We'll survive this. (We always survive)

di WickedSwan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PROLOGO ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO 1-FANCULO ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 2-VERDE ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO 3-ATTESA ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO4-DETTAGLI ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO 5-RICORDATI DI ME ***
Capitolo 7: *** CAPITOLO 6-BUON COMPLEANNO? ***
Capitolo 8: *** CAPITOLO 7 – RESTA CU’MME’ (qui, sul mio cuore.) ***
Capitolo 9: *** CAPITOLO 8-MIDNIGHT MEMORIES ***
Capitolo 10: *** CAPITOLO 9 – IO NON MI MUOVO. ***
Capitolo 11: *** CAPITOLO 10 - IN ANOTHER LIFE ***
Capitolo 12: *** CAPITOLO 11-I’VE GOT YOU. ***
Capitolo 13: *** CAPITOLO 12-PER FAVORE, NON ANDARE. ***
Capitolo 14: *** CAPITOLO 13 – HOPE? ***
Capitolo 15: *** CAPITOLO 14 - LAY ME DOWN ***
Capitolo 16: *** CAPITOLO 15 – LIFE WILL FIND A WAY ***
Capitolo 17: *** CAPITOLO 16 – BAIGNOIRE ***
Capitolo 18: *** CAPITOLO 17 - VOGLIO DISEGNARE I TUOI OCCHI ***
Capitolo 19: *** CAPITOLO 18 - No Control ***
Capitolo 20: *** CAPITOLO 19 - RIGHT TO BE WRONG ***
Capitolo 21: *** CAPITOLO 20 - MAY I HOLD YOU? ***
Capitolo 22: *** CAPITOLO 21 - HOME ***



Capitolo 1
*** PROLOGO ***


PROLOGO
 
 
2 Ottobre 2011, 17.04
 
“Sempre nel mio cuore
Sinceramente tuo,
Louis.”
 
E Harry sa cosa queste parole vogliano dire, in realtà.


E' come se ci fosse un addio scritto a caratteri cubitali, nascosto da qualche parte.
E' come se stesse dicendo, da oggi tutto sarà diverso, da oggi i Larry torneranno ad essere Harry e Louis.

“Da oggi io avrò la mia vita e tu la tua.
Da oggi non sarò più il tuo tutore legale, il che prima mi faceva ridere, adesso non so neanche più.
Da oggi continuerò a cercare il tuo profumo sul cuscino, la mattina, senza poterlo sentire.
Da oggi smetterò di cucinare anche le poche schifezze che facevo, perché, se non cucino per te, io, che cucino a fare?
Da oggi mi taglierò i capelli e non prenderò più la tua mano sudaticcia quando avrai paura; non cercherò il tuo sguardo assonnato nei momenti in cui non saprò cosa dire.

Da oggi non toccherò più i tuoi capelli, fingendo di esserne invidioso.
Da oggi non avrò più da ridire se farai apprezzamenti su altre persone, perché da oggi ti devo dire addio.

 
Ma ti assicuro che da oggi fino alla fine di me non passerà neanche un attimo in cui non maledirò tutto ciò che dico, tutto ciò che sembro, tutto ciò che faccio.
E odierò me stesso, perché sarei incapace anche solo di provare ad odiare te.
Perché avrò bisogno delle tue mani, del tuo sorriso, delle tue battute cretine, del tuo respiro sul mio collo.
Avrò bisogno di sentirmi protetto e coccolato, avrò bisogno di amare, (ma non una persona qualunque, di amare te),
avrò un fottutissimo bisogno di tutto ciò che siamo. E tu non ci sarai.
Noi non ci saremo.


Perché siamo troppo deboli, sciocchi ed immaturi per prendere in mano le nostre vite e fonderle in una sola.
E ti amo, come non amerò mai nessun altro in tutta questa dannata e bugiarda vita, che ci ha donato così tanto ma che non ci permette di essere davvero felici.
 
E ti giuro, te lo giuro, in ogni attimo in cui non saremo noi, ogni istante in cui saremo divisi, vorrò stringerti fra le mie braccia e non lasciarti andare via.
Vorrò chiuderti nella nostra vecchia camera e possederti ed essere tuo come lo sono stato e come lo sono ancora, nella mia anima.

 
E vorrò fotterti fino a farti urlare,
vorrò picchiarti se mai guarderai un altro così come adesso guardi me,
vorrò scriverti migliaia di canzoni ed ascoltarti mentre canti a squarciagola nella doccia, tutte quelle stronzate di Broadway, o mentre fingi di essere Mick Jagger, girando per la casa in mutande e occhiali da sole (che cosa c’entrino gli occhiali da sole poi, io neanche l’ho mai capito in realtà).
 
Vorrò e non potrò.
E questo mi uccide.


Sarò morto Harry, un fottutissimo morto che cammina. Un automa, un robot, senza intelligenza, senza sentimenti, senza cuore.
Ecco cosa sarò, da ora in poi, senza di te.”
 

 
Raga, posto subito il secondo capitolo, ambientato ai giorni nostri.
ENJOY e fatemi sapere se vi piace!! (:

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Capitolo 2
*** CAPITOLO 1-FANCULO ***


CAPITOLO 1 – FANCULO
 
21 Dicembre 2014, 2.00PM


E anche stasera sono ubriaco.
Ormai neanche io mi rendo conto di quante volte stia capitando in questi ultimi mesi.
Certo, mesi. Diciamo pure anni.

Quando non sono in tour o a trovare la mia famiglia, la mia vita trascorre fra serate nei pub o in discoteca e terribili mal di testa mattutini.
Il tizio che ho di fronte continua a parlarmi, ogni tanto riesco a percepire qualche parola, come ‘onore’ ed ‘emozione’.
Probabilmente starà ripetendo la solita solfa di quanto sia onorato di conoscere il famoso Harry Styles e quanta sia grande l’emozione di potermi offrire da bere.
Bene, l’importante è che continui a scorrere l’Alcool.

Voglio dire, non è che sia diventato un poco di buono adesso, sia chiaro.
E’ solo che, a volte (spesso), ho davvero bisogno di staccare la spina da tutto.
Di staccare la spina da lui.

Bevo il mio quinto shot di Vodka, fregandomene del fatto che sia un alcolico poco virile.
Fanculo, a me piace.
E poi, virile un cazzo.

Credo che il tipo stia lentamente abbandonando l’idea di poter visitare casa mia stasera, dato che continuo a fingere di ascoltarlo da più o meno un quarto d’ora e ormai deve essersene accorto.
Un quarto d’ora, ecco cosa basta per capire che Harry Styles è uno stronzo.
Un quarto d’ora per comprendere che non ne vale la pena.
Non ne valgo la pena.

Non faccio in tempo a ordinare un altro drink, kapirosca alla fragola magari, che mi accorgo di una nuova figura accanto a me.
No, basta, per stasera ho già dato con le avances, sarà il caso che me ne vada.

Mi volto verso la ragazza, carina, avrà circa la mia età o un paio d’anni meno.
Mi guarda, speranzosa di ricevere attenzioni.
Ha gli occhi azzurri, grandi ma piuttosto arrossati, probabilmente per il troppo alcool.
Occhi azzurri, ma non come i suoi.

Devo smettere di uscire da solo la sera.
C’è sempre qualcuno troppo poco ubriaco che riesce a riconoscermi, perfino in questi posti dimenticati dal mondo.
La ragazza inizia il tentativo di seduzione, avvicinando pericolosamente il suo viso al mio, ma il suo profumo troppo dolce e la voce troppo stridula mi danno il colpo di grazia.
Odio le voci stridule. La sua non lo è affatto.

 Se non esco da questo posto adesso, rischio seriamente di vomitare.
Mi alzo in fretta, lascio fin troppi soldi sul bancone e mi avvio a grandi falcate verso il portone.
Esco e, dopo qualche passo, mi fermo a respirare aria pulita.

Che schifo.
Ridotto a trascinarmi in locali sconosciuti dei sobborghi di Londra, pur di essere me stesso.
Che poi, forse, non sono me stesso neanche così.
No, non sono più me stesso da un po’ di tempo ormai.

Come sempre, il mio autista mi sta aspettando in una via laterale, pronto ad accogliermi in macchina, una berlina, ovviamente, e riportarmi a casa.
Sono sicuro che qualche sera non mi vedrà arrivare.
Prima o poi qualche pazzo mi rapirà, con la speranza di tirarci fuori un bel riscatto. O magari solo per il gusto di torturarmi ed uccidermi lentamente e con gusto.
Come se non ci stessi già pensando da solo.

Salgo nell’auto e mi accascio sul sedile posteriore, chiudendo gli occhi per frenare la sensazione di nausea.
Magari quel pazzo mi farebbe un favore, in fondo.
Magari è per lui che continuo a frequentare quartieri del genere.
Magari potrebbe realizzare un desiderio di entrambi.
Tanto, sono già morto.

Finché resterò in questa macchina, mentre tutto il mondo gira intorno a me, potrò crogiolarmi in questi pensieri.
Distruzione.
Depressione.
Morte.
Tutti concetti che, se fossi sobrio, continuerei ad evitare accuratamente.
Tutti problemi che non ho voglia di affrontare.

Perché io un tempo la mia vita la amavo davvero.
E il sorriso che porto adesso è soltanto una mera copia di quello che sapevo fare un tempo.
Tarocco.
Fasullo.
Finto.
Stanco. Esattamente come me.
Esattamente come lui.

Che poi, forse, dovrei trovarmi anch’io una bella ragazza acqua e sapone, e sposarmela.
Di quelle gentili e sempre contente, di quelle che non si fanno mai troppe domande.
Una che potrebbe tappezzare i buchi e gli squarci che mi porto dietro, così come rammenderebbe i pantaloni che strappo quando cado in terra perché ho bevuto troppo.

O magari, grazie a lei smetterei di bere.
Magari diventerei un marito ideale.
Un padre modello, chissà.
E sarei felice, sereno, tranquillo finalmente.
Magari.

L’auto si ferma davanti all’Hotel in cui prenoto per serate come questa.
Qui sono molto discreti, e ci credo, con quello che pago.

“Buonanotte Mr. Smith.” Mi saluta il receptioner, lasciandomi la chiave della camera.
Smith. Che cognome particolare.

In ascensore pigio il bottone del mio piano e poi mi appoggio alla parete.
C’è uno specchio qui dentro.
Il solito specchio in cui continuo a osservarmi da mesi, forse anni, non ricordo più.

Sicuramente mi conosce meglio di ogni altro, dato che mi ha visto mentre piangevo, mentre ridevo a crepapelle o mi preparavo un drum.
Mi ha visto persino scopare, specchio pervertito.
Inizio a ridacchiare fra me e me e lo specchio mi restituisce l’immagine di un ragazzo stanco, sudato e solo.
Solo.

E vorrei tanto spaccarlo, questo specchio pervertito.
Chi se ne frega se mi ferisco una mano, magari è la volta buona che mi licenziano.
Poi però penso che mi toccherebbero sette anni di sfortuna e cambio subito idea.
In fondo, sono un tipo superstizioso io.
Styles, sei proprio una checca.

Finalmente raggiungo il mio piano, così, almeno per stasera, lo specchio non povrà vedermi piangere.
Percorro il corridoio, mentre mi accorgo che, ormai, la sbronza è passata.

Entro in camera, mi tolgo il cappotto e le scarpe e mi butto sul letto, spogliandomi il più velocemente possibile di tutti i vestiti che ho addosso.
Vestiti sporchi e logori.
Esattamente come me.

Che schifo.
Mi fa tutto schifo, domani dovrò buttarli.
Allo stesso modo in cui dovrei buttare via tutta questa merda che continuo a portarmi dentro, incapace di liberarmene definitivamente.

E poi, mentre sto per perdere i sensi, torno a immaginare una vita perfetta, quella del ‘marito ideale e padre modello’.
Sorrido, perché accanto a me e quella piccola bambina bionda c’è il mio amore, che mi sorride dolcemente, mentre cerca di insegnarle a dire ‘Papà’.

“Sempre nel mio cuore, Harry.”
“Sempre nel mio cuore, Louis.”


che ne pensaaaate????? <3

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Capitolo 3
*** CAPITOLO 2-VERDE ***


CAPITOLO 2 - VERDE
 
“Lou.. Lou..”

Sento una voce in lontananza, ma non ho alcuna voglia di stare a sentire quello che deve dirmi.
Sto così bene avvolto da questo tepore..così, perso nella linea sottile che separa il sonno dalla veglia.

“Ehi Lou..oggi è un giorno importante..”
No, voce irritante, smetti di importunarmi. Non ho alcuna voglia di aprire gli occhi. Lasciami stare dove sono, insieme a questi dolcissimi occhi verdi che continuano a fissarmi.
Chi sei? Perché mi guardi ogni notte come se fossi la cosa più preziosa che hai al mondo? Perché non riesco a scorgere i tratti del tuo viso? Perché non ti lasci mai osservare da me, quando non fai altro che fissarmi da mesi, ormai?

“Lou, andiamo, svegliati! Oggi compi ventitre anni, amore mio!!”
Ed è in questo istante che apro gli occhi, svegliandomi davvero.
Dio, odio svegliarmi con la luce del sole che mi acceca. Sono quattro anni che io ed Eleonor stiamo insieme, ma ancora non l’ha capito.
Irritante.
Lui sapeva.

Lui chi? Ma cosa sto pensando?
Comunque, dimentico ogni tipo di fastidio mentre El inizia a lasciarmi teneri e leggeri baci sul collo, per poi passare al petto..
Ecco, ora iniziamo a ragionare.

Eppure, non so perché, ma l’idea di abbandonare il sogno che stavo facendo mi lascia un vuoto incredibile dentro. E neanche mi ricordo che sogno fosse.
Niente di speciale.
Credo.

Intanto Eleonor si sta davvero dando da fare per deconcentrarmi il più possibile.
Però, dato che mi sento ancora piuttosto scosso dal sogno (Verde? C’entrava del verde forse..?) Le lascio un leggero bacio sulle labbra morbide, prima di alzarmi dal letto.

Mi stiracchio, continuando a guardarla, mentre si porta a sedere, e ricambia il sorriso che, sicuramente vede stampato sul mio viso.
E’ proprio bella, con gli occhi struccati e i capelli tutti arruffati.
Adoro i capelli arruffati, da sempre.

Finalmente anche lei si alza dal letto e, dopo essersi avvicinata lentamente a me, mi sussurra all’orecchio:
“Buon compleanno amore mio.”
Ecco cos’era.
Oggi è il mio compleanno.
Compio ventitre anni.

Mi bacia con passione ed io non posso fare altro che ricambiare il bacio, avvolgendola fra le mie braccia.
Lascio scorrere le dita di una mano fra i suoi capelli lunghi e morbidi, mentre con l’altra tento di avvicinarla a me il più possibile.
Non basta.

Improvvisamente la butto sul letto, seguendola immediatamente, cercando di sentire il suo corpo sotto il mio, ho bisogno di sentirla.
Lei si lascia condurre, seguendo ogni mio gesto, dolcemente, senza urgenza.
Con El non devo mai combattere per la dominanza, è un gioco fra cacciatore e preda ed i ruoli sono sempre gli stessi.
Non è così che deve andare.

Si abbandona a me completamente, emettendo dei leggeri mugolii di piacere, mentre le succhio leggermente il lobo di un orecchio; nel frattempo inizio ad accarezzarle un fianco, alzando leggermente la canottiera che indossa, alzando di un bel po’ di gradi la temperatura della stanza.
Non è così che mi piace.

Ad un certo punto sento il bisogno di portarla sopra di me, mentre le sfilo la canottiera, in modo poco dolce, gettandola a terra.
Torniamo a baciarci e ben presto tutti i vestiti fanno la stessa fine delle nostre magliette, abbandonati a terra ai piedi del letto.
La guido in un mondo di dolcezza e tenerezza, mentre la riporto sotto di me e la faccio mia.
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Sono sotto la doccia, mentre El si sta rivestendo, nella camera in cui abbiamo appena fatto l’amore.
Sorrido, pensando al fatto che la amo.
La amo, semplicemente. E l’idea di passare con lei il resto della mia vita è ormai un chiodo fisso nella mia mente.
Esco dalla doccia e mi avvolgo un asciugamano intorno alla vita, osservandomi nello specchio ricoperto di vapore.

Credo proprio che sia arrivato il momento di fare il ‘Grande Passo’; non mi interessa se siamo ancora molto giovani, so che è la ragazza giusta per me.
Non riesco a distinguere bene niente del mio corpo, se non dei contorni sfocati, che si confondono con lo sfondo della stanza.

Non c’è assolutamente nessun altro con cui potrei pensare di passare la vecchiaia.
Giusto?
Verde. Il vapore sa di verde.
Oddio no. Non adesso, ti prego.

Improvvisamente sento un dolore lancinante alla testa e devo appoggiarmi al lavandino, per non crollare miseramente a terra, come un bambino disperato.
E’ una fitta incontrollabile e, nonostante gli sforzi per mantenere la calma, non riesco a reprimere un grido strozzato.
Verde, il verde è sempre più intenso, come ogni volta che mi succede.

Ormai sono scivolato a terra e cerco di alleviare il dolore premendo con i palmi sulle tempie.
Credo di aver urlato, o meglio aver prodotto qualche suono strozzato, dato che El entra in bagno correndo verso di me, ancora in reggiseno e con i capelli bagnati e si inginocchia al mio fianco, sostituendo le mie mani con le sue.

“Hey Lou, che hai? Un altro dei tuoi attacchi? Vieni, sdraiati sul letto..”
In qualche modo riesco ad aprire gli occhi e, appoggiandomi quasi completamente a lei, raggiungo il letto, dove mi sdraio, cercando un modo per farlo smettere.
“El, ti prego, fallo smettere. Per favore fallo smettere. Non ce la faccio.”

Sento che mi prende la teste, che mi accarezza, tentando di darmi conforto e so benissimo che non può farci nulla.
Dobbiamo solo aspettare.
Come ogni altra volta che è successo.
Come ogni altra volta che succederà, in questa dannatissima vita da schifo.

Continuo a piangere sommessamente, mentre il dolore inizia piano piano a placarsi, per lasciare spazio al solito stordimento.
Dopo diversi minuti il mio respiro torna a farsi regolare e, finalmente, posso riaprire gli occhi.
La prima cosa che vedo sono gli occhi di El, lucidi per le lacrime non ancora uscite, tristi e scuri.
Quei bellissimi occhi nocciola, adesso arrossati e preoccupati.
Nocciola, non verdi. Che colore rilassante.

Dopo qualche altro secondo tento il tutto per tutto e decido di mettermi seduto.
Nessun problema.
Tanto ormai so come funziona; fra pochi minuti starò bene e sarà come se non fosse successo niente. Come il dolore fosse soltanto immaginario.
Come se andasse perduto ogni volta, per poi tornare più forte di prima.
Come se lo scordassi.

“Lou..va meglio?”
Mi chiede El, risvegliandomi dai miei pensieri.
“Sì..credo che sia passato..come sempre, in fondo.”
Mi lascia una carezza sulla guancia, continuando a guardarmi con quegli occhi tristi, quasi..timorosi.
Di cosa hai paura El?

Distoglie lo sguardo e si alza dal letto, prima che possa ripetere questa domanda ad alta voce.
Finisce di vestirsi velocemente e lega i capelli in una coda alta, prima di prendere la borsa ed infilarsi il cappotto.
“El, dove stai andando? Non puoi uscire fuori con i capelli bagnati..è dicembre e non siamo alle Hawaii!”
“Non preoccuparti, credo che ti ruberò il cappello blu!”
“Ma dove vai così presto? Non dovremmo..” Cerco di trattenerla, non capendo questa sua improvvisa furia di uscire.
“Lou. Sai che stasera c’è la tua festa a sorpresa. Devo almeno fingere che tu non lo sappia, ok? Tua madre si sta facendo in quattro per prepararti un party coi fiocchi e mi ha chiesto di aiutarla..credo che i ragazzi verranno qui per distrarti in qualche modo. Vedi di stare al gioco!”

Resto basito.
Festa a sorpresa?
Ah già, quella che mia madre vorrebbe organizzare ogni anno ma che poi, per un motivo o per un altro finisce per non essere mai una sorpresa.
Di solito il motivo si chiama Lottie.

Comunque, mi alzo e bacio El a fior di labbra, prima di chiuderle il giaccone e coprirle tutti quei capelli bagnati col mio cappello blu.
La guardo storto, dato che so quanto sia improbabile che non si ammali, e lei mi lancia uno di quei sorrisi adorabili alla ‘Dai Lou, non preoccuparti troppo..’, prima di baciarmi di nuovo e uscire dalla camera.
Sento il portone aprire e poi chiudersi, in lontananza, prima di gettarmi di nuovo sul letto.

Osservo il soffitto bianco, mentre aspetto che Niall o Liam arrivino, per ‘distrarmi’ durante l’organizzazione della festa a sorpresa.
Oggi compio ventitre anni.
E chi se ne frega.

Sono solo contento di poter passare una bella serata in compagnia della mia famiglia, della mia ragazza e dei miei amici.
Mi immagino già qualche regalo assurdo da parte di Zayn, Lian e Niall. Come lo streap-tease dell’anno scorso. Solo a pensarci inizio a ridere come uno scemo.
Poi mi blocco, improvvisamente.

Forse ci sarà anche Harry.
Non so perché, ma il mio rapporto con lui non è mai stato molto profondo.
Quel ragazzo non riuscirò mai a capirlo.

Eppure per i primi anni sembrava che fossimo amici, insomma abbiamo anche vissuto insieme per un po’ di tempo.
Poi, quando mi sono fidanzato con El, o poco prima forse, il nostro rapporto si è improvvisamente raffreddato, come se avessimo avuto un litigio o qualcosa di simile.
Purtroppo non lo ricordo.

Fatto sta che da allora, soprattutto da dopo l’incidente, è come se non fossimo mai stati amici.
Non parliamo più, se non per lo stretto necessario che riguarda la band ed ho notato che si è allontanato molto anche dagli altri ragazzi.
Ormai non so neanche più chi ho di fronte.
Non lo riconosco più.

Cosa gli sarà successo? Perché il suo sorriso non è mai vero? Perché sembra sempre stanco e..spento?
Perché i suoi occhi non mostrano più la gioia e la spensieratezza che riesco a vedere nelle foto di qualche anno fa?
Quegli occhi verdi così provati così..
Oh.
Verdi.
Harry ha gli occhi..verdi.

 
 
SPAZIO AUTRICE:

OK non uccidetemi per tutto questo Elounor, c'è una spiegazione, soprattutto al fatto che Louis sembra essere così distante da Harry, come se non..ricordasse.
Nei prossimi capitoli tutto sarà più chiaro, ma vorrei sapere cosa ne pensate..daidaidai recensite!!!

Un bacio

Bea (:

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Capitolo 4
*** CAPITOLO 3-ATTESA ***


CAPITOLO 3-ATTESA

 
10 Marzo 2012

“Mi dispiace ma il signor Tomlinson si trova nel reparto terapia intensiva, non abbiamo ancora nessun’informazione sul suo stato attuale.”

No.
Non può essere vero.

“Cosa sta dicendo, Ni? Non capisco..perché non possiamo vederlo? Io..devo vederlo, ditemi che sta bene, vi prego!”

L’infermiera continua a scusarsi, lo capisco dal movimento delle mani e dallo sguardo triste che mi lancia, ma in questo momento non ho alcuna voglia di aspettare.
Aspettare.

Aspettare cosa? Che il mio Louis venga sottoposto ad una qualche assurda operazione che potrebbe anche ucciderlo? Perché nessuno riesce a dirci cosa sia successo davvero?

“Signor Styles, credo che dovrebbe calmarsi adesso. E’ inutile agitarsi. Può solo aspettare e..pregare.”
“No! Stia a sentirmi, non ce l’ho con lei. Voglio solo sapere che diavolo è successo al mio fidanzato!”

Mi rendo conto solo adesso, di quello che ho appena detto.
La donna mi guarda per qualche secondo, fra lo stupito ed il meravigliato, prima di..sorridermi teneramente.

Il sorriso però non riesce a mascherare l’espressione preoccupata che continuo a leggerle sul viso da quando sono arrivato in questo maledetto ospedale.
Vorrei sorriderle di rimando, ma, con le lacrime di paura e rabbia che continuano a pizzicarmi gli occhi, non credo proprio che ne sarò capace.

“Capisco. Se potessi ti aiuterei, mio caro. Il fatto è che proprio non posso. Sono qui in attesa, insieme a voi. Tutto quello che posso fare è portarvi una tazza di caffè, per riscaldarvi un po’.”

Guardo l’infermiera allontanarsi, mentre mi rendo conto che Niall è uscito dalla stanza, probabilmente per andare dagli altri.

Sento qualcuno stringermi una spalla da dietro, come per confortarmi.
Chiudo gli occhi e prendo un respiro profondo, cercando di allontanarmi un attimo da questo incubo.
Come vorrei che questa fosse la mano di Lou.

Come vorrei poter sentire il suo respiro sul mio collo adesso.
Come vorrei potermi voltare e prenderlo fra le mie braccia, per proteggerlo da tutto e da tutti.

 “Harry.”
Mi volto e, senza pensarci due volte, mi rifugio fra le due braccia sottili che mi accolgono senza parlare.
“Mamma.”

E piango.
Piango perché ho paura, perché non so cosa aspettarmi.
Piango perché la famiglia di Lou sarà qui soltanto fra qualche ora e nel frattempo potrebbe succedere di tutto.
Piango perché non dovevo lasciarlo uscire dell’Hotel in quello stato.
Piango perché è colpa mia se adesso Lou è in quel dannato letto a lottare per la sua vita.

Se solo avessi accettato la sua decisione.
Se solo lo avessi ascoltato.
Se solo non lo amassi così tanto.

“Mamma, è colpa mia. E’ tutta colpa mia!” Continuo a singhiozzare fra le braccia di mia madre, che intanto è riuscita a portarci entrambi vicino ad un paio di quelle sedie di plastica, tipiche degli ospedali.

Siamo seduti, l’uno accanto all’altra, ma, nonostante le sue carezze, non riesco a calmarmi.

“Harry, non è colpa tua. Non è colpa di nessuno. Ti prego, tesoro mio, non abbandonarti ai sensi di colpa. Adesso Louis ha bisogno di te. La sua famiglia ha bisogno di te. Devi essere forte e devi continuare a sperare. Lou è un ragazzo testardo e questo lo sai anche tu. Sono sicura che ce la farà.”

Non so quanto tempo passi, ma, piano piano, grazie alla presenza di mia madre, riesco finalmente a calmarmi.
Lou è un ragazzo forte.

“Ehi caro..ti ho portato un po’ di caffè. Stai tremando.”
E’ tornata l’infermiera, con una tazza di caffè fumante in mano ed un sorriso incoraggiante sul viso anziano, ma ancora così espressivo.

La ringrazio ed aspetto di vederla uscire dalla stanza, prima di poggiare in terra la tazza, intatta.
Mia madre sorride comprensiva: lei sa.

Non bevo più caffè da quando ho conosciuto Lou.
E’ una sua fissazione; dice che siamo inglesi e che dobbiamo bere il thè, come simbolo della nostra ‘Inglesità’.

Inizio a ridere fra me e me, mentre ancora alcune lacrime scendono ribelli sulle mie guance.

“A Louis non piace il caffè. Ed ha fatto così tanto pur di convincermi a non berlo più che..ho finito per dargli retta. Non sono riuscito a dirgli di no, nonostante la scusa idiota dell’Inglesità. Renditi conto come sto messo, mamma.”
“Stai messo come un ragazzo innamorato, Harry. Ecco come stai messo.”

Innamorato.

Harry Styles, fottutamente ed irrimediabilmente innamorato del suo migliore amico.
Migliore amico che, in questo momento, sta rischiando la vita per uno stupido incidente.
Bell’ironia del cazzo.

“Harry..andiamo di là con gli altri. Sai che quando Jay arriverà, tu sarai il primo con cui vorrà parlare. Per sapere cos’è successo.”
“Sì mamma, hai ragione, andiamo di là. In fondo siamo tutti insieme in questo schifo.”


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Ormai fuori dall’ospedale la strada è piena di giornalisti, cameramen e fans, mentre, finalmente, la famiglia di Lou è arrivata dall’aeroporto.

Jay.
Non appena mi ha visto mi è corsa incontro, prendendomi fra le braccia esattamente come mia madre aveva fatto poche ore prima.

Soltanto che stavolta sono io a confortarla, mentre piange silenziosamente nel mio abbraccio, prima di lasciarmi un leggero bacio sulla fronte ed andare a cercare qualche infermiera.

E’ inutile.
Non sanno ancora niente.
E io comincio a chiedermi se mai sapranno dirci niente.

Mi guardo intorno, osservando con i miei occhi arrossati e stanchi tutte le persone che sono qui con noi.
Oltre a mia madre e la famiglia di Boo, ci sono ovviamente gli altri ragazzi della Band: Liam che tiene la mano a Danielle, Zyan in piedi accanto a Perrie e Niall che sta bevendo il suo terzo caffè.
In fondo, lui non è inglese.

Volto leggermente la testa verso la persona che, da quando siamo qui, non ha mai detto una parola.
Se ne sta lì, con gli occhi rivolti in basso, sperando di restare inosservata.
Eleanor.
La ragazza più strana che io conosca.

Ha accettato di aiutarci con il nostro ‘problema’, senza chiedere niente in cambio; da ormai cinque mesi è la ‘fidanzata ufficiale’ di Louis, anche se, fino ad oggi, non aveva ancora incontrato la sua famiglia.

“Stai bene, El?” Le chiedo, cercando di mostrare un po’ di gentilezza alla ragazza a cui devo questi pochi bellissimi mesi di felicità insieme a Lou.
Lei sembra riscuotersi da chissà quale profondo pensiero e si volta verso di me, rispondendo alla mia domanda con un leggero movimento della testa.
“Non tanto.” Mi dice, alla fine. “Io voglio davvero bene a Lou.”

La guardo e le stringo una spalla, per darle conforto.
Lo stesso conforto che vorrei adesso.
Ma soltanto Boo potrebbe darmelo.
Solo lui.

In questo momento Jay torna nella stanza, informandoci che ancora non ci sono notizie.
Strano, non me lo sarei mai aspettato.

“Ragazzi, so che non ne avrete voglia adesso ma..potreste spiegarci cos’è successo? Cioè, perché Lou era fuori a quest’ora di notte? E perché era solo?”
Chiede infine Jay, prima di sedersi sulla sedia lasciatale gentil mentente libera da Liam.

Alzo la testa di scatto, non appena mi rendo conto della domanda.
Jay non sa di me e Lou.
O almeno, non sa che stiamo..insieme.

Mentre mia madre era stata la prima a saperlo, avevamo deciso di aspettare qualche altro mese prima di dire la verità alla famiglia di Lou.
Non perché pensassimo che non avrebbero capito, semplicemente volevamo prenderci qualche tempo solo per noi.

Anche perché Lottie non è la persona più discreta di questo mondo.
Addio privacy.

Non avrei mai pensato che lo avrebbero saputo in questo modo.
Dovrò raccontare tutto.
Dovrò dire che Lou era in strada perché avevamo litigato.
Mi odieranno.
Più di quanto io non mi stia odiando in questo momento.

Mi schiarisco la gola, pronto a rivelare la verità alla famiglia di Boo, ma, quando apro la bocca per parlare, ecco che sento una voce femminile rispondere alla domanda prima di me.

“Lou..mi aveva appena riaccompagnata a casa. Eravamo tornati dal cinema e ci eravamo dati la buonanotte davanti al mio appartamento. Noi, ecco..usciamo insieme da qualche mese. Sono Eleanor, la fidanzata di Louis.”

Jay si volta verso di lei, guardandola per la prima volta da quando siamo tutti chiusi qui dentro.
Io non so cosa fare; vorrei alzarmi ed urlare che non è vero, che sono io il ragazzo di Lou, che noi ci amiamo, che mi dispiace per quello che sta succedendo ma..invece me ne sto zitto, incapace di dire la verità.

Mia madre mi osserva, da lontano, aspettando che io dica qualcosa.
Ma non posso farlo. Non posso togliere questa scelta a Louis.
Lui si sveglierà e racconterà a tutti la verità, una volta guarito.
E saremo felici.

Nel frattempo non posso fare altro che osservare la scena che mi si presenta davanti, incapace di fare nulla.
Jay si avvicina ad Eleanor, che, sono sicuro, sta facendo tutto questo per noi, e la abbraccia, esattamente come ha fatto con me poco fa.

Ma che diavolo sta succedendo?
Lou, ti prego, torna da me.
Ho bisogno di te.
Ho bisogno di noi.

Adesso anche gli altri ragazzi stanno osservando l’abbraccio, continuando a lanciare occhiate nella mia direzione; devono essere sorpresi quanto me.
Sì, ovviamente anche loro sanno.

“Eleanor. Voglio che tu sappia una cosa. Non devi sentirti in colpa per quello che è successo. Purtroppo non abbiamo controllo su queste cose, e adesso possiamo solo sperare che vada tutto bene.
Comunque voglio darti il benvenuto in famiglia e soprattutto voglio ringraziarti, perché in questi ultimi cinque mesi ho visto il mio bambino felice come non lo era mai stato prima.
Si vede che è innamorato. E sono sicura che sarà forte per noi ma anche per te.”

Jay torna ad abbracciare Eleanor, che a questo punto sembra piuttosto a disagio.

E come potrebbe non esserlo??
Tuo figlio è innamorato Jay..ma non di Eleanor. Louis ama me! Ed io amo lui!
Come puoi non vederlo?

Nuove e copiose lacrime tornano a scendere sul mio viso, mentre io faccio di tutto per non urlare la verità.
Devo essere forte per Louis.
Devo essere forte per il nostro amore.
Devo credere in lui.

Proprio quando sono sicuro di non farcela più, sento bussare alla porta e la stanza si fa immediatamente silenziosa.

L’infermiera del caffè entra trafelata e, dopo essersi accertata che la madre di Lou sia nella stanza, annuncia:
“L’operazione è andata bene. Louis dovrebbe svegliarsi fra qualche ora; i medici sperano in un completo recupero fisico, anche se vorrebbero parlare personalmente con la famiglia.”

Sorrido, inconsciamente.
Lou, stai tornando da me.


SPAZIO AUTRICE:

HEHEHEEE bentornati ad una nuova puntata del 'SoffricuoricinoLarry Show'!!
Insomma, ho deciso di raccontarvi del famoso incidente, quindi ci saranno forse un altro paio di capitoli ambientati in questo periodo, in modo da spiegare per benino cosa sia davvero successo al triangolo Harry, Lou, Eleanor.

Comunque, fatemi sapere che ne pensate o se avete suggerimenti e critiche di qualsiasi genere.
Aspetto con ansia!!

Un Bacione,

Iri (:

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Capitolo 5
*** CAPITOLO4-DETTAGLI ***


CAPITOLO 4-DETTAGLI

Dal preciso momento in cui ho sentito le parole dell’infermiera, non sono più riuscito a stare fermo.
Nessun danno fisico permanente.
Il mio Louis ha superato l’operazione.
BooBear sta tornando da me.

E così, cammino in su e in giù per il corridoio, come un pazzo, sorseggiando uno stupido thè della macchinetta, solo perché quando Lou si sarà svegliato, potrà sentirne il sapore sulle mie labbra.
Datti un contegno, Styles.

Jay e Lottie sono andate a parlare con il medico che ha eseguito l’operazione, un certo Dr. Fleming.
Il nome mi fa sorridere, tanto per cambiare.

“Io adoro James Bond, Hazza. Cioè, è così affascinante, così imprevedibile, così controllato..”
“Calmo Lou. Non vorrai dirmi che ti sei preso una cotta per Mr. Martini?”
“Oh no Harry. In questo momento c’è una sola, enorme cotta nella mia vita. E posso assicurarti che non è James Bond..”


Fleming, Bond..ormai il mio cervello crea delle associazioni al limite dell’assurdo.
Ho assolutamente bisogno di riavere Lou fra le mie braccia.
E di dormire, anche.
E farmi una doccia, magari.

Ma ecco che sento un trambusto, provenire proprio dall’ala dell’ospedale in cui SO essere Lou. Vedo Lottie correre verso di noi, trafelata e col fiatone.
Si ferma davanti a me, per poi sorridermi, prima di sentirle pronunciare le parole più belle che io abbia mai sentito.

“Si è svegliato. Sta bene. Vuole vedervi.”
Dio ti ringrazio.
Forse da ora in poi farò qualche puntatina in più in una delle tue chiese. Magari con un bel mazzo di fiori anche.

Poi mi fermo, ripensando all’ultima parte della frase.
“Vuole vedervi.”
Vuole vedere..tutti?
Cioè, ovvio che voglia vedere tutti, è chiaro. Ma, insomma, avrei pensato che dopo sua madre e sua sorella avrebbe chiesto..di me.

Comunque, mi riprendo subito dall’attimo di tristezza e mi fiondo dentro la stanza, per avvisare tutti gli altri della lieta notizia.
La gioia che, in un attimo, si dipinge sul volto di ognuno di loro, è abbastanza per farmi sorridere ancora di più.

Ormai mi fanno male i muscoli del viso, da quanto sto sorridendo.
Styles, diciamo che il contegno oggi l’hai proprio lasciato a casa.

Mentre sono intento ad abbracciate Liam, mentre Niall e Zayn fanno lo stesso, noto con la coda dell’occhio che Lottie sta parlando con El.
Anche lei sembra veramente felice, dato che alcune lacrime di gioia le scendono sul viso, quando anche loro si scambiano un abbraccio affettuoso.

Ora che ci penso..Lottie non ha mai abbracciato me in questo modo.
Eppure sono io il ragazzo di suo fratello.
Sono geloso.

Quando ormai siamo tutti pronti e decisi sull’andare a trovare Lou in massa, Lottie si volta verso di noi, mostrandoci un evidente sorriso di ‘scuse’.
Perché si sta scusando con gli occhi? Cosa c’è che non va adesso?
“Ragazzi, scusate ma..mamma ha detto che sarebbe meglio che prima di rivedere voi, Lou passasse qualche minuto in pace con la sua ragazza. Quindi adesso porterò El nell’altra stanza, mentre voi finite con i festeggiamenti, ok?” Ci dice infine Lottie, lasciando tutti di stucco.

“Cosa??” Chiedo io immediatamente, oltraggiato dall’indecente proposta.
Come diavolo posso accettare che la nostra ‘Ragazza di Copertura’ abbia la possibilità di parlare da sola con Lou, mentre io devo accontentarmi di due minuti insieme agli altri ragazzi??
Stiamo scherzando, spero. Se Boo non si decide in fretta a raccontare tutta la verità credo che dovrò fare irruzione nella sua camera in stile ‘Fan Arrapata’, pur di rendere chiara la faccenda.
Louis è mio.

“Harry. Lo so che voi ragazzi avete un rapporto speciale ma..su, capisci che l’amore viene prima di tutto. Se tu ti trovassi in quel letto al posto di Louis, non vorresti avere la possibilità di riabbracciare tranquillamente la persona che ami?” Mi chiede allora Lottie, visibilmente irritata dallo sguardo torvo che continuo a tenere fisso su di lei.
Lottie, vorrei strozzarti.

Prima che io possa risponderle, rivelando come stiano le cose in realtà, mia madre mi poggia le mani sulle spalle, pregandomi silenziosamente di tacere.
Decido di darle retta, anche se le rivolgo un broncio infantile, per mostrarle il mio disappunto; così, vedo Lottie allontanarsi con Eleonor, che, realizzo solo adesso, non ha detto una sola parola negli ultimi cinque minuti.

Sembra quasi che tutta questa malsana storia le stia bene.
Sembra quasi che..
No Harry, non costruirti inutili castelli mentali per favore.
Sarebbe impossibile.
O comunque assolutamente improbabile.
Credo.

Le due lasciano di nuovo la stanza, in cui, ormai, nessuno ha più voglia di parlare.
In fondo le persone che adesso si trovano vicino a me, sono le uniche a sapere la verità su me e Lou e capiscono benissimo quanto io stia soffrendo in questo momento.
Me ne rendo conto dagli sguardi compassionevoli che raccolgo, provenienti da ogni angolo della stanza silenziosa.
Patetico, Styles. Patetico.

Lancio un gridolino stizzito, prima di andarmi a sedere sulla sedia vicina al riscaldamento e continuare a fissare la porta, con le braccia incrociate e l’ormai immancabile broncio stampato in faccia.
“Hey Harry, quando fai così sembri proprio Lou. A forza di stare con lui stai imparando tutte le sue mosse da ‘Reginetta scontrosa’!” Esclama Niall, cercando di farmi ridere.

Tutti i ragazzi si mettono a ridacchiare e perfino mia madre sorride dolcemente, mentre anch’io riesco finalmente a rilassare i muscoli del mio viso, assumendo un’espressione quasi neutrale.
Quasi.

Eppure, per quanto io mi sforzi di restare calmo, non riesco a smettere di provare una strana sensazione alla bocca dello stomaco.
Lou si è svegliato e ne sono contento, ma è come se dentro di me sentissi che qualcosa non va.
La mia gamba nervosa non smette di tremare, mentre i miei capelli sono ormai una massa informe, da quante volte ci ho passato in mezzo le mani.

Forse non sono tranquillo perché Lou è di là, da solo con la sua finta fidanzata, mentre io non posso fare niente per ‘salvarlo’.
Forse non sono tranquillo perché queste mani vorrei affondarli nei suoi di capelli, mentre le nostre bocce si uniscono per fargli sentire il sapore di quel maledetto thé.
Forse non sono tranquillo perché mi manca.
O forse è qualcos’altro.

Qualcosa che non riesco a definire, una sorta di paura forte e profonda che continua a pesarmi su tutto il corpo, come un’ombra oscura.
Un’ombra che sta per cadermi addosso, per schiacciarmi completamente sotto di sé.
Ho paura.

Non so neanche quanto tempo passi, mentre l’attesa mi logora, quando finalmente vedo tornare Eleanour, che ha gli occhi più arrossati di prima.

La guardo e le sorrido, sperando che mi dia qualche informazione in più sullo stato di Lou, ma lei distoglie subito gli occhi dai miei, iniziando a fissare insistentemente il pavimento.
Non riesco a capire cosa stia facendo, forse Lou non sta bene come pensavamo? Forse sente troppo dolore, o ci sono state complicazioni?
Devo assolutamente vederlo.

“Hey ragazzi..è il vostro turno! Lou è davvero ansioso di rivedervi tutti quanti. Forza, andate di là..ma non fate troppa confusione, mi raccomando!” Esclama Lottie, affacciandosi alla porta, ancora più sorridente di prima.
Giuro, non ci capisco più niente.

Torno a guardare El per un attimo, che, mi accorgo, ha iniziato a sorridere felice, nonostante stia ancora guardando il pavimento.
Ma che è, si droga per caso?

Comunque non c’è più tempo da perdere, posso finalmente vedere Louis e non voglio sprecare neanche un minuto di quei pochi che ho a disposizione.
Mi alzo e faccio segno agli altri di seguirmi, mentre anche Jay entra nella stanza e va a sedersi accanto ad Eleanour.

“No Haz..vai prima tu. Ti raggiungiamo fra un paio di minuti, ok?” Mi dice allora Zayn, lanciandomi un’occhiata tutt’altro che indecifrabile, che più o meno potrei tradurre come ‘Và di là e sveglialo per bene, Hazza.’

Lo guardo con riconoscenza, prima di fiondarmi fuori dalla stanza e correre verso la fine del corridoio, alla stanza numero 134.



SPAZIO DELL'AUTRICE:
SI E' SVEGLIAAAAATO!! Lou si è svegliaaaaato!!!!! :D
Seh..c'è parecchio da sta contenti si..oioia, ora iniziano i casini. D:

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Capitolo 6
*** CAPITOLO 5-RICORDATI DI ME ***


CAPITOLO5-RICORDATI DI ME
E sono niente senza amore,
sei tu il rimpianto e il mio dolore
che come il tempo mi consuma..

Dato che Jay e Lottie sono ancora nella nostra sala d’attesa so che aldilà di questa porta troverò soltanto Lou e la cosa mi eccita e spaventa allo stesso tempo.

In fondo è stato per un nostro violento litigio sul tema del ‘Coming Out’ che se n’è andato fuori di casa sbattendo la porta.
Quindi è un po’ colpa mia.

Perfetto; adesso entro, lo abbraccio, mi scuso, lo abbraccio, faccio una battuta idiota, lo abbraccio e poi lo bacio.
Questo sì che è un piano geniale.

Prendo un bel respiro ed apro la porta, sperando di non trovarmi davanti un Louis troppo ammaccato.
Se avesse un occhio nero credo che potrei perfino scoppiare a ridere.

Ma, inizialmente, non riesco a capire se Louis abbia davvero un occhio nero, oppure no.
Lo vedo là, disteso su quel  letto così piccolo, mentre guarda fuori dalla finestra, il viso rivolto dall’altra parte rispetto a me.
Continuo ad osservarlo, mentre mi avvicino a lui, sempre più desideroso di toccarlo e stringerlo a me.

Ha un braccio rotto, credo.
E una garza dietro la testa, all’altezza del cervelletto.
Ma da quando ho queste nozioni sul corpo umano? Mah.
Per il resto non so se abbia delle ferite particolari o graffi sul volto, dato che tutt’ora che sono ormai accanto al letto continua a non accorgersi della mia presenza.

Potrei continuare a guardarlo per giorni e questa cosa mi spaventa.
Sono davvero così tanto innamorato del ragazzo che ho di fronte?
Come ho fatto a trasformarmi nella peggiore delle ragazzine con una cotta?
Eppure un tempo ero perfino considerato un playboy.
Bella fine hai fatto, Styles.

Comunque, basta pensieri, voglio sentire la sua voce e vedere il suo sguardo su di me.

Voglio il suo sguardo incazzato, quello snob che tira fuori ogni volta che vuole fare il superiore.
Voglio il suo sguardo dolce, quello che mi riserva ogni volta che inciampo sui miei stessi piedi.
Voglio lo sguardo appassionato, quello con cui mi guarda ogni volta che..no, praticamente sempre.

“Lou.” Lo chiamo, con un filo di voce, sapendo bene quanto odi essere spaventato.
Lo vedo riscuotersi da chissà quale strano pensiero ed infine, con una lentezza inquietante, rivolgere la testa verso di me.
O cavolo, ha davvero un occhio nero.
Eppure non mi viene da ridere, per niente.

E’ bellissimo lo stesso, coi capelli incasinati e lo sguardo addormentato.
“Hey Harry..” Mi risponde lui, con la sua voce così acuta eppure morbida. Mi sento come se ci fossimo appena svegliati nel nostro letto, la domenica mattina.

“Come stai Boo?” Gli chiedo, avvicinandomi ancora, per sedermi sulla sedia accanto al letto.
Voglio che mi parli.

“Come uno che ha appena avuto un incidente di cui non ricorda assolutamente niente, Harry.” Mi risponde Louis, tirando fuori il suo sorrisetto impertinente.
Beh, sicuramente è il solito vecchio Lou, non ci sono dubbi.

“Quindi..non ricordi niente di come sia successo? O..perché tu fossi fuori a quell’ora di notte?” Non mi interessa se non ricorda niente, devo essere sincero con lui.
Noi non ci siamo mai mentiti a vicende.
La verità e nient’altro della verità, sempre.
Mentre agli altri..beh, a loro sì che abbiamo mentito. Per troppo tempo.

“No Harry. Mamma ha detto che avevo appena accompagnato El a casa e stavo tornando al nostro appartamento..ma io ho un vuoto totale di tutto ciò che è successo  nelle ore prima del..dell’incidente. A dirti la verità spero davvero di non ricordarle. Non ci tengo affatto ad avere quei flash con macchine che volano e persone che urlano che fanno vedere nei telefilm.”

Scoppio a ridere, notando il suo broncio e sono così contento che mi viene naturale realizzare il secondo punto del mio piano perfetto.

E così mi avvicino e lo abbraccio, respirando il suo profumo.
Ok, forse non sono l’unico che dovrebbe farsi una doccia.
Ma non mi importa che entrambi puzziamo di paura ed ospedale, mentre lo stringo delicatamente a me e i suoi capelli mi solleticano il naso, facendomi starnutire.

Lou ricambia l’abbraccio e stiamo così per qualche secondo, prima che io lo senta allontanarsi da me.

“Hey Hazza, vacci piano con l’affetto. Mica sei la mia fidanzata!”
Ci metto qualche secondo a realizzare il significato di queste parole.

Lo guardo sgranando gli occhi, mentre lui continua a ridacchiare fra sé, guardandomi di sbieco.
Dopo lo shock iniziale inizio a ridere anch’io, stupito dalla capacità di Lou di scherzare anche in questi momenti.

“Certo, come no.” Rispondo alla fine, quando le nostre risate non risuonano più nella stanza.
E Lou mi guarda storto, come se non capisse quello che sto dicendo.
Sapevo che era bravo a recitare, ma non credevo così tanto.

“Lou..è tutto ok?” Chiedo, accarezzandogli una guancia per smorzare l’aria pesante che si è creata nella stanza.

Lui si sposta non appena la mia mano sfiora il suo viso, come se l’avessi scottato.
Forse gli ho dato la scossa.
Svegliati Styles, per favore svegliati.

“Harry, mi spieghi cosa stai facendo? Ti giuro sei strano..capisco che tu abbia avuto paura ma, davvero vacci piano con ‘ste coccole da donne.”

Adesso inizio a preoccuparmi.
Ritiro la mano e comincio a guardarlo confuso, cercando di capire che cazzo stia succedendo.

Perché Lou non vuole..toccarmi?
Perché ha detto quella cosa sul ‘non essere fidanzati’?
Cos’è un brutto scherzo per vendicarsi del litigio che dice di non ricordare?

La sensazione di prima torna prepotente ad incombere su di me, mentre vedo Louis sempre più distante, su quel  letto minuscolo eppure abbastanza grande da permettergli di aggiungere spazio fra noi.
Tutto questo non mi piace.
Non mi piace affatto.

“Louis ma..tu sai chi sono, vero? Voglio dire, hai picchiato la testa ma..non hai perso la memoria o roba del genere, vero? Perché sarebbe troppo deprimente.”
Per non dire doloroso.
Per non dire terribile.

Lo guardo, ormai in completo panico, mentre lui torna ad avvicinarsi lentamente a me, prima di rispondere alla mia domanda, distruggendo la mia vita.
“Certo che mi ricordo di te, Harry. Sei il mio migliore amico. Viviamo insieme. Ma ricordo anche gli altri eh, non preoccuparti. C’è mia madre, le mie sorelle, poi..ci sono Liam, Niall e Zayn, gli altri ragazzi della band e la mia fidanzata.”

La sua fidanzata?
Ops, l’ho detto ad alta voce.
Ma ormai non mi interessa più.

Non importa che Louis scoppi a ridere di fronte a me, ricordandomi di avere una ragazza da circa cinque mesi, di amarla e di essere felice grazie a lei.

Non importa che proprio in quel momento i ragazzi decidano di entrare nella stanza, interrompendo la nostra surreale conversazione.

Non importa che io faccia appena in tempo a voltarmi verso la porta aperta, prima che grosse lacrime scendano sulle mie guance.

Non importa che Zayn assista a tutto questo, cercando di capire che diamine mi sia preso.

Non importa.

Perché Louis non si ricorda più di me.
Non si ricorda più di..noi.


SPAZIO DELL'AUTRICE:

Insomma, anche per stasera c'ho dato con la tristezza. Ma che posso farci, ormai 'sta storia va così e vi giuro che ci sta andando da sola.
Fosse per me, louis e Harry passerebbero la vita a fare la spola fra la camera da letto ed il frigo, così per ricaricarsi ogni tanto.
Ah e poi i concerti..qualche volta..giusto per farci sapere che sono vivi, ecco.

Comunque vi piace?? Ora capite che vitaccia sta facendo Hazza, povero bimbo?? E come mai El fa la stronza in questo modo????
Fatemi sapere che ne pensate dai..qualche recensione, piccina picciò! Haha

Un bacio
Iri (:
 

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Capitolo 7
*** CAPITOLO 6-BUON COMPLEANNO? ***


CAPITOLO 6  – BUON COMPLEANNO?
 
24 dicembre 2014
 
HARRY POV

“Buon compleanno Louis!!!!!”

Non posso credere di essere davvero qui.
Anno dopo anno mi riprometto di non cascarci più ed ogni volta..non mantengo mai la promessa.
Ma, in fondo, come potrei?

Come potrei scegliere consapevolmente di perdermi i suoi sorrisi spontanei e gli occhi luminosi mentre finge di essere sorpreso?

Non l’ha mai detto, ma io lo so.
So per certo che queste feste non sono mai una sorpresa per lui, voglio dire, dopo anni mi sembra molto improbabile che non si aspetti proprio niente.

Eppure eccolo lì, circondato dalla sua famiglia ed i suoi amici, pronto a riservare un abbraccio ad ognuno di loro.
Sembra felice.
Cosa potrei chiedere di più?
Sono passati quasi due anni, ma per me funziona sempre allo stesso modo. Se è felice lui, allora lo sono anch’io.
Che patetica ragazzina innamorata.

Tiro fuori uno dei miei sorrisi migliori, sempre e comunque forzato e sbilenco, mentre anch’io mi avvicino per congratularmi.
Congratularmi per cosa, poi?
Lou ha 23 anni.
E ha passato l’ultimo anno e mezzo completamente all’oscuro di quello che c’è stato fra noi.
Di quello che c’è fra noi.

E’ il mio turno di dire la cazzata del giorno. Che gioia.
“Hey, buon compleanno amico!” Cerco di mantenere al minimo il contatto visivo, mentre allungo la mia mano per afferrare quella di B..ehm, Lou, già pronta ad accogliere la mia.

“Sì, grazie Harry! Sono contento che tu sia riuscito a venire..” Mi risponde lui, senza lasciare la presa.
Senza lasciarmi andare.

So cosa sta facendo, vuole che lo guardi.
Ormai sono mesi che va avanti questa storia: lui cerca di avvicinarsi a me, per ‘conoscermi meglio’, ma..io non posso proprio farlo.
Letteralmente.
Come posso ‘conoscere meglio’ una persona che conosco già come il palmo della mia mano? Come posso sopportare di parlare di sciocchezze davanti ad un orrenda ed infinita tazza di caffè?

Già, ora beve anche il caffè, lo stronzo.
Io no, però.

“Mi conoscete, arrivo sempre. Anche se all’ultimo momento.” E con una risata finta, strappo la mia mano dalla sua e mi allontano, riuscendo ancora ad evitare il suo sguardo.

Di nuovo nel mio angolino.
Di nuovo nel mio mondo fatto di tristezza, rancore e false speranze.

I ragazzi continuano a guardarmi, ogni tanto li vedo avvicinarsi a me, come per cercare di spazzare via l’alone di malinconia e rabbia che ho intorno, ma li allontano con un gesto della mano.
Non ho voglia di parlare.

Parlare, parlare, parlare.
Sembra che da mesi tutti vogliano fare solo questo con me.

Mia madre che vuole parlarmi, per sapere come sto.
Come vuoi che stia? Da schifo. E non ne posso più.

I ragazzi che vogliono parlarmi, aiutarmi a ‘superare la cosa’.
E come la supero? Datemi un cappio, vi faccio vedere io come la supero.
Ma no, sono troppo legato a questa stupida vita per tentare anche solo di liberarmene.
Codardo.

Simon vuole parlarmi. ‘Harry, è meglio per tutti. Sai che fra voi non avrebbe mai potuto funzionare’.
Non poteva funzionare? A me sembra che stesse andando tutto benissimo fino a quello stupido incidente.
Stupido Louis.
Stupido idiota.

Eleanour che vuole parlarmi. Farmi capire quanto Lou sia felice adesso. Quanto sia libero, spensierato, senza alcun problema.

Felice? Credo che tu non sappia neanche cosa vuol dire vedere un Louis felice, cara Eleanour.
L’hai mai visto urlare, sul serio, di piacere?
L’hai mai sentito gemere anche solo perché gli stai sfiorando il braccio?
L’hai mai osservato ridere con i capelli tutti scompigliati mentre giocate a fare la lotta sul tappeto del VOSTRO salotto?
L’hai mai ascoltato mentre ripete il tuo nome di notte, nonostante stia dormendo come un sasso?
Io sì.
E ti giuro, che non dimenticherò mai ogni singolo momento passato con lui.
Come potrei?
Allora ero ancora vivo.

Come sempre sono già al terzo o quarto drink, mentre Zayn continua a fissarmi da lontano, controllando ogni mia mossa.
Ormai hanno tutti paura di me.

Hanno paura che prima o poi io possa scoppiare e rompere la promessa fatta a me stesso e a loro tanto tempo fa.
Non capiscono che non lo farò mai.
Perché per quanto io possa soffrire, per quanto vorrei urlare in ogni momento quanto tutto ciò sia ingiusto, quanto questa merda sia tutta un’enorme bugia..non posso farlo.


Ormai l’ho perso.
Anche se quando bevo non mi sembra poi così lontano.

Sta tagliando la torta, mentre la sua ragazza non lo molla un attimo, lanciandomi anche lei qualche sguardo, ma solo ogni tanto.
Quando è sicura di non essere vista.

Dovrei esserci io là, in questo momento.
Non una stupida ragazzina bugiarda.
Io.

Mi rendo conto di essere davvero incazzato quando sento il bicchiere che ho in mano produrre degli strani suoni. Ormai è diventato una massa informe, schiacciato da tutta la rabbia che covo dentro da tanto, troppo tempo.

Devo uscire di qui, devo smettere di guardare ogni più piccolo centimetro del suo corpo sperando ancora che possa tornare mio.

Così, con un colpo di bacino, mi stacco dal muro e mi dirigo verso la portafinestra.
In un attimo sono sull’ampio  terrazzo del Grand Hotel, finalmente in grado di allontanarmi dal Chaos della serata.
Ma il casino che ho dentro, da quello non posso allontanarmi. Neanche per un attimo.
Non c’è mai silenzio.

Guardo il profilo dei palazzi di Londra, niente a che vedere con quelli di L.A.
Là sembra sempre giorno: con le luci dei locali, le feste che vanno avanti per tutta la notte e le persone, che non hanno mai voglia di dormire.

E’ quasi impossibile restare soli con i propri pensieri, quando hai tutta quella gente intorno che non smette mai di parlare.
Per quello mi piace; a volte mi sembra quasi di riuscire a non pensare.
A volte anch’io riesco a dimenticare, proprio come ha fatto lui.
Poi però mi riprendo dalla sbronza e la vita torna a sbattermi in faccia la realtà.

Londra è diversa.
Londra sa di casa, purtroppo o per fortuna e questo non lo posso cambiare neanche volendo.
E’ qui che ho vissuto i pochi anni più belli della mia vita e penso proprio che non potrò mai abbandonarla del tutto.

Qui la notte è semplicemente notte.
Nessun party sulla spiaggia, nessun bagno di mezzanotte (e chi si fida del Tamigi?), nessuna possibilità di dimenticare.

Eppure ci provo. E mi ubriaco, alla ricerca di compagnie interessanti con cui passare le nottate.
Ma ad un certo punto posso solo mollare tutto.
L’ho detto, questa città sa troppo di casa.

Troppo noi, ovunque ed in ogni momento, ad ogni angolo delle stradine più dimenticate, in ogni negozietto strano, sotto la ruota panoramica, in quel bar vicino a Praymark.
Ovunque.
Larry Stylinson.

Cazzo Louis, possibile che non ti sia mani venuto in mente di cercare il tuo nome su Google? Possibile che non ti sia mai passato sotto gli occhi un qualsiasi video su di noi?

Il problema è che potrei mostrarti anche mille foto in cui ci baciamo, o dormiamo insieme nello stesso letto, o cuciniamo qualche schifezza delle tue, ma non mi crederesti lo stesso.

Per te è più facile così.
Per il tuo cervello è più facile così.

Mr. Martini me l’ha ripetuto talmente tante volte, che ormai ho finito per crederci anche io.
Però questo non può impedirmi di odiarti.
Ti odio Louis.

Ti odio così tanto che quella torta del cazzo te la spiaccicherei tutta in faccia, anche solo per godermi il tuo gridolino effemminato mentre tenti di pulirti.

‘Sono effettivamente etero.’
Certo, come no.

“Oh, Harry. Non pensavo di trovarti qui.”
No, ti prego, non adesso.
Non potrei sopportarlo.
Rischio di rovinare tutto.

Lo sento avvicinarsi a me, con quel suo passo leggero e inconfondibile.
Dio quanto lo odio.
Si appoggia anche lui alla balconata, rivolgendo il suo sguardo verso la città, fissando il vuoto, proprio come faccio io.
Dio quanto lo odio.
Sapeva che mi avrebbe trovato qui. Sa sempre dove cazzo sono ed ogni volta riesce a trovare almeno dieci minuti per distruggere le mie giornate, con le sue chiacchiere visionarie sul ‘voler conoscere il vero Harry Styles’.

Fottiti Louis, il vero Harry Styles è morto il giorno in cui hai avuto l’incidente, smetti di cercare di conoscerlo. Basterebbe che tu ricordassi.
Dio quanto ti odio.

Eppure non riesco ad ignorarlo.
Non posso continuare a fissare il nulla quando ho il tutto proprio accanto a me.

“Bella festa, Tomlinson. Spero che la torta sia buona.”
“Grazie, l’ha organizzata mia madre, sai com’è. Per la torta invece..ecco, dimmi tu se è buona. Te ne ho portato un pezzo.”

Lo guardo, accorgendomi solo adesso che in mano ha un piatto con due fette di torta, ancora intatte, pronte per essere assaggiate.
Il mio sguardo vaga per qualche secondo dal piatto ai suoi occhi, per capire a che gioco stia giocando.
Ma i suoi occhi sembrano così..sinceri.
Dannatamente chiari e dannatamente limpidi.

E così, nonostante il groppo che sento formarsi in gola, non posso fare altro che annuire in silenzio, mentre lui, con un sorriso incredibilmente reale appoggia il piatto sul parapetto, nel piccolo spazio rimasto vuoto fra la mia mano destra ed il suo gomito sinistro, prima di passarmi una forchetta.

Giuro, in questo momento mi sembra di essere tornato a quando eravamo noi.
Lou che mi guarda eccitato, aspettando che sia io il primo ad assaggiare, prima di potersi fiondare su qualsiasi cosa ci sia nel piatto, lasciandomene sempre meno di metà.

E così, complici i suoi occhietti imploranti, decido di prenderne una bella forchettata, sapendo già che non me ne toccherà poi così tanta.
Meglio approfittare finché il cucciolo è ancora in attesa.

Metto in bocca la torta al cioccolato, gustandone il sapore forte e deciso ed osservo mentre anche lui fa lo stesso.

“Bella Londra di questi tempi, eh?” Mi chiede dopo un po’, con la bocca ancora piena di torta ed il labbro inferiore leggermente sporco di cioccolata.

Per qualche secondo non riesco a rispondere, sono troppo, troppo preso da quella macchia di cioccolato, su quel labbro così invitante.
L’ultima volta che era successo, la sua bocca non era rimasta sporca per più di qualche secondo.
In fondo, il cioccolato mi è sempre piaciuto molto.

Sto per rispondere con qualche altra cavolata di circostanza, quando improvvisamente vedo Lou voltarsi verso di me, con uno sguardo a metà fra l’allucinato ed il febbricitante.

Continua a fissare i suoi occhi nei miei per non so quanti secondi o minuti, mentre io cerco di capire cosa stia succedendo, finché non lo sento appoggiare le sue mani alle mie braccia, come se stesse cercando di tenersi in piedi.
Che cazzo sta succedendo.
Cazzo.


“Hey Lou, che cos’hai? Ti prego parlami. Vuoi sederti? Ti senti male? Parlami!” Comincio a dire frasi spezzate e senza senso, mentre le mani di Boo continuano a stringermi sempre più forte ed i suoi occhi si chiudono di scatto, come per scacciare un dolore profondissimo.

