Demons [Look into my eyes... It’s where my demons hide]

di Dragon gio
(/viewuser.php?uid=7953)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Part 1.# ***
Capitolo 2: *** Part. 2# ***
Capitolo 3: *** Part 3.# ***
Capitolo 4: *** Part 4.# ***
Capitolo 5: *** Part 5.# ***



Capitolo 1
*** Part 1.# ***


Part 1
Salve bella gente! Ho deciso di iniziare a pubblicare tutte le fiction che ho sparso sui diversi forum che seguo, meglio tardi che mai insomma! XD Allora, questa mini long fiction di 5 capitoli risale a prima che il manga finisse, quindi non tiene conto della maggior parte degli eventi "canonici". Si svolge post 4 guerra ma Naruto e Sasuke non hanno super poteri power up, nè hanno perso un braccio a testa e Kakashi possiede ancora il suo Sharingan. Non tratterà di coppie questa fiction, ma anche se fosse sappiate che il NaruSaku regna per me, mentre tutto ciò che è canonico fa solo volume! XD

Questa storia la dedicai alla mia adorata Oduchan, ed ovviamente anche adesso che approda qui su EFP la dedica resta invariata. ♥

Buona lettura miei prodi, ricordate sempre che le recensioni sono nostre amiche e che pareri, critiche costruttive e quanto altro saranno sempre ben accetti!


Demons
[Look into my eyes... It's where my demons hide]

 

Part. 1#

 
 
Era la cosa giusta da fare.
 
Una semplice frase ripetuta più volte nonostante le ossa rotte, il sangue alla bocca e la paura di aver lasciato pezzi di se stesso in giro per la vallata.
Era la cosa giusta da fare. Sai lo aveva ripetuto fino a che le forze glielo avevano concesso, prima di essere trasportato d’urgenza all’ospedale di Konoha.
Quando Sakura se lo era trovato davanti, steso sul tavolo della sala operatoria era semplicemente irriconoscibile. Continuava a dirsi che quell’ammasso di carne sanguinolenta, con evidenti fratture scomposte alle gambe, non poteva essere Sai.
Trattenne il respiro quel tanto che bastava per rendersi conto purtroppo che l’angosciante visione era reale. Shizune e gli altri chirurghi le urlarono di non stare lì impalata, che il paziente era un codice rosso, di dare una mano perché ne avevano bisogno.
In un tripudio di sudore, paura e tanto sangue, Sakura aveva operato Sai, per cercare di salvargli la vita che ora era decisamente appesa ad un filo.
Non seppe quanto tempo passò lì dentro, quando finalmente spalancò le porte dalla sala operatoria tirò un sospiro di sollievo. Fissò per un momento l’orizzonte fuori dalla finestra e vide che si era fatta notte. Era provata, sia nel corpo che nello spirito, ma volle ugualmente seguire l’infermiera che condusse la barella con Sai nella stanza della terapia intensiva. Quando finalmente tutto fu sistemato, Sakura rimase in silenzio ad osservare. L’artista giaceva in quel letto, praticamente immobilizzato per via delle molteplici fratture alla gambe e alla braccia. La testa e parte del volto coperti di bende, non c’era porzione di pelle che non fosse tumefatta e livida.
 
La squadra Anbu che aveva condotto in ospedale Sai, disse che dopo aver seguito alcune tracce sospette erano giunti in fondo ad una scarpata ove l’artista, a malapena ancora in vita, era stato trovato coperto di sangue. Però, e questo Sakura non poteva ignorarlo, le ferite di Sai erano troppo gravi, lui era uno shinobi molto esperto nei combattimenti a lunga distanza, difficilmente avrebbe permesso ai suoi avversari di avvicinarsi così tanto da ridurlo in quello stato. Era strano, sembrava quasi che Sai non si fosse difeso, come se gli fosse stato impossibile o non avesse voluto, ma era difficile credere che se ne fosse stato fermo e buono mentre gli spaccavano le gambe. Odiava pensarlo, ma le sue ferite facevano pensare ad una tortura, tesi avvalorata da segni evidenti di bruciature e contusioni in via di guarigione. Torture prolungate di chissà quanti giorni, forse una settimana, che era giusto il tempo in cui Sai non si era fatto vivo al villaggio.
 
Lo sguardo limpido di Sakura si offuscò, non riusciva a concepire tanta crudeltà verso un essere umano. Si lasciò sfuggire un singhiozzo malcelato, pensando a quanto fosse triste e furiosa allo stesso tempo. Preoccupata, si chiese inoltre a come avrebbe reagito Naruto quando fosse venuto a conoscenza delle condizioni del compagno, temeva per la sua impulsività, anche se in questo frangente lo avrebbe compreso benissimo. Un rumore di passi la sorprese alle spalle, la voce delicata di Shizune accompagnata da uno sbuffo le disse “Vai a casa a riposarti Sakura, non c’è nient’altro che tu possa fare per lui…”
 
 
Come ci si aspettava, il giorno dopo tutto il team Kakashi venne convocato dall’Hokage, per essere messi al corrente delle condizioni di Sai.
Nessuna parola poté spiegare a fondo quanto gli era capitato, solo quando Naruto, Kakashi e Yamato se lo trovarono di fronte poterono comprendere. Yamato sussultò violentemente, facendo tremare i pugni, al suo fianco Kakashi, strinse sofferente l’unico occhio visibile, per poi chinare il capo come sconfitto da tale atroce visione. Infine Naruto, non riuscì a spiccicare parola. Stette immobile con gli occhi sgranati, la bocca semi spalancata, smossa unicamente da un ringhio silenzioso.
“Ci vorrà molto tempo… e tanta fisioterapia… ma pensiamo che Sai possa rimettersi in piedi…” La voce di Sakura era ridotta ad un sussurro, un flebile lamento che parve non venire nemmeno udito dai presenti.
“Chi è stato a ridurlo così?” Dopo un tempo interminabile, la voce di Naruto era come esplosa creando un eco sinistro nella stanza.
“Non lo sappiamo… non ancora…” Il capitano Yamato fece un passo indietro, dirigendosi verso la porta. Una mano si poggiò sulla maniglia, bloccandosi prima di aprirla. La voce mutò radicalmente divenendo bassa e gelida.
“Ma ho tutta l’intenzione di scoprirlo…”
“L’aiuterò anche io!”
“Pure io!”
Kakashi sbuffò, conosceva fin troppo bene i suoi ex allievi, così come il suo Kohai.
“Naruto, Sakura voi due vi occuperete di Sai… al resto ci penseremo io e Yamato!” replicò il copia ninja con tutta la calma possibile. Poté udire i ringhi di disappunto da parte dei più giovani.
“Non vogliamo essere esclusi, Kakashi sensei!”
“Naruto ha ragione!”
“Sporcarsi le mani con certa gente non è compito vostro!” affermò critico il sensei dai capelli argentati. Lo sguardo severo si puntò su Naruto e Sakura.
“Kakashi ha ragione, inoltre ora Sai ha bisogno che gli stiate accanto! Ricordate che siete le persone più importanti per lui…”
Bastò quella frase per sgonfiare ogni tentativo di rivolta, più nessuno fra i presenti osò replicare. In un tacito consenso, uscirono dalla camera, ognuno con una meta diversa. Ognuno immerso nei propri pensieri.
Ma più di ogni altra cosa, tutti si chiedevano se fosse il caso di avvisare anche Sasuke. Il nukenin da poco aveva ripreso a vivere a Konoha, sempre sotto strettissima sorveglianza da parte degli Anbu, confinato in un piccolo monolocale proprio accanto al palazzo degli Hokage. Raramente gli era concesso uscire o vedere altre persone, ordine tassativo di Tsunade tenere questo rigore per i primi sei mesi. Indi per cui, non poteva sapere nulla di quanto era accaduto all’altro membro del suo vecchio team sette.
 
