Perdonami,Amore mio.

di Alice_Leonetta
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 3: *** 3. ***
Capitolo 4: *** 4. ***
Capitolo 5: *** 5. ***
Capitolo 6: *** 6. ***
Capitolo 7: *** 7. ***



Capitolo 1
*** 1. ***


1.
29 Marzo. Oggi è esattamente un anno che ci siamo lasciati. Un anno che non fa più parte di me. Un anno che vivo senza lui. Un anno che dimenticherei volentieri. Sono successe tante cose, troppe. Troppi sentimenti veri buttati al vento ed altri, più insignificanti, presi sul serio. E’ questa la vita. Devi soffrire. Soffrire, soffrire e soffrire. Non c’è via d’uscita. Non puoi scappare da una situazione, la devi affrontare a testa alta, gridandole in faccia che ce la puoi fare. Che sei forte, tanto abbastanza da riuscire a sconfiggerla e cominciare un’altra battaglia, sempre più dura, sempre più forte, sempre più difficile. Devi combattere, e sperare di uscirne a testa alta. Magari con qualche ferita qua e là, ma salva. Magari le ferite bruceranno, all’inizio. Faranno male, tanto da voler morire, tanto da togliersi la pelle, da bruciarsi. Faranno così male che sarà quasi impossibile riuscire a curarle, aspettare che guariscano e tirare un sospiro di sollievo quando vedrai solo cicatrici quasi invisibili. Allora cercherai di tornare alla vita di sempre, quella che hai sempre amato e nella quale hai amato e sei stata amata. Cercherai di tornare alla vita felice di una volta, quando ridevi e scherzavi, quando sorridevi davvero. Quando se una sera tornavi a casa tardi non te ne importava niente, perché tanto tutti sapevano che stavi bene, che eri al sicuro, protetta e sorvegliata. Cercherai di tornare a quella vita, ma ti accorgerai che qualcosa è cambiato. Qualcosa molto più grande di te, che ti sta distruggendo pian paino che passa il tempo. Sempre di più. Sempre più velocemente. Ormai non sei più la bambina felice e contenta di una volta, quella che rideva e scherzava con tutti. Quella che prendeva in giro il suo migliore amico perché mangiava come un maiale, o quella che lo costringeva a passare nottate intere a guardare le stelle. Ormai non sei più quella Bimba che ti piaceva tanto essere. Quella Bimba che tutti amavano, sempre solare e raggiante. Forte come un leone, con una forza di un uragano che riuscirebbe a spazzare via una città intera. Ma che si scioglieva se solo le dicevi “Ti voglio bene”. O con una semplice parole, quella più importante in tutta la mia vita. Quella che mi ha cambiata. Quel nomignolo che tanto ho amato e che continuo ad amare: Bimba. Ecco… con una semplice parola mi scioglievo. Bimba. Soprattutto se detta da lui. Solo Dio sa quanto mi manca questo nomignolo. Siamo a fine marzo e quest’anno ha nevicato molto, forse è stata la nevicata più devastante del secolo. Da fine gennaio, sì e no, una settimana ha smesso di fioccare. Poi ha ricominciato tutto insieme. Non si poteva neanche uscire di casa. Per fortuna da qualche giorno è tornato il sole, e pian piano si sta sciogliendo tutto. Le strade, così come il resto delle cose, sono ghiacciate. Ci sono lastre di ghiaccio dappertutto. Odio la neve, odio il freddo, odio la pioggia. L’inverno… non so, mi trasmette tristezza. Forse perché è tutto oscuro, tutto più tetro e spento. Per fortuna, da più di una settimana siamo entrati in primavera. Per così dire… Continua a fare molto freddo, e l’unica cosa che mi fa capire che l’inverno è finito, è il ciliegio nel mio giardino. E’ pieno di fiori rosa… amo quel ciliegio. Ho bellissimi ricordi lì. Belli, ma dolorosi. Guardo i raggi del sole illuminare la neve che ricopre il giardino. E’ strano, il ciliegio è privo di neve, è come se avesse una specie di forza protettiva tutt’intorno. Perfino sull’altalena che è attaccata ad un ramo alto, non c’è nulla. In un certo senso, è come se anch’io fossi circondata da una forza protettiva. Cerco sempre di proteggermi da tutto e da tutti, ma la prima a farmi del male sono io. Continuo a torturarmi, continuo a pensare al passato. Continuo a pensare a noi, ai nostri divertimenti e alle nostre risate. Ai scherzi che facevamo da bambini ed a quelli che abbiamo fatto quando ci siamo rivisti dopo tanto tempo. Continuo a pensare a tutto il nostro amore, a tutto il suo affetto ed a quanto mi sia stato accanto quando la mamma se ne è andata. Ricordo ancora perfettamente tutto il dolore che ho provato, e ce n’è voluto di tempo per farmi riprendere, ma lui c’è stato. Forse fu proprio questo il tassello fondamentale, anzi sicuramente. E’ stato lui a farmi riprendere, è riuscito a salvarmi. Mi ha strappato dalle braccia della depressione ed insieme siamo riusciti a sfuggirle. E’ grazie a lui se sono sopravvissuta. Gli devo la mia vita, ma purtroppo non mi permette di far parte della sua. Ma in fondo, siamo molto uguali. Dovrei smetterla di rifugiarmi in me stessa e isolarmi dalle persone che vogliono starmi accanto. Sono io la prima persona a voler rimanere sola, ma ogni volta che lo sono, e di questo periodo abbastanza spesso perché rifiuto tutte le persone che vogliono restarmi vicine, non vorrei esserlo. Maxi, Francesca, Diego, Camilla, Brodway, Ludmilla, Federico, Nata, Andres, Alex, Gery, papà, Angie, Pablo. Tutti. Provano tutti a starmi vicino, a restarmi accanto. Ma non riescono a capire che in questo momento non ho bisogno di nessuno di loro. Non ho bisogno dei loro incoraggiamenti o supporti. Ho bisogno solo di una persona. Solo di lui. Ma lui non c’è. Sono sola, anzi no, perché ci sono tutti i miei amici e famigliari, tutti loro, tutte le persone alle quali voglio un mondo di bene, ma non gli permetto di dimostrarmelo. Sono un’egoista. Perché penso solo a me stessa? Cerco di farmi del bene, ma finisco sempre con lo star male. E tutto questo perché? Perché non permetto a nessuno di starmi accanto. Egoista. Dovrei mettere davanti altre priorità, prima della mia. Ma invece no, io penso solo a me stessa. Brava ragazza, vero? Non mi sorprendo che sia finit… no. Basta! Niente più sofferenze. Sono davanti alla finestra che da sul giardino, con un tè bollente tra le mani. Mi volto verso il cassetto del comodino, e tiro fuori il mio vecchio diario di due anni fa. Non ho più scritto, ho smesso di farlo. Mi siedo sul letto ed apro la prima pagina. Mi ritrovo davanti una foto. Dolore. Sofferenza. Male. Ricordi. Due bambini. Un maschio ed una femmina. Lei un sorriso raggiante, come quello di poche bambine alla sua età. Lui due occhi verdi da toglierti il fiato. Lei le circonda il collo con un braccio, mentre lui la tiene stretta a sé per la vita. Sotto la foto c’è scritto: ‘25 Giugno 2006, Aeroporto di Buenos Aires’. Ricordo quel giorno, come potrei dimenticarlo. Era il giorno che siamo partiti per Madrid. Avevo dodici anni, e stavo per affrontare cinque anni senza il mio migliore amico, senza la persona che amavo e che tutt’ora amo. I cinque anni più duri e devastanti della mia vita. Serro le palpebre violentemente, facendo uscire le prime lacrime. Lo sapevo che sarebbe stato difficile, ma l’ho voluto fare lo stesso. Scorro parecchie pagine avanti. ‘19 Dicembre 2009. Oggi è il compleanno di Leon. Compie quindici anni. E come ormai da tre anni, non potrò esserci. Non l’ho più sentito. L’ultima volta che ci siamo parlati al telefono è stata… due anni fa? Forse. Mi manca da morire, ogni giorno di più. Chissà  se un giorno lo rivedrò’. Sorrido timidamente davanti a quelle parole. Quanto ero ingenua, sciocca, testarda, innamorata e molto, ma molto stupida. Non dovevo innamorarmi di lui. Non dovevo cadere preda della sua trappola. Ma appunto come una stupida, mi ha stregato. Non rimpiango nulla di quello che ho fatto, di tutto quello che abbiamo passato e di tutto il nostro amore. Fosse per me, ricomincerei tutto da capo, dall’inizio alla fine. Senza nessun rimpianto. Se ho fatto quel che ho fatto, è perché ne ero sicura. Scorro in avanti con le pagine. ‘6 Aprile 2010. Mamma non si sente molto bene ultimamente. Ma non vuole che papà la porti in ospedale a farsi controllare. Dice a tutti di tranquillizzarsi, poi prende una medicina e va a riposare per un po’ in camera. Non è normale questo suo comportamento. Ho paura’. Serro di nuovo le palpebre, mentre le lacrime scendono come fiumi. Mamma. Quanto mi manchi. Ormai sono due anni che te ne sei andata, e non passa giorno che non senta la tua mancanza. Tutti ne soffriamo, anche zia Angie e zio Pablo. Un’altra pagina ‘14 Maggio 2010. Ho una super notizia! Papà mi ha promesso che se quest’anno verrò promossa con bei voti, durante l’estate torneremo per qualche settimana a Buenos Aires! Dio, ti immagini che bello sarebbe! Potrò rivedere i miei amici… Francesca, Maxi, Camilla… Leon. Santo cielo, Leon. Quanto mi manca… incrociamo le dita. Corro a studiare… quest’estate devo rivederlo!’. Sorrido ripensando a quanto mi ero impegnata quell’anno. Avevo studiato come una matta, per poi risultare tutto inutile. Volevo tornare a Buenos Aires a tutti i costi. Ero proprio una testarda. ‘30 Luglio 2010. Sta morendo. A mamma hanno diagnosticato un tumore al cervello. Pian piano non riesce più a muovere un muscolo. E’ sempre più stanca e non riesce a reggersi in piedi. Ho paura. Mamma ti prego, resta con noi’. Fitta allo stomaco. Fitta al cuore. Non dovevo leggerla. Chiudo di scatto il diario, gettandolo nuovamente nel cassetto del comodino e chiudendolo. E’ pieno di suoi ricordi, è pieno di ricordi della mamma. Ricordi belli e brutti. Per oggi ne ho avuto abbastanza. Mi rigiro nel letto, sto ghiacciando, benché sia in casa, con i termosifoni al massimo ed un piumino di lana sopra. Forse ho freddo, perché sono fredda anche dentro.
 
 
 “Ok, lo so che non è il massimo. Ma dai, Vilu. Siamo venute qui per tirarti un po’ su di morale!” esclama Camilla mangiando un’altra cucchiaiata del gelato alla fragola che ha in una coppetta. “Lo so, e scusatemi. Ma il periodo che sto affrontando non è uno tra i più facili”. Francesca sbuffa, pulendosi la bocca con la salviettina poi mi guarda “Sappiamo cosa ti sta succedendo. Sappiamo quanto sia difficile per te. Vogliamo starti accanto, e non ti abbandoneremo…”. “…come qualcun altro” sussurra Ludmilla ripulendo la sua coppetta per bene, e non avendo capito che abbiamo sentito tutte. “Ludmilla!” gridano in coro le altre tre, Nata le da’ una pacca sulla spalla, e lei alza la testa. “Oh scusami, Vilu. Non volevo, è solo che mi fa una così tanta rabbia che…” la interrompo con un gesto della mano ed un lieve sorriso sulle labbra “Tranquilla, Lud. Non fa niente, sto bene” rispondo ricevendo un sorriso da parte sua “Ok, grazie”. “Vilu, tu non stai affatto bene. E’ inutile dire il contrario, non mentire a te stessa” dice Fran poggiandomi una mano sulla spalla. E’ vero, non sto bene. Non sto affatto bene. Oggi sono uscita solo perché praticamente mi hanno obbligata loro. Volevo restarmene sotto le coperte, ripensando al passato e facendomi ancora del male. Abbasso la testa torturandomi le mani e facendo un respiro profondo. “Violetta, se c’è qualcosa che possiamo fare, diccelo. Noi ne saremo molto felici” dice la riccia sorridendomi. Ricambio il sorriso e sposto lo sguardo su Ludmilla che si è sporcata tutto il naso con il gelato al cioccolato. Cominciamo tutte a ridere, poi le capisce il motivo e si pulisce. Forse uscire con le mie amiche mi fa bene. Forse riuscirò a star bene. “Comunque, Nata a ragione. Non riusciamo a vederti così. Sappiamo bene quanto questo, tutto questo sia difficile per te. Affrontare una seconda volta nel giro di due anni, la stessa cosa, non è facile. Ti vogliamo aiutare” questa volta a parlare è Camilla. Si pulisce la bocca con la salvietta e si volta verso di me. Le sorrido e ricambia “Grazie, ragazze. Non sapete quanto mi ha fatto bene questo pomeriggio” dico rivolgendomi a tutte “Possiamo uscire quando vuoi. Siamo a tua completa disposizione!” esclama Francesca facendo scoppiare a ridere tutti. “Piano, piano, piano. Io ho anche altri impegni, eh” ci ricorda Ludmilla parandosi davanti le mani. Parte un'altra risata e sospiro. Già, ha anche altri impegni. Lei è fidanzata, ancora. Incredibile, vero? Nonostante tutti i rimproveri di sua madre, tutte le punizioni, tutte le volte che la picchiava e tutta la situazione che passò, è riuscita a restare accanto a Federico. Il loro amore è riuscito a sopravvivere, sono riusciti a resistere. Si amano, e non potrebbe esserci cosa più bella. Il loro amore è vero, e riusciranno a durare. Sono certa di questo. Sono una coppia davvero bella, e sono felice per loro. “Ehi, ragazze. Come va?” chiede all’improvviso una voce sbucata dal nulla. “Ciao, Maxi!” esclamiamo tutte in coro, a parte Nata che abbassa la testa sulla sua coppetta ancora integra. Le cose tra di loro non vanno alla grande. Non si sono lasciati, sono in un ‘momento di riflessione’. Io sinceramente non credo a queste cose. Una persona o la ami o non la ami. Non esistono momenti che ti sembra di sì, ed altri che ti sembra di no. Se sei felice con la persona che ami, perché prendersi un periodo per riflettere? Che a dirci la verità, fai di tutto tranne che riflettere. Nata e Maxi erano felici insieme, poi da un giorno all’altro lui le ha chiesto una pausa. Ancora non si sa bene il perché, ma pare che Francesca e Ludmilla lo hanno visto in centro con una ragazza. Nata ovviamente non l’ha presa nel migliore dei modi, ed era molto triste, ovviamente. Abbiamo provato tutte a tirarla su di morale, proprio come stanno facendo in questo periodo loro con me. La mia situazione è molto differente dalla sua, come la sua dalla mia. La mia è più grave, ma la depressione o viene o non viene. Quando sei triste, ti fai temila film mentali, e pensi che non sei in grado di far nulla. Non sei all’altezza delle aspettative di tutti quelli che ti circondano. La paura di sbagliare ti perseguita sempre, ed è matematicamente testato che la paura di sbagliare, ti fa sbagliare. Più ti ripeti che non riuscirai ad affrontare una determinata cosa, più non riesci ad affrontarla. Devi passare davanti alla vita a testa alta, non ti devi abbattere, e devi combattere. Anche se sei in svantaggio, anche se parti in minoranza. Tu contro tutti. Tu, sola, contro tutto il resto, contro tutto il mondo. Le persone provano a starti vicine, provano a farti sorridere e fanno finta che tutto quello che passi, tutto quello che ti sta distruggendo non esista. Che il tutto sia frutto della tua immaginazione. Allora anche tu cerchi di fare come loro, fingi anche tu. Fingi un sorriso che per anni hai mostrato, un sorriso non vero, e cerchi di essere felice, fingendo. Fingendo, fingendo e fingendo. Cerchi in tutti i modi di far finta che tutto il dolore che ti circonda, non esista. Fai finta di essere forte, che riesci a superare tutto, come una volta. Come ai tempi nei quali eri felice. Ma ti rendi conto che adesso sei sola, non hai più nessuno con cui combattere. Ti rendi conto che lui non c’è più, se ne è andato, e non tornerà più. Mai più. Sei consapevole di tutto quello che sta accadendo, sei cosciente che tutto quel dolore ti sta mangiando viva e quindi di abbatti, e lasci che la depressione ti prenda fra le sue braccia. Ti lasci andare, senza più lottare, la lasci vincere e di deprimi sempre di più. Ti ha preso, sei consapevole che non potrai più vivere felice, che non lo sarai più. Non potrai più esserlo perché lui non c’è. “Ciao, ragazze! Tutto bene?” chiede il riccioluto sorridendoci, poi sposta lo sguardo su di me. “Oh, ma quale grande onore! Violetta Castillo ci ha onorato della sua presenza. Non vi sembrerà un po’ troppo?” chiede facendoci scoppiare tutti a ridere. Quant’è scemo! “Ah ah, molto divertente Maxi. Piuttosto, che ci fai qui?” domando accavallando le gambe. “Oh, niente. Stavo aspettando i ragazzi per andare a provare nel garage di Leon, e vi ho viste così sono venuto a salutarvi” spiega. Leon. Lo ha detto. Ha detto il suo nome. Da quanto tempo non lo sentivo venir pronunciato? Un’eternità. Le mie amiche cercano sempre di evitare di dirlo, anche a casa non viene mai pronunciato. Ma non posso imporlo anche ai miei amici… in fondo, è solo un nome. Giusto? No, sbagliato. Non è solo un nome, è la musica della mia vita. Le note della mia infanzia. Il ricordo dell’anno più bello della mia vita. Non è solo un nome, è molto di più. “Ah, quindi stanno… arrivando?” chiedo debolmente, poi vedo tutti diventare seri, e Maxi annuisce debolmente. “A-a-anche… L…” mi si mozza il nome in gola. Non lo voglio dire, non voglio dirlo. Fa troppo male, è troppo doloroso. “Sì” dice quasi in un sussurro per poi abbassare la testa, come per scusarsi di essergli amico, o di averlo pronunciato. Mi mordo le labbra, voltandomi verso Francesca che mi guarda quasi impietosita. “Stai bene?” mima con le labbra, senza proferire parola, alzo un angolo della bocca ed annuisco lentamente. “Se vuoi… posso andargli incontro, senza che vengano qua” propone lui. “No, tranquillo. Sto bene” mento fingendo un sorriso, poi sorride. Mi alzo dalla panchina, mettendo la borsa a tracolla “Però, credo sia meglio che vad…” mi blocco scorgendo alle spalle di Maxi un gruppetto di ragazzi, e lei. Stanno venendo tutti verso di noi, tutti sorridenti. “Ehi, Maxi!” grida Diego alzando la mano. Ormai sono arrivati davanti a noi. Da quanto non li vedevo? “Oh, ciao Vilu!” esclama Federico lasciandomi un bacio sulla guancia “Ciao, Fede” rispondo sorridendogli, poi lui prende la sua ragazza dalla vita e le lascia un dolce bacio sulle labbra. Sposto lo sguardo su Diego che mi sorride, poi su Brodway che sta baciando Camilla. Dopo su Andres che sta scrutando una… foglia? Lui è rimasto il solito Andres. Infine su di loro. Lui la tiene stretta a sé con un braccio intorno alla sua vita, mentre lei ha entrambe le mani congiunte sulla sua spalla destra. I suoi lunghi capelli neri le scendono delicatamente oltre la spalla, fino ad arrivare quasi al gomito. I suoi occhi come il ghiaccio sono capaci di trafiggerti con lame ghiacciate al minimo sguardo, resi ancora più grandi dalle lunghe ciglia ricoperte di mascara. Un viso perfetto, pelle chiara e liscia come seta. Labbra né troppo fine né troppo carnose, ricoperte da un live strato di rossetto chiaro. Indossa un paio di jeans chiari, che mettono ben in risalto le sue snelle gambe, ed un giaccone di lana nero, lungo fino a metà coscia, con dei bottoni. Sposto lo sguardo sul ragazzo accanto a lei, sempre perfettamente vestito, curato ma soprattutto perfettamente pettinato. Il suo ciuffo in su. Vedo lei guardarmi, senza nessuna emozione, mi fissa e basta. Le sue lame ghiacciate mi si conficcano all’altezza dello stomaco, e sposto subito lo sguardo altrove. Sento gli occhi pizzicare, e li alzo al cielo. Francesca mi affianca, poggiandomi una mano sulla spalla come se potesse infondermi coraggio. Le sorrido “Noi andiamo, allora” dice lei rivolgendosi alle nostre amiche. Aspetta, andiamo? Io, vado. “No, tranquilla. Se vuoi resta. Torno da sola a casa” le rispondo scuotendo la testa “Anche io devo tornare. La strada è quella, più o meno” dice con un sorriso. Annuisco salutando i nostri amici, per poi voltarmi un’ultima volta nella sua direzione. Le ha lasciato la vita.
 
 
 Sento suonare al campanello della porta. Sono sdraiata sul divano con Francesca e Ludmilla. Sono venute a casa mia per chiacchierare un po’, è da tanto che non passavamo del tempo insieme, e mi sono divertita molto, questo pomeriggio. Ora stiamo vedendo uno di quei film strappalacrime. Mi alzo stoppandolo, e mi dirigo alla porta. “Non mangiate i miei pop-corn! Ehi, ciao Amore!” esclamo ritrovandomi Leon davanti. Mi sorride, lasciandomi un dolce bacio sulle labbra. Mi volto verso le mie amiche che ci guardano con occhi da sogno “Hai un minuto? Devo parlarti” mi dice serio. Mi acciglio, chiudendo la porta alle mie spalle sentendo da parte delle mie amiche dei versi di disapprovazione. Rispondo con un “Certo” per poi uscire in giardino ed iniziare a camminare al suo fianco. Si para davanti a me, con le mani nelle tasche e la testa bassa. Guarda i suoi piedi. Perché guarda i suoi piedi? “C’è qualcosa che non va, Leon?” domando iniziando a preoccuparmi. Non sta bene, lo vedo. Ma non capisco cos’ha. Non è normale questo suo comportamento, e mi sta spaventando, e non poco. Non mi risponde. Perché non mi risponde! “Leon…” sussurro facendo diventare il respiro affannoso, ed iniziando a tremare. Improvvisamente un pensiero orribile si fa varco nella mia mente. Cerco di scacciarlo, ma è impossibile. Spero solo che non si tratti di questo. Continua a non rispondermi. “Leon, cosa mi devi dire?”. Alza la testa, ed i nostri sguardi si incrociano, prima di separarsi un’altra volta. Fa un respiro profondo, passandosi una mano dietro il collo. E’ nervoso. Dio, dimmi per favore che non è quello che sto pensando. “Violetta, io…” inizia deglutendo, per poi abbassare di nuovo la testa sui piedi. “…io n-n-on ti a-amo più”. Avete presente migliaia e migliaia di minuscoli pezzettini? Ecco, non è neanche le minima parte di come adesso è il mio cuore. Serro le palpebre stringendole, cercando di non piangere. Ma mi è praticamente impossibile. Porto una mano sullo stomaco, provando a calmare il dolore che ora provo. Non mi ama più. Lo sapevo. Era da settimane ormai che era più strano del solito, che passava meno tempo con me. “E’ per lei, vero?” riesco a chiedere serrando le mani in pugni, ancora con gli occhi chiusi. Il dolore prende possesso del mio corpo, mi ha completamente immobilizzata. Non riesco a muovere un muscolo. La delusione è troppa, e guardarlo in faccia per me sarebbe come perdonarlo. Come perdonarlo per avermi fatto soffrire, per avermi delusa. Dopo tutti questi anni, dopo tutto questo tempo. Ci conosciamo da quando siamo nati, praticamente, ed ora non lo riconosco più. E’ come se conoscessi in questo momento un nuovo Leon, che non mi ama più, che ha preferito lei, a me. Un Leon che ha scelto lei, che mi ha abbandonata. Un Leon che si è dimenticato di me… quando aveva promesso di non farlo. Non arriva nessuna risposta da parte sua, cosi gli volto le spalle, con la testa bassa e i pugni chiusi. “Congratulazioni, hai appena infranto la  promessa di una vita”. Raggiungo a grandi passi la porta, la apro per poi chiuderla violentemente ed accasciarmi a terra, scoppiando in un pianto isterico. Ho appena detto addio ad una parte di me.
 