“Potrebbe ricordare prima o poi. Ma è una cosa molto dolorosa, non so quanto possa convenirgli in realtà. Potrebbe addirittura non farcela.”

No, non posso pensare a questo adesso.
Lou sta soffrendo ed io non so come cazzo comportarmi.

E così, ecco che mi limito a fare esattamente quello che mi viene dal cuore.
Quando la sua presa sulle mie braccia sembra allentare leggermente, cerco subito il suo viso con le mie mani ed inizio ad accarezzare piano le sue guance, il suo collo, i suoi capelli.
Quando aveva gli incubi di solito funzionava sempre.

“Lou, guardami. Sono qui. Non ti lascio.”
E quanto siano vere queste parole..lo so soltanto io.
Non so perché, o come, ma sento Lou rilassarsi, mentre continuo ad accarezzarlo, ripetendo queste brevi frasi come un mantra.

“Non ti lascio.”

Restiamo così per alcuni minuti, durante i quali ho la possibilità di studiare il suo viso, che da troppo tempo non ho avuto tanto vicino come adesso.
E’ così bello che mi viene da piangere.

Nonostante il terrore che io stia provando adesso, nonostante la rabbia, nonostante i pianti e la sofferenza, nessuno potrà mai cambiare ciò che provo.
Neanche lui stesso.

“Non ti lascio.”

Lo ripeto un’ultima volta, prima di sentire le sue mani liberare finalmente i miei bracci, per poi cingermi la vita ed abbracciarmi, come non accadeva da tanto.

Louis mi sta abbracciando.

Boo ha appena accoccolato la sua testa nell’incavo del mio collo ed io mi sento in Paradiso.
Vorrei poter rimanere così per sempre, in questa pace improvvisa quanto completamente assurda.

Ma devo capire cosa sia successo, devo sapere se sta bene.
Così, con riluttanza, cerco di staccarmi da lui, sentendolo irrigidirsi di nuovo.
Oh no, un’altra volta quella cosa no.

Apre gli occhi di scatto, come se si fosse appena svegliato da un sogno.
Sembra stordito ed in un attimo lo vedo allontanarsi da me di qualche passo; aspetto, sperando in una qualche minima spiegazione, mentre lui comincia a mordersi il labbro inferiore, visibilmente a disagio.

Proprio quando sembra che sia deciso a dire qualcosa..la porta di vetro alle nostre spalle si apre con un tonfo secco, spaventando entrambi.

“Lou. Vieni dentro, è il momento del brindisi, stiamo aspettando tutti te.”
Certo, chi poteva essere se non quella lagna di Eleanour?

“Ehm..ok, arrivo subito.” Risponde Boo, quasi sollevato per quest’improvvisa interruzione.

Ma come, prima mi vieni a cercare e poi non vedi l’ora di liberarti di me?
Perché non vuoi dirmi cosa ti è appena successo?
Perché non ti fidi?

Con un’ultima occhiata imbarazzata lo vedo dirigersi verso la porta, verso di lei, lasciandomi solo con le fette di torta.
Ormai dovrei esserci abituato, sono destinato a restare solo.

Di nuovo, il tonfo della porta mi spaventa, mentre capisco di essere stato letteralmente chiuso fuori da Eleanour, che mi guarda sorridendo dall’interno della stanza, mentre allaccia la sua mano a quella di Lou per portarlo di nuovo lontano da me.

Eppure lo vedo anche da qui, anche attraverso un vetro sporco che Lou non sta sorridendo come prima.
Sembra sovrappensiero, stanco e distratto.

Sicuramente il suo quasi svenimento, il suo mugolio affaticato, il suo aggrapparsi a me di poco fa non sono stati niente.

Riprendo a guardare le luci soffuse di Londra, mentre una nuova consapevolezza si fa strada dentro di me.
Lou non sta bene, e l’episodio di pochi minuti fa ne è la prova concreta.
Devo solo capire cosa stia succedendo.

Che stia davvero iniziando a ricordare?
 


SPAZIO AUTRICE:
Ciao ragazzi, ecco un nuovo luuunghiiiissimo capitolo tutto per voi!
Spero che l'attesa sia stata ripagata..dai fatemi sapere un po' di impressioni generali, che così mi sembra di scrivere soltanto per me stessa!!

Il prossimo capitolo sarà punto di vista di Lou..finalmente inizieremo a capire cosa ci sia nella sua testolina annebbiata..contenti??? (:

Un bacione,

Iri (:

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Capitolo 8
*** CAPITOLO 7 – RESTA CU’MME’ (qui, sul mio cuore.) ***


12 Ottobre 2011, ore 01.15 del mattino.


 
“Non mi arrabbio perché non ci sarai.
In fondo è una tua scelta e so benissimo quali sono le ragioni che ti spingono a compierla.
Anche se non le comprendo.

Mi arrabbio perché pensi che io possa accettare di avere lì, vicino a me, qualcun altro che non sia tu.
Forse non hai capito.
Io scelgo te, perché sei l'unico che voglio accanto, sempre.

E se decidi di non esserci, se non potrò avere te al mio fianco, voglio che il tuo posto resti vuoto.
Perché basterà guardare quello spazio disabitato, per ricordarmi che esisti.

E questo potrà bastarmi. Dovrà bastarmi.
Non voglio girarmi e vedere gli occhi di qualcun altro. Preferisco immaginare i tuoi.
Semplice.”
 
Basta, adesso glielo invio.
E chi se ne fotte di quello schifo di tweet.

Come diavolo pensa che potrei stargli lontano per altri..dieci giorni????
Che poi, credo che dovremmo discuterne insieme.
Ormai non sono più un ragazzino.
Sono un uomo adulto e razionale, in grado di prendere le decisioni più importanti con calma e tranquillità; quindi adesso invio questo cazzo di messaggio e vediamo cosa risponde lo stronzo.

“Sono più grande di te, Hazza. Fidati, è meglio se la finiamo qui.”
E manco mi guardava in faccia, mentre lo diceva.
E voleva finirla con un tweet.

Poi sono io l’immaturo in questa relazione.

Il management non vuole che stiamo insieme?
Benissimo, troveremo un modo per farlo di nascosto.
Voglio dire, mica possono impedirci davvero di stare insieme; basterà non dirlo a nessuno e potremo continuare serenamente a fare..quello che stiamo facendo.
Schiaccio invio e nascondo la testa sotto la coperta blu del mio letto, sperando che Lou stia già dormendo e che legga il mio messaggio domattina, quando sarò già tornato a casa.

Voglio dire, sono coraggioso ma stiamo parlando pur sempre di Louis Tomlinson.
La mia prima cotta.
Il mio primo bacio.
Il mio primo amore.

Mi blocco su questo pensiero e realizzo quello che fino ad adesso era rimasto nascosto in un piccolo angolo del mio cervello: io amo Louis Tomlinson.
Anzi, sono pazzamente ed irrimediabilmente innamorato di lui.

Di quel pazzo, fastidioso, rumoroso, impaziente, buffo, divertente, orgoglioso, incredibile ragazzo.
Dei suoi occhi azzurri sempre così svegli e ironici.
Del suo modo strano di pronunciare il mio nome.
Di quei capelli a scodella e quel ciuffo che deve spostare ogni tre per due, perché coninua a ricadergli sulla fronte.
Della sua ossessione per i biscotti Digestive, ‘Hazza sono i migliori. E poi sono originali inglesi!!’
Del suo affetto per quel giacchetto di pelle con cui ha interpretato ‘Grease’ e la sua mania di ripropormi ‘You’re the one that I want’, con tanto di balletto annesso, ogni volta che mi vede triste.

Cazzo.
Sono fregato.

Ed ecco che, proprio mentre ormai la speranza che Lou stia già dormendo si fa sempre più forte..sento bussare alla porta.
Cazzo.
Altro che fregato.
Sono proprio fottuto.

Adesso entrerà e cercherà di spiegarmi nel suo tipico tono da ‘Hazza, ascolta e impara’, che non prova quello che provo io, che c’è attrazione ma preferisce mantenere la nostra amicizia, che non vuole mettersi contro il Management, che non sono abbastanza per lui..
“Harry, io ti amo.”

In un attimo sono seduto sul letto, a stropicciarmi gli occhi, cercando di capire se quello che ho sentito sia frutto di un sogno oppure no.
Magari.

Oddio, Lou è di fronte a me, con i suoi occhiali ed i pantaloni della tuta che gli scendono così bene sui fianchi..
E’ così bello.
“Lou?”
“Cazzo Styles, com’è che per messaggio sei così profondo e dal vivo non spiccichi parola?”

Lo sguardo di Louis sembra tutt’altro che romantico; anzi, mi sta guardando come sempre, pronto a prendermi in giro per ogni cavolata che faccio.
Sta aspettando che io reagisca alla sua rivelazione, lo so.
Ma non credo che riuscirò ad accontentare le sue aspettative.

Perché non riesco neanche ad articolare un pensiero sensato, dopo quello che ho appena sentito e quello che sto guardando adesso.

“Ok Haz, dato che io, al contrario di te, odio i silenzi, adesso dovrò prendere in mano la situazione.
E, a questo punto, guai a te se provi ad aprire la bocca prima che io abbia finito.
Ti devo una dichiarazione.”

Continuo a restare pietrificato; l’unica cosa che riesco a muovere sono le mani, che iniziano a stringere la coperta sempre più forte, per scaricare la tensione.
“Sai, io sono bravissimo con le parole. So mettere significati nascosti in ogni frase che dico, riesco ad evitare domande o silenzi imbarazzanti con una battuta o un gioco di parole.
Io sono quello scazzone.
Il problema è che mi sono talmente abituato ad evitare momenti ‘rivelatori’, che ho seriamente rischiato di dimenticare come si dice la verità.

E non parlo della verità su di noi che non abbiamo rivelato al mondo.
Parlo della verità su di me che non ho rivelato a te.

Perché adoro essere quello divertente e, prima di dieci minuti fa, avrei volentieri evitato ogni tipo di discorso serio con te.
Non avrei assolutamente avuto idea di come fare.
Per questo mi ero affidato a quel tweet.
Era il massimo di verità che mi sono concesso fino ad ora.
Ed era già troppo, per me.”

Ormai Louis è un fiume in piena, mentre con passi veloci si avvicina al mio letto, per poi sedersi, incrociando le gambe, assumendo quella posa così..sua.

“Mi sono nascosto per anni dietro questa..maschera.
E sembra così tanto un cliché quello che sto dicendo, che sarei tentato di tornarmene in camera mia e farti credere che questi momenti fossero soltanto un sogno.
E sai che ci riuscirei.

Ma ormai ci sono troppo dentro per tirarmene fuori.
Non posso lasciar perdere.
Non voglio lasciar perdere.

Specialmente adesso, che so quello che tu davvero provi per me..Hazza, io non ho intenzione di lasciarti andare.
Non voglio andarmene e non voglio scappare, perché sia tu che io ci meritiamo questa chance.
Ti prego, aiutami a restare.”

E mi rendo conto che le sue mani stanno tremando, mentre continuano a torturarsi l’un l’altra, sotto il suo sguardo, ormai fisso su di loro.
Louis ha paura e, per la prima volta da quando lo conosco, mi accorgo di quanto sia fragile.
Ancora le parole non riescono ad uscire dalla mia bocca, ma una cosa posso sicuramente farla.

Mi slancio in avanti, liberandomi una volta per tutte dalla coperta e in un attimo stringo Boo fra le braccia, cercando di trasmettergli tutta la sicurezza di cui ha bisogno.
Una sicurezza che, a dire la verità, non ho neanche io.

Dopo qualche secondo, le sue esili braccia ritrovano vita e inizia a ricambiare il mio gesto d’affetto, nascondendo il viso nell’incavo della mia spalla.
Mi accorgo di quanto sia fredda la sua pelle e, proprio mentre un brivido mi percorre la schiena, decido di portarlo insieme a me sotto la coperta.

Ma prima devo tranquillizzarlo, o penserà che non abbia capito niente.
In fondo sono sempre un piccoletto.
“Lou.”
“Dio Hazza, smetti di ripetere il mio nome. Sarò anche innamorato, ma non sono mica scemo.”

Il mio cuore perde ancora un battito; non credo che mi abituerò mai a sentire queste parole così meravigliose uscire dalla sua bocca.
Styles, ricordati sempre il contegno.

“Lo sai, io faccio schifo a parlare invece. Quindi, dato che ti ho già detto tutto quello che dovevo in quel messaggio..voglio solo aggiungere che ti amo anche io. Ma non è che ti amo per dire, ti amo proprio tanto; troppo forse. E amo ogni piccola cosa che fai, anche se a volte sei così irritante e rumoroso che vorrei soltanto trovare il tuo tasto di spegnimento..sai sarebbe bellissimo avere qualche ora di riposo ogni tanto, potrei finalmente dedicarmi alla scrittura di qualche canzone, o, che ne so, mangiare in santa pace senza sentire il tuo continuo masticare, o anche..”
“Harry. Chiudi quella bocca o ti farò rimpiangere di avermi scritto quel messaggio..”
Mi intima Louis, mentre io comincio a ridacchiare, divertito dal suo tono irritato.

Con un leggero movimento della testa, indico il cuscino, invitando Lou a rimanere con me, stanotte.
Lui sembra pensarci su per qualche secondo, tirando fuori quella faccia da schiaffi che mi fa tanto..beh, lasciamo perdere, che è meglio.
Comunque, alla fine è proprio lui a trascinarmi sotto le coperte, coprendomi con attenzione, in modo che neanche un filo d’aria possa entrare.

“Quando vuoi sai essere proprio tenero.” Gli soffio, vicino ad un orecchio, mentre lui inizia ad accarezzarmi la schiena.
Siamo l’uno di fronte all’altro, sempre più vicini, tanto che ormai i nostri nasi si stanno sfiorando.

Giuro, vorrei che questo fosse il modo in cui mi potessi addormentare per il resto della mia vita.
Sarebbe perfetto.

“Boo.”
Louis riapre gli occhi, ormai stanchi ed assonnati.
“Ti aiuterò a restare.”

E finalmente posso godermi il suo sorriso tenero, a metà fra il soddisfatto ed il timido, quello che riserva soltanto per me.
Non abbiamo bisogno di baciarci, non stasera almeno.
In fondo avremo tutta la vita per farlo.

Perché sono serio: non ho intenzione di lasciarlo andare via. Mai.

Mi giro dall’altra parte, mentre Lou mi abbraccia da dietro, infilando il suo nasino francese fra i miei ricci.
Lo sento ispirare soddisfatto, mentre chiudo gli occhi e mi rilasso nel suo abbraccio; adoro fare il cucchiaio piccolo e lui lo sa.
Un attimo prima di addormentarmi, lo sento sussurrare fra i miei capelli, talmente piano che non so neanche se sono riuscito a capire bene.

“Non me ne vado Harry, mai.”



 
ANGOLO DELL’AUTRICE:
Ciao ragazzi, scusate il ritardo con l’aggiornamento, ma, come Harry, io arrivo all’ultimo momento, ma arrivo sempre!

Che dirvi; vorrei prima di tutto ringraziare voi lettori, che mi spingete a continuare a scrivere.
Poi, un grazie speciale all’uomo che (era) è Pino Daniele, un artista che mi accompagna da quando ero piccola e che porterò sempre con me.
Il titolo di questo capitolo è esplicitamente ripreso da una sua canzone, tra le più belle che abbia mai sentito, di cui vi lascio il link qui:


https://www.youtube.com/watch?v=LePQ-2t63XI
Questo capitolo è un flashback collocato fra il tweet iniziale di Louis e il famoso incidente.
E’ il momento in cui i due hanno deciso di combattere per il loro amore, il momento ‘rivelazione’, come lo chiama il nostro amato Loulou.

Via, sperando di poter aggiornare per il weekend, vi lascio un bacione, fatemi sapere che ne pensate, vi prego, per me sarebbe importante!!!!

A presto,

Iri (:


 

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Capitolo 9
*** CAPITOLO 8-MIDNIGHT MEMORIES ***


CAPITOLO 8 - MIDNIGHT MEMORIES

Ormai la festa è agli sgoccioli ed io non mi sono ancora ripreso.
Quello di stasera non è stato un ‘episodio’ come tutti gli altri; è come se qualcosa dentro di me sia riuscito finalmente a smuoversi, dopo mesi di tentativi andati a vuoto.
Non ho idea del perché, ma mi sembra di essermi appena svegliato da un sogno.
 
Eppure, a livello conscio, non mi sento affatto diverso da qualche ora fa.
Cavolo, è un discorso talmente complicato ed assurdo che non riesco a capire una mazza di quello che sto pensando.

E i tre bicchieri di Cubalibre che mi sono scolato, sicuramente non mi aiutano a focalizzare il problema.
 
El sta salutando gli ultimi ospiti rimasti, mentre io continuo a restare seduto ed imbambolato, a studiare i riflessi che la luce del grande lampadario si diverte a creare sul bicchiere vuoto.
 
Harry se n’è andato molto tempo fa, giusto qualche minuto dopo la nostra.. ‘chiacchierata’ sul terrazzo, ma devo ammettere che da quel momento non ho smesso di pensare a lui neanche per un secondo.

Al suo sguardo terrorizzato durante la mia crisi,
alle sue braccia strette intorno alla mia vita,
alle sue parole di conforto soffiate vicino al mio orecchio.
 
Non so perché mi sia venuto un attacco proprio durante il mio scambio di battute con lui, ma so che è solo grazie alla sua pronta reazione che non è stato doloroso come gli altri.

Era come se, in qualche modo, ogni suo gesto fosse esattamente ciò che mi serviva per stare meglio.
Come se mi conoscesse abbastanza bene da sapere cosa sarebbe riuscito a calmarmi.

Ma Harry non mi conosce poi così bene.

Eppure portargli quell’enorme fetta di torta mi era sembrato il gesto più normale da fare.
Non ci avevo pensato molto, avevo voglia di uscire in terrazza con lui e l’ho fatto, portando con me un enorme pezzo del suo dolce preferito.

No, un attimo.
Come faccio io a sapere che la torta al cioccolato è il dolce che preferisce?
Da dove ho tirato fuori quest’assurda convinzione?

“Ehy amore, è ora di tornare a casa. Gli ospiti se ne sono già tutti andati..magari potrei darti il mio regalo..”
Mi sforzo di sorridere.
In fondo El è sempre dolce e comprensiva, e questo tubino nero la fascia alla perfezione; credo che sarò molto contento di scartare il mio regalo.

O almeno, lo sarei, se riuscissi a smettere di pensare a quel ragazzo per almeno cinque minuti.

El mi prende per mano, mentre ci dirigiamo fuori dall’hotel, dove un’elegante limousine ci sta aspettando, per accompagnarci all’appartamento.
Il suo appartamento, quello che stiamo condividendo da ormai sei mesi.

Sono seduto sul seggiolino, mentre la ragazza continua ad accarezzarmi dolcemente un braccio, pregustando, probabilmente, una notte d’amore e passione.

Soltanto stamattina ero convinto che chiederle di sposarmi fosse la scelta più giusta; eppure, neanche ventiquattr’ore dopo, eccomi qui, a farmi milioni di domande su di noi, ma soprattutto su di me.

E tutto, per questa sensazione stranissima che non mi abbandona.
Tutto per gli occhi verdi che ho sognato questa mattina.
Tutto, perché sono finalmente riuscito a riconoscere quegli occhi.

Sono gli occhi di Harry Styles.

Così, dato che le mie reazioni sono assolutamente calibrate in questi ultimi tempi..ecco che ho avuto l’ennesimo attacco, proprio davanti al ragazzo a cui non avrei mai pensato di chiedere aiuto.
Il ragazzo di cui non so quasi niente ma che continua a tormentare i miei sogni, con uno sguardo così dolce e profondo da farmi tremare il cuore.

Tremare il cuore? Ma che diavolo vai a pensare Tomlinson?
Riprenditi, per favore, e guarda di goderti il tuo regalo.

Apro gli occhi mentre l’autista parcheggia davanti all’appartamento di El, per lasciarci scendere.
Inizio a camminare verso il portiere notturno, che ci saluta gentilmente; e mi accorgo solo adesso di quanto io sia realmente stanco.

Faccio fatica a mettere un piede davanti all’altro, mentre l’Alcool, il sonno e lo stress creano un mix letale nel mio sangue.

Quasi quasi potrei addormentarmi in questo ascensore, con la faccia appoggiata contro il muro scuro.
Ma ovviamente ‘Little miss Sunshine’ qui accanto non me lo lascia fare.

Così mi trascino stancamente verso l’appartamento, arrivando persino ad aprirle la porta (poi dicono che non sono un gentiluomo), prima di attraversare ogni stanza ed ogni corridoio e buttarmi sul letto a corpo morto.

“Ehy amore..ho comprato una cosa speciale per stanotte; so che ti farà impazzire!”
Inizia ad informarmi El, entrando in camera ed accendendo la luce.

Accidenti a lei e questa luce del cavolo che continua a puntarmi addosso.
Che fastidio.

“Lou! Ma cosa fai? Mi svieni sul letto prima di aprire il regalo??” Continua lei, avvicinandosi a me, prima di arruffarmi i capelli con la mano.
“No, dammi due minuti El. Devo riprendermi un attimo dalla serata.” Mento, sperando che mi lasci in pace almeno per qualche istante.

Mi sento incredibilmente in colpa; perché la sto trattando così? Non ho idea di cosa mi stia prendendo, ma avrei davvero bisogno di restare solo.
O meglio, di andare lontano da lei, per un po’.

“Ok tesoro. Intanto che ti rilassi io vado in bagno a prepararmi..a dopo!” Mi risponde, prima di chiudersi la porta alle spalle.
Grazie.
Finalmente un po’ di silenzio.

Giro la testa verso l’orologio sul comodino, per accorgermi che, in fondo, non è poi così tardi come pensavo.

1.02 AM

Questi numeri mi ricordano qualcosa.

Mi metto a sedere in un attimo e prendo in mano la piccola sveglia, che continua imperterrita a segnare le stesse due cifre, come se il tempo non passasse mai.

Mi tolgo velocemente la cravatta, mentre inizio di nuovo a sudare freddo.
Devo restare calmo e concentrarmi su questi numeri.

So che sono importanti, so che sono fondamentali, eppure non riesco a focalizzare niente che mi aiuti a capire.
Sento dei rumori provenire dal bagno e so che fra qualche manciata di secondi Eleonor uscirà dalla porta, con un dolce sorriso sulle labbra, pronta a rendermi l’uomo più felice del mondo.

Ma io devo sapere.

E vederla, in questo momento, non mi aiuterebbe di certo.
Tutta la stanchezza che avevo addosso fino a qualche minuto fa sembra essere improvvisamente scomparsa, mentre mi alzo dal letto e recupero il giaccone, abbandonato sulla sedia nell’angolo.

Per fortuna che non mi ero ancora tolto le scarpe.

Raggiungo a grandi falcate il portone dell’appartamento; lo apro e mi lancio nel corridoio esterno, richiudendolo alle spalle, proprio mentre sento El che esce dal bagno.
Ma che cazzo sto facendo?

Non ho neanche il tempo di formulare una risposta sensata a questa domanda, che sono già dentro l’ascensore a schiacciare ripetutamente il tasto numero ‘0’.
Dove cazzo vado adesso?

Il ‘Din’ dell’ascensore mi risveglia dopo soltanto qualche secondo e non aspetto neanche che le porte si aprano del tutto, prima di fiondarmi verso l’uscita della palazzina.

Il portinaio stavolta mi guarda con fare interrogativo, non capendo come mai io stia correndo come un pazzo verso il nulla.

Eppure corro, corro perché ne ho bisogno.
Corro perché mi sento soffocare e devo riuscire a respirare a pieni polmoni.
Corro perché non ho idea di cosa sia successo stasera, non ho idea del perché l’idea di sposare Eleonor mi faccia così paura, non ho idea del motivo dei miei continui e lancinanti dolori alla testa.
Cosa mi sta succedendo?

E’ come se ci fosse un enorme segreto che mi è stato nascosto.
Come se ci fosse qualcosa su di me che io stesso non riesco a capire.
Mi sento sbeffeggiato dal mondo, anche se in questo momento sono completamente solo.

Dopo non so quanto tempo rallento la mia corsa e mi fermo, completamente senza fiato.
Cazzo, devo ricominciare a giocare a calcio, o diventerò un vecchio ciccione senza neanche accorgermene.

1.02

Cosa c’è di così importante in queste cifre?
C’è soltanto un modo per capirlo.

Prendo il cellulare e compongo il numero del mio migliore amico, l’unico per il quale la mia domanda non risulterà completamente assurda e che non mi tratterà come un pazzo psicotico.

“Pronto? Lou, tutto ok?” Chiede la calda voce di Zayn, mentre io sto ancora cercando di recuperare il fiato.
“Hey Zay..si..tutto bene..ma devo..chiederti una..cosa.” Riesco a dire, fra i respiri affannati.
Sono un pazzo.
Perché hai il fiatone Lou? Dove sei? Cosa vuoi sapere?”
“Lascia perdere il fiatone. Dimmi solo se i numeri 1.02 vogliono dire qualcosa per me. E già che ci sei, spiegami anche perché sembro un malato di Alzheimer che ogni tanto ha un momento di lucidità. L’ultima volta che ho controllato non avevo problemi di memoria.”
Rispondo io, ormai incazzato nero.
Qual è il mio problema?

“Di questa cosa ne parliamo a modo domattina, magari. Ok?” Dice allora Zayn, improvvisamente sulla difensiva.
“Zayn, che cazzo sono ‘sti numeri?” Non ho più voglia di scherzare e sta iniziando di nuovo a farmi male la testa.
“Ehm..lasciami pensare Lou; 1 e 02 dici..non lo so! Potrebbe essere un orario, una stanza d’albergo, un codice segreto, una data..oh cazzo.”

“Oh cazzo cosa, Zayn?” Ti prego, dimmelo, o potrei davvero buttarmi nel Tamigi.

“Ho capito cos’è Lou. E’ una data.”
“Una data? Quindi.. il primo Febbraio? E cosa mi è successo?” Chiedo, speranzoso. Magari è qualcosa che riguarda me ed Eleonor. Magari potrebbe tranquillizzarmi.
“No, non è successo niente a te.”
“Zayn..”
“Lou, il primo Febbraio è un compleanno. E’ il compleanno di Harry.”

Sgrano gli occhi, prima di appoggiarmi con la mano libera al primo muro che mi trovo vicino.
I due numeri che mi stavano facendo impazzire..sono la data di nascita di Harry Styles.

I suoi occhi.
La fetta di torta.
Le sue mani.
Il suo profumo.
Il suo starmi sempre lontano, pur continuando a fissarmi, come se io non me ne accorgessi.
Come se dovesse, in qualche modo, rimanere accanto a me.

“Ti aiuterò a restare.”

“Zayn. Dammi l’indirizzo di Harry.”
“Perché?”
“Zayn, dammi questo cazzo di indirizzo!” Continuo a sbraitare; non me ne frega se sto svegliando mezzo quartiere.
“Harry sta al 356 di Knightsbridge Street. Interno 14. Ma, Louis. Non fare cazzate.”
“Grazie Zayn!” Rispondo, prima di attaccargli il telefono in faccia. Gli voglio bene, ma adesso ho da fare.

Ormai tanto, non ho nulla da perdere.
El sarà arrabbiatissima con me.

“Servizio taxi londinese.” Gracchia una voce dall’altra parte della cornetta.
“Si, avrei bisogno di un Taxi. Devo andare al 356 di Knightsbridge. Adesso.”
 
 
SPAZIO AUTRICE:

Eccomi, in ritardo, con un capitolo orribile e un cerchio alla testa che nemmeno Louis Tomlinson lo smemorato di turno.
Non vedo l’ora di finire questi esami perché, ragazzi, mi stanno mangiando viva.
E poi io mangio i biscotti, così mi reintegro e ingrasso.
CHE SCATOLE.
Comunque, Louis sta dando i numeri, ma sappiate che la strada è ancora lunga, perché accettare la verità spesso non è facile come si può pensare. Vi avverto..sarà un GRAAAN casino.

Comunque, che ne dite, seguite ancora volentieri la storia?
O vi sta annoiando?
Dai lasciatemi qualche recensione..non mi fate sentire sola soletta!!!!

Un bacio

iri (:
 

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Capitolo 10
*** CAPITOLO 9 – IO NON MI MUOVO. ***


CAPITOLO 9 – IO NON MI MUOVO.
“Cause if one day you wake up and find that you're missing me
And your heart starts to wonder where on this earth I could be
Thinking maybe you'll come back here to the place that we'd meet
And you see me waiting for you on the corner of the street

So I'm not moving
I'm not moving”


 
HARRY POV

Non passa neanche mezz’ora dal mio ‘momento’ con Louis, che mi rendo conto di quanto la mia presenza a questa festa sia assolutamente superflua.
Per non dire dannosa.

Mi guardo intorno un’ultima volta, mentre tutti stanno ancora ridendo e scherzando sotto la luce scintillante dei lampadari di cristallo.
Ma che è, proprio adesso devo fare il poeta?
Quindi prendo la mia giacca, controllo che il pacchetto di sigarette sia sempre nella tasca interna, e dopo un breve cenno di saluto mi allontano da tutto questo chiacchiericcio.

“Hey Harry..te ne stai andando?” Cavolo, ma non ha una fidanzata ‘sto ragazzo? Proprio stasera si è ricordato che esisto?
Mi giro, trovandomi di fronte un Louis Tomlinson evidentemente deluso, con quella sua espressione da reginetta scocciata stampata in faccia.
Vorrei farla sparire a suon di schiaffi. O baci, non importa.

“Già. Domattina devo alzarmi presto, ho un appuntamento con il parrucchiere.” Mento, spudoratamente.
E mi rendo conto subito dopo che la mia bugia è davvero stupida.
Cazzo, ora dovrò davvero tagliarmeli questi dannatissimi capelli.

“Oh..ok allora. Grazie per essere venuto.” Mi risponde lui, notando sicuramente il mio disagio.
Ha sempre capito quando mentivo.
Sempre.
Chissà se ci riesce ancora.

“Va beh, auguri di nuovo Louis, ci vediamo alle prove.” E neanche lo guardo in faccia, per paura che possa dirmi qualcosa, qualsiasi cosa, e farmi crollare di nuovo.
Non sopporto avere addosso il suo sguardo, sapendo che non potrò più leggerci dentro quell’amore che mi scaldava fino a qualche mese fa.
Io..non ce la faccio.
Neanche mi soffermo ad ascoltare la sua risposta, tanto so che mi farebbe stare peggio di come sto già.

Mi dirigo a passi veloci verso l’ascensore, sperando che il viaggio in Limousine non duri poi così tanto.
Avevo pensato di andare in qualche locale, come l’altra sera, ma stanotte proprio non ho neanche la forza di bere altri alcolici o ascoltare quello schifo di musica House.

Passo tutto il tragitto in auto in uno stato semicomatoso, continuando a ripassare nella mente ogni più piccolo particolare della mia conversazione con Louis.
Più ci penso, più mi convinco che qualcosa in lui stia cambiando sul serio.
Per un attimo, stasera, mentre mi stringeva con quelle mani piccole e ghiacciate e mi osservava ad occhi sbarrati, mi è quasi sembrato che mi riconoscesse.
Che avesse capito chi sono.
Chi siamo, entrambi.

Il mio appartamento è l’interno 14, al settimo piano di una palazzina davvero niente male.
Piscina interna, terrazzo con vista sulla London Eye, giardino pensile, proprio una bella situazione.

Il problema è..che non è casa.
Casa è quella in cui vivevo con Lou.
Sempre piena di cibo spazzatura, carote, maglie a righe e pentole bruciate.

Ogni volta che rientravamo a casa doveva farmi ascoltare un nuovo Cd che aveva comprato, o vedere un nuovo film appena uscito nelle sale (rigorosamente in Streaming).
Oppure gli prendeva il matto e mi chiedeva di insegnargli a cucinare, con il risultato che dovevamo sempre buttare qualche pentola e ordinare una pizza da ‘Nello’.

‘Ma così mi viene il culo grosso, Haz’
Continuava a lamentarsi sempre, senza rendersi conto di quanto il suo culo grosso fosse perfetto.
Eppure se la spazzolava sempre tutta da solo, quella pizza con doppia mozzarella, con una gioia negli occhi che a ripensarci adesso mi viene da piangere.

Entro in casa dopo un viaggio in ascensore di cui neanche mi sono accorto.
Menomale che in questo non ci sono specchi, o stasera avrei davvero dato di matto.

Mi spoglio velocemente e, nonostante sia ormai tardi, decido che ho bisogno di una doccia calda, per rilassarmi prima di affrontare un’altra notte in solitudine.
Solo con i miei pensieri.
Che culo.

Il fatto è che neanche mi importava così tanto di rendere pubblica la nostra relazione: a me bastava che lui ci fosse per me come io c’ero per lui. Non so perché mi ero messo in testa l’idea che non mi amasse più come prima.
E mentre l’acqua scorre sulle mie spalle rigide e si mischia con quelle odiose lacrime, che non mi abbandonano mai per troppo tempo, immagini di quella terribile notte continuano a rincorrersi nella mia mente, così come, forse, non accadrà più in quella di Louis.

FLASHBACK (La notte dell'incidente)

“Che cazzo vuol dire che non ti fidi di me?” Urla Louis, continuando a spostarsi il ciuffo dagli occhi.
Se non fossi assolutamente incazzato con lui sarei completamente ipnotizzato da quel suo sguardo così tagliente ed appassionato.
Ma mi basta ripensare al fatto che si sta tirando indietro, che torna a salirmi la rabbia.

“Vuol dire che se non mi ami più, è meglio che tu me lo dica subito! Non sono un idiota Louis, possibile che tu non abbia la minima intenzione di combattere?”
“Harry, spero che tu stia scherzando. Che cazzo ho fatto secondo te negli ultimi sei mesi? Non hai idea di quanto possa essere pesante far finta di essere innamorato di lei! Sono io che fingo, ogni giorno; sono io che devo sorridere per forza, mentre le tengo la mano! Che cazzo ne puoi sapere tu?” Mi urla ancora, avvicinando pericolosamente il suo corpo al mio, mentre i suoi occhi continuano a lanciare fulmini e saette.
Lo sto odiando. Dio, vorrei tanto buttarlo a terra e picchiarlo violentemente.

“Oh, mi immagino quanto questo possa turbare la tua sensibilità, caro mio. Lo vedo come ti guarda, sai? Quella è cotta di te! E sto iniziando a sospettare che la sua non sia una fantasia completamente insensata. Chissà che cazzo fate tutto il pomeriggio insieme. E il bacio che vi siete dati alla partita? Faceva tutto parte della ‘copertura’???” Gli rispondo, tirando finalmente fuori il mio vero problema.

Io sono geloso di Eleanor. Terribilmente geloso.
E lo so che è una cosa meschina, che dovremmo soltanto ringraziarla per tutto l’aiuto che ci sta dando, ma parliamoci chiaro.
Quella è cotta di Louis. Del mio Louis.

E non me ne frega un cazzo se lui non l’ha mai guardata neanche di striscio o se quando si prendono per mano sembra che stia andando ad un funerale.
Quella, fra partite di basket, merende da Starbucks e shopping sfrenato, passa molto più tempo con lui di quanto io potrei mai sperare di ottenere, ed io sto impazzendo per questo.

“Harry. Ti prego dimmi che stai scherzando. Sembri una checca isterica quando fai così, smetti di fare il martire insicuro e pensa a goderti i pochi momenti che abbiamo!” Esplode piccato lui, cercando allo stesso tempo di calmarmi e sfogare il suo nervosismo.
“No Louis, vaffanculo! Se vuoi qualcuno che sia sempre sorridente vattene dalla Calder! Forse sarebbe stato meglio finirla quando avevi detto tu e dimenticarci di esserci mai amati!” Gli urlo, spintonandolo forte.

Lui rimane interdetto dopo le mie ultime parole.

Non si aspettava che potessi reagire in questo modo; di solito è lui quello nervoso, mentre io tendo sempre a rimanere calmo, in ogni genere di situazione.
Tiene lo sguardo puntato verso il pavimento per un tempo che mi sembra interminabile, mentre io cerco di regolarizzare il respiro, per evitare un attacco d’asma.
Poi, dopo un paio di minuti-o un paio d’ore, non so- alza finalmente gli occhi su di me e..cazzo. Vorrei che non l’avesse fatto.

Sta piangendo. Ho fatto piangere il mio Lou.
Sono uno stronzo.

“No Lou, mi dispiace, ho esagerato, io..” Inizio a balbettare ogni genere di scusa, incapace di distogliere il mio sguardo da quegli occhi improvvisamente troppo stanchi ed arrossati.

Soltanto adesso mi rendo conto del casino dei suoi capelli, delle occhiaie sotto quegli occhi incredibilmenteazzurri e la barba poco curata.
Louis sta soffrendo come me. Forse anche di più.
E io l’ho appena trattato come un traditore.

“Harry.” Comincia allora lui, con una calma inquietante nella voce. Non l’ho mai visto così..abbattuto. Mi fa paura.
“Adesso io prendo e me ne vado da qui.” No, ma che cazzo sta dicendo?
“Lou, ma..”
“Stai zitto Harry!” Merda. Merda. Merda.
“Adesso io prendo e me ne vado da questa casa. Ho bisogno di schiarirmi le idee. Non seguirmi, non chiamarmi, non tentare di fermarmi, ok? Io non voglio vivere in questo modo, non voglio dover avere il bisogno di giustificarmi anche con te! Sono stanco, va bene? Sono stanco che tutti mi dicano cosa devo fare, cosa devo provare, quanto posso parlarti o anche solo guardarti negli occhi! Noi dovremmo esserci sempre, l’uno per l’altro, senza dubbi e senza paure."
Smetto di respirare.
"Io sono il tuo segreto, Harry, così come tu sei il mio. E se uno dei due inizia a cedere..non so quanto potremo andare avanti. Io sono disposto a lottare, ma solo finché lo sei anche tu.”

E lo vedo allontanarsi da me; vedo la sua schiena ricurva ed i suoi capelli spettinati.
Lo vedo indossare il giacchetto ed aprire piano la porta; ormai anche il mio sguardo è offuscato dalle lacrime e mi rendo sempre più conto della cazzata enorme che ho detto.
 
Prima di uscire si volta di nuovo verso di me, sempre con quello sguardo sconfitto e cosi poco alla Louis, che mi spezza il cuore.
 
“Io non voglio dimenticare. Perché ciò che siamo insieme è la cosa più bella che io abbia mai avuto. Me ne sto andando per stanotte, ma questo non vuol dire che io me ne stia andando per sempre. Ormai mi conosci abbastanza bene per sapere che quando mi metto in testa una cosa, nessuno può fermarmi.
I am the man who can’t be moved.”
 
FINE FLASHBACK
 
Continuo a piangere come un bambino, mentre la mia pelle raggrinzisce sotto il getto d’acqua costante.
Mi siedo sulla parete della doccia, mentre i singhiozzi diventano sempre più incontrollati.
 
Perché è colpa mia se Lou è uscito di casa a quell’ora di notte.
E’ colpa mia se si è dovuto muovere dalla nostra casa.
E’ colpa mia se quell’autista folle ha quasi ucciso lui ed ucciso noi.
 
E inizio a cantare piano, in un sussurro strozzato, quella canzone che continuo a ripetermi ogni giorno, per aggrapparmi alla speranza che tenta continuamente di scappare.
Perché se non può essere Lou quello forte, allora devo esserlo io.
Glielo devo.
“Maybe I'll get famous as the man who can't be moved..
And maybe you won't mean to but you'll see me on the news,
And you'll come running to the corner
'Cause you'll know it's just for you.

I'm the man who can't be moved
I'm the man who can't be moved”
 
 

 
NOTE DI QUELLA SCEMA CHE SCRIVE: Ciaaaao Guuuuys, so che volete uccidermi tutti, ma vi prego non fatelo, altrimenti la storia rimarrà incompiuta!!

Allora, che ne pensate del capitolo? Io sono abbastanza soddisfatta stavolta, anche se, forse, è un po’ troppo smielato..tutta sta gente che piange, che scatole!
Va beh, so che vi aspettavate un Louis trafelato che arriva a casa di Hazza in questo capitolo, ma alla fine ho deciso che prima dovevo offrirvi questo tassello del puzzle, per poi capire meglio il confronto fra i due!
E poi, avevo bisogno dei ‘The Script’, quindi, ecco è uscito questo e basta.

Fatemi sapere che ne pensate, un bacione on eone

Iri <3

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Capitolo 11
*** CAPITOLO 10 - IN ANOTHER LIFE ***


CAPITOLO 10 - IN ANOTHER LIFE
 
Again again I let it go,
Cover my mouth don't let a single word slip out

Wouldn't wanna tell you, no,
Nothing could be worse
Than the risk of losing what I don't have now

Though Is it so bad if I wanna cry out

That I would die to make you mine
Bleed me dry almost every time
But I don't mind, no I don't mind it
I would come back 1000 times


 
Harry POV (Credo che a metà capitolo ci sarà uno switch)
Sono finalmente nel letto, con addosso soltanto i miei boxer, a fissare il soffitto cercando la voglia di dormire un po’.
Sembro una pazzo, seriamente: ormai passo dall’isteria completa, all’ansia, alla voglia di morire, a quella di tornare a combattere.
Non so davvero più dove sbattere la testa e mi ero quasi rassegnato alla possibilità di doverlo lasciare andare, ma dopo stasera..dopo stasera non posso neanche sfiorare quest’idea.
Perché il mio Louis è ancora lì, da qualche parte, e ciò che ho visto nei suoi occhi qualche ora fa me ne ha dato la conferma.

Però, dopo mesi di silenzio, non posso nemmeno prendere e andare da lui come se niente fosse e raccontargli la verità. Conoscendolo inizierebbe a ridere, prima di tirarmi un pugno in faccia e mandarmi a quel paese.
Col carattere che si ritrova, poi.

E in fondo, potrei davvero dargli torto? Avrei dovuto restargli vicino, essere forte e tirare fuori tutto quanto subito dopo l’incidente; prima che tutti quei falsi ricordi si infiltrassero nella sua mente creando un passato che non è mai esistito.
Tutte le bugie che si è sentito raccontare, tutte le cazzate con cui è stato nutrito, soprattutto per colpa mia.
Perché io non ho avuto il coraggio di alzare la testa e dire basta.
Sono stato io, con il mio silenzio ed il mio senso di colpa a spingerlo sempre più lontano da me.

E ora non soltanto mi sento in colpa per l’incidente, ma anche e soprattutto per quello che non ho fatto dopo.
L’ho lasciato nelle mani di quella ragazzetta fissata, che l’ha preso e se l’è rigirato come ha voluto, senza che nessuno si opponesse, senza che nessuno lo salvasse.

E sono stato io, io, a chiedere ai ragazzi di lasciar perdere.

Io, che nel pianto e nella disperazione li ho chiamati a casa mia perché mi giurassero di non rivelare mai la verità su di noi, con il pretesto che ‘Lo avrebbe fatto stare troppo male’ e che non potevo rovinare quello strano equilibrio che si era creato.
Per il suo equilibrio.

Certo. Non per la paura folle che potesse respingermi e abbandonarmi di sua spontanea volontà. Non per il terrore di sapere, di vedere il gelo in quegli occhi blu, di ascoltare i suoi passi decisi mentre se ne andava.

Mentre ancora il sonno sembra essere lontano anni luce, sento un forte tonfo provenire dalla porta d’ingresso.
Mi siedo di scatto sul letto, tendendo gli orecchi, cercando di capire se davvero qualcuno stia bussando al mio portone.

Ancora uno, due, tre forti spinte sul legno della porta ed io sono già in piedi incazzato nero.
Chi diavolo è che rompe le palle alle..1.46 di notte?

Ti prego, fa che non sia una fan.
Perché adesso sono talmente incazzato  che non esiterei a sbatterle il portone in faccia, e domattina, alla luce del sole, avrei un’altra cosa per cui sentirmi in colpa.

“Harreeh”
Ma che cazzo è?
Adesso inizio pure a sentire le voci?
Sono davvero così depresso da immaginare qualcuno che mi chiama?
Immaginare LUI che mi chiama.

Ancora botte alla porta, mentre io non so se mettermi a ridere o piangere.
Ma chi diavolo voglio prendere in giro?
Non è la prima volta che mi immagino di alzarmi dal letto e trovarlo in cucina o nel bagno, intento a radersi o preparare il suo famoso tè.

“Harreeeh, apri questa dannatissima porta!”
Ok, se questa è una delle mie visioni, allora sto diventando sempre più pazzo, perché nessuna di quelle che ho avuto è mai stata così..reale.

Così reale che, quando, dopo essere inciampato nell’asciugamano che avevo abbandonato nel salotto, arrivo ad aprire la porta..Louis Tomlinson è in piedi di fronte a me.

“Ma che cazzo succede?” Chiedo, incredulo, mentre continuo ad osservare la figura che mi trovo davanti, completamente bloccato.
Perché sto immaginando Louis che bussa alla mia porta..in questo stato?

Ogni volta che lo sognavo muoversi per casa era sempre così felice, con quella maglietta a righe che avrei tanto voluto buttare e gli occhiali da Nerd che si ostinava a mettere perché ‘Mi danno un’aria sexy, vero Hazza?’
Ma tu sei sexy sempre Lou, pure bagnato fradicio.

Ed ecco il Lou che mi si presenta davanti adesso: zuppo come un pulcino, con ancora il vestito elegante del compleanno addosso e uno sguardo incazzato e sconvolto in faccia.

“Harreeh, mi fai entrare o devo chiedere il permesso ufficiale alla regina?” Mi chiede di nuovo il fantasma, facendo un passo verso di me, con la chiara intenzione di attraversare l’uscio.
Mi allontano di scatto da lui, ancora incredulo ed incapace di accettare che quello che ho di fronte non è affatto un fantasma.

“Harry. Styles. Fammi entrare.” Mi intima infine, prendendomi un braccio e scuotendolo piano con quella sua piccola mano fredda.

Sono scosso da un brivido, probabilmente causato dal freddo improvviso, e finalmente riesco ad articolare una frase di senso compiuto, spostandomi per lasciare che entri all’interno dell’appartamento.

“Oh, entra pure..” Bravo Styles, proprio un bel modo di accogliere l’amore della tua vita.
Se volevi fare colpo ci sei riuscito in pieno.

Chiudo la porta e continuo a fissarla per qualche secondo, aspettando che il mio respiro si regolarizzi, prima di voltarmi verso il mio Louis, che intanto si è spostato al centro della stanza.

Il mio Louis.
Qui.
Che mi sta guardando il quel modo; lo sguardo che torna ad accelerare i battiti del mio povero cuore.

No, fermo.
Perché cazzo mi sta guardando così?
Oh merda.

“Ehm..devo parlarti Harry, è importante. Potresti, ecco..metterti qualcosa addosso?”
Cazzo cazzo cazzo.
Sono sempre in boxer, e se continua ancora a guardarmi così intensamente, non so per quanto potrò resistere.
Sento già qualcuno che si sta svegliando, da quelle parti.

“Oh, scusa Louis. E’ che non aspettavo una tua..visita? Adesso vado a mettermi una tuta e torno..tu..intanto mettiti comodo.”
Rispondo, prima di fiondarmi di nuovo in camera mia e infilarmi un paio di pantaloni larghi -i più larghi che trovo, non si sa mai- e una maglia a caso.
Tanto non ci sto capendo più niente.

E non voglio neanche cercare di capire perché mi stesse guardando nel suo modo, o almeno, è meglio se lascio questo pensiero a quando sarò solo.
Per  adesso voglio solo scoprire che cazzo ci fa qui.

In un lampo di sanità mentale –rara ultimamente- mi ricordo che Louis è completamente bagnato –evidentemente fuori ha iniziato a piovere, ma non me ne sono accorto- e tiro fuori i SUOI pantaloni comodi rossi e una maglia in piu, sperando che non si accorga di esserne il proprietario.
Spiegare perché li abbia io sarebbe davvero..complicato.

Torno in salotto, trovandolo ancora in piedi, ma senza scarpe, intento ad osservare i quadri che ho alle pareti.
Quadri di gusto veramente discutibile che aveva scelto lui e che, essendo io un cretino, ho conservato e portato con me.

“Bei quadri. Interessanti.” Mi dice, come se fosse capace di leggermi nel pensiero.
“Già, ti piacciono?” Rispondo, mentre nascondo un sorrisetto e gli passo il cambio, dato che sta continuando a sgocciolare acqua sul mio parquet, incasinandomi tutta la sala.
Come faceva un tempo, insomma.

“Questi sono un paio di pantaloni puliti e una maglia..puoi andare in bagno ad asciugarti se vuoi, è la prima porta sulla destra nel corridoio.”
“Oh, grazie Harry. Scusa se ti sto bagnando tutto il pavimento, davvero. Vado subito.” Mi risponde, colto alla sprovvista.

Che è, pensava davvero che l’avrei lasciato bagnato fradicio?
Si ricorda davvero così poco di me?
Colpa tua Styles, sei tu che non hai voluto che ti conoscesse di nuovo.

Ignoro le milioni di voci nella mia testa e le altrettante domande senza risposta, mentre mi trascino stancamente in cucina a preparare due tazze di tè fumante.
Magari non se lo ricorda, ma io so benissimo come gli piace il tè. Vediamo che avrà da dire in proposito.
In fondo se è qui, avrà qualcosa di importante da dirmi, no?

Magari..qualche flash?
No, meglio non aspettarsi niente, devo solo seguire la corrente e..ascoltare ciò che mi dirà.
Seh, è una parola.

“Harreeh, scusa ma..”
“Mobiletto bianco alla tua destra! Secondo cassetto dal basso, lì trovi Phon e spazzola!”
“uh..ehm..grazie?”

Ecco, adesso vorrei davvero sbattere la testa nel muro.
Forte.

Dopo tutto questo tempo, non sembra essere cambiato niente. Louis che sta nel bagno, mentre io preparo del tè per entrambi, per poi ritrovarci nel nostro salotto pronti a guardare un film e accoccolarci sul divano.

Solo che adesso, anche solo stare seduti nella stessa stanza sembra essere una conquista.

Finisco di preparare il tè e mi sposto nel salotto, dove appoggio la teiera e le tazze sul tavolino di legno e mi siedo sul divano, aspettando che il pulcino bagnato esca dal bagno; chiedendomi se, prima o poi, tornerà ad essere il mio pulcino bagnato.


LOUIS POV

Mi guardo allo specchio del bagno per la ventesima volta.
Ma che cazzo sto facendo?

Piombo qui, nel bel mezzo della notte, a casa di un quasi amico, completamente bagnato e incapace di spiccicare parola.
Mi chiedo perché diavolo non mi abbia cacciato di casa a calci in culo, come sicuramente avrei fatto io al suo posto.

Non sono una brava persona. Non sono gentile, non sono particolarmente disponibile e spesso vorrei mandare tutti a quel paese e chiudermi nella mia camera da letto.
Da. Solo.

E ora, alle due di notte, ecco che Harry Styles –lo strano e malinconico Harry Styles- mi accoglie in casa sua con una tranquillità che ha dell’assurdo.
E mi ha pure dato dei pantaloni della mia misura.

Ma dove diavolo li ha trovati dei pantaloni della mia misura? Di sicuro lui non può metterseli, gli arriverebbero soltanto poco sotto il ginocchio..mah, saranno di qualche sua ragazza.
Che fastidio.

Dai, mi ha davvero dato da indossare i pantaloni di una sua amante?
Perché questa cosa mi da così noia?
E perché cazzo quando mi ha aperto era in boxer?

‘Mi piace girare nudo per casa.’

E questa da dove mi è uscita?
Quando me l’ha detto, se io e lui manco ci parliamo?

La metterò nel gruppo delle cose strane riguardanti Harry Styles.
Che poi sono il motivo per cui sono venuto qui, stanotte.

Non riesco a trovare il phon e questi capelli hanno davvero bisogno di essere asciugati in una piega decente.
Ci tengo che siano sempre ‘perfettamente incasinati’.

Chiamo Harry, sperando che possa dirmi in fretta dove trovarne uno, ma lui non mi fa neanche finire la frase che ha già la risposta pronta.
“Mobiletto bianco alla tua destra! Secondo cassetto dal basso, lì trovi Phon e spazzola!”
“uh..ehm..grazie?”
Basta. Ormai mi sono arreso.

E’ come se sapessimo cose l’uno dell’altro che..neanche sappiamo di sapere.
Che discorso intelligente, complimenti Tomlinson. Guarda di tenerlo per te, o ti prenderanno per illetterato, oltre che pazzo.

Mi asciugo i capelli il più velocemente possibile, cercando di dare loro una piega più o meno decente, mentre il mio pensiero vaga di nuovo, tornando a focalizzarsi sull’immagine di Harry che mi apre la porta mezzo nudo.

Per un attimo –o forse un po’ di più- mi abbandono a quella visione, incapace di distaccarmene, finché non mi rendo conto che..
OH. CAZZO.

Non è possibile. No, no, no, no.
Io ho una ragazza, okay?
Sto parlando con te, coso, ti devi dare una calmata adesso, va bene?

Torno a guardarmi allo specchio, con un’espressione scocciata e stranita sul viso, perché..no, questa cosa non è normale. Non per me, insomma.
Mi sono appena eccitato pensando a Harry Styles in boxer.

E avrei pure voglia di..
No, basta.
Adesso spengo questo cazzo di Phon e me ne vado di là; devo solo pensare a qualcos’altro, per mettere apposto la situazione.

Quei quadri, per esempio..sono così strani.
Tutti pieni di colori, tempestati di miriadi di macchie apparentemente casuali, macchie che poi si fondono per creare nuovi colori, sempre diversi, unici.

Sono strani certo, e a volte inquietanti, ma li ho adorati subito, tanto da incantarmi ad osservarli, come se fossero il ricordo sbiadito di un’altra vita.
E poi, cazzo, mi danno un incredibile senso di calore.
Tranquillità.

Casa.

Un lungo brivido mi percorre la schiena, dato che ormai il phon è spento da qualche minuto; anche se, a pensarci bene, non ho affatto freddo.
Spero solo che non sia influenza, altrimenti chi li sente ai produttori, proprio adesso che dobbiamo registrare le nuove canzoni.

Non mi hanno mai trattato male, ok, ma non riesco a farmeli piacere.
Proprio non li sopporto.

Spengo la luce e mi avvio verso il salotto, da cui proviene un dolce profumo di..
“Tè?” Chiedo, entrando nella stanza ed accasciandomi poco elegantemente sul divano, a debita distanza a Harry, che sembra risvegliarsi da non so quali pensieri profondi.

Cosa nasconde questo ragazzo?
E perché prima, quando mi sono sentito male, sembrava così..preoccupato?

“Già, spero ti piaccia. E’ una ricetta speciale.” Mi risponde, prima di riempire entrambe le tazze con il liquido fumante e passarmene una.

“E’ una vita che non bevo il tè. Sai, El vuole sempre andare allo Starbucks, hanno dei cappuccini davvero buoni..”

“Sì, l’ho sentito dire.” Mi blocca lui, prima di dare un sorso alla sua tazza e chiudere gli occhi per un attimo, come per cercare di calmarsi.

“Non ti piace Eleanor, vero?” Chiedo, prima di riuscire ad attivare il filtro cervello-bocca ed evitare di dire l’ennesima cazzata.

Harry apre gli occhi di scatto, posa la tazza sul tavolo e si gira verso di me.
“Louis, cosa ci fai qui?” Chiede, avvicinandosi di botto, con uno sguardo tutt’altro che rassicurante.
Sembra arrabbiato.

Ma che cazzo vuole, ora? Prima fa il gentile e poi s’incazza a caso?
E poi, perché deve starmi così vicino, con questa espressione famelica?
Non è che stia facendo molto bene alla mia situazione.
Proprio per niente.

Cazzo, devo allontanarmi adesso, perché sto avendo dei pensieri strani e non mi sembra il caso.

Mi alzo di scatto, allontanandomi dal divano, prima di girarmi e rispondere il più tranquillamente possibile.
“Sono qui per capire chi sei, Harry Styles.” Rispondo, risoluto. Ora voglio vedere come risponde, l’idiota.

Si alza e mi si avvicina, ancora, ancora troppo vicino.
Ancora quello sguardo intenso, ancora come se mi stesse leggendo dentro.
Vaffanculo.

Sorride, ma di un sorriso dolce, come se stesse per rivelarmi un segreto, mentre quella dannata fossetta prende il suo porto all’angolo della bocca.
Protende una delle sue mani grandi verso di me e mi lascia una carezza sul viso, mentre i suoi occhi diventano improvvisamente lucidi e grandi, rendendolo di nuovo un bambino, davanti a me.

Sta tremando.

“Louis, io credo che tu sia qui non per sapere chi sono io, ma per ricordare chi sei tu. Ed io sono finalmente pronto per raccontartelo.”

“Cosa?” Ho il tempo di ribattere, prima che Harry elimini completamente i pochi centimetri d’aria rimasti fra noi.
 

CIAOBBBELLEEEE! Come staaate? Vi è piaciuto il capitolo?? Finalmente qualcosa si smuove per i nostri eroi..ve lo dico, il prossimo non sarà tranquillo come questo, in ogni senso possibile!

Che ne pensate di questo Hazza finalmente risoluto? E di Loulou che combatte col suo amichetto laggiù? Il suo corpo ed il suo cuore hanno già capito cose che il suo cervello ci metterà un po’ di tempo ad elaborare..
ma abbiate pazienza, che tutto finirà bene. (Spero)

Ovvio che voglio sapere tuuuutto quello che avete da dire, commenti positivi e negativi QUALSIASI COSA, sentitevi libere di disagiare come volete, io sono qui per ascoltarvi, imparare e migliorare!
Ps: La canzone in descrizione è ‘A 1000 Times’ di Sara Bareilles, la mia cantante preferita!!!!

Un bacione

Bea (Iri, Scody, come vi pare haha) <3

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Capitolo 12
*** CAPITOLO 11-I’VE GOT YOU. ***


CAPITOLO 11-I’VE GOT YOU.
 
Honey, you can fall asleep
I’ll keep an eye on you
You were always there when I was broken down
It’s the least that I can do,
You’ve got me and You know that I have got you
So let them say
we make mistakes
What do they know, what do they know
About our pain, about our love, about the things that we gave up..
You know I’ve got you and I know that you have got me too.
 

 
LOUIS POV

Harry Styles mi sta..abbracciando.
Ma non un abbraccio di quelli scontati, questo è proprio vero.

Lo sento, mentre cerca di incastrare il suo viso nell’incavo del mio collo, lo sento, mentre ispira come per voler racchiudere in sé il mio odore, per imprimerlo nella sua mente e non scordarlo più.
Lo sento mentre adagia piano quella mano grande, la stessa che prima mi sfiorava il viso, fra i miei capelli, ancora tiepidi grazie al phon.

Ma la cosa che più mi stupisce è la reazione che il mio stesso corpo ha, a questo suo abbraccio improvviso.

Il cervello mi dice che tutto questo è strano, che adesso non dovrei essere fra le braccia di questo ragazzo quasi sconosciuto, che non dovrebbe piacermi così tanto ma..
In fondo stanotte non dovrei neanche essere in questo appartamento.

Non dovrei avere questo bisogno spasmodico di capire chi sia Harry, di sapere cosa stia pensando, di scoprire cosa nasconda dietro i sorrisi forzati e gli sguardi assenti.

E la mia mano non dovrebbe a sua volta andare a stringere la sua schiena, portandolo sempre più vicino al mio corpo; e il mio petto non dovrebbe gioire, nel riconoscere il calore emanato dal suo; e le dita, subdole e incontrollabili, non avrebbero dovuto cercare le sue, forzandole in un intreccio che mi fa così paura.

E così, dato che ormai non sto rispondendo alle mie azioni da un bel po’, ecco che anche il mio viso va a cercare i capelli di Harry, quei ricci incasinatissimi e familiari, nel profumo dei quali potrei davvero annegare.

Harry sa di shampoo alle fragole, o forse di cocco, no avocado..oddio sto impazzendo, sembra perfino guacamole.

E perché adesso io stia sorridendo contro la sua guancia, questo proprio non me lo so spiegare.

Non capisco più niente, di quello che faccio, di quello che provo, di quello che significa questa cosa che stiamo facendo.
Ed è mentre continuo a nascondere il mio naso nei capelli di Harry, che mi rendo conto di quanto la mia situazione sia appena diventata davvero insostenibile.

Ed è quando Harry fa un passo avanti ed il suo problema si scontra con il mio, che penso che potrei anche svenire, con una mossa molto virile.
Lasciamo perdere la virilità in questo momento, è meglio.
Cazzo, ma cos’è il suono che ho appena sentito?
No no no, uno di noi due ha appena emesso un mugolio e non sono minimamente certo che sia stato lui.

Mi divincolo improvvisamente dal suo corpo, ponendo fine alla mia ‘agonia’ e allontanandomi di qualche passo, per cercare di recuperare il fiato che non ho.

“Che cazzo fai??” Urlo allora, fissando il pavimento, mentre i miei occhi si riempiono di lacrime.
Che diavolo avevo in mente, venendo qui? Cosa speravo di scoprire? Per ora l’unica cosa che ho guadagnato è un quasi orgasmo da vestito, in compagnia di un altro ragazzo.
Vaffanculo, che compleanno di merda.

“Allora, che cazzo volevi fare?? Non ti è bastato farmi sentire male durante la festa? Dovevi anche incasinarmi la testa con questi giochetti? CHE CAZZO VUOI DA ME!” Continuo a strillare, sempre molto virilmente, mentre la rabbia prende completamente il sopravvento.

Che poi lo so anche, che lui non c’entra nulla in questa storia.
Sono io che ho qualcosa che non va.
Sono io che sogno i suoi occhi di notte.
Sono io che riconosco il suo shampoo, so qual è la sua torta preferita e mi eccito mentre lo abbraccio.

Probabilmente sto impazzendo e ho il terrore che trascinerò nel casino tutte le persone che amo.

“Louis, dannazione calmati! Stai respirando a fatica e se non cerchi di regolarizzare il respiro potresti avere un altro episodio come quello di prima!” Lo sento rispondere, mentre mi accascio sulla poltrona vicino all’ingresso e mi prendo la testa fra le mani, ansimando.

Cazzo, di nuovo quel dolore insopportabile si insinua dentro di me, e io vorrei soltanto urlare e gridare.
Sento di nuovo la sua mano enorme sulla mia schiena e, come se quello fosse stato il segnale necessario, inizio davvero ad urlare e piangere, buttando fuori tutto quello che, non so perché, sento di avere dentro da mesi.

Un grido per la frustrazione, la malinconia, l’immotivata tristezza, la sensazione di aver perso qualcosa di importante.
Un grido per le notti insonni, per il sesso inappagante, per la paura di non tornare mai quello di un tempo.
Un grido per la depressione, per i vestiti neri che mi costringo ad indossare e per la scoperta che ho appena fatto.

Vorrei solo poter smettere di piangere.

HARRY POV

E’ stato così bello che non saprei spiegare quello che ho provato.
Neanche nel mio diario.
Neanche in una canzone.

Eppure di canzoni per Louis io ne ho scritte tante. Probabilmente tutte. E anche Ed, dopo avermi ascoltato durante i miei sfoghi da ubriaco, ne ha composta qualcuna.
Solo qualcuna, eh.

Ma adesso che sono qui accanto a lui, in piedi, mentre cerco di calmare il suo pianto, è come se potessi sentire fisicamente il suo dolore, come se i gridi strozzati che giungono ai miei orecchi fossero gli ambasciatori di una pena che io, non riuscivo neanche ad immaginare.

Vedo le lacrime scendere sulle sue guance, mentre, per ogni minuto che passa, il mio cuore viene stretto da una morsa sempre più forte, soffocato dal dolore che Louis sta provando.