 
L’ultimo degli Uchiha vagava insofferente fra il letto e la scrivania, stufo marcio di rileggere sempre i soliti quattro libri pidocchiosi. Sospirando sonoramente chiuse il libro sgualcito che aveva fra le mani, scostò delicatamente la sedia e si alzò in piedi. L’ultima volta che lo aveva fatto di scatto, senza pensarci quasi, si era ritrovato con la faccia spalmata contro il muro e un Kunai puntato alla schiena. Gli Anbu che lo controllavano giorno e notte erano cinque, e di certo non conoscevano le mezze misure.
Arrivato davanti alla porta del bagno, Sasuke inspirò, contrito dalla frustrazione e per niente felice di avvertire la solita presenza molesta alla sue spalle.
“Vi prego, per una volta potrei almeno pisciare senza avervi fra i piedi?”
“Sai benissimo che non possiamo permetterti di rimanere da solo, in nessun caso!”
Se solo non lo gli avessero tenuto costantemente il chakra sigillato, Sasuke avrebbe volentieri sparato il suo Chidori dritto nei coglioni di quel tipo. Solo perché il consiglio dei cinque Kage non si fidava ancora totalmente di lui, questo non voleva dire che potevano violare così spudoratamente la sua privacy. Erano passati già quattro mesi da quando era iniziata questa prigionia forzata. I mesi più lunghi della sua vita.
“Abbiamo visite…” affermò piatto lo stesso Anbu che aveva tampinato Sasuke fin davanti il gabinetto. Svanì in una nube di fumo e riapparve all’ingresso del monolocale.
Kakashi Hatake lo attendeva, lo sguardo greve e impassibile. L’Anbu, più giovane di lui, fece un profondo inchino invitandolo ad entrare.
Lui era uno fra i pochi “eletti” che aveva il permesso di incontrare il giovane Uchiha. Kakashi varcò la soglia, si tolse i sandali che posizionò all’ingresso e si diresse nella stanzetta, diciamo così, salotto.
“Yo, Sasuke! Ti trovo in forma anche oggi!”
Come risposta percepì un sommesso grugnito, ed un espressione altamente scocciata.
“Sempre di buon umore…”
“Perché? Dovrei forse fare i salti di gioia?”
“Attento a come parli, Uchiha!” Immediatamente attorno al ragazzo comparvero gli altri Anbu, pronti a fare da scudo per evitare che aggredisse Kakashi. Anche se era privato del suo chakra, era comunque un elemento pericoloso.
Sasuke schioccò un occhiata stizzita, e poi alzò le mani in segno di resa “Chiedo scusa, sensei… quale buon vento la porta qui?”
Il modo in cui falsava la voce era anche più orrendo di quanto non avrebbe mai pensato. Kakashi si disse tristemente che, per una volta, Sasuke aveva tutto il diritto di fare i capricci a quel modo. Simili arresti domiciliari avrebbero mandato fuori di testa anche una persona sana. Figuriamoci lui.
“Pensavo ti interessasse sapere che uno dei tuoi compagni, è rimasto ferito gravemente…” Kakashi non si lasciò sfuggire il cipiglio di sorpresa che percorse, fugace e silenzioso, il viso di Sasuke.
“Mh, scommetto che quell’idiota di Naruto se le è prese dal solito imbecille di turno!” sputò la sentenza senza remore, impegnandosi nello scandire il più possibile ogni singola parola. Ma l’espressione che gli rivolse il Jonin era tutta un programma.
“E’ una cosa seria, Sasuke…”
Si squadrarono male per un breve istante, quando poi l’Uchiha capì che avrebbe perso questa battaglia di occhiatacce, si lasciò andare ad  un sonoro sospiro. L’ennesimo di quella maledetta giornata che era iniziata già con il piede sbagliato.
“Mi racconti tutto…” mesto, andò a sedersi al piccolo tavolinetto che usufruiva come base per mangiare e leggere, invitando inoltre Kakashi a fare lo stesso. La sedia scricchiolò appena quando gli si sedette sopra, segno che doveva essere davvero vecchia e malandata. Come il resto della casa, composta da mobili scalcinati, mura che odoravano di muffa, tende spesse e polverose che adombravano l’unica finestra disponibile. Kakashi sorrise tristemente, era ovvio che nessuno al villaggio si sarebbe sforzato di rendere “piacevole” la prigionia a Sasuke. Troppo doveva a Konoha, troppo.
Kakashi si prese il suo tempo, spiegò di come Sai fosse sparito tutto un tratto la settimana scorsa, di quanto lo avessero cercato e di come infine fu stato ritrovato da una squadra Anbu di pattuglia.
“Mh…” fu la criptica affermazione di Sasuke, nulla di più, nulla di meno. Non che si aspettasse chissà che, in fondo Sasuke non aveva avuto modo di conoscere Sai al punto da preoccuparsi per lui sinceramente.
“In qualità di capitano del team, mi sono sentito in dovere di avvisarti!”
“Buffo, stavolta rischio di essere io il sostituto del team 7, vero sensei?”
“Tu non puoi nemmeno uscire di casa Sasuke, figuriamoci l’essere reintegrato nel mio team!” Puntualizzò con una certa rabbia quel mio team. Una risata malcelata sgorgava dalla gola di Sasuke.
“Se non faccio più parte del suo team, perché cavolo si è preso il disturbo di venire fin qui?!”
“Francamente Sasuke, se ancora non l’hai capito, allora Naruto e Sakura stanno davvero sprecando il loro tempo con te…”
Il modo in cui Sasuke sgranò gli occhi fu qualcosa di comico per Kakashi. Sembrava un bimbo a cui avevano appena detto che doveva fermarsi a scuola, oltre l’orario, perché in punizione per qualcosa che non aveva fatto. Si morse il labbro, nervoso, assottigliando lo sguardo come un felino pronto a ghermire la sua preda.
“Sono stanco di ripeterlo… non me ne frega un cazzo di cosa pensano quei due o il resto del villaggio, se lo metta in testa!”
Kakashi non gli diede corda, evitando bellamente di rispondere a quella provocazione spudorata. Si alzò, silente e elegante imboccando l’uscita dell’angusta abitazione.
“Se ci saranno novità, sarai informato…”
“Tsk! Come le pare!”
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Part. 2# ***


Part 2
Part. 2#
 
 
Il tempo trascorse veloce, un mese se ne volò praticamente via quasi senza che nessuno se ne rendesse realmente conto. Finalmente Sai era uscito dalla terapia intensiva, stava sufficientemente meglio, diceva Sakura. Anche se a vederlo, totalmente immobilizzato a letto, agonizzante per le fratture, non si sarebbe detto.
Quando Naruto, spalancò la porta e lo vide sorridergli, si illuminò felice. Tutte le altre volte che era andato a trovarlo dormiva, e anche quando era sveglio non poteva parlare per via dell’odioso tubo-respiratore ficcato in gola.
“Ciao, Naruto…” bisbigliò debolmente Sai, la voce ancora roca per il lungo periodo in cui non aveva potuto aprire bocca.
“Ciao! Ti trovo meglio! Cioè, meglio di come eri fino a qualche giorno fa!”
Sai sorrise di nuovo, gli erano mancate le elucubrazioni mentali di Naruto. Ma ora che finalmente poteva comunicare, c’era qualcosa che doveva assolutamente dire.
“Naruto ascolta… devo parlare con Kakashi sensei…”
“Eh?! Aha, ok! Però credo sia in missione adesso, dovrai aspettare domani Sai!”
“Non importa, tanto il tempo non mi manca…”
“Questo è sicuro!”
Il petto di Sai fu scosso da una leggera risata, ma tanto bastò per farlo gemere di dolore.
“Sai, tutto bene?!”
“Sì… credo…”
Naruto percorse velocemente, con lo sguardo, il corpo di Sai. Le braccia, avvolte in fasciature spesse e rigide, le gambe nascoste dal lenzuolo, ingessate, entrambe. Chissà quante altre parti del suo corpo erano coperte da bende, lividi e quanto altro.
“Fa molto male?”
“Un po’… di questo passo diventerò dipendente degli antidolorifici…” Lo disse con leggerezza, quasi ironico. Ma il viso di Naruto si rabbuiò ulteriormente, gli occhi celesti si posarono languidi su Sai.
“Sai, te lo giuro… troverò… lo troverò chi ti ha fatto questo!”
“Non è necessario…”
“Sì, che lo è invece!” ruggì come un leone Naruto, sbattendo i pugni stretti sulla ringhiera del letto. Sai deglutì incerto un po’ di saliva, incapace di articolare decentemente qualunque parola. Però, c’era quella sensazione strana, quel calore che gli era salito in petto quando Naruto aveva detto che avrebbe trovato i responsabili. Non capiva, ma era qualcosa che aveva attenuato, seppure per pochissimi istanti, i forti dolori che pervadevano ogni angolo del suo corpo.
 
 
Il giorno successivo, Kakashi si recò da Sai, come gli aveva promesso Naruto. Giunse con un ora di ritardo, come sempre, ma almeno si era preso la briga di portare qualche regalino al pittore.
“Sensei, non doveva…”
Sai osservava, abbastanza bramoso, il cestino di vimini da cui spuntava ogni ben di Dio per uno come lui: succose mele rosse, confezioni giganti di Tofu fresco, alcuni libri, uno sketch book e una scatola di matite colorate.
“Figurati, mi sembra il minimo, dato che sarai bloccato qui ancora per molto!”
“Grazie…”
“Allora, Naruto mi ha detto che dovevi parlarmi…” Kakashi recuperò uno sgabello e lo posizionò a fianco del letto di Sai. L’artista ne seguì attento i movimenti e, solo quando lo vide accomodato, prese a parlare.
“Immagino che tutti vogliate sapere cosa è successo…”
“Abbiamo fatto qualche indagine in merito, ma ho il sospetto che solo tu possa spiegarci per bene ogni cosa…”
Con una calma a dir poco irreale, Sai inspirò a fondo e si preparò a raccontare gli eventi antecedenti la settimana prima che sparisse.
 
 
“Sakura-chan, sei sicura che sta roba piaccia davvero a Sai?”
“Certo, ne sono sicurissima! Il Tofu è il suo cibo preferito, gli piacerà un sacco vedrai!” Sakura socchiuse gli occhi smeraldo ghignando gioiosa verso le borse di tela che trasportava Naruto, contenenti decine di scatole di Tofu dolce e salato dai gusti e aromi più disparati.
“Mh, sarà… io continuo a dire che avremmo dovuto portargli del ramen!”
“Naruto, quello piace solo a te, baka!”
Erano giunti davanti la porta della camera di Sai, quando questa si spalancò tutto un tratto.
“Kakashi sensei!” trillò Sakura sorpresa, ma tutto l’entusiasmo svanì quando si rese conto dell’espressione tirata che aveva.
“Sensei, tutto bene?”
“Mh? Oh sì, certo! Vedo che avete fatto acquisti!”
“Aha, questo? Sì, abbiamo preso un po’ di Tofu per Sai, sembra che lo adori!”
“Ma che coincidenza Naruto, pure io gliene ho preso un po’!”
“Non gli mancherà di certo il contorno con il cibo dell’ospedale!”
“Hai proprio ragione, Sakura!”
I tre scoppiarono a ridere e, approfittando di questo, Kakashi si defilò rapidamente dai due ragazzi. Un senso di inquietudine però pervase le loro menti.
Anche Sai sembrava stranamente cupo, ma mutò radicalmente espressione quando i due amici gli mostrarono l’abbondante scorta di Tofu che gli avevano comperato.
 