 
 La depressione si fa sentire sempre di più. E’ sempre più difficile andare avanti, e fingere un sorriso. Lo stesso sorriso che da ormai un anno è stampato sulle mie labbra. Ma ultimamente sto fingendo sempre meno, mi sono stancata di mentire. Non resisto più, e sto per scoppiare. Fa male, fa tutto troppo male. Non riesco a parlare quasi più con nessuno. Certo, oggi sono uscita con le mie amiche, e sono stata felice di rivederle. Non che non ci vediamo spesso, anzi vengono quasi tutti i giorni a casa mia. Mi sono sentita meglio prendendo una boccata d’aria fresca, ed aver riso per un po’. Ma sono sempre del parere che non c’è posto più bello di casa. Qui mi sento bene, protetta, da queste quattro mura della mia camera, dal resto del mondo. Mi sento rilassata, come se potessero trasmettermi tranquillità, e calmarmi ogni qualvolta che sono agitata. Mi sento protetta, e forse non c’è migliore sensazione del senso di protezione. Forse… Però, a questo punto penso che la migliore sensazione sia sentirsi amata, amata dalle persone che ami, dalla persona che ami. Io sì, sono amata dalle persone che amo, ma non da quella più speciale. E’ un anno che continuo a ripetermi che andrà tutto bene, che ne uscirò e che come gli altri, riuscirò ad andare avanti. Continuo a ripetermi che sono forte, che il mondo è giusto e che la vita è bella. Ma la vita non è bella! Il mondo non è giusto! Tutto è ingiusto! La vita è ingiusta! La vita è cattiva, ti toglie sempre le persone di cui hai più bisogno. Prima la mamma, ora anche tu, nonna. Mi manchi tanto, sai. Ormai è un mese e mezzo che te ne sei andata, e la tua assenza si fa sentire sempre di più. Non sai quanto vorrei che tu fossi qui con me, come anche la mamma. Mi mancate entrambe, e non riesco più ad andare avanti. Senza di voi la vita è uno schifo, fa tutto pena. E’ tutto più difficile. Papà, zia Angie e zio Pablo, cercano tutti di farmi ‘ricominciare a vivere’, come se senza di voi potesse tornare ad essere tutto normale. Ma non è così, ovvio che non è così. Non può tornare ad essere tutto normale. Dopo la morte della mamma sono stata sempre peggio, fino ad arrivare quasi ad un punto di non ritorno. Ma alla fine ‘mi sono ripresa’, per così dire. Perché c’era lui, perché c’era lui al mio fianco. Era lì a sostenermi ad ogni ricaduta, provava sempre a strapparmi un sorriso dalle labbra, e ci riusciva sempre. Non so quale fosse il suo segreto, ma ad ogni modo non smetterò mai di ringraziarlo. Purtroppo non mi permette di farlo. Ma ora che non c’è, ora che non può strapparmi un sorriso, come farò? Come riuscirò ad andare avanti. Ho bisogno di lui, ho bisogno di un suo abbraccio, di un suo bacio, di un suo “Andrà tutto bene. Ci sono io con te”, che mi sussurrava con gli occhi pieni d’amore ed un dolce sorriso stampato sulle labbra, mentre mi coccolava tra le sue braccia. Mi manca così tanto, ma in fondo è colpa mia. Camilla continua a chiamarmi, vuole scusarsi per sua cugina. Ma lei non ha fatto niente. Non è colpa sua se… lei è arrivata insieme ai ragazzi. Non è colpa sua se ora sta con lui. E’ colpa mia, solo ed esclusivamente colpa mia. Sono stata io la stupida che se l’è lasciato scappare, quella che non è riuscita a tenerselo vicino. Ma lei è meglio di me, è migliore. Lei è più bella, ha due occhi da favola, due occhi che ti incantano, ma che possono anche ucciderti ad un solo sguardo. Lei ha dei capelli bellissimi, neri come la pece, ma luccicanti come il sole, lunghi e senza nessuna imperfezione. Perché lei è perfetta, non ha nessun difetto, ed è questo quello che mi ferisce di più. Lui mi diceva sempre che la perfezione è sopravvalutata, che nessuno è perfetto. Mi ha sempre detto che la perfezione non gli è mai piaciuta, e mai gli sarebbe piaciuta, ed invece. “Lo sai che sono un gran bugiardo” dice con la testa bassa e le mani serrate in pugni. Il mio viso è completamente immerso nelle lacrime, ed i miei occhi sono rossi e gonfi per il troppo sforzo. Il cuore mi fa male, e non credo che riuscirò a sopportare ancora questa tensione. “Pensavo che con me saresti stato diverso. Pensavo che a me non mentissi” rispondo con voce spezzata dal dolore. Credevo davvero che fosse diverso, che fosse il mio ‘per sempre’, che spesso mi diceva. E’ stato il mio migliore amico per tanto tempo, eppure non l’ho mai conosciuto veramente. Fa così male. Siamo stati insieme per più di un anno, mi ha sempre riempita di dolcezza e amore. Tutte quelle parole e frasi… buttate al vento. Tutte quei ‘Bimba, devi stare attenta, perché sai come sono i ragazzi di oggi. Userebbero qualsiasi scusa, pur di portarsi a letto una ragazza bellissima come te’. Era tutto falso, è sempre stato un gran bugiardo. Lo conosco da quando siamo nati, eppure… non l’ho mai conosciuto. “Mi spiace che tu abbia creduto tutto questo”. “E allora, tutto quello che c’è stato? Tutti quei ‘Ti amo, non immagino la mia vita senza di te’? Che fine ha fatto il Leon di cui mi sono innamorata! Anzi, quello di cui sono stata sempre innamorata!”. “E’ andato avanti. E credo che debba farlo anche tu. Addio, Violetta” dice allontanandosi da me. Lo guardo come si guarda il mare alla fine dell’estate. E solo Dio sa quanto sto male, vedendolo andare via… quando aveva promesso di non farlo mai. E’ andato avanti. Sento bussare alla porta, ed improvvisamente mi riprendo asciugandomi le lacrime con il dorso della mano. “Chi è?”. “Papà! Posso entrare?”. Faccio fuoriuscire l’aria dai polmoni poi rispondo con un “Sì, entra”. Dalla porta sbuca il viso di papà, e lentamente entra in camera, chiudendo la porta alle sue spalle. “Vilu, io non ce la faccio più” dice con la faccia stanca, ed un’espressione supplichevole. “Non ce la faccio più a vederti in questo stato. Non parli più con nessuno… io e tua zia siamo molto preoccupati, sai”. Chiudo gli occhi ed abbasso la testa torturandomi le unghie, si siede di fronte a me, e resta a fissarmi. “Abbiamo trovato… un centro di, ecco, di persone specializzate per il tuo caso”. Alzo di scatto la testa, incenerendolo con lo sguardo “Pablo ha un suo amico che lavora lì, e dice che sono tu…”. “NO!” grido fortemente “No, no, no! Assolutamente no! Mi rifiuto di andare in un centro per quelli malati di mente! Io sto bene”. Ecco, solita frase, sto bene. “No, non stai bene, Vilu. Lo vedo, lo vediamo tutti. Non parli più con nessuno, non esci, eviti i tuoi amici, me, Angie…”. “Papà… io non andrò in un centro di igene mentale. Io mentalmente sto benissimo… e non serve che vada lì” ripeto tranquillamente. “Sì, ma forse ti aiuteranno ad uscire da questo momento difficile. So che stai male, Tesoro. E magari lì pot…”. “Papà, per favore. Ho detto di no, ed è no. Ho vent’anni, e posso decidere per me stessa. Non ci andrò, punto e basta”. Fa un respiro profondo, ed annuisce leggermente “D’accordo” acconsente alzandosi dal letto ed afferrando la maniglia aprendo la porta. “Se c’è qualcosa che posso fare, dimmelo. Ah, sotto c’è Camilla”. Alzo la testa di scatto “Ok, falla salire”. Serra le labbra ed annuisce, lasciando la porta semiaperta. Sarà passata per scusarsi ancora. Ma lei non c’entra niente, non è colpa sua. Non poteva saperlo che sarebbe arrivata insieme ai ragazzi… insieme a lui. Dio, quanto mi manca. Quando bussa alla porta mi riprendo dai miei pensieri, e vedendola la invito ad entrare. Chiude la porta dietro di sé, e si accomoda di fronte a me. “Cami, se sei passata per scusarti ancora non ce n’è bisogno. Ti ho già detto che non è colpa tua, e non potevi immaginarlo… tranquilla”. Mi sorride sinceramente ed anche io, per quel poco che ci riesco, abbozzo un sorriso. “Grazie, Vilu. Ma mi sentivo in dovere di scusarmi, anche se non c’entro niente. Comunque non sono passata per questo, volevo vedere come stavi. Ti ho vista… triste, questo pomeriggio. E volevo accertarmi che ti fossi ripresa”. “Grazie, Cami. Ma sto bene”. Fa una faccia come a dire ‘Mi vuoi prendere in giro a me?’. “No seriamente, Vilu. Come stai?” solita domanda “Bene” solita risposta. Fa un respiro profondo “Comunque devo dirti una cosa…”. “Brutta immagino”. Annuisce serrando le labbra tra loro “…brutta. Sono tornati insieme”. Abbasso lo sguardo sorridendo amaramente “Adesso perché sorridi?”. “Grazie dell’informazione, ma già lo avevo notato da questo pomeriggio” rispondo, tornando subito seria. Sbatto le palpebre in modo convulsivo ed i miei respiri sono intervallati da inspirazioni rumorose dal naso, classico comportamento di chi sta per scoppiare a piangere. Grazie al mio autocontrollo, so già che non verserò una lacrima. Finché Camilla non se ne sarà andata. “Quando?” chiedo quasi in un sussurro “Proprio oggi”. Annuisco tristemente, poi cerca di tirarmi su il morale. Oggi… 29 Marzo. “Certo che… lasciamo stare che è mia cugina, ma è proprio una cretina!” esclama. Aggrotto la fronte “Perché dici questo?”. “Perché l’ha lasciata due volte nel giro di un anno! Dimmi tu se ha cervello! Ok, ci può stare che gli piace e tutto il resto, ma dai! Se Brodway mi lasciasse due volte in un anno da tempo gli avrei rifilato un bel pizzone!”. La fisso negli occhi, mentre dentro di me sto morendo. Ho lo stomaco sottosopra e il cuore mi fa male. “E’ solo innamorata” dico sorridendo amaramente, mentre lei mi prende le mani “Chi non si innamorerebbe di uno come lui?”. Cerca di ribattere ma la precedo “Comunque, non importa. Se è felice lui, lo sono anche io” continuo cercando di sorridere, ma invano. “Ho un unico desiderio” continuo fissando il vuoto e sorridendo debolmente “Quale?”. “Voglio vederlo felice. Non mi frega niente della mia felicità, non me ne frega niente del mio sorriso, voglio vedere il suo. E anche se non vuole che sia io a farlo, so che lei gli darà tutto ciò di cui ha bisogno. Deve dargli il mondo, perché lui è perfetto. E’ perfetto, e se lo merita. Sai… mi diceva sempre che la perfezione non esisteva, ma si sbagliava, ed anche di gran lunga. Lui è la perfezione. Si merita di essere amato e di essere felice. Non mi importa se vederlo con lei mi ucciderà, voglio vederlo felice. Deve essere felice, perché lui mi ha reso felice ai limiti dell’umano. Anche se poi mi ha distrutta. Voglio vederlo felice. Che almeno la parte migliore di me sia felice”. Avete mai amato qualcuno così tanto da preferire la sua felicità alla tua? Io sì. Sposto lo sguardo nei suoi occhi, sono lucidi. Un sorriso compare sulle sue labbra “Sei davvero forte, Vilu”. “Ho solo imparato com’è la vita. Devi rialzarti da sola, senza l’aiuto di nessuno.” “So che hai bisogno di Le… cioè di lui in questo momento. So che avresti bisogno di un suo abbraccio, ma… ti dispiace se te ne do uno io?” chiede allargando le braccia e sorridendo. Rido e mi avvolgo tra le sue braccia. “Grazie, Cami”. “Non devi ringraziarmi. Sono una tua amica, ed è mio dovere”. Le sorrido tornando con le gambe incrociate. “Ah ti ricordi che domani abbiamo le prove della band? Però se non te la senti, possiamo vederci anche in un altro posto”. La rimango a guardare, intuendo quello che vuole dirmi. “Ci saranno anche…” non riesco a finire la frase, le parole mi si mozzano in gola. Annuisce tristemente, ed abbassa la testa, come se dovesse scusarsi di qualcosa. Serro le labbra, e la abbasso anche io “No, va bene. Solito posto, solita ora” affermo. “Sì, solito posto, solita ora. Ma… sei sicura di farcela, Vilu? Davvero, non ci sono problemi, possiamo vederci da un’altra parte”. “Tranquilla, Cami. Non voglio spostare tutti gli strumenti solo per…”. “Tranquilla, ho capito. Grazie, comunque. Non so come fai ad essere così forte, davvero. Delle volte ti invidio, sai…”. Alzo le sopracciglia, meravigliata dalla confessione della mia amica “Tu che invidi me? E’ una candy camera?”. “No, sono seria. Hai una forza incredibile. Riesci ad affrontare tutto questo da sola. Non vuoi nessuno accanto, ma noi cerchiamo sempre di spronarti, ma vediamo che peggiori ogni volta. Siamo noi che sbagliamo?”. “Oh no, Camilla. Assolutamente no! Anzi, vi devo ringraziare per lo splendido pomeriggio di oggi. Era da molto che non mi sentivo in quel modo, e mi ha fatto davvero bene…”. Sorride “Però…”. “Però non riesco a dimenticarlo. E’ davvero difficile” ammetto con gli occhi lucidi. “Lo so, penso che non riesco neanche ad immaginare quanto tu stai soffrendo. Deve essere davvero dura… prima tua madre, poi lui, ed ora tua nonna. Non sai quanto mi dispiace, Vilu. Sei una delle mie migliori amiche, e voglio che tu stia bene. So che ora non hai bisogno di nessuna di noi, solo di lui e…”. “No, invece ho bisogno di voi. Siete le uniche persone che mi sono rimaste, oltre a papà, Angie e Pablo. Ormai voi siete parte della mia famiglia, e se un giorno dovessimo allontanarci non saprei davvero dove andare a sbattere la testa”. “Non succederà, Vilu. Te lo prometto”. “No, niente più promesse” ordino abbassando la testa e scuotendola. “Non voglio più che qualcuno mi faccia delle promesse. Non ci credo più, ormai”. La vedo sorridere ed annuire “Hai ragione, niente più promesse. Non servono promesse, perché so che la nostra amicizia durerà per sempre. Non serve promettere nulla”. “Esatto”. Ci restiamo a guardare, poi si alza dal letto “Adesso devo proprio andare. Ci vediamo domani, Vilu. Stesso posto, stessa ora”. “Certo, a domani”. Esce dalla stanza sorridendomi, e chiudendosi la porta alle spalle. Vorrei che si fosse trattenuta di più, ora sono di nuovo sola. Non ho voglia di cenare, né di fare qualunque altra cosa. Mi infilo sotto le coperte, e spengo la luce della stanza. Buonanotte, Amore mio. Ci vediamo stanotte: stesso posto, stessa ora, stesso sogno.
 
 
 Devo essere forte, chi l’ha detto che deve andare tutto male? Non sarà per niente facile, ma ce la posso fare. Ce la devo fare. Suono il campanello di Villa Ponte e in un attimo Dominique, la madre di Maxi, mi apre la porta. “Oh ciao, Vilu! Come stai? Vieni entra”. “Ciao, sto bene grazie” rispondo varcando la soglia della casa, ed entrando nell’immenso salotto della casa. “Gli altri sono già giù” m’informa lei indicandomi le scale. “D’accordo. Grazie, Dominique” le rispondo con un sorriso, per poi dirigermi verso le scale di legno e scendere piano, cercando di non far rumore. Alla fine della scalinata c’è una porta semichiusa, la apro e vedo tutti i miei amici guardarmi. “Vilu!” esclama Ludmilla alzandosi da sopra a Federico e correndo ad abbracciarmi “Lud…”. “Oh, scusa!”. “Non sai che ti sei persa, Vilu!” esclama Maxi sorridendo, ed agitando la mano destra come se si fosse scottato. “Ludmilla ha fatto una ‘fantastica’ scenata di gelosia a Federico” m’informa Francesca con un sorriso sulle labbra. “Dovevi esserci!” interviene Diego. “Ehi! Ripeto: non è colpa mia se quella rossa mi veniva dietro!” si difende l’italiano alzando le mani. La bionda raggiunge il suo ragazzo, sedendosi nuovamente sulle sue gambe ed allacciando le braccia attorno al suo collo. “Certo, però eri tu quello che faceva il figo mostrando i muscoli!”. “Biondina, sono un maschio. Devo ricordarti che i muscoli sono i nostri migliori amici? Come per voi i trucchi, i capelli e tutte quelle cosa da femmina, lo stesso è per noi con i muscoli”. Tutti scoppiano in una fragorosa risata, tranne me ovviamente. Niente mi fa più ridere ormai, non riesco più a provare emozioni… se non tristezza, dolore, depressione… Guardandomi intorno mi rendo conto solo adesso che loro non ci sono. Perché non sono qui? Fanno parte anche loro della band, forse non vogliono venire? Hanno altri impegni? “Amore mio, non sto dicendo che non devi andare in palestra…” risponde la bionda cercando di risultare più sdolcinata possibile “…sto solo dicendo che non devi fare il figo davanti a quella puttana!” grida, questa volta facendo abbozzare un sorriso anche a me. Lud è la più forte! “Ehi, ehi, ehi! Cosa sono tutte queste grida?” domanda una voce cristallina, che mi trafigge il cuore con una lama ghiacciata, scendente dalle scale. Il mio cuore si blocca improvvisamente vedendoli, mano nella mano, attraversare la stanza e sedersi sul divanetto in pelle bianca, poco distante dalla batteria. Non riesco a staccare gli occhi da lei seduta sulle sue gambe. Mentre lui la tiene stretta a sé, circondandole il ventre con le braccia. “Chiedilo a quei due! Non ne posso più!” esclama Diego alzando le braccia al cielo, per poi farle ricadere lungo i fianchi. “D’accordo, la smetto solo se mi promette che d’ora in avanti in palestra ci andremo insieme” propone Ludmilla incrociando le braccia al petto, e spostando lo sguardo sul suo ragazzo, che è sbiancato di colpo. “CHE!”. “O questo o ti puoi scordare di andarci da solo”. L’italiano sbuffa alzando gli occhi al cielo “Va bene, ma tu in cambio mi devi promettere che non farai l’isterica solo se una ragazza mi chiede qualcosa”. La bionda alza le mani come per difendersi “Io non prometto niente, dovresti saperlo”. “Già, le promesse non dovrebbero essere fatte se si ha intenzione di non mantenerle” dico senza pensarci, spostando lo sguardo su di lui. I nostri occhi si incrociando per una frazione di secondo, ma non riesco a reggere la tensione, quindi torno a guardare Ludmilla e Federico, che a loro volta mi stanno fissando. “Cosa intendi, Vilu?” domanda improvvisamente Nata accigliandosi. Ecco, non me ne potevo stare zitta? Perché ho parlato? Perché ho messo bocca? Non potevo tenermelo per me? “Intendo che… se si fa una promessa, anche la più insignificante, bisogna rispettarla. Non dico che è una regola, ma sarebbe bene fare così. Cioè, se poi non viene rispettata, che senso ha avuto il tutto?”. Ho gli occhi di tutti puntati addosso, sento delle lame ghiacciate trafiggermi il cuore. Non ho il coraggio di guardarla, mi ucciderebbe in meno di un secondo. “Hai ragione, su questo sono d’accordo con te” risponde Francesca annuendo. Sicuramente si sta riferendo a Diego. Si sono lasciati da parecchi mesi ormai, e lei non fa altro che soffrire. Ma nonostante tutto cerca sempre di far divertire me, di tirarmi su il morale di non farmi pensare a… lui. E’ una buona amica. Ricordo come se fosse ieri il giorno nel quale Diego l’ha lasciata. E’ successo appena qualche giorno dopo la festa di Federico, sulla spiaggia… ricordo bene quel giorno. Mi sembra che fosse il tredici Settembre, mentre la festa era stata il dieci. Ero a casa, e d’un tratto il campanello comincia a suonare come un matto. Chi era? Francesca. Sono scesa di corsa ad aprire, visto che Olga era uscita, e papà era ad una riunione con Roberto. Ero da sola in casa. Ho aperto la porta, trovandomi una Francesca in lacrime. I suoi occhi erano così rossi e gonfi che inizialmente ho fatto fatica a riconoscerla. Si è subito gettata tra le mie braccia, alla fine dopo una buona mezzoretta di pianto, sono riuscita a tranquillizzarla. Ho preparato due thè, ci siamo messe sul divano in salotto e mi ha raccontato tutto. Diego l’aveva lasciata perché diceva che non provava più nulla per lei, e che si stava sentendo con un’altra ragazza. Praticamente la mia stessa, identica situazione. Alla fine è rimasta a dormire da me, e il giorno dopo sembrava essersi tranquillizzata, ma niente. E’ andata avanti per giorni, per fortuna adesso si è ripresa… più o meno. Ha imparato a controllarsi, e a non scoppiare a piangere in pubblico. Mi ha confessato che quando torna a casa, e ripensa a Diego, passa ore ed ore chiusa nella sua stanza a piangere. Oppure, quando viene da me, e ‘cerca di rianimarmi’, alla fine sono io che devo consolare lei. Non che mi dispiaccia, anzi, credo che sia meglio così. Non ho voglia di parlare con nessuno di tutta questa situazione. Sono un’egoista, lo so. Preferisco che sia lei a piangere, invece dovrei essere io. Ma io ho imparato a non piangere più davanti agli altri. A parte qualche eccezione, ovvio. Ogni tanto con Fran, Diego e Maxi mi sfogo… ma giusto qualche minuto, non voglio farmi vedere debole. Per lo più delle volte, diciamo che non sorrido. Cercano tutti, in tutti i modi, di farmi ricominciare a vivere. Ma tra la nonna e… lui, non è facile. Non è assolutamente facile. Per un breve periodo il silenzio regna, nessuno osa dire una parola, troppa è la tensione. “Chi manca ancora?” domanda improvvisamente Maxi facendoci riprendere tutti dai pensieri. “Camilla, Brodway, Andres, Alex e Gery” risponde Ludmilla. “E no, sbagliato… Camilla e Brodway” corregge una voce roca e famigliare che scende dalle scale. Alex, Gery ed Andres sono arrivati, meno male… prima iniziamo, prima finiamo. Non fraintendetemi, amo la musica, amo la nostra band, è solo che stare a pochi passi di distanza da loro, da lui… è difficile. Forse aveva ragione Camilla… dovevamo vederci in un altro posto. “Menomale, siete arrivati! Ci stavamo preoccupando!” esclama lei sorridente. Quant’è bello quel sorriso, quanto la invidio. Non mi sorprendo che abbia scelto lei, non mi sorprendo che abbia preferito lei a me. Ovvio, lei ha tutto quello che io non ho. E’ ricca, due fratelli e due sorelle, una villa bellissima, un fisico da paura, e due occhi che riescono ad ucciderti. “Ah ah, spiritosa Garcia… ma non ridere, stavamo per fare un incidente!” risponde Gery sfilandosi il giubbotto e lanciandolo su uno dei divanetti. “Come mai?” chiede preoccupato Diego “Un deficiente con un camion ci stava quasi venendo addosso” risponde il francese buttandosi sul divano accanto a lui, prendendo la sua ragazza per la vita e facendola sedere sulle sue gambe. “Ahi! Ma vuoi far piano!” esclama Gery dando una pacca sulla spalla al suo fidanzato. “Sapete dove son finiti quei due?” chiede Federico. “Ora mando un messaggio a Camilla” gli risponde l’italiana prendendo il suo cellulare e iniziando a digitare. In pochi secondi arriva la risposta. Francesca a scoppia a ridere, facendoci accigliare tutti “E adesso perché ridi?” domanda Maxi spaesato. “Sentite la sua risposta: Seria, Fran! Adesso me lo chiedi! Siamo qui fuori!” legge la mora. Scoppiano tutti a ridere, ed un secondo dopo si vedono Camilla e Brodway scendere mano nella mano dalla scale. “Certo che tu sei di una puntualità, eh!” esclama la rossa togliendosi il giubbotto e lanciandolo addosso all’italiana. “Senti eh, non è colpa mia se siete sempre in ritardo, voi due!”. “Già, chissà cosa stavano facendo” interviene Federico dando una gomitata al suo amico brasiliano, appena sedutosi accanto a lui. Brodway lo guarda riducendo gli occhi a due fessure, dandogli poi una pizza dietro al collo. Parte un’altra risata da parte di tutti poi Maxi, alzandosi e sfregandosi le mani, dice: “Iniziamo?”. “Sì”. “Io propongo di far cantare prima i ragazzi, poi noi ragazze, ed infine tutti insieme” propone lei gesticolando. “Per me va bene” concorda Maxi posizionandosi alla tastiera. “Sì, perfetto” risponde l’italiano alzandosi e prendendo in mano la chitarra elettrica. Tutti i ragazzi si posizionano alle loro postazioni “Che suoniamo?” domanda Alex mettendosi la chitarra a tracolla. “Mmm…”. “Che ne dite di questo?” dice Federico cominciando a strimpellare qualche accordo. Tutti riconoscendo la canzone, annuiscono. “Mi piace!” esclama Maxi. Lo vedo sorridere ed annuire, mentre cerca di ricordarsi gli accordi della canzone. Andres batte tre volte le bacchette, per poi iniziare a suonare insieme ai suoi amici.
Oh Yeah.
Tu mirar, tu caminar. (Tu caminar).
Todo en ti me hace volar. (Yeah).
Eres muy timida lo se (Yo lo se)
Y me enloquece.
Yeah, tu voz es terciopelo
Cuando me hablas, viajo y toco el cielo.
Pienso en ti por darte un beso,
Dime si tù te sientes asì.
Dime que al verme tu tambien temblas,
Por ti loco estoy bella.
Dime que hacer para que me quieras,
Debo confesar que solo pienso en ti.
La canzone finisce dopo qualche minuto. Federico strimpella gli ultimi accordi, poi parte un applauso collettivo, e dei sorrisi sono stampati sulle nostre labbra. Che ricordi questa canzone…
 
