Le Ultime Lettere di Clarissa Hyde

di IlaryCobain
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lettera a Cordelia ***
Capitolo 2: *** Lettera a Jemima ***
Capitolo 3: *** Lettera ad Annabeth ***



Capitolo 1
*** Lettera a Cordelia ***


Little York, England,
Settembre 12, 1889.

Mia carissima Cordelia,
Ti scrivo innanzitutto per scusarmi dell'imperdonabile comportamento - rude è dire poco - che ho tenuto durante il nostro ultimo incontro. Non voglio cercare scuse, ma dirti semplicemente la verità; in queste ultime settimane il mio già fragile animo è stato scosso da eventi ambigui, misteriosi e soprannaturali. Se qualcuno mi raccontasse ciò che sto per raccontare a te in questa lettera lo crederei pazzo e lo farei rinchiudere in un manicomio, ma non giudicarmi troppo in fretta, leggi le mie parole sincere, poiché quelle vicende le ho vissute sulla mia pelle e so per certo che sono realmente accadute, sebbene io sia stata inizialmente titubante a riconoscerlo. Forse dovrei iniziare dal principio, dal primo strano evento a cui sono seguiti molti altri fino a... Beh, lo vedrai.
Esattamente il giorno dopo il nostro precedente incontro e tre settimane prima del nostro più recente iniziò tutto. Era dunque una bella mattina di metà agosto, la temperatura iniziava a salire e il cielo sereno e cosparso di rade nuvolette bianche dalle forme stravaganti, che venivano cullate da una leggera e fresca brezza, la quale muoveva le fronde degli aceri del mio giardino insidiandosi tra foglia e foglia. Ero in cucina ad aspettare che l'acqua per il the bollisse - ho usato il bollitore che mi aveva regalato mia sorella per l'ultimo Natale passato insieme - quando all'improvviso udii un improvviso rumore di qualcosa che si rompeva nella stanza accanto. Non ci diedi molta importanza al momento, pensai che fosse stata Kitty - la gattina dei vicini di cui ti avevo parlato - a rompere qualche vaso, così rimasi in cucina, ripromettendomi che più tardi avrei controllato i danni della gattina. Lo so che non approvi il mio vivere da sola e ritieni non sia conveniente per una giovane donna come me, ma la solitudine e la calma e il silenzio che ne derivano sono indispensabili per me affinché esprima le mie abilità artistiche. Inoltre in ogni stanza di questa mia villetta tengo tele, colori e pennelli pronti nel caso mi venga l'ispirazione. E in quel momento fu proprio l'ispirazione a venirmi dal gioco di luci e colori che dalla finestrella della mia cucina potevo scorgere nel giardino. Rimasi in cucina, posizionando la tela di fronte alla finestra, proprio di fianco al tavolo a cui potevo appoggiare colori e pennelli. Iniziai a dipingere e mi concentrati sull pittura così tanto da non sentire il bollitore fischiare impazientemente. Un altro forte e improvviso rumore attirò la mia attenzione, ma questa volta sembrava si fosse rotto qualcosa di più prezioso di un vaso. Sospirai, appoggiai i pennelli sul tavolo alla mia destra ed entrai nel soggiorno. Tutto sembrava in ordine, per cui dedussi che il danno fosse al piano superiore; cominciai a salire l'ampia scalinata che portava alle camere, ma quando arrivai a metà udii lo stesso forte rumore che avevo sentito poco prima. Scesi le scale e tornai in cucina per uscire in giardino, ma mi accorsi che il bollitore continuava a fischiare insistentemente, dunque spostai il bollitore dai fornelli, ormai spenti, e mi versai una tazza scarsa di acqua mettendo in infusione alcune delle foglie di the che mi portasti il giorno precedente. Dimenticatami dei rumori provenienti dal giardino, tornai alla tela per concludere il dipinto portandomi dietro la tazza di the per poterla sorseggiare tra una pennellata e l'altra.
