Sunday Afternoon

di Colli58
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Piccola follia ***
Capitolo 2: *** Costruire Ricordi ***
Capitolo 3: *** Una nuova sfida ***
Capitolo 4: *** La ballata del tamagotchi ***



Capitolo 1
*** Piccola follia ***


La strada era abbastanza sgombra in quel particolare momento della giornata. Qualche vettura qua e là sferzata dalla pioggia scrosciante. Tempo orrendo che però Castle non riteneva un problema.
Aveva immaginato di trovare poco traffico a causa del week-end di maltempo che tutti i meteo prevedevano così sarebbero giunti a destinazione prima. Una volta tanto i meteorologi ci avevano azzeccato: pioveva con intensità, il cielo era di un grigio plumbeo così carico di nuvole basse da non fare ben sperare in un miglioramento pomeridiano.
La radio accesa a basso volume lo intratteneva mentre guidava con Kate che se ne stava appisolata sul sedile del passeggero.
Era stata una piccola follia, una colpo di testa per volersi ritagliare del tempo insieme, soli.
La serata organizzata con gli amici era stata un successo, persino il capitano Gates aveva accettato di essere dei loro e l’allegria era stata dilagante nonostante le vicissitudini dell’ultima settimana.
Gli amici erano stati tutti meravigliosi con Kate, sempre pungenti con lui non lesinando le battutacce! Eh, Ryan ed Esposito lo prendevano sempre in giro e sapevano essere davvero degli ossi duri in fatto di goliardia.  Si erano divertiti e avevano staccato un po’ dal lavoro e dalle preoccupazioni di quei giorni così caotici.
Alla conclusione della serata, esausti, mentre cercavano di dare una sistemata alla casa, avevano divagato sul bisogno di relax e a Castle era uscita così di getto quella proposta un po’ assurda: una breve fuga romantica, una domenica pomeriggio nella casa al mare.
Kate aveva detto miracolosamente di sì, un’occasione da non perdere! Avevano buttato qualche indumento in una borsa e poi, dopo qualche ora di giusto sonno, si erano messi in viaggio.
All’origine si erano accordati per guidare un po’ a testa, però vista la stanchezza di Kate e l’ora tarda fatta la sera precedente, nel vederla così rilassata non aveva avuto alcuna intenzione di svegliarla.
La propria mano era posata sul cambio in una postura che lo faceva sentire virile. Di solito guidava Kate, il novanta percento delle volte ad onor del vero, però guidare in silenzio, con lei rilassata e addormentata accanto a lui, gli dava la sensazione che tutto fosse a posto, sotto controllo. Era una magnifica sensazione.
Quel viaggio verso l’oceano in burrasca serviva a riguadagnare un po’ di intimità. C’erano state poche occasioni per loro stessi da quando avevano deciso di avere un figlio e in fondo tornare nella casa al mare per un po’ di coccole, proprio dove tutto aveva avuto inizio, era così romantico a pensarsi.
Castle aveva anche bisogno di dare un colpo di frusta il suo stato d’animo, soprattutto perché nei giorni successivi avrebbe dovuto allontanarsi e non ne aveva alcuna voglia.
Gli piacevano gli eventi mondani, soprattutto quelli che celebravano la sua fama, ma se c’era Kate accanto a lui. Il tempo delle avventure di qualche giorno e le follie negli alberghi era tramontato. Da professionista qual era, aveva comunque organizzato tutto: mercoledì mattina avrebbe preso un aereo per Montreal alle 10 e 30 e sarebbe rimasto fuori fino a sabato. Prima di partire voleva coccolare e farsi coccolare da Kate. Lasciare che il tempo insieme caricasse le loro batterie per farli reggere meglio i giorni di separazione.
Era ancora difficile allontanarsi, non avevano superato completamente il trauma della sua scomparsa, nonostante fossero passati due lunghi anni. Ci stavano ancora lavorando dopotutto. Il dialogo era il primo e più importante modo di affrontare la difficoltà, quindi nella solitudine del pomeriggio che li attendeva, avrebbero avuto l’occasione per parlarne che spesso gli era mancata.
La casa negli Hempton’s era in un certo senso la loro salvezza, il rifugio tranquillo di cui avevano bisogno perché sua madre, non contenta della splendida parte che aveva ottenuto da poco, si era infilata nell’organizzazione di una raccolta fondi per la sua scuola di recitazione. Il loft si sarebbe gremito di novelli e consumati, per non dire altro, attori di Broadway, alla ricerca di un modo per rimediare il necessario denaro per mettere in programma una pièce, probabilmente puntando al periodo natalizio. Sua madre stava mirando in alto e ne era soddisfatto, ma ogni tanto desiderava che la sua famiglia concedesse loro un po’ di privacy. A casa propria in particolare.
“Cause all of me loves all of you… Love your curves and all your edges, all your perfect imperfections…”
Canticchiò a bassa voce, ispirato. Gli piaceva il testo della canzone che stava ascoltando, lo sentiva proprio.
Amava la sua musa quanto John Legend probabilmente adorava la propria, lo faceva impazzire e amava tutto di lei. Come fare a non esserne d’accordo?
E pensare che aveva avuto da ridire quando sia Kate che Alexis avevano definito che si poteva comprendere di essere innamorati quando i testi delle canzoni prendevano senso. Probabilmente le sue donne avevano ragione, perché dannazione a lui, quella canzone era perfetta per il suo stato d’animo.
Non mancava molto all’arrivo, poteva scorgere l’oceano e le nuvole nere che turbinavano minacciose sopra di esso. Pensò a cosa preparare per l’occasione con il poco che era riuscito ad organizzare.
Voleva stare con lei, giocare, parlare a lungo, magari dedicarsi finalmente alla scelta di un nome per il loro fagiolino. Desiderava momenti di dolcezza, spensierati e piccanti. Fare l’amore davanti al camino, passare ore ad accarezzare la sua pelle liscia, tutte quelle cose che richiedevano calma per essere vissute nella loro completezza, non certo un appartamento affollato. Talvolta si chiedeva se la sua famiglia capisse la loro necessità di voler stare soli. La loro vita coniugale era costellata da grandi movimenti casalinghi: Alexis e i suoi amici, sua madre e le sue serate, dai suoi studenti fino alla raccolta fondi della sera stessa.
Sua madre era ancora in cerca di un luogo per evolvere, purtroppo i costi degli appartamenti a New York non erano una sciocchezza. Negli anni le sue speculazioni si erano dimostrate fruttuose e aveva messo da parte un bel gruzzolo, forse poteva fare qualcosa di più per Martha, però quest’ultima era determinata ad essere autonoma e fino a quel momento non aveva ancora capitolato sulle sue decisioni.
Il denaro non era un problema, non era miliardario, ma vantava al suo attivo quasi una decina di milioni di dollari, soldi che aveva investito con attenzione, frazionato e dedicato alle variabili della sua vita. La reputava un’ottima scelta perché sapeva di aver destinato il necessario per le persone che amava. Era felice di aver destinato qualcosa anche per i futuri figli, tre creature che gli erano state felicemente annunciate dal viaggiatore del tempo. Kate lo avrebbe preso in giro se gliene avesse parlato allora, ma in fondo lei non aveva mai affrontato un qualsiasi discorso finanziario.
Era una donna orgogliosa che viveva con il proprio stipendio, non aveva mai preteso o passato il limite di una vita piacevole ma sostanzialmente morigerata, come se i soldi ereditati dal loro matrimonio non fossero comunque suoi. Non avevano stipulato un contratto prematrimoniale perché lui non lo aveva voluto, andando contro le insistenze del suo legale.
Kate non era come le sue ex mogli, punto.
Era così critica sulle spese folli che lui di tanto in tanto faceva per lei e non aveva mai nemmeno chiesto un granché per sé stessa. In alcuni casi lo sfidava a farsi regalare qualcosa di eccessivo, solo per pura provocazione, poi la sua concretezza era dominante e lo richiamava all’ordine con uno sguardo eloquente.
Nei due anni di matrimonio le sue finanze non solo si erano mantenute, un evento che aveva del miracoloso, ma si erano consolidate e accresciute, aveva quindi la sicurezza di potersi permettere un investimento che avrebbe garantito comodità e benessere alla loro famiglia.
Doveva dare il via ad un progetto di ristrutturazione, avrebbe iniziato di rientro dalla fiera del libro.
Sorrise e sbirciò Kate, chissà se la pensava come lui, se l’avvicinarsi di tale scadenza la eccitava nello stesso modo. Era elettrizzato dalla possibilità di fare cambiamenti, anche se qualche giorno prima il panico l’aveva fatta da padrone.
Si era dato dell’idiota più e più volte.
Era indubbiamente preoccupato per la nuova possibile destinazione lavorativa di Kate, sperava in qualcosa di gestibile e allo stesso tempo grandioso e gratificante per lei. Ne sarebbe andato fiero, come sempre da che l’aveva al proprio fianco. Era il suo destino ed era convinto che fosse la cosa giusta.
Il panico era stato un momento di debolezza che lei fortunatamente aveva capito, restava il fatto che una parte di lui aveva bisogno di rassicurazioni. La sua innata positività era stata messa in crisi per poco.  Definirsi idiota era troppo poco per aver anche solo avuto quel malsano pensiero dando a Kate una preoccupazione inutile nel suo stato. Come se non ne avesse già a sufficienza poi.
Avevano bisogno di energie. Qualsiasi cosa avrebbe desiderato fare, si era ripromesso di accontentarla per farsi perdonare. Personalmente desiderava oziare, semplicemente rilassarsi, svuotare la mente per fare spazio a nuove idee per le modifiche da apportare al loft. Aveva preso appuntamento con l’architetto al suo rientro da Montreal, il progetto non poteva protrarsi per troppo tempo, doveva essere tutto a posto alla nascita del loro piccolo. Sette mesi e lui o lei sarebbe arrivato a scompigliare le loro vite. Sorrise ancora muovendo le spalle irrigidite.
Sbadigliò influenzato dal sonno di Kate. La gravidanza le aveva messo in corpo una certa sonnolenza, senza dubbio era meglio così, le permetteva di riposare e risentire meno delle nausee.
Si chiese se fosse il caso di abbassarle il sedile per farla stare più comoda. Una volta reclinato era discretamente comodo, era ampio e aveva morbide imbottiture. Se lo stava chiedendo da che si era assopita ma aveva un sonno così leggero che alcune volte gli era parso di svegliarla soltanto col rumore dei propri pensieri.
Sebbene avesse la necessità di recarsi in bagno già da qualche momento, pensò di riuscire a resistere per non svegliarla. Sì insomma, doveva evitare accuratamente di pensaci oppure la sua volontà sarebbe capitolata.
Dopo una decina di minuti però la mano di Kate raggiunse pigramente la sua, sulla leva del cambio. La strinse dolcemente. Eccola, la donna che riusciva a percepire i suoi pensieri!
“Ehi…” mormorò ancora ovattata dal sonno. “Non avevamo detto di fare un po’ per ciascuno?”
“Dormivi così bene.” Replicò Castle con un sorriso radioso.
Kate si raddrizzò meglio sul sedile. “Come minimo hai bisogno di andare in bagno… e magari di un caffè!”
“Tutte scuse per arrivare a rimediare un caffè eh?” Sbuffò fintamente deluso.
“Esatto.” Disse lei sorridendo. “Ma anche la tua vescica potrebbe avere qualcosa da ridire…”
“Oh andiamo… Così mandi in frantumi il mio raro momento di virilità! Sono o non sono il capofamiglia...”
L’occhiata di Kate lo portò a dare spiegazioni.
“Sto guidando tranquillo, deciso, con tutto il fascino del mio essere un uomo maturo, un marito e futuro padre. Mi sentivo figo… Di solito guidi tu…” Kate rise.
“Maturo uh?”
“Kate…”
“Ok, uomo, non devi fare pipì?”
Castle sbuffò. Il suo momento catartico era andato in frantumi.
“Tu no?” Replicò l’uomo ben sapendo che con la gravidanza anche lei avrebbe avuto delle esigenze diverse. Kate aveva una certa resistenza, ma stava anche lei capitolando alle nuove richieste del suo fisico in cambiamento. Probabilmente era la causa del suo risveglio, una impellente chiamata dal suo corpo.
Castle sorrise stringendo gli occhi. “Ti sei svegliata perché ti scappa… Ammettilo.”
Kate espirò. “Ci saranno altri momenti in cui dovrai fare il capofamiglia… Tranquillo tesoro.” Lo rincuorò.
Indicò una tavola calda sulla strada e Castle obbedì mettendo la freccia, accostò ed entrò nel parcheggio. Scesero entrambi di corsa dall’auto per arrivare a tetto e poi si presero due minuti per stirarsi gli arti, ridendo allegri. Un po’ di pioggia ed un temporale non aveva mai fatto male a nessuno e per loro aveva un significato speciale. Un temporale come per la loro prima notte insieme.
Entrarono e fecero una variegata colazione. Kate riuscì a mangiare della torta e della frutta senza sentirsi preda delle nausee, l’antiemetico era l’ultima possibilità, ma non voleva esagerare nell’assumere medicinali. Giocherellarono con il loro cibo, si stuzzicarono un po’ divertendosi a creare storie sugli avventori.  Due menti geniali e un po’ contorte come le loro che potevano fare? La deformazione professionale li faceva speculare su crimini nascosti, orrori nella cella frigorifera e nel bagagliaio dell’auto. Risero a lungo. Nulla che non avessero già incontrato.
“Ti rendi conto che abbiamo un problema vero?” Chiese Kate, con un sorriso sghembo e Castle si tappò la bocca con il tovagliolo.
“Ma è divertente…” replicò assumendo quello sguardo da bambinone mai cresciuto.
“Che faresti senza di me ad assecondare le tue manie?”
Castle strinse gli occhi e si passò la lingua sul labbro superiore.
“Probabilmente ora starei saccheggiando youtube con il mio smartphone alla ricerca di video assurdi per ammazzare il tempo mentre un’improbabile fidanzata della settimana cerca in ogni modo di prosciugare il mio conto in banca con dello shopping selvaggio.” La riposta di Rick non la stupì e la rese ilare. Guardò suo marito scuotendo il capo.
“Sì, certamente siti porno.” Lo provocò.
“Se la biondina di turno fosse procace probabilmente non ne avrei bisogno.” Lei lo fulminò con lo sguardo.
“Quindi è così che immagini saresti diventato senza di me?”
Castle scosse il capo. “Purtroppo ne ho le prove…” Disse e Kate alzò gli occhi al soffitto.
Castle le fece l’occhiolino stringendo le labbra e poi si avvicinò a lei sussurrando. “Ciò che conta è che ho sposato una mora con la prima… Questo ti dovrebbe far pensare.”
Kate fece una smorfia annuendo. “Che le bambole gonfiabili prima o poi si rompono?”
“Appunto!” Replicò Castle spalancando gli occhi e Kate rise mettendosi una mano in fronte.
“Tu sei una donna vera… senza di te starei a caccia di idee per un nuovo sanguinoso, torbido delitto da descrivere, facendo zapping sui tg di tutti i network, anche quelli di provincia, in pigiama alle 11 di mattina.” Aggiunse Castle altrettanto divertito. Indicò con la testa un uomo sulla sessantina che sedeva appartato in un angolo, nascondendosi dietro alle pagine di un quotidiano.
“Cercherei ispirazione da situazioni come questa. Un uomo siede solo in un diner a metà strada tra la città e l’oceano. Rientra in città o scappa verso il mare? La sua solitudine silenziosa cosa nasconde? Magari una storia amara, forse ha intrapreso un viaggio per ritrovare qualcuno che non vede da anni, oppure si allontana dal luogo che gli ha procurato dolore… certo non sembra un uomo felice, ha un’aria affranta.”
Kate osservò con attenzione l’uomo su cui Castle stava speculando e dovette ammettere che in qualche modo la storia che aveva raccontato aveva il suo fascino, aveva realmente un’aria infelice.
Inspirò appoggiandosi meglio allo schienale della panca su cui erano seduti. Si guardò intorno consapevole che la loro attitudine allo studiare ambienti e persone non era certo una cosa che si poteva spegnere a comando, ma si era riproposta di sciogliere la tensione del suo corpo e niente era più invitante del corpo caldo del suo uomo accanto a lei. Si avvicinò a lui e gli lasciò un tenero bacio sul collo, senza sorprenderlo. L’abbraccio di Castle l’accolse.
“Sono in vena di coccole, ti avverto…” mormorò lui baciandole la testa dolcemente.
“E non solo spero…” Replicò Kate con malizia.
Castle fischiò e si umettò le labbra. Alzò la mano così da richiamare l’inserviente per farsi portare il conto.

