Lo sguardo di Puccini

di Veni Vidi Jackie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


LO SGUARDO DI PUCCINI

 

 

 

Mi graffio in modo convulsivo le mani, aspettando con ansia il momento che tra poco arriverà. Guardo a sinistra: ancora nulla.

Sono seduto su una panchina lungo la Via Aurelia, all'entrata di Torre del Lago Puccini. L'attesa è estenuante, soprattutto ora che è estate e la panchina è rivolta verso il sole. Sento le prime gocce di sudore scivolarmi lungo la fronte, anche se non sono sicuro se siano dovute all'afa o all'agitazione. Forse ad entrambe? Probabile.

Rivolgo di nuovo gli occhi alla mia sinistra, verso Viareggio: niente ancora. E' da lì che arriverà, questo è certo. Torno a graffiarmi le dita: non sento dolore, lo faccio da così tanto tempo che mi fa sentire meglio. Ho come un callo nel punto in cui mi graffio. Ormai è come se avessi un oggetto anti stress incorporato, lo posso usare quando e quanto voglio.

Aspettando, sono assalito dai dubbi. Ce la farò? Riuscirò a scordare i fantasmi del passato? Oppure mi farò travolgere dalle antiche passioni e dall'emozione?

«Jack, mi senti?» sento una voce gracchiare.

Giusto, mi ero dimenticato di Tom. Mi sistemo meglio l'auricolare nell'orecchio e rispondo.

«Tutto a posto, Tom. La lepre non si vede ancora»

«Va bene, avvisami quando l'avvisti. Passo e chiudo.»

Tom, meno male che c'è lui oggi. Come potrei farcela senza di Tom? Oggi avrò bisogno dei suoi preziosi consigli, mi dovrà aiutare a non farmi prendere dal panico. Mi sta parlando da circa sette chilometri di distanza, ovvero da Viareggio. Probabilmente adesso si starà baciando con la sua Sara...spero che oggi sia la mia volta buona.

Il rumore di chiusura dello sportello di un auto mi fa voltare d'istinto verso sinistra...falso allarme: è solo Giulio, il parrucchiere che ogni volta a quest'ora apre il suo negozio, proprio alle mie spalle. Lo saluto con un cenno del capo, poi continuo ad aspettare.

E se non venisse? Non ci avevo pensato, questa è un'eventualità plausibile. Accidenti, dovevo aspettarmelo. Era troppo bello per essere vero.

«Tom, forse non viene...» sussurro

«Quante volte ti ho detto di dire “Tom, qui Jack” quando parli? Perché non mi ascolti quando...»

«Shh! Zitto!» lo interrompo. «La lepre è arrivata! Ripeto: la lepre è arrivata!»

Osservo la piccola macchina grigia che accosta e si ferma vicino al marciapiede. Dal lato passeggero scende la bella ragazza che conosco da ormai due mesi e mezzo. Mi fa un timido saluto, poi dice qualcosa a sua mamma e si avvicina a me. Io sorrido a sua madre, che mi rivolge un sorriso. Poi, avviene la catastrofe.

Dallo stesso lato da cui è scesa la ragazza vedo scendere anche una bambina, che io conosco molto bene.

«Tom! Emergenza, emergenza! E' venuta pure...ehm...la leprottina!» esclamo all'auricolare, cercando di nascondere la mia agitazione alla ragazza, che ormai mi ha raggiunto.

«Ciao, Camilla» la saluto, con molta insicurezza. Lei mi fa quel sorriso bellissimo di cui mi sono innamorato

«Ciao, Jack. Non ti dispiace se ho portato la mia sorellina? Sai, mi stava rompendo le scatole a casa e...insomma...»

Io scuoto la testa, allontanando quelle parole con le mani.

«Nessun problema, adoro Martina e sono felice che sia qui con noi oggi» mento, sorridendo alla piccola bambina. Martina ha dieci anni ed è molto dolce, io le voglio molto bene ma non nascondo che oggi non l'avrei voluta. Oggi è il d-day, niente deve andare storto. La bambina si stringe alle mie gambe e mormora: “ti voglio bene”.

«Ti voglio bene» faccio pure io, scompigliandole i capelli.

«Jack, non mi sembra il momento...» sento nel mio orecchio

«Non dicevo a te, Tom!» esclamo all'improvviso, facendo sussultare Camilla e la sua sorella. Perfetto, ho già fatto la mia figuraccia. La cosa positiva è che le cose possono solo migliorare, non peggiorare. «Scusami, Camilla» mormoro con vergogna, «in questi giorni ho studiato molto...ho la testa fra le nuvole...»

La ragazza, dopo un attimo di perplessità, torna a mostrarmi il suo sorriso e mi fa cenno di prenderla sotto braccio.

Wow, Jack...sta davvero accadendo? Dai, non perdere questa occasione! Senza un secondo di indecisione, le infilo il braccio sinistro sotto il suo...ma con troppa violenza. La mia mano, infatti, va a colpire il viso di Martina, che scoppia in lacrime.

«Jack, porca l'oca! Non dovevi uccidere la leprottina!» mi urla Tom. Faccio finta di non sentirlo e mi scuso gentilmente con la bambina, che adesso si tocca la faccia per assicurarsi che non le faccia troppo male.
«Accidenti, scusami! Non l'ho fatto apposta, davvero! Vuoi un fazzolettino?»

Martina scuote la testa e Camilla mi invita a continuare (o meglio: iniziare) la nostra passeggiata. Bene, non devo più pensare a quello che è appena successo. Stacca la testa, Jack. Fatti guidare dal cuore e basta, vedrai che così andrà tutto bene.

«Allora, dove mi porti?» chiede Camilla

«Ah, oggi ho un bel programmino per noi. Prima tappa: il lago di Massaciuccoli»

«C'è davvero un lago?» domanda Martina, mentre io noto con terrore che ha un occhio rosso

«Certamente» rispondo.

