Oscura immortalità

di carmen16
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La storia di Bella ***
Capitolo 2: *** POV CARMEN/EDWARD ***
Capitolo 3: *** Bella a scuola ***
Capitolo 4: *** Il passato di Bella ***
Capitolo 5: *** POV EDWARD ***
Capitolo 6: *** Scorcio sul passato di Bella e nuovi incontri ***
Capitolo 7: *** Incontro con Seth/ POV IAN ***
Capitolo 8: *** un nuovo legame e incontro con i lupi ***
Capitolo 9: *** pov Sam e nuovo personaggio ***
Capitolo 10: *** Incontro con i lupi 2/ POV EDWARD ***
Capitolo 11: *** incontro con Ian ***
Capitolo 12: *** Dissapori (1) ***
Capitolo 13: *** chiarimenti ***
Capitolo 14: *** Alice ***
Capitolo 15: *** CHIARIMENTI 2 e ricordi ***
Capitolo 16: *** colpi di scena ***
Capitolo 17: *** Riflessioni e decisioni ***
Capitolo 18: *** vis a vis (parte 1) ***



Capitolo 1
*** La storia di Bella ***


~Bella osservò gli studenti che si appressavano ad entrare nell'edificio che gli uomini chiamavano "scuola" con un sorriso amaro. La sua scuola come la sua iniziazione erano state ben diverse. Sebbene si mescolasse abbastanza bene fra gli umani, lei non era una comune ragazza di diciassette anni, non aveva una famiglia che la sostenesse o rimproverasse se sbagliava. Aveva un ordine a cui dar conto e le regole di una razza da rispettare certo, ma quello non era esattamente paragonabile ai doveri e ai divieti cui venivano sottoposti quei ragazzini che stavano sfilando davanti ai suoi occhi. Erano i primi di dicembre e già da un paio di settimane si respirava a Forks un'aria tipicamente natalizia, resa ancora più calorosa dal caleidoscopio di luci e dalla neve che scendeva tutte le mattine, dando il buongiorno ai tetti delle case, alle strade, ai gatti acciambellati sui tappeti di fronte casa con la scritta welcome, ai pupazzi di babbo natale e agli studenti che uscendo di casa creavano nuvole nell'aria con i loro respiri caldi e portandosi l'odore di camini accesi, di coperte, bucato che profuma di fresco e delle colazioni appena consumate. Se si concentrava riusciva a percepire con la vista il calore che sprigionavano, ed era così dolce da farle venire l'acquolina in bocca al pensiero di quale sapore e del tepore che avrebbe provato se... No!! I suoi pensieri stavano prendendo una piega che non le piaceva per essere in quel luogo e con le sue intenzioni. Sarebbe stata una normale ragazza di diciassette anni ( ci avrebbe provato almeno), avrebbe iniziato una nuova vita e avrebbe dimenticato il passato che ancora la tormentava. Lei amava gli umani ma gli altri non avrebbero dovuto saperlo. Non Loro. Il suo ordine. Non bastava non essere umani, essere qualcosa che sfidava ogni legge della natura e della vita. Essere vampiri; ma distinguersi a seconda del genere di appartenenza. Neanche i vampiri erano uguali fra loro, ma si apparteneva ad un ordine, ed anche in esso, ognuno era unico nel suo genere. Poteva sviluppare dei poteri sconosciuti e potenti tanto quanto lo era l'anima che lo conteneva. Bella preferiva definirla energia, non anima. Era troppo astratta ed evanescente per poter definire come essa agiva dentro di loro. Quando un vampiro usava i suoi poteri si metteva in contatto con la propria anima, veniva a patti con ciò che era e con ciò che aveva fatto, nel bene e nel male e allora lasciavano che essa diventasse materiale, corporea, che ricoprisse la loro pelle e da quest'ultima, sprigionare la sua forza. Conoscere se stessi era una grande abilità, portava saggezza e si doveva essere dotati di una grande introspettività; ma a volte era crudele e orribile, poichè a loro non era concesso rimanere all'oscuro anche dei lati peggiori e malvagi di loro stessi, delle cose più orrende che avevano pensato o desiderato anche inconsciamente, di ciò che totalmente erano in grado di fare, a se stessi e agli altri. Ci voleva molto tempo perchè un vampiro imparasse ad usare la propria "anima" e a conoscerla senza venirne intrappolato. Alcuni di loro, non abbastanza forti o pronti psicologicamente venivano del tutto sopraffatti dalle loro coscienze e perdevano la razionalità, agendo d'impulso e di norma seguendo gli istinti peggiori. I più pericolosi erano quelli che avevano potere, perchè lo utilizzavano indiscriminatamente compiendo scempi, disastri, o definendo il destino di grandi guerre, come la seconda guerra mondiale prima del '45, che aveva provocato conseguenze innumerevoli in tutto il mondo, aveva cambiato tutto. Economia, politica, il lavoro. L'uomo stesso. A risolvere le cose era stato l'ordine in cui lei stessa apparteneva, arruolandosi nelle truppe americane e russe e dando una svolta decisiva al conflitto modiale, ma le cose d'allora non erano state tutte rose e fiori. Non tutto era sistemato e gli uomini stavano acquisendo sempre più l'odio verso gli altri, la rabbia ceca verso il diverso e tutti i gorni avvenivano cose inenarrabili. Inaccettabili, che portavano la sua specie a disprezzarli e considerarli inferiori per i loro sentimenti limitati e per la passione sfrenata ed inlogica che ci mettevano nei loro affetti. Nulla di più diverso dalla loro razza. Loro avevano il pieno controllo, della mente e del corpo. Consideravano una vergogna coloro che non riuscivano ad ottenerlo e si abbandonavano agli istinti. Per la maggior parte però, dato che gli esseri umani non contavano nulla, erano un buon capro espiatorio per una abbuffata numerosa quando si muovevano per la caccia. Questo atteggiamento disgustava Bella, che per qualche tempo da bambina era vissuta con una di loro.

FLASHBACK

La bambina dagli occhi cioccolato e i capelli color mogano,tirò la veste della donna al suo fianco per richiamare la sua attenzione mentre lo sguardo contemplava il bosco sotto di loro e le figure che veloci si muovevano nell'oscurità fitta dei rami anche in pieno giorno.
- Carmen? Chi sono quelle ombre? Sono venute a prendermi?-
La donna con un debole sorriso, pallida in volto le rispose :
- Non ancora bambina mia. Non possono averti finchè sarò in vita. L'ho promesso ai tuoi genitori quando sei nata e ti custodirò per sempre-
- Assieme a quel ragazzo? Lui non sembra come te, e neanche loro-
- Si, bambina mia. Loro sono come te, ma non avere paura. Non lascerò che ti facciano del male, avrai la possibilità di scegliere e di essere chi vorrai tesoro-
La bambina era tutt'altro che covinta della cera che aveva assunto quella che a tutti gli effetti considerava una madre, ma cercò la sua mano e gliela strinse lo stesso, cercando di focalizzare le figure che vedeva sfrecciare nel bosco, senza riuscirci finchè una non si fermò, e voltandosi vide un solo dettaglio prima che si girasse nuovamente e scomparisse fra i rami più in basso: occhi rossi, ardenti come brace e freddi come il ghiaccio. Ne ebbe paura, e la donna se ne accorse probabilmente perchè la issò sulle sue braccia e sorridendole, di più questa volta le disse:
- Tesoro, vogliamo rientrare? Jasper dovrebbe essere rientrato a quest'ora, chissà cosa ci ha portato!!-
La bambina quasi si dimenticò di ciò che l'aveva spaventata un momento prima, ma un rumore più forte degli altri cancellò quel breve attimo di ritrovatà serenità. Adombrandosi un pò, le mise una mano sulla guancia della donna e le disse:
- Carmen, io diventerò come quelle ombre?- La donna si bloccò mentre stava richiudendo la porta-finestra e guardandola seriamente le rispose - Tu potrai essere tutto ciò che desideri. Potrai anche avere le stesse capacità loro, ma sarai sempre diversa. Un giorno saprai tutto, te lo prometto-, e sul finire di quelle parole, la accarezzò al'altezza delle tempie, proprio lì dove aveva una piccola voglia a forma di mezzaluna.

FINE FLASHBACK

Si riscosse all'improvviso dai suoi ricordi quando avvertì un calore intenso dietro di sè e poco dopo girandosi qualcuno che stava per scivolare davanti a lei. Senza pensarci si allungò, afferrandolo un attimo prima che si scontrasse sul ghiaccio. Fingendo fatica ( dopo tutto si accorse che era un ragazzo, anche alto per la verità), lo aiutò a rialzarsi e a riprendere l'equilibrio. Quando quest'ultimo alzò gli occhi per vedere chi l'avesse salvato, lei rimase folgorata. Occhi di una brillantezza surreale, vividi e lucenti, di un verde smeraldo mozzafiato. Nella sua lunga vita di vampiro, non aveva mai visto degli occhi simili. Se non fosse stato per quel colore, così diverso dal rosso fuoco accecante a cui lei era abituata, avrebbe detto che era uno di loro. Anche la corporatura era simile a loro. Alto, spalle larghe, magro ma con una tartaruga accennata sotto la maglia. Quelli più incredibili erano i suoi occhi, così espressivi e stanchi. Si vedevano due profonde borse sotto gli occhi che rovinavano il quadro del suo viso altrimenti perfetto. In quel momento quando distorse lo sguardo si rese conto che erano immobili da qualche minuti, a fissarsi, mentre l'ultima campanella del primo giorno di scuola stava ancora suonando e stavano facendo ritardo. Con un sorriso affettato alzò la mano in segno di saluto, senza accennare neanche una parola, e se ne andò, lasciandolo lì a chiamarla. Cos'aveva sentito?

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Capitolo 2
*** POV CARMEN/EDWARD ***


Questo è il secondo capitolo, arrivato in anticipo perché ho avuto più tempo. Ho deciso di dare spazio a Carmen e a Edward, poi si torna a Bella tranne per altri flashback in modo che spieghino la storia. E' la mia prima fiction in assoluto e sono ancora molto inesperta, soprattutto per l'impaginazione. Di questo mi scuso. Ad ogni modo spero che vi piaccia questo nuovo capitolo e che riceva più commenti. Ringrazio molto chi mi ha commentato, spero di incuriosirti sempre di più. Per la pubblicazione intendo farla una volta a settimana, cercando di essere il più puntuale possibile, però se capita di poter scrivere di più ne pubblicherò di più, anche due capitoli a settimana. Buonanotte a tutti e buona lettura. Voglio sapere cosa ne pensate. ~POV CARMEN

Le piaceva la pioggia. Adorava assistere ai temporali. Ognuno era diverso dall'altro. Adorava la sensazione del freddo e del vento che le penetrava nella pelle, che la faceva sentire viva e parte integrante di quel meraviglioso fenomeno atmosferico. L'elettricità che correva nell'aria portava in vita ogni cosa, persino gli alberi che normalmente restano fermi con i loro rami alzati, come fervidi religiosi che osannano i loro dei e la vita. I colori erano più brillanti e ricchi di sfumature mentre l'acqua puliva tutto e cancellava il vecchio mondo per dargli una nuova identità. Per questo si sedeva spesso vicino alla sua finestra preferita, la più grande, occupante la maggior parte della parete e lunga dal pavimento al soffitto, per osservare. Per lei era la stessa gioia che scartare un regalo. Non era mai come se lo aspettava, ed ogni volta che accadeva, piuttosto spesso nel paese più piovoso d'America, era incredibile come sconvolgesse tutto. Le sembrava di stare a guardare una pellicola, un film che si attende con ansia per il quale si annullerebbe qualsiasi impegno per la serata e ci si siederebbe un quarto d'ora prima dell'inizio preparando i pop corn. Non se lo sapeva spiegare perchè la entusiasmava tanto. Le sembrava che in quel momento qualcosa di profondo collegasse lei a tutto il resto del mondo, di essere lei stessa la tempesta, di abbattersi con violenza contro gli alberi senza spezzarli.  Anche lei si sentiva pulita dopo, sebbene sapesse che per quanto strofinasse la pelle  e scappasse lontano non avrebbe cancellato le cicatrici sui polsi, nè il dolore degli insulti gratutiti e delle umiliazioni che aveva ricevuto. Era nata e cresciuta in quel paese così assolato, caldo e allegro, Jacksonville. I cittadini erano tutti cortesi e gentili e tutte le mattine quando aveva solo cinque anni, la padrona di un bar le offriva sempre la colazione, categoricamente: cappuccino con due bustine di zucchero (non le piacevano i cibi o bevande amare), e una briosche, in cambio di un sorriso. Era stanca di fingere che andasse tutto bene sorridendo, falsamente per lo più, che ciò che accadeva a casa non la riguardasse e non la condizionasse, come invece faceva. Però era affezionata alla signorina Hale, Rosalie Hale. Era una ragazza piuttosto giovane per possedere quel locale, che era fra i più conosciuti di tutto il paese. Alta, bellissima, dalle forme sinuose, e molti la desideravano. La tipica bionda mozzafiato, dagli occhi cangiati a seconda del tempo, azzurri con il sole e grigi nei giorni di pioggia, ma dal portamento e modi eleganti. Non sorrideva molto spesso però, tranne quando lei varcava la porta del bar, e allora non poteva far altro che ricambiare quel sorriso affettuoso e sincero che le rivolgeva, sentendo un pò di pace dalle nubi che si portava dentro. Doveva a lei la voglia di vivere che aveva acquisito e la forza per andare avanti, in ogni circostanza. Non le importava quali fossero stati gli impedimenti e gli ostacoli che le si sarebbero frapposti nel suo cammino, lei ce l'avrebbe fatta, perchè lo voleva. Aveva degli obiettivi: crescere, imparare più cose possibili e diplomarsi così da poter andare nella facoltà di psicologia, e li avrebbe raggiunti. Se ne sarebbe andata da quel paese e non vi sarebbe tornata per molti anni. Adesso, più di dieci anni dopo, guardando ancora il temporale, stava pensando che sarebbe dovuta tornare in quel posto, anche solo per ritrovare la sua amata Rosalie e ringraziarla per averla aiutata, dirle di ciò che era diventata per aiutare gli altri ad uscire dalle loro sofferenze, così come aveva fatto lei. Desiderava tornarci anche per sconfiggere la sua ultima paura: gli occhi inferociti del padre, che da bambina forse per un gioco di luce o per la sua fantasia eccitata per la paura aveva visto rossi, orribili. Ad un tratto balzò sulla sedia dove era seduta, spaventata e perplessa al suono del campanello. Erano le nove di sera passate e lei non aspettava visite. Chi poteva essere? Aprì la porta e vedendo chi c'era dall'altro lato della soglia fu scaraventata violentemente nel passato.

FLASHBACK

Era il suo primo giorno alla facoltà di psicologia ed era euforica più che mai. Era ciò che aveva sognato fin da quando era bambina: studiare e cercare di capire il più possibile i meccanismi di quella macchina perfetta che era il corpo e la mente umana, e come essa comandava il corpo, quali pensieri potevano sorgervi e nascondersi al suo interno, quali intenzioni, quali emozioni che si potevano osservare dai gesti compiuti inconsapevolmente dal corpo, il linguaggio che poteva usare, diverso da persona a persona e di come certi particolari, anche minimi, potevano essere importanti per comprendere il passato di qualcuno, le sue abitudini e le sue azioni. Avrebbe cercato di spiegarsi (perdonare sarebbe stato impossibile) il comportamento di suo padre e la vuota indifferenza di sua madre. Sembrava un guscio vuoto, un automa. Puliva casa, era silenziosa, raramente parlava, la aiutava a vestirsi finchè non era cresciuta abbastanza per farlo da sola, ma per il resto non faceva nient'altro. Si lasciava vivere, anche di fronte al marito che picchiava la figlia non faceva una piega, la sua espressione rimaneva impassibile, chiusa nei suoi pensieri. Carmen non l'aveva mai vista bere o drogarsi, per quanto ne sapeva, anche fisicamente sua madre era in perfetta salute, lucida e consapevole, ma come estraniata dal mondo. Presente fisicamente ma lei chissà in quale realtà era. Tante volte si era chiesta quale trauma avesse vissuto la madre per comportarsi in quel modo. Aveva provato anche a scuoterla una volta dalla sua trance, ma quello che aveva ottenuto era stato uno schiaffo mentre l'aveva afferrata per le braccia. Quasi ne era contenta perchè almeno nel volto di sua madre aveva letto una qualche sia emozione; aveva reagito. Ma subito dopo era tornata a chiudersi nel suo mondo. Provava molta pena per la madre, sebbene sentisse anche della rabbia nei suoi confronti per la sua totale indifferenza anche di fronte ad un'ingiustizia che vedeva coinvolta sua figlia... Non doveva pensarci ora, si era trasferita due settimane prima ad Oxford e non avrebbe permesso a niente e a nessuno di strapparla da quel luogo che si era guadagnata con lo studio e impegno. Varcata la soglia, raggiunse direttamente l'aula magna, ormai per tutte le visite guidate che aveva fatto e le visite al sito internet dell'edificio, conosceva tutta la pianta dello stabile a memoria. La sua prima lezione era psicologia dello sviluppo tenuta curiosamente da due insegnante, certi Renee e Charlie Swan, probabilmente sposati dato che entrambi avevano lo stesso cognome. Era bello pensare che una coppia di insegnanti, per di più sposati, insegnasse la stessa materia. Chissà se discutevano su come valutare gli alunni o sui metodi migliori per trasmettere la conoscenza. Non provavano nessuna rivalità? Lei sarebbe impazzita se avesse dovuto badare a dividere la vita professionale da quella privata, o quanto meno confusa cercando di non confonderle. Si immaginava una coppia anziana. Chissà se erano felici insieme. Anche lei però avrebbe voluto una storia d'amore del genere. Magari si erano conosciuti all'università. Fu smentita nelle sue fantasticherie quando, oltrepassata l'entrata dell'aula, affianco alla scrivania c'era una giovane coppia, potevano avere entrambi treant'anni o poco più, ma già a prima vista sembravano l'uno l'opposto del'altra. Lui era tranquillamente seduto sulla sedia, vestito formalmente anche se un pò trascurato, con la cravatta slacciata e i bottoni della camicia sbottonati. Non parlava molto ma sembrava molto attento a quello che diceva quella che doveva essere la moglie, concentrato mentre le sorrideva. Sembrava un pò burbero d'aspetto e austero, ma quando guardava la moglie e la sua espressione si scioglieva, sembrava un pezzo di pane ricoperto di miele. La donna invece era più energica, irrequieta, gesticolava molto mentre parlava e scrutava tutto ciò che la circondava, molto giovanile e dall'aria simpatica. Timidamente Carmen fece altri due passi verso di loro e notando che l'aula fosse ancora vuota, sorridendo si schiarì la voce e accennò ad un saluto:
- Buongiorno, signore e signora Swan-
Entrambi si voltarono contemporaneamente e sorrisero cordiali.
-Buongiorno signorina, immagino che sia un'alunna- disse la donna.
- Forse non sei stata informata in tempo della decisione di posticipare di mezz'ora la lezione oggi per cause di forza maggiore- rispose ironico l'uomo al suo fianco indicando con l'indice il soffitto (gente ai piani alti) - ci dispiace che tu sia dovuta lo stesso venire prima, ma se vuoi per farci perdonare potremmo berci un caffè insieme, se vuoi, per far passare prima questa mezz'ora. Che ne dici cara?- disse rivolto alla moglie.
- Ma certo amore. Mi piace conoscere i miei studenti, anche al di fuori dell'ambiente scolastico. Noi professori non siamo perfetti e interegerrimi come amiamo farci passare, e anche noi siamo passati dal loro lato quando eravamo più giovani- rispose ridendo.
Carmen notò con piacere che era una coppia davvero gioviale. Decise allora di accettare, e a parte un imbarazzo iniziale, soprattutto da parte sua, notando un libro che la sua futura professoressa portava nella borsa, e che lei conosceva, iniziò a commentarlo e così ebbe iniziò una lunga conoscenza che man mano si approfondì sempre di più fino a diventare profondo affetto e stima. Questo rapporto non influiva nell'ambito scolastico, dove erano formali e equi, senonchè quando capitava che Carmen si ammalasse arrivavano a casa sua di soppiatto mentre dormiva e le portavano brodo caldo e gli appunti delle lezioni, per poi stare con lei fino a sera inoltrata. Certe volte si chiedeva se per lei, erano stati più amici o genitori, cosa che suonava strana dal momento che non erano molto più anziani di lei. Dopo il giorno della laurea, che aveva trascorso in loro compagnia, si erano tenuti in contatto fino a pochi mesi prima quando non erano giunte più notizie da loro. Sebbene ci fossero i cellulari non ne amavano molto l'utilizzo e preferivano di gran lunga il classico servizio postale, anche se decisamente più lento e impegnativo dell'invio di un semplice sms. Ma era l'abitudine di andare ad aprire la cassetta delle lettere tutte le mattine per controllare se era arrivata una risposta, la gioia di leggere le loro parole e godere della loro calligrafia, poterle conservare tutte, assieme al calore che donavano, cosa che non accadeva allo stesso modo con i messaggi.

FINE FLASHBACK

Guardò la coppia davanti al suo uscio, fradicia di pioggia, pallidi e dall'espressione impaurita sui loro volti ne dedusse che non era una visita di piacere. Ciò che attirò di più la sua attenzione fu un fagottino fra le braccia della donna. Senza aspettare che dicessero nulla, dopo un momento trascorso in totale shock e sorpresa, li fece entrare, chiudendo ermeticamente la porta, lontano da qualsiasi cosa che li spaventasse. Appena si volse li strinse come se ne andasse della sua vita per un minuto buono e continuando a chiamarli per nome, agitata per il loro timore che gli leggeva negli occhi e felice per  averli visti. Dopo un pò si accorse di un suono strano, che all'inizio non riuscì ad identificare perchè totalmente estraneo a ciò che stava accadendo in quel momento, che staccandosi da loro basita si rese conto che si trattavano di gorgoglii e gorgheggi. Guardando Reneè, per stemperare l'atmosfera disse:
- Reneè, ti sei accorta che il fagotto che hai fra le braccia sta facendo rumore...- nel frattempo si era creato un rigonfiamento dal lato del braccio che stringeva la donna - e si muove!!!-.
Entrambi risero di gusto, rilassandosi per un pò. Fu Charlie che le rispose ancora sorridendo - si, lo sappiamo, si tratta della nostra mascotte. La nuova arrivata di casa Swan. - e prendendo dalle braccia della moglie l'involto lo scoprì rivelando un dolcissimo visino rosa, con delle piccole labbra rosse che alla vista del padre sorrisero, contornati da degli occhi cioccolato incantevoli.
- Ti presento Isabella Swan. La nostra Bella.- E la bambina fece uno strano verso di giubilo, quasi di apprezzamento, come a conferma. Carmen, basta leggere libri fantasiosi, si disse.
Reneè le disse - Abbiamo una lunga storia da raccontarti, ma per ascoltarla dovrai ricordarti di essere molto aperta mentalmente. Ti conviene sederti e alla fine vorremmo chiederti un favore non poco indifferente.-
Carmen persa nello sguardo di quella bambina così luminoso e affascinante, rispose - ma certo, qualsiasi cosa per voi. Innanzitutto dovrete cambiarvi che sembrate dei pulcini annegati e mentre lo fate posso salutare questa bambina? La sento come se fosse una mia parente-.
Charlie allungò le braccia verso di lei con la bambina e le mostrò la posizione da assumere con le braccia perchè la bambina fosse comoda, e le spuntò un sorriso sincero, ancora più aperto. Da vicino era ancora più bella. Avrebbe voluto proteggerla da ogni cosa, chiunque le si parasse davanti per farle del male. Anche un fiore che la infastidisse troppo. Provò un forte sentimento che sentiva la stava legando a quel peso leggero che era una persona.
- E' bellissima complimenti. Non poteva esserci nome più azzeccato. Da questa parte allora, vi darò un cambio di vestiti-.

POV EDWARD

Per lui le giornate iniziavano troppo presto, alle cinque del mattino, e terminavano troppo tardi, a mezzanotte passata. Precisamente, prima e dopo che i suoi genitori avessero smesso di litigare per la loro famiglia. Era stato un tormento ascoltare i loro tremendi "diverbi" che terminavano sempre con qualcosa che veniva lanciato contro il muro e poi rotto. Aveva cercato di sostituire la maggior parte degli oggetti in casa, per evitare che venissero inevitabilmente ogni volta scagliati contro il cemento o il pavimento, ma qualche cosa gli sfuggiva sempre, o ne compravano di nuove per cui il rumore di vetri rotti lo perseguitava. A volte gli sembrava di sentirlo nel dormiveglia anche quando era impossibile che fosse così, da solo, chiuso in biblioteca. Aveva perso il conto delle ore di sonno che gli mancavano per sentrsi totalmente riposato. Non si ricordava nemmeno quale fosse stata l'ultima volta che aveva dormito un sonno tranquillo e indisturbato per tutta la notte. Ed il risultato era visibile sul suo viso, sotto ai suoi occhi arrossati e stanchi. L'estate era stato un lungo susseguirsi di grida sin dal mattino quando apriva gli occhi, che non terminava mai, aggiunto al caldo insopportabile e al dover restare sempre a casa per aiutare il padre e la madre, che non perdevano occasione per prendersela con lui o sfogare la loro rabbia perenne. Da dimenticare. Con l'inizio della scuola, le cose erano migliorate, ma le notti restavano quasi in bianco per lo più. Fortunatamente, era un buon studente, anche se sincermente non comprendeva come. Sebbene trascorresse pomeriggi interi in biblioteca, con il naso infilato in mezzo ai libri, sia per lettura che per studio, si distreva spesso a causa della sua stanchezza e dell'emicrania, ormai diventata parte di lui da quando non dormiva più come avrebbe dovuto. Lo salvava il piacere per l'apprendere cose nuove e l'attenzione in classe, anche se matenuta con gran fatica. Le ragazze poi non lo aiutavano in questo. Gli giravano continuamente intorno e cercavano di provarci con lui e irretirlo in ogni modo possibile ed immaginabile. Alcune superavano i limiti della sfacciataggine e dell'esplicità diretta, come una certa Jessica Stanley. Lo irritava, sin da quando l'aveva vista la prima volta, due anni prima, e d'allora non demordeva, mettendo seriamente alla prova la sua pazienza. Per fortuna o per sfortuna, a seconda dei punti di vista, era stato dotato di un bell'aspetto che non passava inosservato a nessuno. Per lui era fonte di complimenti e di occhiate ammirate e maliziose, ma anche di invidia e prese in giro. Una volta dei ragazzi più grandi della sua stessa scuola lo avevano incastrato in un vicolo ceco e l'avevano pestato a sangue. Ma lui non pianse, nè gridò. In un certo modo sentiva di meritarseli quei pugni per ciò che permetteva che accadesse in casa tutti i giorni, e non voleva dare alcuna soddisfazione a quei ragazzi che non sapvano far altro che ricorrere alla violenza per esprimere i loro peggiori sentimenti e pensieri. D'allora si era dato all'anonimato, per quanto possibile e aveva rifiutato anche piutosto sgarbatamente qualsiasi dichiarazione, perchè non voleva coinvolgere una sua ipotetica fidanzata nella sua situazione ed inoltre a tutte loro interessava solo per il suo aspetto e perchè era conosciuto come figlio di una famiglia ricca, non di più. Quella mattina per l'ennesima volta si era alzato più presto del necessario, con il respiro affannoso, da un sogno colmo di grida e imprecazioni, di vetri rotti e colore rosso d'appertutto. Amava dipingere nel tempo libero, oltre alla lettura, ma non usava mai il rosso. Lo odiava.
Dopo essersi lavato e vestito, uscì di casa notando lo spesso strato di ghiaccio che ricopriva ogni cosa, in particolare la strada e il marciapiede dove avrebbe dovuto camminare lui. Prendendo un respiro profondo, cercando di rarre forza per iniziare una nuova giornata, iniziò con attenzione a percorrere il tragitto che lo conduceva a scuola. Lo stesso da tre anni, scommetteva che poteva farlo ad occhi chiusi. Quel giorno sembrava più lungo del solito, forse perchè prestava più attenzione e perchè di solito ci andava in macchina. Con quel ghiaccio preferiva tenere la Volvo, e se stesso, al sicuro. Quando giunse finalmente a scuola, vicino all'entrata, scorse una ragazza vicino ad una moto notevole, che osservava malinconica i ragazzi che le sfilavano di fronte per entrare e iniziare le lezioni. Quell'espressione era insolita per una ragazza come loro. Cosa rimpangeva di quelle persone? Per essere in quel parcheggio anche lei doveva essere una studentessa, nuova probabilmente, dato che non l'aveva notata mai prima. Lui era spesso distratto , perso nei suoi doveri e cose da fare, ma se avesse visto prima una ragazza del genere se ne sarebbe di certo ricordato. Era bellissima nella sua semplicità. Era mora con dei riflessi ramati nei capelli ed occhi color cioccolato intensi, una carnagione piuttosto pallida e molto snella sebbene avesse delle curve da capogiro.... Da ragazzo non poteva che fare un apprezzamento su quelle gambe; sebbene non fosse altissima, erano davvero lunghe. Dal momento che sembrava non accorgersi di lui dietro di lei, potè osservare bene il suo profilo di lato. Era bella davvero. Nel suo essere assorta era immobile in un modo quasi innaturale. Stava per passarle accanto quando del ghiaccio sul terreno a cui non aveva prestato attenzione lo fece cadere rovinosamente a terra; ma prima che potesse scontrarsi contro il pavimento due mani lo sollevarono e lo aiutarono ad alzarsi, rimettendosi in equilibrio. Alzando gli occhi rimase incatenato a quelli della sua salvatrice. L'aveva osservata fino ad un attimo prima ma aversela di fronte, con gli occhi puntati nel suo caldo marrone cioccolato era tutt'altra cosa. Notò una sfumatura di oro luminoso fra di essi, accecante. Chi era quella ragazza così bella e così fuori dall'ordinario? qualcosa in lei era diverso. Prima che potesse rigraziarla, suonò l'ultima campana e lei, facendo un debole sorriso e alzando una mano per salutarlo se ne andò via, lasciandolo lì, in mezzo al viale che conduceva alla scuola. Che stupido.

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Capitolo 3
*** Bella a scuola ***


Eccomi qui con il terzo capitolo. Ero incerta se pubblicarlo adesso dato che era trascorso così poco dall'ultimo aggiornamento, ma era pronto, perciò ve l'ho dato. In cambio però mi aspetto le vostre recensioni! :) scherzo ovviamente, anche se mi farebbe piacere conoscere le vostre opinioni, spero che vi stia interessando questa storia. Ringrazio tutti quelli che hanno inserito questa fiction come preferita, seguita o ricordata. Vi lascio al capitolo, buona lettura!!

~POV BELLA

Quella scuola non era immensa come poteva sembrare dall'esterno. Le piaceva la struttura però. Le mura non erano dipinte del classico bianco impersonale degli ospedali, e non era nemmeno rovinato o ammuffito, segno di poca manutenzione e del vandalismo dei ragazzi. Anzi, piuttosto curato come edificio, per gli interni era stato adottato un color crema delicato; i tavoli erano di un azzurro cielo e ai muri erano appese foto ricordo, istantanee degli studenti e premi vinti durante competizioni varie; e infine  riproduzioni in scala di quadri famosi. Aveva un passato quella scuola. Non era male, anche se in quegli anni era entrata e aveva visitato la maggior parte delle scuole di tutto il mondo. La pianta era piuttosto semplice, la mensa e la sala riunioni erano al piano terra, mentre le aule, i bagni, e gli armadietti al piano di sopra. Subito dopo aver superato l'entrata, c'era un grande atrio, pieno di persone che camminavano a destra e a sinistra, nel caos prenatalizio di organizzare le lezioni e finire di correggere i compiti, oltre ad adempiere alle altre mansioni. I bidelli sembravano letteralmente partiti per la tangente;  salivano e scendevano dalle scale, riattacavano il telefono con stizza per poi riprenderlo un minuto dopo. Poteva disorientare quella confusione, ma le piaceva vedere la vita attorno a lei. Troppa perfezione e stabilità l'avrebbero annoiata, ne aveva quasi paura data la sua natura. Quando si può vivere per un'eternità e il tempo si dilata, la percezione delle cose cambia. Persino nel loro mondo immutabile, dove i loro corpi si conservavano perfettamente nonostante gli anni che passavano, cristallizzati come crisalidi, molte cose cambiavano, perdevano i loro connotati e spesso avevano molteplici significati, come le parole nel linguaggio. Bella era sempre stata affezionata alle cose, perchè le riportavano alla memoria ricordi, di persone e/o di cose, che anche se coloro a cui erano appartenuti non esistevano più, era come se, riportandoli alla mente, tornassero in vita perchè lei li conosceva. Le venivano i brividi quando rivedeva i video della sua infanzia, sentiva voci che non aveva mai ascoltato e sapeva che mai l'avrebbe fatto, di uomini e donne che ridevano rivolti alla telecamera, che adesso erano sotto terra ridotti in cenere da secoli. Non era mai stata educata secondo i principi di nessuna religione, perchè loro andavano oltre qualsiasi creazione umana, qualsiasi spirito o credenza religiosa. Percepiva, come lo sentivano tutte le creature dotate di quel senso in più, il sesto, che lì fuori c'era qualcos'altro oltre a loro, intrinsecamente legata agli uomini, e che agisce tramite le cose della vita, ne fa parte così infinitesimamente da non riuscire a vederla, neanche con la vista sviluppata data in dotazione col vampirismo. Poteva dire di non avere bisogno di un microscopio. Aveva il dono di sentire la vita in qualsiasi essere, sottoforma di calde scintille: verdi, rosse o blu, a seconda dell'energia di chi la emanava, ma negli oggetti, se la vita, una ragion d'essere primaria, esisteva, non riusciva a scorgerla. Si era sempre chiesta se lei pur essendo morta, potesse avere un briciolo di vita in sè, cosa era previsto per le creature come lei. L'inferno, perchè la sua razza compieva crimini orrendi? Il nulla? O c'era qualche speranza per quelli che come lei non vivevano per distruggere o per studiare gli umani? Anche per questo provava un profondo fastidio quando durante l'addestramento chiamavano il loro potere, anima. L'anima non era detto che i vampiri ne fossero dotati, e anche in quel caso, dopo il sangue di cui si erano macchiati e la fredda indifferenza con cui erano soliti interessarsi agli umani, come ce l'avevano ridotta? Nera come la pece. Un buco insano e maleodorante. I vampiri erano tutt'altro che la suprema perfezione che credevano di essere. Amavano definirsi tali, circondarsi di cose bellissime che non li rispecchiavano veramente, vantandosi della loro superiorità. Lei in quei casi pensava alla sua prima casa, quella vera, l'unica che avesse mai sentito sua, proprio in quella città, Forks, assieme a Carmen. Quella era la perfezione per lei. Rcordava quei pomeriggi quando, sentendo le prime gocce di pioggia infrangersi sulle finestre e sul tetto, interrompevano qualsiasi cosa stessero facendo, per osservare il temporale; per poi aspettare che terminasse per uscire fuori e respirare l'aria fredda e pulita. Era un rito che la sua quasi madre amava e che non mancava mai di ripetere.

FLASHBACK

Un giorno, era il suo settimo compleanno, e Carmen le aveva preparato un vestitino a sorpresa blu (il suo colore preferito), mentre Jasper con il suo solito ciuffo biondo sbarazzino che portava davanti agli occhi era tornato a casa e le aveva appuntato delicatamente sulla testa una rosa dello stesso colore del vestito e delle scarpette che calzavano calze bianche come la neve. Era appena esploso un temporale fortissimo e il vento innalzava gli alberi, trascinandosi dietro erba, foglie e detriti. Non ricordava che fosse così iroso il vento nè così forte la tempesta. Ne aveva quasi paura. Immaginava che da un momento all'altro il vento, come quelle ombre, avrebbe rotto il vetro per irrompere in casa e portarli via, separandoli per sempre. Jasper, vedendola triste, la prese in braccio e le fece fare una giravolta per la stanza, portandola sempre più in alto, facendola piangere dal ridere; poi, agganciandosela ad un fianco la guardò e le accarezzò la testa infondendole una calma mai provata prima. Carmen si mise alla loro destra, e metre tutti e tre erano persi a guardare ciò che avveniva aldilà della finestra, disse:
-Ricordati, Bella. Dio è nella pioggia. Per qesto, dopo ,tutto è diverso e pulito, perchè rinnova il patto di purificarci tutti dal male. Dà la speranza che ogni cosa possa migliorare ed essere buona, anche la persona peggiore. Se pensi...- ma venne interrotta da una pacca alla schiena da parte di Jasper, che disse:
- e basta con queste perle di saggezza! E' il suo compleanno, almeno per un giorno lasciala tranquilla senza che si debba lambiccare il cervello cercando di capire i tuoi discorsi filosofici. Ricordati tu, piuttosto, che è ancora una bambina. Ci sarà tempo per le lezioni di morale e di vita. Adesso, tutti a giocare!! - e dicendo questo era corso in mezzo al bosco lasciando le due donne, una bambina e una donna a guardarsi negli occhi.
 Carmen ad un certo punto disse - Tu vuoi seguirlo? Secondo te si sarà reso conto che sta correndo, da solo, nel bosco?- e scoppiò a ridere, fin quando un Jasper affannato e scarmigliato non sbucò dagli alberi fingendo di essere offeso.
-Siete crudeli, entrambe!! Mi sono voltato indietro e non c'era nessuno. Mi avete fatto fare una corsa a perdifiato mentre voi tranquille gardavate il panorama. Così è? E allora, doppia razione di solletico a tutt'e due e per una settimana mi dovete preparare la colazione alle sei del mattino!-. Le due ragazze corsero dentro casa e si andarono a nascondere nella stanza del lupo, cercando di soffocare le risate e tenendosi per mano. Jasper sembrava guardare ovunque tranne che nella sua camera.
- Mamma, grazie, mi sto divertendo tantissimo- disse la bambina alla donna che si commuoveva ogni volta che la chiamava in quel modo anche se non era davvero sua madre e lei lo sapeva.
- Prego, piccola luna. Questo giorno rimarrà sempre con te. Impara a trattenere ogni ricordo dentro di te, che sia bello o brutto perchè ti servirà sempre per diventare ciò che vuoi essere un giorno- terminando il tutto con un bacio sul lato destro della fronte, proprio sulla piccola voglia a forma di mezzaluna che portava dalla nascita.