 
ANGOLO AUTRICE:
Ma beeene! Rieccomi qui! Penso che ormai vi sarete stufati di me! Storie su storie, che ormai fanno sempre più schifo. No dai, scherzo. Sono abbastanza soddisfatta di questo capitolo, anche perché ne vedrete delle belle con questa storia… anzi, ne VEDREMO delle belle. Io starò qui con voi… e’ tutta opera della mi strana mente. Io non c’entro niente, sono una sua marionetta, metto solo per iscritto tutto quello che vuole lei. Ma ora facciamo i seri… Che ne pensate di questo capitolo? Lo so, è lungo, ma spero che non sia troppo pesante. Se lo è stato ditemelo, così li farò un po’ più corti. Che dite del titolo della storia? E’ azzeccato? Direi di sì… ahahahah. E per questo titolo devo ringraziare una delle mie… fan (? Sempre se di può dire fan), nonché mia consigliera e torturatriceperricavareinformazioni… LOLAAAA! GRAZIE PER AVERMI AIUTATO MOLTO! LA STORIA E’ SOPRATTUTTO PER TE! Allora, devo confessarvi che ho iniziato a scrivere questo capitolo quando ero ancora al numero cinque di Salvami, Amore mio. Praticamente ancora non sapevo come far finire la storia, e già stavo scrivendo il tanto attesissimo sequel. Mi avete riempito di messaggi privati, eravate molto curiosi di sapere qualcosa riguardo a questa storia. Spero davvero che come primo capitolo vi sia piaciuto. Inizialmente troviamo Violetta che ripensa a Leon, non viene mai menzionato il suo nome, è scritto come ‘lui’. Credo che si sia capito, no? E’ come una specie di Voldemort. Mi sono immaginata una scena nella quale ci sono Francesca e Camilla a parlare di Leon e di tutta la sua rottura con Violetta e vabbè, allora Camilla fa: “Certo che Leon poteva anche risparmiarsela quell’uscita, eh!”. E Fran: “Camilla non devi nominare quel nome!”. “Oddio, Fran! Siamo in Harry Potter?”. Non potete capire nella mia mente come sia questa scena. Non credo che l’aggiungerò nella storia, visto che questa volta a narrare è Violetta in prima persona, e non è il terza. Anche se l’idea è molto carina. Comunque… dopo una lunga, lunga, lunga riflessione sulla rottura con Leon (Ma non solo), Violetta apre il suo vecchio ed inseparabile diario sul quale non scrive da tanto tempo, e rilegge alcune pagine. Alcune sono dedicate a Leon, altre a Maria. Man mano che andremo avanti con i capitoli gliele farò leggere tutte, giusto per ricordare l’altra storia. Nel secondo blocco ci sono le ragazze al parco, che mangiano il gelato *---* dovevo assolutamente aggiungerlo… AMO IL GELATO! Comunque… cercano di far sorridere Violetta ma invano… ancora non si capisce cos’abbia. All’inizio avevo pensato di farla rimanere incinta di Leon (un’altra volta). Ma poi mi sono detta: “Alice… ma cazzo, vuoi avere un po’ più di fantasia!” così ho pensato a lungo, e le idee sono arrivate per fortuna (scusate non volevo essere volgare). Quindi ripetiamolo insieme: VIOLETTA NON E’ INCINTA. Chiaro? Poi appare Maxi. Da quanto abbiamo capito sono rimasti tutti in buoni rapporti, anche se la scuola è finita ormai da due anni. Sono rimasti tutti buoni amici. Anche se alcune coppie si sono sciolte. Le uniche che sono rimaste sono Camilla e Brodway e Federico e Ludmilla. Gli ultimi due li ho voluti far rimanere insieme, perché se lo meritavano dopo tutte le opposizioni di Priscilla. Arrivano i ragazzi… e si scopre finalmente perché Leon ha lasciato Violetta. Isabel. Ehi… * alza le mani per difendersi * avevo detto che era buona… ma nell’altra storia! Con una descrizione pessima si Bel, si capisce che è diventata un vero schianto! So che ora vorreste uccidermi, ma…. Non vi dico nulla. Comunque, nel terzo blocco c’è un ricordo di Violetta. Il momento della rottura con Leon… ci saranno altri ricordi simili… mentre nel quarto inizialmente Violetta parla con German, che cerca di convincerla ad andare in un centro di igiene mentale, ma le ovviamente rifiuta. Poi arriva Camilla che si sente tanto in colpa per sua cugina, e finiscono per parlare di Leon e Bel, e alla fine delle prove della band. Il giorno dopo (quinto blocco) Violetta è a casa Ponte, dove si terranno le attesissime prove. E qui c’è tutto un parlare… insomma… fatemi sapere cosa ne pensate e se vi è piaciuto. Lasciatemi una recensione, e per tutti i dubbi e/o chiarimenti contattatemi in chat privata. Bacioni e alla prossima!
#Alice_Leonetta
P.s. HO. I. BIGLIETTI. PER. IL. LODOLIVE2015. A. ROMA!!!! ANCORA STO SCLERANDO DA LUNEDI’!!!!                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                

 

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Capitolo 2
*** 2. ***


2.
“Ehi, Vilu!” mi sento chiamare da Maxi. Mi volto verso destra, e lo vedo che mi fa cenno di raggiungerlo al centro della pista, insieme a tutti i nostri amici. Si stanno scatenando di brutto, ma dopotutto è una festa… sono solo io la stupida che non si diverte alle feste. Non mi sono mai piaciute più di tanto, ma per quel poco cercavo di divertirmi. Questa sera non ci riesco. Sarà la musica, saranno le luci, il forte odore dell’alcool, o il fatto che loro due siano insieme. Ma com’è possibile? Si erano lasciati… perché li vedo di nuovo ridere e scherzare, come se niente fosse accaduto? Saranno tornati insieme? Non lo so, e non lo voglio sapere. Ora voglio solo andarmene da questa festa e tornarmene a casa… non ho più voglia di stare a sentire nessuno. Sono stanca, di tutto e di tutti. Non ne posso più! Come fa ad essere così bugiardo? Ci stavamo riavvicinando, appena ha rotto con lei, si è subito riavvicinato a me. A Ferragosto, siamo andati anche al mare insieme… con i nostri genitori. E’ stato bellissimo, vedere mio padre, Alejandro e Clara di nuovo insieme, felici, mi ha riempito di gioia. Era da troppo tempo che si erano distaccati, ed era ora che facessero pace. Ora è qualche giorno che io e lui non ci parliamo più. Vorrà tornare con lei? Ho paura. Non voglio perderlo di nuovo, per me lui è tutto, e lo sa bene. Non so per quale motivo mi abbia voluto abbandonare. Stavamo così bene insieme, eravamo così felici. I nostri genitori erano così felici, ma ovviamente ha dovuto mandare tutto in frantumi. Una vita insieme, e l’ha rovinata. Non capisco il perché, ma forse a pensarci meglio… è perché non mi amava più, anzi, non mi ama più. Ora è tutto più chiaro… vuole tornare con lei. Ovvio che vuole tornare con lei. “Andiamo, Vilu!” grida, questa volta Camilla facendomi lo stesso segno di Maxi. Mi avvicino a loro, ma non per ballare. “Scusate, ragazzi… io torno a casa”. “CHE!” gridano tutti in coro. Tutti, tranne uno. “No, Violetta. Per favore, resta… è il mio compleanno, e ci tengo, per favore” supplica Federico congiungendo le mani come se pregasse. “Scusa, Fede. Ma non mi sento molto bene”. “Certo, la solita scusa alla Violetta” ribatte Maxi continuando a ballare “Dicci la verità, perché vuoi andare via?” continua facendo fare una giravolta alla sua ragazza. Incrocio le braccia ed abbasso la testa sui miei sandali estivi. “Maxi!” grida Francesca dandogli un colpo sul braccio “Ok, scusa. Ma per favore, resta”. Alzo la testa e sospiro “Poco”. I miei amici sorridono, mentre Federico mi salta letteralmente al collo. “Fede… resto ma lasciami”. “Oh, scusa”. Si allontana di poco da me, ed io gli sorrido “Esco fuori a prendere una boccata d’aria” dico ricevendo un’approvazione da tutti i miei amici… quasi tutti. Lancio un’ultima occhiata a loro due, e lo vedo fissarmi senza espressione. Distolgo immediatamente lo sguardo, e mi circondo le braccia spalancando l’enorme porta del locale. Anche se sono le undici e mezza di sera, fa un caldo tremendo. Bhè, ovvio… il 10 settembre, è naturale che faccia caldo. Chiudo gli occhi, respirando a fondo l’odore della salsedine, ascoltando le onde che leggere si infrangono sulla riva per poi rinsaccarsi. Amo il mare. Mi volto verso l’enorme edificio dal quale sono uscita, e la grande insegna blu a neon con so scritto ‘Vampires Black, illuminava tutto quello che c’era intorno. Questa è l’unica discoteca di Buenos Aires, che si trova sulla spiaggia. Forse è per questo che è sempre così affollata. Mi incammino verso la riva, e quando sento l’acqua fredda sfiorarmi i piedi, mi immergo fino ai polpacci dopo essermi tolta i sandali. Porto le mani ai fianchi, e respiro a fondo l’aria del mare. E’ così strano ritrovarmi su questa spiaggia sola, senza di lui. Ci venivamo sempre insieme, e ritrovarmici da sola… fa uno strano effetto. “Ehi” sento pronunciare improvvisamente da una voce cristallina. Cosa ci fa qui? Non era dentro a ballare? Non serve che mi volto per parlare… “Ciao, Bel” dico circondandomi di nuovo le braccia con le mani. “Cosa ci fai qui?” le chiedo abbassando la testa sull’acqua ed ammirando il riflesso della luna nel mare. “Volevo parlare con te”. “Ti ascolto”. La sento fare un respiro profondo, e pian piano avanza verso di me, restando comunque a debita distanza. “Senti… se vuoi andare via perché io e L…” la interrompo, cercando di non farle dire quel nome “No” pronuncio schietta fermandola alla prima lettera. “Non è per voi. Non mi sentivo bene… ma ora sto meglio, mi serviva solo una pausa da tutto quel rumore, e dall’alcool” mento. Ultimamente mi risulta molto facile mentire, chissà il motivo… “Violetta ti conosco molto bene, so quan…”. “Cosa?” esclamo voltandomi di scatto, ed alzando qualche schizzo che le bagna il perfetto e corto vestito verde acqua. “Tu mi conosci molto bene? Sei seria?” domando con gli occhi di fuoco ed il sangue al cervello. Non riesco a credere a cosa ha appena detto. Lei mi conosce molto bene? “Tu non mi conosci affatto, Isabel” continuo serrando i pugni e chiamandola con il suo nome completo. “Ti conosco abbastanza”. “No, invece. E se pensi che me ne sia andata perché tu e L… perché voi due stavate ballando, ti sbagli di grosso”. Rimane a fissarmi con gli occhi lucidi. Alza le spalle e dice: “Non capisco cosa ti ho fatto, Violetta. Cosa ti ho fatto per farti arrabbiare così tanto?”. Scuoto leggermente la testa, sentendomi un po’ in colpa vedendo uscire le prime lacrime. “Ma io non sono arrabbiata. Non sono arrabbiata con te” dico più tranquilla “E allora cosa ti succede?”. “Succede che mi sono stancata. Mi sono stancata di tutto e di tutti”. “Io ti posso aiutare? Posso far qualcosa per farti stare meglio?”. Forse sì, ma non glielo chiederei mai. Neanche ad una come lei. Sarei troppo egoista, dev’essere lui a tornare da me, anche se so che non accadrà mai. “No”. Annuisce lentamente, sto per dire qualcosa ma mi si mozzano le parole in gola ed il respiro è sempre più affannoso vedendo una figura –molto famigliare- avanzare verso di noi. Non riesco a spostargli lo sguardo di dosso, sembra un Dio greco. Poggia le sue mani sui fianchi di lei, la quale si spaventa al suo tocco e si porta una mano sul petto. “Mi hai spaventata”. “Scusa… Ti dispiace se parlo un attimo con Violetta”. “Oh, certo. Non ci sono problemi” risponde sorridendogli. E’ ancora innamorata di lui, lo guarda nello stesso modo nel quale lo guardo io. Isabel sposta lo sguardo su di me, tornando seria “Ciao, Vilu”. “Ciao” sussurro flebile vedendola allontanarsi. “Ciao” dice dolcemente lui guardandomi. Alzo un angolo della bocca, cercando di sorridere. “Ciao”. “Ti va di fare due passi?”. Annuisco debolmente, ed insieme usciamo dall’acqua. Mi sento prendere la mano, quando sposto lo sguardo su queste intrecciate fra loro. Lo guardo, ma fissa l’orizzonte della spiaggia. “Mi dici perché sei uscita? Anche se già so il motivo?”. “Se lo sai perché te lo devo dire io?”. Fa spallucce abbassando la testa sulle sue scarpe, per poi rialzarla “Voglio sentirtelo dire”. “Lo sai che non sono mai stata brava a confessare i…”. “Dillo”. Faccio un respiro profondo, distogliendo lo sguardo dal suo perfetto profilo “Perché… ti amo. Ancora. E vedendoti insieme a… lei… bhè lo sai” sussurro abbassando la testa sui miei piedi. Con la coda dell’occhio lo vedo sorridere leggermente, e dopo qualche secondo si blocca, facendo arrestare anche me. Si volta lentamente nella mia direzione, prendendomi per i fianchi “Perché non me lo hai detto qualche settimana fa?”. “Perché sei ancora innamorato di lei”. “Ne sei sicura?” domanda sorridendo. Annuisco abbassando la testa, e togliendo le sue mani dai miei fianchi, e continuando a camminare sola. “E cosa te lo fa credere?” chiede seguendomi con le mani nelle tasche degli bermuda bianchi “Il semplice fatto che non riesci a toglierle gli occhi di dosso…” rispondo tristemente, cercando di trattenere le lacrime “…la guardi come guardavi me. E per lei è lo stesso. Lo vedo come ti guarda”. Mi fermo, giocherellando con la sabbia. Lo sento di nuovo prendermi per i fianchi, da dietro, e posare il mento nell’incavo del mio collo. “E come mi guarda?” sussurra al mio orecchio facendomi rabbrividire. Mi volto di scatto, trovandomi ad un paio di centimetri dalle sue due labbra. Il respiro è diventato più affannoso, meno regolare. Il cuore sta pulsando ad una velocità incredibile, e le gambe mi tremano. Ho una voglia matta di premere su quelle labbra. Ma come sarà la sua reazione? Brutta, ovviamente. “Come ti sto guardando io adesso” soffio sulle sue labbra, per poi fiondarmici con violenza. Da quanto tempo! Avevo proprio un assoluto bisogno di sentirle di nuovo, di assaporarle ancora. Lo sento subito rispondere al bacio, e tirando fuori un’intraprendenza che neanche io sapevo di possedere, allaccio le mie braccia attorno al suo collo ed affondo le dita nei suoi capelli, tirandoglieli ed avvicinandolo a me. La sua stretta sui miei fianchi si fa più salda, e mi attira a sé facendo scontare i nostri petti. Ci stacchiamo per un secondo, per poi ricominciare. Mi lascia un tenero morso sul labbro inferiore, per poi passarci la sua lingua e dopo facendola incontrare nuovamente con la mia. “Ne sei ancora convinta?” domanda sorridendomi dolcemente. “Mmm, avrei bisogno di un’altra prova” rispondo ricambiando il sorriso. Scuote la testa, e mi lascia un ultimo bacio a fior di labbra. “Ora non ne sono più convinta”. “Ma non era mica questa, la prova” dice facendomi poi accigliare. “Cos…”. “Vieni con me” mi incita prendendomi per mano. I miei sandali ormai sono pieni di sabbia, a stento riesco a reggere la sua corsa. “Leon, non riesco a correre! Ho i sandali pieni… AH!” grido sentendomi prendere in braccio. “Sei sempre il solito!”. “Bimba, sei tu che non riesci mai a seguirmi!”. “Eh, vero? Chissà qual è il motivo. Mi vuoi dire dove stiamo andando?”. Sorride incrociando il suo sguardo nel mio, ed improvvisamente le porte del paradiso si sono aperte. “No, Leon!” esclamo intuendo i suoi scopi. “Volevi un’altra prova? L’avrai!” risponde facendomi sedere sul sedile del passeggero. Fa il giro dell’auto, e sale in macchina anche lui. “Ma ci sono gli altri… Poi è il compleanno di Federico! Non possiamo lasciarli così… Senza neanche averli salutati”. Non faccio in tempo a finire la frase che ha già messo in moto, ed è partito a razzo. “Shhh, torneremo presto”. “Ma ho lasciato tutte le mie cose dentro!”. “Uffa… la vuoi piantare? Vuoi la prova o no?”. “Sì, ovvio!”. “Allora taci”. Lo guardo con gli occhi ridotti a due fessure, per poi accavallare le gambe ed incrociando le braccia al petto. Arriviamo a casa sua in un batter d’occhio. Alejandro e Clara non sono in casa, per fortuna. “Leon, e dai… smettila” dico cercando di spostarlo dal mio collo. “Almeno prima apri la porta” gli suggerisco. Infila le chiavi nella serratura, ed entra in casa, tirandomi per un braccio. Lancia il mazzo di chiavi sul mobiletto, e mi prende in braccio, facendomi adagiare dolcemente sul divano. Si mette a cavalcioni su di me, avventandosi nuovamente sulle mie labbra ed iniziando ad accarezzarmi il ventre spostando la maglietta. Sorrido sulle sue labbra, mentre me la sfila. “Perché non me lo hai detto?”. “Perché avevo paura che non fosse più lo stesso, per te” ammette scendendo sul mio collo, poi sulla scollatura per poi arrivare al seno coperto dal reggiseno. “Scherzi? Non ho mai smesso di amarti”. Lo sento sorridere, quando poi dolcemente mi bacia il seno destro, poi quello sinistro. Pian piano risale, facendomi eccitare sempre di più. “Hai detto una cosa bellissima”. “E’ la verità". "Non voglio più separarmi da te, Bimba. Ti amo”. “Ti amo anch’io, Leon” sussurro sulle sue labbra per poi baciarlo ancora, ancora e ancora. Penso che non sarò mai sazia dei suoi baci.
 