La bambina fa una faccia sorpresa e poi inizia a saltellare felice davanti a noi. Santo Cielo, non posso portarmela dietro tutto il tempo. E se la buttassi nel lago? No, ci sono troppi testimoni. Dovrò cercare di non farci caso.

Arrivati all'incrocio con il Viale Puccini (che conduce fino al mare), giriamo a sinistra, diretti al lago. Il viale è piuttosto lungo, ma molto gradevole: due file di alberi corrono lungo i suoi due lati, gettando un' ombra molto fresca. Mi sto già rilassando.

Camilla osserva la fila delle ville in stile liberty che costellano il viale, sembra si stia divertendo. Sembra che per adesso si stia trovando bene qui con me, glielo leggo negli occhi. Bene, devo fare in modo che questa situazione continui.

«Jack, come prosegue?» La voce di Tom mi fa quasi saltare dalla paura. Fingo di toccarmi un orecchio e abbasso la voce per non farmi sentire.

«Piuttosto bene... adesso io e la lepre stiamo saltellando verso il lago»

«Ottimo. La leprottina?»

Do una veloce occhiata a Martina, che è a circa venti metri davanti a noi e sta danzando davanti al cancello di un' imponente villa.
«La leprottina sembra iperattiva, penso abbia mangiato delle carote prima di venire»
«D'accordo, ci sentiamo dopo. Passo e chiudo»

«Passo e chiudo.»

Martina, che fino a poco fa non faceva che ballare e fare piroette, si è fermata davanti alla villa. Inserisce la testa fra le sbarre del cancello e scruta dentro, dove sbuca all'improvviso un piccolo chihuahua che le abbaia. La bambina schizza indietro urlando per lo spavento, poi si tranquillizza e accarezza il cagnolino, fattosi mansueto tutto d'un tratto.

«Che bel cagnolino! Ma quanto sei bello? Sei bellissimo!» dice la bambina, facendosi leccare dal chihuahua. Camilla, rimasta in silenzio, si gira a guardare la villa. I suoi occhi brillano della stessa luce di cui brillavano la prima volta che l'ho fatta ridere. Quel magico 13 agosto 2013, quando tutto è iniziato...che splendida serata, rivedere quel sorriso mi mette una felicità mai provata.

«Che cos'è?» mi chiede dopo alcuni secondi, indicando l'abitazione.

Sospiro: oggi farò anche la guida turistica.

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Quanto è bella Camilla. Non riesco a staccarle gli occhi di dosso. Adoro la sua cascata di capelli castani, così come i suoi occhi intelligenti. E quando mi rivolge quello sguardo magnetico? Non so resisterle. Questa è la ragazza perfetta per, me lo sento. Non come...beh, meglio lasciare stare.

«Allora, come si chiama?»

Camilla riporta la mia attenzione sulla villa che stiamo guardando. Martina mi guarda attenta, anche lei vuole sapere la risposta. Io, ovviamente, non ho idea di come si chiami la villa. Vivo qui da vent'anni, ma so solo che adesso è un Bed and Breakfast.

«Tom...» sussurro vicino all'orecchio «cerca su Internet informazioni su una villa che ora ti dico.»

Gli do l'indirizzo, mentre io prendo tempo. «Questa villa, avete detto?» domando. Camilla mi guarda divertita, come se pensassi che la stia prendendo in giro.

«Sì, proprio questa!»

Deglutisco. Tom deve muoversi, non voglio fare l'ennesima figuraccia.

«Beh, innanzitutto osserviamola, no? Guardate che bella: stile liberty, il mio preferito.»

Sto temporeggiando, ma ciò che dico non me lo sto inventando. So che è stile liberty perché l'ho studiato all'ultimo anno del liceo e il mio piccolo paese è pieno di abitazioni in questo stile, è uno dei motivi per cui è molto bello.

«Da come potete vedere» continuo «la villa è organizzata su due piani: il piano terra ed il primo. Al piano terra vi sono due finestre, al primo ce ne sono invece tre. In più, la villa ha anche un piccolo balconcino molto grazioso. Ma quello che più mi piace di questo edificio...» e qui mi sposto verso il cancello «...è il giardino, ricco di palme e vegetazione.»

Indico il meraviglioso giardino che circonda l'edificio, mentre le due ragazze mi ascoltano curiose. Non so se mi ritengono un buon attore o se veramente mi credono.

«Tom, dimmi il nome della villa!» ordino al mio amico

«Un attimo, Jack! Mi è uscita la pubblicità di “Amazon” e non riesco a chiuderla!»

Sbuffo spazientito, cercando di convincere Camilla a proseguire la nostra passeggiata. Lei, però, non ne vuole sapere. Non fa che osservare il giardino, che in effetti è un vero e proprio locus amoenus. Per fortuna la fila degli alberi del viale ci offre un po' di ombra, altrimenti mi starei sciogliendo.

«Sai per caso come si chiama?» mi chiede Camilla, distogliendo lo sguardo dalla villa

«Ehm...» balbetto, mentre inizio a sudare freddo «ma certo! Il nome, eh...è molto importante il nome...»

E ora come faccio? Anche Martina sta aspettando la mia risposta, una risposta che io proprio non so. Mi sembra di essere tornato a scuola e di essere impreparato ad una interrogazione.

«Tom, sbrigati! Tom!» sibilo all'auricolare. Sento un rumore di fogli dall'altra parte, poi un' imprecazione di Tom.

«Che è successo? Non lo trovi?» domando, preoccupato

«Eh? No no, è che la mia vacanza alle Hawaii con Sara è saltata. Purtroppo ha avuto un contrattempo perché..»

«Tom!» esclamo «il nome della villa!»

Camilla e Martina continuano a guardarmi, ogni tanto spostano lo sguardo sulle case e le ville circostanti.

«Villa Ricordi!» grida Tom.

