Ancora un poco

di VolpeSfacciata
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un confusionale inizio ***
Capitolo 2: *** Quando la neve tocca la terra ***



Capitolo 1
*** Un confusionale inizio ***


1. Un confusionale inizio 

"Cosa?" Disse lei incredula, guardandolo con le pupille dilatate, tanto era intenso lo sguardo omicida che gli stava lanciando. "Io non ho mai chiesto il tuo aiuto. Non ho mai chiesto l'aiuto di nessuno, se mi hai aiutata sono affari tuoi!" Ruggì, come se stesse brandendo una spada contro il ragazzo. Lui a sua volta aveva la pelle, se possibile, più bianca del normale, trasparente e luccicante come vetro; gli occhi bluastri invece erano stretti in una espressione di completo sdegno, impassibile.
"Saresti morta." Queste furono le uniche parole che il ragazzo pronunciò. Lei gli scoccò una occhiata d'odio, ormai svincolata dal sottile confine delle regole e dell'etichetta: non aveva più intenzione di nascondere tutto l'odio che provava, sapendo bene di scavare così la propria fossa.
"Sarei morta molto tempo fa, se non mi avessi presa con te... Non sarei mai stata viva, se non fosse stato per te." Disse lei, ma nel suo tono di voce non c'era alcuna traccia di gratitudine o affetto, tantomeno gioia. "... Avrei preferito non fosse mai successo." Sputò quelle parole, mentre il ragazzo, stufo di sentire le sue infantili lamentele, se ne andava. "D'altronde," pensò lei "gli ho sempre detto di essere una bambina noiosa." Mentre tornava nella sua camera i capelli rosei le andavano a sbattere contro le spalle, sudati.
Una teoria teneva i suoi pensieri prigionieri in un luogo distante dal letto della sua attuale camera, sul quale lei aveva lasciato il suo corpo, quasi meccanicamente: l'amore distrugge. Le sue labbra si piegarono in un sorriso amaro. Quando mai aveva iniziato a credere in qualcosa di così distante dalle favole? Passò in rassegna le favole che leggeva la notte da bambina, sola in cameretta a cercare di ingannare il tempo... Infine le venne in mente una sirenetta che si trasformava in schiuma per il principe. "Ecco, deve essere questo il mio tipo di favola." Si disse a voce bassa, mentre accarezzava freneticamente con una mano il copriletto, non riuscendo più a concentrarsi del tutto nei suoi pensieri. "Forse è per questo che ti odio." Mormorò ancora, quando un'ombra si stagliò contro di lei. Il ragazzo dai capelli color vino e occhi di miele intenso la guardava. Lei spostò a malapena lo sguardo dal vuoto, posandolo sul volto di lui, pensando che quella sera avrebbe dovuto avere un collasso, prima di essere lasciata sola.
"Stai bene?" Chiese il ragazzo dalla voce vellutata. Nel suo tono non vi era nessun tipo di divertimento o sarcasmo, il ché sorprese la ragazza visto che a parlarle era l'essere più irritante che conoscesse. Lui dovette aspettare un bel po' prima di ricevere una risposta.
"Come dovrei stare? Bene?" Lei sorrise, con i denti gialli e storti tipici di qualsiasi normale umano. "Bene. Sto bene." La ragazza continuò a guardare il tetto della camera, inespressiva. Il suo volto sembrava neve fresca: bianca, che attende di vedere la propria vacuità essere portata via dal paio di piedi sporchi. Lui scosse impercettibilmente la testa.
"È questo il tuo problema." Avanzò di qualche passo, per guardarla negli occhi, arrivando di fianco al letto. Gli occhi del ragazzo erano di un'incredibile superficialità, tanto grande che nessuno avrebbe discordato se qualcuno avesse affermato che lui non avesse un'anima. Erano occhi molto diversi dai profondi occhi blu del padrone, colmi di tutto, i suoi colmi di niente. "Dici sempre quello che credi gli altri vogliano sentire." Si chinò, avvicinando il suo volto a quello della ragazzina. "... Ma non sempre hai ragione." Appoggiò le labbra sulle sue, sentendo il calore tiepidamente umano della sua pelle... Il respiro di lui era fresco e profumato, ispirava la voglia di prendere quelle labbra perfette e farle proprie; quello di lei invece non era piacevole ma caldo, afoso, sapeva solamente d'organico e l'unica voglia che ispirava era quella della lontananza. Il ragazzo però non parve farci caso, anche se era assai improbabile che non ne fosse a conoscenza, dato il suo finissimo olfatto.
"... Lo sai che amo contraddirti." Ammise lei, guardandolo finalmente bene negli occhi. "Già, e so anche che pur di contraddirmi tu sbagli spesso." Ribatté quello, premendo delicatamente le labbra sulle sue, cogliendo quel fragile tepore d'umanità in lei.
"Non riesci a dormire." Constatò lui, scostandosi. "Credo proprio che ti serva una storia che ti faccia dimenticare tutto il resto." Si sedette accanto a lei, accavallando le gambe in modo elegante, posando le mani dalle dita intrecciate dietro la propria nuca.
La ragazza guardò quel essere, che sapeva essere perfetto nel suo strano modo, e si chiese se fosse veramente chi dicesse di essere. Non disse nulla, in quel momento non le importava più della discussione che aveva appena avuto colla ragione del suo essere, non se poteva ascoltare quella melliflua voce appropriasi di lei e tenerle compagnia per quella che sarebbe sembrata un'eternità sin troppo effimera. "... C'era una volta una ragazza di nome Maria, che una notte si svegliò a causa di alcuni rumori sospetti, per scoprire una presenza estranea in camera sua..." E così il novello vampiro iniziò a raccontare a lei la sua stessa storia, cantilenandole con mascherato sadismo quella struggente ninna nanna.