 
 Alcune volte esser forte significa anche resistere. Ma non resistere nel senso di muscoli, forza… resistere a tutto. Resistere al dolore, alla sofferenza, alla perdita… Questo pomeriggio è stato uno dei più duri. Non so cosa mi abbia spinto a restare lì con loro, con lui. Era da molto che non lo vedevo, e vederlo in sua compagnia, è stato davvero difficile. Da quanto ha detto Camilla si sono rimessi insieme ieri… quindi ha dimenticato quella notte. Quindi si è davvero dimenticato di tutto, ora. Si è dimenticato per sempre di me. Non ci posso credere. Dopo tutto questo tempo, dopo tutto quello che abbiamo passato. Non posso crederci, non voglio crederci. Non può essersi dimenticato di tutto, no. Mi rifiuto di crederci. Lui non è un mostro, non è tornato quello di qualche anno fa. Quello che si drogava e che andava con una diversa ogni sera. Quello che se ne fregava di tutto e tutti, che non dava né troppo peso né troppa importanza a niente. Quel ragazzo non esiste più, è scomparso parecchio tempo fa ormai, e non tornerà mai più. Lui adesso è buono, è tutt’ un’altra persona. E’ cambiato, ma non so perché…. ma non è più quel ragazzo che un tempo avrebbe dato tutto per me. Quel ragazzo che avrebbe dato la vita per proteggermi, anche solo per una sciocchezza. Quel ragazzo con cui passavo notti intere a guardare le stelle, o con cui facevo tardi la sera. Quel ragazzo che mi amava alla follia, e che amavo anch’io… che amo anch’io. L’unica cosa che non è cambiata: il mio amore per lui. E’ passato un anno da quel giorno, eppure non c’è giorno che non ci ripensi. Mi ha distrutta, mi ha bruciata viva. Forse riuscirò a dimenticarlo, solo che lui mi ha già dimenticata. Delle volte mi chiedo: Come si fa a sentire la mancanza di qualcuno che mi ha distrutto completamente? E mi rispondo così: mi manca perché a lui ci tenevo. Fa male perché m’importava. Ci tenevo, e mi ha distrutta. Non riesco più a pensare ad altro. Ormai la mia mente è invasa di suoi ricordi. Cos’è un ricordo? Qualcosa che hai o qualcosa che hai perso per sempre? Io opto per la seconda. Perché so che non tornerà da me, so che non tornerà mai più. Ora ha lei che senso ha tornare da me. Cosa sono io? Niente. Non sono assolutamente niente. Non sono più niente, per lui. C’è una parte di me che sa benissimo cos’è successo. L’altra fa finta di niente, per poter vivere lo stesso. Ma è davvero difficile, sì… è davvero troppo difficile. Perché mi ha raccontato tutte quelle bugie? Perché mi diceva che ci sarebbe sempre stato, quando invece è stato il primo ad andarsene? Perché? Sì, anche io ho fatto degli errori, ma la vita non ha istruzioni, giusto? Cara grammatica, ti sei sbagliata… il verbo ‘restare’ non è all’infinito. Improvvisamente la porta della mia camera si spalanca di scatto, e la figura che entra mi fa davvero rimaner senza parole. “FRAN! ORA NON SI BUSSA NEANCHE!”. “Scusa, Vilu… E’ stato tuo padre a farmi salire” rispose lei richiudendo la porta. Solo in quel momento noto che in mano a cinque enormi bustoni di carta. Mi spavento solo al pensiero di cosa potrebbero contenere. “Cosa c’è lì?” domando preoccupata indicando le buste con l’indice destro. Sorride come se dovesse scusarsi di qualcosa, poi a grandi falcate raggiunge il letto e si siede, lasciandole cadere accanto alla scrivania. “Nulla, nulla. Ne parleremo più tardi”. “Perché sei qui?” domando sistemandomi meglio il plaid rosa sulle gambe “Volevo vedere come stavi” risponde con compassione “Sto bene, Fran. Non serve che tutti veniate a controllarmi ogni momento! So cavarmela da sola, grazie!” grido, senza rendermi conto di quel che ho appena detto. Mi guarda con un’espressione tra la dispiaciuta e la preoccupata “D’accordo. Mi dispiace, ora vado via”. “No, no. Aspetta” la fermo, passandomi poi una mano sulla faccia “Scusami. E’ solo che… che tutta questa situazione mi fa star più male del solito. Prima la mamma, poi lui, e adesso anche la nonna” continuo tristemente. Già… la nonna. Mi manca da morire. Se ne è andata solo da qualche giorno, eppure la sua assenza si sente. Eccome se si sente! Ultimamente veniva tutti i giorni a trovarci, ed ero molto felice… bhè, più o meno. Mi voleva far distrarre, e ci riusciva alla grande. Forse solo con lei mi sentivo felice di nuovo; ma ora che non c’è più, che se ne è andata anche lei, mi sento più triste e sola che mai. So che i miei amici continuano a ripetermi che non sarò mai sola, che loro ci saranno per sempre… ma non è la stessa cosa. “Tranquilla. Però ora te lo chiedo esplicitamente… Come stai?”. Faccio un respiro profondo, e provo a non mentire. “Normale (Hai presente le foglie in autunno, quando diventano marroni ed è un piacere sentirle scricchiolare, saltandoci sopra? E poi hai presente i palloni da football, quando sono tutti perfettamente gonfi, e non appena ti capitano a tiro gli dai subito un calcio? E ancora, hai presente le solette delle scarpe? Calpestate ogni secondo. Hai mai pensato a come si sentirebbero se avessero un’anima?)”. “Facciamo finta che io creda alle tue parole. Se dici di star bene, allora perché non esci?”. Colpita e affondata. Alzo le spalle, come se niente fosse “Non ne ho voglia”. “Certo, facciamo finta che creda anche a questo”. Faccio un respiro profondo, e da qualche parte –non chiedetemi dove- trovo il coraggio di sfogarmi. “Ascolta, Fran… non è vero che quando qualcuno ti ferisce si riesce a farselo scivolare via di dosso. Non si riesce ad essere indifferenti, tutto resta impigliato negli occhi, sotto la pelle, nella mente, tra i ricordi”. Mi guarda con un debole sorriso, con gli angoli della bocca leggermente alzati… e due occhi lucidi. “Nessuno meglio di me, può capirti, Vilu. So come ci si sente, anche io ci sto passando… e so che è terribile”. “Già, anche troppo”. “So che è anche un mio amico, e sai perfettamente che gli voglio bene… ma sei conscia sì o no che lui sia uno stronzo?”. Mi fa scappare una risata flebile “Non è uno stronzo, lui non è affatto così”. “Ah no? Ti devo ricordare che ti ha lasciata per una che aveva appena conosciuto? Che fra parentesi mi è sempre stata antipatica”. Mi raggomitolo su me stessa, le ginocchia all’altezza del mento. “E’ solo innamorato”. “Violetta, tu sei la ragazza più importante della sua vita! Ma ti vuoi svegliare una buona volta!” grida passandomi più volte la mano davanti al viso. “Ero, casomai. Ma per lui è stata solo una storiella da niente”. Mi rimane a guardare con la bocca aperta ed un’espressione come a dire ‘Spero tu stia scherzando’. Chiude gli occhi e fa un respiro profondo “Violetta… ti giuro che sto perdendo la pazienza” fa una breve pausa “Vi conoscete da quando siete nati, siete cresciuti insieme per dodici anni, e ripeto DODICI! Siete sempre stati innamorati l’uno dell’altra, e finalmente dopo tanto tempo vi eravate decisi a mettervi insieme. Una storia di più di un anno, con la ragazza che ha sempre amato, con la sua bambina… E TU HAI ANCORA IL CORAGGIO DI DIRE CHE PER LUI E’ STATA SOLO UNA STORIELLA!”. Infosso il viso nelle ginocchia, mi sto trattenendo dal non piangere. “Può essere anche stata importante, ma ormai è finita”. “E quindi torniamo al mio discorso che è uno stronzo”. “E’ solo innamorato” ripeto rialzando la testa, e poggiando il mento sulle ginocchia “Sta mentendo, Vilu. Non è davvero innamorato di Bel”. Mi scappa un’altra piccola risata, questa più per il nervosismo che per la battuta di Francesca. “Ti rendi conto di costa stai dicendo? Se non è davvero innamorato di lei, allora perché ha lasciato me, per mettercisi?”. “Perché. E’. Uno. Stronzo. Ti è chiaro adesso?”. Scuoto la testa e la riabbasso “E’ colpa mia se è diventato così”. “Ma cosa vai dicendo!”. “La verità… se nell’ultimo periodo nel quale eravamo ancora insieme non lo avessi trascurato troppo, adesso sarebbe qui”. Posa le sue mani sulle mie, alzo la testa e strizzo gli occhi umidicci “Non è colpa tua, Vilu. Non fartene una colpa. Tu non sai com’era prima che tornassi, è possibile che…”. “No, Josh non c’entra nulla. Sì, lavorano insieme in un’officina, ma non sono tornati quelli di una volta. E’ cambiato, questo sì, ma non tornerà quello di qualche anno fa”. Per qualche secondo restiamo a guardarci, nessuna delle due sa cosa dire… forse non ne abbiamo il coraggio. Mi sorride leggermente, con gli occhi pieni di compassione. “Quando hai capito che eri innamorata di lui?”. Le sorriso abbassando lo sguardo sfocato. In realtà non ricordo quel giorno, forse perché non c’è mai stato, o forse semplicemente perché sono sempre stata innamorata di lui. “Non c’è stato un momento preciso, ricordo solo di esserlo sempre stata. Ed era magnifico”. Francesca sorride e mi accarezza il braccio destro con la mano. Ha gli occhi lucidi, come se le fosse stata appena raccontata la fine tragica di una bellissima storia d’amore. Forse è così. “Eravate davvero una bellissima coppia, Vilu”. Serro le labbra, abbassando la testa ed annuendo. “Già… eravamo”. Alzo la testa e con il dorso della mano mi asciugo le lacrime “Parliamo d’altro. La nuova canzone è pronta, c’è giusto da provarla tutte insieme. Quando facciamo?” domando raddrizzandomi con la schiena “Quando vuoi, noi siamo tutte disponibili”. “Facciamo domani pomeriggio? Prima è meglio è”. “D’accordo, avverto Maxi, così magari proviamo un’altra volta tutti insieme… la prova di ieri non era una delle migliori”. Tutti insieme? Tutti, tutti? “Ehm…d’accordo”. Mi guarda confusa, aggrottando leggermente le sopracciglia “Se non vuoi veder…”. “No, no. Va benissimo… lui è andato avanti”. “Anche tu lo hai fatto”. “Sì, è vero. Ma è completamente diverso”. “Cosa vuoi dire?”. “Lui è andato avanti perché voleva. Io perché dovevo. Capisci la differenza?”. Butta fuori l’aria dai polmoni, e mi abbraccia di slancio “Che stupida che sono stata a crederci, vero?”. “No. Assolutamente no. Non sei stata stupida, come hai detto tu… eri solo innamorata. Ed anche lui lo era… lo è tutt’ora!”. Scuoto la testa contrariata “Non lo è più”. “Posso chiederti qual è la cosa che ti piaceva di più, di lui?” chiede alzando di poco gli angoli della bocca. Sorriso leggermente abbassando la testa sulle mie dita, poi la rialzo con lo sguardo nel vuoto. “Mi piaceva guardarlo negli occhi. Dio quanto mi piaceva! Ci passavo giornate intere, e ti posso giurare che non mi stancavo mai”. Ricambia il sorriso “Con lui mi sentivo davvero libera… libera come quando la gente mi chiede quanti anni ho, e io vorrei rispondere ‘Dipende. Ho cinque anni quando mi danno una bella notizia, e mi metto a saltare ed urlare. Ho dieci anni quando sono spensierata. Ho quindici anni quando prendo il cellulare con la speranza che qualcuno si sia ricordato di me, e mi abbia cercato. Ho diciotto anni quando mi prendo qualche libertà. Ho vent’anni quando sono persa e mi sembra di aver già provato tutta la vita. Ho quarant’anni quando qualcuno mi racconta qualche episodio ed io non ricordo. Ho cent’anni quando raggiungo un traguardo che credevo impossibile. Sono già morta… quando qualcuno se ne va’” Mi piacerebbe una volta rispondere così alla solita domanda ‘Quanti anni hai?’”. “Quanti anni hai?” domanda tranquilla, come se ci fossimo appena conosciute all’asilo, e stessimo facendo amicizia in questo momento. Rimango a guardarla negli occhi, mentre i miei ricominciano ad essere lucidi “Secondo te?”. “Secondo me, adesso hai quindici anni, più tardi… magari verso l’ora di cena ne avrai venti… e questa notte sarai morta. Sbaglio?”. Scuoto la testa per poi abbassarla nuovamente “Non sbagli”. “Dimmi la verità… quando ti ha las… Sì insomma, hai capito… hai mai pensato che sia un cretino, uno sfigato…”. “Oh, certamente! Moltissime volte, ma più me lo ripetevo, più mi accorgevo che non era vero. Lui non era tutte quelle cose, e non le sarà mai”. “Certo. Hai trovato mille pretesti per giudicarlo un cretino, uno sfigato, brutto, spregevole. Però sceglieresti lui. Lo sceglieresti sempre. Perché quando ti immagini con lui, ti brillano ancora gli occhi”. “Lo sceglierei sempre e comunque. E’ stata la miglior cosa che mi sia mai successa. Però senza di lui, adesso, qui, che mi rassicura, che mi abbraccia e che mi conforta… mi sento uno schifo. So che devo essere forte, ma non ci riesco… davvero, non ci riesco. Come si chiama quell’istante che stai per crollare, ma non crolli? Come si chiama quel momento in cui sei sull’orlo di un precipizio, ma non cadi giù? Come si chiama quello in cui tutto trema, ma tu sei ancora stabile? Mi sento come in quei momenti: debole. Come se la tua vita stesse giungendo alla fine”. “MA LA TUA VITA NON E’ FINITA, VILU!”. “Lo so, ho solo vent’anni, ma è difficile, Fran. Tu non immagini quant’è difficile” dico infine gettandomi fra le sue braccia, scoppiando in un pianto isterico. “Basta, shhh. Ci sono io con te. Non ti lascerò mai sola”. “E’ quello che ha detto anche lui, prima di andarsene”.
 
 
 Mi oppongo, giuro che mi oppongo. Non possono, no, no. Il mio compleanno è già passato ormai da dieci giorni, e non possono farlo. “Giuro che non vengo, Cami!”. “Dai, Vilu. E’ la festa per il tuo compleanno, non puoi mancare! So che è passato da qualche giorno, ma vent’anni vengono solo una volta nella vita”. “Ti ho detto di no, non ho voluto festeggiare, e voi non mi obbligherete a farlo”. Dall’altro capo del telefono sento uno sbuffo, cerco di calmarmi. “Ti rendi conto che non possiamo annullare la festa, vero? Per favore, ci saranno tutti i nostri amici”. “E’ appunto per questo che no voglio! L’ultima cosa di cui ho bisogno adesso, è essere festeggiata”. Non possono obbligarmi a partecipare alla festa per il mio compleanno, non voglio vederli insieme, ancora una volta. Già domani dobbiamo riprovare nel seminterrato di Maxi, e –ovviamente- saranno assieme. Vederli anche alla mia festa di compleanno, sarebbe troppo. So che devo essere forte, ma è difficile, e non so se ce la farò. “Cami, per favore… cerca di capirmi, vederli in…”. “Lo sapevo, lo sapevo” dice interrompendomi e facendo una piccola risata. “Sapevo che non volevi festeggiare per causa loro. Ma stai tranquilla, non li ho invitati”. Che? Dice sul serio? Non ha invitato sua cugina? “Nessuno dei due?”. “Nessuno dei due, giuro”. Butto fuori l’aria dai polmoni e mi passo una mano sulla faccia, sedendomi a gambe incrociate sul letto. “Te ne prego, Vilu. Abbiamo già allestito tutto: il locale, le sedie… abbiamo già gli abiti!”. “Sì… Francesca me li ha mostrati” rispondo sarcastica ripensando alla scena della mia migliore amica che entra in camera con cinque enormi buste, e mi scappa perfino una risatina. “Perfetto! Ti piace il tuo?”. “Mmmm, sssssno”. “Sì o no?”. “Non so… mi sembra un po’ troppo, per una festa”. “CHE! TROPPO? SCHERZI, VERO! NON HAI VISTO QUELLO DI…”. “Quello di?”. Dalla parte di Camilla non si sente nulla, un silenzio di tomba. Cosa sta tramando? “Di chi, Camilla?” esclamò più spaventata che preoccupata “Di… G-Gery” balbetta. Il mio cuore si ferma. “Avete invitato anche lei?”. “Adesso sta con Alex… non hai più motivo di essere arrabbiata con lei”. “Mi ha fatto molte cose brutte, in passato… credi che dovrei perdonarla da un giorno all’altro?”. “Non è da un giorno all’altro… sono passati due anni, Violetta… due anni!”. Scuoto la testa “Il tempo non dice nulla. Può venire, ma se ci sarà anche Alex”. “Certo che verrà! E’ stato uno dei primi della lista”. “D’accordo, domani da Maxi rivediamo i dettagli”. “D’accordo, buonanotte, Vilu”. “Buonanotte”. Chiudo la chiamata, e poggio il cellulare sul comodino, accanto alla foto con le mie amiche, ed apro il cassetto. Tiro fuori il diario, e lo apro. ’20 Settembre 2010. La mamma è sempre più stanca, sta tutti i giorni a letto a riposare. Qualche giorno fa sono venute la nonna ed Angie perché papà le ha chiamate ed informate di quello che sta accadendo alla mamma. A stento le ha riconosciute. Mamma per favore, non andartene’. ’28 Ottobre 2010. Ho bisogno di Leon. Non posso sopportare tutto questo da sola. La mamma sta morendo, papà è sempre più preoccupato, Roberto cerca di confortarlo ed Olga non fa altro che piangere tutto il giorno. Come farò a resistere?’. ‘1 Novembre 2010. Voglio i miei amici. Voglio tornare a Buenos Aires. Voglio Leon. Chissà cosa starà facendo in questo momento… Penserà ancora a me? Mi manca così tanto. Di certo non possiamo tornare a Buenos Aires, con le condizioni di mamma. Spero non si dimentichi di me’. Sento il telefono squillare, ma non è una chiamata,è un messaggio. Da parte di Francesca: Cambio di programma!! Domani niente prove. SI VA TUTTI AL MARE!! Mi va di andare al mare, e poi è un modo per liberarmi dai pensieri negativi, anche se loro due saranno lì. Cercherò di non pensarci. Rispondo a Fran: D’accordo!! Passami a prendere alle 9.
 
 
 Mi siedo sulla sabbia, mi è sempre piaciuto l’odore dalla salsedine, il rumore delle onde, mi rilassa. Sento dei passi avvicinarsi, mentre il mio cuore si blocca, e chiudo gli occhi. Si siede accanto a me senza fare il minimo rumore “Ciao” sussurra con quella sua voce. Già comincio a tremare. Mi volto lentamente “Ciao”. “Come stai?” domanda flebile, con voce spezzata. Faccio spallucce voltandomi verso il mare “Normale”. “Voglio la verità”. Cosa? Ho sentito bene? Per caso si sta preoccupando per me? Sul serio? Dopo tutto questo tempo, si preoccupa? Spero stia scherzando. “E’ la verità”. “Invece no”. “Pensala come vuoi”. Butta fuori l’aria dai polmoni, molto rumorosamente “Violetta, ti conosco… so che non stai bene”. Mi giro di scatto incrociando il verde dei suoi occhi, le lacrime che mi rigano il viso. “Pensi davvero di conoscermi? Allora sai anche il motivo del quale sto piangendo adesso”. “Sì”. “Quale?”. “Voglio che sia tu a dirmelo”. Mi siedo più comoda, senza distogliere lo sguardo da lui. “Sto piangendo, perché tu non sai quanto fa male vederti felice senza di me. Perché tu hai dimenticato cose di noi, che io ricorderò per sempre. Perché mi hanno detto che ancora mi sorridono gli occhi quando parlo di te. Perché i tuoi abbracci mi mancano da morire” faccio una pausa, senza mai distogliere lo sguardo da lui. Mamma mia, i suoi occhi! “A volte mi chiedo se anche tu, come me, ogni tanto mi pensi. Se abbassi lo sguardo a ricordare i momenti trascorsi insieme, e se magari ti scappa una lacrima, oppure una risata o un sorriso… ricordando magari quando passavamo notti intere a guardare le stelle, o quando mi sporcavo con il gelato. Ieri, a casa di Maxi, ti ho visto piangere mentre… Bel ti stava facendo ascoltare una canzone con le cuffie. Una lacrima ti stava rigando il viso, e io –da egoista- avrei voluto che quella lacrima fosse per me. Sai, ho cancellato i tuoi messaggi, ma non mi scorderò mai quello che mi scrivevi. Abbiamo messo i nostri genitori contro, anche se si conoscono da una vita e si vogliono un bene infinito. Abbiamo smesso di essere ciò che eravamo, ma non lo dimenticherò mai. Ti amo ancora. Ma non te lo so dire… perché so che ami lei. Ed hai ragione… neanche io mi sceglierei. Ho paura che ti porterò per sempre nel cuore. Ho paura che non ci sarà spazio per nessun altro. Ho paura che ogni volta che penserò all’amore, penserò a te. Lo sai la mia peggior paura qual è? Non ricordarmi più l’odore del tuo profumo. Ti ricordi quand’è morta mia madre, e mi hai chiesto se ogni tanto mi immaginavo come sarebbe stata la nostra vita da grandi? Ti ho risposto con delle frasi che davvero non so ancora da dove le ho prese… oggi ho riletto quella pagine sul mio diario, le ricordo ancora perfettamente: ‘So che un giorno andremo a vivere insieme e non mi importa se la casa sarà piccola, il nostro amore è già grande. La mattina ti guarderò dormire, finché non ti sveglierai. Poi andremo a preparare colazione insieme e i nostri baci sapranno di caffè, croissant, e amore. In settimana avremo i nostri impegni, tra il lavoro e l’università ma il weekend lo dedicheremo a noi. Magari passeremo un weekend fuori città per staccare, oppure andremo all’Ikea e prenderemo qualcosa da aggiungere a casa nostra. Tornati a casa tu metterai insieme i pezzi, come sai sempre sistemare le cose e io ti aiuterò nel mio piccolo. In casa nostra ci sarà tanta musica, tanti libri e luce. Cucineremo insieme e tu ruberai del cibo dal mio piatto, o finirai la mia parte dato che non ti sazi mai! Passeremo le domeniche pomeriggio ad organizzare i nostri viaggi, ma dopo poco finiremo abbracciati sul divano, perché comunque il posto più bello di tutti rimangono le tue braccia. Comprerò i dolci solo perché so che ti piacciono e tu mi lascerai scegliere cosa guardare alla televisione perché a me piace scegliere. E anche se alla fine non guarderemo il programma scelto da me, io non ti ringrazierò mai abbastanza di avere scelto me tra tutte le altre’. Ovviamente non ti ricorderai, perché come ti ho detto, tu hai dimenticato cose che io ricorderò per sempre. Ma non fa niente, davvero. Sto bene. Ho soltanto un piccolo nodo in pancia. Mi viene da piangere e vorrei gridare che tutto mi ferisce. Mi fa abbastanza male. Ma non è niente. Niente di che. Ma sì… sto bene. L’unico problema è non avere qualcuno da amare. Io lo so che ogni tanto mi pensi ancora. So che ogni tanto, mentre la guardi, ti torno in mente. So che ogni tanto, mentre dormi con lei abbracciato, mi sogni ancora. Lei forse ti avrà chiesto di noi, ‘che è successo?’, ‘come mai?’, ‘com’è successo?’, ‘non l’amavi?’, e tu le avrai risposto con l’aria di chi non se ne frega di niente, che non mi amavi, che per te l’amore è lei. E lei ci avrà creduto, perché non sa, non può nemmeno immaginare cos’eravamo insieme… io e te. Magari ora facciamo finta che l’altro non esista, continuando la nostra vita normalmente. Ma magari un giorno, da adulti, ci rincontreremo e con lo stesso imbarazzo di un tempo, ci saluteremo. Tu mi dirai che non hai mai smesso di fumare, che sei sposato e che hai dei bellissimi bambini. Io ti dirò che io a fumare non ho mai iniziato, che sono anch’io sposata… e felice. Ti racconterò della mia vita, che finalmente ho comprato una casa, e che il viaggio che avevamo in programma da giovani, sono riuscita a farlo. Tu mi dirai che non sono cambiata in niente, ho sempre quella faccia buffa, sempre quei vizi che tu in tutti i modi hai cercato di togliermi e che nonostante siano passati anni, continuo a trovarmi quei milioni di difetti che tu in tutti i modi cercavi di farmi capire che erano bellissimi. Capiremo, guardandoci negli occhi, che è tutto passato, e che forse senza nessun rimorso continueremo la nostra vita. Ma io, solo in quel momento, ti sussurrerò all’orecchio che a mio figlio, ho dato il tuo nome. Il nome del mio migliore amico, del ragazzo che mi ha salvata”. Ecco. Mi sono sfogata. Gli ho detto tutto. Come ho fatto? “Leon! Sei qui! Finalmente ti ho trovato!”. Appunto. Lei. Ci raggiunge correndo, e bloccandosi davanti a noi, guarda prima lui che sta guardando me, e poi me. “Scusate… non volevo interrompervi”. “Tranquilla. Stavo andando via, Francesca mia aspetta per tornare a casa. Le ho promesso che sarei tornata con lei”. Serra le labbra vedendomi alzare, poi annuisce “D’accordo, ci vediamo domani, Vilu”. “Certo, a domani” le rispondo, lanciando poi un’ultima occhiata al ragazzo ancora seduto sulla sabbia, che non si è mosso di un centimetro. Lo sorpasso, scappando poi verso le mie amiche.
 