_____
Ciao! Dopo giornate di maltempo ho deciso di scrivere questa storia come proseguo della precedente.
Una cosa solo a due perchè i nostri due tontolini hanno bisogno di dirsi ancora tante cose.
Fluff, attenzione al diabete!
Anna



 

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Capitolo 2
*** Costruire Ricordi ***


Lei gli aveva messo in corpo una certa fretta, una certa urgenza. Lui non si era fatto pregare.
Venti minuti dopo la loro tappa, le porte del garage della villa si aprirono di fronte alla berlina di Castle.
Una volta in casa Castle si occupò delle imposte aprendo solo quelle della cucina e di una finestra nel soggiorno da cui si poteva vedere la spiaggia con l’oceano in burrasca.
Mentre Kate saliva le scale per portare la piccola borsa con il loro cambio al piano di sopra, armeggiò con il riscaldamento e accese il camino. Il custode aveva predisposto una temperatura minima, ma era il caso di aumentarla per stare… beh comodi e poco vestiti. Voleva che l’ambiente fosse caldo e accogliente.
Visto che Kate lo aveva stuzzicato per tutta la tranche finale del viaggio, non vedeva l’ora di svestirla con lentezza, come scartare una pralina prelibata per poi assaporarla godendo di ogni sfumatura del suo sapore.
Quel pensiero poteva sembrare spinto, puramente carnale e lo era in effetti, inutile negarlo. Era impaziente di averla. La loro intimità gli era un po’ mancata se si escludeva qualche piccola attenzione in più per lei. Venerava il corpo di Kate almeno quanto la sua forza ed al suo coraggio, insomma era uno schianto e sexy anche infagottata nel suo pigiama invernale. Che cosa c’era di più bello che scoprirla con attenzione e farla sentire la donna più fortunata del pianeta? Modestia a parte ovviamente.
Si guardò intorno: le luci soffuse erano quanto di meglio potesse avere in quella giornata temporalesca, quindi decise di lasciare il lampadario spento così come le applique. La luce del fuoco era perfetta.
Trascinò il divano più avanti, verso il camino e poi saccheggiò tutti gli armadietti che nascondevano cuscini e coperte. Guardò il grande tappeto e sbuffò: non era comodo e adatto a quanto aveva in mente.  Si diresse verso l’atrio che dava sull’uscita posteriore e riuscì a trovare nei cassoni di legno i materassi dei lettini da esterno.
Kate era rimasta al piano di sopra, probabilmente stava sistemando qualcosa anche lei, ma Castle aveva un piano ovvero trasformare il soggiorno in un comodo rifugio. Adorava farlo fin da bambino, quando si costruiva una sorta di fortino nella propria stanza usando la biancheria della casa. Aveva vissuto grandiose avventure alla Tom Sawyer con la sola fantasia. Doveva ovviamente aggiungere un abbondante tocco di romanticismo con luci adeguate e la comodità degna di una regina.
Su quest’ultimo aspetto doveva ancora lavorare molto.
Tappezzò quindi di materassini il pavimento davanti al camino, coprendo il tutto con plaid di lana e cotone. Accese le candele appoggiate sulle mensole e sul ripiano davanti al fuoco, mise in play lo stereo dopo avervi inserito un CD.  Verificò che lo strato di materassini fosse abbastanza spesso, comodo e confortevole, e per farlo ci si rotolò un paio di volte. Disseminò il tutto di cuscini.
Quando fu di nuovo in piedi si avviò verso la cucina e stappò una bottiglia di vino rosso.
Un prezioso sorso di buon nettare da dividere con lei. Portò anche del cioccolato e degli stuzzichini salati, formaggio stagionato e frutta ben lavata, lasciandoli depositati sul tavolino da caffè che avvicinò al suo campeggio da soggiorno. Infine posò il proprio ipad sul divano. C’erano quelle due cose da leggere che avrebbero interessato entrambi, anche se probabilmente più in là nella giornata.
Il suo sguardo si mosse lungo la stanza e stavolta annuì soddisfatto: indubbiamente avevano un letto comodo in cui stare al piano di sopra, però quella variazione gli era sembrata una cosa divertente e romantica allo stesso tempo, qualcosa che a casa loro probabilmente non sarebbe mai riuscito a replicare.

Kate aveva raggiunto la stanza padronale aprendo le imposte delle finestre che davano sull’oceano.
La luce era poca a causa del maltempo e la stanza era piuttosto fredda.
Aumentò la temperatura con il termostato, dopodiché si infilò in bagno. Si sentiva bene dopotutto, carica ed elettrizzata. Dopo giorni di fatica si voleva rilassare e divertire con suo marito.
Si svestì e si preparò con qualcosa che avrebbe dato a Rick un momento di piacere aggiuntivo. Il completo intimo che aveva indossato era minimale, sexy a modo suo ma soprattutto spiritoso. I due triangoli del reggiseno nero erano decorati con allegri nasi da maiale rigorosamente rosa. Sul lato B dello slip un piccolo vello di stoffa dello stesso colore aggiungeva un tocco sbarazzino a quell’indumento tanto succinto. Qualcosa con cui Rick avrebbe potuto giocare. Amava essere stuzzicato con certi dettagli come molti uomini, ma a differenza dei più, soprattutto degli uomini del proprio passato, era ingegnoso e fantasioso non limitandosi a sfilarglielo dopo pochi secondi. Ci giocava, esaltava i preliminari con umorismo. Faceva sempre un bel po’ di caos e avrebbe escogitato qualcosa di pazzo persino su un piccolo ritaglio di stoffa. Anche le sue follie verbali erano un preliminare, come i suoi occhi colmi di desiderio.
Ricorreva raramente a incentivi di quel tipo anche perché non erano realmente mai stati necessari. Non voleva nemmeno che diventasse una cosa scontata o banale. In quel particolare caso l’intento era più quello di sdrammatizzare, di potersi divertire insieme e abbandonare i pensieri cupi di quella settimana. Si era ricordata di averlo acquistato per la festa di halloween l’anno prima e di non averlo mai mostrato a Rick, così l’occasione di quella fuga romantica gli aveva dato l’idea di riesumarlo dal cassetto della biancheria.
Era solo un gioco per lui e per la loro eccitabile fantasia, cosa che con Castle non era mancata, tantomeno a letto. Si specchiò compiaciuta e strinse le labbra pensando al corpo di Rick.
Fisicamente era potente, caldo e molto bravo ad assecondare le sue esigenze quindi il più delle volte non serviva altro che la loro passione per farli stare meravigliosamente aggrovigliati per ore. Forse aveva osato un po’, ma era sicura che l’avrebbe adorato e insieme… beh non si sarebbero di certo annoiati.
Si specchiò di nuovo scrutando le sue forme: il corpo si stava arrotondando, il seno aveva acquistato una mezza taglia aggiuntiva ed il ventre era leggermente più prominente. I primi cambiamenti erano visibili e avrebbero attratto l’attenzione di Castle: non solo li avrebbe notati ma si sarebbe soffermato su ogni piccolo dettaglio di lei.
Sospirò. Era impaziente? Eh sì, sì.
Lo desiderava in modo viscerale e si chiese se fosse normale nella sua condizione essere così eccitabile. Si massaggiò le braccia per riscaldarsi, la temperatura faticava ad aumentare nonostante il riscaldamento acceso, del resto quella casa era enorme. Così decise di fasciarsi con delle lenzuola e provare a cercare suo marito che, stranamente, non si era ancora fatto vivo. Guardò i calzini ai propri piedi, erano adatti alla sua tenuta sbarazzina e decise di tenerli comunque per evitare di prendere freddo con cattive conseguenze per sé e per il bambino.
Si strinse per bene nelle lenzuola, dandosi un ultimo sguardo nello specchio e poi uscì dalla stanza. Dal pianerottolo percepì della musica al piano di sotto. Rick stava sicuramente organizzando qualcosa per lei.

Castle, indaffarato con i preparativi, si accorse del tempo passato e che Kate non era ancora scesa. Fece qualche passo per salire le scale trovandosela di fronte sul pianerottolo del primo piano, fasciata in un paio di lenzuola. I capelli erano liberi sulle spalle. Ai piedi aveva un paio di calzini bianchi e le gambe erano nude sotto i lembi di tessuto della sua toga improvvisata.
“Dimmi che hai preparato un’alcova al piano di sotto.” Mormorò con un sorriso teso. “Di sopra si gela…”
Lui annuì con gli occhi che si riempivano di ogni centimetro di lei.
Le sorrise incuriosito. “Animal House?”
Kate mostrò la gamba scoperta e mosse il piede con il calzino bianco.
“Risky Business?” tentò di nuovo.
Kate fece scivolare il lenzuolo sulle cosce e ondeggiò con il bacino mettendo in mostra il codino.
Castle sospirò estasiato. “Miss Piggy in versione hard…”
Kate scese lentamente stando attenta a non inciampare e finì nelle braccia di Castle.
“Avevo giusto bisogno di un paio di lenzuola…” Sussurrò lui al suo orecchio.

