Three Degrees of Love di TooSixy (/viewuser.php?uid=52688)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I. Soft Chains ***
Capitolo 2: *** II. Cannot Help Myself ***
Capitolo 3: *** III. One More Day ***
Capitolo 4: *** IV. Projects ***
Capitolo 1 *** I. Soft Chains ***
Three Degrees
of Love
..::
Nessie
::..
«Nessie!»
Jacob mi avvolse
in un abbraccio da orso che avrebbe spezzato la schiena a Rocky Balboa,
poi mi
scostò da sé e sorrise. Aveva un sorriso
bellissimo, un sorriso che gli
illuminava tutto il viso e faceva risplendere i suoi meravigliosi occhi
neri
come l’onice. «Sei arrivata presto, oggi. Avanti,
vieni!»
Mi
aveva intercettato
subito al limitare del bosco, per cui dovemmo camminare per un
po’ prima di
raggiungere La Push. La cosa non mi dispiacque per niente:
l’aria era intrisa
dei profumi intensi e vellutati della primavera e le lame di luce che
spiovevano dai rami dardeggiavano tra le ombre come splendenti serpenti
dorati.
Le guardai per qualche istante, ammirata (la mia vista
straordinariamente fine
mi permetteva di scorgere ogni granello di polline fluttuante tra di
esse) ma
poi il mio sguardo venne attirato nuovamente e irresistibilmente dalla
magnetica presenza di Jacob. Pareva un qualche dio inca della natura,
oppure
una di quelle splendide creature irlandesi che adescavano le fanciulle
con il
loro fascino soprannaturale.
«Allora,
come stanno
Melanie e Dawn?» chiese distrattamente il giovane
attraversando una piccola
radura.
Le
solite chiacchiere
vuote e banali di sempre, ma a me bastava ascoltare il suono della sua
voce
bassa e un po’ rauca per sentirmi meglio.
«Mel
è tesissima per la
sua Battaglia delle Band» risposi. «Non vuole farsi
vedere nervosa, ma si
capisce che è lì lì per dare in
escandescenze. Dawn invece sta bene, e ora si
sta tuffando in una nuova iniziativa ambientale…»
«Ovvero?»
«Ha
convinto il preside a
piazzare per tutta la scuola cestini diversi per la raccolta
differenziata.»
Jacob
ridacchiò. «Raccolta
differenziata, eh? Peccato, però, l’operazione
“Adottate una Balena” era molto
meno banale.»
Ma
nel suo punzecchiare
c’era un che di affettuoso, e io sospettavo che Jacob
nutrisse una specie di
furtivo rispetto per Dawn: chi, meglio di un licantropo indiano di La
Push,
poteva comprendere il suo desiderio di proteggere l’ambiente?
Ormai,
tra i tronchi degli
alberi, si scorgevano i tetti delle capanne di La Push; uscimmo dal
bosco e ci
dirigemmo verso la casa di Jacob, un po’ scostata rispetto
alla via principale.
Era semplice, come le altre casupole, ma trovavo pittoresca la sua aria
un po’
selvatica.
«Ehi,
Renesmee!» ruggì gioviale
Billy, il padre di Jacob, vedendomi entrare accanto al figlio.
«Cara bambina!
Come stai?»
Era
in sedia a rotelle a
causa di un tragico incidente avvenuto molti anni prima, nel quale lui
aveva
subito danni permanenti alla spina dorsale mentre sua moglie era
rimasta uccisa.
La sua vista mi impietosiva, ma cercavo di cancellare la compassione
dal mio
sguardo: sapevo che l’avrebbe offeso più di
qualunque insulto.
«Bene!»
dissi in tono
allegro. «E tu, Billy, tutto okay?»
«Non
c’è male, non c’è
male…»
«Non
c’è male!» Risi. «Sei
il super capo megagalattico di La Push e dici che non
c’è male!»
Billy
raggrinzì la faccia
in un lieve sorriso. «Non sono esattamente il capo
megagalattico, Renesmee,
solo uno dei Cinque Anziani.»
Lo
disse con noncuranza,
ma nella sua voce risuonava una nota di fierezza: era chiaramente
orgoglioso
del risultato ottenuto. Ero sollevata che avesse qualcosa a tenerlo
occupato,
temevo che la solitudine potesse indurlo a pensare troppo ai brutti
ricordi del
passato.
«Basta
chiacchiere»
intervenne Jacob, cingendomi la vita con un braccio.
«È maleducazione far
aspettare gli ospiti affamati.»
Sospinse
il padre fino al
piccolo tavolo e mi fece cenno di sedermi. Con un certo divertimento
pensai che
qualcuno (leggere Woody
Randall) si sarebbe scandalizzato
e non poco se lo avesse visto in quel momento; in tutta
probabilità uno come
Randall mi avrebbe galantemente spostato la sedia dal tavolo per poi
riavvicinarla quando mi ci fosse seduta. Sapevo di piacere a Randall
– impossibile
non notare come mi fissava – ma non sopportavo la sua aria
superba e altezzosa,
come se fosse stato il padrone dell’universo e ogni cosa gli
fosse dovuta. Il
mio Jake, con la sua naturale franchezza, era un uomo molto migliore di
lui. Forse
era questo che mi piaceva, di Jacob: riusciva a farmi sentire amata e
protetta
per quello che ero, con naturalezza.
Lo
guardai adorante mentre
annunciava «Buon appetito!» e portava in tavola
un’abbondante portata di
agnello alla Biriani. Era un bravo cuoco, e questo mi stupiva: di rado
i
ragazzi si davano alle arti culinarie.
Assaggiai
un boccone: il sapore
era speziato e piacevolmente pungente e scaldava con leggerezza lo
stomaco. Era
una sensazione molto gradevole, intensificata dal condimento di chutney piccante.
«Accidenti,
Jake» dissi «è
eccezionale!»
«Congratulazioni,
Jacob.»
Anche Billy si leccava i baffi soddisfatto. «Devo ammettere
che hai quasi
raggiunto il livello della maestra… però sono
spiacente, non hai ancora il
tocco magico di Sue Clearwater.»
«Imparerò»
sogghignò Jacob,
poi si voltò verso di me. «A proposito di
Sue… Nessie, Charlie te l’ha detto?»
Alzai
gli occhi su di lui,
sorpresa. «Cosa c’entra il nonno?»
Jacob
e Billy si
scambiarono un’occhiata complice.
