Three Degrees of Love

di TooSixy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I. Soft Chains ***
Capitolo 2: *** II. Cannot Help Myself ***
Capitolo 3: *** III. One More Day ***
Capitolo 4: *** IV. Projects ***



Capitolo 1
*** I. Soft Chains ***


Three Degrees of Love


..:: Nessie ::..

«Nessie!» Jacob mi avvolse in un abbraccio da orso che avrebbe spezzato la schiena a Rocky Balboa, poi mi scostò da sé e sorrise. Aveva un sorriso bellissimo, un sorriso che gli illuminava tutto il viso e faceva risplendere i suoi meravigliosi occhi neri come l’onice. «Sei arrivata presto, oggi. Avanti, vieni!»

Mi aveva intercettato subito al limitare del bosco, per cui dovemmo camminare per un po’ prima di raggiungere La Push. La cosa non mi dispiacque per niente: l’aria era intrisa dei profumi intensi e vellutati della primavera e le lame di luce che spiovevano dai rami dardeggiavano tra le ombre come splendenti serpenti dorati. Le guardai per qualche istante, ammirata (la mia vista straordinariamente fine mi permetteva di scorgere ogni granello di polline fluttuante tra di esse) ma poi il mio sguardo venne attirato nuovamente e irresistibilmente dalla magnetica presenza di Jacob. Pareva un qualche dio inca della natura, oppure una di quelle splendide creature irlandesi che adescavano le fanciulle con il loro fascino soprannaturale.  

«Allora, come stanno Melanie e Dawn?» chiese distrattamente il giovane attraversando una piccola radura.

Le solite chiacchiere vuote e banali di sempre, ma a me bastava ascoltare il suono della sua voce bassa e un po’ rauca per sentirmi meglio.

«Mel è tesissima per la sua Battaglia delle Band» risposi. «Non vuole farsi vedere nervosa, ma si capisce che è lì lì per dare in escandescenze. Dawn invece sta bene, e ora si sta tuffando in una nuova iniziativa ambientale…»

«Ovvero?»

«Ha convinto il preside a piazzare per tutta la scuola cestini diversi per la raccolta differenziata.»

Jacob ridacchiò. «Raccolta differenziata, eh? Peccato, però, l’operazione “Adottate una Balena” era molto meno banale.»

Ma nel suo punzecchiare c’era un che di affettuoso, e io sospettavo che Jacob nutrisse una specie di furtivo rispetto per Dawn: chi, meglio di un licantropo indiano di La Push, poteva comprendere il suo desiderio di proteggere l’ambiente?

Ormai, tra i tronchi degli alberi, si scorgevano i tetti delle capanne di La Push; uscimmo dal bosco e ci dirigemmo verso la casa di Jacob, un po’ scostata rispetto alla via principale. Era semplice, come le altre casupole, ma trovavo pittoresca la sua aria un po’ selvatica.

«Ehi, Renesmee!» ruggì gioviale Billy, il padre di Jacob, vedendomi entrare accanto al figlio. «Cara bambina! Come stai?»

Era in sedia a rotelle a causa di un tragico incidente avvenuto molti anni prima, nel quale lui aveva subito danni permanenti alla spina dorsale mentre sua moglie era rimasta uccisa. La sua vista mi impietosiva, ma cercavo di cancellare la compassione dal mio sguardo: sapevo che l’avrebbe offeso più di qualunque insulto.

«Bene!» dissi in tono allegro. «E tu, Billy, tutto okay?»

«Non c’è male, non c’è male…»

«Non c’è male!» Risi. «Sei il super capo megagalattico di La Push e dici che non c’è male!»

Billy raggrinzì la faccia in un lieve sorriso. «Non sono esattamente il capo megagalattico, Renesmee, solo uno dei Cinque Anziani.»

Lo disse con noncuranza, ma nella sua voce risuonava una nota di fierezza: era chiaramente orgoglioso del risultato ottenuto. Ero sollevata che avesse qualcosa a tenerlo occupato, temevo che la solitudine potesse indurlo a pensare troppo ai brutti ricordi del passato.

«Basta chiacchiere» intervenne Jacob, cingendomi la vita con un braccio. «È maleducazione far aspettare gli ospiti affamati.»

Sospinse il padre fino al piccolo tavolo e mi fece cenno di sedermi. Con un certo divertimento pensai che qualcuno (leggere Woody Randall) si sarebbe scandalizzato e non poco se lo avesse visto in quel momento; in tutta probabilità uno come Randall mi avrebbe galantemente spostato la sedia dal tavolo per poi riavvicinarla quando mi ci fosse seduta. Sapevo di piacere a Randall – impossibile non notare come mi fissava – ma non sopportavo la sua aria superba e altezzosa, come se fosse stato il padrone dell’universo e ogni cosa gli fosse dovuta. Il mio Jake, con la sua naturale franchezza, era un uomo molto migliore di lui. Forse era questo che mi piaceva, di Jacob: riusciva a farmi sentire amata e protetta per quello che ero, con naturalezza.

Lo guardai adorante mentre annunciava «Buon appetito!» e portava in tavola un’abbondante portata di agnello alla Biriani. Era un bravo cuoco, e questo mi stupiva: di rado i ragazzi si davano alle arti culinarie.

Assaggiai un boccone: il sapore era speziato e piacevolmente pungente e scaldava con leggerezza lo stomaco. Era una sensazione molto gradevole, intensificata dal condimento di chutney piccante. 

«Accidenti, Jake» dissi «è eccezionale!»

«Congratulazioni, Jacob.» Anche Billy si leccava i baffi soddisfatto. «Devo ammettere che hai quasi raggiunto il livello della maestra… però sono spiacente, non hai ancora il tocco magico di Sue Clearwater.»

«Imparerò» sogghignò Jacob, poi si voltò verso di me. «A proposito di Sue… Nessie, Charlie te l’ha detto?»

Alzai gli occhi su di lui, sorpresa. «Cosa c’entra il nonno?»

Jacob e Billy si scambiarono un’occhiata complice.