FINE FLASHBACK


Si rese conto con stupore che metà delle lezioni del suo primo giorno di scuola come diciassettenne era trascorso liscio. Aveva molta forza di volontà e resistenza, fin da quando era bambina. Se non si concentrava troppo a pensare alle aure delle persone che scoppiettavano di scintille sotto il suo naso come un malizioso invito... Quasi non se ne accorgeva, ma era impegnativo... Decise che presto si sarebbe nutrita per precauzione. Non desiderava che i vizi di un tempo tornassero prepotenti. Non aveva alcuna intenzione di torcere un capello a quegli uomini, anzi... Voleva essere la ragazzina che non era mai potuta essere, per quanto possibile. In questo senso si era creata già delle conoscenze, che non aveva previsto così anticipatamente. Più corretto era dire che esse si erano presentate da sole in sala mensa, al suo tavolo desolato e deserto, e l'avevano tascinata subito in una danza di volti di cui non sarebbe mai riuscita a ricordarne i nomi. Tutti sorrisi smaglianti e strette di mano. Qualcuno aveva anche azzardato qualche abbraccio. Ma era ammattito? Desiderava la morte per caso? Non si era preparata ad un contatto così ravvicinato. Non la temevano? A quanto pare non incuteva abbastanza paura. Doveva rimediare in qualche modo. Sospirò, amareggiata, ripensando al tempo in cui non temeva un semplice abbraccio o una carezza, anzi ne era felice e lo restituiva con tutta la forza. Dov'erano quelle braccia forti che la stringevano teneramente, e con forza quando aveva paura? Probabilemente non avrebbe mai più rivisto Carmen dopo tutto quel tempo, ma Jasper? Le mancava come l'aria. Avrebbe tato voluto contattarlo ovunque fosse. Se avesse potuto, lo avrebbe cercato anche in capo al mondo per dargli una spiegazione e per chiedergli scusa. Tutto quello che aveva fatto, ciò che era diventata prima di quel giorno... Se ne vergognava profondamente, non importava che vi ci fosse stata costretta, era responsabile di cose atroci, inenarrabili. Era lì per rimediare, ma l'avrebbe mai realmente ottenuto (un rimedio)? Se Jasper ne fosse venuto a conoscienza, sarebbe riuscito  a perdonarla? Non avrebbe resistito di fronte ad un suo sguardo colmo di odio e disgusto che sapeva di meritare. Per certi versi era felice che non potesse contattarlo. Con questi pensieri si recò nell'aula dove si sarebbe svolta l'ultima ora per quel giorno: biologia. Da un pò di tempo era sovrappensiero ricordando l'episodio di quella mattina. Non aveva più visto quel ragazzo dagli occhi così simili a quelli della sua razza, se non per il colore e il profondo calore che emanavano. Avrebbero potuto fondere il diamante con un loro sguardo. Ma cosa pensava? Era un semplice umano, di bell'aspetto ma che non doveva riguardarla e di certo lei non si sarebbe fatta coivolgere da lui. Entrò tranquillamente e sedette nell'unico banco libero, pronta a qualsiasi cosa il professore gli avesse sottoposto. Era famoso per programmare compiti e verifiche a sorpresa, di cui nessuno era a conoscenza, ma dava sempre l'opprtunità a chiunque di recuperare, anche più di una volta. Mentre guardava il cielo grigio piombo attraverso il vetro sentì un profumo buonissimo, di fresco, rosa e cannella. O forse muschio? Voltandosi vide due occhi brillanti di un verde smeraldo che la stavano fissando, accompagnati da un sorriso sghembo che a primo impatto non le piaceva affatto. Il proprietario di quegli occhi si sedette affianco a lei senza smettere di guardarla e le disse:
-Buongiorno. Stamane purtroppo non sono riuscito a presentarmi e ringraziarti a dovere, causa del ghiaccio-incidente e del suono della campana. Mi chiamo Edward. Edward Cullen, piacere. Grazie del salvataggio tempestivo, anche se non nego di esserne stato imbarazzato. In genere dovrebbero essere gli uomini gli eroi-
Con un sorriso impertinente, non sapeva bene perchè ma aveva voglia di stuzzicarlo, Bella rispose: - Le donne si sono emancipate da un pezzo e ad ogni modo spesso si scambiano i ruoli con gli uomini. Vi sentirete castrati sempre di più, mi dispiace dirtelo. - Sorprendentemente, la risposta non aveva sortito l'effetto sperato, anzichè provocarlo, il ragazzo si mise a ridere di gusto, fermandosi a fatica solo con l'arrivo del professore, quando avvicinandosi al suo orecchio le sussurrò - Ho un gran rispetto per voi donne e so che siete già le più forti. Non mi imbarazza affatto essere aiutato da una donna, ma sono un uomo e dovrei farcela da solo nella vita. Ad ogni modo, posso avere il piacere di conoscere il tuo nome?-.
Bella si spostò sulla sedia e si ricordò di sbattere le palpebre, giusto per non dar l'impressione di essere troppo immobile, e si costrinse a respirare. Se fosse stata umana, non sarebbe riuscita a respirare per l'effetto che le faceva quella voce al suo corpo e alla sua mente. Schiarendosi la voce ribattè (non aveva alcuna intenzione di dargliela facile):
- Per la cronaca, tutti siamo lasciati soli a questo mondo, ma nessuno può farcela senza qualcuno a sostenerlo. E ad ogni modo, si chiede il nome di una persona solo quando la si intende frequentare e si è interessati a lei. Non è detto che ci rivedremo tanto spesso da averne l'occasione.-. Non voleva ammetterlo ma quel botta e risposta stava iniziando a divertirla.
- Scoprirò il tuo nome, splendida ragazza. Vuoi scommettere?- Ci meteva fascino il ragazzo quando voleva, ma lei non si faceva ingannare.
- Quale scommessa potresti mai fare per un nome? Buona fortuna allora, a patto che tu non lo chieda o sarebbe troppo semplice. Devi farlo da solo.- Il viso gli si illuminò ancora di più.
- Mi piace quando le cose si complicano, bene allora dopo lezioni se avrò scoperto il tuo nome tu mi porterai a fare un giro sulla tua splendida moto, altrimenti ti porterò io in un posto che conosco soltanto io con la mia Volvo- le disse sottovoce sorridendo.
 Era assurdo che una vampira centenaria come lei si trovasse coinvolta in una simile conversazione, entusiasta perlopiù all'idea di viaggiare su un'auto con quel ragazzo bello e affascinante. La materia grigia doveva averla lasciata a casa sicuramente. Per recuperare rispose:
- Per quanto ne sarei ben felice ho altri impegni per questo pomeriggio, mi dispiace. A presto. - Aggiunse alzandosi dato che era già trascorsa l'ora. Appena uscita da quel luogo sarebbe corsa a velocità sovrumana nel bosco e lì sarebbe entrata in contatto con se stessa. Non potva perdere il controllo. Doveva capire cosa stava provando e cosa le stava accadendo. Tutta colpa di un umano, ma non era per loro che era tornata? Voleva salvarli dalla grande minaccia in cui stavano per incorrere. Meglio farsi una sana corsa nel bosco, al resto ci avrebbe pensato in seguito.

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Capitolo 4
*** Il passato di Bella ***


Buonasera a tutti. Eccomi con il quarto capitolo di questa storia. Spero che vi piaccia. Buona lettura! Commentate per favore. Lo sapete che la disperazione di un autore è non conoscere il parere dei lettori su ciò che scrive? O meglio, non sapere se ciò che produce può piacere oppure no.... E' un'incertezza che logora. Ringrazio molto Martyd che ha apprezzato e commentato lo scorso capitolo, spero che questo non ti deluda! Anche se fossi l'unica che mi seguisse e commentasse, vale la pena scrivere per il tuo entusiasmo. Grazie. Comunque eh Bella dovrà far presto i conti con qualche anomalia del cuore che non batte da qualche secolo! E sembra che neanche i cani, oltre le persone la temano e questo le da un profondo fastidio. C'è la sua dignità di vampira in gioco e... Piccola anticipazione, forse Edward inizierà a sospetare qualcosa di Bella. A presto!

POV BELLA

~Correndo nel bosco, ebbe l'opportunità finalmente di schiarirsi le idee, rillassarsi. Uno dei doni di essere vampiri era l'assenza di stanchezza. Poteva correre all'infinito senza avere nemmeno l'affanno, senza sentire i muscoli delle gambe o del resto del corpo bruciare. Era un movimento facile da compiere come respirare, istantaneo. Ciò che richiedeva dispendio di energia era invece l'utilizzo del loro potere. Più tempo passava e si trascorreva nella "vita" come vampiro, e maggiori erano i loro poteri. Tanto più crescevano però, e tanto più erano difficili da controllare. E il potere, si sa, corrompe, anche dopo aver ricevuto il tipo di addestramento che era stato sottoposto anche a Bella, si rischiava, se non preparati, di venirne risucchiati e divenire una minaccia anche per gli altri loro simili, non solo per gli umani.Le leggi della sua razza erano poche, ma tassative. I cacciatori avevano l'incarico di mantenere l'ordine fra le loro gerarchie, ed erano il genere di vampiri più crudele e spaventoso perchè uccidevano anche gli altri loro simili senza remore. Erano dotati di poteri di ricerca sulle persone che erano infallibili, quanto più conoscevano i bersagli che inseguivano. Lei era tormentata continuamente dal ricordo ossessivo di uno di loro, Dimitri. L'unico al centro di addestramento che le incutesse paura. Il più silenzioso di tutti loro, il più forte e il più dotato. Arrivava dietro le spalle all'improvviso e stringeva le baccia attorno al collo come un cobra, e la sua stretta era terribile. Non si poteva sfuggirgli in alcun modo, e se lo si guardava negli occhi era la fine. Le sue iridi da rosse diventavano nere e trascinavano lo sventurato nelle sue profondità, nei suoi tremendi precipizi, dai quali non si poteva far altro che buttarsi senza riuscire più a risalire, e poi ancora e ancora, facendosi stringere fino alla morte, quando lui si stancava e decideva di spezzare il collo della sua vittima. Aveva promesso prima che lei scappasse che l'avrebbe ritrovata, e Bella sapeva che l'avrebbe fatto, un giorno. Sarebbe venuto, e per allora lei doveva farsi trovare pronta. si rese conto ad un tratto, di essersi fermata. Il bosco e il verde delle foglie non vorticavano più intorno a lei. Aveva smesso da un pezzo di respirare (non ne aveva bisogno), ma era un ottimo fattore di distrazione. Rilasciò allora il respiro che aveva trattenuto e si recò all'ombra del suo albero preferito, dietro la casa dove aveva condiviso la sua infanzia secoli prima con Carmen e Jasper. Quante volte aveva giocato sotto i suoi rami? Quella quercia era lì da molto tempo, come lei e ne portava i segni. Lunghe linee come tagli di cortelli ne percorrevano la corteccia, dove il colore diventava più scuro. Si avvicinò fino a toccare con il palmo quella superficie ruvida, al di sotto della quale scorreva la linfa grezza, che sarebbe servita alle foglie per svolgere la fotosintesi. Per quello amava sedervici ai piedi, dove le sue radici l'accoglievano perfettamente in un abbraccio dal sottosuolo, e lei poteva osservare i giochi di luce che creavano sul suolo i raggi del sole, proiettandosi fra quelle foglie così rigogliose. In quel momento si stavano muovendo vivaci e agili, spinte dal vento che soffiava spostando le fronde intorno. Bella si sedette e chiuse chi occhi desiderando ardentemente di essere come il vento e volare libera sul mondo intero, portando con sè le risate e la gioia delle persone, le lacrime di amanti e di madri, donne violentate colpite umiliate e di uomini vedovi, orfani, che hanno perso figli, gambe e braccia, parenti. Desiderava essere la pioggia per lavare i visi dal pianto, e lucidare il mondo. Inspirò con forza, assorbendo fin dentro le ossa i profumi e i rumori del bosco. Veniva a pensare e a meditare ogni volta sotto quella quercia perchè sperava che così come essa forniva linfa alle sue foglie per poter vivere, avesse un attacco di generosità e che prima o poi le donasse un pò di vita extra anche a lei. Che sciocca. Non era una pianta, e non poteva stare alla luce del sole o si sarebbe rivelata tutta la sua natura innaturale. Esiste una natura che non sia naturale? Non ne aveva mai sentito parlare. E allora cos'era? Non era fatta di vita, nel suo corpo non c'era nulla che scorresse o si muovesse se non i suoi muscoli e l'attività cerebrale a lavoro. In quella pace, alle spalle dei segni dei pugni che un giorno aveva lasciato su quella stessa quercia per la rabbia e la paura di essere diventata qualcosa di diverso; entrò in contatto con il suo vero io, che in quel momento era piuttosto in subbuglio. Sorvolò sulle domande, le paure, i ricordi troppo dolorosi, e i rimpianti. Quelli era abituata ad averli da sempre, da quando la sua infanzia si era interrotta bruscamente secoli prima. C'era un nuovo pensiero che si agitava all'interno della sua coscienza, che iniziava a farsi forza prepotentemente sugli altri. Aveva il volto di un ragazzo dagli occhi smeraldo e i capelli bronzei sbarazzini, il suo nome era Ed... All'improvviso, un suono diverso dagli altri le fece aprire gli occhi, spostandosi in posizione di difesa, pronta ad attaccare in caso fosse stato necessario. Poteva essere un semplice animale che si apprestava a tornare nella sua tana. Annusando l'aria constatò che presto avrebbe piuvuto, a giudicare dall'umidità. Non necessariamente quel suono che le si stava avvicinando era qualcosa che rappresentava una minaccia per lei. Man mano che riduceva le distanze,  identificò quel rumore come quello di un animale in corsa e i passi di un uomo dietro di lui. Doveva essere un essere umano perchè i vampiri sono molto più agili e silenziosi nel camminare. A giudicare dall'odore, doveva rincorrere un cane che stava venendo nella sua direzione. Aveva sentito qualcosa? Non di certo la sua presenza altrimenti si sarebbe mantenuto a debita distanza da lei. Si circondò di uno scudo, in modo tale che non sentisse la sua vera natura e stette immobile, non sapendo come agire esattamente. Non era certa che lo scudo avrebbe funzionato al cento per cento, se si fosse avvicinato troppo;  non se ne era mai curata prima, d'altronde, dato che lo alzava giusto per il tempo che le occorreva per attaccare la sua preda e affondarle i denti nel collo senza che quella scappasse sentendo la sua presenza. Forse avrebbe fatto meglio ad andarsene o correre sotto casa, ma era curiosa di sapere quale umano a quell'ora del pomeriggio, con un temporale imminente si aggirasse con il proprio cane nel bosco. Perciò decise di rimanere dato che il cane stava per raggiungerla. Si nascose meglio all'interno della fitta ombra della sua quercia, in modo tale che il volto fosse nascosto e l'uomo non si spaventasse vedendo i suoi occhi dorati, a causa del suo potere in funzione. Sentiva i soffici cuscini delle zampe dell'animale che calpestavano il terreno girando di nuovo verso di lei, ed eccolo lì un muso bianco contornato da denti piuttosto appuntiti ma che sembravano smussati se confrontati con i suoi. Dalle sue fauci usciva penzoloni la lingua di lato, simpaticamente. Alzando gli occhi poi incontrò i suoi, di un marrone chiaro, dolci e mansueti. Potevano trasmettere delle emozioni i cani solo con uno sguardo? Lei credeva che fosse possibile. Dopotutto anche lei era un animale e ne provava di emozioni; aveva dentro di sè l'istinto della cacciatrice. Poteva anche comunicare con loro. La pelliccia immacolata del cane si scosse e l'animale, che si era fermato per un istante a guardarla riprese a correre verso di lei. Voleva attaccarla? Lei di certo non si sarebbe fatta male, ma temeva che lei gliene avrebbe fatto se non fosse stata attenta. Magari sarebbe riuscita a staccarlo da sè piano prima che arrivasse l'umano. Aprì le braccia, pronta a respingerlo non appena l'avesse sentito premere su di lei e morderla, quando si sentì il viso bagnato ripetutamente e qualcosa smuovere ritmicamente l'aria. Sentiva effettivamente il suo peso, ma il cane non stava cercando di farle del male, anzi scodinzolava e le lavava il viso. Avrebbe dovuto notare dal suo linguaggio del corpo che non si sentiva minacciato da lei, ma era piuttosto arrugginita per quanto riguardava la comunicazione animale, che non ci aveva fatto caso. Era troppo concentrata a pensare a ciò che lei avrebbe dovuto fare o come avrebbe dovuto reagire, piuttosto che pensare a cosa lui poteva farle. La sua pelle anche se dura come l'acciaio era molto sensibile alle sensazioni tattili e la sua lingua liscia le stava facendo il solletico. Le venne da ridere ma si trattenne e scostò delicatamente il cane da sè sorridendo. Sentì subito l'odore di cannella; ma cosa...? Davanti a lei comparvero quegli occhi che la stavano perseguitando da quella mattina, assieme ai suoi capelli e il resto del corpo. Il cane si girò sentendolo arrivare e appena lo vide, corse gioiosamente verso di lui che lo accarezzò sorridendo e sussurrando disse :

- Bravo, Misha, ottimo fiuto. Proprio la persona a cui stavo pensando- e gli diede una pacca sulla testa.

Bella finse di non aver sentito, anche pechè per un orecchio umano sarebbe stato impossibile, ed esclamò :

- Ma guarda guarda. Che ci fai qui? Sta per scoppiare un temporale, dovresti saperlo-

Lui, fissandola disse - Puoi uscire dall'ombra? Mi piace guardare negli occhi quando parlo con qualcuno se non ti dispiace. Comunque avevo bisogno di uscire e mi sono approfittato di Misha per fare una passeggiata nel bosco. Ero sovrappensiero così ho perso di vista il sentiero principale ed è un pò che stavo cercando di orientarmi, quando questa palla di pelo si è messa a correre ed io l'ho ricorso fin qui. Non mi ero mai spinto da questo lato del bosco, non sapevo ci vivesse qualcuno- e dicendo ciò indicò il resto della casa dietro la quale c'erano loro.

Bella, cercando di celare la tristezza rispose:

- E' stata una casa disabitata per molto tempo, ma adesso ci vivo io. Congratulazioni, hai scoperto il mio indirizzo. Adesso manca solo il nome. Comunque si, mi dispiace spostarmi perchè mi dà fastidio la luce del sole. - Suo malgrado, sorrise.

Edward fece quel suo sorriso sghembo che tanto la irritava, ribattendo:

- Ma mia signora, la luce non è così forte per la sua pelle delicata o i suoi occhi brillanti. Scherzi a parte, non ti senti isolata quassù? I tuoi genitori faranno i diavoli a quattro ogni giorno per viaggiare attraverso il bosco. -

Lei non sapeva chi fossero i suoi genitori. Indietreggiando ancora, rispose:

- Non ho genitori. O meglio non li ho mai conosciuti. Vivo da sola con le mie forze e sto più che bene. Il bosco è sempre stata la mia casa e adesso vi sono tornata. - Si morse la lingua con i canini con disappunto. Stava rivelando troppe cose.

Edward la stava guardando con immenso dispiacere:

-Mi dispiace, davvero. Io... Sono stato adottato quando ero piccolo. Ma stai mentendo. Nessuno sta veramente bene da solo. Non hai emozioni, nè colori. Qualsiasi cosa è più bella se la si condivide e fa con gli altri. I dolori sono meno pesanti quando qualcun'altro ci aiuta ad alleggerire il fardello. Ma... Hai detto di esservi tornata, quindi sei già vissuta qui prima d'ora? Non ti ho mai vista da queste parti. Non hai nessuno cui appoggiarti o che ti aiuti?-

Tutte quelle domande iniziavano ad infastidirla. Nonostante ciò rispose con una mezza verità, glielo doveva dopo quella confessione.  -Anche a me dispiace, è un dolore che non passa mai, eh? Sono totalmente indipendente comunque. Non ho più una famiglia. T el'ho detto che siamo soli a questo mondo. La compagnia serve perchè passino più in fretta quei momenti della nostra vita, ma quando siamo realmente in difficoltà non c'è nessuno che ce ne tiri fuori. Il cielo si sta annuvolando, prima che si metta a piovere ti accompagnerò fuori dal bosco, ma se fossi in te non mi ci inoltrerei tanto alla leggera. Può essere molto pericoloso. Vieni con me. -.

Edward scoppiò a ridere fragorosamente e la sua risata risuonava fra gli alberi come un dolce scampanellio. Avrebbe voluto sentire quel suono ripetersi più e più volte; cosa che la indispettì profondamente, perchè non poteva pensare certe assurdità, e inoltre si stava prendendo gioco di lei! Avrebbe voluto portarlo con sè e dargli un assaggio di quanto poteva essere mortale giocare con la sua razza o tutti gli altri abitanti del bosco. Piegato in due ribattè:

- Per me sarebbe pericoloso?! E tu che ci vivi? Ti ricordo che sei una ragazza, sfortunatamente indifesa. Io sono fisicamente più forte e ho anche un cane al mio fianco, più utile per socializzare che per azzennare qualche animale, ma sono dettagli. Ad ogni modo, che razza di padrona di casa saresti, scusa? Non mi inviti nemmeno a casa tua per bere un bicchiere d'acqua dopo chissà quanto tempo che ho vagato in mezzo al verde? E cosa stavi facendo all'ombra di questa quercia? Dovrebbe star per piovere anche per te. -

Possibile che quel ragazzo avesse sempre qualcosa da ridire? Avere una conversazione con lui era mentalmente estenunante. Uscì dall'ombra, ormai al riparo dalla luce del sole, e lasciando che i capelli le ricadessero davanti al viso perchè non la potesse guardare negli occhi, rispose con calma:

- Ero qui per pensare e rilassarmi... Una sorta di meditazione se vuoi chiamarla così, ma non prendermi in giro. E per quanto riguarda la pioggia non mi disturba. Comunque, te l'ho già detto e lo ripeto, questa è la mia casa, la conosco molto bene, perciò non la temo, e in quanto alla forza fisica, dovresti prima sfidarmi per poter fare un paragone fra noi due. E non fare il tragico, non ti vedo per nulla disperato o preoccupato. Sarà per un'altra volta. Adesso seguimi e stai attento a dove posi i piedi. Il terreno diventa molto friabile viste le recenti precipitazioni. -

Prendendola in giro, il ragazzo le disse:

-Dato che sei così premurosa e forte dovresti condurmi per mano, così non mi accadrà nulla, no? Anche se fossi stato agitato, è passato tutto appena ti ho vista, mia bella.-

Come si divertiva il ragazzo. Presto si sarebbe vendicata di quell'arrogante. Si era irrigidita immediatamente però sentendo quell'epiteto. Di sicuro era una coincidenza, non poteva aver scoperto il suo nome.

Proseguendo davanti a lui ribattè con forza:

- Scordatelo. Ti pregherei di smettere di prendermi in giro. Potrei anche sbagliare strada, e farti dare in pasto ad un branco di lupi-.
- Mi piacciono le ragazze combattive ma non credo vi siano lupi in questa parte del bosco.Ti chiedo scusa, però mi diverte troppo l'espressione che assumi quando ti rivolgo qualche battuta. Potrei smetterla, se solo tu mi dicessi il tuo nome. -.

Stava letteralmente fumando dall'irritazione. Si scordò subito del divertimento provato da quello scambio di battute, e affermò:

- Una scommessa è una scommessa. Stai giocando sporco, piccolo impertinente. Per fortuna siamo quasi arrivati...- Proprio in quel momento il ragazzo per raggiungerla più in fretta scivolò su delle foglie bagnate e si sarebbe fatto un bel bagno nel fango se non fosse stato per Bella che lo afferrò per un braccio prima che potesse cadere.

Alzando gli occhi gli disse:

- Allora non scherzavi quando dicevi che per la tua sicurezza bisognava tenerti per mano.-

Edward sorrise imbarazzato mentre si passava una mano fra i capelli, nervoso. Sembrava quasi timido, quel suo lato la fece ammorbidire un pò. Le rispose:

- Mi scuso per la mia sbadataggine. Grazie per questo tuo secondo salvataggio, sembra che tu sia destinata a salvarmi. Spero di poter ricambiare il favore. Presto. Molto presto, fanciulla. -

Se avesse potuto, probabilmente sarebbe arrossita. Lasciò subito la presa su di lui come scottata. - Di nulla, figurati. Bella. -

Il ragazzo la guardò interrogativo, alzando un sopracciglio in modo comico. La ragazza allora gli spiegò :

- Bella. Mi chiamo Bella. Isabella Swan. Hai vinto la scommessa. Ed ora spero che smetterai di tormentarmi-

Edward si chinò verso di lei, guardandola intensamente, così vicino da sentire il suo respiro caldo sul viso. Dopo un tempo incalcolabile, le disse - Oh no Bella, questo è solo l'inizio. Hai degli splendidi occhi sai? Ma non ti preoccupare, non lo dirò a nessuno. Questo resterà un segreto solo fra te e me. A domani allora. Andiamo Misha!-

Il cane passandole al fianco le leccò una mano e trottò tranquillo accanto al suo padrone, mentre le prime gocce di un temporale con i fiocchi si stavano abbattendo sulla città, e lei rimase a guardarli con un senso di vuoto crescente. Accidenti, l'aveva vista negli occhi! Si era dimenticata di nasconderli, troppo presa dal suo profumo e quello sguardo che la spiazzava ogni volta. Doveva fargli dimenticare di questa stranezza e molto presto anche. Non poteva permettere che lui scoprisse, o peggio ancora, diffondesse delle voci sul suo conto. Aveva detto che non lo avrebbe rivelato a nessuno, ma non gli credeva, non capiva quante cose potevano esserci in gioco. Avrebbe attirato troppo l'attenzione su di sè e allora sarebbe dovuta scappare ancora una volta prima che i cacciatori lo venissero a sapere.

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Capitolo 5
*** POV EDWARD ***


ECCOMI CON IL QUINTO CAPITOLO, SCUSATEMI SE L'HO POSTATO UN GIORNO IN RITARDO MA AVEVO BISOGNO D RIVEDERLO E CORREGGERLO, INOLTRE E' VENUTO UN Po' CORTO MA PROMETTO DI SCRIVERE A BREVE LA SECONDA PARTE, PERCHE' SECONDO ME E' RIMASTO APPESO. SPERO CHE SIATE NUMEROSI A LEGGERLO E COMMENTARLO, UN BACIO E BUONA LETTURA!
~POV EDWARD

Da quando era rientrato da scuola non faceva altro che pensare a lei, quella ragazza dai capelli castani e meravigliosi occhi cioccolato frammisto al dorato. Aveva creduto che quella sfumatura fosse dovuta alla luce del sole, ma quello stesso giorno, durante l'ultima ora di lezione, quando le si era seduto vicino e si era presentato, si era accorto che il neon accecante della scuola non faceva che accentuare quella caratteristica. Più la osservava e più la adorava. Lui amava da sempre le cose e/o persone diverse, perchè testimoniavano quanto il mondo fosse vario, che ognuno era copia a immagine e somiglianza del resto del mondo ma con all'interno qualcosa di irripetibile e unico che non condivideva nessun'altro. Così uguali e così differenti. Molti avrebbero potuto spaventarsi ed odiare queste diversità, perchè è dell'uomo temere ciò che non conosce o non ne ha fatto esperienza, ma lui apprezzava ciò che potevano essere chiamati "difetti", come avere un occhio di un colore e l'altro di un'altro, avere le lentiggini ovunque, i capelli di un rosso arancio, e altre caratteristiche che purtroppo per la stupidità di alcune persone erano motivo di derisione e violenza. Tutti gli esseri viventi, animali, piante che fossero erano intrisecamente legati da una causa primaria che perciò li rendeva fratelli, perciò non concepiva questo odio verso gli altri, anche per dei perfetti sconosciuti, totalmente infondato. Gli piaceva pensare che lui, che non sapeva chi fossero i suoi genitori e che a giudicare da ciò che era venuto a conoscenza dalle sue carte di adozione, era figlio unico, in realtà una famiglia ce l'avesse: era fratello del mondo, era figlio e prigioniero della natura e delle sue regole, e sperava che un giorno sarebbe stato il padre di una nuova vita. Si rendeva conto che quei pensieri, per un ragazzo della sua età, erano quanto mai precoci, ma era stato costretto a crescere prima del tempo. In una situazione come la sua, in quella cittadina dove tutti si conoscevano e lui era cresciuto lontano dagli altri, con i suoi genitori adottivi che da quando ne aveva memoria, avevano sempre litigato per la sua presenza in quella casa.  Aveva trovato un giorno un foglio che era stato accartocciato e lanciato malamente sul pavimento del soggiorno, mancando il cestino dei rifiuti. Era una pagina di diario, una sorta di confessione della madre, in cui avevano trascritto com'era andata per filo e per segno. Ma in quel momeno non desiderava pensarci. Era giunto a diciassette anni con l'immenso desiderio di sentirsi parte di qualcosa, di appartenere a qualcuno che non lo abbandonasse con una lettera di scuse, che per quanto odiasse, non poteva fare almeno di amare e di fargli crescere nel petto una speranza:

Caro il mio bambino, sarai cresciuto così tanto in questi anni. Ho pregato queste persone che tu conosci come tuo padre e madre di prendersi cura di te. So che ti sarai chiesto dove siamo noi, la tua famiglia, perchè ti abbiamo lasciato qui, se noi non ti amiamo o tu non meriti di essere amato sinceramente da qualcuno; ed è impossibile chiederti o anche solo sperare che tu non mi odi o disprezzi per ciò che abbiamo fatto. Non chiediamo il tuo perdono e nemmeno la tua comprensione, ma immaginiamo che vorrai sapere il perchè, e te lo spiegheremo. Edward (perchè così ho deciso che ti chiamerai), la tua famiglia discende da un luogo molto particolare, con degli obblighi e doveri molto rigidi, dove già alla nascita la vita dell'individuo è già stata prestabilita e disegnata nei particolari e non volevo che anche tu dovessi essere costretto a questo stile di vita. Allontanarci da te, amore mio è stato il dolore più grande che un essere umano possa soffrire. Che tu ci creda oppure no, ti ho amato da quando ho iniziato a vedere un piccolo rigonfiamento nel mio ventre, e non smetterò mai di farlo. Solo il fatto di essere tua madre mi rende orgogliosa. So già che sarai diventato una splendida persona, come tuo padre spero, ed è un immenso rammarico non poterti stare vicina e guardarti mentre cresci. Tu sei mio figlio, e questo non cambierà mai, avrai sempre una casa, anche se dopo tutti questi anni non vorrai farne parte e forse la disprezzerai. Ciò che abbiamo fatto, è stato solo per amore, anche se forse sbagliato. Potrei raccontarti molte cose di me, o di tuo padre ma non so se vorresti leggerle, desidero vivamente che tu le sentissi da me un giorno se vorrai cercarmi, quindi terminerò questa lettera con delle raccomandazioni, se vorrai seguirle: ama, incondizionatamente, qualsiasi cosa o persona ha quella bellezza (interiore e non solo), che lo meriti; innamorati, non avere paura di nulla, amore, gli ostacoli con costanza ed impegno si possono sempre superare se ciò che provi è abbastanza forte; abbi degli scopi, una motivazione che ti faccia svegliare ogni giorno e vedrai che non perderai mai la forza per essere uomo al mattino; nei momenti di sconforto pensa che non sei solo, fai parte di un mondo immenso, pieno di vita, anche vedere un uccello che vola, un bambino che sorride o la pioggia che ti bagna i capelli può farti sentire meglio; non aver paura di soffrire, ogni prova fortifica e ti giunge pechè tu abbia la forza di affrontarla, la vita è molto più complicata di quanto sembri ma è bella proprio per la sua imprevedibilità, anche nei momenti più bui si può trovare la luce, come è successo a me quando incontrai tuo padre. Quando arriverà il momento, saprai come trovarci se vuoi parlarci. La raccomandazione più importante che possa farti però è una sola, vivi, con tutto il cuore per non avere rimpianti, e sii felice. Ti ameremo per sempre, Edward. Tuoi,

Esme e Carlisle Cullen


Questo era tutto ciò che aveva, l'unica traccia della sua famiglia. Sua madre (quella vera), le era sembrata una persona molto dolce e addolorata per ciò che aveva fatto, ma poteva davvero amarla senza riserve? Nonostante la spiegazione e promessa criptica d'amore, non accettava che lei avesse scelto per lui, sebbene ne comprendeva il motivo; ma non aveva messo in conto la sofferenza che avrebbe provato lui distante da loro, senza dei genitori, una guida? A quanto pare non conosceva bene i suoi genitori adottivi, o essi hanno finto molto bene per convincerli che sarebbero state delle figure affettuose e amorevoli, altrimenti non si sarebbe spiegato perchè l'avessero affidato a loro tanto fiduciosamente, se non fosse che forse non gli era importato, ma allora perchè scrivere quella lettera? Per far sentire meglio lui, o per sgravarsi la coscienza? Per quanto si arrovellasse da tempo, non riusciva proprio a  pensare davvero male di loro. Forse era solo un povero illuso, ma una cosa la sapeva: quando avrebbe compiuto la maggiore età se ne sarebbe andato da quella casa, dove ancora non lo sapeva, ma appena fosse stato indipendente sarebbe andato a cercarli, avevano lasciato una traccia, dei nomi e un numero che lui non aveva mai avuto il coraggio di chiamare, per il timore che avrebbe avuto una cocente delusione, o al contrario, paura di averli trovati ma se non fosse andata come si immaginava? Non sapeva cosa aspettarsi esattamente. Non si sentiva ancora pronto, ma presto l'avrebbe fatto, e allora avrebbe chiesto molte spiegazioni. Era tanto stupido desiderare di abbracciarli, nonostante le loro scelte e il dolore che gli avevano causato? Si sentiva proprio patetico, si faceva pena da solo. Con un sospiro, appoggiata la cartella sulla scrivania, si affacciò alla finestra alzando gli occhi verso il cielo, era di un grigio che non gli piaceva. Presto sarebbe venuto a piovere, ma lui aveva bisogno di prendere una boccata d'aria, di camminare, o tutti i pensieri che danzavano nella sua mente avrebbero finito per mandargli in fumo il cervello, e ne aveva bisogno, ancora. Notando una coda pelosa all'insù, simile a uno spolverino, venire verso di lui, sorrise, ricordando ciò che aveva di bello nella sua vita: Misha. Era l'unico essere che lo facesse sentire meno solo, lo amava senza pretese, era molto buffo per come si muoveva, sembrava che non camminasse o corresse, ma saltellasse di qua e di là, sculettando come una femmina. Certe volte aveva avuto dei seri dubbi sul suo orientamento sessuale, ma gli attributi che aveva al di sotto del tronco, sepolto sotto un'altra marea di pelo, unito al fatto che frequentava solo cagnoline femmine che pendevano tutte dalle sue labbra, ( o meglio dal suo muso), e se lo contendevano anche con ferocia, era inequivocabile. Gli aveva portato molta gioia ed allegria nella sua vita, era contento di averlo strappato da quel posto quando aveva appena un mese e mezzo di vita, rinchiuso in un recinto, in mezzo a zecche e pulci e dovendo subire i dispetti dei fratelli più grandi che pretendevano di mangiare per primi, e ciò che rimaneva, se restava, spettava a lui. Ancora una volta, la legge del più forte veniva rispettata. Quando lo aveva visto, era stato assalito da un moto di tenerezza inspiegabile. Quella piccola macchiolina bianca si era nacosta sotto un armadio e lo guardava da lì, mentre gli altri cuccioli gli s'appressavano, curiosi e felici. Aveva sentito subito "un'attrazione" per l'unica femmina che era stata la prima ad avvicinarsi accogliendolo, come se l'avesse riconosciuto, oppure faceva così con tutti? Non gli piaceva molto che fosse espansiva con tutti, voleva che sentisse di essere il suo unico padrone. E poi c'era lui, quel musetto dolcissimo con quegli occhi timidi e spaventati che lo osservavano da lontano. Gli sembrava in quel momento un'anima affine, se i cani ce l'avevano e  lui credeva di si, diverso dagli altri, escluso, sempre l'ultimo in qualsiasi occasione, si sentiva perso anche fra la sua stessa famiglia. Piuttosto che scegliere quella dolce cagnolina, prese quella pallina, l'unica nella cucciolata ad essere completamente bianca, probabilmente un incrocio con un pastore maremmano abruzzese, lo avvolse attorno ad una carta perchè le zecche non saltassero ovunque e dopo averlo portato da un veterinario che lo ebbe sverminato e spulciato perbene mentre il cane era di una tranquillità infinita, restava immobile e calmo senza fare una piega, addirittura era salito da solo sulla bilancia quando il veterinario l'aveva posata sul tavolo, lo portò a casa. In quel momento aveva deciso che  si sarebbe preso cura di lui, non gli importava quanto avrebbe dovuto lottare, con i suoi, o i vicini che non amavano gli animali, l'avrebbe tenuto con sè e avrebbe fatto di tutto per renderlo felice. Non sarebbe mai più stato nelle condizioni di come l'aveva trovato. Gli accarezzò dolcemente la testa e si avviò verso la porta dell'appartamento. Aveva mangiato una cosa al volo prima e voleva uscire perchè quando sarebbero rientrati i coniugi in casa, non voleva che lo trovassero dentro iniziando a borbottare come loro solito. Superata la soglia, si sentiva già più leggero e si diresse verso il bosco che a causa del cielo che inizava a scurirsi stava assumendo delle ombre spettrali e un colore verde intenso. Amava camminare lì, dove non sentiva altro che gli uccelli e altri animali del bosco, avvolto semplicemente dalla natura, lasciandosi alle spalle la civiltà e la sua distruttività, circondato dal profumo di resina e di terra, riusciva quasi a sentire se stesso, la sua vera voce. Concentrato su questa sensazione non si era accorto di aver sbagliato strada, anzichè svoltare a destra dove si protraeva il sentiero, era proseguito dritto, finendo in una zona che non aveva mai visitato prima. Non era particolarmente preoccupato, aveva un buon senso dell'orientamento. Cominciò a guardarsi intorno, quando Misha scottò come un razzo nella direzione opposta dalla quale provenivano, correndo a perdifiato. Non comprendeva cosa lo disturbasse tanto da correre in quel modo, così lo inseguì fino a che non lo vide addosso ad una ragazza,mentre la leccava e le faceva le feste. Era sempre il solito. Chiunque vedesse, o percepisse, doveva andare a salutarlo e fare conoscenza. Questo aspetto del suo carattere lo adorava, era così spontaneo ed estroverso con tutti, e ciò gli piaceva molto, anche se gli creava qualche problema dal momento che non a tutti piacevano gli animali e vedendoselo saltare addosso potevano spaventarsi... Per lui che ci era cresciuto insieme non lo impauriva affatto, anzi, ma era naturale, mentre per altri non poteva essere immediato. Qualsiasi cosa facesse gli suscitava un calore proprio all'altezza del petto. Era perfetto, anche se non era di razza pura, e non era nè basso e nè alto, dal pelo voluminoso. Non gli dispiaceva raccogliere i suoi bisogni o pulire il suo vomito se stava male. Normalmente sarebbe inorridito a dover fare delle cose del genere, ma dato che era il suo cane, ciò non lo rendeva così orribile... Non se lo sapeva spiegare... Semplicemente lo amava, difetti compresi, totalmente, quello era l'unico esempio di legame vero che avesse, ed era piuttosto triste, ma i cani sono i migliori amici dell'uomo e lui ci credeva; per il semplice fatto che erano più fedeli dell'uomo e amavano senza pretese. Tuttavia, notò con sollievo che la ragazza non sembrava terrorizzata dell'attacco del cane, nè infastidita, solo sorpresa. Sorrise istintivamente, quando Misha era sceso per raggingerlo e aveva svelato la figura della ragazza affascinante a cui stava pensando quella mattina... In effetti era stato l'unico metodo, che inconsapevolmente, lo avevano distolto dai soliti pensieri tetri, e quando c'era lei sorgeva un Edward diverso da quello che conosceva, spiritoso, più spensierato. E gli piaceva quella nuova parte di lui, e ciò che quella ragazza gli faceva sentire. Forse... No, aveva deciso che non si sarebbe fidanzato finchè non avrebbe conosciuto tutta la verità su se stesso e il suo passato, non voleva avere segreti con nessuno. Non poteva innamorarsi ora come ora, aveva troppi pensieri per la testa. Decise che il suo era solo un sentimento di curiosità per la novità che lei di certo rappresentava. Magari sarebbe riuscito a diventarle amico sebbene sembrava restia nei suoi confronti. Avvicinandosi, vide che il suo viso era nascosto nell'ombra. Quando le stava vicino si sentiva strano e confuso, provava una sorta di soggezione nei suoi confronti, eppure questo sentimento era travalicato da un più forte senso di tranquillità e di pace. Vicino a lei era come se tutto si fermasse, come se il dolore non avesse consistenza e non potesse accadere nulla di male. Come se ogni cosa del mondo, disordinato e caotico che fosse, tornasse al suo posto, in perfetta armonia. Era qualcosa di profondo e sconvolgente, che non riusciva affatto a spiegarsi... Non poteva provare tutto questo per una sconosciuta, basta. Ringraziò a bassa voce Misha per averlo condotto da lei, e dopo la sentì rivolgersi a lui. La sua voce flautata, sebbene avesse una tonalità aspra in quel momento lo colse come un dolce canto. Iniziava a pensare che questo suo atteggiamento sempre sulla difensiva fosse un modo per difendersi e allontanare gli altri, perchè quando abbassava la guardia, nei suoi occhi scorgeva ben altro che desiderio di restare da soli, piuttosto leggeva solitudine, molta. Per questo si era permesso di chiedere dei suoi genitori, e aveva ottenuto una risposta sconcertante. Lei era totalmente sola, non aveva nessuno e abitava in un bosco mantenendosi con le sue forze. Chi era questa ragazza? Come poteva sentirsi così vicino a lei senza conoscerla nemmeno? Ma la capiva, sebbene per certi versi lasua situazione era peggiore, ma non desiderava approfondire la questione, per non farla soffrire più di quanto le doveva essere costato rivelargli di essere orfana, così come lui... Desiderava che uscisse allo scoperto per poterla guardare negli occhi. Voleva vedere cosa provava anche se poteva immaginarlo. Fu accontentato quando lei gli propose di guidarlo fuori dal bosco perchè presto si sarebbe messo a piovere. Come immaginava, dentro nascondeva una ragazza tremendamente gentile che si occupava degli altri e di ciò che poteva accadergli. Mentre usciva dall'ombra potè scorgere il suo viso, che era totalmente impassibile, se non per le labbra che avevano assunto una smorfia di tristezza nonostante lui tentasse di scherzare sulla sua tendenza a proteggere gli altri. Era lui l'uomo fra di loro no? Perchè allora si sentiva nettamente inferiore a lei? Non che gli uomini fossero più forti ma lo disorientava quella sensazione. Forse quella ragazza era più pericolosa di quanto sembrasse, ma no, non poteva essere. Allungò il passo per raggiungerla e scivolò beatamente su delle foglie bagnate, quando lei lo aiutò a riprendere l'equilibrio prima che cadesse. Era stava incredibilmente veloce, dal momento che distava qualche passo da lui, e doveva avere anche dei riflessi pronti per afferrarlo con così tanto tempismo, ma ciò che notò prima che staccasse rapidamente la presa da lui era la freddezza della sua pelle. Sembrava toccare una pietra, era quasi innaturale quella temperatura, ma in quel momento non gli dispiaceva tanto. Lui odiava il caldo, lo soffriva più di qualsiasi altra cosa, come quel fuoco ardente nel soggiorno di casa sua che scoppiettava allegramente beffandosi di lui e di quelle grida acute seguite dal solito rumore di piatti rotti... Quel freddo lo acquietava, gli ridava lucidità e lo portava fisicamente in quel luogo quando stava male. Per questo Forks era un buon paese in fondo per uno come lui, omettendo la pioggia onnipresente. Poi alzò lo sguardo sul suo volto e vide finalmente i suoi occhi, non più coperti dai capelli, intensi e di una bellezza ultraterrena. Sentiva dei piccoli brividi che gli attraversavano la schiena. Quegli occhi erano di un calore e talmente espressivi che nemmeno mille parole avrebbero potuto raccontarne la storia. E lui voleva conoscerla. E poi, lo sorprese come un tuono il suo nome, che le si adattava addosso come nessun altro avrebbe potuto, Bella. Isabella Swan. Adesso quello splendido volto aveva anche uno splendido nome, che sperava di poter pronunciare molte volte, assaporarlo sulla lingua la notte prima di addormentarsi. Ed è così che fece, quella sera, con un sorriso sulle labbra, e cullato dal dolce russare di Misha ai piedi del letto. Lo avevano stregato quegli occhi, che sarebbero stati solo per lui, perchè avrebbe mantenuto il segreto. Adesso non le sarebbe scappata via quella ragazza. Era deciso a conoscerla. E prima di scivolare fra le braccia di Morfeo, si ricordò che c'era un premio di una scommessa da riscuotere. Non vedeva l'ora. A noi due pensò.