Nel momento in cui il mio occhio guardò la tela, le mie mani iniziarono a tremare e avrei persino fatto cadere la tazza se non avessi avuto quel poco autocontrollo che mi permise di appoggiarla al tavolo. Osservai la tela, sconvolta e terrorizzata allo stesso tempo. Su di essa non era più dipinta la finestrella della cucina e uno scorcio del giardino al di là di essa, ma una visione sanguinosa e infernale di una strage: corpi martoriati e straziati giacevano rigidi e contorti su un campo di grano seccato, ricoperti di sangue in parte rappreso; corvi e cornacchie bacchettavano con il gano sul terreno tanto quanto con i corpi dei poveretti uccisi, in cui disgustosi vermi scavavano piccoli tunnel in cui fare le proprie tane.
Mentre sentivo le forze venirmi a mancare per l'orrore, ancora incredula e sconvolta, mi sedetti di fronte al dipinto e mi coprii la bocca con entrambe le mani, in preda al terrore e al disgusto per ciò che stavo guardando, chiedendomi se l'avessi veramente dipinto io e se fossi diventata pazza. Allungai una mano verso il tavolo alla mia destra e strinsi la tazza di the, portandomela alla bocca - dopo tutto bere un po' di the mi avrebbe calmato, pensai. Tuttavia quel the aveva una strana consistenza piuttosto densa e un retrogusto metallico piuttosto insolito. Abbassai lo sguardo e vidi che la tazza che tenevo in mano e da cui avevo bevuto era piena di sangue. Strillai, lasciando cadere la tazza, che rovesciò il suo contenuto sul mio vestito prima di rompersi a contatto con il pavimento. Gridai ancora più forte, svuotando i polmoni di tutta l'aria che contenevano e quasi svenni, continuando però a spazzarmi il vestito con le mani cercando di liberarlo dal sangue, ma non facevo che peggiorare la situazione. Iniziai a singhiozzare istericamente alla vista delle mie mani sporchevdi sangue ancora caldo, l'intera cucina sembrava distorcere le proprie forme e assumere un colore rossastro finché...
Il campanello di casa trillò e fu come se mi risvegliassi da un incubo. Sbattei più volte le palpebre e misi bene a fuoco l'ambiente intorno a me: la cucina era normale, come era sempre stata; il dipinto era tornato a rappresentare la vista della finestrella della cucina, la tazzina di the era ancora sul tavolo - integra e contenente il tuo the, le mie mani e il mio vestito erano pulite.
Pensavo inizialmente che ti avrei raccontato tutto l'accaduto in questa mia lettera, ma non voglio turbarti con i dettagli, dunque riassumendo quello che accadde dopo mi isolai ancora di più, mandando un servetto dei vicini a farmi la spesa, senza altri contatti con nessuno. Spesso avevo queste allucinazioni mortifere - questo pensavo che fossero, allucinazioni di una mente che sta impazzendo, la mia. Le allucinazioni cariche di morte finirono ieri, quando divennero realtà tramite un omicidio, ma immagino che tu già sappia di cosa sto parlando. Ho apprezzato molto, mio malgrado, quel the che mi avevi regalato tre settimane fa, un the dal sapore tanto particolare e gradevole che lo bevvi ogni giorno fino a ieri quando ci siamo incontrate... peccato che io non abbia riconosciuto il sapore di oppio di cui questo the era intriso. Ti sei davvero sprecata a comprare l'allucinogeno più comune del secolo, almeno potevi somministrarmi qualcosa di più ricercato.
Ma ieri quando ci siamo viste per il the delle cinque è stato una mossa astuta, lo ammetto, avvelenarmi definitivamente con del the al cianuro. Non vantartene troppo Cordelia, perché questa lettera è la mia vendetta. Ho impregnato questa carta da lettere con cianuro volatile, così ti ho avvelenata per tutto il tempo in cui hai letto. Una lettera lunga, lo so, ma dovevo assicurarmi che respirassi per bene tutto il cianuro.
Ci vediamo tra pochi istanti, mia cara.
Per sempre tua,
Clarissa Hyde.




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N.d.A. :
Grazie a tutti voi lettori e recensori, date un'occhiata anche al secondo capitolo e fatemi sapere cosa ne pensate, suggerimenti e correzioni sono sempre ben accetti!