 
  E pensare che quando si è piccoli si è così vivaci. Niente timidezza, solo un’allegria che sprigioni giorno e notte. Vuoi fare amicizia con ogni bambino che incontri, e dopo due secondi diventa il tuo migliore amico, anche se sai poco e niente su di lui. Quando si è bambini è tutto più facile, pensi solo a divertirti con gli amichetti e tutti i problemi che ti perseguitano durante l’adolescenza non esistono. Ognuno di noi vorrebbe tornare piccolo, quando cadevi e ti sbucciavi un ginocchio, o quando giocavi in riva al mare con paletta e secchiello. Ma purtroppo, il tempo non si può mandare indietro, altrimenti la vita sarebbe troppo facile; giusto? La vita va affrontata, bella o brutta che sia. Devi rimboccati le maniche e fare tutto da sola. La vita non è una passeggiata, Principessa. E’ ora di togliersi la corona ed indossare l’armatura. Bisogna essere forti… da soli. La via alberata dove è casa mia, sembra che mi stia soffocando. Alberi a destra ed a sinistra. Ho chiesto a Francesca di lasciami all’inizio della strada, avevo voglia di camminare un po’, e di restare un po’ sola… che novità! Mentre incrocio le braccia al petto, poco distante da me, dietro le mie spalle, sento un rumore famigliare, fin troppo famigliare. Il rombo della moto si fa sempre più vicino. Una parte di me, vorrebbe che fosse lui, l’altra no. Cerco di far finta di niente, sperando che sia solo un ragazzo sconosciuto, o un uomo che passa lì per caso. Ma no, ora la moto è di fianco a me, e non ho il coraggio di voltarmi. “Ehi, Vilu!” esclama un ragazzo. Non è lui. No, non è la sua voce. Voltandomi di scatto, riconosco gli occhi azzurri e i capelli color oro. Automaticamente –non so come e in che modo- un sorriso si fa largo sulle mie labbra. “Josh!” esclamo. Cosa fa lui qui? Mi fermo, ed anche lui spegne il motore della moto, girando la chiave e scende. Mi saluta con un abbraccio, chiedendomi come va. “Tutto normale, per quanto siano diversi i nostri significati di ‘normale’”. Fa una leggera risata, appoggiandosi alla moto. “Come mai da queste parti?” domando. “Oh, bhè. Avevo bisogno di alcuni pezzi di ricambio, e visto che passavo di qui ho pensato di fare un salto. Ma per fortuna mi sono risparmiato l’umiliazione di suonare al campanello di casa tua”. Sorprendentemente rido. Una vera risata. “Dove sei stata?”. “Siamo andati al mare”. Si acciglia “Siamo?”. “Sì, bhè vedi… io, Fran, Cami, Maxi… e… gli altri” rispondo abbassando la testa. Già… gli altri. Lo vedo serrare le labbra ed annuire leggermente. “In effetti… puzzi un po’ di pesce!” scherza, e parte un’altra risata da parte di entrambi. “Oh, grazie! E’ un onore!”. Ancora risate. “Senti. Ti andrebbe di andare a fare un giro? Più tardi intendo… visto che devi farti una doccia ed io devo finire di lavorare”. Sul mio viso appare un’espressione come a dire ‘Non possiamo fare un’altra volta?’. “Dai, Vilu. E’ giusto per fare qualcosa. Un paio d’ore, per passare un po’ di tempo insieme. E’ da tanto che non usciamo”. Già, in effetti è vero. “E poi non credo che tu abbia di meglio da fare” continua sorridendo, facendomi ridere. Forse è una buona idea. Così mi distraggo un po’. In effetti, non ho voglia di restare chiusa dentro casa. “Va bene” mi arrendo infine sorridendo. “Perfetto. Allora passo verso le 8.30, d’accordo?”. “Sì, ok”. Mi sorride risalendo in moto “A più tardi”. Gli sorrido ed alzo la mano come per salutarlo, ma è già ripartito. Forse non è stata una cattiva idea. Potrei divertirmi, anzi… di sicuro mi divertirò.
“Fran! per favore, aiutami!” grido alla mia amica tenendo il cellulare tra l’orecchio e la spalla. “Che vuoi che ti dica, Vilu? Metti quello che ti senti di indossare”. “Ah! Ah! Ah! Sei di grande aiuto, Fran!”. Prendo una maglietta a maniche corte bianca con dei ghirigori disegnati con dei brillantini. Incredibile! Non so che indossare! Ho l’armadio pieno di vestiti, e non so cosa indossare. Ieri faceva freddo, oggi c’erano 27° all’ombra! “Scusa, Vilu. Ma sto tenendo d’occhio Raphael. Mia zia e mio zio sono usciti con i miei genitori, e mi hanno chiesto di tenerlo. NO! FERMO! POSA QUEL COLTELLO! A-D-E-S-S-O!!”. Wow, quando si mette ad urlare è peggio di Ludmilla quando si rompe un’unghia. “D’accordo. Chiamo Cami allora. E… ehm… buona fortuna” le dico allontanando il telefono dall’orecchio. Le sue urla mi stanno rompendo i timpani. “Grazie, me ne servirà molta. Buona uscita, domani mi racconti tutto”. “D’accordo. Ciao, Fran”. “Ciao, Vilu. No, Raphael! Non toccare i miei trucchi!!”. Accidenti, è una peste quel bambino. Lancio il cellulare sul letto, ormai ricoperto dai miei vestiti. Non so se farà caldo o freddo. Improvvisamente sento bussare alla porta. “Se sei papà non entrare che sono nuda! Se sei Olga ti consiglio di non entrare per il bene del tuo cuore!” grido da dentro l’armadio. Non sento arrivare nessuna risposta, al contrario, la porta si apre e prendendo il primo indumento che trovo, mi copro. “ANGIE!” grido correndo ad abbracciare mia zia. “Chiudi la porta” le ordino una volta aver sciolto l’abbraccio ed essere tornata davanti all’armadio, ormai quasi del tutto vuoto. “Come mai a quest’ora?” le chiedo. “Tuo padre mi ha chiamata e ci ha invitati a cena…” esita un momento con un sorrisetto sulle labbra “…tutti e tre” finisce. Mi acciglio voltandomi dalla sua parte “In che senso? C’è anche il fratello di Pablo?”. La zia scuote la testa, sempre con quel sorrisetto. Cosa nasconde? “Non capisco, chi sarebbe il ter…” mi blocco non appena la vedo massaggiarsi leggermente la pancia. Oh. Santissimo. Cielo. No. Non è possibile! Oh mio Dio! Apro la bocca, il cuore batte forte e sgrano gli occhi, saltandole letteralmente al collo. “ODDIO! SEI INCINTA!” grido una volta che mi ha allontanata dicendomi che stava soffocando. “OH! COME?”. “Bhè, Vilu. Sei grande, dovresti sapere queste cose” dice scoppiando poi in una risata. Prendo dei calzoncini e glieli tiro. “Scema! Intendevo dire che è una sorpresa! Sono davvero felice, ve lo meritate”. La abbraccio nuovamente, e ringraziandomi mi aiuta a scegliere quello da indossare. Alla fine ho optato per un paio di jeans lunghi ed una canottiera, ovviamente portandomi dietro un giacchetto. “Ma dimmi un po’…” inizia ripiegando una felpa e riponendola nell’armadio. “…tu e Josh… da quant’è che vi frequentate?” domanda porgendomi dei calzini. Li prendo, per poi tirarglieli “Non ci frequentiamo! Siamo solo buoni amici, e visto che –stranamente- non ho voglia di rimanere in casa, e mi ha invitato ad uscire, ho accettato. Niente di più” le rispondo infilando i calzini e di seguito le Converse nere. “Mmm”. Sul suo viso appare un’espressione come per dire ‘Facciamo che ci credo’. “Dico davvero. Per me è solo un amico, e poi lo sai… io amo solo lui”. Sorride dolcemente prendendomi le mani “Amore mio, ascoltami. Lo so che per te è stato importante, e forse lo è tutt’ora, ma vedi… la vita non è fatta per restare in casa tutto il giorno, tutti i giorni; o per restare a deprimersi ed a piangersi addosso. So perfettamente che per te è stato molto, molto importante. Insieme avete condiviso gli anni più belli di tutta la vita, e sono sicura che nessuno dei due se ne dimenticherà mai…”. “Lui lo ha già fatto” dico interrompendola. Scuote la testa ancora sorridendo. “Invece no, Vilu. Tu sei stata una delle persone più importanti della sua vita, e non ti dimenticherà mai”. “Hai detto bene… sono stata”. Butta fuori l’aria dai polmoni “Ascolta, magari ora non vi parlate, non vi guardate in faccia, e magari potreste continuare così per anni. Ma sono sicura che se un giorno vi rincontrerete per strada scoppierete entrambi a piangere per tutto quello che avete passato”.
 
ANGOLO AUTRICE:
Ebbene sì… eccomi di nuovo qui. Scusate per la lunghezza di questo capitolo, ma c’erano alcune cose NECESSARIE da inserire qui, se volete d’ora in poi li farò più corti. Allora cominciamo… Inizialmente troviamo un ricordo swuanfwejopeuibfwqpfi *---* di Violetta. Che ne pensate? *faccia pervertita di WhatsApp*. Poi troviamo Violetta e Francesca che discutono su Leon, poi sulle prove delle band, su Leon, su Leon… insomma capito. Nel terzo blocco troviamo all’inizio Violetta che discute con Camilla per la sua festa, poi che legge alcune pagine del suo vecchio diario. Come ho detto nella precedente Nota Autore/Angolo Autrice, man mano che andiamo avanti con i capitoli, ci sarà Violetta che continuerà a leggere il diario, così da capire come siamo arrivati a questo punto. Quarto blocco: Troviamo i Leonetta *----------* (COME SI FALA FACCINA CHE SBAVAAAAA??!??!?!?!?!?). Nel quinto ed ultimo blocco, ci sono Violetta e Josh, quest’ultimo la invita ad uscire, dopo qualche esitazione da parte della ragazza, alla fine cede. Dopo troviamo Vilu che mette in disordine il suo armadio *alza la mano*  come faccio sempre io quando devo uscire, e poi entra ANGIE!!! E’ INCINTA! E CHI SE LO ASPETTAVA!!!!!!!! COME HO GIA’ DETTO E SPERO DI NON DOVERLO RIPETERE PIU’, la storia ‘Io&Te, per sempre’ la sto scrivendo, ma gli dedicherò più tempo quando ne avrò. Durante l’estate non posso assolutamente quindi vi prego di non mandarmi più messaggi per chiedere della storia. Ovviamente mi fa piacere che vi piaccia e che ne siate così appassionati, ma davvero, in questo periodo non ho proprio tempo, forse quando ricomincerà la scuola, ma siccome devo ricominciare la palestra a Settembre (3 volte a settimana) non so se riuscirò a scrivere entrambe le storie, quindi per il momento quella è sospesa. CAPITO LULU’!!!??? HAHAHAHAHAH. Poi vorrei ringraziarvi tutti, dal primo all’ultimo. Sono rimasta sbalordita dall’enorme numero di visite del primo capitolo (+900 in 7 giorni) e delle 18 recensioni! Wow! Grazie mille, sono davvero contenta che vi piaccia così tanto la mia storia! Beeeeeeene. Devo andare. Fatemi sapere cosa ne pensate lasciando una recensione. Bacioni e alla prossima!
#Alice_Leonetta

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Capitolo 3
*** 3. ***


3.
“Francesca!” grido tirandole una manciata di pop-corn, e lei per coprirsi usa uno dei cuscini bianchi del divano del rispettivo colore. “Che c’è, Vilu! Ho detto solo quello che penso!”. “Oh, certo! Peccato che tu pensi sempre male!”. Stiamo guardando uno dei nostri film preferiti: La musica nel cuore; e mentre le racconto della serata di ieri sera, con Josh, lei insinua che mi piaccia. Ma dico io! E pensare che è anche la mia migliore amica! “Scusami, scusami. Ho solo ipotizzato”. Riduco gli occhi a due fessure, e cercando di nascondere un sorriso, le lancio degli altri pop-corn. “Se ci fosse stata Camilla, non lo avrebbe solo ipotizzato… lo avrebbe affermato, gridandolo!” dice facendomi scoppiare a ridere, seguendomi a ruota. E’ vero, molto probabilmente se ci fosse stata Camilla, ne sarebbe stata sicura. Ma io dico… sono le mie migliori amiche… come posso pensare –dopo tutto quello che ho passato- che a me piaccia Josh. Lo sanno che sono e sarà semprE innamorata di… lui. Dire o pensare il suo nome, mi fa ancora troppo male. Abbiamo condiviso di tutto, e pensare che adesso non mi ami più, bhè… fa davvero molto, molto male. “Hai ragione!”. Mentre continuiamo a vedere il film, verso la fine, la sento singhiozzare. “Perché non ti commuovi, Vilu?”. Si soffia il naso, mangiando i pochi pop-corn che sono rimasti. “Abbiamo visto questo film cinquecento volte, Fran! Se devo commuovermi ogni volta, a quest’ora sarei disidratata!”. Una volta finito il film, spengiamo la televisione, e Francesca si soffia il naso per l’ennesima volta. “Non so come tu faccia a non commuoverti” dice una volta gettato il fazzoletto nel cestino, ormai pieno. Alzo le spalle “Ognuno è fatto in modo diverso”. Abbasso la testa sui miei piedi, e lei, intuendo quello che volevo dire, mi abbraccia di slancio. “Andiamo in camera mia”. Lei annuisce, insieme ci alziamo dal divano, raggiungiamo le scale arrivando al piano di sopra, dopodiché percorriamo il corridoio, ed alla seconda porta a destra ci blocchiamo. Apro la porta della mia stanza, richiudendomela dietro. Mi siedo sul letto a gambe incrociate, lei si accomoda di fronte a me nella stessa posizione. Ci guardiamo per attimi che sembrano infiniti, ma la prima a rompere il silenzio sono io. “Fran, ascolta… so che non sei venuta qua solo per farmi compagnia e per chiedermi della serata con Josh”. Sospira. “Ero sicura che l’avresti capito”. “Ovvio che l’ho capito! Sei la mia migliore amica, non mi puoi nascondere nulla”. Giocherella con le dita delle mani osservandole. “Dimmi allora… che c’è?”. Alza lo sguardo, ed i nostri occhi si incrociano. Ha gli occhi lucidi, e non perché ha appena pianto, ma perché sta per rifarlo. C’entra Diego di sicuro, non temporeggerebbe così tanto se non fosse per parlare di lui. “Ho scoperto una cosa… cioè, non è che l’ho scoperta, me l’hanno detta Cami e Lud”. Annuisco, ok, fin qui ci sono. “Bhè…” continua guardando in alto, cercando di non piangere. “Fran, sfogati”. Fa un respiro profondo, per poi puntare nuovamente i suoi occhi nei miei. “A quanto pare, hanno visto Di-e-ego… ieri… dopo che siamo tornati dal mare. Ecco… lo… lo hanno visto in centro; con… con una ragazza”. Oh. Scoppia in lacrime, avrei dovuto immaginarmelo. Perché non l’ho lasciata parlare, perché le ho detto subito che sapevo! L’abbraccio di slancio, come lei ha fatto prima con me, come lei ha fatto sempre con me. Scioglie l’abbraccio e con il dorso della mano si asciuga le lacrime. “Mi dispiace moltissimo. Ti capisco perfettamente”. “Lo so, e ti ringrazio per essere stata ad ascoltarmi”. Le sorriso dolcemente, accarezzandole il braccio. “Tu lo fai sempre con me”. Tira su con il naso, così le porgo un fazzoletto che tiro fuori dal comodino… li tengo lì in caso di emergenza-pianto durante la notte, o in qualsiasi ora. “Grazie. Non so davvero come ho fatto ad essere così sciocca a credere che saremmo potuti tornare insieme”. Scuoto la testa. “Non sei stata assolutamente sciocca. Tu non sei affatto una sciocca, mi hai capita?”. Resta a fissarmi, senza batter ciglio. Mi scappa un leggero sorriso. “Se tu sei una sciocca, allora io cosa sono?”. Finalmente gli angoli della bocca si alzano, di poco, ma si alzano. “Grazie, Vilu. E’ vero quando si dice che le amiche bisogna averne poche ma buone”. Insieme ridiamo, poi scende dal letto e prende la borsa sulla scrivania. “Ora devo andare. Ho detto a mia madre che sarei tornata prima dell’ora di pranzo. Ah! Ti ricordi le prove oggi pomeriggio?”. Annuisco sorridendo. “Certo. Alle 5 da Maxi”. “Ti passo a prendere io?”. “No, tranquilla. Ho voglia di camminare un po’”. “D’accordo, a più tardi”. “Ok, a dopo”. Dopodiché se ne va, chiudendo tutto dietro di sé. Sono di nuovo sola. Poso una mano tremante sulla faccia. Lo stomaco ricomincia a contorcersi facendo un male tremendo, la gola s’insecchisce ed ogni tentativo di deglutire un po’ di saliva per inumidirla risulta doloroso. Decido allora di stendermi a pancia in su e chiudere le palpebre, constatato che gli occhi si stanno inumidendo per la seconda volta. Non voglio pensarci, adesso ho altre cose più importanti da risolvere. Afferro il cellulare e lo sblocco. L’attenzione è catturata dall’icona di WhatsApp sulla quale c’è il numero 57. Sicuramente sono gli altri che si stanno mettendo d’accordo per oggi pomeriggio. Lo apro ed infatti c’è Camilla che sta discutendo con Brodway e Maxi. Chiudo ed apro la rubrica. La scorro fino a trovare il contatto che cercavo, e cliccandoci sopra, porto il cellulare all’orecchio. “Pronto, Vilu? E’ successo qualcosa?” risponde la voce dall’altro capo del telefono. “No, nulla che non si possa risolvere”. “Di cosa parli?”. “Ti andrebbe di andare a fare un giro, dopo pranzo? Devo dirti delle cose”. “Va bene, ci incontriamo all’inizio della via di casa tua?”. “Perfetto. Alle 3”. “D’accordo. A dopo, Vilu”. “Ciao, Diego”.
 
 
 “Papà! Io esco!” grido dal salotto di casa, prendendo la borsa appesa all’attaccapanni. Vedo mio padre uscire dal suo studio, seguito da Roberto. “Dove vai?” domanda incrociando le braccia al petto. “Devo parlare con Diego, poi andiamo da Maxi per le prove della band”. Annuisce per poi lasciarmi un bacio sulla fronte. Prima che rientri nell’ufficio lo blocco. “Ah. Aspetta... prima stavo pensando… perché non chiami… Clara e Alejandro?”. Loro e mio padre hanno litigato dopo che io e lui ci siamo lasciati. Li abbiamo messi contro, nonostante si conoscano da una vita. Che figli… Lo vedo irrigidirsi e poi corruga la fronte. “E perché dovrei farlo?”. “Magari potreste andare a bere qualcosa insieme. Giusto per…”. “Non ho voglia né di chiamarli, né di vederli e né tantomeno andare a bere qualcosa con loro. Divertiti” dice. “Aspetta. Non voglio che siate arrabbiati l’uno con gli altri. Voi siete molto amici, e di certo non è per la rottura dei vostri figli che la vostra amicizia terminerà”. Esita un momento, prima di dire: “Mi dispiace, Tesoro… ma è finita da un pezzo”. Caccio l’aria dai polmoni, passandomi una mano sulla faccia. “Ascoltami… se non hai intenzione di far pace con loro per te, fallo almeno per me. Sarei molto più felice sapendo che –almeno tu- hai ancora qualche legame con… loro”. Abbasso la testa, torturandomi le dita. Accidenti… non avrei dovuto iniziare questo discorso. Papà si avvicina e mi abbraccia forte, per poi lasciarmi ancora un bacio sulla fronte. “Divertiti… ok?”. Annuisco tristemente, per poi afferrare la maniglia della porta ed uscire. Quanto vorrei che facessero pace, mi sento tremendamente in colpa. Non avrei mia voluto che litigassero per noi. Non ne valeva la pena. Da tempo ormai siamo una storia chiusa, e loro –che possono- devono far pace. In un modo o nell’altro ci riuscirò, fosse l’ultima cosa che faccio. Loro che posso far pace, perché non lo fanno? Capisco che dopo la lite di molto tempo fa, e per le parole pensanti che sono volate siano ancora arrabbiati gli uni con l’altro, ma loro che possono, dovrebbero proprio riconciliarsi. Mi fa un male atroce vedere mio padre senza il suo migliore amico, lo capisco perfettamente, perché è proprio la stessa cosa che sta succedendo a me. Il… mio migliore amico, mi ha abbandonata e non credo affatto che tornerà, ma lui… bhè lui può riavere il suo, basta fare il primo passo. “Vilu!”. Alzo la testa di scatto sentendo pronunciare il mio nome, e non essendomi accorta di essere arrivata alla fine della strada, intravedo Diego, appoggiato sotto un albero poco distante, che mi fa segno di raggiungerlo. A grandi passi arrivo fin da lui, e salutandolo ci sediamo a gambe incrociate sotto l’ombra dell’albero. Oggi fa davvero caldo, eppure siamo in aprile… “Come stai?”. “Bene” mento sorridendogli. “Tu?”. “Non c’è male. Come mai così tanta urgenza di vedermi? Non potevamo parlare più tardi da Maxi?”. Scuoto la testa schietta “No”. “Capisco. Cosa succede?” domanda appoggiandosi con la schiena al tronco dell’albero. “Oh, questo dovresti dirmelo tu”. Corruga la fronte, molto probabilmente non riuscendo a capire. “Non ti seguo”. “Dimmi la verità, Diego… stai uscendo con qualcun altro?”. Butta fuori l’aria dai polmoni e porta le ginocchia poco al petto poggiando le braccia. “Come lo sai?”. “Oh, sta girando questa voce. A quanto pare ieri sera, Ludmilla e Camilla ti hanno visto insieme a questa ‘presunta ragazza’ in cento”. Chiude gli occhi passandosi una mano sulla faccia. “Francesca lo sa?”. “E’ stata lei a dirmelo”. “Cazzo”. Sbuffa passandosi le mani fra i capelli per poi poggiare il mento sul braccio e guardare da un’altra parte. “A che gioco stai giocando, Diego?”. “Non sto giocando, Vilu!” grida, voltandosi di scatto verso di me, le braccia aperte davanti a sé, gli occhi lucidi. “Allora cosa intendi fare? Lo sai che a sbagliare sei stato tu”. “IO?”. Annuisco. “Certo è vero, ho sbagliato, ma è stata lei ad iniziare”. “Facendo cosa? Uscendo un paio di volte con il cugino di Ludmilla?”. “Se è per questo si abbracciavano anche, e per poco non si baciavano”. “No, Diego! Questo non puoi dirlo. Perché Francesca ti amava, e ti ama tutt’ora. Se proprio vuoi saperlo, sono usciti insieme perché dovevano preparare la festa a sorpresa di Lud! Ecco, ora te l’ho detto. Lei all’inizio non voleva che te lo dicessi, ma ora quel che è fatto è fatto!”. Sul suo viso c’è un’espressione stupita, delusa, scoraggiata… colpevole. “C-cosa?”. “Hai sentito, ora dimmi… non sei stato tu a sbagliare baciando… Bel? Prima che… che lei e… insomma, capito”.  “Oddio” sussurra passandosi nuovamente una mano sulla faccia. “Credo sia ora di chiederle scusa”. Scuote la testa mordendosi le labbra. “No. Non le chiederò scusa, non le accetterà mai. Mi odia”. Gli sorrido dolcemente “Forse non ti è chiaro che Francesca ti ama”. “E allora? L’ho ferita, non mi perdonerà mai”. “Diego, ascoltami… quando stamattina mi ha raccontato quello che le hanno detto Ludmilla e Cami, è scoppiata a piangere. E poi lo sai che mi ha detto? Ha detto che si sentiva una sciocca, perché credeva che sareste potuti tornare assieme”. “Davvero ha detto questo?”. Poggio una mano sul cuore, mentre l’altra la alzo in cielo “Lo giuro”. Resta a guardami, come se non credesse alle mie parole. “Ti prego, Diego. Vai a casa sua, dille che hai sbagliato e che non hai mai smesso di amarla. Dille che sei stato un grande sciocco e che non c’è cosa più bella di lei. Dille che la ami, e ripetiglielo finché non si stancherà di sentirtelo dire, anche se ne dubito che si stancherà”. Insieme sorridiamo. “Baciala finché resterete entrambi senza fiato, ma mi raccomando, poi respirate perché non vi voglio perdere, eh” continuo puntandogli il dito contro. “Fate l’amore fino all’estremo, ed abbracciatevi per tutto il tempo che siete rimasti separati”. Mi sorride con gli occhi lucidi, come i miei. “Stai dicendo a me di farlo, oppure è quello che vorresti che…”. “No” dico schietta bloccandolo. Serro le labbra cercando di trattenere le lacrime, ma grazie al mio autocontrollo so che non verserò una lacrima. “Ti va di andare a prendere un gelato?” mi chiede alzandosi e porgendomi la mano. Lo imito, accigliandomi. “No. Assolutamente no. Devi andare da Francesca… MUOVITI!” grido puntando il dito verso la strada. Scoppia a ridere per poi abbracciami. “Francesca non è a casa. E’ con Ludmilla a fare shopping. Me lo ha detto prima Federico”. Alzo un sopracciglio, con un’espressione come a dire ‘Devo crederci?’. “Dico sul serio. Se vuoi lo richiam…”. “No. Ci credo, ci credo. D’accordo andiamo… ma paghi tu!” esclamo ridendo, mi segue a ruota. “Va bene”. In poco tempo arriviamo alla gelateria. “Due gelati per favore. Uno con cioccolato e melone e l’altro con fragola e panna”. “Come fai a sapere i miei gusti preferiti?” chiedo sconvolta. “Ho le mie fonti”. “Ecco a voi” dice il gelataio “Grazie mille”. Uscendo dal locale, troviamo una panchina libera, sotto un albero, proprio davanti al lago. Mentre ci sediamo, a Diego squilla il cellulare. Prima di rispondere, mi guarda per poi dire: “Ciao, Leon”. Lo stomaco mi si capovolge, il cuore si ferma e gli occhi diventano ludici. “No, tranquillo. Ehm… sono in giro. No, non sono da solo, però… che volevi dirmi?... Quando? A che ora? Dove? Si penso che vada bene, non ho impegni. D’accordo, ci vediamo tra poco. Ci sei da Maxi, vero? Bene. A dopo. Ciao”. Chiude la chiamata riponendo il cellulare nella tasca dei jeans. “Scusa, Vilu”. “Non ci sono problemi” mento sorridendo e mangiando un po’ del gelato. C’è un attimo di silenzio, poi si volta di scatto verso di me con un leggero sorriso “Hai impegni per stasera?”. Corrugo la fronte. Dove vuole andar a parare? “No. Perché me lo chiedi?”. “Oh, niente. Mi chiedevo se magari ti andava di venire a cena con Fede, Lud…”. Si blocca all’improvviso. “Scusa, ho detto una sciocchezza”. “Ci saranno anche loro?”. Butta fuori l’aria dai polmoni ed annuisce leggermente. “Scusa, non dovevo”. “Tranquillo, Diego. Davvero. Mi sarebbe piaciuto molto venire con te, ma devi andare con Fran”. Sorride ed annuisce “Hai ragione”. Mi abbraccia nuovamente per poi dire: “CERTO CHE QUESTO GELATO E’ LA FINE DEL MONDO!”.
 