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Capitolo 6
*** Scorcio sul passato di Bella e nuovi incontri ***


Buonasera a tutti. Ho voluto farvi una sorpresa pubblicando nella notte fra il martedì e il mercoledì così domani mattina vi trovate freschi un nuovo capitolo che spero gradiate. Mi sono resa conto che ci sono ancora molti punti oscuri e piano piano sto ampliando la storia senza, sper, renderla noiosa o banale. Come sempre spero commentiate e mi facciate sapere se vi piace. Questa volta è molto più lungo il capitolo, mi scuso per l'altra volta.

~Il giorno seguente all'incontro nel bosco, fu costretta all'interno delle mura di casa, a causa del sole. Se fosse uscita avrebbe potuto spaventare i passanti e i cittadini di Forks con la  innaturale brillantezza della sua pelle. Aveva cercato in tutti i modi di nasconderla, con dei vestiti, cappelli, più anticamente con veli e vesti fino alle caviglie ma niente da fare. Neanche con un burka sarebbe riuscita a nascondere la sua natura. Normalmente non le sarebbe pesato restare a casa in quei rari giorni di sole, ma le premeva in modo particolare essere a scuola quel giorno per assicurarsi che il ragazzo non raccontasse nulla di strano sul suo conto. Avrebbe voluto seguirlo nei suoi movimenti per constatarlo ma ciò poteva rivelarsi pericoloso, oltre che arduo se non prestava attenzione. Si maledisse mentalmente per essere caduta in una situazione del genere. Lei, inseguire un umano! Ne andava del suo orgoglio di vampira, non si sarebbe mossa di un millimetro da casa. Per distrarsi spolverò e fece i servizi di casa, che con la sua velocità vampirica riuscì a sbrigare in meno di mezz'ora, entrambi i piani. Ci teneva che il luogo in cui trascorreva la maggior parte del suo tempo, tranne quando usciva a caccia o per esercitare i suoi poteri, fosse pulito e ordinato. Lo faceva anche in memoria di Carmen, dato che quella casa era stata sua. Le si sarebbe spezzato il cuore se avesse visto in quale stato di abbandono si trovava dopo centinaia di anni dalla sua scomparsa. E lei si era messa d'impegno a rimetterla in sesto, nonostante non sapesse nulla di edilizia e non avesse mai nemmeno usato chiodo e martello. Con costanza, e grazie a libri comperati in un negozio di tutto per la casa fai da te, aveva sostituito il pavimento di legno ormai marcio con un bel parquè di un caldo marrone, aveva rinforzato i pilastri della casa che erano alquanto malmessi rischiando che le facesse crollare addosso da un momento all'altro il tetto, aveva comprato nuove vetrate perchè di quelle precedenti non erano rimasti che frammenti, ingialliti e crepati. Anche se nessuno l'avrebbe mai vista probabilmente, era fiera del risultato, ed ora era una casa perfettamente abitabile, compresa di cucina e di frigorifero che prevedeva a riempire una volta a settimana, nel caso avesse avuto visite, alquanto improbabile, ma una volta l'anno passava un amministratore del comune per compilare delle scartoffie legali. Era una casa piuttosto grande e isolata per una ragazza come lei, ma non le dispiaceva. Tutti i ricordi che le tornavano alla mente come flaskback alla vista o al tocco di ogni mobile, la facevano sentire a casa, nonostante sentiva ogni giorno di più crescere dentro di lei un dolore e una nostalgia al pensiero di averla persa, quell'unica famiglia che aveva. Decise che per distrarsi avrebbe preparato dei dolci. Anche se ovviamente lei non ne avrebbe potuto godere il sapore, ricordava che da piccola le piaceva molto prepararli con Carmen, ed era un gesto che la rilassava molto, perchè era qualcosa che era sicura di saper fare. In paese era rinomata una misteriosa ragazza che regalava dolci buonissimi nei negozi o anche solo alle persone che li avesse voluti assaggiare. Le donava un senso di pace regalare qualcosa a qualcuno, se non fosse che doveva mantenere un profilo basso si sarebbe dedicata volentieri al volontariato. Già la sua missione-dolci, era una piacevole eccezione che si concedeva, non senza badare al che nessuno la vedesse bene e scoprisse chi era. Meno faceva parte della vita delle persone, e più probabilità aveva di rimanere più a lungo in un posto. Lei era lì per osservare gli umani, non essere come una di loro. Finito di sfornare cinque o sei torte, tutte di gusti e consistenze diverse per ogni tipo di preferenza individuale, abbassò lo sguardo su se stessa rendendosi conto di essersi ricoperta di farina. Col cibo era sempre stata una pasticciona, e preferiva il bianco piuttosto che il rosso del sangue. Infatti lei era considerata molto schizzinosa quando andava a caccia con il "suo branco", non voleva sporcarsi in nessun modo, e qualsiasi goccia di sangue la dovesse sporcare significava un nuovo cambio di abiti. Già odiava cosa era obbligata a fare, se poi a testimoniarlo e ricordarglielo ripetutamente doveva essere il calore di quella sostanza densa addosso, sentirne l'odore e provare ancora sete a causa sua, vedere come quel colore si seccava e si scuriva, morendo come aveva fatto ogni altra cosa di lei, non lo sopportava, la rendeva agitata, e ciò non se lo poteva permettere considerando il suo addestramento e i vampiri di cui era circondata. Dopo l'incidente non era più stata la stessa cosa, se ne rendeva conto con passare degli anni. Le aveva cambiato irreversibilmente la vita e lei sarebbe morta come la maggior parte della persone che aveva conosciuto da "quasi umana". Sarebbe stata molto diversa da come era adesso. Faticava ad accettare ciò che aveva fatto, per non sentire l'odio per se stessa e i sensi di colpa come aveva già fatto per tanto tempo, e vivere un'eternità o secoli con questo tormento ti uccide, in un modo che non fa che peggiorare le cose. Lei doveva essere quanto mai in comunione con se stessa, concentrata e consapevole, altrimenti non si sarebbe più potuta controllare, e per loro vampiri l'autocontrollo era tutto, la fonte del potere. Aveva accumulato molti poteri nel corso del tempo del quali stentava ad usarli per timore che gli sfuggissero di mano. Non aveva mai completato il suo addestramento, per via delle continue missioni e della sua ritrosia nei confronti del luogo in cui la tenevano e di dover lavorare in squadra con persone di cui non si fidava per niente, che l'avrebbero volentieri sacrificata in caso di pericolo per salvarsi la pelle e scappare e non avevano sensi di colpa o remore. Loro si che non avevano alcuno scrupolo di coscienza. Se fossero stati umani avrebero dormito sogni tranquilli più dei bambini, infantilmente soddisfatti dopo essere stati saziati a dovere. Non comprendevano i suoi scrupoli e la sua generosità ad aiutare i più deboli e in difficoltà; in missione non lasciava mai nessuno indietro e si premurava che nelle loro ricerche gli esseri umani non fossero coinvolti più del necessario, soccorrendoli di nascosto quando loro passavano a setacciare un'altra zona. E per certi versi la prendevano in giro, soprattutto lui, Demetri.

FLASHBACK

- Cosa c'è Bella?- disse il vampiro con un sorriso crudele sul volto e trattenendola per un braccio prima che gli passasse al fianco ignorandolo bellamente.

Trattenendo il moto di fastidio e di timore al solo sentire la sua voce Isabella rispose:

-Assolutamente nulla, Demetri- guardandolo vde che le pupille gli si erano allargate e aveva storto la bocca in un ghigno; era tendente ad arrabbiarsi spesso, soprattutto per lei che nonostante le sue stranezze era benvoluta all'interno della confraternita, mentre lui si era guadagnato il loro rispetto a forza di urla e di pugni. Non c'era nulla più temuta della sua "stretta del cobra" o del suo pugno, l'uno ti distruggeva psicologimante, l'altro fisicamente. Si chiese cosa avesse fatto adesso per averlo fatta arrabbiare.
Digrignando i denti le disse:

-Mi devi chiamare Capo durante le missioni, lo sai bene che le nostre identità sono segrete e voglio rispetto dai miei sottoposti, te inclusa, non credere che solo perchè Aro abbia dei grandi progetti su di te e abbia quella luna del cavolo sulla fronte, tu sia più potenteo più libera degli altri. Sei aguale a tutti gli altri quie a proposito, dovevi venire da me ieri sera e non l'hai fatto, è accaduto qualcosaper caso che te l'ha impedito?-

Adesso era seriamente arrabbiata. La sera prima per evitare che fosse punita pubblicamente per aver aiutato un umano durante una ricerca rischiando anche di farli scoprire, lui le aveva proposto di dimenticare la faccenda se lei fosse andata da lui, ma lei avrebbe preferito la punizione al confronto. Era disgustoso, ignobile, crudele, tiranno e senza scrupoli, di certo non si preoccupava se le persone che lo circondavano stessero bene, e quindi neanche una sua eventuale compagna. Voleva solo il corpo di lei, ma non glielo avrebbe mai dato anche perchè era ancora vergine e non avrebbe di certo perso una cosa di tale valore con lui. L'unica cosa che non fosse stata violata di lei, conservata e intatta. Dio come le prudevano le mani, se solo non avesse saputo che affrontarlo sarebbe stato un perfetto suicidio e che aveva dalla sua il potere, l'avrebbe picchiato con tutta la forza e la rabbia che avesse, anche perchè gli altri compagni con il loro udito sicuramente stavano seguendo attentamente la conversazione, e l'umiliava che loro sapessero questo.

Respirando affondo rispose con calma ma durezza:

- No, alcun impedimento. Sono responsabile della mia vita e devo prendermi il merito delle mie azioni, giuste o sbagliate che siano. Accetto la punizione, purchè sia Aro a deciderla, e ad ogni modo non verrei mai a letto con te, sia chiaro, per quanti trabocchetti e problemi mi creerai. Abbandona le tue fantasie. Tutti questi sono solo pretesti pechè sai bene che la ricerca è terminata e sei stato tu il primo a chiamarmi per nome.- mentre diceva ciò sentiva la paura crescerle dentro come si butta benzina sul fuoco, ma era decisa a non dimostrarla davanti a nessuno, tantomeno lui.

La risposta esplose come la sua rabbia: - Ah si? Ti farò rimpiangere di queste parole, e nessuno ti verà ad aiutare, brutta sgualdrinella c...- si blocco all'improvviso mentre stava per lanciarle uno dei suoi fantomatici pugni.

La visuale di Bella che stava per prepararsi a combattere fu occupata da due spalle piuttosto massicce e un fisico atletico che si era posto fra lei e il suo aggressore. Il nuovo arrivato, sfoggiando tutta la sua ironia che lo caratterizzava, assieme ai suoi capelli castani e quegli strani occhi azzurri, rari per un vampiro, che anche se lei alle sue spalle non poteva vedere aveva capito chi era e sapeva che in quel momento stavano ridendo disse:

-Su, Demetri, fai il bravo ragazzo. Lo sai che Bella ha ragione, il Regolamento lo prescrive, e poi, anche le amazzoni, le più libere e avventuriere senza scrupoli fra le donne, si rifiuterebbero di venire al letto con te. Fattene una ragione.- Per un attimo aleggiò nel corridoio un senso di oppressione e tensione, spezzato dalla forte risata di Demetri che abbandonò ogni ostilità e intento bellico per rispondere all'amico.

- Simpatico Ian. Che fine avevi fatto? Brutto infame!- Ebbene. Ian era l'unico amico che avesse Demetri. Non si erano mai picchiati e qualsiasi cosa gli avesse detto o fatto il vampiro, non l'avrebbe toccato con un dito.

Osservandolo e dimenticatosi totalmente ormai di Bella, sorrise e gli disse:

-Resterei a farmi raccontare dell'apocalisse che hai sicuramente creato, ma devo andare ai piani alti a fare rapporto, ci vediamo dopo, checca- Si rivolgeva a lui con quel nomignolo perchè sapeva che lo faceva irritare parecchio.

Ignorandolo, quando se ne fu andato si voltò verso di lei e guardandola severamente le chiese:

-Non sei stanca di rischiare il suicidio ogni volta che ti scontri con lui? Ti piace il brio? Se è questo che vuoi basta che chiedi ma credevo che ti fosse ben chiaro di dover stare alla larga da lui. E' pericoloso e non posso sempre guardarti le spalle. Sa che se non ci sono io sei più vulnerabile. - Anche se la stava rimproverando, le venne da sorridere perchè si preoccupava per lei. Ian era l'unico che sapesse chi era e tutta la vertà sul suo conto. Si era preso cura di lei senza farsi vedere dagli altri dal primo giorno che era lì. Lui era diverso da tutto il resto, come lo era lei. Si erano riconosciuti come affini da subito. Non sapeva se era stato lui a scegliere lei o lei a prendere lui. Ma erano due amici inseparabili. Sapeva che il suo legame con Demetri nasceva dalla rivalità e lui fingeva di essergli amico per tenerlo buono, era l'unico quando perdeva le staffe che riuscisse a farlo calmare con una sola parola.

Perciò la sorellanza tollerava anche le sue di stranezze; neanche loro riuscivano a gestire un Demetri arrabbiato. Trattenendo il sorriso gli rispose:

- Hai sentito cosa voleva quella faccia tosta? e' disgustoso, non potevo non rispondergli per le rime, e poi non sono io che mi scontro con lui, è lui che vuole scontrarsi con me, in più di un senso. Ti ringrazio di avermi aiutata ma non c'è bisogno che mi guardi le spalle, so badare a me stessa e nel caso il tornado Demetri si scatenasse, chiamerei Aro. Qualcuno deve dargli una lezione. Piuttosto, parliamo di cose serie, non si saluta la gente? E da quando sei tornato dalla missione? Mi avevano detto che eri in servizio fino alla settimana prossima. Anche io sono felice di vederti eh. -.

Il vampiro la prese delicatamente per un braccio e la portò di corsa nella sua stanza, a riparo da occhi e orecchie indiscrete e lì l'abbracciò quasi fino a farla soffocare e facendola alzare di un bel pò di centimetri dal suolo.

Quando l'ebbe posata a terra per le proteste di lei le disse:

-Se non ti dovesse essere bastato questo come risposta, sappi che sono molto contento di vederti. Siamo tornati prima in effetti dalla missione perchè è successo qualcosa che neanche noi riusciamo a spiegarci. Qualcosa di molto anomalo che più tardi ti spiegherò. Comunque è inutile che sprechi fiato, di cui non hai bisogno, per dire certe assurdità. E' mio dovere proteggerti e lo farò sempre. Ti seguirò ovunque. E sarò la tua ombra. - e le baciò una guancia.

Sorridendo lo provocò dicendo :

- Anche se io me ne volessi andare da qui? Potrei scapparmene sai?-  lui si passò una mano fra i capelli, incerto su quanto stesse scherzando, rispose:

- Ma dove vorresti andare senza di me? Certo che ti seguirei, ma il mondo oltre questa confraternita è pericoloso per due vampiri soli e per più di un motivo. Sai bene però che per te farei tutto Bella. -

E invece lei era scappata senza di lui perchè non poteva metterlo in pericolo per qualcosa che lei doveva tentare, non sapendo nemmeno se sarebbe riuscita in ciò che si proponeva... Però le mancava. Era l'unico elemento di quella vita di cui sentiva l'assenza. Il resto l'avrebbe dimenticato volentieri.

FINE FLASHBACK


Andò a farsi una doccia per scrollarsi la farina e quei ricordi di dosso. Fosse altrettanto facile farlo... In quello stesso bagno doveva aveva giocato tante volte con Carmen perchè era vietato per Jasper entrarci quando c'erano loro due, essendo un uomo. Adesso avrebbe solo dovuto aspettare che il sole si abbassasse per poter uscire e donare le sue torte, ma nel frattempo cos'avrebbe dovuto fare? Con i capelli ancora umidi si sedette per "meditare". Immaginò il suo spirito come se fosse una porta da raggiungere e da aprire. I suoi poteri li aveva scoperti col tempo, un pò per caso e un pò per l'addestramento. Purtroppo quando l'aveva fatto da sola, ce n'erano andati di mezzo degli innocenti che non era riuscita a salvare perchè era priva dell'autocontrollo necessario a fermarsi. Ecco perchè ci teneva, più degl altri forse, non perchè fosse importante per la sua razza. Uno dei suoi poteri, oltre a quello di mascherare la sua natura agli animali, era leggere nel pensiero, non sempre e non tutti ma solo se lo avesse voluto, non intimamente. Era stato grazie a questo potere se aveva scoperto i piani di Aro per lei, e prima che fosse troppo tardi, era riuscita a scappare. Nella quiete di quella casa chiuse gli occhi ed aprì la mente e le orecchie al mondo, sentendo quasi immediatamente dei rumori nel bosco, in lontananza. Sembrava un branco di lupi che si muovevano come se fossero uno solo, ma il rumore che producevano era più sonoro e veloce. Si insospettì, nelle sue perlustrazioni aveva conosciuto la maggior parte degli animali di quell'ecosistema ma questi no. Incuriosita si avvolse nel suo scudo e uscì con cautela di casa, badando a stare nell'ombra nel caso fosse giunto un essere umano da quelle parti e seguì con discrezione il branco finchè non arrivarono oltre il bosco, in una riserva denominata La push. Forse si era avvicinata troppo, perchè uno di loro, mal mantello marrone rossiccio si fermò lasciando che il branco proseguisse. Si girò nella sua direzione e ringhiò. Aveva lo scudo attivo eppure sembrava che avesse sentito la sua presenza e la stesse minacciando. Che strano. Che i lupi ne fossero immuni? Ma loro non sembravano comuni lupi. Erano molto più grandi e agili, e sembravano agire con un loro quod, non in balia dell'istinto. Scese dall'albero a cui era appollaiata per osservarli e gli comunicò che non aveva alcuna intenzione di fargli del male. Spesso si rivelava utile il dono di parlare con gli animali. Ma questo lupo anzichè rispondere in alcun modo si raddrizzò e poco dopo una luce abbagliante splendette tutti intorno a loro formando cerchi concentrici finchè non si intravvide la sagoma di un uomo al posto del lupo. Cos... Un mutaforma? Non poteva essere. Ne aveva letto solo nei libri... Certo anche lei apparteneva alla schiera delle creature mitologiche perciò non poteva di certo  essere così incredula o discriminare sull'esistenza di altre specie; se esisteva lei perchè non potevano sistere anche loro? Ma dopotutto era lo stesso sconvolgente come idea. L'uomo si rivelò essere un ragazzo, forse di un paio di anni più piccolo dell'età che lei avrebbe dovuto avere da umana, capelli neri, carnagione scura, occhi neri, muscoli molto sviluppati per la sua età.
Senza esitazione le disse:

- So cosa sei e non dovresti oltrepassare la soglia di questa riserva se non vuoi che ti attacchi. La mia specie è nata per eliminare quelli di voi, quindi come vedi istintivamente sarei costretto a trasformarti e ucciderti, e sono un ragazzo piuttosto pacifico. Per cui non mi va di farlo. Ti osservo da tempo e so che ti nutri solo di animali. Finchè non bevi anche del sangue umano per me non sei una minaccia anche se il mio branco non è dello stesso parere nei tuoi confronti. -

Non aveva alcuna intenzione di provocare una guerra con quei mutaforma. Ne aveva già abbastanza di grane a cui badare.

- Chiedo scusa per aver quasi inveso il vostro territorio e per l'avvertimento. Fino a poco fa non credevo nemmeno che voi esistesse, e che questo fosse il vostro territorio. Sono venuta da poco e davvero i miei intenti non sono affatto ostili o bellici nei vostri confronti. Anche se mi odiate, da parte mia non è lo stesso e vi lascerò in pace se voi farete altrettanto. Non ho intenzione di scatenare una guerra. Me ne vado. - Stava voltandosi quando lui la fermò richiamandola con un Ehi.

Quando tornò indietro le disse:

- Non voglio essere rude ma devo. Non ho mai odiato voi vampiri. Mi chiamo Seth e se ti serve qualcosa puoi rivolgerti a me, senza spargimenti di sangue o altro... Ti sembrerà strano ma mi hai sempre incuriosito. Bene, ora devo andare prima che i miei fratelli si accorgano della mia assenza. Se ti vedessero non sarebbero altrettanto gentili come me. Ti consiglio di spostarti.-

La faceva quasi sorridere. Quel ragazzo era una contraddizione della natura, ma ammirava che sapesse controllare l'odio naturale fino al punto da essere quasi amichevole. Lo ringraziò e si voltò nuovamente verso il bosco sospirando. Sembrava che quella cittadina avesse molte sorprese e che fosse meno tranquilla di quanto in realtà appariva.

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Capitolo 7
*** Incontro con Seth/ POV IAN ***


Salve a tutti, eccomi con il settimo capitolo, che risponderà ad alcune domande che mi avete fatto, ma non ancora a tutte, per avere il quadro completo ci vorranno ancora alcuni capitoli. Fatemi sapere cosa ne pensate. Un bacio a tutti. Vorrei ringraziare immensamente le persone che mi hanno sostenuto durante la pubblicazione di questi ultimi capitoli, in particola modo:

- miky9160 per le chiacchierate e per le recensioni entusiaste e positive. Spero che anche questo capitolo ti stupisca. T ringrazio molto, spero sempre di migliorare con il mio stile di penna :)

- martyd

- jenny80_big
E tutti coloro che mi leggono e seguono anche senza commentare. Buona lettura.

~POV BELLA

Ancora sconcertata dalla scoperta che aveva fatto poco prima, era tornata nel bosco per cacciare. Troppi pensieri stavano iniziando ad opprimerle il cervello e doveva perdere in qualche modo coscienza, lasciare che i suoi istinti prevalessero sulla sua mente combattuta. Il fatto stesso che fossero presenti dei licantropi a Forks era indice che qualcosa in quel paese era cambiato, e che probabilmente la cosa non era sfuggita alla confraternita che teneva d'occhio la situazione, e quindi... Lei. Ma se così fosse non sarebbero già venuti a prenderla per punirla, ucciderla o imprigionarla? Dubitava che pur conoscendo la sua posizione sarebbero rimasti ad osservare lo scorrere degli eventi. Era più probabile che stessero preparando un qualche piano "diabolico", che nonostante la sua profonda conoscenza delle loro tattiche e modo di agire, erano secoli dopotutto che stava con loro, lei non sarebbe mai riuscita a prevedere. Odiava essere in svataggio rispetto al suo rivale. Aspettare era una delle cose che si imparava vivendo per un'eternità, ma quando si trattava di strategia, la snervava cercare di prevedere le mille mosse che poteva fare il tuo nemico senza poter contrattaccare, restare immobili mentre sicuramente danneggiava qualcosa per provocarti. Ci aveva fatto l'abitudine però. Purtroppo col tempo ci si abituava odiosamente a tutto. Si ricordava sempre una frase nei momenti peggiori o nelle sue riflessioni, quasi ironica:

- L'unica cosa davvero insopportabile, è che tutto è sopportabile.-

Si rendeva conto che era seriamente così. La fine di tutto era solo la morte, che per quelli come lei arrivava tardi. Lei non conosceva la pace dei sogni, il classico "staccare la spina"  e l'unica cosa che aiutava oltre la meditazione, che però le peggiorava l'umore perchè non faceva che ricordarle le cose orribili che aveva fatto, era la caccia. E proprio in quel momento stava estendendo il raggio del suo olfatto, dall'alto di un albero, per poter sentire qualche animale che si avvicinasse ai suoi gusti. Ogni vampiro amava un tipo di persona da bere, chi per determinate caratteristiche fisiche che ricercavano espressamente, dopotutto il mondo era incredibilmente vario e non mancava mai la scelta per dei giovani affascinanti e attraenti anche se un pò spaventosi ragazzi. Anche lei come loro aveva il suo gusto in fatto di animali. Per principio non beveva mai da cuccioli o dalle loro madri, oppure da femmine in fin di vita, gravide. Perciò la scelta si riduceva ai maschi forti, possibilmente non troppo irascibili. Non voleva far loro del male dal momento che era consapevole già di star privando loro della vita. Potevano anche prenderla in giro come volevano ma lei rispettava gli animali, anche più degli umani, come se fossero come lei, perchè all'infuori della legge del più forte, avevano un codice e un ciclo, che non potevano essere spezzati. Dimostravano di essere migliori loro degli umani che erano dotati di ragione, in teoria , perchè spesso non la usavano. E i vampiri cos'erano se non una combinazione del meglio dei due? Della ragione e applicazione dell'uomo, e dell'istinto e forza dell'animale. Da dove nascevano non lo sapeva, nè se erano in qualche modo maledetti o avevano una qualche origine demoniaca o malvagia ma non riusciva neanche a pensarci. Non per se stessa. Non era colpa sua se era nata così, mezza vampira, per poi diventarlo del tutto. Come per le persone, non importava da chi si nascesse, ma ciò che si diventava col tempo e con le azioni, ciò che si decideva di essere. Quello faceva la differenza. Lei avrebbe fatto la differenza per se stessa. Anche se in quel momento non andava fiera di ciò che aveva fatto in passato, ma si era libellata al destino che la teneva rinchiusa e adesso avrebbe combattuto per avere la sua libertà, o sarebbe morta cercandola. Forse avrebbero inviato lo stesso Ian a braccarla. Si era ritrovata più volte a chiedersi come avrebbe agito in una tale eventualità, ma ancora non sapeva darsi una risposta. Desiderava combattere tanto quanto non fargli del male, mai gli avrebbe torto anche un solo capello, era impensabile anche solo immaginare il contrario; ma se le circostanze lo richiedessero? Non voleva arrendersi. Ian era il punto debole che la confraternita avrebbe sicuramente sfruttato per sconfiggerla o costringerla ad arrendersi. In quel momento sentì la scia dolceamara di un cervo, sebbene fosse passata da un pezzo la stagione degli amori era alla ricerca di una compagna. Già le dispiaceva per quello che gli avrebbe dovuto fare, anche lui cercava l'amore per non essere solo, mentre lei vi ci era costretta. Su dai Bella non rammollirti, altrimenti se ti fai venire i sensi di colpa anche per un giovane cervo non ti nutrirai più e a quel punto l'intera città potrebbe essere a rischio oltre che la tua sanità mentale. Il sangue era peggio della troppa ricchezza; cambiava le persone, e la mancanza di esso era pazzia pura. Un dolore simile non lo avrebbe augurato nemmeno al suo peggior nemico. La prima settimana che l'avevano trovata l'avevano lasciata senza nutrimento per piegare la sua volontà, e ci erano riusciti eccome. Si sentiva una codarda ad aver accettato di unirsi a loro piuttosto che proseguire quel digiuno fino alla morte, ma l'egoismo o l' istinto di sopravvivenza avevano avuto la meglio su di lei. Ed era ciò che volevano. Alzò lo scudo per non spaventare l'animale e saltando con tutta la grazia che possedeva, in silenzio cadde alle sue spalle. Il povero malcapitato non fece in tempo ad accorgersi della sua presenza dietro di sè, che lei lo aveva afferrato per il collo e tenendo lontana la sua testa con le piccole corna ancora in crescita, lo penetrò velocemente ma il più delicatamente possibile con i canini, succhiando la dolce linfa vitale. Il senso di colpa, i pensieri, tutto, svanito dalla sua mente. Era l'unico modo che aveva per "rigenerarsi", anche nello spirito. Un po come dormire o prendersi una breve vacanza. Non poteva esimersi dal farlo, anche perchè aveva ancora nelle radici l'odore buonissimo di quel ragazzo, Edward. Dal suo carattere sicuramente il suo sapore sarebbe stato altrettanto sorprendente, speziato... No! Non poteva pensare al suo sangue o non sarebbe resistita. Lei non voleva fare del male a nessuno, primo fra tutti Edward, anche se provava delle sensazioni contrastanti in sua presenza. Quel ragazzo la faceva infuriare e stizzire con le sue continue battutine e quella lingua sempre pronta. Gli avrebbe mostrato volentieri di cosa era in grado di fare davvero. Ma non poteva. E poi sentiva un'altro tipo di desiderio, non era sete del suo sangue, era fame di qualcos'altro... Non capiva cosa voleva fare realmente in sua presenza. In fondo una parte di sè, anche se non l'avrebbe ammesso mai a nessuno, ne era incuriosita e affascinata, mentre un'altra parte voleva semplicemente che se ne andasse da dove era venuto. Non poteva sconvolgerla così. Un umano! Aveva la sua missione. In quel momento si staccò dall'animale che aveva smesso di muoversi da un pezzo. Lo ringraziò silenziosamente del dono che le aveva conferito anche se era stato obbligato a farlo dalla sua forza.. Aiutandosi con le mani, facilmente in qualche minuto aveva scavato una fossa abbastanza profonda e larga perchè dormisse indisturbato. Se gli esseri umani avessero trovato cadaveri di animali uccisi in modo strano avrebbero iniziato a fare ricerche, porsi domande, e la questione avrebbe attirato troppa attenzione, oltre che essere pericoloso per loro e deleterio per lei perchè non sarebbe più stata libera di cacciare senza il timore di avvertire la scia di qualche umano e ucciderlo in preda all'istinto. Inoltre quell'esemplare se non fosse stato a causa sua non sarebbe ancora morto e il pensiero che altri animali se ne nutrino, o di insetti, vermi ecc, le faceva ribrezzo. Certo sarebbe avvenuto anche sottoterra ma sarebbe stato un processo più graduale e meno bestiale, almeno così le sembrava. Probabilmente assieme all'animale sotterrava anche la sua vergogna. Ma lei era questo. Nulla di più e nulla di meno. Se sapessero chi fosse avrebbe avuto alle calcagna tutti gli animalisti accaniti del pianeta, pensò con un sorriso. La prima cosa che fece fu controllare che non ci fossero macchie o schizzi di sangue, e con un sospiro di sollievo notò che non era così. Per quel giorno ne aveva abbastanza di uccidere, disattivando lo scudo tornò nella casa. Finalmente era sera ed era tempo di andare a regalare le sue torte, anche perchè fra meno di una settimana era natale e sembrava che gli umani fossero molto legati a questa festa. Il calore che si percepiva per le strade era unico, le luci, i suoni, gli odori, il freddo e la neve. La combinazione perfetta per far star bene anche chi come lei era da sola. In quei momenti sentiva la bellezza del mondo, come esso brillasse e ruotasse facendo proseguire la vita. Chi lavorava, chi restava a casa, chi mangiava da solo, chi in famiglia, chi usciva con gli amici, chi litigava e piangeva. Il mondo assorbiva ogni cosa, per questo trasmetteva più emozioni a chi lo osservava. Comunicava come nessun'altro faceva. Amava camminare in quei momenti, in mezzo le persone, si sentiva quasi normale. Da piccola adorava la cioccolata calda, ma adesso non poteva ingerire granchè, oltre il sangue. Il cibo la disgustava e le bevande erano insapori... Le mancava quella sensazione di dolce calore sulla lingua e in gola. Non proveniva da nessuna vita agonizzante e non era stato preso illecitamente. Tornata a casa, si pulì con un panno dalla polvere e poi confezionate le torte uscì nuovamente. La sera quella casa sembrava più vuota che mai, senza i rumori o voci di persone che vi ci abitavano, poteva sembrare anche tetra a chi non fosse abituato alle tenebre come lo era lei. Rimaneva per ore a volte a guardare sdraiata sul divano dalla grande vetrata, che aveva riparato lei stessa, quel bosco che pullulava di creature della notte a caccia, e di vittime rinchiuse nelle loro tane, quegli alberi che oscillavano malinconicamente. Sentiva quasi il vento sfiorarle il viso, e poi andava sotto il grande albero dietro casa e restava lì fino al mattino, rimuginando e ricordando. Fissando le stelle e la natura interagire e brillare. Dopo qualche metro sentì un rumore che sebbene ancora non riconoscesse le sembrava di aver già sentito. Poi riconobbe l'odore di un licantropo. Ancora loro? Stava iniziando a pensare che anche lei avrebbe dovuto delineare un suo territorio e farglielo presente in modo da non scontrarsi inutilmente e provocare i reciproci istinti omicidi. Non aveva mai testato la forza di uno di loro, ma per avere il potere di cacciare i vampiri dovevano essere molto pericolosi. Forse un paio li avrebbe potuti tenere a bada, ma da quanto aveva potuto notare il loro branco pareva numeroso e ben assortito. Se avessero deciso di attaccarla, sebbene non costituisse una minaccia per loro in quel momento, non avrebbe avuto scampo, quindi decise che chiunque sia stato quel membro licantropo che le si faceva vicino avrebbe provato a contrattare. Appena lo scorse uscire da dietro gli alberi si rilassò un pò di più dal momento che riconobbe nel lupo dal manto rossiccio, il ragazzo che le si era presentato come Seth. Non era stato ostile con lei anzi l'aveva trattata gentilmente. Se non fosse che era un licantropo lo trovava quasi simpatico, ma sapeva chi fosse e anche lui perciò se si sarebbero limitati a tollerarla in quella città era già da considerarsi un passo in più. Abbandonò la posizione di difesa e attese di scoprire cos'avrebbe fatto il lupo. Con sua sorpresa, un immenso cerchio di luce circondò l'animale, che prese sempre più sembianze del ragazzo che aveva visto. Con un sospiro di sollievo, si tranquillizzò. Non aveva intenti bellici, magari era giunto a riferirle qualche messaggio da parte del branco.

