Alien

di Fantasia_98
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Uno strano destino ***
Capitolo 2: *** il seguito ***
Capitolo 3: *** Alien vs umans ***
Capitolo 4: *** alien vs umans: il seguito ***



Capitolo 1
*** Uno strano destino ***


~~Uno strano destino

4.10.98
Ultimo aggiornamento nel diario di bordo: il progetto "S" non sta dando i risultati sperati, io e gli altri scienziati abbiamo fatto molti tentavi sulle cavie senza avere successo: con questo siamo al 13 fallimento.
Finito di scrivere gli appunti sul taccuino, il D. Albert tornò a guardare oltre la teca di vetro che aveva davanti a se, stava fissando nel buio e dopo aver sospirato chiese -nessun miglioramento?- -nessuno purtroppo- fu la risposta.
-forse sarebbe meglio se...- aggiunse una voce nel buio -no posso ancora farcela, deve avere ancora un po' di pazienza e avrà ciò che ha richiesto- -sono stufo di aspettare, sono passati mesi oramai e le ricordo che- ma non finì la frase che Albert aggiunse -avrà l' ibrido come promesso ma ci servono altre cavie- al sentire quella frase l'uomo s'infuriò e alzò la voce -vi ho donato molte cavie e fino ad ora non ho visto risultati, neanche un ibrido o una maledetta regina, niente di niente!- -una regina? non vorrà mica...- -questa?! questa oramai è sul punto di morire, l'avete prosciugata- -la prego ci dia ancora un po' di tempo- -un' ora, non di più. Sono le 8:00 S. Albert, è meglio che si muova-.
Oramai erano le 9:00 e non avevano avuto miglioramenti. Albert era davanti la teca con uno sguardo triste e deluso, stava guardando il riflesso di ciò che succedeva dietro di se: i militari stavano smantellando tutto, gli stavano portando via il sogno di una vita; tutto il suo progetto che anni fa avevano approvato ora stava diventando un vago ricordo. Vide gli attrezzi smantellati, appunti distrutti e l'ultima regina di una razza aliena uccisa, la sala oltre quella teca che aveva sempre fissato ora veniva distrutta e illuminata a causa dell'esplosivo; alla fine del laboratorio non era rimasto nulla se non le macerie, fogli sparsi ovunque e i corpi delle cavie e dell'alieno che oramai si stavano putrefacendo. Ad un certo punto una donna si alzò, era in preda al panico, cercava di reggersi in piedi e batteva i pugni su un frammento di vetro che le bloccava l'uscita, poi si accorse di essere in una stanza e che l'uscita era dall'altra parte cosa che non avrebbe mai potuto vedere se non fosse stato per qualche cavo che emetteva scintille. Si fece forza, si alzò e iniziò ad avviarsi nel buio verso di essa ma si fermò poco dopo poiché sentì un respiro. La donna impaurita chiese - c'è nessuno?- il respiro si avvicinò di colpo e la donna ebbe modo di vederlo: aveva la testa a mezzaluna allungata, dalla bocca gli usciva della bava e aveva denti acuminati. -Aiuto!- gridò la donna invano -ti prego non uccidermi- aggiunse dopo con le lacrime agli occhi sperando la capisse ma la bestia si ritrasse e la fece passare. Lei si accorse che questa bestia oramai era morente: era accasciata per terra ed emetteva strazianti richiami, poi più niente, era morta. Eleonora ancora impaurita si avvicinò e quando fu certa che la creatura fosse morta la oltrepassò e fuggì.

-Spinga signora, spinga!- urlava un'infermiera a Eleonora. Lei ora era in un ospedale, sdraiata su un lettino intenta a seguire le istruzioni: stava partorendo. Il tutto finì alle 9:10. Era una bellissima bambina, ma quando la toccò lei le diede una visione, anzi un ricordo: degli scienziati stavano dicendo delle parole mentre lei era stava quasi perdendo i sensi su un lettino puzzolente e pieno di sangue. Udì soltanto una voce spaventata -non l'abbiamo vista, la bambina doveva essere morta, è stato un incidente- poi più niente. Aveva avuto la notizia che sua figlia era morta prima ancora che partorisse e così si chiese d'impulso -ma se mia figlia è morta, allora questa che sto tenendo in braccio chi è? o meglio cos'è?-. Passò molto tempo con quell'esserino in mano finché non si convinse a tenerla e a crescerla come una figlia, non poteva abbandonarla, dopo tutto era sua ed era così innocente e incosciente di ciò che succedeva. Quando ebbe un momento per se prese la forchetta di plastica e se la conficcò nel braccio per poter cancellare quel numero che le avevano inciso quando era ancora una cavia, lei lo odiava. Quando gli infermieri si accorsero di ciò le tolsero la posata e le diedero dei tranquillanti per poterla far riposare e per impedirle di riprovarci nel caso avesse voluto. Il vetro era oscurato, lei dall’altra parte non vedeva quasi nulla: era stordita. Tutto era come se lo ricordava, tutti che lavoravano e lei dietro il vetro immobile poi le luci si spensero, per pochi istanti vide gli uomini in camice mettersi degli occhiali strani. Quando le luci si riaccesero, vide gli scienziati che esultavano di felicità. sentii urlare -lo abbiamo trovato, è lei!- ma anche degli applausi. Lei non poté fare niente se non guardare e basta, si sentì impotente. Continuava a sentire le voci oltre il vetro urlare di gioia di continuo -l’abbiamo trovato, è lei è la cavia n 113, signore l’abbiamo trovato!- poi sentii delle urla e le orecchie le scoppiarono dal dolore infine buio, gli uomini dietro il vetro nel panico più totale, la porta che si aprii e nel vederla pensò -devo uscire è la mia occasione- ma niente, non riuscii a muoversi, poté solo assistere e vedere come il sangue si spargeva per terra accanto a se e le viscere venivano sparse ovunque. Uno scienziato tentò di fuggire invano, invece venne trascinato nel buio lasciando così la porta aperta. Eleonora era in piedi, si vedeva in mezzo alla stanza, vedeva se, la gente urlare, e vedeva l'ombra di quella cosa, quell'alieno distruggere tutto con rabbia. Le persone stavano urlando in preda al panico, alcune tentavano di scappare, altre restavano paralizzate dalla paura mentre il pavimento si tingeva di rosso assieme alle pareti. Per terra cadevano pezzi di vetro e scintille mentre  tutti morivano. Eleonora era finalmente in piedi e cammina tra i resti guardando impassibile ciò che oramai era successo bloccandosi però alla vista della bestia che continuava a pranzare senza degnarla di uno sguardo. I due raramente si guardavano negli occhi ma quando succedeva sembrava che quell'essere non volesse lasciarla andare.

Eleonora si svegliò di soprassalto nel letto di casa sua, era notte fonda ed erano passati alcuni giorni da quando sua figlia era nata; lei si sentiva bagnata e coperta di sudore freddo ma non le importava molto: era scossa da quel sogno che le era sembrato così reale ma lei sapeva che non era possibile che una cosa del genere fosse vera, sapeva che era solo un sogno eppure questo non bastava a rassicurarla così decise di distrarsi con una bel bagno rilassante. Era immersa nell'acqua calda fino al collo quando ad un certo punto si riaddormentò e si ritrovò nel sogno che aveva fatto poco prima. Quando si risvegliò urlò, sparse dell'acqua fuori dalla vasca e poi si disse -no, non è possibile, sai che non è andata così, tu l'hai visto morire davanti ai tuoi occhi, è solo un sogno smettila di tormentarti!- poi finì di lavarsi e uscì, si asciugò e andò dalla bambina a controllare che stesse ancora dormendo profondamente.

