Demons [Look into my eyes... It’s where my demons hide] di Dragon gio (/viewuser.php?uid=7953)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Part 1.# ***
Capitolo 2: *** Part. 2# ***
Capitolo 3: *** Part 3.# ***
Capitolo 4: *** Part 4.# ***
Capitolo 5: *** Part 5.# ***
Capitolo 1 *** Part 1.# ***
Part 1
Salve
bella gente! Ho deciso di iniziare a pubblicare tutte le fiction che ho
sparso sui diversi forum che seguo, meglio tardi che mai insomma! XD
Allora, questa mini long fiction di 5 capitoli risale a prima che il
manga finisse, quindi non tiene conto della maggior parte degli eventi
"canonici". Si svolge post 4 guerra ma Naruto e Sasuke non hanno super poteri power up,
nè hanno perso un braccio a testa e Kakashi possiede ancora il
suo Sharingan. Non tratterà di coppie questa fiction, ma anche
se fosse sappiate che il NaruSaku regna per me, mentre tutto ciò che è canonico fa solo volume! XD
Questa storia la dedicai alla mia adorata Oduchan, ed ovviamente anche
adesso che approda qui su EFP la dedica resta invariata. ♥
Buona lettura miei prodi, ricordate sempre che le recensioni sono
nostre amiche e che pareri, critiche costruttive e quanto altro saranno
sempre ben accetti!
Demons
[Look into my eyes... It's where my demons hide]
Part. 1#
Era la cosa giusta da fare.
Una semplice frase ripetuta
più volte nonostante le ossa rotte, il sangue alla bocca e la paura di aver
lasciato pezzi di se stesso in giro per la vallata.
Era la cosa giusta da fare. Sai lo aveva ripetuto fino a che le
forze glielo avevano concesso, prima di essere trasportato d’urgenza
all’ospedale di Konoha.
Quando Sakura se lo era
trovato davanti, steso sul tavolo della sala operatoria era semplicemente irriconoscibile.
Continuava a dirsi che quell’ammasso di carne sanguinolenta, con evidenti
fratture scomposte alle gambe, non poteva essere Sai.
Trattenne il respiro quel
tanto che bastava per rendersi conto purtroppo che l’angosciante visione era
reale. Shizune e gli altri chirurghi le urlarono di non stare lì impalata, che
il paziente era un codice rosso, di
dare una mano perché ne avevano bisogno.
In un tripudio di sudore,
paura e tanto sangue, Sakura aveva operato Sai, per cercare di salvargli la
vita che ora era decisamente appesa ad un filo.
Non seppe quanto tempo passò
lì dentro, quando finalmente spalancò le porte dalla sala operatoria tirò un
sospiro di sollievo. Fissò per un momento l’orizzonte fuori dalla finestra e
vide che si era fatta notte. Era provata, sia nel corpo che nello spirito, ma
volle ugualmente seguire l’infermiera che condusse la barella con Sai nella
stanza della terapia intensiva. Quando finalmente tutto fu sistemato, Sakura
rimase in silenzio ad osservare. L’artista giaceva in quel letto, praticamente
immobilizzato per via delle molteplici fratture alla gambe e alla braccia. La
testa e parte del volto coperti di bende, non c’era porzione di pelle che non
fosse tumefatta e livida.
La squadra Anbu che aveva
condotto in ospedale Sai, disse che dopo aver seguito alcune tracce sospette
erano giunti in fondo ad una scarpata ove l’artista, a malapena ancora in vita,
era stato trovato coperto di sangue. Però, e questo Sakura non poteva
ignorarlo, le ferite di Sai erano troppo gravi, lui era uno shinobi molto
esperto nei combattimenti a lunga distanza, difficilmente avrebbe permesso ai
suoi avversari di avvicinarsi così tanto da ridurlo in quello stato. Era
strano, sembrava quasi che Sai non si fosse difeso, come se gli fosse stato
impossibile o non avesse voluto, ma era difficile credere che se ne fosse stato
fermo e buono mentre gli spaccavano le gambe. Odiava pensarlo, ma le sue ferite
facevano pensare ad una tortura, tesi avvalorata da segni evidenti di
bruciature e contusioni in via di guarigione. Torture prolungate di chissà
quanti giorni, forse una settimana, che era giusto il tempo in cui Sai non si
era fatto vivo al villaggio.
Lo sguardo limpido di Sakura
si offuscò, non riusciva a concepire tanta crudeltà verso un essere umano. Si
lasciò sfuggire un singhiozzo malcelato, pensando a quanto fosse triste e
furiosa allo stesso tempo. Preoccupata, si chiese inoltre a come avrebbe
reagito Naruto quando fosse venuto a conoscenza delle condizioni del compagno,
temeva per la sua impulsività, anche se in questo frangente lo avrebbe compreso
benissimo. Un rumore di passi la sorprese alle spalle, la voce delicata di
Shizune accompagnata da uno sbuffo le disse “Vai a casa a riposarti Sakura, non
c’è nient’altro che tu possa fare per lui…”
Come ci si aspettava, il
giorno dopo tutto il team Kakashi venne convocato dall’Hokage, per essere messi
al corrente delle condizioni di Sai.
Nessuna parola poté spiegare a
fondo quanto gli era capitato, solo quando Naruto, Kakashi e Yamato se lo
trovarono di fronte poterono comprendere. Yamato sussultò violentemente,
facendo tremare i pugni, al suo fianco Kakashi, strinse sofferente l’unico
occhio visibile, per poi chinare il capo come sconfitto da tale atroce visione.
Infine Naruto, non riuscì a spiccicare parola. Stette immobile con gli occhi
sgranati, la bocca semi spalancata, smossa unicamente da un ringhio silenzioso.
“Ci vorrà molto tempo… e tanta
fisioterapia… ma pensiamo che Sai possa rimettersi in piedi…” La voce di Sakura
era ridotta ad un sussurro, un flebile lamento che parve non venire nemmeno
udito dai presenti.
“Chi è stato a ridurlo così?”
Dopo un tempo interminabile, la voce di Naruto era come esplosa creando un eco
sinistro nella stanza.
“Non lo sappiamo… non ancora…”
Il capitano Yamato fece un passo indietro, dirigendosi verso la porta. Una mano
si poggiò sulla maniglia, bloccandosi prima di aprirla. La voce mutò
radicalmente divenendo bassa e gelida.
“Ma ho tutta l’intenzione di
scoprirlo…”
“L’aiuterò anche io!”
“Pure io!”
Kakashi sbuffò, conosceva fin
troppo bene i suoi ex allievi, così come il suo Kohai.
“Naruto, Sakura voi due vi
occuperete di Sai… al resto ci penseremo io e Yamato!” replicò il copia ninja
con tutta la calma possibile. Poté udire i ringhi di disappunto da parte dei
più giovani.
“Non vogliamo essere esclusi,
Kakashi sensei!”
“Naruto ha ragione!”
“Sporcarsi le mani con certa
gente non è compito vostro!” affermò critico il sensei dai capelli argentati.
Lo sguardo severo si puntò su Naruto e Sakura.
“Kakashi ha ragione, inoltre
ora Sai ha bisogno che gli stiate accanto! Ricordate che siete le persone più
importanti per lui…”
Bastò quella frase per
sgonfiare ogni tentativo di rivolta, più nessuno fra i presenti osò replicare.
In un tacito consenso, uscirono dalla camera, ognuno con una meta diversa.
Ognuno immerso nei propri pensieri.
Ma più di ogni altra cosa,
tutti si chiedevano se fosse il caso di avvisare anche Sasuke. Il nukenin da
poco aveva ripreso a vivere a Konoha, sempre sotto strettissima sorveglianza da
parte degli Anbu, confinato in un piccolo monolocale proprio accanto al palazzo
degli Hokage. Raramente gli era concesso uscire o vedere altre persone, ordine
tassativo di Tsunade tenere questo rigore per i primi sei mesi. Indi per cui,
non poteva sapere nulla di quanto era accaduto all’altro membro del suo vecchio team sette.
L’ultimo degli Uchiha vagava
insofferente fra il letto e la scrivania, stufo marcio di rileggere sempre i
soliti quattro libri pidocchiosi. Sospirando sonoramente chiuse il libro sgualcito
che aveva fra le mani, scostò delicatamente la sedia e si alzò in piedi.
L’ultima volta che lo aveva fatto di scatto, senza pensarci quasi, si era
ritrovato con la faccia spalmata contro il muro e un Kunai puntato alla
schiena. Gli Anbu che lo controllavano giorno e notte erano cinque, e di certo
non conoscevano le mezze misure.
Arrivato davanti alla porta
del bagno, Sasuke inspirò, contrito dalla frustrazione e per niente felice di
avvertire la solita presenza molesta alla sue spalle.
“Vi prego, per una volta
potrei almeno pisciare senza avervi fra i piedi?”
“Sai benissimo che non
possiamo permetterti di rimanere da solo, in nessun caso!”
Se solo non lo gli avessero
tenuto costantemente il chakra sigillato, Sasuke avrebbe volentieri sparato il
suo Chidori dritto nei coglioni di quel tipo. Solo perché il consiglio dei
cinque Kage non si fidava ancora totalmente di lui, questo non voleva dire che
potevano violare così spudoratamente la sua privacy. Erano passati già quattro
mesi da quando era iniziata questa prigionia forzata. I mesi più lunghi della
sua vita.
“Abbiamo visite…” affermò
piatto lo stesso Anbu che aveva tampinato Sasuke fin davanti il gabinetto.
Svanì in una nube di fumo e riapparve all’ingresso del monolocale.