«Sembra proprio che intendano sposarsi» ridacchiò Billy.

Rimasi di sasso, e il boccone quasi mi andò di traverso. «Cosa!? Ma sono…»

«Sì, non sono più giovanissimi» ammise Billy. «Ma sono stanchi di essere soli, e io sono convinto che insieme saranno felici.»

Charlie Swan e Sue Clearwater.

Charlie e Sue.  

Marito e moglie.

A un tratto un pensiero mi fulminò: o cavoli amari, e ora come lo dicevo a Dawn che il suo migliore amico era diventato il suo mezzo-cugino?

 

..:: Dawn ::..

«Cosa faccio, Dawn? Cosa posso fare?»

L’espressione dipinta sul viso di Seth Clearwater era di genuina disperazione, e io mi sentivo più inutile che mai: non avevo la più pallida idea di come aiutarlo.

Io e lui eravamo seduti sotto la vecchia pensilina di Clover Meadow, uno dei quartieri ovest di Forks: non c’era mai nessuno, se non qualche sporadico vecchietto, per cui era diventato il nostro luogo segreto per confidarci l’un l’altro.

Il suo problema era mia sorella Melanie: lui l’adorava (per uno strano processo che i licantropi chiamavano ‘imprinting’) ma Melanie non aveva occhi che per la musica. Bisognava dire che era difficile dire chi fosse più attraente tra lei e Nessie: Nessie aveva un aspetto semplice e angelico che incantava la maggior parte degli esponenti di sesso maschile, ma altrettanto successo aveva la fredda e irraggiungibile Melanie con la sua aria dura e un po’ ribelle.

Il punto era che Melanie odiava le moine e la svenevolezza, e della poetica venerazione di Seth non sapeva che farsene.

«Non saprei, Seth» dissi, guardandolo intenerita. «Offrirle quel mazzo di rose è stata un’idea carina, ma lo sai com’è fatta…»

Bella e spinosa, come una rosa. Forse Seth ci aveva azzeccato, dopotutto.

«Ora lo so che detesta la sdolcinatezza» sospirò lui. «Lei è così diversa dalle altre…»

«È molto bella.»

«No, non è solo per la bellezza, ma per com’è dentro: ti attira e al contempo ti respinge. Ha un fascino micidiale e una carisma stratosferica.»

Fascino e carisma... due cose che a me erano estranee.

Seth dovette accorgersi del mio scoramento, perché s’affrettò ad aggiungere: «Ovviamente anche tu sei molto carina, Dawn, non preoccuparti…»

Sì, ero carina, ma in confronto a Nessie e a Mel ero molto più banale. Quando loro passavano per la via, tutte le teste si giravano a fissarle con un misto di stupore e ammirazione; quando passavo io, c’era chi mi gettava qualche occhiata distratta, ma le persone davvero interessate a me erano piuttosto poche. Non era una questione solo fisica: Nessie era gentile e cordiale e Melanie era forte e accattivante, e la gente era affascinata da loro.

E io? Chi ero io?

Ero Dawn Cullen, ero la fondatrice del club di protezione ambientale Green Shield, ero la cosiddetta hippy della Forks High School. La mia popolarità a scuola era abbastanza limitata, e non avevo veri amici, a parte Seth, che però abitava a La Push.

«Hai già pensato a chi invitare per il Ballo di fine anno?»

La voce di Seth mi sintonizzò di nuovo sul pianeta Terra. Sbattei le palpebre e lo guardai, un po’ smarrita.

«Scusa?»

«Il Ballo di fine anno» ripeté Seth.

«Oh… be’… ecco… in realtà non so se ci andrò» farfugliai. «Non so ballare molto bene…»

Altro punto a mio sfavore: avevo ereditato lo scarso equilibrio della mamma. Ero una sciagura a giocare a pallavolo, figuriamoci ad accompagnare una danza! Il pensiero di inciampare qua e là e diventare lo zimbello di tutti non mi stuzzicava per niente.

«Non te la cavi male, invece» considerò ottimisticamente Seth. «E poi mi sembrava che Williams avesse un debole per te… Potresti invitare lui, no?»

«Scott Williams?» … ehm… no, Seth non aveva afferrato il problema… «Ci penserò» mentii. «E tu?»

La Forks High School e la scuola di La Push avevano siglato una specie di patto di fratellanza, e per le grandi celebrazioni si riunivano a Forks.

«Be’…» Seth abbassò lo sguardo sulla strada, decisamente bisognosa di una bella lastricata, e tacque per qualche riflessivo istante. «Va bene che è tradizione che siano le ragazze a invitare i ragazzi, ma… Pensavo di chiedere a Melanie se le andasse di venire con me…»

Ah. Melanie.

«L’imprinting mi sta soffocando» sussurrò Seth. «Ti giuro, Dawn, vorrei tanto poterla ignorare… ma è come se le altre non esistessero, come se mi aggirassi in un mondo di oscurità e lei fosse l’unica luce.»

Seth, dolce e poetico Seth. Mel era troppo rude per te, ma non riuscivi a spezzare il suo sortilegio. Povero amico mio, stregato dal fascino maledetto della mia stessa sorella.

«Magari accetterà» lo esortai, poco convinta. «Lei adora la musica, dopotutto…»

Sorrise mestamente. «Già, potrei provare…»

Rimanemmo in silenzio sotto la pensilina, a guardare le nuvole grigie e gravide di pioggia che s’accavallavano in cielo come onde di cenere. Cupezza e grigiore: questa era Forks, una minuscola cittadina nordamericana infelicemente isolata dal resto del mondo. E sotto quella patetica pensilina c’eravamo noi, un licantropo dal cuore spezzato e un’ombrosa mezzavampira, entrambi alle prese con problemi così stupidi e ordinari, irrazionalmente amici in una secolare guerra interrazziale.

 

 

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Che ne pensate? Vi piace?
Era da un po’ che la covavo, come idea…

 Dal prossimo capitolo sentiremo anche il punto di vista di Melanie :) e un grazie anticipato ai commentatori ^^

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Capitolo 2
*** II. Cannot Help Myself ***


II. Cannot Help Myself

 

..:: Melanie ::..