Passarono molti anni e Sonni, una ragazza di 16 anni era davanti al letto della madre mentre le diceva -mamma! mamma! svegliati- Eleonora si svegliò come al solito di soprassalto e poi le chiese -che c'è?- -urlavi ancora nel sogno- e poi aggiunse sottovoce -come fai sempre...- -non è niente tranquilla -la rassicurò lei
Sonni era come sempre a scuola, presente fisicamente ma non mentalmente e ciò lo si poteva notare dal fatto che i loro compagni di classe la stavano prendendo in giro senza che lei li degnasse di uno sguardo; non reagiva di fronte a tutto ciò, neanche stava ascoltando.  Stava sognando ma dovette tornare alla realtà poco dopo quando ricevette uno schiaffo. Lei a scuola continuava a immaginarsi di non appartenere a quel mondo che tanto odiava: la Terra e anche se non sapeva che effetti lo era continuava a immaginarsi una straniera a tutti gli effetti in un mondo che lei conosceva come suo, che lei considerava il suo. Finalmente suonò l'ultima campanella e lei poté andarsene, un altro giorno di scuola era finito e lei era ben felice di piazzarsi al primo posto nell'uscire dai cancelli ma questa volta si fermò, si girò, pensava di aver visto qualcosa, di aver sentito qualcosa ma poi tornò sui suoi passi e se ne andò. Prima di andare alla fermata dell'autobus si fermò in un posto ben nascosto e si sedette a fumare una sigaretta come faceva quando aveva voglia di fumare o si sentiva per qualche motivo triste per cose cui conosceva soltanto lei. Ovviamente come la maggior parte dei ragazzi lo teneva nascosto a sua madre come faceva con molte altre cose. Il giorno seguente fu da capo: lei che arriva a scuola, i compagni che la stuzzicano dicendole cose cattive e lei che non fa altro che immaginare. Davide, un suo compagno che odiava molto, quel giorno volle esagerare dicendole -perché non torni da dove sei venuta brutta cessa? qui nessuno ti vuole- ma lei non rispose così le disse --scommetto che i tuoi neanche ti volevano- per caso Sonni lo sentì ed esplose, questa volta lui aveva veramente esagerato e glielo si leggeva in faccia. Fu un momento, neanche se ne rese conto ma lo capì dalle facce dei compagni poco dopo: per la rabbia aveva scaraventato il compagno dall'altra parte dell'aula con una forza tale da rompergli alcune ossa. Quel giorno lei decise di tornare a casa prima e di chiedere delle spiegazioni alla madre ma quando si trovò davanti la porta di casa trovò due militari vestiti di verde, quel verde mimetico che li avrebbe potuti mimetizzare benissimo in un cespuglio o in mezzo ad un prato. -Sonni?- le chiese uno dei due -si?- rispose lei inconscia di ciò che fosse successo -è meglio che tu non vada dentro- le disse un altro uomo da dietro invano; lei volle entrare a tutti i costi ma si bloccò subito, aveva ancora lo zaino in spalle quando urlò dal dolore nel vedere che il corpo della madre era sparso per tutta la stanza. I due militari dovettero trascinarla con la forza per potarla via mentre altri passavano a prendere appunti e facevano foto. Nell'essere trascinata via la ragazza vide che c'era ancora la mano della madre attaccata alla maniglia della porta e ciò la fece scioccare e disgustare. Quando si calmò i due le diedero un foglio, lei lo lesse e disse -cos'è questo?- -la stampa sarà cui a breve è meglio che lo impari a memoria- -voglio sapere com'è morta davvero- disse imputandosi -quello che pensiamo noi è che qualcosa l'abbia uccisa- disse uno di loro divagando -qualcosa?- -si beh niente di umano può averlo fatto, i suoi pezzi trovati così, come li abbiamo trovati.. beh riportavano acido- -acido? ne siete sicuri?- -ce n'è qualche traccia nella finestra da cui sono entrati, era chiusa ermeticamente, lo era ogni finestra- -mia madre era paranoica- -si, lo sappiamo comunque tua madre a giudicare dagli oggetti distrutti deve aver cercato di fuggire, di lottare, di difendersi- -ed era quasi riuscita a salvarsi, era arrivata alla maniglia della porta ma...gli aiuti sono arrivati troppo tardi- disse un altro aggiungendo poi -mi dispiace per tua madre- e prima di andarsene le porse una chiave mentre gli altri salivano nel furgone, poi l'ultimo disse -questo ce l'aveva al collo, non so a che cosa servisse ma è meglio che la tenga tu- Sonni la prese e se la mise al collo, era una chiave personalizzata, era molto bella con una catenella lunga e sottile che le arrivava fino a metà pancia. -E ora mi lasciate così?!- gli urlò dietro mentre vedeva il loro furgone sparire lasciandola del tutto sola. Passarono giorni, Sonni li trascorse come se non fosse successo nulla, come sempre solo fumando qualche sigaretta in più. A scuola i compagni la vedevano cambiata, aveva smesso di parlare, non mangiava quasi niente a ricreazione, ascoltava la musica e guardava fuori dalla finestra nel corridoio. Per lei non era cambiato nulla, non aveva pianto ma aveva smesso di sorridere del tutto, non se la sentiva più, si sentiva abbattuta ma non per la perdita della madre, nonostante le apparenze la odiava a morte; l'unica cosa che per lei era migliorata era che avevano smesso di prenderla in giro, le stavano tutti più vicino ma lei non voleva nessuno, non accettava nemmeno gli abbracci dalle sue amiche. Non ascoltò la lezione come faceva sempre finché dalla porta non entrarono dei militari che conosceva benissimo. Questa volta possedevano armi e d'improvviso si misero a sparare. Sonni venne tirata per la manica della felpa rossa che indossava e in un attimo  si ritrovò per terra, non si accorse d'aver sbattuto la testa ma sentiva l'odore del sangue che le usciva. I compagni stavano scappando terrorizzati, il muro era tappezzato di buchi, dei pezzi di vetro erano sparsi sul pavimento. Nessuno poteva vedere cosa fosse, era troppo veloce, ma non per lei che lo vedeva chiaramente spostarsi e colpire uno ad uno alcuni dei suoi compagni ma era stordita e non ci vedeva chiaramente così perse subito conoscenza. Nessuno si era accorto che nel punto in cui lei aveva sbattuto la testa si era sciolto, come se fosse stato dell'acido a farlo, come se le fosse uscito quello al posto del sangue, nonostante fosse rosso, nonostante fosse sangue. Le sue ultime parole prima di svenire furono: è solo un brutto sogno, non è vero niente.

Quando si risvegliò sentì freddo, si alzò ma ricadde subito, solo dopo si accorse di aver addosso soltanto l'intimo. Si guardò attorno tentando di capire dove fosse. Qualche minuto dopo capì di trovarsi in un furgone, sentiva che si stava muovendo e che non avrebbe potuto fare molto così com'era cosi guardò attorno per vedere se ci fosse qualcosa con cui potesse coprirsi e trovò dei vestiti li vicino. Li indossò e si mise seduta aspettando il momento migliore per scappare; poco dopo il furgone si fermò e quando sentì un rumore di passi avvicinarsi si nascose. Appena l'uomo aprì la porta lei gli piombò addosso senza purtroppo avere riuscire a scappare. -Allora come si comporta la nostra nuova recluta- chiese una voce da dietro di lei -lei chi è, dove sono, e cosa mi è successo?- chiese all'uomo -io sono il Generale, ti trovi in una base militare speciale. Puoi stare tranquilla, abbiamo chiesto al tuo ragazzo di levarti i vestiti dato che erano tutti sporchi- -ragazzo, quale ragazzo?- le chiese ancora un po' stordita -David -. Successivamente il generale e Sonni entrarono dentro la base, passarono un vialetto e poi entrarono in un edificio. Sonni fu colpita nel vedere che era spazioso, aveva una zona per l'allenarsi, uno per esercitarsi, delle camere e una mensa. Passarono oltre e lei poté notare che in una delle sale, quella da mensa era gigantesca e c'era di tutto da mangiare, qualsiasi cosa chiedessi c'era; oltrepassarono anche le camere e trovò che erano molto spaziose e provviste di qualunque cosa volessi. Il generale la fece successivamente entrare in una stanza, era un cubo vuoto ma molto spazioso -questa è camera tua, chiedi e ti manderemo tutto ciò che ti serve- la ragazza era senza parole ma iniziò subito a dettare ordini, per sicurezza scrisse una lista in cui chiese un letto matrimoniale e che venisse posato nell'angolo a destra mentre a sinistra una doccia con una tenda, un comodino a semiluna con appoggio in vetro e gambe in ferro e un enorme scaffale in cui poter mettere una tv, delle casse, una play station 3 con giochi inclusi,la sua musica e sopratutto i suoi dvd. Chiese poi un armadio per i suoi vestiti, la sua roba di scuola e un amaca. Prima di porre essa a un addetto e di avere ciò che desiderava disse -questa stanza è enorme, equivale a un intera casa...- -questo ha chiesto il generale per lei- -lo so tranquillo non è una predica, prendi uno scalpello- -scalpello?- -già, vedi questo posto?- -si- -voglio che lo tramuti così- e gli porse un disegno che mostrava un bosco e una caverna sull'alto. -La caverna deve essere abbastanza profonda per farci stare tutti i mobili che ho chiesto la foresta deve essere ambientata nel giurassico però le piante devono essere finte e anche l'erba, sono allergica e se puoi vedi di fare un ruscello che viene dal soffitto ok?- -si certo, vedrò cosa posso fare- -grazie e per terra voglio della sabbia-. Sonni stava andando dal generale a farsi dare spiegazioni, sapeva che sarebbe rimasta li per molto ma voleva sapere il motivo per cui l'avevano rapita dopo così tanto tempo. Quando entrò notò la sua immagine riflessa nello specchio, il generale li adorava ed il suo ufficio ne era pieno. Solo allora notò il suo aspetto: vide che indossava una fascia con sottili spalline intrecciate, pantaloni attillati,più corti a metà parte della gamba sinistra di color nero. Lo spacco era continuato poco più sotto da una calza anch'essa nera con un ricamo di rose che salivano a chiocciola; infine essi erano abbelliti da una cintura che le faceva da imbracatura. Ai piedi portava degli scarponi e legata al bacino una felpa. Notò che tutto ciò che indossava era di nero tranne i lacci degli scarponi che avevano qualche traccia di verde. Nel guardarsi allo specchio notò che dietro i pantaloni c'era uno strano buco che le mostrava le mutande, lei non capiva a cosa servisse e lo trovava imbarazzante poi una voce le disse -buffo vero?- lei si girò e notò la presenza del Generale poi tornò a guardarsi e gli chiese -cosa c'è di buffo?- -che tu, nonostante abbia passato tutta la vita a guardarti negli specchi di casa tua, lo faccia qui come fosse per la prima volta- la ragazza si girò per un attimo meravigliata della frase che le aveva detto e gli rispose -grazie- poi lo fissò negli occhi e aggiunse -il fatto è che per tutta la vita ho passato ore a osservarmi allo specchio e vedevo solamente dolore, tristezza e delusione mentre ora noto- -felicità? si anche se non sorridi, lo noto nei tuoi occhi- aggiunse lui poco dopo. -Allora, immagino tu voglia sapere la verità- -si- -Tanti anni fa, prima che tu nascessi, qualcuno ha condotto degli esperimenti e beh tua madre ne faceva parte- -esperimenti e su cosa?- -beh sai quei sogni che faceva?- -si- -non erano proprio dei sogni- -che cosa?!- la ragazza era rimasta scioccata, era incredula -si, è tutto vero, ti aveva nella pancia quando è entrata involontariamente nel progetto. Loro non lo sapevano. Alla fine siamo giunti a una conclusione- -ovvero?- -eri morta altrimenti non lo avrebbero permesso- -aspetta, come ero morta? io sono viva e vegeta come può vedere- -Federico, il nostro scienziato pensa che tu ti sia fusa con qualcosa- -può essere più preciso?- chiese lei più confusa di prima - tu...- tentava di dirglielo nel modo migliore finché lei impaziente gli disse -eviti i giri di parole- poi entrò improvvisamente una persona, probabilmente era lo scienziato e disse -oh scusi, pensavo che aveste finito- -non andartene, stavo per dirle la tua teoria- -forse sarebbe meglio aspettare per quella non crede? Ne ha passate tante non crede che sarebbe meglio se...- -allora?- disse lei oramai stufa di aspettare -non è così semplice Sonni- le disse Federico -che cosa non è così semplice, dirmi la verità?!- -il fatto è... la mia teoria è... tu sei sopravvissuta solo perché ti sei fusa con il sangue del loro esperimento-. Sonni guardò sconvolta il suo riflesso nello specchio chiedendosi che cosa fosse in realtà così chiese -che tipo di esperimenti stavano facendo?- Federico non parlò, nella stanza ora c'era un silenzio di tomba ma poi il Generale disse -con alieni- -alieni?- disse lei ridendo incredula -si, volevano un ibrido. Sono morte tante persone per questo, poi non se n'è saputo più nulla- -fino a quando non hanno trovato tua madre.- aggiunse Federico -come trovata- -avevano chiuso il progetto, pensavano fosse stato un fallimento e si erano sbarazzati di tutti eccetto lei che in qualche modo era sopravvissuta e lontana da tutti ha dato te alla luce-.
La ragazza ora stava camminando pensierosa stava oramai cominciando ad accettare quella parte di se che era aliena. -Sei più umana di quanto pensi sai?- gli disse Federico che l'aveva trovata a camminare fuori davanti al laboratorio. Sonni non gli dedicò neanche uno sguardo, era concentrata a curiosare in giro e ad ascoltare la sua musica. Federico rimase stupito nel non vederla ne sconvolta ne confusa. -è troppo presto, meglio lasciarla ai suoi pensieri- si disse tra se mentre lei avanzava come se quella fosse una giornata come un altra. Lei era così tranquilla, così a suo agio, sembrava felice anche se non sorrideva ma d'altronde lui sapeva dalle informazioni del suo fascicolo che non lo faceva mai. -Mi chiedo quando te lo diranno- disse lo scienziato prima di rientrare. Dopo quel giorno passarono 3 anni e nessuno ebbe più sue notizie.