Kakashi Hatake lo attendeva, lo
sguardo greve e impassibile. L’Anbu, più giovane di lui, fece un profondo
inchino invitandolo ad entrare.
Lui era uno fra i pochi
“eletti” che aveva il permesso di incontrare il giovane Uchiha. Kakashi varcò
la soglia, si tolse i sandali che posizionò all’ingresso e si diresse nella
stanzetta, diciamo così, salotto.
“Yo, Sasuke! Ti trovo in forma
anche oggi!”
Come risposta percepì un
sommesso grugnito, ed un espressione altamente scocciata.
“Sempre di buon umore…”
“Perché? Dovrei forse fare i
salti di gioia?”
“Attento a come parli,
Uchiha!” Immediatamente attorno al ragazzo comparvero gli altri Anbu, pronti a
fare da scudo per evitare che aggredisse Kakashi. Anche se era privato del suo
chakra, era comunque un elemento pericoloso.
Sasuke schioccò un occhiata
stizzita, e poi alzò le mani in segno di resa “Chiedo scusa, sensei… quale buon
vento la porta qui?”
Il modo in cui falsava la voce
era anche più orrendo di quanto non avrebbe mai pensato. Kakashi si disse
tristemente che, per una volta, Sasuke aveva tutto il diritto di fare i
capricci a quel modo. Simili arresti domiciliari avrebbero mandato fuori di
testa anche una persona sana. Figuriamoci lui.
“Pensavo ti interessasse
sapere che uno dei tuoi compagni, è rimasto ferito gravemente…” Kakashi non si
lasciò sfuggire il cipiglio di sorpresa che percorse, fugace e silenzioso, il
viso di Sasuke.
“Mh, scommetto che
quell’idiota di Naruto se le è prese dal solito imbecille di turno!” sputò la
sentenza senza remore, impegnandosi nello scandire il più possibile ogni
singola parola. Ma l’espressione che gli rivolse il Jonin era tutta un
programma.
“E’ una cosa seria, Sasuke…”
Si squadrarono male per un
breve istante, quando poi l’Uchiha capì che avrebbe perso questa battaglia di
occhiatacce, si lasciò andare ad un
sonoro sospiro. L’ennesimo di quella maledetta giornata che era iniziata già
con il piede sbagliato.
“Mi racconti tutto…” mesto,
andò a sedersi al piccolo tavolinetto che usufruiva come base per mangiare e
leggere, invitando inoltre Kakashi a fare lo stesso. La sedia scricchiolò
appena quando gli si sedette sopra, segno che doveva essere davvero vecchia e
malandata. Come il resto della casa, composta da mobili scalcinati, mura che
odoravano di muffa, tende spesse e polverose che adombravano l’unica finestra
disponibile. Kakashi sorrise tristemente, era ovvio che nessuno al villaggio si
sarebbe sforzato di rendere “piacevole” la prigionia a Sasuke. Troppo doveva a
Konoha, troppo.
Kakashi si prese il suo tempo,
spiegò di come Sai fosse sparito tutto un tratto la settimana scorsa, di quanto
lo avessero cercato e di come infine fu stato ritrovato da una squadra Anbu di
pattuglia.
“Mh…” fu la criptica
affermazione di Sasuke, nulla di più, nulla di meno. Non che si aspettasse
chissà che, in fondo Sasuke non aveva avuto modo di conoscere Sai al punto da
preoccuparsi per lui sinceramente.
“In qualità di capitano del
team, mi sono sentito in dovere di avvisarti!”
“Buffo, stavolta rischio di
essere io il sostituto del team 7, vero sensei?”
“Tu non puoi nemmeno uscire di
casa Sasuke, figuriamoci l’essere reintegrato nel mio team!” Puntualizzò con
una certa rabbia quel mio team. Una
risata malcelata sgorgava dalla gola di Sasuke.
“Se non faccio più parte del
suo team, perché cavolo si è preso il disturbo di venire fin qui?!”
“Francamente Sasuke, se ancora
non l’hai capito, allora Naruto e Sakura stanno davvero sprecando il loro tempo
con te…”
Il modo in cui Sasuke sgranò
gli occhi fu qualcosa di comico per Kakashi. Sembrava un bimbo a cui avevano
appena detto che doveva fermarsi a scuola, oltre l’orario, perché in punizione
per qualcosa che non aveva fatto. Si morse il labbro, nervoso, assottigliando
lo sguardo come un felino pronto a ghermire la sua preda.
“Sono stanco di ripeterlo… non
me ne frega un cazzo di cosa pensano quei due o il resto del villaggio, se lo
metta in testa!”
Kakashi non gli diede corda,
evitando bellamente di rispondere a quella provocazione spudorata. Si alzò,
silente e elegante imboccando l’uscita dell’angusta abitazione.
“Se ci saranno novità, sarai
informato…”
“Tsk! Come le pare!”
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Capitolo 2 *** Part. 2# ***
Part 2
Part. 2#
Il tempo trascorse veloce, un
mese se ne volò praticamente via quasi senza che nessuno se ne rendesse
realmente conto. Finalmente Sai era uscito dalla terapia intensiva, stava sufficientemente
meglio, diceva Sakura. Anche se a vederlo, totalmente immobilizzato a letto,
agonizzante per le fratture, non si sarebbe detto.
Quando Naruto, spalancò la
porta e lo vide sorridergli, si illuminò felice. Tutte le altre volte che era
andato a trovarlo dormiva, e anche quando era sveglio non poteva parlare per
via dell’odioso tubo-respiratore ficcato in gola.
“Ciao, Naruto…” bisbigliò
debolmente Sai, la voce ancora roca per il lungo periodo in cui non aveva
potuto aprire bocca.
“Ciao! Ti trovo meglio! Cioè,
meglio di come eri fino a qualche giorno fa!”
Sai sorrise di nuovo, gli
erano mancate le elucubrazioni mentali di Naruto. Ma ora che finalmente poteva
comunicare, c’era qualcosa che doveva assolutamente dire.
“Naruto ascolta… devo parlare con
Kakashi sensei…”
“Eh?! Aha, ok! Però credo sia
in missione adesso, dovrai aspettare domani Sai!”
“Non importa, tanto il tempo
non mi manca…”
“Questo è sicuro!”
Il petto di Sai fu scosso da
una leggera risata, ma tanto bastò per farlo gemere di dolore.
“Sai, tutto bene?!”
“Sì… credo…”
Naruto percorse velocemente,
con lo sguardo, il corpo di Sai. Le braccia, avvolte in fasciature spesse e
rigide, le gambe nascoste dal lenzuolo, ingessate, entrambe. Chissà quante
altre parti del suo corpo erano coperte da bende, lividi e quanto altro.
“Fa molto male?”
“Un po’… di questo passo
diventerò dipendente degli antidolorifici…” Lo disse con leggerezza, quasi
ironico. Ma il viso di Naruto si rabbuiò ulteriormente, gli occhi celesti si
posarono languidi su Sai.
“Sai, te lo giuro… troverò… lo
troverò chi ti ha fatto questo!”
“Non è necessario…”
“Sì, che lo è invece!” ruggì
come un leone Naruto, sbattendo i pugni stretti sulla ringhiera del letto. Sai
deglutì incerto un po’ di saliva, incapace di articolare decentemente qualunque
parola. Però, c’era quella sensazione strana, quel calore che gli era salito in
petto quando Naruto aveva detto che avrebbe trovato i responsabili. Non capiva,
ma era qualcosa che aveva attenuato, seppure per pochissimi istanti, i forti
dolori che pervadevano ogni angolo del suo corpo.
Il giorno successivo, Kakashi
si recò da Sai, come gli aveva promesso Naruto. Giunse con un ora di ritardo,
come sempre, ma almeno si era preso la briga di portare qualche regalino al
pittore.
“Sensei, non doveva…”
Sai osservava, abbastanza
bramoso, il cestino di vimini da cui spuntava ogni ben di Dio per uno come lui:
succose mele rosse, confezioni giganti di Tofu fresco, alcuni libri, uno sketch
book e una scatola di matite colorate.
“Figurati, mi sembra il
minimo, dato che sarai bloccato qui ancora per molto!”
“Grazie…”
“Allora, Naruto mi ha detto
che dovevi parlarmi…” Kakashi recuperò uno sgabello e lo posizionò a fianco del
letto di Sai. L’artista ne seguì attento i movimenti e, solo quando lo vide
accomodato, prese a parlare.
“Immagino che tutti vogliate
sapere cosa è successo…”
“Abbiamo fatto qualche
indagine in merito, ma ho il sospetto che solo tu possa spiegarci per bene ogni
cosa…”
Con una calma a dir poco
irreale, Sai inspirò a fondo e si preparò a raccontare gli eventi antecedenti
la settimana prima che sparisse.
“Sakura-chan, sei sicura che
sta roba piaccia davvero a Sai?”
“Certo, ne sono sicurissima!
Il Tofu è il suo cibo preferito, gli piacerà un sacco vedrai!” Sakura socchiuse
gli occhi smeraldo ghignando gioiosa verso le borse di tela che trasportava
Naruto, contenenti decine di scatole di Tofu dolce e salato dai gusti e aromi
più disparati.
“Mh, sarà… io continuo a dire
che avremmo dovuto portargli del ramen!”
“Naruto, quello piace solo a te,
baka!”
Erano giunti davanti la porta
della camera di Sai, quando questa si spalancò tutto un tratto.
“Kakashi sensei!” trillò
Sakura sorpresa, ma tutto l’entusiasmo svanì quando si rese conto
dell’espressione tirata che aveva.
“Sensei, tutto bene?”