Sto assistendo ad uno di quegli attacchi, quelli che il dottor Fleming mi aveva descritto nei minimi dettagli, per rendermi capace di agire prontamente.
Ed è quello che faccio.

Sposto velocemente le mani che tiene strette al capo, sostituendole con le mie e spingendolo ad abbassare la schiena, fino a posizionarla fra le sue gambe.

“Respira piano, Louis, respira lentamente.”
“Non ci riesco. Cazzo, lo odio, mi odio, cazzo!” Continua a parlare in modo sconnesso, mentre cerco di calmarlo accarezzando i suoi capelli.
Quei capelli così morbidi che solo poco tempo fa stringevo fra le dita in una situazione completamente diversa.

Continua a stare in quella posizione, mentre il respiro torna ad essere sempre più regolare ed il mio cuore sembra seguire il suo, tornando a battere quasi normalmente.

Alla fine, dopo qualche minuto, lo vedo alzare la testa, e poi la schiena, prima di poggiarsi allo schienale della poltrona, tirando un sospiro di sollievo.

“Ti porto un po’ d’acqua.” Gli dico, prima di andare velocemente in cucina, per lasciarlo da solo e farlo riprendere in pace.

“Se dovesse iniziare ad avere attacchi, sappi che potrebbero esserci gravi conseguenze. Però, spesso, è una cosa positiva, dato che è in quei momenti che i ricordi iniziano a fluire. Perciò, se dovesse accadere, ci sono delle tecniche specifiche per aiutarlo a stare meglio, ma dovrete venire subito da me, soprattutto se dovessero diventare più frequenti. Hai capito, Harry?
A volte i momenti peggiori sono quelli che risolvono le situazioni apparentemente irrisolvibili.
Non perdiamo la speranza, Louis è forte.”


Louis ha appena avuto il secondo attacco nel giro di neanche cinque ore, ed io sono completamente sopraffatto da quello che sta succedendo.
la speranza che si mescola con la paura di perderlo, l’amore che si mischia alla volontà di lasciarlo in pace.
L’egoismo che si mischia con il desiderio.

“Allora, quest’acqua?” Lo sento urlare dal salotto, con quel suo tono, e capisco che adesso sta bene.
“Arriva, arriva principessa..”; aggiungo quest’ultima parola sotto voce, sapendo che, smemorato o no, non ha mai sopportato essere chiamato così.

Mi avvio, per raggiungerlo al divano, aspettando che ricominci ad urlarmi addosso, adesso che è passato il dolore.
Sono stato un idiota, cosa mi è venuto a mente di abbracciarlo così, all’improvviso?
Louis viene qui, a casa mia, con l’intenzione di parlare e io..struscio la mia erezione contro di lui?
Non credo proprio che avesse previsto una cosa del genere, e non penso proprio che l’abbia gradita.

Anche se non mi sembrava di essere l’unico preso in quel momento.

Giro l’angolo, aspettando di trovarlo in attesa dell’acqua, e invece..
Eccolo là, accucciato sul mio divano, mentre respira silenziosamente, con gli occhi chiusi ed il petto che si alza e si abbassa ad un ritmo lento e cadenzato.
Si è addormentato.

Mi avvicino silenziosamente a lui, sedendomi nel poco spazio libero lasciato dalla sua figura, mentre il bicchiere pieno giace abbandonato sul tavolo, insieme alla teiera.

Non riesco a smettere di guardarlo, mentre sul suo viso un’espressione dolce e rilassata ha preso il posto di quella triste e contratta di poco fa; i capelli, che non sono stati impiastricciati con il solito gel, gli ricadono sugli occhi, quasi come facevano tre anni fa, mentre lo osservavo dormire nella casetta di X Factor.

Sembra così contento, così tranquillo, come non lo vedo da tanto tempo.
Non ce la faccio proprio a svegliarlo; sicuramente starà sognando qualcosa che lo fa stare bene, qualcosa che gli dona serenità, e di certo non sarò io a portargliela via.

Prendo la coperta di pile poggiata ai piedi del divano e gliela stendo addosso, prima di spostare quei ciuffi dalla fronte e lasciarlo in pace.
Mi alzo, pronto ad andare in camera mia, per cercare di dormire un po’: in fondo so che domattina dovremo parlare di ciò che è successo e non voglio essere completamente rintronato dalla mancanza di sonno.
Sono già abbastanza rincretinito di mio.

“Haz..” E mi congelo, perdendo ogni capacità di allontanarmi dal piccolo grande uomo che dorme sul mio divano.
“Haz..ti prego aiutami..a..restare..” lo sento dire, in un filo di voce.

Mi giro e non mi stupisco di trovarlo ancora profondamente addormentato.
Louis è felice perché sta sognando.
Louis sta sognando me.
Louis è felice perché sta sognando me.

E una singola, piccola lacrima scende sul mio viso: perché so che sarà difficile, so che dovremo soffrire ancora molto, entrambi, so che la mia battaglia è iniziata soltanto adesso, ma so che ne usciremo.
E ne usciremo insieme.

E così mi accoccolo sulla poltrona, dopo averla spostata il più vicino possibile al divano, in modo da poter sfiorare ancora quei capelli liscissimi con le mani, mentre sussurro lentamente:
“Come sempre Boo. Ti aiuterò a restare.”

 

Ciao ragazziii!!!
Guardate come sono stata brava..due aggiornamenti in due giorni di seguito!!!
Che dire..anche il prossimo capitolo è già mezzo scritto, quindi..boh, mi fate sapere?

Ps: stasera TVoI..sono molto triste haha

Iri <3

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Capitolo 13
*** CAPITOLO 12-PER FAVORE, NON ANDARE. ***


CAPITOLO 12 – PER FAVORE, NON ANDARE.
 

 
I Can't Fight The Way I Feel
Surrendering, Let Fate Take The Wheel
Can't You See I'm Not Afraid?
Cause I Know What It Costs To Have Already Lost You

It's More Than Love To Me
A Wave Upon The Sea
Oh, This Is Gravity

Please Don't Go
Cause You And I Were Meant To Be
Please Don't Go
Cause You And I Were Meant to Be
It's More Than Love To Me
Oh, This Is Gravity
 
HARRY POV

“Harry..?”

Una voce lontana mi sta chiamando, ma sono ancora troppo immerso nel mondo dei sogni, per accettare di ascoltarla.
Sento dei rumori strani intorno a me, mentre un nuovo tepore sembra avermi appena circondato le spalle.
Non vorrei davvero aprire gli occhi, ma poi, in un attimo, mi torna in mente tutto ciò che è successo questa notte ed il sonno passa all’improvviso.
Muovo il viso verso destra e verso sinistra, prima di stiracchiarmi ed aprire finalmente gli occhi.

Speriamo che Louis non se ne sia già andato.
Devo assolutamente raccontargli ogni cosa, o adesso o mai più. Dovrà credermi, per forza.

Louis non è più accoccolato sul divano, mentre la coperta che avevo utilizzato per fermare i suoi brividi adesso è comodamente appoggiata sul mio corpo, facendomi scudo dal freddo mattutino.
Lui mi ha..coperto?

Sento finalmente dei rumori provenire dall’altra stanza, e con un respiro di sollievo capisco che non se n’è ancora andato; ho ancora tempo.
“Boo?” Lo chiamo, prima di rendermi conto di aver utilizzato il suo nomignolo.
Oddio, speriamo che non mi abbia sentito, o potrebbe iniziare a fare domande prima del previsto.

Dato che non arriva nessuna risposta dal corridoio, decido di alzarmi e, dopo aver ripiegato la coperta, mi dirigo verso la fonte dei fruscii.
“Cazzo. Perché sono così stretti? ‘Fanculo.” Lo sento bubbolare dal bagno; non posso fare a meno che ridacchiare alla sua solita incazzatura mattutina, mentre sono ormai molto vicino al bagno.
L’unica luce accesa è quella, sarà sicuramente lì.

Proprio mentre sto per bussare, la porta si apre di scatto ed un Louis ancora mezzo addormentato mi finisce addosso, spingendomi indietro di qualche passo.
“Oops!” Si affretta a dire, ritirandosi imbarazzato, mentre i capelli sono ancora tutti incasinati per la dormita sul divano.
E io, nonostante il colpo al cuore nel trovarmelo davanti in questo stato, come potrei non cogliere l’occasione di ricreare il nostro primo incontro?
“Ciao.” Gli rispondo, mentre continua ad osservarsi i piedi imbarazzato.

Alza lo sguardo su di me, improvvisamente consapevole di ciò che è appena successo.
Non che non me lo aspettassi; la sua memoria non poteva essere così tanto danneggiata.
“Harry, questo è il dialogo del nostro primo incontro, vero?” Mi chiede, con un sorrisetto furbo.
In fondo, è sempre lo stesso.

“Già” Ribatto “Come dimenticarlo?” Gli rispondo, prima di vederlo scoppiare in una fragorosa risata di fronte a me.

E cosa posso fare a questo punto?
Mi metto a ridere anche io, come uno scemo, mentre lo osservo dirigersi verso il salotto, ancora in preda ad una risata quasi isterica.
Mi avvio ad aprire le persiane, per lasciare che il sole faccia finalmente il suo ingresso nella stanza; in fondo la mattina sembra essere iniziata nel modo giusto ed un po’ di luce non può che migliorare ulteriormente il nostro umore.
Sì, forse oggi sarà davvero una bella giornata.

“Harreh..ho lasciato i pantaloni e la maglia in bagno; i miei vestiti adesso sono asciutti, come vedi. Anche se questi jeans sono così stretti che ci ho messo dieci minuti buoni ad infilarli!” Mi informa lui, continuando a sorridere e guardarmi.
Dio, ti prego, fa che io possa svegliarmi così ogni mattina.

“Oh, non è mica colpa mia se ti metti gli skinny anche alle cene eleganti, solo per mettere in risalto quel bel culetto che ti ritrovi!” Gli rispondo, troppo felice per capire che certe cose, per adesso, non dovrei proprio dirle.
Purtroppo però, ormai il danno è fatto.

La temperatura della stanza, nonostante i raggi del sole, scende precipitosamente, mentre l’espressione di Louis si rabbuia all’improvviso ed io inizio a maledirmi mentalmente.
Stupido Harry, stupido!

“Ehm..sì..comunque adesso è meglio che io me ne vada. Grazie e scusa per..essermi addormentato sul divano.” Mi dice, mentre inizia a raccogliere le sue cose, pronto per andarsene.
No.
No, ti prego, no.
Oggi deve essere quel giorno, chiaro? Oggi devi sapere tutta la verità, perché se adesso ti lascio uscire da quella porta..non credo proprio che avrò un’altra occasione così perfetta.

“Aspetta. Io..devo parlarti, non ci vorrà molto.” Lo blocco, sperando in cuor mio che, invece, possano passare ore, prima di vederlo andare via.
O magari, potrebbe anche non andarsene più.

“Uhm..ok, pensavo che tu dovessi andare dal parrucchiere.” Mi risponde, mentre sposta il peso da un piede all’altro, visibilmente nervoso.
Cazzo, il parrucchiere.
Che figura di merda.

“Il parrucchiere può aspettare, Lou. In fondo oggi è Natale, probabilmente non ne troverò neanche uno aperto.” Gli dico, ammettendo di aver detto una cazzata, prima di fargli cenno di sedersi sul divano.
Lui sembra sorpreso per un attimo e non capisco se per la storia del parrucchiere o perché anche lui -come me, del resto- si è ricordato soltanto adesso che oggi è davvero Natale.
E qui dentro non c'è nemmeno una piccola decorazione.

“No, non importa. Resto in piedi, tanto hai detto che non ne avremo per molto, no?” Mi dice, con un mezzo –falsissimo- sorriso.
Prendo un bel respiro e mi accingo ad iniziare la conversazione più importante della mia vita.
Incrociamo le dita.

“Senti, mi dispiace per ieri sera, io non so che mi sia preso ad abbracciarti così, scusa, hai ragione, non ne avevo alcun diritto..io, volevo solo farti capire, spiegarti, ma mi rendo conto che..oddio, non so cosa sto dicendo..”
“Harry, calmati. Ieri sera non è successo niente. Non è successo proprio niente. Proprio. Niente. Ok?” Mi risponde lui, con un’espressione decisa sul viso.

Quindi, vuole davvero fingere che non sia successo un cazzo?
Devo di nuovo dimenticare, come ha fatto lui?

“Cosa vuol dire, ‘niente’? Non puoi dirmi che quello che è successo fra noi stanotte è ‘niente’, ok?”
Vaffanculo, Tomlinson.
Adesso basta con le cazzate.
Ora tu mi stai a sentire, ci siamo capiti?

LOUIS POV (again, switching, perché non scrivo bene ed ho bisogno di questi cambi, #ciao)

“Cosa vuol dire, ‘niente’? Non puoi dirmi che quello che è successo poco fa è ‘niente’, ok?”
E invece io non ne voglio parlare.
Vaffanculo Styles.
Adesso basta con le cazzate.

Stamani mi sono svegliato su quel cazzo di divano con la tua mano fra i miei capelli, lo so che non posso dire ‘niente’.
Ma se non me ne vado adesso da questo appartamento so già che potrebbe succedere qualcosa di cui mi pentirei.

Meglio dissimulare.

“No, in effetti ultimamente..mi capita spesso di sentirmi male. Fra una settimana ho la visita di controllo all’ospedale, anche se ho parlato col dottore che mi cura..”
“Hai parlato col dottor Fleming?” E ora chi è questo Fleming?

“No..chi è Fleming? Il mio dottore si chiama Burke. E’ specializzato nei casi come i miei..dice che è normale anche a distanza di tempo e che passeranno piano piano.”
“Sono tutte cazzate!” Urla Harry, improvvisamente, facendomi sobbalzare sulla poltrona.
Ok, adesso sono proprio sconcertato.

Il ragazzo inizia a camminare avanti e indietro per la stanza, come se stesse cercando di non dirmi qualcosa che continua a combattere per uscire fuori.
Va bene tutto, basta non parlare di nuovo dell’incidente di ieri notte. Sono assolutamente poco fiero del mio comportamento, durante e dopo quella..cosa.

“Allora, tu sei qui per conoscermi, hai detto. Giusto?”
“Ho detto così, sì.” Rispondo, sperando che smetta di comportarsi come un pazzo, dato che qui, di matto, ci sono già io.
Basto e avanzo.
“E se ti dicessi che per conoscere me, dovrai sapere delle cose che in realtà tu non vuoi sapere? O meglio, dovrai cercare di ricordare delle cose che..il tuo cervello non vuole ricordare?”
Che cazzo sta dicendo.

“Non ti seguo Harry. Credo che tu sia ancora stanco, in fondo abbiamo dormito poco stanotte. Magari ne riparliamo un’altra volta, okay?”

“No. Non è okay. Non è okay proprio un cazzo di niente Louis. Niente!” Mi risponde, quasi urlando, mentre io non so se essere spaventato da questa improvvisa reazione oppure..affascinato da lui.
Cazzo, ancora? E stai buono adesso.

“Harry, calmati. Se vuoi dirmi qualcosa fallo, perché io devo tornare a casa. Eleanor sarà preoccupata.” Gli rispondo, appoggiando il giacchetto sul divano ed avvicinandomi leggermente al ragazzo pallido che ho di fronte.
“Certo. Povera Eleanor. Chissà com’è in pensiero.” Mi risponde, ridacchiando.

“Senti, se devi prendermi per il culo, tanto vale che me ne vado davvero!” Gli rispondo, seccato. Adesso mi sono stancato sul serio.
“No, no. Nessuna presa in giro. Tu adesso ascoltami. Devo raccontarti la mia storia. Ti prego, non interrompere e cerca di avere una mente aperta, okay?” Mi dice allora, con quegli occhi così grandi.
Come potrei anche solo pensare di dire di no a quello sguardo?
Ma che cazzo di problema ho, in questi giorni?

“Va bene. Ma muoviti.” Annuisco, ormai assolutamente curioso di sentire cos’ha da dirmi. Perché dovrebbe essere così sconcertante? Che è, ha ucciso qualcuno?

“Tu hai perso la memoria.” Mi dice, con uno sguardo tra il terrificato e lo speranzoso.
No, aspetta, che?

“Che??” Gli rispondo, sempre più stupito.
Ma cosa dice, è ubriaco?

“Riflettici un attimo Lou. Non ti sembra strano che dopo mesi dall’incidente continui ad avere questi mal di testa continuamente? Sono peggiorati negli ultimi tempi, vero? Sono più frequenti? E’ perché stai ricordando Louis. Tu stai ricordando.”
Continua, imperterrito, mentre il suo sguardo si fa sempre più convinto.

“Tu sei pazzo.” Gli rispondo. Adesso lo picchio.

“Non sono pazzo Louis! Sono stanco, cazzo! Sono stanco perché è troppo tempo che non posso stringere fra le braccia la persona che amo, che non posso baciarla, che devo guardarla amoreggiare con qualcun altro senza poterci fare niente!”

“Ma cosa c’entra la tua ex, adesso? Perché prima mi dici che ho perso la memoria e poi cambi completamente discorso? Che posso farci io? Se ti manca, vattela a riprendere!” Urlo, senza capire minimamente che diavolo stia succedendo.

“E’ quello che sto facendo. Me lo sto andando a riprendere, Louis. Ti sto venendo a riprendere.”
Ed il mio mondo si ferma.
Harry è innamorato..di me?

“Harry, ma cosa..” La mia voce è un sussurro, mentre un groppo in gola mi impedisce di parlare decentemente. Non so perché ma questa notizia mi ha notevolmente..scioccato.
“L’avevo detto che ti sarebbe servita una mente aperta. Io ti amo, Lou.”

“Beh, questo potrebbe essere un problema, perché io..” Tento di interromperlo, prima che possa davvero dire qualcosa di sconveniente.
In fondo facciamo pure sempre parte della stessa band.
Sarebbe difficile evitare situazioni imbarazzanti.

“Ti avevo detto che non devi interrompere. Io ti amo. E tu ami me.” Ma ti vuoi stare zitto??

Faccio per ribattere che probabilmente sta delirando, quando mi prende la mano e la forza sul suo cuore, prima di ricominciare a parlare, ora molto vicino al mio viso.
Fa caldo.

“Dimmi che lo senti, Lou? Stanotte, quando ti ho abbracciato, mi sono accorto di non essere l’unico ad avere queste sensazioni. Stavi tremando, esattamente come stai tremando adesso. Il tuo cervello potrà anche non ricordare, ma il tuo corpo sa esattamente come toccare il mio, e il tuo cuore batte all’impazzata quando siamo vicini. Non possiamo farci niente. Noi funzioniamo così. Noi funzioniamo insieme!”

Ormai è un fiume in piena, mentre i suoi occhi si riempiono di lacrime ed il mio cuore batte effettivamente all’impazzata.
Ma potrebbe essere la tensione del momento.
Questo non prova nulla.

“Non ti credo, Harry.” Dico secco, prima di strappare la mia mano dal suo cuore folle ed allontanarmi di qualche passo.
L’aria comincia davvero a mancarmi.
“Come cazzo faccio a credere di essermi dimenticato di amarti per colpa dell’incidente? Primo, io non sono gay. Secondo, ho una fidanzata già da prima di quel giorno terribile, e la amo. Terzo, ti rendi conto che è una cosa assurda?”

E prima che possa aggiungere altro, lui torna di nuovo all’attacco, parlandomi di Eleanor e di come l’avessimo ingaggiata come copertura; blatera qualcosa sul fatto di non aver mai raccontato niente alla mia famiglia per proteggermi; urla che l’ha fatto per me, che mi ha lasciato in pace perché sembravo felice, ma che adesso che sono stato io a riavvicinarmi non ha più la forza di lasciarmi andare.

‘Non lasciarmi andare’

Sono sempre più confuso, tutta la quantità di informazioni che ricevo mi manda nel caos più totale.
Eleanor che mi ha mentito tutto questo tempo? I ragazzi che sapevano tutto e non hanno detto niente? Io che lo amavo così tanto ed ora mi ricordo solo la sua torta preferita?
Sembra tutto così folle, eppure..

La sua data di nascita.
I suoi occhi.
Il modo in cui rispondo al suo tocco.
Lo shampoo.
La necessità di venire qui ieri sera.
La voglia di capire chi sia e sapere cosa stia pensando.
L’erezione di stanotte.


Mi perdo nei miei pensieri, mentre l’assurda idea che possa avere ragione inizia a fare capolino nella mia mente.
Lui si avvicina, e mi accarezza la guancia con la mano, ripetendo lo stesso gesto di ieri sera; e per un attimo, solo per un attimo, mi abbandono alla possibilità che sia la verità.
Appoggio il mio viso al suo palmo, tremante ed insicuro, e la sensazione che mi provoca questo contatto è incredibilmente..strana.
Dolce.
Vera.


Ma un brivido profondo mi attraversa la schiena, risvegliandomi da questo sogno.
Non posso farlo.
Tutto ciò non è reale.
E’ puro delirio.

“No!” Urlo, scappando lontano da quel tocco gentile, mentre i miei occhi si fanno più umidi dei suoi.
“Stammi lontano, Harry. Non mi devi toccare! Tu, devi farti curare, ok? Non puoi credere davvero in tutte queste fantasie! E’ una cosa folle, lo capisci??” Continuo a gridare, mentre il suo viso assume un’espressione sgomenta.

“Louis, tu devi credermi! E’ la verità! Io ti amo!” Tenta di raggiungermi di nuovo, ma io non voglio.
Non deve toccarmi.
Non deve neanche avvicinarsi a me.

E così, proprio mentre sta per raggiungermi, faccio una cosa che non avrei mai pensato di fare.
Gli tiro un pugno, forte, sullo zigomo sinistro.
Lo vedo indietreggiare, ferito, mentre il suo sguardo passa dal sorpreso all’arrabbiato al..disperato.

“Louis..”
“No. Basta cazzate, Harry. Io me ne vado. E vedi di trovare una soluzione a questi..problemi che hai. Stai vivendo in una fantasia, chiaro? Io non ti amo. Io amo Eleanor. Fine della storia. Non c’è nessun complotto ed io non ho perso alcun ricordo. Ti prego, cerca di ragionare.” Mi dirigo verso la porta, passandogli accanto, ma senza guardarlo.

Cazzo, spero che abbia capito.
Non voglio che soffra, ma ha davvero bisogno di aiuto.
Eppure, accettare che io me ne possa andare non sembra essere anche nei suoi piani.

Mi afferra di nuovo il braccio, facendomi voltare verso di lui, in modo da far sfiorare i nostri nasi.
Fa proprio caldo.

“Tu. Mi. Ami.” Mi ripete, stavolta con un filo di voce.
Non riesco a parlare.
Il suo respiro affannato sulla mia bocca ed il profumo dei suoi capelli mi stanno confondendo.
Io sono più pazzo di lui.

Cazzo, perché non può lasciarmi in pace?

Lo vedo deglutire, con la coda dell’occhio, mentre non riesco a smettere di fissare i suoi occhi.
Verdi.

“No, Harry. Non ti amo.” Sospiro, ormai completamente in trans.
“Sì, invece. Potrei dimostrartelo anche adesso.” Ribatte, sempre più vicino.

Non posso muovermi, non posso distogliere lo sguardo dal suo, non posso neanche ingoiare in questo momento.
Restiamo in silenzio, a respirare l’uno in faccia all’altro, mentre neanche so più se l’aria che mi entra nei polmoni sia quella della stanza o solo quella che esce dalla sua bocca semiaperta.

“No, invece. Lasciami andare.” Ringhio infine, con voce strozzata.
Basta follie, voglio tornare alla mia vita.
“Louis. Non ti sto trattenendo.” Risponde.

Cazzo, è vero.

Ha lasciato andare il mio braccio durante la nostra battaglia di sguardi ed io non me ne sono neanche accorto.
Basta, è colpa sua e dell’aria viziata di questa stanza.

Devo andare da Eleanor.

Mi allontano lentamente, senza aggiungere altro, e lui non fa niente per trattenermi.
Forse stavolta sono davvero riuscito a convincerlo.
Recupero definitivamente il giacchetto dal divano e mi avvicino alla porta, mentre lui non si sposta di un millimetro, e continua a fissare il pavimento.

“Stai scappando. Sei un fottuto vigliacco!” Urla infine, rompendo l’innaturale silenzio della stanza e facendomi sobbalzare.
“Vaffanculo Tomlinson, sei un codardo!”

Ed io che mi ero anche preoccupato che stesse bene.

La rabbia torna a montarmi dentro, più forte ed intensa di prima, mentre apro la porta e la sbatto violentemente alle mie spalle, senza neanche voltarmi a guardarlo.
Corro, veloce, come ieri sera; ma la mia meta, stavolta, è molto diversa.

Non posso continuare a vivere così, pieno di dubbi ed insicurezze; pieno di problemi, paure e senza certezze.
Devo cambiare qualcosa della mia vita, devo fare in modo che Harry Styles non possa più avvicinarsi a me in questo modo; deve capire che tutto questo è assurdo, illogico e senza senso.

Prendo un taxi al volo e mi faccio accompagnare il più velocemente possibile al mio appartamento, dove mi aspetta la realtà, dove mi aspetta Eleanor, la mia ragazza.

Chissà quanto sarà stata in pensiero, stanotte.
Chissà quante chiamate e messaggi vocali troverò, nell’accendere il cellulare.

Ultimamente mi sono un po’ allontanato da lei, sentivo troppo la pressione della nostra storia, sentivo che lei si aspettava qualcosa in più da me, qualcosa che non ero ancora disposto a darle.
Mi dispiace di averla abbandonata così, proprio la sera del mio compleanno, per andare..
No basta, non devo più pensarci.

Adesso so cosa fare.
Adesso so perché stanotte ho avuto quel cedimento.
Adesso so qual è la decisione più giusta da prendere.

Quando entro in casa, Eleanor è sul divano, evidentemente sconvolta, con il telefono in mano ed i capelli arruffati.
E’ adorabile. (#bimbeodioscriverestecosemivienedavomitare)

Non appena mi vede si tuffa fra le mie braccia, singhiozzando parole incomprensibili, ma sicuramente di rimprovero e terrore, dopo la notte che le ho fatto passare.
Continua ad accarezzare i miei capelli e stringermi fra le sue braccia per qualche minuto, mentre io cerco di sentirmi a mio agio e scelgo le parole più adatte per dire quello che devo dire.
Non è affatto facile.

“Hey El..è tutto apposto, sono qui adesso.” La rassicuro, mentre lei scioglie l’abbraccio per guardarmi in faccia.
“Oddio Lou, ero così preoccupata, io..dove sei stato? Perché sei scappato così?” Mi chiede, visibilmente più tranquilla.
“El, ti spiegherò tutto (o quasi), ma adesso devo dirti una cosa ed è importante che tu mi ascolti attentamente, ok?” Le dico, in preda all’ansia.
“Ok. Intanto, Buon Natale amore.” Mi risponde, prima di baciarmi dolcemente e guardarmi, curiosa.

La osservo attentamente e, finalmente, inizio a parlare.
Ed è in questa mattina, fredda ed assolata, che decido di cambiare la mia vita, per sempre.
 

SPAZIO DELLA SCEMA: Eccomiii ragazze! Avevo detto sabato, ma è Domenica..mi perdonate??
E poi, scusate, ma questo capitolo è stato davvero un parto. Ho riscritto tutto almeno due volte, perché è così difficile spiegare bene quello che pensano e provano questi due cretini!
Comunque, che diavolo avrà in mente Louis? Sarà una cosa bella o una cosa brutta? E chi ne dovrà soffrire le conseguenze????

MAMMA MIA.

Fatemi sapere i vostri pensieri..il prossimo aggiornamento verso fine settimana!!
XX

Iri <3

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Capitolo 14
*** CAPITOLO 13 – HOPE? ***


CAPITOLO 13 – HOPE?
Step one, you say we need to talk
He walks, you say sit down, it's just a talk
He smiles politely back at you
You stare politely right on through
Some sort of window to your right
As he goes left, and you stay right
Between the lines of fear and blame
You begin to wonder why you came


Where did I go wrong?
I lost a friend
Somewhere along in the bitterness
And I would have stayed up with you all night
Had I known how to save a life
.
 
HARRY POV

Dio.
Quel cretino mi ha davvero tirato un pugno in faccia?
Mi ha urlato addosso che sono un pazzo, che deve starmi lontano, che mi sono chiaramente inventato tutto.

E’ venuto qui, durante una notte di pioggia, portando speranza.
E ora se n’è andato, alla luce del mattino, lasciandomi di nuovo solo e svuotato.

Eppure l’ho visto nei suoi occhi, mentre cercavo di trattenerlo; l’ho visto che per quei pochi secondi, attimi, minuti, ore, non lo so, LUI c’era.
Il mio Louis c’era, mentre mi stringeva a sé questa notte e mentre mi urlava in faccia questa mattina; mentre aspettava il tè nel salotto e mentre rideva isterico dopo il nostro scontro fuori dal bagno.

Quella risata cristallina mi era mancata così tanto, forse più del suo sguardo furbo o i capelli incasinati post-dormita sul divano.

Lui è tornato da me, per poi andarsene di nuovo, come se niente fosse.
Lasciandomi solo un dolore lancinante allo zigomo destro, che adesso sto tentando di sedare con del ghiaccio.

Vaffanculo, e adesso chi la sente Lou? Chissà quanto dovrà lavorarci con correttore e fondotinta per nascondere il livido rosso che sta già facendo capolino.
Per non parlare di quando diventerà giallo, verde e viola..che gioia!
Passare dal nascondere i succhiotti al nascondere i lividi.
Stiamo andando nella direzione giusta direi.

Per non parlare di mia madre, che stasera sarà a Londra per '''festeggiare''' il Natale con me e mi troverà in questo stato pietoso. Già la sento.

Sono sempre di fronte allo specchio del bagno, cercando di capire la vera entità del danno, quando sento di nuovo un bussare concitato alla porta.
Oddio, è tornato.

Mollo ghiaccio e pomata sul lavandino ed esco velocemente dalla stanza, cercando di riordinare i pensieri nella mia mente e calmare il battito impazzito del mio cuore.
E se fosse davvero lui? Magari è arrivato all’appartamento da Eleanor e quando l’ha vista si è reso conto che stare con lei non è davvero ciò che lo rende felice.
Magari ha finalmente aperto gli occhi alla verità, magari si è ricordato nuovi particolari, magari..

Magari questa volta varcherà la soglia di questo appartamento con l’intenzione di non andarsene più.
Per non lasciarmi mai più.

Sento di nuovo bussare alla porta e mi accorgo di essere rimasto impalato a fissarla per un minuto intero, tanto ero perso nelle mie fantasie romantiche da liceale.
Cazzo, ho paura ad aprire.

Perché se davvero ci fosse lui al di là degli stipiti, magari con una valigia nella mano destra e la piastra per capelli nella sinistra, sarei l’uomo più felice di questo mondo.
Ma se non dovesse essere così..la mia guancia non sarebbe l’unica parte ferita del mio corpo, oggi.

Comunque, che sia o non sia lui, devo comunque aprire questo dannato uscio.
In fondo sono pur sempre una persona civile e gentile.

Prendo un profondo respiro, neanche dovessi fare una gara a chi resiste di più sott’acqua, ed apro la porta di scatto, mantenendo gli occhi assolutamente serrati.
Purtroppo, nonostante il tentativo di posticipare la verità –qualunque essa fosse- questa mi colpisce dritto in faccia, o meglio, nel naso, dato che riconosco subito il profumo che mi investe in pieno.

“Oh..” Esclamo, la delusione nella mia voce dipinta in una scala di grigi.
“Harry, che diavolo stai facendo? Perché non apri gli occhi???” Mi chiede la voce, con quella sua velocità caratteristica che di solito mi fa ridere, mentre adesso non fa che deprimermi ancora di più.
Mi sposto lentamente, tornando all’interno dell’appartamento per potermi tranquillamente buttare sul divano e piangere tutte le mie lacrime.

La persona, assolutamente indesiderata in questo momento, entra decisa all’interno della stanza, chiudendosi la porta alle spalle con un colpo secco.
Vi prego, salvatemi. Stamani non posso sopportare un’altra delle sue continue ramanzine.
Lo so che lo fa per noi, ma a volte vorrei soltanto poter abbassare il volume e godermi un po’ di sano silenzio.

“Harry. Primo, perché non sei ancora vestito alle..due del pomeriggio? Non hai ricevuto la chiamata dei produttori?? Abbiamo una conferenza stampa fra esattamente..centoventi minuti! Secondo, dimmi che cavolo avete fatto tu e Louis in terrazza stanot-oh, Harry che diavolo hai in faccia!”
Il monologo incomprensibile si arresta improvvisamente, non appena alzo la testa dal suo nascondiglio sotto il cuscino e lascio in piena mostra lo schifo che ho sulla guancia.

Adesso si che si ride.

“Harry, ti sei di nuovo ubriacato stanotte? Lo sapevo che prima o poi sarebbe successo! Ti hanno pestato? Chi? Hai altre ferite addosso? Perché non sei andato all’ospedale? Sei un cretino!”

“Liam. Stai zitto un secondo, ti prego. Non è successo niente di quello che stai immaginando, stai tranquillo. E non c’entrano neanche gli alieni, o Batman o le Spyce Girls. Anzi, se proprio vuoi saperlo e da ieri sera che non lascio questo appartamento. Oh, e Buon Natale anche a te.” Gli rispondo, mettendomi finalmente a sedere, avendo capito che, adesso che lui è qui, non potrò piangere fino ad addormentarmi, così come avevo sperato.

Guastafeste di un Payne.

Harry. Chi se ne frega del Natale. Vuoi dirmi cosa è successo, per favore?” Mi chiede ancora lui, con un tono leggermente più dolce, stavolta.
Evidentemente deve aver messo bene a fuoco la mia faccia sconvolta e rigata dalle lacrime.

Lo guardo stancamente, mentre il suo piede continua a battere in terra ad un ritmo costante e le braccia, incrociate sul petto, si alzano e si abbassano con i suoi respiri.
In fondo avevo bisogno di sfogarmi; avrei chiamato Gemma, probabilmente, ma visto che Liam è qui, credo che ne approfitterò.

“Louis.”  E anche solo dire il suo nome mi fa salire un lento brivido lungo la schiena.
Sono completamente ed inesorabilmente fottuto.

“Immaginavo che c’entrasse lui. Ieri sera ti ho visto sconvolto, quando siete rientrati dalla balconata..ma non capisco perché tu debba continuare a ridurti così, quando tutto questo è stata una tua scelta! Sai benissimo che avresti potuto cambiare le cose, se solo avessi voluto!” Liam si siede vicino a me, poggiandomi una mano sul ginocchio, notando quanto la mia espressione stia diventando sempre più cupa e..pensierosa.

“Cristo, Harry, potresti ancora provare a cambiare la situazione! Non capisco perché tu debba soffrire in questo modo quando basterebbe parlare. Avresti l’appoggio di tutti noi, questo lo sai e sono sicuro che Louis..”
“No. Liam tu non capisci. Louis è..stato qui, stanotte.” Gli dico, interrompendo di nuovo il fiume di parole che stava uscendo dalla sua bocca.

“Cosa?” Mi chiede lui, per la prima volta davvero senza idee.
“Louis è stato qui? Quando è arrivato? Cosa ha detto? Perché me lo dici così tranquillamente? E’ stato lui a farti questo?” Mi chiede, indicando di nuovo la mia guancia, facendo un mezzo versetto disgustato nel constatare che..sì, quello è stato proprio un bel pugno.
Tomlinson non scherza.

“Okay Liam, ti racconto tutto. Ma ti prego di non giudicare o dare opinioni affrettate. Devi sapere che in terrazza..”
E così, mentre nel suo sguardo vedo susseguirsi curiosità, confusione, rabbia, incredulità e infine compassione, vado avanti nel raccontare tutto quello che è capitato nelle ultime sedici ore, senza tralasciare nulla.

In fondo, ormai, mi ha visto in ogni possibile condizione umana e disumana: completamente sbronzo,mentre  piangevo come un bambino perché mi mancava Lou; completamente sbronzo mentre tiravo calci a casaccio e buttavo in terra tutti i mobili dell’appartamento, perché mi mancava Lou; completamente sbronzo, mentre cantavo a squarciagola le canzoni più tristi del secolo in mezzo ad una strada, perché mi mancava Lou; completamente sbronzo, mentre cercavo giocavo a trovare più aggettivi possibili che descrivessero i suoi occhi blu, perché mi mancava Lou.

Insomma, già mi crede pazzo, tanto vale essere sincero fino alla fine.

Dopo circa mezz’ora di racconto, durante il quale –stranamente- è rimasto in silenzio, arrivo alla parte finale, quella in cui narro del pugno in faccia e la fuga immediata di Louis, che mi ha lasciato qui, nell’assoluta balia dei miei pensieri.

“Non ci posso credere!” Sbotta infine Liam, alzandosi in piedi di scatto, come se cercasse di sfogare la frustrazione senza sembrare troppo arrabbiato.
Tipico di lui. Per questo lo chiamiamo ‘Papà Directioner’, cerca sempre di mantenere il controllo della situazione ed è ogni volta pronto a calmarci e farci ragionare, nei momenti difficili.

Peccato che in questo caso, con me, non ci sia riuscito.

“Liam, mi dispiace, lo so che non avrei dovuto rivelargli tutto così..a questo punto sarei dovuto stare in silenzio, lasciarlo vivere, cazzo mi dispiace così tanto io..”
“Harry. Stai zitto un attimo. Io non ce l’ho con te, anzi, credo che tu abbia fatto la prima cosa giusta da tanto –troppo- tempo.” Mi interrompe, lasciandomi senza parole. Sta dicendo che..è d’accordo con me?

“Cosa?” Chiedo io, questa volta, sempre più confuso.
Allora non ho appena fatto la cazzata più grande della mia vita?

“Harry, io ce l’ho con Louis! Cazzo, va bene che ha perso la memoria, ma se quello che mi hai raccontato è vero –e da come ti osserva ultimamente ci metto la mano sul fuoco che è così- non capisco che problema abbia! Come fa a non capire che c’è qualcosa fra voi due?? Io sono una persona calma, di solito, ma ti giuro che se fa qualche altra cazzata lo ammazzo con le mie mani. Ora poi con questa storia della conferenza stampa..io speravo che fosse un segnale positivo, ma ora che so cos’è successo stanotte, ho paura che mi macchierò presto di un grave reato.”

E giuro, adesso vorrei soltanto alzarmi ed abbracciarlo.
Perché ha ragione, Louis sta facendo una cazzata dopo l’altra e io non ce la faccio davvero più a reggere.
Dovesse tirare fuori un’ altra delle sue perle, crollerei davvero, una volta per tutte.
Solo che..

“Conferenza stampa? Quale conferenza stampa?? Non eravamo in pausa fino alla prossima settimana? E poi, il giorno di Natale? Seriamente?? Che sta succedendo?” Chiedo, mentre il panico si impossessa della mia gola.
“Te l’ho detto prima, ma evidentemente eri ancora troppo scosso dalla notte per capirci qualcosa. Ti perdono Harry. Comunque..è stata indetta una conferenza stampa per oggi pomeriggio, intorno alle quattro, allo stesso Hotel dove abbiamo festeggiato ieri sera.
Non ci è stato dato nessun altro particolare, se non che dovremo essere tutti presenti e che i sarà svelata ogni cosa arrivati là.”

“Ma cosa significa? Dobbiamo parlare con i giornalisti e non sappiamo neanche di cosa? Come pensi che possa riuscire anche solo ad uscire di casa in queste condizioni? E poi, chi diavolo a deciso di farla proprio oggi?” Chiedo, mentre la parte del mio carattere ancora devota alla musica ed al mio lavoro mi spinge ad alzarmi dal divano e prepararmi per uscire.

“Era questo che cercavo di spiegarti un minuto fa.” Mi risponde Liam, seguendomi tranquillamente in camera per scegliere dei vestiti adatti alla situazione.
“Cosa?” Chiedo, mentre osservo le mie varie camicie per cercare quella giusta, troppo intento a studiare i vari abbinamenti per poterlo guardare in faccia.

“Louis. E’ stato Louis a richiedere la conferenza. Ha detto che deve fare un annuncio importante e..non può aspettare oltre.”
Cazzo.
 
Liam POV (Che novità, ragazze! Hihi)

Da quando Harry mi ha sganciato la bomba, non so davvero più a cosa pensare.

Dopo mesi di silenzio forzato, durante i quali ho visto Louis perdere completamente se stesso ed Harry sprofondare nel baratro dell’autocommiserazione, non mi aspettavo certamente che potesse accadere una cosa del genere.

In effetti, pensare che Louis abbia davvero agito in questo modo, stanotte, mi mette un’inquietudine addosso senza precedenti.
Soprattutto adesso, che sono nella Limousine insieme ad Harry e ci stiamo dirigendo insieme verso il luogo stabilito per la Conferenza Stampa.

Il silenzio che regna nell’abitacolo è molto pesante e posso sentire da qui le rotelle che si muovono nella testa di Harry; lo osservo mentre si tortura le dita delle mani, mentre si riavvia continuamente i capelli all’indietro e tenta di pensare ad altro guardando il paesaggio fuori dal finestrino.
Tentativo completamente inutile.

Stamani, quando me lo sono trovato davanti in quello stato pietoso, con la guancia martoriata e gli occhi così rossi, non mi sarei mai aspettato che la storia dietro ad essi potesse essere una visita inaspettata di Louis.
Che proprio lui l’avesse colpito in pieno volto, prima di abbandonarlo di nuovo, pur avendo ascoltato la verità.

Io voglio bene ad entrambi, questo non posso negarlo, ma credo che stiano sbagliando tutti e due.
O per lo meno, Harry ha preso la decisione più sbagliata che avrebbe potuto, decidendo di rimanere nell’oscurità e lasciando che Louis si allontanasse non solo da lui, ma anche dal se stesso più reale, quello che non avrebbe mai abbandonato Harry dopo un pugno sul naso.
Ma Lou che fa deliberatamente male ad Hazza?
No fucking way.

Dall’altra parte vorrei prendere quell’idiota di Tomlinson e sbattergli la testa addosso ad un muro, così forte, da fargli tornare finalmente la memoria.
Almeno smetterebbe di fare il cretino e tornerebbe il pazzo sfrenato che tutti quanti amiamo.

Lo abbiamo notato tutti che sta male, ultimamente sempre di più, con questi attacchi improvvisi che lui dice essere normali e che invece normali non lo sono affatto.

Cazzo, siamo tutti responsabili di questo casino.
Harry con le sue paure, noi con le nostre promesse, Louis, con la sua incapacità di sentire la verità.
Non ascoltarla e basta, ma sentirla, reale, dentro di sé.

Perché in fondo, non posso neanche prendermela con Louis.
Siamo stati noi a decidere di lasciar perdere, ad accettare la stupida proposta di Harry e sperare che le cose tornassero al loro posto da sole.
E invece non può essere così.

Harry e Louis hanno bisogno di noi, per poter tornare ad essere felici ed io sono stanco di mentire, stanco di vederli così abbattuti, così diversi, così estranei.

Però, un guizzo di speranza si fa strada nella mia mente, ancora scossa per le rivelazioni ricevute pochi minuti fa.
E se questa Conferenza non fosse affatto negativa, per il loro rapporto? E se, invece, Louis avesse finalmente ricordato come stanno le cose e deciso di dire la verità al mondo intero?

“Harry, io non vorrei darti false speranze ma..hai mai pensato che, forse, Louis abbia chiamato i giornalisti per parlare di voi?”
“Cosa? In che senso, Liam..?” Mi chiede il ragazzo, stretto in una camicia nera e semplice, così poco da lui.
“Nel senso che..e se dopo la sua fuga di stamani avesse realizzato che quella che hai detto è solo la verità? E se avesse deciso di..provarci di nuovo?”

“Stai dicendo che potrebbe aver ricordato, Li?” Mi chiede allora, dopo aver finalmente compreso il messaggio che volevo lanciargli.

“Sto dicendo che prima di disperarsi adesso e pensare subito al peggio, dovremmo soltanto attendere e sperare che, per una volta, la fortuna sia dalla nostra parte.” Gli rispondo, appoggiando di nuovo la mano sul suo ginocchio, così come faccio ogni volta che sente il bisogno di essere rassicurato.

Era il gesto che faceva Lou, un tempo, quando le cose erano migliori.

“Ci proverò.” Mi dice ancora lui, dopo aver preso un profondo sospiro e aver dato un paio di pacche rassicuranti alla mia mano.
E’ allora che lo sguardo mi cade distrattamente fuori dal finestrino e mi rendo conto con orrore che siamo bloccati in mezzo al traffico.

“George, cosa sta succedendo? Perché siamo fermi?” Chiedo  allarmato all’autista, accorgendomi con orrore che mancano soltanto dieci minuti alle quattro e di questo passo non arriveremo mai in tempo.

“Purtroppo Liam, mi hanno appena fatto sapere che è avvenuto un incidente all’incrocio in fondo alla via.”
Un Natale da ricordare, davvero.

“Si è fatto male qualcuno?” Chiede Harry, improvvisamente attento ed allarmato.
Nonostante tutti i problemi che sta affrontando al momento, non smette mai di essere il ragazzo dolce e compassionevole di sempre.
Lo ammiro molto.

“No Harry, sta’ tranquillo. Soltanto un tamponamento a catena, ma nessun ferito grave. Solo tanta paura.” Risponde George, sorridendo dolcemente al ragazzo che lo osserva intento dallo specchietto retrovisore.

“Menomale.” Commento “Solo che non riusciremo mai ad arrivare in tempo all’Hotel in questo modo..” Continuo, cercando di immaginare una soluzione possibile al contrattempo.
“No Liam! Noi dobbiamo essere là per le quattro! Io devo essere lì per le quattro!! Qualsiasi cosa abbia da dire Louis, positiva o negativa, devo essere presente!” Esclama Harry, nuovamente concentrato sul problema che lo affligge.

“Harry, non so davvero come potremmo fare..anche a piedi ci metteremmo comunque almeno venti minuti, a passo spedito..dimmi tu.” Rispondo, pronto a soddisfare ogni richiesta del mio amico.
In fondo, oggi potrebbe essere un momento decisivo per lui.

Non faccio in tempo a finire la frase, che Harry è già saltato fuori dall’abitacolo, lanciandosi in una corsa spericolata fra le macchine e i bus fermi per la strada.
Ecco, sapevo che sarebbe andata così.

Saluto velocemente George, che mi lancia uno sguardo a metà fra lo scioccato ed il divertito, e mi lancio all’inseguimento di Harry, che, purtroppo, è già diversi metri avanti a me.

Io odio correre, da sempre.

Ho sempre cercato di darmi a sport in cui non servisse rimanere senza fiato e non ho mai sviluppato una grande capacità polmonare.
Eppure sono un cantante, ma che posso farci, sono anche pigro.
Così, mentre continuo a seguire Harry, il mio respiro si fa sempre più irregolare, mentre lo sforzo inizia a farmi grondare di sudore come mai prima.

Cazzo, se dopo questa corsa Louis si azzarderà a dire la cosa sbagliata..lo ripeto, non risponderei più delle mie azioni.

Dopo minuti che mi sembrano interminabili, e dopo aver perso ancora del terreno nei confronti di Harry, scorgo finalmente l’ingresso dell’Hotel, sempre più vicino ma sfocato, come se fosse un miraggio, una chimera.
Oppure sto solo per svenire.

Vedo Harry entrare nell’edificio, per poi imitarlo un minuto dopo, cercando e trovando subito la sala conferenze.
Nonostante il fiatone ed il sudore, noto che la stanza è gremita di giornalisti e addetti stampa, che stanno ascoltando in silenzio una persona sul palco.
Ferm. Quella persona è Louis.

Raggiungo Harry in un angolo della stanza, contento che nessuna delle persone presenti, troppo intente ad ascoltare il discorso del mio amico, si sia accorta della nostra presenza.
Meglio passare inosservati, dato che non ho idea di cosa succederà fra poco.

Una volta accanto al piccolo Hazza, che sta già osservando il suo Lou con occhi sgranati, sposto di nuovo la mia attenzione sul ragazzo seduto dietro allo stand, cercando di mettere a fuoco le sue parole.
L’ansia sta uccidendo me..figuriamoci il poveraccio che mi trovo accanto.

“..Insomma, adesso che ho ringraziato tutti voi per la vostra presenza e dopo aver fatto i doverosi auguri di buone feste, vorrei fare una semplice e coincisa dichiarazione, prima di rispondere ad ogni vostra domanda.” Dice Louis, cercando evidentemente qualcuno con gli occhi.
Che stia cercando Harry?

Il ragazzo deve aver pensato la stessa cosa, perché lo vedo alzarsi in punta di piedi e focalizzare lo sguardo nelle iridi di Louis, cercando di attirare la sua attenzione, invano.
Purtroppo però, quello che avviene dopo, non è affatto quello che entrambi ci aspettavamo.

“Vorrei annunciare a tutti che io ed Eleanor Calder, che è ormai la mia ragazza da un po’ di tempo, abbiamo deciso di..sposarci.”

Sposarci.
“Sposarsi???”
No.
“No!” Sento singhiozzare Harry accanto a me.

Sono completamente sbalordito da ciò che ho appena sentito e non faccio in tempo a voltarmi verso il mio amico, che lui mi si accascia addosso, con tutto il suo peso, mentre le lacrime gli scendono copiose sulle guancie.

E non faccio più caso al palco; non noto Louis portare Eleanor lassù con sé, per mostrare l’anello alle affamate telecamere; non sento la ragazza ridere felice, mentre risponde alle tipiche domande sul matrimonio; non mi accorgo che Niall e Zayn sono sul palco insieme a loro, cercando di mostrare dei sorrisi falsi, quando in realtà giudicano tutto questo completamente sbagliato.
Non noto che lì sopra, il sorriso più finto di tutti, lo sta indossando Louis.

Mi concentro invece sul povero ragazzo che sto sorreggendo, tremante come una foglia; così grande eppure così fragile, mentre mormora parole sconnesse al mio orecchio, probabilmente ancora incapace di credere a ciò che è appena successo.

“Liam ti prego.. portami via!” Mi sussurra, quando la paura di essere notato da sguardi indiscreti inizia a farsi spazio nella sua mente.
“Certo. Tutto quello che vuoi Harry.” Gli rispondo, dopo avergli infilato gli occhiali da sole.

Sono tutti così attenti ad osservare cosa stia succedendo sul palco, che davvero nessuno nota le nostre figure unite allontanarsi silenziosamente.
Usciamo dalla porta secondaria, e non appena ci ritroviamo alla luce del sole –cazzo, in una giornata di merda come questa deve proprio esserci il sole- Harry si siede, o meglio, si accascia contro il muro, piegando le ginocchia al petto ed abbassando la testa su di esse.

Continua a singhiozzare sommessamente, mentre io posso solo vedere i movimenti convulsi delle sue spalle ed una lacrima pesante come un macigno scende anche sul mio viso.

Louis Tomlinson, sei un uomo morto.

SPAZIO DELLA SCEMA: HI GUYYYYS! Don’t kill me, I’m still young!!!
Insomma, piaciuto il capitolo?...posso immaginare la risposta……………………

Comunque, FINISCE BENE GIURO, non lo ripeterò più ma statene certi!

Voglio dire, Harry sta soffrendo come un cane, pensate davvero che potrei rifiutargli il suo lieto fine????

NO FUCKING WAY. (Frase del giorno, per me) :D

Pls, continuate a commentare, che adoro leggere le vostre recensioni ed i vostri consigli..anzi, facciamo un giochino.
Vorrei sapere da voi che leggete –se siete Larry shippers- qual è stato il video o l’informazione o lo sguardo che vi ha fatto dire ‘CAVOLO E’ REALE, PUNTO.’

Se non siete LS, ma leggete comunque, vi aNo tantissimo perché so quanto può essere difficile accettare la cosa.
Un po’ come quando io provo a leggere le HET.
Ci vuole impegno.

Howevahh,
un bacione,

A presto

Scody :D

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Capitolo 15
*** CAPITOLO 14 - LAY ME DOWN ***


SPAZIO AUTRICE: Attenzioooone! Devo scusarmi, perché con la foga di scrivere di loro mi ero completamente scordata di una cosa FONDAMENTALE della storia.
Ma in fondo, lo diceva anche Hazza in un famoso video: per un sacco di gente nel mondo il 24 dicembre è la Vigilia di Natale, ma per ancora più persone è IL COMPLEANNO DI LOUIS.

E infatti io mi sono concentrata sul compleanno e..mi sono scordata che fosse effettivamente NATALE!
Che figuraccia assurda.
Così, mi sono già premunita ed ho modificato alcuni dettagli degli ultimi tre capitoli, in modo che si sentisse aria di Natale e questo che leggerete..beh, lo scoprirete da soli quanto sarà davvero natalizio.


SO GIA’ CHE MI SPEDIRETE RECENSIONI MINATORIE.
LO SO.

Sì Fede, sto parlando di TE.
Ma ti aNo lo stesso, come aNo tutti voi che continuate a leggere questa storia e sopportare le mie follie e le stranezze e le cose che non tornano.

In fondo è la mia prima Long ‘seria’ perciò..mi perdonerete, no??

Comunque, aggiungo un’ultima informazione che spero possa allietare un po’ i vostri animi: il prossimo capitolo (ovvero quello dopo questo –scherzate, bella frase davvero) arà l’ultimo in cui vedremo Harry soffrire.
STYLES STA PER INIZIARE LA SUA RINASCITA BITCHES, E LOU DOVRA’ LOTTARE DURO PUR DI RITROVARE SE STESSO ED IL SUO AMORE!!!

XX

Iri (:

 
CAPITOLO 14-LAY ME DOWN
 
And it's hard, the days just seem so dark
The moon, and the stars, are nothing without
you

Your touch, your skin, where do I begin?
No words can explain, the way I'm missing you
The night, this emptiness, this hole that I'm inside
These tears, they tell their own story


You told me not to cry when you were gone
But the feeling's overwhelming, it's much too strong

Can I lay by your side, next to you, you
And make sure you're alright
I'll take care of you
And I don't want to be here if I can't be with you tonight
 
POV HARRY

Sono scappato da tutto.
Ho lasciato Liam in quel vicolo, perché non ce la facevo a sopportare quello sguardo afflitto e comprensivo che continuava a puntarmi addosso.

Non voglio comprensione adesso, voglio solo silenzio.
E sapevo di poterlo trovare qui, dove tutto è iniziato e dove tutto è finito.
Apro piano la porta, con le chiavi che porto con me, inutilizzate, da mesi e faccio due passi all’interno, prima di richiudermela alle spalle con un tonfo sordo.

Non vedo niente; le serrande sono abbassate e non ho idea di dove sia il divano.
Era davvero troppo tempo che non entravo qua.

Così mi lascio scivolare sul muro, sedendomi stancamente a terra, iniziando a singhiozzare.
Ho resistito anche troppo.

E’ buio, completamente.
Come se tutta la luce che sentivo addosso in questo posto se ne fosse andata insieme a te.
E forse è così.
In fondo tu sei la mia luce. Tu sei luce.
Hai semplicemente deciso di risplendere altrove.

Non ce l’ho fatta, sai Lou?
Non sono riuscito a mantenere la promessa, quella promessa che avevo fatto tanto tempo fa, mentre ancora non riuscivo a capire come avessi potuto dimenticarci.
Avevo giurato a me stesso che non avrei mai più messo piede qui dentro, se non insieme a te.
Volevo che tutto restasse uguale, o quasi, che al momento del nostro ritorno tu ti sentissi di nuovo a casa, come poco prima dell’incidente.

Quando tutto andava ancora bene.
Quando pensavo che il nostro amore sarebbe stato per sempre.
Quando ero ancora un bambino, innamorato del suo migliore amico.

E cosa mi è rimasto adesso, se non una casa che puzza di chiuso e una cucina sempre troppo in ordine?
Mai più briciole di biscotti da togliere dal divano; mai più pentole bruciate da buttare; mai più cibi disgustosi da assaggiare; mai più luci dimenticate accese e piastre lasciate attaccate alla presa del bagno.

Mai più abbracci improvvisi, sorrisi segreti, occhi brillanti.
Mai più la tua voce squillante che mi chiama dal salotto in attesa del tè.
Mai più le tue magliette a righe.
Mai più le bretelle.

Mai. Più. tu.

E sarei disposto a bruciare tutto quello che ho, pur di poter risentire il calore delle tue braccia intorno a me, mentre mi avvolgi da dietro nel nostro letto, durante le gelide notti londinesi; abbandonerei adesso la carriera, i soldi, il successo pur di sentirti dire di nuovo che andrà tutto bene.

Adesso, che ormai sta andando tutto a puttane.

E se non posso essere con te stanotte e in tutte le notti che seguiranno, allora, che vita mi resta?
Prima almeno avevo la speranza.
Adesso mi è rimasto soltanto il rifiuto, silenzioso e testardo.
La consapevolezza che non hai più bisogno di me, quando invece io, senza di te, non so davvero dove sbattere la testa.

C’è un sacco di polvere in questa casa: sui mobili, sul tappeto, sulla coperta del nostro letto.
La stessa polvere che da tempo ha iniziato a ricoprire anche il mio cuore, che, sembra un’iperbole –e spero che lo sia- davvero non ce la fa più.

Il mio desiderio più grande, fin dalla prima volta che ti ho incontrato in quel bagno, era quello di poter restare sempre al tuo fianco.
Come quando guardi una persona per la prima volta, e ti rendi conto che nella tua vita tutto sarebbe un po’ più bello, se quella fosse al tuo fianco.

Ecco cosa provai quando vidi te.
Tu avresti reso la mia vita un album di fotografie a colori.

Avrei voluto sposarti; anche subito, anche quando ci hanno buttato fuori da X-Factor, anche quando ci siamo trasferiti in questa casa, anche quando mi hai detto che mi amavi, anche quando abbiamo litigato per quello stupido tweet.
Anche adesso, che non ricordi chi sono.

Ed ora stai per sposarti davvero, ma non con me.

E come diavolo riuscirò a starmene in silenzio, in un angolo della chiesa, mentre l’amore della mia vita sposa qualcuno che non sono io?
Dove troverò la forza di non piangere di nuovo queste lacrime, di non urlare come un folle che sei mio, mentre ti donerai per sempre ad un'altra persona?

E ciò che mi fa più paura è che, pur volendolo con tutto me stesso, non riuscirò mai a smettere di amarti.
Perché ti amo da sempre, da quando apristi le tue braccia e mi facesti posto nel tuo lettino minuscolo, perché non riuscivo a dormire.
Ti amavo anche prima di rendermene conto, quando ancora pensavo che tu fossi ‘solo’ il mio migliore amico, da quando mi appoggiavo a te come se fossi la mia colonna, come se potessi crollare, senza il tuo aiuto.
E forse era proprio così.

Cazzo, ancora adesso è così.

Crollerò; anzi, sto già crollando, pezzo dopo pezzo, notte dopo notte, mentre la mia anima finirà schiacciata e distrutta dalla tua assenza.

Sono cresciuto con te, Lou.
La tua presenza rassicurante mi ha permesso di diventare quello che sono oggi, sopra e sotto il palco e soltanto la speranza di poterti riavere, un giorno, riusciva ancora a mantenermi in piedi.
Ferito, sì, ma ancora vivo.

Adesso che mi è rimasta solo una casa vuota e che di te ho soltanto quei vecchi pantaloni rossi e quei sette quadri orrendi non credo proprio che potrò restare ancora in piedi.
Non ne ho più la forza.
Perché se n’è andata insieme a te.

Siete usciti di nuovo dalla mia vita, insieme, a braccetto, lasciandomi completamente privo di difese; davanti ad un mondo che, francamente, continuo a detestare sempre di più.

E sono fottutamente incazzato con te, Louis, perché questa volta la scelta è stata tua.
Hai deciso di non credermi.
Hai deciso di non lasciarti aiutare da me, non ti sei fidato del mio amore e sei scappato di nuovo e per sempre.
Hai scelto la via tracciata, quella più semplice, quella scontata.
Ed ora sono solo una nave in balia della corrente, senza una bussola che mi indichi la strada di casa.

Ci ho provato in tutti i modi, ho aspettato in silenzio che tornassi da me; ho cercato di alzare la voce al momento giusto; ho provato a tenerti stretto con le poche forze che mi erano rimaste, ma ho comunque fallito.

Mi raggomitolo sul pavimento, cercando un po’ di caldo fra le pieghe del giaccone che indosso; non posso accendere la luce e non posso alzarmi da queste mattonelle fredde.
L’unica cosa che riesco a fare è continuare a piangere, adesso più lentamente, mentre la consapevolezza della realtà continua a scorrere nelle mie vene: la sento scendere, dal cuore fino ad ogni più piccolo e lontano capillare, a ghiacciare ogni movimento ed ogni pensiero, inesorabile.

Ed è così che i miei singhiozzi si fanno sempre più radi, mentre mi addormento, abbandonandomi ad un sonno tutt’altro che ristoratore.

“Haz? Haz..?”
Apro gli occhi di scatto, mentre un dolce tepore avvolge tutto il mio corpo e Louis mi sorride con tenerezza.
“Louis?” Chiedo, improvvisamente sveglio. Cosa ci fa Louis con me? E perché sono sdraiato sul divano di casa nostra con una coperta sulle spalle? Che diavolo è successo?
“Harry, hai dormito quasi tre ore..ma adesso sarebbe proprio il caso che tu mi aiutassi.” Mi dice Boo, cercando di mascherare una certa insicurezza che riconosco dipinta sul suo viso.
“Aiutarti..per cosa?” Chiedo ancora, cercando di mettere insieme i pezzi di un puzzle che, semplicemente, non combaciano.
“Haz riprenditi, ti prego! Non ti lascerò mai più dormire così tanto se ogni volta ti svegli così rincoglionito! Capisco che stanotte abbiamo fatto tardissimo ma..è Natale, Harry, e fra cinque ore le nostre famiglie arriveranno qui per festeggiarlo insieme a noi.”

Ma cosa sta dicendo?
Non faccio in tempo a rispondere che si sta sbagliando, che lui mi ha già preso entrambe le mani fra le sue, tirandomi in piedi con uno strattone.
Mentre io continuo a non aprire bocca –o forse è già spalancata per la sorpresa- Louis mi trascina con sé in cucina, blaterando qualcosa come ‘Pollo, mozzarella, Purea..’
“Purea?” Chiedo infine, non appena si ferma davanti al bancone della cucina –la nostra cucina- pieno di verdure, frutta, carne ed altri ingredienti strani.
“Haz. Ho detto: io so cucinare solo quella schifezza con il pollo, quindi o mi dai una mano tu adesso, o il nostro primo Natale da sposini con le famiglie si rivelerà un completo disastro.”

Natale.
Famiglie.
Sposini.

Mi guardo immediatamente la mano, scoprendo sul dito medio una fede d’oro, semplice e perfetta, che mi fa smettere di respirare per qualche secondo.
Louis sta iniziando ad osservarmi impaziente;  aspetta che io faccia tutto il lavoro mentre lui impartisce gli ordini, ma prima ho bisogno di riprendere fiato.

E’ stato tutto un brutto sogno.
Un terribile, falso, malvagio sogno, provocato da qualche spirito maligno.

D’impulso torno in salotto, dove, come speravo, trovo ad attendermi un abete gigante –ovviamente finto- tutto decorato con palline rosse e brillanti.
E’ davvero Natale.
E’ il Natale che ho sempre sognato.

Il mio sguardo continua a spostarsi velocemente dalla mia fede all’albero, fino al divano, dove stavo dormendo fino a poco tempo fa.

“Harry..” Mi sussurra Louis, prima di abbracciarmi da dietro, in una posizione sicuramente scomoda per lui, ma assolutamente perfetta per me.
“Louis, tutto questo è reale?” Gli chiedo, mentre l’emozione inizia a prendere il sopravvento e gli occhi si inumidiscono.