«Si chiama Villa Ricordi» affermo, come se la risposta fosse scontata. Camilla annuisce soddisfatta, poi fa cenno a Martina di andare avanti e continuiamo il nostro percorso. Ringrazio Tom, che mi risponde con un “de nada!”. La ragazza mi prende di nuovo a braccetto e io prego che tutto questo non finisca mai. No, non finirà. Non lascerò che le cose vadano male di nuovo.

«Uh! Guarda Bella!» grida Martina. La bambina sta adesso indicando un'altra villa Bed and Breakfast. Accidenti, non è possibile! Io volevo solo godermi la mia giornata con Camilla, non volevo fare da guida turistica.

Camilla, ovviamente, si precipita a vedere. Comincio a rimpiangere di non averla invitata tempo prima, almeno oggi non avrei dovuto mostrarle tutto. Informo nuovamente Tom dell'indirizzo dell'edificio, in modo da avere tutte le informazioni subito.

«Vedo che avete appena scoperto la Villa Enrica!» annuncio, indicando con un gesto della mano il complesso dell'edificio. In effetti, devo riconoscerlo, è un'abitazione stupenda. E' circondata da un giardino immenso (un vero e proprio Eden), al cui centro campeggia un'altissima palma. La villa, inoltre, è anche molto più grossa della Villa Ricordi. Anche questa ha un solo piano, ma le decorazioni in stile liberty sono molto più numerose e raffinate. Il colore, di un marroncino chiaro, è meno scuro della villa precedente (anch'essa, in ogni caso, molto bella).

«Dai, dicci qualcosa!» insiste Martina. Io aspetto qualche secondo in modo da dare il tempo a Tom di trovare notizie, poi inizio a spiegare.

«Questa stupenda villa in stile liberty (qui è quasi tutto in liberty) è stata costruita nel 1907 da un amico svizzero di caccia di Giacomo Puccini, che come sapete amava profondamente la caccia. Attualmente la Villa Enrica è un Bed and Breakfast.»

Le ragazze rivolgono lo sguardo sognante verso l'edificio, poi riprendono a camminare. Faccio un sospiro di sollievo: pericolo scampato. Camilla non fa che sorridere, forse è davvero felice. E perché non lo dovrebbe essere? E' una splendida giornata.

«Grazie, Tom» mormoro al mio orecchio «tra poco preparati sulla Villa Puccini. Io e la lepre ci stiamo andando»

«Villa di qua, villa di là...ma case normali lì non ce ne sono?» domanda il mio amico, mentre io tento di non ridere.

«Comunque» prosegue «tra poco è ora che tu catturi la lepre...lo sai, no?»

Annuisco, anche se lui non può vedermi. Eh, sì...tra poco è il momento di agire. Devo aspettare il momento giusto, senza cercare di accelerare le cose. Forza, Jack. Hai un matchpoint, convertilo.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Martina continua a saltellare felice, precedendo me e Camilla. Percorriamo tutto il lungo viale all'ombra degli alberi. A quest'ora sono poche le persone che lo percorrono: per lo più anziani, che fanno una passeggiata pomeridiana. Certe volte alcuni ragazzini in bicicletta sfrecciano sulla strada, rincorrendosi tra di loro.

Camilla continua a guardare sorridente intorno a sé, sembra molto curiosa di conoscere il paese in cui vivo. Sono felice, è esattamente quello che speravo.

Dopo dieci minuti arriviamo all'entrata della grande piazza che si affaccia sul lago, costellata di giardinetti. Su un cartello campeggia la scritta “Belvedere Puccini”. La cosa che più amo di questo luogo è la tranquillità: sono pochissime le macchine che arrivano qui, quindi domina il silenzio, interrotto solamente dalle urla di bambini che giocano.

«Cos'è quella?» domanda Camilla, indicando una casa alla mia destra. Siamo appena entrati nella piazza e la sua attività di esploratrice è già iniziata.

«La villa di Giacomo Puccini» rispondo. E' un edificio talmente noto che non ho assolutamente bisogno di sapere come si chiama. Da piccolo venivo sempre qui in bici con i miei amici, conosco ogni angolo del piazzale.

Entriamo nella piazza e le mostro la facciata della villa di Puccini, preceduta da un giardino. Gli occhi intelligenti della ragazza si soffermano sulle piante del giardino, poi si spostano sull'edificio, che è molto semplice e sembra una qualsiasi abitazione.

Un uccello comincia a cantare tra le fronde di un albero del giardino, mentre Camilla mi conduce dolcemente per la piazza.

«Uh! Bello quello! Camilla, guarda!» esclama Martina, indicando con la mano il teatro Pucciniano, sulla sinistra. Il teatro, colorato di un forte blu, non può certo passare inosservato. Purtroppo non è collegato alla piazza, poiché a dividerli si trova un piccolo porticciolo. L' impatto visivo, però, è eccezionale.

«Bellissimo...» commenta Camilla con occhi sognanti.

«Totalmente immerso nella natura... è stupendo. Sai qualche informazione?»

Colto (nuovamente) di sorpresa, fingo di avere un insetto nell'orecchio per prendere del tempo e suggerire a Tom:

«Il teatro! Dimmi qualcosa sul teatro!»

«Ci vado domani con Sara, perché me lo chiedi?»

Scuoto la testa, incapace di comprendere quanto ingenuo possa essere il mio amico.

«Il teatro Pucciniano! Sveglia!»

«Ah, questo ha senso...un secondo.»

Mi giro verso le due ragazze, fingendo di essere del tutto tranquillo. In realtà le sto sorridendo da circa dieci secondi e probabilmente ormai si staranno chiedendo se le mie labbra si siano paralizzate. Martina saltella fino a me e poi si getta sulle mie gambe, facendomi molto male. La bambina ride, ma Camilla capisce che mi sono fatto veramente male.