Il fuoco del camino non era nulla paragonato a quello che stava accadendo tra loro. Il trasporto era stato immediato. L’alcova che Castle aveva improvvisato in soggiorno si dimostrò perfetta per accoglierli entrambi, desiderosi di effusioni.
Castle le aveva sfilato le lenzuola di dosso, lentamente, stendendola sui cuscini comodi. Aveva assaporato ogni centimetro della pelle di Kate, aveva giocato con il suo completino, senza toglierlo dal suo corpo aveva provato ogni possibile esperienza tattile e sensoriale. Aveva gustato il suo sapore, la vellutata consistenza della sua pelle. Aveva saggiato le sue nuove rotondità con le dita, con le labbra, con la pelle del proprio corpo e Kate aveva gioito di ogni sua attenzione, ricambiando con entusiasmo. Avevano riso stuzzicandosi in quel letto improvvisato. Si erano comportati come due ragazzini chiassosi fino a che il desiderio reciproco era stato così travolgente che non c’era stato bisogno di altro. Le ballate rock and roll della musica in sottofondo scandirono nuovi ritmi nel fare l’amore. La forza con cui entrambi si cercavano era carica di aspettative mentre esploravano una nuova sensibilità: Castle era più attento, la sua consueta irruenza era moderata da movimenti più gentili, ma non per questo meno entusiasmanti nonostante lei fremesse per avere di più. La loro chimica si fece strada senza problemi anche in quell’occasione.  
Kate chiuse gli occhi ansimando per l’ennesima volta, rapita dal piacere, dalla vibrazione intensa che il suo corpo eccitato e soddisfatto.
Strinse la testa di Castle, ricurva sulla propria, sentendolo arrivare al climax, lo accarezzò baciandolo sul collo sudato, avvinghiandosi al suo corpo e facendolo ricadere dolcemente su di lei, intensificando il piacere del contatto.
La faceva impazzire, le faceva perdere il controllo e quella sensazione paradisiaca nel tempo era diventata un completo abbandono ai propri sensi tra le sue braccia. Fiducia in lui, passione. Tra le sue braccia non sarebbero accadute che cose buone.
In quel momento la potenza del piacere era al massimo, probabilmente come la loro libido, ma, dio… Rick era stato grandioso! Lasciandosi sopraffare dalle emozioni continuò a baciarlo, sul collo, sulle orecchie, sugli zigomi e finì per prendersi di nuovo le sue labbra ansanti. Castle si spostò di lato, puntellandosi con un solo braccio e accogliendo la bocca di lei nella propria. La divorò in un lungo passionale bacio. Poi fece scivolare le labbra sul suo mento risalendo verso il suo orecchio. “Mi mandi a fuoco piccola…” Mormorò senza fiato. Avvertì il sorriso nascerle sul volto. La sentì rilassare i muscoli del corpo sotto il proprio, nel torpore del piacere. La sentì però stringere le gambe attorno alle sue.
“Attenta, sono pesante Kate.” Lei si mosse lentamente lasciando che il corpo di lui scivolasse al suo fianco, ma senza allontanarsi. I loro visi ora si trovavano l’uno di fronte all’altra. Le labbra gonfie e rosse, il sorriso felice, gli occhi ancora scuri per l’eccitazione. Per Castle la sua bellezza era in quel momento indescrivibile.
“Troppo tempo…” sussurrò con uno sguardo estasiato e divertito. Grugnì e mugolò di soddisfazione stendendo le gambe stanche.
“Già…” Kate si prese un lungo respiro per dare ossigeno ai polmoni. Alzò la mano e fece scorrere le dita sul mento di Rick, irruvidito dalla barba del giorno prima. Arrivò alle labbra, le accarezzò mentre lui giocherellava soddisfatto con la punta della lingua sui suoi polpastrelli.
La libertà di essere disinibiti era una cosa rara a casa loro, stare in quel modo, in salotto nudi davanti ad un camino acceso, aveva qualcosa di gratificante. Godere della possibilità di fare l’amore in modo rumoroso, appassionato non era da tutti i giorni. Succedeva raramente al loft e alcune volte le loro effusioni in soggiorno erano state interrotte dall’arrivo di Martha o Alexis. Kate adorava entrambe ma talvolta la possibilità di vivere pienamente la loro passionalità gli era preclusa a causa della famiglia. Il bisogno di intimità era cresciuto, c’erano stati alti e bassi tra loro, i motivi erano differenti ma le ragioni predominanti erano state il lavoro e l’impossibilità di essere soli e lasciarsi andare alla passione. Forse Rick pensava la stessa cosa perché era determinato a fare interventi sostanziali al loft. Non solo per il piccolo in arrivo oppure per darle un suo ufficio, credeva che ci fossero in gioco anche il bisogno di uno spazio tutto loro in cui stare soli e in piena libertà. Alexis era adulta e capiva la loro esigenza ma un piccolo Castle non lo avrebbe potuto capire subito. Non era un aspetto della vita di coppia che voleva perdere con la maternità anche se immaginava che dopo aver avuto il piccolo la libido tra loro sarebbe diminuita a causa degli ormoni, però desiderava che lui continuasse a cercarla in quel modo. 
La sua mano passò dalle sue labbra al suo naso, risalì con l’indice la linea del setto e finì con l’affondare nei capelli scompigliati e sudati. Rick afferrò un cuscino e lo trascinò a sé, posandolo sotto la propria testa e inspirò compiaciuto.
“Confesso che non vedevo l’ora.” Mormorò con un sorriso furbo. “Non immaginavo che ti eri anche… preparata in questo modo!” Aggiunse facendo roteare gli occhi spostando lo sguardo sul suo corpo rilassato.
Kate sbuffò muovendosi con misurata lentezza. “Non sei il solo ad essersi organizzato.”
Castle aveva accarezzato ogni dettaglio di lei ma non gli bastava comunque. Vezzeggiò il suo fianco con le dita. Si alzò e afferrò un lenzuolo abbandonato poco distante. Lo prese e lo stese su di loro, non prima di aver lasciato un altro morso sul gluteo di Kate. Lei rise sorpresa e lo trascinò di nuovo sui materassi. Castle coprì entrambi, ma Kate abbassò il lenzuolo dal suo torace per poterlo accarezzare.
Castle abbandonò la testa sul cuscino e alzò il mento sorridendo. Kate si sporse su di lui facendogli scivolare la mano sul petto.
“Una bambola gonfiabile non può fare nulla di tutto questo…” disse con finta serietà. “La mia splendida moglie bruna non ha termini di paragone. Direi che ho fatto un affare!”
Un cuscino calò improvviso su di lui da divano alle loro spalle. Kate lo aveva afferrato e lo aveva scaraventato sulla testa matta di suo marito.
“Ed io che pensavo volessi fare il romantico!”
“Non voglio essere banale…”
“Ah, ecco!” replicò Kate alzandosi. Castle si mosse per fermarla.
“Ho solo bisogno di andare in bagno.” Mormorò avvicinandosi a lui e dandogli un buffetto sulla punta del naso. “Non ho intenzione di lasciarti qui solo a lungo.” Si alzò muovendosi con grazia e lentezza a sufficienza affinché lui potesse ammirarla. Cosa che Castle fece con avidità. Quando lei scomparve oltre il muro del corridoio, si stiracchiò e si stese meglio sui materassini. Sorrise e intrecciò le mani dietro alla testa, compiaciuto. Era spossato, aveva dormito poco e in quel focoso round aveva messo molte delle sue energie, ma non aveva alcuna intenzione di addormentarsi. Attese il ritorno di Kate canticchiando.
Lei si guardò allo specchio, il sorriso nel riflesso era furbo e gemette mordendosi le labbra. Le vibrazioni del piacere non si erano ancora placate ma l’effetto delle endorfine stava smorzandosi lentamente tanto che i primi leggeri capogiri dovuti alle nausee si fecero sentire. Raccolse i capelli e si sciacquò il viso. Il suo sorriso compiaciuto non intendeva abbandonarla.
Si rinfrescò e poi uscì dal bagno per tornare da Castle.
“Tutto Ok? Stai bene?” Le chiese lui appena la vide.
“Dove hai lasciato il mio esuberante scrittore?”
“Dai, non prendere freddo…” Replicò Castle con uno sguardo divertito. Lei scivolò al suo fianco, attratta del suo calore. “Non voglio abbandonare il tono della giornata, ma…” le accarezzò il viso coprendola con una coperta, “abbiamo già dato al nostro fagiolino un po’ di mare mosso, meglio evitargli l’inverno siberiano!”
“Esagerato” Replicò Kate divertita. Lui si tuffò sotto le lenzuola e baciò accuratamente il suo ventre, parlando con serietà. “Scusa piccolo, oggi mamma e papà ti agiteranno un po’ le acque, ma staremo attenti a non farti alcun male. Però tappati occhi ed orecchi soprattutto quando sentirai la mamma dire certe cose al papà ok? Te le spiego quando sarai più grande.”
Kate rise e fece riemergere Rick dalle lenzuola, questi si stese accanto a lei raccogliendo un paio di cuscini per posizionarli meglio sotto le loro teste.
“Immagino sarà un discorso interessante, quando accadrà.” Aggiunse Kate.
“Dai sempre per scontato che sarà un lui?”
Castle negò. “In ogni caso ci sarà da affrontare il discorso sesso, prima o poi!”
Kate fece una smorfia. “Spero più poi che prima…”
“Sì, è un momento terribile.”
Risero entrambi consapevoli che li aspettava una grande avventura.
“Hai preparato il vino…” Kate indicò interessata la bottiglia di vino rosso che campeggiava sul tavolino da caffè alla sua destra. Quando erano entrati in soggiorno erano così presi da loro stessi da non prestare attenzione ad altro che al bisogno reciproco. Rick aveva pensato a tutto, c’era un interessante assortimento di prelibatezze, sinonimo che l’organizzazione di quella fuga romantica aveva avuto un percorso complicato. Si chiese quando Rick avesse avuto il tempo di chiamare il guardiano e fargli fare della spesa. Riusciva sempre a convincere le persone che lavoravano per lui a fare cose in orari improbabili. Tanto di capello al suo potere di persuasione.
Castle si alzò e allungò a Kate la propria camicia. “Un goccio non ti farà male. Per festeggiare.” Disse prendendo il vino e un solo bicchiere, poi tornò a sedere mentre Kate indossava la camicia per tenersi più al caldo.
“Sicura che è tutto ok?” Chiese di nuovo Castle e lei annuì. “Sai, non siamo stati… proprio sobri… questa volta.” Kate rise divertita. “Sobri?” Disse sistemandosi meglio. Spostò alcuni cuscini a ridosso del divano, la cui base forniva loro una sorta di testiera per il letto improvvisato. “Era sesso, splendido, intenso, meraviglioso sesso, non potevamo essere sobri!”
Le sedette accanto. “La miglior donna di sempre!” Esclamò per poi andarle a baciare il lobo dell’orecchio sinistro. Il sorriso sul volto di entrambi non accennava a dissolversi. Kate prese un lungo sorso di vino e le gustò trattenendolo sul palato.
Gli occhi di Rick erano fissi su di lei, con lo sguardo stanco di chi ha dormito poco ed era a dir poco adorabile.
Si piegò su di lui e fece scontrare i loro nasi. Lui prese il suo bicchiere, bevve un sorso di vino prima di posarlo a terra, accanto al divano. " A noi tesoro."
"A noi." Rispose divertita.
“Miss Piggy, lo sai che sei un vero vulcano?”
Kate gli regalò un leggero colpo con la spalla. “Mi sei mancato…”
Castle sospirò. “Sono disposto a fare queste 100 miglia ogni volta che vorremmo stare soli, tesoro, se deve andare così bene!” Lei sbuffò e si accoccolò a lui.
“Quando lo hai preso?” Castle afferrò il piccolo e curioso reggiseno di Kate, abbandonato nel loro giaciglio.
“E davvero simpatico.” Aggiunse facendo smorfie in sincrono con il suo pigiare sul naso di porco di una delle due coppe.
“Per Halloween, l’anno scorso. Poi abbiamo avuto quell’omicidio…” Replicò Kate divertita.
Castle sembrò pensare. “Il tipo travestito da Frankenstein ma con il coltello vero nella testa. Bel caso.”
Era stato davvero un caso assurdo, degno di Castle. Si scambiarono occhiate divertite.
Castle grugnì di nuovo portando l’indumento che aveva in mano al viso e inspirò con un’aria estasiata.
“E’ stata una settimana pesante, avevamo bisogno di staccare.” Aggiunse appoggiando il suo naso al naso finto del reggiseno. “Oink!” Esclamò.
Kate fece una smorfia. “Ne avremo altre. Settimana prossima…”
“Non ho alcuna voglia di partire per Montreal.” L’anticipò Castle e lei sorrise scuotendo il capo. Giocherellò con le dita sulle coperte.
“A me basta sapere che non ci sia lei...”  Non c’era bisogno di fare nomi.
“Non ci sarà. Tranquilla.” Le fece l’occhiolino. “Ti basta davvero?”
“Ho qualche altra possibilità?” Ironizzò.
“Potrei restare.” La buttò lì Castle. Sapeva di non avere chances ma poteva sempre addurre qualche scusa anche se rischiava di essere scorticato vivo da Gina. Era un rischio che valeva la pena di correre per Kate.
“No.” Sentenziò Kate scuotendo il capo. “E’ il tuo lavoro e poi sono pochi giorni, passeranno velocemente.”
“E’ l’idea di lasciarti qui sola, ora…”
“Staro bene Rick! Sarò piuttosto indaffarata.”
“Mi devi promettere che mangerai sano e che laverai bene frutta e verdura. Ma soprattutto che starai lontana dai guai e che al minimo problema mi chiamerai!”
“Castle ho un caso da istruire. Ci sono con me Martha, Alexis e Lanie. Mio padre, persino ragazzi al distretto. Tu piuttosto sta attento.” Appoggiò la mano sul torace e fece scorrere un polpastrello sulla pelle discontinua di una piccola cicatrice.
“A cosa? Orde di signore agitate non dovrebbe essere particolarmente minacciose o rischiose.”