“Mh? Oh sì, certo! Vedo che
avete fatto acquisti!”
“Aha, questo? Sì, abbiamo
preso un po’ di Tofu per Sai, sembra che lo adori!”
“Ma che coincidenza Naruto,
pure io gliene ho preso un po’!”
“Non gli mancherà di certo il
contorno con il cibo dell’ospedale!”
“Hai proprio ragione, Sakura!”
I tre scoppiarono a ridere e,
approfittando di questo, Kakashi si defilò rapidamente dai due ragazzi. Un
senso di inquietudine però pervase le loro menti.
Anche Sai sembrava stranamente
cupo, ma mutò radicalmente espressione quando i due amici gli mostrarono
l’abbondante scorta di Tofu che gli avevano comperato.
Passò dell’altro tempo, circa
due settimane prima che Sasuke ricevette nuovamente una visita da Kakashi.
“Stavolta ti sei portato
appresso pure quello?”
“Quello, ha un nome ed è Yamato. Capitano Yamato per te…”
Puntualizzò il suddetto, ottenendo come unica reazione da parte di Sasuke lo
sdegno più totale.
“Si può sapere cosa volete?”
“Abbiamo scoperto cosa è
successo a Sai…”
“E lo venite a dire proprio a
me? Cosa volete che mi importi! Manco lo conosco quel tizio!”
“Dovrebbe importarti invece,
dato che si è fatto spezzare le ossa per te Sasuke…” esclamò senza remore
Yamato. Stavolta una reazione in Sasuke avvenne.
“Come?!”
“Vedi Sasuke, non devo essere
io a ricordatelo, ma ci sono molte persone che vorrebbero vedere la tua testa
su una picca…”
“Tsk!”
“E fra queste, vi sono pure le
medesime che hanno avvicinato Sai qualche mese fa…”
Sasuke, stranamente, iniziò a
incuriosirsi per questa storia. Si decise a far accomodare i due ospiti, non
aveva tè da offrire loro, così dovettero accontentarsi di alcune gallette
stantie.
“Hanno creato una sorta di
nuovo clan, costituito da nukenin e cacciatori di taglie! Con l’unico scopo di
farti la pelle, Sasuke!”
“Continuo a non capire, cosa
c’entri il vostri amico in tutto questo…”
“Sai in passato ha fatto parte
della Radice, già una volta gli era stata affidata la missione di ucciderti,
ricordi Sasuke?”
“Mh… lo ricordo bene! Però
quel pivello non era al mio livello! Non lo è mai stato…”
Yamato sorvolò sull’arrogante
appunto di Sasuke, e tentò suo malgrado di proseguire nella spiegazione.
“Devono aver pensato che fosse
la persona più adatta per giungere a te, Sasuke! Così lo hanno avvicinato e gli
hanno commissionato il tuo omicidio!”
Le labbra di Sasuke si
piegarono con inerzia in un mezzo sorriso, mefistofelico, passandoci sopra
fugacemente la lingua.
“Scommetto che il pittoruncolo
ha accettato subito…”
Il silenzio agghiacciante che
gli rivolsero entrambi i Jonin, bastò come risposta a Sasuke.
“Strano, credevo non mi
sopportasse! Ero sicuro che avrebbe accettato…”
“Sai non è quel tipo di
persona! Non farebbe mai niente, niente,
che procurasse un qualche dolore a Naruto e Sakura!”
Kakashi sorrise, anche se il
volto era nascosto dalla maschera, lo fece. Non vi era stata esitazione nella
voce dell’amico mentre parlava. Ne fu stranamente felice.
“Per farla breve, si è
rifiutato! Avrebbe messo al corrente anche l’Hokage, se non fosse che quei tipi
sono stati più veloci e lo hanno fatto sparire nel nulla…”
“Si è ferito combattendo
contro loro?”
Yamato e Kakashi si
scambiarono un occhiata, indecisi se proseguire o meno con questa
conversazione.
“No, è stato torturato…”
Sasuke si sentì ancora più
confuso di prima, come dimostrava il suo lento sgranare degli occhi. La gola
gli parve arsa tutto un tratto, cercando di articolare qualche parola.
“Perché?”
“Volevano obbligarlo ad
ucciderti, hanno tentato di usare anche dei genjitsu sulla sua mente…”
“Ma non ha funzionato, così
sono arrivati alla torture fisiche…” Concluse, greve, il capitano Yamato.
Sasuke dopo aver metabolizzato la cosa, incassò le spalle, distaccato.
“E quindi?”
I pugni di Yamato si
strinsero, convulsi, anche Kakashi se ne accorse, non solo il giovane Uchiha.
“E’ tutto qui quello che hai
da dire?” La voce di Kakashi si era fatta tagliente, come il suo sguardo che
pareva voler trafiggere l’aria. Fra gli Anbu presenti vi fu un sussulto
generale, in pochi avevano visto quell’espressione terrificante sul viso del
senpai Hatake.
Sasuke stava sfidando
apertamene e deliberatamente Kakashi, pensando oltre tutto di averla vinta.
Povero illuso.
“Quindi, ho chiesto un permesso speciale all’Hokage per permetterti
di andare a trovare Sai!”
“Non ne alcuna intenzione!”
Seguirono attimi di pura
tensione, l’aria nella stanza si era fatta a dir poco incandescente. A spezzare
quella sorta di incantesimo, ci pensò Kakashi, avanzando una richiesta precisa.
“Tutti quanti, fuori.”
Gli Anbu si guardarono fra
loro, imperscrutabili attraverso le maschere ma era chiara l’espressione
sgomenta che dovevano avere.
“Senpai, anche se è lei a
chiederlo non possiamo…”
“Abbiamo ordini precisi!”
“Fuori. Subito.” Due semplici
parole, ma pronunciate con un tale tono autoritario che perfino Yamato tremò.
“Concediamogli qualche
minuto...” Yamato tentava, con la sua consueta diplomazia, a convincere gli
Anbu.
“Me ne basterà soltanto uno.
Devo dire una cosa importante a Sasuke, in privato…”
Alla fine gli Anbu, ben consci
di non poter disobbedire ad uno come Kakashi, si fecero da parte svanendo uno
dopo l’altro. Erano rimasti solo Yamato, Kakashi e Sasuke nella stanza. Il
Jonin più anziano fece un cenno e, pure Yamato sparì in una nube di fume. Ma
con una raccomandazione.
“Niente sciocchezze, senpai!”
Il copia ninja annuì, poi si
infilò le mani in tasca e si avvicinò a Sasuke, fronteggiandolo a pochi
centimetri di distanza.
“Perché non vuoi andare a
trovarlo? Dovresti quanto meno dirgli grazie, per quello che ha fatto per te!”
“Mh. No, passo.” Soffiò
Sasuke, lo sguardo tetro e irremovibile. Kakashi sospirò, conscio che le cose
stavano precipitando.
“Sasuke, non te lo ripeterò.
Vai a trovare Sai! Sarebbe un ottima occasione per rivedere anche Naruto e
Sakura!”
Si accorse che Sasuke non lo
guardava più in viso, ma preferiva fissare la parete alla sua sinistra. Non
emetteva un fiato, continuando ad ostentare un aria altezzosa.
“Sasuke…”
“Aha, basta! Basta! Ma che
volete tutti quanti da me?! Ho detto che sarei tornato a vivere a Konoha, che
mi sarei redento, ma ora basta!”
“Sei sempre il solito
ragazzino viziato, in questo non sei mai cambiato Sasuke…”
“Ah, sarei io quello viziato?
Vorrei vedere lei, caro sensei, a vivere in questo buco di merda, recluso
giorno e notte, con cinque estranei che sono sempre lì a fissarmi pure quando
sono in bagno!” Le urla di Sasuke si erano fatte così forti che la voce
strideva, roca e furiosa. Sembrava sul punto di avere una vera crisi di nervi,
era al limite.
“Ma che cosa ti aspettavi? Di
ricominciare a vivere sereno, come se nulla fosse? Di avere tutti gli onori di
questo mondo perché ti sei schierato dalla nostra parte durante la guerra? Tu
ti sei macchiato le mani di sangue Sasuke, e hai spezzato il cuore a molte
persone, non dimenticarlo mai!”
Contrito e sempre più
rabbioso, Sasuke si chiuse a riccio su se stesso, ficcandosi le unghie nella
carne dei pugni stretti. Le nocche erano sbiancate per lo sforzo, mentre dalla
bocca aveva preso a colare un rivolo di sangue. I denti avevano morso con tanta
ferocia il labbro inferiore da farlo sanguinare copiosamente.
“Cresci Sasuke…”
Quella fu la goccia che fece
traboccare il vaso. Il delicato e instabile equilibrio mentale di Sasuke andò
in frantumi, facendolo agire sconsideratamente. Come una furia si avventò su
Kakashi, ma nel suo goffo tentativo di cacciargli un pugno in piena faccia,
venne bloccato facilmente.
La mano gli venne girata con
forza e portata dietro la schiena, Kakashi lo immobilizzò totalmente con rapidità.
Sasuke si ritrovò, gemente e soffocante, con un braccio del suo ex sensei
premuto contro la gola.
“Stammi bene a sentire Sasuke,
sono veramente stanco di questo tuo atteggiamento! Ora, l’unica cosa che voglio
sentire dire da quella tua stupida bocca, è che andrai in ospedale a fare
visita alla persona che ti ha salvato il culo!”
“Nessuno glielo ha chiesto!
Non ho mai chiesto a quell’idiota di Sai di rischiare la pelle per me!”
“Già, hai ragione, eppure si è
fatto spaccare le gambe in otto punti diversi pur di non consegnarti a loro!