«Martina, ma sei impazzita? Chiedi subito scusa!» le ordina Camilla, massaggiandomi una coscia.

Accidenti, che bella sensazione. Dovrei farmi male più spesso, forse. Così Camilla mi potrebbe sempre fare un massaggio. Ringrazio mentalmente Martina, che mi dà anche la possibilità di avere più tempo per rispondere alla domanda della sorella.

«Che male...santo cielo...» gemito, esagerando il dolore

«Ti porto su una panchina? Dai, vieni.»

Camilla mi trascina con fatica su una panca, mentre io non faccio che toccarmi la gamba. Dopo qualche minuto cesso di fingere e confermo che il dolore è del tutto passato

«Scusami» mi dice Martina, con la faccina tutta triste. Mi pento subito di aver finto di stare male: non si può resistere a quel faccino. Le do un bacio sulla guancia per scusarla.

«Dunque, che dicevi?» chiede Camilla.

Mhm, è proprio fissata.

«Bene» inizio, dopo aver ascoltato le informazioni avute da Tom «la struttura è stata costruita nel 1930 col nome di “Gran teatro all'aperto” ed è il più grande teatro all'aperto della Toscana. Negli anni sessanta è stato spostato nella zona in cui si trova adesso, a nord di questo piccolo porticciolo.»

Camilla e Martina spostano lo sguardo sulle piccole imbarcazioni che entrano ed escono dal porticciolo.

«Nel 2002» proseguo «il teatro è stato modificato ed ampliato, nell'ambito del progetto “Memorial of Puccini”. Ad oggi può contenere fino a tremila persone.»

Il tono in cui ho spiegato la storia del teatro mi ricorda molto lo stile di Alberto Angela, in più ho accompagnato il discorso con gesti delle mani. Spero per loro di non risultare noioso, ma d'altronde sono loro ad avermi chiesto delle informazioni.

Camilla mi sorride, poi sospira e chiude gli occhi. Martina fa lo stesso, godendosi il venticello fresco che corre fra di noi. Io guardo davanti a me, osservando la tavola piatta del lago. Mi alzo senza fare rumore e mi avvicino al parapetto, gettando lo sguardo sulle colline dall'altro lato dello specchio lacustre.

Che giornata meravigliosa. Il sole splende e ho portato Camilla in un vero e proprio locus amoenus: c'è tanta vegetazione, acqua, un senso di pace...cosa manca? Mancherebbe solo un bacio...

«Jack, qui Tom...mi senti?»

Sospiro frustrato. «Sì, Tom. Ti sento benissimo..»

«Allora? Aggiornami! Cosa fa la lepre? Hai agito come ti avevo detto?»

«Sì, il problema è che vuole sapere ogni singola cosa di ciò che vediamo!»

Anche Tom adesso sospira. «Tipico» dice «le donne fanno sempre così...Per esempio, l'altra sera, Sara mi voleva...»

Interrompo la comunicazione, in modo da non dovere ascoltare un suo aneddoto noiosissimo. Distolgo l'attenzione da Tom e lo riporto sul lago, increspato da sottilissime onde. Ad un certo punto sento una mano toccarmi sulla spalla. Mi giro: è Camilla.

«E' molto bello qui» dice, appoggiandosi come me al parapetto

«Già... molto bello.»

Camilla mi sorride ( quanto è bella quando lo fa!) e poi mi fa cenno di continuare a camminare. La seguo, quando mi sento tirare i pantaloni dal basso. E' Martina, che mi vuole sussurrare qualcosa.

«So cosa stai facendo» mi dice. La osservo terrorizzato: sta sorridendo, ma non come fa sempre. C'è qualcosa di strano nella sua espressione, qualcosa che mi conferma ciò che temo.

Mi ha visto parlare con Tom .

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Continuo a passeggiare per il Belvedere rivolgendo occhiate a Martina, che ricambia. La sua espressione mi rivela che sa tutto su Tom: sa che dialogo con lui attraverso un'auricolare. Lo capisco da come mi guarda.

Camilla sembra non averci fatto caso, per fortuna. Io sto cercando di non far notare la mia agitazione, ho il terrore che la bambina da un momento all'altro le riveli tutto.

«Tom! Tom!» chiamo sotto voce

«Qui Tom, ci sono problemi?» risponde la sua voce. Dall'auricolare riesco a sentire che sta mangiando un pacchetto di patatine.

«Direi di sì. La leprottina ha scoperto tutto! Ripeto: la leprottina sa tutto!»

Sento che Tom ha appena sputato una patatina e ora sta tossendo, cercando di non tossire.

«Sì, lo so» ammetto «sono stato ingenuo»

«Eh? No, io mi stavo strozzando perché la Juventus ha appena sbagliato un rigore. Tu che dicevi?»

Preso dalla rabbia, prendo l'auricolare e la getto lontana. Camilla si gira verso di me un secondo in ritardo e riesce solo a vedere il mio movimento del braccio. Con la coda dell'occhio vedo Martina che sta tentando di nascondere una risatina.

Martina...sapevo che mi avrebbe rovinato tutto.

«Hai buttato via qualcosa?» mi chiede Camilla, guardando nella direzione del lancio

«Eh? No, no...stavo...ti stavo facendo vedere...ehm...lo Chalet Emilio! Non si può andare a Torre del Lago senza vederlo!»

Improvvisando come meglio posso, dirigo il braccio verso il ristorante “Chalet Emilio”, che si affaccia direttamente sul lago. In effetti è molto bello, in quanto lo si può definire quasi una “palafitta”, dal momento che si sviluppa letteralmente sulle acque dello specchio lacustre.

«Sì...è molto bello» commenta Camilla, ancora un po' dubbiosa su quanto le ho detto. Martina si avvicina a me, ride e riparte. Quella ragazzina mi sta dando sui nervi...