Ironizzò scuotendo il capo. Kate fece una smorfia.
“Non si può mai dire in quale corpo si annidi una mente malata…”
“Ah beh…” Sbottò Castle, “se la metti così sono spacciato.”
“Non accettare inviti a cena da gente strana e niente autografi sulle tette!”
“Lo sai che da quando sto con te ho smesso con questi vizi.”
Lei annuì con un sorriso.
“Ma le tue mi fanno venire voglia di altro! Mmmm guarda tu che morbidezza!” Esclamò accarezzandola.
Kate sì lasciò coccolare. Si strinse di nuovo a lui che accarezzò dolcemente la sua schiena. “Non dire stronzate… Sai cosa intendo…”
Castle le diede un bacio tra i capelli prima che lei sollevasse lo sguardo sul suo viso. Incrociò i suoi occhi chiari.
Un colore definito come freddo ma che in quel momento era il veicolo dell’espressione più dolce e calda che avesse mai visto. Ed era per lei. Deglutì e si sforzò di sorridere.
“Sappiamo bene entrambi che dobbiamo sforzarci di farlo. Di affrontare la situazione con… coraggio.”
Castle annuì. “Non significa che ne abbiamo voglia… intendo di allontanarci.” Specificò gesticolando. “E negli ultimi giorni non sono stato molto affidabile per te.”
Kate sbuffò. “Se ti scusi ancora una volta ti sparo in una gamba…”
“Hai portato la pistola?” Castle sgranò gli occhi. Le annuì lentamente.
“Sempre pericolosa…” vocalizzò Castle con un mezzo sorriso.
“Senti, hai paura… ce l’ho anche io ok? Credi davvero che non ti capisca?”
Castle espirò. “Non dovevo farmi trascinare dalla situazione.” Le fece scorrere il dorso della mano sul collo con un gesto lento.
“Ero così preso a pensare al tuo avanzamento di carriera, a tutti i cambiamenti elettrizzanti che ci si prospettano a breve… Era tutto così grandioso e poi puff! Mi sono ritrovato a rivedere certe situazioni del passato…”
Kate ascoltò attentamente. Si allontanò leggermente da lui per poterlo vedere meglio in viso, ma rimase il più possibile a contatto con il suo corpo ancora completamente nudo e caldo. 
Castle si umettò le labbra e scosse il capo. “E poi il dover partire per Montreal.” Tornò a guardare Kate negli occhi.
“Troppe cose tutte insieme?” Chiese lei deglutendo con un’espressione curiosa. Castle sospirò continuando ad accarezzare la sua pelle.
“Credo di sì. Questa settimana non ci siamo fatti mancare nulla. L’unica nota positiva è stato il tuo test con Brady.”
“Anche l’allontanamento di Denver.”
“Di lui preferisco rimuovere il ricordo, ma se si avvicina ancora a te…”
“Castle…” Lo richiamò lei.
“Non mi fido e a saperlo in città mi fa stare sulla difensiva.” Sbottò Castle incupito. Il ricordo di quello stronzo gli faceva ribollire il sangue.
“E’ stato messo agli arresti domiciliari, in attesa di giudizio.” Commentò Kate.
Castle annuì. “Sempre troppo vicino a te comunque. Lo odio.”
Kate tentennò con il capo. Anche lei detestava quel cialtrone, ma percepiva che Rick era ancora maledettamente incazzato con lui.  “Abbiamo un sacco di cose più importanti a cui pensare ora.” Chiarì.
“Sono sicuro che sapremo come cavarcela. Siamo piuttosto bravi a risolvere problemi e non saranno certo un coglione come quello e le scartoffie ad avere la meglio sulla nostra vita.” Sorrise socchiudendo gli occhi pensieroso. Il fragore del vento si unì alla musica di sottofondo andando a coprire il silenzio che si era creato nei minuti che seguirono.
Kate aveva tante cose da chiedere e non riusciva a trovare il punto di partenza.
Lui l’anticipò. “Sei pensierosa ad un tratto. Cosa ti turba?”
“Riguardo all’altro giorno, sai per le tue paure…” Lui le sorrise e la invitò a continuare. Aveva deciso di accettare la sua richiesta di parlarne? Per Kate quel gesto era di apertura e lo considerò un sì.
“Ho sempre pensato che avessi perdonato Meredith visto il buon rapporto che c’è tra voi. Però capisco che certe cose ti fanno ancora male…” Disse con un velo di timore. Non sapeva se fosse la mossa giusta. Poteva intuire che Rick era vulnerabile, reso tale da quel magico momento che lega due anime che si sono amate intensamente e che sono emotivamente ancora unite. Per un secondo pensò di essere scorretta, ma c’era una parte di lei che aveva assolutamente bisogno di percepire la forza di quel coinvolgimento emotivo. Lo vedeva nelle sue espressioni, lo sentiva nei suoi tocchi. Era meraviglioso, elettrizzante e colmava il cuore. Anche lei era vulnerabile. Sensibile alle sue reazioni. 
“Non so se l’ho perdonata oppure ho semplicemente accettato quello che è, un’irresponsabile. Ho cercato di fare finta che fosse normale per il bene di Alexis e che si trattava di una eventualità che poteva accadere.”
Fece una risata sgangherata. Kate lo osservò.
“Sai, la ragione per cui ho voluto venire qui oggi è soprattutto per la possibilità di parlare, noi due soli.”
Castle strizzò gli occhi. “Pensavo per il sesso…” Kate rise davanti alla sua espressione birichina.
“Anche!” Gli fece il verso, prima di notare lo sguardo del suo uomo addolcirsi.
“In realtà anche io…” Rispose Castle con calma. “Poi anche per il sesso, ovvio!”
Kate gli diede un bacio sul naso.
“Hai ancora voglia di chiedermi qualcosa sul mio passato?”
Lei annuì. “Ti va di farlo?”
Castle si mise più comodo, inspirando. “Da dove iniziare…” Mormorò.
Espirò lentamente prendendo Kate per una mano. “Lei ha fatto un casino nella mia vita. Certo siamo passati dall’essere una coppia tutta alcool ed eccessi, ad un matrimonio riparatore. Perché inutile nasconderlo, lo era.” Decretò infine facendo spallucce per minimizzare. “Giusto per sottolineare come tu non sia certo lei e questo matrimonio ha un significato ben diverso. ”
Kate sorrise. Era felice che sottolineasse la differenza tra Meredith e lei. Non che volesse mettersi in competizione, non c’era storia, ma era la ragione che rendeva Castle più sereno, ed era quindi una buona ragione. Beh, poi sapere di essere molto, molto di più delle donne del suo passato era gratificante.
“Durante la sua gravidanza… com’è stato?” Chiese quindi.
“Sono quasi impazzito… Volevo tutto. Volevo che fosse tutto perfetto e che Alexis avesse la famiglia che io non avevo avuto. Ho cercato una nuova casa, mi sono letto ogni libro possibile sulla gravidanza, sulla maternità e pedagogia. Quindi nonostante io me la facessi addosso dalla paura mi sono messo in gioco.”
Kate sorrise. “E non è poco…”
Lui la guardò sorridendo. “Meredith invece pensava solo a non avere smagliature, piagnucolava sempre per le nausee, non si alzava dal letto. Mi tiranneggiava per il resto del tempo facendosi servire. Poi palestra, piscina, trattamenti di bellezza, cure di ogni tipo. Mai che si fosse interessata a come nutrire la creatura che cresceva in lei. Diceva che io sapevo tutto e che avrei risolto ogni cosa.”
Kate sbuffò. “Comodo…” Castle sorrise. “Già…”
“Tu hai le nausee ma non ti lamenti mai. Sei all’inizio di questa gravidanza e nonostante tu ne sia spaventata ti preoccupi dei miei sentimenti e delle mie paure.”
Kate accarezzò la sua mano. “Le nausee sono gestibili e non saranno lì per molto. Tu sei sempre così apprensivo e mi piacciono le tue attenzioni, non credere il contrario.” Disse scuotendo il capo. “Però questo figlio riguarda anche te, so quanto ci tieni e per questo ti voglio accanto sereno.”
“Capisco.” Rispose l’uomo. “Non vuoi che sia il solo a farmi carico delle preoccupazioni, non è così?”
Kate annuì.  “Non lo vuoi nemmeno tu ed il mio lavoro non sarà una fonte di preoccupazione aggiuntiva. La mia carriera è ad una svolta, come la mia vita ma ti assicuro che non farò l’errore di rinunciare a noi per la carriera. Non è stata la carriera a salvarmi la vita. A darmi tutto questo... E non è gratitudine quello che sento.” Castle la strinse, la racchiuse nel proprio abbraccio e le diede una sequenza di baci tra i capelli.
“Cosa posso desiderare di più?” Mormorò commosso.
Con Meredith la nascita di Alexis era stata offuscata dalla delusione che gli aveva inferto lei con il tradimento, ma prima ancora dalla assoluta mancanza di senso materno. Era stato arrabbiato per così tanto tempo e si era perso molti momenti felici a causa di quell’astio. Si strofinò il viso e si passò una mano sulla fronte dopo aver sciolto l’abbraccio con lei che sapeva ancora meravigliosamente del profumo dei loro corpi uniti.
“Dopotutto non è poi così sbagliato desiderare di volere una famiglia, di essere felice e rendere felici i propri cari.” Disse socchiudendo gli occhi.
Kate negò con il capo. “E’ quello che voglio anche io.”
“Davvero?” Chiese sorpreso. Lei annuì di nuovo. “Sì.”
Il sorriso di Castle illuminò la stanza. “Davvero davvero?”
“Ah ha…” Sottolineò Kate.
“Anche se l’altro giorno ho pensato a me stesso e sono stato egoista?”
“Non è vero e lo sai. Non devi giustificarti… Ho però bisogno di parlare.” Spiegò Kate con calma. Le sue mani raggiunsero le spalle di Rick e le percepirono rilassate. Era stato sotto pressione per giorni. “E poi quella egoista sono io che voglio famiglia e carriera…”
“Te le meriti. Sai che ti sosterrò.”
“Vorrei saperti tranquillo…” Iniziò a dire e lui la fermò.
“Lo sono! Non ci sono reali similitudini tra quanto sta accadendo ora e in passato e non voglio rivangare perché sono sicuro che sarà tutto differente. Quello che succederà lo affronteremo di volta in volta…” Replicò Castle con un sorriso carico di fiducia.
“Tranne per la mia carriera…” specificò Kate, pensierosa.
“Nemmeno quella… Nemmeno sforzandomi riesco a paragonare la tua ascesa alla direzione di un comando di polizia con… beh all’ambizione di girare qualche filmetto di serie c.”
La strinse tra le braccia sospirando. “Non mi farò nuovamente mettere a terra da un brutto ricordo. Quello che dobbiamo fare è costruirne di nuovi e meravigliosi insieme!” Disse infine con enfasi.
“Voglio tanti ricordi di noi, di come la nostra vita cambierà.”
“Nuovi ricordi...” Mormorò assorta pensando alle sue parole. Sicuramente con uno come lui, abituato a immortalare ogni evento, non sarebbero mancati né i modi né le possibilità. Sorrise compiaciuta. 
“Tutti i futuri genitori hanno questi problemi?” Chiese senza aspettarsi davvero una risposta. Era la vita di tutti o era la loro ad essere maledettamente complicata?
“Se ci pensi bene, insieme noi abbiamo un vissuto con una summa di casini che difficilmente una coppia normale possa aver avuto.” Continuò espirando.
“In un certo senso siamo un campione più unico che raro quindi penso che... sì, certi problemi sono comuni a tutte le coppie, noi forse ne abbiamo di più. Siamo anche due persone intelligenti, siamo stati in grado affrontare tutto insieme.”
“Siamo coriacei…”
“Succederà che discuteremo, che ci diremo cose cattive per ferire. Ricordiamo sempre cosa ci ha unito. Non sono le difficoltà Kate…”
“E’ l’amore…” Concluse lei. Rick sapeva come farla sentire bene, amata e protetta. L’amore che lui aveva riversato su di lei aveva sicuramente aspettative così ampie da farla sentire in paradiso e un po’ in ansia allo stesso tempo. Voleva che lui sapesse che ricambiava ogni sospiro, ogni tenerezza e ogni speranza per un futuro sereno. Entrambi si scambiarono un sorriso dolce.
“Il nostro bambino non ne è forse la prova? “Sottolineò Castle e Kate annuì di nuovo.
“E poi lo devo ammettere, il mal comune mezzo gaudio non è nel mio stile.” Abbozzò un drammatico gesto teatrale alla Martha Rodgers.
Stavolta Kate scoppiò a ridere, impreparata a quel cambio di rotta. “Mi sembrava ci fosse troppo zucchero!”
Castle fece un grugnito da maialino e scostò la camicia dal corpo di Kate. Fece scivolare la mano delicatamente sul suo seno. “Mancano ancora tre settimane alla prossima ecografia vero?”
“Sei curioso?” Lei chiuse gli occhi godendo di quel contatto.
“Oh sì. Ti stai arrotondando.” La guardò compiaciuto e poi alzò gli occhi e fissò lo sguardo in quello nuovamente sereno di Kate.
“Spero di non diventare una balena.”
“Si invertiranno i ruoli. Per una volta io sarò Achab e tu Moby Dick… Sarai una bellissima balena.” Specificò stringendola a se e baciandola con tenerezza.
Kate sbuffò. “Su questo non garantisco.”
Castle appoggiò il viso sulla sua spalla. “Porti in grembo nostro figlio. Il più grande dono che una donna possa fare all’uomo che ama. Sarai sempre splendida ai miei occhi.”
“Gonfia…”
“Morbida!” Replicò Castle.
“Stanca e impacciata…”
“Tutta da coccolare!”
“Irascibile…”
Castle strizzò gli occhi. “Quello lo sei sempre. Splendidamente irascibile!”
Si meritò uno schiaffo su una spalla e finirono per scambiarsi un lungo abbraccio, prendendosi il tempo di assaporare quelle parole.
“Forza… vogliamo trovargli un nome?”
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Rieccomi qui in questa torrida estate con questo secondo capitolo. Finalmente le ferie sono arrivate e ho un po' di tempo. Così mi metto in pari con la lettura!
I nostri due sono rapiti in una giornata di coccole amorevoli e discorsi da letto. Anche loro anno bisogno di evadere dalla routine.
Grazie a tutti quelli che mi seguono e che leggono in miei deliri. Avete una gran pazienza eh!!!
Anna