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Capitolo 2
*** Lettera a Jemima ***


Little York, England.
Settembre 12,1889.

Ma carissima Jemima,
Riflettevo in questi ultimi giorni su quanto tempo sia passato senza vederci - non sapendo della tua visita a sorpresa di ieri - eppure pensavo che fossimo amiche! Noi due eravamo insperabili, ricordi? Ci incontravamo tutte le mattine alle otto in punto nella piazza del mercato e passavamo ore ed ore a raccontarci aneddoti e pettegolezzi, a parlare di moda, un po' di tutto insomma. E quanto fantasticavamo, lo ricorderò sempre!, di come un giorno avremmo incontrato due avvenenti e misteriosi principi stranieri e di come li avremmo sposati, per poi vivere felici e contente in lussuose reggie dai giardini immensi. Che fantasie banali sembrano a posteriori. Ricordo anche di quanto fosse divertente, mentre prendevamo il the insieme, fingere di essere donne d'alto rango e prendere in giro quelle nobili schizzinose, come noi non saremmo mai potute essere.
Eppure ora quel gioco lo porti in scena tutti i giorni, da quando i servi ti svegliano la mattina nella tua sfarzosa villa di campagna a quando torni sotto le coperte di seta ricamate in oro e argento la sera. Forse i nobili sono facili da ingannare, ma io non lo sono, Jemima. Sei sempre la stessa, non sei cambiata e non cambierai mai, ma ti credi importante solo perché ora hai qualche soldo in più grazie al rango di tuo marito.
È proprio il tuo matrimonio che ti ha portata ad allontanarti irragionevolmente da me, il tuo raffinato, esclusivo, perfetto matrimonio con quel bell'imbusto di Lord Albert Richmond. La vostra è stata una classica storia da manuale: una ragazza povera incontra un ricco giovanotto, i due si innamorano e decidono di sposarti contro le convenienze della società e contro il volere della famiglia di lui. Ora in vista del tuo matrimonio ti sforzi di sembrare una futura Lady perfetta anche per ottenere l'approvazione dei tuoi futuri suoceri per convincerli che si sbagliano sul tuo conto, che sei nata per essere una nobile, dunque dal tuo fidanzamento ufficiale hai allontanato quasi tutti i tuoi amici - me compresa - perché non eravamo abbastranza ricchi e influenti. In ogni caso non riuscirai a cambiare l'opinione dei Richmond, non importa quanto duramente ci provi, i tuoi sforzi saranno completamente vani, credimi.
D'altronde lo sappiamo entrambe, anche se tu non sembri disposta ad ammetterlo a te stessa, che non sei così perfetta come vuoi far credere. Una minuscola, infinitamente piccola parte di me prova una certa pena per il tuo Lord Albert, che ignora certi importanti segreti sul passato della futura moglie, ma è un uomo così fiducioso e innamorato...
Forse ti starai chiedendo come sia possibile che io abbia scritto questa lettera e perché l'abbia fatto, e la risposta è semplice: per vendetta, dato che tu hai tentato di uccidermi proprio ieri. Tecnicamente il tuo è stato più di un mero tentativo, dato che sei riuscita nel tuo intento sparandomi un proiettile in pieno petto, dritto nel cuore - che mira inaspettatamente buona!