«Sembra
proprio che
intendano sposarsi» ridacchiò Billy.
Rimasi
di sasso, e il
boccone quasi mi andò di traverso. «Cosa!? Ma
sono…»
«Sì,
non sono più
giovanissimi» ammise Billy. «Ma sono stanchi di
essere soli, e io sono convinto
che insieme saranno felici.»
Charlie
Swan e Sue
Clearwater.
Charlie
e Sue.
Marito
e moglie.
A
un tratto un pensiero mi
fulminò: o cavoli amari, e ora come lo dicevo a Dawn che il
suo migliore amico
era diventato il suo mezzo-cugino?
..:: Dawn
::..
«Cosa
faccio, Dawn? Cosa
posso fare?»
L’espressione
dipinta sul
viso di Seth Clearwater era di genuina disperazione, e io mi sentivo
più
inutile che mai: non avevo la più pallida idea di come
aiutarlo.
Io
e lui eravamo seduti
sotto la vecchia pensilina di Clover Meadow, uno dei quartieri ovest di
Forks:
non c’era mai nessuno, se non qualche sporadico vecchietto,
per cui era
diventato il nostro luogo segreto per confidarci l’un
l’altro.
Il
suo problema era mia
sorella Melanie: lui l’adorava (per uno strano processo che i
licantropi chiamavano
‘imprinting’) ma Melanie non aveva occhi che per la
musica. Bisognava dire che
era difficile dire chi fosse più attraente tra lei e Nessie:
Nessie aveva un
aspetto semplice e angelico che incantava la maggior parte degli
esponenti di
sesso maschile, ma altrettanto successo aveva la fredda e
irraggiungibile Melanie
con la sua aria dura e un po’ ribelle.
Il
punto era che Melanie
odiava le moine e la svenevolezza, e della poetica venerazione di Seth
non
sapeva che farsene.
«Non
saprei, Seth» dissi,
guardandolo intenerita. «Offrirle quel mazzo di rose
è stata un’idea carina, ma
lo sai com’è fatta…»
Bella
e spinosa, come una
rosa. Forse Seth ci aveva azzeccato, dopotutto.
«Ora lo so che detesta la
sdolcinatezza» sospirò lui. «Lei
è così
diversa dalle altre…»
«È
molto bella.»
«No,
non è solo per la
bellezza, ma per com’è dentro:
ti
attira e al contempo ti respinge. Ha un fascino micidiale e una carisma
stratosferica.»
Fascino
e carisma... due
cose che a me erano estranee.
Seth
dovette accorgersi
del mio scoramento, perché s’affrettò
ad aggiungere: «Ovviamente anche tu sei
molto carina, Dawn, non preoccuparti…»
Sì,
ero carina, ma in
confronto a Nessie e a Mel ero molto più banale. Quando loro
passavano per la
via, tutte le teste si giravano a fissarle con un misto di stupore e
ammirazione; quando passavo io, c’era chi mi gettava qualche
occhiata distratta,
ma le persone davvero interessate a me erano piuttosto poche. Non era
una
questione solo fisica: Nessie era gentile e cordiale e Melanie era
forte e
accattivante, e la gente era affascinata da loro.
E
io? Chi ero io?
Ero
Dawn Cullen, ero la
fondatrice del club di protezione ambientale Green Shield, ero la
cosiddetta
hippy della Forks High School. La mia popolarità a scuola
era abbastanza limitata,
e non avevo veri amici, a parte Seth, che però abitava a La
Push.
«Hai
già pensato a chi
invitare per il Ballo di fine anno?»
La
voce di Seth mi
sintonizzò di nuovo sul pianeta Terra. Sbattei le palpebre e
lo guardai, un po’
smarrita.
«Scusa?»
«Il
Ballo di fine anno»
ripeté Seth.
«Oh…
be’… ecco… in realtà
non so se ci andrò» farfugliai. «Non so
ballare molto bene…»
Altro
punto a mio sfavore:
avevo ereditato lo scarso equilibrio della mamma. Ero una sciagura a
giocare a
pallavolo, figuriamoci ad accompagnare una danza! Il pensiero di
inciampare qua
e là e diventare lo zimbello di tutti non mi stuzzicava per
niente.
«Non
te la cavi male,
invece» considerò ottimisticamente Seth.
«E poi mi sembrava che Williams avesse
un debole per te… Potresti invitare lui, no?»
«Scott
Williams?» … ehm…
no, Seth non aveva afferrato il problema… «Ci
penserò» mentii. «E tu?»
La
Forks High School e la
scuola di La Push avevano siglato una specie di patto di fratellanza, e
per le
grandi celebrazioni si riunivano a Forks.
«Be’…»
Seth abbassò lo sguardo
sulla strada, decisamente bisognosa di una bella lastricata, e tacque
per
qualche riflessivo istante. «Va bene che è
tradizione che siano le ragazze a
invitare i ragazzi, ma… Pensavo di chiedere a Melanie se le
andasse di venire
con me…»
Ah.
Melanie.
«L’imprinting
mi sta soffocando»
sussurrò Seth. «Ti giuro,
Dawn,
vorrei tanto poterla ignorare… ma è come se le
altre non esistessero, come se
mi aggirassi in un mondo di oscurità e lei fosse
l’unica luce.»
Seth,
dolce e poetico
Seth. Mel era troppo rude per te, ma non riuscivi a spezzare il suo
sortilegio.
Povero amico mio, stregato dal fascino maledetto della mia stessa
sorella.
«Magari
accetterà» lo
esortai, poco convinta. «Lei adora la musica,
dopotutto…»
Sorrise
mestamente. «Già,
potrei provare…»
Rimanemmo
in silenzio sotto
la pensilina, a guardare le nuvole grigie e gravide di pioggia che
s’accavallavano
in cielo come onde di cenere. Cupezza e grigiore: questa era Forks, una
minuscola
cittadina nordamericana infelicemente isolata dal resto del mondo. E
sotto
quella patetica pensilina c’eravamo noi, un licantropo dal
cuore spezzato e
un’ombrosa mezzavampira, entrambi alle prese con problemi
così stupidi e
ordinari, irrazionalmente amici in una secolare guerra interrazziale.
*******************************************************************
Che
ne pensate? Vi piace?