Secondo te questo, che significa, eh?!”
“Tsk! Che è un coglione?”
“No. Sei tu il coglione,
Sasuke! Tuo fratello si starà rivoltando nella tomba!”
“Non osare tirare in ballo
Itachi! Non ne sei degno!” Con un tono a dir poco gutturale, sputò fuori quella
frase, con una tale potenza da rischiare di bruciare i sigilli che permeavano
l’abitazione. Se fosse successo sul serio, sarebbe stato un problema dato che
erano proprio quelli a limitare il suo chakra e a reprimere lo Sharingan.
Kakashi poteva percepire
piccole scosse elettriche attraversare il corpo di Sasuke, si voltò preoccupato
e si accorse che alcuni sigilli stavano svanendo.
“Merda!” L’esclamazione, poco
fine, venne udita da Sasuke che, proprio come un folle, aveva preso a ridere
nervosamente. A Kakashi tutto sembrò un gigantesco deja-vù.
“Oh Kakashi sensei, non ha
idea di quanto nella merda sia!” Lo scintillare vermiglio dello Sharingan
comparve negli occhi di Sasuke, proprio nell’istante in cui l’ultimo sigillo
prese fuoco disintegrandosi.
Kakashi balzò indietro per
evitare la scossa del devastante Chidori che l’intero essere di Sasuke rilasciò
in pochi secondi. Avrebbe concluso l’attacco se non fosse stato per la
moltitudine di rami che lo avvolsero, sbattendolo con violenza a terra. Sasuke
si sentì privo di forze, ma non capì fino a quando non vide i cinque Anbu in
cerchio attorno a lui che producevano un sigillo di costrizione. Yamato
inspirò, si era preso un bello spavento, ma non tanto come Kakashi, ne era
sicuro.
Stava ritto in piedi, ad
osservare il ragazzo che si dimenava, inveiva contro tutto e tutti, proprio
come una bestia ferita. Socchiuse l’occhio scuro, avvilito da tale penosa
visione.
“Fatelo tacere, vi prego.”
Detto questo svanì, lasciando Yamato ad imprecare perché finiva sempre che le
rogne doveva sbrigarle lui al posto del senpai.
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Capitolo 3 *** Part 3.# ***
Part 3
Part.
3#
Di quanto era accaduto fra
Kakashi e Sasuke, non ne fece parola nessuno, nemmeno l’Hokage venne messa al
corrente di tale sfuriata da parte del recluso. Secondo Yamato, raccontare quei
fatti sarebbe stato solo deleterio, più che per Sasuke per i poveri Naruto e
Sakura, che già si stavano penando per Sai. Non era giusto dargli altri
pensieri, non ora almeno. Kakashi aveva accolto la richiesta del compagno,
sebbene riluttante in un primo momento. Cambiò idea quando, spiando silente la
camera di Sai, vide Naruto che stava in piedi di fianco al letto dell’amico,
mentre Sakura stava usando il chakra curativo per velocizzare la guarigione
delle gambe rotte.
“Fa tanto male, Sai?”
“Tranquillo Naruto, ho
sopportato di peggio…”
“Resisti Sai, ho quasi
finito!”
“Ok…”
Sebbene cercasse di
nasconderlo, era evidente che stesse soffrendo come un cane. Naruto stringeva nervosamente
le lenzuola, con esitazione muoveva una mano verso quella fasciata di Sai,
forse per posargliela sopra. Ma poi si ritraeva, scioccamente imbarazzato al
pensiero di donare un gesto di conforto al compagno sofferente.
Kakashi si ritrovò a pensare
che i suoi allievi erano proprio degli stupidi orgogliosi, tutti, nessuno
escluso. Yamato aveva ragione, non era il caso di metterli al corrente della
litigata con Sasuke.
I giorni avevano ripreso a
scivolare via con inerzia per Sasuke, vuoti, monotoni. Ma in quel lasso di
tempo un pensiero fisso lo aveva tormentato: perché quel tizio, Sai, si era
fatto massacrare per lui?
Non si dava pace, più se lo
domandava e più aveva voglia di comprendere il motivo per cui aveva agito così.
Si sentì un vero idiota, quando domandò ad uno degli Anbu di poter vedere
Kakashi. Ma non poteva farne a meno, aveva bisogno di sapere, di capire, ora
più che mai.
L’incontro fra i due fu rapido
e di poche parole, Sasuke indolente espresse il desiderio di vedere Sai e
Kakashi semplicemente, acconsentì senza porre ulteriori domande.
Lo condusse personalmente in
ospedale, scortato dai soliti Anbu, ma per evitare occhi indiscreti attesero
che si fece buio. Sgusciarono nella stanza mimetizzandosi, dissimulando la
propria presenza agli occhi del mondo intero. Sai dormiva, sereno e quieto, non
si era ancora accorto di nulla.
Il copia ninja fece cenno alla
squadra Anbu che potevano ritirarsi, mentre lui, ovviamente, sarebbe rimasto.
Sasuke fece per fare un passo in avanti, ma la mano di Kakashi lo bloccò.
“Aspetta, lo sveglio io!
L’ultima cosa che vogliamo è fargli venire un infarto nel trovarsi davanti la
tua espressione agghiacciante…” Sasuke lo osservò stranito e, diciamolo, un
poco incazzato per tale affermazione.
Attese che l’Hatake fece
ridestare Sai, che non appena iniziò a connettere i neuroni per poco non gli
cascò la mascella tanto la spalancò nel vedere Sasuke Uchiha ai piedi del
letto.
“Sasuke-kun… ma cosa?”
“Perdonaci Sai, per essere
piombati qui a quest’ora della notte! Ma Sasuke, voleva vederti…”
Con un gesto di stizza, Sasuke
si avvicinò e, senza che gli fu chiesto, si sedette sul materasso, con le
braccia incrociate al petto e un espressione truce in viso.
“Dimmi perché…”
“Perché… che cosa,
Sasuke-kun?”
“Non fare il finto tonto, hai
capito benissimo!”
Sai rimase a boccheggiare,
guardando prima Sasuke e poi rivolgendosi a Kakashi. Sorridendo falsamente, in
maniera confusa.
“Kakashi sensei, ma Sasuke-kun
sta bene?”
“Non ignorarmi, pittoruncolo
da quattro soldi! Voglio sapere perché ti sei fatto maciullare le ossa! E’ per
colpa mia? Che cazzo credevi di dimostrare?! Non ti ho chiesto niente, manco mi
conosci, non mi stai nemmeno simpatico, accidenti!”
Il giovane pittore rimase
silente, ascoltando attentamente lo sfogo isterico di Sasuke. Tuttavia
continuando a sentirsi sempre più spaesato.
“Kakashi sensei, no sul serio…
ma Sasuke-kun sta bene?”
Sasuke stava per dare di
matto, come dimostrava il suo volto sfigurato dalla rabbia. Sebbene sapesse
bene che Sai rischiava di rimetterci la pelle, Kakashi non se la sentì di
intervenire. La scena era troppo comica perché degenerasse in qualcosa di
violento.
“Ma ci sei o ci fai?! Kami,
perché?! Perché tutti quelli che incrocio sul mio cammino sono dei tali
spostati mentali?!”
“Da che pulpito…”
“Taci! O ti rompo personalmente
qualche altro osso!”
“Mi spiace Sasuke, ma non vi
sono altre ossa che tu possa rompermi! Mi hanno già fatto a pezzi tutte le ossa
possibili, anche le dita delle mani…”
Sasuke gemette,
impossibilitato nel replicare decentemente dopo che Sai, con un assurdo sorriso
stampato in faccia, gli aveva detto una simile atrocità con tanta leggerezza.
“Perché sorridi? Cosa sei, un
masochista?!”
“No, non direi! Non traggo
alcun piacere, nel provare dolore…”
“E allora perché?! Perché lo
hai fatto, dimmelo!”
Sai sbatté gli occhi un
infinità di volte, volse lo sguardo al soffitto, rilassando poi le labbra
screpolate prima di aprire di nuovo bocca.
“Perché tu, nonostante non mi
piaccia neanche un po’, sei un mio compagno! Era la cosa giusta da fare…”
Questa volta, il sorriso che
gli donò, era sincero. Fottutamente sincero, era così puro che Sasuke si sentì
quasi ferito da cotanta sincerità gratuita.
“Sei proprio… un cretino, tale
e quale a Naruto…” Dopo tanto tempo, Sasuke Uchiha chinò il capo, sconfitto.
Non riusciva a sostenere oltre lo sguardo di Sai. Faceva male, troppo male. Le
viscere gli si stavano contorcendo dolorosamente, era insopportabile, davvero.
La mano che gentilmente si
posò sulla sua spalla, fu l’unico balsamo quella notte per Sasuke. Quando si
girò e vide Kakashi, che gli sorrideva a sua volta, provò uno strano calore.
Un effimera emozione, che però
non lo abbandonò nemmeno quando se ne andò dall’ospedale, o quando si mise a
letto. I sorrisi di Sai e Kakashi, non lo abbandonarono per diversi giorni. Sì,
facevano davvero un male del diavolo.
Quando Naruto li vide assieme,
per poco non svenne. Rimase sulla soglia della porta, la busta della spesa gli
cadde a terra, emettendo un suono sordo quando le mele rotolarono sul pavimento
liscio.
Un dito tremante si alzò,
indicando i due individui in questione che, non appena si accorsero della
faccia da idiota che aveva, si presero la briga di tranquillizzarlo.
“Dobe, se non chiudi la bocca
ti entreranno le mosche!”
“Sasuke ha ragione! E poi, hai
fatto cadere le mele che mi avevi portato, spero non si siano ammaccate
troppo!”