Angolo del muercielago (pipistrello~):
Salve, ed eccoci qua al primo capitolo! Sinceramente non pensavo di pubblicare, siccome ho perso un poco di fede in questo sito e nella mia scrittura... Insomma, spero almeno di aver presentato qualcosa di ben fatto, ah, e di avervi incuriosito almeno un poco con questo inizio così sottosopra. Bene, detto questo, mi dileguo, spero di rivedervi! \(>~<)/

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Capitolo 2
*** Quando la neve tocca la terra ***


 

2. Quando la neve tocca la terra

Era ancora presto, quando iniziò a vedere delle ombre nella sua stanza. Aveva già finito di parlare con la sua migliore amica, alla quale non dedicava mai abbastanza attenzioni, ed era anche riuscita a scampare ai suoi genitori, pronti a farle la morale per il semplice fatto che esistesse. Insomma, aspirava ad una lunga nottata insonne, mentre davanti a sé il buio giocava ad uno strano gioco con le ombre danzanti. Circa verso le tre del mattino le parve di vedere qualcosa muoversi: al primo impatto credette che la sua fantasia stesse semplicemente prendendo posto alla sua vista. Poi iniziò a comprendere che non erano solo scherzi della sua immaginazione e che ci dovesse per forza essere qualcosa di sbagliato. Si alzò, per vedere meglio, e non credette all'immagine che in seguito pervase le sue pupille.
Una creatura dall'indescrivibile bellezza giaceva in piedi a pochi passi del suo letto, rivolta verso la finestra della camera. Era pallida, molto pallida, ed aveva occhi scuri che riflettevano il lontano cielo bluastro, del suo medesimo colore. Tali occhi erano incorniciati da lunghe ciglia dallo stesso colore dei capelli chiari e vermigli: avevano il colore della chiara sabbia, ma avevano riflessi un poco più tendenti al rubro. Era vestita come un principe d'epoca: la giacca con una chiusura laterale piena di bottoni su entrambi lati, stretta, pantaloni aderenti allo stesso modo ed ai piedi un paio di stivali neri, anfibi, a discordare dall'eleganza dell'abbigliamento. Le candide vesti erano di un color panna, simile ai suoi capelli ed alla sua pelle, dai dettagli in quello che somigliava a platino e seta. Avrebbe dubitato che fosse albino, non fossero stati quei riflessi rossastri dei suoi capelli. Era alto, abbastanza per l'età che sembrava avere, ovvero all'incirca sedici anni, circa centottanta centimetri.
Lei osservò bene quel ragazzo, ma per sua sfortuna le fu impossibile pensare ad altro che alla bellezza mozzafiato di chi aveva di fronte. Una volta che riuscì a ritrovare se stessa, riemergendo dai profondi occhi di lui, cercò di riflettere freddamente, come era solita a fare nelle situazioni critiche. "Com'è entrato?" Fu la prima domanda che le affiorò la mente, seguita da tante altre. "Perché è qui, non mi pare un ladro... Potrebbe essere un maniaco, se volesse soltanto i miei organi non si sarebbe vestito con colori così chiari, si sporcherebbero di sangue..." Continuò a fissarlo, mentre quello lentamente le rivolse lo sguardo. A questo punto la ragazza si ritrovò paralizzata, incatenata da quelle catene oscure che erano sue pupille. Notò solo allora, muovendosi in quel poco spazio in cui le catene le permettevano di spostarsi, ovvero su di lui, che aveva la bocca ed il collo completamente insanguinati, come se qualche animale selvaggio l'avesse azzannato e fatto sputare sangue. In quel momento lei si alzò piano, per vedere meglio: il giovane uomo non portava con sé nessuna arma, né sembrava l'artefice di nessun crimine, se non fosse per tutto quel sangue. Possibile che lui fosse la vittima, non l'aggressore?