Era da un po’ che la
covavo, come idea…
Dal prossimo capitolo
sentiremo anche il punto di vista di Melanie :) e un grazie anticipato
ai
commentatori ^^
|
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Capitolo 2 *** II. Cannot Help Myself ***
II. Cannot
Help Myself
..:: Melanie
::..
Dicevano
che ero strana… una tipa fredda e ipocondriaca, che se ne
stava sempre in disparte, che non legava con nessuno. Forse era vero,
chissà, ma di certo nessuno di quei linguacciuti ficcanaso
aveva mai sperimentato le orribili sensazioni che sentivo io, che
sentivo da quando avevo memoria. Non ho mai capito davvero di cosa si
trattasse… era come se avessi dentro una fiammella, piccola
e quietamente scintillante, ma pronta a divampare in un brutale
incendio che avrebbe potuto facilmente incenerire la mia anima.
Quel
giorno ero chiusa in camera, seduta a gambe incrociate sul letto,
immobile. La musica energica e travolgente dei Nine Inch Nails riempiva
l’aria, talmente intensa da non permettermi di pensare a
qualcosa che non comprendesse riff di chitarra o assolo di batteria.
Non volevo pensare, volevo solo perdermi nel ritmo
incalzante della canzone Discipline e lasciarmi
trasportare lontano da quell’odioso mondo di finzioni e
bugie.
Am
I still tough enough? Feels like I’m wearing down, down,
down…
Sotto
il velo rassicurante della musica sentii un impercettibile
‘toc toc’.
«Posso
entrare?»
Socchiusi
gli occhi. Quella voce melodiosa e vellutata era inconfondibile.
«Certo,
entra pure, zia.»
Zia
Rosalie aprì la porta della mia stanza e venne a sedersi sul
letto accanto a me. Gli splendidi capelli dorati ricadevano in morbide
onde sulla sottile camicia di raso, e la gonna blu pervinca rivelava
gambe lunghe e perfette da top model. Sembrava un candido angioletto
piovuto direttamente dal cielo, e faceva una strana impressione vedere
tanta nivea bellezza nella mia camera scura e tenebrosa… una
dolce nota degli U2 in mezzo a un’esplosiva canzone dei Led
Zeppelin.
Am
I taking too much?...
«La
tua influenza musicale è calata anche su Emmett»
disse guardandomi con serietà. «Anche lui sta
iniziando ad ascoltare lo stesso genere… certo, non capisco
come due persone sensibili e intelligenti come voi ascoltino questa musica.»
Pronunciò
l’ultima parola come una bestemmia: il metal la schifava; lei
era un’artista vecchio stampo, di quelle che impazziscono per
le delicate note del pianoforte e che considerano le tastiere
elettriche un abominio. E insultare il metal era il miglior modo per
irritarmi.
«Sei
venuta solo per criticare quello che ascolto?» chiesi con una
certa asprezza.
Zia
Rosalie scosse la testa e strinse leggermente le labbra, come per
soffocare il disdegno che le premeva in gola.
«Volevo
fare una chiacchierata con te, da donna a donna.» Mi
guardò dritta negli occhi, e io ebbi l’impressione
che una saetta lampeggiasse dietro le sue iridi dorate e sfrigolasse
attraverso le mie, castano cupo. «Melanie, la Battaglia delle
Band non è l’unico avvenimento che ti
innervosisce. Il tuo professore di trigonometria ci ha inviato una
lettera, in cui scrive che “la signorina Cullen è
una studentessa attenta e brillante, ma che talvolta appare
curiosamente spenta e passiva”. E non è solo
questo… Mel, ti ho vista nascere, ti ho tenuta in braccio
quando non eri che una neonata gattonante, ti ho osservata mentre
crescevi e diventavi una giovane donna. Percepisco quando ti senti
calma, tesa, felice… o spaventata.»
I
need your help, I need your discipline…
Strinsi
le mani a pugno. «Sto bene, zia. Non ho bisogno che mi reciti
la parte della strizzacervelli…»
«Sono
molto migliore di qualunque psicologa» ribatté zia
Rosalie con fermezza.
Sospirai.
«Non ho niente da dire… ma se anche dovessi dirti
qualcosa non lo farei, non con quell’impiccione mentale di
mio padre che fruga i pensieri di tutti.»
«I
pensieri, non i ricordi»
sottolineò lei. «Ti prometto che non
penserò a quello che mi dirai quando lui sarà in
mia presenza… Starò molto attenta.»
«Davvero,
non ho niente da dire.»
Zia
Rosalie si guardò intorno, esaminando distrattamente i
poster e le gigantografie che affollavano le pareti –
Guns’n’Roses, The Ramones, Metallica, Led Zeppelin,
Black Sabbath, Nightwish – come se potesse estrapolare una
risposta da quei pallidi volti di carta; i muri erano così
gremiti che tra un poster e l’altro erano visibili solo pochi
centimetri di vernice lilla, ma nessuna di quelle bocche fotografate si
mosse per dar voce ai miei segreti.
Che
idiozia: ovvio che i poster non avrebbero parlato.
Poi
lo sguardo di zia Rosalie scivolò sui massicci mobili di
mogano, sulla mia elegante chitarra Gibson GS, sulle mensole contenenti
la mia collezione di CD, vinili e pezzi rari e infine cadde sulla fonte
del suo rancore: lo stereo ultimo modello regalatomi da zio Emmett.
«Quando
vorrai confidarti, sai dove trovarmi» concluse sepolcrale,
alzandosi e fluttuando via dalla mia stanza.
Sì,
contaci, zia.
Quando
fu uscita mi distesi sul letto e intrecciai le mani dietro la testa,
abbassando le palpebre. La fiammella dentro di me tremolò. Spaventata.
Ero spaventata da questa fiammella? Ero spaventata dal potere che mi
pompava nelle vene al ritmo del mio stesso battito cardiaco?
Once
I start I cannot help myself.
..:: Nessie ::..
La
musica si sentiva dal piano di sotto: chiaro segno che Melanie era in
casa. Era quella musica bizzarra e pesante che le piaceva
tanto… In tutta sincerità, io non avevo idea di
quali differenze ci fossero tra heavy metal, death metal, gothic metal
e speed power metal, ma lei ne capiva e apprezzava tutte le sfumature.
