A volte ritornano...

di franzie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Notti insonni ***
Capitolo 2: *** Un lungo viaggio disperato ***
Capitolo 3: *** Dubbi ***
Capitolo 4: *** Terrore nei suoi occhi ***



Capitolo 1
*** Notti insonni ***


Pioveva. Come sempre, in quel periodo, in Transilvania.
Si sentiva il suono della pioggia percuotere i vetri delle finestre del castello e di tanto in tanto si udiva il fragore dei tuoni nella notte.
Frederick Frankenstein non riusciva ad addormentarsi, ma non a causa della tempesta: il suo animo era angosciato da qualcosa di molto profondo, come un brutto presentimento che non lo abbandonava ormai da diversi giorni.
La Creatura.
Perché l’uomo a cui aveva donato la vita d’improvviso sembrava scomparso senza lasciar traccia? Quando Frederick era riuscito nell’impresa del passaggio di materia cerebrale, il mostro si era trasformato in una persona colta, gentile e beh, ben dotata, a tal punto che Elizabeth, la donna che Frederick avrebbe dovuto sposare, si era innamorata di lui. I due erano ritornati in America dove erano convolati a nozze, mentre Frederick era rimasto al castello insieme a Inga, che poi era diventata sua moglie.
Osservare come la sua creatura era diventata un uomo così sofisticato lo aveva reso orgoglioso della propria impresa, tuttavia Frederick non si era mai fidato completamente di lui e si era fatto promettere dall’ex-fidanzata di scrivergli spesso per fargli sapere come stessero procedendo le cose.
Freddie, non ce ne sarà motivo! Non vedi che ragazzo delizioso è?!” aveva cinguettato Elizabeth stringendo la mano di Abby Normal, così era stata chiamata la creatura; in realtà sia lei che Abby si erano fatti vivi regolarmente e questo aveva rassicurato Frederick.
Poi, senza preavviso alcuno, sparì ogni tipo di notizia. Non più una telefonata, una lettera, un telegramma.

Frederick si era allarmato, ricordandosi anche delle terribili azioni del mostro creato da suo nonno, e diverse volte aveva pensato di recarsi a New York per controllare di persona la situazione, ma era stata Inga a persuaderlo dell’insensatezza del suo progetto: “Tesoro, non devi preoccuparti in qvesto modo! Staranno bene, hanno zolo bisogno di loro intimità!”
A Inga non era mai andato a genio il fatto che Frederick mantenesse una corrispondenza con Elizabeth, anche se fra loro le cose erano finite da tempo ed entrambi si erano felicemente accasati; Inga continuava ad essere terribilmente gelosa di suo marito, e ciò divertiva Frederick, che spesso la prendeva in giro con tenerezza.
  Eppure lo scienziato non riusciva a non pensare al mostro. Doveva essere successo qualcosa.
Frederick guardò Inga dormire accanto a lui, così calma e tranquilla che per un attimo quasi si convinse del fatto che non c’era motivo di temere. Poi però si alzò dal letto e scese nell’atrio del castello, afferrò la cornetta del telefono e compose un numero americano, valutando che oltreoceano dovesse essere giorno.
Nessuna risposta, come sempre. Erano settimane che Abby e Elizabeth non rispondevano al telefono. Frederick attese qualche minuto in linea, ma niente, niente da fare.
RISPONDETE!
Quando ripose la cornetta, il suo volto assunse un’espressione ancora più tesa: era sempre più sicuro che le cose a New York non avessero preso la giusta piega.

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Capitolo 2
*** Un lungo viaggio disperato ***


