A Lifetime Of Adventure

di Valerydell95
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - To relive a memory ***
Capitolo 2: *** I - What a fortune might buy ***
Capitolo 3: *** II - All the sounds of wilderness ***



Capitolo 1
*** Prologo - To relive a memory ***


A Lifetime Of Adventure

  

Prologo

 To relive a memory 

 

Go slowly now, sands of time
Still have some verses to pour
This wonder of life has led me home,
like a poet of Scotland once scribed”
(Tuomas Holopainen – Go Slowly Now, Sands Of Time)

  

Nadia non si aspettava di trovare Svizzera sveglio a quell’ora.
Era andato a letto presto, poco prima delle dieci, salutandola con sguardo freddo e senza augurarle la buona notte, uscendo dalla stanza prima che Nadia avesse avuto il tempo di rispondere. Quell’atteggiamento l’aveva irritata. Era un bene che, prima di partire, il suo superiore le avesse chiesto di controllarsi, perché altrimenti Nadia l’avrebbe volentieri afferrato per un braccio chiedendogli dove accidenti avesse lasciato la buona educazione.
Oh, Svizzera era strano, strano davvero. Pragmatico, distaccato, scostante. Era come se avesse in odio tutto il genere umano. Tranne la piccola Liechtenstein, ovviamente. Con lei era protettivo e premuroso.
Ma Svizzera non era felice. Nadia sapeva riconoscere l’infelicità quando la vedeva e negli occhi di Svizzera era così evidente che sarebbe stato impossibile non notarla. I suoi occhi erano duri, senza luce. Eppure i modi di Svizzera, così sicuri ed energici, facevano pensare che forse quella luce aveva brillato, un tempo. Forse un tempo aveva riso e pianto. Poi le vicende della vita avevano soffocato quella luce lasciandosi dietro occhi spenti e freddi.
Era notte fonda e Svizzera era in salone. Era seduto sul divano fissando le fiamme del camino, l’unica fonte di luce nella stanza. Fuori nevicava piano. Vash indossava un semplice pigiama grigio scuro, un colore che non gli si addiceva.
“Svizzera? Va tutto bene?”. Era complicato fargli una domanda, si rischiava sempre di sembrare invadenti. Svizzera detestava qualsiasi tipo di domanda che lo riguardasse a livello personale. Chiedergli come stava o cosa gli piaceva erano ottimi modi per farlo innervosire. Di solito la risposta era un’occhiata torva accompagnata da un secco ‘E a te che importa?’. Quindi Nadia si preparò a quel genere di reazione elaborando una risposta che…
“Non è niente.”.
Cosa gli prendeva? Non si era nemmeno girato a guardarla. La sua voce era calma e piatta, con una nota di tristezza.
“E allora perché te ne stai lì seduto a guardare il vuoto?”.
Svizzera non rispose. Perlomeno, non con le parole. Sì volto e la guardò per qualche secondo, per poi girarsi nuovamente.
“Vuoi che mi sieda vicino a te?”. Isolata dal contesto suonava come una domanda abbastanza stupida, ma Nadia sentiva di doverglielo chiedere. Svizzera non era Toris, non era Natalia, non era Feliciano. Svizzera era una persona che detestava anche solo che qualcuno gli desse una pacca sulla spalla.
“Mmh.”.
Nadia si sedette accanto a lui sul divano e lo guardò. Svizzera era bello, non lo poteva negare. I capelli biondi, il portamento fiero da soldato, anche l’atteggiamento chiuso e scontroso contribuiva a renderlo attraente. Gli dava quel fascino da bel tenebroso al quale Nadia preferiva da sempre i tipi dolci e un po’ impacciati, ma di cui capiva il successo.
“Quale è il problema?”.
“Nulla.”.
Che risposta poteva aspettarsi da uno come lui? Di certo non che le raccontasse la storia della sua vita. “Sicuro?”.
“Sì. O almeno, nulla di importante.”.
Ah. Ma allora c’era qualcosa. Forse si stava aprendo uno spiraglio.
“Se non è importante, perché ti fa stare sveglio?”.
Svizzera sospirò piano. Aveva una bella bocca. Nadia si domandò se qualcuno l’avesse mai baciata. Era quasi tentata di chiederglielo. Hai mai dato un bacio, Svizzera? Ti ha mai baciato qualcuno?  Ma dentro di sé intuiva quale fosse la verità. E non si era mai considerata sfacciata in quel tipo di faccende, però… Però a lei baciarlo non sarebbe dispiaciuto. Poteva anche immaginare come sarebbe stato. Un bacio intenso e appassionato, ma breve. Lui non era il tipo da baci lunghi. Non si fidava abbastanza del prossimo e non era abbastanza indulgente con se stesso.
No, baciare Svizzera non le sarebbe dispiaciuto affatto.
“Non parli mai con nessuno di quello che provi, tu? Nemmeno con Liechtenstein?”.
“Non voglio che sia triste. Soprattutto per cose successe tanto tempo fa.”.
"Devi parlare con qualcuno. Stare zitto non ti fa bene.”.
