmi.
In quel luogo tutto era uguale. Le stesse case semi distrutte, gli stessi lampioni storti, gli stessi alberi neri e le stesse identiche vie. Avevo l'impressione di girare in tondo ma secondo Rory non era così. D'altronde come dargli torto, dopo cinque anni sarebbe stato strano se non fosse riuscito a regolarsi per quelle strade.
«Non sopporto questo luogo. È tutto così... asimmetrico e disordinato!» affermò lui.
«Ti infastidisce così tanto?» chiesi.
«Abbastanza, sono un perferzionista.»
Rory si fermò e bloccò anche me. Aveva un'aria strana, sembrava essere concentrato.
«Lo senti?» Mi chiese.
Io provai ad ascoltare, ma non sentii niente.
«Sento correre.» Affermò.
«Le marionette?» Chiesi preoccupata.
«Forse, ma chi sento io ha anche il respiro affannato. Le marionette sono morte quindi non respirano.»
Io continuavo a non sentire niente.
«Stanno arrivando. Sono...»
Iniziò a dire concentrandosi sempre più. Aveva lo sguardo rivolto verso terra per affinare meglio l'udito.
«Sono...»
Continuò a ripetere iniziando a girare su se stesso.
«Sono...»
Si bloccò e rialzò la testa. Io iniziai a sentire nuovamente quel rumore di denti.
«Sono dietro di noi!»
Ci voltammo.
Vidi Greta spuntare da una via insieme a quel ragazzo, Dan. Subito dietro di loro spuntò un'altra orda di marionette. Rory mi afferrò per il polso e iniziò a correre trascinandomi con lui. Greta e Dan ci videro a loro volta e provarono a seguirci.
Correvamo per sopravvivere il più velocemente possibile ma, secondo dopo secondo, le energie e il fiato iniziarono a venire meno.
Mi voltavo di continuo per vedere se riuscivano a starci dietro, ma di colpo Dan inciampò sui suoi stessi piedi e cadde a terra.
Vidi Greta fermarsi e correre verso di lui. Mi fermai anch'io dando uno strattone a Rory e liberandomi dalla sua presa. Scattai verso Greta che cercava di aiutare Dan a rialzarsi, ma che per qualche motivo sembrava non riuscirci, forse si era slogato una caviglia. Le urlai di seguirmi, ma sembrava non volermi ascoltare, allora la presi in spalla di peso e iniziai a correre.
Greta iniziò a dimenarsi e a ordinarmi di metterla giù senza però alcun risultato. Le marionette si concentrarono su Dan e noi potemmo scappare e nasconderci di nuovo nella bottega poco lontano. Lasciai libera Greta che, senza perdere tempo, mi tirò uno schiaffo.
Ricordo dapprima il forte rumore che riecheggiò nella stanza e subito dopo il dolore che pian piano si fece sempre più intenso.
«Perché hai lasciato che morisse? Ti avevo detto di lasciarmi e non lo hai fatto!»
Ricordo i suoi occhi lucidi e pieni di rabbia pronti a scoppiare in un lungo pianto.
«Se ti avessi lasciata lì, saresti morta anche tu e non voglio che accada.» Dissi con lo sguardo rivolto verso il basso, mi sentivo tremendamente in colpa.
Prese il mio volto tra le mani e lo alzò per potermi guardare negli occhi.
«Per colpa tua ho l'immagine di quel ragazzo che mi urla di aiutarlo mentre viene smembrato vivo.»
Ricordo gli occhi di Greta sempre più vicini al pianto.
«Per colpa sua sei ancora viva.» Affermò Rory acidamente.
Greta si voltò verso di lui, ma ancor prima che potesse dire qualcosa la strinsi in un forte abbraccio.
«Adesso ascolta tu. Se di mezzo c'è la tua vita, mi disinteresso di tutto e tutti. Picchiami se vuoi, massacrami, perché per farlo devi essere per forza viva.»
«Stupida.» Disse ricambiando il mio abbraccio.
Poterla stringere di nuovo non mi sembrava vero. Più tempo passava mentre la cercavo e più l'orribile pensiero della sua possibile morte mi oscurava la mente.
«Scusate se interrompo questo momento, ma non potreste riconciliarvi più tardi? Magari fuori da questo inferno.»
«Quest'antipatico chi è?» Chiese Greta infastidita.
«Mi chiamo Rory e sono l'unico che può farvi uscire da qui, ma in cambio ho bisogno del vostro aiuto. Dovete fidarvi di me.»
Greta mi guardò e io le annuii.
«Il piano è questo: ci intrufoliamo con cautela nel laboratorio del Marionettista e con la massima attenzione lo cercheremo, dopodiché gli saltiamo addosso e lo uccidiamo.»
«Tutto qui il tuo grande piano?» Gli chiesi.
«Hai forse un'idea migliore? Chi uccide il Marionettista prende il controllo delle marionette, in questo modo potremo usarle per fuggire.»
«Aspettate un momento, cos'è questa storia delle marionette?» Chiese Greta confusa.
«Hai presente quei cosi simili a zombie che ci inseguivano? In realtà sono marionette.» Le risposi.
«Ma che sono, marionette wireless? Dove sono i fili?»
Ci pensai ed effettivamente non avevano fili.
«I fili ci sono, siete voi che non riuscite a vederli.» Affermò Rory. «Col tempo ho imparato a vederli.» Si spiegò dopo.
«Inoltre il Marionettista usufruisce di due tipi di fili, quelli normali e quelli permanenti.»
Rory prese a camminare verso il tunnel che ci avrebbe portati alla torre. Passando per una stanza notai un banco da lavoro ricoperto da attrezzi e da alcuni fogli che rappresentavano un progetto.
«Cos'è il Progetto-R?» Chiesi a Rory.