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Capitolo 2
*** il seguito ***


Alien il seguito:

Erano passati diversi anni dall'incidente nella vecchia casa e da quando il mondo aveva avuto notizie di Sonni. Mary e i suoi due figli Susan e Frank nel frattempo ci si erano trasferiti. Susan aveva 15 anni ed era una ragazza di media altezza, aveva capelli biondi e occhi azzurri ed era vestita con una minigonna nera, un top color bianco e dei tacchi bassi: era classica ragazzina alla moda; a differenza di lei suo fratello Frank che aveva 12 anni era meno interessato a ciò e vestiva con le prime che che gli capitavano in mano. Lui era più basso di qualche centimetro e aveva capelli neri e occhi marroni. - Portate le vostre cose su di sopra - disse Mary a entrambi mentre prestavano attenzione ai loro telefoni -d'accordo- fu la veloce risposta.
Il giorno seguente iniziò la scuola per entrambi, così, dopo essersi svegliati, aver fatto la lotta per il bagno e essersi preparati andarono a prendere la merenda in cucina. Dovettero correre quel giorno per non perdere l'autobus; quando arrivarono entrarono nelle rispettive scuole pubbliche per avviarsi successivamente a conoscere la propria nuova classe. Susan si ambientò bene e fece subito amicizia a differenza del fratello che era più riservato. Tornarono a casa a orari differenti e si buttarono subito sul divano a rilassarsi.

-Com'è andata oggi?- chiese loro la madre a cena -bene- risposero uno dopo l'altro chiudendo subito la conversazione -lo so che non vi piace stare qui ma vedrete che vi piacerà una volta abituati- a quella frase Susan si alzò e se ne andò in camera; chiuse la porta e poco dopo chiamò le sue amiche al telefono -qui è uno schifo- stava dicendo -senza di te è uno schifo- rispose una di loro -già- concordò l'altra -allora com'è li- chiese Tina -la scuola è uno schifo, sembra più una clinica per pazzi che una scuola, ti giuro, sta letteralmente cadendo a pezzi- -o mio dio ma ci sono almeno ragazzi fichi in classe tua?- -uno, si chiama Alex- ; il fratello che passava davanti la sua porta sentì la conversazione e commentò sottovoce -eccola che ricomincia-. Finì di parlare tardi e il giorno seguente fu molto stanca. La mattina, come sempre, si ripeté dall'inizio: ci si svegliava, si lottava per il posto al bagno dopo di che si prendeva la merenda e si correva alla fermata dell'autobus. Nel frattempo, non molto lontano da li, alcuni muratori stavano iniziando a costruire; non si sapeva bene cosa ma doveva essere molto complesso a causa del numero dei lavoratori.

Erano passati molti mesi e oramai la scuola stava quasi per finire. -Ehi Susi sta sera andiamo a prendere un film ti va di venire con noi?- le stava chiedendo Bobby -andate voi, io non ne ho voglia- fu la risposta - ci sarà anche Alex- aggiunse Margaret -e va bene- rispose alla fine lei. Quella sera tutti i noleggiatori di film erano chiusi, tutti tranne uno che era in una stradina buia e desolata. Quando arrivarono davanti Bobby e Max entrarono a scegliere; l'interno era molto diverso dai soliti noleggiatori di film: era macabro e più che altro sembrava di essere in una tabaccheria; c'era un grosso bancone che esponeva dei film con i vari generi e l'unico personale che c'era era un vecchio uomo puzzolente da un brutto caratteraccio. I due ragazzi si guardarono attorno per un po' in cerca di un film horror interessante finché non gli cadde un occhio su di uno, era nella zona per i maggiorenni: si chiamava Alien. Bobby lo prese e andò al bancone -questo- disse all'uomo; lui non gli parlò, lo mise in una busta e disse - per una sera sono 10£- -10? ma è un furto- -10 o niente- -e va bene- poi prese la busta e se ne andò assieme al suo compagno, lasciando i soldi sul bancone dopo di che risalì sulla gip e se ne andò via assieme ai suoi amici. Andarono tutti a casa di Max a guardarlo. La casa era molto spaziosa e deserta; aveva molte stanze e un divano spazioso con una grande tv al plasma. -Non ci sono i tuoi?- gli chiese Susi -no, sono via per una settimana- le rispose mentre faceva accomodare tutti poi aggiunse - ok allora il bagno è là in fondo mentre le camere sono di sopra- poi andò verso la cucina e tirò fuori delle buste di pop corn e delle bottiglie di coca cola. Mentre i maschi si godevano il film le ragazze si aggrappavano a loro nei momenti paurosi; alcuni ragazzi a metà film se n'erano andati di sopra con le ragazze mentre Holly e Sidney erano andate fuori a fumare sotto. Alla fine erano rimasti solamente Susan e Alex che si gettavano qualche occhiata ogni tanto.

Nel frattempo, non poco più in la, il muro era stato finito sotto la incessante pioggia che era cominciata qualche ora fa; i muratori avevano duramente lavorato senza soste per riuscire a finirlo al più presto. Esso era molto alto e circondava l'intera città. I cittadini si erano fatti delle domande su ciò nei giorni successivi ma gli addetti gli avevano detto che si stava costruendo una nuova opera d'arte e con l'andare essi avevano smesso. Non appena finito gli addetti ai lavori se n'erano andati lasciando posto a delle guardie armate di fucile mentre degli scienziati conducevano dalla porta principale una strana grande gabbia; essa era fatta di un ferro molto resistente e aveva una porta che poteva essere aperta solo se azionata da un telecomando. Essa venne fissata all'entrata con molta cautela a causa dei costanti scossoni che essa riceveva da dentro: c'era qualcosa al suo interno e non era di certo un gattino. Quando venne finalmente fissata e tutto fu pronto uno degli scienziati, Geffry, disse -aprite la gabbia- essa poco dopo venne aperta tramite un suo collega e, quella cosa che essa conteneva, uscì e sparì nel buio. Successivamente, quando le guardie dettero l'ok, venne rimossa e la porta venne richiusa.

Nel frattempo sul divano i due ragazzi, Susan e Alex, si erano addormentati l'uno accanto all'altro. Alcune delle ragazze dormivano non molto lontano mentre altre assieme ai propri ragazzi  di sopra a fare altro. Susi ad un certo punto si svegliò, aveva fatto un incubo ma non aveva urlato ne fatto rumore così decise di svegliare Alex; quando lui fu sveglio le chiese ancora mezzo addormentato - Susan, che c'è?- -ho fatto un incubo- -è solo un brutto sogno- le rispose stringendola a se e provando a consolarla mentre Alexis scendeva in quel momento le scale. -Susan, ti va di fare a cambio?, io non riesco a dormire su quel letto- -Alex non lasciarmi sola, ti prego- gli ripeteva spaventata -ok, andiamo- -grazie Alex-.

Un bambino stava piangendo nella sua cameretta mentre sua madre correva da lui per tranquillizzarlo durante il diluvio di quella sera: questo era quello che vedeva lui, il mostro, che da fuori la finestra si era nascosto in mezzo ai cespugli. Il bambino dopo qualche minuto si era tranquillizzato in braccio a lei; poco dopo la madre si girò verso la finestra, aveva sentito qualcosa ma si era subito allontanata pensando che fosse il vento e la pioggia. Poco dopo scoprì che era qualcosa di molto più spaventoso: era un Alien; esso entrò rompendo la finestra e si buttò sopra il bambino afferrandolo per la gola con la sua bocca  mentre la madre cadeva all'indietro. Lei rimase pochi secondi ferma a guardare mentre quel mostro si mangiava suo figlio poi tra un urlo e l'altro trovò il coraggio di alzarsi e di scappare. Andò in cucina e prese un coltello poi si nascose il più in fretta possibile sentendo che quella cosa era appena entrata e la stava cercando; usò il coltello come uno specchio per controllare dove fosse e a quanto distasse dalla porta. Da subito non vide nulla così spostò il coltello; le sembrava che fosse sparito eppure sentiva il suo odore di marcio e di sangue così non si mosse. Rimase molti minuti ferma senza fiatare poi ricontrollò l'uscita e vedendo che era libera iniziò a correre verso di essa il più velocemente possibile ma prima che potesse aprire la porta lui la prese e la trascinò nel buio mentre lei urlava. Quando l'ebbe bloccata sotto di se le trasmise tramite la gola i suoi piccoli poi la lasciò andare e se ne andò. La donna era svenuta e quando si risvegliò, ebbe il tempo di andare a vedere il sangue sparso e il corpo dilaniato sul pavimento nella camera di colui che una volta era stato suo figlio, prima che la sua pancia venne squarciata.

Nel frattempo Susan e Alex erano accoccolati l'uno all'altro quando qualcosa li svegliò: erano i vicini di camera che si scopavano. I due tentarono di dormire lo stesso ma invano così aspettarono che ebbero finito. Quella sera per loro fortuna avevano tirato giù tutte le tapparelle ed erano in un posto isolato e nascosto rispetto al resto della città così non ebbero problemi. Passarono i due giorni tranquilli e ignari di cosa fosse successo finché la mattina del terzo giorno non tornarono in città; essa era deserta. -Ma dove sono tutti?- chiese Susan -boh- rispose  Alexis così ognuno  se ne tornò a casa propria come se fosse niente.

Molti cittadini si risvegliarono immemori di ciò che gli era successo, alcuni si risvegliarono doloranti e sanguinanti mentre altri non si risvegliarono proprio.
Susan ritrovò sua madre chiusa in bagno e quando le chiese -cos'è successo lei non osò parlare- ; dopo 20 minuti si alzò da terra e andò a lavoro come se nulla fosse. La mattinata procedeva come sempre: Gli adulti a lavoro, i ragazzi a scuola e i bambini all'asilo o alle materne ma fu solo pochi istanti dopo che iniziò il disastro.

Una donna in sala maternità stava chiedendo dell'acqua quando sentì un fitto dolore alla pancia; da subito l'infermiera andò a spostarla pensando che partorisse ma poi corse via urlando spaventata nel vedere che la pancia le era stata squarciata e che dei piccoli mostri squittivano all'interno di essa mentre la donna giaceva morta fra le sue braccia. La lasciò sulla sedia a rotelle con la pancia aperta; quella scena la disgustava oltre a spaventarla. Quella bella e dolce mattina si trasformò in un finimondo; non ci volle molto prima che a ogni cittadino succedesse la stessa cosa. Per fortuna  i ragazzi che la sera precedente erano rimasti nella casa dell'amico si erano salvati. Purtroppo per coloro che avevano visto il film la sera prima quel giorno si trasformò in un incubo.