“Non ho bisogno di parlare con nessuno.”. La voce di Svizzera si fece dura. “Non ne ho mai avuto bisogno, sono sempre riuscito ad andare avanti da solo. E poi figuriamoci cosa succederebbe se ne parlassi. Inizierebbero tutti a chiacchierare, a farmi domande su domande, ad assillarmi, ‘come posso aiutarti, Vash?’, ‘voglio esserti vicino, Vash?’ e lo farebbero solo per stare con la coscienza a posto perché a loro non importa nulla di me, non gliene è mai importato, nessuno si è mai interessato a cosa provo o a cosa ho provato, mai!”.
Nadia lo guardò. “Svizzera…”.
“E’ questa la verità, pensi che non lo sappia? Io per loro sono solo Svizzera. Svizzera l’asociale, Svizzera il tirchio, Svizzera che ti spara se metti un piede nel suo giardino, Svizzera che sorveglia sua sorella a vista, Svizzera il cinico, Svizzera, Svizzera, Svizzera. E a loro importa solo di lui, di Svizzera.”. Strinse le labbra e chiuse gli occhi. “Svizzera. Tutti pensano a Svizzera. E nessuno pensa mai a Vash.”. Riaprì gli occhi e guardò il fuoco. “E così…”.
“Cosa?”.
“… E così a volte anch’io mi dimentico di Vash. E’ comodo. Triste ma comodo. Spesso mi dimentico di essere entrambe le cose e sempre più spesso sono solo Svizzera. A volte spero che un giorno Vash scompaia.”.
“Per l’amor di Dio, no!”.
“Invece sì. Sarebbe tutto più facile, sai? Niente più domande, niente più dubbi, niente di niente. Soltanto doveri e compiti. Soltanto Svizzera. E’ come la storia delle maschere di Pirandello. Indossare permanentemente una maschera invece che alternarne due. Perché tanto una delle due… non la guarda mai nessuno.”.
Nadia si sentì stringere il cuore. Rinunciare alla propria metà umana era la prospettiva più raggelante che avesse mai pensato. Lei non ce l’avrebbe mai fatta. E invece quel ragazzo considerava seriamente l’ipotesi di farlo. Che razza di coraggio aveva?
“Allora parlamene.”.
Svizzera la guardò inarcando le sopracciglia. “Di cosa?”.
“Di Vash. Svizzera non m’interessa. Voglio sapere di Vash. Voglio sapere la sua storia.”.
“No.”.
“Fino ad adesso ti sei lamentato del fatto che a nessuno interessa di Vash. Be’, adesso c’è qualcuno a cui interessa.”.
“Senti, andiamo a dormire e dimentichiamoci di questa conversazione, va bene?”.
Nadia gli afferrò il braccio. “Eh no, Vash.”.
“Ma che fai? Lasciami!”.
“Non è così che funziona. Smettila di scappare dai tuoi problemi.”.
Svizzera liberò il braccio e scattò in piedi davanti a lei. “Io non sto scappando da niente! Io non scappo dai miei problemi, sono gli altri che scappano! Sono sempre scappati, l’hanno fatto sempre! Ogni volta che stavo male, ogni volta che ero triste non c’era mai nessuno! Venivano da me solo quando gli serviva qualcosa e lo fanno ancora adesso! Loro se ne fregano di me! Ecco perché non mi importa nulla di loro e di quello che provano! A loro non è mai importato nulla di me, perché a me dovrebbe importare di loro?!”. Aveva gli occhi lucidi e il respiro serrato.
“Vash, siediti e calmati.”.
“Oh ma io sono calmo! Sono sempre calmo, no?!”. Fece una risata sarcastica. “Svizzera non perde mai il controllo, Svizzera ha i nervi d’acciaio, Svizzera è di ghiaccio! Be’, Vash no! Vash non ha i nervi d’acciaio! Vash sta male, Vash è capace persino di piangere! Assurdo, eh?! Non lo si direbbe! E invece sì! E ha pianto, Vash, sai?! Ha pianto tantissimo ma nessuno l’ha mai saputo! E sai perché?! Perché nessuno gliel’ha mai chiesto!”.
“Smettila di urlare, sveglierai tua sorella!”.
Calò il silenzio. Svizzera abbassò la testa e sferrò un pugno sulla parete che fece sobbalzare Nadia.
“Non ce la faccio più.”. La sua voce era rotta e le lacrime iniziavano a scorrergli lungo le guance. “Non sopporto più di stare in silenzio mentre tutti parlano.”.
“Vash…”.
“Ma perché? Perché nessuno vuole ascoltare ciò che provo e io invece sono costretto ad ascoltare tutte le stronzate che dicono? Ecco perché li tengo alla larga. Ecco perché non li sopporto più. Sono egoisti. Una massa… di fottuti… egoisti… del cazzo.”.
Nadia si alzò e gli posò le mani sulle spalle. “Siediti.”.
“No. Voglio andare a dormire. Mi fa male la testa.”.
“Calmati e siediti.”.
Svizzera si sedette sul divano e si asciugò le guance con un gesto brusco, quasi rabbioso. “Cosa vuoi?”.
“Te l’ho detto. Voglio che mi racconti di Vash.”.
“Così poi puoi andare a raccontarlo a tutti.”.
“No. Non voglio raccontarlo in giro. Lo voglio perché mi interessa. Non ti aspetterai che io me ne vada a dormire tranquilla dopo averti visto in preda ad un crollo nervoso, vero?”.
Svizzera sospirò. Era bello con gli occhi lucidi, bello e triste.
“Da dove vuoi che inizi?”.
Nadia sorrise e si sedette accanto a lui.