Prima
di entrare in casa inspirai a fondo e mi concentrai il più
possibile su Jennifer Ridley, una mia compagna di classe; mi stampai
fermamente in testa il suo sfarzoso salotto e la sua stanza tappezzata
di immagini di Jude Law e Leonardo di Caprio. Mi ero allenata a lungo a
riempirmi la mente di concetti simili; papà poteva leggermi
il pensiero, ma a quanto pareva disponevo di una specie di lieve
protezione mentale che gli impediva di capire se quello che pensavo era
verità o menzogna. Il dono di mamma era una vera
benedizione.
Quando
mi sentii pronta, uscii dalle fitte ombre boschive e spalancai la porta
con studiata spensieratezza.
«Ehilà!
Sono a casa!»
«Ciao
Nessie!»
Un
lampo bianco e nero mi schizzò davanti, mi rivolse un
sorriso a trentadue denti e sfrecciò in cucina. Impossibile
non riconoscerla: il viso da folletto di zia Alice era inconfondibile,
come anche i suoi scarmigliati capelli corvini e il suo corpicino
piccolo e minuto.
«Sto
imparando a cucinare la bouillabaisse!»
annunciò. «È una zuppa di pesce
francese… dall’immagine del ricettario sembra
deliziosa!»
«Fantastico,
zia» dissi sforzandomi di suonare entusiasta. «Non
vedo l’ora di assaggiarla.»
Per
un attimo immaginai me stessa che tuffavo la testa in una ciotola piena
di disgustosa poltiglia marroncina… Chissà, forse
di lì a poco la scena sarebbe stata quella.
«A
proposito» continuò, da dietro la porta socchiusa
della cucina «Ed e Bella sono andati a caccia al confine
nord… Secondo Ed torneranno entro mezzanotte,
ma…» si sporse dalla cucina e mi fece
l’occhiolino «sono sicura che vorrà fare
lo spaccone e cercare qualche leone di montagna. Saranno qui a notte
inoltrata.»
Zia
Alice aveva un dono favoloso: poteva prevedere il futuro, o meglio,
poteva leggere tutte le varie implicazioni che il futuro avrebbe potuto
riservare. Questo sistema funzionava alla grande sui vampiri, ma non
sugli ‘ibridi’ come me, Dawn e Mel. E non
funzionava nemmeno sui licantropi!! Quel potere era davvero fantastico:
non aveva proprio difetti.
La
notizia che i miei genitori sarebbero tornati a notte inoltrata mi
riempì di gioia; almeno per qualche ora avrei potuto
crogiolarmi tra i miei pensieri, senza freni, senza barriere, senza
timore che un certo padre ficcanaso venisse a sbirciare nella mia
testa.
Salii
sulle scale a passo danzante.
Jacob,
Jacob, Jacob, ripetevo allegramente tra me e me, volando sui
gradini. Mi sentivo una perfetta idiota, ma un’idiota felice,
e questo acuiva il mio buonumore. Jacob, stasera la mia mente
appartiene solo a me.
Immersa
in questi splendidi pensieri, per poco non andai a sbattere contro
Melanie, che m’aspettava in cima alle scale. Ripresi
l’equilibrio giusto un attimo prima di ammazzarmi
giù per le scale rotolando come una botte.
«Stai
bene?» chiese Melanie inarcando un sopracciglio.
«C-certo»
farfugliai. «Tutto a posto!»
Accidenti,
Melanie sembrava appena uscita da un film dell’orrore: aveva
la faccia mortalmente pallida, sulla quale spiccavano occhi sinistri e
penetranti, ingigantiti dal trucco, e i suoi bizzarri capelli tinti di
nero e screziati di meches violette svolazzavano da tutte le parti,
sfidando le regole della gravità. Indossava una sobria
maglietta nera e vecchi jeans scoloriti, ma per quel che la riguardava
avrebbe anche potuto vestirsi come una ballerina di samba a Carnevale:
le parole ‘allegria’ ed
‘esuberanza’ parevano non esistere nel suo
vocabolario. Non che non le volessi bene – anzi! –,
semplicemente non mi sarebbe dispiaciuto vederla un po’
più cordiale.
Lei
mi scrutò con attenzione, e quei suoi strani occhi scuri mi
perforarono come se volessero decifrarmi l’anima.
«Sei
tornata da Jackson» sussurrò.
‘Jackson’
era il nome in codice di Jacob: non era prudente parlare a voce alta in
una casa dove persino i muri avevano le orecchie.
Io
annuii, fissandola a mia volta e chiedendomi come diamine avesse fatto
a intuirlo.
Senza
aggiungere altro, Melanie tese un braccio all’indietro e
aprì la porta di camera sua.
«Avanti,
vieni… Sembra che tu ti sia appena scolata
un’intera bottiglia di vodka, da quanto sei
rossa…»
ﬗﬖﬕﬔﬓﬗﬖﬕﬔﬓﬗﬖﬕﬔﬓﬗﬖﬕﬔﬓﬗﬖﬕﬔﬓ
dai l’ho scritto
anche a tempo record ^^ allora, quale sarà mai il potere
tanto temuto di Mel? (un piccolo indizio
c’è…)
Ringrazio
tutti i lettori, e soprattutto un grazie super speciale a:
..::
DenebDenise: se ti consola questo è il mio primo colpo di
fantasia da circa sei mesi, e poi i classici sono sempre ok :)
..::
Eryp92: XD solo che avevo in mente la scena del pranzo da Jake da
troppo tempo e non potevo ignorarla… e poi era abbastanza
facile da riprodurre: personalmente adoro la cucina indiana ^^
..:: Ci e Ci
Vampire Co: sisi l’ho letta ^^ ahah i piccoli Cullen sono
favolosi!
|
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Capitolo 3 *** III. One More Day ***
III. One More
Day
.:: Melanie ::..
Nella mia camera io e Nessie
parlammo di tutto, ma proprio di tutto,
fuorché di ‘Jackson’, alias Jacob Black.
Dovevamo stare molto attente, quando venivano tirati in ballo i
Quileute: per i Cullen erano argomento tabù, e noi osavamo
discuterne apertamente solo quando eravamo lontane dai muri di casa.
Buffo, no? Di solito gli
ambienti domestici offrono rifugio e protezione; a noi, invece, villa
Cullen non offriva altro che caos.
Il punto era che nessun Cullen
era umano; nemmeno io, Nes e Dawn. Eravamo frutto di un bizzarro
scherzo della natura, mezzosangue più forti di qualsiasi
umano e più deboli di qualsiasi vampiro. Mostri,
per farla breve; mostri che, come tutti gli altri Cullen, dovevano
portare la maschera di brave persone per celare la propria crudele
identità. Lupi selvaggi camuffati da timide pecorelle.