Dicevano che ero strana… una tipa fredda e ipocondriaca, che se ne stava sempre in disparte, che non legava con nessuno. Forse era vero, chissà, ma di certo nessuno di quei linguacciuti ficcanaso aveva mai sperimentato le orribili sensazioni che sentivo io, che sentivo da quando avevo memoria. Non ho mai capito davvero di cosa si trattasse… era come se avessi dentro una fiammella, piccola e quietamente scintillante, ma pronta a divampare in un brutale incendio che avrebbe potuto facilmente incenerire la mia anima.

Quel giorno ero chiusa in camera, seduta a gambe incrociate sul letto, immobile. La musica energica e travolgente dei Nine Inch Nails riempiva l’aria, talmente intensa da non permettermi di pensare a qualcosa che non comprendesse riff di chitarra o assolo di batteria. Non volevo pensare, volevo solo perdermi nel ritmo incalzante della canzone Discipline e lasciarmi trasportare lontano da quell’odioso mondo di finzioni e bugie.

Am I still tough enough? Feels like I’m wearing down, down, down…

Sotto il velo rassicurante della musica sentii un impercettibile ‘toc toc’.

«Posso entrare?»

Socchiusi gli occhi. Quella voce melodiosa e vellutata era inconfondibile.

«Certo, entra pure, zia.»

Zia Rosalie aprì la porta della mia stanza e venne a sedersi sul letto accanto a me. Gli splendidi capelli dorati ricadevano in morbide onde sulla sottile camicia di raso, e la gonna blu pervinca rivelava gambe lunghe e perfette da top model. Sembrava un candido angioletto piovuto direttamente dal cielo, e faceva una strana impressione vedere tanta nivea bellezza nella mia camera scura e tenebrosa… una dolce nota degli U2 in mezzo a un’esplosiva canzone dei Led Zeppelin.

Am I taking too much?...

«La tua influenza musicale è calata anche su Emmett» disse guardandomi con serietà. «Anche lui sta iniziando ad ascoltare lo stesso genere… certo, non capisco come due persone sensibili e intelligenti come voi ascoltino questa musica

Pronunciò l’ultima parola come una bestemmia: il metal la schifava; lei era un’artista vecchio stampo, di quelle che impazziscono per le delicate note del pianoforte e che considerano le tastiere elettriche un abominio. E insultare il metal era il miglior modo per irritarmi.

«Sei venuta solo per criticare quello che ascolto?» chiesi con una certa asprezza.

Zia Rosalie scosse la testa e strinse leggermente le labbra, come per soffocare il disdegno che le premeva in gola.

«Volevo fare una chiacchierata con te, da donna a donna.» Mi guardò dritta negli occhi, e io ebbi l’impressione che una saetta lampeggiasse dietro le sue iridi dorate e sfrigolasse attraverso le mie, castano cupo. «Melanie, la Battaglia delle Band non è l’unico avvenimento che ti innervosisce. Il tuo professore di trigonometria ci ha inviato una lettera, in cui scrive che “la signorina Cullen è una studentessa attenta e brillante, ma che talvolta appare curiosamente spenta e passiva”. E non è solo questo… Mel, ti ho vista nascere, ti ho tenuta in braccio quando non eri che una neonata gattonante, ti ho osservata mentre crescevi e diventavi una giovane donna. Percepisco quando ti senti calma, tesa, felice… o spaventata.»

I need your help, I need your discipline…

Strinsi le mani a pugno. «Sto bene, zia. Non ho bisogno che mi reciti la parte della strizzacervelli…»

«Sono molto migliore di qualunque psicologa» ribatté zia Rosalie con fermezza.

Sospirai. «Non ho niente da dire… ma se anche dovessi dirti qualcosa non lo farei, non con quell’impiccione mentale di mio padre che fruga i pensieri di tutti.»

«I pensieri, non i ricordi» sottolineò lei. «Ti prometto che non penserò a quello che mi dirai quando lui sarà in mia presenza… Starò molto attenta.»

«Davvero, non ho niente da dire.»

Zia Rosalie si guardò intorno, esaminando distrattamente i poster e le gigantografie che affollavano le pareti – Guns’n’Roses, The Ramones, Metallica, Led Zeppelin, Black Sabbath, Nightwish – come se potesse estrapolare una risposta da quei pallidi volti di carta; i muri erano così gremiti che tra un poster e l’altro erano visibili solo pochi centimetri di vernice lilla, ma nessuna di quelle bocche fotografate si mosse per dar voce ai miei segreti.

Che idiozia: ovvio che i poster non avrebbero parlato.

Poi lo sguardo di zia Rosalie scivolò sui massicci mobili di mogano, sulla mia elegante chitarra Gibson GS, sulle mensole contenenti la mia collezione di CD, vinili e pezzi rari e infine cadde sulla fonte del suo rancore: lo stereo ultimo modello regalatomi da zio Emmett.

«Quando vorrai confidarti, sai dove trovarmi» concluse sepolcrale, alzandosi e fluttuando via dalla mia stanza.

Sì, contaci, zia.

Quando fu uscita mi distesi sul letto e intrecciai le mani dietro la testa, abbassando le palpebre. La fiammella dentro di me tremolò. Spaventata. Ero spaventata da questa fiammella? Ero spaventata dal potere che mi pompava nelle vene al ritmo del mio stesso battito cardiaco?

Once I start I cannot help myself.

 

..:: Nessie ::..

La musica si sentiva dal piano di sotto: chiaro segno che Melanie era in casa. Era quella musica bizzarra e pesante che le piaceva tanto… In tutta sincerità, io non avevo idea di quali differenze ci fossero tra heavy metal, death metal, gothic metal e speed power metal, ma lei ne capiva e apprezzava tutte le sfumature.