 
 Uffa! Ma quanto ci mette! Possibile che sia così ritardatario! Poi si dice che sono le ragazze che ci mettono tanto a prepararsi. Lui ci batte tutte! “LEON! TI VUOI SBRIGARE! ALTRIMENTI PERDEREMO L’INIZIO DEL CONCERTO!”. “Tutte le mattine la stessa storia!” esclama Clara accavallando le gambe. “Lo immagino!”. “Vi deve proprio piacere questo cantante, eh”. Si vede Alejandro tornare in salotto con un vassoio con tre bicchieri pieni di aranciata. “Oh, si! Ricordo quando… mia madre ci aveva portati al primissimo concerto di Abraham Mateo, qui a Buenos Aires. Avevamo quasi dodici anni…”. “Ah sì! Me lo ricordo anch’io! E’ stato quando Federico si stava soffocando con i pop-corn, vero?”. Mentre scoppio a ridere, ed annuisco, sento dei passi scendere le scale. “Se perdiamo l’inizio ti giuro che ti farò sparire dalla faccia della Terra” lo minaccio alzandomi dal divano e salutando Clara ed Alejandro. “Certo, ora la signorina si lamenta anche. Dopo che ho fatto l’impossibile per trovare i biglietti”. Alzo le mani per difendermi, mentre mi trascina fuori dalla porta. “Divertitevi! E state attenti!” gridano in coro di due ancora seduti sul divano; ma né io, né Leon rispondiamo. Senza dire una parola saliamo in macchina e partiamo a razzo. “Per entrare allo Stadio ci sarà una fila lunghissima”. “E’ normale, Bimba. E’ uno dei concerti più atteso di tutto l’anno”. “Bhè, vorrei vedere! Parliamo di Abraham Mateo!”. “Già” dice ridendo. Non impieghiamo molto a percorrere il tragitto fino allo Stadio, ma trovare parcheggio è praticamente impossibile. Non c’è neanche un posto. “Ho l’impressione che dovremmo parcheggiare lontano e farci un bel pezzo a piedi” dice guardandosi intorno. “Noooo” mi lagno come una bambina. Si volta verso di me, e cercando di nascondere un sorriso –che gli riesce impossibile- dice: “La mia Bimba”. Mordendomi il labbro inferiore, gli indico un parcheggio fra due Mercedes. “Che occhio!”. “Bhè, modestamente…” dico facendo finta di atteggiarmi. Scendiamo di corsa dalla macchina, mi prende per mano, e mentre mi sistemo la borsa si blocca improvvisamente. “Che c’è?”domando preoccupata. “Quella è l’auto di Josh”. “Che?!” dico incredula. “Josh? Che ci fa qui?”. Mi guarda come a dire ‘Cosa potrebbe venire a fare qui al concerto di Abraham Mateo?’. “Secondo me è venuto a confiscare i polli di qualcuno, sai, casomai invece si lanciare i cartelloni lanciassero i polli”. “Stupido! Intendevo dire che è strano perché a lui non piace Abrahm!”. “E tu come lo sai?”. “Lo ha detto una volta quando eravamo a cena tutti e tre insieme”. “Ah”. “Comunque sei sicuro che è la sua auto?”. “Sì, riconosco la targa”. “Allora chiamalo!”. “Giusto!”. Afferra il cellulare dalla tasca e dopo poco lo porta all’orecchio. “Ehi! Ciao, amico! Senti una cosa… ti disturbo? Ah, dove sei? Non dirmi… sei al concerto di Abraham Mateo! Che strano, perché anche io e Violetta siamo qui! Già, siamo davanti alla tua auto. Come? Dove sei? Ok, d’accordo… ti raggiungiamo”. Chiude la chiamata e rinfila il cellulare nella tasca. “Bhè?”. “E’ all’entrata, sta facendo la fila per entrare”. “Andiamo”. In un paio di minuti raggiungiamo l’ingresso, ma c’è così tanta gente che non riusciamo a vedere Josh. Decidiamo di entrare, e non appena entriamo lo vediamo fermo ad aspettarci. “Ehi! Leon! Vilu!” grida facendoci segno di raggiungerlo. “Potevi dirmelo che venivi” dice Josh. “Non avrei mai potuto immaginare che saresti venuto anche tu, visto che non ti piace”. “Bhè sì, ma ho accompagnato mia sorella. A lei piace tanto questo Matteo… o come si chiama”. “ABRAHAM MATEO!” diciamo in coro io e Leon. Josh scoppia a ridere “Ok, ok”. “Dov’è tua sorella?” gli chiedo guardando in giro “E’ andata a prendere da bere. Ti piacerà moltissimo, praticamente vi piacciono le stesse cose! Oh, eccola”. Io e Leon ci voltiamo a guardare una ragazza semplicemente bellissima. Ha dei capelli biondi lunghi fino a sotto il seno, due occhi verde scuro ed un sorriso da mozzare il fiato. Affianca suo fratello e ci sorride. “Leon, Violetta… lei è Lena, mia sorella”. Lena è molto simpatica, abbiamo fatto subito amicizia. Il concerto è stato davvero bellissimo e credo che non finirò mai di ringraziare Leon per avermi portato. “Credo che inizierò ad ascoltare questo Matteo” dice Josh dirigendosi alla sua auto, con noi. “A-B-R-A-H-M M-A-T-E-O!”. Ok, in tre sembriamo più pericolosi. “Ok, Abraham Mateo”. Tutti scoppiamo a ridere. Io sono aggrappata a Leon perché sono davvero stanchissima, è quasi l’una di notte. “Noi siamo arrivati. Ci vediamo domani, Leon?”. “Certo, a domani” risponde lui. Si salutano con una stretta come fanno i maschi, mentre io e Lena con due baci sulla guancia. Saluto anche Josh, promettendo di passare a trovarlo più spesso. Mentre io e Leon saliamo in macchina mi squilla il cellulare. “Chi può essere a quest’ora?”. “Tuo padre?”. “No, non credo. Starà dormendo”. Afferro il cellulare e leggo il nome ‘Alex’ sul display. Leon si acciglia. “Cosa vuole adesso? E’ l’una di notte!”. “Magari è importante”. Sbuffa ed accende il motore. “Alex?”. “Vilu. Ciao, scusa per l’ora, stavi dormendo?”. “No, tranquillo. E’ successo qualcosa?”. “No, niente. E’ solo che volevo dirti che ieri mi sono comportato come un cretino. Non dovevo baciarti davanti a Leon. Spero solo di non averti messo nei guai”. Guardo Leon sorridente, mentre lui continua a guidare con lo sguardo fisso sulla strada. “No, non è successo nulla, tranquillo. Non abbiamo litigato”. “Ne sono felice. Ora vado, altrimenti domani mattina non mi alzo. Buonanotte, Vilu”. “Buonanotte”. Chiudo la chiamata e ripongo il cellulare nella borsa. “Bhè? Cosa voleva a quest’ora?”. “Niente, solo chiedermi scusa per quello che è successo ieri in classe”. “Ah, e se ne ricorda adesso? Alla buon’ora!”. “Dai, Leon. Almeno apprezza che lo abbia fatto, in fondo, non ti sei neanche arrabbiato”. Lo vedo stringere la presa sul volante “No certo che non mi sono arrabbiato, non con te. Non ti accuserei mai di una cosa della quale non hai colpa”. “Avevo paura che mi avresti lasciata, sai. Ho avuto paura… c’è stato un momento, in cui tutti gli altri sono scomparsi e c’eravamo solo noi due. Ed avevo paura che sarebbe stata l’ultima volta”.
 
 
 Io e Diego siamo appena arrivati a casa di Maxi. Non c’è ancora nessuno, siamo arrivati in anticipo perché fuori fa caldo. Ovviamente né per Maxi, né per i suoi genitori è un problema. Ora siamo nel seminterrato, e mentre Diego strimpella qualche accordo, io e Maxi stiamo bevendo una spremuta d’arancia. E’ così fresca. “Ehi… ascoltate questa… l’ho appena scritta. E’ solo un pezzetto ovviamente” dice Diego iniziando a suonare.
Es el amor lo que arrancò, el dolor.
Es mi valor, la fuerza, el corazòn
Lo que cambiò y estoy mejor,
Estoy mejor, por ti, por mì.
Io e Maxi applaudiamo con quale “Wooo!”, mentre Diego s’inchina e rimette la chitarra al posto. “Chissà chi è la musa ispiratrice…” dice Maxi guardandolo e sorridendo. “Ma… non ne ho la più pallida idea”. “Ah ah ah. Smettetela di fare gli spiritosi. Ok, sì… ho sbagliato, ma l’importante è riconoscere i propri errori, giusto?”. Maxi si alza dal divanetto di scatto per poi dare una pacca sulla spalla al suo amico. “Giusto! E non appena arriva Francesca, tu la prendi da una parte e vi chiari…”. “No, no, no! Non se ne parla. Tempo al tempo… voglio prima essere sicuro dei miei sentimenti per lei”. Cosa ha detto? Sta scherzando, vero? “CHE!” grido alzandomi di scatto anch’io e guardandolo storto. “Non starai dicendo sul serio, vero!”. “Vilu, ascolta. So che lei mi ama, ed anche io… ma non voglio fare scelte affrettate, se dovrà accadere, accadrà. Ma non voglio fare tutto e subito, voglio essere sicuro di me stesso”. “Ma…”. “Niente ‘ma’, Violetta. Per favore, rispetta le mie scelte”. Caccio l’aria dai polmoni ed annuisco. “D’accordo. Come vuoi tu”. “Grazie”. Mi sorride abbracciandomi. In poco tempo arrivano tutti, così iniziamo con le prove; anche se la maggior parte delle volte chiacchieriamo invece di provare. Mancano solo Ludmilla e Federico. “Sempre in ritardo quei due!” esclama Camilla guardando l’orologio. “Io non parlerei a posto tuo, rossa. Sei sempre una delle ultime” ribatte Diego facendoci ridere a tutti, mentre Camilla gli lancia una linguaccia. “E’ vero, ma mai quanto te per scegliere i vestiti”. E’ lui. Diego lo fulmina con lo sguardo, mentre sento la sua ragazza –seduta sulle sue gambe- che ride e lo guarda mordendosi il labbro. Lui ricambia lo sguardo, poi le prende le guance tra le dita e la bacia. Riesco a distogliere lo sguardo appena in tempo, fissandolo sui miei piedi. Sento lo sguardo di Francesca e Camilla, sedute di fianco a me, addosso. Con la coda dell’occhio cerco di guardare la mia migliore amica, mi fissa con compassione mentre i miei occhi diventano sempre più lucidi. “Ehm… Maxi, come va con l’ultimo video? C’è ancora tanto da lavorarci?” domanda la rossa cercando di distrarre tutti e di allentare la pressione. “No, giusto qualche ritocco e poi possiamo caricarlo”. Camilla annuisce poi domanda: “Qual è il prossimo video da girare?”. “Quello di ‘Algo se enciende’” risponde Alex. “Ma non lo avevate già girato?”. Questa è Gery. Diciamo che con lei sono in buoni rapporti; di certo non tanto buoni come con Lud, Fran, Cami e Nata… ma diciamo che siamo amiche… ora che non c’è più complicità tra di noi, per lo stesso ragazzo. “No. Ti avevo detto che lo avremmo girato a breve, non che lo avevamo girato”. “Ho capito male io, allora”. “Volete qualcos’altro da bere o da mangiare?” chiede Maxi alzandosi e afferrando il vassoio dal tavolino basso. Francesca alza immediatamente la mano. Era ovvio! “Sì! Una ciambella, please!”. Mentre tutti scoppiano a ridere si sente: “TU NON VAI PROPRIO DA NESSUNA PARTE, MAXI!”. Tutti ci voltiamo verso le scale, e vediamo Federico e Ludmilla scendere. “Ciao anche a te, Lud. Stiamo bene, grazie per averlo chiesto” ironizza Brodway. “Ciao a tutti, stiamo bene e ora Maxi, siediti!”. Il ragazzo poggia nuovamente il vassoio sul tavolino e si risiede. Tutti fissiamo i due curiosi, che hanno un sorriso che va da un orecchio all’altro. “Che c’è? Perché quelle espressioni?” domanda Nata. “Non crederete mai a quello che stiamo per dirvi!” grida Federico. “Prima ce lo dite, prima non ci crederemo”. I due si guardano “UNA CASA DISCOGRAFICA VUOLE FARCI UN CONTRATTO!!”. Per un momento nessuno dice nulla, non vola una parola. Poi d’un tratto ci alziamo tutti insieme per gridare: “WOOOOOOOO!”. Per cinque minuti c’è il caos più totale. Chi si mette a ballare, chi grida, ci beve tutto d’un sorso un bicchiere di coca-cola, e chi… come Andres, si mette a fare le capriole sul divanetto.
“Ok, spiegatevi meglio” dice lei ancora tutta su di giri. “Stavamo venendo qui, ad un certo punto mi squilla il cellulare. Vedendo un numero che non conosco ho fatto rispondere Fede, e quando riattacca si mette ad urlare come una ragazza”. “Ehi! Ha detto di spiegarti meglio, non di umiliarmi!”. “Sì, bhè… il produttore ha detto che vuole offrirci un contratto a tempo indeterminato. Ha visto i video che abbiamo girato su Youtube e ne è rimasto impressionato. Dice che siamo un gruppo che spacca e vorrebbe incontrarci”. “Dove? Quando? A che ora?”. “Mercoledì, alle 5 in via…” prende un fogliettino dalla tasca dei jeans e continua “…Via Jorge Marquez, 18”. Nessuno riesce a credere a quello che sta accadendo. Finalmente qualcuno si è accorto di noi. Dopo tanto tempo, finalmente possiamo fare quel che amiamo. Diego si passa le mani fra i capelli, ancora con un’espressione sorpresa. C’è anche chi si da dei schiaffetti in faccia per essere sicuro che è reale, e chi non ci crede ancora. “Non ci posso credere, ragazzi! Finalmente è successo”. Lui. Non so perché, non so come… i miei occhi si incatenano ai suoi per un secondo. Lo stomaco mi si contorce e gli occhi cominciano ad inumidirsi, per la seconda volta. So che non devo, ma mi manca così tanto. La vedo sussurragli qualcosa all’orecchio poi lui si volta verso di lei e le sorride, prima di alzarsi insieme e prendersi per mano. “Dove state andando?” domanda Brodway. “Devo tornare a casa, a quanto pare i miei fratelli non stanno bene e devo passare a prendere delle medicine”. “Ma non abbiamo neanche provato!” si lamenta Andres. “Facciamo la prossima volta” ribatte lui. “Almeno questa sera andiamo a cena tutti insieme, per festeggiare!” propone Nata. “Sì! Che bella idea!”. Ovviamente quando si tratta di cibo Francesca  sempre la prima. Vedo Diego lanciare un’occhiata intuitiva a lui, e poi sorridere. Lo spagnolo alza le spalle e unisce le labbra. “Andiamo tutti insieme”. “D’accordo. Alle 20.30 al ristorante qui vicino. Ci vediamo più tardi”. “A dopo, Leon. Ciao, Bel”. “Ciao ragazzi”. “A più tardi”. E mentre salgono le scale, i miei occhi diventano umidi per la terza volta. Appena alzo la testa tutti gli sguardi sono puntati su di me. “Vilu, stai bene?” domanda Lud. Annuisco. “Sicura?” chiede Diego. “Certo. Sicura”. Sono i compagni di classe che ti conoscono meglio, perché ti hanno vista in ogni momento, compresi quelli più difficili. Ti hanno vista quando stavi male, quando eri preoccupata per un’interrogazione e quando eri felice, quand’eri innamorata, quando non avevi voglia di parlare con nessuno e quando avevi voglia di parlare troppo. Quando volevi essere tenera, quando avevi sonno, quando eri arrabbiata, quando mangiavi troppo, quando ti facevi le acconciature strane. Ti hanno vista in tutte le feste e le gite. E nonostante questo, continuano a starti vicino e a sostenerti.
 
 
 La serata è arrivata presto. Sia Francesca che Diego si sono offerti di passarmi a prendere, ma non ne avevo voglia. Il ristorante è a neanche un chilometro da casa mia, e fare due passi non può farmi male. Voglio pensare. Ho bisogno di pensare e riordinare le mie idee. Ma in testa non c’è nient’altro che lui. Come posso andare avanti se non riesco a pensare a nessun’altra cosa? Ultimamente vivo solamente di passato e nulla di presente. Forse in questo momento dovrei concentrarmi sulla band, e sulla grande occasione che ci è stata concessa. Papà, Angie ma soprattutto Pablo, ne sono stati molto entusiasti. Dicono che magari in questo modo riesco a distrarmi un po’. L’ultima cosa che voglio questa sera è festeggiare in un locale. Non ne ho la forza, mi sento stanca e apatica. Speriamo solo che almeno ci sia il karaoke, in questo modo riesco a sfogarmi un po’. Svolto l’angolo e mi ritrovo in una via completamente illuminata da lampioni e luci delle case. Il locale è poco distante. Mi resta da percorrere questa via, girare a sinistra, percorrere altri cento metri e sono arrivata. Dopotutto, sono solo le 20.00, sono troppo in anticipo. Solo io ci sarò. Perché devo essere sempre così puntuale! Improvvisamente mi sento afferrare per la vita, una mano chiude la mia bocca. Cerco di voltarmi, ma la persona dietro di me, me lo impedisce. Mi trascina al muro, finché non mi fa sbattere con la schiena e si mette davanti a me. “MA SEI PAZZO! MI HAI FATTO PRENDERE UN COLPO!”. Josh è in piedi davanti a me, con le braccia sui fianchi e un sorriso soddisfatto. “Dai, Vilu. Era solo uno scherzo, e poi volevo dimostrarti cosa può accadere ad andare in giro da sola, di notte”. “Bhè, ci sei riuscito. E non è notte! Sono solo le otto di sera!”. Ride, e –in un modo completamente sconosciuto- fa ridere anche me. “Che fai qui, a quest’ora?”. “Dovevo andare a cena con gli altri, al ristorante qui dietro. Ma –ovviamente- sono in anticipo”. Sbuffo e mi passo una mano tra i capelli. “Bhè, se vuoi ti accompagno e aspetto finché non arriva qualcuno” propone. Alzo le sopracciglia incredula. “Lo faresti davvero?”. “Certo! Siamo o non siamo amici?”. Per un istante esito “Sì. Però non ho voglia di andare adesso”. “Va bene. Allora andiamo a fare un giro, e poi ti riaccompagno”. “Va bene”. Mi indica la moto –perché non l’avevo vista prima?- e porgendomi il caso, sale e si infila l’altro. Mi aiuta ad allacciare il mio, e montando in sella, mi aggrappo alla sua vita, e partiamo. Non mi interessa dove stiamo andando, era da tanto, troppo tempo che non mi sentivo così. L’aria tra i capelli, l’adrenalina… mi sembra di essere tornata indietro nel tempo. Ma ovviamente questo non è possibile. Poco dopo ci fermiamo, e togliendomi il casco, noto che siamo nel parco più grande di Buenos Aires, quello dove io e… lui, venivamo a giocare da bambini. Mentre guardo intorno, noto con piacere che nulla è cambiato. Le altalene, gli scivoli… e tutti gli altri giochi, sono ancora al loro posto. “Tutto ok?”. Riprendendomi dal sogno, mi volto verso Josh che, notandomi in trans, mi ha risvegliata. “Eh? Oh, sì. Tutto bene. E’ solo che in questo parco ho troppi ricordi”. “Se vuoi possiamo andare da un’altra parte”. “No. Qui è perfetto, non sono ricordi brutti, anzi… quando si tratta di lui sono sempre ricordi belli”. Poggiamo i caschi sul sedile, e ci accomodiamo in una panchina poco distante dalla moto. “Ah, ho capito. Pensi ancora a lui…”. Annuisco leggermente. “Non è facile dimenticarlo”. “Immagino… soprattutto se lo vedi tutti i giorni”. “Già”. “Ci sarà anche lui alla cena di questa sera?”. “Sì”. “Capisco”. Abbasso lo sguardo sulle mie mani, torturandomi le unghie. “…ed anche la sua ragazza” dico rialzando la testa e guardandolo negli occhi. “Prima eravate amiche, voi due?”. “Non eravamo in stretti rapporti, ma uscivamo insieme e ci volevamo bene. E’ la cugina di Camilla”. “Sì, sì Leon me ne ha parlato”. “Certo, ovviamente”. Ecco, ora il mio cuore rallenta sempre di più, mentre gli occhi cominciano a pizzicare. “Alcune volte mi parla anche di te… sai?”. “Lui ti parla di me?!” esclamo stupita. “Sì. Mi racconta di quando eravate piccoli, delle ‘avventure’ che avete vissuto, e alcune volte anche di quando stavate insieme”. Non posso crederci. Lui gli parla di me. “Stai dicendo sul serio?”. “Certamente. Anche se la maggior parte delle cose le so già”. “Già sì, mi ha raccontato di quando eravate a scuola”. “Sì e… non mi sono mai scusato per le brutte parole che ti ho detto, quando ancora non ti conoscevo”. Mi scappa una risata, ripensando a quando lui mi aveva raccontato che aveva litigato con Josh per me. ‘All’inizio del terzo anno, cercai di riavvicinarmi ai miei amici, ma niente. Non riuscivano a perdonarmi, ed avevano ragione. Gery cercò di farli ragionare. Nel mentre, una sera, ero appena uscito da un Night club, e mi ero fatto una tipa. Improvvisamente, ancora non so perché, Josh comincia ad urlarmi contro. Ora che ci ripenso, forse era ubriaco. Si mise ad urlare fuori da locale, ma toccò un tasto dolente, che non doveva toccare”. Fece una pausa, accendendosi un’altra sigaretta e facendo fuoriuscire il fumo. “Te” disse solamente.’ “Tranquillo, sono passati secoli, non me lo ricordavo più, oramai”. “Grazie, Vilu. Sei davvero una grande amica”. “Grazie a te. Sei tu uno dei pochi che in questo periodo riesce a distrarmi”. Mi sorride, per poi tirare fuori dalla tasca un pacchetto di sigarette. “Ah! E… grazie ancora per la cena di ieri sera, sono stata davvero bene”. “Basta ringraziarmi, l’ho fatto volentieri. E comunque, anche io sono stato bene… mi sono divertito”. “Già. A proposito… l’aragosta era rossa”. Scoppia a ridere buttando indietro al testa per poi riaddrizzarla. “D’accordo, hai vinto tu. Mi arrendo” ammette alzando le mani. “Sai, una casa discografia ci ha offerto un contratto”. Mi guarda sgranando gli occhi. “Ma è fantastico! Sono contento per voi! Sarete al settimo cielo”. “Sì infatti è così. Quando Fede e Lud ce lo hanno detto, nessuno riusciva a crederci. E’ stata una sorpresa per tutti”. “Bhè le cose belle accadono quando meno te lo aspetti”. “Già, è vero” rispondo, restando a guardarlo, ripetendomi che ha davvero ragione. “La cena di questa sera è per festeggiare?”. “Sì, indovinato”. Guardo l’orologio, e noto che ora sono in ritardo. “Quant’è tardi! Staranno tutti aspettando me!”. “Andiamo, ti riaccompagno”. “No, tranquillo vado a piedi, il ristorante è qui dietro”. “Smettila di fare la sciocca, tiè” dice porgendomi il casco. “Avrei fatto prima a piedi” commento salendo ed aggrappandomi a lui. “Oh, certo, ovviamente. Perché le tue gambe possono arrivare a centoventi chilometri orari”. Rido, e lui mi segue a ruota per poi partire. In meno di cinque minuti siamo al ristorante, e come prevedevo erano tutti fuori ad aspettare me. Non appena la moto si ferma davanti ai miei amici, vedo Francesca e Camilla accigliarsi. Ovviamente si staranno chiedendo cosa ci facevo io su una moto, con Josh. Mi sfilo il casco e lui mi imita. Ripone il mio sotto al sedile e mi saluta con un bacio sulla guancia. Il mio sorriso è sia d’imbarazzo che di felicità, mi guarda per un’ultima volta prima di salutare i miei amici “Ciao, ragazzi!”. “Ciao, Josh!”. Mi fa l’occhiolino, indossa il casco e riparte. Mi mordo il labbro inferiore, prima di voltarmi di scatto verso i miei amici accigliati e confusi, e battere le mani. “Bene! Ci siamo tutti. Andiamo, sto morendo di fame!” esclamo prendendo Francesca per mano e trascinandola dentro al locale. Prima di aprire la porta, mi volto verso di lui. Ha un’espressione quasi arrabbiata, mi guarda strano, ed ha la mascella contratta. Sono sicura che non lo ha salutato.
La serata sta trascorrendo –stranamente- bene. Mi sbagliavo, avevo proprio voglia di festeggiare con i miei amici, in fondo ce lo meritiamo. “Un brindisi a noi!” grida Camilla alzando il bicchiere. “A NOI!”. Poi si sente un tintinnio di bicchieri che battono tra loro. “Vilu… perché non canti un po’?”. “Che? No. Sola no”. “Che c’è? Ora ti vergogni?”. Giuro che uccido Maxi. “Sì, Vilu. Potresti cantare la canzone nuova. Quella che mi hai fatto sentire l’altro giorno”. Francesca! Oddio… “Io sono molto curiosa” dice Camilla. Mi volete mettere in imbarazzo per caso? Bhè, ci siete riusciti. “Dai, Vilu… fallo per me” mi incita Diego. Sbuffo e mi alzo involontariamente dal tavolo. Mi dirigo verso il signore che mette le musiche e gli do’ il mio cellulare per far partire la base. Non appena afferro il microfono e salgo sul palco, vedo tutti i miei amici che mi guardano. Cos’ho fatto di male? Parte la base, ed il cuore mi si blocca. Mi volto di scatto verso il signore che a quando ho capito si chiama Juan. “No. No. Non questa, quella dopo”. “Ah, perdonami”. Guardando verso il mio  tavolo, vedo gli angoli della sua bocca alzarsi leggermente. L’avrà riconosciuta la nostra canzone? Quella che abbiamo scritto insieme? Non appena parte la base giusta, mi tranquillizzo.
No, who knows what it’s like? (Nessuno sa cosa vuol dire?)
Behind these eyes, behind this mask. (Dietro questi occhi, dietro questa maschera).
I wish we could rewind (Vorrei che potessimo riavvolgere)
And turn back time to correct the past. (E tornare indietro nel tempo per correggere il passato).
Oh baby, I wish I could tell you (Oh baby vorrei poterti dire)
How I fell, but I can’t (Come mi sento, ma non posso)
‘cause I’m scared to. (perchè ho paura).
Oh boy, I wish I could say that (Oh ragazzo, vorrei dirti che)
Underneath it all (in fondo)
I’m still the one you love (Sono ancora la persona che ami)
Still the one you’re dreaming of. (Quella che stai sognando).
Underneath it all (In fondo)
I’m miss you so much (Mi manchi così tanto)
Baby let’s not give up. (baby cerchiamo di non rinunciare).