Fece la prima mossa, assecondando la sua educazione alle buone maniere e disse:

- Buonasera, Seth. Cosa ti porta qui? Mi auguro che non ci siano problemi. A questo proposito vorrei parlare pacificamente col tuo branco di una questione "burocratica"-

Il ragazzo, inizialmente serio e posato, incrociò le gambe e si portò una mano fra i capelli con un sorriso imbarazzato:

- In realtà nessun problema, mentre stavo facendo il mio turno di ronda ho sentito un delizioso profumo di dolci, e in mezzo al bosco può sembrare immensamente strano, così ho seguito l'odore e mi sono trovato qui. La cosa ancor più strana è vedere una vampira portare dei dolci.-

In quel momento potè sentire distintamente, tanto che anche se fosse stata umana probabilmente ci sarebbe riuscita, il brontolio del suo stomaco e non riuscì a trattenersi dal ridere. Lo stomaco non tradisce mai. Ancora ridendo rispose:

- Beh a giudicare dal borbottio che ho appena udito devi aver fame! Si lo so che è alquanto strano ma periodicamente mi esercito a fare dei dolci e torte, ma dato che per ovvie ragioni non posso goderne, li regalo in giro per la città- e mentre il ragazzo mormorava un "accidenti" fra sè per essere stato scoperto in una sua debolezza, gli propose:

- Dato che non saprei comunque cosa farne altrimenti, ti andrebbe di assaggiare una torta? So che per gli umani non è molto nutriente ma in questo momento con me non ho altro. Ti assicuro che non è affatto avvelenata e puoi constatarlo tu stesso dal tuo olfatto, ed è perfettamente commestibile. Le ho fatte di gusti diversi. -

Seth rimase immobile a fissarla per lungo tempo, ma si vedeva che faceva fatica a non sorridere a sua volta. Alla fine si avvicinò con prudenza e le disse:

- Sono giovane ma non sono ingenuo. Se è un modo per ingannarmi sappi che non abbasso mai la guardia e in qualsiasi momento sono pronto a combattere e saprei sconfiggerti. Il mio gusto preferito è il cioccolato comunque-

 Con la stessa cautela che aveva mostrato lui, Bella aprì la borsa e ne estrasse la torta che aveva richiesto, dicendogli :

- Non dubito in alcun modo della tua preparazione e intelligenza ma sappi che qui non sei il solo ad essere stato addestrato. Perciò il discorso vale anche per te. E comunque non hai risposto alla mia domanda, mi permetteresti di parlare con il tuo Alfa? Da sola potrei fare ben poco e inoltre ci sareste voi ad evitare ogni mio attacco. Perciò sarebbe perfettamente sicuro incontrarmi, per lui, no?-

Il ragazzo prese la torta senza perdere di vista il suo sguardo e ringraziandola educatamente con un sorriso, le rispose:

- In quanto rappresento un sottoposto, e anche l'ultimo arrivato, non ho alcun potere decisionale, perciò per risponderti devo parlarne con Sam, è lui l'Alfa.-

 Mentre ne parlava gli si era accesa una luce negli occhi e notò che mangiava come uno degno della sua razza, un lupo! Nel giro di pochi minuti era già riuscito a sporcarsi attorno alle labbra di panna, addirittura il naso. Allora non riuscì più a trattenersi e scoppiò in una sonora risata, tenendosi fintamente la pancia. Era troppo buffo, soprattutto con la sua espressione appagata ed inconsapevole. Lui sbuffava stizzito mentre cercava di pulirsi alla meglio con i tovaglioli della busta. Non accorgendosene, le si era avvicinato e lei vedendo un pò di panna che non era ruscito a raggiungere sulla guancia, lo pulì velocemente con un fazzoletto notando il calore elevato che emanava la sua pelle anche attraverso la carta, per poi allontanarsi a velocità vampirica. Impacciata disse:

- Scusami, non volevo avvicinarmi tanto. Comunque vorresti parlarne a Sam, per favore? Può decidere lui liberamente orario e luogo dell'incontro se decide di incontrarmi. -

Quel ragazzo aveva un'aria davvero giovane, poteva avere dai quattordici- sedici anni, e si notava come il radicale cambiamento che era stato costretto a subire lo aveva molto segnato. La sua serenità quasi fanciullesca si interrompeva a tratti, sostituita da un'espressione seria ed assorta, che stonava con il suo viso. Chissà cosa lo aveva portato al cambiamento. Forse si era trovato ad affrontare una cosa che non conosceva e non desiderava, proprio come lei secoli prima, e che rifiutava. Lui chi aveva avuto vicino? Forse avevano più cose in comune di quanto lei avesse creduto. Chi poteva dirlo? Eppure appartenevano a due specie completamente diverse, nate per cacciarsi. Ma loro due erano un'eccezione. Desiderava scoprire qualcosa in più su di lui. Le suggeriva un sentimento di protezione nei suoi confronti che non immaginava potesse provare e le ricordava un pò Ian. Ci voleva coraggio ad avvicinarti al tuo nemico, senza odiarlo, e affrontarlo senza paura, superando i pregiudizi di razza. Si sedette ai piedi di un albero non troppo distante osservandolo mentre mangiava con voracità. Praticamente si era ingurgitato una torta intera. Fortuna che  i lupi facevano molto movimento e consumavano calorie, altrimenti si sarebbe ritrovato una pancia che da lupo avrebbe toccato terra, e glielo disse.
Lui, fintamente offeso, ma ridendo sotto i baffi rispose: - Noi conserviamo una linea invidiabile e poi a causa dell'immenso dispendio di energia che facciamo giornalmente, mangiamo spesso e molto. Farò finta di non aver sentito la tua battuta sull'obesità. Inoltrerò la tua richiesta al branco ma posso chiederti pechè vorresti fare una cosa del genere? Tu sei una, mentre noi siamo ben in sette, e potremmo farti del male facilmente. E in tutto questo non conosco nemmeno il tuo nome. Non ti piacerebbe conoscere i soprannomi che i miei fratelli vi hanno affibiato per quelli della tua razza. -.

Alzandosi da terra gli spiegò: - Un incontro come quello di oggi, con uno diverso di te, in una situazione diversa, come a caccia, sarebbe pericoloso per una delle due parti, e vorrei convivere in pace con voi per il tempo che resterò qui, perciò delineare dei confini e spiegarmi i vostri credo che sia la soluzione più conveniente, oltre al fatto che potrei aiutarvi. Immagino che voi vi date il cambio per controllare tutto il territorio. Io non necessito di riposo, e potrei coprire per voi i buchi cechi che restano. Spero che la torta ti sia piaciuta. Mi chiamo Bella, comunque.-

Il ragazzo si aprì in un grande sorriso, per la prima volta privo di diffidenza o turbamento e tendendole la mano le disse: - Bene allora abbiamo un accordo. Garantirò io per te al branco, se vuoi ti ci posso portare anche adesso, a patto che però tu porti quelle torte deliziose ai miei fratelli. Vedrai che si addolciranno in men che non si dica. Gli uomini vanno presi per la gola. Seguimi. Scusami, mi ero dimenticato che la vostra pelle era così fredda. In combattimento evitiamo il meno possibile il contatto tranne quando sferriamo un attacco, e comunque non ci penso mai. Anche la mia di pelle ti deve fare uno strano effetto. E' più calda di qualsiasi essere umano. Anche il vostro odore è alquanto sgradevole, ma immagno che sia colpa della nostra natura...- E continuò a parlare senza sosta per tutto il tragitto mentre lei lo seguiva a poca distanza. 

Quando le loro mani si erano strette lui si era istintivamente tirato indietro per la sua freddezza, ma si era premurato lo stesso di spiegarle il motivo e scusarsi. Praticamente si era fatto comprare da una torta, se fosse stata un'altra ragazza avrebbe potuto approfittarsene di questa cosa, ma non era della sua natura ingannare le persone e qualcosa le diceva che aveva mlto bisogno di qualcuno con cui parlare e scherzare, dato il suo ciarlare infinito, ma piacevole. Che strano ragazzo.

POV IAN

Erano trascorse già due settimane da quando lei se n'era andata, lasciandolo solo in quel luogo. Lei era l'unica cosa che aveva in quella vita. I suoi parenti lo avevano abbandonato e lui in preda alla disperazione aveva commesso un tremendo errore, perciò era entrato nella confraternita, per ricominciare una nuova vita e imparare ad usare adeguatamente i suoi poteri. Lì dentro aveva ercato di essere amico di tutti, di conquistarsi il loro rispetto in modo da avere il minor numero di nemici possibile. L'unica con cui lui fosse stato davvero sincero però nelle intenzioni e fosse stato se stesso, era Bella. La sua Bella. Già le mancava, ma lo feriva immensamente che lei se ne fosse andata senza dirgli nulla, neanche salutarlo. A parte che lui era estremamente sicuro che l'avrebbe seguita in ogni caso per vegliare su di lei. Non aveva idea della squadra che era stata inviata a cercarla, di quanto Demetri fosse determinato a trovarla e punirla. Avrebbe dovuto capire che quando gli parlava di scappare, intendeva seriamente, ma che non gli avesse accennato nulla... Lo consumava dentro, il senso di colpa, la preoccupazione e la rabbia. Che sconsiderata! Andarsene in un momento del genere, senza alcun appiglio, solo affidandosi a se stessa. E lui non c'era in quel momento. Non sarebbe mai dovuto andare in missione, se lo sentiva che sarebbe successo qualcosa di brutto. Il suo sesto senso era molto più sviluppato del normale, e quando era ritornato,aveva trovato semplicemente una foto che li ritraevano insieme sorridenti, appoggiata sul letto, con un semplice biglietto con su scritto nella sua pessima grafia per cui la prendeva sempre in giro quando redigevano i verbali, un

-GRAZIE DI TUTTO!!! Sei stato il miglior amico che avessi mai potuto incontrare. So che vorrai seguirmi ma per il tuo bene non immischiarti in questa faccenda. E' molto pericolosa. -

Era pazza se credeva che lui non l'avesse trovata e scovata, aveva già una mezza idea su dove cercarla, solo che avrebbe dovuto trovare il modo per mascherare la sua assenza prolungata senza che nessuno sospettasse nulla. Temeva che si sarebbero accorti del legame che li univa e che lo avrebbe usato contro di lei. Ma lui non ne aveva alcuna intenzione, piuttosto si sarebbe fatto uccidere. Uscì dalla sua stanza che aveva ancora il suo profumo e raccolse le poche cose che aveva con sè, di cui necessitava per le missioni. Era ora di partire. Aspettami, Bella.

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Capitolo 8
*** un nuovo legame e incontro con i lupi ***


Salve a tutti. Mi scuso per il giorno di ritardo ma mi sono presa una breve vancanza per staccar un pò la spina da tutto e il mercoledì è arrivato fin troppo prestolasciandomi impreparata. Volevo scrivere di più però ho deciso di dividere il capitolo del olloquio in due parti osì vi lascio un pò sulle spine ahah Spero che vi piaccia anche se l' ho scritto velocemente, seguendo il mio istinto. Ringrazio tutti coloro che mi hanno commentato e recensito. Sono davvero soddisfatta che questa storia interessi e affascini qualcuno. Continuate a leggermi! Voglio sapere la vostra opinione. Buona lettura! :)

POV CARMEN

~Era seduta ormai da qualche minuto al tavolo di casa mentre osservava quelli che erano stati più di semplici mentori e insegnanti per lei, erano i suoi migliori amici, Charlie e Reneè Swan,  che in quel momento si guardavano con un'aria incerta e imbarazzata. Quel loro atteggiamento le incuriosiva e le faceva sorgere perplessità. Erano entrambi due persone molto sicure di ciò che facevano e conoscevano le loro mete, sebbene di carattere opposto, e  mai prima di allora le era capitato di vederli insicuri. Ogni minuto che passava cresceva in lei la curiosità, ma per rispetto non cercò di forzarli a parlare,  non che fosse semplice, aspettando che fossero loro a parlare. Mentre si asciugavano e si cambiavano con abiti puliti ovviamente della taglia sbagliata, lei con degli abiti della ragazza, e lui dei vecchi vestiti del padre che aveva portato con sè andandosene, in modo da non dimenicare ciò che l'aveva spinta a diventare la persona che era. Come se avesse mai potuto scordarsene! Ma era stato un momento di debolezza. Quegli stessi abiti sportivi, indossati dal suo amico erano comicamente larghi e non le incutevano più timore come quando li portava il padre. Era arrivata ad aver paura di ogni cosa di lui, soprattutto la sua cintura, che quando era infuriato slacciava dalla cintura e la faceva volteggiare minacciosamente in aria come un cowboy faceva con la corda per acciuffare i banditi o i cavalli in fuga. E poprio come loro nei film, non perdeva mai l'obiettivo. E le sue cinture erano rigorosamente di cuoio, il tessuto più doloroso per dare sferzate. Lo sapeva bene. Lei aveva preferito prendersi cura della bambina, non conosceva nulla in fatto di bambini, anzi la spaventavano. Non aveva avuto delle belle esperienze con loro e sarebbe stata più propensa ad avere a che fare con gli adulti, se avvesse potuto scegliere. Però doveva ammettere che i bambini in fasce erano tremendamente teneri e così indifesi. Il germoglio di un fiore splendido colmo di possibilità. E quella bambina l'affascinava particolarmente con il suo sguardo vivace e intelligente, come se riuscisse a cogliere ogni cosa della stanza. Eppure i neonati per le prime settimane di vita non potevano distinguere altro che ombre e suoni confusi. Poteva essere un caso precoce ma sembrava mentalmente troppo attiva per una bambina della sua età. Sicuramente esisteva una spiegazione a tutto ciò, anche della loro visita improvvisa e delle loro espressioni quando aveva aperto loro la porta. Qualsiasi motivo avessero per venire da lei così spaventati e sotto un temporale apocalittico doveva essere alquanto serio. Sperava solo di poterli aiutare sinceramente. Era preoccupata per loro. Mise sul gas il bollitore per preparare il suo thè preferito, con l'aroma alla vaniglia, dopodichè si era rimboccata le maniche e aveva spogliato quell'esile corpicino infreddolito dal freddo dai suoi vestiti. Riuscì fortuitamente alla meglio, a metterle un pannolino pulito che aveva intravisto sporgere dalla borsa della madre, e le aveva infilato un completino del pigiama sotto indicazione di Reneè, non senza aver avuto difficoltà soprattutto quando era arrivato il momento di infilare le braccine e le piccole gambe nelle apposite maniche. Isabella che fino a quel momento sorrideva, aveva iniziato a muoversi agitata e a voler sgusciare dalla sua presa. Forse era abituata ad essere cambiata solo dalla madre. Con qualche peghiera sussuratta era riuscita senza farle male ed ora sedevano insieme, con lei in braccio fissandosi negli occhi, e la piccola che giocava con i suoi capelli ricci e neri, scompigliandole i capelli e ridendo quando le sue dita restavano impigliate fra i ricci. Già la adorava.
Finalmente i due coniugi decisero che era arrivato il momento di parlare, e lei sentiva che sarebbe stata una conversazione molto preoccupante e imprevedibile in qualche modo.

Fu Renee a prendere la parola:

- Carmen, abbiamo una lunga storia da raccontarti e molto di quello che sentirai probabilmente suonerà inverosimile  e assurdo ma vorremo che tu ci ascoltassi fino in fondo per favore e potremmo anche farti una dimostrazione-.

E i due si erano lanciati in una lunga genesi di cui all'inizio comprendeva poco cosa avesse a che fare con loro, finchè non erano giunti a dei risvolti a dir poco impressionanti.

Faceva fatica già a seguirli con la logica perciò si vide costretta ad interromperli. Non aveva idea di ciò che sarebbe potuto accadere dopo:

- Vorreste dirmi che voi siete vissuti in un'altra epoca molto lontana da questa? D ovreste essere incredibilmente longevi se così fosse, o semplice polvere a quest'ora. Prima che proseguiate vorrei dirvi che i vampiri non esistono e tutto il resoconto che mi avete fatto, per quanto credibile, non ha alcun fondamento concreto. Non capisco perchè mi stiate raccontando queste cose, sviando il discorso su ciò che è successo che vi ha così sconvolti. Mi state preoccupando... -

I due si guardarono l'un l'altro sospirando profondamente, poi prendendosi per mano, fu Charlie questa volta a prendere la parola:

- Ed è qui che ti sbagli, Carmen. Ciò da cui stiamo fuggendo in realtà e da ciò che siamo. Ti prego, non urlare per ciò che sto per dirti anche se è impossibile non spaventarti, se mi crederai. Siamo vampiri. E possiamo provartelo. -

In quel momento non capì più ciò che stava succedendo, semplicemente ebbe un backout e all'improvviso tutte le luci si spensero e lei perse il controllo del suo corpo, cadendo a terra. Fortuna che aveva posato la bambina all'ultimo momento. Prima di svenire riuscì solo a sentire queste parole dalla donna allarmata :

- Lo sapevo che non avrebbe retto a tutto quello che le avremmo detto, e non è ancora tutta la storia! Charlie, ma dov'è andata a finire la diplomazia che amo e che tante volte ci ha salvati dai guai? Dovevi essere così diretto? - La risposta dell'amico le giunse sfocata dal buio crescente, sentì solo qualcosa di morbido sotto di sè prima di perdere definitivamente conoscenza.

POV BELLA

Era qualche minuto che camminavano a velocità quasi umana, per non destare sospetti o far agitare gli animali, attraverso il bosco. Seth camminava un pò goffamente, nonostante l'agilità che contraddistingueva la sua specie, probabilmente perchè era ancora un ragazzino. Cercava però di mantenere un portamento fiero e un contegno degno di un lupo. Ciò che tradiva la sua agitazione però era la sua parlantina che in questo momento era spiegata alla massima potenza su di lei. Le stava raccontando della sua famiglia, sua madre Sue, sua sorella Leah, schiva con tutti ma dolce con lui, e tante altre cose che metteva di mezzo. Fativa a capire come facesse a prendere il respiro fra una frase e l'altra. Non lo conosceva abbastanza per giudicare se fosse sempre così, ma quei discorsi sconclusionati posti in quel momento avevano sicuramente lo scopo di non far scendere il silenzio. Gli piaceva però l'aura che emanava, era vibrante e scoppiettante, di un giallo zafferano o di quello del sole a mezzogiorno, o immaginava fosse così dal momento che non lo aveva mai potuto guardare direttamente. Era solare, in tutti i sensi. Immmaginava he di notte fosse come una torcia che illumini tutto il cammino e le cose intorno a lui. La sua presenza confortava qualcosa dentro di lei e le suscitava senso di protezione, anche se non gliel'avrebbe mai detto, per ovvi motivi, e poi sicuramente non l'avrebbe accettato. Da quel poco che aveva visto, si faceva in quattro perchè nessuno lo credesse più debole degli altri e che gli dessero meno mansioni. Ma questa era solo un'impressione, avrebbe osservato il suo modo d'interagire con il branco e avrebbe tratto le sue conclusioni. Immaginava che fosse agitato per questo motivo, cercando di prepararsi alla reazione dei suoi fratelli, in ogni caso. E questo pensiero preoccupava anche lei. Odiava dover trattare con tutti loro presenti, ostili, nel loro territorio e sicuramente in vantaggio rispetto a lei, anche solo dal punto numerico. Ma andava fatto, per il bene di una convivenza pacifica che sperava di instaurare con loro. E lei non si tirava indietro, anche perchè prima o poi sarebbe morta comunque, o combattendo per la sua missione e per ciò in cui credeva contro i Volturi, oppure sotto le zanne di quei licantropi. Però sperava che la sua debolezza rappresentasse la sua forza, dopotutto contro di loro era innoqua e non avrebbe avuto senso ucciderla quando lei veniva per discutere e con come garante uno di loro. Era dura affrontare la prospettiva di essere impotente nelle loro mani, si sentiva come una prigioniera di guera, scortata nell'accampamento nemico senza sapere se e quando ne sarebbe uscita, e viva. Nonostante tutto, voleva fare qualcosa per Seth, dopotutto stava mettendo in gioco molto per lei, e ancora non ne comprendeva bene il motivo. Anche lei comprendeva l'assenza dell'odio verso l'altra razza, e il suo carattere sincero e franco, ma arrivare a quel punto... O era terribilmente ingenuo o sciocco. Non avrebbe tradito la sua fiducia.

Quando erano in prossimità della spiaggia di La Push, nel punto in cui il giorno prima lei li aveva seguiti mentre correvano come un tutt'uno in forma lupina, si fermò e decise di porgli questa domanda:

- Perchè stai facendo questo per me? Sono solo una vampira. Nessuno per te, non mi conosci neanche e potrei ingannarti facilmente se volessi. -

Seth si fermò, probabilmente sorpreso per quella domanda, bloccato nel bel mezzo di una frase. Si appoggiò ad un albero e sembrò pensarci. Non sapeva se metterla sul ridere oppure essere serio. La soluzione migliore è sempre nel mezzo, perciò rispose:

- Da quando ho subito la trasformazione sono entrato in un mondo che non conoscevo, obbligato a rispettare delle leggi e compiere determinati doveri. Ho conosciuto solo lo stile di vita e pensiero del branco, con i suoi difetti e vantaggi. Non so se vorrei mai tornare indietro se potessi ed essere un normale ragazzo oppure restare chi sono. Non so più se sono più il lupo, oppure Seth. E' come se mi fossi risvegliato, mi sono sempre sentito così. Sono semplicemente io, mi piace correre all'infinito senza stancarmi mai, proteggere la mia gente e rispettare gli ordini di Sam, che è saggio e giusto e so sempre che ciò che ordina è per il bene comune, e riesce sempre a risolvere ogni problema che incontriamo. Al suo posto non riuscirei a coordinare un intero branco e ad essere sempre deciso, avere il coraggio di prendere decisioni difficili da solo. Lui è stato il primo di noi a trasformarsi, ed ha dovuto scoprire di persona ciò che comportava e cos'era diventato, senza alcuna conoscenza, a imparare a controllarsi. Non so come sarebbe stato se fossi stato al suo posto; quando è accaduto a me sono stato in grado di affrontarla senza impazzire solo grazie alla consapevolezza di ciò che sarebbe accaduto dopo e del mio branco che mi sosteneva. Perciò provo un profondo rispetto per lui, e per tutti indistintamente, però questo odio viscerale verso di voi non possono costringermi a provarlo e non lo comprendo. Certo, voi siete il motivo per cui cacciamo e ci trasformiamo, ma ciò che siamo non è colpa vostra, facciamo tutti parte dello stesso mondo. Meritano il nostro odio solo quelle creature, umani compresi, senza cuore, che agiscono con cattiveria e fanno del male agli altri, ma estendere ciò ad un'intera razza non è sensato, nè giusto. E tu sei la dimostrazione della mia tesi, in un certo senso ho sempre desiderato incontrarti perchè sei la prova che non tutti voi siete uguali e crudeli. Tu non uccidi umani, ti mescoli fra di loro con un autocontrollo formidabile, sei intenzionata a trattare pur sapendo quanto possa essere pericoloso entrare nel territorio, e già questo è sufficiente ai miei occhi, perchè tu ti distingua dagli altri e meriti rispetto. In segno di ciò ho deciso di garantire per te al mio branco. E' vero non ti conosco, ma le mie speranze sono riposte idealmente in te, perciò spero che non mi deluderai. Auspicare la pace fra le nostre razze forse è troppo, ma se esistono persone, perchè aldilà di tutto voi lo siete, come te, allora c'è un futuro. Autodistruggerci a vicenda non credo che giovi a qualcosa, a nessuna delle due parti. E poi mi hai fatto mangiare quella torta deliziosa quindi praticamente mi hai conquistato già così- concluse scoppiando a ridere; e anche lei fece lo stesso.

Era stato un discorso lungo e intenso. Così profondo che era senza parole, non si sarebbe mai aspettata una spiegazione del genere da lui. Forse lui le avrebbe insegnato a sognare di nuovo e non considerarsi una semplice pazza suicida. In quel momento per esprimere la portata di ciò che sentiva, poteva fare solo una cosa, che aveva imparato dallo stesso Ian, ma per farla avrebbe dovuto chiedere il permesso.

Perciò gli rispose:

- Il tuo discorso mi ha lasciata totalmente sbalordita e non so esprimerti a parole ciò che significa ciò che hai detto. Se faccio una cosa che non ti farà del male, tu ti fidi di me? Voglio aiutarti-

Il ragazzo scrollando le spalle le disse:

- Ti ho raccontato tutte le mie ragioni e motivazioni profonde, e mi sto assumendo la responsabilità dei danni che potresti provocare in teoria prima che riusciamo a neutralizzarti e delle loro reazioni nei tuoi confronti. Sono pronto a difenderti. Basta come risposta? Però stai attenta, in questo momento sono abbastanza teso perciò non vorrei reagire istintivamente... Capisci?- fingeva di avere una posa rilassata ma era evidente che non lo era affatto.

Con fare rassicurante, per quanto possibile, e con la massima cautela, si avvicinò a lui alzando la mano verso di lui e lasciandola sospesa fra loro due, in una muta richiesta. Il ragazzo rimase incerto, passando con lo sguardo da lei alla sua mano, come se fosse uno strano enigma da risolvere. Alla fine, doveva aver vinto la battaglia che doveva aver combattuto contro la naturale diffidenza, perchè sollevò lentamente l'avambraccio, posando con una delicatezza infinita il palmo della mano sul suo, guardandola negli occhi. Senza perdere il contatto con il suo sguardo, Bella entrò in contatto con la propria energia, riuscendo a domarla e fondersi con essa, in modo che la cirondasse e circolasse come sangue nel suo corpo. Attraverso le loro mani unite, riuscì ad entrare per un breve attimo in contatto con l'anima di quel ragazzo. Era tutto ciò che avrebbe voluto essere lei. Ammirava tanto Sam, che doveva essere una grande persona, ma anche lui aveva delle qualità rare, condensate in quel corpo minuto sobbarcato da opinioni difficli da comprendere. Non riusciva a staccarsene, anzichè guidarlo era lui che le stava parlando. Si concentrò su ciò che provava e aveva sentito durante il suo monologo e glielo trasmise attraverso quel legame che si era creato. Era una persona davvero speciale. Gli sussurrò parole di conforto per le sue preoccupazioni. Dopodichè, a malincuore interruppe il contatto, ritornando indietro, al mondo reale. Si accorse che Seth sbatteva freneticamente le palpebre, incredulo e la fissava aprendo e chiudendo più volte la bocca, incapace di dire alcunchè, la mano posata ancora sulla sua. Doveva essere davver sconvolto per non aver ritirato ancora la mano, ma non glielo fece notare perchè neanche lei sapeva bene cosa dire, forse scusarsi, perchè non avrebbe dovuto invadere così e formare quel legame fra loro, che lui poteva spezzare in qualsiasi momento. Lo aveva appreso da Ian, il suo maestro. Anche loro avevano un legame di quel genere, solo molto più profondo per via della loro amicizia, e spesso comunicavano in quel modo, senza invadere i pensieri dell'altro. Lei e Ian erano speciali, anche se non sapeva fino a che punto.

Stava per dire qualsiasi cosa le passasse in mente quando fu Seth a prendere la parola dicendo:

- Wow, è incredibile. E' stato... W O W. Non ho modo per definirlo. Ma... Cos'hai fatto esattamente? Sento una pace mai provata e tutte quelle emozioni.... Erano tue? Ho avvertito una strana energia, delicata e fresca... Non hai manipolato qualcosa nella mia mente, vero? A questo punto ci son infinite possibilità. Non sapevo che aveste questo genere di pensieri. -

Sollevata che non si fosse arrabbiato, anzi al contrario, Bella spiego:

- Abbiamo avuto un conunctio, che in italiano significa, unione. Non tutti i vampiri sono in grado di farlo, diciamo che solo alcuni tipi un pò speciali possono. Ti ho trasmesso quello che provavo attraverso il contatto tra le nostre mani, la mia energia è entrata in contatto con la tua e ti ho infuso la calma di cui avevi bisogno per affrontare i tuoi fratelli. Te lo dovevo dopo quello che hai detto e stai facendo per me. Volendo potremmo anche comunicare col pensiero, tu leggere i miei ed io i tuoi, ma ovviamente per rispetto non l'ho fatto. Il legame può essere sciolto in qualsiasi momento lo desideri, però fino a quel momento rimarrà in qualche parte della tua mente. Scusami, avrei dovuto pensare prima alle implicazioni di questo gesto ma volevo tranquillizarti e...- Fu interrotta da una carezza del ragazzo proprio dove aveva la voglia a forma di mezzaluna che le disse:

- Non mi disturba affatto questo legame, perchè spero che un giorno potremo diventare amici, e poi sono abituato a condividere i pensieri ma sono felice che tu non l'abbia fatto. Grazie. Che strana questa voglia, non ne ho mai vista una addosso ad un vampiro. Tu sei tutta strana. - E sorrise.

Bella finse di essere offesa e rispose: - Interpreterò quest'ultimo commento come un complimento, e poi parla lui, il mezzo lupo che si fida del suo nemico naturale. L'hai detto tu stesso che sono diversa. Ad ogni modo, grazie, ma non dovresti rischiare così tanto per diventare mio amico. Sei imprudente e sconsiderato! - lo rimproverò bonariamente.

Seth roteò gli occhi al cielo e ribattè :
- Ecco che comincia con la predica. Sono sicuro che dall'altro lato non ne mancheranno perciò non ti ci mettere anche tu o non ti ci porto. E comunque sono pienamente consapevole dei rischi che ho assunto fidandomi di te. Ti ho vista sotterrare quel cervo che hai ucciso poco fa e pregare su di lui perciò una persona del genere non può essere malvagia e subdola. - E senza lasciare che lei replicasse in alcun modo cominciò a camminare, trascinandosela inconsapevolmente dietro, dal momento che le loro mani eran ancora congiunte.

Sembrava che non gli desse più fastidio il contatto con lei. Non era neanche più irrigidito. La cosa la incuriosiva e quando si fermarono al confine glielo chiese:

- Sembra che il contatto con me non ti dia più fastidio. Il nostro legame deve aver acquietato la diffidenza. Non mi era mai successo di osservare una cosa simile. Interessante. -

Seth solo in quel momento sembrò accorgersi di tenerla per mano e con delicatezza sciolse la presa, imbarazzato.

- Scusami, non me ne sono proprio reso conto, è che mi trasmetti tranquillità. Hai ragione, deve essere il legame. Però non guardarmi come se tu fossi un dottore pazzo ed io il povero topo da laboratorio in gabbia. Adesso richiamerò i miei fratelli, tu resta dietro di me e cerca di essere rilassata. Finchè non scoprirò le influenze di questo legame, credo che sia meglio che non sappiano di questo tuo potere, sono molto più diffidenti di quanto credi, e questo non aiuterebbe alla tua causa, inoltre sono sicura che farebbero di tutto per mettermi alla prova e analizzarmi fino a capire se sono una minaccia per il resto del ranco o no. Forse mi impedirebbero di cacciare con loro o peggio. E... Stai attenta a come formuli le parole, Sam è molto orgoglioso e potrebbe rifiuare la tua richiesta di aiuto.-

Bella seguì le sue indicazioni, attendendo tranquilla l'arrivo del branco. Quando li vide tutti insieme, non poteva negare che non facessero impressione. Tutti mezzinudi, i muscoli scultorei in bella vista, in viso la stessa identica espressione di malcelata ostilità e confusione per la presenza di Seth accanto a lei, pinocchietti e capelli corti, anche se era dicembre. L'unica nota diversa era costituita da una ragazza, dai capelli lunghi e neri che assomigliava a Seth. Doveva essere sua sorella Leah. Non sapeva che anche lei fosse una di loro. In mezzo a loro c'era un ragazzo, più alto e imponente di tutti, dal portamento fiero e il viso segnato profondamente. Guardandolo lo si sarebbe detto mlto più grande della sua età. Doveva essere lui Sam.

Questultimo alzò un sopracciglio, e senza smettere di osservarla ruppe il silenzio dicendo:

- Seth? Immagino che tu abbia una spiegazione per la sua presenza al confine e la tua assenza prolungata, stavo per mandare gli altri alla tua ricerca. Sai che è pericoloso allontanarti senza avvisarci. -

Il ragazzo in questione chinò il capo in segno di rispetto per poi rispondere:

- Scusami, Sam. Ho sentito qualcosa di strano e sono andato a controllare, trovando questa vampira con delle torte. Lei vorrebbe trattare con te di alcune questioni e mi ha convinto delle sue intenzioni pacifiche perciò ho deciso di fare da garante per lei in modo che possa entrare nel territorio senza violare il patto. -

Attorno a lui, gli altri fratelli erano irrigiditi, con in volto un'espressione di biasimo e di rabbia nei suoi confronti. Era chiaro che non credevano affatto alle sue parole. Avrebbe dovuto lottare. L'unico impassibile era Sam, che senza perdere il suo contegno chiese al ragazzo:

- Sei sicuro dei rischi che ti stai assumendo facendo una cosa del genere? Sei in tempo per tornare indietro. - Vedendo il cenno affermativo, sospirò e raddrizzando le spalle ancor di più si rivolse per la prima volta a Bella direttamente dicendole: - Bene allora. Spero che tu sia degna della fiducia di Seth. Ti concedo il permesso di superare il confine. Seguici, avremo modo di parlare di queste tue questioni. Ragazzi! State fermi dalle torte!- disse alzando la voce nella parte finale. I ragazzi colti nel fallo, lasciarono di malavoglia la busta con le torte.
Sam le voltò le spalle e iniziò a camminare Dio solo sapeva per dove con gli altri al seguito, in segno di sfida. Non le rimaneva altro che seguirli a debita distanza, chiudendo il corteo assieme a Seth, sperando che non avesse commesso un grosso errore.

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Capitolo 9
*** pov Sam e nuovo personaggio ***


Carissimi lettoriii!! Buona sera ed eccomi con il nono capitolo che esplora un pò la storia di Sam, e alla fine ci sarà una piccola sorpresa! Sono curiosa di conoscere le vostre ipotesi sul nuovo personaggio che si è inserito. Buona lettura e fatemi sapere come sempre ciò che ne pensate. Nel prossimo capitolo vi anticipo che ci sarà finalmente il dialogo con il branco. Scusate l'attesa ma volevo che fosse ben strutturato prima di proporvelo. Un bacio. P.S.Grazie a tutti quelli che hann letto  e recensito.

~POV SAM

La vita non poteva mai smettere di stupire una persona. Non importa quante esperienze si facciano, quante cose si conoscano. Una parte indefinibile e imperscrutabile del mondo, che l'uomo chiama mistero, viene sempre ad afferrarti senza che tu possa opporre resistenza, e costantemente sconvolge qualsiasi sicurezza che mantiene il tuo essere. Si annida ad ogni angolo e sbuca fuori quando meno te lo aspetti, quando tu iniziavi ad essere più sicuro delle tue convinzioni, costringendoti a zoppicare con la consapevolezza di non aver compreso per l'ennesima volta l'essenza dell'universo. Forse era questo l'errore. L'essere del mondo e della vita era esso stesso nella sua struttura un mistero, oppure lo era solo per gli uomini che non erano in grado di coglierlo;  percepivano la realtà in modo diverso, o la verità non si sarebbe concessa loro perchè erano troppo avidi di conoscerla. Personalmente, lui era un convinto sostenitore di Platone, per quanto lo definissero come troppo irrealistico e un sognatore alcuni, lui alla luce di ciò che aveva vissuto ci credeva. Tutte le cose, sono il frutto di un'idea, e ne sono solo il pallido riflesso, poichè l'immaginazione è più forte dei confini e limiti della realtà; più brillante e sgargiante, totalizzante. Tutto era apparente e aldilà delle cose, doveva esserci un piano di esistenza alternativo in cui erano ciò che dovevano essere. Persino l'uomo con la sua complessità e le sue emozioni, esisteva per se stesso o per un'idea che gli altri avevano di lui, ma non lo percepivano, come lo si può fare per un profumo. Poteva darsi che esistevano senza esistere. E lui perseguiva l'idea delle idee come un assetato cerca l'acqua. Gli dava un sostegno per non crollare ad ogni nuova incertezza. Negli ultimi anni la sua fede, e il suo amore per la filosofia erano stati messi a dura prova dalla natura mostruosa che era emersa un giorno di quattro anni prima. Accettare quei cambiamenti irriversibili in lui non era stato affatto facile e le emozioni amplificate, la rabbia e l'irascibilità lo avevano portato a far del male involontariamente alla sua unica ragione di vita, Emily. E questo lo aveva distrutto, più dell'essere diventato un mostro e più di quello che aveva passato fino a quel momento. Tutto per un ragazzo.

FLASHBACK

Tratteneva a stento l'ansia e la disperazione; che la sua Emily amasse qualcun'altro? Non era possibile... O meglio, era naturalmente possibile preferire una persona comune a lui e ciò che provava nei suoi confronti non la poteva legare a lui.. Però, all'idea di perderla e che lei fosse tra le braccia di qualcun'altro, sentiva la pelle d'oca farsi largo sui peli delle braccia e una serie di brividi, di paura, passargli dietro la schiena. Non temeva nulla al mondo, se non per lei. Era il suo centro gravitazionale, lei era il suo sole, la sentiva parte di lui, come un braccio o una gamba. Era l'unica, a parte la sua famiglia, che sapesse chi era, la sua natura, perchè l'aveva scoperto come il dilettante che era. Sembrava aver reagito bene alla sua natura anche se forse fingeva. Le aveva raccontato tutto, tranne dell'imprinting e di ciò che comportava per un lupo trovare la sua compagna, per non spaventarla. Un legame del genere era per la vita, indissolubile, indistruttibile come il diamante. Non voleva che lei si sentisse in obbligo verso di lui, ma l'aveva aiutato in così tanti modi nel tempo che era diventata indispensabile per la sua sopravvivenza. Tremava all'idea di ciò che avrebbe potuto farle in quello stato, doveva scappare assolutamente il più lontano possibile. Non avrebbe dovuto andare a farle una sorpresa alla sua scuola e vederla abbracciare un ragazzo, sorridendogli. Non significava nulla, magari erano molto amici, ma la sua furia si era scatenata dal centro del suo petto ed adesso lottava per controllarsi. Mentre correva in forma umana, sentiva che lei lo chiamava seguendolo, probabilmente lo aveva intravisto da dietro la finestra. Avrebbe voluto fermarsi per parlarle, ma non poteva perchè non sapeva come avrebbe reagito, perciò aumentò la velocità, sapendo che per un semplice essere umano pareggiare la loro andatura, per quanto ben allenato, sarebbe impossibile. Si addentrò nel bosco, non importava dove con la sua voce che gli risuonava nelle orecchie. Mentre stava per rallegrarsi che lei stesse rallentando il passo per la stanchezza, avvertì che era inciampata su un ramo. Maledizione! Doveva tornare indietro per assicurarsi che lei stesse bene. La sua salute era la cosa più importante, anche della sua vita. Si arrestò suo malgrado, deciso a fare retromarcia il tempo necessario per controllare se si fosse ferita e poi si sarebbe messo a correre nuovamente, senza guardarla negli occhi. Non aveva scelta. Tornato nel punto dove giaceva lei, si abbassò alla sua altezza e senza proferire parola, con le mani che gli tremavano ancora iniziò a toccarle le caviglie per vedere se c'era qualche distorsione. Le lanciò una breve occhiata per constatare che non avesse graffi sul resto del corpo e fu un sollievo vederla completamente indenne. Vederla ferita per colpa sua sarebbe stata una delle tante cose che non si sarebbe perdonato. Quando sei il portatore di qualcosa più grande di te, che non comprendi, prima o poi perdi il controllo e finisci col combinare qualche casino. E lui ne aveva fatti, di quelli che ti segnano per sempre, perciò era stato costretto a crescere in fretta e assumersi le sue responsabilità, ma era da poco che si era trasformato e tenere a bada l'istinto gli risultava ancor più difficile. A parte gli anziani del villaggio nessuno poteva comprendere a pieno la sua condizione, nemmeno Emily, con tutta la sua compassione ed empatia. Era una ragazza senza un briciolo di cattiveria, e spesso temeva che restasse con lui solo per pietà, ma allo stesso tempo non riusciva ad allontanarla da sè, consentirle di vivere la vita che meritava. Com'era giusto. Sentiva di sfruttare la sua bontà in un certo senso. Mentre stava per alzarsi, fu fermato dalla sua piccola mano delicata che gli aveva stretto il braccio con forza. Volendo avrebbe potuto liberarsene senza sforzo, ma ciò che lo teneva legato, non era la sua forza, ma lei che lo stava incatenando con uno sguardo interrogativo e supplichevole.

Non poteva chiederglielo. E invece lo fece:

-Perchè?-  Una sola domanda. Da quella risposta dipendeva la sua vita. Lei non l'avrebbe mai saputo.

Doveva essere parecchio confusa perchè scosse la testa e disse:

- Non capisco. Ti ho visto dala finestra che avevi un'espressione addolorata e correvi a perdifiato nel bosco. Vuoi dirmi cosa c'è? Devo controllare ogni mia azione, perfino come saluto le persone... Era un mio compagno di classe che mi aveva aiutato a svolgere una tesina. Nulla di più se è questo che mi stai chiedendo. - Aveva terminato la frase con una certa nota d'irritazione. Lei irritata? Lui impazziva e quella infastidita era lei? Non poteva... controllare.