Holly e Sidney erano in bagno a fumare con la finestra aperta. -Ahahah si è vero Jack è un vero sfigato- stava dicendo Holly all'altra tra un tiro e l'altro. Holly era postata alla finestra e guardava fuori quando vide uno dei loro compagni che urlavano come un matto; poco dopo vide che un mostro si era girato verso loro. Subito ebbe l'istinto di nascondersi al di sotto della sua visuale. -Ma che stai facendo Holly ?- le chiese Sidney - ho visto qualcosa in classe nostra- le rispose spaventata -guarda- aggiunse poi -Holly non c'è nulla in classe nostra- si affrettò a dire ma poi cambiò idea nel momento in cui vide anche lei ciò che aveva visto l'amica; si nascose di lato ma oramai era troppo tardi l'Alien le aveva viste. Quando ebbe finito di imbrattare i muri e il pavimento della loro classe di sangue e di una schifosa melma appiccicosa si diresse verso di loro: nel bagno. Quando entrò nei corridoi si scatenò il panico generale ma mentre i ragazzi correvano da tutte le parti tentando di scappare l'Alien si diresse verso il bagno deciso a prendere le sue due prede. Non ci volle molto perché le ragazze capissero che stava venendo da loro e così, non sapendo da dove si sarebbe avviato, si nascosero nell'ultimo bagno alzando i piedi per evitare che fossero viste. Le ragazze fecero silenzio mentre la porta veniva spalancata. Le due ragazze tentarono di mantenere il controllo al sentirlo entrare e aprire i bagni uno ad uno; non mancava molto alla porta del loro nascondiglio così pensarono di raggiungere la finestra da sopra cercando di chiuderla poi e di correre in fine attraverso  l'erba alta ma purtroppo non poterono mettere in atto il loro piano. Dalla finestra entrò un altro Alien più giovane che tagliò loro ogni via di fuga ma che fece allontanare l'altro permettendo loro se non altro di abbassare i piedi e di scamparla; quando se ne furono andati  Sidney disse - ma cosa diavolo era?- -non lo so ma se ne sono andati- per un attimo le due ragazze si sentirono in salvo. Holly non poteva fare però a meno di chiedersi se fosse stato il cucciolo la causa dell'allontanamento; magari se ne prendevano cura come gli uccelli e non li lasciavano soli o magari aveva perso semplicemente interesse per loro ma mentre la ragazza pensava ciò uno di loro spalancò la porta mentre l'altro avanzava da sopra arrampicandosi. Le due ragazze urlarono, poi chiusero la porta e lanciarono lo spazzolone del water addosso all'altro sperando se ne andasse; purtroppo questo non servì a molto e poco dopo Sidney venne presa. Holly urlò disperata mentre tentava di tirare a se Sidney; pochi istanti dopo venne presa dall'altro Alien di cui si era completamente dimenticata.

Nel frattempo Alex e Susan erano corsi, assieme al resto dei loro amici, nel fitto bosco che li avrebbe portati al muro. Si erano appena allontanati dal pericolo quando Susan tentò di tornare indietro: aveva dimenticato suo fratello Frank. Max e Bobby la fermarono subito trattenendola per le braccia e la pancia con forza - probabilmente è morto Susan- le stava urlando Max mentre Bobby aggiungeva -cerca di ragionare ti prego- ; mentre si divincolava alzò la testa e poco dopo smise di reagire, smisero tutti nel momento in cui videro, quella che una volta era la loro città, essere invasa da quei cosi. Quelli erano dappertutto, in ogni singolo buco e spazio possibile e se non se ne fossero andati avrebbero preso anche loro. - Non dicevi sempre che andava al muro durante la scuola ? Vedrai che sarà davanti la porta o li vicino- disse Alex per tranquillizzarla -Susi dobbiamo andare, ora!- insisté Bobby.

Nel frattempo, vicino al muro, Frank sedeva su di un ramo indossando le cuffie e portando con se nel suo zaino tutto ciò che possedeva: dei quaderni e un astuccio con penne, matite, colori vari e dei tratto pen neri, una foto in cui era radunata tutta la famiglia, un ipod, un cellulare e una psp con i vari giochi. Frank se ne stava comodamente seduto a giocare con le cuffie nelle orecchie, quando improvvisamente un pezzo di muro si distaccò andando a fermarsi poco più in la. Frank nel vedere ciò rimase di stucco; successivamente vide che attraverso la nube si intravedeva una donna. Frank notò subito come stranamente era vestita: Indossava una felpa e sotto di essa uno strano top, dei pantaloni molto strani e degli scarponi tutti di colore nero: Era Sonni. Gli anni erano passati e lei era cresciuta diventando una bellissima donna; in tutti questi anni l'unica cosa che era cambiata in lei era l'atteggiamento e l'acconciatura dei capelli. Quando entrò era furiosa a causa di ciò che Jeffrey aveva fatto; mentre lei oltrepassava il buco che aveva creato lui le disse -non puoi fermarla- - ti conviene non esserci al mio ritorno- fu la risposta. Dopo di che si avviò verso l'albero in cui Frank si era nascosto e ci si arrampicò; quando i due si incontrarono lei lo salutò e gli disse porgendogli una mano - non ti farò del male, vieni con me- lui la seguì e una volta a terra lo fece portare al sicuro. Prima che andasse lui le raccontò dell'accaduto e le spiegò come arrivare in città; la guardò scomparire tra gli alberi, poi chiese a un militare -mia sorella è li, molto probabilmente è ancora viva, lei la può salvare ?- ma lui non gli rispose, non voleva dargli una delusione. Lui come tutti gli altri, sapeva molto bene che non sarebbe tornata a prendere chi era rimasto indietro.

Nel frattempo i ragazzi stavano camminando da ore senza sapere molto bene dove fossero. -quanto manca?- chiese Margaret -non lo so- rispose Max. Durante il tragitto non avevano avuto modo di preparare uno zaino quindi non bevevano ne mangiavano da un pezzo e per di più erano senza armi quindi dovevano tenere gli occhi e le orecchie ben aperte. Max dopo un po' decise di arrampicarsi su di un albero e di controllare la distanza che li separava dalla salvezza; quando fu in cima notò che dopo tutto non mancava ancora molto, avevano soltanto un altra giornata di cammino e sarebbero arrivati. Da lontano Max riuscì a vedere un buco e capì che quella era la loro via di uscita poi tornò giù urlando -l'ho vista! Ragazzi ho avvistato l'uscita!- ma non ricevette risposta. Quando tornò notò che non c'era più nessuno, lo avevano lasciato solo ma capì solo quando fu troppo tardi il perché: un Alien li aveva inseguiti e scovati. Mentre gli altri continuavano a correre sentirono le urla dell'amico; versarono qualche lacrima ma continuarono andando più veloci e cercando di nascondere il loro odore con la prima cosa puzzolente che trovarono. Dopo che il mostro ebbe finito di cibarsi dell'umano odorò l'aria e continuo ad avanzare verso il resto del gruppo che si avviava verso l'uscita il più presto possibile.

 -Sonni- chiamò una vocina da una radio poche ore dopo -perché occupi la radio Frank- rispose lei in tono spento -mi hanno incaricato di guidarti e io ho accettato volentieri- -bene- poi lui incominciò a dire -ho paura- -è normale- -non ne ho per me ma per mia sorella che è ancora li giù da qualche parte- -mi dispiace per lei- poi lei spense la radio e andò verso l'armeria cui era segnata sulla mappa: Era arrivata in città. Al momento non c'era alcuna traccia degli Alien, era giorno e lei sapeva bene che non sarebbero mai usciti con la luce del giorno a meno che non fosse stato necessario. Quando arrivò nell'armeria prese una borsa e la riempì con pistole di vario calibro e ogni arma che potesse fare un bel buco; successivamente passò in un supermercato e prese del nastro adesivo e ogni componente che potesse servirle per costruire delle bombe. Quando ebbe finito cercò una posto alto in cui poterle costruire e prepararsi a distruggere quelle creature; ci mise un ora, poi con la cartina in mano segnò quattro punti con una x per indicare il luogo in cui le avrebbe posizionate. Mentre si avviava verso la porta si mise delle cuffie che erano collegate tramite un piccolo filo spesso, se le attorcigliò al collo e quando la musica partì proseguì come se fosse niente. Tranquillamente scese le scale cantando "I'm alive" di Celine Dion; sparò qualche colpo in testa a quei cosi ogni volta che ne incontrava uno e continuò. Aveva deciso di lasciare la radio accesa sul tetto vicino a un pezzo di braccio sanguinante mentre lei andava a fare il suo lavoro; la prima l'avrebbe messa nella scuola di Susan.

 Mentre consumava proiettili in strada con gli occhi scrutò in giro: Era in cerca di qualcuno; lei sapeva bene che tutta questa cosa non centrava nulla con lui, con colui che le aveva privato della madre anni prima ma non riuscì a fare a meno di controllare. Quando entrò dalla porta principale ricaricò le pistole, poi proseguì verso un corridoio buio in cui lampade varie dal soffitto erano state fatte a pezzi; lei riusciva a vedere perfettamente ogni Alien che si era rannicchiato li così nel silenzio più assoluto proseguì verso la palestra. Aveva studiato la piantina di ogni edificio e sapeva bene che la palestra avrebbe ospitato quasi tutti i mostri a causa della larghezza che la stanza regalava loro. Mentre si avviava, per sbaglio calpestò un osso che sotto il suo peso si ruppe e svegliò tutti i li presenti; -cazzo- disse prima di prendere le pistole e iniziare a far fuoco. Attraversò il corridoio tra una pallottola e l'altra finché a metà strada non finirono; uno di loro riuscì ad affondare un artiglio nella sua gamba e mentre strillava emettendo il loro verso prese un coltello e glielo conficcò in testa poi si levò l'artiglio e ricaricò riuscendo infine a collocare la bomba in un posto sicuro. Quando fu in salvo andò al luogo successivo. Controllò le munizioni e scoprì come da lei previsto che esse si erano dimezzate: la prossima volta avrebbe dovuto prestare più attenzione. Il secondo posto da lei scelto era la casa di Susan che con sua sorpresa era libera; stava posizionando la bomba quando Mary uscì allo scoperto dalla cucina. Lei si era messa in salvo; Sonni sapeva che non era infetta ma anche che non sarebbe sopravvissuta. Finché strisciava verso di lei tenendo al sicuro la pancia Sonni la squadrò dall'alto in basso; quella donna le ricordava Frank nonostante lo avesse visto per poco tempo capì subito che lei era sua madre. Sonni se ne andò subito dopo ma prima che uscisse dalla porta la donna le disse -ti prego salva i miei figli- ma non ebbe risposta, Sonni aveva semplicemente girato di poco la testa e poi se ne era andata in silenzio.