 
Passò dell’altro tempo, circa due settimane prima che Sasuke ricevette nuovamente una visita da Kakashi.
“Stavolta ti sei portato appresso pure quello?”
Quello, ha un nome ed è Yamato. Capitano Yamato per te…” Puntualizzò il suddetto, ottenendo come unica reazione da parte di Sasuke lo sdegno più totale.
“Si può sapere cosa volete?”
“Abbiamo scoperto cosa è successo a Sai…”
“E lo venite a dire proprio a me? Cosa volete che mi importi! Manco lo conosco quel tizio!”
“Dovrebbe importarti invece, dato che si è fatto spezzare le ossa per te Sasuke…” esclamò senza remore Yamato. Stavolta una reazione in Sasuke avvenne.
“Come?!”
“Vedi Sasuke, non devo essere io a ricordatelo, ma ci sono molte persone che vorrebbero vedere la tua testa su una picca…”
“Tsk!”
“E fra queste, vi sono pure le medesime che hanno avvicinato Sai qualche mese fa…”
Sasuke, stranamente, iniziò a incuriosirsi per questa storia. Si decise a far accomodare i due ospiti, non aveva tè da offrire loro, così dovettero accontentarsi di alcune gallette stantie.
“Hanno creato una sorta di nuovo clan, costituito da nukenin e cacciatori di taglie! Con l’unico scopo di farti la pelle, Sasuke!”
“Continuo a non capire, cosa c’entri il vostri amico in tutto questo…”
“Sai in passato ha fatto parte della Radice, già una volta gli era stata affidata la missione di ucciderti, ricordi Sasuke?”
“Mh… lo ricordo bene! Però quel pivello non era al mio livello! Non lo è mai stato…”
Yamato sorvolò sull’arrogante appunto di Sasuke, e tentò suo malgrado di proseguire nella spiegazione.
“Devono aver pensato che fosse la persona più adatta per giungere a te, Sasuke! Così lo hanno avvicinato e gli hanno commissionato il tuo omicidio!”
Le labbra di Sasuke si piegarono con inerzia in un mezzo sorriso, mefistofelico, passandoci sopra fugacemente la lingua.
“Scommetto che il pittoruncolo ha accettato subito…”
Il silenzio agghiacciante che gli rivolsero entrambi i Jonin, bastò come risposta a Sasuke.
“Strano, credevo non mi sopportasse! Ero sicuro che avrebbe accettato…”
“Sai non è quel tipo di persona! Non farebbe mai niente, niente, che procurasse un qualche dolore a Naruto e Sakura!”
Kakashi sorrise, anche se il volto era nascosto dalla maschera, lo fece. Non vi era stata esitazione nella voce dell’amico mentre parlava. Ne fu stranamente felice.
“Per farla breve, si è rifiutato! Avrebbe messo al corrente anche l’Hokage, se non fosse che quei tipi sono stati più veloci e lo hanno fatto sparire nel nulla…”
“Si è ferito combattendo contro loro?”
Yamato e Kakashi si scambiarono un occhiata, indecisi se proseguire o meno con questa conversazione.
“No, è stato torturato…”
Sasuke si sentì ancora più confuso di prima, come dimostrava il suo lento sgranare degli occhi. La gola gli parve arsa tutto un tratto, cercando di articolare qualche parola.
“Perché?”
“Volevano obbligarlo ad ucciderti, hanno tentato di usare anche dei genjitsu sulla sua mente…”
“Ma non ha funzionato, così sono arrivati alla torture fisiche…” Concluse, greve, il capitano Yamato. Sasuke dopo aver metabolizzato la cosa, incassò le spalle, distaccato.
“E quindi?”
I pugni di Yamato si strinsero, convulsi, anche Kakashi se ne accorse, non solo il giovane Uchiha.
“E’ tutto qui quello che hai da dire?” La voce di Kakashi si era fatta tagliente, come il suo sguardo che pareva voler trafiggere l’aria. Fra gli Anbu presenti vi fu un sussulto generale, in pochi avevano visto quell’espressione terrificante sul viso del senpai Hatake.
Sasuke stava sfidando apertamene e deliberatamente Kakashi, pensando oltre tutto di averla vinta. Povero illuso.
Quindi, ho chiesto un permesso speciale all’Hokage per permetterti di andare a trovare Sai!”
“Non ne alcuna intenzione!”
Seguirono attimi di pura tensione, l’aria nella stanza si era fatta a dir poco incandescente. A spezzare quella sorta di incantesimo, ci pensò Kakashi, avanzando una richiesta precisa.
“Tutti quanti, fuori.”
Gli Anbu si guardarono fra loro, imperscrutabili attraverso le maschere ma era chiara l’espressione sgomenta che dovevano avere.
“Senpai, anche se è lei a chiederlo non possiamo…”
“Abbiamo ordini precisi!”
“Fuori. Subito.” Due semplici parole, ma pronunciate con un tale tono autoritario che perfino Yamato tremò.
“Concediamogli qualche minuto...” Yamato tentava, con la sua consueta diplomazia, a convincere gli Anbu.
“Me ne basterà soltanto uno. Devo dire una cosa importante a Sasuke, in privato…”
Alla fine gli Anbu, ben consci di non poter disobbedire ad uno come Kakashi, si fecero da parte svanendo uno dopo l’altro. Erano rimasti solo Yamato, Kakashi e Sasuke nella stanza. Il Jonin più anziano fece un cenno e, pure Yamato sparì in una nube di fume. Ma con una raccomandazione.
“Niente sciocchezze, senpai!”
Il copia ninja annuì, poi si infilò le mani in tasca e si avvicinò a Sasuke, fronteggiandolo a pochi centimetri di distanza.
“Perché non vuoi andare a trovarlo? Dovresti quanto meno dirgli grazie, per quello che ha fatto per te!”
“Mh. No, passo.” Soffiò Sasuke, lo sguardo tetro e irremovibile. Kakashi sospirò, conscio che le cose stavano precipitando.
“Sasuke, non te lo ripeterò. Vai a trovare Sai! Sarebbe un ottima occasione per rivedere anche Naruto e Sakura!”
Si accorse che Sasuke non lo guardava più in viso, ma preferiva fissare la parete alla sua sinistra. Non emetteva un fiato, continuando ad ostentare un aria altezzosa.
“Sasuke…”
“Aha, basta! Basta! Ma che volete tutti quanti da me?! Ho detto che sarei tornato a vivere a Konoha, che mi sarei redento, ma ora basta!”
“Sei sempre il solito ragazzino viziato, in questo non sei mai cambiato Sasuke…”
“Ah, sarei io quello viziato? Vorrei vedere lei, caro sensei, a vivere in questo buco di merda, recluso giorno e notte, con cinque estranei che sono sempre lì a fissarmi pure quando sono in bagno!” Le urla di Sasuke si erano fatte così forti che la voce strideva, roca e furiosa. Sembrava sul punto di avere una vera crisi di nervi, era al limite.
“Ma che cosa ti aspettavi? Di ricominciare a vivere sereno, come se nulla fosse? Di avere tutti gli onori di questo mondo perché ti sei schierato dalla nostra parte durante la guerra? Tu ti sei macchiato le mani di sangue Sasuke, e hai spezzato il cuore a molte persone, non dimenticarlo mai!”
Contrito e sempre più rabbioso, Sasuke si chiuse a riccio su se stesso, ficcandosi le unghie nella carne dei pugni stretti. Le nocche erano sbiancate per lo sforzo, mentre dalla bocca aveva preso a colare un rivolo di sangue. I denti avevano morso con tanta ferocia il labbro inferiore da farlo sanguinare copiosamente.
“Cresci Sasuke…”
Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. Il delicato e instabile equilibrio mentale di Sasuke andò in frantumi, facendolo agire sconsideratamente. Come una furia si avventò su Kakashi, ma nel suo goffo tentativo di cacciargli un pugno in piena faccia, venne bloccato facilmente.
La mano gli venne girata con forza e portata dietro la schiena, Kakashi lo immobilizzò totalmente con rapidità. Sasuke si ritrovò, gemente e soffocante, con un braccio del suo ex sensei premuto contro la gola.
“Stammi bene a sentire Sasuke, sono veramente stanco di questo tuo atteggiamento! Ora, l’unica cosa che voglio sentire dire da quella tua stupida bocca, è che andrai in ospedale a fare visita alla persona che ti ha salvato il culo!”
“Nessuno glielo ha chiesto! Non ho mai chiesto a quell’idiota di Sai di rischiare la pelle per me!”
“Già, hai ragione, eppure si è fatto spaccare le gambe in otto punti diversi pur di non consegnarti a loro! Secondo te questo, che significa, eh?!”
“Tsk! Che è un coglione?”
“No. Sei tu il coglione, Sasuke! Tuo fratello si starà rivoltando nella tomba!”
“Non osare tirare in ballo Itachi! Non ne sei degno!” Con un tono a dir poco gutturale, sputò fuori quella frase, con una tale potenza da rischiare di bruciare i sigilli che permeavano l’abitazione. Se fosse successo sul serio, sarebbe stato un problema dato che erano proprio quelli a limitare il suo chakra e a reprimere lo Sharingan.
Kakashi poteva percepire piccole scosse elettriche attraversare il corpo di Sasuke, si voltò preoccupato e si accorse che alcuni sigilli stavano svanendo.
“Merda!” L’esclamazione, poco fine, venne udita da Sasuke che, proprio come un folle, aveva preso a ridere nervosamente. A Kakashi tutto sembrò un gigantesco deja-vù.
“Oh Kakashi sensei, non ha idea di quanto nella merda sia!” Lo scintillare vermiglio dello Sharingan comparve negli occhi di Sasuke, proprio nell’istante in cui l’ultimo sigillo prese fuoco disintegrandosi.
Kakashi balzò indietro per evitare la scossa del devastante Chidori che l’intero essere di Sasuke rilasciò in pochi secondi. Avrebbe concluso l’attacco se non fosse stato per la moltitudine di rami che lo avvolsero, sbattendolo con violenza a terra. Sasuke si sentì privo di forze, ma non capì fino a quando non vide i cinque Anbu in cerchio attorno a lui che producevano un sigillo di costrizione. Yamato inspirò, si era preso un bello spavento, ma non tanto come Kakashi, ne era sicuro.
Stava ritto in piedi, ad osservare il ragazzo che si dimenava, inveiva contro tutto e tutti, proprio come una bestia ferita. Socchiuse l’occhio scuro, avvilito da tale penosa visione.
“Fatelo tacere, vi prego.” Detto questo svanì, lasciando Yamato ad imprecare perché finiva sempre che le rogne doveva sbrigarle lui al posto del senpai.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Part 3.# ***