Prima di entrare in casa inspirai a fondo e mi concentrai il più possibile su Jennifer Ridley, una mia compagna di classe; mi stampai fermamente in testa il suo sfarzoso salotto e la sua stanza tappezzata di immagini di Jude Law e Leonardo di Caprio. Mi ero allenata a lungo a riempirmi la mente di concetti simili; papà poteva leggermi il pensiero, ma a quanto pareva disponevo di una specie di lieve protezione mentale che gli impediva di capire se quello che pensavo era verità o menzogna. Il dono di mamma era una vera benedizione.

Quando mi sentii pronta, uscii dalle fitte ombre boschive e spalancai la porta con studiata spensieratezza.

«Ehilà! Sono a casa!»

«Ciao Nessie!»

Un lampo bianco e nero mi schizzò davanti, mi rivolse un sorriso a trentadue denti e sfrecciò in cucina. Impossibile non riconoscerla: il viso da folletto di zia Alice era inconfondibile, come anche i suoi scarmigliati capelli corvini e il suo corpicino piccolo e minuto.

«Sto imparando a cucinare la bouillabaisse!» annunciò. «È una zuppa di pesce francese… dall’immagine del ricettario sembra deliziosa!»

«Fantastico, zia» dissi sforzandomi di suonare entusiasta. «Non vedo l’ora di assaggiarla.»

Per un attimo immaginai me stessa che tuffavo la testa in una ciotola piena di disgustosa poltiglia marroncina… Chissà, forse di lì a poco la scena sarebbe stata quella.

«A proposito» continuò, da dietro la porta socchiusa della cucina «Ed e Bella sono andati a caccia al confine nord… Secondo Ed torneranno entro mezzanotte, ma…» si sporse dalla cucina e mi fece l’occhiolino «sono sicura che vorrà fare lo spaccone e cercare qualche leone di montagna. Saranno qui a notte inoltrata.»

Zia Alice aveva un dono favoloso: poteva prevedere il futuro, o meglio, poteva leggere tutte le varie implicazioni che il futuro avrebbe potuto riservare. Questo sistema funzionava alla grande sui vampiri, ma non sugli ‘ibridi’ come me, Dawn e Mel. E non funzionava nemmeno sui licantropi!! Quel potere era davvero fantastico: non aveva proprio difetti.

La notizia che i miei genitori sarebbero tornati a notte inoltrata mi riempì di gioia; almeno per qualche ora avrei potuto crogiolarmi tra i miei pensieri, senza freni, senza barriere, senza timore che un certo padre ficcanaso venisse a sbirciare nella mia testa.

Salii sulle scale a passo danzante.

Jacob, Jacob, Jacob, ripetevo allegramente tra me e me, volando sui gradini. Mi sentivo una perfetta idiota, ma un’idiota felice, e questo acuiva il mio buonumore. Jacob, stasera la mia mente appartiene solo a me.

Immersa in questi splendidi pensieri, per poco non andai a sbattere contro Melanie, che m’aspettava in cima alle scale. Ripresi l’equilibrio giusto un attimo prima di ammazzarmi giù per le scale rotolando come una botte.

«Stai bene?» chiese Melanie inarcando un sopracciglio.

«C-certo» farfugliai. «Tutto a posto!»

Accidenti, Melanie sembrava appena uscita da un film dell’orrore: aveva la faccia mortalmente pallida, sulla quale spiccavano occhi sinistri e penetranti, ingigantiti dal trucco, e i suoi bizzarri capelli tinti di nero e screziati di meches violette svolazzavano da tutte le parti, sfidando le regole della gravità. Indossava una sobria maglietta nera e vecchi jeans scoloriti, ma per quel che la riguardava avrebbe anche potuto vestirsi come una ballerina di samba a Carnevale: le parole ‘allegria’ ed ‘esuberanza’ parevano non esistere nel suo vocabolario. Non che non le volessi bene – anzi! –, semplicemente non mi sarebbe dispiaciuto vederla un po’ più cordiale.

Lei mi scrutò con attenzione, e quei suoi strani occhi scuri mi perforarono come se volessero decifrarmi l’anima.

«Sei tornata da Jackson» sussurrò.

‘Jackson’ era il nome in codice di Jacob: non era prudente parlare a voce alta in una casa dove persino i muri avevano le orecchie.

Io annuii, fissandola a mia volta e chiedendomi come diamine avesse fatto a intuirlo.

Senza aggiungere altro, Melanie tese un braccio all’indietro e aprì la porta di camera sua.

«Avanti, vieni… Sembra che tu ti sia appena scolata un’intera bottiglia di vodka, da quanto sei rossa…»

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dai l’ho scritto anche a tempo record ^^ allora, quale sarà mai il potere tanto temuto di Mel? (un piccolo indizio c’è…)

 

Ringrazio tutti i lettori, e soprattutto un grazie super speciale a:

..:: DenebDenise: se ti consola questo è il mio primo colpo di fantasia da circa sei mesi, e poi i classici sono sempre ok :)

..:: Eryp92: XD solo che avevo in mente la scena del pranzo da Jake da troppo tempo e non potevo ignorarla… e poi era abbastanza facile da riprodurre: personalmente adoro la cucina indiana ^^  

..:: Ci e Ci Vampire Co: sisi l’ho letta ^^ ahah i piccoli Cullen sono favolosi!

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Capitolo 3
*** III. One More Day ***


III. One More Day

 
.:: Melanie ::..

Nella mia camera io e Nessie parlammo di tutto, ma proprio di tutto, fuorché di ‘Jackson’, alias Jacob Black. Dovevamo stare molto attente, quando venivano tirati in ballo i Quileute: per i Cullen erano argomento tabù, e noi osavamo discuterne apertamente solo quando eravamo lontane dai muri di casa.

Buffo, no? Di solito gli ambienti domestici offrono rifugio e protezione; a noi, invece, villa Cullen non offriva altro che caos.