Aveva viaggiato troppo a lungo ed era assolutamente distrutta. La traversata su quella sottospecie di vecchio naviglio era stata lunga e faticosa, costantemente in balia delle onde e del vento. Per non palare dell’arrivo in Europa: Elizabeth Benning aveva impiegato secoli a raggiungere quella terra così selvatica, quel luogo dimenticato da Dio, come soleva definirlo, quella regione tetra e buia, insomma la Transilvania.
Le circostanze l’avevano costretta a viaggiare in incognito, pertanto anche i mezzi utilizzati erano malridotti e poco sicuri, ma si era dovuta accontentare. Lei, da sempre abituata a vivere nel lusso e nelle comodità, aveva messo a dura prova le sue capacità di sopravvivenza, ma dopotutto non aveva avuto altra scelta.
“Dunque è così che si sentono i fuggitivi. Bello schifo” pensò la giovane a voce alta, osservando con rassegnazione le irreparabili pieghe che aveva assunto il suo vestito; fino a poche settimane prima mai avrebbe pensato di finire in quelle condizioni, e invece eccola ad arrancare, stanca e sporca, verso quel luogo dove tutto era cominciato. O finito…
   Elizabeth si trovava in una stazione di campagna, in piena notte, e non aveva idea di come arrivare al castello di Frederick, dunque si sedette su una panchina aspettando che le venisse in mente qualcosa da fare. Realizzò solo allora di essere completamente sola, abbandonata a se stessa e obbligata a nascondersi da quel mostro che era…suo marito. Non avrebbe mai dovuto sposare Abby! Era e sarebbe rimasto per sempre una creatura orribile, brutale, un’entità completamente diversa da quella che lei aveva creduto all’inizio. Il loro matrimonio sembrava perfetto, insolito ma davvero fantastico; Abby era un uomo dolce e premuroso che sembrava amarla moltissimo sotto ogni punto di vista… Avevano una bella casa, uscivano insieme e frequentavano l’alta società newyorkese proprio come piaceva a lei.
Poi qualcosa era cambiato in entrambi: Abby era diventato presuntuoso e insofferente, se ne stava sempre disteso sul divano e a poco a poco sembrò dimenticare perfino come articolare un linguaggio umano; ricominciò a emettere solo quei terribili mugolii rabbiosi come faceva prima del trasferimento di cervello.
D’altro canto Elizabeth era tornata a considerarlo come una creatura, anziché come suo marito, e ben presto le tensioni si erano trasformate in litigi furiosi che l’avevano portata a scappare di casa per cercare risposte. Sapeva che doveva essere andato storto qualcosa durante l’esperimento, e Frederick era l’unico che potesse aiutarla.
   “Sono dispersa nella notte transilvana senza un posto dove andare e dove dormire. Come potrebbe andare pegg…?” Elizabeth non ebbe il tempo di finire la frase che uno scroscio abbondante di pioggia le si rovesciò sulla testa, e a quel punto cominciò a piangere disperatamente, un pianto sconsolato ma liberatorio, durante il quale le lacrime sulle sue guance si confondevano con le gocce di pioggia.
   Non ricordò con quale forza riuscì a camminare fino al paese e a chiamare un autista che la scortasse fino alla collina nera e deforme sopra la quale sorgeva il castello.
L’antica residenza dei baroni Von Frankenstein.
 
 
N.B.:
[Ok, sono io, sono l’autrice. Lo so che il mio racconto si discosta forse eccessivamente dai toni comici e leggeri di Mel Brooks (che stimo moltissimo, naturalmente!), soltanto che ogni volta che guardo un film o leggo un libro, ho l’abitudine di “sbucciare”, analizzare, sottoporre a una sorta di RAGGI X alcuni dei personaggi che incontro. Cerco di indovinarne i sentimenti più segreti e i pensieri più profondi, riguardando tante volte la stessa scena, o leggendo ripetutamente lo stesso passo (magari fantasticandoci un po’ sopra). Il risultato non può essere che una storia molto introspettiva, a tratti malinconica e quasi sempre lontana dal finale noto. Spero vi possa piacere ugualmente!]