No, I’m lost in my mind (No, mi sono persa nella mia mente)
Don’t want to hid, (Non voglio nascondermi)
But I can’t escape. (Ma non posso scappare).
I, I want a new start (Io voglio un nuovo inizio)
‘cause you’re my true heart (perché tu sei il mio vero cuore)
No more masquerades. (niente più maschere).
Oh baby, I wish I could tell you (Oh baby vorrei poterti dire)
How I fell, but I can’t (Come mi sento, ma non posso)
‘cause I’m scared to. (perchè ho paura).
Oh boy, I wish I could say that (Oh ragazzo, vorrei dirti che)
Underneath it all (in fondo)
I’m still the one you love (Sono ancora la persona che ami)
Still the one you’re dreaming of. (Quella che stai sognando).
Underneath it all (In fondo)
I’m miss you so much (Mi manchi così tanto)
Baby let’s not give up. (baby cerchiamo di non rinunciare).

I don’t wanna give this up (Non voglio rinunciare)
So I’m putting on a show (così sto fingendo)
‘cause what we have it’s true (perchè ciò che abbiamo è reale)
And I don’t want to let it go. (e non voglio lasciarlo andare).
I know that you fell in love (So che ti senti innamorato)
Keep it if you can’t see (anche se non lo puoi vedere)
I know one day you will discover (so che un giorno lo scoprirai)
Underneath it’s me. (in fondo sono io).
Oh baby, I wish I could tell you (Oh baby vorrei poterti dire)
How I fell, but I can’t (Come mi sento, ma non posso)
‘cause I’m scared to. (perchè ho paura).
Oh boy, I wish I could say that (Oh ragazzo, vorrei dirti che)
Underneath it all (in fondo)
I’m still the one you love (Sono ancora la persona che ami)
Still the one you’re dreaming of. (Quella che stai sognando).
Underneath it all (In fondo)
I’m miss you so much (Mi manchi così tanto)
Baby let’s not give up. (baby cerchiamo di non rinunciare).
Underneath it all (in fondo)
I’m still the one you love (Sono ancora la persona che ami)
Still the one you’re dreaming of. (Quella che stai sognando).
Underneath it all (In fondo)
I’m miss you so much (Mi manchi così tanto)
Baby let’s not give up. (baby cerchiamo di non rinunciare).
Let’s not give up. (cerchiamo di non rinunciare).
E solo in questo momento, dopo aver finito di cantare, mi accorgo di aver scritto una canzone che rispecchia perfettamente la nostra storia.
 
ANGOLO AUTRICE:
Ma buonsalveeeee testolineeee! Alooooorss… che pensate del capitolo? Non è perché l’ho scritto io eh, ma lo trovo beeeeeliiissssiiiiiimo *-------* AAAAAAAAA! Accadranno delle coseeee… che… uhhhh non vi dico niente, sono troppo emozionata!  Scusatemi se la traduzione non è perfetta e precisa, ma è quella che ho trovato. E scusatemi moltissimo del ritardo, ma sono partita e sono tornata giusto qualche giorno fa. Quando ho riletto il capitolo ci credete che mi sono emozionata?! I AM NOT NORMAL. Vorrei anche ringraziare tutti quelli che seguono la mia storia e che la recensiscono. Bhèèèè, fatemi sapere cosa ne pensate. Secondo voi i Diecesca quando e se torneranno insieme? Moooolti misteri. Bhè, scappo… Bacioni e alla prossimaaaa!
#Alice_Leonetta

 

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Capitolo 4
*** 4. ***


4.
La serata di ieri sera non è stata poi una delle migliori. Dopo la canzone mi guardava sempre di più, sempre in un modo diverso, sempre facendomi sentire più colpevole. Come se fosse mie la colpa della fine della nostra relazione. Mi fa sentire come se fossi stata io a smettere di amarlo, e non il contrario! “Ok, Vilu! Tocca a te!”. Le ragazze sono venute a casa mia per prepararsi per la festa, ed anche per assicurarsi che mi prepari io. Mi sono opposta fino alla fine. Non voglio festeggiare il mio compleanno! Siamo in aprile, cavolo! Il mio compleanno è stato più di dieci giorni fa! “Ragazze… ma, siamo in aprile! Che senso ha festeggiare?”. “Basta, Violetta! Siediti e stai zitta!”. Mentre sbuffo Francesca mi afferra per il braccio e mi trascina sulla sedia. “Si può sapere almeno dove si terrà la festa?”. Mentre Lud mi trucca, Fran mi sistema i capelli. “No. Sorpresa!”. Certo! Ora ci mancava anche questa! “Mi promettete che non ci saranno?”. Con la coda dell’occhio vedo Ludmilla lanciare un’occhiata d’aiuto a Camilla. “Ragazze!” grido esausta. Mi alzo di scatto facendo quasi bruciare Francesca con la piastra. Le guardo una per una con lo sguardo supplichevole, ma anche arrabbiato. “Cami! Me lo avevi promesso! Avevi giurati di non averli invitati!”. Apre la bocca per dire qualcosa, ma la richiude subito dopo abbassando la testa. “Quando Camilla ti ha chiamata, non ti ha detto una bugia…”risponde Nata “…c’ero anch’io con lei, e ti posso assicurare che noi non li avevamo invitati. Poi però…”. S’interrompe abbassando la testa. “Cosa?”. “Quando lo abbiamo detto ai ragazzi se ne sono stupiti ed hanno chiamato subito Le… e li hanno chiamati. Dicevano che non sarebbe stato lo stesso”. “Adesso decidono loro chi invitare? Vogliono proprio vedermi soffrire ancora?”. Nessuna delle mie amiche osa dire nulla per qualche secondo. Si sentono decisamente in colpa per aver permesso ai ragazzi di invitare anche loro due. “Scusa tanto, Vilu”. Noi abbiamo provato a fermarli, ma era già troppo tardi” spiega Ludmilla. Mi siedo violentemente sul letto, incrociando le gambe ed appoggiando i gomiti sulle ginocchia. E questi sarebbero amici? Preferiscono divertirsi un po’ di più e vedermi soffrire? Bene… sono cambiati. Improvvisamente mi viene un colpo di genio. Certo! La festa è la mia! Decido io chi invitare! “Perfetto, visto che fino ad ora avete deciso tutto voi, ora decido io”. Mentre ricevo occhiate confuse dalle mie amiche, mi alzo e prendo il cellulare da sopra il comodino. “Cosa intendi?”. “Voglio invitare Josh”. Vedo delle espressioni confuse e sorprese sulle facce delle mie amiche, per poi sentirle gridare: “CHE! JOSH?”. “Esatto, Josh. Ci sono problemi?”. Per qualche secondo nessuna risponde, si guardando in faccia l’un l’altra. “No, no certo che non ci sono problemi, Vilu. La festa è la tua e… certo che lo puoi invitare” risponde l’italiana. Sorrido soddisfatta, notando con piacere di averle sorprese. “Perfetto! Lo chiamo subito”. Sblocco il cellulare e scorrendo nella rubrica arrivo alla lettera ‘J’. Clicco sul contatto e porto il telefono all’orecchio. Dopo due squilli risponde “Pronto, Vilu?”. “Ehi, Josh!” esclamo sedendomi e guardando le mie amiche, chi ancora sorpresa, chi si è ripresa e chi, come Francesca, seduta di spalle sul letto. “Tutto ok?” chiede. “Certo, ti ho disturbato?”. “Che? No, no tranquilla. Tu non disturbi mai”. Mi mordo il labbro, sicuramente arrossendo un po’, e mentre abbasso la testa e guardo il pavimento dico: “Oh, che dolce! Ascolta, ehm… stavo pensando se… ecco, se ti andrebbe di venire alla mia festa di compleanno, questa sera…”. Per cinque buoni secondi non vola una mosca “Certo!” lo sento esclamare felice, d’un tratto. “Perfetto, alle 20.30 al…” mi blocco vedendo Ludmilla che mi fa segno di dirgli che lei gli invierà un messaggio con il luogo della festa. “…veramente non so dove si terrà, visto che le mie carissime amiche non mi hanno voluto dire nulla, ma Lud dice che ti sta inviando un messaggio con tutte le informazioni”. “D’accordo” lo sento ridere. Che dolce la sua risata. “Allora ci vediamo più tardi”. “Assolutamente. Ah, e non è necessario vestirsi elegante”. Mentre il suono della sua risate invade il mio orecchio (e il mio cuore), sorriso automaticamente anch’io. “Perfetto!”. “Ci vediamo dopo”. “A dopo”. Quando chiudo la chiamata, vedo Ludmilla e Camilla fissarmi. “Tu sei sicura di non esserne innamorata?”. Improvvisamente il mio sorriso scompare dalle mie labbra. “La volete finire con questa storia!”. La bionda alza le mani per poi farmi segno di sedermi per finire di truccarmi. Francesca, senza dire una parola, si alza dal letto e ricomincia a lisciarmi i capelli. In fondo, questa festa sarà divertente.
 
 Alla fine il locale dove si sta svolgendo la festa è il ‘Vampires Black’. Le mie amiche lo hanno affittato tutto per noi, per questa sera. Chissà quanto gli sarà costato… ed io che non volevo neanche partecipare. Francesca si ostina a non rivolgermi parola. Almeno mi dicesse cosa le ho fatto… Ogni volta che mi avvicino a lei prende una delle nostre amiche e la trascina lontano da me. Ora sta ballando con Maxi; a quanto pare Diego non le ha ancora chiesto scusa, ma lo spagnolo le lancia certe occhiate! Li raggiungo a grandi passi, e la strattono per un braccio trascinandola accanto al bancone. “MA SEI DIVENTATA PAZZA?”. “Può essere, ma sei tu che non mi rivolgi la parola!”. “Cosa stai dicendo!”. “La verità, Francesca! Perché da quando ho telefonato a Josh (che ancora non è arrivato) non mi parli più?”. Sbuffa guardando i nostri amici, per poi posare nuovamente lo sguardo su di me. “E va bene… sono arrabbiata, ok?”. “Sei arrabbiata? Con me?”. Annuisce incrociando le braccia sotto al seno. “E posso sapere il motivo?” domando alzando le sopracciglia. “Cioè, non è che sono arrabbiata… più… delusa”. “Delusa? Delusa? Scherzi? Cosa ti ho fatto, Francesca!”. La vedo addolcirsi un po’, poi mi prende le mani e dice: “Non mi hai fatto niente, Vilu. E’ solo che ascoltando quella telefonata con Josh, bhè, ho paura che presto o tardi ti innamorerai di lui. E magari può anche essere il ragazzo, più dolce, buono, gentile, premuroso, carino e bello del mondo, ma so con certezza che non è con lui che devi stare”. Mi ha davvero colta alla sprovvista. Non me lo aspettavo. Alzo leggermente gli angoli della bocca, per poi abbracciarla di slancio. Lei ricambia l’abbraccio, e per un minuto buono restiamo così, per poi distaccarci. “Non so dove hai preso quest’idea, e ti ringrazio con tutto il cuore per esserti preoccupata per me… ma tu lo sai… lo sai di chi sono innamorata, Fran”. “Sì ma…”. “Ma niente… i miei sentimenti verso di lui non cambieranno mai, come anche per Josh. E’ e rimarrà un buon amico a cui voglio tanto bene, con il quale mi ci diverto e ci sto bene. Se passo molto tempo insieme a lui, significa che magari ho voglia di ricominciare. Ovviamente non potrò mai dimenticare nulla di questi anni passati, però…” faccio un respiro profondo, con le guance bagnate “…Leon è andato avanti, e anch’io voglio farlo. Mi sono stancata di restare barricata in casa a piangermi addosso. Fa ancora molto male, certo, e so che passerà tempo prima che riesca a superarlo –sempre se ci riuscirò- ma pian piano, con il tuo aiuto, quello delle ragazze, dei nostri amici e di Josh, ce la farò. Lui è stata la cosa migliore che mi sia mai capitata, e so che puoi capirmi. Quando affronti una perdita del genere, ricominciare da capo è praticamente impossibile. Ma sai… una volta la mia migliore amica mi ha detto che tutto è possibile, e che l’unica cosa da temere ed impossibile da superare è la morte. Quindi so che magari vedendoci tanto tempo insieme, può sembrare che… ma no. Ti posso assicurare che Josh è un amico, un amico che mi fa bene e che non voglio perdere. Ho bisogno di lui, in questo momento, come anche di te e di tutti i nostri amici. Siete le poche persone che mi rimangono”. Rimane a fissarmi con un sorriso dolce ed il volto bagnato. Con il dorso della mano si asciuga le lacrime, come anche io, e ci abbracciamo ancora una volta. “Hai detto delle cose bellissime e, so che può sembrare scontato ma, io ci sarò sempre, qualunque cosa accada. Sai che potrai sempre contare sul mio appoggio, non ti lascerò sola”. Le sorrido annuendo “Sì. Sì lo so, grazie amica mia”. Ci prendiamo le mani, e sorridiamo come due bambine, come ai vecchi tempi. D’un tratto vedo la porta del locale aprirsi, e ne sbuca un Josh in camicia bianca (sbottonata fino al terzo bottone), jeans lunghi e Superga bianche. In mano tiene un pacchetto che ha l’aria di essere un regalo. Lancio uno sguardo a Francesca che mi sorride lasciandomi le mani, e mi fa segno col capo di raggiungerlo. Le lascio un bacio sulla guancia e mi avvio verso il mio amico. Non appena arrivo davanti a lui, incrocio le braccia al petto. “Bene, bene, bene. E menomale che avevo detto che non c’era bisgono di vestirsi elegante”. Non appena mi vede sorride… “Bhè sai, per uno sfortunato caso del destino non avevo nient’altro da indossare”. “Ma dai… che coincidenza!”. “Già… e poi, mi pare che non sono l’unico” continua lanciando uno sguardo ai miei amici. Mi mordo il labbro inferiore alzando le spalle, facendo finta di non sapere niente “Può essere che anche loro abbiano avuto il tuo stesso problema, chissà!”. Scoppia a ridere scuotendo la testa, per poi lasciarmi un dolce bacio sulla guancia sinistra e porgermi il pacchetto rosa. “Buon compleanno”. Lo afferro sorridendogli, e –sicuramente- arrossendo “Grazie, ma in realtà il mio compleanno è stato…”. “…il 21 Marzo, lo so”. Mi acciglio “Come…?” poi improvvisamente mi ricordo che il suo migliore amico era anche il mio. “Giusto”. “Aprilo, dai. Voglio sapere che ne pensi”. “D’accordo”. Riacquistato il sorriso mi affetto ad aprire il pacchetto, ed alzando il coperchio della scatolina rettangolare, rimango senza parole. “Oh, wow. E’ davvero… è fantastica. Non dovevi spendere i tuoi soldi per un regalo come questo. Grazie, è davvero bellissima”. Tiro fuori una collanina fina con una Chiave di Sol, e la ammiro in tutto il suo splendore. “Oh, smettila di preoccuparti dei miei soldi. E’ il tuo compleanno, e l’ho fatto con piacere”. Gli sorrido, per poi abbracciarlo e lasciargli un bacio sulla guancia. Lo sento stringermi e ridere al mio orecchio. “Dai, voltati che te la metto”. Mi alzo il capelli e dandogli le spalle me l’allaccia al collo. Non so come, né perché, ma i miei occhi finiscono su Leon… perché ci sta fissando?
La festa sta procedendo alla grande! Mi sto divertendo come una matta, e grazie a Josh e alle mie amiche, non faccio quasi caso a… Leon e Bel. Quasi. Ogni tanto i suoi occhi verdi continuano a fissarmi, e mi sento trafiggere anche dalle mille lame ghiacciate di Bel. E’ troppo difficile. Nonostante le distrazioni, non posso negare che ancora fa troppo male, per passarci sopra. “Vilu! Vilu! Vieni a ballare!” mi grida Maxi agitando la mano. Sono seduta al bancone per bere qualcosa, così gli faccio cenno di aspettare un secondo, e lui alza il pollice della mano sinistra. “Ecco a te”. “Grazie mille”. Bevo tutto d’un sorso la mia bevanda e quando mi alzo barcollo un po’. Guardo l’orologio appeso alla parte. E’ già mezzanotte e mezza… Raggiungo i miei amici per scatenarmi un altro po’. “Sei contenta della festa?” grida Federico facendo fare una mezza giravolta a Lud. “E’ fantastica! Grazie!”. Mi sorride facendomi l’occhiolino per poi dedicarsi alla sua ragazza. Sotto le luci stroboscopiche, vedo Diego fissare Francesca che balla con le ragazze. Automaticamente sorrido e lo raggiungo. Gli poggio una mano sulla spalla, si volta verso di me spaventato. “E’ il momento perfetto”. “Cosa? Assolutamente no”. “Non dirmi che adesso Diego Casal ha paura dei suoi sentimenti…”. Alza un sopracciglio e gli sorrido sfidandolo “Non ho paura di niente”. “Dimostralo”. “Adesso?”. “Proprio così, adesso. Ahora. Now”. Caccia l’aria dai polmoni, poi mi punta il dito contro e riduce gli occhi a due fessure “Sappi che lo faccio solo per te”. “Oh, certamente. Fai come se ci avessi creduto”. Scuote la testa cercando di nascondere un sorriso, ma gli riesce praticamente impossibile. Insieme ci dirigiamo verso le nostre amiche. Le dovrò pur portar via, no? “Ehm… ragazze… mi accompagnate un secondo fuori. Vorrei parlarvi”. Camilla, Nata, Gery e Francesca annuiscono. “No, aspetta un attimo, Francesca” la blocca Diego afferrandola per il braccio. L’italiana lo resta a fissare, per poi lanciarmi uno sguardo confuso e mentre le sorrido le schiocco anche un occhiolino. Io e le altre usciamo fuori, dove si respira un’aria più fresca. Certo, non fa caldo come durante il giorno, ma si respira. “Come mai Francesca è rimasta dentro?”. “Oh, aveva da sistemare una certa cosa con Diego” rispondo sorridendole e sedendomi su una panchina. Le mie amiche mi guardano perplesse “Significa che…?”. Camilla non termina la frase che subito annuisco e sorride anche lei. “Che bello! Voglio sapere tutti i particolari…!”. Alzo le mani “Questo saranno loro a dovertelo dire”. Mi guarda come segno di minaccia, sbuffando. “Domanda!” esclama Gery alzando l’indice della mano destra “Fino a che ora stiamo?”. Guardo Camilla e Nata, sono loro a dover rispondere. “Bhè, calcolando che abbiamo affittato il locale fino alle tre, su per giù fino a quell’ora” risponde Nata. “Ok, se rientro alle tre di mattina, mio padre mi squarcia viva!” esclamo facendole scoppiare a ridere. “Anche perché questa è la terza sera di fila che esco!”. “Va bene, andremo prima” dice la rossa. Pochi minuti dopo, ci raggiungono anche Federico e Ludmilla. “Ma bene, ecco i piccioncini… vi state divertendo?”. “Moltissimo. Ascolta, Vilu. Quando pensi di aprire i regali? Sai, noi dovremmo tornare a casa tra non molto”. Vedo Camilla alzare un sopracciglio “Dovreste… o vorreste?”. Mentre ridiamo, sia la bionda che l’italiano le lanciano una linguaccia. “Su, avete capito!” sbuffa Federico sorridendo. “Allora, Vilu?”. “Bhè… se dovete andare via anche adesso”. “PERFETTO! VAMOS!”. Lud mi prende per il braccio e mi trascina dentro al locale. Va dal dj e chiede se la musica può essere abbassata per l’apertura dei regali e quando avviene, sento dai miei amici dei gridi di disapprovazione. La bionda fa segno a tutti di raggiungerci accanto ai divanetti, dove ho poggiato i pacchetti con i regali. “Cosa succede?” domanda Alex. “Vilu ha deciso di aprire i regali”. “Oh certo! Ora dai la colpa a me! Siccome i signorini dei quali non voglio fare nomi –Federico e Ludmilla- devono andare via tra poco, bhè… devo”. Il gruppo ride, e tutti si siedono sui divani in pelle bianca, dove una volta, al compleanno di Camilla, Bel aveva baciato Leon per la prima volta.
 