I superstiti stavano correndo sotto la lucente luna verso la loro unica salvezza: il muro; nel frattempo l'Alien li aveva quasi raggiunti. Sapevano di essere molto distanti dalla porta di uscita ma con tutte le forze che rimanevano loro tentarono di continuare.

Due bombe erano state posizionate, ne rimanevano altre due e ora che si era fatta sera sapeva che sarebbe stato più difficile finire il lavoro ma ce l'avrebbe fatta come sempre. Si trovava davanti al municipio ora e si stava arrampicando su di una statua per nascondere la terza bomba dietro un incavità impossibile da raggiungere per chiunque; purtroppo poco prima che potesse raggiungere il buco qualcosa le prese il piede facendola scendere di pochi centimetri: era uno di quei mostri; Sonni con il piede diede un calcio e lo scaraventò giù trascinando con se molti altri dei suoi simili. Era riuscita, nonostante il posto si stesse affollando, a posizionare l'ordigno. Ora come ora si trovava in trappola impossibilitata a scendere se non a colpi di pistola; si guardò attorno e vide la sua borsa a pochi metri di distanza da li così aspettò che tutti fossero saliti e all'ultimo secondo si lanciò. In quel momento stava ascoltando "we are Young", stava ascoltando la canzone mentre compiva il balzo di qualche metro e atterrava a terra agilmente. Prese subito la borsa e corse via mentre i mostri ululavano dalla rabbia. Ora le rimaneva solo la banca e aveva meno di due ore per arrivare, posizionarla e correre via prima che scoppiasse assieme alle altre. Per sbaglio prima ne aveva attivata una che le aveva fatte scattare tutte, compresa quella che le rimaneva. Non le ci volle molto per arrivare dato che correva e quando fu arrivata capì che avrebbe dovuto usare tutto quello che le era rimasto. Le erano rimasti sette caricatori più la bomba che aveva intenzione di scagliare in mezzo a loro; era entrata sparando con le due mitragliatrici che aveva scagliato, dopo aver finito i colpi, contro due di loro trafiggendogli la testa. Di tutte le missioni che aveva affrontato quella era suicida: era lei contro un intero vivaio. Riuscì ad arrivare fino alla cassaforte con due caricatori così dopo aver lanciato la bomba sotto la carcassa di uno di loro se ne andò. Stava finendo le ultime munizioni rimaste quando si ritrovò contro di una parete. Non c'erano mostri li, era libera così si creò una via di uscita e subito dopo corse verso la foresta con l'alveare dietro di lei.

I ragazzi si erano letteralmente persi ma se non altro avevano seminato il mostro alle loro calcagna. In quel frangente le ragazze si sedettero subito ma Alex e Bobby le alzarono dicendo loro che probabilmente non era finita. Continuarono nonostante non sapessero dove andavano; dopo molti chilometri si scontrarono contro qualcuno che correva: era Sonni. La ragazza si rialzò subito stupita nel vedere che ci fossero dei superstiti. -Puoi aiutarci?- chiese Alex -no- rispose lei -ti prego non ti daremo fastidio- aggiunse Bobby disperato - se qualcuno rimane indietro non torno a prenderlo- -ok- fu la risposta dei ragazzi che presero a indirizzarsi verso dove poco prima erano sfuggiti al mostro - no, non per di li!- le urlò Alice subito dopo -c'è uno di quei mostri da quella parte- aggiunse Susan - beh meglio uno che un intera colonia- disse Sonni. Poco dopo si misero a correre stando alla velocità di lei; oramai non restava molto tempo, mancava mezz'ora alla detonazione e loro erano ancora lontani. Sonni non andava poi così tanto veloce come prima a causa della ferita ma correva ed era in testa.

Oramai era l'alba, mancavano pochi minuti e al muro non c'era nemmeno l'ombra di lei: ancora non era tornata e non rispondeva da un pezzo alla radio ma la musica continuava ad andare e sapevano che se fosse morta si sarebbe fermata; le sue cuffie erano state programmate apposta nel caso lei non avesse potuto comunicare.

In città oramai gli ordigni erano scattato e da lontano si poté udire un sonoro -boom!- ; esse oramai stavano distruggendo tutto ciò che incontravano sulla loro strada. Erano state costruite in modo da distruggere tutto sino al muro, quasi fosse una bomba atomica.

Sonni e i ragazzi ora potevano vedere il fuoco dell'esplosione dietro loro cosa che li fece accelerare; il buco che prima era stato creato come porta non distava molto da loro. Fu li, a pochi metri che Margaret inciampò; lei stava chiamando -aiuto!-. In un attimo di secondo Sonni si girò a guardarla e pochi istanti dopo si fermò per tornare indietro a prenderla. Tutti rimasero stupiti da quell'azione. Mentre il fuoco dietro di loro stava per raggiungerle Margaret assieme a Sonia stava correndo più veloce che mai; Margaret successivamente venne spinta da lei verso l'uscita, sapeva che non ce l'avrebbe mai fatta. Riuscì ad uscire anche lei pochi istanti dopo con il fuoco che le travolgeva la schiena e la gamba ferita; quando uscì si schiantò a terra dolorante. Bobby andò ad abbracciare Margaret mentre Frank, dopo essersi fatto riportare indietro, riabbracciava sua sorella. -Avevi detto che non saresti tornata a riprendere nessuno che fosse rimasto indietro- le fece notare Bobby -se non c'è un valido motivo di mezzo- rispose mentre sopportava il dolore; successivamente indicò la collana che la ragazza portava al collo e ordinò a un suo sottoposto -prendila e fai analizzare la foto di lui; voglio che tu venga a riferirmelo non appena lo trovi- Margaret prese la collana e gliela porse come ringraziamento per averle salvato la vita ma poco dopo disse -quando avete finito la rivorrei indietro- -provvederemo a rispedirtela- rispose il militare.

Da quel giorno passarono molti anni: Bobby si era arruolato in marina mentre Margaret era diventata una scienziata e riguardo a Susan e Alex si erano sposati e avevano messo su famiglia riuscendo anche ad ottenere l'affidamento del fratello; la vecchia città bruciata era stata recintata e tenuta sotto stretta osservazione e riguardo a Sonni era stata spedita su di un pianeta in cui anni fa erano state condotte ricerche sugli xenomorfi.

Jeffrey nel frattempo se n'era andato già da un pezzo ascoltando in fine il consiglio della donna; si era rintanato in un vecchio edificio dismesso e buio. -Com'è andata ?- chiese una voce dal buio -tutto come previsto, la ragazza ha trovato il medaglione di vostra figlia e ora vi sta cercando- -bene- disse aggiungendo in fine - ti aspetterò Sonni-.

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Capitolo 3
*** Alien vs umans ***


ALIEN VS UMANS
 
Erano le 24:00 quando il telefono sul comodino squillò; Margaret rispose solo dopo il terzo squillo. -Pronto?- disse sbadigliando -mi spiace disturbarla a quest'ora, ma abbiamo bisogno di lei- disse solamente l'altra voce al telefono -chi parla?- chiese senza avere risosta; improvvisamente, si sentì bussare alla porta. Margaret si portò il telefono al petto mentre andava ad aprire: un uomo alto e molto muscoloso della marina era in piedi sotto la pioggia; lei lo fece subito entrare al coperto. -Mi spiace averla disturbata così tardi, ma abbiamo saputo solo da poco di lei e della sua tragica storia con gli Alien- disse franco mentre entrava in casa -si, ehm.. non è che mi piaccia parlarne- ammise imbarazzata lei -comprendo- rispose solamente l'altro; Margaret si sedette in soggiorno e aspettò che lui finisse di spiegarsi. Le venne improvvisamente posta una busta color giallo senape sul tavolo; lei si allungò e la prese, la aprì subito indifferente e quando vide cosa c'era contenuto dentro sbiadì. -So che le chiediamo molto signorina Margaret, ma è necessario la sua collaborazione in questa missione- senza nemmeno finire di guardare i fogli o le immagini che erano riposte dentro la busta, la abbandonò e rispose un secco no; aveva paura e aveva ragione: la missione cui volevano prendesse parte era una missione suicida. Dopo l'ultima vicenda, avevano spedito Sonni su di un pianeta chiamato LV426 che a quanto ricordava lei era il posto originario dove la "leggenda" degli Alien aveva preso origine con Ripley e i suoi compagni di viaggio; nonostante fosse una storia che si raccontava ai ragazzini per spaventarli, lei sapeva molto bene che non era una leggenda e non aveva intenzione di andarci per recuperare la ragazza, nemmeno per tutto l'oro del mondo. L'uomo aveva offerto alla donna molte cose tra cui il denaro, ma lei si era rifiutata e lo continuò a fare; alla fine lui si dovette rassegnare e se ne andò.
-Cosa ha risposto- stava chiedendo il suo superiore poco dopo al telefono impazziente di sapere l'esito; ci stavano mettendo troppo. Al sentire la risposta, il superiore, si infuriò e gli ordinò di risolvere quel casino in breve tempo; poco dopo il soldato tornò dentro e portò di peso fuori la donna con tanto di pantofole e camicia da notte.
Non appena venne caricata, dopo tanta fatica, nel retro del furgone, la sedarono e lei perse i sensi; quando si risvegliò aveva addosso abiti militari, ed era seduta in una nave spaziale. Purtroppo l'atterraggio aveva avuto qualche problema e lei si trovava col sedile sporto più di quello che doveva e con del sangue sulla nuca; la navetta si era squarciata e lei respirava per miracolo sul buio pianeta isolato. D'istinto le venne da urlare, ma ci ripensò subito non appena capì dov'era.
 
Il pianeta era buio, pieno di rocce e isolato; senza armi, cartina e protezioni, andò in cerca dell'altra parte del veicolo. Per sua fortuna era ben informata sulla missione e su come poter fare per tornare a casa: doveva ritrovare Sonia, ma li i giorni equivalevano a settimane e lei era stata mandata lì 4 giorni fa ovvero 4 settimane su un pianeta pieno di alieni; chissa com'era diventata e cosa le era successo. Margaret temeva il peggio: quando era giovane e Sonni l'aveva salvata, aveva notato una certa familiarità con quelle bestie assasine; lei ci parlava, le controllava, avrebbe potuto accarezzarle come fossero dei cagnolini se avesse voluto, perciò non osava pensare a cosa stava andando incontro. Probabilmente era diventata come loro oramai e con tutta probabilità sarebbe morta se ciò avesse trovato conferma. Dopo tutto non la vedeva da parecchi anni.
Incominciò subito a incamminarsi nel buio sperando di non trovare nessuna traccia di quegli esseri lungo la strada; nel frattempo, sperò che il segnale d'allarme fosse arrivato al campo base che le avrebbe permesso di tornare mandando un'altra navetta.
Non molto distante da lei e dai resti che si lasciava alle spalle, giaceva un enorme astronave aliena nera cilindrica; lei la riconobbe subito. Nonostante tentasse di non voltare continuamente lo sguardo sull'enorme relitto pericoloso, non potè fare a meno di fissarlo ogni tanto.
 