“Dall’inizio. Comincia dall’inizio.”.


E niente.
Con questa long, che sarà composta da sedici capitoli (più questo prologo), voglio rendere giustizia a Svizzera, un personaggio secondo me troppo trascurato e sottovalutato. Spesso la sua unica caratteristica che viene mostrata nelle fanfiction è la sua tirchieria e viene visto così (secondo me) drammaticamente legato a Liechtenstein da venir spesso mostrato solo e unicamente come suo fratello. Un po' come accade con Bielorussia, insomma. Era da un po' che ci pensavo e quindi eccoci qua. Spero solo di riuscire a creare qualcosa di buono.
A presto, con il primo vero capitolo.

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Capitolo 2
*** I - What a fortune might buy ***


A Lifetime Of Adventure

  

I

 What a fortune might buy
 

Se fosse davvero oro tutto questo finirebbe! Sarei ricco, ma non sarei mai più lo stesso! L'aria fresca avrà un profumo migliore? I giorni di sole saranno più luminosi? Le notti stellate nasconderanno altri segreti? O perderò tutto questo? Ma io davvero voglio essere... ricco?”

(Paperon de’ Paperoni – “L’argonauta del Fosso dell’Agonia Bianca”)

  

 

“Sai, dicono…”.
“Lo so cosa dicono.”. Vash ripiegò la gamba sotto di sé. “Dicono che per denaro io sia disposto a tutto. Dicono che il denaro sia la mia unica ragione di vita, dicono che piuttosto che separarmi da una moneta di troppo mi farei tagliare una mano.”.
Nadia guardò Vash. I suoi occhi non erano più lucidi, la sua voce non tremava più. Il suo sguardo era serio, quasi solenne, le sue parole decise. La sua voce aveva un tono duro e non lasciava spazio a esitazioni.
“Svizzera e il denaro, il denaro e Svizzera.” disse lentamente Vash. “Dove c’è uno, c’è anche l’altro. Senza denaro Svizzera non può vivere, così come il denaro non può moltiplicarsi senza il tocco magico di Svizzera. Sorprendente come riescano a dipingerlo come un rapporto morboso e malato, vero, Nadia? Credono che io sia ossessionato dai soldi al punto tale da credere che potrei rinunciare alla mia identità per essi. Ovvio che pensino così, quando non si sono mai disturbati a chiedermi in cosa credo.”. Quell’ultima frase fu pronunciata con un’inflessione lievemente sarcastica. “La verità è un’altra.”.
“Qual è?”.
Vash si voltò a guardarla negli occhi.
“Sai perché m’importa così tanto del denaro? E’ una cosa che mi viene da lontano, da quando non avevo niente ed ero solo. Guardandomi attorno mi convinsi che i soldi erano tutto. Davano potere, sicurezza, ti procuravano amici e alleati. O almeno, così sembrava. Ma in quel momento non capivo che tutto ciò che il denaro porta è destinato ad andare via assieme al denaro stesso. La sicurezza crolla, il potere svanisce, gli amici ti abbandonano e gli alleati ti voltano le spalle. Ora lo so, ma all’epoca non lo capivo. Vedevo solo la luce delle monete d’oro e d’argento. Ero accecato. E quando ho capito che il denaro non porta la vera felicità… Be’, era troppo tardi. Ormai ero stato etichettato come la persona cinica che ha nei soldi la sua unica ragione d’esistere. E se vai da qualcuno degli altri e parli con lui o lei di me, scoprirai che è questo quello che pensano. Se provassi a comportarmi diversamente nessuno mi prenderebbe sul serio. Direbbero che sono impazzito o che lo sto facendo per un qualche tornaconto. Perché Svizzera è così, non fa mai niente per niente. E’ come… come per i personaggi di uno spettacolo teatrale da due soldi, Nadia. C’è il ragazzo sciocco e combinaguai, c’è il donnaiolo senza scrupoli, c’è la ragazza svampita e ingenua… e c’è il misantropo avaro e avido. Ho dovuto indossare quella maschera moltissimo tempo fa perché mi