Il punto era che nessun Cullen era umano; nemmeno io, Nes e Dawn. Eravamo frutto di un bizzarro scherzo della natura, mezzosangue più forti di qualsiasi umano e più deboli di qualsiasi vampiro. Mostri, per farla breve; mostri che, come tutti gli altri Cullen, dovevano portare la maschera di brave persone per celare la propria crudele identità. Lupi selvaggi camuffati da timide pecorelle.

Nessie, inginocchiata davanti alle mensole dei miei CD, scartabellava i miei album con aria attonita.

«“Reign in Blood”? “Love Metal”? “Masters of Reality”? “Kill the Sun”?» Si girò a guardarmi con aria perplessa. «Mel, non ho niente contro il tuo metal, però potrebbero anche sceglierli meglio, questi nomi!»

«Be’, ti aspettavi che i Black Sabbath chiamassero un album “My little ponies”?»

«Sarebbe stata un’idea originale» ridacchiò Nessie, riprendendo a frugare tra i CD. «Perché no? Anziché parlare sempre di morte, dolore e violenza…»

«…»

«… dare un tocco di vitalità in più sarebbe stata un’idea a dir poco vulcanica.»

«…»

«Potresti provare tu con la tua band, no? Gli Hell Shakers, i rivoluzionari del metal!»

«Gothic e power metal» precisai. «L’idea è interessante, ma mi rifiuto di metterla in atto.»

Nessie rimise a posto i CD e si sedette sul mio letto in posa stranamente rigida, come un severo ufficiale militare di fronte a una recluta riottosa.

«Okay, abbiamo scherzato fin troppo» disse in tono inflessibile. «Adesso parliamo di cose serie.»

La guardai con aria perplessa, e la sua espressione severa si sciolse in un sorriso malizioso.

«Allora, tu con chi vai al Ballo?»

Sbuffai, infastidita.

«Renesmee, il Ballo è roba da ragazzine» dissi seccamente. «Solo una come te potrebbe essere eccitata per una cosa così stupida. Be’, fai come preferisci, ma io non ho intenzione di vestirmi come un pagliaccio per un’idiozia simile.»

«Dai, Mel, non fare la guastafeste» insistette Nessie. «Non puoi passare tutta la serata chiusa in casa! E poi verranno anche Daniel, Steven e Jay, gliel’ho già chiesto!»

Maledetti traditori!

«Potresti andarci con uno di loro» disse allegramente Nessie, soddisfatta di aver segnato un punto a suo favore. «Tanto tra compagni di band ci s’intende, no?»

Daniel, Steven e Jay erano rispettivamente il cantante, il bassista e il batterista del nostro gruppo. Non eravamo davvero amici, ma erano senz’altro le persone con cui avevo legato di più, alla Forks High School. Avevo pensato di trascorrere la serata con loro suonando all’Air Guitar Cafè, ma quella piccola strega di Nessie mi aveva anticipato.

«Te l’ho detto, io-a-quel-ridicolo-Ballo-non-ci-vado» scandii. «Piuttosto mi incateno al letto e ingoio la chiave.»

«Non farla tanto drammatica, nessuno ti obbliga a venire» replicò Nessie. «Però sarebbe carino, non trovi? Sono certa che ci divertiremmo!»

La ascoltai distrattamente mentre dipingeva a parole lo ‘splendido’ quadro della ‘meravigliosa’ serata che avremmo trascorso insieme io, lei e Dawn. Ci saremmo pavoneggiate nei nostri abiti freschi di shopping, avremmo fatto diventare verdi di invidia le nostre compagne e frantumato il cuore di tutti i ragazzi della scuola.

Dio, quanta melensaggine. Avrei voluto rinchiudere Nessie in una cassa e piazzarla su un volo di sola andata per il Burkina Faso.

«Piantala, Renesmee» sbottai dopo un po’. «Non me ne frega niente di far ingelosire la Fawcett o affascinare Todd o Grant o chicchessia. Io non vengo.»

«Ma…»

«È la mia ultima parola.»

Nessie chinò il capo, lasciandosi piovere sul viso i lucenti riccioli ramati. Immaginai che fosse delusa, e per un attimo fui tentata di abbracciarla gentilmente o perlomeno di avviare un discorso meno spinoso. Ma non feci né l’una né l’altra cosa: conoscevo Nessie, e sapevo che mi avrebbe frainteso, magari pensando che avevo rimandato l’argomento ma che la battaglia era ancora aperta. Nessie, sciocca, testarda Nessie.

E se fosse successo qualcosa, al Ballo? Se avessi perso il controllo proprio nell’istante in cui la Fiamma si fosse liberata? Quanti giovani innocenti sarebbero potuti rimanere uccisi in un’esplosione anomala?

Chiusi gli occhi, angosciata. Nessie non capiva un accidente, e nemmeno Dawn. Erano convinte che la Fiamma in sé fosse come una graziosa lampadina soprannaturale, un qualcosa di piccolo e modesto che potevo controllare a mio piacimento. Be’, le cose non andavano proprio così. L’unico a comprendere la piena portata del mio potere era mio padre, ma a non osavo confidargli apertamente il mio intimo terrore: i miei pensieri erano come grandi, lente farfalle, che il suo retino di percezione catturava con fin troppa facilità, ma lui non sapeva avvertire altrettanto abilmente il mio stato. No, neppure lui poteva capirmi.

Attesi pazientemente che Nessie uscisse dalla mia stanza, poi scelsi il CD “Dark Passion Play” e lo sparai a tutto volume. La musica, nella sua dolce complessità, era uno dei pochi rimedi al mio tormento.

 

..:: Dawn ::..

Quando arrivai a casa, ero ancora preoccupata per Seth. Melanie detestava le danze e le feste, e non vedevo perché mai avrebbe dovuto fare un’eccezione per il patetico Ballo della Forks High School. Oh, perché Seth si era dovuto prendere una sbandata proprio per lei? A lei non importava niente di una serata al cinema o di una romantica cenetta a lume di candela, le interessava solo la sua benedetta musica. Probabilmente, se anche fosse venuta al Ballo, avrebbe scelto come accompagnatore uno dei suoi compagni di gruppo, Daniel Simmons, Steven Raeburn o Jim Johnson, e alla fine avrebbero passato la serata a discutere delle band più in voga negli anni ’80. Difficilmente avrebbe accettato l’offerta di qualcun altro, e meno che mai di Seth Clearwater.