Raggiungiamo un ampio spazio nel piazzale, al cui centro si trova un giardinetto con diverse palme. Passiamo davanti ad una gelateria ed il caldo estivo ci obbliga a comprare un gelato. Martina non fa che guardarmi e sorridere. Ad un certo punto arriviamo ad una terrazza che dà sul lago, collegata con un piccolo gazebo fra le acque del Massaciuccoli. Il suo accesso è vietato (come testimonia la catena che ci preclude il passaggio), ma è comunque a soli tre metri dalla piazza, più o meno. Molti turisti lo fotografano, niente che abbia qualcosa di particolare, ma ormai è diventato un simbolo di Torre del Lago.

«“Chi vuol essere lieto sia, del domani non v'è certezza”» recita Camilla, leggendo la frase sul gazebo. «Di chi è?»

La risposta la so, un torrelaghese la deve sapere per forza.

«Di Lorenzo de' Medici» rispondo orgogliosamente.

La ragazza scatta qualche foto col cellulare, poi continuiamo a vagare per la piazza. Spesso alcuni ragazzini in bici ci tagliano la strada schiamazzando fra di loro, altre volte bambini più piccoli vengono rincorsi dai rispettivi genitori. Mi piace che questo luogo sia il punto di ritrovo di gran parte della gioventù del paese.

«Cosa vuoi fare adesso?» domando a Camilla, che increspa le labbra e fa una smorfia

«Penso possiamo andare» risponde «se mai possiamo tornarci più tardi.»

La ragazza rivolge un'ultima occhiata al Belvedere e poi ci avviamo verso l'uscita della piazza.

Sto per dimenticarmi una cosa importante.

Fingendo di essermi sentito chiamare, faccio una rapida corsa indietro e raccolgo da terra l'auricolare che avevo gettato.

«Ma che ti è preso?» mi chiede Camilla dopo essere tornato

«Eh? Ah...nulla, mi sembrava che qualcuno mi avesse chiamato...»

Mi accorgo subito dell'espressione da “io so tutto” di Martina, quindi cambio immediatamente argomento. Cercando di fugare ogni dubbio di Camilla, indico un punto alle loro spalle.

«Dovete vedere Pippo!» esclamo.

Martina fa subito una faccia sorpresa e corre verso ciò che le ho mostrato: la statua di un cane.

«E quella da dove spunta?» domanda Camilla, avvicinandosi.

La statua si trova sulla strada di accesso (e allo stesso tempo di uscita) del Belvedere, proprio di fianco alla Villa Puccini. Quando siamo arrivati, le due ragazze non l'avevano notata.

Martina accarezza dolcemente la testa del cane, che rivolge il suo sguardo in alto come se veramente si accorgesse di essere toccato.

Non ho bisogno di presentare una descrizione, perché alla base del monumento c'è una targa con scritto: “Pippo, cane senza padrone, dal mantello marrone e dagli occhi dorati colmi di dolori antichi e di una pace ritrovata, visse circa 20 anni sul belvedere Puccini. Comparso nel 1977 con una profonda ferita da arma da fuoco sulla schiena, seppe perdonare e conservare fiducia negli uomini. Adottato dagli abitanti del lago, non compì gesta straordinarie ma insegnò a tutti il vero significato di bontà, perdono, amicizia e libertà. Prigioniero come ogni essere mortale nella rete della vita e del tempo, testimoniò la magia di un'esistenza pienamente vissuta con dignità e coerenza alla propria natura. Una storia d'amore e gratitudine reciproca tra l'uomo e l'amico cane.”

Camilla e Martina leggono con tristezza ed emozione la targa, mentre la ragazza comincia ad accarezzare i capelli della bambina.

«Pippo...» mormora Camilla

«Perché aveva una ferita? Gli avevano sparato? Ma ora è vivo, vero?» mi domanda preoccupata Martina

«Ora non è più vivo, è morto di vecchiaia» spiego

«E la ferita? Perché? Perché aveva una ferita? Non gli volevano fare del male, giusto?»

Non sapendo come rispondere alla sua domanda innocente, guardo Camilla. Martina, capendo che io non ho una risposta, si volta dunque verso la sorella.

«Martina, ma sai leggere? Probabilmente lo avrebbero voluto uccidere!» risponde in modo aspro Camilla, facendo piangere la sorellina. Poi sbuffa, vedendo Martina allontanarsi in lacrime.

Mi avvicino alla ragazza, sorpreso della sua reazione così aggressiva.

«Perché le hai risposto così?» domando

Camilla scuote la testa forte e si copre gli occhi con le mani: è in questo momento che mi accorgo che sta piangendo. O meglio: è sul punto di piangere. 4

«Che ti prende? Tutto okay?» chiedo, mettendole una mano sulla spalla per tranquillizzarla

«Martina...» risponde tra un gemito e l'altro «è sempre tra i piedi...oggi doveva essere la nostra giornata, non la sua. Mi fa saltare i nervi.»

Ascoltando queste parole, comprendo immediatamente che è vero: Camilla mia ama. E' la “nostra” giornata, ha detto. Questo significa che ci considera una coppia. Sono l'uomo più felice del mondo, devo solo cercare di non sorriderle in faccia o penserà che sia un insensibile.

«Dai, non fa nulla. Mi diverto con lei, sono felice che sia con noi oggi...»

Forte di un nuovo coraggio, la abbraccio forte e lei ricambia. Che amore, che calore! Vorrei che questo abbraccio con finisse mai. Dopo dieci minuti in questa posizione, però, le braccia mi si stanno anchilosando e mi stanno venendo dei crampi. Lascio quindi Camilla, che si asciuga le ultime lacrime.

«Ci penso io» dico a Camilla, non appena noto che sta guardando la sorellina. Mi avvio quindi verso Martina, che si è seduta a piangere su una panchina.

«Tom, credo che siamo ad una svolta» annuncio al mio amico, poco prima di raggiungere la bambina

«Ottimo, non deludermi. Passo e chiudo.»