serviva, e ora non posso più toglierla. Non è accettabile che un attore si tolga la maschera durante lo spettacolo, è fuori da ogni schema mentale. E anche se me la togliessi sarebbe inutile, perché ai loro occhi io e la maschera ormai siamo la stessa cosa. Non esiste più un volto dietro alla maschera di Svizzera, il misantropo attaccato al denaro. Quel volto è Vash ed è tanto che nessuno vede più Vash. Chi l’ha visto in passato non lo riconoscerebbe, perché è passato troppo tempo. E chi non l’ha visto in passato… se lo vedesse ora, si troverebbe davanti un estraneo.”.
“Ma nessuno… Voglio dire, nessuno ci ha mai provato? A conoscerti davvero, intendo. Insomma, Liechtenstein…”.
“Sì, lei sì. Anche se non del tutto. Ci sono lati di me che non voglio che lei veda. Sì, Lily sì, in parte. E…”. Vash chiuse gli occhi.
“E? E chi?”.
“Non… Non voglio parlare di quella persona.”. Una lacrima gli scivolò lungo la guancia e lui la asciugò subito. “Non me la sento.”.
“Austria? Si tratta di lui?”.
Vash annuì. “Sì, ma non ne voglio parlare. Per me è come se fosse morto.”.
“Dio, Vash, non dire così…”.
“No. Non se lo merita.”.
Che cosa poteva avergli fatto? Nadia non riusciva a immaginarlo. Una cosa era certa: Vash gli aveva voluto bene davvero. Altrimenti non sarebbe stato così ferito. Voleva sapere cosa era successo tra loro due, voleva capire, ma sapeva bene che non era giusto forzargli la mano. Già il fatto che si stesse aprendo in quel modo con lei, che era di fatto un’estranea, era tanto. Era un indice di quanto Vash stesse soffrendo.
“Comunque… Sì, anche… anche lui.” riprese Vash. “Purtroppo anche lui. Quanto sono stato stupido. Non solo mi fidavo di lui, mi sono persino… Lasciamo stare.”.
“Va bene, tranquillo. Se non vuoi parlarne non parliamone.”.
Vash la guardò interdetto. “Va… Va bene.”.
“Perché quell’espressione stupita?”.
“Pensavo che avresti insistito. E…”. Vash abbassò gli occhi e arrossì lievemente. “E grazie. Per non averlo fatto.”.
Era la prima volta che lo vedeva arrossire. Era adorabile, sembrava di colpo un adolescente.
“E… quindi?”.
“Cosa?”.
“I soldi. Stavi parlando dei soldi.”
“Ah, giusto. Be’, non c’è molto altro da dire. La situazione è questa, che io lo voglia o no. Non ho mai pensato che i soldi fossero… come dire, la mia identità. Non lo sono per niente. E anche se mi servono, li odio. Li odio per quello che mi hanno fatto. Mi hanno rovinato. Anche se non è il denaro in sé ad averlo fatto, ma la visione distorta che gli altri hanno e hanno sempre avuto di me. Sono convinti che io possa svendere tutto quello che ho, se mi si offre la giusta cifra. No. Non lo farei mai. Non mi chiamo Olanda, io. Anche se a dir la verità non so se Olanda farebbe una cosa del genere. Ma in realtà non credo lo farebbe, non è il tipo, almeno spero. Lui è stato più fortunato di me, o forse solo più furbo. Non gli è successa la stessa cosa che è successa a me. Gli altri non pensano subito al denaro, quando parlano di lui. Probabilmente” fece Vash con un sorriso amaro, “Olanda ha visto cosa mi è successo e mi ha preso come esempio di come non comportarsi. Be’, se così fosse sono contento per lui. Non auguro a nessuno quello che è capitato a me.”.
“Essere identificato con i soldi?”.
“Essere solo. E’ la cosa peggiore che possa capitare a chiunque. I soldi mi hanno reso completamente solo.”.
“Ma hai…”.