Nell’atrio c’era uno strano odore, un misto di pesce secco e gomma bruciata che mi fece venire i brividi. Papà era tradizionalista, ma zia Alice amava tuffarsi in ricche portate straniere… come quando aveva preparato il sushi, o ci aveva deliziato con un baklava ripieno di mandorle tritate. Ovviamente era una cuoca fenomenale, ma il problema non era come cucinava, ma cosa cucinava. Comunque, quelle messe peggio erano Melanie e Nessie. Io preferivo mangiare vegetariano (vegetariano ‘vero’, non nel senso attribuitogli dai vampiri), quindi Alice mi lasciava sempre qualcosa da parte, un pugno di riso ben cotto o un po’ di verdura sapientemente ripulita e affettata. Non dovevo mai sorbirmi il suo pesce crudo o le bistecche al sangue.

Strano, eh? Per essere una mezza-vampira, detestavo la carne e soprattutto il sapore del sangue. Nessie li adorava, a Melanie non dispiacevano, io li odiavo.

Comunque, arrivata in salotto gridai un saluto a zia Alice, che mi rispose materializzandosi di fronte a me, dandomi un bacio in fronte e dicendo che doveva finire di bollire il pesce (… ehm ehm…), poi scomparve di nuovo. Io salii al primo piano e attraversai l’ala riservata a noi ‘giovani’ – dalla stanza di Melanie proveniva una musica infernale, da quella di Nessie delle melodie più gentili – e spalancai la porta di mogano della mia camera.

La confusione e le preoccupazioni che mi attanagliavano la mente si smorzarono di colpo, attenuate da una familiare sensazione di pace interiore. Era luminosa e semplice, la mia camera: arredata nell’essenziale stile zen, non conteneva che un pratico futon, una sottile lampada di trasparente carta washi e un armadio basso e modesto, sul quale era appoggiato un grazioso bonsai moyogi, dono di Seth. Le pareti erano color mela acerba, una morbida tonalità verde pallido che simboleggiava il risveglio e la rinascita; ad esse non era appeso niente, cosa che suscitava lo scandalo di Nessie.

Chiusi la porta e mi distesi sul futon, inspirando a pieni polmoni l’aria intrisa del mio profumo preferito, la delicata fragranza del narciso selvatico. Vista dal mio basso giaciglio, ogni cosa sembrava aureolata di un soffice velo di luce. Era vero che il Feng Shui attirava energia positiva, me la sentivo scorrere attraverso le vene come la più limpida delle acque. Chissà se Melanie avrebbe mai potuto provare una sensazione simile…

Per un attimo immaginai la mia sorellona con la faccia acqua e sapone e vestita con una sobria tuta da ginnastica, intenta a meditare a gambe incrociate o a fare tai chi in giardino; la visione era talmente assurda che mi strappò un risolino. Melanie mi avrebbe uccisa, se mi avesse potuto leggere il pensiero come papà.

Avrete intuito che a Forks si pensava che io, Nessie e Mel fossimo strambe. I Cullen avevano sparso la voce che eravamo le giovanissime cugine di Carlisle, giunte a Forks da Portland in seguito a un tragico incidente d’auto che aveva coinvolto i nostri genitori, ma non tutti avevano abboccato, primi fra tutti gli abitanti di La Push (a cui non era stato possibile nascondere la verità dietro la nostra esistenza). Per quanto riguarda la gente di Forks… be’, forse ci credeva, forse no, però nessuno osava investigare e questo era sufficiente: desideravamo la discrezione, nulla di più. L’unica persona che pareva seriamente intenzionata a infrangere la nostra privacy era una giovane donna, una vecchia compagna di scuola di nostra madre: Lauren Mallory. Avevano trascorso insieme gli ultimi anni di scuola superiore, e per tutto quel lasso di tempo Mallory aveva nutrito un’acerba gelosia nei suoi confronti. Quella stessa gelosia era stata trasmessa anche a noi, come un morbo di cui solo lei soffriva. Che donna sciocca… solo una stupida potrebbe affliggersi tanto per un rancore così idiota.

Ma torniamo a noi: allora, io ero sdraiata sul mio futon a pensare a Melanie. Cominciai a credere che avrei dovuto consultarmi con Nessie prima di osarle proporre Seth come candidato, e l’unico modo per parlare con Nessie senza essere udita da orecchie soprannaturali era agganciarla a Forks in pieno giorno.

Domani… domani avrei trovato un modo per risolvere la questione, o almeno così speravo. Mi stiracchiai le membra indolenzite e socchiusi gli occhi, pensierosa. Un giorno, un giorno soltanto, promisi mentalmente a Seth.

 

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Scusate, so di averci messo secoli a postare e di avere fatto pure un capitolo corto, ma la scuola mi uccide @,@ spero che il prossimo cap possa essere più veloce…

Ed ecco qualche dettaglio in più sulla psicologia dei personaggi :) forse ho dato a Mel un taglio troppo melodrammatico e a Dawn troppo zen, ma le due mezzevampire nella mia idea dovevano essere agli antipodi ^^” ah e ho anche dovuto ricorreggere un paio di dettagli perché ho notato di aver fatto un errore piuttosto ingenuo in campo temporale… comunque ora è tutto a posto :)

Grazie sia dei commenti sia della lettura ^^

..:: Eryp92: un super grazie per il commento ^^ dipende dal tipo di metal… il black non lo sopporto, quello sì che sembra davvero solo rumore (a mio parere, ovviamente), ma il gothic e il symphonic non sono male (e qui devo ringraziare la mia sorellona metallara per i preziosi consigli tecnici). Tra Melanie e Seth in tutta sincerità non ho idea di cosa salterà fuori… si vedrà :) ahah e per quanto riguarda Nessie chissà… di questo passo, fra qualche capitolo si iscriverà a un corso di sumo XD

 
E per non infrangere nessuna regola… I dischi nominati da Nessie appartengono (in ordine di citazione) a Slayer, HIM, Black Sabbath, Xandria e Nightwish.