Iniziò visibilmene a tremare mentre cercava di risponderle con calma:

- Ne sei sicura? Sembrava che tu e lui avevate una certa confidenza... Se non è lui, c'è qualcun'altro? Se non ora prima o poi arriverà ed io non posso imperdirlo, non voglio che tu stia con un mostro, capisci? Vattene. -

Lei lo guardò con rabbia e paura. Era coraggiosa ad affrontarlo in quel modo, oppure impavida. Affermò:

- Smettila di torturarti per ciò che sei. Io vedo solo la splendida persona che sei Sam, e non è necessario che tu tema nessuno. Io amo solo te. Perchè starti vicino in tutto questo tempo? So dell'imprinting, me lo ha detto tuo padre. Ma che... Non stai bene? Tremi come una foglia, eppure tu non hai mai freddo. Dimmi cosa sta succedendo. - Lo avvolse tra le sue braccia cercando ingenuamente di infondergli calore, quando in realtà lui ne aveva fin troppo, nel modo e posto sbagliati.

Non poteva trasformarsi ora davanti a lei. Era troppo ferito e arrabbiato e il lupo sarebbe scattato per istinto di autodifesa. Tentò di riprendere il controllo dei suoi muscoli ma qualcosa di più forte di lui era già in azione, riempiendo e gonfiando i suoi arti, spezzandoli per farli ricomporre in un modo diverso. Non potè far altro che cadere a terra in posizione fetale cercando di urlarle di scappare. Se fosse arrivata indenne al villaggio forse sarebbero riusciti a fermarlo anche se era un lupo alfa. Pregava di non farle del male. Quando la trasformazione fu completata, vedeva come di consueto le cose in un'altro modo, come attraverso una lente d'ingrandimento, dal punto di vista di qualcun'altro con cui non poteva ragionare. La vide attraverso i suoi occhi. Vide il riflesso di un lupo nero, selvatico e indomito che la stava minacciando avvicinandosi lentamente. Se fosse rimasta immobile forse avrebbe avuto qualche possibilità. Il lupo annusandola avrebbe finalmente riconosciuto l'odore della sua compagna, aldilà della rabbia che stava provando. La creatura si avvicinò alla ragazza per studiarla, ancora fremente. Lei gli stava parlando ma lui non riusciva a comprendere il significato delle sue parole, per via della rabbia. Concentrarsi gli risultava difficilissimo. Così quando lei fece un movimento troppo brusco mettendo in allarme la bestia, non riuscì a frenarsi in tempo che questa con una zampata le aveva rigato il viso con le unghie. Tre strisce parallele e sanguinanti. Non si sarebbe mai dimenticato del puro urlo di dolore che aveva lanciato la ragazza, e fu proprio quello che lo fece rinsavire. Probabilmente per lo shock e il dolore era svenuta perchè non oppose resistenza quando se l'era caricata sul dorso e aveva iniziato a correre come un folle, per quanto possibile per non farla scivolare a terra, per arrivare alla spiaggia di La Push e farla curare. Poi aveva passato i tre giorni più lunghi della sua vita, correndo nei boschi e ululando e guaendo come un animale ferito e disperato, consapevole della fine. Lui era morto. Qualsiasi speranza avesse nutrito era stata appena distrutta, e non aveva altri con cui prendesela se non se stesso. Si odiava profondamente, e quando lei avesse ripreso conoscenza, probabilmente sfregiata per sempre costretta a portare i segni della sua ira, lo avrebbe odiato ancora di più di quanto non stesse facendo lui. Giustamente. Non meritava altro che la morte e l'inferno perenne. Al diavolo l'imprinting, sarebbe morto pur di farle del male nuovamente. L'avrebbe lasciata andare per sempre, avrebbe fatto tutto ciò che era in suo potere perchè vivesse il più serenamente (per quanto possibile) la sua vita lontano da lui. Non avrebbe mai più permesso di avvicinarsi a lei, di perdere in qualche modo il controllo, in assoluto. Non importava come. Adesso la sua volontà era di ferro. Pregava solo che riprendesse conoscenza. Nel frattempo, avrebbe voluto abbandonare tutto, solo per rimanere ai piedi del suo capezzale, e lo faceva, se non fosse che presto si aggiunsero nuove reclute al branco. Nuove trasformazioni. Diventare un capo non era ciò che voleva, ma lo era, e non poteva permettere che qualcun altro vivesse ciò che lui aveva passato da solo, senza sapere nulla. Perciò si era comportato irreprensibilmente. Gli era stato loro vicino, insegnandogli tutto ciò che conosceva sulla loro storia, perchè erano come, i "trucchi del mestiere", ma più di questo, non era stato in grado di fare. Non poteva dare loro nulla di se stesso perchè il suo cuore era stato trafitto dai suoi stessi artigli e giaceva su un letto, privo di coscienza. Non aveva nulla da dare perchè si sentiva vuoto e sterile. La vita lo aveva abbandonato e ammetteva di essere duro con alfa, di tanto in tanto. Ma preferiva essere autoritario per evitare che loro commettessero i suoi stessi errori. La sua esistenza ora era fatta di sacrificio, ordini, regole rigide, controllo ferreo. Si era chiuso in se stesso e si era assunto tutte le responsabilità del branco e anche di più. Si dava da fare per i suoi fratelli, le loro famiglie, la riserva intera e la salvaguardia degli uomini. Aveva assunto tutto su di sè, facendo il diavolo a quattro, e loro lo ammiravano oltre che rispettavano per questo. C'è poco da ammirare, pensava lui. Lentamente, fra di loro si era creato un legame sempre più forte, complice il potere di leggere i pensieri l'uno dell'altro quando erano in forma lupina. Ma lui si teneva sempre un pò in disparte. Avevano capito il suo profondo dolore e disperazione, ma per la sua aura intimidatora e autoritaria nessuno osava avvicinarsi. Lui sospirava stancamente, pensando che l'unica impertinente che gli aveva mai tenuto testa era stata proprio Emily, che già gli mancava come l'aria. Perchè la vita per lui doveva essere così dura? Faceva del suo meglio, ma non si riteneva in grado di coordinare a dovere il branco, dare ordini, e avere la loro responsabilità. Ma era l'unico in grado di farlo e l'avrebbe fatto per il bene del suo popolo. Era l'unico che avesse lo spirito e la forza per sacrificarsi per il bene comune e prendere decisioni, anche se lo facevano  soffrire. Certe cose si possono comprendere solo provandole, e l'attitudine al comando non era cosa da poco. Non poteva mai lasciarsi andare ai sentimenti o sarebbe stato fatale. La sua barriera crollò come un castello di sabbia sotto l'impeto della marea quando lei si risvegliò. Non desiderava altro che abbracciarla e piangere, ma non poteva permettersi di fare nessuna delle due cose.

Velocemente si spostò dal suo capezzale all'angolo più lontano della stanza e prima che lei potesse gridare o fare qualsiasi altra cosa, prese la parola:

- So che hai paura e non vorrai più rivedermi. Hai perfettamente ragione.Vorrei andarmene ma ho troppe responsabilità per farlo, perciò resta lontano dalla riserva e ti giuro che sarai al sicuro. Non mi vedrai mai più. Non ti chiedo di perdonarmi per quello che ho fatto. Odiami con tutto il disprezzo e il dolore che hai dentro e di cui sei capace, per non impazzire. Addio- Ed aveva lasciato la stanza.

Un mese dopo. Era distrutto, la sua assenza era peggio di un vuoto incolmabile, era un buco nero che risucchiava dentro di sè ogni cosa e colore del suo mondo. Ogni brandello di vita. Aveva continuato nel suo lavoro, con la scuola, aveva imparato a controllarsi e diventare più forte. Adesso era d'acciaio, in tutti i sensi. Non si trasformava se non lo desiderava e non perdeva mai la calma. Conservava uno stato che se dall'esterno potevano scambiare per serenità e pace, in realtà era sepolto sotto chili e strati d'indifferenza. Nulla sarebbe riuscito a toccarlo, smuoverlo. Prendeva ogni decisione con fermezza e ponderatezza. Era diventato alla fine il capo che temeva di non essere all'altezza, glielo dicevano tutti. Almeno qualcosa era riuscito a farla bene e ci aveva messo quel poco che era rimasto di se stesso. Sapeva per sentito dire che Emily si era ripresa completamente. La sua famiglia le era stata molto vicino in quel periodo, e nonostante i tre graffi visibili in volto era quasi tornata se stessa, solo più chiusa e non usciva più. Tutto per causa sua. Avrebbe voluto andare a controllare ma non se lo sarebbe permesso. Non meritava quel sollievo all'idea di vederla. Così aveva resistito stoicamente, lasciandosi andare alle lacrime solo la notte, nel buio e solitudine della sua camera, ora priva di tutti i loro ricordi e le foto scattate insieme. I licantropi non si ammalavano, mai. Non si sentivano deboli e non perdevano mai le forze, eppure lui si sentiva come se avesse avuto l'influenza. Gli faceva male tutto, soprattutto il cuore. Non poteva mai fermarsi, se non per cibarsi e dormire, ma non riusciva a far bene neanche quello. Di solito quelli come lui mangiavano per tre persone, ma lui a malapena riusciva a digerire qualcosa. Era dimagrito e aveva le borse sotto gli occhi ma non gli importava nulla. Non poteva prendersi del tempo per riposare. C'era un intero branco che contava su di lui, e necessitava di una guida. Privilegio che lui non poteva avere per se stesso. Ma qualcuno doveva pur farlo. E poi aveva sentito un lieve bussare alla porta, e la vide. Emily. Splendente come il sole in tutta la sua bellezza, se non per quelle tre linee perpendicolari che le deturpavano il volto. Cos'era venuta a fare? Voleva urlargli tutto il suo odio? Credeva che più forte del dolore sarebbe stata solo la paura di vederlo ancora, ma si era sbagliato. L'aveva fatta accomodare su una sedia restando accuratamente a distanza.

Aveva ascoltato tutto il suo lungo discorso che non si sarebbe mai dimenticato:

- Quando mi sono svegliata e dopo la tua fuga, avevo paura di te è vero, ma gli altri abitanti del villaggio mi hanno raccontato dei tuoi innumerevoli sacrifici per loro, del tuo duro lavoro, dei tuoi miglioramenti e sofferenze. Anche io ho sofferto, ed ero combattuta perchè non desideravo altro che ci fossi stato tu accanto a me, e dall'altro lato che tu stessi il più lontano possibile. Mi hanno raccontato che sei stato al mio capezzale per quasi tutto il tempo e di come hai salvato i tuoi compagni dall'impazzire durante la trasformazione. Ho compreso che ciò che è accaduto nel bosco è avvenuto principalmente per colpa di entrambi. Se fossi rimasta immobile mi avresti lasciata stare forse,  e se non fossi stato così arrabbiato per la mia reazione infastidita non avresti reagito così e mi avresti ricnonosciuta. Ad ogni modo, so che non volevi farmi realmente del male e so che sei cambiato molto negli ultimi tempi. -

Le sue parole lo rincuoravano come nessuna proferita prima ma non poteva sperare, perciò le rispose:

- E' vero, sono cambiate molte cose in quest'ultimo periodo e sono riuscito a padroneggiare le mie trasformazioni e a conoscere la natura da lupo, peccato che non ci sia riuscito prima... Chiedere scusa è troppo, ma posso sapere perchè sei qui?-

Lei si schiarì la voce più volte ma poi trovò il coraggio di parlare:

- Anche se vuoi nasconderlo, so che soffri molto per ciò che è accaduto e ti perdono. A quanto pare devo scoprire le carte per prima... Mi sei mancato immensamente, d'accordo? A nulla sono valse le distrazioni, le voci dei miei parenti che mi girano in testa per convincermi che stare con te significa arrivare all'autodistruzione. Sei troppo solo, Sam. Hai bisogno di qualcuno che condivida con te i fardelli e il peso del comando. So che ti sei chiuso in te stesso, ti conosco come le tue tasche, perciò quell'espressione imperturbabile non serve con me, perchè i tuoi occhi tristi mi parlano più di qualsiasi altra cosa e so che mi ami e hai bisogno di me. -

Distogliendo lo sguardo da lei, Sam si voltò ad osservare la spiaggia attraverso la sua finestra e sospirando rispose:

- Emily, ti sbagli. Ce la faccio da solo, non devi avere compassione di me. Adesso sono più forte e posso reggerne il peso. Per quanto mi riguarda non potrai mai perdonarmi realmente per ciò che ho fatto e non puoi stare con me per pietà. -

Notò con la sua vista periferica un movimento all'altro capo della scrivania e in men che non si dica due braccia calde che lo avvolsero e strinsero a sè con amore. La sua voce candida e altrettanto calda che gli diceva sfiorandogli l'orecchio:

- Rassegnati Sam. Il mio posto è qui, fra le tue braccia, come il tuo fra le mie. E' inconfutabile. Torna con me- e in quel momento non riuscì a trattenere le lacrime che aveva versato fin troppe volte negli ultimi tempi.

Non poteva essere la sua Emily, questo dolce angelo che come un miracolo veniva da lui non solo perdonandolo ma amandolo, accettandolo. Poteva un cuore spezzato, riprendere a battere come nuovo? Completamente integro?

FINE FLASHBACK

Era con stupore per l'ennesimo mistero della sua vita che osservava quei due ragazzi, Seth e la vampira che procedevano dietro di lui, il ragazzo vicino a lei per rassicurarla. I loro sguardi che seguivano conversazioni mute. Sembravano avere un legame forte. E si chiese se il suo mondo non stava per sconvolgersi per l'ennesima volta. Sentiva già la mancanza di Emily.

POV IAN

Era riuscito a farsi mandare in missione, sostituendo Dimitri, con la scusa che fosse "troppo coinvolto" in quel momento per poter agire con la giusta lucidità in un'impresa che richiedeva massima capacità logica-tattica. Lo avevano mandato dall'altro capo del mondo, forse per fuorviarlo da qualsiasi idea di andare a cercare la sua Bella. Poteva percepirla in un angolo della sua mente, grazie al loro legame, e per il momento l'unica cosa che lo rassicurava è che sembrava stare bene, preoccupata e agitata ma bene. Avevano sottovalutato la sua volontà di ferro e le sue conoscenze. Prima di arrivare ai volturi lui aveva viaggiato molto, esplorando la maggior parte del mondo, non c'era modo che gli impedissero di fare qualcosa, quando se la prefiggeva. E lui avrebbe raggiunto Isabella Swan, eludendo le spie e le truppe. Anche a costo di dover tradire il suo ordine, ma era una scelta che non gli conveniva. Due traghetti e una nuovata fino in america dopo, si avvicinava sempre di più agli Stati Uniti, diretto verso Seattle da dove avrebbe iniziato le sue ricerche. Poteva rintracciare Isabella ma sapeva che se avesse percepito la sua presenza, sarebbe fuggita. Che cocciuta quella ragazza, ma non sapeva che anche lui aveva dei poteri speciali. Era pur sempre una guardia dei volturi, specializzato nella ricerca di vampiri. Davvero credeva di seminarlo con quei deboli tentativi di depistarlo che aveva attuato lungo la via? Forse avrebbe ingannato qualcun'altro. Ma non lui. E aveva molte novità che le doveva assolutamente riferire, una piccola sorpresa che portava con sè, e una sfuriata che neanche due giorni gli sarebbero bastati per sfogarsi in toto. Lui era così, di una calma glaciale all'esterno, ma quando era seriamente arrabbiato per qualcosa non si tratteneva e faceva di quei comizi... Ma poi tornava come prima. Questa volta Isabella l'avrebbe sentito eccome, e se avesse chiuso la mente in modo da non ascoltarlo, gliel'avrebbe urlato col pensiero quanto era stata avventata e incosciente. E dire che alle spalle aveva qualche centinaio di anni. Non le aveva insegnato nulla in questi anni passati l'uno al fianco dell'altra? Non lo conosceva affatto, se credeva che si sarebbe arreso.

POV SCONOSCIUTO

Era nelle vicinanze di Forks ormai, alla ricerca dell'ex casa di Carmen e della piccola Isabella. Erano anni che non vi tornava, ma dopo tante ricerche, non era riuscito a concludere nulla. Adesso avrebbe formulato un piano drastico quanto suicida. Avrebbe mobilitato tutti i vampiri, sconvolto il mondo che fino a quel giorno conoscevano, se fosse stato necessario. Non si sarebbe arreso. Avrebbe ricomposto le tessere del puzzle e avrebbe compreso finalmente quale sarebbe stato lo scenario finale. Sarebbe rimasto ad osservare nell'ombra e avrebbe riferito tutto ai suoi padroni. La sua fedeltà e il suo affetto era tutto ciò che gli era rimasto, dopo tutti quegli anni di assenza e lontananza, sarebbe ritornato alle origini... Iniziò ad intestare una lettera,
-Gentili signori Cullen, vi informo che... -

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Capitolo 10
*** Incontro con i lupi 2/ POV EDWARD ***


Buonaseraaaaa lettori di questo fandom! Mi scuso in antiipo, in ginocchio sui ceci se non ho aggiornato in queste due settimane ma fra l'inizio della scuola e altre problematiche non sno riuscita ad aggiornare in tempo. Avvo scritto gà una parte nel fine settimana ma terminarlo in quel modo, senza nemmeno far comparire il nostro Edward, non era affatto giusto. Inoltre non ero soddisfatta del risultato. Spero che questo capitolo vi piaccia come gli alri. Farò molto di megli nei prossimi e ci saranno sempre nuove sorprese succulente in arrivose avrete la pazienza e la voglia di seguirmi. Recensite miraccomando e perdonatemi. Non posso far altro che augurarvi buona lettura

~POV BELLA

Ed eccola lì, nella casa che doveva essere il rifugio di tutto quel branco, seduta al loro tavolo con i loro sguardi addosso. Erano tutti in piedi, appoggiati spavaldamente ai muri o pensole, con le braccia conserte e un'aria di malcelata ostilità. Era ovvio che non gradivano la sua presenza nel loro territorio, ed era compresibile. Almeno si sforzavano di mantenere un contegno. Per quanto li osservasse non faceva che pensare che fossero tutti gemelli, stesse espressioni, posizioni, movimenti sincronizzati... Ciò che faceva di loro un branco era più del gene del lupo mannaro che scorreva in loro. Il merito doveva essere del loro capo, che li disciplinava facilmente e che si faceva rispettare. Sam era di certo un soggetto diverso. Non aveva mai osservato i meccanismi sociali e non, di un branco, e di certo i risvolti antropologici erano notevoli, soprattutto poi in un contesto così sviluppato come il loro. Nessuna associazione umana rendeva quel risultato, e neanche quella animale perchè trattavasi di puro istinto. I licantropi sicuramente rappresentavano uno schema a parte nell'evoluzione, e un caso unico. Ma non era lì per studiarli, doveva concentrarsi sulla sua richiesta, dosando le parole per impedire di trovarsi un branco scagliatole contro. All'aperto avrebbe trovato qualche scappatoia per uscire, ma non si sarebbe aspettata che la portassero in un luogo chiuso... L'unica uscita era la porta a cui in quel momento stava dando le spalle. Aveva poche speranze di raggiungerla con ben otto licantropi sparpagliati per la stanza che la osservavano in ogni suo movimento. Neanche la velocità vampirica le sarebbe stato d'aiuto in quella circostanza. Con un sospiro osservò con circospezione ciò che la circondava e notò che era una casa perfettamente normale, molto accogliente e amplia. Notava dei segni recenti di ristrutturazione... Da poco dovevano averla ampliata per poter accogliere i nuovi membri, e chissà quanti ne sarebbero venuti ancora. Più la minaccia di vampiri cresceva e più abitanti Quiluete si trasformavano. E di sicuro presto Forks non sarebbe più stata la città tranquilla di un tempo, ma doveva ancora comprenderne il motivo. Forse c'era qualcosa di più grande di quello che si sarebbe aspettata, che non c'entrava con la sua fuga e le ricerche che stavano sicuramente facendo su di lei, sperando che anche Ian fosse stato dirottato dai suoi frequenti cambiamenti di meta. Era un bluffe, che sperava non scoprissero tanto in fretta. Osservò Sam che sedeva apparentemente tranquillo, ma con espressione severa sul viso, con alle spalle una ragazza dai capelli neri e occhi lucenti, quasi magnetici... Sarebbe stata una ragazza bellissima, se non fosse per le cicatrici di tre graffi che le deturpavano il volto. Era come un quadro fiorente di colori vividi e lucidi che fosse stato macchiato da delle strisce nere, profonde e senza alcuna armonia o grazia. Stonavano, gridavano dolore. Ma si costrinse a distogliere lo sguardo dal suo viso perchè notò una nota di fastidio sul viso di Sam, e uno di imbarazzo e timore in Seth, al suo fianco. Bene, adesso toccava a lei parlare dato che aveva richiesto questo incontro, perciò iniziò, guardando bene l'alfa negli occhi, per fargli capire che non lo temeva, dimostrando più coraggio di quanto avesse; ma in politica funzionava così, mai mostrarti più debole dell'avversario.

A testa alta disse:

- Ti ringrazio per aver accettato questo incontro, Alfa. Sono qui per proporre un armistizio fra le nostre razze, almeno per il tempo che io resterò in questa città, in modo da non avere scontri e perdite, in nessuno dei due fronti.

- A quelle parole sentì un lieve ringhio da dietro le sue spalle e qualcuno che cercava di trattenere un corpo vibrante che stava sussurrando le parole - ti farei fuori in qualsiasi momento, succhiasangue...- ma fu interrotto da una mano alzata di Sam che le rispose con un tono neutro.

Aveva stoffa per il comando, ed era il più controllato e posato di tutti loro. Avrebbe fatto di sicuro strada come capo. Con calma le rispose:

- E dimmi, vampiro, per quanto tempo hai intenzione di fermarti? Cosa sei venuta a cercare in questa cittadina? E' raro che i vampiri si aggirino solitari senza alcun legame. Cosa proponi esattamente? Devo conoscere le tue intenzioni se vuoi che ci sia pace fra noi. -

Bella si aspettava qualcosa del genere, nelle sue migliori ipotesi, e silenziosamente aveva ringraziato la sua buona stella, destino o quel che sia, perchè l'alfa era una persona ragionevole e disposto perlomeno a parlarne e disse:

- Per quanto starò qui non posso dirlo perchè ho delle faccende in sospeso da sbrigare, riguarda la mia storia. Nulla che faccia del male gli umani o coinvolga voi, in ogni caso. Stavo pensando che se avessi un mio territorio, dove poter essere libera di cacciare solo animali, e vivere senza intralcare i vostri scopi, staremmo entrambi più tranquilli. Incontrare uno di voi durante la caccia o quando voi siete in pattuglia sarebbe estremamente rischioso perchè i nostri istinti sono più potenti e potremmo farci del male da entrambe le parti. Se dovessi cacciare altro che non fossero animali voi siete liberi di uccidermi. Questa è la garanzia che posso darvi. In cambio potrei aiutarvi a fare la guardia. Non necessito di sonno e non mi stanco facilmente, perciò potreste ripiegarmi come pattuglia in caso di necessità-

Sam congiunse le dita fra loro, appoggiando il capo alla sedia ma senza perdere il suo sguardo, nè la sua posa rigida, mentre Emily lo rassicurava con la sua presenza alle sue spalle. Dopo qualche minuto le rispose:

- Abbiamo già stipulato un contratto simile in precedenza, con un clan di vampiri non distanti da qui. Potrei farti esaminare i vari punti che avevamo stipulato con loro. Noi accetteremo il patto solo a quelle condizioni. Per quanto riguarda la tua offerta, abbiamo tutti bisogno di riposo e di reclute che ci aiutino ma ciò non toglie che per lavorare con efficienza noi comunichiamo col pensiero, mentre con te non avremmo modo di parlare in forma lupina. Sebbene sembra che Set si fidi di te, tu costituisci un potenziale pericolo per la nostra gente, e converrai con me che dei licantropi che richiedano l'aiuto di un vampiro, è piuttosto bizzarra come idea. Voglio credere che sia nata una mentalità diversa di vampiri, ma da generazioni non avete fatto altro che terrorizzare e distruggere, non è semplice fidarci di voi. Ti concederò il beneficio del dubbio, però non è il modo appropriato per parlarne. Potete lasciarci da soli, per favore? Tutti tranne Seth. State tranquilli, non accadrà nulla.

- Quando i compagni obbedirono, si rilassò impercettibilmente sulla schiena, riprendendo di nuovo la parola:

- Ora che siamo soli, Seth vorrei che tu mi riferissi cosa è successo esattamente e perchè avresti motivo di fidarti di lei, dopodichè ti sottoporrò il contratto che firmeremo entrambi con il sangue. Vorrei dirti una cosa sola, vampira. Non c'è niente di più importante per me del mio branco e della mia gente, nemmeno la mia vita, perciò se farai loro del male non avrò pietà per te e non ci sarà morte che non invocherai, anche la più atroce, rispetto a ciò che potrei farti io. - Aveva uno sguardo acceso, intenso.

Se si concentrava riusciva a vedere le fiamme ardere dentro i suoi occhi e la sua aurea gonfiarsi. Se avesse avuto qualche dubbio sulle sue intenzioni, ora più che mai era sicura che Sam non scherzava affatto. Se non fosse che era assuefatta alle minaccie, prime fra tutti quelle di Dimitri, sarebbe rabbrividita probabilmente. Ma era decisa a proseguire. Comprendeva perfettamente le ragioni di Sam, e probabilmente al suo posto sarebbe stata altrettanto implacabile. Mentre Seth al suo fianco, spiegava velocemente del loro incontro e di ciò che era venuto dopo, omettendo del loro legame, lei aveva letto il patto che il branco aveva stretto con il clan. Si domandava chi fossero, e dove fossero adesso. Per essere riusciti a giungere ad una pace non dovevano essere dei comuni vampiri, chissà se seguivano la sua stessa dieta... Lei aveva iniziato da poco ed aveva ancora così tanto da imparare, sarebbe stato utile conoscere qualcuno che aveva già combattuto la stessa lotta e che le potesse assicurare che fosse possibile o meno... Per quanto ci provasse, e ci stesse riuscendo a fatica a resistere al profumo buonissimo degli umani, non era del tutto sicura che avrebbe retto, a lungo andare. Se poteva essere qualcosa di duraturo e davvero lei potesse cambiare totalmente il suo genere alimentare, sarebbe stato un sollievo enorme. I sensi di colpa per le vittime che aveva dovuto mietere, la uccideva.  Ma stare vicino ad altri come lei sarebbe stato rischioso. Tutti, chi più chi meno servivano o dovevano sottostare ai Volturi. Quando un vampiro scappava o violava le loro leggi e veniva messo al bando, tutti erano tenuti se lo avvistavano a denunciarlo all'ordine. Perciò era meglio che nessuno sapesse della sua presenza. Si tagliò il palmo con un coltello che aveva visto posato sul bancone della cucina, e si servì del sangue per macchiare il foglio, dopodichè anche Sam si ferì alla mano destra e si strinsero le mani ferite in segno di rispetto. Per le loro due razze non c'era cosa più forte e sacra del sangue. Quando afferrò la sua mano grande e calda sentì un formicolio lungo tutto il braccio. Sam era una persona d'onore, lo sentiva. Si guardarono negli occhi e vi lesse tutta la forza e la determinazione. Non sapeva cosa lui vi leggesse nel suo volto ma lasciò che le sue emozioni emergessero. Voleva essere onesta fino in fondo. Il suo sangue sebbene in un altro contesto l'avrebbe attratta, essendo un licantropo le dava solo un lieve fastidio alla base della gola.

Gli porse un panno per avvolgerlo attorno alla  mano mentre Seth diceva:

- Secondo me Bella è in grado di fare la ronda. Potrei tenerla d'occhio io e inoltre ho scoperto di poter comunicare col pensiero con lei, perciò non la potrei perdere di vista. -

Sam aveva corrugato le sopracciglia, ma la sua risposta giunse con una voce tranquilla:

- Ma tu non sei un telepatico al di fuori del branco Seth, e i vampiri hanno dei poteri per controllare la mente. Non ritengo sicuro che comunichi con lei. Con tutto il rispetto ma non possiamo fidarci così facilmente di voi vampiri. -

Prima che potesse dire qualsiasi cosa fu Seth a ribattere avanzando di un passo, spostandosi leggermente davanti a lei, quasi a proteggerla. Che cosa sciocca da fare, data la sua natura. Il ragazzo disse:

- No non sono telepatico ma con Bella è diverso, e anche lei non è una comune vampira. Non può sopraffarmi perchè non ha accesso alla mia mente se io non lo desidero. Me ne assumo io la responsabilità, come per questo incontro e si è comportata bene. -

I due si osservarono a lungo, ma infine Sam sospirò rassegnato e vide che si massaggiava lentamente la fronte, come se le rughe che vi si erano formate gli dolessero, doveva essere un'abitudine perchè non ne sembrava consapevole. Alla fine disse:

- Bene, Seth. Spero che tu sappia cosa stai facendo. Ti dirò io quando e come dovrai fare la ronda. Tieniti reperibile e tu Seth la sorveglierai e se lei farà qualche passo falso entrambi ne terrete conto direttamente a me. Non lascerò che decida il branco. Non posso fare altro per voi. Ti vedo perplessa. Devi sapere che di solito ogni cosa che accade, soprattutto che coinvolge il branco, si decide democraticamente, mettendola "ai voti", anche se l'ultima parola spetta a me, ma dato che voi potete essere un grande cambiamento nel nostro mondo, io non posso impedire che accada. Se però non andasse come ci auspichiamo, posso solo evitare che il vostro destino sia deciso da persone che seppur legate a te Seth non riescono a comprendere che ci possa essere di più che odio fra te e lei.  A proposito, immagino che tu abbia un nome con il quale farti identificare. Più tardi vorrei che tu ti facessi annusare dal branco in forma lupina. Non preoccuparti, è solo per memorizzare meglio il tuo odore in modo da non attaccarti quando ti avvicinerai al confine. Non saremo tutti insieme, ci trasformeremo uno alla volta così non avrai motivo di allarmarti. Siamo licantropi di parola. La convivenza non sarà affatto semplice per alcuni di noi che sono troppo arrugginiti nei loro pregiudizi perciò dovrai avere pazienza. Non cogliere le loro provocazioni perchè non cercano altro, ma in fondo sono bravi ragazzi anche se hanno delle teste calde. Benvenuta fra noi. -

Era il discorso più lungo che gli avesse sentito dire. Era felice che almeno l'alfa l'avesse accettata o meglio stesse cercando di comprendere il motivo della sua presenza lì. Adesso restava di convincere anche gli altri, o dargli una ragione oltre la fedeltà al loro capo, per non ucciderla a vista. Era dura la vita di una vampira. Sentiva che presto la sua vita non sarebbe stata più la stessa, ancora una volta.

POV EDWARD

Maledetto fine settimana. Erano tre giorni che non vedeva Bella e in qualche modo ne sentiva l'assenza come quando si è abituati a vedere qualcosa tutti i giorni, a portata di mano per poi rendersi conto che non c'era più. Mancava qualcosa nella quotidianità. Lo preoccupava che dopo quelle due volte che si erano incontrati non riusciva già più a fare a meno di lei, delle sue battute pungenti e il suo sorriso sarcastico che cercava di nascondere sempre. E poi quel suoi strani occhi che cambiavano colore, doventando dorati lo attraevano immensamente. Se non fosse stato un tentativo patetico, sarebbe già andato a trovarla a casa sua con una qualsiasi scusa... Misha dopotutto l'aveva già aiutato una volta in questo senso. Adesso cos'avrebbe fatto per occupare il tempo? Doveva assolutamente sparire da casa nel week-end o sarebbe stata la fine passarlo con i suoi genitori adottivi. Decise che si sarebbe recato lo stesso nel bosco a disegnare fino a sera, non di certo disdegnando la speranza di incontrarla casualmente, e poi avrebbe trovato un posto dove stare per la notte, magari da uno dei nuovi iscritti a scuola con cui aveva stretto amicizia, incredibilmente. Deciso, prese il suo fedele album A4 per il disegno, però utilizzava molto le mani, al di fuori di quando manteneva la matita. Usava le dita per schiarire e sfumare il tratto, per "sbavarlo" un pò, calcarci sopra. Il disegno era qualcosa di concreto che poteva manipolare con strategie e tecniche che gli sembravano le migliori al momento. Aveva già disegnato in precedenza alcune zone del bosco, e anche una piccola foce che sgorgava come un sentiero fra gli alberi, ma mai in quel periodo, con la neve ancora sul terreno, le foglie che lottavano per restare attaccate alla loro fonte di vita, ma che inevitabilmente cedevano anche per un soffio di vento. Anche loro non potevano sottrarsi al ciclo della natura, quando giungeva il momento, qualsiasi tentativo di salvezza era inutile. Si entrava a far parte della FINE che tutti immaginavano e odiavano, correvano via spaventati, terrorizzati. Ma giungeva comunque. Giunto in un posto riparato all'ombra di un albero si sedette su un tronco caduto e mentre Misha esplorava con circospezione annusando a fondo dalle sue larghe e umide narici, lui si era posizionato con l'album in grembo e stava iniziando a delineare i confini del terreno e le proporzioni con il troco e i primi rami. Odiava sbagliare il calcolo delle distanze e dover ridisegnare tutto. Voleva che venisse tutto il più realistico possibile. Si sentiva in qualche modo bene quando disegnava. Adorava ritrarre la natura perchè in quel momento si sentiva come se ne comprendesse e afferrasse la vera essenza, ma la verità dei suoi disegni era ben lontana da ciò che vedeva. Un disegno restava pur sempre un qualcosa che per quanto possa avvicinarsi alla vita e far emozionare, non lo era davvero. Stava iniziando a dar forma ai primi rami, la parte più bella e divertente per lui, perchè era quello che rendeva gli alberi così affascinanti e significativi per la cultura del simbolismo e per le persone. Queste braccia al cielo. Un gesto di speranza e preghiera, o di resistenza a qualsiasi cosa accada. Dopo un pò sentì che Misha gli girava attorno nervosamente e si irrigidì rimanendo immobile. Dopotutto non conosceva quali genere di animali potessero eserci, anche mortali... Cercò di fare finta di nulla, tenendo però le orecchie ben aperte. Ad un certo punto Misha iniziò ad abbaiare e sentì un fruscio alle sue spalle. Voltandosi potè vedere dei capelli biondi e un giubbotto di pelle, ma quello che lo ivestì fu una voce suadente e calda che gli diceva:
- Scusami, mi sapresti dire dove abita una certa Isabella Swan? Sapevo che viveva da queste parti, mi sapresti dare delle indicazioni?-
Chi era la figura che era comparsa all'improvviso?

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Capitolo 11
*** incontro con Ian ***


~Buonasera a tutti!!! Sono assolutamente imperdonabile per la mia assenza di due settimane, ma fra lo studio, la mia quasi influenza e stanchezza non sono riuscita a pubblicare qualcosa di decente prima. Ho deciso che cambierò il giorno di pubblicazione in modo da non dover ritardare. Quindi aspettatevi un nuovo capitolo per giovedì o venerdì prossimo. Mi scuso ancora e spero di migliorare quanto presto.

Edward

Si era voltato istantaneamente al suono di quella voce dolce e suadente. Si era trovato di fronte degli occhi incredibili, che mai avrebbe creduto che un umano potesse possedere. Forse aveva delle lentine particolari come le usano nei set cinematografici per delle parti di personaggi appartenerti al mondo sovrannaturale. Ma gli suonava strano. Guardò attraverso le sue iride azzurre e più limpide del cielo non riuscendo a leggervi nulla. Lo osservò da cima a fondo. Non era messo niente male il ragazzo, poteva avere solo qualche anno più di lui, pettorali scolpiti che si intravedevano attraverso la maglietta.. Capelli biondi. Il classico ragazzo per cui le donne farebbero follie. Cosa voleva da Bella, e come la conosceva? Non sapeva se portandolo da lei gli avrebbe fatto un favore. Presentiva però che si sarebbe dato la zappa sui piedi da solo; forte. Nel frattempo non poteva di certo depistarlo, non sarebbe stato sportivo nè possibile. Era uno straniero, a giudicare dalla sua inflessione particolare, ma non stolto. Con un sospiro decise che l'avrebbe osservato e magari sarebbe riuscito a trargli qualche informazione. Aveva un'aria decisa e determinata e sicuramente aveva una missione. Vestiva come un soldato, ma si sarebbe potuto dimenticare che lui lo avrebbe lasciato fare. Mettiti in fila belloccio. Bella è mia. Scambiati i convenevoli, lui racclse i suoi "attrezzi del mestiere", o cianfrusaglie come le definivano i suoi genitori adottivi  e iniziò a guidare questo nuovo misterioso ragazzo nel bosco, osservandolo con discrezione dalla coda dell'occhio. Era perfettamente a suo agio, non aveva un minimo d'incertezza nel camminare a passo spedito fra foglie fangose e residui di neve. Gli ricordava Bella, neanche lei si era mai scomposta per un solo istante. A quanto pare avrebbe dovuto fare qualcosa per migliorare il suo equilibrio o presto l'avrebbero sorpassato. Strinse i pugni e lo osservò meglio. La sua pelle era chiarissima, senza imperfezioni o cicatrici evidenti. Solo i suoi vestiti facevano supporre che fosse un soldato, anche se non lo vedeva prendere ordini da qualcuno. Troppo indipendente.

Si sorprese quando venne distratto dai suoi pensieri proprio da quella voce che lo aveva anticipato nella sua domanda:

- Così conosci Bella? La sto cercando da un periodo a questa parte..- Criptico e vago... Avrebbe dovuto fare lo stesso. Rispose grattandosi il taglio sulla mano destra, quello che gli faceva male anche dopo anni dacchè glielo avevano procurato i suoi...

- Si, ci conosciamo da un pò e si può sapere il motivo? Se non sono troppo indiscreto. - Si aspettava una risposta evasiva o tutt'al più una frase che lo avrebbe rimesso al suo posto con gentilezza, invece si sorprese quando vide che iniziò a parlare con uno sguardo perso sulle fronde degli alberi, come ricordando.