“Lily, certo. Ma lei non basta, Nadia. Non può bastare. Non si può trascorrere l’intera esistenza avendo solo una persona al proprio fianco, fosse anche tua sorella. Lo so che è terribile da dire, ma dopo tanto tempo che stai a contatto con una sola persona può subentrare…”. Vash sospirò piano. “Può subentrare la noia. E non è la noia che provi quando non sai cosa fare per passare il pomeriggio. E’ più un’apatia, un torpore. Dopo un po’ le giornate iniziano ad assomigliarsi. Entri in un circolo che sembra senza fine. E sai bene che presto o tardi gli argomenti di conversazione inizieranno ad esaurirsi. Non è colpa di Lily, poverina, lei per fortuna non se ne rende conto. La colpa è solo mia. Non mi sono fermato quando potevo e adesso è tardi per cambiare. E’ come entrare in un bosco magico. Ad un certo punto, dopo un po’ di tempo che cammini, ti accorgi di esserti perso. Allora ti volti per tornare indietro e ti accorgi che il sentiero che hai percorso fino a poco prima è scomparso. E rimani bloccato lì perché, per quanto cerchi e guardi, non riesci più a trovare la via del ritorno.”. Vash sospirò di nuovo. “E dopo un po’ di tempo sai cosa succede? Capisci che la via del ritorno non esiste più.”.
“Ma sì che esiste, Vash.”.
“Non raccontiamoci stupidaggini, Nadia. La via del ritorno per me non esiste. Non l’ho imboccata quando potevo e ormai è scomparsa. Ma non è colpa del denaro, il denaro non ha una volontà propria. Non è nemmeno colpa degli altri. La colpa è solo mia. Sono stato cieco e stupido, e se una persona fa qualcosa di stupido prima o poi ne paga le conseguenze. L’ho imparato sulla mia pelle. E’ inutile stare a disperarsi per una situazione che non può cambiare. Bisogna solo adattarsi.”.
“E se potessi tornare indietro?”.
Vash fece un sorriso amaro. “Ti ho appena detto che non è possibile.”.
“No, intendevo… Se tu avessi una macchina del tempo e potessi tornare indietro, a prima che…”.
“A prima che diventassi prigioniero dei soldi e di me stesso per non essere riuscito a capire qual era il limite da non superare?”.
No, Vash. Volevo dire ‘a prima che la situazione ti sfuggisse di mano’. Perché è questo quello che ti è successo. Eri un ragazzino, un ragazzino incosciente. Lo sono stata anch’io, lo siamo stati tutti noi Nazioni. Ma c’è una cosa che non capisco della tua storia. Perché a te non è stata concessa una seconda possibilità? Perché ti hanno rinchiuso in questa gabbia per poi buttare via la chiave mentre tu non ti accorgevi di quello che ti stava succedendo? Perché? Erano ragazzini anche loro, è vero. Ma adesso? Adesso siamo cresciuti, non siamo più così immaturi. Perché nessuno ripesca la chiave e non apre la tua gabbia? Perché tutti t’ignorano mentre stai rinchiuso dando tutta la colpa a te stesso? Perché nessuno ti aiuta? “Sì, più o meno. Insomma, se tu potessi farlo, cosa faresti?”.
Vash guardò il fuoco, la luce delle fiamme che si rifletteva nei suoi occhi verdi. Sospirò.
“Andrei dal me stesso bambino e gli direi Stai attento. Ricordati sempre che il denaro non è tutto e che non compra la felicità. Lo so che adesso per te queste frasi non hanno senso e sembrano solo frasi fatte, ma non lo sono. Fidati di me e ascoltami.. Credo” e lì la sua voce tremò per un istante, “che farei questo. Non saprei cos’altro fare per… per cambiare le cose. Ma tornare indietro è… è impossibile.”. Vash si coprì la bocca con una mano.
“Calmati. Va tutto bene.”.
“Non è vero, niente va bene. Sono solo, è inutile chiudere gli occhi per ignorarlo.”. Vash scosse piano la testa guardando il fuoco.
“E quel che è peggio è che la solitudine me la sono comprata da solo, moneta dopo moneta.”.
Di fronte a quella frase Nadia non seppe cosa rispondere. Non riuscì a trovare nemmeno una parola di conforto che non suonasse falsa, non una frase che non suonasse di circostanza. Poté solo posare una mano sulla spalla di Vash e tacere, mentre la neve turbinava fuori dalle finestre e il silenzio della notte riempiva la casa.