Non sai che spavento mi sono presa vedendoti estrarre quella pistola a piccolo calibro e puntarmela addosso, ma quando ho realizzato era troppo tardi, stavo già cadendo, colpita, a terra, proprio dove qualche mese prima ci eravamo promesse a vicenda di rimanere amiche per sempre. Mi si appannò la vista, ma riuscii a scorgere la tua figura inginocchiarsi accanto a me, che prendevo respiri brevi e superficiali mentre pregavo Iddio affinché non mi facesse morire lì. E poi te ne sei andata, senza neanche starmi accanto fino al mio ultimo respiro, impassibile ed insensibile.
Ora forse inizi a capire il vero scopo di questa lettera, ma lascia che ti dia qualche indizio in più perché tutto diventi chiaro, prima che tu debba fare una scelta. Ora, forse non ti ho mai raccontato di quella volta in cui la dolce Lady Katherine Richmond, che a quel tempo mi aveva commissionato un suo ritratto, si presentò una sera alla mia porta. Appena la vidi capii subito che era - come dicono i giovanotti d'oggi - brilla, così la feci accomodare nel mio salotto e lei iniziò a raccontare delle cose su di sé, complice l'alcool e la sua fiducia nei miei confronti. Mi raccontò che voi due avevate una relazione - segreta ovviamente, visto che tutt'ora l'omosessualità è un reato nell'Impero Britannico punibile con la morte. Non ho mai riparlato con lei, che sembrava essersi dimenticata dell'accaduto già il giorno seguente, e non rivelai nulla a te né a nessun altro, perché ero e sono tuttora una persona discreta e leale. E poi qualche giorno dopo l'episodio mi raccontasti di aver incontrato Lord Albert Richmond, senza realizzare che lui e Lady Katherine fossero fratelli, io invece lo sapevo ma non gli ho detto di te e sua sorella.
Ora che mi hai voltato le spalle e mi hai fatto anche di peggio, considero la mia lealtà nei tuoi confronti poco più che un ricordo sbiadito, e ti propongo una scelta, e non credere che proverò rimorso per aver rovinato la tua vita perfetta: la vita o l'onore, scegli quale dei due sei disposta a sacrificare.
Se deciderai di rinunciare al tuo onore spedirò lettere a tutti i maggiori giornali londinesi in cui sarà descritta nei particolari la tua relazione omosessuale prematrimoniale con la sorella del tuo futuro marito. Puoi immaginare le conseguenze: i Richmond ti screditeranno a tutti i costi pur di ripulire il proprio nome e annulleranno il tuo matrimonio con Lord Albert, confermando tutto ciò che già pensavano di te e rispedendoti dal sudicio paesino in cui sei nata.
Allegato a questa lettera c'è un pacco contenente una pistola - la stessa che ieri sera mi posizionasti accuratamente in una mano per far credere che io mi fossi suicidata - e un solo proiettile; se sceglierai di toglierti vita, ti concedo la possibilità di scrivere una lettera di addio, ma bada di non menzionarmi perché io sarò la prima a leggerla - stanne certa - e deciderò se sostituirla con una scritta da me (non ti ho mai detto che ho un talento naturale nel copiare le calligrafie altrui?) in cui incolpi del tuo tragico gesto la tua relazione con Lady Katherine, sorella di tuo marito. Quale scandalo e quale disonore per te e per la casata Richmond! In ogni caso il tuo nome sarà infangato, per cui scegli bene le parole per la tua ultima lettera.
Se farai la scelta che io credo tu stia per prendere ci rivedremo presto. Scegli il male minore, la vita o l'onore? Scegli presto, perché il tempo scorre e io sono impaziente di rivederti.
Tick tock,
Clarissa Hyde.