Nessie, inginocchiata davanti
alle mensole dei miei CD, scartabellava i miei album con aria attonita.
«“Reign
in Blood”? “Love
Metal”? “Masters of Reality”? “Kill the
Sun”?» Si girò a guardarmi con aria
perplessa. «Mel, non ho niente contro il tuo metal,
però potrebbero anche sceglierli meglio, questi
nomi!»
«Be’, ti
aspettavi che i Black Sabbath chiamassero un album “My little
ponies”?»
«Sarebbe stata
un’idea originale» ridacchiò Nessie,
riprendendo a frugare tra i CD. «Perché no?
Anziché parlare sempre di morte, dolore e
violenza…»
«…»
«… dare
un tocco di vitalità in più sarebbe stata
un’idea a dir poco vulcanica.»
«…»
«Potresti provare tu
con la tua band, no? Gli Hell Shakers, i rivoluzionari del
metal!»
«Gothic e power
metal» precisai. «L’idea è
interessante, ma mi rifiuto di metterla in atto.»
Nessie rimise a posto i CD e
si sedette sul mio letto in posa stranamente rigida, come un severo
ufficiale militare di fronte a una recluta riottosa.
«Okay, abbiamo
scherzato fin troppo» disse in tono inflessibile.
«Adesso parliamo di cose serie.»
La guardai con aria perplessa,
e la sua espressione severa si sciolse in un sorriso malizioso.
«Allora, tu con chi
vai al Ballo?»
Sbuffai, infastidita.
«Renesmee, il Ballo
è roba da ragazzine» dissi seccamente.
«Solo una come te potrebbe essere eccitata per una cosa
così stupida. Be’, fai come preferisci, ma io non
ho intenzione di vestirmi come un pagliaccio per un’idiozia
simile.»
«Dai, Mel, non fare
la guastafeste» insistette Nessie. «Non puoi
passare tutta la serata chiusa in casa! E poi verranno anche Daniel,
Steven e Jay, gliel’ho già chiesto!»
Maledetti traditori!
«Potresti andarci
con uno di loro» disse allegramente Nessie, soddisfatta di
aver segnato un punto a suo favore. «Tanto tra compagni di
band ci s’intende, no?»
Daniel, Steven e Jay erano
rispettivamente il cantante, il bassista e il batterista del nostro
gruppo. Non eravamo davvero amici, ma erano senz’altro le
persone con cui avevo legato di più, alla Forks High School.
Avevo pensato di trascorrere la serata con loro suonando
all’Air Guitar Cafè, ma quella piccola strega di
Nessie mi aveva anticipato.
«Te l’ho
detto, io-a-quel-ridicolo-Ballo-non-ci-vado» scandii.
«Piuttosto mi incateno al letto e ingoio la chiave.»
«Non farla tanto
drammatica, nessuno ti obbliga a venire» replicò
Nessie. «Però sarebbe carino, non trovi? Sono
certa che ci divertiremmo!»
La ascoltai distrattamente
mentre dipingeva a parole lo ‘splendido’ quadro
della ‘meravigliosa’ serata che avremmo trascorso
insieme io, lei e Dawn. Ci saremmo pavoneggiate nei nostri abiti
freschi di shopping, avremmo fatto diventare verdi di invidia le nostre
compagne e frantumato il cuore di tutti i ragazzi della scuola.
Dio, quanta melensaggine.
Avrei voluto rinchiudere Nessie in una cassa e piazzarla su un volo di
sola andata per il Burkina Faso.
«Piantala,
Renesmee» sbottai dopo un po’. «Non me ne
frega niente di far ingelosire la Fawcett o affascinare Todd o Grant o
chicchessia. Io non vengo.»
«Ma…»
«È la mia
ultima parola.»
Nessie chinò il
capo, lasciandosi piovere sul viso i lucenti riccioli ramati. Immaginai
che fosse delusa, e per un attimo fui tentata di abbracciarla
gentilmente o perlomeno di avviare un discorso meno spinoso. Ma non
feci né l’una né l’altra
cosa: conoscevo Nessie, e sapevo che mi avrebbe frainteso, magari
pensando che avevo rimandato l’argomento ma che la battaglia
era ancora aperta. Nessie, sciocca, testarda Nessie.
E se fosse successo qualcosa,
al Ballo? Se avessi perso il controllo proprio nell’istante
in cui la Fiamma si fosse liberata? Quanti giovani innocenti sarebbero
potuti rimanere uccisi in un’esplosione anomala?
Chiusi gli occhi, angosciata. Nessie
non capiva un accidente, e nemmeno Dawn. Erano convinte che la Fiamma
in sé fosse come una graziosa lampadina soprannaturale, un
qualcosa di piccolo e modesto che potevo controllare a mio piacimento.
Be’, le cose non andavano proprio così.
L’unico a comprendere la piena portata del mio potere era mio
padre, ma a non osavo confidargli apertamente il mio intimo terrore: i
miei pensieri erano come grandi, lente farfalle, che il suo
retino di percezione catturava con fin troppa facilità, ma
lui non sapeva avvertire altrettanto abilmente il mio stato.
No, neppure lui poteva capirmi.
Attesi pazientemente che
Nessie uscisse dalla mia stanza, poi scelsi il CD “Dark
Passion Play” e lo sparai a tutto volume. La musica, nella
sua dolce complessità, era uno dei pochi rimedi al mio
tormento.
..:: Dawn
::..
Quando arrivai a casa, ero
ancora preoccupata per Seth. Melanie detestava le danze e le feste, e
non vedevo perché mai avrebbe dovuto fare
un’eccezione per il patetico Ballo della Forks High School.
Oh, perché Seth si era dovuto prendere una sbandata proprio
per lei? A lei non importava niente di una serata al cinema o di una
romantica cenetta a lume di candela, le interessava solo la sua
benedetta musica. Probabilmente, se anche fosse venuta al Ballo,
avrebbe scelto come accompagnatore uno dei suoi compagni di gruppo,
Daniel Simmons, Steven Raeburn o Jim Johnson, e alla fine avrebbero
passato la serata a discutere delle band più in voga negli
anni ’80. Difficilmente avrebbe accettato l’offerta
di qualcun altro, e meno che mai di Seth Clearwater.