IMPORTANTE

Un annuncio di servizio.
Per evitare inutili ripetizioni e ridondanze, ho “asciugato” la fanfiction facendola prima scendere da sedici capitoli a dodici, poi da dodici a dieci. Non ci saranno tagli a livello di contenuto, tranquilli. Tutto ciò che bisognerà dire e raccontare verrà detto e raccontato.

Seconda cosa: questa fanfiction si sta rivelando tanto dura quanto bella. Eviscerare un personaggio così marginale fin nel profondo partendo dal (poco) materiale che il canon offre è una sfida meravigliosa, oltre che un “rendere giustizia” al personaggio stesso. Per fortuna in questa sfida non sono da sola. Quindi devo innanzitutto ringraziare le mie “colleghe” fanwriter e amiche Achernar ed Elfin Emrys per il loro aiuto in questa sfida, soprattutto per quanto riguarda gli spinosi fatti che verranno raccontati nel quarto capitolo. *tenta di creare hype*
Ebbene, in questo capitolo si è parlato del rapporto di Vash con il denaro, rapporto nelle FF spesso molto estremizzato e reso una monomania vera e propria (questo quando Vash non è bimaniaco, ovvero ossessionato E dai soldi E dal proteggere la sorella). Veramente, in certe FF sembra che togliere una moneta a Vash equivalga a strappargli il cuore dal petto e scatena reazioni a dir poco assurde. Ho voluto dare una mia interpretazione (non so quanto fondata psicologicamente) del suo rapporto con i soldi e non basarlo solo sulla semplice avarizia.
Seconda cosa (terza, a questo punto), ringrazio ovviamente tutti coloro che recensiscono e anche coloro che leggono senza recensire (anche se dovrei fare il discorso di ringraziamento nelle note dell’ultimo capitolo e non in quelle del primo, ma vabbe’ XD).
Detto questo, detto tutto. A presto con il secondo capitolo!

 

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Capitolo 3
*** II - All the sounds of wilderness ***


A Lifetime Of Adventure

  

II

 All the sounds of wilderness
 

“The stillness that fills him with peace
The beauty of the wild
Rainbow’s end with golden dreams
Starlit skies and coffee and beans”

(Tuomas Holopainen – The Last Sled)

  

 

“Sta ancora nevicando fuori.”.