 

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Capitolo 3
*** Una nuova sfida ***


La pioggia scrosciava con violenza contro il tetto della veranda. Il temporale si stava intensificando nel pomeriggio ormai inoltrato ma Castle e Beckett non prestavano attenzione ad altro che a loro stessi, assorbiti da un dialogo fitto. Appoggiati spalla contro spalla, coperti a malapena da un lenzuolo, il cuore aperto nei confronti dell’altro.
La giornata stava scorrendo via proprio come entrambi avevano desiderato, dedicata alle loro esigenze come coppia. Castle se ne stava disteso accanto a Kate, finalmente rilassato. Gli piaceva osservare le sue espressioni quando parlava, quella piccola rughetta che faceva capolino sulla sua fronte quando era corrucciata o pensierosa. Era tutto così tranquillo in quel momento, parlare di loro lo faceva stare bene. Credeva ad ogni rassicurazione di Kate, le credeva senza remore perché era una donna di parola e si fidava di lei. La sua donna, la sua splendida moglie di cui andava molto fiero, ma di più ne era innamorato perso.
Lei era ancora una vera sfida anche per quello che stavano affrontando.
Prima di tutto perché Kate non era certo attratta da cose futili o immagini di poco conto persino nella scelta dei nomi. Insomma niente frivolezze, ma qualcosa che avesse un significato e ben lungi dall’essere influenzata dal cantante pop del momento.
No, lei voleva per il loro bambino un nome come si deve.
Così Castle con la sua loquacità ci era andato proverbialmente a nozze, snocciolando una serie di opzioni dall’improbabile all’impossibile. Insomma Cosmo era nulla paragonato alle opzioni quali Horus, Aragorn oppure Altair. Aveva escluso Gandalf perché si aggrovigliava la lingua al pronunciare nome e cognome. Kate aveva cassato ogni possibilità di andare a parare su un nome pescato da un recente film fantasy o fantascientifico, si trattasse pure di un premio oscar. Castle aveva al suo attivo un parco ludico piuttosto ricco per cui la discussione poteva andare avanti per ore. Una cosa più semplice del previsto era stata la scelta in caso avessero avuto una bambina.
Castle aveva proposto di chiamarla Johanna, gli sembrava la scelta più ovvia, ma Kate aveva in serbo una sorpresa. Quando poco tempo prima scherzando sui nomi, lui aveva suggerito Light, un nome che portava luce ai loro giorni, Kate ci aveva rimuginato su. Ci aveva pensato e aveva capito che le piaceva davvero molto.
Johanna sarebbe stato il secondo nome, perché la luce potesse illuminare anche le ombre del passato e di quel nome così significativo per lei. Sua madre era un ricordo importante, però era stato anche un legame così forte ad un tempo doloroso. Lei avrebbe voluto per Kate qualcosa di nuovo e fresco. Inoltre, come aveva giusto decretato suo marito poco prima, avevano bisogno di nuovi, splendidi ricordi.
Castle ne era rimasto folgorato. Stupito dalla sua toccante spiegazione, aveva accolto la sua scelta con calore e aveva decretato che, se avessero avuto una bambina, avrebbe avuto nome Light Johanna Castle.
Soddisfatti da quel primo risultato, si erano buttati a capofitto sulla scelta del nome in caso fosse un maschio.
E qui Castle l’aveva fatta impazzire, il tutto senza nemmeno aver fatto sesso.
“No, no no… Non voglio chiamare mio figlio con uno di quei nomi assurdi che i vip danno ai loro figli!” Sbottò Kate. Castle si stava dimostrando un osso duro, tutte le sue proposte assurde l’avevano si divertita, ma non erano nemmeno lontanamente entrate in una lista di possibilità.
“Ma noi siamo VIP!” Replicò Castle con un acuto fastidioso e lei lo fulminò con lo sguardo.
“Ahhhh!” Esclamò Kate ridendo esasperata.
Si sentiva ancora molto molto lontano dalla meta. Certo, non c’era tutta questa urgenza, mancavano ancora sette mesi all’arrivo del loro piccolo, quindi avrebbero avuto ancora tempo per discuterne.
Come primo passo avevano escluso di comune accordo nomi tipo John, Eric, Brent e così via. Nulla di troppo regionale tipo Lee e certo non tradizionali vecchio stampo tipo Archibald oppure Tiberius.
Per qualche tempo si erano dedicati alla lettura di quel manuale che lui aveva acquistato ma i nomi sembravano tutti così noiosi e, se stavano a disquisire su ogni proposta, non gli sarebbero bastati nemmeno sette anni.
Certo, molto nomi erano carini, tipo Andrew, Mattew, David, non lo negava. Però ad ogni suggerimento c’era sempre qualche elemento per cui non erano del tutto convinti. Così avevano deciso di darsi a qualcosa di più inconsueto con la conseguenza di far decollare le velleità creative di Castle.
“Perché Tyrael non è un bel nome? E’ quello dell’arcangelo della giustizia. Pensavo ti piacesse come concetto.”
Kate lo squadrò. “Ti ho visto giocare troppe ore a Diablo per non collegare questo nome a quel gioco.”
“Ma è un bel personaggio! Un valoroso combattente per il bene! Ti assomiglia.” Replicò Castle con un sorriso.
“Ma io… senti, non dubito che sia un buon personaggio, ma che sia piuttosto stravagante per darlo come nome a nostro figlio.”
“Devi ammettere che suona anche bene, Tyrael Castle…” Replicò dichiarando con lentezza il nome al completo. “Suona piuttosto bene!” Aggiunse con enfasi.
“E poi… mi sembra un suono tanto spigoloso, vorrei che suonasse più morbido, che fosse più gentile.” Valutò Kate.
Castle strinse l’ipad che aveva in mano. Sorrise a Kate che sembrava leggermente imbronciata, dandole quell’espressione di bambina.
“Vorresti che nostro figlio fosse una creatura dolce?” Castle allungò un braccio e prese Kate per le spalle.
“Lo sai che vorrei ti assomigliasse…” La baciò sul naso. “Quindi pensi che io sia dolce?”
Kate strizzò gli occhi e lo squadrò. “Lo sei.”
Castle si appoggiò con a testa al divano rimuginando. La sua alcova improvvisata era stata un successo, stavano comodi, al caldo e l’atmosfera era deliziosamente romantica. Il corpo di Kate fasciato nella sua camicia era lì a portata di mano. Poteva accarezzarlo, vezzeggiarlo. Espirò rapito da lei.
“Non dirmi che non ti piace…” Kate si voltò e si mise in ginocchio davanti a lui che restò in silenzio.
“Andiamo Castle, è una delle ragioni che mi ha fatto innamorare di te…” Disse con un tono più morbido.
Castle fece un sorriso sornione. Allungò una mano e giocherellò con il ciuffo dei suoi capelli ancora scompigliati accanto al viso.
“E ne sono compiaciuto. Vorrei però che nostro figlio fosse un ragazzo tosto. Sai, meno vulnerabile di quanto lo sia io.” Kate sedette di nuovo accanto a lui. Un po’ stupita da quella rivelazione.
“Ti senti vulnerabile?” Chiese. Curioso che lui abbassasse la guarda del suo ego in quel modo.
Castle si umettò le labbra. “Da bambino lo sono stato… forse troppo. Ho imparato a proteggermi un po’ alla volta, col tempo. Ma ne ho subite prima di...”
“Mascherarti?” Suggerì Kate. Lui annuì.
“Diciamo così. Sono stato sballottato a destra e a sinistra, con mia madre in tournee ero in mezzo a gente nuova ogni stagione. Difficile avere amici, ogni volta dovevo ricominciare da capo.”
Kate gli sorrise dolcemente. “Mi dispiace molto. Immagino non sarà stata una passeggiata…” Lo accarezzò e lui chiuse gli occhi al contatto con la sua pelle.
“Devo ammettere che adoro l’uomo dolce che si nasconde dietro quella maschera da ragazzone sfacciato!”  Fece una smorfia divertita e lui rise. “Amo anche il ragazzone sfacciato, soprattutto in certi momenti…” Gli fece l’occhiolino ammiccando. Lui si schiarì la voce.
“Tu invece sarai stata una bambina molto amata… anche se sospetto fossi la classica primadonna anche alle elementari.”
Kate sgranò gli occhi. “Io primadonna? Mai stata.”
“Non ci credo. Avrai avuto già la stoffa del comando. Dimmi… chi dirigeva i lavori nei progetti di gruppo?” Lo sguardo di Castle si fece pungente e lei finse di pensarci su.
“Quanti ragazzini hai schiavizzato?” Kate negò con il capo.
“Non tanti…” Rispose in modo evasivo.
“Lo sapevo. Tu eri una matrona. Eri già una tosta fin da piccola ed è così che vorrei che fosse nostro figlio.”
Castle notò il suo sguardo serio. “Sì sono convinto. Un carattere più forte perché il mondo in cui viviamo non è facile da affrontare…” La guardò con un sorriso stanco. “Proprio come te. Tutta tosta e armata!”
Kate scosse il capo e lo appoggiò alla sua spalla.
“Tu mi piaci appunto perché non sei Rambo, ricordi?” Mormorò sulla pelle della sua spalla facendolo rabbrividire.
“Un compromesso?” Sorrise accarezzandola.
“Come se potessimo decidere.” Replicò divertita. Risero entrambi e si scambiarono un bacio.
“Ma torniamo ai nomi…” Aggiunse Castle abbracciandola.
Aveva bisogno di contatto fisico, degli abbracci, delle carezze, il modo di giocare con i suoi capelli. Kate si sentiva un po’ stanca ma felice in quel momento perché era chiaro che lui voleva la stessa cosa.
Sospirò mentre Castle riprendeva la lettura della lista dei nomi. Stava saltando qua e là a casaccio, attratto da qualcosa di particolare e ben lungi dall’andare in ordine alfabetico.
“Avevi proposto Noah o Ethan…” Dichiarò Kate. “Ethan mi piace.” Lui annuì.
“Noah non ti piace perché è un nome biblico?” Chiese Castle curioso.
“No, non c’entra. Conosco solo una persona che si chiama così ed è… sgradevole.”
Castle sbuffò. “Trovo sgradevole Cedric oppure Chad. E’ come strizzare un limone!”
Kate scoppiò a ridere.
“Clifford e Cody son due cowboy. Damon e Daryl demoniaci. Derek e Dexter due serial killer. Earl un the, Elliot un draghetto della tv…”
Kate lo fissò strizzando le labbra. “Andrai avanti ancora per molto?”
“Elwood un cantante blues, Emmett uno scienziato pazzo. Eugene e Forest due… beh due strambi tipi. Garreth e Geoffry due stallieri…” Continuò imperterrito.
“Castle?”
“Mi piace Gregory ma non Graham. Gus è da benzinaio…” Kate lo fermò posando la mano sulla sua bocca.
“Ci dai un taglio?”
“Sono solo alla G!” Esclamò divertito.
“Ah… vuoi la guerra?”
“Hank, Hardy o Harvey? Politicanti del Texas!” Continuò lui.
“Horatio, Hewie e Hugh?”
“Tre marinai!” Rispose Castle con convinzione.
Kate scosse il capo. “Non me ne piace nessuno.”
Castle sbuffò e Kate si mosse accanto a lui raddrizzando le gambe. “Dai cerca di fare sul serio. Altrimenti lasciamo stare.”
“Lo sai che voglio qualcosa di affascinante…” Kate fece una smorfia. “Non sono granché affascinanti i nomi che hai così spavaldamente elencato.”
“Sarà più difficile di quel che immaginavo.” Replicò con un tono deluso nella voce appoggiando la testa al divano. Sbadigliò stanco. Si sentiva le palpebre pesanti. Le poche ore di sonno cominciavano a farsi sentire.
Forse potevano rimandare ad un altro momento.
“Che mi dici di Terence? Avevo un compagno di scuola simpatico.” Propose Kate.
Castle sorrise. “Direi che è già meglio.”
Gli occhi di Castle si chiusero per qualche secondo, il suo cervello per un attimo si spense soccombendo al sonno. Quando li riaprì sentì che il lenzuolo stava scivolando sul suo corpo.
“Oh, mi sono assopito?” Kate annuì.
“Dormi un po’ dai…”
Castle si stropicciò il viso. “Non voglio dormire…” Replicò lamentoso. “Oppure dormiamo insieme un’oretta?” Propose.
“Non ho sonno, leggerò un po’. Tu riposa…”
Castle si raddrizzò. “No, ti ho promesso una giornata per noi e lo sarà.”
“Castle non abbiamo dieci anni! Almeno non io…”
L’uomo fece un ghigno. “Spiritosa.”
Kate fece segno con le dita. “Facciamo una pausa? Non stiamo andando da nessuna parte.”
“Siamo esigenti lo so. Ma è importante.” Castle guardò verso la fiamma del camino. Certo non c’era i ciocchi di legno e la fiamma era troppo regolare, tipica di una combustione controllata ma l’atmosfera che creava era simile alla sera di Natale, quando si aspettava la mezzanotte per l’apertura dei regali. Solo che stavolta il regalo era il giusto nome per il loro bambino.
“Forse l’idea buona arriverà quando meno ce l’aspettiamo.” Disse respirando forte. Si stiracchiò e controllò alle proprie spalle l’oceano oltre la finestra.
Un tuono particolarmente forte lo fece trasalire facendo tremare i vetri delle finestre e surclassando il sottofondo musicale.
“Senti come piove…” Disse Kate voltandosi anche lei verso l’unica finestra dalle imposte aperte. Stava ormai diventando buio.
“Spero che la pioggia si calmi prima di domani, sotto questo diluvio sarà difficile rientrare.” Valutò con un velo di preoccupazione nella voce.
Castle annuì. “Vorrà dire che torneremo più tardi.”
Lei si voltò verso di lui. “Non posso, lo sai. Devo essere un ufficio per le undici.”
“Ma è un nubifragio. Se piove così non è salutare mettersi in strada tesoro.” Replicò. “Ma dalle previsioni dovrebbe spiovere durante la notte.”
“Speriamo…” Il buio non rendeva le cose semplici. Non c’era modo di capire se il cielo lasciava spazio ad un miglioramento, ma le previsioni sullo smartphone erano positive.
“Vuoi che ci trasferiamo di sopra?” La richiesta di Castle la sorprese.
Kate incrociò il suo sguardo. “Mi piace stare qui. Non ho voglia di muovermi.” Disse pigramente.
“Allora prendo altre coperte. Farà più freddo stanotte.” Detto questo si allungò verso il divano dove aveva lasciato alcuni playd ancora piegati. Ci aveva accumulato ogni cosa aveva ritenuto potesse tornare utile.
“Non pensavo che questo doppio strato di materassini fosse tanto comodo.”
Castle ne fu compiaciuto.
“E’ proprio quello che volevo. Stare qui comodi, spaparanzati senza nessuno a disturbare le nostre coccole.”
Kate si guardò intorno. “L’alcova migliore di sempre.” Disse imitandolo e lui la prese tra le braccia. “Queste sono soddisfazioni!” Esclamò. Risero entrambi fronte a fronte.
“Volevi che cominciassimo a creare nuovi ricordi tutti nostri… eh beh, questo non è un momento speciale da ricordare?” Castle annuì. “Non è stupendo? Vieni…”
Si spostò verso il camino, mettendosi più comodo. Kate gli scivolò accanto ed il braccio di lui coprì entrambi con lenzuola e coperte.
 “Abel.” Disse Castle meditabondo, stavolta aver pronunciato quel nome lo fece sorridere per conto proprio. “Non è forse un nome gentile?”
“La prima vittima di un omicidio Castle.” Replicò lei. “Sul serio?”
“Che ironia!” Rispose Castle facendole l’occhiolino. “Ammetterai che è come dici tu, ha una connotazione positiva, e poi c’è sempre empatia per uno morto ammazzato dal proprio avido fratello.”
Kate si mise una mano sulla fronte. “Se la metti così ho uno schedario pieno di vittime.” Si mosse cercando una posizione più comoda.
Castle sbuffò. “Te lo immagini, un bel ragazzo che mi somiglia, ma ha i tuoi occhi.”
“Deve avere i tuoi. Lo sai…”
“Abel Castle. Abel Tyrael Castle.” Scosse il capo. “No! Solo Abel Castle, ci sono troppe elle.” Si corresse.
 “Abel Castle.” Ripeté lei. “Si è… bello. Non è solo biblico immagino.” Sottolineò per cercare la motivazione che aveva portato Castle a proporre quel nome.
“E’ il personaggio di un Anime. Trinity Blood. Interessante.” Spiegò Castle.
Kate non rimase proprio sorpresa della risposta. Se l’era aspettato dopotutto.
“Racconta, dai…” Lo invitò a parlare. “Di sicuro è meglio che pensare alla prima vittima di omicidio della storia.”
Castle inspirò. “Siamo nel futuro, molto avanti. Un futuro con macchine volanti e cyborg, ma allo stesso tempo sembra un rinascimento elegante e prestigioso, molta tecnologia è andata persa dopo un immane conflitto. Ci sono gli uomini e i vampiri, o meglio Terran e Methuselah in guerra tra loro per il predominio.” Iniziò a dire. Kate puntò lo sguardo dubbiosa. Aveva fatto bene a chiedere? Quella premessa non era confortante, ma lui si era ripreso dal torpore del sonno ed era tornato ad essere eccitato.
“Abel Nightroad è un prete del vaticano, la chiesa romana è il baluardo di difesa dei Terran. Un tipetto davvero curioso perché in realtà non è un uomo, ma un krusnik, un essere creato in provetta in cui sono state impiantate delle nano macchine trovate su Marte, un vampiro che si nutre di vampiri…”
“Oddio Castle non credo sia proprio un immagine che evoca dolcezza…” replicò Kate ridendo.
“No, no aspetta.  La storia è complicata e dovresti vedere l’anime per capire, ma lui è un essere davvero dolce, un po’ imbranato forse… E’ anche un investigatore che cerca la verità e si porta dietro da quasi mille anni il senso di colpa per la morte di sua sorella. E’ amabile, comprensivo, pronto al perdono ma se la necessità lo richiede, sa diventare un cacciatore spietato.”
Kate tentennò. “Mi piaceva di più prima di sapere il motivo per cui ti piace.” Disse scuotendo il capo.
“Però ti è piaciuta la sigla dell’anime.” Replicò Castle facendo il broncio.
“E quando l’avrei sentita?”
Castle le fece segno di attendere. Cercò il telecomando rovistando tra le lenzuola e, una volta recuperato, fece scorrere la playlist dello stereo fino a trovare il pezzo giusto.
“Eccola…” Disse mandando un play la canzone e Kate la riconobbe. L’aveva ascoltata e le era piaciuta, una struggente ballata. Ascoltò il pezzo e poi guardò Castle con rinnovata curiosità.
“Non è troppo romantica per te?” Chiese.
Castle assunse un’espressione ferita. “Oh, andiamo. Questa serie ha la sua bella quantità di intrighi, distruzione e sanguinose uccisioni.” Kate rise seguita a ruota da lui.
“Mi sembrava strano infatti.”
“E’ affascinante, Kate. Fanno crollare una parte di Barcellona con un organo installato nella Sagrada Familia e con le campane che mandano in risonanza le strutture! Geniale!” Replicò con quel tono più acuto nella voce che Kate riconosceva come vera passione nel perorare la causa di un suo interesse.
“Da quanto sei diventato iconoclasta?” Chiese curiosa, pungolandolo. Si mordicchiò un unghia.
“Non lo sono mai stato, è solo un anime!” Replicò frustrato. “In mia assenza che ne dici se te ne guardi qualche episodio? Ho i dvd a casa…” Disse quindi eccitato dalla sua stessa proposta. “Dura poco, solo 24 episodi. Vedrai, piacerà anche a te!” Aggiunse speranzoso che lei gli concedesse una possibilità.
Kate si morse un labbro. L’idea la stava stuzzicando e la cosa non le piaceva del tutto. L’influenza di Rick su certe cose era molto forte però iniziò a considerare che forse non le avrebbe fatto alcun male guardarne un episodio o due, il nome le piaceva parecchio in fondo.
“Ok, ma poi se non mi dovesse piacere? Possiamo tenerci un altro paio di nomi di scorta?”
Castle allargò le mani. “Ne troviamo quanti ne vuoi. Tyrael lo teniamo?”
Kate scosse il capo facendo una smorfia. “Sul quanti ne voglio, comincio a dubitare…”
Castle sembrava deluso. “Sicura, è un bel nome, significativo…”
“Vorrei che una volta adulto non volesse disconoscermi come madre per aver permesso a suo padre di dargli un nome simile.”
“Uff…” Sbuffò cercando di passare oltre la delusione. “Non c’è nulla di male, del resto ci sono anche un sacco di persone che si chiamano Gabriel o Michael. Sono arcangeli anche loro dopotutto.”
Non c’erano molte obiezioni da fare, quel ragionamento non faceva una piega.
“Gabriel è un bel nome.” Disse convinta.
“Abel è difficile da ridurre.” Castle emise un sibilo espirando.
“Non sempre mi piacciono i diminutivi.”
Lo stomaco di Kate brontolò e lui fece un sorriso divertito. “C’è qualcuno che ha fame qui. Altro che dormire!” Castle si alzò per raggiungere le cibarie che aveva preparato.
Era ancora completamente nudo e lei dovette ammettere che vederlo così il suo appetito non si incentrò esclusivamente sul cibo. Lo guardò e Castle, notando le sue attenzioni, si mise in una posa statuaria. Ammiccò allegro e lei gli lanciò un cuscino. “Sfacciato!”
 “Stai arrossendo Kate?”
“No, non credo… Bronzo di Riace.” Sbuffò. “So bene come sei fatto.”
“Però hai nascosto il viso nella camicia…” Disse tornando a sedere accanto a lei con in mano un portafrutta.
Glielo offrì ma lei lo scostò e afferrò il viso di suo marito baciandolo con passione.
Giocherellarono con le labbra e la lingua con lentezza. Rick andava matto per certe sanguigne reazioni di lei, era felice di farsi sorprendere dalla sua passionalità. Una donna così vivace era il sogno di ogni uomo, ma lei non era solo bella, eccitante e calda. Era una donna straordinaria sotto ogni punto di vista. Si sorrisero labbra su labbra e ripresero ossigeno. Kate tornò a sedere appoggiando la schiena al divano. Lo guardò con desiderio mentre afferrava alcuni chicchi d’uva e se li portava alla bocca.
Castle si umettò le labbra. “Mangia, che poi ti mangio io…” Mormorò al suo orecchio.
Rimasero in silenzio per alcuni secondi. I cuori presero a battere velocemente. Gli fece scorrere una mano sul viso irsuto. “E se fossi io a magiare te?” Replicò portando alle sue labbra un po’ dell’uva che stava spiluccando.
Castle spalancò gli occhi stropicciando con entrambe le mani il lenzuolo.
Kate depose lentamente il portafrutta accanto al loro giaciglio, si voltò e in pochi secondi si trovò a cavalcioni sul corpo di Castle.