Le pupille cerulee di Naruto
vagarono impazzite, finendo quasi fuori dalle orbite oculari per lo shock.
“Ma… ma… ma che diavolo
succede qui?!”
“Ehilà, buongiorno a tutti!”
Kakashi fece il suo ingresso, ignorando allegramente il povero Naruto che
ancora si agitava in preda al panico. Un piede calciò una mela, solo allora si
accorse del macello fatto dal suo allievo.
“Naruto, stai più attento! Hai
rovinato queste belle mele…”
“La volete finire tutti di
preoccuparvi delle mele?! Piuttosto, sensei ma che diavolo ci fa qui Sasuke?!
Non mi dica che è fuggito?! E’ nei guai, non è vero?!”
“Ma cosa dici, Dobe! Sono
piantonato giorno e notte da una squadra Anbu, per non parlare di Kakashi-impiccione-sensei che mi accompagna
ovunque!”
“Dai Sasuke, non ti lamentare!
Poteva andarti peggio! E comunque non è vero che sono un impiccione, non mi
paragonare a quei tizi! Io non ti seguo anche in bagno!” I tizi tossicchiarono, sentendosi chiamati in causa. Solo allora
Naruto si accorse che la stanza, era praticamente accerchiata dagli Anbu.
“La prego, non me lo ricordi…
è già abbastanza imbarazzante doversi lavare con i loro occhi puntati addosso,
si figuri quando devo andare in bagno!”
“Ritieniti fortunato Sasuke,
sono io quello messo peggio…”
“Come no!”
“Quando avrai un catetere
ficcato nei paesi bassi ne riparleremo!”
“Ok, non dico più niente! E
non raccontarmi i dettagli, ti supplico!”
Naruto si sentiva estraniato,
davvero, non ci capiva più niente. Da quando Sasuke e Sai parlavano come se
fossero amici di vecchia data? Da quando aveva il permesso per uscire? Ma
soprattutto, da quando nessuno lo metteva più al corrente di simili novità?!
“Kakashi sensei… non sto
sognando, vero?”
Kakashi comprese perfettamente
il suo sgomento, si intenerì nel vedere la sua espressione a metà fra lo
stupore e le lacrime. Fu solo un attimo, ma riuscì a scorgere quei due
meravigliosi occhi azzurro cielo inumidirsi.
“Sono felice… sensei, sono
davvero felice!”
“Anche io, Naruto…”
“Forza Sai, prova a fare un
passo! Solo uno! Puoi farcela, ‘tebayo! Io credo in te!”
“Ci provo…”
Erano ore che ci provavano, senza successo. Nonostante
gli incoraggiamenti di Sakura, il ridicolo tifo da stadio di Naruto, era
evidente che le gambe di Sai ancora non lo reggessero.
Sasuke sbuffò, stanco di
assistere a questo calvario, perché diavolo non lo lasciavano in pace? Non
avrebbe combinato nulla quel giorno, era già stata una sofferenza il solo
poggiare un piede in avanti e far bilanciare il peso corporeo su esso.
Scocciato all’ennesima
potenza, si alzò di scatto percorrendo a grandi falcate la strada che lo
divideva da Sai e le parallele su cui si teneva in precario equilibrio.
“Adesso basta, non vedete che
non ce la fa?!” esasperato, più dello stesso Sai, era corso al suo fianco per
sostenerlo dato che barcollava.
“Nah, Sasuke che dici?! Sono
certo che Sai stava per fare un passo, lo so!”
“Taci, Dobe! L’unico passo che
avrebbe fatto, era quello verso il pavimento!”
“Lo sapevo, è ancora presto…”
sussurrò Sakura afflitta. Aveva fatto sedere Sai e lo stava rinvigorendo con il
suo chakra curativo.
“Perdonami, non avrei dovuto
incoraggiarti a provarci…”
“Ma no Sakura, sono io che
l’ho voluto! Sono così stanco di passare le giornate seduto a letto che non
vedevo l’ora di rimettermi in piedi!”
Nessuno lo aveva biasimato per
questo, erano passati circa otto mesi da quando lo avevano ricoverato, con la
maggior parte delle ossa del corpo in frantumi. Le gambe, in particolare, erano
quelle messe peggio dato che vi erano almeno quattro-cinque punti, ciascuna, in
cui erano state spezzate.
Avevano dovuto operarlo altre
volte per rimetterlo totalmente in sesto, ed ora, finalmente, aveva iniziato la
fisioterapia.
“Dai, ora torniamo in camera,
devi riposare!”
I tre ragazzi rientrarono in
stanza, Sasuke e Naruto aiutarono Sai a rimettersi a letto per poi uscire tutti
per permettergli di fare un sonnellino. Non era più abituato a muoversi e
quindi, si stancava rapidamente, gli ci sarebbe voluto molto tempo prima di
recuperare la forma fisica di uno shinobi del suo livello.
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Capitolo 4 *** Part 4.# ***
Part 4
Part.
4#
“E’ fantastico Sai, sei
riuscito a camminare per tutta la stanza! Evviva!” Naruto era così euforico che
la voce, squillante come al solito, si era elevata a livelli stratosferici.
“Dobe, abbassa il volume! Ti
ha sentito tutto l’ospedale, cazzo!”
“Aha, taci! Sono troppo felice
per Sai! E non sarà certo un Teme del cazzo come te a rovinarmi questo
momento!”
“Kami, quanto sei idiota! Ti
ammazzo, lo giuro!”
“Provaci, dai! Ti spacco il
culo con la mia arte eremitica!”
“Io il culo te lo disintegro
con l’Amaterasu!”
“Ragazzi, basta!” I pugni di
Sakura erano, come sempre, il miglior metodo per mettere a tacere la consueta
lite giornaliera di Naruto e Sasuke.
Una volta che si trovarono
entrambi con la testa conficcata nella parete, non fecero più tanto i gradassi.
Però i poveri muri dell’ospedale chiedevano pietà, e Sai sinceramente si era
rotto di dover cambiare stanza ogni giorno.
“Sakura, quando recupererò
appieno le mie forze, penso li sigillerò entrambi con la tecnica del Koshi Tandan*!”
“Hai tutta la mia
approvazione, Sai! Questi due idioti, mi mandano al manicomio!” grugnì la
kunoichi facendo scricchiolare le dita. Le due “vittime”, giacevano sofferenti
a terra, massaggiandosi la testa su cui svettava un enorme bernoccolo.
La vista fu così
deliziosamente ispiratrice che Sai, non resistette alla tentazione di ritrarli
proprio in quell’istante. Afferrò uno dei suoi rotoli, il pennello che intinse
rapido nella boccetta di inchiostro e immortalò sulla carta le loro bellissime
espressioni da idioti.
“E’ proprio un opera d’arte,
complimenti Sai!”
“Capitano Yamato, buon
giorno!”
“Salve capitano, anche lei è
venuto a far visita a Sai?”
“Sì, anche se in realtà dovrei
parlargli di una certa faccenda, ma non c’è fretta!”
Si scambiarono una strana,
seria, occhiata di sottecchi, che non sfuggì all’attenzione di Sasuke. Ma Sai,
il furbastro, si impegnò per sviare immediatamente il discorso e far
concentrare i presenti su ben altro.
“Ohi, Dobe, Sakura perché non
andiamo a mangiare? Ormai è ora di pranzo…” sentenziò improvvisamente Sasuke.
“Hai ragione Sasuke, è già
così tardi! Fra poco porteranno da mangiare anche a Sai!”
“Nah, il cibo dell’ospedale fa
schifo! Tranquillo Sai, ti portiamo qualcosa di buono più tardi!”
“Ok…”
Sakura e Naruto si avviarono
verso l’uscita, continuando a discutere animatamente sul cibo. Sasuke rimase
dietro loro, arrivato sulla soglia si voltò verso Yamato, che parve anticipare
i suoi pensieri.
“Voi andate, vi raggiungo fra
poco!”
Sasuke fece finta di nulla e
uscì, richiudendosi la porta alle spalle. Ma non andò dietro ai due amici, o
quanto meno, fu una sua copia a seguirli. Il vero Sasuke, si era già nascosto
fra i rami dell’albero che dava proprio sulla finestra della camera di Sai.
Faceva caldo, e sapeva che il pittore amava tenerla aperta per far circolare
l’aria primaverile.
“Mi dica capitano, è successo
qualcosa?”
“In effetti sì… abbiamo
catturato alcuni esponenti del clan di traditori che stanno attentando alla
vita di Sasuke!”
“Li avete presi tutti? Da che
ricordo, non erano in molti, una ventina circa…”
“No, i pesci piccoli sono
stati i primi a fuggire, ma a noi interessava il capo clan! Ed è stato proprio
lui a cadere nella trappola che gli avevamo teso due mesi fa…”
“E’ stato portato a Konoha?”
“Sì, ora è nelle mani di
Morino, non lo invidio per niente!”
Yamato indugiò un momento, si
concentrò sulla reazione di Sai, apparentemente apatica. Però, sembrò quasi
tirare un sospiro di sollievo, intimamente si convinse che doveva essere stato
molto teso in quel periodo per le sorti di Sasuke.
Ciò che non poteva sapere, e
che probabilmente non avrebbe mai verificato, è che lo stesso Uchiha aveva
spiato la loro conversazione. Tanti, troppi pensieri bui cominciarono ad
annidarsi nella mente di Sasuke da quel giorno.