Margaret era finalmente arrivata all'altro pezzo del suo relitto; davanti a se un paesaggio di sole rocce e un vecchio relitto di un'antica e spaventosa storia.
Passarono intere ore; improvvisamente incominciò a sentire dei rumori. Si spaventò subito e scattò sull'attenti; guardandosi da tutte le parti: sapeva di non poter avere scampo da loro, così, cercò con gli occhi un oggetto con cui poter difendersi. Non appena i rumori si intensificarono, tentò di staccare un pezzo dal relitto su cui era stata seduta sino a prima, ma prima che potesse riuscirci, dietro le sue spalle sentì un respiro caldo: era uno di loro.
L'alien era covacciato sulle zampe simile ad un cane; stava per agguantare la sua preda, quando improvvisamente, Margaret, pregando che ciò le salvasse la vita, chiuse gli occhi e disse velocemente -sono qui per Sonni- ; l'alien dovette di colpo fermarsi sentendo il nome della sua regina. Altri due esseri uguali a quello dietro l'umana sbucarono fuori. Avendo sentito ciò ce Margaret aveva detto al primo, i tre rimasero a discutere fra di loro se ucciderla o portarla da Sonni. -è venuta qui per vedere lei- stava dicedo l'alien alla sinistra della donna -lasciamo che sia lei a decidere- ribattè l'altro mentre il primo ad arrivare era in disaccordo -sai come sa essere riconoscente- lo convinse uno di loro alla fine; mentre i tre discutevano fra di loro,
Margaret rimase di stucco di fronte a quella visione: gli esseri stavano conversando fra di loro, anche se era sul decidere se mangiarla o meno.
Alla fine venne condotta a spintoni verso il loro antrio; lei non sapeva ancora cosa stesse succedendo.
Quando arrivarono davanti all'astronave, gli alieni le fecero segno di entrare nel buco che si era formato a causa di un vecchio litigio fra Sonni e un'altra regina; non voleva proseguire da sola, ma non aveva altra scelta. Non potendo più tornare indietro e non avendo più nessuna protezione, Margaret, procedette lentamente e tenendosi le braccia; percorse l'intero corridoio in cui si trovava finendo nella sala comandi. Nell'oscurità, Margaret, non riuscì a vedere molto; improvvisamente, la fecero cadere in ginocchio. Mentre lei si rimetteva a posto, un groviglio di Alien incominciò a muoversi e a scostarsi, in modo che una figura umana potesse uscirne fuori. Quando, finalmente, tutti gli alien se ne furono andati, si potè ben distinguere la ragazza che riposava sotto: Sonni. La donna annusò l'aria e riconoobbe l'odore della donna -Margaret se non ricordo male; allora ti ho salvato la vita- disse improvvisamente mentre si spostava in avanti con la schiena e appoggiava le braccia sulle ginocchia; uno dei mostri, poco dopo, si andò a sedere vicino alla sua regina, che si era sistemata sul sedile dei comandi delle camere criogene.
Sonni rimase in silenzio, dando modo alla donna in ginocchio di poter parlare; -mi hanno mandata qui per riportarti a casa- disse facendo levare un enorme brusio da parte dei presenti; poco dopo, lei, levò una mano e tutti si zittirono. La ragazza guardò Margaret sospirando, poi disse -a casa? io sono già a casa- ; non appena la breve discussione finì, Sonni, fece un veloce cenno con la testa e tutti i mostri sibilarono pronti ad agire. Capendo la situazio, Margaret urlò -aspetta- ;Sonia li fermò tutti alzando velocemente solo metà braccio col pugno chiuso, poi chiese -perchè mai ti dovrei ascoltare?- -perchè posso aiutarti- lei rise facendola rieccheggiare all'interno della stanza, poi aggiunse -aiutarmi? se mai sarei io che dovrei aiutare te- -se non ti riporto con me saremo tutti morti- la supplicò la donna -tu lo sarai comunque- le rispose Sonni mentre si alzava; poco dopo, da fuori si sentì un rumore: era segno che loro erano arrivati.
Sotto i suoi occhi, Margaret venne uccisa brutalmente e senza tante cordialità; il corpo venne presto circondato dai suoi segugi che presero a mangiare come forsennati. Sonni, nel frattempo, si avviò con una scorta fuori dal veicolo, pronta a rispedire gli estranei da dove provenivano.
Furiosa per l'intrusione, mentre usciva all'aperto, ordinò ai suoi di dividersi e di accerchiarli, poi, ordinò ai due rimasti di restarle al fianco pronti ad agire.
Nascosta nel buio della notte, senza mai fermarsi, si trasformò e ordinò -prendete gli altri, quello che li capeggia è mio- ; gli altri annuirono e incominciarono a correre spargendosi ai lati.
Il gruppo era capitanato da un astronauta in tuta; non lo si vedeva bene in volto, ma a Sonni non importò dato che non sarebbe scesa a patti. Alcuni del gruppo alzarono le armi e rimasero all'erta; l'ordine loro era di non sparare. Mentre gli umani aspettavano nel buio, due di loro sbucarono fuori improvvisamente e i due armati furono costretti ad abbatterli; subito dopo aver ucciso due dei loro, il capo si infuriò e urlo -chi di voi ha sparato?!- nessuno rispose. Mentre il capo gruppo chiedeva ancora chi avesse fatto fuoco, Sonni ed i suoi sbucarono fuori improvvisamente e uccisero tutti brutalmente; seguirono urla e spari inutili: nessuno li avrebbe aiutati.
 
Dopo quella sera, decise di andare a far visita agli umani; prese uno di loro e andò alla navicella. Dopo esser salita assieme al suo "animaletto" davanti all'equipaggio restante, venne mandata in una piccola stanza contenente un letto; era troppo pericolosa. Dopo un po', potè alzarsi ed andare in mensa a mangiare qualcosa; nessuno le si sarebbe avvicinato. Sopra di se, mentre camminava, sentiva un continuo sbattere metallico e così, dopo aver posto lo sguardo verso il soffitto, tossì fortemente e disse -non ti avevo detto di rimanere in camera?- poi volse gli occhi al cielo e continuò; lasciò che lui la seguisse, ma gli disse di fare meno rumore. Proseguendo, poi, verso la stanza andò meglio e non si sentì più nulla; purtroppo, colui che era riuscito a salire a bordo era giovane e inesperto, ma abbastanza svelto da imparare dai propri errori senza causare guai.
Sonni prese una vaschetta col cibo e si mise in un angolo dove poteva, inoltre, passarlo anche a lui con discrezione senza che nessuno la disturbasse; mentre si gustava una bistecca cruda, rimase zitta ad osservare gli altri. Durante tutto il tragitto, molti degli uomini li presenti, non si sentì a loro agio e spesso sibilarono fra loro riguardo lei senza accorgersi che il suo udito ben sviluppato le permetteva di ascoltare anche la loro conversazione; -dovremmo addormentarla e lasciarla rinchiusa in una stanza in modo che non possa creare disordine- disse uno -è un pericolo per tutto l'equipaggio- disse un'altro con un tono di voce un po' più alta -alla compagnia non gliene frega un cazzo dell'equipaggio; ricordi ripley? il suo venne sacrificato- -e se la uccidessimo?- propose un'altro; a quella frase, lei sospirò stufa e intervenì dicendo loro -fossi in voi non tenterei di mettere in pericolo la mia vita- poi aggiunse con sguardo minaccioso -non sono mai sola. E poi, se vi avessi voluti morti, a quest'ora lo sareste già- -e perchè non lo hai fatto?- chiese il capitano curioso -non lo so.. suppongo non ne abbia voglia- finì di dire tornando poi ala sua bistecca.
Una volta finito di mangiare, lei tornò nella camera che le avevano assegnato e si sdraiò sul letto per riposare un po'; il tempo passò e dopo che lei si fu addormentata, l'alien uscì dal suo nascondiglio per accucciarsi ai suoi piedi, come fosse un gatto.
Arrivati a destinazione Sonia si svegliò; uscì e si avviò verso la porta assieme al suo amico in silenzio; nessuno poteva far nulla oramai: l'alien sarebbe rimasto con lei. Quando atterrarono lei e lui sfilarono davanti a tutti a testa alta; quando fu davanti a uno dei capi, si girò verso il suo amico e gli disse -vai pure, se ho bisogno faccio un fischio- poi seguì l'uomo in silenzio. Il militare,mentre faceva strada, l'avvisò che avrebbe dovuto aspettare un po' prima di essere convocata; tipico di loro.
 
Anche se Sonni era stata via solo per quattro settimane, le sembrò di esser stata via una vita; decise, così, che prima di tornare sul suo pianeta, si sarebbe portata via un bel po' di cose. Mentre cantava una  canzone e a piedi scalzi passeggiava per i corridoi, scorse una porta serrata: solo il personale con l'apposito badge poteva entrarci, così, con un dito si tastò in bocca e tirò fuori un pizzico di saliva acida; la mise sulla porta e quella poco dopo si aprì.
Appena entrò scorse la vecchia stanza in cui, una volta, la tenevano prigioniera perchè troppo pericolosa: questa era vuota se non per un enorme contenitore circolare trasparente al centro della stanza; nel rivisitare il posto, rivide una cosa che allora aveva sempre stuzzicato la sua curiosità: una porta. Cosa si celasse dietro di quella non l'aveva mai saputo; era troppo concentrata nel trovare colui che aveva ucciso sua madre a quei tempi. Questa volta, però, niente le impediva di aprirla e curiosare al suo interno; ripetè l'azione precedente ed entrò nella buia stanza.
All'inizio non ci capì molto; era immersa nelle tenebre: all'interno regnava il silenzio; mosse qualche passo e qualche luce sul pavimento si accese mostrando un corridoio lungo. Sonni tirò avanti senza indugiare; alla fine sorpassò delle fascie di plastica e si ritrovò in un'enorme stanza gremita di persone accanto a delle uova. Sonni non rimase troppo scossa nel vedere che ne stavano studiando le caratteristiche; avanzò attirando l'attenzione di alcuni scienziati senza volerlo. Una piccola distrazione da parte degli uomini, bastò a causare la loro morte; gli xenomorfi avevanno arofittato del momento. Durante quella carneficina, uno degli scienziati era riuscito a scampare solo perchè aveva inseguito Sonni e le aveva urlato -ehi!- attirando la sua attenzione; quando le si fermò davanti rimase a bocca asciutta nel riconoscerla: quasi cadde a terra. In quel momento, uno xenomorfo era uscito dal suo guscio mirando alla faccia del povero giovane uomo; Sonni, ,immobile davanti a lui, lo prese poco prima che riuscisse ad attaccarsi alla faccia del poveretto afferrandolo per la coda e avvolgendoselo al braccio, tenendolo poi ben saldo con la mano stessa su cui si era avvolto. Lo scienziato indietreggiò subito, pallido in faccia e spaventato; non appena ebbe fatto pochi metri, un'altro gli piombò in faccia dall'alto. Sonni alzò il braccio sinistro per dare un bacio allo xenomorfo, poi lo riabbassò e andò avanti.
 