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Rieccomi, in un delirio di opzioni, che abbiano davvero trovato il nome?
Certo che con Castle la ricerca del nome non poteva che essere una vera sfida!
Grazie come sempre a tutti quelli che hanno pazienza di aspettare!
Anna

 

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Capitolo 4
*** La ballata del tamagotchi ***


Castle si svegliò lentamente. Il corpo non gli rispondeva del tutto. Si rigirò alla ricerca di Kate che non era nel loro giaciglio. Si passò la mano sul viso e poi guardò l’orologio. Erano passate le otto. Si era addormentato dopo che loro… beh… che lei… wow! Era stata proprio di parola: aveva preso le redini del gioco e l’aveva trascinato in un momento a luci rosse stratosferico. Chissà dove riusciva a trovare tutte quelle energie nel suo stato. Il suo desiderio di fare così tanto sesso era sorprendente, insomma era incinta e particolarmente calda, entusiasmante. Si diede una sonora pacca sulla fronte dandosi del perfetto idiota! Che ci faceva ancora lì a speculare sulle sue fortune di maschio invece di alzarsi e cercare Kate? Poteva stare poco bene e non averlo voluto disturbare. Tipico di lei in fondo.
Con poca grazia rotolò fuori dalle coperte calde cercando i suoi boxer tra la confusione delle lenzuola. Ancora intorpidito saltellò incespicando mentre tentava di infilarseli. Si raddrizzò e si passò una mano tra i capelli, cercando di sistemare il suo ciuffo che aveva preso una piega strana a causa della posizione in cui aveva dormito.
Kate aveva mangiato della frutta e spazzolato completamente il cioccolato, probabilmente aveva avuto fame dopo la loro ultima performance.  Mugugnò compiaciuto con un’espressione vacua. “Ancora oggi non ne ho idea…” Si disse cercando qualcosa di lei in quel caos. Il piccolo reggiseno con le coppe a forma di naso suino era ancora appoggiato sul bordo del divano. Le stavano veramente bene e lo istigavano a morsicare senza ritegno le sue rotondità.  
Si diresse verso il bagno. La chiamò a voce alta e lei rispose dalla parte opposta. Era in cucina. Castle tornò sui propri passi massaggiandosi le braccia intirizzite. Kate rise vedendolo spuntare dalla porta quasi nudo e arruffato.
“Non hai freddo?” Gli chiese scuotendo il capo. Lei aveva indossato i suoi leggins ed era fasciata in un cardigan di lana. Pensò di aver dormito troppo visto che Kate si era sistemata e aveva avuto la fantastica idea di preparare la cena. Aveva fame.
“Ti stavo cercando… Che cosa cucini?” Avvicinandosi si chinò a baciarla con un nuovo desiderio di contatto fisico.
“Stai Bene?” Valutò soffermandosi ad assaporarle le labbra che sapevano di menta.
“Tutto Ok. Potrei essere incinta giusto un po’ di più!” Mimò con le dita e gli fece l’occhiolino. Lui strabuzzò gli occhi annuendo calorosamente.
“Sì, dalla tua foga potremmo aver generato dei gemelli.” Sentenziò sotto lo sguardo attento di Kate.
“Castle - Ego… Bentornato.” Castle sbuffò in tutta risposta volgendo gli occhi al soffitto.
“Ho preparato un insalata mista e ora del sugo per la pasta. Hai fame?” Aggiunse evitando di dargli corda sull’argomento. “Sì, da morire.”
Lei lo sospinse verso l’uscita. “Vestiti prima di raffreddarti, poi rischi di contagiare me e…”
“Non sono così gracile.” Lei lo fulminò con lo sguardo.
Lui alzò le mani in segno di resa. “Ok, ok! Faccio una doccia e torno agghindato a dovere!”
Kate rise e con una sferzata del canovaccio lo sculacciò allegramente.
“Non riesci a togliermi gli occhi di dosso.” Ridacchiò abbandonando la stanza con un andatura ciondolante e sciocca. “E per la cronaca, difficile che con te io mi raffreddi…” La sola voce udibile in lontananza.
Kate espirò compiaciuta: fare leva sul suo senso paterno era più facile del previsto, se ne sarebbe ricordata. Tornarono con prepotenza i pensieri di qualche ora prima, mentre lo aveva guardato dormire.