- Bella e io ci conosciamo da molto tempo e ci siamo sempre aiutati fra di noi. Da dove veniamo non è semplice compiere una scelta diversa da ciò che t'impongono e per questo l'ho sempre ammirata. L'avrei lasciata andare quando è fuggita, ma sono venuto perchè questa stessa scelta sta per ritorcersi contro di lei e sono venuto qui per impedirlo. -

Bella era fuggita? Perchè? Come? Cosa le era successo? Moriva dal desiderio i chiederlo ma probabilmente era già fortunato che gli avesse rivelato queste cose e che si fosse lasciato sfuggire quella confessione, rinvangando chissà quali ricordi che aveva vissuto con Bella. Sembrava molto legato a lei, e per quanto ne fosse geloso, gli risultava meno odioso sapendo che le era stato vicino in qualsiasi periodo duro lei avesse vissuto. Dove lui non c'era e non ne era a conoscenza... Ma cosa pensava? Lui nemmeno la conosceva bene, Bella. Il passato non si poteva cambiare in alcun caso.
Si apprestavano ormai ad avvicinarsi all'albero dove l'aveva vista l'ultima volta, mentre si nascondeva nell'ombra da lui, e il suo giudizio. Accelerò il passo. Bene, via il dente, via il dolore. Doveva solo impegnarsi di più per conoscerla. Ian partiva già avvantaggiato, maledetto. Ritirava il suo giudizio su di lui. Era il nemico.
Giunto di fronte alla porta di casa bussò alla porta e attese di sentire qualsiasi rumore che gli preannunciasse la sua presenza in casa, o il suo arrivo. Invece quasi sobbalzò quando la porta si aprì anche fin troppo velocemente, rivelando la ragazza con il viso sporco di farina e un'espressione comicamente infastidita sul bel viso. Come le erano mancati i suoi bizzarri occhi dorati che si erano appena soffermati su di lui per un lungo istante per poi passare con costernazione in rassegna del nuovo venuto. Quel ragazzo, di cui non conosceva neppure il nome la fissava con intesità crescente, irrigidito. Sembrava che si stesse trattenendo dal fare qualsiasi cosa gli stesse passando per la testa, ma a giudicare dalla sua espressione, una commistione di gioia, affetto e rabbia, non sapeva se sarebbe stata una buona cosa o meno. Senza accargersene, si era lievemente spostato di fronte la figura di Bella in modo protettivo, tanto che la ragazza lo spostò gentilmente con una mano e un sorriso rassicurante. Non lasciò mai la presa sul suo braccio, neanche quando si era rivolta al suo accompagnatore che era evidente mai si sarebbe aspettatandi vedere. Di nascosto sciolse la presa delicatamente e avvolse la sua mano nella sua per incoraggiarla silenziosamente. Non sapeva se ciò che gli aveva raccontato il giovane corrispondesse alla verità, per ciò che conosceva poteva essere qualche ex fidanzato o un brutto ricordo del suo passato che lui avevo condotto direttamente alla sua porta. Fu smentito da uno strano sorriso che comparve sulle labbra di Bella, arrogante e rilassato, e dalle parole con cui accolse il ragazzo. Si rese conto che non conosceva affatto Bella. Certo, dopo pochi giorni non poteva avere neanche un'idea del suo carattere e sospettava che fosse tutt'altro che semplice come personalità. Per quanto l'avesse stuzzicata e provocata non aveva mai visto quel sorriso. Una cosa in più da invidiare a quel ragazzo. Sembrava un cane rabbioso ma non poteva impedirselo. Ciò che importava in quel momento è che Bella fosse al sicuro.

Doveva capire cosa stesse succedendo perciò presto ben ascolto a ciò che disse:

-Ian. Mi chiedevo quando saresti arrivato. Hai la testardaggine che il marmo a confronto è di creta. Qual buon vento ti porta qui? Credevo di aver chiarito di non voler essere seguita. -

Avrebbe ascoltato senza interporsi fra loro se non se necessario. Si sentiva quasi d'intralcio, però voleva starle vicino.

IAN

Quell'umano lo irritava, con i suoi gesti protettivi e il suo sguardo a tratti finatamente minaccioso. Come se avesse potuto resistere ad uno scontro con lui. Sarebbe morto quasi all'istante probabilmente e non se ne sarebbe accorto. In che guai si era cacciata Bella? Cosa le passava per la testa per far avvicinare così un umano a loro? Era ridicolo il tentativo di quell'umano di proteggerla.Non sapeva nulla della loro razza o non si sarebbe comportato in questo modo. Gli uomini erano tutti uguali. Dacchè viveva si erano comportati sempre tutti allo stesso modo, prima paura, poi disprezzo e timore. Ciò che non conoscevano li mandava fuori di testa. Erano così fragili e limitati, non per le loro ondizioni fisiche che naturalmente erano inferiori a lui, ma per le capacità mentali. Ma forse pretendeva troppo da degli esseri che aerano cresciuti per millenni affidandosi a miti e leggende per poi cambiare versione. Nessuno che cercasse di scoprire la verità celata dietro quei racconti. Se esistevano c'era un motivo, e se erano così fiabeschi ancor di più. Poi gli umani tendevano ad esagerare ogni cosa. I vampiri erano una razza completamente diversa, ma lui si poneva nel mezzo. Erano capaci di un'incredibile crudeltà e si vergognava terribilmente per ciò che erano in grado di fare. Almeno in questo, gli umani erano più "umani" appunto. Il vampirismo amplificava ogni cosa, e con il dilatarsi del tempo ogni cosa cambiava molto, tranne loro che rimanevano statici nel tempo, persino la percezione del giusto e sbagliato diventava un confine sottile. Conservare una propria integrità e propri principi quando tutto il mondo e le persone si trasformavano diventava ogni giorno più difficile. Era l'amara realtà. Con la vecchiaia anche loro risentivano di una morte che per loro non ci sarebbe mai stata se non per mancanza di sangue oppure l'attacco di un altro vampiro. La sua "infanzia" da vampiro era stata molto dura in mezzo a quegli umani, perciò li disprezzava. Da quando aveva conosciuto Bella non li considerava più come qualcosa di cui cibarsene e dalla sua storia aveva scoperto che in fondo non erano proprio tutti uguali gli umani ma ciò nonostante non riusciva a non provare odio anche se cercava di contenerlo, dal momento che ne sapeva il motivo. Nonostante ciò era terribilmente sollevato di vederla, a prescindere con chi passasse il tempo. Aveva fatto tutta quella strada perchè doveva assolutamente raccontarle le novità, e si era assunto dei rischi enormi. Rischi che impallidivano di fronte al suo viso sporco di farina e la sua espressione mentre cercava di nascondere la gioia e l'imbarazzo sotto un velo di sarcasmo.

Ma lui la conosceva, perciò non vi diede peso.

Perciò rispose dicendo:

- Un messaggio coinciso supplichevole sul mio letto non mi sembrava una spiegazione chiara ed esaustiva. Francamente credevo che se mai avessi deciso di scappare me ne avresti quanto meno informato e sapevi che sarei voluto venire con te. Fare l'eroina da sola non ti sarà d'aiuto lo sai? E dovresti saperlo che sono un pò duro d'orecchi. Volevo vedere come stava la mia Bellina. -

Con un sorriso a trentadue denti la vide sbuffare stizzita, perchè odiava quel nomignolo. Gli era scappato quell'aggettivo possessivo ma sperava che non ci avrebbe fatto caso. Erano novant'anni che si conoscevano e che lui era follemente innamorato di lei ma la ragazza caparbia e sbadata in questione o non se n'era mai accorta, oppure aveva sempre fatto finta di non saperne nulla. Il risultato è che avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei. Aveva accettato anche lo "stile vegetariano" che lei si proponeva per sostenerla nel voler realizzare questo suo progetto. Era riuscito a giungere senza difficoltà a Seattle, sentendo distintamente il legame con lei, dopodichè per non farla iinsospettire aveva dovuto affidarsi semplicemente al suo fiuto di cacciatore e all'istinto, cercando delle tracce di lei e impegnandosi per evitare controlli. C'erano talmente tante guardie vampiriche nei paraggi che era un miracolo che Bella ne fosse rimasta immune per tutto quel tempo... Certo meglio questa lontana possibilità che l'altra opzione, che lo riempiva di terrore e pe usare un'espressione umana, l'idea gli faceva "tremare i polsi".

Bella si scostò una ciocca di capelli dal viso e guardandolo con circospezione gli disse:

- Presto ci avrebbero presi entrambi, non volevo che fossi coinvolto, ma dimmi Ian... Sei venuto con le tue gambe o ti hanno mandato? Ma che maleducata, entrate dentro casa e parliamone. Abbiamo molte cose da discutere. -

Quest'ultima affermazione l'aveva profondamente offeso. Mai in nessun caso avrebbe tradito la sua amicizia venendo per conto di quegli strozzini. Si sarebbe fato torturare ed uccidere nel tentativo di carpirgli informazioni su di lei. Avrebbe aggiunto anche questo aspetto alla lunga strigliata che l'aspettava.

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Capitolo 12
*** Dissapori (1) ***



Buonaseeeeraaaa a tuttiiiiiii. Dopo un'eternità che non posto sono riuscita finalmente a pubblicare un nuovo capitolo. Non ho scuse per il mio ritardo apocalittico, ma sto studiando per degli esami importanti e non prendo proprio pace. Come sempre desidero leggere tanti commenti e spero di poter pubblicare al più presto possibile.

~BELLA

Ed eccola lì, nel soggiorno con due uomini che non avrebbe mai creduto che si sarebbero trovati insieme nella stessa stanza, a guardarsi con circospezione per poi voltarsi verso di lei con mille interrogativi nello sguardo anche se per motivi diversi. Sapeva di aver fatto un madornale errore lasciando che Edward entrasse con loro e rischiare così che venisse coinvolto, però aveva bisogno della sua presenza calmante e per certi versi lui cosituiva una garanzia contro Ian nell'eventualità che fosse stato mandato dai Volturi per riportarla indietro. La prima legge inviolabile dei vampiri prevedeva proprio che gli umani dovessero rimanere all'oscuro dell'identità e dell'esistenza di quelli della sua specie. Ian non avrebbe mai potuto tradirsi di fronte a lui. Almeno per quel momento erano entrambi al sicuro ma non per molto. Doveva cercare di mantenersi fredda senza cedere a sentimentalismi e scoprire le intenzioni del suo migliore amico. Ne andava della loro incolumità e non solo... Adesso che aveva stipulato un accordo con i licantropi era responsabile di qualsiasi disordine si sarebbe creato in città, e di certo un gruppo di vampiri sanguinari e spietati, che per altro non seguivano di certo la sua stessa dieta, che la cercavano, rientrava nella categoria. Se non era venuto da solo, lei avrebbe trovato il modo di risolvere la questione senza danneggiare il clan dei Quileute, nè i cittadini di Forks, e primo fra tutti Edward. Era un problema fra lei e la sua "famiglia", a costo di fuggire o di morire ma non avrebbe permesso loro di distruggere anche quel mondo e i ricordi felici della sua infanzia custoditi in quella casa. Aveva parlato tanto a Ian di quella dimora, delle stanze e della vista del bosco attraverso le vetrate. Mai avrebbe immaginato che lui adesso si trovasse proprio lì in veste di carceriere/amico/boia. Aveva previsto che sarebbe successo un giorno. I Volturi sapevano bene quali tasti premere per farla cedere, e quale persona migliore del suo unico amico? Di colui di cui si fidava di più in assoluto? Per quello che ne sapeva potevano averlo soggiogato o lo stavano controllando mentalmente obbligandolo a cercarla per loro conto. Le vie di quei vampiri, peggio di quelle del Signore, erano infinite davvero. Alle spalle avevano secoli di tattiche e di guerre, in cui non avevano quasi mai perso. Avrebbe trovato il mezzo per fargliela pagare un giorno. Adesso però doveva cocentrarsi sul dato non irrilevante che nonostante i suoi tentativi di depistaggio, lui l'aveva trovata e che se non aveva già comunicato la sua posizione al suo comandante, sarebbe stata questione di poche ore. Probabilmente era giunto da lei per proporle una soluzione pacifica o un compromesso aspettandosi una sua resa incondizionata prima di denunciarla. Se lo pensava, non la conosceva affatto dopo novant'anni di "convivenza". Doveva risolvere la questione velocemente e allontanare da lì Edward. A quel punto da vantaggio si era trasformato in una debolezza che non poteva permettersi e non poteva mostrare, inoltre doveva risolvere la questione al più presto e non dovevano esserci testimoni. Proprio mentre stava per prendere la parola sentì fra i suoi pensieri una voce estranea, proveniente da un'aura calda e dorata come il sole. Seth le faceva un effetto benefico incredibile, però il messaggio delle sue parole la misero in allerta. Era richiesto il suo intervento per fare una ronda. In qualsiasi altro momento si sarebbe precipitata, entusiasta di dare una mano e onorare il patto, oltre che i licantropi le stessero concedendo fiducia, ma in quel momento, con alle porte uno scontro, non era l'ideale.... Anche se forse il bosco sarebbe stato il luogo migliore per chiarire con Ian senza che nessuno si facesse male o che li disturbasse. Mentalmente le si stava formando già un piano.

Si alzò dal suo posto, di fronte al suo amico, con alla sua destra Edward e guardandoli disse:

- Scusatemi ma ho proprio dimenticato di sfornare le torte! Edward che ne dici di aiutarmi? Avevo promesso che questo fine settimana sarebbero giunte delle deliziose torte in paese e non potrei di certo disattendere le loro aspettative. Perdonami un secondo Ian. La cucina è in fondo al corridoio, prima porta a destra. -

 Lasciò che il ragazzo la precedesse per poter dire impercettibilmente a Ian :

- Dobbiamo parlare-.

Si voltò e fece per uscire dalla stanza, sicura che non l'avrebbe attaccata alle sue spalle, non era nel suo stile, quando sentì la sua risposta che giunse con un tono stranamente collerico:

- Eccome signorina, non hai nemmeno idea di cosa devo dirti-.

Giunta in cucina, richiuse la porta con cura, anche se sapeva che contro i sensi super sviluppati del vampiro del sogiorno sarebbe stato del tutto inutile. Edward aveva uno guardo molto preoccupato e un'espressione strana, che non riusciva a decifrare. Grattandosi il palmo della mano destra le disse:

- Bella, cosa sta succedendo? Ti sei così irrigidita... Eppure hai detto che lui è una vecchia conoscenza... Ti ha fatto del male in passato, per caso? Se lo avessi saputo non lo avrei mai portato da te.-

Con una mano fermò gentilmente quel gesto nervoso che stava compiendo inconsciamente su quella cicatrice e prendendo la mano di lui, la tenne fra le sue. Ma lui non si sottrasse, nè rabbrividì al contatto con la sua pelle fredda. Cercò di tranquillizzarlo:

- Non ti preoccupare, va tutto bene. Abbiamo solo dei problemi in sospeso da chiarire. Adesso non ti posso spiegare ma per il tuo bene devi tornare a casa. Non sei al sicuro qui, io me la caverò da sola. -

La mano che stava stringendo, rafforzò la presa e lo sguardo del ragazzo si fece determinato:

- No, Bella. Non so cosa stia accadendo ma non ti lascio da sola. Smettila di parlarmi come se fossi un debole ramosciello. So badare a me stesso e voglio proteggerti. Parlami. -

I suoi occhi verdi erano di una luminosità incredibile. Che strano scherzo del destino avere incrociato quegli occhi solo in quel momento quando probabilmente se ne sarebbe dovuta andare. Cercò di trovare la calma per usare i suoi poteri e convincerlo ad ascoltarla. Sapeva di star violando la sua mente costringendolo coercitivamente a fare ciò che lei gli chiedeva, ma la sua vita era più importante del rispetto.

Fissandolo negli occhi provò ad entrare nella sua mente con un tono suadente e disse:

- Edward ne devi stare fuori, non ti riguardano queste cose. Dimentica di aver visto Ian o di aver incontrato me. Adesso prendi queste torte e portale in paese. Ho affrontato sempre tutto da sola, e continuerò a farlo. Sono forte, molto più di quanto immagini. Per il tuo bene, per favore vai. -

Era abbastanza sicura che avrebbe funzionato. Dopotutto il suo potere di persuasione aveva funzionato anche con i vampiri più potenti, un normale essere umano non avrebbe potuto resistere. Per un secondo infatti, vide la luce emanata dalle sue pupille affievolirsi leggermente. La sua coscienza stava cercando di lottare contro il suo comando. Poi all'improvviso tornarono a brillare più di prima e lui la afferrò per la vita con entrambe le mani e la strinse con forza, ad una velocità impressionante persino per lei.

Le diede un caldo bacio sulla guancia, pericolosamente vicino alle labbra e le sussurrò vicino all'orecchio:

- So che non sei un semplice essere umano, l' ho sempre saputo, ma non ti permetterò di controllarmi con quei bellissimi occhi dorati. Non ci contare. Me ne andrò perchè me lo hai chiesto e ho capito che ciò di cui dovete parlare non è fatto per le mie orecchie. Ma non pensare che sia finita qui. Voglio sapere la verità Bella. Ti aspetterò al tramonto al limitare del bosco, dove ci siamo salutati l'ultima volta, e lì mi darai delle risposte. - Sfiorando leggermente le labbra con le sue, la lasciò andare ed uscì con passo sicuro dalla stanza, e poco dopo sentì il rumore della porta d'ingresso.

Bella era caduta in uno stato di trans. Non riusciva a pensare nulla se non a quello che le aveva detto e al quasi bacio che le aveva dato. Nessun normale essere umano poteva resistere alla Persuasione di un vampiro. Chi era davvero Edward Cullen? Un momento... Cullen? Non sarà forse...
Fu interrotta nel mezzo di un bruttissimo presentimento dall'arrivo di Ian, di cui si era totalmente dimenticata, logicamente infuriato. Si appoggiò con la schiena al muro, ma non aveva intenzione di aspettare che lui parlasse.

La miglior difesa è l'attacco.

Disse: - Bene, Ian. Adesso che siamo da soli mi puoi dire se Aro mi porta i suoi saluti. Andiamo fuori a chiarire la questione. Questa casa per me è sacra.-
Ian con un gesto della mano si spostò galantemente di lato, lasciando che gli passasse davanti mentre le diceva:

-Ma certo madmoiselle. Ma non è come credi, non sono venuto perchè me lo hanno detto loro. -

Iniziarono a correre l'uno accanto all'altra come avevano sempre fatto quando prestavano servizio per i volturi. Si guardavano le spalle a vicenda e in missione nessuno dei due tornava senza aver trovato l'altro. Lo guardò con sfida, provocandolo a fare una gara. Erano stati da sempre migliori amici ma erano entrambi molto combattivi e competitivi. Cercavano sempre di prevaricarsi, ma in quanto a velocità erano rimasti in pareggio. Nessuno dei due era migliore o peggiore dell'altro. Lo stava portando a un paio di chilometri dal confine e da lì avrebbe avvertito Seth che se avessero sentito trambusto era perchè un "ospite" inatteso era giunto per parlarle. Sentiva già la preoccupazione del ragazzino, ma lo consolò con il pensiero. Mentre Ian la stava leggermente superando perchè lei aveva dovuto evitare un albero, si toccò le labbra che sentiva scottare da quando Edward le aveva sfiorate con le sue. Non andava affatto bene. Anche le mani erano insolitamente calde per il suo tocco. Sperava con tutta se stessa che si stesse sbagliando sull'identità del ragazzo e su ciò che provava per lui. Doveva dimenticarlo per il bene di entrambi, per la sua vita da umano e lei per la sua missione. Non poteva innamorarsi, non lo conosceva nemmeno! Quando nella vita di un vampiro accadeva un mutamento, questo era per sempre. Non poteva vivere per l'eternità o per il tempo che ne restava, a questo punto, con il vuoto della sua perdita. Non l'avrebbe mai trasformato in vampiro, e a quel punto lei stessa temeva il risultato. Edward non era del tutto umano, o meglio aveva delle capacità paranormali, di cui non aveva idea che effetti avrebbe prodotto con la trasformazione. A quanto pare sembrava che non riuscisse a tenersi lontano dai guai per troppo tempo. Certi giorni più che altri sentiva tutto il peso di quei decenni vissuti. Non sempre l'eternità era una bella cosa. Si fermò nel punto che Seth le aveva indicato di dover controllare. Ancora una volta non c'era stato nessun vincitore. Ian aera giunto nello stesso istante e adesso la guardava con uno sguardo molto serio e arrabbiato. Cominciava il divertimento.

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Capitolo 13
*** chiarimenti ***


~BELLA

Giunta nel luogo indicatogli con il pensiero da Seth, si fermò, acuendo i sensi. Non era troppo difficile dal momento che era tesa come una corda di violino, anche se non voleva darlo a vedere a Ian. Cercava di sfruttare tutte le capacità extra che possedeva il vampiro che era in lei, la vista, l'udito e l'olfatto. Anche se i licantropi, o meglio i mutaforma, erano avvantaggiati in questo poichè geneticamente erano nati per individuare e combattere i vampiri, perciò per loro la "puzza" era inconfondibile. Per i vampiri riconoscere i loro simili era complesso perchè il loro odore era simile a quello umano ma c'era una fragranza in più, come una freschezza diversa che svelava la loro presenza. Si complicavano le cose se da lì a poco avrebbe dovuto discutere, o peggio combattere,con Ian; ma lei prendeva molto sul serio gli incarichi e le sue missioni e non avrebbe rinunciato ad adempiere ai suoi doveri. Avrebbe anche dovuto andare all'appuntamento con Edward più tardi, ormai non poteva più ritrarsi nemmeno da questo, ma non poteva rischiare di rivelare la sua natura... E se lui era ciò che sospettava che fosse erano nei guai... Ma meglio affrontare un problema alla volta. Restando concentrata su odori e suoni, si rivolse al ragazzo che l'affiancava guardandolo direttamente in quegli occhi azzurri, così rari per i vampiri come loro.

Prese la parola:

- Allora Ian, mi hai detto che le cose non sono come sembrano. Spiegami allora. Non ho avvertito la tua presenza quando sei arrivato. A cosa devo la tua visita? -
Il ragazzo mise le braccia conserte appoggiandosi ad un albero, simulando un'indifferenza e posatezza che in quel momento gli mancavano del tutto.

Modulando il tono della voce disse:

- Bella, mi ferisce il tuo atteggiamento sospettoso. Ci conosciamo da tanti anni eppure non hai perso la tua diffidenza nei confronti del mondo. Non avrei mai voluto interrompere il tuo idillio da "umana" fuori da tutto ciò che riguarda i vampiri, ma a Volterra stanno avvenendo molte cose che non puoi nemmeno immaginare e come ben saprai ti stanno cercando tutti disperatamente. -

Bella represse un sospiro, consapevole che quello che stava per dire avrebbe determinato il destino non solo della loro amicizia ma di tutte le persone che la circondavano e che aveva appena iniziato a conoscere. Si vedeva che Babbo Natale aveva un bel senso dell'umorismo, o era stata molto cattiva quell'anno. Cercò di imitare la sua posizione, scandagliando vigilmente il bosco intorno a loro e ascoltando gli uccelli stormire fra i rami degli alberi e passare con il loro sfarfallio da una pendice all'altra, mettendo in allarme scoiattoli e altri piccoli mammiferi nei dintorni. Sentiva in lontananza lo strisciare sinuoso di un serpente che probabilmente aveva avvistato la sua preda inconsapevole ed ignara di star per morire ingurgitata o asfissiata. Quel mondo era così, e non potevi farci nulla. O eri il predatore o la preda, o uccidevi per sopravvivere o venivi ucciso. O scappavi o inseguivi. Tutto andava in un unico senso e non tutte le strade per arrivarci erano ovvie. Quale avrebbe scelto Ian?

L'avrebbe scoperto subito. Gli chiese:

-Perciò tu sei venuto per avvisarmi o per incassare la taglia sulla mia testa? Se vuoi combattere non mi tirerò indietro. E poi mi conosci; fidarsi è bene, non fidarsi è meglio. Potrebbero averti plagiato e anche se sei venuto con le migliori intenzioni, potresti attaccarmi. Tutto quello che sta macchinando Aro annoiato della sua eternità non mi riguarda più. Ho finito di essere il suo giocattolo di divertimenti, suo e dei suoi colleghi pseudo-scienzati. Sono stanca di essere trattata solo come un topo da laboratorio. Dimmi piuttosto, come hai fatto a trovarmi? Ho confuso spesso le mie tracce durante il mio percorso. -.

Sentiva ancora la preoccupazione di Seth ai margini della sua mente. Il ragazzo stava valutando se rispettare la sua privacy o intervenire nella situazione. Doveva aver percepito il suo stato d'animo agitato e rammaricato. L'avevano trovata, infine. Prima di quanto avesse creduto. Ricordi dolorosi degli anni passati le scorrevano alla mente senza che lei potesse fermarli. Qualcosa doveva essere trapelata perchè sentiva la tensione di Seth aumentare empre più e quasi riusciva a percepire il suono delle sue zampe che si muovevano con agilità attraverso la fitta boscaglia. Congratulazioni Bella! Sembrava che tutti i suoi propositi dovessero andare in fumo, sia quello di non coinvolgere umani o licantropi nei suoi "affari", sia che nessuno la scoprisse  o la trovase lì... Ma ormai era inutile piangersi addosso; farlo non l'avrebbe aiutata in alcun modo a trovare una soluzione. Doveva assolutamente fermare Seth e farlo allontanare da quella zona. Se fosse scoppiato uno scontro lui di certo sarebbe intervenuto, o il branco... Per non parlare degli umani. Di certo tutto quel trambusto non sarebbe passato inosservato. Da qualunque punto di vista la si vedeva, lei era nei guai. Avrebbe dovuto allontanare in qualche modo Ian da quel luogo, magari convincendolo a seguirla da qualche parte dove nessuno poteva farsi del male o peggio. Con un bel respiro, anche se abbastanza inutile per il suo corpo che non ne necessitava più da tempo, rassicurò l'amico con il pensiero, cercando di far leva sul suo essere una immortale e sul senso del dovere del lupo. Come lei, era molto zelante nel suo lavoro, senza mai ritardare agli appuntamenti o svolgere superficialmente i suoi compiti. Si capivano alla perfezione per quel poco che si conoscevano. Sentì la risposta di lui, vagamente spazientito e impaziente, ma condiscendente. Era meglio così. Risolto, almeno per quel momento, un problema, si concentrò sulla sua prima preoccupazione, che in quel momento la stava guardando con un'espressione molto seria in volto e un pò arrabbiata in verità.

La sua voce le giunse all'orecchio più greve del solito quando disse:

- Isabella Swan, ti stai facendo delle idee assurde. Vivere con gli umani non sta affatto migliorando il tuo senso di diffidenza. Per quanto i passatempi di Aro siano intriganti e a volte anche divertenti, lo ammetto, non mi lascerei mai controllare da essi. Tu e io siamo diversi da dei comuni vampiri, e lo sai. Mi dispiace molto che tu credi tutto questo, ma sono venuto qui oltre che per farti una lavata di capo che non ti dimenticherai per i prossimi cento anni, ma anche per metterti in guardia. Presto inizieranno i preparativi per il rituale, e sai qual'è la chiave mancante. A questo punto Aro sta diventando sempre più potente e pericoloso, non solo per gli umani ma per la nostra stessa razza. - D'improvviso il suo sguardo si addolcì, divenendo di un azzurro scuro, quasi blu, e avicinandosi a lei lentamente, la guardò con uno sguardo adorante e le accarezzò la fronte con reverenza, in corrispondenza della voglia a forma di mezzaluna.

Disse: - Abbiamo bisogno di te. Io ho bisogno di te. Sei sempre stata tu la soluzione a tutto, anche ai miei problemi. Ricordi? Hai sempre detto che ero io che ti ho aiutato sin dall'inizio, ma in realtà tu sei stata la mia salvezza. Mi hai risvegliato alla vita, facendomi provare di nuovo dei sentimenti e trovare un motivo per cui vivere. L'obbiettivo è proteggerti, sempre e comunque, e lo farò. Ho intenzione di rinnovare il mio giuramento -. Così dicendo, si inginocchiò, senza smetterla di guardarla, con un braccio posato sul ginocchio e l'altro con il pugno posato a terra e pronunciò le stesse parole che li avevano legati da almeno un secolo:

-Io, Ian Christopher, giuro solennemente di consacrare la mia vita a te e alla tua salvezza. Il mio unico obiettivo sarà il tuo benessere e la tua protezione. Non anteporrò mai la mia persona alla tua e non ti lascerò mai finchè mi consentirai di stare al tuo fianco. -

Detto ciò si rialzò e le baciò la voglia a forma di mezzaluna e poi la guancia, pericolosamente vicino alle labbra.

In quell'istante Bella era letteralmente congelata sul posto, incapace di parlare o di muoversi, non faceva altro he seguire con lo sguardo le mosse di quel vampiro che credeva di conoscere meglio di se stessa e che invece l'aveva spiazzata con quel gesto e quel bacio. Cosa voleva significare? Ian era sempre stata la sua guida e la sua protezione... Non poteva essere qualcosa in più... Giusto? Spinse questo pensiero in fondo alla mente per pensarci in un secondo momento. La cosa più importante era che non aveva perso il suo amico e non doveva pepararsi a dover combattere contro di lui o vederlo morire. Era giunto fin lì per lei e avvertirla del pericolo che sapeva di star correndo. Finalmente poteva seguire solo il suo cuore che stava ancora gioendo di averlo visto e di starci parlando. Lo abbracciò incurante della forza sovrumana dei suoi muscoli che doveva star esercitando su di lui, perchè era come lei. Sentì di nuovo il suo odore di fiori e del loro posto segreto, immergendovisi. Il vampiro la strinse a sè con trasporto, rischiando quasi di soffocarla, e anche se non poteva vederlo in volto, sapeva che in quel momento stava sorridendo come un ebete, proprio come lei. Quando si staccarono lui la tenne per mano e iniziarono a camminare lungo il perimetro che le era stato assegnato dai licantropi da pattugliare, iniziando a parlare. Avevano molto da chiarire dopo così tanto tempo.... Non la turbava il fatto che la tenesse per mano, lo faceva spesso quando stavano insieme e lo aveva interpretato come un simbolo del loro profondo affetto.

Trovata la voce per parlare, lo rimproverò bonariamente dicendo:

- Lo sai che non sei vincolato da questo giuramento. E poi mi mette imbarazzo che tu ti inginocchi. La tua esistenza è sacra e non dovresti sprecare tempo a difendere una come me. In ogni caso mi metterò nei guai... Ti ringrazio che tu sia venuto ad avvertirmi, devo trovare una soluzione anche per questo... Immagino che Aro non avrà pace finchè non mi troverà. Sei sicuro che non ti abbiano seguito? Dopotutto è abbastanza prevedibile che tu mi saresti venuto a cercare, non pensi che siano sulle nostre tracce? -

Abbassando il capo, aggiunse:

- Non avevo altra scelta Ian. Non poteva coinvolgerti in questa missione suicida. Era qualcosa che dovevo fare da sola. Non so nemmeno più esattamente cosa volessi dimostrare o ricercare venendo qui. Non c'è più nulla di un tempo, solo quella casa antica e adesso mi stanno braccando. E' questione solo di tempo. -

Si fermò quando sentì un colpo alla testa che di sicuro avrebbe tramortito un umano ma che a lei avrebbe fatto il solletico. Quando si voltò, vide che Ian la stava prendendo a pugni, aumentando la forza. Perchè dovevano finire sempre con il fare a pugni? Le scazzottate non le erano mai piaciute.

Senza smettere di sferrare ganci, che lei puntualmente evitava elegantemente, Ian le rispose:

- Quindi eri consapevole che questa fosse un'impresa suicida e l'hai voluta intraprendere lo stesso? Cos'è, ti sei stancata della vita? Non hai pensato a come potessi sentirmi? Sei tutto ciò che mi mantiene sano di mente dopo ciò che avevo compiuto, Bella! Te lo dissi dopo la missione in Giappone, che ti avrei seguita sempre e dovunque. Quel posto non significa nulla con le sue leggi e le sue ingiustizie... A causa tua ho smesso anche di bere sangue umano. - Terminò la frase con una smorfia di disgusto.

Bella era sconvolta. Per anni gli aveva illustrato quell'idea, vedendosi sempre schernita dall'amico e dal resto dei suoi compagni di squadra, e adesso quando lei se n'era andata, lui aveva cercato di comprenderla, provando a seguire quella dieta per lei. Una cosa senza precedenti... Forse Ian era più legato a lei di quanto credesse...
Anche se avevano ancora molto da chiarire, avevano ripreso un dialogo.

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Capitolo 14
*** Alice ***


Salve a tutti i miei carissimi lettori. Ho postato questo nuovo capitolo quasi in tempo, augurandovi uno splendido 2016! Almeno spero. Ringrazio tantissimo chi mi segue e legge oltre che commentare i miei capitoli. Voglio sapere le vostre opinioni!! Per il resto, buona lettura!

~POV EDWARD

Sdraiato sul prato del retro del piccolo ospedale di Forks, fissava il cielo, osservando le nuvole che giocavano a rincorrersi una dopo l'altra, senza un ordine preciso. Erano così veloci da sebrare stormi di uccelli durante le migrazioni. Anche lui avrebbe voluto un posto cui far ritorno nonostante le distanze e tutto ciò che poteva accadere. Ma il suo istinto sembrava muto e la sua casa, persa. Era un nomade, senza fissa dimora o un punto di riferimento. Il bagliore dorato del sole gli fece pensare agli occhi particolari di Bella, a come avevano cambiato colore quel pomeriggio. Si chiedeva se avesse fatto la cosa migliore andandosene da casa sua, anche se lei glielo aveva chiesto. L'aveva quasi baciata... La sua pelle perfettamente liscia e bianca, anche se un pò troppo fredda.. Aveva avvertito una scossa elettrica a partire dalle labbra che stavano baciando la sua pelle alle mani che la stringevano. Una sensazione molto forte che, era il caso di dirlo, l'aveva folgorato.  In quei pochi istanti si era sentito bene, come se non fosse alla ricerca disperata di qualcosa che nemmeno lui sapeva cosa fosse o dove trovarla. Ma iniziavano ad esserci troppe domande senza risposta, e Ian chi era? Un amico di famiglia? Un fidazato? Ma allora perchè era scappata di casa? Anche lei come lui cercava un nido? Doveva conoscere come si sentiva dato che era anche lei orfana come lui. Ricordò il suo volto irritato sporco di farina e scoppiò a ridere senza ritegno. In sua presenza si era trattenuto per non indispettirla, ma ora poteva finalmente liberare tutte le sue risate. Lo scoppio improvviso aveva fatto scattare in piedi Misha che, spaventato, era stato catapultato dai suoi sogni felici fatti di corse e rincorse. Il cane lo guardò con uno sguardo interrogativo, piegando leggermente il capo nel classico gesto che compiono i cani quando si trovano di fronte a qualcosa di inspiegabile per loro. Chissà se lo trovasse pazzo come lui credeva di esserlo diventato. Per una ragazza. Basta così. Chiuse gli occhi, con l'intento di schiacciare un pisolino, nell'attesa. Cercava di sembrare il più rilassato e tranquillo possibile. Di certo non l'aveva turbato un quasi bacio con quella ragazza misteriosa, e di certo non stava fremendo dall'idea di rivederla e di conoscere la verità. Certo che no. Forse a furia di ripeterselo, sarebbe stato realmente così. Non poteva prendersi una cotta per una ragazza che conosceva da poco. I suoi pensieri furono interrotti però da un peso improvviso che gli schiacciava il petto. Aprì immediatamente gli occhi, allarmato, e sentì una risata biricchina sopra la sua testa, vide dei capelli neri svolazzanti e un vestito bianco vaporoso che ad ogni mossa della sua padrona gli solleticava il viso facendogli venire lo stimolo a starnutire.

Prima che potesse reagire, dalla coltre di pieghe a fisarmonica una voce lo canzonò:

- Edwaaardddd, avevo visto che stavi arrivando e ti stavo aspettando già da cinque minuti. Dato che non ti decidevi a venire, ho deciso di prenderti di sorpresa. Cosa stavi facendo al freddo, eh? Di certo non siamo in estate. - E quella bambina impertinente iniziò a saltare sul suo petto come se fosse un materasso e non gli diede tregua finchè lui non la prese per le braccia e non ribaltò le posizioni facendole il solletico ovunque, e le rispose:

- Alice! La mia piccola fata dispettosa! Non si prendono alla sprovvista le persone. Non volevo disturbare il dottor Masen perciò aspettavo qui fuori, e per dirti la verità non mi sono reso conto del tempo che stava passando. Ero sovrappensiero. Ma dimmi, come sta la mia piccola nana malefica? E' sopravvissuto il dottore ai tuoi capricci?-

Alice era una bambina dell'orfanotrofio di cui nessuno si curava. Tutti la evitavano e nessuno la adottava perchè possedeva un dono che spaventava tutti: sapeva leggere nel futuro. Nessuno però ha mai considerato la sua capacità come una qualità in più, ma come un handicap o peggio. Tutti gli altri bambini la deridevano e le facevano molti dispetti che lei era costretta a subire senza potersi ribbellare perchè in quel luogo nessuno era dalla sua parte, e gli adulti se evitavano di fare commenti di fronte a lei, in fondo concordavano con l'operato degli altri orfani. Un'ingiustizia senza pari. Già crescere senza genitori era un'esperienza traumatica, ma vivere in un ambiente ostile e da emarginati per un qualcosa che non si può nemmeno controllare e fa parte della propria natura, è atroce. Lui ammirava molto la sua energia e coraggio, per questo si era subito affezionato a lui, la prima volta che l'aveva vista perchè aveva deciso di fare volontariato in quella struttura. Chi meglio di lui poteva capire il disagio di crescere da soli? Senza sapere dove fossero i propri genitori e se mai li avessero amati? Così andava a trovare quel piccolo uragano quasi tutti i giorni, perchè non voleva che lei si sentisse sola, e dopo la prima volta che l'aveva incontrata, non l'aveva mai più vista piangere. Sembrava un controsenso, ma in realtà vederla faceva bene prima di tutto a lui, lo riempiva di gioia ed energia. Se avesse potuto, l'avrebbe presa e tenuta con sè. Sapeva che non era un cucciolo e aveva bisogno di molte cure, ma l'amava profondamente. Era una bambina adorabile, dolce, ma anche dispettosa e diventava pericolosa quando vedeva dei negozi di vestiti o di scarpe. Eccentrica, ma era impossibile non assecondarla.  Edward non riusciva a concepire come le persone non riuscissero a guardare oltre la sua diversità e notare quanto di buono e gentile c'era in lei. La sollevò di peso e la fece girare velocemente finchè lei con le lacrime agli occhi per le risa non l'aveva implorato di smettere. Soddisfatto la lasciò andare e le permise di fare ciò che la divertiva di più: giocare con i suoi capelli. Li aggrovigliava fra le dita e li scombinava ridendo ai riflessi che cambiavano al sole. Rimaneva minuti interi concentrata sui suoi capelli e lui non poteva fare altro che osservare la sua espressione.

Con le sopracciglia corrugate gli rispose: - Non sono una fata. Le fate non leggono il futuro. E perchè tu lo sappia sono stata bravissima. Il dottor Masen mi ha lasciato giocare con il suo camice e anche i suoi capelli sono simpatici, sai? Come i tuoi. Ha detto che voleva parlarti, vuoi che ti accompagni? - e aggiunse abbassando la voce, quasi sussurrandoglielo nell'orecchio con fare cospiratorio - e... Ho visto parecchie cose interessanti, sai? Per caso il motivo per cui eri sovrappensiero ha dei capelli castani e occhi marroni- dorati? - e gli fece un sorriso grandissimo con quell'espressione da finta innocente.

Ecco perchè la chiamava nana malefica. Anche se sapeva mostrarsi buona e gentile, in realtà era furba come una volpe. Per la sua età aveva una statura minuta, ma si muoveva con grazia, e anche una salute cagionevole. Il che gli fece ricordare il motivo per cui si trovava lì in quel momento. Nascose l'imbarazzo crescente e cercò di dominare la curiosità che aveva su Bella. Cos'aveva visto Alice? Moriva dalla voglia di saperlo, ma venirne a conoscenza forse avrebbe alterato il destino, e ciò avrebbe potuto giovare come anche dare conseguenze gravissime. Poi chiederle di rivelare ciò che aveva visto, per lui, era come sfruttarla per i suoi scopi. Sapeva che lei non era ancora a suo agio con la sua abilità più di quanto lui non lo fosse con la sua... Perciò non la forzava, e al più non le poneva nessuna domanda. Le sorrise solo dolcemente e la strinse nel loro abbraccio stritolatore che si scambiavano ogni qual volta si vedevano. Era molto contento di vederla in buone condizioni. Sperava che il dottor Masen volesse riferirgli solo esisti positivi per la sua guarigione.