Aloha ^^

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Capitolo 4
*** IV. Projects ***


IV. Projects

 

..:: Nessie ::..

Quella mattina Melanie parcheggiò la sua Audi Coupé con precisione impeccabile, perfettamente al centro dello spazio vuoto tra una vecchia Volvo bluastra e un furgoncino dall’aria stantia. Aspettò che io e Dawn scendessimo prima di scendere a sua volta e chiudere l’auto.

«Ci vediamo» disse in tono vago, e in tre secondi sparì.

Io mi guardai attorno, in cerca della Renault Thalia rosso opaco della mia amica Ashlin, ma venni subito agguantata per il gomito da Dawn e trascinata dietro il furgoncino.

«Cosa c’è?» chiesi con una certa sorpresa.

«Abbassa la voce» sussurrò lei implorante. «Mel ha un udito formidabile, lo sai.»

Sbirciai cautamente oltre il furgoncino, e dopo qualche istante individuai Melanie: era vicino all’ingresso della Forks High School e ascoltava con aria impassibile le chiacchiere azzardate da Jay, alias Jim Johnson, il timido batterista degli Hell Shakers.

«È abbastanza lontana» dissi a Dawn. «Qual è il problema?»

Dawn mi guardò con espressione affranta. Era sicuramente la più simile a nostra madre, coi lisci capelli castani a incorniciare un viso molto dolce ma con qualche lieve imperfezione tutta umana; la cosa che più mi piaceva erano gli occhi grandi e profondi, di un’intensa sfumatura nocciola screziata qua e là di pagliuzze smeraldine: un mix totale tra l’iride castana di nostra madre e quella verde chiaro di nostro padre quando erano entrambi ancora umani.

«Nessie, hai presente Seth Clearwater, vero?» chiese in un bisbiglio.

Trasalii impercettibilmente. Aveva scoperto del matrimonio tra nonno Charlie e Sue Clearwater? Mi stava per dire che presto avremmo avuto un lupo mannaro in famiglia?

Lei scambiò il mio sussulto per un cenno d’assenso e continuò: «Be’, sembra proprio che Seth abbia avuto un bell’imprinting con Melanie.»

La notizia mi lasciò senza fiato. «Ha avuto l’imprinting ?» annaspai. «Con Melanie

Dawn annuì. «Papà lo sa già, ma non credo che lo sappia nessun altro. Certo, Melanie si è accorta che c’è qualcosa che non va… Seth la fissa sempre con aria adorante, e lei è a conoscenza di come funziona l’imprinting.»

«Seth. Con. Melanie.» Chiusi gli occhi, stranita. «Non ci credo…»

«Allora farai bene a crederci, perché è la verità. Ora, il punto è… cosa diamine possiamo fare? Seth è il mio migliore amico e vorrei aiutarlo, ma conosco Melanie, lei non cederà mai.»

Nella sua voce vibrava una nota dolente, e fu questa a toccarmi più delle parole. Dawn era molto sensibile e altruista in generale – un’autentica filantropa, come diceva Carlisle – ma a Seth era particolarmente legata, e spesso i problemi di lui diventavano le ossessioni di lei.

Oh, accidenti… ma perché Seth non poteva avere l’imprinting con qualche indiana di La Push? Perché proprio con Melanie?

Perché non con Dawn?

Quel pensiero mi fulminò.

Seth e Dawn. Dawn e Seth. Non come amici, ma come fidanzati, compagni, amanti. Consorti.

«Nessie, stai bene?» chiese Dawn, preoccupata. «Sei così pallida…»

«Sì, no, tranquilla, tutto okay» farfugliai, ancora scossa.

Be’, la coppia Seth&Dawn era scioccante, anche se facilmente prevedibile… ma l’imprinting con Melanie aveva definitivamente chiuso la porta in faccia a quella possibilità. Jacob mi aveva detto cosa si provava sotto l’influsso dell’imprinting… come se l’oggetto di quell’attrazione fosse la fonte di tutta la luce e il colore del mondo. Tutto il resto appariva vitreo, sbiadito…

Ci sarebbe stata una coppia Seth&Melanie o una Seth&NessunAltroMaiPiù: queste erano le uniche due vie possibili per Seth, questo era ciò che pretendeva la pesante catena dell’imprinting. Mi sentii dispiaciuta per il giovane licantropo, e decisi: ci avrei provato, avrei aiutato Seth, mi sarei unita a Dawn nel Piano di Conquista di Melanie Cullen.

«Dobbiamo cercare Ashlin» dissi con decisione. «Seth non ha chance, in questo momento, ma sarebbe un bel passo avanti se riuscissimo a sistemare Daniel, Steven e Jay.»

«E come? Dandogli una botta in testa con una mazza da baseball, rinchiudendoli in un sacco e rapendoli?»

Ridacchiai. «No, semplicemente trovando loro una dama… e a quel punto il gioco è fatto!»

Fui troppo ottimista.

Decisamente.

 

..:: Dawn ::..

Era la cosa più stupida del mondo: io e Nessie, due mezze-vampire, membri della razza più rara e bizzarra di questo mondo, ci comportavamo come due ridicole scolarette ai loro patetici drammi da innamoramento. Okay che eravamo più giovani rispetto agli altri umani (eravamo cresciute sia fisicamente che psicologicamente a velocità molto elevata) ma quello era davvero troppo. Davvero. Sì. Forse. Ma allora perché diamine lo stavamo facendo?!

«Ecco Ashlin» disse Nessie, agitando un braccio per attirare l’attenzione di una ragazza appena scesa dall’auto. «Sono sicura che troverà il modo di aiutarci, quella è un genio!»