Aveva appena chiuso gli occhi cullata dal suo respiro. Stava bene al contrario di Castle che era esausto.
La musica si era fermata, solo il temporale che si allontanava era il sottofondo imperante. C’era qualcosa di molto rilassante. Aveva ascoltato con attenzione i suoni nella stanza, assimilandone la sensazione di pace. Riaprendo gli occhi aveva scrutato il viso di suo marito, rigirandosi pigramente verso di lui.
Dormiva sereno, lunghi placidi respiri. Vederlo rilassato era un piacere per la sua anima. Non era sempre così.
Delle cose che dovevano accadere a breve, quella della sua partenza era un pensiero che le procurava ansia. Anche se per pochi giorni, avrebbe sentito la sua lontananza. Inoltre detestava pensarlo dormire in un letto senza di lei e sentiva anche una leggera fitta di ingiustificata gelosia nell’immaginarlo attorniato da giovani donne sbavanti. Una situazione così assurda eppure così reale. Il timore era latente, come diceva lui. Un fuoco sopito sotto le ceneri, ma pronto a divampare. Assurdo l’esserne perfettamente consapevole ma non riuscire ad usare la razionalità di cui si era sempre fatta scudo per scacciare i timori, perché? Che cosa poteva accadere ancora?
C’erano stati avvenimenti che non promettevano nulla di buono per il distretto, lei ne era coinvolta e Castle li viveva direttamente con tutti loro, buttandosi sempre a capofitto nelle sue avventure.
Qualcuno stava cercando di sabotare l’immagine del distretto mediante Denver. Voleva capire se lei stessa era stata presa di mira con l’intento di usarla e usare la gelosia di Castle come destabilizzante, oppure se l’interesse di quel coglione fosse solo un caso. Non le andava giù l’idea di essere stata manipolata.
Al rientro a New York avrebbe cercato di scoprirlo, doveva trovare il modo di estorcere maggiori informazioni.
Uno dei problemi principali era ovviamente l’essere sotto esame, non le permetteva di agire con la libertà necessaria. L’agente Brady non le avrebbe permesso di strapazzarlo a dovere, ma forse la Gates…
Altra piccola difficoltà era, se così poteva definirla, il comportamento di Rick: non avrebbe certo gradito che lei si avvicinasse a quello schifoso anche solo per un interrogatorio. Se avesse interferito in qualche modo Brady avrebbe preso provvedimenti, come giustificarlo? Era stato chiaro che la condizione perché accettassero il suo avanzamento di grado fosse che Rick dovesse essere tagliato fuori.
Tutte stronzate ovviamente, ma lei non poteva opporsi... La disciplinare non era nemmeno al corrente che Castle si era già adeguato per permetterle di fare carriera. Quante persone lo sottovalutavano. E comunque stava divagando, doveva concentrarsi sul da farsi.
Il viaggio di Rick cascava a fagiolo ma d’altro canto non voleva nemmeno nascondergli qualcosa, si sarebbe alterato nello scoprire il suo piano in seguito, il che era sicuramente una situazione ben più grave. La cosa migliore era di accennargli le sue intenzioni, ma come affrontare il discorso? Con la necessaria giustificazione avrebbe anche accettato il suo tentativo, imponendogli la condizione di essere presente ad un eventuale interrogatorio e non era sicura di avere abbastanza tempo.
Castle era testardo e non avrebbe mollato facilmente. Testardo e adorabile ragazzone, aveva pensato mentre studiava le sue espressioni nel sonno. Rimproverava Castle per quanto inquietante fosse ma aveva carpito il significato di quell’attitudine: contemplare di qualcosa di prezioso, proteggere. Davvero piacevole in verità.
Un involontario viaggio a ritroso nei ricordi le aveva riportato alla mente grandiosi battibecchi e piccole fisiche rivincite sulla sua loquacità impertinente, momenti di tensione e di trasporto, imbarazzo e dolcezza. La sua attenzione continua, il suo modo di sdrammatizzare. Quante cose erano rimaste felicemente tali anche dopo le nozze.
Allora non avrebbe avuto scrupoli sul da farsi. Ma adesso c’era lui, insieme avevano affrontato molte difficoltà e tornare ai vecchi metodi non era più contemplabile.
Invidiava a Castle la capacità di lasciarsi le cose alle spalle più velocemente di quanto lo facesse lei. Quantomeno riusciva ad archiviarle e andare avanti al contrario di lei che ci tornava in continuazione, col rischio di incrinare il proprio equilibrio. Doveva lei stessa imparare a farlo per vivere meglio, ma non era facile.
Aveva anche tutte le migliori intenzioni di renderlo un padre felice e un marito orgoglioso nonostante le innumerevoli preoccupazioni, il lavoro non sarebbe stata una passeggiata anche con un avanzamento di carriera. Castle sperava in qualcosa di meno rischioso ma era ancora un’incognita. C’era anche il loro futuro a portata di mano: reale, sicuramente non facile. Ma era fiduciosa. Lo aveva detto lei? Ok, non poteva permettersi momenti di negatività!
Sperava di riuscire a trovare in fretta quel “modo magico” per far funzionare le cose con l’aiuto di suo marito, contava molto su di lui. E aveva ancora una fottuta paura!
Con tutti quei pensieri in testa si era rannicchiata più vicino a Castle che si era mosso nel sonno. Un paio d’ore di pace erano una piacevole prospettiva se non teneva conto delle nausee.
Si era dovuta alzare in fretta e si era recata in bagno. Che dire, le nausee non erano sempre mattutine dopotutto.
Altra assurdità che non aveva ancora metabolizzato era quell’andamento altalenante: un minuto prima vomitava l’anima e due minuti dopo aveva fame da lupi. Le contraddizioni del corpo ma anche quelle dell’umore, sentirsi forte e poi vulnerabile per il malessere. E soprattutto sentirsi completamente coinvolta con Rick come se… Non osava nemmeno pronunciare quella frase che la faceva somigliare ad una ragazzina alla prima cotta!
Tolse il sugo dal fuoco e ci mise una padella d’acqua. Valutò il tempo che richiedeva solitamente a Rick per sistemarsi. Il tempo per buttare la pasta. E sì. Lui, l’uomo che le sembrava di amare in modo nuovo. Come se si fosse innamorata ancora di lui.
Oh, dio. Dirlo la faceva sentire così ridicola: una clamorosa nuova cotta per l’uomo che già amava senza riserve. Lo voleva come il primo giorno senza i dubbi che normalmente l’avrebbero colpita in quella situazione, ovvero la tentazione di darsela a gambe. Già, otto anni prima si sarebbe fatta di nebbia.
Accadeva in un momento dove le era richiesta massima concentrazione. Doveva dimostrare il suo valore, seguire un caso importante, focalizzarsi sul progetto di avanzamento che si era prefissa. E sul mettere al mondo una creatura.
Si sentiva egoista a pensare di volere tutto insieme, soprattutto perché sapeva fin troppo bene chi ne avrebbe portato il peso. Facile. Indubbiamente.
Non si accorse, così presa dai propri pensieri, che Castle era fermo sulla porta e la stava osservando in silenzio.
Quando si voltò e lo vide, si sentì in colpa. Stava pensando a se stessa ed al lavoro e lui sembrava averlo intuito. Lo sguardo dolce, seminascosto dal ciuffò dei capelli umidi che ricadevano sul suo viso e la mascella ancora incorniciata dalla barba. Fin troppo sexy a vedersi.
“Non sono riuscito a farti staccare dal lavoro per molto, una mia piccola sconfitta.” Mormorò inclinando il capo.
“Niente patemi Castle, sai che la situazione è seria…” Disse con un velo di ironia e lui socchiuse gli occhi senza perdere quel sorriso di comprensione nei suoi confronti.
Si mosse verso di lei. “Durante il viaggio di nozze ti ho fatto staccare per quanto… tre giorni? Un vero record! Mai replicato.” Disse con un tono così pacato tanto che Kate pensò di averci sentito un velo di tristezza.
Si scambiarono uno sguardo intenso ed entrambi conclusero con risata complice.
Kate alzò le mani. “Lo so, volevi una giornata tutta coccole.”
“E tu eri d’accordo.” Replicò Castle. La raggiunse per poi annegare il suo dito indice nella salsa e assaggiarla con interesse. “Mmmm buono!” Disse leccandosi le labbra. Si appoggiò al bancone e avvicinò la testa alla fronte della moglie. “Facciamo che proviamo a distrarci ancora per un po’?” Suggerì addolcendo lo sguardo. Lei allungò la mano e la fece scivolare sulla gota ispida di Rick.
“Non avevo voglia di tagliarla. Per te va bene?” Si giustificò l’uomo di fronte alla suo silenzio.
Lei finse di pensarci ma continuò ad accarezzarlo. “Mmm. Sì.”  Gli occhi di Castle si illuminarono.
“Solo fino alla tua partenza. La farai ricrescere al tuo ritorno.” Era determinata.
Castle rivolse lo sguardo verso il vetro di un armadietto che gli fece da specchio. “Niente male!” Scherzò. Tornò a voltarsi verso di lei che intanto aveva fissato gli occhi al soffitto.
La tirò a sé. Lei affondò le mani sul suo torace e ci appoggiò la testa. “Solo per te di ritorno da Montreal. Ma intanto starai attenta?” Kate giocherellò con la sua felpa. L’odore di lui era inebriante. Un’ondata di sensazioni la investì e sentì uno sfarfallio nello stomaco. Cos’è che non voleva ammettere poco prima?
“Rick… non volevi… eh?” Ironizzò cercando di concentrarsi su quello che stava facendo.
“Sei la mia causa persa, ma ti amo comunque. Se vuoi parlarne facciamolo. Io sono preoccupato quanto te.”
Cosa stavo dicendo? Ecco, dopo quella frase desiderò ritrascinarlo a letto. O magari approfittarne lì, proprio sul bancone della cucina.
Kate ispirò e sollevò la testa dandosi una calmata. Si girò e buttò la pasta. “Prepari la tavola che ci sediamo a cena? Qualche minuto e ci siamo.” Disse in tono neutro, strinse le labbra compiaciuta tornando alla cucina.
Castle se ne accorse, fece una smorfia obbedendo semplicemente agli ordini. Era anche una donna pratica. Il necessario quando serviva! 
Preparò una bella tavola per due, tovaglia rossa e bicchieri di cristallo. Una candela. Piatti di ceramica bianca.
Poi tornò da lei, l’aiutò a scolare la pasta e a condirla. In silenzio aspettò che lei fosse libera dagli impegni culinari e poi la baciò all’improvviso sospingendola con dolcezza verso il bancone con le sue grandi mani ad incorniciare il suo viso ed il corpo appoggiato a quello di lei. Era una necessità che stava procrastinando da troppi minuti.
“Se è per la cena, prego.” Mormorò Kate quando le labbra si separarono.
“Non è solo per la cena…” replicò. Un altro bacio e poi una risata sommessa.
“Posso dartene un altro per il vino?”
Kate scosse il capo. “Di questo passo la pasta si fredda.”
“Ok, rimandiamo a dopo.” Accettò.
Castle percepiva la sua preoccupazione. La voleva distrarre per una manciata di ore quindi Kate si impegnò nel cercare di concedergli la pace che cercava per quella sera. Era più che giusto. Si mossero lentamente verso la tavola. Castle raccolse la pirofila contenente la pasta e lei prese insalata e pane.
Sedettero e Kate allungò le gambe sotto il tavolo, stiracchiandosi.
“Mi sembri in forma tesoro, tutto ok quindi…” mormorò Castle.
“Ho avuto un momento di crisi dopo che noi… ma è passato velocemente. Mi lascia un po’ indebolita e la sensazione di vertigine è fastidiosa.” Chiarì Kate.
“Scusa se ogni tanto sono ripetitivo. Perché lo sono vero?”
Lei annuì ed enunciò cantilenando: “devo mangiare il necessario e devo… beh… farti partecipe se sto male. Ma vedi non è nulla di grave.” Minimizzò infine.
“Non mi hai svegliato prima.”
“Non è niente e tu dovevi dormire.” Castle rimase a bocca aperta.
“Wonder woman non cede mai.” Disse ridendo. “Dovevi essere tu a...” Allungò una mano cercando la sua. “Hai bisogno di riprendere le forze.”
“Già.”
“Dai..” Abbozzò Castle.
“Stai diventando troppo melenso.” Rise prendendolo in giro.
Castle annuì. “Ora mi scolo una bottiglia ed impreco.” Si meritò una linguaccia.
Kate si concentrò sul proprio piatto. “Anche io penso a come saremo quando ci sarà un bambino, non credere.”
“Fa in modo di tornare a casa presto, metti al sicuro la pistola e vieni a farti coccolare.” Arricciò il naso.
“Non sarai più infantile del piccolo?” Gli fece l’occhiolino.
Castle rise, sorvolando sulla suscettibilità del proprio ego. “Magari mamma ed Alexis potrebbero occuparsi del piccolo e noi… fare le prove per fabbricarne un altro!”
“Sono di due mesi, lasciami il tempo di mettere al mondo il primo e imparare a gestirlo prima di speculare sul secondo.” Quanto era impaziente!
“Tre, il numero perfetto.”
“Proporrei… che so, in anni diversi?”
“Il round di prima ha lasciato -me- molto ispirato.”  Sottolineò Castle divertito.
Kate assottigliò lo sguardo. “Ho letto un po’ di quel manuale mentre dormivi…”
“Sui nomi?”
“No, sul sesso in gravidanza.”
Castle si umettò le labbra. La sua partecipazione lo divertiva. “Una sorta di variante del Kamasutra. Stuzzicante comunque.” 
“Diciamo che sono felice di avere molte opportunità se ne avrò voglia.”
“Mi sembra non ti manchi.” Kate rise con gli occhi furbi e lui si morse un pugno.
“Non voglio smettere di avere i nostri… pisolini periodici, ma volevo che Abel fosse al sicuro. Che non rischiasse...”
“Abel Castle. Non è un grandioso? Pensi che lo prenderai in seria considerazione?”
Kate annuì assorta.
“Quando rientriamo a casa ti metto i dvd della serie sulla scrivania dell’ufficio. Se avrai tempo…” Ammise assaporando la cena. Aveva così fame e nemmeno se n’era accorto preso com’era da lei.
“Te l’ho promesso.” Replicò Kate. “Tu però… tagli la barba.”
Lui piantò gli occhi nei suoi, un po’ sorpreso. “Ti intriga?” Sibilò espirando.
“Troppo.” Puntualizzò lei. Lo disse cercando di dissimulare il suo interesse guardando oltre il vetro della finestra.
La tempesta si era placata colorando il cielo scuro di luci rossastre nei riflessi lontani delle nuvole. Il sole era tramontato alle loro spalle da molto, ma ad alta quota le nuvole si tingevano di una innaturale sfumatura.
“Per mercoledì sarò liscio come il fondoschiena di un pupetto!” Replicò Castle soddisfatto ma non contento si poggiò con il gomito sul tavolo e si sporse verso di lei.
“Ti piace anche se punge? Soprattutto quando io…” Inclinò la testa e la indicò con fare cospiratorio. Castle era contradditorio in certe cose: a letto era privo di tabù, descriveva perfettamente la sessualità sulla carta, ma non era esplicito verbalmente con lei fino a che non finivano tra le lenzuola. Allora non aveva più i filtri del bon ton, fisicamente e verbalmente. Kate sorrise sorniona.
“Lascia giudicare a me...” Ripose puntando il dito indice sul mento di lui e lo accarezzò in modo sensuale. Castle deglutì ma continuò a parlare. Anche lei ci sapeva fare nel provocarlo. Era un bel gioco.
Non doveva pensare alla voglia di tornare ad avvolgerla nelle lenzuola.
“Ti piaccio anche con gli occhiali...” Aggiunse. Kate scosse il capo sconfitta dalla sua vanità.
“Avevo paura che invecchiando avrei perso il mio fascino mentre a quanto pare semplicemente si sta trasformando. Non che io sia vecchio ovviamente, sono ancora nel fiore...” Partì con un soliloquio che Kate preferì non seguire.
Lo stava perdendo: era volato via col suo ego.
Lei sbocconcellò del pane mentre Castle gustava avidamente il suo piatto. Volse ancora gli occhi alla finestra, distraendosi da lui che continuò ad osservarla ammutolendosi.
Quando avvertì il suo sguardo addosso, lo lasciò fare per alcuni minuti fino a che sbottò.
“Sputa il rospo marito…”
“Sono tutti piuttosto preoccupati, l’altra sera hai parlato a lungo in ufficio con la Gates.” Valutò con calma osservando il suo piatto semivuoto.
“Pensi davvero che ci sia una cospirazione dietro a quanto accaduto con Denver e il dodicesimo?”
Lei lo squadrò sorpresa. Perché aveva voluto tornare sul discorso lavoro?
Castle alzò le spalle, stringendole. “Ci stavi pensando prima e ci stai tornando ora.” L’anticipò.
“Kate sto per essere escluso dal tuo lavoro, ma non per questo intendo rimanere all’oscuro.” Spiegò con una serietà tale da farla deglutire per la tensione.
Castle prese un altro boccone della sua pasta. Poi posò la forchetta e si pulì la bocca con il tovagliolo.
Beckett sorrise. “Lo so.”
“Allora non farlo. Voglio essere partecipe comunque.”
“In questo momento non so a cosa pensare. Devo trovare il modo di estorcere informazioni da Denver e…” fermò una qualsiasi reazione di Castle afferrandogli la mano. “E spero che la Gates agisca. Ma non posso permettermi che tu…”
“Che io crei qualche casino?” Finì lui mentre lei sbuffava, era arrivato al punto prima del previsto.
Non le piaceva quello che doveva fare, Denver le faceva rivoltare lo stomaco ma doveva conoscere la verità.
“Hai dei sospetti? Voglio dire il nuovo procuratore è un mezzo idiota e se non c’è qualcosa in ballo… Perché il dodicesimo? Perché noi…” Castle strinse la sua mano.
Le luci soffuse segnavano gli occhi lievemente cerchiati di Kate. “Non ne ho idea. A meno che…” Alzò lo sguardo su suo marito, mordendosi le labbra.
Castle negò con la testa. “Se Bracken provasse ad alzare la testa lo sapremmo.”
“E come potremmo saperlo? Il carcere di massima sicurezza non gli dà molte chances ma non possiamo sapere se ha complici…”
“No, no…” Rispose Rick convinto. “Non è lui.”
“Sembri così sicuro, come fai ad esserlo?” Lei si sporse avanti, leggermente tesa.
Castle si grattò la nuca. “Il tentativo non è nel suo stile. E poi diciamo che qualcuno me lo direbbe.” Lo sguardò interrogativo della donna lo congelò. Adesso doveva dirgli quella cosina, quel regalo di nozze un po’ insolito ma a lui molto gradito. Solo che Kate non ne era proprio a conoscenza.
“Che cosa intendi?” I toni erano quelli di un interrogatorio e a lui non piaceva l’idea di essere dall’altra parte del tavolo.
Castle fece una smorfia. “Ti ricordi di Dino?”  Gli occhi di Kate si fecero scuri. “Il mafioso?” Ebbe in risposta solo un sorrisetto teso. “Quel Dino del caso di babbo natale di tre anni fa?” Incalzò.
Castle annuì. Sgomenta, Kate si tirò indietro con la sedia, allontanandosi dal tavolo. Guardò suo marito senza profferire parola ma con un lieve istinto omicida. Certe volte riusciva perfino a capire alcune delle ragioni che motivavano i colpevoli nei suoi casi. Come poteva aver fatto un patto con un dannato mafioso?
“Senti, non è nulla di che. Dino ha uno dei suoi rinchiuso nello stesso carcere federale, sconta un ergastolo.” Spiegò un po’ agitato. “Per il nostro matrimonio mi ha fatto una sorta di regalo…” Castle sentiva dolore fisico ogni volta che lo sguardo di Beckett si intensificava. Stava per infuriarsi. Scosse le mani.
“Il suo uomo avrebbe controllato Bracken per noi e ci avrebbe fatto sapere qualcosa in caso lui cercasse di muoversi.” La sedia scottava come un vulcano in eruzione. Kate poteva diventare un vulcano in eruzione.
“Non è un vero e proprio patto… Solo una cortesia?” Si sbilanciò ma Kate sembrava dovesse esplodere da un momento all’altro. Lo stava trapassando con lo sguardo, si masticava il labbro cercando di calmarsi e Castle arrivò ad uno stato di prostrazione tale da sembrare davvero dolorante.
“Perché non me lo hai detto?” Mormorò scandendo le parole.
“Perché ti stavo per sposare e perché dopo è successo quello che è successo… E me ne sono dimenticato.”
Lo sapeva che non era la giustificazione migliore e in effetti faceva proprio schifo. Ma era la verità. E poi la considerava una situazione favorevole. Un’opportunità da non sottovalutare.