Il camino è acceso ed un meraviglioso tepore si espande nella stanza, mentre canzoni natalizie si susseguono, in lontananza.
Louis mi scioglie dal suo abbraccio, girandomi intorno e venendo a fermarsi proprio di fronte a me.
Mi guarda molto intensamente, mentre sfiora piano la mia mano, la sinistra, iniziando a giocare con la mia fede.
Abbasso lo sguardo sulle nostre mani unite e mi accordo che anche lui ne ha una, identica alla mia, perfetta come la mia.

“Harry, noi siamo reali. Non lasciare che ciò che accade intorno a noi ti faccia dubitare mai di questo.” Mi sussurra, continuando ad osservare le fedi, così vicine fra loro, mentre le nostre dita continuano ad intrecciarsi.

“Ma io non ce la faccio Louis. Fa troppo male.” Gli rispondo, incapace di togliermi quel brutto sogno dalla mente.
E’ ancora troppo vivido.
Ancora troppo reale, per poterlo semplicemente mettere da parte.
“Ho fatto un brutto sogno Boo. E non riesco a smettere di pensarci.” Confesso, mentre ormai penso che Louis sia completamente incantato dal movimento delle nostre mani.
E’ bellissimo così, con lo sguardo assorto su di noi.

“Cosa hai sognato Haz? Perché ti ha sconvolto tanto?” Mi chiede infine, spostando improvvisamente il suo sguardo nel mio, incatenandomi a lui.
Le parole che escono dalla mia bocca sono incontrollabili; vengono da sole, una dopo l’altra, come se non potessero fare a meno di essere dette.

“Stavo cercando di raggiungerti. Potevi sentire mentre ti chiamavo? Quel dolore che provavo..mi mancavi. Mi mancavi da impazzire. Io volevo solo potermi riposare accanto a te ed accertarmi che tu stessi bene, bene sul serio. Io voglio solo prendermi cura di te.” Parole senza senso.
E Louis continua a guardarmi, imperterrito, lasciando che io mi immerga nei suoi occhi marini.

“Non devi piangere, Haz, ti prego.” E solo quando sfiora una delle mie guance con la sua piccola manina, mi accorgo che sto piangendo sul serio.
“Harry, promettimelo. Promettimi che non piangerai. Ti prego.” Mi dice, mentre continua ad asciugare le lacrime copiose dal mio viso.
“Louis, cosa stai dicendo? Io non piangerò mai più, tu sei con me, quello era solo un brutto sogno.” Cerco di rassicurarlo, rendendomi conto del tono supplichevole della sua voce.

Noi siamo insieme adesso.
Deve capire che andrà tutto bene.
Perché è così sconvolto??

Lo abbraccio di scatto, avvolgendolo con le mie lunghe braccia, assaporando di nuovo l’effetto del suo piccolo corpo vicino al mio.
Louis mi stringe ancora più forte; la sua stretta si fa quasi disperata, come se stesse cercando in tutti i modi di restare con me, aggrappandosi per non essere trascinato via da un vento che io non riesco a sentire.

“Promettimelo!” Adesso sta quasi urlando, con il viso completamente schiacciato sul mio collo.
Non capisco, perché sembra lui quello spaventato?
“Quando me ne sarò andato, promettimi che non piangerai!!” Adesso sta proprio piangendo, ed io torno di nuovo a perdermi nei pensieri più oscuri.
Lo stacco da me, mentre cerco di osservare il suo viso, con quegli occhi azzurri adesso arrossati per le troppe lacrime.

“Cosa stai dicendo Louis? Quando te ne andrai? Dove diavolo dovresti andare? E perché stai piangendo?”
Che cazzo sta succedendo?

“Promettimelo!!” Urla di nuovo lui, mentre un forte singhiozzo lo rende quasi una supplica.
“No.” Rispondo.
Lui mi guarda, stupito, prima di urlare ancora più forte, tanto da scuotermi di nuovo e riportarmi sull’orlo delle lacrime.
“Promettimelo!!!”
“NO!!” Urlo anche io, chiudendo gli occhi di scatto, sentendo improvvisamente un grande freddo intorno a me.


E non devo neanche riaprirli, per capire cosa sia successo.
Sento di nuovo il pavimento sotto di me, gelido e morto.

Non è una coperta di pile quella che mi avvolge, ma un vecchio giaccone col cappuccio.
La casa è fredda, il camino è spento e non c’è nessun albero di Natale ad attendermi nel salotto.
E’ stato tutto un sogno.

Cazzo, io non ce la faccio davvero più.

Non pensavo si potesse amare una persona così tanto. Così tanto da impazzire.
Io devo riuscire a riappropriarmi della mia vita; dei miei giorni; dei miei sogni.

Devo liberarmi dalla presenza di Louis, perché lui si è già liberato dalla mia.
E io, un modo per continuare a vivere, devo pur trovarlo.

Mi alzo da questo pavimento gelido e accendo la luce.
Mentre passo un dito sulla polvere depositata fra le cornici e le foto, decido che è arrivato il momento.
La vendo.

Tanto questa non può essere casa, se non ci siamo io e te a viverla.

E’ solo un guscio vuoto e freddo, privo di affetto, privo di comprensione, privo di familiarità.
E’ solo l’ultimo ricordo sbiadito e sofferente di qualcosa che ho perso per sempre.
E’ il simbolo di ciò che saremmo potuti essere e che, invece, non saremo mai più.

Così me ne vado, chiudendo il portone dietro di me per l’ultima volta, certo che non metterò mai più piede qui dentro.
Domani chiamerò gli avvocati per iniziare la pratica di vendita; non voglio che questa casa finisca in mano ad un pazzo qualunque.

Mi incammino per le strade di Londra, mentre il vento mi sferza, facendo svolazzare i miei capelli in ogni possibile direzione.
Mamma e Gemma saranno sicuramente già a casa ad aspettarmi.
Questo non sarà un Natale felice.

Perché non posso volare anche io? Perché questo vento non riesce a portare via anche tutti i miei ricordi?
Devastato.
Calpestato.
Perso.
Dimenticato.

Sono un uomo che cammina in una vita a metà.
Ma da domani, tutto sarà diverso.
 
 
“You told me not to cry when you were gone
But the feeling's overwhelming, it's much too strong.”

 
 
POV LOUIS

“Promettimelo!”
“NO!”


Mi alzo di scatto, mentre il calore e le luci che mi circondano, mi accecano per qualche secondo.
Queste non sono le luci del mio sogno; non c’è un camino caldo e l’albero di Natale è orrendamente vero. Non li sopporto quando sono veri.

“Louis, andiamo, l’aperitivo è quasi pronto. Smettila di sonnecchiare sul divano e corri a prendere El, dobbiamo festeggiare un sacco di cose stasera!” Mi dice mia madre, dalla cucina.

Ma non me ne frega niente di quello che mi sta urlando, o del fatto che fra poco tutta la famiglia si riunirà in questa casa per festeggiare il Natale.
Ho di nuovo sognato Harry Styles, l’ho baciato, l’ho abbracciato, ho pianto sulla sua spalla.

Ero sposato, cazzo.
Non con Eleanor.
Ma non Harry.

E per un attimo, mi chiedo se io, di tutto questo casino, non abbia davvero capito niente.
Forse sto sbagliando tutto.


 
Hi Guyyyys!
Vediamo se riesco a postare anche il capitolo successivo entro poche ore..
SFIDA CONTRO IL TEMPO!!!

 

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Capitolo 16
*** CAPITOLO 15 – LIFE WILL FIND A WAY ***


CAPITOLO 15 – LIFE WILL FIND A WAY
 
They say that things just cannot grow
Beneath the winter snow,
Or so I have been told.

They say were buried far,
Just like a distant star
I simply cannot hold.

Is love alive?
 
 
LOUIS POV

“Amore, sei sicuro che non vuoi un altro po’ di Cheesecake?”

Eleanor mi guarda con quel suo sorriso adorante, il solito che continua a rivolgermi da dopo l’incidente.
In effetti, anche se cerco di concentrarmi su come fosse prima, fra noi, non riesco a focalizzare dei veri e propri momenti, o delle sensazioni precise; so solo che stavamo insieme e che ci amavamo.

Se però qualcuno dovesse chiedermi quando mi sono innamorato di lei, o cosa abbia provato durante il nostro primo bacio, o nel momento in cui decidemmo di metterci insieme..non saprei davvero dirlo.
So di aver fatto queste cose, so che sono stati momenti felici per me ma non riesco a sentirlo davvero.

Spero solo che non sarò costretto a preparare un discorso strappalacrime per il nostro matrimonio, altrimenti potrei davvero essere nei guai.

Che poi, il dottor Burke è stato abbastanza chiaro sull’argomento: probabilmente ci sono momenti e sensazioni passate che potrebbero essere state danneggiate con l’incidente, o addirittura dimenticate.
Probabilmente sono ricordi che ho perso per sempre, e credo che dovrò farci l’abitudine.

O forse ha ragione Harry e sto solo cercando di far riaffiorare i ricordi sbagliati.

“Louis?” Mi chiama ancora El, svegliandomi per l’ennesima volta dal turbinio dei miei pensieri.

E’ tutta la sera che la mia testa sembra voler andare ovunque, piuttosto che concentrarsi sui festeggiamenti familiari che ho intorno.

“Scusa El, ero un attimo sovrappensiero. Ma sì, tagliami un’altra fetta di torta!” Rispondo, cercando di risultare il più entusiasta possibile, di fronte agli innumerevoli sguardi che sono puntati su di me.

Lei risponde con una risatina soddisfatta, prima di tagliare un’altra fetta –enorme- e posarla di fronte a me.
Dio, dove sono le torte al cioccolato, quando servono?

Cazzo, ancora.
Non è possibile che ogni cosa qui dentro mi faccia pensare immediatamente a lui.

Chissà come sta.
Non credo di averlo visto alla conferenza stampa, ma di sicuro ormai avrà saputo la notizia.
Meglio così, prima accetterà il fatto che le sue sono solo fantasie infondate e che io amo davvero Eleanor e prima potremo tornare a comportarci civilmente l’uno con l’altro.

Ed è quando formulo questa frase nel mio cervello, che mi rendo conto di quanto io non stia effettivamente parlando di Harry.
Tomlinson, siamo seri. Qui il primo che deve capire che quelle sono fantasie..sei tu.

La torta continua a giacere intatta sul tavolo, ma grazie a Dio nessuno sembra più prestare attenzione a me.
La mia famiglia si sta velocemente spostando dalla sala da pranzo verso il salotto, dove il famoso Albero di Natale troneggia accanto al camino, circondato da un numero spropositato di pacchi regalo, pronti per essere aperti.
Resto appoggiato allo stipite della porta, osservando mia madre che scarta i regali dei gemellini, che intanto stanno giocando fra le cartacce colorate. Intanto, Phoebe e Daisy mostrano le piastre appena ricevute alla mia fidanzata, che ride spensierata in mezzo alla mia famiglia, come se fosse già parte di essa.

Sul mio viso sta per farsi strada una smorfia, ma riesco a ricollegare il cervello immediatamente, reprimendola sul nascere.

Giusto in tempo, perché El si è appena voltata verso di me, facendomi segno di raggiungerli per scartare anche i miei regali.
Non me lo faccio ripetere due volte, e con tre passi raggiungo il tappeto di fronte all’Albero, sedendomi proprio in mezzo ai gemellini, che non tardano ad arrampicarmisi addosso, cingendo il mio collo con le loro piccole braccia paffute.

Mia madre sorride serena, osservandoci, e mi rendo conto di quanto amore riesco a leggere nei suoi occhi, quanta soddisfazione, nel vedermi così tranquillo.
In fondo lei non sa che cosa è successo stanotte.
Lei non sa di quante voci si stanno scontrando nella mia testa, di quanto tutta la tranquillità che dimostro sia solo una facciata, l’ennesima facciata, per fingere che tutto sia perfetto.

“Ti voglio bene” Mi dice, muovendo lentamente le labbra, senza emettere alcun suono.

E’ sempre stato il nostro ‘gesto segreto’, una cosa che soltanto io e lei facciamo, quando vogliamo parlarci a distanza.
In effetti, se mi chiedessero di leggere le labbra di qualsiasi altra persona, sicuramente ogni mio tentativo sarebbe disastroso; con mia madre invece, è sempre stato tutto molto naturale. Lo facciamo da sempre, come per creare un mondo tutto nostro, fatto di sguardi e parole scandite in lontananza, e non c’è luogo, luce, rumore che possa impedirmi di capire cosa lei mi stia dicendo.

Ricambio il suo muto ‘Ti voglio bene’, per poi vederla voltarsi verso Eleanor con un piccolo pacchettino, sicuramente il suo regalo di Natale.
Dovrei semplicemente mollare ogni dubbio e godermi la mia vita.
Fosse facile.

Proprio mentre Eleanor si accinge ad aprire il pacchetto, visibilmente emozionata, sento suonare il campanello di casa.
Guardo l’orologio appeso sopra al camino, mentre intorno a me il silenzio prende il posto del chiacchiericcio di poco fa. Chi può mai essere, alle dieci e trenta della sera di Natale?

Mia madre si alza, pronta per andare ad aprire il portone, ma qualcosa mi dice che chiunque sia dall’altra parte è venuto per parlare con me.
Così la seguo fuori dal salotto, fino all’ingresso, sfiorandole la mano, proprio un attimo prima che apra la porta.

“Mamma, ci penso io.” Le dico, prima di rivolgerle un sorriso più o meno sincero.
Forse il più sincero di tutta la giornata.

“Ma potrebbe essere chiunque..” Tenta di protestare lei, ricordando sicuramente di quando una fan vestita da carota riuscì ad arrivare fin qui, per poi cantarmi una serenata a dir poco stonata.
Esperienza decisamente da non ripetere.
“Dai mamma, lo sai che Finn non lascia più entrare nessuno che non abbia una faccia conosciuta, dopo Miss. Carota Folle!” Le rispondo, riuscendo a strapparle una risata cristallina.
Lei mi guarda per un attimo, decidendo se fidarsi o no delle parole del nostro usciere, prima di schioccarmi un bel bacio sulla guancia e tornarsene nel salotto, dove la aspetta il calduccio del camino in compagnia della famiglia.

Mi giro verso la porta, abbandonando il sorriso e tornando ad indossare la solita espressione preoccupata che mi accompagna da qualche settimana ormai.
Facciamo pure qualche mese.

Al di là di questa porta potrebbe esserci Harry.
E non è il fatto di potermelo ritrovare davanti incazzato nero o triste o ubriaco che mi fa agitare.
Ma è  il fatto che..io vorrei che fosse lui.

Un brivido mi percorre la schiena, mentre il mio cervello torna al suo posto dopo l’ennesima scampagnata notturna, e con un gesto velocissimo spalanco la porta.

“Hey Lou, devo parlarti.”
Liam Payne mi sta osservando dall’altra parte degli stipiti, con uno sguardo piuttosto corrucciato ed un pacco di biscotti in mano.
Che diavolo è venuto a fare?

 
HARRY POV

In fondo, avere una famiglia che sa tutto di te e su cui puoi sempre contare è la cosa più importante.

Mi guardo intorno, mentre mia madre, Gemma e Robin stanno ancora mangiando la loro pizza, e capisco quanto io sia davvero fortunato.
Quando stasera sono arrivati al mio appartamento, sicuramente non si sono trovati di fronte quello che si aspettavano: nessuna decorazione, nessun alberello, nessuna canzoncina di Natale.
Soltanto me, raggomitolato sul divano intento a guardare un film strappalacrime di cui neanche conoscevo il nome.

E’ bastato che mi osservassero per un attimo, perché capissero che doveva essere successo qualcosa di davvero pesante.
E così, senza che neanche lo chiedessi, mia madre e Gemma mi hanno preparato un tè caldo, per poi sedersi vicino a me, aspettando che riuscissi a sfogarmi.
Mi hanno abbracciato, consolato, ascoltato per almeno tre ore, senza pressarmi o giudicarmi; è stato bello avere vicino a me le due donne più importanti della mia vita, proprio adesso che sto per prendere una decisione importantissima.

Robin dal canto suo, capendo che queste sarebbero state ore delicate, ci ha lasciati soli, andando a comprare ogni genere di decorazione, sotto rigida istruzione di mia madre.

Ed ora eccoci qui, stretti intorno al tavolo del salotto, in un appartamento che, grazie all’intervento della mia famiglia, sembra un po’ meno triste e vuoto.

Sono bastati un piccolo alberello –finto, come piace a me- pieno di palline dorate, luci colorate intorno ad esso ed una ghirlanda attaccata alla porta perché potessi finalmente sentire anch’io un po’ di spirito natalizio.
“Mamma, mi dispiace per non aver organizzato un Natale degno di questo nome. Avete addirittura dovuto cenare con pizza e gelato..davvero non so come scusarmi.” Dico a mia madre, mentre Gemma e Robin sembrano essere concentratissimi sul film natalizio che stanno trasmettendo in tv.

“Harry, non dirlo neanche per scherzo!” Mi risponde lei, sedendosi velocemente accanto a me, sul divano dove, soltanto ieri sera, era sdraiato Louis.
Prende una delle mie mani fra le sue, come ha continuato a fare ad intervalli regolari durante le ultime cinque ore, per poi continuare il suo discorso.
“Sai che a noi non importa affatto. Siamo qui per passare del tempo insieme a te, e l’unica cosa che ci interessa in questo momento è che tu stia bene. Certo, avrei sperato di trovarti in condizioni migliori..ma adesso che mi hai raccontato tutto..non posso fare altro che starti vicino e sperare che tu possa presto voltare pagina.” Conclude, lasciandomi di stucco.

“Quindi..quindi pensi che io abbia preso la decisione giusta? Non credi che  mi stia arrendendo troppo presto? Non pensi che io sia un..vigliacco?” Chiedo allora, in un soffio, mentre i miei occhi si inumidiscono di nuovo.
Pensare a Louis mi rende debole.
Questa storia deve finire.

“Tesoro. Non  meriti tutto questo dolore. Io non so quale sia la decisione giusta da prendere, non so se sarebbe più giusto continuare a lottare o semplicemente mollare tutto e purtroppo non posso indovinare cosa accadrà domani. Però di una cosa sono sicura.”

“Cosa?” Chiedo, sperando che quello che deve dirmi saprà cancellare ogni dubbio nella mia testa.

Lei lascia andare le mie mani ed inizia ad accarezzarmi i ricci, guardandomi negli occhi con quella tenerezza che soltanto una madre può trasmettere.
Ormai –stranamente, ultimamente non piango mai- le lacrime iniziano a scendere libere.
Non voglio più piangere.

“Sono una mamma. E in quanto mamma, sono geneticamente portata a volere sempre e solo il bene dei miei figli. E se continuare ad inseguire un miracolo deve portarti a perdere anche il più breve dei momenti di felicità..allora credo che dovresti semplicemente fermarti qui. Cerca di ricostruire te stesso, senza Louis. Cerca di trovare un tuo equilibrio, senza la sua presenza. Cerca di dare un senso alla tua vita; un senso che non dipenda dalle sue scelte. Rinasci Harry, sii felice, per te stesso, per noi..e anche per il vecchio Louis, quello che ti amava.”

“Non so se posso riuscirci ma’..tu sai quanto lo amo.”
Ed è buffo che, soltanto adesso che ho deciso di lasciarlo andare, io riesca a dire ad alta voce quello che provo davvero per lui.
Come se già fosse un sentimento estraneo.
Come se avessi già cominciato la mia disintossicazione.

“Tu puoi riuscirci. Tu devi riuscirci. Te l’ho detto quel giorno all’ospedale e te lo ripeto adesso. Sei un ragazzo forte, Harry. Devi tornare a volerti bene e smettere di sentirti in colpa. Costruisciti una vita di cui essere fiero e se il destino vorrà, Louis tornerà a farne parte, a tempo debito. Altrimenti..”
“Altrimenti andrai avanti. E troverai un gran bel pezzo di manzo che ti amerà e ti proteggerà e ti coccolerà e ti..”

“Sì Gemma, abbiamo capito!” Sbotta mia madre, mentre io inizio a ridere fra le lacrime, sapendo benissimo cosa avrebbe detto mia sorella se non fosse stata bloccata.
Gemma si lancia su di me, stritolandomi nel suo abbraccio, mentre mia madre ci osserva, come un pittore osserva il suo quadro più bello.
“Fidati fratellino, che con le gambe che ti ritrovi cadranno tutti ai tuoi piedi!” Scherza di nuovo lei, ormai completamente sdraiata su di me.

Mamma si alza dal divano, andando ad accoccolarsi vicino a Robin, sulla poltrona, distogliendo lo sguardo da noi.

“Quindi..lo farai davvero?” Mi chiede Gemma, che, in un impeto di dolcezza fraterna, mi sta ancora stringendo in un abbraccio spezza-respiro.
“Cosa? Vendere la casa? Assolutamente sì. Domattina chiamo gli avvocati.” Rispondo, ormai deciso –anche se terribilmente distrutto dalla mia stessa scelta.

“Okay, sappi che per me vale la stessa cosa che ha detto mamma. Io ci sono e ti appoggio, in qualunque caso. E..riguardo all’altra cosa, invece?” Continua, curiosa come soltanto le sorelle maggiori possono essere.
“Già..se mi passi il cellulare, quella posso farla subito.”

“Sicuro?”
“..Sì.”
“Okay.”, mi dice, prima di allungarsi fino a raggiungere il tavolino di vetro con la mano, afferrare il mio I-Phone ed appoggiarlo sulla mia mano tremante.

Scrivo le parole che ormai da decine di minuti mi ronzano in mente.
Ho pensato e ripensato a quali fossero le espressioni più efficaci da utilizzare ed ho concluso che questo sia il modo più diretto e semplice per dare una svolta definitiva alla situazione.
Premo ‘Invio’.

E’ finita.

 
LOUIS POV

“Davvero non capisci quale sia il problema, oppure fai semplicemente finta di non vederlo?”

Io e Liam siamo chiusi nello studio, mentre nel salotto continuano imperterriti i festeggiamenti per il fidanzamento.

Sono ormai dieci minuti buoni che Payne continua a passeggiare in su e in giù per la stanza, smanettando di qua e di là quel povero pacco di biscotti ormai completamente frantumati.
E dire che erano pure al cioccolato.
Che spreco.

“Liam, forse se ti dai una calmata e mi spieghi di cosa diavolo stai parlando, potrei anche cercare di capire il perché della tua venuta. Sicuramente non sei qui per portarmi dei biscotti, dato che ormai li hai trasformati tutti in polvere.” Lo rimbecco, sperando di poterne salvare almeno le briciole.
Lui si ferma imbarazzato, prima di passarmi il pacco e bofonchiare un “Li ha fatti mia madre. Sono stato costretto a portarli.”

“Okay, ringraziala da parte mia. Ma ora vuoi dirmi perché invece di essere con la tua famiglia adesso, sei venuto qui?” Adesso basta, voglio andare ad aprire i miei regali.
“Perché oggi ho visto la conferenza stampa.” Mi dice, immobile di fronte a me, con uno sguardo tutt’altro che promettente.
Lo odio quando fa il saputello; cosa avrò sbagliato adesso, secondo lui?

“Ok, quindi sai la novità. Ma non vedo quale sia il problema.” Gli rispondo, sperando di aver frainteso tutto e che sia venuto qui soltanto per congratularsi.
Seh, magari.

“Harry era con me. Alla conferenza. Abbiamo assistito insieme al tuo inaspettato annuncio.” Conclude, mentre tutto il colore lascia improvvisamente la mia faccia.
“Oh. E..cos’ha detto?” Chiedo, titubante. Non so se sperare che Liam non sappia niente o invece che sia molto più informato di me, su tutta questa storia.
“Niente. Se n’è andato senza dire una parola. Ma non l’ho mai visto così distrutto come oggi.”
“Cazzo.”
“Già. Adesso è con la sua famiglia, ma io non sopporto vederlo stare male in questo modo.”

“Già, ma io che posso farci?” Chiedo, di nuovo sulle spine. Non è che anche Liam sta per uscirsene fuori con la storia della perdita di memoria? E se fosse così..dovrei iniziare seriamente ad avere dei dubbi??
“Louis, io so che non è mio compito o diritto fare quello che sto per fare. Ma dopo averci pensato a lungo penso che tu debba sapere per filo e per segno cosa è succ-‘’  E sono sicuro che Liam avrebbe davvero tanto da raccontarmi.

Probabilmente ascoltare il suo punto di vista potrebbe aiutarmi a capire quale sia la verità in tutto questo gioco di specchi, ma il suono distinto del mio cellulare interrompe il suo monologo.

“Cazzo, non adesso!” Esclama, sperando con tutto il cuore che io lasci perdere e continui ad ascoltarlo.
Ed è quello che farei, lo giuro, se il mittente del messaggio non fosse proprio Harry.

Harry Styles mi ha inviato un sms alle ventitre del 25 dicembre 2014.

“Louis, che hai? Perché quell’espressione sconvolta?” Mi chiede Liam, avvicinandosi leggermente, per capire cos’abbia causato il mio improvviso shock.

Lo sento ispirare di colpo, e capisco che anche lui ha letto il mittente del messaggio.
Adesso stiamo aspettando entrambi di capire che cosa abbia scritto.
Se solo trovassi la forza di aprire questo dannato sms.
Cazzo.

Tocco l’icona della letterina e chiudo gli occhi di scatto.
Che diavolo mi prende? Possibile che io non riesca nemmeno più a leggere un messaggio tranquillamente?

“Ma che cazzo..?” Oh. Liam deve aver già letto. E questa reazione non promette nulla di buono.
Apro gli occhi e ciò che leggo mi lascia completamente sgomento.

“Ciao Louis. Vorrei scusarmi per tutto ciò che è successo fra ieri sera e stamattina. Avevi ragione te, tu sei fidanzato con Eleanor e fra qualche mese vi sposerete. Ti prego, dimentica tutto ciò che ti ho detto, non era importante. Non era reale. Passa un Buon Natale, ci vediamo in Tour. H.”

Oh. Questo, decisamente, non me l’aspettavo.
Dovrei esserne felice, no?
E allora perché mi sii è appena formato un groppo allo stomaco? Perché respiro a fatica? Perché mi sento come se il mio cuore si fosse appena frantumato in migliaia di pezzi?

E adesso..che succede?
 
This is my winter song.
December never felt so wrong,
'Cause you're not where you belong;
Inside my arms.


Is love alive?
 
 


SPAZIO CRETINA: Ciao tesorineeee/iiiii Intanto Buona Pasqua a tutti quanti!! Mangiate tanto, abbuffatevi di cioccolata e divertitevi, così almeno non sarò l’unica ad ingrassare, in questi giorni!
Comunque, ecco il nuovo capitolo, in cui scopriamo come hanno passato il Natale i nostri protagonisti e..in cui Harry decide di darci un taglio.

Esatto raga, da oggi in poi Harry Styles smetterà di correre dietro a Louis Smemorino Tomlinson ed iniziarà a ricostruire la sua vita..in attesa di tempi migliori!
Che ne pensate? Adesso è il turno di Louis..dovrà essere lui a fare un passo verso Hazza, QUINDI SOFFRI CARO MIO, TE TOCCA.
Comunque..adesso vado che domani mi aspetta una giornatina niente male..va beh, fatemi sapere cosa ne pensate, DICO SUL SERIO, PER ME E’ IMPORTANTISSIMISSIMISSIMISSIMO!!
XX
Iri :D

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Capitolo 17
*** CAPITOLO 16 – BAIGNOIRE ***


CAPITOLO 16 – BAIGNOIRE
 
A long time ago we used to be friends
But I haven't thought of you lately at all

If ever again a greeting I send to you
Short and sweet to the soul I intend


Come on now sugar bring it on bring it on, yeah
Just remember me when you're good to go


We used to be friends a long time ago
We used to be friends a long time ago
We used to be friends a long time ago

We used to be friends
 
 
20 Febbraio 2015
(sì, il compleanno di Harry è passato senza che i due si rivolgessero parola. Che schifo.)

 
LOUIS pov

Guardo fuori dal finestrino, cercando di individuare la Tour Eiffel in qualche punto della città, sotto di noi.
Niente.
Strano, eppure è abbastanza grande, dovrei riuscire ad inquadrarla.
“Non credo che riuscirai a vederla, da quella parte dell’aereo.” Niall ha il corpo completamente sdraiato sui sedili di fronte a me, dal lato opposto del piccolo corridoio.

“E’ normale che tu non la veda. Stai guardando nella direzione sbagliata, amico.”

Oh.
Giusto.
E’ la direzione sbagliata.

Mi alzo, ancora intorpidito dalla nottata passata viaggiando, e mi affaccio allo stesso finestrino da cui Niall si sta godendo il panorama.
Lui si sposta un po’, visibilmente disturbato dalla cosa, ma lascia comunque che anche io possa gustarmi per qualche secondo questa bellissima vista.

Ormai, quello di stasera sarà il nostro quarto concerto a Parigi, ma nonostante questo, non riesco mai a stancarmi di questa città.
Specialmente quando la osservo dall’alto, con la Tour Eiffel che si staglia verso il cielo, bagnata dalle prime luci dell’alba.
E’ come un piccolo gigante fra i palazzi antichi; elegante signora in ferro costruita un bel po’ di tempo fa, secondo quanto mi ha sempre raccontato mia madre.

Fin da quando ero piccolo, è sempre stata molto legata a questo particolare monumento.

Sinceramente, non ne avevo mai capito il perché, finché non l’ho vista da questa particolare prospettiva, la prima volta che siamo venuti a Parigi.
E’ affascinante, anche da lontano, anche nel bel mezzo della nebbia mattutina, anche con i capelli di Niall tutti spiaccicati sul mio collo.

E non dimenticherò mai le lacrime di mia madre, quando la vide per la prima volta, su questo stesso aereo, quattro anni fa.

Perché, forse, in fondo le cose non sono belle di per sé.
O meglio, forse ciò che le rende belle ai nostri occhi sono soprattutto le emozioni che proviamo nell’osservarle.
Che siano suscitate dalla cosa stessa, oppure in qualche modo legate a lei da un ricordo, si presentano sempre limpide nella nostra mente, ogni volta che ci ritroviamo ad osservarla.

Rendendola più vera.
Più nostra, in qualche modo.

“Louis. Non solo sei completamente appoggiato a me, ma stai facendo discorsi strani e troppo seri. Mi sa che dovresti dormire un po’, una volta arrivati in Hotel.” Mi dice Niall, interrompendo il grande ragionamento che stavo cercando di sfornare.
Ragionamento che, a quanto pare, stavo tranquillamente esprimendo ad alta voce, senza neanche rendermene conto.

“No Nialler..credo che sia più lo stress per il matrimonio imminente. Tommo sta andando fuori di testa!” Esclama a questo punto Zayn, guadagnandosi una bella risata di Niall, mentre fa capolino con la testa al di sopra del suo seggiolino, mostrandoci la sua bella faccia –perfetta- incorniciata dai capelli corvini –perfetti- ed affatto provata dalle dieci ore di volo.

A volte mi verrebbe proprio da odiarlo.
Non è possibile che sia sempre così..così Zayn.

Faccio finta di nulla, mentre torno a sedermi al mio posto, per prepararmi all’imminente atterraggio.
Mi allaccio la cintura e riprendo a guardare fuori dal finestrino, che per mia grandissima fortuna, dà ancora sull’infinita campagna francese.

Dopo un paio di minuti di campi arati e raggi di sole, il mio sguardo si muove su qualcos’altro.

Qualcuno che il vetro si sta impegnando a farmi osservare.
Qualcuno che ultimamente ho sempre meno voglia di guardare e che, se per caso il mio sguardo si posa su di lui, mi restituisce un’immagine tutt’altro che rassicurante.

La prima cosa che noto sono le occhiaie –o meglio, le borse- che distolgono l’attenzione dagli occhi chiarissimi, ridotti a due fessure per l’effettiva mancanza di sonno.
Anche l’espressione non è rilassata, ma contratta, tanto che anche il sorriso che si forma non riesce a far sparire le rughe fra le sopracciglia.
Per non parlare dei capelli.
Una massa informe, arruffata e indisciplinata di ciuffi che se ne vanno in ogni direzione possibile, per colpa delle mani che continuano ad intrufolarsi fra loro, incapaci di trovare la pace che stanno cercando.

Distolgo lo sguardo, in fondo se mi sento uno schifo, dovevo per forza anche apparire tale.
Inutile chiedersi il perché; sono settimane che dormo malissimo, settimane che i mal di testa mi perseguitano, settimane che, non appena abbiamo una pausa dal tour, devo volare a Londra per organizzare il..matrimonio.

Eppure il dottore dice che va tutto bene.
Dice che è normale avere questi mal di testa; e che tutto lo stress accumulato trova sfogo nella parte del mio corpo più debole. In questo caso, il caro vecchio cervello.

In più, dover discutere con Eleanor e mia madre di ogni più piccolo dettaglio, inizia davvero a darmi sui nervi.
Se poi ci aggiungiamo che non ho assolutamente intenzione di sposarmi in bianco –no, no, assolutamente no- il mio stato attuale è anche comprensibile.

“A che ore atterrano Harry e Liam?” Chiede improvvisamente Niall, proprio mentre l’atterraggio entra nella sua fase più critica, quella durante la quale le mie orecchie si tappano ogni volta.
“Fra un paio d’ore, mi sembra.” Sento rispondere Zayn, prima che la fastidiosa sensazione inizi a tenermi occupato.

Prima dell’incidente quella che sentivo era soltanto una leggere pressione, mentre adesso è diventata una vera e propria sofferenza.
O forse è soltanto una sensazione, dato che da allora non c’è più nessuno a tenermi la mano.

Chiudo gli occhi, premendo le dita sulle tempie doloranti –come ormai ho imparato a fare fin troppo bene- aspettando che tutto passi.
Ancora pochi minuti e finalmente potrò poggiare i piedi a terra, dopo un volo di quasi dieci ore.
Qualche sorriso forzato per i paparazzi, un po’ di selfie con le fan e finalmente potrò raggiungere la mia stanza d’albergo e dormire, anche se soltanto poche ore.

“Spero solo che siano sopravvissuti all’ultima notte selvaggia..” Commenta ancora Niall, tirando fuori uno dei suoi sorrisetti, quelli che usa quando vuole essere implicitamente esplicito.
Quelli alla ‘EnnesimaNotteBravaPerHazza’, che mi innervosiscono ancora di più.

Già.
Perché evidentemente quel “Non era importante” era ancora più reale di quanto io non intendessi.
Evidentemente ero stato io ad esagerare ciò che stava per succedere fra noi, la notte del mio compleanno.
Evidentemente, quei mezzi ricordi e quei flash strani erano soltanto giochi sadici della mia mente.
Evidentemente ad Harry Styles piace scherzare col fuoco.

Oppure gli piace semplicemente scherzare con me.

Eppure c’è stato un momento in cui stavo quasi per credere che stesse raccontando la verità.
Eppure c’è stato un momento in cui i suoi occhi verdi sembravano essere realmente sinceri, forse anche troppo; tanto che non ero sicuro di poter sopportare tutta quella sincerità accecante.

Invece adesso, a quasi due mesi di distanza da quella notte, non riesco più nemmeno a riconoscere una singola emozione, dentro a quegli occhi.
Harry Styles è tornato ad essere un mistero per me; un mistero fatto di sorrisi sornioni, frasi scandite e sguardi distanti.

Sguardi freddi.
Sguardi vuoti.

Finalmente siamo atterrati ed il dolore alla testa sembra essersi placato.
Anche se, come sempre, non si sa mai.

Riesco perfino a scattare qualche foto con i fan, cercando di essere il più gentile possibile, prima di gettarmi letteralmente all’interno del Van che ci porterà al “Grand Hotel Palais Royal” per passare la giornata, in attesa del concerto di stasera.
Non vedo l’ora di farmi un bel bagno caldo e riposare nel silenzio della mia stanza, dato che sono giorni e giorni che intorno a me regna soltanto rumore ed io non riesco a bloccarlo.

Che poi, io davvero non riesco a capirlo.

Come diavolo ha fatto a trasformarsi dal povero cucciolo indifeso che sembrava non volermi lasciar andare e sembrava vivere soltanto per riuscire a raccontarmi la verità, a questa sorta di muro invalicabile fatto di orgoglio e sguardi provocanti?
E’ come se tra noi non fosse mai successo niente.

Non è solo che ha iniziato a ridere e scherzare con i ragazzi ancora più di prima.

Io lo vedo, come si impegna, per far impazzire ogni singolo fan ai nostri concerti, inventando ogni sera qualche nuova mossa e lanciando sguardi infuocati a destra e a manca; come flirta deliberatamente con tutti i giornalisti ed i fotografi con cui abbiamo a che fare, finendo molto spesso per portarseli in hotel; come spende tutto il suo tempo libero per locali, venendo sistematicamente paparazzato con chiunque, mentre balla e si diverte come mai prima.

E potrebbe anche sembrare un tipico adolescente in cerca di divertimento; se fosse solo questo non credo che mi darebbe così tanto fastidio.
In fondo, perché dovrebbe? 
No.

Quello che mi manda fuori di testa è il fatto che ogni volta che il suo sguardo si posa su di me, ogni volta che ci scontriamo sul palco, ogni volta che per qualche motivo deve parlarmi, i suoi occhi cambiano completamente.

Che stia nel bel mezzo di una delle sue risate sguaiate o che sia concentrato ed emozionato nel cantare una delle nostre canzoni, non appena i nostri sguardi si incrociano tutto il mondo che avrei potuto leggere nei suoi occhi sparisce nel nulla.
Quando invece dovrebbe semplicemente annegare nei miei.

Io lo osservo e tutto quello che ricevo è vuoto. Uno sguardo calcolato, freddo, cinico, in cui non sembra esserci posto se non per indifferenza e disprezzo.
E poi sfoggia un sorrisetto di sfida –ogni dannatissima volta- prima di tornare ad ignorarmi.

Perso fra i miei pensieri, non mi accorgo neanche di essere uscito dal Van e di aver raggiunto la mia camera, circondato dai ragazzi e dalle guardie del corpo.

“Fatti una bella dormita, Lou. Sembri davvero un morto che cammina.”
Sì. Un uomo che cammina in una vita a metà e non sa neanche perché.

“Già.” Rispondo a Niall –oppure era Zayn?- prima di chiudermi la porta alle spalle e lasciare il trolley accanto al letto.

Mi sdraio di colpo, quasi lanciandomi sul materasso morbido e profumato, perché la stanchezza è talmente tanta, che non so se riuscirò a farmi la doccia, prima di addormentarmi.

Forse adesso è felice.

Forse non ha davvero bisogno di me.
E’ stato  tutto un brutto scherzo?


Mi odia.
Mi odia, perché non ho capito.
Mi odia, perché sono stato abbastanza codardo da non ascoltare il suo grido d’aiuto.
Mi odia perché non gli ho creduto quando diceva la verità ma non ho esitato a dargli ascolto quando anche lui ha deciso di mentirmi.


Oh, guarda chi si vede, i soliti occhi verdi.

“Lou.”
“Dimmi Curly.”
“Ho voglia di baciarti. Da un po’.”
“Bene.”
“Bene?”
“Bene.”
Silenzio. E’ così divertente vederlo con gli occhioni sgranati e l’espressione confusa, mentre le guance si colorano di quel rosa acceso che gli dona tanto.
“Allora?” Chiedo, mettendolo ancora più in imbarazzo.
“Allora..credo di aver appena fatto la figuraccia peggiore della mia vita. Mi odi?” E vorrei davvero baciarlo in questo momento. Come può pensare che potrei mai odiarlo?
“Non ti odio Harold. Anzi.”
“Anzi?”
“Senti, ma non avevi detto di volermi baciare?”
“Io..sì.” E’ in completo imbarazzo, accovacciato sul lettino, con gli occhi bassi.
Adorabile.
“E allora fallo.”


Vengo svegliato dal suono del mio cellulare, che continua a vibrare fastidioso nella tasca dei miei pantaloni.
Apro gli occhi di scatto mi porto il telefono di fronte agli occhi, per capire chi diavolo stia disturbando il mio sonno.

Cazzo, stavo sognando Harry, di nuovo.
Oppure..tavo ricordando Harry?

E ogni tanto vorrei che il mio cervello si spegnesse.
Così, tanto per lasciarmi un po’ in pace e dissolvere tutta la nebbia di dubbi che da due mesi non mi abbandona mai.

Eleanor.
Ecco chi mi sta chiamando da circa cinque minuti.

Ho già perso tre delle sue chiamate e, se potessi, eviterei ancora di rispondere.
Prima cosa, perché vorrei dormire – e sognare – per almeno qualche altra ora, e poi perché so già che il tema della conversazione sarà il matrimonio e..Dio, vorrei che fosse già tutto finito.

Un colpo secco e via.
Almeno poi potrei rilassarmi.
Almeno poi non sarei tentato di fare qualche cazzata.

“Lou? Scusa..ti disturbo? Com’è andato il viaggio? Dove sei?” Mi chiede Eleanor, senza lasciarmi neanche il tempo di rispondere.

“Hey El..stavo dormendo. Sono arrivato da poco in camera; neanche il tempo di stendermi sul letto che mi sono addormentato!” Le rispondo, sperando che colga il sottinteso ed abbandoni i suoi propositi per una conversazione lunga e dettagliata.

“Oh..ma..sei da solo Lou?” Chiede lei, con una voce strana.

“Sì..perché?” Rispondo io, con un’altra domanda. Dio, lasciami dormire in pace.

“No così. Per sapere..ma i ragazzi sono tutti là?” Oh, ma che problema ha, oggi?

“Sì..Zayn e Niall sono arrivati con me, te l’avevo detto. Gli altri credo che stiano per arrivare adesso, hanno preso un altro volo.” Rispondo, cercando di non mostrare troppo il fastidio che mi sta dando questo tono inquisitorio.

“Oh, okay. Quindi sei in camera singola..?” Oddio, speriamo che non abbia deciso di farmi una sorpresa e venirmi a trovare.
Ti prego, ti prego no.

“Sì..cos’è, hai paura che mi mettano in camera con delle ballerine russe? Pensi che non potrei resistere al loro fascino..?” Le chiedo, cercando di chiudere il discorso con una battuta, come d’altronde faccio sempre.

“Oh, non preoccuparti. So che non cederesti.” Mi risponde Eleanor, aggiungendo subito dopo, a voce bassa “Non a loro, almeno.”

“Cosa? E a chi dovrei cedere?” Le chiedo. Magari ho capito male.

“Oh Louis, a proposito, dobbiamo sempre decidere il colore del vestito per le damigelle.”
Allora non ci siamo proprio capiti.

“El, scusami, sono davvero stanco. Possiamo parlarne fra qualche ora, perché adesso ho davvero bisogno di una doccia.”

“Oh..va bene. Non importa dai, magari ne parliamo appena torni a casa. Tanto dopo Parigi avete cinque giorni di pausa..no?”

“El, ne avevamo già parlato. Devo restare con i ragazzi, per iniziare a buttare giù qualche nuova canzone. Torno dopo la tappa di Vienna, va bene?” Le chiedo, con un tono tutt’altro che amorevole.
Quando ci si mette riesce davvero a diventare stressante.

“Certo. Devi stare con i ragazzi. Immagino.” Risponde lei, di nuovo indispettita.

“Senti El, non capisco quale sia il problema. Sto davvero facendo i salti mortali per accontentarti e tu..”

“Accontentarmi? Pensavo che lo facessi perché vuoi sposarmi al più presto. Ma se lo fai come favore a me puoi anche risparmiarti la fatica.”

“Eleanor. Per favore, sono stanco. E’ meglio se lasciamo perdere, o potrei davvero risponderti male. Sentiamoci dopo, eh?” Cazzo, se potessi fare quello che mi sento le avrei già attaccato in faccia da un bel po’.

“No scusa, scusa aspetta Lou. Mi dispiace è che qui ci sono sempre tante cose da fare..ed il matrimonio è fra poco più di due mesi. Hai ragione, dovrei calmarmi. Ma non averti vicino sicuramente non aiuta la mia ansia. Mi manchi.”
Oh, le manco.
E vorrei davvero dirle che anche lei manca a me ma..in questo momento non potrei pensare a qualcosa di più falso da dire.

“Già. Sarà per quello. Dai non importa, stai tranquilla.”
Sto cercando altre parole per rassicurarla, quando qualcuno bussa alla porta, salvandomi in corner da un disastro annunciato.

“Scusa El, stanno bussando.” Le dico, mentre mi alzo, avvicinandomi stancamente alla porta della camera.

“Oh, va bene. Aspetto.” Mi risponde lei, decisa a non chiudere qui la conversazione.
Quando si dice la perspicacia.

Spalanco la porta mentre tengo il cellulare attaccato all’orecchio –più per abitudine che per voglia- ed alzo lo sguardo per scoprire chi ci sia dall’altra parte dello stipite.

Oh.
Oh.
Harry.

 
HARRY pov

“Harry.”

Apre la porta e io mi dimentico per un attimo lo scopo per cui sono venuto qui.
Non credo si sia cambiato, dopo il viaggio in aereo.

A giudicare dalla maglia spiegazzata ed i capelli incasinati che ha in testa, probabilmente si è addormentato sul letto ancora prima di guardare il bagno.

Non lo guarda mai il bagno degli Hotel.
Almeno non fino a quando non deve entrarci per forza, perché insomma, prima o poi un bagno può sempre risultare utile.
Di solito ero io, quello che controllava che tutto fosse in ordine, che ci fossero abbastanza asciugamani e che – come da richiesta – ci fosse la vasca e non la doccia.

Come piace a noi.
No, cazzo. Come piaceva a noi.

“Louis.” Dico, riuscendo per miracolo a nascondere la voglia di abbracciarlo dietro al sorriso più sarcastico che riesco a fare.
Lui mi guarda per qualche secondo, confuso dalla mia presenza qui, prima di ricordarsi di avere effettivamente un cellulare vicino all’orecchio.

“Oh Eleanor scusa, devo attaccare.”
Eleanor.
Ci avrei scommesso.

“Sì. No. Oh..Harry.” Lo sento dire, sicuramente in risposta alle diverse domande che quella- quella- quella..poco di buono gli ha rivolto.

Ma è difficile pensare a lei, quando negli ultimi due minuti Louis non ha mai distolto lo sguardo da me.
Mai.
Neanche per un secondo.
Ma a me questo non deve e non può assolutamente importare.
L’ho promesso a me stesso.
Basta, nuovo anno, nuova vita.

“Scusa, era Eleanor, aveva bisogno di..cioè..va beh, avevi bisogno di qualcosa?” Mi chiede Louis, farfugliando come non aveva mai fatto.
Strano.
Harry, la promessa.

“Io? Niente. Ma Liam mi ha chiesto di passare da tutti voi, per dirvi che fra due ore abbiamo un’intervista.” Rispondo, tirando fuori lo sguardo annoiato per il quale mi alleno ormai da due mesi.
Lo vedo, mentre arrossisce ed i suoi occhi si spalancano leggermente, per poi tornare tristi e stanchi, non appena recepisce le mie parole.
Colpito e affondato.

“Oh, okay. Grazie.” Dice, con un sorriso mesto dipinto sul viso.

“Bene, allora a dopo.” Tanto, quello che avevo bisogno di vedere, ovvero Louis in difficoltà, l’ho visto.

Faccio per allontanarmi dalla porta, pregustandomi già una bella doccia calda - sì, ho detto doccia – in compagnia di una playlist rilassante, ma vengo bloccato da Tomlinson, che appoggia una mano sul mio braccio, per fermarmi.
“Tutto bene il viaggio?” Mi chiede, mordendosi il labbro inferiore, visibilmente imbarazzato.

Sta cercando di portare avanti la conversazione, come se parlare con me gli fosse mancato e volesse sfruttare quest’occasione il più possibile.
Dio, non pensavo che l’avrei mai visto in questo stato.
Se lo merita.

“Oh, tutto bene. Ma ho dormito praticamente per tutto il tempo; dovevo recuperare, visto che la notte scorsa..beh, hai capito, no?” Rispondo, giusto per vedere cosa risponde.
Non deve per forza sapere che stanotte ho lasciato il party all’una.
Da solo.

“Certo, certo. Comprensibile. Beh, ti lascio andare..vorrai riposare immagino.” Mi dice, stavolta più irritato che scioccato.
Bene.

“Già, credo che mi farò una doccia.” Dico, iniziando a camminare verso la mia camera, anche se lentamente.
Proprio mentre mi allontano, Liam mi viene incontro trafelato, come se fosse in ritardo per qualcosa.

“Oh Harry, devo dire a Louis dell’intervista..mi ero completamente dimenticato di avvertirlo!” Esclama, prima di tentare di aggirarmi e continuare la sua camminata.

“No Liam. Ci ho pensato io. Lo sa già.” Gli dico, a bassa voce, sperando che Lou non abbia sentito. Non sono nella posizione per fare un'altra figuraccia.
Non adesso che sto vincendo.

“Oh. Voi..avete parlato?”
“Niente di che Liam. Non ti scaldare. Volevo soltanto farti un favore.” Gli dico, cercando di tranquillizzarlo.
Non è che soltanto perché Louis è l’amore della mia vita e non si ricorda di me e sta per sposare quella tizia devo per forza mettermi a piangere ogni volta che ci parlo.
Ma per chi mi ha preso?

Liam mi guarda accigliato, e prima che io possa finalmente trascinarlo via da questo corridoio, la voce di Louis ci riporta alla realtà dei fatti.
La porta della sua camera, purtroppo, non era ancora stata chiusa.

“Ehy Liam..Harry mi ha già detto tutto. Fra due ore pronti per l’entrevue!” Scherza, appoggiandosi allo stipite della porta, per osservarci da lontano.
Si è già ripreso, sembra.
Forse dovrei essere ancora più stronzo.

“Comunque, ragazzi scusate, ma adesso devo proprio farmi un bagno. Questi capelli non ne possono più.” Esclama ancora, con quel suo sorriso gentile che..la promessa.

“Oh, giusto Lou..hai controllato che ti abbiano dato la stanza con la vasca?” Chiede Liam, provocandomi una sorta di attacco di cuore.
Cosa?

“No..non ancora. Ma ho fatto chiamare almeno tre volte, per esserne sicuro. E gliel’ho pure detto in francese. Com’era? Baignoire, mi sembra. Così non hanno scuse. Sai, dopo Boston ho deciso di prevenire eventuali errori!” Risponde Louis, ridendo allegramente.
Non capisco.

Bagnoire?” Chiedo, più a Liam che a Louis, a dire la verità. Sono confuso.

“Oh sì, la fissazione di Louis. Se non gli danno una stanza con la vasca..c’è il rischio di vederlo impazzire.” Mi risponde Liam, mentre io continuo a fissarlo senza parole.

“A dopo ragazzi!”Esclama Louis, di nuovo in imbarazzo, prima di chiudersi la porta alle spalle.


“Haz..a me non sembra che tu stia bene.” Mi dice Liam, quando siamo finalmente soli.

“Una vasca? Davvero?”
“Sì..la vasca, ma perché, Harry? Non capisco..”

Una vasca.
Una fottutissima vasca ed ogni tentativo di dimenticarmi di lui svanisce nel nulla.
Vaffanculo Tomlinson.



SPAZIO AUTRICE: Nuovo capitolettooooo, non sono morta E FINALMENTE HO SCRITTOOOOOOO
Scusatemi davvero..se mi state seguendo ancora grazie, siete dei santi, sappiatelo!

Comunque, che ne pensate di questo sedicesimo capitolo? Vi piace la piega che sta prendendo la storia?
Il prossimo sarà particolare, vi avverto: il punto di vista sarà unico ed entreremo finalmente nella testa di uno dei personaggi più oscuri di questa ff.
CHISSA’ QUALI SEGRETI SCOPRIREMO.

Un baciotto
Iri/Scody <3

 






 

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Capitolo 18
*** CAPITOLO 17 - VOGLIO DISEGNARE I TUOI OCCHI ***


CAPITOLO 17 – VOGLIO DISEGNARE I TUOI OCCHI
 
Maybe we’ve been bruised and battered
Maybe I forgot what mattered then
But not again

I might have shown too many faces
Out with the old, here’s where it changes

Here’s to our brand new start
I won’t be waiting for nothing
I’ll mend the broken parts
Pick up the pieces

Shadows of what we are
I won’t be waiting for nothing
I’ll mend the broken parts
I’ll mend the broken parts
 
“L’ho capito subito che hai un problema.”
“E quale sarebbe?” Chiedo, anche piuttosto infastidito dalla piega che sta prendendo questa conversazione.
“Beh, questo, se hai voglia, puoi raccontarmelo tu.”

Lo osservo attentamente, cercando di entrare nel suo sguardo, così come lui è entrato nel mio, riconoscendolo –subito- senza lasciarmi scampo.
Eppure vedo solo gentilezza, curiosità e desiderio di scoprirmi; ma non un desiderio sporco, come quello che troppo spesso ho riconosciuto, durante notti come questa.
E’ un desiderio reale, quasi puro, incredibilmente attraente; lui ha voglia di conoscere me, Harry, il ragazzo inglese dagli cheveux trop doux che beve drinks trop doux.

E chi sono io, per impedirglielo?

Eppure, fino a soltanto poche ore fa, avrei pensato che sarebbe stato impossibile passare una serata davvero spensierata; ero già pronto a fingere, come sempre, che tutto andasse bene e che la mia vita fosse perfetta.
Anche stanotte sarei stato Harry Styles, affascinante, inafferrabile, incredibilmente felice; agli occhi di tutti, agli occhi di Louis, uno spirito libero e particolare; una calamita per gli occhi.
Morto dentro, vivo fuori.
Finto.

Alla ricerca di una via d’uscita dall’apatia.
O forse abbandonandomi ad essa, definitivamente
…………………………………………………………………………………………………………………………………..
Finito il concerto, i ragazzi hanno insistito perché venissimo in questo locale, troppo bello e troppo particolare per essere ignorato.

In realtà, secondo i piani iniziali, Louis e Liam sarebbero dovuti rimanere in Hotel, il primo perché ‘stanco per il viaggio’ –traducibile con ‘urgente videochiamata con Eleanor per discutere del colore dell’abito delle damigelle’- e l’altro per ordine non poco esplicito di Miss. Sophia.

Non vedevo l’ora di poter passare un po’ di tempo rilassato, senza dover pensare continuamente al fatto di non dover pensare a Louis continuamente –il che è già un paradosso di per sé- ma evidentemente il destino di questi tempo non mi è affatto favorevole.

E così, eccoci stipati nel solito Van; io, Niall, Zayn e Louis.
Già, a quanto pare non tutte le fidanzate sanno farsi rispettare allo stesso modo.

Se la prima parte della nottata è chiara e limpida nella mia mente, con tutta la sua pesantezza e finzione, da un certo punto in poi le cose si fanno piuttosto confuse e meno complicate, complice la quantità industriale di Vodka alla fragola che ho ingerito.
Ho perso di vista sia i ragazzi che Louis, immergendomi nella marea di persone che ballano i pista, al ritmo di canzoni dal ritmo travolgente e le melodie stranamente affascinanti.

Probabilmente è la lingua, con tutte quelle erre e i suoni ovattati, che non lascia scampo ai poveri ubriachi in cerca di sollievo.

Così, quando sento la presenza di qualcuno alle mie spalle, lascio che la mia schiena scivoli sul petto dello sconosciuto, alla ricerca del suo calore in questo inferno di corpi, come se il bruciore dell’alcool nella mia gola non fosse abbastanza.
Non voglio sentire più niente, se non la lingua straniera con cui lo sconosciuto sta soffiando nel mio orecchio; il suo fiato sul mio collo, le mani sui fianchi, il mio sedere che trova sollievo ed eccitazione mentre i nostri corpi si avvicinano sempre di più, seguendo il ritmo costante intorno a noi.

E quando finalmente lascio andare la mia testa all’indietro, mi rendo definitivamente conto dell’altezza del mio compagno; la mia testa riesce perfettamente ad incastrarsi nell’incavo del suo collo, il che vuol dire che, mentre inizio a mordicchiare il lobo del suo orecchio, posso velocemente calcolare in dieci centimetri che ci separano.
Forse non sono così ubriaco come pensavo.
E’ alto.

“Sei alto.” Gli sussurro, fra un bacio ed un morso, mentre anche lui si dedica a scoprire la pelle della mia spalla, lasciata scoperta dalla camicia quasi completamente sbottonata.
“Già. E tu sei meraviglioso. Sono minuti che ti osservo mentre ti scateni. Non ho mai visto niente di così eccitante in tutta la mia vita.”

Sospiro forte, proprio mentre lo sconosciuto torna ad esplorarmi con le mani e le labbra, cercando di ricordare il perché del blocco che continuo a sentire nel mio stomaco, anche adesso.
“Très Joli..”
Ma la sua voce è così profonda, ed il suo accento così affascinante e le sue mani..

“Harry!?” Apro gli occhi di scatto, cercando di capire da dove provenga questa voce, ma soprattutto di riprendere il filo dei miei pensieri.

Louis.
Louis è di fronte a me, con il giaccone in mano ed un espressione scioccata dipinta sul volto.

Lo guardo per qualche secondo, mentre il mio respiro non accenna a regolarizzarsi: è fermo, quasi bloccato, con gli occhi sgranati e la bocca leggermente aperta, come se avesse appena visto qualcosa di inaccettabile.
“Louis.” Sinceramente non saprei cosa dirgli. Di solito è lui quello che parla sempre; ed io meno gli parlo meglio è.

Il suo sguardo si fa più scuro, mentre si sposta da me a qualcosa subito sopra rispetto alla mia testa.
Gli occhi si assottigliano, fino a diventare due fessure diffidenti, mentre le sopracciglia si corrugano e le labbra si chiudono in una linea dura.

La mano che stringe il mio fianco si stacca improvvisamente, ricordandomi la misteriosa presenza dietro di me.
Adesso si sta spostando per affiancarmi, seguita sempre da quegli occhi scrutatori, che, realizzo soltanto adesso, hanno visto il viso del mio francese prima di me.

Tipico di Louis.
Sempre un passo avanti.

“Io e Zayn ce ne andiamo Harry. Tu che fai, resti qui?” Mi chiede, senza puntare gli occhi su di me neanche per un attimo.
E mi sembra anche di sentire affiorare il senso di colpa, nel marasma delle mie emozioni, ma basta che io mi concentri un attimo per capire quanto questo sguardo indagatore sia assolutamente fuori luogo.

Che cazzo vuole, adesso?
Non penserà mica che per una fottuta vasca io possa dimenticare tutto il dolore e tornare ad essere il suo cagnolino di compagnia?

“Sì Louis. Credo proprio che resterò qui. E probabilmente ci vedremo direttamente all’aeroporto, domani pomeriggio. Non credo che tornerò in albergo, stanotte.” Gli rispondo, urlando, come lui, per sfogarmi, più che per superare il rumore della musica intorno a me.
E per rendere il messaggio ancora più chiaro, stringo la mano del francese, che è ancora vicino a me, probabilmente stranito dalla piega che stanno prendendo gli eventi.

Eppure, ci mette solo qualche secondo, prima di rispondere alla stretta, incrociando le sue dita alle mie con forza, come a volermi dare sostegno.
Come se sapesse quanta sofferenza quegli occhi azzurri mi abbiano procurato.

Così, stacco lo sguardo da quello nuovamente stupito di Louis, voltandomi per la prima volta verso il misterioso ragazzo che nell’ultima mezz’ora mi ha fatto stare quasi..bene.

Purtroppo le luci sono ancora piuttosto basse e non riesco a scorgere bene i lineamenti del suo viso; probabilmente lo vedrei meglio dal punto in cui si trova Louis.
Posso però distinguere la linea della mascella, coperta dal velo di barba che già avevo sentito mentre ballavamo e, come avevo previsto, è davvero più alto di me.
E’ una novità..ma non è male.

“Allora sarà il caso che tolga il disturbo.” Louis mi distoglie dal mio studio attento, con una voce troppo alta per essere tranquilla.
“Passa una bella nottata.”
“Lo farò.” Rispondo, senza pensare, per il puro gusto di fargli del male.

Lui se ne va, così com’era venuto, sparendo in mezzo alla folla di ragazzi e ragazze che continuano a ballare senza sosta.
Dopo pochi secondi non riesco già più a distinguere la sua testa fra la folla, ma quel senso di leggerezza che ero riuscito a raggiungere pochi minuti fa sembra essersene andato di nuovo.

Eppure dovrebbe diventare più semplice, col tempo. Sono passati mesi, dalla mia decisione di andare avanti, da quando ho promesso a me stesso e a mia madre che non mi sarei più lasciato distruggere  da tutta questa merda, ma ogni volta che penso di essere più vicino all’obbiettivo, mi sento trascinare di nuovo a fondo.

E non importa quanti uomini io mi faccia durante le notti incasinate passate nei locali di mezzo mondo: la casa di Londra rimane invenduta e disabitata e vuota, ma non posso dire lo stesso di me.
Perché dopo qualche ora, in cui cerco di abbandonare la verità con l’aiuto di sesso ed alcool, tutto torna ad essere dolorosamente chiaro, e Louis non ha ancora fatto le valige per andarsene dal mio cuore.
E lo caccio, ogni volta, con parole sempre più pesanti, e ricordi sempre meno presenti, e grida sempre più profonde; ma invece di andarsene davvero, si nasconde e basta, lo stronzo.

Pronto per tornare a sporcarmi il cuore, al minimo cedimento.
Bastardo.

“Senti, sei sicuro di non voler andare con lui?”
“No.” Rispondo, lasciando di scatto la mano che ancora stava stringendo la mia, impedendomi di affogare.

“No non vuoi andare, o no non sei sicuro? Non so bene come funzioni con l’inglese, ma da noi..”
“Senti scusa, ma devo assolutamente andare in bagno. Magari ci becchiamo fra un po’ eh.” Rispondo secco, lasciando il ragazzo da solo in mezzo alla pista, senza degnarlo neanche di un ultimo sguardo, prima di avviarmi velocemente verso la toilette.

Devo sciacquarmi la faccia ed espellere dal mio corpo quei quattro o cinque litri di alcool ingeriti da ore.
Insomma, oltre alla testa, mi sta scoppiando anche la vescica.

Mentre mi lavo le mani, ripenso alla piega che avrebbe potuto prendere la mia serata, se non fosse arrivato Louis.

Mi stavo divertendo.
Dopo tanto tempo mi stavo davvero liberando, e non so nemmeno perché: dopo mesi di balli e sbronze con sconosciuti, questa era la prima volta che mi sentivo sul serio me stesso.
Lo facevo perché mi andava.
Lo facevo, perché quella voce straniera era riuscita a risvegliare in me qualcosa che ormai pensavo morto per sempre.
Lo facevo, perché quelle mani –affatto piccole- sembravano sfiorarmi con la delicatezza di uno sguardo e la precisione di un pennello.

Alzo la testa e mi guardo allo specchio.
Capelli bagnati, camicia completamente fuori posto, guance arrossate.
Ma che cazzo ci faccio nascosto nel bagno?
……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………….
 
Il problema è che, dato il mio stato psico-fisico di poco fa, per me è quasi impossibile riuscire a riconoscere il mio francese.

So solo che era più alto di me, con un bel viso e..
No, non credo che quello potrebbe aiutarmi, adesso, che sono in mezzo alla solita pista piena di persone, mentre cerco di nascondere me stesso e nello stesso momento individuare il ragazzo misterioso.

Eppure.
Eppure, quello che sta servendo bevande al bancone..

“Hey.” Dico, appoggiandomi con i gomiti al legno del banco, mentre lo osservo davvero per la prima volta, finalmente un po’ di luce che corre in mio aiuto.
Avevo ragione.
Bellissima mascella.

“Hey straniero. Pensavo te ne fossi andato.” Mi dice lui, con la faccia sorpresa di chi non si aspettava di rivedermi.
Ma è un sorpreso positivo.
Mi piace.