Quando allentò la stretta vide la bambina spostarsi una ciocca di capelli dalla fronte e sbuffare frustrata. Dopodichè gli disse:

- So che tu non mi chiederesti mai nulla su ciò che ho visto, perciò ti dirò qualcosa io. Ascolta: Innanzitutto la voglio conoscere perchè so che diventeremo molto amiche in futuro e poi una persona che le è vicino farà parte della mia vita, non so nè quando nè come, ma so che è così. Quella ragazza cambierà totalmente le nostre vite, perciò non lasciartela scappare, ma sta attento, non è una persona come tutte le altre e presto dovrai fare una scelta molto difficile...Ma non fare quella faccia, fratellone! Andrà tutto bene!!- Prendendolo per mano, cambiò totalmente espressione, tornando il tornado allegro di sempre.

La sua premonizione gli aveva fatto venire la pelle d'oca. Aveva una faccia molto seria. Strattonandolo per la mano lo incitò a camminare, conducendolo verso l'ospedale e riempiendolo di racconti e aneddoti. A quanto pare, nemmeno un luogo come l'ospedale riuscivano ad inibirla. Era una forza della natura. A lui quei luoghi, completamente bianchi e candidi con il costante odore di detersivo e medicine gli trasmettevano una profonda inquietudine, non se ne spiegava bene il motivo, ma più se ne teneva lontano e meglio era. Per la sua piccola Alice però avrebbe fatto di tutto, pensò. Ecco che riprendeva con il tono paterno! Trovato l'ufficio del dottor Masen bussarono contemporaneamente alla porta, sorridendo subito dopo. Edward prese il piccolo tornado in braccio e se la strinse forte al petto mentre lei con un sorrisone faceva un urletto di gioia e iniziava ad intrecciargli i capelli come se fosse una bambola e scompigliandoglievi. La lasciò fare, accostando il viso al suo. Quando la porta si aprì vide gli occhi dorati del dottore illuminarsi di gioia nel vederlo e salutarlo con una calorosa stretta di mano e una pacca sulla spalla, attento a non infastidire Alice. La sua voce gentile e rassicurante li accolse invitandoli ad entrare.
Edward conosceva il dottor Masen da qualche tempo, lo aveva incontrato quando suo padre adottivo dopo l'ennesima bevuta si era sentito troppo male e lui non sapendo cosa fare aveva chiamato il numero nella rubrica del padre dove compariva la voce, dottore. A rispondere dopo un paio di squilli era stata quella voce dolce che tranquillizzandolo gli aveva chiesto cosa avesse il padre e che si era precipitato da loro in un lasso di tempo incredibilmente breve dopo avergli dato l'indirizzo. Non appena gli aveva aperto alla porta era rimasto basito. Tutto di quell'uomo era affascinante. Non avrebbe saputo dire con esattezza quanti anni avesse, ma doveva essere sulla trentina o giù di lì. Il suo portamento, gli abiti con la camicia leggermente slacciata, il camice mettevano quasi in soggezione, mentre il suo viso era e sguardo erano di una bontà unica. L'unico pensiero che era riuscito ad elaborare era che doveva trattarsi di un angelo, che appena l'aveva visto si era commosso come se avesse visto una persona cara. Nonostante il suo comportamento bizzarro, il suo intervento tempestivo, avevano impedito che il padre entrasse in coma etilico, dopodichè mentre il padre adottivo era rimasto sdraiato totalmente inconsapevole di cosa stava accadendo, quell'angelo era rimasto con lui raccontandogli alcune storie che lo avevano fatto ridere e dandogli il suo numero nel caso avesse avuto bisogno, anche solo per una chiacchierata. D'allora l'aveva visto alcune altre volte, principalmente per far controllare lo stato di salute di Alice, ma lui non aveva mai avuto il coraggio di presentarsi a casa di quell'uomo, nonostante qualcosa del suo aspetto gli fosse così familiare e rassicurante... Cos'avrebbe potuto raccontargli? Non poteva sobbarcare le sue preoccupazioni a uno sconosciuto. Poi lui era un medico, di sicuro ogni giorno affrontava e vedeva cose orribili, che di certo non avevano a che fare con i suoi problemi, una nullità al confronto. Era pur sempre un uomo, e come tale doveva affrontare ciò che accadeva da solo. Il comportamento del dottore nei suoi confronti non era mai cambiato fino a quel momento, neanche sapendo che famiglia avesse e rattristandosene molto. Alcune volte gli raccontava di sua moglie, e di un figlio che adorava anche se non vedeva spesso, ed allora i suoi occhi si accendevano di amore. La stessa reazione che aveva ogni volta che lo vedeva, non sapeva spiegarsi il perchè, forse perchè lo aveva preso a ben volere dopo aver saputo della sua famiglia o forse gli ricordava in qualche modo il figlio come gli aveva detto una volta, quasi imbarazzato. Non credeva che esistessero uomini così, che non gridassero, non rompessero oggetti, e dedicassero la loro vita ad aiutare gli altri. Il dottore rappresentava l'esempio di uomo che lui avrebbe voluto diventare, se fosse che la sua esistenza rimanesse così irreale. Nella sua mente rimaneva un angelo travestito di spoglie umane sulla terra. Però manteneva un contegno e cercava di mostrarsi normale in sua presenza. Si sedette sulla poltrona che gli aveva indicato il dottore mettendo Alice sulle sue ginocchia mentre quest'ultima si dibatteva cercando di arrampicarsi ovunque sul suo corpo. Sgusciava dalla sua presa come un'anguilla. Prese una ciocca più lunga delle altre che aveva fatto crescere appositamente per lei e gliela porse in modo che stesse tranquilla. Chiunque l'avrebbe preso in giro per questo motivo, se non fosse che lui la nascondeva sempre sotto la maglia, e la sfilava solo con Alice per farla divertire. Gli unici che ne erano a conoscenza a parte la bambina, era il dottore che sorrideva con una tenerezza infinita nel vederlo, e il suo barbiere che lo aveva guardato corrucciato quando gli aveva chiesto di non tagliere una ciocca. Era esageratamente stucchevole ma non poteva farci nulla. Per far sorridere Alice avrebbe anche imparato a camminare sui trampoli se lo avesse volto, e lui aveva paura delle altezze, anche minime.

Schiarendosi la voce, il dottore gli disse allegramente:

- Sono lieto di annunciarti che questa signorina si è completamente ristabilita e posso dimetterla anche oggi pomeriggio. -

- Perfetto- Rispose Edward sorridendo grato e riempiendo la sua piccola di carezze. Osservò il viso del dottore e vedendo che questi aveva ancora qualcosa da aggiungere, aspettò che finisse di parlare, ma aveva un cattivo presentimento.

Infatti gli disse:

- Il problema è che Alice non può assolutamente tornare in quel posto, con il freddo e l'umidità potrebbe risentirsi di molto la sua bronchite e la sua salute è abbastanza debole perciò dovremo trovare un posto dove lei possa stare sicuro e protetto, qualcuno di cui ti fidi ciecamente Edward, dopo tutto sei ciò che più si avvicina ad un fratello o un padre per lei. Mi dispiace perchè è una scelta difficile, ma ne va della sua salute- I suoi occhi erano tristi e incerti, come se in realtà volesse proporre un'alternativa non sapesse con certezza la sua reazione.

Ci pensò un pò di tempo e poi rispose:

- Dottor Masen...-

- Chiamami Carlisle per favore- Quel nome gli fece scattare una lampadina nella mente ma fece finta che non lo avesse sorpreso. Non poteva essere... No, avevano cognomi diversi. Si concentrò allora su ciò che stava per dire.

- Carlisle, io non sono ancora maggiorenne altrimenti l'avrei adottata già da tempo, e anche se mi concedessero la possibilità di tenerla, casa mia non è posto sicuro per lei... Mi dispiace ma l'unica persona di cui mi fido, è lei. So che sarebbe molto impegnativo ma potrebbe tenere lei Alice per un pò di tempo? Sono sicuro che sarebbe molto più tranquilla stando con qualcuno che conosce piuttosto che cambiare ambiente in compagnia di estranei e...-

L'uomo lo fermò alzando una mano sorridendo e rispose:

- Edward in realtà stavo per proportelo io, se non fosse che non avrei voluto offenderti. Potremmo adottarla noi se non è un problema e tu potresti venirla a trovare ogni volta che vuoi. Mia moglie poi è molto affettuosa e adora i bambini. Non cerca altro che qualcuno a cui riversare tutto il suo amore. Sempre che non ti dispiaccia piccolina. - e aggiunse chinandosi sul faccino della bambina  : - che ne dici Alice, vuoi venire a casa mia e conoscere mia moglie? Sa fare dei biscotti buonissimi. -
La bambina sorrise e dopo un attimo rispose allegramente : - certo signore mi farebbe molto piacere, così non devo vedere per un pò quelle camere tristi. -

Guardando Edward un pò preoccupato per lei gli rispose : - Sta tranquillo fratellone, andrà tutto bene. Ho già visto che saranno molto buoni e gentili con me. Io farò la brava. -

Per quanto si volessero bene non lo aveva mai chiamato in quel modo... Era arrossito come un pomodoro e a stento riuscì a chiederle:

- Fratellone??-

Lei gli fece l'occhiolino e gli disse a bassavoce : - Presto capirai tutto. Devi solo avere il coraggio di chiedere. Ti aspetto fratellone! Voglio conoscere al più presto Bella. Devo parlarle. -

Cosa stava complottando quella fata malefica?
Scompigliando i capelli di entrambi era uscita dalla stanza prendendo le chiavi che Carlisle le aveva porto, probabilmente per entrare nella sua macchina.
Carlisle non poteva fare a meno di ridere. Gli posò una mano sulla spalla e dandogli un bacio sulla guancia gli diede il suo indirizzo civico.

Abitava un pò fuori la città, si sarebbe fatto una bella passeggiata. Mentre lui stava per andarsene il dottore lo fermò sulla soglia richiamandolo indietro e gli disse:

- Comunque riguardo la capacità di Alice non ti preoccupare, l'ho notata e non mi condizionerà affatto nel mio comportamento. Mia moglie ha una mentalità molto aperta quindi ce ne prenderemo cura trattandola come una bambina normale. Ti aspetto presto. -

Annuì osservando bene quegli occhi dorati, che in qualche modo aveva già visto da qualche parte , nello sguardo di qualcun'altro.. Salutò con la mano dopodichè chiuse la porta dietro di sè e si apprestò ad uscire da lì. Sembrava che le cose si sarebbero risolte.

POV SCONOSCIUTO

Signor Cullen,
verrò da lei a farle rapporto questo pomeriggio. L'ho vista al quanto occupata oggi.. Spero che non abbia problemi a dire la verità. Posso chiederle un favore? 
Suo devoto servitore

 

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Capitolo 15
*** CHIARIMENTI 2 e ricordi ***


Salve a tuttiiiii. Mi scuso infinitamente per i miei continui ritardi con la pubblicazione e con la storia, ma non avendo molto tempo per scrivere, devo ogni volta farmi un veloce resoconto di ciò che voglio raccontare e dei personaggi per non contraddirmi con gli altri capitoli e distaccarmi dalla storia. Vi prometto che già dal prossimo capitolo si xapiranno molte cose e finalmente avremo l'atteso incontro con Edward! Miraccomando leggete e commentate se potete, mi farebbe piacere conoscere le vostre opinioni.

~POV SCONOSCIUTO

La tasca dei jeans stava vibrando da almeno dieci minuti per i messaggi, che con tutta probabilità, gli stava inviando il suo capo con le coordinate del suo incarico. Stava osservando l'obiettivo delle sue ricerche e del suo viaggiare mentre esso si stava spostando per la boscaglia, quindi non poteva distogliere l'attenzione proprio in quel momento. Erano settimane che la osservava, mesi che la cercava, anni che l'aveva perduta e mai più ritrovata, fino a quando non si era unito ai Cullen. Loro lo avevano salvato dal destino di sangue e morte che lo aveva inghiottito come le fiamme fanno con qualsiasi cosa si trovi accanto, bruciano e distruggono. In cambio della loro protezione lui, per il senso dell'onore che gli avevano insegnato sin da piccolo, per sdebitarsi era diventato loro servitore. Il suo padrone e la moglie lo consideravano come un figlio, o un familiare, ma lui non poteva accettare il loro affetto incondizionato; non quando la sua vera famiglia era smarrita e dispersa per il mondo, non con una missione fallita ed un debito da pagare. Quando avrebbe risolto tutte le sue questioni, allora avrebbe potuto guardare il signor Cullen senza paure e ringraziarli per la loro bontà, per allora avrebbe dimostrato la sua gratitudine con i fatti. Per lui era una questione di principio, per stare in pace con se stesso. Non voleva essere legato alle persone da altro che non fossero affetto e stima, e non debiti, favori  o altro. Di tempo dopotutto ne aveva eccome, l'intera eternità e finalmente dopo secoli era tornato a casa, ritrovando tutto come prima e allo stesso tempo irrimediabilmente cambiato. Lei non era più una bambina, ma una donna, una ragazza vampira che lui non conosceva, e non immaginava come aveva passato tutti quei secoli. In quel momento, quando la vide rientrare nella sua abitazione in compagnia di quello strano vampiro dagli occhi azzurri di cui ignorava l'identità si concesse finalmente di prendere il telefono dala tasca e interrompere quell'incessante vibrare. Guardando il nickname sul display si sorprese notando che non si trattava del suo capo. Rispose al secondo squillo, portandosi il microfono vicino all'orecchio non aspettò che il suo interlocutore rispondesse, lamentandosi per le numerose chiamate alle quali lui non aveva risposto:

- Ciao. Ascoltami, dobbiamo incontrarci il prima possibile. L'ho trovata e devo aggiornarti su alcune cose. Devi fare nel fratempo delle ricerche per me su una persona, se possibile. Aspetto una tua e-mail entro stasera se possibile. Ti invio i dettagli per messaggio. Ci sentiamo. -

Con un sospiro, chiuse la chiamata e guardò nuovamente quella casa nel bosco. Bene, era ora di guadagnarsi il pane!

POV BELLA

Era seduta sul pavimento da diverso tempo, e per qualsiasi umano sarebbe stata una posizione scomoda o avrebbe avvertito il freddo pungente, ma per lei no. Non sentiva nè il freddo nè il caldo più torrido. Aveva assunto la posizione del loto, utile per la meditazione e il dialogo con il proprio spirito. Sembrava una stupidaggine, ma aveva scoperto che in realtà funzionava. Era una tecnica buddhista, che usavano per trascendere al Nirvana, o essere illuminati da esso, solo coloro che ne possedevano le capacità e il potere potevano esercitare la meditazione, e lei, in quanto a concentrazione e poteri psichici era nettamente superiore agli umani. Nonostante negli anni avesse sviluppato quest'arte assime a Ian, ne era rimasta terribilmente affascinata per le infinite possibilità che le si presentavano. Non solo annullava tutto ciò che la circondava, suoni, odori, colori, ma poteva vedere se stessa, la parte più nascosta di sè e conoscere i suoi desideri e le paure più oscure. Per un vampiro il controllo era il mezzo più sicuro per vincere. Senza contare che solo quando era in quel particolare stato mentale era totalmente tranquilla, rilassata e felice. In fondo in fondo non aveva mai scartato l'idea di essere un pò buddhista. Anche Ian, seduto di fronte a lei era totalmente concentrato. La conversazione che stavano per avere non doveva essere sentita da nessun altro, nemmeno da delle eventuali spie dei Volturi, perciò avevano deciso di riaprire il loro canale psichico e poter comunicare liberamente. Era alquanto preoccupata di cosa avesse da riferirle Ian. Da quello che le aveva accennato l'ultima volta, aveva qualcosa a che fare con la cerimonia e il rituale, ma era ancora presto per farlo! Il dubbio che qualcuno l'avesse seguito non l'abbandonava mai del tutto, e iniziava a sentirsi in colpa per il pericolo a cui aveva esposto tutti gli abitanti di Forks, per la sua nostalgia. Dopotutto, quale sarebbe stato il primo luogo dove l'avessero andata a cercare nel caso in cui fosse scappata? Non era forse il luogo in cui era nata e cresciuta? Che ingenua era stata a credere che le sue false piste li avrebbero deviati dallla sua meta. Aveva pensato solo a se stessa e al suo bisogno di scappare. Lei voleva essere diversa da tutti gli altri vampiri che si nutrivano e studiavano gli esseri umani. Lei voleva dimostrare che loro fossero degni di esistere, e invece di trattarli con il dovuto rispetto li aveva messi in pericolo. Pensandoci attentamente, in realtà ovunque sarebbe andata, o chiunque avesse avvicinato, avrebbe messo a rischio le loro vite. Forse tutta questa missione era stata solo un'idea suicida, o dettata dal suo desiderio di evasione. Era stata una sciocca oltre che ingenua. Mentre terminava di formulare questi pensieri, accorgendosi di aver perso la concentrazione, sentì la voce di Ian nella sua mente. Così era riuscito ad aprire il canale. Era un pò infastidita in realtà dal fatto che non se ne fose accorta e che lui stava ascoltando le sue riflessioni senza palesare la su presenza e con indiscrezione. Gli avrebbe dato un pugno se non fosse che avrebbe dovuto interrompere il processo e poi ricominciare daccapo.

Prima che lei potesse commentare la sua mancanza di tatto e educazione il ragazzo la consolòcon il pensiero:

- Preoccupati di tutto, ma non del fatto che mi hanno seguito. Ti spiegherò tutto dall'inizio. Quando sono tornato dalla missione, il giorno in cui tu sei scappata, sono andato a fare rapporto ad Aro, che aveva appena terminato un pasto quindi era abbastanza... Eccitato. Hai scelto il momento perfetto per la tua fuga. Dopo il resoconto della missione, mi ha detto molto compiaciuto che presto il rituale si sarebbe compiuto e che io avrei dovuto supervisionarti. Il tempo per loro scorre differentemente come sai, e ha fissato la data per la notte di Valpurga, il primo maggio. La conosci l'ironia complicata di Aro. Quella notte è speciale perchè si crede che escano le streghe a ballare in onore della luna, considerata di buon auspicio. Se è nella fase crescente è quella adatta per creare incantesimi e formule magiche, mentre se la luna è decrescente è il tempo per i malefici e l'uso della magia nera. Lo stesso giorno, festeggiano anche alcune sette sataniche e per quanto faccia impressione, il folklore ha sempre associato la nostra natura ai demoni e come progenie dell'Inferno, e in qualche modo il nostro capo vuole prendersi beffe di questa leggenda assecondandola. Poi la tua esistenza è assolutamente singolare in un mondo così sterile e chiuso. So che è alquanto strano da credere, streghe e magia... Però se esistiamo noi vampiri, cosa ci dice che non esistano anche altre creature sovrannaturali? Poi non ho mai conosciuto un vampiro che avesse una voglia; e mai con quella forma particolare. Mi sembra troppo casuale l'eventualità che tu abbia il segno di una mezza luna sulla fronte... Lo so che tu non vuoi sapere nulla riguardo le tue origini e i tuoi genitori, ma credo che tu debba sapere di più sul tuo passato. Solo in questo modo potremo scoprire lo scopo della cerimonia, cosa aspettarci e perchè sei un elemento così importante per loro. Dopo che ho trovato il tuo messaggio accanto alla nostra foto, ho giurato che avrei fatto di tutto per proteggerti e aiutarti anche nel momento in cui non l'avresti voluto. Per questo ho atteso di conoscere le mosse di Aro e di nascosto l'ho osservato mentre persa la sua usuale calma lanciava direttive con voce alquanto seccata, e sai cosa succede. Non potevo venirti subito a cercare perchè sarebbe stata la cosa più scontata da fare e loro lo sapevano. Mi hanno messo occhi e orecchie alle calcagna per settimane, e solo quando hanno iniziato ad abbassare la guardia e credere che forse non ero così legato a te da partire, ho potuto agire. Così per togliersi definitivamente ogni dubbio e togliermi d'impaccio, hanno pensato bene di affidarmi una missione dall'altra parte del mondo. Io ho fatto tutto ciò che mi chiedevano di fare, pensando al da farsi. Ho cercato molte volte di contattarti telepaticamente e riaprire il nostro canale di comunicazione ma ti eri chiusa totalmente a me, avevi sbattuto la porta e chiuso la serrature con due mandate. Così ho preso la mia sacca da viaggio mettendovi tutto l'indispensabile e sono partito per la missione, cambiando rotta appena possibile. Conoscendo le tue abitudini e la tua dieta sapevo che ti saresti tenuta quanto più possibile lontana dai centri troppo affollati e che ti saresti tenuta ai margini di boschi e luoghi dove mimetizzarti al meglio e cacciare, perciò rintracciare il tuo percorso non è stato eccessivamente difficile. Il tuo tentativo impacciato di depistarmi è stato totalmente inutile oltre che inefficace. Davvero credevi che sarebbe servito a fermarli dal cercarti? Sai perchè sapevo dove ti saresti diretta? Sono consapevole del fatto di non averne il diritto, e ti arrabbierai tantissimo, ma ho fatto delle indagini negli archivi di Aro e dei suoi compari scoprendo alcune cose su di te che credo che tu debba sapere. -

Bella non sapeva se avrebbe dovuto essere riconoscente verso l'amico che stava cercando di aiutarla e nonostante tutto aveva dimostrato di non averla abandonata, delusa perchè i suoi propositi si stavano dimostrando controproducenti, arrabbiata perchè aveva osato indagare su di lei, a sua insaputa e per di più rischiando di essere scoperto e di non uscire mai più da quell'archivio. Non vivo perlomeno. Una serie di sentimenti contrastanti si stavano alternando dentro di lei, minacciando di rivelare i suoi veri sentimenti e interrompere il collegamento. Era stanca di avere paura e di lottare contro il destino, ma non voleva ancora conoscere tutta la verità, sulle sue origini e sul perchè fossero riusciti a catturarla quasi un secolo prima, strappandola dalle braccia di Carmen e dalla protezione di Jasper... Sentiva in quel momento tutto il peso della sua "vecchiaia". Quei cento anni di addestramento, sangue innocente versto, vergogna e odio per se stessa. Tutto il terrore e la solitudine con cui aveva convissuto soprattutto all'inizio. Desiderava solo diventare incorporea come l'aria, trasformarsi in vento ed andare a poggiarsi delicatamente sugli alberi come gli uccelli, far muovere le foglie e scompigliare dolcemente i capelli delle persone tristi o sconfortate che sentivano di essere sole. Entrare nelle case per respirare calore familiare, oppure litigi, vedere la vita scorrere sotto di lei e per una volta farne parte e non semplicemente essere un'osservatrice dall'esterno. Non avere catene che la imprigionassero o ricordi che la tormentassero ad ogni ora del giorno e della notte, le immagini dei crimini a cui aveva dovuto assistere. Non poteva mai dimenticare il giorno del suo arrivo a Volterra.

FLASHBACK

L'uomo si chiamava Dimitri. Non che glielo avesse detto, anzi non le aveva mai rivolto la parola durante tutto il viaggio. Le aveva solo liberato la bocca dalla sua mano enorme e gelidamente bianca quando lei aveva dato segno di smettere di urlare, ma non aveva accennato a diminuire la presa sul suo corpo. I suoi compagni gli parlavano e si rivolgevano a lui con rispetto e referenza, chiamandolo per nome, oppure capo, ma lui rispondeva a monosillabi, concentrato con lo sguardo di fronte a sè verso qualcosa che probabilmente nessuno vedeva. Nonostante la concentrazione e l'aria pensierosa, era perfettamente consapevole di ciò che lo circondava e dei suoi movimenti, infatti l'aveva atterrata per ben due volte quando lei aveva provato a scappare, guardandola con uno sguardo duro che le aveva fatto tremare le gambe più del freddo o della paura di trovarsi con degli sconosciuti. Lei si trovava sotto casa, giocando con la terra sotto la quercia che amava tanto. Carmen e Jasper si erano allontanati per un periodo da casa per allarmare la popolazione perchè Jasper con i suoi sensi sviluppati era riuscito ad avvertire l'arrivo di un uragano molto potente che avrebbe colto la città di Forks del tutto impreparata. Volevano portarla con sè ma lei aveva insistito per rimanere a casa e proteggerla in loro assenza. Ormai aveva dieci anni ed era diventata grande. Prima di uscire si erano raccomandati mille volte di non uscire di casa e attendere il loro ritorno e lei li aveva rassicurati con un sorriso. Affacciandosi alla grande vetrata  del soggiorno aveva notato di aver dimenticato alcuni suoi giocattoli sotto la quercia, che sicuramente con l'uragano in arrivo sarebbero andati dispersi. Pensò bene quindi di uscire e andarli a recuperare. Voleva tornare immediatamente indietro per non deludere i suoi "genitori". Era la prima volta che la lasciavano da sola. Giunta sotto l'albero però aveva sentito qualcosa di strano, che non andava. Si era tranquillizzata guardando il cielo che non si era ancora oscurato dalle nuvole portatrici di tempesta. Toccare con mano la terra la faceva sentire più sicura. All'improvviso le sfuggì un lungo respiro, a pieni polmoni, quasi come se inconsapevolmente sapesse che quello sarebbe stato l'unico che avrebbe tirato come la bambina Bella Swan. Dopodichè qualcosa la strinse con una rapidità e una forza che non avrebbe creduto possibili, le tappò la mano con la bocca e si mosse con una rapidità incredibile, tanto che lei non riusciva a vedere altro che macchie confuse e colori indefiniti. Sapeva solo che si stava allontanando da casa e che forse non vi avrebbe fatto più ritorno. Avrebbe voluto piangere per la paura e la confusione di non sapere a cosa stava andando incontro; il senso di colpa per non aver dato ascolto a Carmen. Quando l'avevano posata a terra si trovavano in un posto che lei non conosceva, di fronte ad un edificio imponente di pietra antica, pieno di decorazioni, colonne, volute. Un pò le ricordava la cattedrale di Notre-dame che le aveva mostrato Jasper che aveva viaggiato per il mondo. All'entrata si trovavano due statue femminili, di una bellezza stupefacente. La prima, con un vestito lungo che si apriva sulla coscia in modo sensuale stava leggendo un libro, con interesse anche, a giudicare dall'espressione. L'altra invece aveva uno sguardo fisso e determinato, cingendo fieramente una spada con la mano destra mentre la sinistra era stretta in un pugno dandole un'aria combattiva. I due opposti, l'intelletto e la cultura contro la forza e l'aggressività. Nel complesso, dava un effetto sorprendente, che non la intimoriva affatto, e in un'altra circostanza si sarebbe soffermata per ore ad osservare le due donne che avevano quasi lo stesso pallore degli uomini che la circondavano, ma era troppo spaventata. Di certo non l'avevano rapita per farle fare un giro turistico. Cercava di scrutare meglio i volti di quegli uomini senza riuscirci. Ormai si era fatta sera e tutti e tre indossavano cappucci o copricapi. Sapeva però che l'uomo dietro di lei era Dimitri per istinto e poi perchè la sua ombra era la più grande di tutti, che copriva la sua proiettandosi sull'ingresso di quell'edificio che sarebbe diventato la sua dimora e la sua prigione. Fu la sua mano che la spinse rudemente in avanti all'altezza delle spalle. Non vi fu bisogno di fermarsi o di suonare il campanello, perchè la porta si aprì automaticamente come per magia. Forse aveva dei sensori oppure era telecomandata da qualcuno. Con lei in testa, percorsero un lungo corridoio nel silenzio più assoluto. Vedeva da entrambi i lati molte porte che dovevano dare l'accesso ad altrettante stanze, che dovevano essere disabitate perchè non si percepiva nulla. Solo silenzio. Sembrava che l'unica persona viva in tutto lintero edificio fosse lei, con il suo battito accelerato e il respiro che riusciva a stento a controllare. A volte dubitava persino che ci fossero quei tre uomini dietro di sè, tanto che erano agili e silenziosi come gatti. Sussultava ogni qualvolta Dimitri parlava per indicarle la strada o che la spingeva per incitarla ad affrettare il passo. Non era affatto un uomo paziente, l'aveva scoperto subito quando le si erano bloccate le gambe dalla paura e lui l'aveva quasi trascinata per un metro, sbuffando dal fastidio. Se avesse potuto, probabilmente l'avrebbe picchiata. Gli altri uomini restavano in disparte, ad osservare, bisbigliando fra loro. Non sapeva più da quanto tempo stavano camminando. Era vero che dall'esterno era sicuramente un edificio enorme, ma all'interno era ancora più immenso e spazioso. Sembrava più un labirinto, anche se arricchito con un gusto raffinato e opere d'arte che riprendevano i temi delle statue all'ingresso, guerra e pace, lotta e cultura. Quando finalmente si erano fermati, lei avrebbe tanto desiderato proseguire perchè in quel momento aveva visto la scena più violenta e sanguinosa della sua breve vita. Aveva infine scoperto qual'era la vera natura di quegli esseri così veloci, pallidi e silenziosi. Vampiri. Crudeli e letali. Assassini spietati. Un gruppo di loro stava assaltando alcune persone e le loro grida la stordirono e la terrorizzarono. Tutto ciò che avvenne dopo, a parte i loro occhi rossi accesi e il sangue sulle loro bocche, lo ricordava in modo confuso  e frammentato. Sapeva solo che era attesa il giorno dopo in loro presenza e che il capo di tutta la giostra, quei vampiri e del suo rapimento era un vampiro bizzarro e inqiuetante, più pallido di tutti quanti gli altri. Aro. Non sapeva se temere di più quell'essere che con quegli occhi vermigli le parlava con gentilezza e entusiasmo, quasi che il bambino fosse lui, oppure Dimitri. Rispetto alla gentilezza, la metteva molto più a suo agio la durezza del suo rapitore, che non nascondeva nulla perlomeno. Il mattino successivo aveva trovato davanti la porta della sua camera-cella, che le avevano affidato, del cibo. Ovviamente non aveva sentito nessuno passare e nè tantomeno posare il vassoio. Dubitava che fosse stato un pensiero di Dimitri, a meno che non gliel'avessero ordinato. Era rimasta tutta la notte sveglia, tremando per la paura e l'orrore di ciò che aveva visto. Avrebbero fatto la stessa cosa a lei? Ma perchè aspettare Il giorno dopo? Si era affacciata timidamente nel corridoio e non aveva visto nessuno, così aveva iniziato a scappare il più velocemente possibile, considerando il tremore alle gambe. Non conosceva l'uscita ma in qualche modo ci sarebbe riuscita se non avesse incontrato nessuno. Era brava ad orientarsi, aveva un sesto senso. Proprio dopo due svolte a destra era sbattuta contro qualcosa di incredibilmente duro, ferendosi la fronte e le mani. Cos'era, una statua? Quel monumento di granito però la trattenne, impedendole di cadere. Aprendo gli occhi gonfi e inumiditi dalle lacrime versate durante la notte, vide un ragazzo, biondo e con gli occhi azzurri. Allora non era uno di loro! Anche se era freddo e molto forte.

E le stava parlando:

-Hei bambina, dove stavi andando così di corsa? Non volevo spaventarti. Devi stare più attenta, ti sei ferita!-

L'aveva presa in braccio e con dolcezza l'aveva riportata nella sua stanza, l'aveva medicata e nel frattempo le parlava sorridendo.

- Io mi chiamo Ian, e tu? Mi avevano detto che sarebbe arrivata una piccola bambina qui dentro. Volevi scappare vero? Ma qui non vogliono farti del male, è per il tuo bene. Lo so che hai visto delle cose orribili, ma non tutti i vampiri sono così. Presto capirai perchè sei qui e nel frattempo io t'ingnerò tutto quello che so, d'accordo? Non ti faranno nulla. -

Ma non si sarebbe affatto arresa.

FINE FLASHBACK

 

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Capitolo 16
*** colpi di scena ***


Ciaoooo a tuttiiiii. Come sempre aggiorno molto lentamente, ma con questo capitolo e anche nei prossimi ho intenzione di sorprendervi! Penso che mi odierete per quello che succede adesso ahah ma non preoccupatevi, è tutto calcolato. Voglio leggere i vostri commenti. Ringrazio tutti coloro che leggono e commentano. Siete molto pazienti. Spero di riuscire a regalarvi un nuovo capitolo prima di Pasqua per farmi perdonare e augurarvi nel modo migliore buone feste! Così mi porto anche avanti con la scrittura. Buone Palme. Un bacio!

~POV IAN

Gli dispiaceva immensamente doverle riferire tutte quelle notizie, e in più raccontarle ciò che aveva scoperto su di lei. Era stata un'azione invadente e inrispettosa nei suoi confronti ma non aveva potuto fare altrimenti, ne andava della loro sopravvivenza. Poteva sembrare un perfetto insensibile, ma non era affatto così, perchè aveva giurato il giorno in cui se n'era andata che avrebbe dato sempre la precedenza alla sua sicurezza prima di tutto. Avrebbe potuto perderla in questo modo, ne era consapevole, ma il pensiero che sarebbe potuta morire lo uccideva molto di più che perdere la sua amicizia. Avrebbe trovato sempre un modo per starle vicino in ogni caso. Bella era la sua salvezza, l'aveva vista letteralmente crescere sin da quando era bambina, quando l'aveva trovata mentre correva disperata per quell'edificio senza neanche conoscere la via d'uscita terrorizzata da ciò che erano, e di cui presto avrebbe fatto parte anche lei.
 Sentiva che avrebbero litigato ma lui era anche arrabbiato perchè era scappata senza dirgli nulla, quando lui aveva finalmente deciso, dopo più di novant'anni, di confessarle tutto ciò che provava per lei e spiegarle cosa aveva rappresentato per lui. All'inizio gli era sembrato tutto strano, perchè avendola vista crescere, per lui era come una figlia, ma con il passare degli anni, le esperienze e risate condivise, il rafforzarsi del loro legame, aveva sentito qualcosa in più. Qualcosa che cresceva giorno dopo giorno, lentamente,  gli esplodeva nel petto al posto del suo cuore privo di vita ogni qual volta la vedeva. Qualcosa che quando le stava vicino, gli faceva sempre sentire il bisogno di abbracciarla e tenerla per mano, avvicinarsi al suo viso e darle tutta la gioia del mondo. La sua missione era quella di farla sorridere ogni volta che poteva, e contava ancora di poterlo fare quando sarebbe finita tutta quella situazione. Probabilmente lei lo avrebbe respinto però forse gli avrebbe concesso almeno una possibilità per dimostrarle la vita che avrebbero potuto avere insieme.
Adesso però doveva liberarsi di un altro peso, non desiderava più portarle rabbia perchè per lui era qualcosa contro natura, quando tutto il suo essere l'amava. Non riusciva più a contenere il senso di tradimento e l'ira, perciò le comunicò tramite il pensiero di ascoltarlo.

- Il voler conoscere ciò che ho scoperto su di te sarà una tua scelta che dovrai prendere da sola. Per il tuo bene sarebbe meglio che tu ascoltassi tutto ciò che ho scoperto ma devi sentirti pronta e probabilmente cambierà molto di ciò che credevi di conoscere, perciò ti darò del tempo per pensarci. Non mi allontanerò troppo da qui, perlustrerò la zona nei prossimi giorni per assicurarmi che vada tutto bene e di non incontrare truppe o spie di Aro, quando avrai preso la tua decisione basta che tu mi chiami col pensiero ed io verrò da te. Qualsiasi cosa tu scelga ti proteggerò in ogni caso e cercherò di far fronte a questa situazione, se posso impedire che accada... Però la tua mancanza di fiducia e la tua fuga mi hanno molto ferito Bella, non lo nascondo. Non so quanto a lungo potrò cacciarti fuori dai guai se tu non me ne parli e mi lasci fuori.-

In quel momento vide i suoi occhi dorati diventare di n marroncino chiaro, triste e spento mentre lei gli rispondeva:

- Lo so che mi sono comportata da sciocca, ma non sapevo se sarei mai riuscita nell'intento di fuggire o di realizzare la mia missione. Non ho voluto coinvolgerti non perchè non mi fidassi di te ma perchè ti avrei messo in pericolo inutilmente solo per un mio tentativo che sarebbe potuto andare a vuoto. Già così nel momento in cui me ne sono andata tu eri a rischio perchè sanno che siamo molto legati... Figurati se avessi saputo qualcosa, avrebbero fatto di tutto per estorcerti delle informazioni, e in quel caso la morte sarebbe stato solo sollievo... Conosci il modus operandi di Aro. Potrai perdonarmi? Non ho ancora una risposta riguardo al voler  conoscere la mia storia, ho bisogno di tempo per pensare.-

All'improvviso le sue braccia apparentemente esili gli avevano avvolto il collo abbracciandolo forte, più di quanto sicuramente un umano avrebbe sopportato. Lui si perse nel suo profumo accarezzandole i capelli. Non avrebbe mai potuto comprendere quanto profondamente le volesse bene e con tutta probabilità neanche quanto l'amasse. Avrebbe dovuto darle una spitarella o aspettare ancora? Forse era troppo scossa perchè lui si intromettesse con i suoi sentimenti, ma forse per una volta avrebbe dovuto essere un pò egoista. Quell'umano stava cercando di portargliela via e lui non l'avrebbe permeso fichè avesse potuto.

Scostandola da sè, questa volta le disse ad alta voce:

- Lo sai che mi interessa ben poco del rischio o del pericolo. Ho sempre voluto starti accanto in ogni situazione, qualsiasi fosse il pericolo o il prezzo da pagare. Se temevi che avrebbero potuto farmi del male, allora avresti dovuto permettere che io venissi con te e che sapessi. Comunque prenditi tutto il tempo che vuoi ma stai attenta, non è illimitato. Ti perdonerò solo se mi prometti due cose. Sei d'accordo? -

Lei gli sorrise, furba rispondendogli : - Addirittura due? Non stai esagerando? -

Lui negò scuotendo il capo e le disse: - No, affatto se pensi a ciò che mi hai fatto passare. Prendere o lasciare. Ci stai?-

Lei tirò un sospiro di sollievo e i suoi occhi tornarono di nuovo dorati come il grano maturo. Annuì condiscendente e gli fece segno con una mano di proseguire, perciò lui reprimendo il nervosismo continuò:

- Benissimo. La prima richiesta è che tu stia molto attenta. Se dovessi accorgerti di qualsiasi cosa strana devi avvertirmi immediatamente e verrò ad aiutarti. Non ci saranno mai più segreti fra noi e tu mi permetterai di starti vicino.  Intesi? -

Lei sorridendo rispose: - Va bene. Promesso. E la seconda? -

Non aveva la minima idea se quello che stava per fare fosse la cosa giusta ma avrebbe tentato perlomeno. Non avrebbe più vissuto con il rimpianto o rimandando all'infinito. Quando hai di fronte l'immortalità i rimpianti possono uccidere con il tempo. Le si avvicinò, e le accarezzò il viso con la mano destra mentre con la sinistra intrecciò le dita alle sue. Vide confusione nel suo sguardo ma non si fermò, presto avrebbe capito quali fossero le sue intenzioni.
I loro visi erano sempre più vicini mentre lui stava giungendo al suo obiettivo lentamente, baciandole prima l'altra guancia che non era imprigionata dalla sua mano e le sussurrò sulla pelle, suadente:

- La seconda è che è da tempo che desideravo fare una cosa... Ma mi domando se tu me la lasceresti fare, se il tuo cuore potrebbe accettarlo-
così dicendo non le lasciò il tempo di ribattere che le sfiorò le labbra con le sue, leggermente. Lei si era totalmente irrigidita ma non lo stava respingendo. Non stava facendo nulla in effetti, neanche respirare. Ne approfittò per approfondire il contatto, sempre dolcemente, in attesa della sua reazione. Con i suoi sensi sviluppati avvertiva il suo profumo dolcissimo e il suo corpo che si rilassava e contraeva. Doveva star affrontando una battaglia in quel momento con se stessa, ma non riusciva ad impedirsi di godere del contatto con il suo corpo e dei brividi che le suscitava. Non si era mai sentito più vivo di quel momento, per quanto sia possibile esserlo per un vampiro. Avrebbe voluto stringerla a sè per non lasciarla mai più, ma non voleva forzarla in nessun modo. Non riusciva a capire cosa lei stesse provando con esattezza, se fosse indecisa o tutto ciò la infastidiva.

