Galahad

di Channie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Beth. ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 
Galahad
 

1- Prologo





 
 
 
                                                  
 
 
 
“Signore e signori, il mio nome è Merlin.
State per affrontare  colloquio di lavoro più pericoloso al mondo.
Uno di voi, e solo uno di voi,  diventerà il prossimo Galahad.”
 


 
 
Da tutto il giorno, Eggsy era in giro con quel fottuto taxi.
Non riusciva a trovarlo, quel Pub. Era praticamente nascosto.
Si innervosì visibilmente, continuando a chiedere all’autista se poteva muoversi.
Ma il suo essere nervoso era più che comprensibile.

Era appena iniziata la selezione per il nuovo Galahad, e questo lo rattristava.
Ora anche lui era un Kingsman, ma a lui era stato affidato il nome in codice ‘Arthur’.
Al vertice c’era Merlin che con saggezza gestiva tutte le missioni.
Ma quando gli disse “Hai recitato nel ruolo di Arthur una volta, puoi farlo benissimo per il resto dei tuoi giorni”, Eggsy si incazzo. E non poco.
Avrebbe voluto essere lui il nuovo Galahad… per Harry.
 “Trova qualcuno che sia all’altezza di Harry e portamelo per le selezioni. Non  oltre le 7.00 PM GMT, Grazie”.
 

“Ci siamo, Signor Gentleman… Il Tylor’s”
 
Stava cercando una ragazza che voleva proporre come nuovo Galahad.
Campionessa nazionale di Taekwondo a soli 8 anni.
Prima in tutte le discipline , facendosi desiderare da tutte le più prestigiose università britanniche.
Ma, da un giorno all’altro,  si fece completamente andare.
Droga, alcol e autolesionismo.
In giro si diceva che aveva perso il padre, ma Eggsy non dava molta importanza alle parole di uno spacciatore.

Ordinò della birra e aspettò, guardandosi intorno.
Il sole penetrava ancora dalle finestre e il tutto sembrava ancora più malandato.
Il locale era vecchio, le sedie facevano strani rumori e alcune donnette giravano di tavolo in tavolo per guadagnare qualcosa.
“Hey, bell’uomo. Il tuo aspetto è davvero così eccitante… Non sei scomodo?”
Dire che era vestita era davvero un eufemismo. Eggsy, al contrario, era vestito da vero gentleman.
Pantaloni grigio scuro, tagliati su misura, abbinati ad una camicia bianca e una giacca in tinta con il pantalone. Il tutto adornato da una fantastica cravatta consigliata personalmente da Merlin.
“Sono un sarto. Il mio abbigliamento mi sembra più che appropriato.”
La donna alzò un sopracciglio e si avvicinò al viso del ragazzo, piegandosi leggermente e mettendo in mostra il suo balconcino.
“Beh… Che ne dici di versare un po’ del tuo buon vino dentro il mio calice”.
Eggsy la guardò storta. Aveva provato qualcosa di simile, ma i suoi standard erano decisamente ... elevati.
“La ringrazio molto per la proposta, mia signora, ma credo di dover rifiutare.”
Lei parve dispiaciuta e si alzò in fretta, pronta a chiedere la stessa cosa ad un tizio seduto al tavolo di fronte.
Qualcuno ridacchiò al rifiuto. Qualcuno al bancone.

“Cazzo hai da ridere, sgualdrina. Un giorno di questi ti troverai a trombare gentleman come lui sulla Smith Street, competendo con i peggiori gigolò della zona. Quindi non ti permettere mai più di deridermi in questo modo.”
Eggsy si interessò a quegli insulti e guardò al bancone.

E la trovò.

Finalmente, dopo una giornata intera, trovò la sua ragazza.
Ma non se l’aspettava così… Diversa.
I suoi capelli, nelle foto scolastiche, erano di un castano scuro lucente. I suoi occhi erano così azzurri da mettere in discussione la bellezza del cielo. La sua pelle di un colorito così roseo da farla amare da mezza scuola. Era abbastanza robusta, non molto truccata e vestiva molto colorata.
Eggsy stesso se ne innamorò dalla foto, ma quella che aveva davanti non era quella dolce e semplice ragazza.
I capelli erano palesemente poco curati e neri, con delle sfumature bionde sulle punte. Era truccata pesantemente e con del nero metallico. Era quasi anoressica e con i lineamenti stanchi e annoiati che riflettevano la sua anima.
Il ragazzo si sbrigò a bere la sua birra e si alzò.
Con passo velato si avvicinò al bancone e porse il bicchiere alla ragazza.
“Non deve essere facile lavorare in un contesto simile, non è vero?” provò a chiedere.
“Beh… Almeno lavoro.”
“Sono Arthur. Se, per qualche ragione stramba ma comprensibile, vorresti avere un lavoro mille volte più dignitoso di questo.. Per favore, chiama questo numero.”
La ragazza, timidamente, prese il biglietto che il gentleman gli pose.
“Non è un lavoro come quello di Kate, vero?”
Eggsy si mise a ridere e poi, con lo stesso fascino con cui entrò, se ne andò, lasciando la ragazza nel dubbio più assoluto.
 