Nel frattempo, da tutt'altra parte, si discuteva di ciò che avrebbe potuto scatenare l'alien in libertà: tutti lo stavano attivamente cercando per eliminarlo o aggiungerlo agli altri nel laboratorio. -Aggiungerlo alla nostra specie potrebbe portare scompiglio- stava dicendo animatamente un vecchio scienziato -potrebbe convincere gli altri con chi sa quali discorsi e parole- diceva un'altro sostenendo il primo -ma quali discorsi e parole; sono animali, non capiscono nulla. Il loro unico pensiero è il cibo- -animali alieni, ecco cosa sono e sappiamo tutti cosa sono in grado di fare; se anche uno di loro fugisse sarebbe una catastrofe- finì di dire un'altro alzandosi in piedi; improvvisamente suonò un'allarme: qualcosa era andato storto.
 
Sonni andò avanti e oltrepassò la stanza degli xenomorfi; quello che trovò dopo fu scioccante: in scatole di plastica erano tenuti e sedati migliaia e migliaia di alien. Con difficoltà avanzò verso le gabbie e vide che alcuni erano sottoposti a torture; ad alcuni veniva sparato senza sosta per vedere sino a dove potevano resistere i proiettili normali e in che modo potevano modificarli per raggiungere lo scopo, altri erano tenuti sotto continui tentativi di prelievo di sangue. Sonni controllò in che modo poteva liberarli, ma non c'erano porte o buchi da cui accedere, ne oggetti contundenti per poter rompere il vetro in plastica; scioccata da ciò che aveva visto, si fece un taglio sul palmo della mano con l'aiuto della sua coda lanciandolo poi sui vari vetri per liberare quelle povere creature.
 
Gli scienziati correvano da ogni parte, i soldati, armati e pronti a combattere, si sparpagliarono in ogni luogo possibile ed immaginabile: avrebbero risolto il problema in qualunque modo. Ad alcuni venne dato un radar per facilitare le ricerche; alla fine trovarono solamente l'alien che era stato portato sulla terra da lei. Lui se ne stava in un angolo al buio gustandosi un povero soldato che aveva deciso di dargli la caccia; i militari non esitarono un secondo: lo uccisero. Il nemico era morto e questo aveva cacciato un urlo che si era propagato nei tubi di aereazione; in men che non si dica, si trasferì in tutto l'edificio.
 
Sonni era oltrepassata dietro ad un'altra porta: questa era di colore bianco, diversa da tutte quelle che aveva visto;sopra era stato stampato un enorme segnale che indicava la pericolosità che era presente in quel luogo. Rimase indecisa per alcuni minuti; alla fine, la sua curiosità prevalse. Quando entrò si coprì con la mano la bocca: all'interno della piccola stanza c'erano molti vasi trasparenti pieni d'acqua che mostravano i numerosi tentativi mal riusciti di ricreare un soggetto come lei; mentre avanzava al centro della stanza, cadde in ginocchio con ancora la mano sulla bocca e le lacrime che le scivolavano sulle guance.
 
Nel corridoio che portava all'enorme e larga stanza per l'esercitazione, Sonni stava cantando; il suo canto era freddo, spento e agghiacciante nonostante fosse molto intonata. Quando entrò col cappuccio nero sulla testa, tutti si fermarono spaventati e incuriositi per guardarla passare in mezzo alla stanza; lei andò ad un sacco da boxe e senza guanti incominciò a sfogarsi subito su di esso. Per tutto il tempo che lei stette li, gli altri, continuarono a fissarla e a confabulare fra di loro. -Non si era mai avvicinata così tanto- dichiarò in fine Mark al suo gruppo di reclute -di solito esce solo di sera, sul tardi- aggiunse poco dopo; subito, qualcuno di loro tentò di andare da lei, ma si allontanarono subito non appena videro che il sacco da boxe sgocciolava di sangue.
-D'accordo Sonni, è ora di tirare fuori il nostro amico- disse una voce da dietro le sue spalle; poco dopo venne tirato fuori un pover uomo ridotto molto male. Sonni si allontanò per bere un sorso d'acqua e asciugarsi dal sudore -allora: sono tre ore oramai che la nostra dolce ragazza gioca con te.. hai intenzione di parlare?- ma questo non gli rispose, lo fissò solamente in tono di sfida, così, Sonni si riavvicinò e disse rivolta all'uomo mentre si passava un pezzo di tessuto bianco attorno alle mani e guardava il pavimento -non mi piace giocare col cibo- ; a quella parola, l'uomo trasalì.
 
Sonni si alzò e uscì da quel posto ripercorrendo il percorso all'indietro; se ripensava a tutto quello che aveva fatto per quella specie le si ribolliva ancora  di più il sangue. Le cose peggiorarono ulteriormente, quando vide che alcuni scienziati portavano via il corpo di un alien messo malamente sotto un telo di pllastica che si stava squagliando. Sonia, preoccupata e in lacrime, richiamò il suo alien; era pronta per andarsene via per sempre: aveva visto abbastanza. Sonni fece un fischio, ne fece due, tre, ma il suo cucciolo non arrivava; solo quando ritornò un po' lucida capì.
In preda alla rabbia e alla tristezza, Sonni, non riusciva a capire più nulla; tutti i rumori esterni le apparivano ovattati. Senza accorgersene, camminò verso la sala comandi; fra i mille tasti che c'erano, lei, ne premette due: ordinavano a tre navi di salpare verso il suo pianeta. Dopo che nella stanza vuota aveva premuto i tasti, crollò a piangere; in lei era rinato quell'enorme odio che aveva provato una volta per i suoi simili.
 
Sul pianeta LV223, una moltitudine di alien si stavano radunando pronte per essere, poi, trasportate sulla terra; ora, la Terra, avrebbe dovuto fronteggiare una battaglia contro un essere perfetto e innarestabile. Era una guerra con un'unica fine: l'estinzione dell'essere umano.
 
   
 
 

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Capitolo 4
*** alien vs umans: il seguito ***


Mentre lei aspettava il ritorno delle navette che le avrebbero dato l'esercito di cui aveva bisogno, si assicurò che nessuno potesse rovinarle i piani; mandò i comandi in circuito, sicura che le navi avrebbero svolto il loro compito, poi se ne andò ad aspettare fuori sotto la pioggia ed il freddo di quella notte. -Nessuno di loro metterà un singolo piede sul nostro pianeta; lo difenderemo fino alla morte- le annunciò il Generale ad alta voce; Sonni, in risposta, gli sparò contro col fucile a canna corta formando un enorme buco sul muro dietro di lui. Avendo mandato le tre navi più veloci, quelle ci misero poche ore a ritronare indietro; durante l'attesa, Sonni rimase circondata dai soldati, ma nonostante ciò sembrava non provare alcuna minima emozione a parte l'ira verso di loro. Mentre il Generale era costretto ad aspettare l'ora fatale dell'arrivo di quell'esercito, rientrò a pensare ad una strategia; sapeva che se avesse attaccato le sue navi, lei si sarebbe vendicata sterminando tutti i suoi uomini e l'intera razza umana, ma sapeva anche che se non avesse fatto nulla il risultato non sarebbe cambiato. Sembrava essere una via senza uscita; eppure doveva esserci qualcosa che potesse fare. Quando tornò le navi avevano appena toccato terra ed i portelloni si stavano piano aprendo davanti i suoi uomini; doveva pensare ed in fretta.Nel mentre, fra i soldati, incominciava a diffondersi la vera paura; Sonni potè fiutarlo dalle goccioline di sudore che incominciavano a scendere sulla loro fronte e ad asciugarsi sulla loro pelle. I soldati si aspettavano di vedere, come in una scena da film, le sagome delle creature dietro il portellone ferme ad attendere il momento dello sbarco con le loro bocche bavose e assetate di morte, ma nulla di tutto questo successe; all'interno non vi era altro che il buio: erano vuote. Alcuni rilasciarono un sospiro di sollievo nel vano tentativo che non loro non avessero risposto, ma altri si agitarono ancora di più preoccupati di averli già in torno; quello che era certo era che non avrebbero attaccato senza che lei avesse dato l'ordine. Il Generale decise di mandare uno dei suoi ufficiali più fidati per discutere con lei, magari avrebbero potuto raggiungere un accordo; purtroppo, Sonni non voleva sentire ragioni, così estraò la pistola, prese la mira e sparò. Il proiettile uscì dalla canna della pistola a rallentatore, come fosse in una scena di un film, per poi riprendere la sua velocità quando fu quasi arrivato a destinazione; l'uomo cadde all'indietro con un sonoro tonfo avviando così la battaglia. Grazie alle sue capacità riuscì a schivare i molti proiettili e a raggiungere i suoi nemici con agilità; nascosti tutti ammucchiati uno accanto all'altro sull'esterno delle navi, le moltitudini di alien si animarono non appena l'uomo fu ucciso. Colti di sorpresa gli uomini cominciarono a sparargli contro per potersi salvare la vita; purtroppo per loro, gli alien erano più veloci e preparati di loro. Sonni, in precedenza, infatti, aveva insegnato loro ogni segreto che conosceva sulla sopravvivenza in guerra. Raggiunte le fila nemiche i soldati cominciarono a morire uno dopo l'altro: alcuni vennero sbranati sul posto, altri vennero trascinati via urlanti; fra la battaglia, Sonni vide il suo bersaglio: il Generale. Era lui che voleva. Sonni camminò in mezzo alla battaglia decisa; alcuni soldati venivano sbranati alla sua destra e alla sua sinistra mentre un'alien veniva ucciso dai proiettili dietro di se per poi essere vendicato da altri due. Quando finalmente lei fu a qualche passo da lui, senza esitare estraò di nuovo la pistola e gli sparò in testa due proiettili consecutivi. Purtroppo per lei, quello era solo un'ologramma. Furiosa e delusa se ne andò; un paio di soldati, inesperti, riusciti a scampare alla furia degli alieni se ne accorsero e le sbarrarono la strada coi fucili alzati. -Fermati!- le ordinarono più volte senza essere ascoltati -fermati!- le ordinarono un ultima volta mentre; avvicinandosi sempre più, Sonnisganciò il caricatore oramai vuoto dalla pistola e prima che potesse cadere a terra, con quella gli diede la spinta necessaria per andare a colpire quello alla sua sinistra in pieno volto, dopo di che si fermò, prese un caricatore nuovo dalla cinta nera che era agganciata alla sua coscia sinistra e gli sparò contro mirando al cervello; dopo di che proseguì oltre con la pistola ancora in mano. Poco prima di riuscire efettivamente a lasciare il campo uno dei suoi, vicino all'altro ragazzo moribondo le chiese -cosa ne facciamo dei sopravvissuti?- lei si fermò e si girò guardandolo dall'alto al basso pochi metri più in la -non ci sono soppravvissuti- rispose poco dopo sparandogli in testa e lasciandoglielo come cena.
Mentre loro finivano, lei se ne andò scomparendo nel buio; nel frattempo, in città, già si era sparsa la notizia. Fra la popolazione in preda al panico e al caos, Sonni camminava indisturbata. 