Part 3
Part. 3#
 
 
Di quanto era accaduto fra Kakashi e Sasuke, non ne fece parola nessuno, nemmeno l’Hokage venne messa al corrente di tale sfuriata da parte del recluso. Secondo Yamato, raccontare quei fatti sarebbe stato solo deleterio, più che per Sasuke per i poveri Naruto e Sakura, che già si stavano penando per Sai. Non era giusto dargli altri pensieri, non ora almeno. Kakashi aveva accolto la richiesta del compagno, sebbene riluttante in un primo momento. Cambiò idea quando, spiando silente la camera di Sai, vide Naruto che stava in piedi di fianco al letto dell’amico, mentre Sakura stava usando il chakra curativo per velocizzare la guarigione delle gambe rotte.
“Fa tanto male, Sai?”
“Tranquillo Naruto, ho sopportato di peggio…”
“Resisti Sai, ho quasi finito!”
“Ok…”
Sebbene cercasse di nasconderlo, era evidente che stesse soffrendo come un cane. Naruto stringeva nervosamente le lenzuola, con esitazione muoveva una mano verso quella fasciata di Sai, forse per posargliela sopra. Ma poi si ritraeva, scioccamente imbarazzato al pensiero di donare un gesto di conforto al compagno sofferente.
Kakashi si ritrovò a pensare che i suoi allievi erano proprio degli stupidi orgogliosi, tutti, nessuno escluso. Yamato aveva ragione, non era il caso di metterli al corrente della litigata con Sasuke.
 
 
I giorni avevano ripreso a scivolare via con inerzia per Sasuke, vuoti, monotoni. Ma in quel lasso di tempo un pensiero fisso lo aveva tormentato: perché quel tizio, Sai, si era fatto massacrare per lui?
Non si dava pace, più se lo domandava e più aveva voglia di comprendere il motivo per cui aveva agito così. Si sentì un vero idiota, quando domandò ad uno degli Anbu di poter vedere Kakashi. Ma non poteva farne a meno, aveva bisogno di sapere, di capire, ora più che mai.
 
L’incontro fra i due fu rapido e di poche parole, Sasuke indolente espresse il desiderio di vedere Sai e Kakashi semplicemente, acconsentì senza porre ulteriori domande.
Lo condusse personalmente in ospedale, scortato dai soliti Anbu, ma per evitare occhi indiscreti attesero che si fece buio. Sgusciarono nella stanza mimetizzandosi, dissimulando la propria presenza agli occhi del mondo intero. Sai dormiva, sereno e quieto, non si era ancora accorto di nulla.
Il copia ninja fece cenno alla squadra Anbu che potevano ritirarsi, mentre lui, ovviamente, sarebbe rimasto. Sasuke fece per fare un passo in avanti, ma la mano di Kakashi lo bloccò.
“Aspetta, lo sveglio io! L’ultima cosa che vogliamo è fargli venire un infarto nel trovarsi davanti la tua espressione agghiacciante…” Sasuke lo osservò stranito e, diciamolo, un poco incazzato per tale affermazione.
Attese che l’Hatake fece ridestare Sai, che non appena iniziò a connettere i neuroni per poco non gli cascò la mascella tanto la spalancò nel vedere Sasuke Uchiha ai piedi del letto.
“Sasuke-kun… ma cosa?”
“Perdonaci Sai, per essere piombati qui a quest’ora della notte! Ma Sasuke, voleva vederti…”
Con un gesto di stizza, Sasuke si avvicinò e, senza che gli fu chiesto, si sedette sul materasso, con le braccia incrociate al petto e un espressione truce in viso.
“Dimmi perché…”
“Perché… che cosa, Sasuke-kun?”
“Non fare il finto tonto, hai capito benissimo!”
Sai rimase a boccheggiare, guardando prima Sasuke e poi rivolgendosi a Kakashi. Sorridendo falsamente, in maniera confusa.
“Kakashi sensei, ma Sasuke-kun sta bene?”
“Non ignorarmi, pittoruncolo da quattro soldi! Voglio sapere perché ti sei fatto maciullare le ossa! E’ per colpa mia? Che cazzo credevi di dimostrare?! Non ti ho chiesto niente, manco mi conosci, non mi stai nemmeno simpatico, accidenti!”
Il giovane pittore rimase silente, ascoltando attentamente lo sfogo isterico di Sasuke. Tuttavia continuando a sentirsi sempre più spaesato.
“Kakashi sensei, no sul serio… ma Sasuke-kun sta bene?”
Sasuke stava per dare di matto, come dimostrava il suo volto sfigurato dalla rabbia. Sebbene sapesse bene che Sai rischiava di rimetterci la pelle, Kakashi non se la sentì di intervenire. La scena era troppo comica perché degenerasse in qualcosa di violento.
“Ma ci sei o ci fai?! Kami, perché?! Perché tutti quelli che incrocio sul mio cammino sono dei tali spostati mentali?!”
“Da che pulpito…”
“Taci! O ti rompo personalmente qualche altro osso!”
“Mi spiace Sasuke, ma non vi sono altre ossa che tu possa rompermi! Mi hanno già fatto a pezzi tutte le ossa possibili, anche le dita delle mani…”
Sasuke gemette, impossibilitato nel replicare decentemente dopo che Sai, con un assurdo sorriso stampato in faccia, gli aveva detto una simile atrocità con tanta leggerezza.
“Perché sorridi? Cosa sei, un masochista?!”
“No, non direi! Non traggo alcun piacere, nel provare dolore…”
“E allora perché?! Perché lo hai fatto, dimmelo!”
Sai sbatté gli occhi un infinità di volte, volse lo sguardo al soffitto, rilassando poi le labbra screpolate prima di aprire di nuovo bocca.
“Perché tu, nonostante non mi piaccia neanche un po’, sei un mio compagno! Era la cosa giusta da fare…”
Questa volta, il sorriso che gli donò, era sincero. Fottutamente sincero, era così puro che Sasuke si sentì quasi ferito da cotanta sincerità gratuita.
“Sei proprio… un cretino, tale e quale a Naruto…” Dopo tanto tempo, Sasuke Uchiha chinò il capo, sconfitto. Non riusciva a sostenere oltre lo sguardo di Sai. Faceva male, troppo male. Le viscere gli si stavano contorcendo dolorosamente, era insopportabile, davvero.
La mano che gentilmente si posò sulla sua spalla, fu l’unico balsamo quella notte per Sasuke. Quando si girò e vide Kakashi, che gli sorrideva a sua volta, provò uno strano calore.
Un effimera emozione, che però non lo abbandonò nemmeno quando se ne andò dall’ospedale, o quando si mise a letto. I sorrisi di Sai e Kakashi, non lo abbandonarono per diversi giorni. Sì, facevano davvero un male del diavolo.
 