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Capitolo 3
*** Lettera ad Annabeth ***


Little York, England,
Settembre 12, 1889.

Mia carissima Annabeth,
La tua visita mattutina di ieri è stata tanto inizialmente piacevole quando sorprendentemente inaspettata per i suoi effetti sulle nostre vite successive.
Devo confessarti che le mie giornate in questo periodo dell’anno sono piuttosto monotone - anche se non le definirei noiose - e non ho molte persone a farmi compagnia, per cui le visite dei miei pochi ma fidati ed intimi amici sono più che accette e gradite.
Sono solita alzarmi presto la mattina, non molto tempo dopo la rosseggiante alba autunnale che diverse mattine ho tentato di raffigurare nei miei dipinti, ma senza successo poiché catturarne l’energia e l’essenza non è facile.
Ma sto divagando, perdonami, perciò tornerò alla descrizione delle mie usuali mattine d’autunno riprendendo da dove l’avevo lasciata.
Dunque, una volta sveglia, mi preparo un bagno caldo ricco di sali ed essenze e, dopo essermi rillassata per circa un’oretta - mi prendo tanto tempo, ne sono consapevole -, esco dal mio cottage immerso nella natura per fare una passaggiata con Karoline, la figlia dei vicini nostra coetanea, che condivide in certa misura la mia passione per la natura e la cura del giardino. Insieme ci dirigiamo in paese, a poche miglia dai nostri cottage, per fare colazione insieme dopodiché torniamo indietro.
Di nuovo a casa, mi reco in giardino - se il tempo lo permette - a dipingere finché perdo la cognizione del tempo, tanto che più di una volta mi è capitato di saltare il pranzo o di dimenticarmi di fare delle commissioni in paese. Non avendo permesso ai miei genitori di affidarmi una servetta, per quanto utile forse mi sarebbe stata, in casa svolgo ogni mansione: lavo, cucino e curo il giardino, ma la cosa non mi disturba, anzi lo trovo un piacevole passatempo.
D’altronde essendo mantenuta parzialmente dai miei genitori - che come ben sai sono discretamente benestanti - ed essendo buona la rendita che mi deriva dalla vendita dei miei quadri, posso permettermi questo “ozio” come lo definisce la mia famiglia e di non sposarmi, non ancora almeno. Mi piacerebbe condurre per sempre questa vita, piuttosto solitaria certo, ma anche ricca di soddisfazioni personali ed indipendenza, mi capisci? E poi mi basta avere qualche buon amico come te per non sentirmi sola.
Per questo ti sono grata per la tua visita di ieri, che ha spezzato la routine e scombinato i miei piani per la giornata. Non te ne faccio una colpa, in fondo non erano niente di particolare, nulla tanto sorprendente quanto quello che la tua visita ha portato.
Erano - se non ricordo male - circa le dieci di mattina quando bussasti alla mia porta. In quel momento ero intenta a prepararmi un altro bagno, dato che Kitty, la gattina dei vicini, poco prima mi era saltata in braccio mentre facevo colazione con Karoline e i suoi genitori. Scesi le scale ed aprii la porta, rimanendo sorpresa di vederti lì ad attendermi, sorridente come sempre.
Una volta accomodateci, in soggiorno, abbiamo parlato e discorso per quella che a me è sembrata una piacevole infinità di tempo, ma che in realtà è stata poco più di una mezz’ora. Mi raccontasti dei tuoi due ultimi viaggi: il primo in Asia, presso una piantagione di riso posseduta dalla tua famiglia da quasi vent’anni, il secondo insieme alla nostra amica Lydia in Grecia ad ammirare i templi antichi e le ultime scoperte dell’archeologia.
Sei sempre stata una brillante oratrice e nel racconto di questi tuoi viaggi ricchi di avventure non ti sei sminuita. Ovviamente con tutto quel parlare ti venne sete, così mi alzai per prenderti un bicchiere d’acqua fresca – con un tocco di limone s’intende, come piace a te - in cucina, ma subito mi fermasti, offrendoti di andare tu stessa a prendere l’acqua affinché io potessi sfogliare le fotografie dei paesaggi greci e orientali. Dato che altre volte venisti nel mio cottage e dunque era buona la tua conoscenza anche della mia cucina, acconsentii alla tua proposta. Mi sedetti nuovamente sul divanetto in mezzo al soggiorno e presi a sfogliare le fotografie che mi avevi portato; erano piuttosto intriganti, scorci di paesaggi naturali che si intrecciavano armonicamente con i ruderi di costruzioni antiche: mi sarebbe piaciuto riportare quelle viste sulla tela, anche se avrei dovuto supplire con la fantasia alla mia ignoranza dei colori reali che adornavano i soggetti delle fotografie [ndA: le fotografie erano ancora in bianco e nero].