Gli ci erano volute settimane
per pianificare questo piano, non sospettava nemmeno lontanamente che sarebbe
stato così difficile attuarlo sul serio. Era trascorso quasi un anno ormai e
l’odiosa scorta di Anbu, da cinque si era ridotta a solo due elementi, che però
non avevano più il permesso di seguirlo dentro casa. Inoltre, nell’ultimo
periodo gli stato concesso di muoversi più liberamente a Konoha, sebbene ci
fosse sempre qualche occhio vigile a seguirlo nell’ombra. Era andato a vivere
in un appartamento decisamente più grande e vivibile, e questo gli aveva
consentito di preparare con dovizia di particolari, il modo per raggiungere
indenne le celle segrete. Non gli fregava di essere scoperto, lui voleva solo
arrivare al responsabile di tutto questo.
Non era stato per nulla
facile, ma ora che finalmente il suo piede gravitava sull’insulsa testa di quel
cosiddetto capo clan, tutta la fatica sprecata scivolò via dal suo corpo.
“Come hai fatto ad arrivare
fino a qui?!”
“Non sono cose che ti
riguardano, pezzente…” Sasuke calciò con forza lo stomaco della sua vittima.
Non poteva muoversi, incatenato come era. E non poteva reagire, o usare il
chakra dato che la stanza era piena di sigilli.
“Tsk! Cosa vuoi fare?
Uccidermi?! Se lo fai, non farai altro che consolidare la nostra teoria!”
“Teoria? Dai, forza
illuminami, pezzente!” Un altro calcio, e un dente stavolta saltò via.
“Che tu… sei solo un pericolo,
per tutti… per tutto il mondo! Meriti di morire! Tu e il tuo sporco clan, meritate
di sparire una volta per tutte!”
“Hai iniziato dalle gambe,
vero?”
“Cosa?! Che stai…”
Sasuke si gustò il terrore che
guizzò nello sguardo dell’uomo, mentre afferrava una sorta di lungo tubo
metallico, che si era portato dietro.
“Si inizia sempre da quelle,
così il prigioniero non può fuggire…”
“Aspetta… fermo!”
Il tubo stridette quando si
scontrò con la sua gamba, Sasuke poté udire distintamente il suono di qualcosa
che andava in pezzi. Attese un istante, stava per colpirlo nuovamente ma si frenò
dinanzi al patetico balbettio di quell’uomo.
“Falla finita! Sai non avrà
versato nemmeno una lacrima, e tu sei qui a piagnucolare come una femminuccia
dopo un solo colpo!”
“C…che ne sai tu?” Tentò di
guadagnare tempo, leccandosi via il sangue che sgorgava dalle labbra. Si
ricordò improvvisamente di Sai, di chi fosse. Ma soprattutto, di cosa gli avesse fatto. Ridacchiò, non
preoccupandosi dello sguardo severo di Sasuke che lo stava incenerendo.
“Non ha versato… nemmeno una
lacrima dici? Ha pianto… fidati, lo ha fatto! Dopo che gli ho spezzato tutte le
dita… ha pianto come un moccioso…”
“Aha, davvero? Non è che
magari ha pianto, perché il suo corpo non sopportava più il dolore delle
trentadue ossa che gli avevi rotto in precedenza?”
“L…le hai contate?!”
“Le ho memorizzate tutte… e
credimi, ho tutta l’intenzione di replicarle su di te…” Il viso di Sasuke si
era deformato in qualcosa di assolutamente spaventoso, come testimoniava il
tremore incontrollato dello shinobi dinanzi a sé.
“Una per una…”
“Uccidimi… preferisco che tu
mi uccida!” Il fulgido bagliore del terrore più assoluto, si stava
impadronendosi di lui. Sasuke lo sapeva. Bramava quell’istante, oh se lo aveva
desiderato.
“Ucciderti? Non me ne faccio
niente della tua morte, pezzente… mi basta sbriciolarti le ossa come hai fatto
con Sai…”
L’eco di un grido disumano
riempì le celle sotterrane, spargendosi in ogni dove, rimbombando qua e là. Nei
pochi istanti di lucidità, il prigioniero non poté fare a meno di chiedersi
dove fossero le guardie, perché nessuno giungesse lì per soccorrerlo. Come era
possibile che nessuno si accorgesse di nulla?
All’ingresso di quel luogo
tetro, Kakashi Hatake sostava, poggiato mollemente al muro. Inspirò forte, le
urla si erano fatte più potenti, ma lui non sarebbe intervenuto di certo. Si
faceva schifo in quell’istante, non tanto diversamente da Sasuke, ma nemmeno
lui poteva perdonare un simile individuo.
Sai si era confidato solo con
lui, Kakashi era l’unico che conosceva a fondo le dolorose torture a cui era
stato sottoposto. Tante, troppe, alcune così umilianti al punto da farlo
sentire profondamente a disagio al solo parlarne.
Era divenuto il custode di un
terribile segreto che era certo, Sai non avrebbe mai rivelato a nessun altro.
Così come il pianto liberatorio che gli aveva concesso, stretto nel suo
abbraccio. Mentre raccontava della paura di morire che lo aveva devastato,
rendendolo totalmente inerme, per la prima volta in vita sua. Fragile, piccolo
e tremante, Kakashi non riusciva a togliersi dalla mente il singhiozzare di Sai
stretto a lui.
Gli importava seriamente di
poche persone al villaggio, e i ragazzi della sua squadra erano fra essi,
compresi Sai e Sasuke.
Non avrebbe mai voluto che
fosse proprio Sasuke a sporcarsi le mani, ma tentare di fermarlo avrebbe fatto
saltare il suo piano, facendolo scoprire. Condannando di certo a morte il
giovane, per aver compiuto un simile gesto. Naruto, Sakura e lo stesso Sai ne
avrebbero sofferto troppo, dopo tutto quello che avevano passato, non si
meritavano altro dolore.
Kakashi era pronto a prendersi
ogni colpa, ecco perché era lì. Ecco perché, una volta che gli Anbu si fossero
accorti di essere caduti nel suo Genjutsu, si sarebbe fatto arrestare auto
incolpandosi di aver torturato a morte uno dei prigionieri. Era il minimo che
poteva fare. Per Kakashi, questa era la
cosa giusta da fare.
*
Fuinjutsu: Koshi Tandan
; praticamente la tecnica che usa Sai durante
la guerra per sigillare gli edo tensei (e che per un soffio non sigillava pure
Madara, lo ha mancato proprio di pochi istanti XD) nel suo mega rotolone! XD
Non so se possa sigillare pure i "vivi" ma, boh, è una fiction,
licenza poetica! XD
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Capitolo 5 *** Part 5.# ***
Part 5 end
Part.
5#
“Che cosa?! Kakashi sensei è
stato… arrestato?!” Naruto era incredulo, così come Sakura e Yamato.
“Purtroppo è così! Ha deciso
che Sai andava vendicato, e così ha pensato di usare lo stesso trattamento di
torture che il capo clan di traditori gli aveva riservato!”
“E’ assurdo… Godaime, non ci
crederà davvero? Kakashi non farebbe mai una cosa simile! Per quanto… per
quanto possa aver desiderato far giustizia non…”
“Lo so Yamato. La cosa non
quadra nemmeno a me se è per questo! Ma si è costituito, di sua spontanea
volontà…”
Erano tutti scioccati, il solo
pensiero che un uomo come Kakashi agisse così era impensabile. Tsunade aveva le
mani legati in quel momento, aveva dovuto seguire la legge marziale e far
arrestare Kakashi. Da lì a pochi giorni lo avrebbero processato, ma per un
simile gesto rischiava di perdere la sua licenza di Jonin.
Quando anche Sai fu avvisato
dell’accaduto, per poco non gli venne un colpo. Anche se a sbiancare
paurosamente fu proprio Sasuke, che era con lui in quel momento. Era certo di
averla fatta franca, come faceva a sapere Kakashi? Ma soprattutto, si era preso
una colpa non sua. Davvero, non capiva quale insano piacere provassero quei
dementi nel parargli il culo di continuo.
Ma forse non era per lui, si
disse. Forse Kakashi, così come Sai,
avevano fatto tutto questo solo per proteggere Naruto e Sakura da ulteriori
sofferenze. Si sentiva stanco di tutto questo, tanto stanco.
“Sasuke, che ti prende?” La domanda
di Naruto era quanto meno legittima, visto che Sasuke era scattato in piedi con
una ferocia tale da far cadere la sedia.
“Ascoltami bene Dobe…
qualunque cosa succeda, promettimi, anzi giurami che non farai casini!”
I presenti ebbero il cuore che
balzò in gola dall’ansia. Che cosa doveva succedere? Che cosa stava per
accadere di tanto grave da indurre Sasuke a fare una simile richiesta.
“Sasuke, cosa stai dicendo?”
Yamato ebbe il sospetto che il peggio non era ancora arrivato. Se Sasuke
c’entrava davvero qualcosa in questa storia, le conseguenze sarebbero potute
essere disastrose.
“Devo parlare con l’Hokage, immediatamente!”
“Va bene, ti accompagno io…”
affermò il capitano. Ovviamente, non stette nemmeno a spiegare all’Uchiha che
il suo era un ordine e non una proposta.
Sasuke annuì e poi si voltò
verso loro, quel gruppo
sconclusionato che si definiva team. O ancora meglio, la sua famiglia. Sicuro che stavolta non li
avrebbe più rivisti. Regalò loro una sorta si sorriso sghembo, prima di
salutarli e allontanarsi velocemente.
Qualcosa in Sai vibrò, e fu
più doloroso di tutte le ossa che gli avevano spaccato. Recuperò le stampelle
abbandonate accanto al letto, si tirò in piedi e si avviò verso l’uscita. Non
ebbe bisogno di dire nulla, Naruto e Sakura gli erano già accanto, la meta era
la medesima: ufficio dell’Hokage.