Qualche anno prima, dopo l'uccisione di sua madre, quando Sonni era riuscita a scoprire una parte di tutta la verità, decise di dedicarsi all'addestramento per diventare la più forte; reclamava vendetta contro quelli che allora considerava suoi nemici.
Molte furono le volte in cui disprezzò ciò che era veramente, sua madre che non glielo aveva detto e quegli esseri per averle tolto ciò che le spettava di diritto; giurò che gliel'avrebbe fatta pagare.
Mentre attendeva rimase agli ordini del Generale e aiutò i suoi uomini in molte missioni; un giorno, però, la informarono che avevano bisogno di lei come traduttrice. Sonni non obbiettò, ma quando entrò nella stanza e vide l'alien moribondo al centro della sala, in catene, dovette trattenersi dal volerlo uccidere; la ragazza però, non sapeva se sarebbe stata in grado di capirne le parole. Volle comunque fare un tentativo.
In molti tentarono di chiederle aiuto senza riceverlo; lei era molto crudele: poneva le domande e ad ogni risposta non data torturava. Molti morirono sotto le sue torture. Dopo un po', sparsa la voce sulle sue torture mortali, uno ad uno si nascosero; Sonni, però non volle accontentarsi e li braccò uno ad uno senza sosta nonostante non ci fossero più state uccisioni da perte loro nei confronti degli umani. In molti tentarono di difendersi, ma il risultato furono solo ossa spezzate e sangue sparso; lei era troppo forte persino per loro. 

Un giorno, stranamente, Sonni venne convocata per svolgere un'importante missione: questa richiedeva di eliminare un intera orda di alien; non avendo ricevuto abbastanza informazioni, Sonni decise di accedere ai filmati. Mettendo in ridicolo il capitano di quel gruppo di soldati, Sonni mostrò a tutti come l'attacco aveva avuto inizio: la regina aveva strategicamente deposto le uova nei bagni e poi aveva aspettato pazientemente nel suo nascondiglio; incrociando le braccia e alzando le sopracciglia offesa attese in silenzio. Il capitano le diede il comando poco dopo; incamminandosi verso il primo elicottero pronto a partire impartì alcuni ordini a due soldati -fate allontanare i civili il più possibile e restate pronti a fare fuoco- poi, prima di salire, prese una cinghia carica di plastico c4 e se ne andò verso il luogo dell'attacco assieme ad altri cinque uomini armati. 
Quando arrivò, degli agenti stavano cercando di mantenere la situazione sotto controllo; i soldati si divisero e presero in mano la situazione. Sonni, invece, con in mano la cinghia penzolante di c4 in mano e la pistola situata nella cinghia sulla coscia, accanto ai caricatori di cui ne mancava uno, oltrepassando tutta la massa raccolta alla sua sinistra, si incamminò verso l'entrata laterale dell'edificio; lo sguardo fisso davanti a se. Fra le prime file, però, un gruppo di persona la chiamarono più volte: erano i suoi vecchi compagni e la sua vecchia professoressa di scienze; erano sorpresi di rivederla. Non avevano avuto più sue notizie da molto, troppo tempo. -C'è qualche problema?- chiese improvvisamente all'agente poco più distante da loro -no- rispose il soldato conoscendo bene le conseguenze che si sarebbero potute scatenare se avesse risposto diversamente -molto bene- rispose proseguendo indifferente. Dietro di se loro la stavano ancora chiamando disperatamente. Quando lei si chiuse la porta alle spalle con un sonoro tonfo arrivarono i rinforzi; nessuno, però la seguì. 
Dentro tutto era avvolto nel buio più totale: le luci erano cadute rompendosi per terra, alcune penzolanti come i cavi elettrici, gli oggetti erano sparsi in mille pezzi per i corridoi o avvolti da una strana membrana appiccicosa e bavosa. Sonni le oltrepassò prestando attenzione davanti a se; senza incontrare nessun nemico riuscì ad arrivare nel corridoio che conduceva al bagno. La porta era avvolta al lato destro da un enorme quantità di quella schifosa sostanza; cercando di schivarla oltrepassò oltre su alcuni pezzi infranti di vetro. Non appena oltrepassò con un piede percepì che molti erano radunati li; erano a guardia delle uova. Sonni procedette con più calma e attenzione; sapeva che un minimo errore avrebbe provocato il loro risveglio. Per sua fortuna riuscì ad oltrepassare senza problemi; arrivata a destinazione vide le uova schiuse per terra e una moltitudine di ragazzi e ragazze ataccate alle pareti sin dentro i bagni. Sonni diede uno sguardo veloce, poi venne attratta dall'eco di un rumore; diede un ultimo sguardo, depositò una delle bombe e tornò indietro camminando veloce e facendo più rumore; aveva altri due piani da controllare. Salì velocemente le scale raggiungendo il corridoio del primo piano; sul soffitto, nel frattempo, uno di loro si era mosso senza che lei se ne accorgesse. Quando arrivò alla fine delle scale si fermò un attimo a guardarsi attorno; l'alien era proprio sopra di lei, pronto ad agire, quando lei venne attratta da qualcosa nel corridoio alla sua sinistra. Non riuscendo ad individuarlo estraò dalla cinta la pistola pronta a fare fuoco se fosse servito, poirimase ferma ad ascoltare per alcuni minuti; improvvisamente, dal buio sbucò fuori uno xenomorfo che puntò alla sua faccia. Sonni gli sparò subito facendolo balzare indietro addosso alla parete; mentre questo moriva al suolo dibattendo la coda due tre volte, lei ci si avvicinò, si inginocchiò e con la pistola mosse lo schifo che possedeva al suo interno. Rialzandosi mise via la pistola e si girò con ancora in mano tre cariche di plastico; quando lo fece si ritrovò la regina davanti a se. 
Nel frattempo, fuori aspettavano tesi una decina di soldati con le armi puntate in direzione della scuola; i suoi vecchi compagni e la professoressa preoccupati. Improvvisamente dalla parete che tenevano sotto tiro sbucarono due regine alien intente ad azzannarsi l'una con l'altra; i soldati non seppero cosa fare. Fra le due, la regina nemica aveva la meglio; non ci volle molto prima che una delle due azzannasse il collo dell'altra. Sonni urlava di dolore mentre cercava di liberarsi dalla morsa del nemico; non trovando altro modo, decise in fine di spingerla contro il muro. Tenuta bloccata contro il muro, la regina nemica tentò di riaffondare i denti nella carne dell'altra; Sonni decise, così, di ritrasformarsi in umana per potersi avantaggiare. Con entrambe le braccia teneva bloccata l'altra addosso al muro. Il nemico tentò disperatamente di liberarsi, ma non riuscendoci tentò di azzannare Sonni facendo sbucare la sua bocca interna; la ragazza però se ne accorse e la schivò con successo. Mentre questa la ritirava dentro, Sonni spostò la mano sinistra più in centro in modo da poter usare l'altra per staccargliela; in quel momento, non prestando attenzione alla sua coda, lei gliela conficcò nel fianco sinistro. Sonni emise uno strano urlo di dolore, nonostante ciò non mollò la presa, anzi, con la mano andò più in profondità e tirò forte urlando per lo sforzo contro l'enorme testa della sua combattente; nel mentre la coda cercava di andare più in profondità. Sonni la uccise ancora prima che lei potesse perforarle qualche organo vitale; poco dopo si avviò verso le macerie della porta d'entrata, ne recuperò la cinta e le cariche, poi, mentre dentro gli altri si risvegliavano ululanti, Sonni gettò fra le fiamme l'esplosivo e si allontanò camminando; quando fu a qualche passo da uno dei soldati che erano venuti con lei si tolse dal fianco un pezzo che si era staccato dalla coda della sua precedente nemica; lasciandolo cadere a terra, fissò i suoi vecchi compagni di classe, poi li sorpassò buttandosi dietro la spalla la cinta con la pistola. Camminando decisa, Sonni salì sull'elicottero che decollò non appena lei fu salita scomparendo davanti agli occhi di tutti.


Il tempo passava sempre più ed il Generale era sempre più agitato; intento a cercare di vincere una guerra che non poteva vincere. Alla fine, armato di pistole, si avviò verso la vecchia casa di lei; sapeva di poterla trovare li. 
Quando arrivò la trovò intenta a mangiare del filetto di carne e a bere del vino rosso; -carina, non trovi?- gli disse mentre era intenta a mangiare un boccone -non era come te la ricordavi, presumo- rispose lui con tono spento; lei si bloccò mentre masticava un boccone e lo guardò facendogli dritto negli occhi. Dopo che ebbe ingoiato e ebbe bevuto un po' di vino, si alzò in piedi e gli si avvicinò; un'altro dei suoi trucchetti per evitare di farsi uccidere. Questo almeno poteva tenere in mano una pistola e sparare; -perchè sei venuto?- gli chiese freddamente mentre poggiava il bicchiere; lui alzò la pistola caricando un colpo. -Fossi in te eviterei- lo avvertì con tono suadente mentre dietro di se sbucavano fuori due strani alien; questi a differenza degli altri si erano formati all'interno di due cani e le erano molto fedeli. Vedendoli capì che ora di andarsene, così si avviò alla porta; poco prima di andarsene, però, l'avvertì -risponderai di tutto questo- -pure tu- fu la sua risposta mentre lo fissava andarsene con le gambe acavvalate.    

Dopo quella notte entrambe le parti si preparavano alla lotta; gli uomini schierati sulla sinistra con le loro armi a difesa della terra e su quella destra, gli Alien con la loro perfezione genetica ed il loro reclamo di vendetta. La guerra che ne sarebbe conseguita avrebbe deciso quale delle due sarebbe sopravvissuta; chi avrebbe vinto: l'uomo o l'alieno?                     

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