 
 

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Capitolo 2
*** Beth. ***


BETH




   





 





“Diventare un gentleman è la migliore delle scelte
Che un uomo possa fare”
 
 




 
 
“Ehy, Beth, puoi anche toglierti dai coglioni per oggi!”
 
Quella frase mi rese a dire il poco la donna più felice del mondo.
Uscii fuori da quel locale e iniziai ad incamminarmi verso casa.
Erano le 5 PM quando arrivai a destinazione.
Buttai la borsa distrattamente sul divano e andai direttamente in camera mia.
Mi gettai a piombo sul letto e iniziai a pensare.
Neanche il tempo di rilassarmi dieci minuti che mia madre irruppe nella stanza.
“Elisabeth, gentilmente ti potresti truccare e vestire dignitosamente? Stasera ho invitato delle rispettabili persone per cena.”
 
Ancora …
 
“No mamma, non mi vestirò come un burattino per prendere parte alle tue buffonate…”
“Occhio a come parli, signorina! Tuo padre non sarebbe per niente fiero di te!”
 
Non vidi più nulla per un secondo.
La vista si era totalmente annebbiata a quella sola parola… Padre.
 
“E tu cosa ne sai, eh? Tu, che ogni sera te ne andavi con un uomo diverso, solo perché lui non era mai a casa. Sarebbe fiero di te, invece?”
Mi alzai dal letto e corsi in soggiorno, presi la borsa e velocemente uscii di casa.
Oramai era sempre la stessa scena. Sempre la stessa storia.
Erano solo le 5.30 PM ed ero in giro totalmente da sola.
L’aria era abbastanza fresca da gelare le mani.
Le misi al caldo nelle tasche della felpa, quando mi accorsi di avere un biglietto.
Un numero di telefono era scritto su di esso e quasi mi misi a ridere.
Presi il telefono e decisi di chiamare.
 
Iniziò a squillare per circa dieci secondi, quando la voce di quel giovane mi rispose.
“Pronto?”
“Ehm, Sei Arthur?”
“Si, Sono io. Tu sei Elisabeth?”
“Come cazzo fai a sapere il mio nome?”
Lui rise dall’altra parte del telefono.
“La cosa strana è che tutte le fonti mi danno solo il tuo nome e mai il tuo cognome. Poco importa, ma ascolta bene cosa ho da dirti.”
Con abbastanza paura da continuare quella conversazione, decisi di ascoltarlo.
“Attualmente mi trovo in una sartoria. Savile Row, numero 11. Vieni pure, così potremmo parlare in un luogo decisamente più consono”.
“E una sartoria sarebbe un luogo consono?”
“Una sartoria è sempre un luogo consono per un gentleman!”
“E tu lo sei? Non avrai più di 18 anni!”
“19, con precisione. La sartoria si chiama Kingsman. Ti aspetto!” disse, bloccando subito dopo.
 
Mi si gelò il sangue a quel nome.
 
Kingsman.
 
Sapevo qualcosa su di loro, mio padre me ne parlava costantemente.
Mio padre, effettivamente, sapeva un mucchio di cose.
Conosceva le più alte cariche del mondo e loro conoscevano lui.
Quando ricevemmo la notizia della sua scomparsa, inizialmente non ci volevo credere.
Pensai addirittura che fosse stanco di mia madre e che scappò via.
Ma questa teoria svanì quando ci portarono il suo corpo per seppellirlo.
Un buco in testa. Era stato palesemente fatto fuori.
Perché? Perché sapeva troppe cose?
Anche per questo decisi di abolire il mio cognome da ogni archivio.
La paura di fare la sua stessa fine era troppa.
 