 
Quando Naruto li vide assieme, per poco non svenne. Rimase sulla soglia della porta, la busta della spesa gli cadde a terra, emettendo un suono sordo quando le mele rotolarono sul pavimento liscio.
Un dito tremante si alzò, indicando i due individui in questione che, non appena si accorsero della faccia da idiota che aveva, si presero la briga di tranquillizzarlo.
“Dobe, se non chiudi la bocca ti entreranno le mosche!”
“Sasuke ha ragione! E poi, hai fatto cadere le mele che mi avevi portato, spero non si siano ammaccate troppo!”
Le pupille cerulee di Naruto vagarono impazzite, finendo quasi fuori dalle orbite oculari per lo shock.
“Ma… ma… ma che diavolo succede qui?!”
“Ehilà, buongiorno a tutti!” Kakashi fece il suo ingresso, ignorando allegramente il povero Naruto che ancora si agitava in preda al panico. Un piede calciò una mela, solo allora si accorse del macello fatto dal suo allievo.
“Naruto, stai più attento! Hai rovinato queste belle mele…”
“La volete finire tutti di preoccuparvi delle mele?! Piuttosto, sensei ma che diavolo ci fa qui Sasuke?! Non mi dica che è fuggito?! E’ nei guai, non è vero?!”
“Ma cosa dici, Dobe! Sono piantonato giorno e notte da una squadra Anbu, per non parlare di Kakashi-impiccione-sensei che mi accompagna ovunque!”
“Dai Sasuke, non ti lamentare! Poteva andarti peggio! E comunque non è vero che sono un impiccione, non mi paragonare a quei tizi! Io non ti seguo anche in bagno!” I tizi tossicchiarono, sentendosi chiamati in causa. Solo allora Naruto si accorse che la stanza, era praticamente accerchiata dagli Anbu.
“La prego, non me lo ricordi… è già abbastanza imbarazzante doversi lavare con i loro occhi puntati addosso, si figuri quando devo andare in bagno!”
“Ritieniti fortunato Sasuke, sono io quello messo peggio…”
“Come no!”
“Quando avrai un catetere ficcato nei paesi bassi ne riparleremo!”
“Ok, non dico più niente! E non raccontarmi i dettagli, ti supplico!”
Naruto si sentiva estraniato, davvero, non ci capiva più niente. Da quando Sasuke e Sai parlavano come se fossero amici di vecchia data? Da quando aveva il permesso per uscire? Ma soprattutto, da quando nessuno lo metteva più al corrente di simili novità?!
“Kakashi sensei… non sto sognando, vero?”
Kakashi comprese perfettamente il suo sgomento, si intenerì nel vedere la sua espressione a metà fra lo stupore e le lacrime. Fu solo un attimo, ma riuscì a scorgere quei due meravigliosi occhi azzurro cielo inumidirsi.
“Sono felice… sensei, sono davvero felice!”
“Anche io, Naruto…”
 
 
“Forza Sai, prova a fare un passo! Solo uno! Puoi farcela, ‘tebayo! Io credo in te!”
“Ci provo…”
Erano ore che ci provavano, senza successo. Nonostante gli incoraggiamenti di Sakura, il ridicolo tifo da stadio di Naruto, era evidente che le gambe di Sai ancora non lo reggessero.
Sasuke sbuffò, stanco di assistere a questo calvario, perché diavolo non lo lasciavano in pace? Non avrebbe combinato nulla quel giorno, era già stata una sofferenza il solo poggiare un piede in avanti e far bilanciare il peso corporeo su esso.
Scocciato all’ennesima potenza, si alzò di scatto percorrendo a grandi falcate la strada che lo divideva da Sai e le parallele su cui si teneva in precario equilibrio.
“Adesso basta, non vedete che non ce la fa?!” esasperato, più dello stesso Sai, era corso al suo fianco per sostenerlo dato che barcollava.
“Nah, Sasuke che dici?! Sono certo che Sai stava per fare un passo, lo so!”
“Taci, Dobe! L’unico passo che avrebbe fatto, era quello verso il pavimento!”
“Lo sapevo, è ancora presto…” sussurrò Sakura afflitta. Aveva fatto sedere Sai e lo stava rinvigorendo con il suo chakra curativo.
“Perdonami, non avrei dovuto incoraggiarti a provarci…”
“Ma no Sakura, sono io che l’ho voluto! Sono così stanco di passare le giornate seduto a letto che non vedevo l’ora di rimettermi in piedi!”
Nessuno lo aveva biasimato per questo, erano passati circa otto mesi da quando lo avevano ricoverato, con la maggior parte delle ossa del corpo in frantumi. Le gambe, in particolare, erano quelle messe peggio dato che vi erano almeno quattro-cinque punti, ciascuna, in cui erano state spezzate.
Avevano dovuto operarlo altre volte per rimetterlo totalmente in sesto, ed ora, finalmente, aveva iniziato la fisioterapia.
“Dai, ora torniamo in camera, devi riposare!”
I tre ragazzi rientrarono in stanza, Sasuke e Naruto aiutarono Sai a rimettersi a letto per poi uscire tutti per permettergli di fare un sonnellino. Non era più abituato a muoversi e quindi, si stancava rapidamente, gli ci sarebbe voluto molto tempo prima di recuperare la forma fisica di uno shinobi del suo livello.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Part 4.# ***


Part 4
Part. 4#
 
 
“E’ fantastico Sai, sei riuscito a camminare per tutta la stanza! Evviva!” Naruto era così euforico che la voce, squillante come al solito, si era elevata a livelli stratosferici.
“Dobe, abbassa il volume! Ti ha sentito tutto l’ospedale, cazzo!”
“Aha, taci! Sono troppo felice per Sai! E non sarà certo un Teme del cazzo come te a rovinarmi questo momento!”
“Kami, quanto sei idiota! Ti ammazzo, lo giuro!”
“Provaci, dai! Ti spacco il culo con la mia arte eremitica!”
“Io il culo te lo disintegro con l’Amaterasu!”
“Ragazzi, basta!” I pugni di Sakura erano, come sempre, il miglior metodo per mettere a tacere la consueta lite giornaliera di Naruto e Sasuke.
Una volta che si trovarono entrambi con la testa conficcata nella parete, non fecero più tanto i gradassi. Però i poveri muri dell’ospedale chiedevano pietà, e Sai sinceramente si era rotto di dover cambiare stanza ogni giorno.
“Sakura, quando recupererò appieno le mie forze, penso li sigillerò entrambi con la tecnica del Koshi Tandan*!”
“Hai tutta la mia approvazione, Sai! Questi due idioti, mi mandano al manicomio!” grugnì la kunoichi facendo scricchiolare le dita. Le due “vittime”, giacevano sofferenti a terra, massaggiandosi la testa su cui svettava un enorme bernoccolo.
La vista fu così deliziosamente ispiratrice che Sai, non resistette alla tentazione di ritrarli proprio in quell’istante. Afferrò uno dei suoi rotoli, il pennello che intinse rapido nella boccetta di inchiostro e immortalò sulla carta le loro bellissime espressioni da idioti.
“E’ proprio un opera d’arte, complimenti Sai!”
“Capitano Yamato, buon giorno!”
“Salve capitano, anche lei è venuto a far visita a Sai?”
“Sì, anche se in realtà dovrei parlargli di una certa faccenda, ma non c’è fretta!”
Si scambiarono una strana, seria, occhiata di sottecchi, che non sfuggì all’attenzione di Sasuke. Ma Sai, il furbastro, si impegnò per sviare immediatamente il discorso e far concentrare i presenti su ben altro.
“Ohi, Dobe, Sakura perché non andiamo a mangiare? Ormai è ora di pranzo…” sentenziò improvvisamente Sasuke.
“Hai ragione Sasuke, è già così tardi! Fra poco porteranno da mangiare anche a Sai!”
“Nah, il cibo dell’ospedale fa schifo! Tranquillo Sai, ti portiamo qualcosa di buono più tardi!”
“Ok…”
Sakura e Naruto si avviarono verso l’uscita, continuando a discutere animatamente sul cibo. Sasuke rimase dietro loro, arrivato sulla soglia si voltò verso Yamato, che parve anticipare i suoi pensieri.
“Voi andate, vi raggiungo fra poco!”
Sasuke fece finta di nulla e uscì, richiudendosi la porta alle spalle. Ma non andò dietro ai due amici, o quanto meno, fu una sua copia a seguirli. Il vero Sasuke, si era già nascosto fra i rami dell’albero che dava proprio sulla finestra della camera di Sai. Faceva caldo, e sapeva che il pittore amava tenerla aperta per far circolare l’aria primaverile.
“Mi dica capitano, è successo qualcosa?”
“In effetti sì… abbiamo catturato alcuni esponenti del clan di traditori che stanno attentando alla vita di Sasuke!”
“Li avete presi tutti? Da che ricordo, non erano in molti, una ventina circa…”
“No, i pesci piccoli sono stati i primi a fuggire, ma a noi interessava il capo clan! Ed è stato proprio lui a cadere nella trappola che gli avevamo teso due mesi fa…”
“E’ stato portato a Konoha?”
“Sì, ora è nelle mani di Morino, non lo invidio per niente!”
Yamato indugiò un momento, si concentrò sulla reazione di Sai, apparentemente apatica. Però, sembrò quasi tirare un sospiro di sollievo, intimamente si convinse che doveva essere stato molto teso in quel periodo per le sorti di Sasuke.
Ciò che non poteva sapere, e che probabilmente non avrebbe mai verificato, è che lo stesso Uchiha aveva spiato la loro conversazione. Tanti, troppi pensieri bui cominciarono ad annidarsi nella mente di Sasuke da quel giorno.
 