Ripongo l'auricolare in tasca e rivolgo un bel sorriso a Martina.

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


La bambina mi guarda, poi si volta dalla parte opposta. Mi siedo accanto a lei, restando in silenzio per i primi secondi. Sono un po' imbarazzato, perché non so come fare per tirarla un po' su di morale.

«Hey...» mormoro, ma lei non mi guarda «Mhm...scommetto che se ti faccio così mi parli!» detto questo, comincio a farle in solletico sul fianco destro. Lei ride e poi fa per allontanarmi, riassumendo l'espressione imbronciata di prima.

Guardandola a modo, però, riesco a capire che adesso sta solo fingendo di essere arrabbiata. Decido quindi di intervenire.

«Dai, Martina. Spara tutto, dimmi tutto ciò che hai dentro di te. Offendimi, sputami...fammi qualunque cosa.»

Lei alza le spalle e si gira a guardarmi, con un' espressione seria in volto.

«Camilla non mi voleva oggi!» si scaglia. «Mi odia! Scommetto che pure tu non mi volevi...»

«Io?! Scherzi, vero? Ma certo che mi fa piacere averti qui! La stessa cosa vale per tua sorella, non fare caso a quello che ti ha detto prima. Forse è solo stressata, cosa ne puoi sapere?»

La bambina continua a guardarmi sotto gli occhiali rosa, forse valutando se darmi ragione o no. Sono stato sincero, in realtà. Non mi dà noia averla con noi oggi, anche se preferivo di no. Non perché mi stia antipatica, ovviamente. Solo per il tipo di giornata che è oggi...

«Okay...» si arrende, anche se non mi sembra molto convinta.

Io mi alzo in piedi e le mostro un bel sorriso.

«Hey, che ne dici se si va un po' al parco?» le chiedo, mostrandole un parco giochi poco davanti a noi. Lei si gira a guardare, ci pensa per qualche secondo e poi acconsente con gioia. Ci avviamo verso l'area per bambini, immersa in un piccolo boschetto.

«Comunque quel “coso” non ti serve.»

Guardo Martina, sperando che non si stia riferendo a ciò che penso, anche se so che in realtà è così. La bambina mi guarda seria, come se aspettasse che io vuoti il sacco. Infatti sono sul punto di farlo, indeciso se rivelare la metà o meno. Decido di resistere ancora per un po'.

«Martina...ma cosa dici? Non so di cosa parli...io proprio non...»

A questo punto lei, senza indugiare troppo, mi tira la maglia verso il basso, costringendomi a piegarmi. Con violenza mi prende l'auricolare dall' orecchio, poi me lo mostra.

«E questo?» chiede, con la stessa espressione di un' insegnante che sequestra il cellulare ad un alunno

«Ah, quello...stavo ascoltando la musica...sai, mi rilassa. Prima ascoltavo Mozart e...»

«Ma fammi il piacere!»

Martina prende una bella rincorsa e getta il mio prezioso strumento tra alcuni cespugli, in modo che io non possa più riprenderlo. Sono sorpreso della sua reazione e mi sento totalmente vulnerabile, nudo. Non so come possa continuare il mio appuntamento con Camilla, adesso.

La ragazzina sembra leggere i miei pensieri e mi accarezza il braccio con la mano, guardandomi da sotto i suoi occhiali.

«Non ne hai bisogno, comportati in modo naturale e vedrai che andrà tutto bene.»

Osservandola a modo, mi rendo conto che è sincera: crede in me. Forse pure io dovrei credere in me stesso...Martina vuole ovviamente il bene per la sua sorella maggiore, forse quel “bene” sono io. Non voglio essere presuntuoso, ma entrambi stiamo benissimo insieme.

«Ne sei...sicura?» chiedo, ancora imbarazzato. «Io ho paura...ho paura di non farcela, di perderla...»

«Ma come? Non la vedi? E' pazza di te, basta che adesso pure tu glielo dimostri! Stai tranquillo, andrà come vorrai.»

Mi faccio forza ripensando alle parole che Camilla mi ha detto poco prima, quel “oggi doveva essere la nostra giornata” che mi ha fatto sobbalzare di gioia. Accompagno la bambina su un' altalena e, mentre la spingo, comincio a pensare.

Non ho più l'aiuto di Tom, d'accordo. Dovrò farmene una ragione, vorrà dire che dovrò fare tutto da solo. Non mi resta che provarci, sono qui per questo. Non mi lascerò sfuggire Camilla, non questa volta. Questa volta voglio vincere io, anche per dimostrare a Matilde che non sono un perdente e dimenticarmi totalmente di lei.

«Jack, basta così! Mi sento male!»

Riporto velocemente la mia attenzione su Martina, che mi grida dall'altalena. Preso dai pensieri, non mi ero accorto che da dieci minuti mi stava chiedendo di scendere.

La riporto a terra e lei inizia a barcollare a destra e a sinistra, come colpita dalla nausea.

«Mi fa male la pancia e mi gira la testa...forse ci sono stata troppo...» si lamenta Martina

«Oh, no no! Riprenditi, forza!» esclamo, facendole coraggio. La bambina, però, si appoggia al tronco di un albero e poi inizia a vomitare.

Comprendendo che per l'ennesima volta ho fatto un danno, distolgo gli occhi da lei. E' in questo momento che vedo Camilla sulla strada, girarsi verso di noi.

«Ah, allora siete laggiù!» esclama, venendoci incontro.

La saluto, pensando a cosa fare nei prossimi minuti. D'accordo, ormai è veramente il tempo di agire. Forza e coraggio, Jack. Te lo ha detto pure una bambina di dieci anni: tu ce la puoi fare. Forza, dimostra di essere un uomo.

«Sempre stati qui!» rido, accogliendo con gioia la ragazza.