“Sì. Continuerà per tutta la notte.”. Vash sfiorò il vetro della finestra. La luce danzante del fuoco creava effetti di ombre cangianti sul suo viso. “Domattina la neve sarà alta almeno un metro.”. Tornò al divano e si sedette incrociando le gambe.

“A te piace la neve?” gli chiese Nadia. Non riusciva a togliersi dalla mente quello che aveva detto Vash pochi minuti prima e voleva cambiare argomento. Indagare sul rapporto di Vash con il denaro aveva aperto un vaso di Pandora pieno di dolore, malinconia, odio verso se stesso e rabbia verso gli altri. Se ci ripensava le si stringeva il cuore.

“Non è vero, niente va bene. Sono solo, è inutile chiudere gli occhi per ignorarlo. E quel che è peggio è che la solitudine me la sono comprata da solo, moneta dopo moneta.”.

Vash si rendeva conto della gravità di quell’affermazione? La risposta era tragicamente ovvia. Sì, certo che se ne rendeva conto, Vash non era il tipo da parlare a vanvera.

Smettila di pensarci, Nadia.

“Sì e no.” rispose Vash.

“In che senso?”.

“Dopo una lunga nevicata… quando è tutto imbiancato… C’è quel silenzio assoluto che ti rimbomba nelle orecchie. Quella è una cosa che ho sempre amato della neve. Il silenzio che crea, quel senso di quiete in cui tutto sembra immobile. Sono gli unici momenti in cui mi sento veramente in pace. Alcune notti d’inverno, quelle in cui nevica piano, esco e vado a passeggiare nella foresta. Ed è… una delle cose più belle che io abbia mai provato. Per poche ore non penso a niente, non sento niente, non mi importa di niente. Spesso ho la testa così piena di pensieri che mi sembra che il cervello mi stia per esplodere e quelle notti…”. Vash sospirò. “Be’, sono le uniche occasioni in cui non penso. Cammino piano e basta. Poi mi arrampico sulle rocce, mi siedo e mi guardo attorno, fino all’orizzonte. E resto lì anche per ore.”. Vash la guardò per secondo negli occhi, poi tornò a fissare le fiamme nel camino. “In quei momenti… vorrei sparire. Non morire, ma sparire. Non essere più qui. Non vorrei più essere né Svizzera né Vash né nessun altro. Vorrei solo andare via. Andare in qualunque posto, non importa quale, basta solo che sia un posto dove io possa essere…”.

“Felice? Dillo.”.

Vash abbassò la testa e sospirò. “Non posso, Nadia.”.

“Perché? Stai solo prendendo coscienza del fatto…”.

“Che sono un ingrato. Ho tutto eppure non sono felice. E non so perché. Non… Non riesco a capire cos’è che mi manca.”.

Non è vero, Vash, non sei un ingrato. E non hai tutto. Ti mancano così tante cose... Non hai amici e forse non ne hai mai avuti, di veri amici. Molto probabilmente non sei mai stato innamorato, non hai mai ricevuto un bacio, un gesto d’affetto, niente. Non devi sentirti in colpa se vuoi qualcosa che non hai e che ti serve. Perché è l’affetto che ti serve, Vash. E non puoi immaginare quanto ti serva. E’ come hai detto tu. Lily da sola non basta. Una persona sola non basta. Ti serve...

“Nadia?”.

“Eh? Sì, scusa, ero… ero sovrappensiero.”.

Vash la guardò. “Mi sento… mi sento anche in colpa a raccontarti certe cose.”.

“Non devi.”.

“Lo so. Ma non sono abituato a parlare ad altre persone dei miei… di quello che provo. Non l’ho mai fatto. Non so nemmeno come stia riuscendo a farlo stanotte.”.

Rimasero per qualche secondo in silenzio. Nadia osservò Vash con la coda dell’occhio, fingendo di guardare il fuoco. Le faceva così tanta tenerezza. Avrebbe voluto abbracciarlo, avrebbe voluto accarezzargli le labbra, baciarle, sentire se erano lisce come sembravano. Quelle labbra mai toccate da nessuno.

“Sai che non so nuotare?”.

Nadia inarcò le sopracciglia. “Davvero?”.