Il sangue colava lento sulle vesti chiare di lui, macchiandole di cremisi: evidentemente quel sangue era fresco, le sue ferite erano fresche. La ragazza non poté che sentire un'istinto di compassione colmarle il petto; semplicemente non poteva ignorare lo stato di quel ragazzo, così ogni pensiero sulla possibile colpevolezza di lui si dissolse e decise di aiutarlo prima di giudicare, incolpando la genetica.
Qualche remota parte di lei sapeva benissimo che non era colpa del suo lungo lignaggio, che non centrano nulla tutte le generazioni di medici che costruivano il suo albero genealogico. Quale ragazza su quella terra sarebbe rimasta indifferente di fronte alla bellezza schiacciante di quell'individuo, quale sedicenne non avrebbe ucciso per fare da crocerossina a quello? La risposta era tanto breve quanto scettica. Qualunque donna un poco meno superficiale di lei. Ma da questo punto in poi le ragioni e le presunzioni sul suo subconscio diventavano troppo sommerse dal mare che era l'essenza di lei per poterli scrivere in due righe.
Lei dunque si alzò, toccando piano il pavimento freddo con la pelle nuda del suo piede. "... Hai bisogno d'aiuto." Affermò seppur con voce insicura, avanzando con cautela. L'uomo si diresse verso di lei composto, come se quelle ferite, che ora lei poteva vedere con un po' più di chiarezza, non fossero nulla. Quando le fu di fronte abbassò la testa, sino ad avvicinarla a quella di lei, lasciandola senza fiato per un momento.
Era veramente bellissimo. Le lunghe ciglia non si piegavano che lievemente, di modo da nascondere parte del suo sguardo fatto dello stesso manto della notte. La pelle era bianca e perfetta come se fosse la superficie di una perla, ma purtroppo questo fu tutto che lei poté cogliere del suo aspetto, siccome le pupille scure di lui, quasi fuse alle sue iridi bluastre, avevano catturato quelle di lei, intingendola nella sua anima.
La ragazza aveva sempre creduto in quel detto che diceva che gli occhi sono la porta dell'anima e guardando quell'uomo d'un tratto ne fu convinta. Adorabile superbia umana, credere di poter dire la profondità dell'essenza di qualcuno da un solo sguardo: difatti la realtà era tutt'altra.
La sua bocca si apriva sempre un poco di più, così come il suo volto era sempre più vicino, lei però non poté muoversi neanche di un millimetro: non saprebbe dirvi perché, se quella forza magnetica fosse fisica o psicologica, ma allontanarsi da quella persona per lei fu impossibile, anche casomai fosse riuscita a prendere in considerazione tutto il resto al di fuori dello sguardo dello sconosciuto. Quando le loro labbra furono lontane di un sospiro lui spostò la testa, posandola morbidamente sulla spalla di lei. Dapprima lei non capì: perché mai avrebbe dovuto fare una cosa del genere? Dopodiché diede per un breve periodo di tempo si la seguente ragione: era stanco e ferito, forse quella era solamente stanchezza e gratitudine. Ma quando sentì che le labbra di lui si posavano sul suo collo con enorme morbidezza, si immobilizzò. Il respiro di lui era freddo e poteva sentire qualcosa di umido percorrerle la pelle, dedusse fosse la saliva di lui.