 

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


«Mi dispiace, sorellina. »

Camilla mostra un sorriso triste a Martina, con la quale si è appena scusata. Quest' ultima dapprima non sembra volerla ascoltare, ma poi si ricrede e la abbraccia. Per poco non mi emoziono vedendo quelle due ragazze (che sono le donne della mia vita, ne sono certo) che si stringono con tanto affetto. Sì, Camilla è la ragazza perfetta per me. Lo so davvero.

«Dispiace anche a me» sussurra Martina

«Anche a me» dico, stringendomi con loro. Le due ragazze scoppiano a ridere e Camilla mi respinge in modo scherzoso. Mi allontano da loro, fingendomi offeso.

«Ho visto un autobus» dice Camilla, dopo l'abbraccio. «Credo che porti al mare...che ne dici?»

Questa non ci voleva: se la porto al mare non avrò tempo per...per baciarla. Mi torna ancora strano pensarlo: baciare...una parola a me sempre sconosciuta. Ci andai vicino con Matilde...ma perché riportare alla memoria tristi ricordi? Oggi è tempo di gioia, di rivincita.

Non ho intenzione di baciarla sul mare, non è romantico di pomeriggio.

Guardo l'orologio del mio cellulare: sono le diciassette e mezza. La cosa positiva è che il terminal dei pullman è nella piazzetta antistante il parco giochi...se andiamo e torniamo in fretta avrei ancora del tempo, se non se ne va via presto.

«D'accordo» rispondo, anche se nutro ancora dei dubbi. Ci incamminiamo di nuovo verso la piazza, dove un piccolo bus aspetta paziente i suoi passeggeri. Io e Camilla ci sediamo accanto, con Martina sulle gambe della sorella.

«Allora, Jack» Camilla mi guarda con un sorriso. «Una volta mi hai accennato di una certa Matilde, ma chi è?»

Questa domanda mi sorprende, prendendomi alla sprovvista. Ripenso a quella ragazza e a come mi ha umiliato, come mi ha trattato. Purtroppo certe persone è meglio non averle mai conosciute. Tuttavia, il mio cuore si rifiuta ancora di odiarla.

«Appartiene al passato» taglio corto, mentre Martina mi guarda perplessa. Camilla annuisce e si arrende: non parlerò mai di Matilde, o almeno non oggi. Questo pomeriggio segna la mia rivincita, il giorno in cui i vecchi fantasmi sono ufficialmente scomparsi. Era l'ora...

Impieghiamo circa dieci minuti a raggiungere il lungomare di Torre del Lago, percorrendo tutto il Viale Puccini (che poi prende il nome di “Viale Marconi”e ancora “Viale Kennedy”) fino alla spiaggia. Su un lato della strada che corre longitudinalmente al mare vi sono numerosi ristoranti e pizzerie, sull'altro gli stabilimenti balneari.

Camilla si sistema il suo cappellino ed iniziamo ad avvicinarsi alla spiaggia, con la piccola Martina che non riesce a stare ferma per l'agitazione. Qui c'è troppa gente...non riuscirò mai a fare la mia mossa con tante persone.

«Si muore dal caldo» si lamenta Camilla, inoltrandosi sulla sabbia. La battigia è quasi totalmente invasa dai bagnanti e dobbiamo fare attenzione a non calpestare le persone che prendono il sole distese a terra.

Accorgendoci dell'intenso caldo, decidiamo di tornarcene indietro. Siamo quasi tornati alla fermata dell'autobus quando una macchina si ferma bruscamente davanti a noi. E' tutta nera ed ha i finestrini scuri, come se custodisse un importante politico. Ad un certo punto si apre lo sportello del passeggero e posso scoprire chi sia alla guida. Mi congelo all'istante.

«Tom!» esclamo, riconoscendo il mio amico. Ha gli occhiali da sole e mi fa cenno di entrare velocemente. Un po' dubbioso, entro nell'auto con Camilla e la bambina.

Io mi siedo accanto a Tom, le due ragazze dietro. Il mio amico, non appena vede che ho fatto salire anche le altre due, fa una faccia disgustata.

«Jack, cosa diamine stai facendo?» mi chiede

«Tom, credo sia tu a dovermelo dire»

«Io?!» Tom ingrana la prima e la macchina parte, allontanandoci dalla spiaggia. «Io ti sto salvando!» continua

«Salvando...da cosa

«Da loro!» risponde indicando con disprezzo le due ragazze sedute dietro, che si guardano tra di loro con aria interrogativa. La giornata non può andare peggio...

«Tom, spiegati!» gli urlo

«Ti stavo parlando all'auricolare quando all'improvviso è caduta la comunicazione...ero certo che ti avessero aggredito».

Esplodo in una grossa risata. Camilla e Martina che mi fanno del male? Ma per favore! Tom è troppo stressato in questo periodo, deve prendersi una vacanza.

«Amico mio» gli chiedo «sei sicuro di stare bene?»

«Mai stato meglio» sibila

«Volete dirci cosa sta accadendo?» domanda Camilla.

Accidenti, ora sono nei guai! Come posso spiegare tutto? Non ho il coraggio di dirle che parlavo con Tom di nascosto per avere consigli in modo da baciarla, non mi voglio umiliare. Tom...è tutta colpa di Tom. A malincuore, le spiego tutta la verità. Il suo volto cambia espressione più volte: all'inizio è confusa, poi quasi divertita, dopo allibita e infine rimane ammutolita. Martina non dice nulla, forse vuole tenere nascosto il fatto che lei già sapeva tutto.

Camilla osserva adesso fuori dal finestrino, mentre le abitazioni della Marina di Torre del Lago le corrono davanti agli occhi. Queste case, però, non sono in stile liberty. Sono più moderne. Tuttavia, stavolta non credo che la ragazza sia interessata a scoprire il mio paese.

Dopo qualche secondo, durante i quali il mio cuore si è fermato per il terrore, Camilla scoppia a ridere. Sempre più confuso, rido pure io. Poi, pure Martina. Poco dopo si unisce pure Tom.