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Capitolo 3
*** Dubbi ***


Quando a una giovane donna newyorkese viene in mente un’idea, ella farà di tutto per metterla in atto e trasformare l’astrazione in concretezza.
Elizabeth Benning nelle settimane precedenti aveva tante volte immaginato la sua fuga in Transilvania, eppure non aveva mai creduto di essere così decisa da partire veramente. Sarebbe stato molto più semplice tornare a casa dei suoi genitori e nascondersi dal mostro, protetta da visi familiari.
Così facendo non avrei risolto niente. Devo assolutamente vedere Frederick!” pensava Elizabeth durante il suo viaggio in Europa, più per infondersi forza, che per convincere di agire nel modo giusto. D’altronde, come l’avrebbe accolta lo scienziato una volta che si fosse presentata lì, al castello dei Frankenstein, senza un minimo di preavviso?
Probabilmente non sarebbe stato contento di incontrarla, adesso che le cose con la sua nuova moglie Inga andavano tanto bene; l’avrebbero allontanata? Si sarebbero arrabbiati per la visita inaspettata? Adagiata sul sedile posteriore della vettura, Elizabeth rabbrividì a quel pensiero e guardò fuori dal finestrino con aria affranta. Pioveva a dirotto e il sentiero era buio e contorto.
Ci siamo quasi” pensò, osservando la sagoma del castello sempre più vicina “devo essere forte. Non sarà poi così terribile affrontare Frederick! Dopotutto siamo stati molto legati, e dalle sue lettere sembra preoccuparsi ancora un po’ per me…”
Non capiva la ragione di tutta quell’ansia per incontrare il suo ex-fidanzato; era sempre molto disinvolta nei rapporti con le persone, ma in quel momento non si sentiva affatto sicura di come avrebbe gestito la situazione e la paura di essere respinta si aggiungeva al terrore per la Creatura, annebbiandole la mente.
“Ziamo zopraggiunti, fraulen. Qui stradino per castello” la voce dell’autista riportò Elizabeth alla realtà. Dunque si sforzò di sorridere e lasciò all’uomo una generosa mancia.
Incurante della pioggia, percorse a piedi il viottolo che conduceva all’ingresso della rocca; era tutto esattamente come l’altra volta che era stata lì, la strada, le mura, gli alberi. Solo lei sembrava essersi trasformata e ripensò con una nota di nostalgia il suo primo arrivo al castello, felice e desiderosa di rivedere l’uomo che amava e che le era mancato immensamente mentre era sola a New York. Appena Frederick le aveva presentato Inga, si ricordò di aver sospettato subito che quella biondina potesse costituire un pericolo per la sua storia d’amore e si era ripromessa di difendere Frederick da chiunque avesse tentato di portaglielo via. Poi, beh, le cose erano andate diversamente, e dopotutto a suo tempo non le era dispiaciuto incontrare Abby…
 
Elizabeth raggiunse il portone e lottò con l’istinto di mettersi a piangere disperatamente; era stanchissima, bagnata fradicia e i suoi capelli ramati le si erano afflosciati sulle spalle. Forse non sarebbe mai dovuta partire, forse era meglio non farsi vedere da Frederick.
Mentre ancora la sua testa era affollata da quei dubbi, Elizabeth realizzò di stare già bussando al portone con gli enormi battenti di ferro. Ora non poteva più tirarsi indietro.
Basta, non ha senso fare la bambina. Eccoci arrivati, ecco arrivato il momento di dimostrare che non sono debole. Smettila di piangere, Elizabeth, sii forte! Ora devi soltanto fare un respiro profondo e appena Frau Blucher aprirà il portone e ti scorterà da Frederick, tu gli racconterai con disinvoltura le cose come stanno, e lui capirà che hai bisogno del suo aiuto. Forza: disinvoltura e scioltezza”
Proprio mentre Elizabeth rivolgeva a sé stessa quelle parole di conforto, la grande porta di legno si spalancò improvvisamente, ma non apparve la governante, come aveva pensato.
La figura che si manifestò sulla soglia era quella di Frederick Frankenstein in persona.
I suoi capelli biondi erano come sempre scompigliati e un’espressione decisamente sbalordita luccicava nei suoi occhi blu. Lo scienziato non fece in tempo a dire nulla, che Elizabeth, completamente dimentica di quel che si era imposta pochi istanti prima, scoppiò di nuovo in lacrime e si tuffò tra le sue braccia.

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Capitolo 4
*** Terrore nei suoi occhi ***


Il tuoni rimbombavano sulla terra e scuotevano il cielo, che si apriva, lacerato dai lampi, anticipandone i boati. Pioveva con violenza e il vento faceva sì che gli enormi goccioloni d'acqua cadessero inclinati sul pavé del castello dei Frankenstein.
Una donna dai capelli rossi piangeva sulla spalla del proprietario della residenza, il dottor Frederick Frankenstein, che -ancora confuso dalla visita inaspettata- era stato preso alla sprovvista, e la sorpresa aveva rallentato i suoi tempi di reazione.
Tuttavia, gli bastarono pochi istanti per rendersi conto dell'accaduto: Elizabeth Benning, la sua ex-fidanzata, la ragazza che da settimane aveva cercato invano di contattare, aveva appena bussato alla sua porta e gli si era gettata addosso in lacrime, elemonisando disperatamente un abbraccio.
"Elizabeth... Oh mio Dio, Elizabeth, cosa succede? Sono settimane che cerco di telefonarti, ti mando telegrammi! Ero preoccupatissimo!"
"Sono fuggita, avevo paura e non sapevo cosa fare... Non potevo restare, e..."
Elizabeth riusciva a malapena a parlare tra i singhiozzi e tremava per il freddo; Frederick intuì subito la gravità della situazione e l'attirò di nuovo a sé, accarezzandole i capelli fradici e scomposti, e immaginando, non senza una nota di terrore, quale fosse il problema.