«È un progetto del Marionettista o almeno lo era prima che lo abbandonasse.» rispose raddrizzando un cacciavite sul banco posizionato male rispetto al resto degli oggetti.
«Perché l'ha abbandonato?» Domandò Greta mentre osservava con attenzione un bisturi posto su un tavolino di fianco.
«Non posso sapere tutto.» Rispose lui ammiccandole.
Scendemmo nello scantinato e attraversammo tutto il tunnel. Era stretto e puzzava di zolfo da morire.
«A proposito di quei fili, cosa hanno di differente?» Chiesi.
«I fili permanenti sono quelli che il Marionettista installa nelle marionette e quelli normali li usa per bloccare le persone comuni. Quelli permanenti hanno una resistenza superiore in modo tale che la grande forza che hanno tutte le marionette non li spezzino. Questa è la differenza.»
Greta mi tirò un po' indietro rispetto a Rory.
«Questo Rory non me la dice giusta.» Mi sussurrò.
«Lo so è un po' misterioso, ma è l'unico che può farci uscire da qui.»
Greta non riusciva a convincersene.
«Ok seguiamolo, ma occhi aperti.»
Continuammo a camminare lungo il tunnel fin quando non giungemmo alla torre.
«State attente alle marionette, non solo rischiano di ucciderci, ma il Marionettista vede e sente anche attraverso di loro.» Spiegò Rory.
Con prudenza salimmo al piano superiore dove trovammo una schiera di mini vasche cilindriche contenenti cervelli. Il liquido nel quale erano immersi era rosso.
«Ma che schifo è?» Chiese Greta disgustata.
«Vi chiedevate come fa il Marionettista a controllare tutte quelle marionette contemporaneamente? Eccovi la risposta.»
Io e Greta guardammo Rory interrogativamente.
«Quell'acqua è rossa perché il Marionettista ha rilasciato un particolare siero che i cervelli assorbono. Ogni marionetta è controllata da un cervello e ogni cervello è controllato dal Marionettista che, grazie a quel siero, riesce a controllare tramite il suo di cervello. Le vasche accese segnalano le marionette attive, quelle spente segnalano quelle ferme.»
Di colpo tutte le vasche s'illuminarono.
«Questo non credo sia un buon segno.» Disse Greta agitata.
Una serie di marionette ci saltarono addosso, ma Rory mi tirò via prima che qualcuna potesse catturarmi. Al contrario Greta rimase al centro dell'attacco.
«Vi prego aiutatemi!» Iniziò a urlare.
Volevo andare da lei anche a costo di morire, ma Rory mi trattenne con tutte le sue forze.
«Ascolta è finita. È andata!»
«Devi aiutarla!» Lo pregai in lacrime.
Ricordo le sue urla che mi sfondavano i timpani e mi trafiggevano il cuore.
«Ti prego aiutala!» Continuai a gridargli disperata.
«Non posso fare niente e neanche tu. È morta, fattene una ragione.»
Le sue urla cessarono.
«Devi calmarti Taylor, mi servi lucida.»
Ricordo un silenzio che invase tutta la stanza. Lo guardai.
«Come fai a sapere il mio nome? Io non te l'ho detto e Greta non l'ha pronunciato in tua presenza.»
Rory indietreggiò di qualche passo con un sorriso accattivante.
«Lo hai sentito mentre io e Greta eravamo nella foresta, vero? Tramite le tue marionette.» Lo accusai.
«Il Progetto-R mi è costato più di cinquanta vittime. Prototipi tutti falliti, così l'ho messo da parte circa un anno e mezzo fa. Poi spunti tu, la cavia perfetta per questo esperimento. Rispecchi l'immagine che ho in testa e sono sicuro che il tuo corpo sarà in grado di sostenere alla perfezione le modifiche che prevede il progetto. Il tuo fisico rientra in tutto e per tutto nei parametri che ho imposto per la Marionetta-R. Così ho deciso di venirti a prendere di persona, per evitare che quei fallimenti distruggessero il tuo prezioso corpo. Tu però dovevi per forza portarti dietro quella Greta che per me è totalmente inutile, mi ha solo fatto perdere tempo. Adesso però siamo solo tu e io.»
«Tu hai finto per tutto questo tempo, mi hai ingannato. Hai ucciso Greta!»
Presa dalla furia gli saltai addosso ma, ancor prima che potessi toccarlo, con un abile movimento di dita Rory mi bloccò.
Mi ritrovai sospesa in aria sorretta dal nulla, o almeno credevo.
Essendo Rory il Marionettista riuscì a prendere il controllo sulle mie articolazioni grazie ai suoi fili che io però non ero in grado di vedere, ma li sentivo stringere sulla mia pelle molto bene.
Ricordo un filo che mi strinse la gola. Vidi Rory tirare con la mano destra apparentemente niente, ma più tirava più il filo si stringeva. Il fiato iniziò a venir meno. Non riuscivo più a respirare.
«Giuro che me la pagherai.»
Furono le mie ultime parole, ma le dissi col cuore.
«Ci rivedremo quando sarai totalmente sotto il mio controllo.»
Il suo sguardo bramoso di potere è l'ultima cosa che ricordo. Dopodiché il nulla.



Fine riproduzione file



Qualche altra parola

Salve! Le cose si fanno più interessanti, ma non è ancora finita. Posterò il terzo e ultimo capitolo il prima possibile.
Se vi va fatemi sapere la vostra riguardo la storia, mi farebbe molto piacere!
Grazie per tutto.


Bloody Q

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