 
Gli ci erano volute settimane per pianificare questo piano, non sospettava nemmeno lontanamente che sarebbe stato così difficile attuarlo sul serio. Era trascorso quasi un anno ormai e l’odiosa scorta di Anbu, da cinque si era ridotta a solo due elementi, che però non avevano più il permesso di seguirlo dentro casa. Inoltre, nell’ultimo periodo gli stato concesso di muoversi più liberamente a Konoha, sebbene ci fosse sempre qualche occhio vigile a seguirlo nell’ombra. Era andato a vivere in un appartamento decisamente più grande e vivibile, e questo gli aveva consentito di preparare con dovizia di particolari, il modo per raggiungere indenne le celle segrete. Non gli fregava di essere scoperto, lui voleva solo arrivare al responsabile di tutto questo.
Non era stato per nulla facile, ma ora che finalmente il suo piede gravitava sull’insulsa testa di quel cosiddetto capo clan, tutta la fatica sprecata scivolò via dal suo corpo.
“Come hai fatto ad arrivare fino a qui?!”
“Non sono cose che ti riguardano, pezzente…” Sasuke calciò con forza lo stomaco della sua vittima. Non poteva muoversi, incatenato come era. E non poteva reagire, o usare il chakra dato che la stanza era piena di sigilli.
“Tsk! Cosa vuoi fare? Uccidermi?! Se lo fai, non farai altro che consolidare la nostra teoria!”
“Teoria? Dai, forza illuminami, pezzente!” Un altro calcio, e un dente stavolta saltò via.
“Che tu… sei solo un pericolo, per tutti… per tutto il mondo! Meriti di morire! Tu e il tuo sporco clan, meritate di sparire una volta per tutte!”
“Hai iniziato dalle gambe, vero?”
“Cosa?! Che stai…”
Sasuke si gustò il terrore che guizzò nello sguardo dell’uomo, mentre afferrava una sorta di lungo tubo metallico, che si era portato dietro. 
“Si inizia sempre da quelle, così il prigioniero non può fuggire…”
“Aspetta… fermo!”
Il tubo stridette quando si scontrò con la sua gamba, Sasuke poté udire distintamente il suono di qualcosa che andava in pezzi. Attese un istante, stava per colpirlo nuovamente ma si frenò dinanzi al patetico balbettio di quell’uomo.
“Falla finita! Sai non avrà versato nemmeno una lacrima, e tu sei qui a piagnucolare come una femminuccia dopo un solo colpo!”
“C…che ne sai tu?” Tentò di guadagnare tempo, leccandosi via il sangue che sgorgava dalle labbra. Si ricordò improvvisamente di Sai, di chi fosse. Ma soprattutto, di cosa gli avesse fatto. Ridacchiò, non preoccupandosi dello sguardo severo di Sasuke che lo stava incenerendo.
“Non ha versato… nemmeno una lacrima dici? Ha pianto… fidati, lo ha fatto! Dopo che gli ho spezzato tutte le dita… ha pianto come un moccioso…”
“Aha, davvero? Non è che magari ha pianto, perché il suo corpo non sopportava più il dolore delle trentadue ossa che gli avevi rotto in precedenza?”
“L…le hai contate?!”
“Le ho memorizzate tutte… e credimi, ho tutta l’intenzione di replicarle su di te…” Il viso di Sasuke si era deformato in qualcosa di assolutamente spaventoso, come testimoniava il tremore incontrollato dello shinobi dinanzi a sé.
“Una per una…”
“Uccidimi… preferisco che tu mi uccida!” Il fulgido bagliore del terrore più assoluto, si stava impadronendosi di lui. Sasuke lo sapeva. Bramava quell’istante, oh se lo aveva desiderato.
“Ucciderti? Non me ne faccio niente della tua morte, pezzente… mi basta sbriciolarti le ossa come hai fatto con Sai…”
L’eco di un grido disumano riempì le celle sotterrane, spargendosi in ogni dove, rimbombando qua e là. Nei pochi istanti di lucidità, il prigioniero non poté fare a meno di chiedersi dove fossero le guardie, perché nessuno giungesse lì per soccorrerlo. Come era possibile che nessuno si accorgesse di nulla?
 
All’ingresso di quel luogo tetro, Kakashi Hatake sostava, poggiato mollemente al muro. Inspirò forte, le urla si erano fatte più potenti, ma lui non sarebbe intervenuto di certo. Si faceva schifo in quell’istante, non tanto diversamente da Sasuke, ma nemmeno lui poteva perdonare un simile individuo.
Sai si era confidato solo con lui, Kakashi era l’unico che conosceva a fondo le dolorose torture a cui era stato sottoposto. Tante, troppe, alcune così umilianti al punto da farlo sentire profondamente a disagio al solo parlarne.
Era divenuto il custode di un terribile segreto che era certo, Sai non avrebbe mai rivelato a nessun altro. Così come il pianto liberatorio che gli aveva concesso, stretto nel suo abbraccio. Mentre raccontava della paura di morire che lo aveva devastato, rendendolo totalmente inerme, per la prima volta in vita sua. Fragile, piccolo e tremante, Kakashi non riusciva a togliersi dalla mente il singhiozzare di Sai stretto a lui.
Gli importava seriamente di poche persone al villaggio, e i ragazzi della sua squadra erano fra essi, compresi Sai e Sasuke.
Non avrebbe mai voluto che fosse proprio Sasuke a sporcarsi le mani, ma tentare di fermarlo avrebbe fatto saltare il suo piano, facendolo scoprire. Condannando di certo a morte il giovane, per aver compiuto un simile gesto. Naruto, Sakura e lo stesso Sai ne avrebbero sofferto troppo, dopo tutto quello che avevano passato, non si meritavano altro dolore.
Kakashi era pronto a prendersi ogni colpa, ecco perché era lì. Ecco perché, una volta che gli Anbu si fossero accorti di essere caduti nel suo Genjutsu, si sarebbe fatto arrestare auto incolpandosi di aver torturato a morte uno dei prigionieri. Era il minimo che poteva fare. Per Kakashi, questa era la cosa giusta da fare.
 
 
 
* Fuinjutsu: Koshi Tandan ; praticamente la tecnica che usa Sai durante la guerra per sigillare gli edo tensei (e che per un soffio non sigillava pure Madara, lo ha mancato proprio di pochi istanti XD) nel suo mega rotolone! XD Non so se possa sigillare pure i "vivi" ma, boh, è una fiction, licenza poetica! XD

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Part 5.# ***


Part 5 end
Part. 5#
 
 
“Che cosa?! Kakashi sensei è stato… arrestato?!” Naruto era incredulo, così come Sakura e Yamato.
“Purtroppo è così! Ha deciso che Sai andava vendicato, e così ha pensato di usare lo stesso trattamento di torture che il capo clan di traditori gli aveva riservato!”
“E’ assurdo… Godaime, non ci crederà davvero? Kakashi non farebbe mai una cosa simile! Per quanto… per quanto possa aver desiderato far giustizia non…”
“Lo so Yamato. La cosa non quadra nemmeno a me se è per questo! Ma si è costituito, di sua spontanea volontà…”
Erano tutti scioccati, il solo pensiero che un uomo come Kakashi agisse così era impensabile. Tsunade aveva le mani legati in quel momento, aveva dovuto seguire la legge marziale e far arrestare Kakashi. Da lì a pochi giorni lo avrebbero processato, ma per un simile gesto rischiava di perdere la sua licenza di Jonin.
 
Quando anche Sai fu avvisato dell’accaduto, per poco non gli venne un colpo. Anche se a sbiancare paurosamente fu proprio Sasuke, che era con lui in quel momento. Era certo di averla fatta franca, come faceva a sapere Kakashi? Ma soprattutto, si era preso una colpa non sua. Davvero, non capiva quale insano piacere provassero quei dementi nel parargli il culo di continuo.
Ma forse non era per lui, si disse. Forse Kakashi, così come Sai, avevano fatto tutto questo solo per proteggere Naruto e Sakura da ulteriori sofferenze. Si sentiva stanco di tutto questo, tanto stanco.
“Sasuke, che ti prende?” La domanda di Naruto era quanto meno legittima, visto che Sasuke era scattato in piedi con una ferocia tale da far cadere la sedia.
“Ascoltami bene Dobe… qualunque cosa succeda, promettimi, anzi giurami che non farai casini!”
I presenti ebbero il cuore che balzò in gola dall’ansia. Che cosa doveva succedere? Che cosa stava per accadere di tanto grave da indurre Sasuke a fare una simile richiesta.
“Sasuke, cosa stai dicendo?” Yamato ebbe il sospetto che il peggio non era ancora arrivato. Se Sasuke c’entrava davvero qualcosa in questa storia, le conseguenze sarebbero potute essere disastrose.
“Devo parlare con l’Hokage, immediatamente!”
“Va bene, ti accompagno io…” affermò il capitano. Ovviamente, non stette nemmeno a spiegare all’Uchiha che il suo era un ordine e non una proposta.
Sasuke annuì e poi si voltò verso loro, quel gruppo sconclusionato che si definiva team. O ancora meglio, la sua famiglia. Sicuro che stavolta non li avrebbe più rivisti. Regalò loro una sorta si sorriso sghembo, prima di salutarli e allontanarsi velocemente.
Qualcosa in Sai vibrò, e fu più doloroso di tutte le ossa che gli avevano spaccato. Recuperò le stampelle abbandonate accanto al letto, si tirò in piedi e si avviò verso l’uscita. Non ebbe bisogno di dire nulla, Naruto e Sakura gli erano già accanto, la meta era la medesima: ufficio dell’Hokage.
 