“No. Te l’ho detto. Avevo soltanto bisogno del bagno. Sai, alcool e tutto.” Rispondo, sedendomi sullo sgabello più vicino alla sua postazione, osservando i movimenti veloci e precisi delle sue braccia, mentre prepara dei drink per una coppia di ragazzine.
Ragazzine.
Oh no.

“Oh mon Dieu..è Harry Styles!”

Ecco, una delle due mi ha riconosciuto ed è già pronta con il cellulare in mano, per scattare il selfie della vita.
Curvo la schiena in avanti, passando un braccio intorno alle sue spalle: giusto il tempo di scattare la foto e regalarle un sorriso che lei è già scappata via, per inviare quella foto a chissà chi.

Domattina sarà su tutti i Social esistenti.
Che gioia.

“Insomma tu sei il famoso Harry Styles. Scusa amico, ma non ti avevo riconosciuto. Non seguo mondo il vostro..mondo.” Mi dice il francese, finalmente libero dal dover preparare altri drink.

Si appoggia al bancone vicino a me, permettendomi di osservarlo ancora, sotto l’ennesima diversa prospettiva.
Ha un espressione serena e soddisfatta dipinta sul volto; l’espressione di chi, nella vita, non ha niente, se non ciò di cui ha realmente bisogno.
Quest’uomo è felice.

“Già. Harry Styles, pop-star in incognito, che in questo momento avrebbe voglia di un altro bel drink alla fragola.”
“Fragola eh?” Mi dice, ridendo, prima di iniziare una delle sue magie e presentarmi di fronte un bicchiere colmo di irriconoscibile liquido rosa ed una fragola in bella vista.
“Che diavolo è questo..ehm..”
“Jean. Il mio nome è Jean. E quello che hai di fronte, mon Harry, è un frullato alla fragola.”
Okay, questo gran pezzo di francese si chiama Jean e mi ha appena servito uno Smoothie alla fragola.
In discoteca.
Alle due di notte.

No fucking way.” Ed inizio a ridere, perché lui sta ridendo, ed anche mentre ride sembra che abbia l’accento.
Non credo che sia possibile.

“Anche la tua risata è francese.”
“Davvero?”
“Già. E’ buffa.”
“La tua invece è bella.”

Oh.

“Io..”
“Stai tranquillo Harry. Non voglio né saltarti addosso, né rendere la conversazione imbarazzante. Ho semplicemente detto la verità.”
“No. Va bene. Grazie.” Rispondo, mentre anche lui si serve un bicchiere di birra, prima di tornare a guardarmi.

Gentilezza, tanta troppa gentilezza in questo sguardo.
Non ci sono più abituato.

Di solito notti come questa le passo con tutt’altro genere di persone, con tutt’altro genere di occhi.
Non ci sono abituato, ma mi piace.

“Allora, Harry. Dimmi, qual è il problema che ti affligge?” Si è fatto improvvisamente serio ed il suo sguardo adesso mi mette a disagio.
Non mi piace più.

“L’ho capito subito che hai un problema.”
“E quale sarebbe?” Chiedo, infastidito dalla piega che sta prendendo questa conversazione.
“Beh, questo, se hai voglia, puoi raccontarmelo tu.”

E’ meglio andare sulla difensiva; in fondo non è che dopo stanotte dovremo rivederci ancora.
Voglio solo passare qualche ora senza pensare e, non so perché, questo tizio sembra essere l’unico con cui ci riesco.

“Io non ho problemi amico. Sono Harry Styles, non credo che ci sia qualcuno in tutta Europa a stare meglio di me, adesso.”
Eleanor, forse. Ma questa è un’altra storia.

“Discutibile.” Mi dice, di nuovo sorridente.
E’ un sorriso diverso stavolta; il sorriso di chi pensa di conoscere una verità che al suo interlocutore sfugge completamente.
Mi sta davvero irritando.

“Cosa è discutibile?”
“Tutto quello che hai detto. Intanto, mi basta pensare a quello che è successo laggiù poco tempo fa, per smontare la tua tesi sull’essere felice.” Continua, indicando velocemente il punto del locale in cui io e Louis abbiamo avuto la..discussione.
Perfetto, un altro che non si fa gli affari suoi.

“Senti, non ho voglia di una seduta dallo psicologo. Ho voglia di un drink alcolico e di una sana scopata, a casa tua possibilmente.” Rispondo. Forse era meglio andare in hotel con i ragazzi.

Lui mi fa cenno di aspettare e mi accorgo che c’è una fila di cinque o sei persone che aspettano il loro drink. L’altro ragazzo deve essersi preso dieci minuti di pausa.
Torna da me, di nuovo con la sua birra in mano –quasi intatta- ed il sorriso tranquillo, per niente scalfito dai miei toni di poco fa.

“Sai invece di cosa ho voglia io, Harry? Di disegnare i tuoi occhi su un foglio e cancellare da loro tutta la tristezza che li affoga.”
Cosa? Ma è serio?

“Cosa? Ma sei serio?” Chiedo, senza riuscire a capire se tutto questo non sia soltanto uno stranissimo sogno.

“Sono un pittore, Harry. E ho dipinto abbastanza occhi tristi da riconoscerne un paio alla prima occhiata. E’ inutile che ti nascondi dietro a un sorriso finto o atteggiamenti insolenti; ho capito subito che i tuoi lo sono davvero tanto. Che poi abbia anche conosciuto la causa di questa tristezza..può definirsi solo uno sfortunato incidente.” Mi dice, stavolta davvero serio.

Ma chi è?
Cazzo.
Con questa mi ha steso.

Lo osservo attentamente, cercando di entrare nel suo sguardo, così come lui è entrato nel mio, riconoscendolo –subito- senza lasciarmi scampo.
Eppure vedo solo gentilezza, curiosità e desiderio di scoprirmi; ma non un desiderio sporco, come quello che troppo spesso ho riconosciuto, durante notti come questa.
E’ un desiderio reale, quasi puro, incredibilmente attraente; lui ha voglia di conoscere me, Harry, il ragazzo inglese dagli cheveux trop doux che beve drinks trop doux.

E chi sono io, per impedirglielo?

“Okay.” Dico, “Quando smonti?”
“Fra mezz’ora.”
“Ce la fai a finire un disegno in una notte? A questo punto voglio davvero vederli i miei occhi che non affogano.” Perché no, tanto ormai ci sono dentro.

Non credo che una notte con questo esaltato potrebbe peggiorare molto la mia situazione.

“Sì, ma spero davvero di poterli vedere veramente, i tuoi occhi che non affogano.” Mi risponde, di nuovo sorridente.

“Io ormai non ci credo più così tanto.”
L’unico che poteva salvarli dall’oceano, quell’oceano ce l’ha incastonato fra le ciglia.
E quando avrebbe potuto tendermi la mano, ha dimenticato come farlo.

Mi ha dimenticato nel mio oceano di tristezza.

“Va bene, adesso basta con questi pensieri tristi. Andiamo poeta, bevi il tuo frullato, che ti porto a casa.”

Casa.

Ed è terribilmente ironico, il fatto che io mi trovi in un locale a Parigi, in compagnia di un pittore estremamente sexy che vuole farmi un ritratto nel bel mezzo della notte e che io riesca a pensare soltanto che vorrei essere..a casa.

Casa mia.
A Londra.
Con il mio Louis.
 
 
NOTE DELLA TIPA CHE NON AGGIORNA MAI:

Hola Chicassss! Ecc un nuovo aggiornamento che sicuramente vi avrà fatto venire voglia di uccidermi, frantumarmi le dita o strapparmi i capelli.
Lo so, scusate, avete ragione, ma io amo l’ANGST e cosa c’è di più bello di un triangolo, se non un bel quadrato con tanto di angoli retti e diagonali??????

Ma non disperate, tutto ha un unico grande scopo e LARRY IS ALWAYS THE WAY.
Quindi stiamo lavorando per voi e vi guiro che anche Jean vi starà simpatico.
…..Alla fine.

Per adesso un bacione e fatemi sapere che ne pensate di questo cambiamento di rotta per Hazza e della reazione di Louis nel vederlo perso nell’atmosfera FRANCESE…

Finisco col fornirvi l’immagine di Jean, per come lo vedo io..ecco l’indirizzo: https://oikotimesofficial.files.wordpress.com/2013/02/mans-zelmerlow.jpg

per quelli di voi che sono curiosi e vogliono un’esperienza in completa sintonia con la mia, guardatelo; per gli altri..siete liberi di immaginarvi il pittore come volete, non preoccpatevi!!!

Recensite, mi raccomando,
Un bacione

Scody (Iri) :D

 









 
 

 

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Capitolo 19
*** CAPITOLO 18 - No Control ***


CAPITOLO 18 – NO CONTROL
Yeah it's holding me
Morphing me
And forcing me to strive

To be endlessly
Caving in
And dreaming I'm alive

'Cause I want it now
I want it now
Give me your heart and your soul
I'm not breaking down
I'm breaking out
Lace chance to lose control

And I want you now
I want you now
I feel my heart implode
And I'm breaking out
Escaping now
Feeling my faith erode
 
Un’ora prima.

LOUIS POV

Sono qui dentro da poche ore e già mi sento soffocare.
E dire che un tempo ero ‘il centro della festa’ e adoravo ballare in mezzo alla pista fino a che i miei piedi non ce la facevano più, e la testa iniziava a girare per l’alcool e la stanchezza.

Invece, eccomi qua, in un angolo del pub, appoggiato alla parete come il peggiore dei perdenti, con uno schifo di drink in mano –opera di quel gigante francese laggiù- e la voglia di divertirmi pari a quella di comprare quegli stupidi vestiti rosa per le damigelle.
Oddio, questo matrimonio si sta rivelando uno dei miei incubi peggiori.

Prendo in mano il cellulare, per rileggere l’ultimo messaggio di El, di qualche ora fa, che io –da bravo fidanzato quale sono- ho bellamente ignorato.

“Non vedo l’ora che tu torni a Londra. Ho un sacco di novità per noi! Ti amo.”

Certo El, da quanto sono eccitato mollerei tutto subito, pur di tornare da te il prima possibile.

Nah, questo non è credibile.
Lo capirebbe che la sto prendendo in giro.
Forse.

Solo pochi giorni, poi sarò di nuovo fra le tue braccia, amore mio.

Dio, bleah, questa sembra essere uscita da un romanzo di Nicholas Sparks.

Non rompere le palle. I tovaglioli puoi pure sceglierteli da sola.

Ecco.
Questa mi rappresenta abbastanza.
Peccato che se inviassi una cosa del genere, El scatenerebbe la terza guerra mondiale solo per trovarmi ed uccidermi molto lentamente.
Sposa incazzata, sofferenza assicurata.
No, ehi, quasi sposa.

“Oh Lou, perché ti sei nascosto in un angolo? Vieni a ballare!” Mi urla una massa di capelli biondi e ritti, che riconosco essere Niall soltanto grazie all’accento.
Non faccio neanche in tempo a rispondere, che una ragazza lo trascina via, lontano da me, ridendo sguaiatamente.
E bravo Nialler, almeno lui si diverte.

Continuo a rigirarmi la cannuccia del drink fra le dita, mentre il mio pensiero torna di nuovo alla mia promessa sposa.
Mi rendo conto che il mio comportamento nei suoi confronti non sia stato affatto carino, soprattutto negli ultimi mesi.
Soprattutto dal mio compleanno.

Non che io mi sia pentito di farle la proposta, è solo che continuo ad avere milioni di dubbi sulla motivazione che mi abbia spinto a farla.

Non posso sposare una ragazza solo per paura delle mie sensazioni nei confronti di un’altra persona.
Non posso diventare marito solo per non fare qualche cazzata.
E neanche per mettere a tacere questa cazzata della memoria.

Poi però, penso che da allora i miei mal di testa sono andati migliorando –complici le pasticche rilassanti prescrittemi dal Dr. Burke- e che i problemi in cui ero incappato in quel periodo sono effettivamente scomparsi, e che a parte una buona dose di imbarazzo e la completa non comunicazione, anche fra me ed Harry le cose non vanno poi così male..e concludo che, in fondo, sia stata la scelta giusta.

E poi, io Eleanor la amo.
E’ normale voler sposare la persona che si ama, dopo quattro anni di frequentazione.
Oh, eccola la risposta giusta.

Cazzo.
A proposito delle pasticche.

Mi sono scordato di portarle con me e sono un paio di giorni che non le prendo.
Speriamo che non succeda niente.

Ecco, ora mi è appena passata anche la minima voglia che avevo di stare qui.
Chissà, magari Zayn si sta annoiando come me ed è appoggiato al muro dall’altra parte della sala, in attesa che io riesca a trovarlo per andare in albergo insieme.

Harry invece, chissà dov’è.
E’ meglio che io non mi ponga questa domanda.

Torno ad osservare la pista davanti a me, gremita di gente quasi come gli stadi durante i nostri concerti.
Noia, noia e solo noia.

Ma.

Una coppia sta ballando proprio di fronte a me, a neanche due metri di distanza, al ritmo di una canzoncina francese che, ne sono sicuro, mi resterà in mente per la prossima vita e mezzo, tanto è affascinante.

Ma non lo dirò a nessuno. Ufficialmente, la musica francese mi fa schifo.
Anche solo per il fatto che piace a Styles.

Lei è bionda, mi sembra, e continua a strusciarsi su di lui in modo del tutto spudorato, assaporandosi ogni nota della canzone, scandendo il ritmo con le anche.
Si muovono in sincro, con una lentezza disarmante.
E’ un’attività continua, quasi ipnotizzante, ed io continuo ad osservare sempre più avidamente, aiutato dall’ombra del mio angolino.

Il ragazzo è almeno quindici o venti centimetri più alto di lei e sembra completamente rapito da quello che sta facendo.
Le sue mani continuano a scendere in su e giù sulle braccia della ragazza.
Carezze leggere, sapienti, pratiche.
Dio com’è bravo.

Le sta baciando il collo, con labbra devote e attente, mentre lei gli passa una mano fra i capelli arruffati e sudati, tenuti a bada con un cappellino a visiera.
Dio com’è bello.

Grazie alle luci stroboscopiche riesco a notare il sudore che gli imperla il collo, lasciato scoperto dalla maglietta volutamente scollata.
Le sue braccia sono ricche di tatuaggi –anche se non quanto le mie- e posso distinguere il guizzo dei muscoli mentre continuano ad andare su e giù su quelle troppo esili della ragazza.
Mi ricorda qualcuno. Ma chi?

Ad un certo punto iniziano a ruotare, seguendo la musica, tanto che in pochi attimi non riesco più a distinguere la figura minuta di lei, ormai completamente sovrastata da quella decisamente più imponente di lui.
E’, tipo, altissimo. Ma non troppo. Non come quel barista incapace.

Adesso riesco a vedere molto bene anche il movimento di lui, mentre accompagna attentamente quello che lei continua a fare lontano dal mio sguardo.
Inizio a mordicchiare la cannuccia del drink, sempre più forte, mentre mi rendo conto di essere completamente in balia di quello che sto osservando.
Neanche sto sbattendo le palpebre, per quanto ne so.
Non. Posso. Smettere.

Le sue spalle larghe, le braccia forti, il sudore sul collo, i capelli arruffati.
Il suo sedere.

E non me ne frega assolutamente niente se non riesco a vedere la ragazza.
Perché, cazzo, è lui che mi interessa.

E’ per lui che continuo a torturare la cannuccia.
E’ per lui, che mi sto mordendo e leccando le labbra al limite della decenza.
E’ per lui che sento il bisogno fortissimo di darmi sollievo, urgentemente.
E’ per lui eccitato, che mi eccito.

Oddio.
Non di nuovo.
Cazzo.
Devo andare via.
Adesso.

Con la coda dell’occhio vedo Alberto seguirmi e per un attimo mi sento avvampare: che abbia assistito alla scena? Che abbia notato quello che mi sta succedendo in questo momento?

“Louis, che stai facendo adesso?” Mi chiede, in modo da coordinare i suoi movimenti con i miei.
Sto per rispondergli che sono alla ricerca di un modo istantaneo per scomparire dalla faccia della terra, quando finalmente scorgo Zayn in mezzo alla folla, con la sua guardia del corpo a pochi metri di distanza, intento a farsi un drum.
Amico, portami via da qui.

“Zayn, ce ne dobbiamo andare.” Gli dico, serio, non appena riesco a raggiungerlo.

Alberto nel frattempo si è avvicinato a Preston –fra bodyguard si capiscono- e vedo che stanno confabulando fra loro, sicuramente del fatto che né Niall né Harry hanno portato con sé le loro rispettive guardie, stasera.
Che incoscienti.

“Perché Lou? Ti senti male? Ancora dolori alla testa?” Mi chiede Zayn, con il drum rimasto sospeso a mezz’aria, pronto per essere leccato.
“No, no. Grazie al cielo no. Ma non ce la faccio davvero più a stare qui dentro. L’aria è soffocante e questa musica mi dà sui nervi.” Mento, evitando accuratamente anche solo di accennare all’erezione nei miei pantaloni.

Zayn mi guarda storto, come se cercasse di capire quanto di quello che ho appena detto sia la verità, ma deve notare soltanto il mio sguardo disperato, dato che, dopo aver chiuso il drum, si gira verso le nostre guardie, chiedendo gentilmente di chiamare il Van.

“Va bene Lou, andiamo in hotel. Tanto qualcosa da fare per passare le prossime ore lo trovo di sicuro. Ma ho già parlato con Niall e..lui ha detto di non aspettarlo e che tornerà in albergo più tardi. Forse.”

“Resta qui? Senza il suo scimmione?” Chiedo, indicando le nostre guardie, ancora prese dalla loro discussione.

“Nah, ho parlato con Paul poco fa. Ha già chiamato Mark, ci pensa lui a dargli un’occhiata. Dev’essere in giro, da qualche parte.” Mi risponde Zayn, ancora troppo concentrato sulla mia strana richiesta, per ridere della squallida battuta che ho appena fatto.

“Bene. Allora..andiamo?” Propongo allora, con un sorriso convincente stampato in faccia.
Convincente.
Speriamo.

“Va bene, cerchiamo Harry e andiamo.” Oh, giusto. Harry.

Non è che me lo fossi dimenticato, ad essere sincero.
E’ che semplicemente speravo di non doverlo affrontare, almeno stanotte.
Almeno non con questa situazione in mezzo alle gambe.

Mi ritrovo ad annuire debolmente, mentre ci avviciniamo agli scimmioni, che sembrano aver già capito le nostre intenzioni.
Ci passano infatti i nostri giacconi, mentre Zayn chiede a Preston se sappia dove sia Harry.

“L’ultima volta che l’ho visto era nella parte di pista vicino al bar. Credo che stesse ballando.” Dice serio, prima di iniziare a ridacchiare. “Cioè; sempre che quella roba possa essere chiamata ‘ballo’. Ai miei tempi sì che ci sapevamo fare, mica voi giovani di oggi.” Esclam, guadagnandosi una risata roca ed una gomitata complice da parte di Alberto.

Mah, a me pare che questi si divertano a prenderci in giro.

Comunque, data la mia splendida fortuna, Zayn si volte verso di me, e con fare sospetto ed un sorrisetto furbo mi sussurra:
“Lou, vai tu da Harry. Io devo fare una cosa.”

“Proprio adesso devi farla, questa cosa?” Lo rimbecco. Io non ci voglio andare da solo a recuperare Styles.
Beh, almeno adesso il mio problema sembra essersi già un po’ acquietato, ma comunque io a raccattare il ragazzino non ci vado.

“No Louis. Hai presente quella cosa fisiologica, che tutti hanno bisogno di fare di tanto in tanto e che dopo qualche bicchiere di alcool diventa difficile da trattenere? Ecco. Proprio adesso devo farla.”
Che palle.
Ha sempre una scusa per tutto.

“Ok, va bene. Vado io.” Gli rispondo, prima di avviarmi verso le scale che portano dall’altra parte della pista, quella più vicina al cretino che mi ha servito quel drink orrendo.
Se lo rivedo gliene dico quattro.

“Grazie tesoro! Ti sono debitore!” Mi urla Zayn alle spalle, ricevendo in cambio un bel dito medio ed un sonoro ‘vaffanculo’.
No, stasera proprio non mi controllo.

Ecco, mi trovo di nuovo a passare in mezzo ai corpi sudati che si muovono al ritmo della musica, mentre scendo velocemente le scalette e finisco nella zona più buia della pista.
La zona delle coppiette, insomma.
Oh che gioia.

Continuo a guardarmi intorno, cercando di non soffermarmi troppo su ognuno di questi sconosciuti, sperando di poter riconoscere presto il viso di Harry e mettere fine a questa agonia.
L’agonia di essere ancora qui dentro, ovviamente, non quella derivata dalla paura di trovarlo in posizioni compromettenti in compagnia di qualcuno.

Che poi, pensandoci bene, io di questi presunti amanti degli ultimi mesi non ne ho visto neanche uno, in realtà.
Non ho mai visto Harry Styles mentre ci dava davvero dentro con un altro essere umano –di qualsiasi sesso- davanti a me.
Tutto quello che so è per sentito dire, anche se il fatto che in molti restino completamente sopraffatti da lui, dopo averlo ‘incontrato’ mi fa capire che sia davvero qualcosa di unico.

E, beh, anche se nessuno me l’avesse mai detto, lo spettacolo che mi ritrovo ad osservare mio malgrado me ne dà la piena conferma.
Già, credo di aver appena trovato Harry, e se poco fa credevo di essere nei casini, adesso capisco che quello non era ancora niente.

La parte razionale del mio cervello mi dice di interrompere al più presto questo momento ed andarmene il prima possibile, ma qualcosa mi trattiene; qualcosa che non riesco a catalogare, ma che mi tiene inchiodato nel posto in cui sono, esattamente di fronte ad Harry che balla, da solo, completamente immerso nella musica e completamente libero.
Dio se è bello.

I capelli lunghi ed arricciati sulle punte che si muovono in ogni direzione, ormai bagnati di sudore e dotati di una vita propria.
La camicia è, come sempre, quasi del tutto sbottonata, e la farfalla si staglia prepotente, sotto quei due uccellini che tanto mi affascinano.
Che cosa rappresenteranno?

Ha gli occhi chiusi e la bocca semi aperta ed è quasi inumano il modo in cui la sua lingua bagna le labbra, di tanto in tanto, come se cercassero di calmare una sete che non può essere calmata. Neanche bevendo.

Le gambe continuano a muoversi, seguendo i quattro quarti della cassa, mentre i piedi hanno assunto quella posa, tipica di Harry, con le punte leggermente rivolte all’interno, che addosso a chiunque altro sarebbe ridicola, ma che su di lui è semplicemente..perfetta.
Espressione di un’ingenuità nascosta che lo rende troppo umano per non essere amato.

Faccio due passi, seguendo lo stesso istinto che mi aveva tenuto incollato sulle mie gambe fino ad un minuto fa, e mi accorgo che sto poco lucidamente andando verso di lui.

Non sto pensando, non riesco ad elaborare altro concetto che non sia mettere le mani su quei fianchi fuori controllo ed annusare quei capelli umidi.
Neanche mi rendo conto che il problema si è presentato di nuovo, più forte di prima, perché tanto, ormai, sono fuori controllo anche io.

Faccio ancora un passo -ormai se aprisse gli occhi sarebbe impossibile per lui non riuscire a vedermi- ma niente potrebbe fermarmi adesso. Vedo solo Harry.
HarryHarryHarryHarryHarryHarryHarryHarry HarryHarryHarryHarryHarryHarryHarryHarry.

Niente, se non un gigante con le mani da polipo che in pochi attimi si avvicina ad Harry, cingendolo da dietro ed iniziando a seguire i suoi movimenti con molto trasporto.
E ora, chi cazzo è questo?

E come se non bastasse, Harry non sembra affatto turbato dalla presenza dietro di sé. Anzi.
Lo vedo appiccicarsi sempre di più all’intruso, mentre le mani di quel pervertito iniziano a muoversi su di lui come se non aspettassero altro da una vita intera.
Ma che cazzo, che è stanotte devo fare il guardone per forza?

Che poi, io quel tizio lo conosco.
Non ci credo.
E’ il barista incapace.
Quel polipo è il barista incapace. Che incubo.

Il tizio è sempre più audace ed io sono sempre più schifato.
Avrà come minimo trent’anni.

Che cazzo fa? E’ troppo vecchio per Harry. Gli voglio spaccare la faccia.
Non dovrebbe toccarlo in quel modo.

Gliele mozzo quelle mani. Gli mozzo tutto.
Non deve toccarlo in quel modo.

Non qui.
Non Harry.

Non lui.

Dovrei esserci io al suo posto.
Io, sempre.

Cazzo, no, fermo.
Rimani concentrato Louis. Quello che stai vedendo ti dà noia perché quel tizio non va bene per Harry. Troppo vecchio.
Fine.
Non va bene perché non sono io.
Non andrà mai bene, finché non sarò io.


No, ma ancora? Che cosa sto pensando? Che cosa sto facendo? E perché quell’arnese è ancora tutto appiccicato ad Harry?
Ma soprattutto, perché Harry non si è ancora staccato, per cacciarlo e tornare tranquillamente a fare quello che stava facendo fino a poco fa?
Da solo??

Mi rendo conto che stanno iniziando a diventare davvero troppo espliciti, così non provo neanche a trattenere il veleno nella mia voce, quando quasi involontariamente mi faccio avanti e richiamo la loro attenzione.

“Harry?!?”
………………………………………………………………………………………………………………………………………………


Sbatto furiosamente la porta scorrevole del Van e mi siedo con pochissima grazia, continuando ad imprecare fra me e me.

“Non credo che tornerò in albergo, stanotte.”

Stupido Styles.
Stupido ragazzino cocciuto.

Tutta la notte con quel vecchio. Tutta la notte chissà dove, in chissà quale stato.
Quanto mi sarebbe piaciuto prenderlo di forza e portarlo via, a costo di buttarmelo in spalla e rompermi la schiena.
Ma, in fondo, è sua la vita, non certo mia. Faccia un po’ come gli pare.

Dio, quelle mani.
Gliele stava infilando ovunque.


Zayn si schiarisce la gola, spostando lo sguardo da me alla porta ormai serrata del Van, con un cipiglio interrogativo che mi disturba non poco.
Che c’è adesso?

“Che c’è??” Chiedo, giusto per rompere questo silenzio irritante.

“Harry?” Dio, ancora? Che sono la sua balia?

“Non torna adesso.”

“Torna con Niall?” Sì, magari.

“Boh non lo so.”

“Ok.” Sì, ma se mi guardi in quel modo vuol dire che il vaffanculo te lo cerchi.

“No. Rettifico. Non torna proprio.” Contento ora?

“Che vuol dire che non torna proprio?”

Sospiro, cercando di calmare la stizza. Potrei dire qualcosa di molto sgradevole.

“Vuol dire che preferisce andare a casa di un gigante francese con un accento del cazzo e delle mani enormi da polipo piuttosto che tornare con noi in hotel.”

“Mani da polipo.” E sorride.
“Capisco.”

“Che cazzo capisci?” Oh, mi sa che l’ho detto ad alta voce.

“Niente.” Continua a sorridere.
“Sei incazzato?”

Sì, sono incazzato nero. E più penso che sono incazzato, più mi incazzo.

“No.”

“No?” Zitto.

“Mhm.”
Mi scoppia a ridere in faccia.

“Sei incazzato.” E stavolta non è una domanda.

“Oh vaffanculo, Zayn.” Sbotto, proprio mentre il motore viene acceso ed il Van inizia a farsi strada fra la gente.
Mi ritrovo con le mani incrociate e l’espressione imbronciata, mentre la tensione accumulata inizia a sfogarsi attraverso il battito continuo ed incontrollabile del mio piede destro.

Che orribile serata.

Zayn continua a sghignazzare, ma dopo pochi secondi tira fuori una bustina trasparente dalla tasca, lanciandomi uno sguardo complice.
In quell’istante il mio piede smette di avere vita propria.

Ed anche io inizio a sorridere, esaltato dalla prospettiva che mi si presenta davanti.

Lo guardo, mi guarda.
Esattamente quello di cui avevo bisogno.

“Camera mia o camera tua?” Chiedo, con voce allegra.

“Ehi, fino ad un minuto fa avresti ucciso qualcuno e guardati adesso, tutto sorridente!” Esclama Zayn, divertito.

“Che posso dirti, sono un ragazzo semplice io. Mi basta poco per essere felice!” Ribatto, in un’atmosfera decisamente più rilassata.

“Ora, poco. Questo non è poco, fidati. Ho dovuto mettere a lavoro mezzi servizi segreti per trovarla. E ti assicuro, che è davvero ottima. Comunque facciamo camera mia, stasera voglio essere generoso.” Scherza, mentre il nostro Hotel entra nella mia visuale.

Abbiamo fatto presto.
Il tempo vola quando ci si diverte.

“Okay, per me è anche meglio. Ma devo passare da camera mia e cambiarmi un attimo. Questi jeans mi stanno uccidendo.” Rispondo, senza specificare il motivo per cui siano così fastidiosi.

A proposito.
Chissà se Harry ha già lasciato la discoteca.
Estraggo il cellulare dalla tasca, ma –oltre all’ultimo messaggio di El- ancora silenzio.
Magari alla fine cambierà idea.

Scendiamo nel parcheggio sotterraneo, mentre Paul e Preston ci nascondono dal..niente vista l’ora, e ci avviamo all’ascensore, in un silenzio stanco ma rilassante.

Entriamo tutti insieme ed in un attimo mi ritrovo nell’angolo più lontano dalle porte, insieme a Zay che continua a ridacchiare –che abbia già usufruito della bustina?- data la notevole stazza dei nostri accompagnatori.
Controllo di nuovo il cellulare, ancora nulla.

Arrivati al nostro piano ci separiamo, dandoci appuntamento ad una mezz’oretta dopo, e spero che nel frattempo sarò riuscito a riprendere il controllo di me stesso.
Dio, perché non ho quelle pillole con me?

…………………………………………………………………………………....................................


“Ancora con quel cellulare in mano? Mi spieghi che diavolo fai? Metti la suoneria, così non devi controllare ogni trenta secondi! Mi stai facendo salire l’ansia, Tommo.”

“Oh scusa.” Rispondo, riponendo il telefono per poi tornare alla mia occupazione precedente.

“Lecco io o lecchi tu?” Mi chiede, mostrandomi una canna perfettamente rollata.
Cazzo, ma come fa ad essere così preciso?

Ma soprattutto, come fa ad esserlo ancora, dopo il purino che ci siamo appena sparati?
I miei occhi già stanno lacrimando e lui ancora si diverte a fare l’artista con l’erba.

Oddio.

“Zayn, l’artista dell’Erba!” Esclamo, sghignazzando sguaiatamente, e rotolandomi sul letto come un bambino.

“Ho capito. Lecco io.” Mi dice, prima di tirare fuori la lingua e bagnare perfettamente la cartina, prima di richiuderla su se stessa.
Interessante.

“Allora? L’hai messa la suoneria?”

“Eh?”

“Al cellulare, Louis.” Risponde, con fare ovvio. “Che poi, che cazzo stai aspettando di così importante, una chiamata della Regina? Le avete chiesto di celebrare il matrimonio?”

Inutile dire che torniamo tutti e due a ridere e rotolarci sul letto.
La Regina che mi chiama alle quattro di notte mentre sono fatto.
Non ce la posso fare.

“Cazzo, le quattro!” Esclamo, all’improvviso di nuovo sobrio. Circa.

“Eh, quindi?”

“Quindi sono le quattro e Styles non è ancora andato via da quel pub.” Dico, controllando di nuovo il cellulare.

“Harry? Cosa c’entra adesso?” Mi chiede, continuando a mescolare tabacco ed Erba. Questa notte è davvero distruttiva.

“Non sto aspettando la Regina, ovviamente. E’ Alberto. L’ho lasciato al Pub. Harry non si era portato dietro il suo scimmione ed io non mi fidavo a lasciarlo da solo con quel francese cazzone. No aspetta, cazzone no. Non esageriamo.” Gli dico, sperando che questa cosa non scateni qualche discussione strana.
L’ho fatto perché ci tengo alla nostra immagine come band.
Ecco.


“Ah. Quindi hai lasciato Alberto a spiare Harry, in modo che ti desse notizie sui suoi movimenti. Praticamente lo stai facendo pedinare.” Mi dice, mentre accende la canna ed inizia a dare qualche tiro.
Altro giro, altra corsa.

“No Zayn. L’ho lasciato lì in modo che potesse proteggerlo. Non spiarlo. Mi sembra ovvio.” Rispondo, rubandogli il joint dalle mani.

“Hey datti una calmata Bob! E’ roba mia!” Urla, troppo impegnato a recuperare la sua bimba, per continuare il discorso precedente.
Ottimo lavoro, Tommo.

“Sharing is Caring. Non lo sapevi Malik?” Rispondo, prima di bloccarmi con la mano a mezz’aria.

Sharing is Caring..quand’è che ho già usato quest’espressione con i ragazzi?
Dio, non me lo ricordo.

“Comunque, ti si è appena illuminato il callulare Tommo.” Cazzo, cazzo, cazzo.

Mollo la canna a Zayn e prendo in mano il telefono, tremante.
Fa che stia tornando, fa che stia tornando, fa che stia tornando..

Merda.
Sono usciti da cinque minuti e sono appena saliti in un palazzo vicino al Pub.
Quello stronzo l’ha portato a casa sua, sicuramente.

Rispondo velocemente ad Alberto, intimandogli di restare davanti a quel dannato palazzo –sono già certo che mi manderà a quel paese- in modo da poter intervenire in qualsiasi momento.

“Insomma il piccolo Harry ha un nuovo amico..”

“Lascia perdere Zayn. Zitto e fuma.” Rispondo, lanciando il cellulare dall’altra parte del letto.

“Senti, ma come facevi a sapere che è francese? Ci hai parlato? E’ stronzo? Che è successo quando sei andato a cercare Harry? Vi siete picchiati??” Domanda a raffica Malik, mettendo in crisi il mio già debole autocontrollo.
La mia testa sta letteralmente scoppiando.

“Non l’ho picchiato. In realtà non ci ho proprio neanche parlato con quel coso. E’ che..è il tizio che stava al bar, quello alto, hai capito? Quello strano.” Rispondo, senza nascondere il mio disprezzo.
Quel tizio non mi piace, l’avevo già detto?

“Ah ma ho capito! Quello figo!” Urla Zayn, continuando a fumarsi tutto da solo una canna che era nata per due.

“Figo? Ma cosa dici Zayn? E’ troppo alto. E’ sproporzionato. Ha la mascella troppo grossa. Non è affatto figo.” Ora mi sta facendo incazzare ancora di più. Ed io che volevo rilassarmi.

“Oh beh. Non è che puoi smettere di essere oggettivo soltanto perché sei..geloso.” Mi risponde, ancora con un sorriso sornione stampato in faccia.

“Zayn non diciamo cazzate.”

“Ok.”

“Ok.”

Questo silenzio non mi piace.
 
“…”
 
"Oh jealousy look at me now.." Non ci credo. Ha appena iniziato a cantare?

"Smetti. Zayn te lo dico una volta sola. Smetti." Due.

"..Jealousy you got me somehow.." Lo uccido.

"Ti uccido."

"..You gave me no warning, Took me by surprise.." Ma sta scherzando?

"Zayn, ti brucio la mano con l'accendino."

Finalmente smette di fare il Freddie Mercury della situazione ma, purtroppo, il momento presa per il culo non sembra ancora essersi concluso.

"Ammettilo.”

"Io non ammetto proprio un cazzo. Non. E'. Vero." Inizio, cercando di elencare i motivi che rendono assurda la sua affermazione. “Primo perché fra un mese e mezzo mi sposo..”

"Che culo."

"Secondo, perché stiamo parlando di Harry.."

"Appunto."

"E terzo, perché a me non piacciono gli uomini."

"E con questa, direi che abbiamo raggiunto il massimo livello possibile di stronzate pronunciabili dalla tua bocca in una notte, Tommo."

Zayn Malik, sei appena entrato nella mia lista nera.
Sono improvvisamente molto stanco.


“Zayn ti prego. Non cerchiamo significati assurdi dietro ad ogni cosa. Ti ho spiegato, voglio solo parargli il culo. E ci sono già stati abbastanza casini ultimamente, vediamo di non peggiorare ulteriormente la situazione. In più sono senza pillole adesso e..”

“Pillole? Quali pillole?” Mi interrompe Zayn, improvvisamente serio, quasi più di me.
L’atmosfera della stanza è completamente cambiata, mentre la canna giace ormai dimenticata e spenta, nel portacenere in terra.

“Me le ha prescritte il Dr. Burke. Dopo gli attacchi che ho avuto a dicembre, ti ricordi? Dice che mi aiutano a mantenere stabili gli sbalzi d’umore e..”

“Che ti dà, gli antidepressivi?” Mi interrompe, ancora, appuntandosi sulle mani e diventando improvvisamente molto più alto di me.

“No, Zayn, calmati. Non..cioè..mi fanno bene quelle pillole. Non ho più avuto attacchi da allora e..fino a che le ho prese sono stato davvero..tranquillo, ecco.”
Tranquillo in tutti i sensi.
Probabilmente anche troppo. Almeno fino a stanotte.

Lui mi guarda ancora, e sembra voler continuare questo discorso –con mio grande disappunto in effetti- ma proprio quando pensavo di dovermi giustificare ancora e ancora su questo punto, mi spiazza di nuovo.

 “Posso farti una domanda Louis?” Mi chiede, guardandomi dritto negli occhi, come se cercasse di scrutare ed analizzare ogni mio minimo movimento facciale.
Ed io che pensavo che fosse pesante l’aria del Pub.

“Devo preoccuparmi?” Chiedo, diffidente.

“Dipende dalla tua risposta.” Dice, avvicinandosi a me, ma spostando il suo sguardo altrove.
Siamo entrambi sdraiati sul letto, appoggiati sui gomiti, coi piedi che toccano la testata ed i visi rivolti verso l’unica finestra della stanza, di fronte a noi.

“Sei felice?” Dice infine, dopo circa un minuto di silenzio.

“Che domanda è questa?” Chiedo io, di rimando, sperando di poter rimandare una vera riflessione sulla cosa.

“E’ una domanda come un’altra. Rispondi. Sei felice, Louis?” Dio, che fa, mi psicoanalizza? Decido di mettermi in una posizione più protettiva, sedendomi ed abbracciando le mie ginocchia con le braccia.

“Io..beh..suppongo di sì.” O no?

“Supponi?” Non lo so, va bene?
Intanto, che cosa si prova ad essere felici?

“Ho tutto quello che ho sempre voluto, faccio quello che amo, giro il mondo..posso dirti che sono soddisfatto.” Opto per la risposta facile.

“No Louis. Non ho chiesto se tu fossi soddisfatto. Ho chiesto se fossi felice.”

“Zayn, non capisco dove vuoi arrivare.” Adesso sono davvero sulla difensiva, incapace di formulare una risposta decente.

“La ami?” Non lo so.
Che si prova ad essere innamorati?

“Chi?” Ma che cazzo dico.

“Ecco. Già questa risposta potrebbe bastarmi.” Afferma, adesso anche lui a sedere sul letto, in modo che i nostri occhi siano allo stesso livello.

“No aspetta. Io..noi..io ed Eleanor stiamo insieme da un sacco di tempo ormai. Credo che sia amore. Deve esserlo. Se non l’amassi l’avrei già lasciata da un pezzo, non credi?” Mi sto scavando la fossa da solo.

“Mhmm.”

“Mhmm che Zayn? Se devi dire qualcosa dilla, perché non sopporto la gente che lascia i discorsi a metà.” Ormai mi sono sputtanato. Tanto vale sapere che ha da dire.

“Non ti scaldare adesso eh. E’ solo che se tu avessi posto la stessa domanda a me, la mia risposta sarebbe stata molto diversa.” Diversa come?

“E che cazzo avresti detto di così diverso?”
Ricordami cos’è l’amore Zayn.

“Che amo Perrie, Louis. Che la amo da impazzire. Che dal momento in cui l’ho conosciuta ad ora quello che provo per lei è soltanto aumentato. Che ho fatto delle cazzate, ma che me ne sono pentito. Che sono felice perché oltre a tutto questo, oltre a voi, ho lei. Che niente nella mia vita sarebbe bello come lo è adesso, se non ci fosse lei a condividerlo con me.”

Sì, ma questo non è l’amore che immagino.
Non è l’amore che sento di conoscere.
Non è il mio amore.

“Belle parole amico. Ma evidentemente ognuno dimostra l’amore a modo suo. Ognuno prova l’amore a modo suo. Ed io semplicemente sono diverso da te. Sento le cose diversamente da te.”

E’ anche inutile continuare a controbattere.
Io non lo so.
Non so più niente.

“Certo Louis, non ti sto certo dicendo questo!” Urla, improvvisamente, mentre io mi alzo dal letto ed inizio a percorrere la stanza in lungo ed in largo.

“E allora che cazzo stai dicendo?” Chiedo, stremato. Sono completamente perso.

“Dico che so come sei quando ami, e non sei così!” Ma cosa dice.

“Non sai di cosa stai parlando. Tu non puoi essere nella mia testa. Non puoi dirmi cosa provo. Tu non sai niente.” Io stesso non so niente, figuriamoci.
Mi avvicino alla porta della stanza, pronto a scappare e rintanarmi nella mia; anche per sempre, magari.

“Ah non so niente?” Mi chiede, con un tono deciso che mai aveva usato con me.

“Io so molte cose invece. So che quando ti sei innamorato per la prima volta avevi una paura fottuta, Louis. So che tu hai sempre avuto paura, ogni volta che si parlava di quell’ amore. So che hai cercato fino all’ultimo di scappare e sottrarti all’inevitabile, ma so che quando alla fine hai deciso di buttarti a capofitto..Louis io non ho mai visto nessuno più felice di te, nell’essere innamorato.
So che ti piace litigare, che ti piace la passione, che ti piace comandare ma che adori se, al momento giusto, Ha- ehm, la persona che ami prende in mano la situazione e ti guida.
Io so che quando ami senza freni e senza dubbi sei un raggio di sole e so che nessuno ti ha mai reso così forte, se non l’unica persona che tu abbia mai amato davvero in tutta la tua vita.
E lo so perché ti conosco Louis, molto più di quanto tu immagini.”

Ed ha ragione cazzo.
Ha ragione, perché questo è il tipo di amore che sogno.
Verde.


“Ma..”

“Aspetta. Non ho finito. Ci sono tante cose che vorrei dirti. Tante cose che vorrei riuscire a farti comprendere. Ma ho capito che non le accetterai mai, finché non sarai tu stesso a trovarle di nuovo, in un modo o nell’altro.” Sospira, con un’espressione rassegnata.
“Lui lo sapeva. Lui l’ha sempre saputo. Per questo ci ha fatto promettere.” Aggiunge tra sé, come se le avesse appena realizzate.

“Promessa? Quale promessa? Di chi stai parlando?” Chiedo, con una mano sulla maniglia della porta e la paura di sapere la verità.

Una verità che sembra sempre più reale.
Sempre più tangibile.
Una verità che forse sto iniziando ad intravedere, fra le nubi della mia mente stanca.

Lui mi osserva per qualche secondo, sguardo triste ma in qualche modo speranzoso.
Ed io, tutt’ora, non riesco a comprenderne il senso.

 “Scusa Tommo. Forse ho esagerato. Ma ho bisogno di farti capire che sei molto più di questo. Di questa maschera che ti stai costruendo addosso. Ti prego. La verità non fa male quanto sembra.”

E perché allora ho paura di trovarla?
Io ho paura.


“Ho paura.” Ammetto infine, mentre sto già aprendo la porta della stanza, pronto ad andarmene.

“Di che cosa?” Mi chiede, con la testa fra le mani.

“Che la verità sia quella che non ho voluto accettare. Che io stesso possa essere quello che non ho voluto accettare. E che ormai sia troppo tardi per farlo.”
Non lo guardo neanche, prima di richiudermi la porta alle spalle ed avviarmi tristemente verso la mia camera.

Controllo il mio cellulare un’ultima volta, sperando nel profondo del cuore che tutto questo sia soltanto un grande incubo e che domani mi sveglierò pronto per sposarmi ed innamorato della mia fidanzata.
“Louis. Harry non è ancora uscito da quell’appartamento. Ormai credo che ci passerà la notte. Mi dispiace. A.”

Mi butto sul letto, con le poche forze che mi rimangono, ed inizio a piangere come un bambino, sperando che la verità di cui mi ha parlato Zayn possa non essere così dolorosa.

E se l’amore che mi ha descritto Zayn, io lo avessi davvero provato?
E se quello che ho cercato di reprimere per mesi fosse ciò che ne è rimasto?
E se sapessi già la verità, ma non fossi mai stato in grado di accettarla?


E se, ormai, fosse troppo tardi per farlo?

 
HARRY POV

Apro gli occhi lentamente, stropicciandoli uno ad uno, mentre alcuni raggi di sole entrano dalla finestra.
Strano, non mi ricordavo che la mia camera avesse le persiane; anzi, credo proprio di aver richiesto le tapparelle, proprio perché odio essere svegliato in questo modo, la mattina.

Mi giro nel letto e, guardandomi intorno, mi accorgo che c’è davvero qualcosa di strano.
Questa non è la mia camera.
Cazzo, ma dove sono?

Noto che dall’altra parte del letto, su quello che mi sembra un comodino, il mio cellulare continua imperterrito a vibrare e lampeggiare, riposandosi soltanto qualche secondo fra una chiamata e l’altra.

Chissà, in hotel saranno tutti impazziti.

Faccio per afferrare il cellulare, quando – osservando distrattamente il cuscino vicino al mio – vedo un foglio completamente bianco.
Cosa diamine ci fa un foglio sul cuscino di un letto matrimoniale?
No, fermi. Matrimoniale?

Con la forza delle mani mi tiro su di scatto, mettendomi a sedere ed incrociando immediatamente le gambe, ma vengo sconquassato da una fitta lancinante alla testa.
Mai più vodka alla fragola per me. Lo giuro.

Vodka alla fragola.
Oh.
Adesso ricordo.
Ieri sera ho conosciuto Jean, abbiamo ballato e mi ha offerto uno smoothie da bere..e poi siamo venuti qui, a casa sua.

Prendo in mano il foglio bianco e, guardandolo più attentamente, capisco che è molto di più di uno spazio vuoto.
Lo volto e scopro con grande sorpresa che dall’altra parte..ci sono io.

O meglio, ci sono io che dormo, con i capelli arruffati, la bocca semiaperta e gli occhi chiusi ma contratti.
Cazzo, sono ansioso anche quando dormo.

Però, è davvero somigliante.
Mi aveva detto che dipingeva, ma non avevo capito che sapesse anche disegnare così bene.
Questo me lo voglio incorniciare.

“Guarda, che anche se lo posi un attimo non sparisce da solo!”

La voce straniera è piena di ironia e spensieratezza, e non devo neanche alzare gli occhi dal ritratto per capire a chi appartenga.
“Se non fosse così bello potrei anche sentirmi spaventato. Non è un po’ da maniaci osservare gli sconosciuti che dormono, Jean?” Scherzo, osservando la sua figura appoggiata allo stipite della porta.

Indossa dei jeans a vita bassa dal taglio morbido ed una semplice maglia bianca, né troppo larga né troppo stretta.
In mano ha una spatola –da pancakes? – mentre i suoi piedi nudi sono accavallati, a segnalare la sua grande tranquillità.
In fondo questo è il suo ambiente; anche io mi sentirei completamente a mio agio a casa mia.

“Anche fissare gli sconosciuti è da maniaci, questo non lo sapevi Harry?” Mi rimbecca lui, risvegliandomi dal leggero trance in cui ero caduto.

Arrossisco, incapace di trovare una risposta a tono –no, non sono io lo specialista di queste cose – ma lui non sembra essere troppo turbato dal mio stato.
“E comunque, se vogliamo dirla tutta, ormai non possiamo considerarci estranei, non pensi? Soprattutto dopo stanotte.” Conclude, prima di voltarsi ed avviarsi verso quella che da lontano sembrerebbe proprio una cucina.

Stanotte.
Stanotte?
Perché, che diavolo è successo stanotte? Io..non mi ricordo un granché.
Cazzo.


Vorrei seguirlo, per chiedergli le dovute spiegazioni, ma una nuova serie di vibrazioni mi ricordano che mezzo staff mi sta cercando e che devo assolutamente far sapere ai ragazzi dove sono.

Prendo in mano il cellulare: tre chiamate senza risposta da Zayn, due da Niall e undici da Liam –esagerato come sempre.
Non sto neanche a contare i messaggi minatori dei managers, mentre involontariamente scorro sullo schermo cercando l’unico nome che ancora vorrei vedere scritto fra questi.

Vado in su ed in giù, per un paio di volte, ma non trovo niente.
Nessuna chiamata, nessun messaggio, neanche una mail.
Louis, dopo la sfuriata di ieri sera, è stato l’unico a non cercarmi.

E non vorrei, ma ancora una volta il mio cuore si accartoccia su se stesso.
…………………………………………………………………………………………………………………………………………..
“Certo Liam. Non preoccuparti. Ci vediamo fra qualche ora, va bene? Così ci mettiamo d’accordo su come passare questi tre giorni prima del trasferimento a Vienna. Sì. Starò attendo. Va bene, a presto, papi.”

Sghignazzo, chiudendo velocemente la chiamata, prima che Liam possa protestare ancora per il nomignolo o per qualsiasi altra cosa non gli vada a genio.
D’altronde, lo chiamiamo Daddy Directioner per un motivo.

Faccio mente locale e decido di darmi una sciacquata, prima di vestirmi velocemente ed avviarmi verso la cucina di Jean, dove, ne sono certo, mi sta aspettando una delle conversazioni più strane che io abbia mai avuto.

Entro nella piccola stanza, manifestando la mia presenza con un colpo di tosse.

“Hei, ce l’hai fatta finalmente. Pensavo che ti fossi riaddormentato.” Mi dice Jean, mentre finisce di preparare quelli che davvero sembrano pancakes.

“Scusa, mi sono fatto una doccia veloce. Spero che non ti dispiaccia.” Gli rispondo, prima di sedermi al tavolo, sulle spine.
Devo sapere. Odio non sapere.

“Non preoccuparti, anzi, scusa se non te l’ho suggerito io. E’ che ormai ero impegnato a preparare questi cosi che piacciono tanto a voi inglesi e..me ne sono scordato. Comunque sul tavolo c’è del succo d’arancia e del caffè appena fatto. Serviti pure!” Esclama, sorridente.

Annuisco in silenzio, prima di versarmi un po’ di succo ed iniziare a sorseggiarlo lentamente.

Lui spegne i fornelli e, finalmente, si siede di fronte a me, ponendo sul tavolo una quantità industriale di pancakes pressoché perfetti.
Che peccato.
Da qualche anno ormai sono abituato a preferirli bruciacchiati.

“Mangia e bevi quanto vuoi, devi riprenderti da una bella sbronza. E prendi queste, almeno eviti che il mal di testa ti duri tre giorni.” Mi dice, passandomi due aspirine, che io ingoio immediatamente.

“Grazie.”

Mangiamo in silenzio per qualche minuto, prima che la mia curiosità riesca ad avere la meglio sulla fame.

“Insomma..stanotte noi..” Cazzo, ma perché è così difficile? “Cioè, che è successo stanotte?” Domando, infine, mandando al diavolo il tanto sopravvalutato tatto.

“Aspettavo questa domanda, Harry!” Esclama lui, mettendosi a ridere, prima di bere un lungo sorso di caffè.
Lui può, è francese.

“Allora? Che abbiamo fatto?” Chiedo di nuovo, appoggiando rumorosamente la forchetta sul tavolo. Davvero troppo tranquillo, adesso mi sta dando fastidio.

“Oh Harry, che grande nottata la nostra. Ci siamo baciati, spogliati e l’abbiamo fatto ovunque. Nello studio, sul terrazzo, persino su questo tavolo..” Mi dice, con aria sognante. “Poi mi hai chiesto di dipingerti, completamente nudo, mentre con voce melodiosa mi hai cantato i più grandi successi della tua band, alternandoli a poesie di Walter Whitman e – senti, senti - addirittura Baudelaire..”

“Scusa, ma non credo di sapere a memoria neanche una poesia di Whitman. Figuriamoci di Baudelaire.” Lo interrompo..

Mi sta prendendo per il culo per caso?

Scoppia a ridere di nuovo, ancora più sguaiatamente di prima, mentre io assumo un’espressione assassina.

“Perdonami, Harry, ma avresti dovuto vedere la tua faccia!” Esclama, non appena riesce a riprendersi dai singhiozzi.

“Ha ha, molto divertente pittore. Quindi non è successo niente? Abbiamo guardato la tv?” Chiedo per la terza volta, più spazientito che mai.

“No. Cioè, non è successo proprio tutto. Ci siamo baciati, quello sì. Ci siamo baciati davvero molto, in realtà. E se devo essere sincero avrei sperato di concludere la serata in bellezza. Ti ho pure lasciato aprire la bottiglia di vino più costosa che avevo, che tra parentesi ti sei finito tutto da solo.” Mi risponde, stavolta serio.

Ok, quindi ci siamo baciati.
E perché non è successo altro?

“Scusa, ma se tu volevi andare fino in fondo non capisco perché non l’abbiamo fatto. Voglio dire, tu mi piaci. Non credo che mi sarei tirato indietro.” Gli dico, sinceramente stupito.
Tanto ormai non ho niente da perdere.

“Diciamo che eri davvero troppo ubriaco Harry. Ad un certo punto ti sei semplicemente addormentato ed io non ce l’ho fatta a svegliarti di nuovo.” Ah. “Nel senso, non che non ci abbia provato. E’ che proprio non ti svegliavi. Se non fosse stato per i discorsi disconnessi che facevi durante il sonno mi sarei preoccupato.” Mi risponde, alzandosi dal tavolo ed appoggiandosi al bancone, incrociando le braccia.

Cazzo però è sexy.
In fondo ho ancora qualche ora prima di dover tornare in hotel..tanto vale che me la goda.

“Mi dispiace.” Gli dico, alzandomi a mia volta ed avvicinandomi lentamente a lui.

“Non importa, ormai è andata.” Mi dice, scrollando le spalle.

Eh no caro.
Non è andata per niente.

“No davvero, mi dispiace Jean..vedi io ti trovo davvero eccitante. E talentuoso. E bello. E gentile. E spiritoso..” Sono talmente vicino che la mia bocca sta sfiorando il suo orecchio.

Lo sento rabbrividire, mentre inizio a circondargli il collo con le braccia, attirandolo a me.

“Sai, abbiamo ancora qualche ora. Potremmo farla fruttare, divertirci un po’..magari potresti davvero dipingermi nudo..” Ormai sono a pochi centimetri dalla sua bocca e sto giù urlando vittoria. Mi avvicino ancora, sempre più convinto.

“No Harry. Scusa, ma non posso farlo.” Mi dice, allontanandomi da lui con entrambe le braccia.

“Che cosa? E perché non puoi farlo?” Gli domando, sentendomi rifiutato.

“Perché non mi piace andare a letto con ragazzi innamorati di un altro. E tu lo sei.” Afferma, convinto.

No.
“Che cosa???” Urlo di nuovo, più forte.

No, no, no, no, no.
Non può succedere davvero.
Respira Harry, respira.

“Non sono innamorato di nessuno. Contento? Adesso per favore, possiamo farlo?” Riprovo, cercando di essere il più convincente possibile.

Lui mi guarda, quasi paterno.
Oddio, con questa espressione sembra quasi Liam.
Bleah. E io che volevo farmelo.

“Harry, sono francese, non stupido. Capisco benissimo la tua lingua e ti assicuro che, anche da ubriaco, ti sei espresso molto chiaramente su questo punto.” Dice, infine, prima di accendersi una sigaretta.

“Oddio. Che cosa ho detto?” Chiedo, abbassando le mie difese. Tanto ormai è’ passata anche a me la voglia.

“Okay. Ripeto eri ubriaco, quindi spero che molte delle cose che hai raccontato siano frutto della tua immaginazione. Anche perché se fossero vere, saresti ufficialmente la persona più incasinata che abbia mai conosciuto.” Mi dice, aspirando lentamente e tornando ad osservarmi. “Hai parlato di un certo Louis. Sempre e solo di Louis. Avevo capito da solo che si trattasse del tizio di ieri sera, ma per esserne sicuro l’ho googlato stamani. E’ quello bassino, giusto? Quello con lo sguardo furbo. Ed un gran culo, se posso permettermi.” Bingo. E’ lui di sicuro.

Mi accascio sulla sedia più vicina, guardandolo colpevole.

“Già.” Rispondo, stanco di mantenere una facciata ormai inutile.

“Quindi anche la storia della memoria è vera? Pure la fidanzata stronza? E sta davvero per sposarsi?” Mi chiede, incredulo.

“Tutto vero. Dalla prima all’ultima cosa che hai detto. Ma ti prego, non dirlo in giro. E’ una faccenda già abbastanza incasinata così.” Sussurro, sconfitto.

“Ma per chi mi hai preso? Se avessi voluto sputtanarti l’avrei già fatto. Ma non è questo che voglio.” Mi risponde, sedendosi accanto a me ed appoggiandomi una mano sulla coscia.

Ma non è un gesto studiato.
E’ più un gesto da ‘Poverino, che pena mi fa’.

“Insomma lo ami.” E non è una domanda.
“Lo amo.”

“Tanto da lasciarlo andare?”

“Sembrerebbe.”

“Tanto da andartelo a riprendere, se ne avessi la possibilità?” Sempre.

No, aspetta, che?

“Quale possibilità? Fra due settimane si sposa. Cosa pensi che possa fare?” Chiedo, rassegnato e stanco.

“Tutto quello che serve. Tutto quello che puoi. Non ti ha lasciato volontariamente, Harry. Quel ragazzo ha perso la memoria! Sono sicuro che se tu glielo spiegassi..se tu fossi sincero..” Poverino. Vive ancora nell’illusione, lui.
Che poi, perché se la prende tanto. Che gliene frega?

“Sa già tutto, Jean!” Lo interrompo. “Gli ho già detto tutto! Ho pianto davanti a lui, cercando di convincerlo, ma non ha voluto ascoltarmi! Lui non mi vuole più.”

Dio, dirlo ad alta voce fa ancora troppo male.
Ma come ho fatto a non crollare in questi due mesi?

“Non è vero Harry. Io l’ho visto ieri sera. L’ho visto lo sguardo possessivo con cui ti osservava. Il suo cervello potrà anche aver dimenticato che tu fossi suo, ma il suo cuore sicuramente non ha mai smesso di desiderarti. Ti prego, non mollare.” E’ come se stesse tenendo un comizio ormai.

Entrambe le sue mani sono sui miei ginocchi ed i suoi occhi non lasciano i miei neanche per un secondo.
Sembra un fratello maggiore e solo pochi minuti fa volevo farmelo.
Non capisco.

“No Jean, basta! Io non ce la faccio più. Sono stanco! Sono stanco di inseguire un sogno. Sono stanco di inseguire un’illusione! E’ finita. E adesso scusami, ma devo proprio andare.” Mi alzo di scatto, distogliendo lo sguardo e recuperando cellulare e portafogli dal tavolo.

“Ah. Quindi adesso non ci sono più ore da passare insieme. Capisco.” Mi dice, mentre inizio a dirigermi verso la porta d’ingresso.
Non capisce proprio nulla.

“No, non capisci. Altrimenti non mi avresti detto di continuare a sperare. La speranza fa solo male, Jean. Ed io non voglio più soffrire.” E più che un’affermazione la mia sembra più una richiesta implorante.
Qualcuno mi faccia smettere di soffrire.

“Okay.” Dice, serio, quando siamo entrambi di fronte al portone.
“Probabilmente ti sembrerà assurdo che un quasi sconosciuto voglia dirti cosa fare. Quindi la finisco. Ti lascio andare. Ma ti prego, pensaci. Hai detto che avete ancora quattro giorni prima della pausa, giusto? Ecco, prenditi questo tempo per ragionare. Se quando partirete da Parigi sarai ancora della stessa opinione, allora lascialo andare. Ma se, come credo, questa città riuscirà a farti cambiare idea, allora provaci un’ultima volta.” Sospira. “Io non l’ho fatto e me ne pentirò per sempre.”

Lui non l’ha fatto.
Ma quando?

“Sei innamorato?” Chiedo. Ecco perché sembra sapere così tante cose. Le sta provando sulla sua pelle.

Il mio sguardo adesso è molto più comprensivo e sul suo volto compare un sorriso mesto.

“Lo ero. Innamorato, intendo. Forse non smetterò mai di esserlo. Ma è andata male. E non ho fatto niente per cambiare le cose.” Conclude, in un sussurro.

Ho capito.

“Va bene.”

“Va bene cosa?” Mi chiede, ancora perso nel suo mondo di ricordi.

“Ci penserò. Quattro giorni. Poi prenderò la mia decisione.” E già me ne sto pentendo.

“Grazie.” Dice, recuperando il sorriso sereno di poco fa.

Quest’uomo non è felice.
E’ rassegnato.
Io non voglio finire così.

“Ora devo davvero andarmene, Jean. Grazie per l’ospitalità e..per essere stato sincero.” Dico, infine, prima di scrivere un messaggio a Paul, per farmi venire a prendere.

“Grazie a te, per avermi dato la possibilità di esserlo.”

Oh.
Aspetta.

“Posso avere il disegno?”

“Giusto, ti piace davvero, eh?” Mi dice, prima di sparire in camera e sbucare qualche secondo dopo con il disegno in mano.

“Spero di poterne fare un altro, un giorno. Vorrei davvero di poter ritrarre i tuoi occhi quando non saranno affogati dalla tristezza. Promettimi che potrò farlo.” Giusto, gli occhi.

“Prometto. Prometto che ci proverò.” Specifico, ancora incapace di credere che un giorno potrò tornare ad essere felice.

“Mi basta.” E sorride.

Mi tende la mano ed io lo abbraccio d’impulso.

“Arrivederci, Harry Styles. Spero di rivederti, un giorno.” Sussurra al mio orecchio, ricambiando il mio gesto improvviso.

“Le nostre strade si incontreranno di nuovo, Jean. Ne sono sicuro.” Rispondo, prima di lasciare la presa e chiudermi la porta alle spalle.

 
Scendo in strada ancora perso nei miei pensieri, sperando che Paul arrivi presto.

Faccio pochi metri verso destra cercando un finestrino in cui osservarmi e mettere a posto camicia e capelli, quando il mio sguardo cade su qualcosa – o meglio qualcuno – che in questo vicolo sembra proprio fuori posto.

Addormentato sul sedile anteriore di un pick up, con la bocca aperta e le mani giunte in grembo, c’è un uomo che conosco molto bene.

Alberto.
Ma che diavolo ci fa qui?
 
Ciao belle!
Angst for evaaaah.
Voglio ringraziare la Ale per il grandissimo supporto morale -e per avermi sopportato negli scleri- e Fabi per lo stesso motivo e per avermi aiutata a correggere gli errori e mettere al loro posto tutti i punti della trama!!!!

Non aggiungo altro, se non SCUSATE PER L’ASSENZA e spero che vi piaccia e spero che non sia troppo lungo e spero che non sia troppo pieno di roba ma vi giuro è uscito così non volevo è colpa sua –del capitolo.

Kiss

Scody (:

PS: Torno ad ascoltare ‘Drag Me Down’ E’ TROPPO BELLAAAAAAA







 
 
 
 

 

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Capitolo 20
*** CAPITOLO 19 - RIGHT TO BE WRONG ***





PRIMA DI ANDARE AVANTI CON LA STORIA..Vorrei fare un ringraziamento specialiiiissimo alla mia Marti, che ha preparato questo S T U P E N D O banner per la ff..GRAZIE GNE..ALWAYS IN MY HEART !!!!!