Lo sguardo di biasimo di Kate non si mitigò di fronte al suo, sinceramente dispiaciuto.
“Non gliel’ho chiesto io, me lo ha detto lui…”
“L’hai anche incontrato?” Incalzò Kate. Gli andò per traverso una foglia di insalata. Tossicchiò e Castle si mosse nella sua direzione ma il suo slancio venne freddato da un’atmosfera gelida che all’improvviso era calata nell’ambiente.
“Mi ha fatto una telefonata e… basta. Una sola, di pochi secondi. Mi ha detto solo il necessario, mi ha fatto gli auguri e fine.” Spiegò gesticolando così vistosamente da mettere a nudo tutto il suo nervosismo.
Kate rimase in silenzio mentre Castle cercava di rimediare alla sua stupida uscita. Se n’era dimenticato e l’occasione gliel’aveva riportata alla mente, ma non era una cosa così negativa.
“Kate, non volevo nascondertelo. L’avevo scordato. Però pensaci. Se tornasse agli affari noi lo sapremmo in tempo. So che non è nelle tue corde, che la mia conoscenza di questo individuo ti potrebbe mettere in cattiva luce, ma non è intenzionale.” Guardò Kate con serietà. Sembrava delusa e doveva spiegarle il suo punto di vista, il suo pensiero, perché non si sarebbe sentito in colpa per aver accettato un aiuto nel preservare la loro tranquillità.
“Bracken vorrà vendicarsi di noi, di te…” Lei ebbe un guizzo con gli occhi.
“Castle, questa storia ora potrebbe rovinarmi la carriera e non dovevi nascondermelo.”
“Se provasse a vendicarsi, è la tua vita ad essere in pericolo!” Replicò lui. “E non solo la tua.” Aggiunse.
Kate sapeva fin troppo bene di cosa stesse parlando e che aveva ragione.
“Chi vuoi che lo venga a sapere? E poi Bracken è pericoloso anche in prigione. Con tutti i soldi che ha accumulato negli anni potrebbe trovare il modo di riorganizzarsi. Insomma…” Castle si alzò e prese dal bancone una bottiglia di vino già aperta. Se ne versò un sorso e lo bevve. Poi tornò a guardare Kate che aveva l’espressione di quando era perfettamente calata nel suo ruolo di poliziotto, quindi preoccupante.
La vide alzare gli occhi su di lui, con la lentezza di una fiera in caccia. Oh, sì, l’alcol era necessario per poter trovare uno slancio di positività e intravedere qualche schiarita.
“Quali sono i termini? E’ tutto qui? Castle lo devo sapere…” Aggiunse seria.
Tornò a sedere di fronte a lei. “Non ci sono termini. Mi ha detto solo che il suo uomo avrebbe riferito di cambiamenti e movimenti strani. Non so altro. Dino è un tipo vecchio stile, mantiene le promesse perché è una questione d’onore.”
“Ti fidi?”
“Non è che io voglia assicurarmene, ma penso di potermi fidare.”
Certi argomenti restavano maledettamente tabù per entrambi e nonostante i due anni, quelle ombre facevano ancora leva su di loro. Castle si calmò. La vide rilassarsi lentamente però lui si sentiva una vera bestia ad aver rovinato la loro serata. Sperava di avere ancora qualche opzione per renderla più leggera.
“Beh… Preferisco avere una chance di trovarmi pronta nel caso che quel figlio di puttana faccia una mossa piuttosto che ignorarlo. Non voglio tornare ad essere un bersaglio, nessuno di noi.” Commentò Kate, cercando di stemperare il suo malumore.
“Mi dispiace.” Si scusò Castle. Kate si passò la mano tra i capelli e li sollevò dalla fronte. “Voglio che tu sia sincero con me. Se dovesse accadere…”
“Te lo direi subito.” Finì Castle.  “Ho bisogno di saperti al sicuro, ma non farei mai nulla per metterti nei guai.”
Lo sguardo di Kate si addolcì.
“Beh, di solito mi metto nei guai da solo…”
“Parole tue…” Sottolineò Kate additandolo.
“Ma tu lo faresti? Dirmi la verità se ci fossero altre piste?”
Kate fece un sorriso timido. “Certo…”
Castle abbassò gli occhi lievemente dispiaciuto. C’era un qualcosa di non completamente onesto nella sua risposta. Un tentennamento che sapeva essere tipico di lei nell’affrontare certi argomenti come l’omicidio di sua madre. Era il suo più grande tabù, il suo lato oscuro.
Se quell’ombra si fosse allungata nuovamente su di loro, forse lei avrebbe agito come allora. Sperava solo di riuscire a essere coinvolto. Ma non ne era così certo.
“Certo” ribadì quindi per cercare di convincersi, lei colse il suo dubbio. Non seppe che dire di primo acchito.
Era fin troppo facile immaginare che Castle si sarebbe fatto in quattro per la loro famiglia, lo conosceva. Lei stessa dubitava delle proprie certezze di fronte a certi argomenti. Uno di questi era Bracken ed il suo entourage.
“Sincerità per sincerità Kate, niente azioni avventate.” Mormorò Castle fissandola.
“Castle…” Rispose lamentosa. Lui le scoccò uno sguardo di rimprovero così da farla sentire a disagio.
Era tutto l’insieme, non solo perché un mafioso aveva fatto loro un regalo di nozze e la sola idea era imbarazzante, non era tipo la figlia di Sinatra! Quel discorso era spigoloso, controverso tra loro e Castle era tornato silenzioso seduto davanti a lei con la mascella serrata. Brutto segno perché il suo cervello stava correndo troppo.
Era anche sulle spine volendo cercare di risolvere quello scontro tra loro il più velocemente possibile.
“C’è un lato piuttosto utile di questa cosa…” Castle fece un sorriso sghembo, poi si alzò per riportare il suo piatto al piano della cucina.
“Ehi…” Lo richiamò preoccupata. “Ci devo pensare su...”
Castle si girò gesticolando. “Dino è come un qualsiasi informatore, vedila in questo modo.”
“Non è proprio la stessa cosa!” Sbottò.
“Solo perché non lo pago? Se può farti star meglio gli mando dei soldi…” Castle sorrise e lei lo fulminò. Alcune volte fare il pagliaccio con lei pagava, ma si vedeva che era combattuta dalla sua stessa natura.
Nella sua vita di poliziotto gli informatori erano spesso stati d’aiuto. Avere un piccolo vantaggio aveva la sua indubbia utilità. Non le piaceva il modo però come biasimarlo? Con tutto quello che avevano passato, i rischi ed il dolore, le ferite e la paura. Quel maledetto avrebbe ridotto la sua vita ad un vero incubo se permetteva al tarlo del dubbio di farsi strada nella sua mente. Castle era anche fin troppo consapevole della sua debolezza su questo argomento.
“Maledizione…” Sibilò. In quel momento avrebbe voluto dar calci ad un bel sacco.
“Non voglio vederti trascinare indietro…” Rick usò un tono più pacato. “Guardarsi le spalle, fuggire come ladri… Essere un bersaglio.” Ecco, aveva avuto lo stesso pensiero. Kate si alzò e lo raggiunse. Annuì di fronte a lui stringendosi addosso il cardigan.
“Dovrei sempre fidarmi del mio partner… ma soprattutto di mio marito.” Mormorò.
Come avrebbe potuto vivere senza la sua presenza a farla sentire viva? La faceva esasperare e nonostante tutto era l’unico in grado di smuoverla da certe sue fissazioni.
“Dovresti.” Rispose lui abbracciandola.
Lei si lasciò stringere e accarezzò dolcemente la sua schiena.
“Se è come dici tu non si tratta di lui, quindi il punto è un altro.” Replicò Kate.
“Il punto è che non permetterò a nessuno di riportarci a quel periodo e userò tutte le mie carte migliori per questo scopo.” Tornarono a sedersi silenziosi. Stavolta l’uno accanto all’altra e non di fronte.
“Facciamo un gioco, vuoi?” Propose Rick facendo brillare gli occhi.
Kate disse di sì e attese con curiosità che enunciasse la sua idea. Giocherellò con la forchetta e Castle accanto a lei si mantenenne guardingo.
“Ci diciamo tutto quello che vorremmo fare ed essere. Ma che riguarda noi… io e te.” Spiegò.
“Tipo?”
“Beh… Vorrei essere libero di portarti fuori quando voglio. A cena, al cinema, a teatro. Non soltanto quando non ci sono assassini da inseguire.” Spiegò con candore. “Mi piacciono le indagini per omicidio, l’eccitazione della caccia... Ma se non posso stare con te?” Alzò le spalle e sgranò gli occhi.
Kate sorrise e gli fece una smorfia. Le indagini senza la sua logorroica presenza potevano perdere il loro fascino.
“Tocca a te!”
Kate strinse le labbra. “Avere il modo di fare più ferie, noi soli.” Lui la guardò con curiosità.
“Andiamo Beckett, so che puoi fare di meglio.”
“Anche tu sei partito largo però.” Replicò Kate.
“Ah, beh se la metti così… Voglio poterti baciare in pubblico quando voglio, anche se a te non piace. E non è che me lo permetti spesso…”
“Ho un’immagine da mantenere.” Lo punzecchiò divertita. La tensione si stava stemperando.
“Lo dici a me Beckett? Tu qui negli Hempton’s? Tu che hai guadagnato il nomignolo di Achab?”
Kate sbuffò. “Ci stava provando con te e le avrei spalmato quel nasino rifatto sugli zigomi.”
“Violenta con le possibili rivali. Sì.” La sua voce provocante, roca a stuzzicarla di nuovo. Kate lo fissò.
“Non ci saranno rivali.” La sua risposta era decisa e ferina.
Castle sentì la sua autostima decollare. Dio, quella donna gli faceva ribollire il sangue.
“Per inciso ho adorato quella sera. Ogni minuto di quella serata dopo che hai dato il ben servito a quei due viscidi. E’ proprio di questo che parlo!” Disse con entusiasmo.
“Castle…” Lo richiamò Kate, cercando di mitigare la propria ilarità.
“E poi essere mia moglie ti fa acquistare solo punti. La mia immagine non la consideri?”
“No, tu sei notoriamente un folle. La tua immagine non è in discussione, è quasi una certezza nella follia.”
“Ma mi hai sposato!” Sottolineò con enfasi.  “La tua immagine è legata la mia. E anche al mio lavoro. Sei la mia musa!” Si difese con un acuto.
Kate allargò le mani. “Quest’ultima cosa non l’ho scelta io.”
“Ti piace…” Castle fece scivolare la punta del suo naso sul viso di lei. “Ti piace… e anche molto. Non rigirare la frittata.” Sibilò sulla sua guancia.
Kate rise rumorosamente. “Ok babe, quindi che cosa vuoi fare?” Le diede una piccola spinta con la spalla.
Castle prese un grissino dalla tavola e se lo mise in bocca come un sigaro. “Tocca a te.”
Lei sorrise. Inspirò e gli stropicciò il viso irsuto. “Io vorrei che tu fossi meno preoccupato per me.”
Lo sguardo di Castle tornò a farsi serio. “Questo non te lo posso promettere.”
“Continuare la tradizione serata schifezze in centro? Gravidanza permettendo ovviamente.”
“Ovviamente” Rimarcò Castle. “Anche se diventerai un pezzo grosso e berrai solo chardonnay?”
“Tequila, nachos e jalapenos non vanno mai fuori moda.”
“Burritos. Cosa darei ora per averne uno. Comunque sono d’accordo.”
“Ma perché io e te finiamo sempre col parlare di cibo?”
Castle negò. “Parliamo anche di omicidi. Molto più spesso in effetti.”
“Ma a parte gli omicidi finiamo la giornata con il cibo.” Valutò Kate.
“E con il sesso.” Puntualizzò Castle gongolando. “Ovviamente quando non sei distrutta dalla fatica. Mi sembra il minimo necessario alla sopravvivenza quotidiana.”
Kate sorrise. Il minimo per sopravvivere era una magra consolazione. La fatica di certi giorni aveva senso solo alla risoluzione del caso, ma prima ancora se la giornata si chiudeva con un pasto decente e le braccia di Rick. Il loro letto. Il suo rifugio dal mondo. Lui che le procurava piacere anche quando non sarebbe riuscita a reggersi in piedi.
“Poi tu mi vizi…” Aggiunse con una voce tra l’infantile e il giocoso e lui sospirò. “Dovrò pure farti scaricare tutta la tensione che hai in corpo altrimenti rischio di essere aggredito nel sonno.”
“Castle non soffro di sonnambulismo.” Valutò stupita.
“C’è sempre una prima volta. E poi parliamo di tutto e niente… Come fanno le persone normali.” Lo facevano davvero, ma quante volte erano finiti a parlare di futuro in quegli ultimi giorni?
“Sai…” Prese a dire Kate a bassa voce. “In questi giorni ho la nitida percezione che la mia vita sia ad una svolta.”
Castle annuì. “Credo sia così per entrambi dopotutto.” Aggiunse ascoltandola con attenzione.
“Ricordo ogni volta che mi sono sentita così dopo la morte di mia madre.” L’ansia pervase la sua voce, rompendole il respiro. Ecco cosa aveva da quando era tornato in cucina.
“I cambiamenti sono arrivati senza nemmeno accorgermene.” Mormorò. “Anche se li ho voluti…”
Castle deglutì.  “Abbiamo fatto presto. Per il bambino intendo…”
“Ah, ah… Non riattaccare con la faccenda dei girini.” Castle alzò le mani negando.
Si mosse sulla sedia, guardando il viso di lei con un interesse quasi morboso. Le scrutò i piccoli segni sulla fronte e intorno alle labbra. Allungò una mano e fece scorrere il polpastrello sugli zigomi di Kate. “Ci sono stati momenti di cambiamento anche piuttosto importanti in questi anni.”
Kate inspirò annuendo con il capo. “Il giorno in cui sei entrato nella mia vita.”
“Sarà stata una giornata favolosa!” Scherzò sorridendole. Era riuscito un po’ nel suo intento, ovvero farla parlare di sé più di quanto facesse solitamente.
“Contraddittoria in verità. Come il giorno che sei tornato dopo essere stato via per mesi. Sentimenti così opposti, però intuivo che qualcosa stava cambiando.” Alzò gli occhi su di lui e la donna forte di sempre lasciò spazio a una creatura più timorosa. Non era proprio elegante da pensare in un suo momento di fragilità, ma Castle pensò che fosse meravigliosa. “Hai ancora paura.”
“Mai quanto sapere della tua scomparsa nel giorno delle nozze.” Si umettò le labbra. “Sì. So che da domani cambieranno troppe cose.”
“Non sai se ti senti pronta per tutto.” Finì Castle con la sua consueta semplicità. Spesso le sembrava che Castle portasse avanti la loro vita insieme mentre lei si affannava con il lavoro. Lui la curava, la nutriva, si occupava della casa, dei loro interessi, organizzava le serate, la riempiva di attenzioni che lei godeva pienamente ma che, in un modo o nell’altro, non riusciva mai a ricambiare. Perché non aveva tempo, c’erano sempre casi da risolvere e cose importanti da seguire.
Kate prese la sua mano giocherellando con la fede che lui portava al dito. “In questi anni non ti è pesato? Questo modo di vivere… Occuparti di noi?”
Castle spalancò gli occhi sorpreso.  Lo stava chiedendo davvero? “Nemmeno un giorno. Ho giocato molto a Sims... Prima ancora con il tamagotchi. Sono allenato.” Scherzò di nuovo. “Lo so che non conosci a quanto ammonta il saldo del conto in banca e non ti interessa, ma ci sono cose più importanti.”
“Tipo?” Lo invitò a continuare. Era davvero curiosa.
“Starmi vicino, ispirarmi e soprattutto essere la mia parte mancante. Mi diverto, la vita è sempre un’avventura e… beh, sei uno schianto di donna. Posso guardarti nuda ogni giorno. Eh?”
“Stupido.” Rise espirando divertita.
“Sto cercando di farti capire che so di doverti dare spazio. Se mortificassi quello che sei riducendoti ad una casalinga annoiata non saremmo qui. Quindi vada per la ballata del tamagotchi.”
“Che?”
“Posso occuparmi di te, di noi, seguire il nostro benessere quando sei presa. Ma quando sei libera…” Ondeggiò il capo sorridendo. Kate si mosse verso di lui cercando maggior contatto col suo corpo. Lo abbracciò. Il discorso non faceva una piega ma lei così si sentiva anche più in colpa e desiderò con tutta sé stessa essere una moglie migliore. Ce l’avrebbe messa tutta. Percepiva la serietà di Castle sebbene avesse cercato di tenere brioso e leggero il tono della conversazione, la sua voce era morbida e confortante, proiettando su di lei tutta la sua attenzione.
“Questo timore è normale? Tu che ci sei passato…”
“Io sono ancora terrorizzato da quando ho avuto Alexis.” Kate scosse il capo. Avrebbe fatto di tutto per farla stare bene.
“Ce la caveremo.” Castle puntò il dito indice sulla fronte di Kate, muovendolo in senso circolare. “Scordati che tu possa mai stancarmi. Dopo la fatica che ho fatto per metterti un anello al dito?”
Kate attese che lui arrivasse al dunque, al vero fulcro del discorso, quello serio.
“Adoro occuparmi di te. Sei una donna irrequieta, ti conosco, ma hai preso la decisione di essere madre e l’ho amata dal primo istante, quindi conto che tu ci sarai. L’unica cosa che voglio…” Ripeté con fermezza.
“Oh, dio me lo avrai detto decine di volte.” Alzò la testa e sfregò la fronte sul suo viso. “Voglio fare del mio meglio ma ogni tanto mi sento affogare...”
 “Capisco. Ci sono state volte che ho pensato di impazzire sperando che prima o poi avrei imboccato la strada giusta.”
“Con Alexis?”
“Anche con te.”
“Hai fatto qualche casino… parecchi, ma non hai sbagliato del tutto.”
“Ma non lo sapevo. Brancolavo nel buio, non c’erano certezze in entrambi i casi.” Spiegò con calma. Castle sorrise e lei lo colpì bonariamente sul braccio.
“Tutto questo per dirmi che è normale avere crisi di panico? Anche dopo tutti questi anni?” Si sentiva sciocca e vulnerabile e lui si atteggiava, ma soffriva della stessa vulnerabilità.
“E’ così. Poco fa eri arrabbiata con me. Quando sei così non sempre so che fare. Improvviso il più delle volte. Grazie a dio funziona. In ogni caso non voglio mai smettere di condividere le cose. So che avrai dei segreti sul lavoro, ma con me potrai sempre parlare.”
“Partner, sempre. Comprese le follie?” Concluse Kate.
Castle posò la mano sul suo ventre, le baciò, la testa con un gesto tenero. “Senza follie che gusto ci sarebbe!”
“E’ un modo per chiedermi di tenerti informato sugli avvenimento della settimana?”
Lui annuì spavaldo. “Non ti si può nascondere nulla!” Esclamò simulando stupore.
Non ci era cascato, ma a Kate doveva sempre lasciare il tempo necessario per metabolizzare l’esternazione dei suoi sentimenti. Lo faceva con una tenerezza tale da generare un fragore assordante in lei. Il sangue che pulsava e lo stomaco in completo subbuglio nonostante le sue battutacce.
Comunque le nuvole se n’erano andate sia dentro la cucina, in cui stavano ora in silenzio assaporando il momento, sia fuori, sopra l’oceano. Era rimasta la comprensione e lo humor con cui Rick riusciva a renderla tranquilla. Kate si aggrappò alla spalla di lui, inspirando il suo profumo.
Fu lei e rompere il silenzio.
“Lo so che è puerile, però vorrei che mia madre fosse qui… a darmi consigli, ad aiutami nelle piccole cose…” Mormorò.
Le accarezzò la schiena e la tenne stretta. “Sono sicuro che lei veglia su di te.”
Tornò a cercare il suo sguardo. Loro erano così, in sintonia ma opposti.
“Vorrei tanto riuscire a renderti più serena a riguardo…” continuò a dire Castle con dolcezza. Kate prese il suo viso tra le mani. Baciò la sua fronte, il suo naso e poi le sue labbra. Come dirgli a parole che lui era tutto ciò di cui aveva bisogno? “Mi dai molto più di quanto immagini.” Lo baciò di nuovo.
Si scambiarono uno sguardo di intesa.
“Facciamo ordine e poi ci rimettiamo davanti al camino? Tv?” Chiese Castle.
“Ordine, poi coccole… La TV la lasciamo per un altro giorno.” Si alzò dalla sedia con un buonumore crescente.
Merito di Castle.
Rick la seguì occupandosi delle stoviglie sporche mentre Kate si dedicava ai fornelli e alle padelle.
“Domani mattina partiamo verso le sei?” Chiese quindi Kate e il viso di Castle si animò di una smorfia.
“Eh…?”
“Tranquillo, ti sveglio io…”

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Ciao a tutti! Sopravvivo e mi scuso per tante cose: il capitolo molto lungo, il ritardo mostruoso, l'assenza da tutto e non aver nemmeno commentato tante storie molto interessanti.
Un capitolo conclusivo in positivo. La stagione otto mi sta facendo rotolare gingilli che non ho sul pavimento, confido in uno sbocco con più storia e più humor, nonchè cervello.
Eh si. Un abbraccio a tutti colori che sono arrivati fin qui!
Tamagotchi Castle!
Anna

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