Nell’atrio
c’era uno strano odore, un misto di pesce secco e gomma
bruciata che mi fece venire i brividi. Papà era
tradizionalista, ma zia Alice amava tuffarsi in ricche portate
straniere… come quando aveva preparato il sushi, o ci aveva
deliziato con un baklava ripieno di mandorle tritate. Ovviamente era
una cuoca fenomenale, ma il problema non era come cucinava,
ma cosa cucinava. Comunque,
quelle messe peggio erano Melanie e Nessie. Io preferivo mangiare
vegetariano (vegetariano ‘vero’, non nel senso
attribuitogli dai vampiri), quindi Alice mi lasciava sempre qualcosa da
parte, un pugno di riso ben cotto o un po’ di verdura
sapientemente ripulita e affettata. Non dovevo mai sorbirmi il suo
pesce crudo o le bistecche al sangue.
Strano, eh? Per essere una
mezza-vampira, detestavo la carne e soprattutto il sapore del sangue.
Nessie li adorava, a Melanie non dispiacevano, io li odiavo.
Comunque, arrivata in salotto
gridai un saluto a zia Alice, che mi rispose materializzandosi di
fronte a me, dandomi un bacio in fronte e dicendo che doveva finire di
bollire il pesce (… ehm ehm…), poi scomparve di
nuovo. Io salii al primo piano e attraversai l’ala riservata
a noi ‘giovani’ – dalla stanza di Melanie
proveniva una musica infernale, da quella di Nessie delle melodie
più gentili – e spalancai la porta di mogano della
mia camera.
La confusione e le
preoccupazioni che mi attanagliavano la mente si smorzarono di colpo,
attenuate da una familiare sensazione di pace interiore. Era luminosa e
semplice, la mia camera: arredata nell’essenziale stile zen,
non conteneva che un pratico futon, una sottile lampada di trasparente
carta washi e un armadio basso e modesto, sul quale era appoggiato un
grazioso bonsai moyogi, dono di Seth. Le pareti
erano color mela acerba, una morbida tonalità verde pallido
che simboleggiava il risveglio e la rinascita; ad esse non era appeso
niente, cosa che suscitava lo scandalo di Nessie.
Chiusi la porta e mi distesi
sul futon, inspirando a pieni polmoni l’aria intrisa del mio
profumo preferito, la delicata fragranza del narciso selvatico. Vista
dal mio basso giaciglio, ogni cosa sembrava aureolata di un soffice
velo di luce. Era vero che il Feng Shui attirava energia positiva, me
la sentivo scorrere attraverso le vene come la più limpida
delle acque. Chissà se Melanie avrebbe mai potuto provare
una sensazione simile…
Per un attimo immaginai la mia
sorellona con la faccia acqua e sapone e vestita con una sobria tuta da
ginnastica, intenta a meditare a gambe incrociate o a fare tai chi in
giardino; la visione era talmente assurda che mi strappò un
risolino. Melanie mi avrebbe uccisa, se mi avesse potuto leggere il
pensiero come papà.
Avrete intuito che a Forks si
pensava che io, Nessie e Mel fossimo strambe. I Cullen avevano sparso
la voce che eravamo le giovanissime cugine di Carlisle, giunte a Forks
da Portland in seguito a un tragico incidente d’auto che
aveva coinvolto i nostri genitori, ma non tutti avevano abboccato,
primi fra tutti gli abitanti di La Push (a cui non era stato possibile
nascondere la verità dietro la nostra esistenza). Per quanto
riguarda la gente di Forks… be’, forse ci credeva,
forse no, però nessuno osava investigare e questo era
sufficiente: desideravamo la discrezione, nulla di più.
L’unica persona che pareva seriamente intenzionata a
infrangere la nostra privacy era una giovane donna, una vecchia
compagna di scuola di nostra madre: Lauren Mallory. Avevano trascorso
insieme gli ultimi anni di scuola superiore, e per tutto quel lasso di
tempo Mallory aveva nutrito un’acerba gelosia nei suoi
confronti. Quella stessa gelosia era stata trasmessa anche a noi, come
un morbo di cui solo lei soffriva. Che donna sciocca… solo
una stupida potrebbe affliggersi tanto per un rancore così
idiota.
Ma torniamo a noi: allora, io
ero sdraiata sul mio futon a pensare a Melanie. Cominciai a credere che
avrei dovuto consultarmi con Nessie prima di osarle proporre Seth come
candidato, e l’unico modo per parlare con Nessie senza essere
udita da orecchie soprannaturali era agganciarla a Forks in pieno
giorno.
Domani… domani
avrei trovato un modo per risolvere la questione, o almeno
così speravo. Mi stiracchiai le membra indolenzite e
socchiusi gli occhi, pensierosa. Un giorno, un giorno soltanto, promisi
mentalmente a Seth.
ﬗﬖﬕﬔﬓﬗﬖﬕﬔﬓﬗﬖﬕﬔﬓﬗﬖﬕﬔﬓﬗﬖﬕﬔﬓ
Scusate, so di averci messo
secoli a postare e di avere fatto pure un capitolo corto, ma la scuola
mi uccide @,@ spero che il prossimo cap possa essere più
veloce…
Ed ecco
qualche dettaglio in più sulla psicologia dei personaggi :)
forse ho dato a Mel un taglio troppo melodrammatico e a Dawn troppo
zen, ma le due mezzevampire nella mia idea dovevano essere agli
antipodi ^^” ah e ho anche dovuto ricorreggere un paio di
dettagli perché ho notato di aver fatto un errore piuttosto
ingenuo in campo temporale… comunque ora è tutto
a posto :)
Grazie
sia dei commenti sia della lettura ^^
..::
Eryp92: un super grazie per il commento ^^ dipende dal tipo di
metal… il black non lo sopporto, quello sì che
sembra davvero solo rumore (a mio parere, ovviamente), ma il gothic e
il symphonic non sono male (e qui devo ringraziare la mia sorellona
metallara per i preziosi consigli tecnici). Tra Melanie e Seth in tutta
sincerità non ho idea di cosa salterà
fuori… si vedrà :) ahah e per quanto riguarda
Nessie chissà… di questo passo, fra qualche
capitolo si iscriverà a un corso di sumo XD
E per non infrangere nessuna regola… I dischi nominati da
Nessie appartengono (in ordine di citazione) a Slayer, HIM, Black
Sabbath, Xandria e Nightwish.