Dopo qualche minuto tornasti in soggiorno chiedendomi scusa, poiché ti eri appena ricordata di un impegno urgente e molto importante, per cui ti diressi alla porta salutandomi in modo sbrigativo con un “addio”, io ricambiai il saluto e chiusi la porta alle tue spalle, perplessa.
Mi diressi al secondo piano, dove il bagno di Sali alla lavanda mi stava aspettando da quasi quaranta minuti. Mi spogliai ed entrai in vasca, dove, appoggiando il capo al bordo di essa e chiudendo gli occhi, iniziai a rilassarmi.
Non so dirti quanto tempo fosse passato, se un’ora o un solo minuto, quando udii il click della serratura del bagno, perciò aprii gli occhi e ti vidi lì di fronte a me: sembravi quasi un’altra persona rispetto a poco prima, gli occhi iniettati di sangue e disprezzo nei miei confronti. Avevi in una mano un paio di cesoie da giardino – le mie cesoie da giardino, da cui dedussi che tu fossi entrata dalla porta secondaria che dal mio giardino portava direttamente in cucina, dove poco prima eri andata a bere, ma forse questa era stata solo una scusa per manomettere la serratura della porta secondaria in modo da poter rientrare in casa più tardi, silenziosa e indisturbata. Nell’altra mano avevi una pila di Volta costituita da strati alternati di zinco e rame in cui scorreva un flusso di corrente continua a medio voltaggio grazie anche alla presenza di due fili di rame che collegavano il polo positivo con quello negativo. Certo la pila era un’invenzione recente, ma tu che eri sempre stata un’appassionata di tecnologia la studiasti da subito e ne diventasti quasi un’esperta – se solo non fossi nata donna avresti potuto avere una brillante carriera!
E così eravamo tu ed io, una di fronte all’altra, una nella vasca colma d’acqua l’altra con in mano una fonte di corrente elettrica. Se solo tu fossi stata meno accecata dalla voglia di friggermi - perdonami il termine non molto fine - e più meticolosa, ti saresti risparmiata un enorme shock, o meglio elettroshock. Non è stato molto carino da parte tua né volermi uccidere né essere morta davanti a me in quel modo che ha rivelato scarso ingegno da parte tua. Ma forse per te è stato tutto un po' improvviso e confuso, per cui lascia che ti rinfreschi io la memoria raccontandoti della tua fine, Annabeth cara.
La tua intenzione era gettare quella pila, una volta tagliati i fili di rame, nella vasca in cui ero io a farmi il bagno, il problema è che ti sei messa a parlare tanto, tirando fuori tutto il marcio che avevi dentro e l'odio nei miei confronti, spiegandomi il perché del tuo gesto. Intanto, fingendo di essermi rassegnata al mio destino, ma in verità per prendere tempo e pensare ad un piano, ucii dalla vasca dicendoti che avrei preferito morire vestita. Non vedendoci nulla di male, mi accompagnasti in camera mia, dove presi il vestito più ingombrante ed elegante che possedevo sia il vestito rosso sangue che mi regalasti e tornai in bagno con te alle calcagna. Mi immersi nella vasca colma di acqua fino all’orlo e la gonna vaporosa fece uscire molta acqua che allagò il pavimento del bagno. Vedendoti così distratta dalla fuoriuscita dell'acqua,colsi l' occasione di lanciare addosso alle tur braccia un vasetto di sali che tenevo sul bordo della vasca, e tu lasciasti cadere la pesante pila a terra più per la sorpresa che per il dolore; il pavimento allagato che ti bagnava fino alle caviglie e la pile dai fili di rame recisi fecero a te ciò che tu, crudele, volevi fare a me. In un ultimo disperato tentativo di nuocermi, animata dalla corrente o forse dall'adrenalina, prenderesti in mano la pila e me la gettasti in grembo. Essendo anche io in acqua puoi immaginate la mia fine, ahime!
Tuttavia spero che questa esperienza fatale ti abbia fatto capire che, sebbene tu abbia una bella parlantina, la più brillante oratrice fra le due sono io, sono sempre stata io la migliore tra noi due. L'unica vittoria che posso è un essere morta più rapidamente di me, un misero primo premio non credi?
Dato che oramai non puoi leggere né questa né nessun'altra lettera, la accartoccerò e la getterò nel camino, o forse la terrò come ricordo e ammonimento contro l’arroganza che mostrasti verso di me.
Forse un giorno ci rincontreremo in questa vita dopo la morte in fondo non posso negare che la tua visita sia stata, come dire, elettrizzante!
Baci baci,
Clarissa Hyde.

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