Ashlin rivolse un cenno di saluto a Nessie e iniziò ad avvicinarsi  con la sua cauta andatura da giraffa. Mi sono sempre chiesta come facesse a camminare senza sbriciolarsi: Ashlin Morris sembrava uno scheletro con appena un velo di pelle appiccicato alle ossa, e questo non la rendeva certo una gran bellezza. Certe volte pensavo che sarebbe bastato un filo di vento a farla volare via…

Quando fu vicina a noi guardò prima l’una poi l’altra e sorrise. Pur nella sua magrezza spettrale, il viso aveva un che di grazioso, con tratti morbidi e delicati come quelli di una bambola.

«Renesmee, Dawn» ci salutò pacatamente. «Come va?»

«Ehilà Ash!» esclamò Nessie con entusiasmo. «Noi stiamo benone, ma abbiamo bisogno di un favore…»

Deglutii nervosamente, temendo che Nessie avrebbe fatto troppi nomi, ma fortunatamente la mia accorta sorellina si limitò a tratteggiare i fatti essenziali del problema senza tirare in ballo né Seth né altri Quileute. 

«Melanie?» fece alla fine Ashlin, inforcando gli occhiali e scrutando Mel ancora all’entrata della scuola. «In effetti non mi sembra la tipa più adatta a una festicciola scolastica… Il vostro amico non può incontrarla in altre occasioni?»

Scossi la testa. «Non si vedono quasi mai, dubito che ricapiterebbe un’opportunità simile.»

«Capisco…» Ashlin si avvolse attorno all’indice una ciocca bionda all’altezza del collo – il suo tic, quando era preoccupata o pensierosa. «Be’, vedremo cosa si può fare. Adesso ho doppia ora di chimica e dopo trigonometria… ne riparleremo più tardi, e nel frattempo cercherò di elaborare un buon piano. Renesmee, tu come hai risposto alla domanda numero sette dell’esercizio 3B?»

«Ehm… le radiazioni ionizzanti sono state emesse da una fissione nucleare» rispose subito Nessie, aiutata dalla sua super memoria da vampiro. «Ma comunque, per quanto riguarda Melanie…»

«Ne riparleremo» ripeté con fermezza Ashlin.

 

Le ore seguenti mi parvero le più lunghe della Storia. Già fisica e filosofia non sono materie semplicissime, ma l’abbondante condimento di ansia e nervosismo riuscì a farle sembrare ancora più complesse. Mi sembrò passata un’eternità quando, finalmente, lo stridulo suono della campanella echeggiò nell’aula.

Mentre uscivo dalla classe, non potei fare a meno di notare (con una certa soddisfazione) che il mio ultimo progetto aveva riscosso un discreto successo: ora in tutte le aule c’erano quattro cestini diversi per la carta, la plastica, i rifiuti umidi e gli oggetti non riciclabili. Erano i tipi di spazzatura più utilizzati, sia a scuola sia nella vita quotidiana, e perché non separarli in una facile raccolta differenziata? Anche una scuola piccola come la Forks High School poteva contribuire all'inquinamento mondiale.

«Ehi Dawn!»

Alzai gli occhi: davanti a me c’era Blaze, un mio compagno dell’associazione naturalistica Green Shield promossa dalla scuola. Era uno dei ragazzi che mi aveva colpito di più, Blaze: mescolava attente e ponderate riflessioni da adulto allo spumeggiante entusiasmo di un bambino, e nel complesso era una persona gentile e comprensiva, al contrario dei branchi di bulli spacconi della Forks High School.

«Dobbiamo ancora organizzare la colletta per la protezione degli elefanti africani» disse affiancandomi mentre camminavo. «Possiamo convocare un incontro per questo pomeriggio?»

Esitai per un attimo al pensiero del piano di Ashlin, ma considerai che difficilmente sarebbe iniziato proprio oggi.

«Certo, Blaze» risposi. «Avvisiamo gli altri, e per il resto è okay. Dove ci incontriamo?»

«A casa mia?» azzardò lui. «I miei genitori sono al lavoro.»

Blaze abitava a Ivy Lane, non troppo distante da villa Cullen. I suoi genitori gestivano un negozio di abbigliamento ed erano spesso indaffarati, dato che non avevano assistenti.

«A me va bene. Alle... quattro e mezza, diciamo?»

Blaze sorrise, un sorriso straordinariamente candido e cordiale. «Ottimo. E non preoccuparti, li informerò io gli altri… Ma, be’, potresti dirlo tu a Rose? Avete tutte e due trigonometria come prima lezione pomeridiana, no?»

Soffocai a stento un ghigno. Anche Rain e Ember avevano trigonometria quel pomeriggio, ma stranamente con loro Blaze non si faceva problemi.

«Tranquillo, glielo dirò io.»

Il viso chiaro e fine di Blaze rosseggiava pericolosamente all’altezza delle guance.

«Grandioso, grazie. Sì, comunque, allora ci vediamo!» mi salutò in tono impacciato.

Guarda il lato positivo della vita, Blaze, pensai guardandolo allontanarsi lungo il corridoio. Sei un essere umano con una normale cotta umana. Non sei legato da contorti vincoli soprannaturali e, soprattutto, credi che vampiri e lupi mannari esistano solo nella tua immaginazione. Accidenti, ma come fa Seth a tirare avanti?!

 

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e rieccomi in pista dopo uno spaventoso calo di ispirazione ^^” come capitolo non mi convince granché, ma ha i suoi fini… E al prossimo sapremo (forse!) qual è il geniale piano di Ashlin e cosa fa Mel nella sua vita :)

 Blaze è un omaggio al capolavoro del Re, alias zio Stevie, alias Stephen King ^^

 Un grazie galattico ai commentatori :)

 

..:: Fairyire: esatto ^^ ottima intuizione. Chissà che il distruttivo potere di Melanie non si riveli decisivo in qualche scontro con altri vampiri…?

..:: Eryp92: XD prevedo un gran casino tra Dawn, Seth e Melanie… comunque il potere di Mel è la pirocinesi, ovvero la capacità di appiccare il fuoco col pensiero :) il fatto che Melanie la sappia controllare solo in minima parte è un dettaglio moooolto simpatico...

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