Vash scosse la testa. “O meglio, so tenermi a galla, ma niente di più. Se mi mettessi in una piscina non ci sarebbero problemi. Ma portami al mare quando ci sono un po’ di onde e vedrai che il primo che affoga sarò io.”.

“E… Come hai imparato? Nei laghi d’estate?”.

“Sì. Ogni tanto io e Lily andiamo a fare un picnic sulle sponde di un lago e a volte nuotiamo. Non molto spesso, in realtà, perché nuotare non piace molto a nessuno dei due. Altre volte invece ci vado da solo. Soprattutto all’alba, quando non riesco a riaddormentarmi. E in quei momenti… vorrei solo…”. Vash tacque.

“Cosa, Vash?”.

“… A volte non ce la faccio, Nadia. Non ce la faccio a sopportare tutto…. Tutto quello che creano. Tutti i casini che combinano, gli impicci che mettono su. Quello che prima è amico di quello e tre giorni dopo se la fa con quegli altri, quell’altro ancora che la mattina si scorna con uno e la sera esce con lui mano nella mano. E’… E’ caotico. E’ come avere una radio con il volume al massimo piazzata nella testa e che non si zittisce mai. Ma il problema sono io che non faccio altro che farmi domande su tutto e tutti. Forse perché mi annoio, in fondo. Ma è… è straniante essere immersi in quel caos. Ecco perché sto sempre quassù per conto mio. Perché c’è silenzio. C’è solo il vento tra le foglie e l’erba, i fiumi, gli uccelli. Sono questi i suoni che vorrei sentire sempre, non le battute, le risate sarcastiche, le urla, le liti scatenate per i motivi più idioti. Lo so che… che loro non sono solo questo, ma è da tantissimo tempo che tendo a vedere solo il lato negativo di ogni cosa e persona e quindi… non riesco a vedere altro. E quando durante gli incontri scoppia il caos generale… io vorrei solo alzarmi, prendere la giacca e tornare qua. Sedermi in giardino, chiudere gli occhi, ascoltare il vento tra gli alberi. E dimenticare per un po’ quanto sono stato stupido. Ecco perché amo tanto quei suoni, perché amo la vista dell’orizzonte innevato di notte. Mi aiuta a dimenticare. Sono diventato così insofferente, anche con me stesso. Vorrei solo… un po’ di pace.”.

A te serve amore, Vash. Tu ti sei sempre preso cura di Lily, ma nessuno si è mai preso cura di te. Hai sempre dovuto cavartela da solo. Ti manca ricevere amore, solo che non lo sai. E non lo sai perché non sai cosa vuol dire avere qualcuno che ti ami. E’ questo il tuo problema.

Nadia avrebbe voluto dirglielo, avrebbe voluto esprimersi, ma le sembrava tanto indelicato. Non si sentiva in diritto di mettere bocca su una questione così personale. Non voleva ferire Vash proprio ora che aveva conquistato una minima parte della sua fiducia.

“Che ore sono?”.

“Eh? Le… No, l’una, credo. Forse qualcosa di più.”.

“E’ tardissimo. Era da parecchio tempo che non restavo sveglio fino a quest’ora.”. Vash la guardò. “E’ un’ora talmente strana. E’ come se… Come se il tempo si fermasse. Nel mezzo della notte è come se non ci fosse un’ora precisa. C’è solo la notte.”.

“Sì, è vero. Anche a me dà quella sensazione.”.

“Io… Io vorrei solo che la pace che c’è a quest’ora ci fosse sempre. Vorrei solo questo. Ma probabilmente lo voglio solo perché non so rapportarmi con gli altri. Non più, ormai.”.

Il fuoco scoppiettò nel camino. Una volta, due volte. Poi scese il silenzio.





Ora posso confermarlo. Questa fanfiction è veramente bastarda. Non è da me tirare fuori un capitolo di appena due pagine in quasi tre mesi.

Detto questo, questo secondo capitolo è stato “di transizione”. I prossimi tre saranno molto importanti: ci saranno parecchie cose da dire e verranno a galla moltissime verità, soprattutto nel quarto capitolo, che sarà forse il più importante di tutta la fanfiction. Spero solo che siano più facili da scrivere.

Detto ciò, a presto con il terzo capitolo!

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