Intanto, in una delle camere matrimoniali del castello, la bionda Inga dormiva. Sognava. Sognava che a suo marito Frederick venisse assegnato quel prestigiosissimo premio di medicina, che diventasse il medico più acclamato d'Europa e che la sua fama si diffondesse ovunque. Era orgogliosa di lui, era felice che l'avesse scelta come sua compagna di vita per l'eternità.
Nel sogno, poi, Frederick le si avvicinava sorridendo. Eccolo, mentre le prende le mani fra le sue e la guarda intensamente nelle pupille. Apre le labbra per dirle qualcosa e lei, Inga, chiude gli occhi per assaporare meglio quelle parole dolci e affettuose che il suo Frederick è in procinto di rivolgerle. Che uomo fantastico, si sente proprio fortunata ad averlo accanto.
"Ritornerò in America"
Il cuore di Inga accelera e la donna si sveglia di soprassalto, tirandosi su a sedere, e ansimando. Che incubo! 
Spesso era tormentata dal pensiero che Frederick potesse rimpiangere la sua vita newyorkese, ma che queste brutte idee si insinuassero anche nei sogni, non le piaceva affatto.
Inga riprese fiato, e istintivamente si appoggiò lo sguardo sull'altra metà del letto per rassicurarsi alla vista del marito addormentato, ma rimase impietrita quando si accorse che Frederick non c'era.

Non c'era, perché era seduto in cucina insieme a Elizabeth che, con una coperta sulle spalle e una tazza di té caldo, era riuscita a calmarsi.
"Frederick, mi dispiace tanto. Abby si è rivelato per quella che è la sua vera natura, cioè quella di un mostro. All'inizo mi trattava come una regina e frequentava l'alta società, mi accompagnava ai party importanti e sembrava un marito perfetto. Circa un mese fa, invece, ha cominciato a cambiare; è tornato rozzo, sgarbato... Mi faceva paura. Ho cercato di fare finta di niente, ma le cose sono peggiorate, fino a quando..." la voce di Elizabeth si interruppe di nuovo "No, Frederick, non riesco a parlarne! Dio, mi minacciava ogni giorno! Sono stata costretta a scappare senza dire niente a nessuno... Diceva che mi avrebbe trovata, e io..." Ancora fiumi di lacrime, che impedivano alla ragazza di proseguire il discorso.
Frederick allungò le sue dita sulla guancia di Elizabeth per asciugarla: "Ehi, stai tranquilla perché adesso sei al sicuro! Ci sono io con te"
"Non sapevo dove andare e sono venuta qui. Perdonami se sono arrivata senza preavviso, so che potrei non essere gradita e me ne andrò al più presto, ma..."
"Tu potrai rimanere al castello quanto vorrai. Ho avuto molta paura quando hai smesso di rispondermi. Evidentemente devo aver sbagliato qualcosa durante l'esperimento, ma tu non devi preoccuparti, d'accordo?"
Elizabeth annuì, tirando su col naso, mentre lui provava a confortarla con lo sguardo. Sembrava molto più fragile di quanto Frederick ricordasse. Quando si frequentavano, lui la vedeva come la ragazza più forte e decisa del pianeta, la considerava invincibile. Per questa ragione gli faceva male vederla così, e decise che in un modo o nell'altro avrebbe fatto sì che tornasse quella di sempre, anche se erano quasi quattro anni che non si incontravano.
Elizabeth arrossì e  cominciò a spostare lo sguardo da un punto a un altro molto rapidamente, al che Frederick sorrise. Almeno in questo Elizabeth non era cambiata: non era mai riuscita a guardarlo negli occhi per più di sette secondi, perché si imbarazzava, diventava paonazza e iniziava a muovere gli occhi in ogni direzione.

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