«Perché stiamo ridendo?» domanda Tom, fattosi all'improvviso serio

«Non lo so...» confesso, guardando Camilla, che continua a ridere

«Sei veramente un idiota!» risponde la ragazza, dandomi una pacca sulla spalla. «Proprio un idiota!»

 

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


«Fammi capire, tu sei sempre stato in contatto col tuo amico Tom...per non fare una figuraccia..con me

Camilla mi guarda divertita, mentre Tom accosta l'auto vicino al marciapiede.

«Sì...» rispondo, assolutamente perplesso. Camilla batte le mani e scoppia di nuovo a ridere, mentre Tom si gira verso di me e sussurra: “è totalmente pazza, te lo avevo detto”. Scuoto con violenza la testa e torno a rivolgermi a lei.

«Camilla...vuoi spiegarmi perché hai reagito così?» La ragazza esplode in un'ultima risata, poi annuisce e si ricompone. E' tutta rossa in viso, sembra abbia corso la maratona di Boston.

«Io, Camilla Adriani, sono la persona che ha fatto più figuracce del mondo. Ti ho mai raccontato di quella volta che ho detto a un sordo: “hey, senti questa canzone”?»

Faccio segno di no.

«Okay, allora dopo te la racconterò. Comunque, la tua non è affatto una figuraccia rispetto alle mie. Fidati, non ti preoccupare. Sei un idiota (io non mi sarei mai fatta scoprire da una bambina di dieci anni), ma non mi importa.»

Totalmente allibito e confuso, non posso fare a meno di guardare a bocca aperta la ragazza. Martina e Tom, senza dire una parola, spostano velocemente lo sguardo dalla ragazza a me. Sembrano stiano assistendo ad una partita di tennis.

«D'accordo...» mormoro.

Camilla scoppia di nuovo a ridere e si avvicina a me. «Perché non torniamo sul lago?»

Il suo dolce volto è a pochi centimetri da me, riesco a sentire il suo buonissimo profumo. Con la coda dell'occhio vedo Tom che fa l'occhiolino a Martina, che ricambia. Accidenti, ci siamo davvero...Ho la bocca impastata, vorrei gridarle di sì ma sono del tutto ipnotizzato da lei.

«Lago...ehm, il lago?» balbetto. Camilla sorride e Tom decide di intervenire.

«Il lago, esatto! Hai presente quella cosa piatta? No, non intendo la mia fidanzata...quella cosa piatta con l'acqua.»

Annuisco (è l'unica cosa che riesco a fare), poi Tom ci riporta tutti sul Belvedere.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


E' più o meno il crepuscolo quando scendo dall'auto di Tom. Davanti a me, di nuovo la distesa del Lago di Massaciuccoli. Ogni tanto si sente un'anatra gracchiare, ma per il resto regna il silenzio. A quest'ora, la maggior parte delle persone sta tornando a casa dal mare per cenare.

So che il momento è arrivato...adesso non posso più tirarmi indietro. In un modo o nell'altro finirà adesso. Tom mi dà una leggera spinta con braccio, ricordandomi ciò che devo fare. E' il momento di catturare la “lepre”, come dice lui.

Anche Camilla sembra aver intuito la cosa, infatti mi prende sotto il braccio e mi conduce alla ringhiera che dà sul lago, mentre Tom e Martina si allontanano da noi. Ci stanno lasciando la nostra privacy...che bella sensazione.

Camilla si sporge sulla ringhiera, sorridendo. Guarda verso le colline, con il suo solito sguardo da sognatrice. Guardandola a modo, credo che sarebbe una bravissima esploratrice. Poi abbassa gli occhi sulle acque del Massaciuccoli: oh, no...che si voglia buttare? No, no. Adesso mi guarda di nuovo, avvicinandosi (di molto) a me.

In questo preciso istante, i miei occhi sono del tutto immersi nei suoi. Mi sembra quasi di conoscerla solamente adesso. Il cuore mi batte all'impazzata, mentre mi rendo conto che sta accadendo ciò che ho sempre sognato: un bacio sul Belvedere di sera, nel momento più magico della giornata. Una bellissima cornice per un evento fantastico. In lontananza sento solo il dolce canto di alcuni uccellini.

Come mosso da una forza invisibile, il mio viso si avvicina sempre più a quello di Camilla. Ogni singola cellula del mio corpo mi urla: “vai più piano!”, ma io non riesco a farlo. Chiudo gli occhi. Un attimo prima che le nostre labbra si tocchino, sento lontano Tom gridare: “Goooool! Juventus caput mundi!”. Dapprima sussulto, poi sorrido e Camilla fa lo stesso.

Lentamente, le nostre labbra arrivano finalmente a congiungersi. Cosa mi accada in questo momento, non so spiegarlo. So solo che è bellissimo e che mi sento rigenerato. Mi sembra di essere appena nato e di avere una nuova, intera vita davanti a me. Il bacio non dura molto, ma è la cosa più bella che mi sia mai capitata.

Riapro gli occhi e guardo la mia fidanzata, che mi osserva con una luce nuova nei suoi occhi intelligenti.

In quel preciso istante, sento i vecchi fantasmi del passato scomparire definitivamente. Un peso di mille chili sembra essere caduto dalle mia spalle, mi sembra di essere così leggero da volare. Ho sconfitto Matilde, ho vinto io. Matchpoint convertito.

Game, set and match Jack.

 

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(Ringrazio CHIUNQUE abbia letto questa storia, anche solo una riga, e in particolar modo la Contessa di Montecristo, che ha avuto una pazienza davvero abnorme! Sono conscio dei molti errori che ci sono e spero di poter migliorare! Spero non siate rimasti troppo delusi dal finale così improvviso, ma ammetto che effettivamente lo è...grazie a tutti! :)  )

 

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