CAPITOLO 19 – RIGHT TO BE WRONG


“Scusa El. Non sono riuscito a rispondere prima di adesso. Sto lavorando con i ragazzi, sulle canzoni nuove. Ci vediamo fra soli quattro giorni!”

Niente ‘Ti amo’.
Niente ‘Mi manchi’.
Sedici ore per rispondere con uno stupido sms completamente privo di trasporto.
Sedici ore in cui non ho idea di cosa abbia fatto, dove sia stato e soprattutto con chi.

Mi rigiro nelle lenzuola del letto, cercando di capire come diavolo la mia vita perfetta si sia trasformata in così poco tempo in questo casino ingestibile.

Sono sola, fisicamente ed emotivamente, mentre il mio futuro marito è migliaia di chilometri lontano da me e non se ne preoccupa minimamente.

E mi manca.
Mi manca il mio Louis.
Quello che ti eri costruita?

Come se i sensi di colpa non mi avessero permesso di continuare con la costruzione della mia vita con Louis.
Una vita che negli ultimi mesi sento scapparmi tra le mani, senza riuscire minimamente ad arrestare la sua fuga.

Come un castello di carte, costruito con impegno e dedizione, che crolla sotto il soffio insistente di qualcuno.
Un castello bellissimo, incapace di resistere alla forza distruttiva e costante di chi decide che non ha più il diritto di restare in piedi.

Il mio castello che cade a pezzi per volontà di Harry Styles.
Harry, che aveva promesso e che, nonostante le pressioni e le minacce, non è riuscito a trattenersi dal tentare di portarmi via il mio Louis.
Tuo?

E’ dal giorno in cui mi ha chiesto di sposarlo, che non facciamo l’amore.
Che non mi cerca.
Che non mi tocca.
Che non si spinge oltre i soliti semplici baci di routine; e tutto questo fa male.

Io sono la sua fidanzata e lui neanche mi guarda più in faccia.

“Eleanor, sappi che qualcosa del genere potrebbe succedere, se iniziasse ad assumere questo tipo di pillole. Devi essere preparata.”

Oh, io sarei stata preparata Dr. Burke.
Lo sarei stata davvero.
Peccato che prima di ogni nostra uscita, quelle pillole non le prendesse mai. Come se per stare con me non ne avesse bisogno.
Lui faceva finta di niente e io perdevo un po’ di speranza ogni giorno.

Pensava che non mi rendessi conto che sentiva il bisogno di prenderle soltanto quando sapeva di doversi vedere con Harry?
Dio quanto sono stupida.

E adesso sono a Parigi, insieme, per altri tre giorni.
Parigi, la città dove fecero quell’intervista così speciale per loro.
Parigi, la città dove avevano avuto quel famoso appuntamento sulla Tour Eiffel di cui Harry parlava continuamente.
Parigi, la città dell’amore, semplicemente.
Del loro amore, per renderlo più complicato.

La stizza prende il sopravvento, così lancio il cellulare dall’altra parte del letto e mi alzo come una furia, diretta in bagno, senza neanche aspettare che il torpore del sonno mi abbandoni completamente.

Accendo la luce e mi avvicino allo specchio, per capire in che stato sia la mia faccia, dopo la nottata di incubi appena trascorsa.
Ovviamente.
Sembro uno zombie.

Mi sciacquo il viso delicatamente, sperando di togliere i residui del trucco di ieri, che mi fanno sembrare ancora più stanca di quanto io non sia già, quando lo sguardo mi cade sul riflesso dell’armadietto delle medicine.

Oh no.
Non avrebbe mai fatto una cosa del genere.
No. Non a livello conscio, almeno.

Apro l’armadietto e mi basta uno sguardo sfuggente, per capire che la mia paura più grande si è appena realizzata di fronte ai miei occhi impotenti.
Eccole lì, le pasticche, nella loro custodia di plastica arancione.

Le prendo in mano e mi siedo sul bordo della vasca, evitando accuratamente con lo sguardo la mia espressione distrutta nello specchio.
Mi passo fra le mani tutto quello che era rimasto della mia speranza, mentre onde amare di ricordi mi immergono, abbattendomi senza lasciarmi possibilità di appello.


INIZIO FLASHBACK

“Harry? Sei qui dentro?” Chiedo, aprendo leggermente la porta della sala d’attesa dell’ospedale.

Fino a poche ore fa questa stanza era piena di persone, tutte in ansia per Louis, mentre adesso è soltanto una stanza vuota, avvolta nel buio e nel silenzio.
Ormai ci siamo tutti trasferiti nei dintorni della stanza in cui Louis sta riposando, dopo essere finalmente uscito dalla terapia intensiva.

Sono rimasta con lui fino a pochi minuti fa, mentre stringeva la mia mano e mi chiedeva cose stupide, facendomi ridere nonostante lo stress delle ultime ore.
E’ stato dopo l’ennesima risata di gusto, che ho deciso di venire a cercare Harry e fargli la mia proposta.
Deve capire che sono la scelta migliore.

Quando qualche ora fa io e Johanna – anzi, è meglio che mi abitui a pensarla come Jay – siamo entrate nella stanza di Louis, non avevo idea di come comportarmi.
Ero terrorizzata da quello che avrei potuto trovare, facendo il mio ingresso in quella stanza enorme tutta per lui.

Non appena avevamo varcato la soglia, Louis si era voltato verso di noi, con uno sguardo confuso e dolorante, capace di spezzarmi il cuore in un attimo.
"Mamma.." Aveva sussurrato, prima che Jay si avvicinasse quasi correndo ed iniziasse ad accarezzarlo dolcemente, sussurrandogli parole dolci e confortanti.

Lo avevo visto, il suo sguardo, trasformarsi da spaurito a consapevole.
Lo avevo visto, mentre lasciava da parte la sua paura ed assumeva su di sé quel fare protettivo che tanto lo caratterizza.

Perché Louis è fatto così.
Farebbe di tutto per far stare bene le persone che ama.
Ed io voglio essere una di quelle persone.

Infatti, eccolo il piccolo leoncino, che pur ferito, aveva iniziato a sorridere, asciugando con notevole sforzo le lacrime della madre, senza preoccuparsi per il proprio dolore e concentrandosi per guarire quello degli altri.

Anche Lottie era arrivata, affannata per la corsa, e guardarli da lontano era come assistere ad uno spettacolo intimo e meraviglioso.
Come osservare per minuti un quadro bellissimo, desiderando con tutto il cuore di poter entrare a far parte della storia che sta raccontando.
Io volevo essere in quel quadro.

Io volevo essere la parte mancante, quella che, purtroppo, era sempre stata occupata da Harry.

Non è stato difficile innamorarsi di Louis.
Anzi, è successo in modo talmente naturale, che neanche mi ero accorta di esserci caduta fino a ieri sera.

Perché Louis è così, ti investe con la sua follia, col suo carisma, con il carattere brusco e quegli occhi brillanti; e tu non puoi fare niente se non affezionarti ad ogni cosa che fa, arrivando a pendere dalle sue labbra quasi inconsciamente.

Non mi sarei dovuta innamorare di lui.
Se avessi potuto scegliere, non avrei mai accettato questa sorte.
O forse sì, ma soltanto perché averlo nella mia vita, fino a ieri, sarebbe potuto essere abbastanza.
Sarebbe anche potuto bastare.
Forse.

Perché lo vedevo, come guardava Harry.
Riconoscevo quello sguardo, pieno di tenerezza e passione e desiderio e devozione.
Era uno spettacolo, su di lui.

Uno spettacolo a cui, purtroppo, io potevo assistere solo passivamente, dato che quegli occhi non avrebbero mai guardato me  nello stesso modo.

E me ne sarei fatta una ragione. Lo giuro.
Lo avrei fatto, se non mi fossi accorta che nell'aria c'era qualcosa di diverso.
Qualcosa era cambiato.

Me n'ero accorta subito, non appena avevo posato gli occhi su di lui, che qualcosa era decisamente cambiato.

"Eleanor, cara, avvicinati." La voce di Jay mi aveva risvegliato dai miei pensieri ed i miei occhi avevano incontrato il suo sorriso smagliante, che risplendeva al di sotto delle lacrime ormai asciutte.

Mi ero avvicinata, con calma, senza riuscire ad incontrare gli occhi di Louis.
In fondo, se avesse voluto, avrebbe potuto semplicemente chiedere di vedere Harry, cacciandomi dalla stanza a suo piacimento.
Ma non l'aveva fatto.

Mi aveva osservata, per qualche secondo, dapprima confuso, poi, dopo le parole di sua madre, in un modo totalmente nuovo. Bello.

"Louis, so che questo non è stato il momento migliore in cui conoscerci, ma sono davvero contenta di aver incontrato Eleanor. Lo sapevo che c'era una ragione dietro alla felicità che ho notato nell'ultimo periodo e sono così contenta che finalmente tu abbia trovato qualcuno da amare! Davvero, spero di poterti continuare a vedere felice come in questo periodo, grazie a questa ragazza, che sono sicura sia meravigliosa. Dovevi vedere com'era preoccupata!" Aveva esclamato Jay, guardandomi come se fossi un dono inaspettato ma sorprendente.

E avrei potuto dire basta.
Avrei potuto fermare ogni cosa e chiarire.

Ma proprio quando il senso di colpa aveva iniziato a corrodermi lo stomaco, una leggera pressione sulla mia mano aveva sconvolto i miei piani.
Abbassando lo sguardo, mi ero accorta che Louis aveva iniziato a stringermi le dita, una ad una, arrivando a prendermi la mano, con forza e determinazione, sorridendo.

In un attimo, quella punta di insicurezza e mancanza che gli avevo letto negli occhi era come scomparsa, lasciando posto ad una vaga consapevolezza.
Come se fosse riuscito a trovare il pezzo di un puzzle che gli mancava.
Come se le parole della madre gli avessero fornito la soluzione di un rebus che, da solo, non era riuscito a risolvere.

E finalmente mi guardava.
Per la prima volta non ero l'amica con cui sfogarsi.
Per la prima volta quello sguardo -misto ad incredulità e torpore- era rivolto a me.

Non al piccolo Harry.
A. Me.

E per la prima volta, dopo tanto tempo, la mia fantasia di poter essere amata da Louis non sembrava poi così irraggiungibile.

Ma dovevo ancora capire.
Dovevo confermare che la mia teoria fosse giusta.
Dovevo vedere con i miei occhi l'interazione fra Louis ed Harry.

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Avevo lasciato la stanza una mezz'oretta prima, insieme a Jay e Lottie, proprio mentre Harry faceva il suo ingresso, da solo.

I miei nervi erano rimasti in tensione per tutto quel tempo, anche dopo che i ragazzi si erano aggiunti a loro, perché tutti in quella stanza sapevano la verità ed ormai ero sicura che non avessero resistito un attimo prima di raccontarla.

Ma entrando, ciò che avevo trovato mi aveva rincuorata.
I ragazzi indossavano sorrisi tirati e stanchi, mentre i loro sguardi vagavano da una parte all'altra della parete senza apparente direzione. Niall era l'unico che intratteneva un dialogo con Louis, mentre Liam interveniva ogni tanto, non sopportando l'imbarazzo del silenzio.
Zayn fissava Louis, cercando di capire come comportarsi con lui, mentre Harry era quello che mi aveva lasciata più perplessa.

Era seduto a gambe incrociate, dall'altro lato della stanza, con la testa appoggiata al muro e lo sguardo vacuo di chi ha perso qualcosa e non sa da dove iniziare per ritrovarla.

"Louis potrebbe aver subito danni semipermanenti, ma per capirlo dovremmo fare atri esami. Anche se basterà chiedere a lui o a voi per accertarci che, ad esempio, non abbia perso la memoria. Per quanto riguarda i mal di testa..per quelli possiamo fare poco. Speriamo soltanto che non ne debba soffrire."

Mai le parole del Dr. Fleming mi erano sembrate più reali di quel momento.
Mai più reali di quando Louis aveva cercato la mia mano, come se fosse il suo unico appiglio per non sprofondare di nuovo nella confusione.
Mai come quando Harry aveva iniziato a fissare le nostre dita intrecciate, tanto intensamente da gelarmi il sangue.
Mai come quando si era alzato, borbottando delle scuse incomprensibili, prima di lasciare velocemente la stanza, senza ascoltare le deboli proteste dei suoi compagni di band.
Ma come quando mi ero accorta che gli occhi di Louis non lo avevano guardato neanche per un momento.

Louis guardava me ed io non potevo essere più felice.

Perché io lo odiavo, Harry Styles.
Anzi, lo odio.

Aveva l'amore di un ragazzo fantastico e non se lo meritava.
Non dopo quello che era successo la sera prima.
Non dopo che l'incidente aveva rischiato di portarmi via Louis, per sempre.

"Eleanor, scusa, posso..posso dormire da te, stanotte?"
Se la chiamata improvvisa di Louis mi aveva preoccupata, i singhiozzi trattenuti a stento fra una parola e l'altra certo non mi stavano tranquillizzando.

"Louis? Che sta succedendo? Perché piangi?" Avevo chiesto, alzandomi dal letto e cominciando a camminare in su e giù per la stanza.
"Io.." Un altro singhiozzo. "Harry ed io abbiamo avuto una..discussione. Sono uscito di casa e adesso..non so dove andare. Voglio dire, i ragazzi vivono troppo vicino a noi, scusa, ma non so proprio dove andare." Aveva continuato, prima che un nuovo singhiozzo bloccasse ancora il suo discorso.

"Louis sta' tranquillo. Puoi dormire qui, non c'è problema.." Avevo iniziato, cercando di calmarmi.


Avevano litigato.
Di nuovo.
E magari Styles lo aveva anche buttato fuori.


"Sì certo, dormo sul divano..non preoccuparti El. Dio, grazie davvero." Aveva continuato lui, imperterrito.
"Sì, ma fatti accompagnare da qualcuno, per favore. Chiama Alberto, non lo so. Non venire da solo." Avevo detto, cercando di farlo ragionare.
"No El. E' tardissimo e non voglio certo disturbare Alberto per una stupidaggine. Adesso prendo un taxi e..ti raggiungo. Sì." Aveva risposto, mentre la voce non sembrava neanche supportare le idee.
"Calmati però. Louis ti prego, devi calmarti." Gli avevo detto, sperando che smettesse di piangere.

Odiavo quando piangeva.
Un ragazzo come lui non avrebbe mai dovuto piangere.


"Ma è tutta colpa mia! Non capisci? Harry ha ragione, io..non so cosa mi sia preso. Dovevo ascoltarlo. Ha ragione, dovrei essere più presente.." E continuava così, addossandosi ancora tutte le colpe, sentendosi il responsabile per tutto, come sempre.

Un tuono in lontananza mi aveva distratto dal suo monologo sconnesso, ed il rumore che percepivo attraverso il cellulare mi aveva fatto capire che avesse iniziato a piovere.
O almeno, pioveva nel lato della città dove si trovava Lou.


"..Dio, lo amo così tanto! Ha detto che sarebbe meglio dimenticare tutto, ma come faccio? Come..facciamo? Io non voglio dimenticare niente El, ci sono dentro così tanto.." Era arrivato il momento di bloccarlo.

"Louis, sta piovendo a dirotto. Dimmi che hai trovato quel benedetto taxi." Gli avevo detto, sperando che potesse al più presto infilarsi in una macchina calda.
"Sì, è arrivato. Devo solo montare e dargli l'indirizzo di casa tua." Aveva risposto..con una voce distante, come se stesse pensando intensamente a qualcos'altro.
"Perfetto. Preparo il divano." E magari anche un po' di caffè.


Dall'altra parte soltanto silenzio.
Silenzio e gocce di pioggia leggere ma costanti, intervallate da tuoni lontani ed attutiti.


"No." Aveva sussurrato, infine.
"No cosa?"
"Non posso venire da te. Non ora." Era impazzito, completamente.
"Louis, cosa stai dicendo? E dove vorresti dormire?" Ormai mi sembrava di essere in un brutto sogno.
"A casa." Aveva detto, sbattendo -evidentemente- la porta del taxi, e lasciandolo ripartire senza di lui.
"Come a casa." Non potevo crederci.
Avevano appena litigato e lui voleva tornare in quell'appartamento?


"A casa sì. Da Harry. Non dovevo uscire, non sarei mai dovuto andarmene!" Aveva esclamato, mentre il fiatone iniziava ad impossessarsi della sua voce.

Correva verso casa di notte. Sotto la pioggia. Per andare dalla persona che amava. Che cliché. Un meraviglioso chiché.

Se soltanto Harry si fosse meritato tutto questo.

Louis, nel frattempo, aveva continuato a blaterare qualcosa di romantico al cellulare; qualcosa che non volevo ascoltare, o almeno non finché fosse rivolto a quel dannato riccio.

"Cosa?"
"Sei mai stata innamorata, Eleanor?" Aveva chiesto, con un sorriso che riuscivo a sentire anche attraverso il cellulare.
"Sì" Sì Louis. Lo sono. Adesso.
"Allora sai che se ami qualcuno devi combattere fino alla fine. Stiamo soffrendo, ci faremo del male, litigheremo, ma ci aggrapperemo l’uno all' altro e, ti giuro, ci sarò fino alla fine. Combatterò fino alla fine e devo correre in casa a dirglielo, urlarlo, se necessario. Lui dice che preferirebbe dimenticare? Io sarò lì, giorno dopo giorno a ricordargli quanto invece sia importante ricordare, ricordare sempre. L’amore che proviamo, le sfide che vinciamo, le sofferenze che proviamo. Tutto. Io sarò lì a ricordargli di non mollare!”
Aveva urlato, infine, prima di darmi una buona notte veloce e chiudere la telefonata.

Ero rimasta pietrificata su quel divano.
Stretta nella mia coperta e stanca.
Louis stava tornando da Harry, di nuovo.


Ed era così che era avvenuto l'incidente.
Louis era stato investito perché, invece di montare sul taxi e venire da me, aveva deciso ancora di tornare a casa.

Louis era stato investito mentre tornava da Harry.

Louis era stato investito perché tornava da Harry.

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“Harry? Allora, ci sei?" Chiedo, di nuovo, stanca di giocare al gatto ed il topo. Adesso che ha rivissuto la telefonata di ieri notte è ancora più convinta di star facendo la cosa giusta.
Devo solo convincere Harry.
Usando qualsiasi mezzo.

Inizio subito, accendendo la luce ed illuminando la stanza buia quanto silenziosa.

Ed eccolo là, il piccolo riccio, seduto sulla sedia più lontana dalla porta, con le ginocchia al petto e la fronte appoggiata ad esse.
In un secondo alza la testa e mi punta contro gli occhi, ancora più verdi e frustrati per le lacrime che continuano a scappare sulle guance.

"Vattene Eleanor. Voglio restare da solo!" Esclama, con uno sguardo sempre più assassino in volto.
"Io invece voglio parlare, Harry. Adesso." Gli rispondo, cercando di risultare il più risoluta possibile.
"Di cosa vuoi parlare? Della situazione di merda in cui siamo? Di Louis che rischia la vita?"

Per colpa tua, voglio rispondere.
Ma non lo faccio.
Lasciarsi trasportare dalle emozioni adesso sarebbe negativo.

"Cosa hai intenzione di fare?" Chiedo, avvicinandomi di qualche passo ed appoggiandomi al tavolo di fronte a lui.
Mi sento quasi come una professoressa davanti al suo allievo peggiore.

"Ho parlato con Fleming. Ha detto che sarà difficile, ma che Louis potrebbe recuperare la memoria. Quindi sappi che tra poco il tuo teatrino andrà a farsi fottere, insieme a te. Uscirò da questa stanza e dirò tutta la verità." Mi dice, senza guardarmi negli occhi.

"Non sei l'unico che ha parlato col dottore. Ha detto anche che il processo sarà difficile e doloroso, mi pare. Anzi, potrebbe anche aver detto..rischioso per la sua vita? Ho sbagliato a citare?" Rispondo, iniziando a tastare il terreno.

"Quanto sei stronza." Ringhia. Oh, il ragazzino è arrabbiato.

"Sto dicendo quello che tu non hai il coraggio di accettare. Recuperare la memoria per Louis potrebbe essere letale. Smetti di crogiolarti nelle tue fantasie ed accetta la realtà. Sei disposto a rischiare la sua vita, Harry?" Chiedo ancora, girando il mo piccolo coltello nella ferita, che si sta aprendo sotto ai miei occhi.

Lui si alza di scatto e mi si avvicina pericolosamente.

"Quanto stai godendo in questo momento? Eh? L'avevo capito subito, Calder. Mi sono bastati pochi sguardi, l'ultima volta che ci siamo visti, per capire quello che provi per Louis. Non volevo crederci. Non volevo pensare che potessi arrivare a tanto, cazzo!" Sibila, arrabbiato ma consapevole del luogo in cui ci troviamo.

Bene.
Se ancora ha paura a farsi sentire, vuol dire che la sua decisione non è poi così irremovibile.

"Louis. Ama. Me. Vedi di ricordartelo." Conclude, immobile.
Io scoppio a ridere, perché così è davvero troppo, troppo facile.

"Oh, Harry caro. Io lo ricordo. Ma lui, a quanto sembra, no."
Lo vedo sbiancare, tornare verso la sedia ed accasciarsi senza troppe cerimonie, prima di prendersi la testa fra le mani e rilasciare un sospiro frustrato.

"Che cosa vuoi. Davvero, cosa vuoi da me?" Chiede di nuovo. Bene, è arrivato il momento di tirare fuori la mia verità.

"Voglio che tu adesso mi ascolti e che ragioni su quello che sto per dirti." Affermo, guardandolo dall'alto al basso.
Lui accenna un sì con la testa, anche se poco convinto.

"Chiariamo subito. So che ieri sera avevate litigato. Lo so perché mi ha chiamato e, lasciatelo dire, era sconvolto." Torna a piangere. Tipico.
"Ora, prima di parlare di questo, ti dico semplicemente che la vostra relazione è tossica."

"Sta' zitta! Non è vero!" Esplode lui. Lo sapevo che non avrebbe ascoltato con le buone.

"Ah no? Perché pensi che sia su quel letto adesso, Harry? Stanotte era distrutto. Piangeva. Stava venendo da me, a dormire, perché non aveva nessun altro con cui sfogarsi. Credi che se voi non aveste litigato, lui sarebbe uscito di casa in quelle condizioni, sotto la pioggia battente? Avrebbe rischiato la vita, se tu non avessi fatto lo stronzo?" Non dico volutamente il fatto che Louis lo avesse perdonato.

Non è una bugia.
E' una semplice omissione.

Lui resta in silenzio ed io so di aver premuto il tasto giusto.
Forse anche lui riesce a capire quanto tutto questo sia assurdo.

"Devo andare avanti? Sono mesi che vi nascondete, Harry. Mesi che io e lui usciamo insieme alla luce del sole, tenendoci per mano, mentre voi siete costretti a rinchiudervi in casa, al buio, per poter vivere nella vostra piccola illusione di isola felice."

Il silenzio si prolunga, mentre l'aria della stanza diventa sempre più pesante ed io sempre più forte.

"Non pensi che si meriterebbe qualcosa di più? Non pensi che questa perdita di memoria possa essere un dono, invece che una punizione? Non pensi di doverlo lasciare libero?" Domando, infine.

"Libero di fare cosa? Stare con te? E' questo che vuoi, Eleanor? Costringere una persona a stare con te?" Inquisisce debolmente.
Davvero, davvero troppo facile.
Sono accecata dall'odio.

"Non ti sembra che saresti tu, in questo momento, la costrizione di Louis? Non si ricorda niente di quello che siete stati. Non si ricorda di averti amato, non si ricorda neanche di averti desiderato come qualcosa di più di un amico, e tu vuoi andare di là e distruggere tutte le sue sicurezze attuali? Pensi davvero che per lui sarebbe un bene scoprire di essere segretamente fidanzato con il suo ex migliore amico, all'oscuro di tutto il mondo? All'oscuro della sua famiglia?" Incalzo, alzando leggermente la voce.

Lui incava di nuovo la testa fra le spalle e deglutisce rumorosamente.

"Questa è una nuova possibilità per Louis. La possibilità di vivere lontano dai problemi, una vita normale, più o meno. Alla luce del sole. Una vita che non lo porterebbe di nuovo sotto una macchina."

E l'affondo potrebbe essere decisivo.

"Non vorresti vederlo di nuovo libero? Sereno? Senza la paura costante di essere scoperto? Io posso dargli quella vita, Harry. E tu lo sai. Io voglio dargli quella vita. E tu, se lo ami almeno la metà di quanto ti ama lui, dovresti lasciarlo andare." Finisco, mentre mi siedo accanto a lui.

In fondo capisco la sofferenza di non avere Louis.
Ti uccide.

"Lui continuerebbe a lottare, lo so. Lui non lascerebbe mai che io potessi amare qualcun altro senza almeno combattere per me." Sussurra, con le ultime forze che gli restano.

"Stiamo soffrendo, ci faremo del male, litigheremo, ma ci aggrapperemo l’uno all' altro e, ti giuro, ci sarò fino alla fine. Combatterò fino alla fine e devo correre in casa a dirglielo, urlarlo, se necessario."

Le parole di Louis mi rimbombano in testa, come un eco lontano di quelle appena pronunciate da Harry.
Ma non posso mollare proprio adesso.
Io so cosa sia meglio per Louis.
E quel meglio non è Harry.

"Ti ho già detto che Louis stava venendo da me ieri sera, no?" Chiedo, dopo una breve pausa. "Non avrei voluto arrivare a tanto, Harry, ma devo dirtelo. Aveva deciso di mollare."

Lui si volta verso di me, con un "No" quasi disperato sulle labbra.

"Sì. Non ce la faceva più. Ha detto qualcosa sul fatto che gli avevi chiesto di dimenticare tutto.."
"No, no!"

"..E immagino che, inconsciamente, sia quello che ha fatto. Louis ti ha lasciato andare Harry, come avevi chiesto. Adesso è giusto che tu faccia lo stesso per lui."
Finisco di parlare mentre lui chiude gli occhi, colpito a morte dalle mie ultime parole, ed io capisco che è fatta.

Devo solo aspettare che la consapevolezza entri in circolo e Louis sarà finalmente mio.
Per poterlo fare felice, come merita.
Per potermi fare felice, per una volta.

Harry si alza lentamente dalla sedia e fa qualche passo verso la porta, prima di voltarsi e guardarmi con occhi annebbiati dal dolore ma sicuri della propria scelta.
Ci siamo.

"Promettimi che sarà felice. Giurami che farai di tutto perché il sorriso non gli scappi mai dalle labbra. Promettimi che asciugherai le sue lacrime semmai dovesse piangere e che sarai lì ogni volta che avrà bisogno di qualcuno che lo abbracci e che gli dica che andrà tutto bene. Giurami che lo amerai con ogni fibra del tuo essere e che non gli farai mancare mai un conforto, una protezione, degli occhi limpidi in cui specchiarsi."

Parla lentamente, perso fra il suo passato ed il mio futuro, con il sorriso triste di chi si prepara al sacrificio più grande della sua vita.

"Lo prometto." Mi affretto a rispondere. "Ma tu prometti che non farai mai parola di questo e di..voi  con nessuno. E che i ragazzi faranno lo stesso." Aggiungo, come per siglare un patto segreto.

Lui mi dà le spalle, avvicinandosi ancora di più alla porta della stanza, come a voler prendere tempo per pensare bene alle sue ultime parole.
Non si gira verso di me, mentre le dice, eppure risuonano nella sala come e fossero un giuramento urlato ai quattro venti, impregnando le pareti e l'aria quanto l'odore del sacrificio.

"Lo prometto. Ma solo finché lo vedrò felice. E, sappi che capirò subito, quando non lo sarà più. E allora non sarò più tenuto a rispettare la mia parte del patto, perché tu non avrai rispettato la tua."

Si volta soltanto adesso, raddrizzando la schiena ed acquistando quella dignità che fino ad ora sembrava scomparsa.

"Se Louis non sarà felice, i giochi fra noi saranno di nuovo aperti. E ti giuro che allora, farò di tutto per riprendermelo."

Conclude, uscendo velocemente dalla porta e lasciandomi sola con la mia nuova vita.

FINE FLASHBACK

 
Scaravento la boccetta di pillole sul pavimento del bagno, osservandole mentre si sparpagliavano veloci, sospinte dall’impatto.

Piango per la stizza e per la rabbia, mentre inizio a raccoglierle velocemente, una dopo l’altra, rimettendole al loro posto.
Io non voglio che queste lacrime si trasformino in lacrime di dolore.

Io..devo fare qualcosa. Un ultimo tentativo. Devo provare il tutto per tutto, per riuscire a tenere Louis con me.

Andrò da Burke, il prima possibile, per trovare una soluzione.

In fondo, mancano soltanto due settimane al matrimonio e quando saremo sposati sarà tutto più semplice. Devo soltanto resistere.
Resistere e sperare che in questi tre giorni prima che il mio Lou torni a casa, non possa succedere niente di irreparabile.

 
LIAM POV
 
“Okay, qualcuno mi dica perché, invece di godermi l’incredibile centro benessere di questo Hotel, mi trovo in questa stanza per parlare con voi due buzzurri.”
Si lamenta Niall, dopo essersi chiuso la porta della mia camera alle spalle, sbuffando piccato.

Zayn alza un sopracciglio, mimando un “buzzurri?” incredulo: la sua tipica espressione di sufficienza dipinta sul viso, pronto per rispondere a tono al poco velato insulto dell’irlandese.

Ma un tonfo sordo lo distoglie dal suo proposito e ci costringe ad un’involontaria quanto liberatoria risata.
Niall, da perfetto bambino capriccioso, si è appena buttato di faccia sul letto, continuando a produrre suoni sconnessi e lamentosi, attutiti dalla coperta morbida. Come potremmo anche solo pensare di rispondergli a tono?

Continua a dire qualcosa di incomprensibile, camuffato dal materasso, mentre le sue braccia si muovono stizzite.
Che avevo detto? Un bambino.

“Oi, folletto tinto, che diavolo hai appena detto?” Chiede Zayn, divertito ma anche deciso ad arrivare al punto della nostra riunione.
Niall si tira su dal letto, contro voglia, girandosi all’improvviso ed appoggiando il suo peso sui gomiti, fissandoci con astio.

“Ho detto che era anche l’ultimo giorno! Finalmente Amélie aveva accettato di farmi quel massaggio strano e..”

“Amélie?” Lo blocco, in modo da irritarlo ancora di più. “Uuuh, Nialler si è trovato la ragazza!” Continua Zayn, cogliendo al volo l’opportunità di vendetta. Ci guardiamo, ancora, con sorrisi complici.

Mi mancherà tutto questo.
Durante la pausa, intendo.

“..e tutta quella roba da mangiare! Sul serio, dodici tipi diversi di cioccolata calda, gli stuzzichini..sapete Amélie è bravissima con le mani; tutto, sa fare tutto! Anche quei cosi..come si chiamano? Ah sì, centrini!” Continua lui, imperterrito, con gli occhi a cuoricino, facendo aumentare le nostre risa con ogni parola.

“Brava con le mani? Sul serio Nialler? E’ così che parli delle ragazze che ti piacciono? Ci credo io che ancora non ne hai trovata una che ti sopporti!” Esclama Zayn, guadagnandosi una cuscinata in pieno volto.
Sto seriamente rischiando di cadere giù dalla poltrona su cui sono seduto, tanto sto ridendo forte.

“Cretino! Amélie è una rispettabile signora di mezza età molto simpatica e gentile!” Urla Niall, indignato.

“Oddio, la tua perversione non ha fine..” Riesce a commentare Zayn, tra una risata e l’altra, cercando di recuperare il fiato.

“Basta, Zayn io ti faccio fuori!” Esclama il biondo, prima di saltargli addosso, pronto ad iniziare un’azzuffata secolare.
Sì, queste cose mi mancheranno decisamente.

Aspetto qualche minuto, continuando a ridere, mentre li osservo rotolare sul pavimento della camera, recuperando lentamente il controllo del mio respiro e ritrovando una sorta di compostezza.

Purtroppo dobbiamo parlare di cose serie.
E dobbiamo farlo anche in fretta.

“Ehi, ragazzi. Scusate l’interruzione, ma ho convocato questa riunione per un motivo e, dato che non abbiamo molto tempo, direi di cominciare subito con l’ordine del giorno.” Li avverto, sedendomi sul letto ed incrociando le gambe, dopo aver recuperato il foglio pieno di appunti.
Sì, mi sono segnato una scaletta, per non dimenticare niente.

“Okay okay, ma facciamo in fretta.” Dice Niall, prima di tirarsi insieme ed offrire una mano gentile al povero Zayn, alle prese col suo ciuffo ribelle, ormai scomposto.

“Forse riesco comunque a farmi qualche vasca in piscina!” Conclude, sedendosi accanto a me ed osservando distrattamente il moro, che si accomoda sulla mia (ex) poltrona.

Chissà quanto continuerà a toccarsi quei capelli.
Dio, la vanità.

“Allora, dichiaro aperta questa riunione per discutere la ‘Situazione Harry&Louis’.” Affermo, dandomi un contegno. Mi piace fare l’organizzatore.

“Che schifo di nome è?” Chiede Zayn, prestandomi sorprendentemente attenzione.

“Non è un nome. Cosa c’entra il nome ora?” Chiedo, nervoso.

“Ci vuole un nome. Altrimenti è come discutere sul nulla. Dovremmo avere una sorta di codice segreto, ecco. Tipo le ‘Giovano Marmotte’ con tutte le loro missioni.”
Continua il moro, noncurante.

“Le Giovani Marmotte? Ma cos-“
“Già. A parte che non ho capito bene quale dei duemila problemi fra loro dovremmo risolvere, ma questo nome è brutto a prescindere.” Mi interrompe di nuovo Niall, confuso.

Ottimo, iniziamo bene e continuiamo ancora meglio.

“Operazione Colpo in Testa. Sai, per la memoria di Lou..e tutto il resto!” Esclama Zayn, perso nei meandri della sua fantasia.
“No.” Rispondo, deciso. Che diavolo di proposta era?

“Operazione ‘Ho fameeee’” Urla Niall. Certo, continuiamo così.

“Chiamiamola semplicemente ‘Operazione Larry’ no?” Chiedo io, orgoglioso della mia semplice trovata. E’ perfetto.

Mi guardano entrambi con faccia disgustata, prima di tornare a tirarsi –sempre metaforicamente- addosso nomi strani.
E’ come se stessero giocando a tennis.

Operazione Parigi!”

“Nah, domani andiamo a Vienna. Operazione Vero Amore?”

“Che schifo Niall, sembra la pubblicità di un cioccolatino. Operazione Always Always Getting Back Together?”

“No no, mi ricorda una canzone di Tay. Lasciamo stare. Operazione Unicorni e Arcobaleni?

“Sì, e viva l’Irlanda. No..ci vuole qualcosa di più immediato, capisci? Oh, ci sono! Operazione ‘Marry i Larry’!” Esclama Zayn, soddisfatto.

“Ci siamo quasi ma..c’è qualcosa di troppo..oh, senti questa Zay, ‘Operazione Larry’!” Risponde Niall, definitivo.

I due si abbracciano velocemente, finalmente d’accordo, e io penso che sì, questo nome è proprio perfetto.
No, fermi.

“Ehy, ma l’avevo suggerito prima io questo!” Protesto, indispettito.

Entrambi si voltano a guardarmi, saccenti, ed io so già che per il bene dell’Operazione dovrò lasciar perdere.

“Liam, smetti di fare il guastafeste. Il tuo nome faceva schifo e noi due geni ne abbiamo trovato uno adatto alla situazione.” Afferma Zayn, battendo il cinque con Niall, per poi tornare, finalmente, serio.
Okay, devo cogliere l’occasione.

“Va bene, adesso qualcuno mi spiega in cosa consiste quest’Operazione?” Chiede Niall, curioso.

“Sì, certo. Subito.” E comincio a raccontare  tutto quello che ho notato negli ultimi mesi.

Entrambi già sapevano gli eventi accaduti in quella famosa notte di Natale; ma dopo l’improvvisa proposta di matrimonio e quello strano messaggio da parte di Harry, avevo cercato di calmare le acque e non farli agitare più del dovuto.

“Il problema è che l’altra notte ho scoperto una cosa strana e, notando l’assurdo comportamento di entrambi gli idioti – soprattutto qui a Parigi- direi che davvero dobbiamo trovare una soluzione.” Conclude Zayn, lasciando che Niall abbia il tempo per metabolizzare il tutto.

“Okay. Quindi. Fatemi capire un attimo.” Appunto. “Harry sono tre giorni che si perde sistematicamente per le strade di Parigi. Louis sono tre giorni che non esce dalla sua camera. E noi che diavolo dovremmo fare? E Zayn che ha scoperto di così strano? No, perché se c’è la minima possibilità di potermi salvare da un noioso matrimonio Londinese vegetariano e fuxia, io la colgo!” Esclama il biondo, sempre più convinto.

“Zayn?” Chiedo, cedendogli la parola.

“Allora. La sera in cui siamo andati al Pub..”

“Quella in cui mi sono infilato nell’appartamento delle tipe strane?”

“Sì, quella. Ecco, io e Louis abbiamo fatto una sincera chiacchierata..”

“Sincera tipo, a base d’erba?” Lo interrompe ancora Niall.

“Se non smetti di interrompermi ti affogo con i tuoi stessi capelli ossigenati, chiaro?” Lo minaccia il moro.

Ovviamente, Niall non risponde.
E’ troppo occupato a spiegare ai propri capelli che ‘va tutto bene’.

“Insomma, per farla breve: Louis sta prendendo delle pillole. Tipo, antidepressivi? Non lo so. Comunque, roba che gli controlli l’umore e che non gli permetta di avere mal di testa.”

“Ma ovviamente, niente mal di testa, niente ricordi.” Concludo io, serio.

“Cazzo.” Commenta Niall, ripresosi dalla chiacchierata con se stesso.

“Ma in questi giorni non le ha dietro..e lascia che ti dica che senza quella roba è una bomba ad orologeria. Se solo sapessi cosa ha combinato l’altra sera!” Esclama Zayn, misterioso.

“Cosa?” Niall non fa in tempo a formulare la domanda, che il moro è già partito con la dettagliata descrizione di tutta quella strana notte.
La gelosia, l’eccitazione, le parole di Louis. La sua paura. Il suo desiderio di capire. Il terrore di non essere abbastanza. L’idea malsana che fosse ormai troppo tardi.

“No no no. Non può essere tardi, ragazzi! Harry se ne sta sempre solo..perso nei suoi pensieri..fidatevi, quel ragazzo non potrebbe smettere di amarlo neanche se lo volesse davvero. E non lo vuole.” Affermo, deciso.

“Vero.” Conferma Niall. “Ma, scusate, le pillole a Louis le ha prescritte quel dottore strano..come si chiama? Bu..”
“Burke. Sì, lui. Non mi piace affatto. Mai piaciuto. Non avevo mai capito perché avessero deciso di passare sotto le sue cure..beh, almeno fino ad ora.” Rispondo, mentre le rotelle del mio cervello si muovono a velocità elevatissima.

Dobbiamo arrivare al cuore di questa storia.

“Quindi dici che sia stata..”
“Eleanor.” Affermiamo convinti, io e Zayn. Ci guardiamo per un attimo, complici e finalmente consapevoli di dover prendere in mano la situazione.

“Okay. Spiegatemi il piano d’azione per favore. Liam, fai tu, che sei sempre stato bravo in queste cose.” Dice Niall, mentre Zayn si avvicina a noi, sistemandosi sul letto e formando un triangolo con le nostre figure già comodamente appollaiate sul materasso.

“Allora, per prima cosa voglio scrivere un mail al dottore precedente, ve lo ricordate? Mi pare si chiamasse Fleming. Insomma, ho intenzione di chiedergli un appuntamento, fissato per il giorno stesso del nostro ritorno, ovvero dopodomani.” Inizio, appuntando la lista sul quaderno degli appunti. “Sicuramente parlare con lui riuscirà a farci mettere a fuoco molti punti di questa storia. Chissà che non venga fuori la verità, finalmente.” Concludo.

“Bene, a quello ci pensi tu, sei il più bravo con le cose burocratiche.” Commenta Zayn. “Io e Niall invece cercheremo un modo per tirare fuori Lou dalla sua camera prima di partire, per capire se sta davvero ricordando come pensiamo. Dovremo trovare un modo per farli restare insieme, da soli, prima dell’inizio della pausa. Perché se davvero abbiamo ragione e Lou sta tornando in sé, dobbiamo essere pronti a rompere la promessa fatta ad Harry tanto tempo fa. Lo capite questo, vero?” Chiede Zayn, criptico.

Niall ammutolisce, abbassando la testa sulle proprie mani unite, mentre io mi perdo nei tristi ricordi di quell’infinita giornata che aveva cambiato le nostre vite per sempre.
 

INIZIO FLASHBACK

“Che vuol dire che Eleanor è diventata davvero la ragazza di Louis? Ma siete impazziti?” Chiede Zayn, sconvolto.

“Calmati Zayn. Harry sta passando un brutto momento. Credo che sia sotto shock..lasciamolo sfogare.” Gli dico, prendendolo per un braccio, cercando di calmare la sua furia.

“A me sembra piuttosto serio.” Commenta lui, scettico.

Alzo la testa e mi guardo intorno. Siamo nella stanza di Louis; il suo corpo giace addormentato sul piccolo lettino, probabilmente lo hanno imbottito di chissà quali sostanze per diminuire il dolore e lasciarlo riposare in pace, anche solo per qualche  ora.

Noi tre siamo seduti dall’altra parte della stanza, le spalle appoggiate al muro e le occhiaie nere sotto gli occhi, mentre Harry continua a passeggiare furiosamente davanti a noi, cercando di fare meno rumore possibile.

“Possiamo parlarne da un’altra parte?” Sussurra, infine, indicando con la testa Louis.

“Harry. L’hanno drogato talmente tanto che probabilmente sta sognando di cavalcare nuvole rosa con il suo Fùcur, in questo momento. Stai tranquillo, non lo sveglierebbe neanche una bomba. Poi, volevi andare in un posto sicuro, dove non sentisse nessuno. Gli altri sono tutti in fondo al corridoio, ti assicuro che questo è il posto migliore per parlare.” Lo tranquillizzo, sperando di riuscire a mantenere la calma nella stanza, anche se sarà davvero dura.

“Quindi, Harry, parla. Spiegaci questa grande idea. Anche se già l’inizio fa schifo.” Commenta Zayn, acido.

Harry si ferma, dopo quelli che sembrano secoli, continuando a distruggersi le mani, come se quello che sta per dire gli costasse una fatica immane.

“Non sono sotto shock. Ma ho parlato con Eleanor e..”

“Eleanor? Cioè tu ti sei confidato con..Eleanor??” Chiedo io, cercando di mantenere un tono di voce normale e riuscendoci ben poco.

“No. Sentite. Pensate che abbia preso una decisione a caso? Pensate che io non stia rischiando di tornare a piangere ogni volta che apro bocca? Pensate che sia facile, per me, lasciarlo andare??” Esclama lui, tirandosi i ricci con le mani nervose.

“E allora non farlo. Punto. Che cazzo c’entra Eleanor? Che cazzo vuol dire che deve stare con lei? Sei completamente impazzito Styles.” Commenta di nuovo Zayn, nero in volto.

“No. Louis non si ricorda più di me. Cioè, non ricorda quello che siamo stati.”

“Che siete.”

“Che. Siamo. Stati.” Ripete, imperterrito. “Lui..noi abbiamo litigato, prima che uscisse di casa. Ed ho appena scoperto che aveva deciso di lasciarmi andare. In effetti l’avevo chiesto io, in un momento di rabbia..ma lui mi aveva ascoltato, capite? Lui aveva deciso di abbandonare quello che eravamo, perché potessimo andare avanti. Lui voleva andare avanti..”

“Che?” Chiede Niall, esplicando quello che stiamo pensando tutti.

“..Stava andando da Eleanor, ragazzi. Mi stava lasciando andare. Non pensate che questo sia uno strano segno del destino? E se dovessi sacrificarmi io, per lui? E se dovessi accettare di lasciarlo libero, in modo che possa amare qualcuno alla luce del sole?”

“Harry, stai delirando. E ancora non ci hai spiegato la storia di Eleanor.” Lo fermo.

“Eleanor lo ama.” Sgrano gli occhi, come penso abbiano fatto gli altri, perché questa situazione sta diventando ancora più complicata.

“Me l’ha detto poco fa, anche se ne ero quasi sicuro anche prima. Lo ama sul serio e, nonostante la sua proposta sia stata tutt’altro che disinteressata, io credo che sia la scelta migliore per tutti. Soprattutto per Louis. Cazzo ragazzi, si è svegliato convinto di stare con lei, non pensate che, forse, il suo cuore già le appartenesse un po’?” Chiede, esasperato.

“Stai mettendo in dubbio l’amore di Louis per te, Harry?” Chiede uno Zayn fumante. Era tanto che non lo vedevo così incazzato.

“Oh no, per l’amor del cielo Zayn, no! Sto solo dicendo che se non ci fossi stato io, con tutti i miei casini, probabilmente Louis si sarebbe anche potuto innamorare di Eleanor!” Ormai le sue parole non sono più sussurrate. “Visto? E’ bastato uno stupido incidente e tutto è andato in fumo. Come posso andare lì e risvegliarlo da questo sogno in cui tutti approvano la sua relazione e lui non deve sentirsi in imbarazzo o nascondersi per quello che prova?” Chiede, le lacrime che minacciano di scendere sulle sue guance.

“Harry tu..” Inizio, cercando di trovare parole per confortarlo, inutilmente.
Forse possiamo ancora convincerlo che non è finita.

“Mamma..mamma..Eleanor..” No, cazzo. Louis, proprio adesso dovevi iniziare a mugolare cose senza senso?

Tutto sembra fermarsi, come se uno strato di ghiaccio, stanchezza e malinconia si fosse posato su di noi.
Harry sembra rabbuiarsi ancora di più, sicuramente ha sentito quello che ha detto Louis.
Non ho il cuore di spiegargli che sono soltanto le ultime due persone che ha visto prima di addormentarsi.

“Questa è la mia decisione” Riprende il riccio, tornando al punto “E vi sto chiedendo un favore da amici. Da fratelli. Vi prego, rispettatela. Lasciate che almeno Louis possa essere felice.” Conclude, guardandoci uno per uno, sperando –forse- di essere contraddetto.

Zayn si alza di scatto, con un viso fra il disgustato e l’interdetto, prima di avvicinarsi ad Harry, lasciando fra loro soltanto pochi centimetri di spazio.

“Va bene. Starò zitto, ma solo perché forse non lo meriti quanto pensavo. Forse non lo ami quanto pensavo. Tu lo stai abbandonando. Stai mollando, Styles. Stai mollando come il cazzo di vigliacco che sei!” Sibila, per poi uscire dalla stanza come un tornado.

Io guardo Niall e lo aiuto ad alzarsi, prima di avvicinarmi ad Harry e poggiargli una mano sulla spalla.

Non sono d’accordo con tutto questo.
Sono sicuro che Harry dovrebbe aspettare e vedere che succede, ma mi rendo conto che per lui sia difficile. Probabilmente pensa davvero di aiutare Louis, in questo modo.

Non lo sa che, memoria o no, Louis senza Harry non potrà mai essere felice.

Per questo lo abbraccio di slancio, stringendolo forte a me, lasciando che bagni la mia maglia stropicciata con le sue lacrime amare.
Niall ci raggiunge, unendosi spontaneamente a noi, strizzandoci con le sue braccia irlandesi.

“Non arrabbiarti anche per Zayn. E’ solo preoccupato per voi, come d’altronde lo siamo tutti. Sappi che siamo con te, qualsiasi decisione prenderai, ma sappi anche che credo tu stia facendo un errore. Ti appoggerò, come sempre, ma ti prego, se ti dovesse capitare l’occasione di tornare a combattere, fallo.” Gli sussurro, guardandolo dritto in quegli occhi verdi troppo tristi.

“Certo. Fidati. Lo farò.”


FINE FLASHBACK
 
“Non dite niente? Io, sinceramente, non vedo l’ora di romperla. L’avevo detto che era una stronzata.” Continua Zayn, risvegliandomi dai miei pensieri.
“Oh, Harry l’ha già rotta quella promessa. Da mesi ormai. O forse non l’ha mai neanche rispettata.” Dico io, fra me e me.

“Credo che tu avessi ragione, allora.” Risponde Niall, triste. Non credo che mi abbiano sentito.

“No, non avevo ragione. Harry lo ama davvero molto e la decisione di lasciare Louis in quel momento..fu dettata proprio da questo. Fu un’idiozia, ma non avrei mai dovuto dirgli quelle cose.” Risponde, sovrappensiero.

Di nuovo il silenzio riempie la stanza, impregnando l’aria.

“Ehy, ragazzi, credo che dovremmo darci una mossa! Abbiamo un matrimonio da buttare all’aria e i Larry da riunire!” Esclama all’improvviso Niall, ristabilendo il sorriso sulle nostre labbra e la speranza nei nostri cuori.

“Giusto,” Affermo solenne. “Che  l’Operazione Larry abbia inizio!”

Cazzo che figo.
Ho sempre sognato di dirlo.

GAME ON.


SPAZIO AUTRIIIIIX:

 
Ciao ragaaaa ecco il nuovo capitolo.
Niente Larry POV..scusate ma con tutti i casini successi ultimamente ho deciso di concentrarmi su qualcosa di più semplice.
La mia povera El sembra davvero folle..non avete idea di quanto mi piaccia scrivere dal suo punto di vista; sembra una fan girl sfegatata e impazzita. Alla fin fine mi dispiace anche usare lei, per incarnare questo personaggio.
Povera, in fondo faceva solo il suo lavoro.

Comunque, è la prima volta che scrivo dialoghi a tre o quattro voci, quindi siate clementi con me! Ci ho provato!!!!
Tolto questo capitolo ne mancano 3+epilogo alla fine..Dio non vedo l’ora di scrivere il prossimo!!!!

Fatemi sapere le vostre impressioni, come sempre..Un bacio



PS: Una novità personale..ho litigato con mia madre. Again. Che strazio ragazzi, non vedo l’ora di tornare all’Uni, così ci vediamo meno e litighiamo meno !
Scody (:

 

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Capitolo 21
*** CAPITOLO 20 - MAY I HOLD YOU? ***






(Grazie Marti per il banner) CAPITOLO 20 –MAY I HOLD YOU?
 
 
All that's made me is all worth trading
Just to have one moment with you
So I will let go with all that I know
Knowing that you're here with me
For your love is changing me

May I hold you as you fall to sleep
When the world is closing in
And you can't breathe
May I love you, may I be your shield
When no one can be found
May I lay you down

(May I - Trading Yesterday)
 
“A causa di gravi problemi dovuti al mal tempo, che ha creato grandi disagi a Vienna e nella maggioranza dello stato austriaco, l’attesissimo concerto degli OneDirection è stato rimandatoa data da destinarsi.
Probabilmente i ragazzi sbarcheranno a Vienna nel mese di Maggio, con il nuovo singolo in uscita ed uno dei membri ormai felicemente sposato.
Eh sì, ragazze, Louis Tomlinson abbandona definitivamente il suo status di playboy per dedicarsi completamente alla ancora per poco signorina Calder.
Rumors molto insistenti affermano che il matrimonio avrà luogo durante le prime settimane di pausa, in un luogo ancora segreto e con diverse decine di invitati, perlopiù appartenenti allo star system.
Che dire, speriamo di riuscire ad avere l’esclusiva su uno degli eventi più attesi dell’anno, ma soprattutto, non vediamo l’ora di avere nuove foto in HD dei ragazzi, rigorosamente in giacca e cravatta per l’occasione!
Alcune fonti danno per certo che le damigelle della sposa saranno le due maggiori sorelle Tomlinson, ma ancora è oscuro il nome del testimone dello sposo; sarà forse il suo (ex?) migliore amico Harry Styles? Potremo finalmente vederli di nuovo uniti come un paio di anni fa?
Vi lasciamo con l’ultima notizia bomba della giornata: questa mattina la nostra Eleanor è stata pizzicata mentre entrava al RoyalLondon Hospital, con il suo immancabile frappuccino di Starbucks. Alcuni testimoni affermano di averla vista dirigersi nel reparto ginecologia… che ci sia qualche altra sorpresa in arrivo per il giovane Louis?
Beh, che dire, lo scopriremo solo vivendo!”

 
“Niall, spegni quel maledetto affare!”ringhia Zayn, proprio quando il biondo mette via il pc, dato che ormai quello che dovevamo sentire l’abbiamo sentito.
Io torno a guardare fuori dal finestrino del Van, mentre vedo passarmi davanti le strade di Parigi, che in questi giorni ho imparato a conoscere un po’ più da vicino.
Le parole della giornalista continuano a risuonarmi in testa come un irrefrenabile martello pneumatico.

“Sorpresa in arrivo.”

“Harry”
Zayn cerca di attirare la mia attenzione, ma ormai i miei pensieri mi hanno risucchiato in un vortice molto lontano da qui.

“Harry, mi dispiace, io pensavo che parlassero soltanto della tappa rinviata, non di… tutto il resto”, si giustifica Niall. Ma la sua voce è un’eco soffocata.

“Reparto di ginecologia.”

“Harry, ehi… guarda che non è come pensi”prova ancora Zayn.

“Ex migliore amico.”

“Stronzate!” esclamo, seguendo il filo dei miei pensieri e facendo sgranare gli occhi ad entrambi i miei compagni di viaggio.

“No no, sul serio Harry, non so cosa ci facesse all’ospedale, ma di sicuro non era per quello che pensa la giornalista!” risponde Zayn, pensando che la mia imprecazione fosse rivolta a lui.

Finalmente mi volto, senza togliermi gli occhiali scuri, tanto per non mostrare le borse di tre notti passate quasi in bianco.
“Che hai detto?” chiedo, focalizzando la mia attenzione su di lui, per quanto possibile.

Testimone.
Ma manco morto che partecipo a quella farsa, figuriamoci se faccio il testimone.

“Louis ed Eleanor non sono più andati a letto insieme dalla sera del suo compleanno” afferma Zayn, sicuro.

“Uno, che schifo, magari se smetti di parlarmi di quei due insieme evito di vomitare nel Van” rispondo, cercando di mascherare il sollievo che si è impadronito del mio cuore. “Due, cosa vuoi che me ne freghi. Se ha fatto la stronzata sono cazzi suoi. Io non ho più niente da dire sulla sua vita” concludo, sperando di chiudere la conversazione in questo modo.

Il silenzio che segue la mia dichiarazione impregna l’aria di attesa.
Mi azzardo ad alzare la testa e mi accorgo che Niall e Zayn si stanno guardando, con due sorrisetti compiaciuti sul viso, prima di scoppiare a ridere uno dopo l’altro.

“Che diavolo avete da ridere?” chiedo, ancora più innervosito di prima.
Louis si sposa e questi stronzi ridono.
È come ridere alla fine della Madama Butterfly.


“Senti, se pensi davvero che noi possiamo credere anche solo per un attimo alle cazzate che hai appena detto, allora non ci conosci affatto” risponde Niall, afflosciandosi comodamente sul sedile del Van.

“Già. In più lo sanno tutti che non sai mentire, Harry. E con tutti intendo tutti” aggiunge Zayn, tirando fuori il suo sguardo da ‘ti conosco più di quanto tu non conosca te stesso’.

“Scusate, ma cosa dovrei rispondere allora, secondo voi?” chiedo, frustrato.

“Intanto, visto che questa fila ritarderà il nostro arrivo all’aeroporto, potresti raccontarci che hai fatto in questi giorni. Dove sei andato, chi hai conosciuto… ma soprattutto che è successo col barista”risponde Zayn, tranquillo.

“Il barista?” chiedo. Non pensavo che Zayn sapesse. Non l’ha neanche mai incontrato.

Louis” mi dice lui, scrollando le spalle, come se quel nome fosse la risposta alla mia domanda.

Louis che?” chiedo, mentre il suo nome brucia come sempre, uscendo dalla mia bocca.

“Harry ma ci sei? Louis è impazzito quando sei rimasto al pub, l’altra sera. Ha passato le tre ore successive ad impazzire nel cercare di capire le tue mosse” risponde Niall, intromettendosi nella conversazione.

“Ha ragione Niall. Io c’ero Harry. Non hai idea di come fosse messo. Quando ha saputo che sei andato a casa sua poi… pensavo che stesse per avere un infarto!” esclama allora Zayn, confermando le parole di Niall.

“Io… non lo sapevo. Cioè, non sapevo che ve ne avesse parlato. Comunque non è successo niente. Ero troppo ubriaco per mettere in fila due parole, figuriamoci per altro. Però è stato un incontro interessante. Jean è una persona… particolare, ecco”

“Jean?” domandano, in coro.

“Sì, Jean. Fa il pittore, anche se non di professione. In realtà è anche molto bravo a disegnare, guardate qui” propongo, tirando fuori il portafoglio dai miei pantaloni e mostrando lo schizzo che avevo trovato sul cuscino quella mattina.

Niall impazzisce all’istante, dato che continua a dire di non aver visto niente di più simile al vero me, neanche fra i tanti disegni che ci arrivano ogni giorno tramite Twitter o Istagram.
Zayn sembra molto sorpreso e me lo strappa di mano senza troppa gentilezza, per poi iniziare a studiarne anche i più piccoli particolari.

“Beh,” dice infine, “Ovviamente si vede che il tipo è bravo. Ma ti ha disegnato ad occhi chiusi, Harry e gli occhi sono la parte più difficile da disegnare. Sono quelli che definiscono la persona. Quindi, in fin dei conti, non posso dare un giudizio completo”conclude, professionale.

“Sai, anche lui ha detto la stessa cosa. Cioè, non proprio, ma dice di non averli disegnati per un motivo” rispondo, prendendolo in contropiede.

“Un motivo? In che senso?” chiede Zayn, adesso molto più incuriosito.

“Dice che vuole aspettare e disegnarli quando” ed inizio a citare a memoria, copiando la sua erre moscia“Non saranno affogati dalla tristezza”.

“Wow”sospira Niall, che in questo momento sembra più una lettrice di Harmony che il mio compagno di band.
Beh, in effetti ha ragione, come frase ha il suo peso.

“Cioè, spiegami. Quello ti ha portato a casa sua, ti ha lasciato dormire nel suo appartamento-”
“Nel suo letto” lo correggo.
“-nel suo letto, e la mattina dopo ti ha fatto trovare un tuo ritratto, per poi dirti questo?” mi chiede allora Zayn, stranito.

“Sì. E mi ha anche cucinato i pancakes se è per questo. È una persona molto gentile e disponibile” rispondo, cercando di fargli capire quanto davvero Jean fosse stato perfetto.

“E tu mi dici che non è successo niente? Non capisco Harry. Probabilmente anche io al tuo posto avrei fatto succedere qualcosa!” esclama Zayn, incredulo.

“Beh, sarò anche etero, ma se qualcuno mi facesse un ritratto così –uomo o donna che fosse–ci farei un pensierino pure io” conclude Niall, stupendomi ancora di più.

“Ecco… abbiamo parlato e… ci è sembrato meglio restare amici, ecco” mi difendo.

“Ah, ho capito. Quindi è con lui che sei uscito in questi tre giorni!” esclama Zayn, riprendendosi un attimo dallo shock precedente. “Avete recuperato la nottata, ecco perché hai quelle borse sotto gli occhi” aggiunge, rabbuiandosi.

Prendo fiato per rispondere, cercando di spiegare cosa ho fatto in questi giorni, ma Niall mi interrompe ancora prima di cominciare.
“Ah. Quindi… siete tipo una ‘cosa’ adesso? Cioè, se davvero avete passato tre giorni insieme è perché vi trovate bene. Io pensavo che...beh insomma, che ci fosse ancora..”

“Niall aspetta” lo ferma Zayn, che deve aver notato la mia espressione corrucciata, “Facciamo parlare Harry” conclude, voltandosi di nuovo verso di me.

“Oh, menomale” rispondo, stanco.“No, non ci siamo più visti. In realtà in questi giorni ho passato molto tempo da solo. Avevo bisogno di pensare”.

“A Louis”dice Zayn, molto lentamente, come se fosse la conclusione naturale al mio ragionamento.

Resto in silenzio.
Perché non ha affatto ragione.
In questi giorni ho pensato a tutto, meno che a lui.
Ho pensato al suo matrimonio, alla sua ‘ragazza’, al fatto che vorrei morire piuttosto che vederlo con una fede al dito, alla possibilità di scappare ai Caraibi; ma non ho pensato a lui.
Non in senso stretto almeno.


Certo, se poi contiamo come ‘pensare a Louis’ i momenti in cui ricordavo le sue piccole mani o i suoi occhi brillanti o vedevo qualche pantalone nelle vetrine e lo immaginavo indossato da lui allora…
Va beh, però pensavo a delle parti di Louis.
Mica a lui nella totalità.
Beccati questa Zayn, ti sei sbagliato.

“Non pensavo a Louis” rispondo, fingendo calma.
Credo di essere appena riuscito a rendere la mia voce stridula. Incredibile.

“Harry. Un uomo bello, intelligente ed evidentemente gentile ti porta a casa sua e ti cucina la colazione. Ti regala un disegno, ti dice quelle cose e tu decidi di ‘restare suo amico’. C’è solo un motivo per cui si rifiuta tutto questo”.

“Quale?” chiedo, pronto a sputare tutti i rospi che ho in gola.

“Essere innamorato di qualcun altro. E tu lo sei. Di Louis” conclude Niall, rubando di nuovo la scena al moro.

Li guardo in silenzio, aspettando per qualche secondo che un miracolo possa salvarmi dall’inevitabile, ma poi mi rendo conto di essere ormai stretto all’angolo.
Mi tolgo gli occhiali –che senso ha nasconderle se anche Niall se n’è accorto?– e mostro ad entrambi il mio viso tirato e triste.

“Sì. Lo sono. E dato che ho provato di tutto per andare avanti, senza nessun risultato, penso davvero di non poterne uscire. Sono innamorato di Louis da cinque anni e da più di due vivo guardandolo amare un’altra persona. Ma non posso farci niente, credo davvero di essere fregato per la vita” ammetto, sconfitto.

“Sì cazzo, lo sapevo!” esclama Niall, felice, aspettando che Zayn gli dia il cinque. Cosa che, ovviamente, accade un attimo dopo.

“Scusate, io vi dico che non l’ho affatto superata e voi mi ridete in faccia? Di nuovo? Begli amici del cazzo che siete!” esclamo, mettendo il broncio.

“Tu lo sai vero, che Louis ha mandato Alberto a controllarti tre sere fa” inizia Zayn, come se stesse intavolando uno dei suoi discorsi alla ‘duh, ma tu non capisci l’ovvio.’

“Io pensavo che fosse stato Paul a mandarlo, dato che Louis non ne aveva bisogno” rispondo, sorpreso.

“Bene, ora sai la verità. Oh, e lo sapevi che Louis sta prendendo da dicembre delle pillole per controllare l’umore? Perché il suo dottore voleva evitare nuovi attacchi?” continua Niall, imperterrito.
Impallidisco.

“Che cosa?” chiedo.
No, Louis non avrebbe mai potuto accettare una cosa del genere.

“Già. E noi sospettiamo che sia stata una richiesta di Eleanor. Crediamo che il dottore che ha in cura Louis sia più una pedina che altro” riprende Zayn, cauto.

“Che cazzo state dicendo!?” urlo io, cercando di capire cosa stia succedendo.

“Harry. Louis stava ricordando. Louis sta ricordando. Non è felice, non sta bene. Il vostro incontro la notte del suo compleanno ha cambiato tutto. Tu hai cambiato tutto” continua Zayn.

“Ma… ma lui le ha chiesto di sposarlo! Io… cazzo, Eleanor lo sapeva. Lo sapeva che se me ne fossi accorto avrei ricominciato a combattere”

“Esatto” mi interrompeNiall.