Le accarezzò dolcemente i fianchi mentre delicatamente s'insinuava nella sua mente e le diceva con il pensiero:

- Puoi respingermi in qualsiasi momento. Non sei costretta e io non ti imprigiono, non preoccuparti per i miei sentimenti, ma rilassati. Non voglio farti del male. Voglio solo dimostrarti cosa provo per te e come questo sentimento cresce ogni giorno. Lasciati andare e ascolta le tue sensazioni. Ti sono indifferente? -

E fu allora che avvenne un cambiamento quasi impercettibile se non per un vampiro. Le mani della ragazza si rilassarono e i suoi pugni si aprirono abbracciandolo e le sue labbra lo accolsero, e in quel momento si sentì il vampiro, anzi l'uomo più felice della terra.

POV EDWARD

Stava facendo avanti e dietro nella sua stanza da almeno mezz'ora per il nervosivo. Entro poco tempo avrebbe dovuto incamminarsi verso il bosco per incontrare Bella e chiarire finalmente il suo mistero. Dubitava che qualsiasi cosa la rendesse diversa e così speciale, l'avrebbe allontanato da lei... Ma non era solo questo ciò che lo preoccupava, sembrava che tutti conoscessero più cose riguardo a lui e del suo passato di quante ne sapesse lui effettivamente. Voleva iniziiare ad andare a fondo, era stanco di non sapere chi fosse e quali fossero le sue origini, ma avrebbe dovuto prima prendere il coraggio per fare quel numero scritto sulla lettera lasciata ai suoi genitori adottivi. Forse dopo tanti anni il numero era stato disattivato.
Una cosa che lo dispiaceva molto è che il dottor Masen quando erano usciti dall'ospedale prima di raggiungere Alice in macchina l'aveva guardato per un attimo con un'espressione molto seria e preoccupata chiedendogli se lui avesse conosciuto o frequentasse Isabella Swan. E come faceva a saperlo il dottore? Forks era una piccola città ma la ragazza si faceva notare il meno possibile, tant'è vero che consegnava i suoi dolci nell'anonimato e non amava mostrarsi molto in giro, anche se le voci della sua indiscutibile bellezza l'avrebbero preceduta. Dove voleva andare a parare il dottore? Notò che agitato, il dottor Masen giocherellava con un piccolo ciondolo con una scritta che però lui non era riuscito nemmeno a intravvedere. Gli aveva detto che stare al fianco di Bella era pericoloso per lui e che non dovevo più incontrarla. Ma cosa intendeva? Quella frase lo aveva parecchio contrariato. Cosa ne sapeva lui di Bella e perchè non avrebbe più dovuto vederla? Alice poco prima gli aveva detto il contrario... L'unico a non capirci nulla era proprio lui. Sperava proprio che fasse la ragazza dagli occhi castano-dorati a fornirgli delle spiegazioni. Sentì il telefono vibrare nella tasca e quando lo sfilò per guardare il mittente strabuzzò gli occhi; quella piccola diavoletta aveva appreso pure come mandare i messaggi e lo aveva fatto dal numero del dottore. Il testo del messaggio diceva:

Ciao fratellone! Ho appena visto che ti incontrerai con quella ragazza fra poco. Perchè non me lo hai detto? Comunque dovrai lottare per lei e non farti scoragiare da quello che ti dirà. Un suggerimento; chiedile di andare in un posto assolato e copriti per bene, anche il collo. Fra qualche ora molte cose cambieranno perciò venite da me.
Ti voglio bene. A presto.
Che tono autoritario, ma cosa voleva significare ciò che gli aveva scritto? Iniziava a pensare che avessero tutti dato di matto o lo stessero prendendo in giro.

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Capitolo 17
*** Riflessioni e decisioni ***


Buon pomeriggio. Rieccomi, mi scuso per non aver pubblicato prima, credevo di farcela prima di Pasqua ma ci sono stati alcuni impedimenti e sto pensando bene come costruire il resto della storia. Questa è solo la prima parte dell'incontro fra Bella ed Edward che vi avevo promesso che spero di pubblicare quanto prima. Scusatemi ancora. ~POV BELLA

Cos'aveva appena fatto?

Era del tutto incredula del suo stesso corpo che aveva scelto di agire autonomamente senza il controllo della mente. Ian l'aveva baciata, e lei per la sorpresa e lo stupore era rimasta del tutto immobile, anche se la dolcezza di lui la faceva sciogliere. Non aveva mai immaginato che in tutti questi anni di conoscenza lui provasse quei sentimenti e che crescessero in modo così forte e totalizzante. Quando un vampiro si innamora, cambia il suo intero mondo e modo di percepire e vedere le cose. Non le aveva mai dato motivo di comprendere l'esistenza di questo sentimento, o forse era lei ad essere stata cieca, aggrappandosi saldamente alla loro amicizia per non naufragare in quel mondo di scienza e violenza. Ritornando al bacio, era combattuta tra la scelta di respingerlo nel modo più delicato possibile oppure provare a rispondergli per la curiosità di scoprire cosa sarebbe avvenuto dopo oppure se lei avrebbe avvertito in sè lo stesso sentimento che sentiva dentro di lui. Era qualcosa di caldo e immenso, una visione vivace e tormentata perchè lui credeva che lei non lo ricambiasse. Un pò come trovarsi ai tropici in piena stagione, immaginava, si amava tutto ciò che si vedeva attorno ma l'unico pensiero era quello di trovare un luogo in ombra per avere un pò di refrigerio oppure bere un bicchiere d'acqua... Sebbene non ci fosse mai andata ai tropici, per ovvi motivi, sapeva come ci si doveva sentire perchè poteva fare un parallelo con la sete di sangue che provava quando si trovava in centri affollati e trafficati. Aveva imparato a controllarsi da tempo, ma vedere tutte quelle persone, sentire quei cuori battere la metteva fortemente a disagio, perciò anche se amava osservarle si sentiva molto più sollevata quando ne stava lontano. In quel momento non sapeva se desiderasse il caldo asfissiante dei tropici o l'acqua rinfrescante. Non avrebbe più saputo definire la relazione con Ian già da un pò. Non erano parenti e anche se inizialmente lui le aveva fatto da padre, negli anni si erano considerati come dei pari, quasi avessero la stessa età o esperienza. D'altronde lei aveva fatto carriera velocemente. Erano amici, ma anche molto di più di questo, ma il loro rapporto non era neanche fraterno... Non aveva una categoria o un modo per classificarlo e dapotutto prima di quel momento non si era mai preoccupata di dargli un nome perchè aveva sempre colto tutto ciò che lui le dava e ricambiato a sua volta senza preoccuparsi troppo. La sua mente era un groviglio di pensieri, il suo spirito talmente teso che non riusciva ad nterpretare obiettivamente le sue sensazioni. Le piaceva o no il tocco di lui? Qual'era la cosa migliore da fare? Respingerlo, in modo da allontanarlo e lasciare che quel discorso rimanesse in sospeso e lei pensasse continuamente ad un " e se" ? Oppure lasciarsi andare e vedere cosa succedeva, rischiando però di dargli una falsa illusione? Poi al centro del frastuono dei suoi pensieri sentì la sua voce calma e gentile che le suggeriva di stare tranquilla e di povare a sentire le sue emozioni. Le sue rassicurazioni l'aveva indotta a perdere il controllo per una volta nella sua vita e le sue mani avevano agito da sè, salendo ad accarezzargli il viso mentre lui l'avvicinava a sè e le comunicava tutta la gioia che che gli causava il venir ricambiato, che avesse vinto la lotta in quel momento. Quando l'aveva lasciata i suoi occhi brillavano di un azzurro talmente intenso che lei aveva sospettato che avesse rubato il cielo per tingersi del suo colore. L'aveva accarezzata con un sorriso a trentadue denti e le aveva lasciato un bacio sulla fronte.

Aveva tentato di prendere la parola, dirgli qualcosa ma lui l'aveva preceduta dicendole:

- Shh. Non parlare. So come ti senti, siamo ancora in contatto telepaticamente e capisco che questo bacio non è nè una conferma e nè un rifiuto. Non so ancora cos'accadrà ma per favore non avere paura di perdermi. Lotterò per averti, su questo non c'è dubbio ma per adesso devo andare. Tu promettimi solo di pensarci, va bene? Quando tornerò mi darai una risposta. In ogni caso non mi pento affatto di averlo fatto e ti ringrazio per avermi dato almeno per un breve attimo la possibilità di vedere come sarebbe davvero -

Dopo averle sfiorato le labbra con il pollice, se n'era andato senza voltarsi indietro.

In poche ore erano cambiate molte cose e tantissime altre di lì a poco non sarebbero state più le stesse. Era ora di riflettere a lungo e di prendere delle decisioni, trovare risposte e riflettere attentamente. Molte questioni restavano ancora in sospeso ma in quel momento doveva sciogliere un nodo alla volta. Avrebbe elaborato un piano e ce l'avrebbe fatta senza coinvolgere nessun'altro, sperava. In tutto ciò però restava una persona a cui aveva promesso di rispondere e che meritava di sapere. Edward. Le sue riflessioni avrebbero dovuto aspettare ancora un pò. Dopo avergli parlato sarebbe sparita per un pò per meditare in pace. Rimanere così a lungo in quel posto stava diventando sempre più rischioso ma aveva ancora dei conti da chiudere con il passato e tutto era iniziato proprio da lì in quella piovosa cittadina.
Ricacciò tutte le sue sensazioni, preoccupazioni oltre al ricordo del bacio con Ian, in un angolo della sua mente. Adesso doveva concentrarsi su ciò che avrebbe dovuto spiegare o raccontare a Edward cercando di non mentirgli ma neanche di dirgli tutta la verità. Non avrebbe potuto, per il suo bene.
Era giunto il momento di prendere in mano le cose e iniziare a lottare. In quegli anni aveva imparato a non smettere mai di combattere finchè era possibile. Aveva una tempra forte forgiata dalle esperienze del passato e gliel'avrebbe mostrato a tutti, anche ad Aro Volturi.
Non avrebbe più cercato di sfuggire o cambiare il destino, vi si sarebbe semplicemente corsa incontro.

Uscì dalla casa e scese nel garage sollevando il telone dalla sua moto. Era proprio quello che le ci voleva, una corsa a tutta velocità con il vento fra i capelli. Andare in moto era quasi come correre nella foresta a velocità vampirica, oppure saltare a svariati metri d'altezza superando anche le cime degli alberi più alti e librarsi nel vuoto. Un'esperienza inebriante e elettrizzante, non importava che l'avesse sempre fatto.
Accelerò il più possibile prendendo il sentiero principale in modo da non incappare in radici, alberi caduti e sterpaglie varie. La strada era ricca di curve e tornanti perchè la sua famiglia aveva pensato bene anche di rendere difficile da trovare la casa, anche se per un vampiro non era un problema. Bastava seguire le tracce e il loro odore se sapevano dove cercare. Era una giornata nuvolosa, ma presto il sole avrebbe finito di giocare a nascondino dietro le nuvole e avrebbe illuminato ogni cosa dopo la pioggia di quei giorni. Il bosco era uno spettacolo meraviglioso quando smetteva di piovere e la rugiada veniva baciata dal sole. Avere il dono di una vista ancora più potente di un essere umano era una grazia. In quei momenti non rimpiangeva di essere un vampiro, una creatura oscura e pericolosa. Non quando aveva la possibilità di ammirare la bellezza del mondo, farne parte e osservarla senza limiti o impedimenti. Anche se forse non ne aveva il diritto perchè lei era morta a tutti gli effetti e ciò che è morto ha concluso il proprio ciclo vitale, non esiste più. In fin dei conti, quindi lei non apparteneva a quel mondo, era ciò che era contrario alla vita e alla natura. Forse se avesse potuto parlare si sarebbe presa beffe di lei, l'avrebbe aborrita e scacciata.
Con questi pensieri era giunta nel punto prefissato per l'appuntamento, notando con piacere che Edward era già lì che l'aspettava. Un punto in più per la puntualità. Era appoggiato con la schiena ad un albero e si passava nervosamente le dita fra i capelli. Sembrava preoccupato per qualcosa ed era molto teso. Immaginava che stesse pensando a cosa dirle o chiederle. Appena lei si fermò poggiando un piede a terra lui venne verso di lei facendole un sorriso che aumentava di larghezza ad ogni passo. Bella tentò davvero con tutte le forze che aveva di distogliere lo sguardo da quegli occhi che l'attiravano ma non ci riuscì. Si sentiva quasi estranea a se stessa, fuori dal suo corpo. Più la distanza fra di loro diminuiva e più il suo corpo si immobilizzava e si appesantiva sul posto, come un blocco di pietra. Faceva un effetto strano su di lei e quel suo profumo di cannella la incantava. Avrebbe voluto avvicinarsi ai suoi capelli o il suo collo per respirarlo ancora meglio, farsene avvolgere completamente ma non avrebbe potuto, anche solo per non rischiare di morderlo. Sebbene si fosse nutrita da pochi giorni aveva un profumo delizioso e non poteva negare che scatenava i suoi peggiori istinti che riusciva a domare solo grazie ad una ferrea volontà e anni di addestramento.
L'ultima cosa che avrebbe voluto al mondo era quella di nutrirsi da lui. Sarebbe morta dentro.
Quegli occhi verdi smeraldo sembravano due pietre o biglie che brillavano di vita propria vivaci e calde, abbracciando qualsiasi cosa. Bella temeva di annegare in quel calore che le impediva di mantenere la giusta distanza o freddezza. Sarebbe stata un'uscita molto complessa. Giunto a pochi centrimetri da lei la salutò accarezzandole una guancia e sorridendo sereno.
Notò che lui prese un lungo respiro per poi dirle:

- Ciao. Come sai dobbiamo parlare di alcune cose e devo chiedertene altre ma non sono sicuro di riuscire a esporti ciò che penso come vorrei in questo momento. Hai una pelle così liscia ma anche fredda, dovresti riscaldarti... E già che ci sono, dov'è il casco? Potresti farti male sai? Sono contento di poterti toccare senza altri impedimenti però la sicurezza è più importante. -

Le veniva da ridere per come lui si preoccupasse per lei. Non aveva la minima idea che non aveva affatto bisogno di un casco e che in caso di incidente, una possibilità molto lontana dato i suoi sensi sviluppati, quelli che si sarebbero fatti male sarebbero stati gli ostacoli sul suo cammino e non lei. Non riuscì a trattenersi e scoppiò in una risata di cuore mentre lui assumeva un'espressione imbronciata come un bambino. Intenerita, per un attimo cedette e gli accarezzò la ruga che gli si era formata fra le sopracciglia, per distenderla. Quasi immendiatamente lui tornò a sorriderle e qualcosa nei suoi occhi si sciolse. Chissà se stava succedendo la stessa cosa a lei? Dal momento che non aveva più un motivo per toccarlo stava già abbassando la mano quando lui la anticipò e fermandola, appoggiò il suo palmo sulla guancia. Bella lo lasciò fare perchè il calore della sua pelle era confortante.
Temeva che ne sarebbe diventata dipendente.
Per spezzare l'atmosfera elettrica che si stava intensificando sempre di più gli chiese:

- Non ti infastidisce che sono fredda? Ad ogni modo non preoccuparti abbiamo tutto il tempo e prenditene quanto vuoi per pensare. Vorrei portarti in un posto se non ti dispiace e poi ti avevo promesso un giro in moto quindi non puoi rifiutarti. Riguardo il casco, che dittatore che sei! Devi sapere che sono una pilota eccellente perciò non ne ho bisogno tranquillo-

Percepiva sotto le dita le sue espressioni facciali e le sue reazioni, la pelle che si distendeva e contraeva e la mascella che si muoveva mentre le rispondeva:

- Ah, ma che gradassa che c'è qui! Credi che le leggi stradali non valgano anche per te? Sai, non sono sicuro di fidarmi abbastanza da venire in moto con te dato che non porti neanche il casco e da come sei arrivata credevo che tu fossi una delle frecce nere di cui parla Stevenson in un suo libro. Il freddo ad ogni modo non mi dispiace affatto. Vivendo in un paese come Forks ci fai l'abitudine, ma tu dovresti riscaldarti. Dico sul serio. Non usi dei guanti da motociclista?-

Lei alzò gli occhi al cielo. Quel ragazzo era incredibile. Le veniva quasi voglia di fargli una linguaccia ma era più matura di così, perciò si limitò a ribattere:

- Sono anni che guido la moto, ahimè, senza casco e non ho mai fatto un incidente o provocato ma ne ho portato uno per te. Vuoi fare il giro in moto oppure no? Temo che dovrai fidarti e non voglio altri commenti sul mio stile di guida. -

 Il ragazzo allora fingendo un'espressione esasperata lasciò che la mano di lei scivolasse dal suo viso e si avvicinò sul retro della moto. Bella, cercando di trattenere un sorriso, prese il casco da sotto il sedile e glielo porse facendogli spazio in modo che potesse salire dietro di lei. A nessuno dei due sfuggì che le loro posizioni di norma avrebbero dovuto essere invertite, ma in loro c'era ben poco di tradizionale. Accese il motore che si avviò facendo le fusa. Diede subito gas però cercò di controllare la velocità in modo che Edward non si spaventasse troppo, ma notò lo stesso che lui le strinse la vita, circondandola con entrambe le braccia. Fortuna che la meta che aveva in mente fosse un pò distante da lì perchè l'aveva destabilizzata non poco quell'abbraccio e non era pronta a lasciarlo andare. Ma cosa stava pensando?
 

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Capitolo 18
*** vis a vis (parte 1) ***


Salve a tutti. Dopo quasi 3 anni dall'ultimo aggiornamento della storia, ho pensato diverse volte se avessi dovuto continuare. Non ricevevo molte recensioni o letture. In più avevo poco tempo a disposizione e il classico blocco dello scrittore. Lasciare una storia per tanto tempo crea quel sentimento di vergogna misto a nostalgia, come se si avesse abbandonato una persona cara. E la sensazione di incompiutezza non mi è mai piaciuta. Per cui per una correttezza nei confronti della storia, dei personaggi e della mia passione che sta iniziando a farsi risentire, oltre chi stava aspettando un prosieguo, ho deciso di continuare la storia. Cercherò di essere più puntuale, magari scrivendo meno per capitolo, così da rendere più fluente la lettura. Mi è davvero mancato scrivere, pubblicare e rileggermi. Questa pausa è stata necessaria per capire molte cose. Scusate per l'enormeeee ritardo. Per chi vorrà riprendere a rileggere o inizierà solo ora a farlo, un grande grazie. Vi lascio ai nostri protagonisti.
 
 
POV EDWARD
 
Era incredibilmente nervoso e tranquillo allo stesso tempo. Daltronde Bella gli faceva sempre quell'effetto. Ogni volta che la ragazza si trovava nei paraggi, sentiva rimescolare qualcosa nel suo stomaco e non riusciva a non impedire che tutto il suo corpo avvertisse la sua presenza. Nel bosco, appena l'aveva vista fermarsi con la moto e scendervi agilmente, l'aveva osservata attentamente andando oltre la sua incredibile bellezza. Anche se era riuscito a farla sorridere dopo, c'era un'ombra in quegli occhi castano- dorati (perchè ormai aveva compreso che non era questione di un effetto della luce ma era proprio quello il colore dei suoi occhi) che non se n'era andata per tutto il tempo, una tristezza che congelava qualcosa dentro di lui. Aveva paura che quella ragazza se ne andasse e non sapeva spiegarsi neanche il perchè. Non gli aveva detto o fatto nulla perchè lui potesse pensare una cosa simile, eppure quella specie di presentimento era strisciato in lui, insinuandosi nella parte più profonda del suo inconscio. Ora che si trovava con lei, non voleva lasciarla più andare. Eppure la conosceva a malapena. Quel pensiero era assurdo e anche la paura che lo generava. L'aveva toccata, era reale e non sarebbe svanita via. Non l'aveva sognata.
 La pelle di lei era così fredda ma priva di imperfezioni. Sarebbe rimasto ad accarezzarla per tutto il giorno ma l'avrebbe scambiato per un maniaco.
 In quel momento si trovava seduto proprio dietro la schiena di Bella, mentre tentava di tenersi ancorato alla moto con le mani e le gambe e guardando il terreno avvicinarsi pericolosamente ad ogni curva che la ragazza prendeva a tutta velocità. Doveva ammettere che era un'ottima guidatrice, si piegava, svoltava, accelerava e decelerava con una perfetta padronanza di sè come se fosse un'unica cosa con il mezzo sotto di lei. Però era anche una pazza che guidava ad una velocità folle. Edward cercava di godersi l'aria fresca della sera ma se si fosse distratto troppo avrebbe perso la presa e non voleva neanche immaginare cos'avrebbe significato per lui cadere da sopra la moto a quella velocità. Di lui sarebbe rimasto ben poco probabilmente. Se fosse sopravvissuto a quel viaggio, al ritorno l'avrebbe convinta ad abbassare la velocità o se ne sarebbe tornato a casa in taxi. Non si fidava del tutto di lei e non solo per quanto riguardava la guida. Sentiva che gli stava nascondendo qualcosa e prospettava che sarebbe stata reticente o avrebbe mentito sulle cose che gli avrebbe chiesto. Chi era quella ragazza? Perchè lo affascinava tanto? Solo perchè era una ragazza nuova e completamente diversa da quelle che aveva avuto modo di conoscere lui? Non sapeva neanche lui spiegarselo ma gli comunicava qualcosa al petto di molto profondo. Il suo sguardo lo metteva a nudo e penetrava in lui scoprendo tutti i suoi segreti ma anche lui avrebbe voluto fare lo stesso con lei. 
Per forza di cose, con gran piacere per giunta, stufato di reggersi a fatica sulla carrozzeria, aveva abbracciato Bella per la vita con entrambe le braccia. Al massimo si sarebbe allontanata o gli avrebbe fatto capire che non gradiva quel contatto. Sentiva il gelo della sua pelle attraverso la sottile maglia che indossava. Edward iniziava a pensare che avesse sempre quella temperatura. Ricordava la prima volta che lei lo aveva toccato per sostenerlo e la seconda quando stava scivolando nel bosco. Iniziò con il dorso della mano a strofinarle delicatamente la pelle cercando di riscaldarla e di rilassarla. Il suo respiro era quasi impercettibile sotto la sua vita sottile. Al suo tocco si era irrigidita, facendogli pensare che gli desse fastidio ma poi si era avvicinata a lui con la schiena. Non riusciva a comprendere se lei fosse spaventata o infastidita dal suo tocco, sebbene non lo allontanasse mai. Ogni qualvolta la sfiorava lei si contraeva per poi prendere un gran respiro e rilassarsi. Forse aveva vissuto qualche trauma per avere quella reazione involontaria, oppure era una di quelle persone che non amava molto il contatto fisico... Per lui sarebbe stato molto complesso dal momento che non riusciva a starle lontano, però glielo avrebbe chiesto. Poco dopo, avvertì un cambiamento nel motore e iniziò a distinguere qualcos'altro oltre a macchie indistinte di colore. Dovevano essere arrivati nel luogo che gli voleva mostrare perchè iniziò a decelerare (grazie a Dio). Quando si fermarono e lui potè guardarsi intorno rimase incantato e strabiliato da ciò che vide. Una splendida radura al cui centro si trovava una grandissima quercia che offriva la sua ombra ai fiori che lo circondavano. Le sue fronde erano altissime e robuste, piene di vita e di forza così come il tronco e le sue radici che di tanto in tanto facevano capolino dal terreno. I fiori si ergevano vivaci tutto attorno nei colori più sgargianti. Ce n'erano così tanti tipi diversi che stentava a credere che ne esistessero tanti. Più in lontananza a formare un semicerchio scorgeva tanti alberi minori, quasi a rendere omaggio al più grande e anziano di loro. Era meraviglioso. Gli veniva in mente una frase di Kahlil Gibran che diceva :
 
- Gli alberi sono liriche che la terra scrive sul cielo-
 
Mai frase gli era sembrata più adatta. Ogni cosa o pianta era un'aria, un suono che si propagava al vicino formando la grande orchestra della natura. Tutto era vivo e in movimento. Gli prudevano le mani per la voglia di dipingere tutto ciò che riusciva a cogliere e a ogni sguardo sempre più dettagli si focalizzavano e si aggiungevano al quadro nella sua mente. Aveva perso la voce. Fece un paio di tentativi per schiarirsi la voce e dire qualcosa ma tutti quei colori lo privavano delle parole e delle corde vocali. Si voltò in cerca di Bella per ringraziarla ma non era più di fronte a sè. Perlustrando lo spazio attorno vide che era in piedi di fronte alla grande quercia mentre ne accarezzava la corteccia. Mentre Edward era rimasto a contemplare ciò che lo circondava lei era già scesa dalla moto e lui non se n'era reso conto. D'altronde lei era agile e silenziosa come pochi. Ripresosi del tutto, scese anche lui dalla moto e la raggiunse. La sua attenzione adesso era completamente concentrata su di lei e sulla voglia di avere risposte. Lo spettacolo che li circondava era momentaneamente accantonato. La raggiunse dopo pochi passi e iniziò a parlarle anche se lei gli voltava ancora le spalle.
 
- In questi pochi giorni ho avuto modo di pensare e riflettere. Ho tante domande a cui dare una risposta, e molte riguardano anche te. E ho bisogno di fare chiarezza. Non voglio farti del male e nè svelare a qualcuno il tuo segreto. -
 
Lei si voltò e si sedette ai piedi dell'albero invitando lui a fare lo stesso. Nel suo sguardo leggeva rispetto ma anche diffidenza e non se ne sapeva spiegare il perchè.
 
- E' coraggioso da parte tua cercare e chiedere delle risposte ma sei sicuro di poterne portare il peso? Pensaci. Non potresti farmi del male neanche se volessi, comunque. Tu non sai chi sono e nè cosa sono in grado di fare, ma è meglio così-
 
Era più di quanto gli avesse mai detto, ma non bastava. Non si sarebbe lasciato intimorire, così continuò:
 
- Allora spiegami tu chi sei. Sono qui per questo e mi assumerò le mie responsabilità-
 
Lei scosse la testa mentre i suoi occhi si facevano più luminosi. Rispose con voce apparentemente calma:
 
- Tu non capisci. Non si tratta solo di me e te. Non posso dirti tutto quello che vorresti sapere.-
 
-Non puoi o non vuoi? Hai detto tu stessa che non potrei farti del male perciò perchè non dirmi tutto? Se solo mi dessi una possibilità potrei provare a capire e anche stupirti. In una certa misura è probabile che le cose siano più semplici di come ce le si immagina e i fardelli meno pesanti se condivisi con qualcun'altro -
 
- Ho abbastanza forza da poterne portare il peso da sola. Saresti in pericolo se lo condividessi, lo dico per te. Anzi, dovresti lasciarmi perdere. -
 
- Questo è impossibile e poi non pensare a ciò che è meglio per me. Voglio sapere. -
 
- La verità è sofferenza. Ti dirò ciò che puoi sapere, niente di più. -
 
Si fissarono in una lotta di sguardi. Lui in quegli occhi castani con venature di ambra in quel momento così seri e determinati (quasi ostili) e lei in quegli occhi verde gemma, limpidi come le acque del mare attraversate dalla luce del sole. Alla fine, con un sospiro, Edward cedette.
 
- E va bene. Me lo farò bastare...Per ora; ma non pensare che sia finita qui. Prima domanda: tu hai qualche potere vero? I tuoi occhi cambiano colore in alcuni momenti.. -
 
Lo sguardo di lei si indurì ammonendolo. Domanda sbagliata da porre per cominciare. Temeva che non gli avrebbe risposto ma dopo un pò la sentì parlare mentre lui stava guardando la quercia alle sue spalle.
 
- Prossima domanda -.
 
- Non è corretto. Avevi promesso, non puoi evadere. -
 
- Non ti piacerebbe la risposta e prima che tu ti spaventi o mi consideri un mostro voglio rispondere agli altri quesiti. -
 
- Bene, ma non sperare che mi dimentichi. Immagino che sia inutile chiederti come tu riesca a controllare le persone.. -
 
- Non è un vero e proprio controllo mentale. Se volessi potrei farlo, ma si tratta di un'azione molto invasiva, che lascia un segno sulle persone. Le rende deboli mentalmente e a volte crea disagi e squilibri psicologi difficili da superare, soprattutto perchè non se ne conosce l'esatto motivo e spesso queste persone credono di essere impazzite o di avere qualcosa di sbagliato. Inoltre così facendo le loro menti diventano facilmente soggiogabili da parte di persone come me. Diciamo che riesco a persuadere chi ho di fronte, convincendo la sua volontà che sia più vantaggioso fare ciò che gli dico. E' come fare un discorso alla sua coscienza. Non è un comando imperioso a cui si deve sottostare ma più un consiglio, talmente convincente che rende difficile non seguirlo. Non mi sarei mai aspettata che tu ne saresti stato immune. Potrebbe darsi che la tua mente sia uno scudo alle mie capacità o che a tua volta tu abbia delle potenzialità, forse sopite. Ti spaventa? -
 
Aveva notato la sua espressione rigida e gli occhi sbarrati e increduli anche se si sforzava in tutti i modi di apparire impassibile. Edward sfoggiò la sua faccia da poker.
 
- Beh, un pò si. Non perchè tu abbia dei poteri ma per ciò che potrei essere io. Ho avvertito alcune cose strane in me da qualche anno a questa parte ma non ci ho mai voluto dare un significato, credendo che fossero semplici suggestioni. Non ho paura di te perchè conosco una persona che ha un dono e ne è spaventata più di chi la circonda. Però non usare mai più i tuoi poteri con me. Preferisco che tu mi dica le cose, che discutiamo o anche litighiamo per decidere cosa fare assieme ma non che cerci di controllarmi. Anche se in una forma meno coercitiva e dannosa, si tratta sempre di manipolare la volontà degli altri. E tu invece hai mai usato i tuoi poteri contro qualcuno? Come hai imparato a controllarli? -
 
- E' raro trovare qualcuno con delle capacità, sarei curiosa di conoscere questa persona. Ad ogni modo sarò chiara e sincera. Ho fatto cose nella mia esistenza di cui non sono affatto fiera. Non sono una santa. Come attenuante ho solo da dire che ho agito sempre e solo per necessità o se costretta dal contesto, ma non è una giustificazione. Non merito un'assoluzione e non pretendo che tu possa capirmi. Riguardo al controllo dei miei poteri diciamo che ho avuto molto tempo per esercitarmi e acquisire la giusta capacità di concentrazione. E' tutta questione di spirito. Di più non posso rivelare- 
 
- Quindi hai dovuto far del male a delle persone? Sbagli, c'è sempre una scelta. -
 
- Hai una scelta quando sei libero di poterla prendere. Quando non appartieni più a te stesso o non sai più se esista ancora il bene o il male e cosa lo sia dato che ciò che ti circonda è oscuro e distorto... Non è semplice. Nulla lo è. -
 
Edward in quel momento pensò a come si doveva essere sentita sua madre quando lo aveva abbandonato. Almeno a detta della lettera che gli avevano lasciato i suoi genitori biologici, lo avevano fatto unicamente per dare la possibilità a lui di crescere liberamente, senza che gli altri avessero pretese o aspettative da lui. Immaginò come doveva essere per i soldati che andavano in guerra, anche se si arruolavano per loro volontà, difficilmente credeva che si rendessero conto di come fosse realmente una battaglia in un campo. Molto diversa da una semplice esercitazione. E quando ci si trovava lì c'era poco da scegliere, o si uccideva o si veniva uccisi. E se si moriva, diminuivano le difese e aumentava il rischio per tutta la squadra. Lui riusciva a ipotizzare solo queste vicende tragiche per cui non si potesse avere scelta... 
Deducendo la risposta implicita nelle parole di Bella e nel suo sguardò, passò avanti nella sua lunga lista. Si ricordò della reazione di lei quando l'aveva abbracciata poco prima e le domandò:
 
- Perchè tendi ad irrigidirti quando ti tocco? Ti disturba per caso? Scusa se sono poco discreto ma sto cercando di capire come comportarmi....- 
 
Vide che lei fece un lieve sorriso, appoggiandosi al tronco dell'albero. Dopo un pò gli rispose:
 
- No, non mi dà nessun fastidio, solo che di solito non sono abituata ad essere toccata tanto spesso e non da qualcuno così... Caldo come te. Poi conoscendo la mia temperatura evito di entrare in contatto con le persone per non infastidirle -
 
- Ciò significa che nel luogo da cui provieni( ci arriveremo fra poco), le persone sono più simili a te che a me? Per me non è affatto un problema la tua temperatura.-
 
Tese lentamente la mano verso di lei, in modo che potesse decidere se accettarla o meno e lei dopo averla osservata per un pò, la coprì con la sua. A malapena si accorse del freddo che lo invase in quel punto perchè una dolce scarica iniziava ad avvolgerlo a partire dal palmo delle mani per arrivare al cuore. Le accarezzò il palmo della mano con il pollice facendo un timido sorriso, che lei ricambiò lentamente.
Dopo un pò prese nuovamente la parola:
 
-  Correggimi se sbaglio. Non conosco le motivazioni che ti hanno portato a venire fin qui, in questo piccolo paesino piovoso, ma per allontanarti da quel luogo fatto di persone "come te" dove non avevi libero arbitrio... Hai fatto una scelta diversa, no?-
 
- Ottima domanda. In realtà è piuttosto complicato. Sono legata a questo paese dalla mia infanzia... Purtroppo sono stata costretta contro la mia volontà ad andarmene... Sono stata letteralmente presa, estirpata dalla mia casa e portata altrove... Nel luogo da cui provengo vigono delle leggi severe e le punizioni per i loro trasgressori sono anche peggiori.
Per tanti anni, dopo essermi adattata, ho sognato segretamente di cercare un modo diverso di esistere, un mondo migliore. Ho deciso di andarmene da lì quando le cose stavano per complicarsi ancora. Non riuscivo più a reggere quell'atmosfera. Ho dovuto lasciare Ian, sperando che non mi avesse seguito, nonostante la sua caparbietà.
Ora questa mia decisione, una delle poche che abbia preso autonomamente nell'ultimo periodo, rischia di ritorcersi contro di me. Ian è tornato anche per questo motivo e devo elaborare un piano. Vagliare e considerare nuove alternative e possibilità e non posso coinvolgere nessuno. -
 
- Aspetta, rallenta un secondo. Ti hanno portata via contro la tua volontà? Mi avevi detto di non avere nessuno qui...E chi sono queste persone? E cosa farebbero se ti trovassero? Sei tornata per cercare la tua famiglia?-
 
- Voglio che sia chiara una cosa... Tutto di me e ciò che mi riguarda, il mio passato, il mio essere, le mie conoscenze, ha poco a che fare con la realtà; per dire un eufemismo. 
Ho vissuto e visto esperienze allucinanti, per cui non ti sbigottire se affermo che la meno strana sia stata proprio quella che ha dato inizio a tutto: sono stata rapita dalla mia casa in un giorno di tempesta e portata via in Italia, dove ho conosciuto Ian. E' stato un luogo maledetto e infernale, però mi ha aiuto a sviluppare le mie capacità e controllarmi. Non posso dirti altro. Se mi trovassero, credo che la morte sarebbe un sollievo a confronto di ciò che pretenderebbero da me.
Riguardo la mia famiglia, non so dove si trovi in questo momento e non ho intenzione di cercarla finchè sarò costretta a continuare a scappare e venire inseguita. E' logorante. 
In realtà quella che chiamo famiglia non lo era neppure. Non biologicamente almeno. I miei genitori effettivi non li ho mai conosciuti, così come non è chiara la loro sorte. Per il momento questa città è un punto di partenza per capire da dove proseguire il mio cammino e cosa fare. Fino a poco tempo addietro mi sembrava inconcepibile anche solo l’idea di scappare… E ora eccomi qua e devo pensare. –
 
Edward ingoiò più volte la saliva per cercare di respingere quel gomitolo di lana che sembrava comprimergli la gola. Allora quella sensazione non era una paura insensata. Più di tutte le risposte sempre più inquietanti che gli stava dando, ciò che lo turbava era proprio quella consapevolezza. L’aveva appena trovata eppure lei stava già pensando di andare via, e senza volere alcun aiuto da parte sua. Era completamente impotente, allora?
 
- Quindi sei fuggita da questa specie di “setta” di cui fa parte anche questo Ian e adesso loro ti cercano? Sanno dove trovarti giusto? E tu dopo questi anni sei tornata proprio dove hai vissuto anni fa? Mi sembra quantomeno azzardata come scelta, anche se devo ringraziare la tua indecisione se ti ho incontrata. Ti fidi davvero di questo Ian? Bella… Lasciati aiutare da me, non puoi affrontare tutto questo da sola. Potremmo cercare la tua famiglia insieme e trovare un altro nascondiglio, se però sarai completamente onesta con me. Sai, mi avevano lasciato un biglietto con su scritto un numero, tempo fa, che avrebbe cambiato la mia vita per sempre. Ma non ho mai avuto il coraggio di comporlo. Se tu accettassi di farti aiutare, potrei trovare la forza per indagare anch’io sul mio passato. Allora che ne dici? –
 
Si stava dando la zappa sui piedi da solo, ma se davvero lei era in pericolo, allora doveva essere ragionevole.
Seguì un breve silenzio, che pensò che avrebbe tagliato l’aria. Mentre era in attesa di conoscere quale sarebbe stato il suo giudizio, vide un lieve sorriso triste aleggiare sul suo volto. Per la prima volta tentò un contatto leggerissimo con la pelle di lui, quando gli sistemò delicatamente una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Se non fosse stato un ragazzo, sarebbe arrossito. Molto probabilmente stava cambiando colore in quel momento, sperando che l'accenno di barba che portava cammuffasse l'effetto.

Leggero e rapido così come era arrivata, la mano di lei tornò sulle sue ginocchia e gli rispose:
 
- Se hai davvero una speranza anche minima di sapere di più sul tuo passato, dovresti farlo e in quanto "bimbi sperduti" ti darò il mio sostegno. Per il momento ti lascerò darmi una mano, ma dovremo farlo in segreto e al minimo cenno di pericolo o rischio, tu non mi avrai mai incontrata, d'accordo? Mi sembra un buon compromesso per la tua testardaggine. Lo so che tutto questo non ha molto senso per te e non conosci ancora il peggio, ma al momento non posso dirti altro. Per quel che riguarda Ian, si è assolutamente affidabile e credo che sarà impossibile impedirgli di farsi ulteriormente coinvolgere... Siete due incoscienti d'altronde. -
 
E così si chiuse per il momento l'accordo. Questa volta allungai la mano per siglare l'accordo e lei allungò la sua sorridendo. Si irrigidì molto meno e ci mise qualche secondo in più prima di sciogliere la presa. Iniziava ad abituarsi al suo tocco, ma ci avrebbe lavorato anche su questo, così come sulla sua partenza.
 

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