Aloha
^^
|
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Capitolo 4 *** IV. Projects ***
IV. Projects
..::
Nessie
::..
Quella
mattina Melanie parcheggiò la sua Audi Coupé con
precisione impeccabile, perfettamente
al centro dello spazio vuoto tra una vecchia Volvo bluastra e un
furgoncino
dall’aria stantia. Aspettò che io e Dawn
scendessimo prima di scendere a sua
volta e chiudere l’auto.
«Ci
vediamo» disse in tono vago, e in tre secondi
sparì.
Io
mi guardai attorno, in cerca della Renault Thalia rosso opaco della mia
amica Ashlin,
ma venni subito agguantata per il gomito da Dawn e trascinata dietro il
furgoncino.
«Cosa
c’è?» chiesi con una certa sorpresa.
«Abbassa
la voce» sussurrò lei implorante. «Mel
ha un udito formidabile, lo sai.»
Sbirciai
cautamente oltre il furgoncino, e dopo qualche istante individuai
Melanie: era
vicino all’ingresso della Forks High School e ascoltava con
aria impassibile le
chiacchiere azzardate da Jay, alias Jim Johnson, il timido batterista
degli
Hell Shakers.
«È
abbastanza lontana» dissi a Dawn. «Qual
è il problema?»
Dawn
mi guardò con espressione affranta. Era sicuramente la
più simile a nostra
madre, coi lisci capelli castani a incorniciare un viso molto dolce ma
con
qualche lieve imperfezione tutta umana; la cosa che più mi
piaceva erano gli
occhi grandi e profondi, di un’intensa sfumatura nocciola
screziata qua e là di
pagliuzze smeraldine: un mix totale tra l’iride castana di
nostra madre e
quella verde chiaro di nostro padre quando erano entrambi ancora umani.
«Nessie,
hai presente Seth Clearwater, vero?» chiese in un bisbiglio.
Trasalii
impercettibilmente. Aveva scoperto del matrimonio tra nonno Charlie e
Sue
Clearwater? Mi stava per dire che presto avremmo avuto un lupo mannaro
in
famiglia?
Lei
scambiò il mio sussulto per un cenno d’assenso e
continuò: «Be’, sembra proprio
che Seth abbia avuto un bell’imprinting con
Melanie.»
La
notizia mi lasciò senza fiato. «Ha avuto
l’imprinting
?» annaspai. «Con Melanie
?»
Dawn
annuì. «Papà lo sa già, ma
non credo che lo sappia nessun altro. Certo, Melanie
si è accorta che c’è qualcosa che non
va… Seth la fissa sempre con aria
adorante, e lei è a conoscenza di come funziona
l’imprinting.»
«Seth.
Con. Melanie.» Chiusi gli occhi, stranita. «Non ci
credo…»
«Allora
farai bene a crederci, perché è la
verità. Ora, il punto è… cosa diamine
possiamo fare? Seth è il mio migliore amico e vorrei
aiutarlo, ma conosco
Melanie, lei non cederà mai.»
Nella
sua voce vibrava una nota dolente, e fu questa a toccarmi
più delle parole. Dawn
era molto sensibile e altruista in generale –
un’autentica filantropa, come
diceva Carlisle – ma a Seth era particolarmente legata, e
spesso i problemi di
lui diventavano le ossessioni di lei.
Oh,
accidenti… ma perché Seth non poteva avere
l’imprinting con qualche indiana di
La Push? Perché proprio con Melanie?
Perché
non con Dawn?
Quel
pensiero mi fulminò.
Seth
e Dawn. Dawn e Seth. Non come amici, ma come fidanzati, compagni,
amanti.
Consorti.
«Nessie,
stai bene?» chiese Dawn, preoccupata. «Sei
così pallida…»
«Sì,
no, tranquilla, tutto okay» farfugliai, ancora scossa.
Be’,
la coppia Seth&Dawn era scioccante, anche se facilmente
prevedibile… ma
l’imprinting con Melanie aveva definitivamente chiuso la
porta in faccia a
quella possibilità. Jacob mi aveva detto cosa si provava
sotto l’influsso
dell’imprinting… come se l’oggetto di
quell’attrazione fosse la fonte di tutta
la luce e il colore del mondo. Tutto il resto appariva vitreo,
sbiadito…
Ci
sarebbe stata una coppia Seth&Melanie o una
Seth&NessunAltroMaiPiù:
queste erano le uniche due vie possibili per Seth, questo era
ciò che
pretendeva la pesante catena dell’imprinting. Mi
sentii dispiaciuta per il giovane licantropo, e decisi: ci avrei
provato, avrei
aiutato Seth, mi sarei unita a Dawn nel Piano di Conquista di Melanie
Cullen.
«Dobbiamo
cercare Ashlin» dissi
con decisione. «Seth non ha chance, in questo momento, ma
sarebbe un bel passo
avanti se riuscissimo a sistemare Daniel, Steven e Jay.»
«E
come? Dandogli una botta in testa
con una mazza da baseball, rinchiudendoli in un sacco e
rapendoli?»
Ridacchiai.
«No, semplicemente
trovando loro una dama… e a quel punto il gioco è
fatto!»
Fui
troppo ottimista.
Decisamente.
..:: Dawn
::..
Era
la cosa più stupida del mondo: io e Nessie, due
mezze-vampire, membri della
razza più rara e bizzarra di questo mondo, ci comportavamo
come due ridicole
scolarette ai loro patetici drammi da innamoramento. Okay che eravamo
più
giovani rispetto agli altri umani (eravamo cresciute sia fisicamente
che
psicologicamente a velocità molto elevata) ma quello era
davvero troppo.
Davvero. Sì. Forse. Ma allora perché diamine lo
stavamo facendo?!
«Ecco
Ashlin» disse Nessie, agitando un braccio per attirare
l’attenzione di una
ragazza appena scesa dall’auto. «Sono sicura che
troverà il modo di aiutarci, quella
è un genio!»
Ashlin
rivolse un cenno di saluto a Nessie e iniziò ad avvicinarsi con la sua cauta andatura
da giraffa. Mi sono
sempre chiesta come facesse a camminare senza sbriciolarsi: Ashlin
Morris
sembrava uno scheletro con appena un velo di pelle appiccicato alle
ossa, e
questo non la rendeva certo una gran bellezza. Certe volte pensavo che
sarebbe
bastato un filo di vento a farla volare via…
Quando
fu vicina a noi guardò prima l’una poi
l’altra e sorrise. Pur nella sua
magrezza spettrale, il viso aveva un che di grazioso, con tratti
morbidi e
delicati come quelli di una bambola.