“Quindi ha pensato bene di trovare un modo per bloccare i ricordi prima che fosse troppo tardi!”

“Esatto ancora” ripete Niall.

“Ma questo non cambia il fatto che Louis mi ha mollato in casa con il naso rotto ed è corso da lei per chiederle di sposarlo!” rispondo allora, rendendomi conto che non può davvero essere tutta colpa di Eleanor.

“Harry”, mi riprende Zayn “Stiamo parlando di Louis Tomlinson. Quando mai non ha fatto cazzate? Lo sai quanto ci ha messo per accettare quello che provava per te la prima volta. Pensa adesso, con tutti quei falsi ricordi che gli sono stati imposti e i casini che ha in testa. Già di suo era abbastanza confuso, tutta questa situazione non può certo averlo aiutato” conclude, guardandomi negli occhi con fare incoraggiante.

Lo so cazzo.
Lo so anch’io che è così.
Ma ogni volta che chiudo gli occhi le immagini di quel dannato 25 dicembre mi tornano davanti, ancora nitide.

Come faccio a provarci di nuovo, dopo che il primo rifiuto mi ha quasi distrutto?
Come posso accettare di nuovo di rischiare, sapendo che questa potrebbe davvero essere l’ultima possibilità?

Eppure, il mio cuore sembra aver già deciso per me.

Ha deciso, mentre camminavo in riva alla Senna e mi fermavo vicino ai lucchetti, per ascoltare il cantante di strada che non lascia mai Notre Dame.
Ha deciso, mentre osservavo Parigi dal Sacro Cuore e fotografavo i pittori della Piazza degli Artisti.
Ha deciso, mentre visitavo il Museo d’Orsay ed ammiravo le opere al suo interno.

Perché tutto quello che riuscivo a pensare era che avrei voluto portarci lui, in riva alla Senna.
Che sarebbe stato bellissimo vederlo insieme a quegli artisti, mentre cercava di farsi capire con quel suo orrendo francese stentato.
Che le sue battute sarcastiche e la sua voglia di scoprire ogni angolo avrebbe reso ogni museo ancora più divertente ed interessante di quanto non lo fosse già.
Mi sembrava quasi di sentirlo, mentre osservava stranito la ‘Camera di Van Gogh ad Arles’ e mi pregava di raccontargli la sua storia, oppure chiedeva informazioni sull’ ‘Origine du Monde’ e ridacchiava sotto i baffi sperando che l’ignara guida non se ne accorgesse.

In qualche modo era sempre stato con me, solo che non me n’ero reso conto, fino ad ora.
Aveva avuto ragione Jean; era stata Parigi a farmi cambiare idea ed io non potevo fare niente per oppormi.
Che poi, in fondo, quando mai sono riuscito ad oppormi a quella valanga che è Louis Tomlinson?

Ormai mi ha travolto ed è impossibile per me tornare indietro.
Non posso più farlo.
Non voglio più farlo.

“Okay” rispondo, come in un déjà vu.

Niall e Zayn si guardano, soddisfatti.
Che bastardi.

“Ragazzi, fra un minuto arriviamo, iniziate a prepararvi. E copritevi, fuori è molto freddo. Gli altri sono già vicino all’aereo!” esclama George, per prepararci al vento invernale che da oggi è tornato ad abbattersi su Parigi.

“Perfetto, allora sappi che noi abbiamo un piano” sussurra Niall, ammiccante.

“Un piano?” chiedo, preoccupato.
Quando nei film hanno dei piani, va sempre a finire molto male.

“Niall, stai zitto, così lo spaventi” lo rimbecca Zayn. “Non è proprio un piano Harry, è più… un aiutino organizzativo che vogliamo darti. E poi, non è che l’abbiamo fatto apposta” continua, criptico.

“Zayn, stiamo arrivando, vuoi dirmi che sta per succedere? Perché non vorrei ritrovarmi catapultato fuori dall’aereo con Louis ed un solo paracadute. Sai che lo terrebbe tutto per sé”.

Non è vero.
Più probabilmente si aggrapperebbe a me senza lasciarmi andare neanche per tirare il filo e ci schianteremmo entrambi al suolo.

“Okay, ascolta. Io, Niall e Liam abbiamo un appuntamento a Londra. Quindi non appena scendiamo dall’aereo ce ne andiamo dritti a fare questa cosa, mentre tu e Louis ve ne andrete a casa con lo stesso Van!” esclama, tutto contento.

Certo, come se Louis potrebbe mai accettare di...
“Liam ha già parlato con Louis. Ha detto di sì”conferma Niall, come se potesse leggere nei miei pensieri.

Beh, forse dopo cinque anni è probabile che abbia imparato a farlo.

“Ma… come mai...” inizio a chiedere, sinceramente sorpreso.

“E che ne so io, sono tre giorni che sta chiuso in camera, chissà cosa gli frulla in testa. È il momento di agire Harry, lo sai anche tu. O adesso o mai più” conclude il biondo, mentre iniziamo a scendere dal Van con le nostre borse ed i bagagli a mano.

Mi volto verso l’aereo che ci porterà a Londra e scorgo subito tre figure in lontananza.

Sono Paul, Liam e Louis, imbacuccati ma ancora riconoscibili.
Specialmente Lou, che nonostante i cinque maglioni che –freddoloso com’è–avrà sicuramente indossato, sembra ancora più minuto del solito, con le guance scavate ed il nasino rosso.

È adorabile.
Fottutamente adorabile, cazzo.

“Pss” sibila Zayn, per attirare la mia attenzione, mentre ci avviciniamo ai nostri compagni.

“Un’ultima cosa Harry. Hai presente le pillole che ti ho detto?” chiede, con fare cospiratorio.

“Sì”, rispondo, formando una nuvoletta di vapore.

“Ecco, diciamo che ho scoperto che… in questo momento non li sta prendendo” mi dice, tutto d’un fiato.

“Come non li prende? Da quando?” chiedo, interessato.

“Ha detto che se le è scordate a casa, prima di partire per le ultime due tappe.” riprende,“È un po’ che non li prende, quindi l’effetto ha iniziato a svanire. Per questo era geloso l’altra sera. È davvero il momento buono Harry” conclude, proprio mentre ci fermiamo di fronte a loro e Liam ci saluta tranquillo.

Io annuisco deciso e continuo a fissare Louis che, invece, ha lo sguardo fisso a terra e la mascella contratta.
Non mi sbagliavo, sembra davvero dimagrito. Ed è più stanco del solito, ma io non sto certo messo meglio di lui.

Lo guardo, anche mentre saliamo le scalette dell’aereo.

Sembra malfermo sulle gambe, come se potesse cadere a terra da un momento all’altro, ed il suo sguardo è concentrato ma lontano.
Sembra quasi che i suoi stessi pensieri lo stiano divorando e per un attimo mi chiedo se non siano i suoi ricordi.

Ci sediamo, dopo aver sistemato i borsoni ed esserci liberati degli strati superflui e solo dopo qualche minuto torno a far vagare lo sguardo dalla sua parte.
Lui è lì, dall’altro lato dell’aereo, accucciato su se stesso e stretto nell’enorme felpa verde che sembra essere la sua unica compagna,di questi tempi.

La mia felpa verde.

Quella che mi aveva rubato poco prima dell’incidente e che sembra indossare ogni volta che ha bisogno di pensare.
Forse, inconsciamente, in quella felpa si sente protetto.

Ed è quando la annusa distrattamente, per poi arricciare il naso insoddisfatto, come se non avesse trovato il profumo che stava cercando – il mio? – che accetto definitivamente la proposta dei ragazzi.

Oggi è il giorno in cui mi gioco il tutto per tutto.
Oggi è il giorno in cui metto da parte le paure e ci provo un’ultima volta.
Oggi è il giorno in cui vado a riprendermi il mio Louis.


 
LOUIS POV

Oggi è il giorno in cui finirò per impazzire definitivamente.
Anzi, credo di essere ormai già un pezzo avanti, sulla strada della follia.

Le ultime 36 ore sono state un inferno: non ho dormito quasi per niente, vagando per la suite senza una meta precisa ed evitando qualsiasi contatto umano che non fosse il servizio in camera.

Che poi, visto quanto sono riuscito a buttare giù, col senno dipoi avrei anche potuto evitare di richiederlo.
All’inizio credevo fosse solo e unicamente colpa delle pasticche; non le prendo per qualche giorno e gli attacchi si ripresentano, come se non se ne fossero mai andati.

Ed io che pensavo di stare meglio.
Ma dopo quello che ho rivissuto in questi due giorni, inizio anche a dubitare che quello volesse dire stare meglio.

Dopo la discussione con Zayn, alla fine di quella serata troppo movimentata per i miei gusti, mi ero rintanato in camera mia, con l’intenzione di smaltire la sbornia con una bella dormita di almeno dodici ore.

Fanculo il francese.
Fanculo Zayn e le sue parole incomprensibili.
Fanculo Styles.
No, questo no. Non più ormai.

Invece, l’unica cosa che se n’è andata affanculo è stata la poca lucidità che mi era rimasta.

All’inizio non sembrava andare così male; dopo una doccia veloce –durante la quale avevo cercato di non pensare a niente– mi ero infilato sotto le coperte, addormentandomi senza fatica.
Una serata storta non poteva certo compromettere il precario equilibrio che avevo raggiunto, mi dicevo.

E così era stato, fino a quando poche ore dopo non mi ero svegliato di soprassalto, madido di sudore e scosso da profondi brividi che invadevano il mio corpo senza controllo.

Non ricordavo niente, ma sapevo di aver sognato qualcosa di importante.
Solo che non riuscivo a mettere insieme i pezzi.
Ancora, come succedeva qualche mese fa.
Ma la consapevolezza di voler sapere, quella era nuova.

Perché il suo viso sconvolto, anche se più bambino e contornato dai ricci che ancora non aveva lasciato crescere, era l’ultima cosa che avevo visto, prima di aprire gli occhi.

Niente pasticche, niente riparo, niente via di fuga.
Così era iniziata la mia dolce agonia.

Mi ero alzato, in tempo per osservare l’alba dalla finestra, ma non avevo trovato il coraggio di uscire dalla stanza.
Non sapevo ancora cosa avrei vissuto, ma dentro di me avevo la consapevolezza che qualsiasi cosa fosse successa, l’avrei affrontata da solo.
Dovevo affrontarla da solo.

Con il mio corpo debole per la mancanza di sonno, la mente annebbiata e ancora confusa dall’erba di poco prima, o forse da altro, mi ero ritrovato sdraiato sul pavimento ad osservare le ombre che la tv proiettava su di esso, senza prestare attenzione a quello che stava trasmettendo.

Irrequieto.
Affamato.
Deciso ad arrivare in fondo a questa storia.

Il mal di testa che non mi abbandonava, mentre i minuti scorrevano lenti e il blocco che sentivo nello stomaco continuava ad intensificarsi fino a diventare insopportabile.
Ormai la consapevolezza di aver perso qualcosa di importante era troppo reale per essere accantonata in un angolo, e sapevo di avere in mano la chiave per la verità.

Mi ero raccontato una bugia dopo l’altra, per mesi.
Mi ero arrampicato su specchi che si stavano sgretolando sotto il mio tocco pesante.

Il primo giorno era passato così; intervallato dalle visite dei ragazzi –Liam in particolare– e le ordinazioni alla reception.
Inutile dire che avevo cercato di liberarmi di loro il più velocemente possibile –spiegando che volevo restare solo per pensare al matrimonio– mentre anche ordinare il cibo stava iniziando a diventare stancante.

Dissimulare Louis, dissimulare sempre.

Era ormai la sera del nostro penultimo giorno qui a Parigi, quando tutto aveva finalmente iniziato a trovare un senso.
Quando tutti i pezzi, poco alla volta, avevano iniziato a tornare al loro posto.

Il cellulare aveva iniziato a squillare di nuovo.
Eleanor, ancora.

Non le avevo risposto e avevo chiuso l’applicazione dei messaggi, arrabbiato perché non stava succedendo niente.
Che cosa doveva succedere poi, neanche lo sapevo.
Ad un certo punto ero arrivato a sperare nella visita dei fantasmi di Dickens, avrebbe giustificato la pazzia che stavo vivendo.

Ed eccola lì Eleanor, sullo sfondo della mia home, col suo sorriso timido e le guance arrossate le per il freddo.
Ma non doveva esserci lei, lì.
Era sbagliato ed io lo sapevo.


Ed ecco che, come nei migliori film, il mal di testa si era intensificato di colpo e le mie mani si erano irrigidite, dando inizio al mio primo vero attacco dopo il 24 dicembre.
Il primo attacco che io stesso avevo cercato.
 
“Ciao, io sono Eleanor”.
Stavo cercando di mettere a fuoco quello che sapevo essere un ricordo.
Vedevo la faccia della mia ragazza, ma non capivo, non era così che ci eravamo incontrati.

Dannazione, concentrati Lou
.

Finalmente, una scena vera e propria si era presentata di fronte a me.

“Hey Lou, ti presento Eleanor. È qui per aiutarci”,Harry, di nuovo.
Lo fisso, mentre lui tira fuori le fossette e mi guarda emozionato.
“Ciao, io sono Eleanor”, dice una voce al suo fianco.


Soltanto adesso sposto lo sguardo sulla ragazza dai capelli lunghi che mi sta offrendo la mano per fare le presentazioni.
La stringo con sicurezza, prima di pronunciare il mio nome e tornare a guardare Harry.

“Quindi, tu saresti la mia nuova fidanzata?” chiedo, nascondendo l’imbarazzo del momento con il mio solito sarcasmo.
Arrossisce, sotto il mio sguardo.

“Sì, sarei io.”

Avevo aperto gli occhi, cercando di regolarizzare il respiro e maledicendomi a lungo per aver scelto di mia spontanea volontà una tortura del genere.
Ma sentivo di doverlo fare, nonostante il dolore.

Dovevo farlo per qualcuno.
Per il mio qualcuno.

Harry mi aveva presentato Eleanor.
Ma ancora non capivo la mia battuta.
Come potevo sapere che sarebbe diventata la mia ragazza?

A meno che…

“Prendiamo un gelato Louis?” mi chiede Eleanor, sorridendo.
“Mhm… okay. Laggiù c’è il gelataio preferito di Harry, che ne dici se lo prendiamo là così tornando a casa ne porto un po’ anche a lui?” Le propongo, pensando già alla sorpresa sul viso di Hazza, quando lo vedrà.
“Va bene, certo” mi risponde lei, con molto meno entusiasmo di poco prima, iniziando a trascinarmi verso il negozio.


C’è la fila, quindi ci mettiamo ad aspettare tranquillamente, finché non notiamo un paio di paparazzi che ci stanno scattando delle foto.
“Louis, credo che sia arrivato il momento di rendere il tutto ufficiale” mi dice e, senza lasciarmi il tempo di reagire, prende il mio viso fra le sue mani e mi bacia.


Io resto lì, impalato, per qualche secondo, sapendo di dover reggere il gioco.


Di nuovo, un cambio di scena, questa volta mi trovavo al mio vecchio appartamento.
Di nuovo la testa riccia di Harry, che mi attraeva come una calamita.

Ogni volta che lo vedevo nei miei ricordi, era come se non potessi focalizzarmi su nient’altro.
Solo Harry.

“Ho visto le foto Louis” inizia, insicuro.

Mi avvicino e gli passo casualmente un braccio dietro alle spalle.
“Foto?” chiedo, anche se so benissimo a cosa si riferisce.
“Vi siete baciati. È per questo che hai voluto che non finissi il gelato ieri? Sapevi che avrei avuto bisogno di tirarmi su il morale con qualcosa di forte, oggi?” Mi chiede, con voce triste ma comprensiva.

“Già”, rispondo, andando a recuperare la vaschetta e due cucchiai, per poi tornare da lui che intanto si è raggomitolato sul divano come un piccolo gattino.
“È tutto finto Louis, vero?” domanda, facendosi ancora più piccolo.


Appoggio tutto sul tavolo, prima di buttarmi su di lui e fargli il solletico.
Ho bisogno di sentirlo ridere.
“Harry, lo sai”, gli dico alla fine, ad un palmo dal suo naso, sperando che capisca.
“Lo so, non preoccuparti”


Eleanor ed io non stavamo insieme davvero?
Ma stiamo per sposarci e lei mi ama… non capisco.
E Harry?

Che avesse ragione lui fin dall’inizio?

Qualcuno aveva bussato alla porta.

Avevo aperto gli occhi e mi ero accorto di alcuni raggi di sole che facevano capolino, dalla portafinestra.
Cavolo era già mattina –la penultima– ed io non me ne ero neanche accorto.

Non sapevo neanche se avevo dormito o se quelli che avevo fatto fossero stato soltanto sogni.
Ma sapevo che era soltanto la punta dell’iceberg.

Alla porta c’era Liam –di nuovo– con due brioches calde e del caffè bollente in mano ed un sorriso mesto stampato sulla faccia.
Non appena si era accorto del mio stato e dello stato in cui si trovava la mia camera –ehi, non mi andava di far entrare la donna delle pulizie– si era precipitato all’interno, corrucciato.

Mi mancava la sua paternale.

Invece, ecco che mi aveva stupito un’altra volta.
Dopo aver spalancato le persiane e aperto le finestre per cambiare l’aria viziata, si era semplicemente seduto al tavolino, guardando il telegiornale e mangiando il suo cornetto con gusto.

Io ero rimasto in piedi, con i boxer e la canottiera blu, a fissarlo per qualche minuto.
Stavo cercando di capire perché non mi chiedesse che diavolo avessi fatto chiuso in quella stanza per un giorno intero, o perché avessi l’aspetto di uno zombie con l’influenza, ma il mio stomaco non me ne aveva lasciato il tempo.

“Fame Lou?” Aveva chiesto Liam, indicandomi la sedia di fronte a lui, prima di dare un altro morso al suo dolce.

“Già.” Avevo risposto, prima di sedermi ed introdurre finalmente degli zuccheri nel mio organismo.

“C’è anche il caffè. Smetti di mangiare così velocemente o ti strozzerai!” Aveva detto.

Caffè.
Io non lo volevo il caffè.

“Il caffè bevilo tu, Leeyum. Io non ci tengo a tradire il mio paese!” Gli avevo risposto, convinto.

Pensavo che avrebbe apprezzato la battuta, invece sembrava che fosse stato appena colpito da un fulmine.
Si era bloccato col cornetto a mezz’aria e la bocca spalancata, mentre la tizia della tv stava spiegando come cucinare una perfetta Crème Brulée.

“Che hai detto?”
“Ho detto che il caffè non lo voglio. Sono inglese, quindi è giusto che io beva il tè. Anzi, dovresti smettere anche tu, fino a prova contraria sei abbastanza inglese” Avevo concluso, serio.

“No Harold, in casa niente caffè!”
“Perché?”
“Non vuoi entrare nell’MI6 un giorno?”
“No”
“Beh, io sì, e non ho certo intenzione di essere beccato a convivere con un traditore della patria. Quindi da oggi berrai soltanto tè, come prova della tua inglesità”.


Silenzio.
Una risata sibillina.


“Tu sei folle.”
“Lo so.”
“Ma ti a-



“Ehi Lou, sei sempre con me?” Liam mi aveva risvegliato dall’ennesima scena sfocata.
Una scena che davvero mi sembrava di ricordare.

“Sì, tutto okay, ma ho un po’ di mal di testa, quindi… ecco vorrei cercare di dormire un po’” avevo mentito.

Liam mi aveva osservato per qualche secondo ancora, prima di alzarsi e pulire il tavolino dalle briciole che aveva lasciato cadere.
Speravo che avesse ricevuto il messaggio: volevo stare solo.

“Va bene Lou, ma se hai voglia di uscire vieni pure a cercarmi, okay? È l’ultimo giorno che abbiamo qui a Parigi e sarebbe un peccato sprecarlo chiuso in albergo”aveva detto, avviandosi alla porta.

“Sì certo, magari usciamo nel primo pomeriggio” era stata la mia proposta, controvoglia.

“Mhm… senti, purtroppo ho una cosa importante da fare verso le tre”
Cosa importante? In che senso?

“Quindi… mettiamoci d’accordo dopo, va bene? Mi faccio vivo io!” aveva esclamato, prima di chiudersi velocemente la porta alle spalle e sparire dalla mia vista.

Ero rimasto interdetto.
Anche questa conversazione sembrava essere frutto della mia mente.
Ormai non capivo più quale fosse la realtà e quale fosse il sogno.
Ma non erano sogni quelli. Erano ricordi.

L’orologio segnava le undici e trenta ed io non avevo idea di come passare le ultime ore a Parigi.

Quello che avevo ricordato – Dio suona strano solo a pensarlo– mi aveva fatto capire che la verità si avvicinava molto di più a quello che mi aveva raccontato Harry, piuttosto che a quello che mi aveva lasciato intendere Eleanor.

Eleanor.
La persona che sto per sposare e che, a quanto pare, non conosco affatto.

Ma c’erano ancora troppe cose che non mi tornavano: possibile che i miei compagni di band non sapessero niente? E la mia famiglia?
Possibile che Eleanor, la mia Eleanor, mi avesse preso in giro per tutto questo tempo?

E qual era effettivamente il mio rapporto con Harry? Cosa eravamo io e lui prima di tutto questo?
Troppe domande.
Troppo dolore.
Ancora nessuna risposta certa.

Immagini continuavano a presentarsi davanti ai miei occhi: ricordi sfocati di litigi inutili, cene disgustose ma divertenti, infinite partite a Fifa e nottate passate a parlare di tutto.
 
Quando torni?”
“Credo di aver bruciato il tostapane, Haz!”

“Devo stirare la camicia Lou, un attimo!”
“Dov’è l’asciugacapelli?”

“Sì, lo sappiamo tutti che sei innamorato di James Bond!”
“Sempre nel mio cuore!”
 
Ero di nuovo caduto negli abissi del mio cervello mal ridotto ma il dolore era troppo forte e le immagini si accavallavano confuse, una sopra l’altra, come in un film dal pessimo montaggio.

Dovevo uscire da lì.

Dovevo vestirmi, coprirmi per nascondermi dai paparazzi e proteggermi dal freddo di Parigi e scappare da quel posto.

Jeans. Maglietta.
Felpa verde, la mia preferita.
Giaccone. Cappello.

Dovevo scappare e cercare di dare un senso a quello che continuavo a vedere.

Ed ecco che dopo una lunga passeggiata, mi ritrovo qui, sulla riva della Senna, mentre osservo Notre Dame.
È piccola.

“Me la immaginavo più…”

“Più?” Chiede Harry.

“…grande?”

“Più grande di così?”

“Che ne so, nel cartone sembrava enorme!”

“Oh mio Dio, hai visto il Gobbo di Notre Dame?” mi chiede Harry, stupito.

“Harold, chi non ha visto il Gobbo?” ma per chi mi ha preso.

Lui mi guarda, con quel suo sorriso dolce.
“Quindi sai anche le canzoni?” oh, piccolo. Non sai in che situazione ti sei messo.


Mi allontano di qualche passo, finché non trovo un lampione abbastanza isolato, per poi schiarirmi la voce.

“Non lo stai facendo davvero” mormora Harry, già sul punto di scoppiare a ridere.
E invece sì.
Lo sto facendo.


“Là fuoooori! Che darei non soo!” Alcune persone si voltano a guardarci, ma io vedo solo lui. Tanto qui non siamo ancora così famosi..

“Solo un giorno fuori, so che basteràà…” Harry si avvicina ed inizia a canticchiare con me.


Ridiamo e cantiamo, senza uno scopo.
Non mi sono mai divertito tanto.


“Per ricordare fuori! Dove tutti vivonoo.”
“Harry, a te!” esclamo.


“Che darei.”

“Che farei.”
“Insieme Lou!” insieme, sì.


“Per un giorno Via di Quaaaaa!”
Finiamo sopra una panchina, con le braccia alzate e gli occhi brillanti.


Scoppio a ridere improvvisamente.
Ma come ho fatto a dimenticare questa cosa?

Noto che qualcuno intorno a me ha iniziato a lanciarmi sguardi strani –adesso, purtroppo, siamo famosi anche qui– perciò mi affretto ad allontanarmi.

Mi avvicino al lungo fiume, passando alla destra della grande cattedrale, addentrandomi nel viale che porta al ponte dei lucchetti.
Torno a canticchiare la canzone fra me e me, mentre osservo l’acqua che scorre ed ascolto distrattamente il chiacchiericcio delle persone che mi camminano intorno.
Ormai sono molto vicino al ponte, tanto che riesco a vedere le sagome dei lucchetti e posso sentire la chitarra del ragazzo che suona lì da anni, come dice la guida turistica dell’albergo.

“Lo conoscono tutti, nel quartiere. Lui si siede lì, ogni volta che il tempo lo permette, e regala canzoni ai passanti. Ma non ha cappelli. Non ha custodie aperte davanti ai propri piedi. Non accetta spiccioli. Canta perché ne ha bisogno. Canta per l’amore che ha perso e che continua ad aspettare, da anni”

Ma non è lui che attira la mia attenzione.
Neanche la metto a fuoco la figura minuta concentrata sulle corde della sua chitarra.

Perché di fronte a me, con i gomiti appoggiati al parapetto del ponte e gli occhiali da sole a coprire gli inconfondibili occhi verdi, c’è Harry.

Mi nascondo meglio sotto il cappello di lana, mentre cerco di avvicinarmi ancora senza essere scoperto.

Ma mi basta poco per capire che anche se improvvisassi un flashmob, Harry non se ne accorgerebbe affatto.
Non posso vedere il suo sguardo, ma immagino che sia perso nei meandri della sua mente, dato che no ha mosso muscolo dal momento in cui ho iniziato ad osservarlo.

Soltanto i suoi capelli sembrano non trovare pace, agitati dallo sferzante vento di Parigi, che li rendono ancora più ribelli di quanto non siano già.

“Vorrei essere Harry, perché mi piacerebbe avere i capelli ricci!”
“Tu, smetti di avere i capelli ricci!”
“Sto lentamente per essere sedotto dai tuoi ricci!”


Mi sono sempre piaciuti i suoi capelli.
Liberi, esattamente come lui.

Ricci e incasinati inizialmente, proprio come la sua personalità ancora acerba, di sedicenne che ancora non conosceva le proprie potenzialità.
Sono cresciuti con lui, sono diventati più lunghi e forti, più definiti, esattamente come il carattere del ventunenne che ho di fronte.
L’uomo che ogni notte affronta il palco come se fosse nato per stare lì sopra; l’uomo che ogni notte mi rende orgoglioso di lui.

Perché, Dio mio, io lo riconobbi subito.
Seppi subito che niente lo avrebbe mai fermato.

“Hey curly, sarà il caso che tu mi faccia un autografo!”
Lo ricordo bene, mentre sorride davanti a me e le fossette si affacciano prepotenti sulle guance arrossate.

“Io… ehm… okay?” Chiede, nel pallone più completo.


Vorrei riuscire a farlo arrossire per sempre, mi dissi.

Lui rideva e io non potevo che pensare ‘cazzo, non ho mai visto niente di più bello in tutta la mia vita.’

Ed ora, dopo molto tempo, lo vedo assorto nei suoi pensieri e finalmente torno a vedere.

Vedo
la sua schiena leggermente ricurva.
Vedo le mani che si torturano a vicenda.
Vedo le labbra strette in quella smorfia che è solo sua.

Lo vedo.
Lo riconosco.

Una fitta alla parte sinistra del mio povero cervello mi risveglia dalla lunga contemplazione e mi costringe a strizzare gli occhi, respirando lentamente per alleviare la morsa.

Proprio in quel momento il cellulare vibra nella tasca dei Jeans e capisco che devono essere passate almeno quattro ore da quando ho lasciato la mia camera d’albergo.
Tiro fuori il telefono, mentre con la coda dell’occhio vedo Harry fare lo stesso.

Meraviglioso.
Probabilmente abbiamo entrambi dimenticato un impegno importante ed ora mezzo staff ci starà cercando.

“Pronto” dico, all’unisono con Harry, ancora ignaro della mia presenza.

“Louis! Dove diavolo sei?” chiede Liam, allarmato.

“Io...niente, sono uscito a fare due passi. Avevo bisogno di schiarirmi le idee Li” rispondo, vago.

“Oh… okay, ma almeno potevi dirlo a qualcuno! Devi tornare in Hotel adesso… il volo è stato anticipato!” mi informa Liam, agitato.

“Sì… dammi una mezz’oretta”.

“Mezz’ora?” mi interrompe, “Altro che due passi Louis! Fra tu e Harry non so chi sia più incosciente. Niall sta parlando con lui in questo momento. Chissà in che parte di Parigi è” aggiunge, quasi come se volesse farmi intendere qualcosa.

Non credo che gli parlerò del mio incontro.
Lo terrò per me.

“Senti, forse è meglio se ti passiamo a prendere, altrimenti non ce la facciamo con i tempi. Alberto si sta occupando della tua valigia, quindi manchi soltanto tu!” continua, spiegandomi l’elaborato piano che ha in mente.

“Benissimo. Ficcate tranquillamente il naso nella mia roba, tanto non esiste una cosa chiamata, che ne so, privacy!” rispondo, seccato all’idea che continuino a prendere decisioni senza chiedermelo.

“Hai ragione Lou, ma con la cancellazione di Vienna e tutto il resto...”

“Cancellazione di Vienna?” Chiedo, proprio mentre supero di nuovo la piccola Cattedrale.
Cosa vuol dire cancellazione?

“Lou, ma non hai letto i messaggi? Dio, sei impossibile! Purtroppo il mal tempo sta creando dei profondi disagi in Austria, quindi hanno rimandato il concerto a dopo la pausa!” mi informa, in perfetto stile bollettino meteo.

“Okay okay” rispondo, sovrappensiero.
Questo vuol dire che dopo il viaggio Parigi-Londra non avrò più modo di parlare con Harry.
Merda.

“Allora che fai, ti passiamo a prendere? Niall e Zayn aspettano Harry in Hotel, ma io vorrei arrivare un po’ prima in aeroporto… per controllare che tutto sia in ordine, sai?”
Ovvio.

“Io… sì, va bene. Passatemi a prendere. E…” Probabilmente dovrei chiedere consiglio a qualcuno.

“E cosa Lou?” Chiede, già allarmato.

“No, niente. Parliamone in auto. È un discorso lungo” concludo, nervoso.
Niente Liam, spero solo di non essere impazzito.

“Siamo in macchina Lou. Alberto è incazzato nero, lo sai? Dice che non solo sei, e quoto, ‘una scimmia senza bussola’, ma anche ‘un casinista assurdo che riesce ad infilare pantaloni ovunque’!” esclama, ridendo istericamente a questa battuta di pessimo gusto.

Non fa ridere.
Non sono una scimmia, io.

“Mi sto rotolando in terra dalle risate Liam. Sul serio” dico, freddo.

“Scusa, scusa Lou, dimmi solo dove sei, che arriviamo in un attimo” tenta di riparare Liam.
Lasciamo perdere.

R-Rue de la cité” dico,nel mio, più che terribile, accento.
Sì, di francese ho solo il nome.
E la puzza sotto il naso… a volte.

“Un po’ più preciso, magari?” chiede Alberto, dal cellulare di Liam.

Mi accorgo di essere vicino ad un incrocio, così mi affretto a dare le coordinate nel miglior modo che conosco.

Liam mi attacca praticamente in faccia, dopo avermi assicurato che arriveranno fra pochi minuti, così mi nascondo meglio nel cappello di lana e fumo una sigaretta nell’attesa.
Il mal di testa non accenna a diminuire.

Non l’ho neanche finita, che il Van grigio si accosta vicino a me, aprendosi di scatto e mostrandomi la faccia sorridente di Payno.

“Monta Lou, che altrimenti mi fai fuori la mezz’ora di anticipo che sono riuscito a guadagnare!” esclama, risoluto.

Lo guardo con aria di sfida, prima di aspirare molto lentamente dalla sigaretta ancora una volta. E un’altra. E un’altra.
Lui sbatte il piede in terra, sempre più nervoso.
È dolce la vendetta.

Quando mi accorgo che è davvero nervoso decido di abbandonare la tortura e montare nell’auto, chiudendomi dietro lo sportello, con un tonfo sordo.

“Bene allora.”

“Devo parlare con Harry” lo interrompo subito, volendo andare al sodo.

“Cosa? In che senso parlare?” mi chiede lui, con uno sguardo fra lo scioccato, lo speranzoso e lo spaventato.
Uno sguardo inquietante, devo ammetterlo.

“Nel senso che devo parlare con lui. Chiarire alcune… cose, ecco. Come posso fare?” Chiedo, desiderando ardentemente che Liam non mi ponga altre domande a cui –davvero– non so ancora dare risposta.

Devo parlare con Harry perché lui è la chiave.
Devo parlare con Harry perché questo mal di testa mi consuma.
Perché ne ho bisogno.
Perché mi manca?

Lui sembra pensarci qualche minuto, assorto, mentre io inizio a mordicchiarmi le pellicine delle dita intirizzite dal freddo.

“Okay” dice.
“Okay che?” chiedo, nervoso.

“Okay, possiamo fare così. Io e i ragazzi dobbiamo… fare una cosa, appena arriviamo a Londra. Quindi noi potremmo prendere questo Van e voi quello nero, in modo da rimanere soli e poter… parlare?” conclude Liam, col tono che sembra più quello di una domanda che di un’affermazione.

Se non altro è una possibilità.
L’unica che ho.

“Perfetto” rispondo, già intento a preparare un discorso di cui ancora non so neanche il senso.

Perché ancora mi manca qualcosa.
La cosa più importante, lo sento.
Quella che cambierebbe tutto.

“Bene, allora mando un messaggio a Zayn, va bene? Loro dovrebbero arrivare insieme all’aeroporto, quindi avrà tutto il tempo di spiegarlo ad Harry.”

“No” lo interrompo. “Non spiegate niente a Harry. Ditegli solo… ditegli che è così e basta. Che voi avete questo impegno e che io non ho problemi a viaggiare con lui, ecco”
Dato che ancora non ho un piano, è meglio che per adesso le carte restino ben coperte.

“Va bene” mi risponde Liam, prima di iniziare a scrivere un sms e riempire il Van silenzioso con il monotono suono dei tasti del cellulare.
Probabilmente sta scrivendo a Zayn in questo momento.

Quello che è fatto è fatto e non voglio tirarmi indietro.
Non più.

Penso ad Eleanor, che sicuramente sarà impegnata in una delle sue assurde telefonate con la Wedding Planner, e per la prima volta mi rendo conto che quella che provo non è paura.

No, è un sentimento diverso, più profondo, più inconscio.

Io so che questo matrimonio è sbagliato.
E so che tutto torna sempre allo stesso punto.

Mi manca qualcosa, ancora non ho tutti i tasselli, ma inizio davvero a dubitare che mi sposerò, fra qualche giorno.

Arriviamo all’aeroporto in poco tempo –probabilmente perché abbiamo preso una via secondaria e non la strada principale– e scendo con calma dal Van, mentre Liam inizia subito a parlare con Alberto e Paul per organizzare la divisione nelle auto, una volta arrivati a Londra.

Cazzo, sembra quasi che tenga più di me al fatto di farmi parlare con Harry.

Mi stringo nel cappotto e cerco di passare un livello a caso di Candy Crush, tanto per passare il tempo e cercare di distrarmi un po’.
Il dolore sembra essere diminuito leggermente, ma non accenna a sparire, provocandomi un senso di nausea che mi indebolisce sempre di più.
Che schifo, vorrei solo che tutto questo smettesse di fare così male.

“HeyLou… arrivano” mi dice Liam, mentre perdo di nuovo e blocco di scatto il cellulare.

Alzo la testa e scorgo il Van nero avvicinarsi lentamente, i vetri oscurati che mi impediscono di vedere all’interno.
Le porte si aprono e Niall, Zayn ed Harry escono, ancora più incappucciati di noi.
Chissà il freddo che farà a Londra.

Harry ci saluta, con un tono neutro, ma quando il suo sguardo si posa su di me, io abbasso il mio, velocemente, in modo da non incontrare i suoi occhi.
Non voglio leggervi dentro niente che possa distogliermi dalla mia decisione.

Potrei sopportare che mi guardassero con la rabbia, il risentimento e la tristezza di qualche mese fa.
Ma non riuscirei ad accettare lo sguardo impassibile e indifferente che mi hanno riservato negli ultimi mesi.
Non adesso.

Perciò mi limito a sorridere mestamente, mentre ci avviamo tutti insieme verso scalette che portano all’interno dell’aereo.

Soltanto quando mi ritrovo a dover mettere un piede dopo l’altro su ogni scalino, mi rendo conto di quanto sono effettivamente stanco.
È come se ogni energia mi fosse stata strappata dal corpo, lasciandomi tremante e poco stabile su queste scale che sembrano infinite.
Devo essere uno spettacolo veramente patetico, da osservare.

Finalmente raggiungo il mio posto designato all’interno della cabina passeggeri e, con le ultime energie, mi libero del cappello e del giaccone, prima di accasciarmi poco gentilmente sul comodo ed enorme sedile.

Bevo qualche sorso dalla bottiglietta che mi porge l’hostess –sì, abbiamo un’hostess privata a quanto pare– e cerco di farmi piccolo piccolo, mentre la morbida felpa mi avvolge completamente.

Nuova fitta.
Stringo gli occhi e poche ma nitide immagini mi si presentano davanti.

“Se vuoi te la regalo, Lou” Mi dice Harry, mentre infila il ‘Il Gladiatore’ nel lettore dvd e recupera il telecomando dal tavolino.
“Cosa?” Gli chiedo, mentre gli faccio segno di sedersi accanto a me.
Fa troppo freddo oggi, ho bisogno di qualcosa che mi scaldi.


Lui mi guarda, mette su un faccino adorabile –sono sicuro che stia cercando di riprodurre il mio broncioe mi si accoccola addosso, coprendo entrambi con la coperta celeste e dando il via al film.
Poi abbassa la testa ed inizia a strusciare il naso sulla stoffa della felpa che sto indossando, mentre io infilo le mie dita nei suoi ricci, incapace di resistere a tanta morbidezza.

“Questa, Lou”
Oh, intendeva la felpa.
La sua felpa verde.


Arrossisco violentemente, mentre lui appoggia ancora di più la punta del naso ed inspira forte.

“Quasi quasi odora più di te che di me da quante volte la porti. Non che mi dispiaccia eh” continua, imperterrito nella sua tortura.

Decido quindi di riprendere in mano la situazione e tentare di batterlo al suo stesso gioco.
Anche se è difficile, mentre continua a strusciarsi su di me come un piccolo gatto.


“Fidati Haz, questa felpa profuma di te” inizio, quasi casualmente.
Lui mi guarda, curioso e tranquillo, mentre mi avvicino al suo orecchio e sussurro, più lentamente che posso, “Perché pensi che io te la faccia portare per un po’, ogni volta che la laviamo? Aspetto che si impregni di nuovo del tuo profumo e poi te la rubo. Così è come se ti avessi sempre addosso” concludo, sentendolo agitarsi sopra di me.

Ho raggiunto il mio obiettivo.


“Mmmhm… che ne dici di guardare il film adesso?” mi chiede allora, con voce più che agitata, strappandomi una risata sincera. Sta cercando di cambiare discorso.
Povero illuso.


“Oh Hazza, dovresti saperlo. Mai iniziare una guerra che sai di non poter vincere!” lo ammonisco, iniziando a fargli il solletico.

In un attimo quel divano si trasforma in un campo di battaglia, la coperta cade insieme ai nostri cuscini personalizzati, mentre i nostri corpi assumono posizioni assurde in un intreccio di braccia, gambe, risate e capelli.

Non so bene come, ma ad un certo punto finisco con la schiena sul divano e Harry a cavalcioni sopra di me, il respiro affannato e le guance rosse per la fatica.
Ci guardiamo per un po’, finché la sua mano tremante non si avvicina al mio viso, lasciandovi la più leggera delle carezze.


Resto immobile, mentre lui inizia ad osservare ogni particolare della mia faccia, prima di passarci le dita, come a volerlo stampare nella memoria per sempre.

“Mi piace che tu abbia il mio odore addosso. Almeno quando non saremo vicini potrai sempre annusare la felpa, chiudere gli occhi e… immaginare che io sia lì con te. Così non potrai mai dimenticarmi” sussurra poi, imbarazzato e un po' insicuro.

Oh, Harry.

“Allora voglio che anche tu abbia qualcosa di mio, scusa. Altrimenti come faccio a sapere che non ti scorderai di me?” Gli chiedo, cercando di alleggerire la tensione.
Lui si ferma, serio.

“Non mi serve Lou. Non credo che potrei farlo neanche volendo. Dimenticarti, intendo” Mi risponde, spiazzandomi completamente.

Questa frase scatena in me la voglia di avvolgerlo fra le mie braccia e non lasciarlo mai andare.
Mi sento quasi pronto ad ammettere, almeno a me stesso, quelle tre parole che da giorni mi girano in testa.

Ma per adesso mi limito ad afferrare la sua nuca e baciarlo, sentendolo aderire al mio corpo come nessun altro potrebbe.



Apro gli occhi di scatto.
La felpa.
La sua felpa.

Con un gesto inconscio avvicino il naso ad una delle maniche, ispirando per cercare il suo odore.

Ma tutto quello che sento è odore di detersivo, mischiato al profumo che ho messo stamattina e non riesco a trattenere una smorfia di disappunto.
Questa era la felpa di Harry.

Io e Harry ci siamo baciati su quel divano.
Io… in quel momento, io pensavo di amarlo.
Ma che diavolo è successo, dopo?

Continuo a vagare fra le immagini e le parole, in uno stato di semi incoscienza che ad un certo punto dev’essere diventato vero e proprio sonno, senza che me ne accorgessi.
Infatti, mi sembra di aver chiuso gli occhi soltanto per pochi attimi, quando qualcuno mi scuote leggermente le spalle, chiamando il mio nome e diradando le tenebre della mia mente.

“Louis.” Eppure è così difficile aprire gli occhi.

“Louis, andiamo, Alberto ci sta aspettando.” La mano si sposta sul mio ciuffo scomposto, sfiorandolo leggermente.

Conosco questo tocco.

“Puoi dormire a casa.” La voce si sposta alla mia sinistra, proprio sul seggiolino accanto al mio.

Le dita che giocano con i miei capelli sono così invitanti e familiari che non posso fare altro se non appoggiare il capo su di esse, emettendo un sospiro contento.
Accettando il mio invito, scendono delicate, a sfiorarmi gli zigomi e le guance.
Il naso.
La bocca.

Harry.

Apro gli occhi di scatto e la mano che mi stava donando tanto sollievo si ritrae bruscamente dal mio viso.

“Ehm… siamo arrivati. Dobbiamo… sì, dobbiamo scendere” balbetta Harry, alzandosi dal seggiolino alla velocità della luce e tossendo per alleviare l’imbarazzo.

Harry.
Harry.
Il mio piccolo Harry.

“Oh… okay. Certo Hazza” Rispondo, piantando i piedi a terra e stiracchiandomi per liberarmi dagli ultimi residui del sonno.
Quando mi sento un po’ meno addormentato –e un po’ più ansioso per quello che sto per fare– mi volto verso Harry, che nel frattempo è rimasto fermo sul posto, aspettandomi.

In effetti, dal suo sguardo, sembrerebbe quasi che abbia appena visto un fantasma.
Oppure sono io che agitato come sono vedo anche cose che non esistono.

Così scendiamo dalle scalette, in un silenzio imbarazzato e raggiungiamo velocemente il Van nero –tutto per noi– mentre la pioggia leggera di Londra ci dà il bentornato a casa.

Di solito, respirare l’umida aria londinese mi infonde sempre un senso di appartenenza; ogni volta che torno in Inghilterra è come se tornassi a respirare di nuovo, anche se non mi accorgo mai quando sto trattenendo il respiro.

Oggi però, nonostante le settimane di concerti in tutta Europa, mettere piede sul suolo inglese non mi fa lo stesso effetto.
Continuo a respirare affannosamente.
Continuo a lottare per rimanere sveglio.

Perché, semplicemente, ancora non mi sento davvero a casa.

Eppure la sento vicina.
E forse è per questo che le mie mani stanno tremando e la testa rimbomba di un dolore fatto di aspettativa, desiderio e frustrazione.
È come se la mia casa fosse davanti a me e io non riuscissi a riconoscerla.

Mi siedo nel Van e torno a guardare fuori dal finestrino, mentre sento la presenza di Harry che prende posto vicino a me.
Alberto chiude il portellone e prende posto accanto all’autista, iniziando a discutere con lui sulla strada da prendere.

“Allora, com’è andata l’altra notte?” Chiedo, enfatizzando la parola notte per fargli capire esattamente a cosa mi riferisca.
Se poi la mia voce esce quasi come un sussurro spaventato, questo è un altro discorso.

“In discoteca dici? Bene direi… Boo” Mi risponde Harry, guardingo.

No, aspetta.
Boo?

Lo guardo, stupito, mentre nuovi flussi di ricordi –perché è questo che sono, ricordi–mi fa vibrare i timpani.

“Boo, sei pronto? Guarda che arriviamo tardi!”

“Mi raccomando, quando dovete dire il suo nome state attenti a dire Boobear!”

“EhyBoo… sei sveglio?”


“Posso trovarti un soprannome solo nostro?”
“Tipo?”
“Mhmm… tipo Boobear? Potrei anche accorciarlo e chiamarti Boo!”


“Louis, sei sempre con me?” La voce di Harry mi riporta al presente.
“Sì.” Rispondo.

Finalmente sì, vorrei aggiungere.
Ma ho paura.

E se fosse troppo tardi?
E se non volesse più aiutarmi?

Più immagini riempiono la mia memoria, più mi accorgo che una grande parte della mia vita mi è stata negata.
Me l’hanno nascosta.

E Harry ha davvero lasciato che me la portassero via?
Nonostante il rapporto che, a quanto sembra, avevamo?

Se tutto quello che mi ha detto la notte del mio compleanno è vero, perché diavolo ha aspettato due anni, prima di fare qualcosa?
Perché ha lasciato che Eleanor mi riempisse di bugie e falsi ricordi?

È come se avesse deciso di lasciarmi andare.
Come se non fossi abbastanza importante per lui.

“Non è successo niente.”cosa?
“Cosa?” quando?
“Con il francese. L’altra notte. Non è successo niente. Io… avevo altro per la testa” oh, parla del francese.

“Sei uscito di casa sua la mattina dopo. Mi risulta difficile da credere” rispondo, guardandolo negli occhi per un attimo, la gelosia che si impossessa di ogni fibra del mio essere.
“E tu come faresti a saperlo? Ah no, aspetta, hai ragione. Mi hai fatto spiare” ribatte lui, mentre la pioggia si fa sempre più violenta sul tettuccio del Van.

Probabilmente i nostri compagni di viaggio stanno ascoltando ogni parola, ma ormai non mi interessa più.
Voglio solo arrivare al fondo di questa storia.

“Non ti sembra di esagerare, adesso?” chiedo, arrabbiato e ferito più per tutto il resto che per questo.

Perché lo sento. Lo so che Harry sta dicendo la verità.
Ma non me l’ha detta per troppo tempo.

“Senti Louis, mi pare che tu non abbia alcun diritto di controllare i miei spostamenti o rimproverarmi per quello che faccio” ringhia, cercando di mantenere la calma che io ho perso qualche ora fa, ormai.

È sempre stato così.
Io che mi incazzo, urlo e strepito e lui che tira fuori quella voce da baritono che tanto incute timore.
Ma non ho mai avuto tanta paura di lui quanta ne ho adesso.

“Hai perso questo diritto tanto tempo fa” conclude, livido.
Certo, è arrivata la vittima.

“Che cazzo stai dicendo adesso? Sono mesi che mi tratti come se fossi la persona più orrenda di questa Terra, che mi guardi come se sperassi vedermi sparire per sempre, che eviti di parlarmi perché ti fa schifo anche solo sentire il suono della mia voce! E tutto questo perché ho rifiutato di credere alla storia assurda che mi hai raccontato a Natale? Pensavi che cadessi ai tuoi piedi credendo ad ogni tua parola come se fossi un oracolo? Beh, avevi fatto male i conti!” sbraito, agitandomi sul sedile che inizia a starmi troppo stretto.

Qui dentro c’è troppo poco spazio.
E il suo profumo è ovunque.

“Oh beh, non che tu dovessi credermi per forza, ma addirittura chiedere ad Eleanor di sposarti lo stesso giorno che io ti confesso i miei sentimenti? Vaffanculo Louis. Vaffanculo, cazzo!” esclama, prima di cambiare completamente sguardo, come a rendersi conto di aver detto troppo.

Mi odia e adesso non riesce neanche ad insultarmi senza provare rimorso.

“Ragazzi, che ne dite di calmarvi? C’è un po’ di traffico, quindi resteremo chiusi qui dentro per un bel po’. Vedete di non uccidervi” ci avverte Alberto, più apprensivo che arrabbiato.

Io mi guardo intorno, per quanto i finestrini inondati dall’acqua me lo permettono, e fermo lo sguardo su una particolare pizzeria.
Ha un’insegna luminosa ed intermittente; la bandiera italiana che non riesce a sventolare, appesantita dall’acqua incessante.

Sento una sirena che si avvicina sempre di più, quella di un’ambulanza.

Questo posto mi ricorda qualcosa.
Dio, qualcosa di fondamentale.

L’ambulanza sfreccia accanto a noi e per un attimo quel suono fastidioso e fortissimo è l’unica cosa che riempie la mia testa.
Una nuova fitta, più forte delle precedenti e tutto si fa buio intorno a me.

"Non posso venire da te. Non ora”
"Louis, cosa stai dicendo? E dove vorresti dormire?"
"A casa. Da Harry. Non dovevo uscire, non sarei mai dovuto andarmene!"

Pioggia.
Freddo.

"Sei mai stata innamorata, Eleanor?"

Questo è il luogo dove è avvenuto il mio incidente.

"Sì"
"Allora sai che se ami qualcuno devi combattere fino alla fine. Stiamo soffrendo, ci faremo del male, litigheremo, ma ci aggrapperemo l’uno all' altro e, ti giuro, ci sarò fino alla fine. Combatterò fino alla fine e devo correre a casa a dirglielo, urlarlo, se necessario. Lui dice che preferirebbe dimenticare? Io sarò lì, giorno dopo giorno a ricordargli quanto invece sia importante ricordare, ricordare sempre. L’amore che proviamo, le sfide che vinciamo, le sofferenze che proviamo. Tutto. Io sarò lì a ricordargli di non mollare!”

Respiro affannosamente, mentre tutto di quella notte si fa chiaro davanti a me.

Il litigio con Harry.
Le lacrime.
La voglia di scappare.
La telefonata con Eleanor.
La consapevolezza di dover combattere.
La corsa verso casa.
I fari della macchina.
Le urla.
Il buio.

Apro gli occhi, mi guardo intorno e capisco di essere ancora dentro il Van, con Harry che mi guarda preoccupato e pallido e Alberto che cerca di richiamare la mia attenzione.

Qui dentro fa improvvisamente troppo caldo, mi sento soffocare.

“Io… Io..” tento di dire, ma la mia gola sembra essere chiusa da una morsa invincibile.

“Louis? Louis, respira. Ti prego devi calmarti. Vuoi dire qualcosa? Lou…” Harry stacca velocemente la sua cintura di sicurezza e si avvicina a me, prendendo il mio viso fra le sue mani e aiutandomi a respirare meglio.

"Dentro, fuori. Dentro, fuori. Dentro, fuori. Bravo Lou, continua, respira con me”.

La sua voce è calda, avvolgente e per un attimo riesce ad acquietare tutti i rumori nella mia testa.
Apro di nuovo gli occhi, lentamente stavolta, e mi ritrovo ad affogare nei suoi, verdi, liquidi, bellissimi.

Solo adesso mi accorgo che l’aria la sto rubando direttamente dal suo respiro.
E la testa ha smesso di fare male.

“Lou, amore, questo pollo è buonissimo”

“Non me ne vado Harry, mai”


“Credo di essermi innamorato di te nel momento in cui mi sei saltato addosso sul palco. Era come se, per un attimo, quella gioia volessi condividerla solo con me. E il bello è che io stavo pensando la stessa cosa, Lou”

“Ti prego, aiutami a restare”

“Non te l’ho detto stanotte perché pensavo che fosse tutto un sogno. Ma sentirti dire quelle tre parole Boo… vabbeh, insomma, ti amo anche io. Tantissimo”

“Ti aiuterò a restare.”
 
“Io ti amo Harry.”
 
Aria.
Aria, mi serve aria.
Devo uscire da qui.

Con le ultime e poche forze che mi restano strattono Harry, liberandomi dalla sua presa, e apro di scatto il portellone del Van, catapultandomi fuori, senza neanche coprirmi con il giaccone o il cappello di lana.

Non scherzavo quando dicevo che stava piovendo.

In un attimo tutti i miei vestiti si inzuppano d’acqua, rendendo la felpa molto più pesante di quello che era fino a poco fa.

Ma non mi importa, perché ho bisogno di liberarmi di tutto e correre, correre fino a non sentirmi più le gambe.
Non voglio restare in questo posto.
Non voglio rimanere bloccato dove tutto è andato storto.

No, io voglio andare a casa.

Così inizio a muovermi, un passo dopo l’altro, all’inizio più incerto sulla strada da prendere, poi sempre più consapevole della mia meta.

Sento qualcuno che mi chiama, cercando di raggiungermi –Harry forse?– ma ormai il mio corpo si muove da sé, spinto dalle nuove certezze, dalla nuova rabbia, dal desiderio di sentirmi di nuovo me.

L’acqua mi appanna la vista, proprio come in quella tremenda notte, ma stavolta so che niente può fermarmi.

Supero l’angolo della strada, la pizzeria, il fioraio, le villette che compongono il vicinato.
L’asfalto è scivoloso, ma dopo appena sette o otto minuti di corsa raggiungo la mia meta.
Mi fermo e resto immobile ad ammirarla.

Casa.

Registro tutto; i fiori alle finestre ormai appassiti, le luci spente dietro persiane ben chiuse, il silenzio che sembra circondarla e preservarla dal resto del mondo.
Il cartello ‘Vendesi’ appeso al cancellino d’ingresso.

“Louis! Louis, ma che fai sei impazzito?” urla Harry, alle mie spalle, mentre ancora sta correndo per raggiungermi.

Non mi volto, ma rimango a fissare quel cartello, imprimendolo nella mia mente e chiedendomi come siamo potuti arrivare a questo punto.
La pioggia sembra diminuire, riducendosi a poche e rare goccioline.

“Quando l’hai messa in vendita?” chiedo, sul punto di scoppiare in un pianto isterico.

Lui si ferma dietro di me, a pochi metri di distanza, probabilmente preso in contropiede dalla mia domanda.
Perché, in fondo, lui ancora non lo sa.

“Io… ehm… ho deciso di venderla il 25 dicembre. Ma ancora non ho ricevuto un’offerta che mi abbia convinto” risponde, avvicinandosi ancora di qualche passo, ma in modo più lento di prima, quasi guardingo.

“Pensi che riceverai mai un’offerta accettabile?” chiedo, sempre rivolto verso la casa.

Ormai la pioggia non la sento neanche più.
Siamo io e lui.

“Sinceramente? Non credo che si possa mai ricevere un’offerta accettabile per qualcosa che non si vuole vendere” mi risponde, abbassando le difese.

Io rimango in silenzio.
Perché se da una parte vorrei correre fra le sue braccia e nascondere il viso nel suo collo e respirare il suo odore fino a perdere contatto con la realtà, dall’altra mi sento ancora abbandonato e pieno di domande.

“Perché??” Urlo, infine, esprimendo a voce alta l’unico pensiero coerente che riesco a formulare.

“Non lo so, io non la voglio vendere, ecco.”

“No no, non parlo della casa!” Esclamo, voltandomi nella sua direzione e lasciando che le lacrime scivolino libere sul mio viso.
Non riesco più a frenarmi.
Devo sapere.

“Perché non hai detto niente? Perché hai lasciato che io mi svegliassi in quel letto da solo e che la mia testa venisse riempita da tutte quelle bugie?”

Lui si blocca; lo vedo benissimo il momento in cui i suoi occhi si allargano per la sorpresa e la bocca si apre leggermente come se per lui fosse impossibile capire completamente le parole che ho appena detto.

“Lou tu… non capisco tu..”, più sembra cadere dalle nuvole più mi viene voglia di tirargli un pugno.

“Due anni, Harry. Due anni di mal di testa, due anni di menzogne, due anni di notti insonni. Lo sai cosa vuol dire alzarsi ogni giorno dal letto e sentire nelle ossa che la vita che stai vivendo è quella sbagliata? Hai idea di cosa voglia dire sentire dentro un vuoto che ti lacera l’anima e non riuscire a capire che diavolo sia??” continuo ad urlare, avvicinandomi ma non troppo, cercando di mantenere un minimo di contegno.

Certamente.

“Lou, tu… ti è tornata la memoria? Dio tu… ricordi” esala Harry, avvicinandosi a me con veloci falcate e allungando le mani per toccarmi.

Anche i suoi occhi sono completamente lucidi adesso e, nonostante la rabbia, non posso non gioire per l’espressione di pura estasi che si dipinge sul suo viso.
Ma no, io… sono troppo arrabbiato.
Troppo.

Così mi scosto, allontanandomi da lui, cercando di fermare il tremore del mio corpo.

“Rispondimi cazzo! Perché non hai detto niente? Perché mi hai… abbandonato?” Mi deve una spiegazione. Me la deve.

Harry abbassa le mani e inizia a guardarsi le scarpe.
Come se si vergognasse, come se si pentisse di non essere intervenuto subito.
Rimaniamo in silenzio, ad osservarci, mentre la mia domanda resta sospesa nell’aria, in attesa di una risposta di cui ho paura.

“Io… credimi Lou. L’ho fatto perché pensavo che fosse la cosa giusta. Ho pensato che –cazzo sono stato uno stupido– ho pensato che forse questo fosse il tuo modo di lasciarmi andare. Ho pensato che meritassi una vita diversa. Una vita da vivere alla luce del sole.” Inspira, cercando di continuare il suo discorso senza scoppiare a piangere.“Era qualcosa che io non potevo darti. È una cosa che tutt’ora non posso darti”Continua, mentre io mi avvolgo con le braccia, dato che il freddo sta iniziando a farsi sentire.
“Quando ti ho visto su quel letto e ho capito che ci avevi dimenticato… lì per lì avrei voluto soltanto scuoterti e raccontarti tutto, sperando di convincerti a restare con me. Ma poi ti ho visto, con Eleanor. Ho visto come la guardavi. Magari inconsciamente avevi scelto questo. Insomma, ho capito che te la saresti cavata lo stesso.”

“Me la sarei cavata?” Lo interrompo, mentre un singhiozzo lascia la sua gola.

“Harry, ti rendi conto di cosa stai dicendo? Io ti amavo. Io amavo te. Non Eleanor. Che cazzo me ne frega di essermela cavata, se ho vissuto due anni in questo modo? Come hai potuto pensare che avrei scelto questa vita? Chi ti ha fatto pensare una cosa del genere? Io sicuramente no. Ti avevo detto che sarei tornato quella notte. Ti avevo detto che non ti avrei lasciato!”

Non può aver pensato davvero una cosa del genere.
Non può essersi davvero sacrificato in questo modo.

“Ma non era la verità!” Risponde, il pianto nella voce. “Tu non saresti tornato. Tu stavi andando da lei! Eri uscito e hai avuto l’incidente mentre stavi andando da lei! Avevi scelto di lasciarmi andare… ho semplicemente finito quello che avevi iniziato. E non sai quanto mi sia pentito di questa decisione” aggiunge, a bassa voce.

 Si sta avvicinando di nuovo e, complice la confessione che ho appena sentito, non riesco ad allontanarmi ancora.

“Harry” lo chiamo, quasi sussurrando.
Lui alza la testa e deve vedere qualcosa di nuovo nel mio sguardo, perché in un attimo è ad un passo da me. Gli basterebbe alzare un braccio, per toccarmi, ma non lo fa.

Ha paura che io lo respinga.
Ha paura che quello che ha appena detto sia la verità.

“Harry. Quella notte avevo deciso di andare da Eleanor, è vero” gli confesso, capendo che l’unica cosa necessaria adesso è la verità.
Lui fa una smorfia di dolore e butta giù la testa, in segno di sconfitta, sicuro che io stia per confermare i suoi timori, ma non posso lasciarlo scappare.
Non voglio più farlo stare male.

Così copio il suo gesto di pochi minuti fa e con mani tremanti raggiungo il suo viso, iniziando a sfiorarlo come non faccio da troppo tempo.
Dio, quanto mi è mancata la sua pelle.

“Guardami” gli ordino, gentilmente. “Stavo andando, avevo già chiamato un taxi che mi portasse da lei. Ma poi ci ho ripensato” riprendo, cercando di parlare con il tono più rassicurante che posso.

È così alto che devo alzare il viso per guardarlo, adesso.
Quante cose sono cambiate in questi due anni ed io non me ne sono neanche accorto.
Ero troppo impegnato a vivere la vita di qualcun altro.

Quello che non è cambiato affatto è lo sguardo che Harry mi sta regalando.
Lo sguardo emozionato, impaurito, speranzoso e innamorato che mi fa capire di avere davanti il mio Harry.

“Stavo tornando qui” dico, alzando la testa per indicare l’edificio bianco alla nostra destra. “Volevo tornare a casa. Da te. Avevo anche fatto ad Eleanor uno di quei discorsi patetici sul lottare sempre… Harry io non avevo intenzione di lasciarti. Non avrei mai potuto farlo. Eri tutto per me. Tutto” concludo, marcando ogni mia parola, in modo che anche nella pioggia e nel pianto possa essergli tutto chiaro.

“Tu… tu stavi tornando? Non volevi lasciarmi?” Mi chiede, incredulo.

Sembra così piccolo.
Il mio piccolino.

“No Harry. Non volevo lasciarti” ripeto. Potrei anche ripeterlo per sempre, pur di farglielo capire.

Ma non serve.
Perché non appena i nostri occhi si incontrano di nuovo, è come se anche l’ultima barriera costruita fra noi si sciogliesse sotto la pioggia di Londra.

Harry si abbandona su di me, incurvando la schiena per farsi più piccolo, e piange.

Piange come qualcuno che ha trattenuto le proprie emozioni per troppo tempo.
Piange, come qualcuno che ha lottato per restare forte per anni e che adesso non ha più bisogno di combattere.
Piange come chi, finalmente, può tornare a vivere.

Piange con il viso incastrato sul mio collo, le braccia tremanti che mi avvolgono ed i capelli che profumano di lui.
Singhiozza, tirandomi leggeri pugni sullo stomaco, prima di aggrapparsi nuovamente alla mia (sua) felpa e cominciare tutto da capo.

“Boo… Boo, sei tornato davvero...”

“Sì Hazza. Sono qui. Finalmente sono qui” lo cullo, fra le mie braccia.

“Non lasciarmi più, ti prego. Non farlo più.”

Il respiro irregolare rende le parole quasi incomprensibili, ma non è difficile capire quello che sta dicendo.
Non per me.

Mi rendo conto di quanto deve essere stato orribile per lui.
Vivere ogni giorno sapendo che la persona che amava non si ricordava più di lui.
Andare avanti, ora dopo ora, sperando in qualcosa che sembrava impossibile.
Pensando di averla persa, per sempre.

E nonostante questo adesso è qui, con me.
Mi sta abbracciando esattamente come faceva anni fa.
Con la stessa tenerezza, lo stesso bisogno, lo stesso amore.

Proprio in questo momento, un forte tuono annuncia una nuova ondata di pioggia, che torna a scrosciare sulle nostre teste.