Quando giunsero l’agognata meta, il cataclisma era già avvenuto. La scrivania di Tsunade era spaccata a metà, Shizune stava appiccicata al muro in stato di shock stringendo Ton Ton al petto. Sasuke, in piedi davanti all’Hokage, con il pugno di lei che svettava a pochissimi centimetri dal suo nasino perfetto. Yamato, infine, che usava l’arte del legno per frenare la stessa Hokage, prima che travolgesse il ragazzo e ogni oggetto che si trovasse sul suo cammino.
“Signorina Tsunade!” gridò Sakura nel panico assistendo alla scena.
“Tu! Sei veramente un bastardo!”
“Lo so. Ma ora che conosce la verità, liberi Kakashi Hatake…”
“Godaime, si calmi la prego!” biascicò Yamato che pareva star faticando nel trattenere il braccio di Tsuande. Rare volte l’avevano vista così fuori di sé, la stessa Sakura ne era sorpresa.
“Qualcuno mi vuole spiegare che accidenti succede?!” Naruto si era fatto avanti, disorientato ma soprattutto preoccupato per Sasuke.
L’Uchiha guardò severamente l’Hokage, per un attimo sembrò che i suoi occhi implorassero di tacere. Ma era consapevole egli stesso, che non poteva più portare avanti questa menzogna.
Nel momento in cui Tsunade si rilassò, l’aria nella stanza era tornata respirabile, come se ogni istinto omicida si fosse spento in lei.
“Non è stato Kakashi a trasformare in un colabrodo il prigioniero…”
Sakura fu la prima a voltarsi verso Sasuke, stupendo lo stesso ragazzo. Non era più una sciocca bimba infatuata di lui, ora era una giovane donna che aveva imparato a conoscerlo, a guardare dentro la sua oscurità. Ma non era certo che l’avesse accettata. La vide intristirsi, capire, metabolizzare in qualche modo la notizia. Con Naruto fu molto più difficile. Teneva lo sguardo su lui, tremante e deluso. Proprio uno come lui che odiava certe ritorsioni violente, non riusciva a perdonargli un simile gesto. Anche se era stato fatto per il bene di un amico.
Si morse le labbra, soffocando le parole che sarebbero dilagate come un fiume in piena, l’ultima cosa che voleva era litigare con Sasuke.
“Per quel che vale, mi dispiace se vi ho deluso… ma non mi pento di ciò che ho fatto. Io sono fatto così, amo la vendetta, non posso farne a meno.”
“Sasuke Uchiha, sei cosciente che questa tua bravata ti costerà la libertà?”
“Signorina Tsunade, aspetti!”
“No, Sakura. Mi sono fidata di lui, gli ho concesso una seconda opportunità per tornare a vivere a Konoha! Ha detto che avrebbe fatto ammenda dei suoi errori, che avrebbe scontato la sua pena secondo quanto avrei deciso…”
“Va bene così, Sakura. E’ giusto che io paghi per i miei crimini.”
L’Hokage fissò i presenti nella stanza qualche istante, fece un respiro profondo e poi si decise ad emettere la sua sentenza.
“Da oggi verrai recluso nella prigione di Konoha, e vi rimarrai fino a quando il consiglio dei Kage non avrà preso una decisione definitiva sulle tue sorti.”
 
 
“Sei libero di andare!”
“Eh?”
Kakashi non credeva alle sue orecchie. Seduto sulla scomodo letto di pietra della cella, fissava imbambolato la guardia che stava girando la chiave nella porta.
“Non capisco… hanno anticipato il giorno del processo?”
“Quale processo? Sei sordo, ho detto che sei libero! Le accuse contro di te sono cadute!”
L’Hatake era sempre più spaesato, iniziò a porsi domande e a pensare che se era stato rilasciato, poteva esserci un'unica soluzione. Mentre veniva condotto fuori, difatti, incrociò una squadra di Anbu che stava trascinando Sasuke, in manette.
“Sasuke! Cosa è successo?!”
Lui non rispose, non gli rivolse nemmeno un cenno o uno sguardo. Camminò a occhi chiusi ignorandolo, senza aprire bocca. Kakashi scosse il capo, con dissenso, arrivando da solo a capire cosa fosse successo.
“Sei proprio uno sciocco, Sasuke…”
 
 
 
Dopo pochi giorni, Sasuke ricevette la prima visita. Quando se lo vide davanti le sbarre, schioccò le labbra con dissenso, voltando seccato il volto dalla parte opposta.
“Perché sei venuto?”
“Pensavo ti facesse piacere avere compagnia…”
“Non è per quello!” grugnì seccato l’Uchiha, gli occhi corsero sulla figura di Sai, in piedi, sorretto dalle stampelle.
“Baka! Ci sono tre rampe di scale per arrivare qui, avrai fatto una fatica del diavolo!”
“Rischi la pena di morte, e tu ti preoccupi del fatto che io abbia fatto le scale? Mi sento lusingato, ma penso anche tu sia un po’ scemo Sasuke!”
“Attento a come parli, o ti assicuro che cella o meno, ti tiro una testata!” sbraitò Sasuke, in un modo assolutamente irritato. Poi si bloccò, ripensò alle parole di Sai e inarcò un sopracciglio preoccupato.
“Un momento… pena di morte?”
Sai abbassò subito il viso, contrito, si era lasciato sfuggire una parola di troppo causando un forte disagio nella conversazione.
“Sì… almeno, stando a quanto ho sentito dire… ma non c’è ancora nulla di deciso!” Cercò di rimediare, come poteva. Ma a giudicare dall’espressione svuotata di Sasuke, era chiaro che la cosa non gli facesse piacere.
“Scusa… era meglio se stavo zitto…”
La faccia da cane bastonato di Sai era talmente ridicola che a Sasuke venne veramente voglia di tirargli un calcio negli stinchi. Ma si trattenne, già rischiava di finire sul patibolo per aver preso a botte un criminale, figuriamoci se picchiava uno di Konoha.
“Sasuke, senti… perché lo hai fatto?”
“Mah, chissà…” Sasuke gli diede le spalle, lasciando poggiare pigramente la schiena alle sbarre della cella. Le braccia incrociate al petto, con gli occhi scuri che vagavano senza meta sul soffitto di pietra avvolto dalla penombra più totale.
“Se lo hai fatto per vendicarmi, sei stato proprio un idiota… ma anche se lo avessi fatto per altre ragioni, ti darei dell’idiota comunque… ti darei dell’idiota in ogni caso!”
“Ho capito, basta! Sono un idiota, contento?!”
“Io… quando sono stato catturato e mi hanno chiesto di ucciderti, ho pensato che dovevo fare il possibile perché questo non accadesse! Volevo rendermi utile alla squadra, in qualche modo… desideravo aiutare Naruto e Sakura…”
“Mh…”
“So quanto tu conti per loro Sasuke… anche per me sono importanti, non sono solo i miei amici più cari sono anche…”
“La tua famiglia?” Il modo in cui Sasuke lo aveva preceduto nel discorso, stupì Sai. Qualcosa gli disse, che in cuor suo, pure Sasuke la pensasse allo stesso modo.
“Non ho avuto esitazioni. L’ho fatto e basta.” Scandì chiaro e deciso quelle parole. Sai si rese conto di come, scioccamente, si fosse incantato nell’osservare la sua schiena.
“Perchè? Così facendo, ti sei rovinato con le tue mani!”
“Ho pensato che quella era… la cosa giusta da fare.”
Non ne era sicuro, ma a Sai parve di scorgere una porzione del profilo di Sasuke in quell’istante, e credette di vederlo sorridere.
“Lo sai Sasuke, tu ed io abbiamo qualcosa in comune…”
“Cosa?”
“L’oscurità… nei nostri cuori.”
Il sussulto che percorse Sasuke fu violento, ma cercò di contenerlo dentro di sé. Arricciò appena le dita dei piedi, e la bocca si strinse una, due tre volte indecisa. Masticava delle parole che non riuscì a far emergere in superficie.
“Non vogliamo che questa oscurità contamini anche Naruto e Sakura, loro sono pura luce… è per questo che non abbiamo avuto esitazione nel fare quel che abbiamo fatto.” Con quel non abbiamo, per Sai era sotto inteso che rientrasse pure Kakashi. Perché anche lui, suo malgrado, celava in fondo ai suoi occhi una profonda e dolorosa oscurità.
Fu allora che l’Uchiha capì. Capì perché era andato a massacrare quel tipo, mettendo a rischio la sua vita. Il vero motivo, quello nascosto sotto l’amara scorza della vendetta. La risposta gli apparve così semplice e chiara, che quasi provò disgusto per aver rifiutato tale verità per tutto quel tempo. Lui era diverso da Naruto, poteva solo essere se stesso, anche se questo lo portava a comportarsi in modo non corretto.
“Dico bene, Sasuke?”
Il suo animo parve quietarsi, finalmente dopo un tempo infinito, fatto di sofferenza, buio, marciume, si sentì veramente bene.
“Sì…”
 