E un uomo dei Kingsman mi stava contattando.
Ma cosa avevo da perdere, effettivamente?
La mia vita era totalmente rovinata.
 
Dopo aver superato la Royal Academy, imboccai una strada a sinistra.
 
7… 9… 11.
 
La boutique era modesta, con esposti tre capi di abbigliamento a dire il poco spettacolari.
Guardai gli orari. Chiudevano alle 7.00 PM.
Rimasi fuori ancora per qualche secondo, indecisa sul da farsi, quando vidi una poltrona e un uomo seduto di spalle.
Sorseggiava, probabilmente, del Martini.
Fu quando si girò che lo riconobbi.
Rimasi quasi pietrificata, mentre lui mi porgeva uno splendido sorriso.
Si alzò e, con galanteria, mi aprì la porta.
“Buonasera signorina. Grazie per essere venuta.”
Entrai, un po’ spaventata dall’ordine e dal posto.
 
“Hai avuto difficoltà ad arrivare? Oh ti prego, accomodati pure. Almeno il tempo di finire questo magnifico Martini” disse, accavallando subito dopo le gambe.
“Perché sono qui? Non ti dirò bugie, né ci girerò intorno. So chi sono i Kingsmen. Mio padre mi raccontava parecchie storie sul loro conto. Gentlemen che amano giocare alle spie. Mi sbaglio?”
 
Il ragazzo posò il suo bicchiere sul tavolo e mi guardò per un po’.
“No… Non ti sbagli”
Si alzò e mi fece cenno di seguirlo. Mi portò in una stanza che aveva tutta l’aria di essere un camerino di prova. Tutta una parete era costituita da specchi e, oltre a tutte le cianfrusaglie quali metri, forbici e aghi, vi era un armadio e svariati ritratti.
 
“Se posso chiedere… Chi era tuo padre? Insomma, per sapere di noi devi per forza essere uno di noi. Molti Kingsmen sono morti facendo il loro lavoro. Immagino…”
“Ti prego di non parlare di mio padre. Ti basta solo sapere che non c’era quasi mai a casa, che reclutava persone per voi e che gli hanno amabilmente sparato un colpo in testa! Quindi dimmi cosa cazzo vuoi da me e facciamola finita.”
 
Arthur mi guardò stupito e allungò una mano sul vetro.
Ci fu un suono metallico e poi … giù.
Tutta la stanza stava scendendo, come se fosse un ascensore.
Rimasi sbalordita e non sapevo effettivamente che aspettami.
 
“Beh, si Elisabeth. I Kingsmen sono un’associazione segreta che lavora nella più totale discrezione. Coopera con diverse altre associazioni famose in tutto il globo, come la CIA. Cosa voglio da te? E’ semplice. Reclutarti. Dovrai affrontare parecchie prove e se le supererai tutte diventerai un Kingsman. E’ strano che tuo padre non ti abbia reclutata, con il fascicolo che ti porti dietro.”
“Glielo chiesi, un giorno.”
“Cosa?”
“Si… Gli chiesi perché non voleva portarmi da loro. Lui mi rispose che era un lavoro troppo pericoloso e che non voleva perdermi in un modo orrendo. Poi disse che aveva già un ragazzo per loro.”
Perché stavo parlando così tanto con lui? Perché?
Sapevo solo che stavo per realizzare uno dei miei più grandi sogni, ma allo stesso tempo mi stavo dannando ancora di più la vita.
 
Dopo qualche minuto e dopo essere stata catapultata probabilmente dall’altra parte del mondo con un siluro, Arthur mi giudò ad una stanza.
“Lascia pure la tua roba qui dentro. Siamo in anticipo di circa 57 minuti.”
 
“Arthur… Sei in…”
Un uomo pelato, alto vestito in modo casual ma elegante, mi stava squadrando.
“… Anticipo.”
 
“Merlin, ti presento Elisabeth. Elisabeth, questo qui è il capo dei Kingsmen… Merlin!”
L’uomo pareva confuso e stonato, ma allungò la mano per stringermela.
“Spero che renderai fiero Arthur con i tuoi risultati. Ora ti prego, attendi nella stanza l’arrivo degli altri!”
Sorrisi lievemente a quel Merlin e poi ad Arthur, prima di girarmi, entrare nella stanza e scegliere un letto dove sistemarmi.
 












 Merlin, qualcosa non va?”
“Eggsy… Perché Elisabeth Hurt è qui?”
“… Hurt?”
“Si… Quella è la figlia di Harry!”

 

 

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