Quando giunsero l’agognata
meta, il cataclisma era già avvenuto. La scrivania di Tsunade era spaccata a
metà, Shizune stava appiccicata al muro in stato di shock stringendo Ton Ton al
petto. Sasuke, in piedi davanti all’Hokage, con il pugno di lei che svettava a
pochissimi centimetri dal suo nasino perfetto. Yamato, infine, che usava l’arte
del legno per frenare la stessa Hokage, prima che travolgesse il ragazzo e ogni
oggetto che si trovasse sul suo cammino.
“Signorina Tsunade!” gridò
Sakura nel panico assistendo alla scena.
“Tu! Sei veramente un
bastardo!”
“Lo so. Ma ora che conosce la
verità, liberi Kakashi Hatake…”
“Godaime, si calmi la prego!”
biascicò Yamato che pareva star faticando nel trattenere il braccio di Tsuande.
Rare volte l’avevano vista così fuori di sé, la stessa Sakura ne era sorpresa.
“Qualcuno mi vuole spiegare
che accidenti succede?!” Naruto si era fatto avanti, disorientato ma
soprattutto preoccupato per Sasuke.
L’Uchiha guardò severamente
l’Hokage, per un attimo sembrò che i suoi occhi implorassero di tacere. Ma era
consapevole egli stesso, che non poteva più portare avanti questa menzogna.
Nel momento in cui Tsunade si
rilassò, l’aria nella stanza era tornata respirabile, come se ogni istinto
omicida si fosse spento in lei.
“Non è stato Kakashi a
trasformare in un colabrodo il prigioniero…”
Sakura fu la prima a voltarsi
verso Sasuke, stupendo lo stesso ragazzo. Non era più una sciocca bimba infatuata
di lui, ora era una giovane donna che aveva imparato a conoscerlo, a guardare
dentro la sua oscurità. Ma non era certo che l’avesse accettata. La vide
intristirsi, capire, metabolizzare in qualche modo la notizia. Con Naruto fu
molto più difficile. Teneva lo sguardo su lui, tremante e deluso. Proprio uno
come lui che odiava certe ritorsioni violente, non riusciva a perdonargli un
simile gesto. Anche se era stato fatto per il bene di un amico.
Si morse le labbra, soffocando
le parole che sarebbero dilagate come un fiume in piena, l’ultima cosa che
voleva era litigare con Sasuke.
“Per quel che vale, mi
dispiace se vi ho deluso… ma non mi pento di ciò che ho fatto. Io sono fatto
così, amo la vendetta, non posso farne a meno.”
“Sasuke Uchiha, sei cosciente
che questa tua bravata ti costerà la libertà?”
“Signorina Tsunade, aspetti!”
“No, Sakura. Mi sono fidata di
lui, gli ho concesso una seconda opportunità per tornare a vivere a Konoha! Ha
detto che avrebbe fatto ammenda dei suoi errori, che avrebbe scontato la sua
pena secondo quanto avrei deciso…”
“Va bene così, Sakura. E’
giusto che io paghi per i miei crimini.”
L’Hokage fissò i presenti
nella stanza qualche istante, fece un respiro profondo e poi si decise ad
emettere la sua sentenza.
“Da oggi verrai recluso nella
prigione di Konoha, e vi rimarrai fino a quando il consiglio dei Kage non avrà
preso una decisione definitiva sulle tue sorti.”
“Sei libero di andare!”
“Eh?”
Kakashi non credeva alle sue
orecchie. Seduto sulla scomodo letto di pietra della cella, fissava imbambolato
la guardia che stava girando la chiave nella porta.
“Non capisco… hanno anticipato
il giorno del processo?”
“Quale processo? Sei sordo, ho
detto che sei libero! Le accuse contro di te sono cadute!”
L’Hatake era sempre più
spaesato, iniziò a porsi domande e a pensare che se era stato rilasciato,
poteva esserci un'unica soluzione. Mentre veniva condotto fuori, difatti,
incrociò una squadra di Anbu che stava trascinando Sasuke, in manette.
“Sasuke! Cosa è successo?!”
Lui non rispose, non gli
rivolse nemmeno un cenno o uno sguardo. Camminò a occhi chiusi ignorandolo,
senza aprire bocca. Kakashi scosse il capo, con dissenso, arrivando da solo a
capire cosa fosse successo.
“Sei proprio uno sciocco,
Sasuke…”
Dopo pochi giorni, Sasuke
ricevette la prima visita. Quando se lo vide davanti le sbarre, schioccò le
labbra con dissenso, voltando seccato il volto dalla parte opposta.
“Perché sei venuto?”
“Pensavo ti facesse piacere
avere compagnia…”
“Non è per quello!” grugnì
seccato l’Uchiha, gli occhi corsero sulla figura di Sai, in piedi, sorretto
dalle stampelle.
“Baka! Ci sono tre rampe di
scale per arrivare qui, avrai fatto una fatica del diavolo!”
“Rischi la pena di morte, e tu
ti preoccupi del fatto che io abbia fatto le scale? Mi sento lusingato, ma
penso anche tu sia un po’ scemo Sasuke!”
“Attento a come parli, o ti
assicuro che cella o meno, ti tiro una testata!” sbraitò Sasuke, in un modo
assolutamente irritato. Poi si bloccò, ripensò alle parole di Sai e inarcò un
sopracciglio preoccupato.
“Un momento… pena di morte?”
Sai abbassò subito il viso,
contrito, si era lasciato sfuggire una parola di troppo causando un forte
disagio nella conversazione.
“Sì… almeno, stando a quanto
ho sentito dire… ma non c’è ancora nulla di deciso!” Cercò di rimediare, come
poteva. Ma a giudicare dall’espressione svuotata
di Sasuke, era chiaro che la cosa non gli facesse piacere.
“Scusa… era meglio se stavo
zitto…”
La faccia da cane bastonato di
Sai era talmente ridicola che a Sasuke venne veramente voglia di tirargli un
calcio negli stinchi. Ma si trattenne, già rischiava di finire sul patibolo per
aver preso a botte un criminale, figuriamoci se picchiava uno di Konoha.
“Sasuke, senti… perché lo hai
fatto?”
“Mah, chissà…” Sasuke gli
diede le spalle, lasciando poggiare pigramente la schiena alle sbarre della
cella. Le braccia incrociate al petto, con gli occhi scuri che vagavano senza
meta sul soffitto di pietra avvolto dalla penombra più totale.
“Se lo hai fatto per
vendicarmi, sei stato proprio un idiota… ma anche se lo avessi fatto per altre
ragioni, ti darei dell’idiota comunque… ti darei dell’idiota in ogni caso!”
“Ho capito, basta! Sono un
idiota, contento?!”
“Io… quando sono stato
catturato e mi hanno chiesto di ucciderti, ho pensato che dovevo fare il
possibile perché questo non accadesse! Volevo rendermi utile alla squadra, in
qualche modo… desideravo aiutare Naruto e Sakura…”
“Mh…”
“So quanto tu conti per loro
Sasuke… anche per me sono importanti, non sono solo i miei amici più cari sono
anche…”
“La tua famiglia?” Il modo in
cui Sasuke lo aveva preceduto nel discorso, stupì Sai. Qualcosa gli disse, che
in cuor suo, pure Sasuke la pensasse allo stesso modo.
“Non ho avuto esitazioni. L’ho
fatto e basta.” Scandì chiaro e deciso quelle parole. Sai si rese conto di
come, scioccamente, si fosse incantato nell’osservare la sua schiena.
“Perchè? Così facendo, ti sei
rovinato con le tue mani!”
“Ho pensato che quella era… la
cosa giusta da fare.”
Non ne era sicuro, ma a Sai
parve di scorgere una porzione del profilo di Sasuke in quell’istante, e credette
di vederlo sorridere.
“Lo sai Sasuke, tu ed io
abbiamo qualcosa in comune…”
“Cosa?”
“L’oscurità… nei nostri
cuori.”
Il sussulto che percorse
Sasuke fu violento, ma cercò di contenerlo dentro di sé. Arricciò appena le
dita dei piedi, e la bocca si strinse una, due tre volte indecisa. Masticava
delle parole che non riuscì a far emergere in superficie.
“Non vogliamo che questa
oscurità contamini anche Naruto e Sakura, loro sono pura luce… è per questo che
non abbiamo avuto esitazione nel fare quel che abbiamo fatto.” Con quel non abbiamo, per Sai era sotto inteso
che rientrasse pure Kakashi. Perché anche lui, suo malgrado, celava in fondo ai
suoi occhi una profonda e dolorosa oscurità.
Fu allora che l’Uchiha capì.
Capì perché era andato a massacrare quel tipo, mettendo a rischio la sua vita. Il
vero motivo, quello nascosto sotto l’amara scorza della vendetta. La risposta
gli apparve così semplice e chiara, che quasi provò disgusto per aver
rifiutato tale verità per tutto quel tempo. Lui era diverso da Naruto, poteva
solo essere se stesso, anche se questo lo portava a comportarsi in modo non
corretto.
“Dico bene, Sasuke?”
Il suo animo parve quietarsi,
finalmente dopo un tempo infinito, fatto di sofferenza, buio, marciume, si
sentì veramente bene.
“Sì…”
La seconda visita che
ricevette Sasuke, fu quella di Naruto, giusto una settimana dopo che era stato
rinchiuso in galera. Il ragazzo biondo avanzò verso lui, esitando a parlare
quando fu faccia a faccia con Sasuke.