 
La seconda visita che ricevette Sasuke, fu quella di Naruto, giusto una settimana dopo che era stato rinchiuso in galera. Il ragazzo biondo avanzò verso lui, esitando a parlare quando fu faccia a faccia con Sasuke.
Lo vedeva attraverso le sbarre di metallo, ma poteva scorgere in maniera fin troppo lampante l’espressione seria che lo attanagliava.
“Sasuke, i Kage hanno preso una decisione…”
“Dai, spara…”
“Prima c’è qualcosa che devo dirti!”
“Cosa?”
“Non approvo per niente quello hai fatto Sasuke, sono arrabbiato! Mi fa rabbia pensare a come hai reagito ma… mi fa tanta rabbia anche pensare a cosa quel tipo abbia fatto a Sai!” Le mani di Naruto si erano strette con forza alle sbarre, le stritolò così tanto che si deformarono leggermente.
“Dobe, dove vuoi arrivare?”
“Penso che nonostante tu abbia usato il mezzo sbagliato, le tue intenzioni finali erano buone!”
“Mh… suppongo che i Kage non la pensino come te, dico bene?”
“No, infatti… però hanno capito che tu hai agito solo per il bene di Konoha! Hai protetto un compagno ed hai evitato che a causa sua, si iniziasse un'altra battaglia sanguinosa!”
“Che intendi dire?!”
“Proprio ieri io, Sakura-chan, Kakashi sensei e il capitano Yamato, abbiamo catturato i restanti membri di quel clan! E’ stato merito tuo Sasuke, dopo il tuo trattamento speciale, il capo clan ha cantato come un uccellino, rivelando l’ubicazione di tutte le loro basi segrete!”
Sasuke non sapeva se gioire o meno di tale rivelazione, Naruto continuava ad aggirare l’argomento principale, ovvero che fine avrebbe fatto lui. Buffo, un tempo non gli sarebbe importato di sopravvivere, ma ora c’era qualcosa, anzi qualcuno per cui pensava valesse la pena vivere un altro po’.
“Cosa hanno deciso i Kage alla fine?”
“Bé, è difficile da spiegare…”
“Dillo e basta, cazzo! Mi stai facendo sudare freddo!”
“Dovrai sopportarmi per almeno sei mesi! Divideremo un appartamento assieme, sotto stretta sorveglianza degli Anbu!”
“Che cosa?!”
“Ho chiesto e ottenuto di dividere la tua pena con me! Mi sono assunto ogni responsabilità per il tuo comportamento, sia attuale che futuro!”
“Dobe…mi prendi in giro? Come ti è saltato in mente?!” Sasuke scattò, frustrato e allibito verso Naruto, sbattendo con forza i pugni sulla porta della cella. Naruto ricambiò con un sorriso, mostrando tutti i denti, con un espressione da ebete felice.
“Non ho avuto esitazioni! Si fa quel che si deve per proteggere la famiglia! Era la cosa giusta da fare!”
 
Non ho avuto esitazioni. Era la cosa giusta da fare.
 
Sasuke non poteva crederci, sembrava quasi che quel folle gruppo di persone sconclusionate, conosciute come team 7, dividessero un solo cervello per quattro. La cosa non era molto positiva, però in qualche modo la cosa lo fece sorridere ugualmente. Sorrise così tanto, in maniera così sincera che Naruto pigolò dalla sorpresa, facendo un salto indietro e iniziando a blaterare cosa senza senso come “chi sei tu e che ne hai fatto del vero Sasuke”.
“Kami… siete proprio tutti dei pazzi…”
 
Sì, erano i suoi pazzi. La sua pazza, strana famiglia. L’unica che gli fosse rimasta, oltre a quel trio di dispersi che erano Karin, Juugo e Suigetsu. Mancavano giusto loro si disse con malinconia, e il quadro sarebbe stato perfetto, completo.
 
 
Poche settimane dopo, Sai poté finalmente abbandonare le stampelle e ricominciare a camminare usando solo le proprie gambe. La prima cosa che volle fare, fu quella di andare a trovare i due segregati.
Si incontrò prima con Sakura e assieme andarono a fare un po’ di spesa, sicuramente Naruto non si stancava di mangiare ramen istantaneo ma Sasuke sì.
Acquistarono tanti cibi freschi, pesce e pomodori come se non ci fosse un domani. Sai si sentiva un po’ in imbarazzo a far portare tutte le borse a Sakura, ma quando aveva tentato di allungare una mano per prenderne una, lei lo aveva fulminato con lo sguardo.
“Sei ancora convalescente, non devi fare sforzi!”
“Ma… sono solo borse…”
Un'altra occhiataccia terrificante e Sai si ammutolì. Meglio non farla irritare oltre, o rischiava di ritrovarsi di nuovo in ospedale con le ossa rotte.
 
Avevano appuntamento con Kakashi e Yamato per poi dirigersi tutti assieme verso la casa che dividevano i due amici. Yamato fu puntuale, mentre Kakashi, ovviamente, arrivò con un ora e mezza di ritardo.
Sai non capì cosa trattenne il capitano dallo strangolare il sensei con l’arte del Mokuton, dato che lui era da mezz’ora che stava morendo di sete.
Finalmente riuniti, raggiunsero l’abitazione, situata in pieno centro, non poco distante dalla sede degli Anbu. Per l’occasione, le guardie speciali assegnate alla loro sorveglianza erano ben dieci e si alternavano in turni di ventiquattro ore, dentro e fuori casa.
Sakura rise, il pensiero che il povero Sasuke fosse di nuovo “spiato” giorno e notte lo mandava in bestia, difatti era nuovamente stressato. Poi c’era Naruto, indi per cui il suo stress aumentava esponenzialmente. Andare a trovarli, era l’unico modo per farli distrarre un po’, dato che non avevano il permesso di uscire e per uno come Naruto Uzumaki, il ragazzo più esagitato di sempre, era un calvario senza tregua.
Quando furono davanti l’ingresso, iniziarono a preoccuparsi. Non solo perché un paio di Anbu tentavano di bloccarne un terzo, che si dimenava con fota, ma perché da dentro casa arrivavano rumori e grida indistinte.
“Lasciatemi andare vi dico, ora li ammazzo!”
“Calmati! Dobbiamo sorvegliarli, non ucciderli!”
“Non me ne frega un cazzo! Mi hanno scartavetrato i coglioni con le loro liti, ora li uccido entrambi!”
Sai e gli altri sospirarono, non erano ancora entrati e già tirava un aria da battaglia. Quei due dovevano averla fatta grossa per far andare fuori di testa pure un Anbu. Che di norma sono le persone più posate e fredde del mondo.
“Salve, possiamo entrare?” Kakashi fu mandato, gentilmente, in avanscoperta da Yamato. Gli Anbu fecero cenno di sì con il capo, e intanto trascinavano via il povero collega che dava di matto.
“Credo avrebbe bisogno di una vacanza…”
“Poveretto! Aver a che fare con quei due fa impazzire chiunque!” affermò con noncuranza il capitano, però nessuno lo contrariò.
Non appena misero piede nella stanza, assistettero alla scena più tragicomica che avessero mai potuto immaginare: Naruto e Sasuke, debitamente appostati ai lati del piccolo salotto, che si tiravano ogni oggetto possibile, urlandosi contro epiteti a dir poco imbarazzanti. Discutevano a gran voce di sciocchezze quali l’aver finito questo o quel tipo di biscotto, nemmeno loro ci capirono tanto.
L’unica cosa che fu chiara a tutti, è che Sakura stava per esplodere, ormai si capiva anche senza bisogno di guardarla in volto. Il corpo veniva avvolto da una sinistra energia, che si disperdeva nell’aria donando piccole scosse a chi si trovava accanto a lei.
“Bene. Ora, io li ammazzo. Qualcosa in contrario?!” Yamato, Sai e Kakashi rabbrividirono a quello sguardo. Non ci pensarono manco per scherzo ad intervenire in difesa dei due pirla che ora, si rotolavano sul pavimento prendendosi a cazzotti.
“No, Sakura! Ma magari evita di ridurli in fin di vita! Non vorrei mai che l’Hokage spedisse anche te a fargli compagnia!”
“Non tema Kakashi sensei, ci andrò leggera…”
Certo come no, pensarono subito all’unisono i presenti, Anbu compresi, il che era tutto dire.
 
Nonostante l’inusuale visione di Sakura che prendeva a sberle due ragazzi ben più forzuti di lei, Sai si ritrovò a riflettere attentamente su quelle persone.
Pensò a come, un anno fa, si fosse il posto il problema di come comportarsi nei loro confronti ora che Sasuke Uchiha era tornato a Konoha.
E di poi come in effetti, si era comportato lui stesso quando si era reso conto che la vita di Sasuke dipendeva da una sua scelta. Era cambiato molto, tutti lo erano. Nonostante avessero sofferto molto, nonostante sapeva ci sarebbero stati altrettanti momenti duri in futuro, il cuore di Sai si sentiva fiducioso.
Con un gran sorriso sulle labbra si buttò nella “mischia”, aiutando Sakura a frenare i due sciocchi che continuavano imperterriti a darsele di santa ragione.
Sotto gli occhi attenti e divertiti di Kakashi e Yamato, che a loro volta sorridevano contenti di vedere i loro ragazzi sempre così energici.
 
Ognuno di loro poteva celare demoni, oscurità e dubbi nel proprio animo. Ma sapevano anche, senza bisogno di dirselo esplicitamente, che avrebbero fatto ogni cosa pur di proteggersi a vicenda da tale oscurità. Preservando la luce, la stessa che si rifletteva in quell’istante pure negli occhi di Sasuke.
 
 
 
END
29-04-2014
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3193999