«Renesmee,
Dawn» ci salutò pacatamente. «Come
va?»
«Ehilà
Ash!» esclamò Nessie con entusiasmo.
«Noi stiamo benone, ma abbiamo bisogno di
un favore…»
Deglutii
nervosamente, temendo che Nessie avrebbe fatto troppi nomi, ma
fortunatamente
la mia accorta sorellina si limitò a tratteggiare i fatti
essenziali del
problema senza tirare in ballo né Seth né altri
Quileute.
«Melanie?»
fece alla fine Ashlin, inforcando gli occhiali e scrutando Mel ancora
all’entrata della scuola. «In effetti non mi sembra
la tipa più adatta a una
festicciola scolastica… Il vostro amico non può
incontrarla in altre
occasioni?»
Scossi
la testa. «Non si vedono
quasi mai, dubito che ricapiterebbe un’opportunità
simile.»
«Capisco…»
Ashlin si avvolse
attorno all’indice una ciocca bionda all’altezza
del collo – il suo tic, quando
era preoccupata o pensierosa. «Be’, vedremo cosa si
può fare. Adesso ho doppia
ora di chimica e dopo trigonometria… ne riparleremo
più tardi, e nel frattempo
cercherò di elaborare un buon piano. Renesmee, tu come hai
risposto alla
domanda numero sette dell’esercizio 3B?»
«Ehm…
le radiazioni ionizzanti
sono state emesse da una fissione nucleare» rispose subito
Nessie, aiutata
dalla sua super memoria da vampiro. «Ma comunque, per quanto
riguarda Melanie…»
«Ne
riparleremo» ripeté con
fermezza Ashlin.
Le
ore seguenti mi parvero le
più lunghe della Storia. Già fisica e filosofia
non sono materie semplicissime,
ma l’abbondante condimento di ansia e nervosismo
riuscì a farle sembrare ancora
più complesse. Mi sembrò passata
un’eternità quando, finalmente, lo stridulo
suono della campanella echeggiò nell’aula.
Mentre
uscivo dalla classe, non
potei fare a meno di notare (con una certa soddisfazione) che il mio
ultimo
progetto aveva riscosso un discreto successo: ora in tutte le aule
c’erano
quattro cestini diversi per la carta, la plastica, i rifiuti umidi e
gli
oggetti non riciclabili. Erano i tipi di spazzatura più
utilizzati, sia a
scuola sia nella vita quotidiana, e perché non separarli in
una facile raccolta
differenziata? Anche una scuola piccola come la Forks High School
poteva contribuire all'inquinamento mondiale.
«Ehi
Dawn!»
Alzai
gli occhi: davanti a me
c’era Blaze, un mio compagno dell’associazione
naturalistica Green Shield
promossa dalla scuola. Era uno dei ragazzi che mi aveva colpito di
più, Blaze:
mescolava attente e ponderate riflessioni da adulto allo spumeggiante
entusiasmo di un bambino, e nel complesso era una persona gentile e
comprensiva, al contrario dei branchi di bulli spacconi della Forks
High
School.
«Dobbiamo
ancora organizzare la
colletta per la protezione degli elefanti africani» disse
affiancandomi mentre camminavo. «Possiamo
convocare un incontro per questo pomeriggio?»
Esitai
per un attimo al
pensiero del piano di Ashlin, ma considerai che difficilmente sarebbe
iniziato
proprio oggi.
«Certo,
Blaze» risposi. «Avvisiamo
gli altri, e per il resto è okay. Dove ci
incontriamo?»
«A
casa mia?» azzardò lui. «I
miei genitori sono al lavoro.»
Blaze
abitava a Ivy Lane, non troppo
distante da villa Cullen. I suoi genitori gestivano un negozio di
abbigliamento
ed erano spesso indaffarati, dato che non avevano assistenti.
«A
me va bene. Alle... quattro e mezza, diciamo?»
Blaze
sorrise, un sorriso
straordinariamente candido e cordiale. «Ottimo. E non
preoccuparti, li informerò io gli
altri… Ma, be’, potresti dirlo tu a Rose? Avete
tutte e due trigonometria come
prima lezione pomeridiana, no?»
Soffocai
a stento un ghigno. Anche
Rain e Ember avevano trigonometria quel pomeriggio, ma stranamente
con loro Blaze non si faceva problemi.
«Tranquillo,
glielo dirò io.»
Il
viso chiaro e fine di Blaze
rosseggiava pericolosamente all’altezza delle guance.
«Grandioso,
grazie. Sì,
comunque, allora ci vediamo!» mi salutò in tono
impacciato.
Guarda
il lato positivo della
vita, Blaze, pensai guardandolo allontanarsi lungo il corridoio. Sei un
essere
umano con una normale cotta umana. Non sei legato da contorti vincoli
soprannaturali e, soprattutto, credi che vampiri e lupi mannari
esistano solo
nella tua immaginazione. Accidenti, ma come fa Seth a tirare avanti?!
ﬗﬖﬕﬔﬓﬗﬖﬕﬔﬓﬗﬖﬕﬔﬓﬗﬖﬕﬔﬓﬗﬖﬕﬔﬓ
e
rieccomi in pista dopo uno
spaventoso calo di ispirazione ^^” come capitolo non mi
convince granché, ma ha
i suoi fini… E al prossimo sapremo (forse!) qual
è il geniale piano di Ashlin e
cosa fa Mel nella sua vita :)
Blaze è un
omaggio al
capolavoro del Re, alias zio Stevie, alias Stephen King ^^
Un
grazie galattico ai
commentatori :)
..::
Fairyire: esatto ^^ ottima
intuizione. Chissà che il distruttivo potere di Melanie non
si riveli decisivo
in qualche scontro con altri vampiri…?
..:: Eryp92: XD prevedo un
gran
casino tra Dawn, Seth e Melanie… comunque il potere di Mel
è la pirocinesi,
ovvero la capacità di appiccare il fuoco col pensiero :) il
fatto che Melanie
la sappia controllare solo in minima parte è un dettaglio
moooolto simpatico...
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