“Mai più Harry… mai più.” Rispondo, il tono più forte per superare la pioggia.
“Mi dispiace per tutto, Harry. Dio, mi dispiace per come ti ho trattato a Natale, mi dispiace per il pugno. Per questi anni di distanza. Mi dispiace per essere stato un cretino… io avrei dovuto crederti! Che stupido. Sembrava tutto così assurdo… spero solo che potrai perdonarmi un giorno. Ti ho fatto soffrire così tanto” Sussurro scuse su scuse, tra i suoi capelli, lasciando baci leggeri su ogni superficie disponibile che mi trovo davanti. Collo, spalle, viso.

Mio.

Passa un altro minuto, durante il quale i singhiozzi di Harry si fanno sempre più radi ed il suo respiro si regolarizza.
Alla fine alza la testa, unendo per l’ennesima volta il suo sguardo al mio, gli occhi gonfi, rossi e ancora pieni di lacrime inespresse.
Sono comunque perfetti.

“Ti amo anch’io Lou” Dice.“E ti perdono, se davvero c’è qualcosa da perdonare. Solo, promettimelo. Prometti che non te ne andrai mai più” Nuovo singhiozzo. “Tu sei quello per me.Non c’è mai stato e non ci sarà mai nessun altro. Mai

“Lo prometto, piccolo. Lo prometto, non ti lascio più” Gli rispondo, proprio mentre la pioggia aumenta e torna a scrosciare sulle nostre teste.

Lo abbraccio di nuovo, perché mi sembra impossibile di essere finalmente felice.
Finalmente libero.
Finalmente me stesso.

Il primo bacio che ci scambiamo dopo tanto tempo è un leggero, quasi inesistente, sfioramento di labbra.

Ci assaggiamo, reverenti, quasi timorosi inizialmente, per poi lasciarci andare, l’uno verso l’altro.

Scompare la pioggia
Scompare il risentimento.
Scompaiono gli anni di lontananza.

È come se la vita mi avesse dato una seconda chance di portare a termine quello che avevo iniziato la notte dell’incidente.

Le nostre bocche iniziano ad aprirsi, sempre più decise.
Ormai si sono riconosciute e non smettono di cercarsi.
Davvero, sento che potrei restare così per ore.

Ma, improvvisamente, lui si riscuote e si allontana di qualche passo, la fronte aggrottata e l’espressione piuttosto arrabbiata.
Una morsa si stringe intorno al mio cuore: che abbia cambiato idea?

“Quella stronza!” urla. “Lei aveva detto che te ne stavi andando! Mi ha manipolato e ha manipolato te e ti ha fatto prendere quello schifo di pillole! Io la uccido, Lou io la uccido!” Continua, in un attacco di rabbia effettivamente più che giustificato.

Lo capisco.
Non vedo l’ora di far passare ad Eleanor le ore peggiori della sua vita.

Ma in questo momento non voglio pensare a lei.
Non adesso che ho ritrovato il mio Hazza.

“Harry, ti prego calmati. Ci occuperemo di questo più tardi. Adesso potremmo continuare quello che abbiamo iniziato?” gli chiedo, sperando di distrarlo.
Lui mi guarda e si abbuia ancora di più, tirando su la schiena, con fare minaccioso.

È davvero molto alto, adesso.

Harry si avvicina pericolosamente a me, il suo naso che sfiora il mio, un’intenzione completamente diversa da quella di pochi minuti fa.
I suoi occhi sono neri; il verde delle iridi quasi scomparso, le pupille dilatate e attente.

“Lei ti ha toccato Louis. Tu sei mio. Sei sempre stato mio. E ho lasciato che ti toccasse. Che ti avesse. Come cazzo faccio a stare calmo?” ringhia, prendendomi per le spalle con tanta forza da lasciarmi stupito.

Ed eccitato.
Dio quanto è cresciuto.

“Hai ragione Harry. Sono tuo. Sono sempre stato tuo. Ora dimostrami cosa sai fare..”. Rispondo, incapace di controllarmi ancora.

Lui è di fronte a me, con un’espressione selvaggia e i capelli bagnati.
Ed ora che ho assaggiato di nuovo il sapore delle sue labbra sulle mie, non credo che potrò mai averne abbastanza.

Mio” conclude, prima di attaccare di nuovo la mia bocca e soddisfare il mio desiderio.

Questo bacio è molto diverso da quello che ci siamo scambiati poco fa.
È un bacio carico di mancanza, desiderio e frustrazione.
Una lotta di denti e lingue.

Entrambi cerchiamo di dominare, assaporare e prendere il controllo.
Adesso che ci siamo riconosciuti, dobbiamo scoprirci di nuovo.

Harry sa di casa, ma anche di nuovo, di diverso.

È davvero cresciuto e con questo bacio riesco a sentirlo ancora di più.
Non è più il ragazzino impacciato e imbarazzato che ricordavo; ormai è un uomo, formato dalla sofferenza, che ha dovuto fare scelte difficili ed affrontare situazioni ben più grandi di lui.

La voglia che sento nel movimento della sua lingua, nella forza con cui le sue mani si addentrano sotto la felpa, è tanto profonda da destabilizzarmi.
Questo è Harry che ha bisogno di me con ogni fibra del suo essere.

Così, mi lascio andare.
Mi abbandono alle sue dolci ma possessive carezze, ai suoi morsi, al suo modo di accarezzare il mio naso con il suo, ai suoi ‘mio’ ripetuti come un mantra, al suo amore.

Neanche penso a quanto questa situazione sia un incredibile cliché, perché un passato assurdo come il nostro si merita un finale da film.
Sì, ce lo siamo meritati.

Anche se ormai la pioggia si è infiltrata ovunque, sotto i miei vestiti.
Sarebbe meglio andare in un posto caldo, o le mie ossa inizieranno a chiedere aiuto.

“Harry… andiamo a casa?” chiedo, fra un bacio e l’altro, con la speranza di poter continuare questa conversazione nella doccia, sul letto, in cucina, sul divano e anche sulla lavatrice.

“Casa nostra?” Domanda lui, con un sorriso dolce e le fossette in mostra, prima di iniziare a darmi una serie di baci a stampo, facendomi ridere come non facevo da tanto tempo.

È così felice.
Sono così felice.


“Sì, Harry. Andiamo a casa nostra” Gli rispondo, prima di prenderlo per mano e condurlo verso il cancello della villetta.
 
A togliere quel cartello, ci penserò più tardi.


 
HELLO GUYYYYYYS Qui è Scody che vi parla!
No, non sono morta ed ecco il capitoletto (:

In realtà, per come avevo pensato la storia inizialmente, doveva andare in modo leggermente diverso.
Ma, come sapete, questo è un momentaccio.
Per le Directioner in generale, non solo per le Larry Shipper.

Quindi niente, spero di avervi potuto donare quel sorriso che ci manca da un po’ di tempo <3

Voglio ringraziare Fabi perché senza di lei questa storia non avrebbe trovato una fine; ringrazio Clodia per il betaggio ed i consigli e ringrazio Marti che è la mia Manager (:

 
Voglio dedicare il capitolo a Ross e France, che MI HANNO CHIAMATA DAL CONCERTO PER FARMI ASCOLTARE LE CANZONI IN DIRETTA AFGDYCIUSWHH All the love.

Ringrazio tutte le persone del Fake, che ogni giorno mi illuminano la vita e tutti quelli che ancora stanno leggendo la ff (:

Un bacione, al prossimo capitolo!
-2 e abbiamo finito!

Scody



PS: Sì, c'è una 'Camera di Vincent ad Arles' anche al d'Orsay (:
PS2: Domani pubblico un capitolo in cui ci sono tutti i titoli e gli autori delle canzoni che ho messo all'inizio di ogni capitolo, perché qualcuno me l'ha chiesto ed ha assolutamente ragione!!

 

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Capitolo 22
*** CAPITOLO 21 - HOME ***


CAPITOLO 21 HOME

CAPITOLO 21 – HOME

"And I want to wake up with the rain
Falling on a tin roof
While I'm safe there in your arms
So all I ask is for you
To come away with me in the night
Come away with me "

(cOME AWAY WITH ME - nORA jONES)

(EXTERNAL POV – tanto ormai i segreti sono svelati)

“No, ragazzi, non so chi siate ma se non avete un appuntamento, non potete entrar- ehi, vi ho detto di no! Il dottore è occupato adesso, non può ricevervi!”

Senza ascoltare minimamente le parole dell’infermiera, Liam si avvicina alla porta dello studio a grandi falcate, aprendola con violenza.

“Ma che cosa fa? E’ impazzito? Dica qualcosa al suo amico! Lo fermi!” Urla la donna, sconvolta, rivolgendosi a Zayn.
“Oh no signora. Io non fermo proprio nessuno” Risponde il moro, con sguardo truce “Per la prima volta in quasi tre anni stiamo facendo qualcosa di buono e stia sicura che dopo questa conversazione niente sarà più come prima”.

Adesso che sanno.
Adesso che possono fare qualcosa.

Lei lo guarda con il terrore negli occhi, senza capire assolutamente niente di quello che sta accadendo e Zayn decide che è il momento di fare il suo ingresso nello studio del ‘rinomato dottore’.

“Ah. Sappia che il mio amico lì dentro è una furia quando si incazza. E indovini un po’? Adesso è incazzato nero”, conclude, lasciandola con la bocca aperta e le lacrime agli occhi.

Che la festa abbia inizio.

“Dr. Burke, credo che sia arrivato il momento per lei di fare una bella chiacchierata con noi.” Sente dire a Liam, perentorio.

 Il medico è in piedi, di fronte alla scrivania, con uno sguardo ancora più terrorizzato di quello della sua assistente.

“Chi siete voi? Chi vi ha dato il permesso di entrare?” Chiede il ‘dottore’, cercando di ritrovare la sua compostezza.

“Chi siamo, dice? Beh vediamo..il cognome Tomlinson le dice niente, signore?” Risponde Liam, con un sorriso nient’altro che rassicurante.

Zayn lo vede impallidire, creando un contrasto notevole con la faccia rossa e contratta di Liam.
Era davvero tanto che non lo vedeva così arrabbiato.
Era davvero tanto che non lo vedeva combattere per qualcosa.

Era davvero tanto che qualcuno di loro non faceva la cosa giusta.

Dall’altra parte, su un lettino, un uomo dalla faccia triste –il malcapitato paziente del momento, evidentemente- sta osservando la scena con espressione interdetta e corrucciata.
L’espressione vuota, di chi ha smesso di sperare.

Anche Liam deve accorgersi dell’uomo sul lettino, dato che dopo aver lanciato un’ultima occhiata di fuoco al ‘medico’ – tanto per sottolineare che questo è soltanto l’inizio – si rivolge a lui, con tono sbrigativo.

“E lei – continua, rivolto proprio all’uomo dalla faccia triste- farebbe meglio a trovarsi un nuovo dottore, in fretta anche”.

Quello, capendo la situazione, decide in fretta e furia di raccogliere le sue cose e lasciare lo studio, senza neanche preoccuparsi di prendere un nuovo appuntamento o salutare il dottore.
Bene, forse l’hanno spaventato a dovere.
Speriamo solo di poterlo fare anche con Burke, pensa Zayn.

“Che cosa volete da me? Vi ha mandati Tomlinson? Non avete nessun diritto di entrare nel mio studio e cacciare i miei clienti! Mary! Mary, chiama la sicurezza!” Grida il medico, barricandosi dietro la propria scrivania.

Codardo.

 “Se cerca l’infermiera qui fuori..credo se ne sia andata, insieme a quel tipo dalla faccia triste. In effetti sembravano entrambi spaventati a morte. Poverini, non vorrei essere nei loro panni”, risponde  Zayn, sorridendo.

“In realtà io non vorrei essere nei suoi, di panni.” Sottolinea Liam, indicando il dottore, sempre più livido di rabbia e paura.

I due ragazzi si avvicinano ancora; la scrivania, l’unico oggetto che separa il povero medico dalla loro furia.

“Allora, le va di parlare adesso?” Chiede Liam, di nuovo, dopo aver recuperato almeno una parte della sua solita compostezza.

“Ma di che cosa volete parlare?” Risponde il medico, arrogante.

“Ah beh non so, vediamo. Forse del fatto che sia dando delle pillole ad un suo paziente per non farlo guarire? O che abbia un qualche accordo con la signorina Eleanor Calder? Le dice niente questo nome?” Riprende Liam, dopo aver ritrovato un po’ della sua solita compostezza.

“Queste sono accuse pesanti, ragazzini! Avete idea di cosa state dicendo?” Sbraita il dottore, con uno sguardo a metà, tra il diffidente e lo spavaldo.

Sa benissimo chi siano quei tre ragazzi e sa benissimo cosa siano venuti a chiedere.
In fondo Eleanor l’ha vista proprio ieri e crede di aver già capito cosa sta succedendo.
Ma sa anche che senza prove e senza testimonianze nessuno potrebbe mettere in dubbio la sua professionalità.

Nessuno.

Così, mentre i due sembrano sempre più arrabbiati, il medico decide di giocarsi la carta dell’uomo maturo, cercando di sembrare molto più sicuro di quanto in effetti sia.

“Allora? Non parlate più? Avete delle prove per confermare quello che state dicendo? In più non vedo il signor Tomlinson qui con voi. Deduco quindi che non sia d’accordo con questa pantomima?” Incalza il dottore, senza il minimo scrupolo.

Ricorda bene il ragazzo, Louis.
Lo ricorda perso ed impaurito, quando a gennaio si era presentato davanti a lui raccontando tutti quei sogni ed i mal di testa.

Aveva capito subito che erano i segnali di una possibile guarigione; i segnali che molti dei pazienti nelle sue condizioni avrebbero accettato con entusiasmo.

Ma lui no, sembrava soltanto confuso ed arrabbiato.
E, in fondo, era quello per cui lui e la signorina Calder avevano lavorato tutti quei mesi.
Il ragazzo non avrebbe dovuto ricordare, su questo si basava il loro accordo e su questo si basava il suo introito mensile di molte migliaia di sterline.

“Lo faccio per il suo bene, dottore. Lei non sa cosa ha dovuto passare quel ragazzo prima dell’incidente. Ho bisogno che non ricordi. Devo proteggerlo da quelle cose. Per questo ho chiesto che fosse trasferito sotto le sue cure, so che di lei posso fidarmi”, gli aveva detto Eleanor, presentandosi nel suo studio dopo un paio di mesi dall’incidente.

A lui non importavano molto le sue motivazioni, in realtà.
Gli bastava fregare un importante cliente al suo rivale e se nel farlo otteneva anche un po’ di soldi in più e poteva far felice una ragazzina innamorata..beh tanto meglio per tutti.

“Lei è sicuro che non abbiamo le prove, signor Burke?” Chiede allora Zayn, risvegliandolo da quel tuffo nei ricordi.

“Oh, ma con chi credete di avere a che fare? Se aveste avuto anche la minima prova per tutte le vostre accuse, adesso non sareste qui a parlare con me. Il fatto è che sapete di non poter vincere contro di me. E’ la vostra parola contro quella di un medico illustre e riconosciuto. E ora scusate, ma se non avete altro da aggiungere vi prego di lasciare subito questa stanza. Avete già causato abbastanza problemi” Conclude, freddo, pensando di aver chiuso finalmente questa spiacevole parentesi.

“No!” Urla ancora Liam, sbattendo il pugno sulla scrivania e facendo persino scorrere un brivido lungo la schiena di Zayn.
“Noi non ce ne andiamo da qui finché lei non ammetterà che cosa ha fatto!”

Nessuno, a parte Zayn, si accorge della porta dello studio che si apre lentamente.
Liam è troppo preso dalla sua rabbia, mentre il medico ha iniziato a ridere di gusto, sentendosi troppo protetto e invincibile.

“Io non ammetterò mai niente, tutte le vostre accuse sono infondate. Tomlinson ha bisogno di quelle pillole, per controllare la propria instabilità psichica e questo è quanto.  E a meno che uno di voi non abbia una laurea in neurologia, credo che non possiate far altro che accontentarvi delle mie spiegazioni.” Conclude il dottore, beffardo, incastrando i propri occhi in quelli di Liam.

Ed è allora che Zayn scoppia in una fragorosa risata.

“Ma che?” Chiede Burke, allarmato.

“Beh forse loro non avranno nessuna laurea, ma io sì. E credo proprio che dovrò dare una controllata alle cartelle del signor Tomlinson, non credi Richard?” Chiede una terza voce, molto più adulta e profonda.

Lo sguardo del medico scatta verso la porta e soltanto in questo momento si accorge dell’ingresso di altre due persone nella stanza.
Un ragazzo biondo, ed un uomo sulla cinquantina, brizzolato e dallo sguardo particolarmente profondo.

“Dr. Fleming, cosa ci fa lei qui?” Chiede Burke, allarmato, mentre le gambe iniziano a cedere ed il sudore inizia ad imperlare la sua fronte prima di capelli.

“Diciamo che prima di venire da lei i ragazzi sono passati da me. Purtroppo dovevo concludere alcune visite e soltanto adesso sono riuscito a venire qui da lei. Ma ho ascoltato abbastanza per capire che forse hanno ragione.” Risponde l’uomo, inchiodando lo sguardo in quello del collega.

Niall, nel frattempo, si avvicina ai due amici, che finalmente possono tirare un sospiro di sollievo.

“Ti giuro che ci hai fatto perdere dieci anni di vita” sussurra Zayn al biondo, “Ad un certo punto ho avuto paura che Liam stesse per scoppiare.”

“Lo so, scusa, ma quello non si muoveva. Menomale che siamo arrivati in tempo”, risponde Niall, con un sorriso rassicurante.

“Allora, dottore. Posso vedere le cartelle del signor Tomlinson? In fondo era un mio paziente, prima che lei prendesse misteriosamente il mio posto.” Riprende Fleming, avvicinandosi al computer dell’altro.

“Ma veramente, ecco io..” Balbetta Burke, sconfitto.

“Non si preoccupi dottore. Sicuramente non troverà niente di irregolare, giusto? Tutto quello che abbiamo detto è un cumulo di bugie, giusto?” Chiede Liam, con un sorrisetto impertinente sul volto, ormai completamente calmo.

“Allora, preferisci raccontarci tu Gerald, o devo davvero cercare la cartella del paziente?” Domanda Fleming, appoggiandosi alla scrivania.

L’uomo è ormai circondato.
Sa che in un modo o nell’altro la verità salterà fuori.

E sa anche che, molto probabilmente, dovrà presto emigrare in un paese dove non sia concessa l’estradizione.

“Va bene, va bene. Parlo.”

 

 

Louis si sveglia, lentamente.

In lontananza, ancora il rumore della pioggia.

Prima ancora di aprire gli occhi, sente una sensazione nuova nel petto.
Qualcosa che, nel suo stato di semi incoscienza, può definire di pienezza e calore e..casa.

Louis si sente a casa.

Piano piano torna a sentire tutte le parti del suo corpo, il letto, il lenzuolo, il cuscino e quel soffio di aria calda che colpisce il suo collo scoperto.
Un soffio leggero, regolare, rilassato.

E’ un respiro.
E’ il suo respiro.

Solo adesso si accorge dei capelli che gli solleticano il mento e della mano calda abbandonata sul suo petto.
Della gamba che lo trattiene con una morsa gentile, in un gesto tanto intimo quanto familiare.

Le sue dita, nel frattempo, hanno già iniziato a muoversi involontariamente sulla striscia di pelle su cui erano appoggiate; è una schiena liscia e infreddolita, che loro si divertono a venerare, in modo semplice.
In modo naturale.

Apre gli occhi lentamente nella luce offuscata della camera, inizialmente incapace di distinguere niente.

La prima cosa che riesce a mettere a fuoco sono dei ricci ribelli e incasinati, che ricadono un po’ sul suo collo e un po’ sul profilo della persona rannicchiata contro di lui.

Oh, Harry.
Harry ovunque, sopra, sotto, intorno a lui.

Harry è lì, insieme a tutti i suoi ricordi.
Custode della sua felicità.

Il calore unico della sua mano ed il respiro inconfondibile che si infrange sulla sua pelle.
Il respiro che gli provoca brividi, ancora, ancora, ancora.

La consapevolezza cala su di lui come una liberazione: nessun mal di testa, nessuna sensazione di vuoto o di mancanza, nessun sogno terrificante, nessun desiderio di scappare o sparire per sempre dalla faccia della terra.

Tutto quello che prova è una calma quasi totale.
La consapevolezza che, sì, in fondo il peggio è passato.

Non dovrà più avere paura.
Non dovrà più sentirsi solo.
Mai più.

Si sposta lentamente, stando attento a non svegliare il ragazzo addormentato accanto a sé, in modo da poterlo guardare meglio.
Osservare colui che, ancora una volta, lo ha riportato a casa.

Adesso sono sdraiati, l’uno di fronte all’altro, ognuno sul proprio fianco, mentre gli occhi di Louis possono finalmente riscoprire tutti i più piccoli particolari del ragazzo che ancora dorme profondamente.

Lo sguardo scende, marchiando a fuoco nella sua mente l’immagine del suo nuovo inizio.
L fronte distesa e rilassata, come non la vedeva da tanto tempo; il naso che sfiora il cuscino, la bocca leggermente aperta, le labbra carnose e la linea della mascella marcata e perfetta.

Gli era mancato.
Gli era mancato così tanto e neanche se ne era reso conto.
Neanche lo sapeva.

Aveva vissuto mesi, anni, nell’attesa di potersi sentire di nuovo completo, arrivando addirittura a dubitare di esserlo mai stato.
Aveva perso se stesso, insieme ad Harry.
Aveva brancolato nel buio più assoluto, in preda della paura, delle false sicurezze, di una realtà che si era rivelata completamente falsa.

Le sue spalle larghe, i tatuaggi sulla pelle diafana, i due capezzoli in più di cui sembrava tanto vergognarsi.

Erano tutti dettagli che adesso ricordava ma che aveva riscoperto, finalmente senza paura.
Il sorriso sghembo, la camminata un po’ storta e la risata improvvisa e quasi esagerata che aveva sempre riservato solo a lui.

La risata che quella notte aveva ritrovato più roca, più vissuta, ma comunque bellissima.
La risata che, ne era sicuro, si era portato via, il giorno che tutto era andato distrutto.

E di nuovo, le lacrime di colpa e tenerezza tornano a riempirgli gli occhi, come molte volte durante la notte appena passata.

E’ Harry, Harry soltanto che ha continuato a portarlo lontano dal baratro.
Sono sempre io.

Guarda il magnifico uomo che ha davanti a se e continua a chiedersi come possa averlo aspettato, come possa aver accettato tutto quello che gli ha fatto passare in questi mesi, come-

“Lou..” E’ un sussurro leggero, quello di Harry.

Un sussurro che basta, per riportare Louis alla realtà e impedirgli di finire di nuovo nel turbinio del senso di colpa.
Sono sempre io.

“Freddo..” Continua Harry, inconsapevole dell’amore che il ragazzo sdraiato accanto a lui sta provando in questo momento.
Sembra un bambino, in questo modo.

Rannicchiato su se stesso nel cercare il calore che il corpo di Louis ha smesso di donargli.

Harry lo sta chiamando nel sonno, nonostante si siano ritrovati da così poche ore, e Louis non può fare a meno di chiedersi se abbia, in effetti, mai smesso di farlo.
Probabilmente no.

Dopo qualche attimo di stupore, proprio quando la fronte di Harry si aggrotta e i suoi occhi sembrano pronti ad aprirsi, Louis decide che sì, quel ragazzo si merita decisamente altre ore di sonno.
E dopo la giornata di ieri se le merita anche lui.

Senza pensarci ancora, si riavvicina al più piccolo e lo riprende tra le proprie braccia, così come accadeva sempre prima e così come spera che accadrà ogni notte, da adesso in poi.
I loro colpi coincidono come pezzi di uno stesso puzzle e si adattano perfettamente, modellati l’uno sulle curve dell’altro, come se fossero cresciuti nella presenza e nell’assenza, nell’attesa di potersi ritrovare e riconoscere anche dopo anni di lontananza.

E mentre Harry torna a scaldarsi, mugolando di piacere sotto le sue cure, la mente di Louis torna veloce a quello che è successo durante la notte precedente.

La loro notte.
Il loro nuovo inizio e il suo ritorno a casa.

-LA SERA PRIMA-



Harry si avvicina al cancello con urgenza e lo apre con sicurezza,mentre la pioggia continua a scrosciare imperterrita su di loro.
Ormai sono completamente bagnati, dalla testa ai piedi.
Ma non se ne accorgono, impegnati come sono in quel loro camminare un po’ convulso, fatto di soste e sospiri, di passi veloci e baci bagnati.

Attraversano il giardino così, senza preoccuparsi di inciampare o restare bloccati, in quel groviglio di carezze, morsi, baci e membra.
E’ assurdo quanto due anime, rimaste distanti così a lungo, possano arrivare a desiderarsi.
Quanto quel desiderio riempia tutto in un attimo.

Dove prima c’era il vuoto, dove prima vivevano incontrastati dubbi e paure, adesso non c’è altro se non la voglia di esplorare l’altro, ritrovare l’altro, di imprimerselo sulla pelle in modo che questa volta non se ne possa più andare.

La voglia di riconoscersi ed amarsi di nuovo.
Non esiste niente se non l’altra persona e la sua bocca e la sua pelle.
Quella pelle che un tempo sapeva anche di te e che adesso sembra avere un sapore nuovo, ma che profuma sempre come la prima volta.

In Louis i ricordi ancora freschi si mischiano con queste nuove sensazioni, così simili ma allo stesso tempo così diverse.
Harry è così cambiato, è così cresciuto, che in alcuni momenti stenta quasi a riconoscerlo.

Arrivati alla porta, il riccio si abbassa a prendere le chiavi da sotto lo zerbino e con mani tremanti si affretta ad aprirla, mentre Louis lo osserva, cercando di trovare delle vere somiglianze con il suo piccolo.

E non sa neanche perché, ma di nuovo la paura gli attanaglia la gola e le parole stentano ad uscire.
E se fosse passato troppo tempo?
E se fosse comunque troppo tardi?
E se Harry fosse davvero ormai troppo lontano?

E’ così uomo.
E’ così forte.
E’ così completo.

Harry spalanca la porta e si volta con un sorriso sporco verso il suo compagno, che sembra essersi bloccato di nuovo, sotto la pioggia torrenziale.
L’amore della sua vita è lì, di fronte a lui, finalmente con tutti i suoi ricordi.

“Lou?” Chiede, speranzoso, spostandosi dalla porta per lasciarlo entrare per primo.

Ma il ragazzo sembra essersi immobilizzato, il suo sguardo è vacuo e corrucciato, come se stesse pensando a qualcosa di molto importante e doloroso.

Sembra così indifeso, così confuso tutto bagnato e assorto.
Vorrebbe solo poterlo stringere a sé per sempre e sussurrare al suo orecchio un mantra di ‘ti amo’ e ‘mi sei mancato’ e ‘sposami’ e ‘torna a vivere con me’, ma ha capito che qualcosa non va e sa che solo le parole giuste riuscirà a riportare Louis da lui.

Si avvicina con cautela e sfiora la mano del ragazzo, in un modo completamente opposto da quanto non avesse fatto fino a quel momento.
Louis sta tremando e Harry sa benissimo che non è colpa della pioggia.

Gli prende la mano con più sicurezza, ma sempre con la massima cautela, e lo accompagna dolcemente all’interno della casa, chiudendosi silenziosamente la porta alle spalle.

Louis è ancora silenzioso, ma il suo sguardo adesso è fisso su di lui, come se stesse studiando ogni suo movimento..come se stesse cercando di capire qualcosa, stando bene attento a non incrociare mai il suo sguardo.
Harry si ferma e aspetta, mentre le gocce d’acqua limpida cadono dai capelli e dai vestiti, bagnando il pavimento dell’ingresso.
Passa una mano tra i capelli, spingendoli indietro, in modo che non gli cadano davanti agli occhi ed è a quel movimento che il silenzio di Louis si spezza improvvisamente.

Un singhiozzo riverbera nella stanza e nelle ossa di Harry, che spalanca gli occhi stupito, mentre nuove e copiose lacrime sgorgano dagli occhi arrossati di Louis.

Ti prego, fa che non l’abbia spezzato.

“Sono così lunghi..” Mormora Louis, tra un respiro e l’altro, mentre stringe entrambe le braccia intorno al busto, come a volersi proteggere.

Ha paura di me?

“Lou, cosa..?” Chiede Harry, senza avvicinarsi troppo per paura di fare qualche mossa azzardata.

Cosa c’è che non va?

Io..Oddio..mi dispiace così tanto..così tanto..” Continua Louis, senza smettere per un attimo di singhiozzare.

“Louis te l’ho già detto, non c’è nessuna colpa da perdonare. Cazzo, io..sono io che dovrei scusarmi..” Cerca di rispondere Harry, senza sapere davvero cosa fare.

Aiutami Louis. Aiutami a capire.

“No no..tu sei così grande e..io..Harry io ho perso così tanto tempo, ho perso così tanto di te in questi anni..”
“Louis ti prego, non pensiamoci più adesso, almeno per stanotte..ho bisogno di stare con te..” Prova di nuovo il riccio.
“No!” Urla improvvisamente Louis, senza lasciarlo finire. “Harry tu..sei così diverso adesso! Come puoi volermi ancora? Come puoi essere ancora il mio piccolino? Sei così forte e sei un uomo ed io..io cosa sono? Mi sembra di essermi appena risvegliato da un brutto sogno e avere di nuovo diciannove anni!” Esplode Louis, mostrando finalmente ciò che davvero lo sta logorando.

Oh no amore mio, no.

Harry guarda il meraviglioso uomo che ha di fronte continuare a spezzarsi e spezzarsi ancora proprio di fronte a lui e non riesce più a stare zitto.
Torna a premere la sua fronte su quella di Louis, prendendo fra le mani il suo viso delicato come poco prima e le parole cominciano a fluire come spinte da una forza sconosciuta.

“Louis. Guardami.” Chiede, con un ordine che sembra più una preghiera.

“No..no Harry non ce la faccio. Ho paura..”
“Di cosa? Lou, di cosa hai paura?”
“Ho paura che non saremo più come prima..ho paura che sia troppo tardi. E se non ci riconoscessimo più?” Chiede, tremante e testardo, senza ancora alzare gli occhi da terra.

Harry vorrebbe dire così tante cose, ma se non riuscirà ad avere la sua attenzione potrebbero essere completamente inutili.

“Lou.. ti prego guardami. Per favore, amore, guardami. Boo..”

Ed è quella piccola parola, quella sillaba, quel soprannome che finalmente cambia tutto.

Gli occhi di Louis si spostano reclutanti sul viso di Harry; sul mento, sulla bocca, sul naso, fino ad incrociare il suo sguardo, finalmente.

“Boo, guardami negli occhi, okay? Sono sempre io, mi vedi? Sono più alto, ho qualche anno di più ma sono sempre io.” Riprende Harry, con voce rotta ma sicura.
“Sono io che inciampo sui tappeti, sono io che stiro le camicie e sono io che ti guardo da lontano e non posso far altro che ammirarti. Sono io che ti ho aspettato e che ho sbagliato molto più di te. Sono io che ho bisogno di qualcuno -no ma cosa dico, di te- te che mi abbracci di notte, perché anche se adesso sono il più alto questo non cambia il fatto che tu e soltanto tu mi faccia sentire davvero protetto.”

Louis è immobile, mentre i singhiozzi sembrano essersi fermati.

Ti prego amore resta, resta, resta.

“Sono sempre io Lou. Sono sempre il tuo piccolo. Sempre. E adesso ho davvero bisogno di te.” Conclude Harry, senza mai spostare lo sguardo da quello del ragazzo distrutto fra le sue braccia.

Passano secondi che sembrano anni, mentre Louis scruta e affonda negli occhi di Harry, in quelle iridi profonde e nitide dove si era sempre potuto specchiare.

E, in quel momento, Louis riesce a vedere il suo Harry.
Non quello meraviglioso, bellissimo ma irraggiungibile che gli era sembrato di vedere; ma quello strano, dolce e genuino che aveva paura di aver perso per sempre.

Harry, che adesso ha bisogno del suo Louis tanto quanto Louis ha bisogno del suo Harry.

“Hazza..” E in un attimo unisce la sua bocca a quella di Harry, in un bacio ancora diverso da tutti quelli che si sono scambiati fino ad ora.

Perché in questo momento non è paura, non è speranza, non è confusione.
Adesso è realtà.

Perché Louis sta assaporando davvero il suo Harry; l’ingenuità di ieri e la sicurezza di oggi, la tenerezza di ieri e la passione di oggi.
La persona che prima non riusciva ad identificare, adesso sembra così vicina al ragazzino che conosceva.
Nel modo in cui gli accarezza le guance, nel modo in cui la sua lingua curiosa si fa strada nella sua bocca, perfino nel suo modo di ridacchiare compiaciuto tra un bacio e l’altro.

“Sono qui Harry. Sono qui davvero, stavolta. Piccolo..”

E continuano a baciarsi, stavolta con meno impazienza e più scioltezza, mentre le sensazioni di ieri e di oggi si fondono in un meraviglioso groviglio di emozioni.

Il dolore, il desiderio, la frustrazione, la speranza, la gioia, la consapevolezza di essere di nuovo loro e di nuovo insieme.

Sempre noi.
Sempre insieme.

“Letto Lou..” Mormora Harry, dopo alcuni minuti durante i quali non sono riusciti a staccarsi un attimo l’uno dalla pelle dell’altro.

“Okay okay” Bacio “Andiamo” Bacio “Ma..” Bacio

“Dai Lou, smetti di parlare..” Lo interrompe Harry, spazientito.

“Stai calmo tigre” risponde Lou, ridacchiando “Pensavo solo che visto che adesso sei decisamente più alto di me potremmo sfruttare la cosa a nostro vantaggio..”  Bacio

“Cioè?” Chiede Harry, prima di scendere a lasciare una serie di leggeri morsi sul collo umido di Louis.

“Cristo, lasciami concentrare..” Sospira Louis, mentre le sue mani tirano leggermente i ricci di Harry, provocandogli un mugolio di piacere.
“Sì, sei ancora decisamente il mio piccolo..” Commenta Louis, vedendo quanto Harry sia ancora così pronto, a rispondere al suo tocco.

“Lou ti prego..” Piagnucola il riccio “Dimmi cosa vuoi e andiamo..”

“Io..voglio..” Riprende Louis, con  tono basso e roco –dannatamente roco- facendo voltare Harry, in modo da far aderire la sua schiena e le sue curve al proprio corpo “Voglio che..”

“Cosa vuoi Lou? Cazzo..” Sospira Harry, mentre il suo cervello inizia a vacillare, offuscato dalle migliaia di sensazioni che sta provando.

“Voglio che tu mi porti in collo!” Urla, all’improvviso, risvegliando Harry dal momento di estasi e montando sulle sue spalle come un koala.

“Lou!” Sbuffa il riccio, incapace di trattenere una risata.

Ecco il Louis che ama.
Quello che gli è mancato in tutto questo tempo.

Il ragazzo che in un attimo passa dalla sensualità più estrema alla pazzia pura, trasformandosi in un orsacchiotto di peluche bisognoso di attenzioni e affetto.

Harry cerca di mantenere l’equilibrio, mentre Louis continua ad essere un pericolo sulle sue spalle e lo mordicchia, senza lasciargli tregua.

“Muoviti Harry su, usa quei muscoli..” Sospira, mentre inizia a passare le piccole mani sul suo petto lasciato scoperto dalla camicia, rendendo ancora più difficile la sua impresa.

Ora che si è tranquillizzato, sembra apprezzare questo nuovo lato di Harry.

“Lou se non ti calmi adesso credo che non arriveremo neanche a metà di queste scale.” Risponde Harry, cercando di mantenere un tono credibile e fermo.

Ma quando mai.

Con non poca difficoltà – e un paio di soste per riprendere fiato- arriva finalmente alla camera da letto, letto sul quale Louis si getta senza nessun problema.

La loro camera.
Il loro letto.
Le loro foto.
L’unico luogo dove erano sempre stati completamente liberi.

Gli occhi dell’uno negli occhi dell’altro, entrambi limpidi finalmente, entrambi consapevoli.

Louis è sdraiato sul letto, i capelli arruffati e la felpa verde che gli cade addosso quasi come una coperta; Harry in piedi, di fronte a lui, con il petto che ancora si alza e si abbassa per la fatica.

Il silenzio intorno a loro è assordante di immagini e suoni e ricordi.

“Cazzo Harry, dovrò aggiustarla un po’ questa casa. Troppo pulita e troppo ordinata per i miei gusti.” Lo prende in giro Louis, cercando di smorzare l’emozione che entrambi stanno provando in questo momento.

Harry lo guarda sbalordito, mentre un sorriso incredibilmente luminoso si affaccia sul suo viso.

“Queste sono le..”
“Le prime parole che ho detto quando abbiamo arredato la casa. Lo so.” Conclude Lou, fiero.

Harry si lancia sul letto, baciando Louis in modo casto, ma convincente.

“Mi sei mancato.”
“So anche questo.”
“Ora che facciamo, Boo?”
“Ricominciamo a vivere, amore.”

E’ Louis a prendere l’iniziativa, togliendosi la felpa bagnata ed appoggiandola in terra, delicatamente, dimostrando ad Harry quanto ancora valga per lui.
Harry sorride, mentre con calma sbottona la camicia e la lascia cadere sopra la felpa, dove piano piano vanno ad accatastarsi gli indumenti di entrambi.

“No. Aspetta”, mormora Louis, fermando le mani del riccio prima che si avvicinino ai suoi boxer.

Ora che entrambi sono rimasti in intimo, sembra essere deciso a prendere l’iniziativa e spinge delicatamente Harry, finché non si ritrova supino, sul letto.

“Lou?” Chiede Harry, disorientato.
Non pensava che sarebbe riuscito ad essere subito così sciolto.
Cazzo quanto lo ama.

“Shhh..hai detto che avevi bisogno di me? Quindi, ora zitto e lasciami fare.” Lo ammonisce Louis, ammiccando, prima di sedersi a cavalcioni su di lui, creando subito una piacevole frizione.

“Mhhmm” Mugola Harry, quando Louis inizia a sfregare con più decisione, mentre inizia a mordere e baciare il suo collo scoperto.

“Anzi”, gli sussurra all’orecchio, “Fatti sentire. Mi ha sempre fatto impazzire ascoltarti godere”.

Harry rilascia un altro sospiro profondo, mentre la scia di baci e morsi scende, passando per le clavicole, il petto e i quattro capezzoli che hanno sempre affascinato Louis.

“Oh, eccoli qui, i due intrusi..vediamo se sono sempre sensibili come una volta?” Chiede Lou, prima di iniziare a lavorare su entrambi, con i denti e con le dita.

“Cazzo, cazzo, cazzo Lou mi uccidi” Sibila ancora Harry, la testa tirata indietro ed i muscoli del collo in tensione.

Louis alza gli occhi, per osservare quella maestosa visione; i capelli di Harry, così lunghi e selvaggi, sono sparsi sul cuscino e i suoi occhi, socchiusi, lo stanno fissando in trepidante attesa.

“Calma curly, che piano piano ci arriviamo.” E scende, ancora, soffiando sulla pancia di Harry e lasciando un languido bacio sull’ombelico.
Harry è percorso da un brivido profondo, perché sente nelle viscere di essere davvero completamente e irreparabilmente di Louis.

Tuo, tuo, tuo.
Nessuno riesce a farmi sentire così.

Louis, che continua con la sua tortura; che accarezza i suoi fianchi; che assaggia la sua pelle; che con un ultimo sguardo reverente e malizioso abbassa i boxer di Harry, lasciando libera la sua erezione.

E resta così, ad un soffio da lui, meravigliato.

Bellissimo.

“Oh, sì.” Commenta, prima di abbassarsi su di lui e dedicarsi alla dolce tortura a cui da troppo tempo non sottoponeva Harry.

E mentre ricorda i punti deboli del suo amore; mentre ritrova la sua vena sporgente e lo vede sciogliersi sotto il tocco della sua lingua e delle sue labbra, torna davvero a scoprire quanto possa essere bello fare l’amore con qualcuno.

Prendersi cura di quel qualcuno, del suo qualcuno, mentre lui si abbandona completamente ai suoi tocchi e alle sue provocazioni, rispondendo con la stessa necessità di un uomo che trova acqua nel deserto.

Harry è in sua completa balia, le mani aggrappate ai suoi capelli, e Louis deve toccarsi attraverso i boxer, cercando un po’ di sollievo, per poter completare la sua opera di disfacimento.

E quando lascia che i denti sfiorino la pelle sensibile di Harry, il riccio non riesce a trattenersi e dà una forte spinta col bacino, mentre inarca la schiena e mugola ripetutamente il suo nome.
Louis si ferma un attimo e alza gli occhi verso il viso del riccio, quasi trasfigurato dal piacere.

“Sei bellissimo”, sussurra, proprio sulla punta, in modo che le labbra sfiorino la sua pelle e il respiro caldo si infranga su di lui, aspettando che gli occhi del riccio si abbassino su di lui per incastrare gli sguardi.

Harry respira forte e i suoi occhi sono così lucidi e la sua bocca aperta e Louis potrebbe venire in quel preciso istante anche solo guardandolo.

Harry. L’unico che risponde così al suo tocco.
L’unico che conosce alla perfezione ogni angolo della sua anima.

“Lou.” Lo chiama il riccio, risvegliandolo dalla contemplazione. “Non voglio venire così..io..voglio te.” Gli dice, prima di sollevarlo su di sé e tornare a baciarlo, assaggiando il suo stesso sapore.

“Okay, okay piccolo. Come mi vuoi?” Chiede Louis, mentre il riccio scaraventa i propri boxer e quelli di Louis il più lontano possibile da loro.

“Così Lou.” Soffia Harry, prima di aprire le gambe e baciare Louis con tutta la dolcezza possibile, nonostante il desiderio e la voglia del momento.

“Sono pulito.” Continua Harry, spiegando meglio cosa questo ‘così’ voglia dire.

Harry ha bisogno di sentirlo davvero, pelle contro pelle, senza alcuna barriera a separarli.
Io e te e basta.

Louis lo guarda, prima di dargli un bacio a stampo e rispondere che, sì, anche lui è pulito.
Le ultime analisi le ha fatte a gennaio e dopo..beh fino ad ora non è più stato con nessuno.

Mai più nessuno.

Per un attimo fugace l’immagine di Eleanor attraversa i suoi occhi, ma fa presto a cacciarla.
Ci sarà tempo per pensare a lei.
Adesso deve dedicarsi completamente ad Harry.

Harry.

Tre anni, o poco meno.
Tre anni di sofferenza e mancanza e rassegnazione.
Tre anni di speranze nascoste e ricordi e sguardi da lontano.

E ora Louis è qui, di fronte a lui, sopra di lui, mentre lo prepara meticolosamente e dolcemente, con un’espressione concentrata ma allo stesso tempo felice.
Ed Harry è talmente affascinato dall’uomo che ha davanti, che neanche se ne accorge del dolore iniziale, procurato dalla mancanza di lubrificante.

L’uomo che ha abbandonato tutte le certezze che sembrava avere e che ha accettato la verità, con tutto il dolore e la malinconia che avrebbe portato con sé.
L’uomo con i capelli folli e lo sguardo innamorato che adesso lo sta penetrando, sempre lentamente, sempre senza staccare un attimo gli occhi da lui.

Lo stesso che la pioggia gli aveva portato via e che adesso glielo ha restituito.

E quando, alla fine, sono completamente uniti, rimangono immobili.
Immobili, la fronte di Louis appoggiata sulla sua, i respiri che si fondono, i petti che si alzano ed abbassano contemporaneamente e le gocce di sudore che scendono regolari sulla pelle di entrambi.

E’ l’unione di quello che è stato e di quello che sarà.
E’ tutto quello che esiste in questo momento, tutto quello che ha importanza.

Io e te e basta.

“Ci sei piccolo?”
“Sì. Sempre.”

E sono tanti i significati di questa risposta, ma adesso non è il momento di parlarne.

Louis esce da lui, quasi completamente, prima di iniziare a spingere in modo lento e regolare.

Lo farà impazzire.
Harry sa che lo farà impazzire.

Era sempre stato bravo ad essere il maestro d’orchestra; a dirigere il ritmo e spingerlo oltre ogni possibile limite.

Le spinte si fanno sempre più veloci e le mani di Harry si aggrappano alla schiena di Louis, per poterlo avere più vicino e unire le loro bocche i baci sporchi, fatti di denti e nasi che si scontrano e piccole risate sommesse.

Harry continua a ripetere parole senza senso, litanie confuse, dichiarazioni d’amore ed è convinto di essere ridicolo, così assorto e così incapace di formulare un pensiero che non sia ‘Louis, Louis, Louis’.

Harry
Louis
Harry
Louis
Harry
Louis

Io e te e basta.

Ed è così che entrambi vengono, prima Harry e subito dopo Louis, con l’uno il nome dell’altro sulle labbra.

Harry
Louis

Quei nomi, urlati e sussurrati, che contengono così tante emozioni che portano entrambi sull’orlo delle lacrime, di nuovo.

Louis esce da lui lentamente e si abbandona sul suo corpo, senza neanche preoccuparsi di pulirlo, prima di respirare forte tra i suoi capelli ed aggrovigliare le sue gambe a quelle del riccio.

Il tuo odore Haz, il tuo odore.

“Ti amo Louis. Non ho mai smesso. Neanche per un attimo.”

Harry è ancora tremante, ma la sua voce è decisa e limpida quando dice queste parole.
Louis sbuffa una risata di felicità fra le sue ciocche bagnate, perché cazzo, è tutto il giorno che piange ed Harry deve davvero smettere di dire queste cose.

Restano zitti entrambi, per un po’.
Mentre tutto, in quella stanza, racconta di loro.

Louis sente le parole di Harry che si fanno strada nel suo sangue e nelle sue ossa, riempiendole di verità e vita; Harry lo aspetta, come ha sempre fatto, mentre inizia ad accarezzare la sua schiena contratta, provocandogli nuovi brividi di piacere.

Quando entrambi hanno ritrovato il fiato, Louis si sdraia accanto ad Harry, fissando il soffitto con un sorriso sereno dipinto sul volto.
Harry non può far altro che imitarlo, mentre si gira su un lato, per osservarlo meglio.

“Io..” Inizia Louis, prima che una risata nervosa gli riverberi nel petto.

Harry resta in silenzio, avendo imparato che in questi momenti Louis ha bisogno solo di essere ascoltato. Sposta solo una delle sue mani, cercando quella di Lou ed incrociando le loro dita, in modo da rassicurarlo senza dover parlare.

Louis la stringe subito, come se non avesse aspettato altro, iniziando a muovere il pollice, in un gesto automatico e naturale.

“Lo so che forse non  vorresti sentire queste cose..insomma ti capirei se adesso ti venisse voglia di chiudermi la bocca con un cuscino ma..volevo solo dirti che –oddio, non so neanche come spiegarlo cazzo”, Riprende Louis, rosso in viso e a corto di parole.

“Lou. Niente di quello che mi dirai potrà farmi cambiare idea su questo. Su di noi. Ti amo, te l’ho detto.” Lo rassicura Harry, stavolta anche con le parole.

“Pensavo che fare sesso fosse una cosa meccanica. Che l’orgasmo fosse solo fisico e che insomma..non fosse neanche così speciale. Con Eleanor era così.” Dice Louis, tutto d’un fiato.
“Però, io lo sentivo. Sentivo che non poteva essere così. Io..lo sapevo che in quel modo era sbagliato. Era come se in qualche modo avessi la certezza che si poteva provare di più, molto di più..ma senza sapere come.”

Harry apre la bocca per dire qualcosa, ma Louis si volta e lo ferma con un bacio veloce.

“Fammi finire, che è già abbastanza imbarazzante così. Ma ho bisogno di farti capire.”
E Harry, di nuovo, aspetta.

“Era come se una parte di me mi fosse stata strappata. E la cosa peggiore è che non avevo idea di cosa fosse quella parte. Cioè, stavo bene per la maggior parte del tempo, poi rimanevo solo, abbassavo le difese, mi guardavo allo specchio e nei miei occhi vedevo la sofferenza.
Passavo le giornate con quel vuoto sempre lì e continuavo a chiedermi se non fosse un problema mio. Se non stessi completamente impazzendo. Avevo una paura fottuta, Harry. Mi sentivo solo quando ero circondato da persone.” Continua Louis, con voce tremante.

Harry cerca di trasmettergli tutto l’amore possibile con un solo sguardo.

“Avevo una fidanzata, una famiglia, degli amici e per quanto ne sapevo era tutto quello di cui avevo sempre avuto bisogno, no? Eppure stavo male e mi odiavo per questo. Poi..cazzo Harry poi c’eri tu. Eri sempre lì e credevo di non- Credevo che il nostro rapporto non fosse mai andato oltre la semplice conoscenza. Eppure non potevo non guardarti, non potevo non restare per ore a pensare a te. Non riuscivo ad abbandonare l’idea di voler sapere di più su di te.”

La mano di Harry stringe ancora di più le dita tremanti del più grande.
Lo so.

“E tu eri sempre così distante, così irraggiungibile in qualche modo. Eppure potevo prevedere i tuoi movimenti a volte. Sapevo quale fosse la tua torta preferita. Io..quando mi hai abbracciato, sulla terrazza, la sera del mio compleanno..quel calore io lo conoscevo a memoria. E questo mi faceva ancora più paura di tutto il resto.”

Louis si ferma, per riprendere fiato, ed Harry è così innamorato di lui che vorrebbe poter cancellare tutto per farlo stare bene.

“La sera del tuo compleanno è stato il momento in cui ho ricominciato a crederci.” Sussurra, piano, per spronare Louis a continuare.
Io c’ero Louis. Anche se non ti guardavo, anche se ti ho lasciato solo.
Io ero sempre lì.

“Poi mi sono presentato a casa tua come una furia e tu mi hai lasciato dormire sul tuo divano e il giorno dopo..beh è successo quello che è successo.” Riprende Louis, sorridendo amaramente.

“Il peggior Natale della mia vita, senza dubbio.” Risponde Harry, sincero.

“Mi dispiace.”
“Non importa. Sai come la penso. Sono stato io a lasciarti andare per primo.” Lo rassicura Harry.

“Sì ma tu eri pronto a dirmi tutto e io ti ho tirato un pugno. Un pugno Harry!” Urla Louis, imbarazzato.

Sfiora il viso di Harry con le dita, proprio nel punto in cui lo aveva picchiato molti mesi prima.
Come faccia a ricordare il luogo esatto, questo proprio non lo sa, ma è contento che non sia rimasta nessuna traccia del suo passaggio.

“Comunque, non ti ho creduto. Io..non lo so, avevo paura perché darti ragione avrebbe significato considerare falsa tutta quella che era stata la mia vita negli ultimi due anni. E non solo, anche tutti i ricordi che pensavo di avere e che in realtà non sono reali.”

“Non eri pronto.”

“No, non ero pronto. Per questo..Harry mi dispiace ma..ho iniziato a prendere delle pillole e pensavo mi avrebbero aiutato ma ero così confuso, sempre più confuso e ti ho trattato malissimo e..”

“Lou.” Lo interrompe Harry.

“Sì okay okay, tutto perdonato. Lo so. Va bene. Però lascia almeno che ti dica questo” Riprende Louis, rassegnato al fatto che Harry sia davvero troppo buono per essere un normale umano.

Gli prende il viso fra le mani, dolce ma deciso, e torna ad unire le loro fronti in una posa che, ne è sicuro, diventerà quella dei momenti importanti.

“Nonostante tutto il casino che avevo in testa, io non ho mai smesso di amarti. Neanche un secondo. E non lo sapevo ma lo sentivo. Devi credermi perché è così”, mormora, mentre Harry fatica a respirare.

“Ti amavo quando stavo con lei e non mi bastava.
Ti amavo quando cantavamo uno accanto all’altro e la mia testa continuava a girarsi verso di te, come se volesse dedicarti ogni canzone ed ogni parola di quei testi.
Ti amavo quando mi svegliavo la mattina e riuscivo ad alzarmi dal letto solo dopo aver indossato quella felpa.
Ti amavo quando non ti ascoltavo e ti trattavo male e cercavo di ignorarti perché avevo paura.
Ti amavo sempre, perché quando ero solo cercavo qualcuno ma non sapevo chi.”

I suoi occhi sono così sicuri che Harry non può far altro che credere ad ogni parola e tatuarsela nel cuore.

“E quando prima mi è tornato tutto in mente e il mal di testa è scomparso, tutti i pezzi del puzzle sono tornati al loro posto. Lei non bastava perché non eri tu e la felpa era tua e la paura che provavo era quella di scoprire la verità e quel qualcuno che cercavo non eri altro che tu.”

Il silenzio nella stanza regna sovrano e Harry è convinto che Louis possa sentire il battito, fortissimo, del suo cuore.

“Sei sempre stato tu.” Conferma Louis, prima di tirarsi addosso Harry e ricominciare a baciarlo, in mezzo alle lenzuola e nonostante l’appiccicaticcio che hanno addosso.

Io e te e basta.

Si baciano come hanno sempre fatto, assaporandosi e memorizzando ogni respiro, ogni suono ed ogni sguardo.
Louis lo ama, l’ha sempre amato ed Harry capisce che no, non sarebbe giusto cancellare quel periodo dalle loro vite.

Perché tutto quel dolore l’ha portato a lottare e combattere per il suo amore e l’ha fatto crescere e maturare.

E ora sono di nuovo insieme, stretti in un letto che profuma di loro, quindi forse è stato giusto così.

“Harry?” Chiede Louis dopo qualche minuto, “Ti andrebbe di..insomma..”
“Cosa Lou?” Domanda Harry, prima di tornare a dedicarsi al suo collo.
“Vorrei provare a fare il passivo. Mhhm, per- per favore?”

E se fosse un altro, ad Harry verrebbe da ridere.
Perché, insomma, non è proprio così che uno si aspetterebbe di sentirselo chiedere.

Ma il ragazzo che sta arrossendo sotto di lui è Louis e gli ha appena chiesto di fare il passivo.
E ha detto per favore.

“Sei sicuro?” Chiede Harry.
In fondo Louis era sempre l’attivo prima.
Questa sarebbe la sua prima volta.

“Sì Harry. Sono sicuro. Ti ho detto che avremmo sfruttato la tua crescita..” Risponde Louis, ridacchiando per nascondere l’evidente imbarazzo.

“Okay.” Mormora Harry, prima di prendere in mano la situazione.
In questo momento è lui l’esperto, suo malgrado.

“Okay” risponde Louis, nervoso.

Ma Harry non può e non vuole fargli troppo male, così si alza velocemente dal letto e senza una parola esce dalla stanza completamente nudo.

Louis resta pietrificato sul posto, mentre sente il rumore dei passi del riccio, che veloci scendono e risalgono le scale.
Per un attimo aveva avuto paura che se ne sarebbe andato; ma quando lo vede rientrare con in mano il suo giaccone, capisce che deve esserci dell’altro.

Harry scava nell’enorme tasca laterale, tirando fuori il portafoglio e sorride compiaciuto.

“Trovato!” esclama, estraendone una bustina blu troppo grande per essere quella di un preservativo.

Il giaccone viene abbandonato in terra, insieme al resto dei vestiti, mentre Harry torna a buttarsi sul letto sventolando vittorioso la bustina.

E’ lubrificante.

“Harry?” Chiede Louis, interdetto.
Non per il fatto che Harry avesse del lubrificante nel portafoglio, non può certo biasimarlo, ma per il fatto che gli sia venuto in mente soltanto adesso.

Harry non sembra voler rispondere alla sua domanda implicita, così Louis decide di chiedere apertamente.
Benedetta curiosità.

“Perché non  l’hai preso prima? Ti avrei fatto molto meno male.” Osserva, pratico.

Harry lo guarda per poi baciarlo dolcemente, prima di rispondergli con l’aria di chi sta dicendo la più grande ovvietà del mondo.

“Prima cosa, sapevo che non mi avresti fatto male. Ero così preso da te che non me ne sono neanche accorto. E poi..non so, è che è la tua prima volta e stavo cercando un modo per farti soffrire il meno possibile. Ed eccolo qui.” Conclude, strappando la bustina e ridacchiando fra sé.

Louis è estasiato dall’uomo che ha davanti.
Harry ha appena fatto uno dei gesti più protettivi che potesse fare e neanche se n’è accorto.

Cazzo se ti amo.

“Voltati..è..è più semplice le prime volte.” Lo istruisce Harry, mentre lascia che Louis gli dia le spalle e si pieghi sulle ginocchia, lasciando a mezz’aria quel dono del cielo che è il suo sedere.

Harry lo osserva, imbambolato e sognante.
Non pensava di potersi innamorare anche delle parti del corpo, ma da oggi in poi dovrà ricredersi.

“Louis sono innamorato del tuo culo.”
Di te, del tuo culo, dei tuoi occhi, dei pancakes schifosi che fai e anche del fatto che se dormi girato a destra sbuffi tutta la notte.

“Styles, smetti di sbavare e muoviti che sono un attimo nervoso.” Lo riprende Louis, con la voce che tradisce aspettativa e tensione.

Harry si avvicina a lui, sovrastandolo da dietro.

“Devi stare tranquillo Lou. Andrà tutto bene. Devi solo rilassarti.” Gli dice, prima di lasciargli un bacio sulla nuca e tornare a dedicarsi alla sua precedente attività contemplativa.

Ma Louis è ancora teso ed Harry inizia a posare baci leggeri su tutta la sua colonna vertebrale, mentre massaggia ogni muscolo della schiena, passando le sua dita sulla pelle tremante del più grande.
Con lentezza estenuante arriva fino alla curva del fondoschiena per perdersi completamente in esso.

Quando lo morde e sente Louis ridacchiare, capisce che è arrivato il momento di passare allo step successivo.
Vuole che sia tutto perfetto.

Avvicina un dito all’entrata del più grande, e inizia a spingere lentamente, stando attento ad ogni minimo movimento.
Sa che questo è un momento importante per Louis e non vuole assolutamente fargli più male del necessario.

“Rilassati Lou. Respira e rilassati.” Lo ammonisce, continuando ad accarezzargli il fianco e a spingere dentro.

“Cazzo Haz..” Sospira Louis, sorpreso dalla sensazione di bruciore.

Louis non riesce più a sentire niente, se non il battito martellante del proprio cuore e quell’intrusione strana e particolare che ancora non sa definire.

“Rilassati..” Ripete Harry, mentre in pochi minuti cerca di far abituare il più grande alla sensazione, in modo da poter aggiungere un secondo dito.

Quando lo fa, Louis viene colto di sorpresa e rilascia un grugnito infastidito, mentre stringe fra le mani il lenzuolo e cerca di rilassarsi più che può.
Sa che Harry sta facendo il massimo per farlo stare bene.
Si fida completamente.

E’ Harry.
E lo sta toccando con così tanta delicatezza e attenzione da lasciarlo ancora senza fiato.

Harry si sta prendendo cura di lui, senza egoismo e senza fretta.

Io e te e basta.

Quando Harry sforbicia per la prima volta, a Louis scappa un ‘vaffanculo’ involontario ed Harry non può far altro che ridacchiare, anche se il desiderio continua ad aumentare e tutto là sotto è di nuovo completamente sveglio.

Serve solo un attimo.

Un attimo solo, in cui Harry riesce finalmente a toccare quel punto e Louis diventa letteralmente burro fra le sue mani.

“Cazzo Harry, sì!” Urla, quando finalmente il piacere inizia ad unirsi a quella sensazione costante di bruciore e fastidio.
Harry esulta dentro di sé e torna a battere su quel punto una, due, tre volte, finché Louis comincia a chiedere di più e a spingersi contro le sue dita, spasmodicamente.

Louis che si fida ciecamente e si abbandona alle sue mani.
Ti amo.
Anch’io.

“Ci sono Harry. Sono pronto.” Mugugna Louis, la faccia affondata nel cuscino ed il corpo che inconsciamente chiede sempre di più.

Harry recepisce il messaggio e toglie le dita lentamente.
La sensazione di vuoto che segue lo lascia insoddisfatto e quei secondi di attesa sembrano non passare mai.

Ancora.

Harry si prepara, respira e lo penetra in modo deciso e secco; il petto del riccio aderisce completamente alla schiena nuda di Louis ed i suoi capelli vanno a mischiarsi a quelli del più grande, mentre lo avvolge con un braccio e lo tiene stretto a sé.

La sua mano stretta sullo stomaco del più grande, a sciogliere definitivamente quella morsa che per anni lo aveva stretto.

Louis blatera un altro vaffanculo nel cuscino, più per la velocità della mossa che per il dolore vero e proprio.
In effetti, non gli è dispiaciuto affatto.

“Scusa.” Mormora Harry nel suo orecchio, con un tono che sa di tutto tranne che di pentimento.

Gli affondi di Harry non sono affatto lenti e regolari, ma si susseguono sempre più forti uno dopo l’altro, togliendo il respiro e le forze al Louis.

Dopo pochi colpi, Harry trova ancora il suo punto debole e Louis non riesce più a trattenere mugolii ed urli di piacere, che riempiono la stanza e –sospetta- anche il resto della casa.

“Cazzo Harry, non pensavo fosse così..”
“Ti piace?” Chiede il riccio, consapevole dell’effetto che tutto questo sta avendo sul più grande.

Erano anni che desiderava di farlo; anche da prima dell’incidente, e spera che da ora in poi possa diventare una pratica abbastanza costante.

“Porca troia se mi piace!” Risponde Louis, quasi ululando, mentre ormai tutti e due stanno raggiungendo l’apice.

Harry ride nei suoi capelli e cerca di avvicinarsi ancora di più a Louis.

Uniti in una danza maestosa e indimenticabile; l’ultima di mille e la prima di altre infinite, in una nuova affinità, in un nuovo mondo.

Il sesso che si confonde con l’amore e che lascia entrambi senza fiato.
Come sempre e per sempre.

“Pensi di poter venire senza essere toccato?” Chiede, speranzoso.
Vuole distruggerlo completamente; renderlo davvero suo, in tutto i sensi.

Io e te e basta.

Louis non risponde; non ha più la lucidità per farlo, mentre si spinge all’indietro, seguendo i movimenti di Harry, finché improvvisamente, non si riversa sul lenzuolo, sporcandolo di sé.

Harry viene subito dopo, trasportato dall’orgasmo del più grande, e si accascia su di lui coprendolo completamente.

Restano lì, sdraiati uno sull’altro; distrutti, stanchi e soddisfatti, a godersi i loro respiri irregolari e mormorarsi milioni di

‘tuo’,

‘mio’,

‘ti amo’,

‘mi sei mancato’,

‘ti prego, non andartene mai più’.

La stretta di Harry si fa sempre più debole, mentre la pioggia torna a battere costante sul tetto ed il giorno lascia spazio alla notte.

“Questo lenzuolo fa schifo, dovremmo cambiarlo”, mormora Louis con la testa sul cuscino e gli occhi socchiusi.
“In realtà dovremmo anche lavarci, altrimenti domattina restiamo appiccicati”, risponde Harry, direttamente fra i capelli del più grande.

“Beh, su quello non avrei obiezioni”, ridacchia Louis, spostandosi da sotto il riccio e accaparrandosi un altro cuscino.

Harry lo guarda, già mezzo addormentato, con un sorriso ebete sul volto e gli occhi limpidi.

“Vieni qui piccolo”, lo invita teneramente Louis, aprendo le braccia.

Harry gli si rannicchia contro, intersecando le loro gambe e rannicchiandosi su se stesso, in modo da infilarsi completamente nel suo abbraccio.

“Mettiamo in ordine domani, okay?” Chiede, con il broncio e la voce di chi sta già sognando.

“Certo. Buonanotte Hazza.” Gli risponde Louis, con un bacio sulla tempia e la voce impastata.

“Notte Boo”.

A casa.
Louis è a casa.

FINE FLASHBACK



 

 

 

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