Lo vedeva attraverso le sbarre
di metallo, ma poteva scorgere in maniera fin troppo lampante l’espressione
seria che lo attanagliava.
“Sasuke, i Kage hanno preso una
decisione…”
“Dai, spara…”
“Prima c’è qualcosa che devo
dirti!”
“Cosa?”
“Non approvo per niente quello
hai fatto Sasuke, sono arrabbiato! Mi fa rabbia pensare a come hai reagito ma…
mi fa tanta rabbia anche pensare a cosa quel tipo abbia fatto a Sai!” Le mani
di Naruto si erano strette con forza alle sbarre, le stritolò così tanto che si
deformarono leggermente.
“Dobe, dove vuoi arrivare?”
“Penso che nonostante tu abbia
usato il mezzo sbagliato, le tue intenzioni finali erano buone!”
“Mh… suppongo che i Kage non
la pensino come te, dico bene?”
“No, infatti… però hanno
capito che tu hai agito solo per il bene di Konoha! Hai protetto un compagno ed
hai evitato che a causa sua, si iniziasse un'altra battaglia sanguinosa!”
“Che intendi dire?!”
“Proprio ieri io, Sakura-chan,
Kakashi sensei e il capitano Yamato, abbiamo catturato i restanti membri di
quel clan! E’ stato merito tuo Sasuke, dopo il tuo trattamento speciale, il capo clan ha cantato come un uccellino,
rivelando l’ubicazione di tutte le loro basi segrete!”
Sasuke non sapeva se gioire o
meno di tale rivelazione, Naruto continuava ad aggirare l’argomento principale,
ovvero che fine avrebbe fatto lui. Buffo, un tempo non gli sarebbe importato di
sopravvivere, ma ora c’era qualcosa, anzi qualcuno per cui pensava valesse la
pena vivere un altro po’.
“Cosa hanno deciso i Kage alla
fine?”
“Bé, è difficile da spiegare…”
“Dillo e basta, cazzo! Mi stai
facendo sudare freddo!”
“Dovrai sopportarmi per almeno
sei mesi! Divideremo un appartamento assieme, sotto stretta sorveglianza degli
Anbu!”
“Che cosa?!”
“Ho chiesto e ottenuto di
dividere la tua pena con me! Mi sono assunto ogni responsabilità per il tuo
comportamento, sia attuale che futuro!”
“Dobe…mi prendi in giro? Come
ti è saltato in mente?!” Sasuke scattò, frustrato e allibito verso Naruto,
sbattendo con forza i pugni sulla porta della cella. Naruto ricambiò con un
sorriso, mostrando tutti i denti, con un espressione da ebete felice.
“Non ho avuto esitazioni! Si
fa quel che si deve per proteggere la famiglia! Era la cosa giusta da fare!”
Non ho avuto esitazioni. Era la cosa giusta da fare.
Sasuke non poteva crederci,
sembrava quasi che quel folle gruppo di persone sconclusionate, conosciute come
team 7, dividessero un solo cervello per quattro. La cosa non era molto
positiva, però in qualche modo la cosa lo fece sorridere ugualmente. Sorrise
così tanto, in maniera così sincera che Naruto pigolò dalla sorpresa, facendo
un salto indietro e iniziando a blaterare cosa senza senso come “chi sei tu e che ne hai fatto del vero
Sasuke”.
“Kami… siete proprio tutti dei
pazzi…”
Sì, erano i suoi pazzi. La sua pazza, strana
famiglia. L’unica che gli fosse rimasta, oltre a quel trio di dispersi che
erano Karin, Juugo e Suigetsu. Mancavano giusto loro si disse con malinconia, e
il quadro sarebbe stato perfetto, completo.
Poche settimane dopo, Sai poté
finalmente abbandonare le stampelle e ricominciare a camminare usando solo le
proprie gambe. La prima cosa che volle fare, fu quella di andare a trovare i
due segregati.
Si incontrò prima con Sakura e
assieme andarono a fare un po’ di spesa, sicuramente Naruto non si stancava di
mangiare ramen istantaneo ma Sasuke sì.
Acquistarono tanti cibi
freschi, pesce e pomodori come se non ci fosse un domani. Sai si sentiva un po’
in imbarazzo a far portare tutte le borse a Sakura, ma quando aveva tentato di
allungare una mano per prenderne una, lei lo aveva fulminato con lo sguardo.
“Sei ancora convalescente, non
devi fare sforzi!”
“Ma… sono solo borse…”
Un'altra occhiataccia
terrificante e Sai si ammutolì. Meglio non farla irritare oltre, o rischiava di
ritrovarsi di nuovo in ospedale con le ossa rotte.
Avevano appuntamento con
Kakashi e Yamato per poi dirigersi tutti assieme verso la casa che dividevano i
due amici. Yamato fu puntuale, mentre Kakashi, ovviamente, arrivò con un ora e
mezza di ritardo.
Sai non capì cosa trattenne il
capitano dallo strangolare il sensei con l’arte del Mokuton, dato che lui era
da mezz’ora che stava morendo di sete.
Finalmente riuniti, raggiunsero
l’abitazione, situata in pieno centro, non poco distante dalla sede degli Anbu.
Per l’occasione, le guardie speciali assegnate alla loro sorveglianza erano ben
dieci e si alternavano in turni di ventiquattro ore, dentro e fuori casa.
Sakura rise, il pensiero che
il povero Sasuke fosse di nuovo “spiato” giorno e notte lo mandava in bestia,
difatti era nuovamente stressato. Poi c’era Naruto, indi per cui il suo stress
aumentava esponenzialmente. Andare a trovarli, era l’unico modo per farli
distrarre un po’, dato che non avevano il permesso di uscire e per uno come
Naruto Uzumaki, il ragazzo più esagitato di sempre, era un calvario senza
tregua.
Quando furono davanti
l’ingresso, iniziarono a preoccuparsi. Non solo perché un paio di Anbu
tentavano di bloccarne un terzo, che si dimenava con fota, ma perché da dentro
casa arrivavano rumori e grida indistinte.
“Lasciatemi andare vi dico,
ora li ammazzo!”
“Calmati! Dobbiamo
sorvegliarli, non ucciderli!”
“Non me ne frega un cazzo! Mi
hanno scartavetrato i coglioni con le loro liti, ora li uccido entrambi!”
Sai e gli altri sospirarono,
non erano ancora entrati e già tirava un aria da battaglia. Quei due dovevano
averla fatta grossa per far andare fuori di testa pure un Anbu. Che di norma
sono le persone più posate e fredde del mondo.
“Salve, possiamo entrare?”
Kakashi fu mandato, gentilmente, in
avanscoperta da Yamato. Gli Anbu fecero cenno di sì con il capo, e intanto
trascinavano via il povero collega che dava di matto.
“Credo avrebbe bisogno di una
vacanza…”
“Poveretto! Aver a che fare
con quei due fa impazzire chiunque!” affermò con noncuranza il capitano, però
nessuno lo contrariò.
Non appena misero piede nella
stanza, assistettero alla scena più tragicomica che avessero mai potuto
immaginare: Naruto e Sasuke, debitamente appostati ai lati del piccolo salotto,
che si tiravano ogni oggetto possibile, urlandosi contro epiteti a dir poco
imbarazzanti. Discutevano a gran voce di sciocchezze quali l’aver finito questo
o quel tipo di biscotto, nemmeno loro ci capirono tanto.
L’unica cosa che fu chiara a
tutti, è che Sakura stava per esplodere, ormai si capiva anche senza bisogno di
guardarla in volto. Il corpo veniva avvolto da una sinistra energia, che si
disperdeva nell’aria donando piccole scosse a chi si trovava accanto a lei.
“Bene. Ora, io li ammazzo.
Qualcosa in contrario?!” Yamato, Sai e Kakashi rabbrividirono a quello sguardo.
Non ci pensarono manco per scherzo ad intervenire in difesa dei due pirla che
ora, si rotolavano sul pavimento prendendosi a cazzotti.
“No, Sakura! Ma magari evita
di ridurli in fin di vita! Non vorrei mai che l’Hokage spedisse anche te a
fargli compagnia!”
“Non tema Kakashi sensei, ci
andrò leggera…”
Certo come no, pensarono
subito all’unisono i presenti, Anbu compresi, il che era tutto dire.
Nonostante l’inusuale visione
di Sakura che prendeva a sberle due ragazzi ben più forzuti di lei, Sai si
ritrovò a riflettere attentamente su quelle persone.
Pensò a come, un anno fa, si
fosse il posto il problema di come comportarsi nei loro confronti ora che
Sasuke Uchiha era tornato a Konoha.
E di poi come in effetti, si
era comportato lui stesso quando si era reso conto che la vita di Sasuke
dipendeva da una sua scelta. Era cambiato molto, tutti lo erano. Nonostante
avessero sofferto molto, nonostante sapeva ci sarebbero stati altrettanti
momenti duri in futuro, il cuore di Sai si sentiva fiducioso.
Con un gran sorriso sulle
labbra si buttò nella “mischia”, aiutando Sakura a frenare i due sciocchi che
continuavano imperterriti a darsele di santa ragione.
Sotto gli occhi attenti e
divertiti di Kakashi e Yamato, che a loro volta sorridevano contenti di vedere
i loro ragazzi sempre così energici.
Ognuno di loro poteva celare
demoni, oscurità e dubbi nel proprio animo. Ma sapevano anche, senza bisogno di
dirselo esplicitamente, che avrebbero fatto ogni cosa pur di proteggersi a
vicenda da tale oscurità. Preservando la luce, la stessa che si rifletteva in
quell’istante pure negli occhi di Sasuke.
END
29-04-2014
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