Ora, per quanto ingenua fosse, non rimase ferma per pura voglia, il suo corpo non ubbidiva più ai suoi comandi, era come se il suo sistema nervoso fosse andato in frantumi e le mancassero gli input giusti. Per sua fortuna non durò molto, in meno di cinque minuti lui era in piedi di fronte a lei, che guardava il tetto della camera. "Maria: che controsenso." Al sentire il suo nome detto da quelle morbide labbra lei si rizzò a guardarlo. Come poteva conoscerlo?! Poco dopo ricordò di avere un quadro col suo nome sopra, tranquillizzandosi. Quando credette si essersi ripresa preparò la mano per dargli uno schiaffo, ma appena ebbe focalizzato il suo volto le sembrò che fosse nuovamente impossibile: quello aveva qualcosa di prontamente sbagliato, un'aurea che dichiarava la stranezza del suo essere e sapeva esattamente dire cosa. Lui era come uno di quei tipi tenebrosi ricorrenti in qualunque storiella, che senza ragioni spiegabili entra nella vita di una ragazza senza nulla di veramente speciale e la ama per com'è e ciò le fece scioccamente perdere un battito.
A differenza delle apparenze Maria non era una ragazzina che leggeva romanzi del genere e si commuoveva, anzi, era piuttosto fredda e impassibile, riteneva di non essersi mai veramente innamorata di nulla e nessuno. Cosa poteva allora star facendo sì che si comportasse in quel modo? L'unica spiegazione accettabile che lei prese in considerazione fu incolpare l'aurea inebriante del ragazzo di fronte a lei.
In quel momento lui si mosse, sembrava diretto verso la finestra. "Le cure..." Tentò flebilmente, le parole si trascinarono svogliate dalla sua bocca. Lui si voltò e fece un sorriso: i suoi denti bianchissimi ricordavano zanne animalesche e rilucevano persino, dietro a labbra tonde e incredibilmente invitanti, dal colore leggermente rossastre, era il più bel sorriso che avesse mai visto. "Sto bene, grazie." Disse lui. Quella voce era una bellissima melodia composta da etere, non si sarebbe sorpresa di trovare un coro d'angeli invece di corde vocali. Mentre quella musica celeste ancora le si imprimeva bene in testa, quell'angelo misterioso era già scappato dalla finestra.



Angolo del muercielago:
Sì, dopo due mesi mi sono fatta rivedere. Eh, cosa posso fare, la vita m'uccide... Passiamo al dunque, vorrei avere qualche primo parere sul nostro bel tenebroso prima di proseguire, quindi sentititevi liberi di darmi una mano e recensire, ma non preoccupatevi (ovviamente) la continuità della storia non verrà toccata se nessuno potrà farlo. (^v^)
Infine, spero che il secondo capitolo vi sia piaciuto, ho cercato di farlo il meglio possibile, ah, e cercherò di finire il terzo in un po' meno di tempo... A presto (si spera
~).

 

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