 
 “Dai, Vilu! Ora apri il mio!” dice Maxi ridendo porgendomi il suo regalo. Afferro la busta bianca, confesso che ho un po’ paura del regalo del mio amico. “Maxi… devo spaventarmi?”. “Ovviamente! Non senti il ticchettio della bomba?”. Per un secondo sbianco, poi vedendolo ridere gli lancio un cuscino, centrandolo in piena faccia. Prendo la scatola dentro e la tiro fuori. “Wow! E’… wow! Sì, mi piace, è davvero fanta… che cos’è?”. Mentre i miei amici ridono, Maxi mi guarda con gli occhi ridotti a due fessure. Ho in mano una specie di chiavetta usb, però non sembra che abbia la stessa funzione di una chiavetta usb. “E’ una delle tecnologie più avanzate degli ultimi anni! E’ una chiavetta da inserire nel computer, non appena la installi ti appare una schermata dove ci sono dei pentagrammi”. Alzo le sopracciglia sbalordita. Ok… lo ammetto, non me lo aspettavo. “Wow! Grazie! Però domani vieni tu a casa mia per installarla, perché altrimenti farò saltare in aria tutto, altro poi che bomba!”. “D’accordo” risponde lui sorridendo. “Bene… ora apro questo”. Afferro un pacchetto verde con un bigliettino attaccato, lo apro e leggo: “Tanti auguri da Leon e Bel. Buon compleanno!”. E’ normale che mi si sia fermato il cuore? Traggo un bel respiro profondo, silenziosamente, ed afferro una busta bianca (simile a quella delle lettere) accigliandomi. La apro e rimango senza parole. Sfilo due biglietti, sforzandomi di restare calma e non piangere quando lo guarderò in quel mare verde. “Non ci posso credere! Sono davvero…”. “Sì… i biglietti per il concerto di Abraham Mateo” dice lei. Tutti i miei amici si affettano a sporgersi verso di me. “Ehi! Come avete fatto a trovarli! E’ tutto esaurito da mesi!”. “Li avevamo presi per noi, tempo fa, solo che quel giorno purtroppo abbiamo da fare una cosa importante, così abbiamo deciso di regalarli a Violetta”. Sto ancora contemplando il mio regalo, è uno dei più belli. Alzo lo sguardo su di loro “Non dovevate, davvero. Grazie” dico nervosa, sfiorando appena quegli occhi verdi, e –forse mi sbaglio- ma l’ho visto sorridere. “Di niente, Vilu” risponde sempre Bel. Perché sta zitto? Lancio un’occhiata a Francesca, che si trova seduta sulle gambe di Diego… già, hanno fatto pace. Lei ricambia il mio sguardo, però non sembra felice quanto me… sembra… preoccupata. Continuo con l’apertura dei regali, fino ad arrivare all’ultimo, (quello di Federico e Ludmilla) l’ho fatto di proposito a tenerlo per ultimo. “Grazie, ragazzi. Erano davvero tutti fantastici! Soprattutto la bomba di Maxi!”. Mentre il gruppo scoppia a ridere, Isabel dice: “E quello di Josh?”. Guardo il mio amico seduto alla mia destra e gli sorrido. Afferro la collana che ho al collo guardandola “Lo indosso già”. Josh mi sorride, prendendomi la mano da sotto il tavolino. Per qualche secondo non vola una mosca, poi Brodway dice: “Bhè… io tornerei a ballare!”. “Giusto!”. “Andiamo!”. “Ho voglia di scatenarmi!”. “Io e Fede andiamo via, ci vediamo domani?”. “D’accordo, a domani… e divertitevi” ironizza Camilla facendo l’occhiolino ai suoi due amici, i quali si affrettano a sorridere ed a scuotere la testa. Raggiungiamo la pista, e dopo una quindicina di minuti di musica rock parte un lento. Josh mi prede per la vita, attirandomi a sé, ed io circondo il suo collo con le mie braccia. Gli sorrido imbarazzata, mi fa stare davvero bene. Poggio il mento nell’incavo del suo collo, sussurrandogli: “Sai… mi piace un sacco il tuo regalo. E’ il più bello”. Lui sposta il viso per guardarmi negli occhi e poi scuotere la testa “Io credo che non sia il più bello”. “Perché no? E’ davvero fantastico, perché non dovrebbe esserlo”. “Oh, non sto dicendo che non sia bello, credo però che hai ricevuto regali più belli”. “Per esempio?”. “Per esempio il programma di Maxi” risponde sorridendo e facendomi ridere. “Certo! E’ geniale e davvero utile, ma bhè… è solo un programma”. “E che mi dici del regalo di Francesca?”. “Sono vestiti che desideravo da un sacco di tempo, certo, però resto della mia idea”. “Vogliamo parlare dei biglietti?”. Vogliamo parlare del mio stomaco che si chiude e del mio cuore che si ferma? Scuoto immediatamente la testa. “Stai per caso cercando di farmi cambiare idea?”. “Assolutamente no. Ti sto solo facendo vedere la realtà”. “La realtà è che il regalo più bello è il tuo”. Alza gli angoli della bocca scuotendo la testa “Sei proprio testarda!”. “Bhè sì… che ci vuoi fare?”. “Niente, sei perfetta anche così”. Per nascondere il mio imbarazzo e il rossore sulle guance, poggio di nuovo il mento il suo collo e la sua spalla. Per qualche minuto restiamo in silenzio ascoltando la melodia della musica. “Mi abbracci?”. Sento le sue mani staccarsi dai miei fianchi, e le sue braccia avvolgermi la vita e stringermi forte. Chiudo gli occhi respirando a fondo il suo profumo: Vaniglia. Perché hanno anche lo stesso profumo?
Sono quasi le due, tra un po’ dovrei tornare a casa. Magari mi faccio venire a prendere da papà, sicuramente sarà ancora sveglio. Non vorrei privare i miei amici di un’altra ora di divertimento. Francesca e Camilla si stanno scatenando alla grande, sono quasi ubriache. “Bene! Ora vorrei un grande applauso per la nostra festeggiata!” grida il dj interrompendo la musica. Da parte dei miei amici scoppia un grande applauso, e c’è chi perfino fischia. “Bene! Molto bene! Vorrei augurati anch’io buon compleanno. Quindi… BUON COMPLEANNO, VIOLETTA!”. Lo ringrazio, anche se sono sicura che non mi ha sentita. “Mi hanno chiesto di metter su una canzone. La vuoi ascoltare?”. Perché questa domanda? Annuisco senza pensarci, anche se ammetto che un po’ sono spaventata. Non appena sento le prime note, il sorriso scompare dal mio volto. Serro le labbra chiudendo gli occhi, devo cercare di non piangere, devo resistere. ‘”Bimba, la senti questa canzone?”. “Certo che la sento, Leon! Non sono mica sorda!”. Ride e mi da’ un buffetto sulla spalla. “Intendevo dire se la conosci!”. “Oh, ovvio che la conosco. Chi non conosce Tiziano Ferro!”. Siamo in macchina, stiamo tornando da una cena romantica, e credo che mio padre mi piccherà a sangue una volta tornata. E’ l’una passata! “Ti sei mai accorta che rispecchia la nostra storia?”. Resto ad ascoltare la canzone fino alla fine “No, non me ne ero mai accorta”. Intanto siamo arrivati a casa mia. Spegne il motore della macchina e si volta verso di me. Mi prende il viso tra le mani e sussurra: “Comunque è vero… L’ultima notte al mondo, io la passerei con te”. La canzone finisce, ed io sono riuscita a non piangere. I miei amici hanno ballato per tutto il tempo, nessuno se ne è accorto, per fortuna. Nessuno, tranne uno. I suoi occhi vedi s’incastrano con i miei che sono ancora lucidi. Verde e nocciola. Nocciola e verde. Distolgo subito lo sguardo, dirigendomi alla svelta verso Francesca. “E’ tardi, devo andare a casa”. “Ti accompagno”. “No, chiamo papà. Resta a divertirti. Avete affittato il locale fino alle tre, godetevelo fino alla fine”. “Sicura?” domanda Diego che ci aveva sentite –ovviamente perché stava ballando con Fran-. Annuisco decisa, per poi salutare tutti e ringraziarli dei regali e della bellissima festa. “Ci vediamo domani, Vilu” dice Camilla. “Certo! Ti chiamo!”. “Vilu, a che ora vengo per installarti il programma?”. “Le dieci vanno bene?”. Alza il pollice destro continuando a ballare per poi agitare la mano. Saluto ancora una volta Francesca e Diego “Sei proprio sicura, Vilu? Non è che tuo padre a quest’ora sta dormendo?”. “No, ti pare! Non dorme finché non torno a casa” rispondo facendoli ridere. “D’accordo, allora a domani”. “Certo”. Uscendo dal locale, saluto anche il barman e il dj, che mi augurano ancora una volta buon compleanno. Quando esco, un’aria gelida mi trafigge dalla testa ai piedi. Ok, adesso è freddo, ma dopotutto sono le due del mattino. Afferro il cellulare dentro la borsa ma una voce mi spaventa “Dove credi di andare?”. Voltandomi, vedo Josh seduto sulla panchina che butta il mozzicone di una sigaretta. “Mi hai spaventata”. “Scusa”. “Sto chiamando mio padre, è tardi”. “E perché lo stai chiamando?”. “Bhè, per farmi venire a prendere”. Si alza dalla panchina buttando fuori il fumo e passandosi una mano nei capelli dorati. “Non fare la sciocca, ti accompagno io”. Sorrido timidamente “Non credo che riuscirò a tenere tutti i pacchetti e ad aggrapparmi a te, sulla moto”. “Chi ha parlato di moto?”. Caccio l’aria dai polmoni “Dai su”. “Va bene, ma non dirlo a Francesca e Diego”. Prende alcune buste dalle mie mani (me ne lascia due), aiutandomi a portarle. Arrivati alla macchina le poggia nei sedili posteriori, mentre quelle che ho io, me le metto accanto ai piedi. Mette in moto e partiamo subito. “Grazie per avermi invitato, mi sono divertito molto”. “Grazie per essere venuto”. “Bhè, non potevo di certo rifiutare”. “Certo che potevi!”. Sorride alzando un angolo della bocca ma tenendo comunque lo sguardo fisso sulla strada. “E adesso perche sorridi?”. Esita un momento ma poi risponde, sempre sorridendo, sempre guardando avanti. “Perché sei talmente una bella persona che è impossibile non farlo”. Sono sicura che i miei zigomi sono diventati rosso fuoco. “Sei ancora convinta che il mio regalo sia il più bello?”. Mi acciglio voltandomi verso di lui. “Certamente. Perché questa domanda?”. Alza le spalle, mentre io mi rigiro fra le dita la Chiave di Sol. “Mi chiedevo se la canzone di Leon mi avesse battuto”. Come ha fatto? Non è possibile. Come ha potuto sapere che quella era la nostra canzone. Resto a fissarlo sbigottita, mentre lui continua a fissare la strada. “Ho visto la tua espressione quando hai sentito le prime note, ho visto come vi siete guardati alla fine della canzone”. Serro le labbra abbassando la testa sulle mie dita e torturandomele. “Quella canzone non era un regalo, era un’altra pretesa per farmi del male”. “Non dire così, non è affatto vero”. “Sì, invece. Altrimenti non avrebbe chiesto di metterla”. Caccia l’aria dai polmoni, e per la prima volta da quando siamo saliti in macchina, si volta verso di me. Con il dorso della mano mi asciugo una lacrime che mi stava rigando il viso. Lo stomaco mi si è ristretto. “Scusami. Mi dispiace”. “Non ti scusare di una cosa che non hai fatto”. “Non avrei dovuto parlarne” ribatte. “Tranquillo”. Per il resto del tragitto non parliamo, in cinque minuti arriviamo davanti casa mia, e non appena spegne il motore si volta a guardarmi. Sorride. “E’ stata una bella serata”. Alzo leggermente gli angoli della bocca annuendo “Sì, proprio bella”. “E scusami per il ritardo, sai… non riuscivo a trovare il regalo giusto”. Rido afferrando la collana che ho attorno al collo. “Non fa niente, come si dice? Il tempo vale l’attesa… E’ bellissima. Grazie ancora, per tutto”. “Te l’ho detto… l’ho fatto con piacere”. Per qualche secondo restiamo a guardarci sorridenti “Allora vado. Grazie del passaggio”. Mi allungo per salutarlo, quando le nostre labbra si sfiorano appena. Siamo ad un soffio di distanza, i nostri nasi quasi si toccano, poi si sporge più verso di me per lasciarmi un bacio sulla guancia. Chiudo gli occhi con il cuore a mille ed il respiro mozzato. Aprendo la portiera dell’auto prendo i pacchetti nei sedili posteriori e quelli che tenevo io davanti. “A domani”. “Ciao, Vilu”. L’auto scompare entro pochi secondi, mentre io infilo le chiavi nella serratura ed entro in casa. Ho paura che Francesca abbia ragione… mi sto innamorando di Josh.
 
ANGOLO AUTRICE:
Ciaooo! Come state? Io non so… ho caldo. SCHERZOOOOO! STO BENISSIMO PERCHE’ TODAY, OGGI, HOY… E’ IL MIO COMPLEANNO. WOOO! AHAHAH OK, SONO PAZZA! Che pensate del capitolo? Lo so, è più corto degli altri, ma non ho potuto correggerlo perché ho già finito il capitolo 5 ed ormai è tardi. Gli ‘Angolo Autrice’ li scrivo sempre quando intendo pubblicare il capitolo, quindi non fatevi strane idee. Bene… fatemi sapere come trovate il capitolo. Che pensate di Josh? Io lo trovo così dolce, bello, gentile, bello. Ho già detto bello? Nella mia mente è un figo pazzesco! Ooook. Immagino che voi lo odiate… però dite la verità… NON LI TROVATE COSI’ DOLCIIIIII!!!!!!!????!?!!?!?!?!?!? Scappo… Bacioni e alla prossima!
#Alice_Leonetta

 

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Capitolo 5
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“Hai visto? Non ci è voluto molto tempo”. Maxi è arrivato da circa venti minuti, per installare il programma che mi ha regalato per il mio compleanno. “Già, ma lo sai… sono una frana con la tecnologia”. Sorride completando l’operazione, lo sguardo fisso sullo schermo del computer “E come facevi quando ti si rompeva il telefono o il computer?”. Altra domanda? Abbasso lo sguardo sui miei piedi incrociati, sono seduta sul letto. Il genio della tecnologia era lui. Non sentendomi rispondere, lo vedo voltarsi per fissarmi. Deve aver intuito il motivo del mio silenzio, perché annuisce leggermente. “Scusami”. “No, non è colpa tua”. “Non avrei dovuto chiederlo”. “Tranquillo”. Un paio di minuti dopo, si alza dalla scrivania e mi porge il computer. “Ecco fatto! Ora possiamo anche rimuovere la chiavetta, non ne abbiamo più bisogno…” la sfila dall’apposito spazio e la poggia sul letto “…però non perderla perché può sempre tornare utile se il programma non va”. “D’accordo, grazie mille”. Il resto del tempo mi fa vedere come utilizzare questo programma, è davvero utile! Anche se io preferisco scrivere la mia musica su carta; ma voglio provare ad usarla. “Scommetto che anche tu hai questo programma” affermo spengendo il computer per poggiarlo sulla scrivania. “Ovviamente! Amo la tecnologia quasi quanto il canto e il ballo”. Rido rimettendomi a gambe incrociate sul letto. “Grazie ancora per la serata di ieri sera, sono stata davvero bene”. “Lo abbiamo fatto volentieri. Eravamo molto preoccupati per te, e festeggiare il tuo compleanno era un buon pretesto per farti uscire di casa”. Abbasso la testa annuendo e serrando le labbra. “Già. Avete fatto bene… anche se non riesco ad immaginare quanto avrete speso per affittare la discoteca solo per noi”. Maxi sorride scuotendo la testa “Che c’è?”. “Sei sempre la solita!” risponde ancora sorridente. “Perché?”. “Non ti ricordi? Il proprietario è mio cugino!”. Apro la bocca per dire qualcosa, poi mi torna in mente quando Maxi ci aveva detto che suo cugino aveva aperto una discoteca sulla spiaggia. “Sempre la solita” mi dico da sola sorridendo. “Eh sì!”. Mentre guarda l’orologio al polso sinistro, io afferro il cellulare per chiedere alle ragazze se questo pomeriggio hanno voglia di andare in centro per fare shopping. “Devo andare… ho promesso a Diego che sarei passato da lui per aiutarlo con la canzone”. “Va bene… ci sentiamo”. “Oggi pomeriggio prove da me?”. Serro le labbra, in effetti mi andrebbe di provare, però ho appena inviato un messaggio alle mie amiche. “Non saprei, con le ragazze avevo in programma di andare in centro”. “A che ora?”. “Volevo andare presto, verso le tre…”. Alza le mani in cielo e grida: “PERFETTO! Alle sei da me. Vi bastano tre ore insieme, no?”. Sorrido annuendo “D’accordo, a più tardi. Li avverti tu gli altri?” domando salutandolo mentre esce dalla porta. “Certo. Ciao, Vilu”. “Ciao, salutami Diego”. Annuisce ed esce, pochi secondi dopo sento anche la porta di casa chiudersi e Maxi uscire dal cancello. Mi butto all’indietro sul letto, prendo le cuffie e il cellulare dal comodino, le attacco e clicco su play. E’ stata una festa divertente, nonostante la canzone finale. Potava anche evitarlo. Ma ora? Con questo che vuole dirmi? Non capisco, non riesco più a capirlo. Strano. Sento che mi arriva un messaggio, così sblocco il telefono e clicco sull’icona di WhatsApp: le mie amiche mi hanno risposto. “Ovvio che vengo!” scrive Ludmilla. Come potrebbe perdersi un giro di shopping. “Io no, scusa Vilu. Ma ora che ho fatto pace con Diego vorremmo passare un po’ di tempo insieme”. La capisco. “Io non me la sento”. “Dai, Nata! Sarà divertente!” le risponde Camilla “Io ci sono di sicuro” continua. “Dai, vieni. Ci divertiremo. E poi non faremo tardi, anche perché Maxi mi ha detto che alle sei ci sono le prove” scrivo. “Cosa!? E quando pensa di dircelo!” interviene l’italiana. “Lo abbiamo concordato pochi minuti fa”. “Va bene… dai… qualche ora insieme a fare shopping!” dice Ludmilla. “Ok, ok. Ci sono” risponde la riccia. “Divertitevi anche per me!” scrive Francesca. Finiamo con l’accordarci che alle tre e trenta ci vediamo alla fermata dell’autobus vicino casa di Ludmilla. Ovviamente dovrò farmi un bel pezzo a piedi! Forse mi farò accompagnare da papà, o da Roberto. Uscendo dal gruppo, vedo che c’è un altro messaggio. Il cuore mi si ferma e il respiro mi si mozza leggendo: “Possiamo vederci? Avrei bisogno di parlarti” e il nome del contatto: “Isabel”.
E’ quasi mezzogiorno, sono uscita di casa. Ho risposto al messaggio di Bel con un “Sì, dove?”. “Al parco davanti casa tua. Ti aspetto”. Attraversando la strada, scorgo il parco a pochi metri da me. Entro dal cancello e la vedo seduta su una panchina accanto allo scivolo, che guarda una bambina giocare, sicuramente sua sorella minore. La raggiungo infilando le mani nella giacca nera. Oggi fa un po’ più freddo di ieri… e poi si dice che marzo è pazzerello! “Ciao” Sussurra rimanendo con lo sguardo fisso davanti a sé. “Ciao”. “Tutto bene?”. ‘No’ penso “Sì, certo” rispondo. “Come… come mai hai voluto vedermi?”. “Volevo parlarti di ieri sera”. Per la prima volta da quando sono arrivata si volta a guardarmi. Il mio cuore accelera di più e le mie mani –dentro la giacca- tremano. “Ti ascolto”. Lancia un’ultima occhiata alla bambina bionda che sta scivolando, poi si volta completamente verso di me. “Dimmi… sei ancora innamorata di Leon?”. “Pensavo che volessi parlare di ieri sera”. “Infatti”. Esito un momento, restando a guardare quegli occhi taglienti come lame. “No”. “Allora non capisco la tue reazione quando hai aperto il regalo e non lo hai guardato, quando hai ascoltato la canzone e sei scappata”. Menomale che non se ne era accorto nessuno. “Ti sbagli. Quando ho visto il regalo vi ho guardati entrambi, ringraziandovi… e per quanto riguarda la canzone, bhè… non so cosa intendi”. Caccia l’aria dai polmoni, passandosi una mano tra i capelli, sistemandoli. “So che quella era la vostra canzone, non c’è bisogno di tutto questo, Violetta”. “Non so cosa intenti” ripeto. “So che quella era la vostra canzone, e so che è stato Leon a chiedere di metterla”. Alzo lo sguardo –che avevo abbassato- e lo blocco nei suoi occhi. Come fa a sapere tutto questo? “Sono stata io a chiedergli a farlo” ammette. In questo momento, dentro di me, c’è un miscuglio di emozioni: rabbia, dolore, dispiacere, delusione. “Perché lo hai fatto?” le domando cercando di restare calma, ma comunque alzando la voce. “Era il tuo compleanno e volev…”. “No!”. “Bhè scusami… non volevo causarti dolore”. Faccio un respiro profondo chiudendo gli occhi, per poi guardarla di nuovo. “Va bene, grazie per essere stata sincera. E’ tutto?”. Scuote la testa, senza espressione. “Cos’altro c’è?”. “Vorrei parlarti di Josh”. Mi acciglio leggermente, perché vuole parlare di lui? “Cosa c’entra adesso Josh?”. “Ho visto che ieri sera… ecco, sembravate molto in sintonia”. “Siamo solo buoni amici”. “Non lo metto in dubbio”. “Allora cosa intendi?”. Fa’ un respiro profondo, abbassando la testa sulle sue gambe accavallate. “Vorrei sapere se vi state frequentando” sussurra. “Cosa! No… che! No! Certo che no! Ti ho appena detto che siamo solo buoni amici”. “Buoni amici che si piacciono l’un l’altro”. “Questo non è vero”. “Oh, non sarà vero per te, ma per lui sì”. Esito un secondo, pensando se quello che sta dicendo è vero… “Cosa te lo fa credere?”. “Innanzitutto il modo in cui ti guarda, quando ti vede sembra che abbia visto il paradiso. Vi ho visti ieri sera, quando è arrivato”. “Non c’entra niente”. “Oh sì, invece!”. Restiamo a guardarci per qualche secondo… non voglio ammettere che forse ha ragione. “Anche se fosse, non ti riguarda” dico infine rompendo il silenzio tra noi. “No, hai ragione, non mi riguarda… finché Leon non c’è in mezzo”. “E’ per questo che mi hai voluta vedere? Per parlare di Leon!”. “Volevo solo dirti di non metterlo in mezzo alle vostre cose”. “Bhè non ti preoccupare, non ne ho alcuna intenzione”. “Me lo auguro”. “Bene, ci vediamo da Maxi”. Mi alzo facendo un paio di passi, poi mi sento chiamare: “No, Violetta. Aspetta”. Mi volto e la vedo che si è alzata per venirmi incontro. “Cosa c’è?”. “Mi dispiace, non volevo litigare. E’ solo che…”. “…lo ami. Lo so”. Mi guarda con una faccia da vere scuse… una faccia da chi è innamorata. “Lo ami ancora, non è vero?”. “No”. Resta a fissarmi, come se sperasse in un mio cedimento. “Ti dispiacerebbe se ti faccio qualche domanda? A proposito di Leon… intendo”. Oddio… “Ehm… non saprei, dovrei tornare a casa per pranzo”. “Ci vorranno solo cinque minuti”. Sospiro “D’accordo”. Ci sediamo nuovamente sulla panchina… non sono pronta per affrontare il passato. “Cosa vuoi sapere?”. “Ecco… con te com’era?”. “In che senso?”. “Come si comportava? Era dolce, premuroso? Qualche volta avete litigato? Era freddo delle volte?”. Un leggero sorriso si apre sulle mie labbra. “Era fantastico”. Sorride leggermente “Lo immagino”. “Perché? Con te non lo è?”. “Oh, certamente! E’ solo che negli ultimi giorni, lo vedo… distante, freddo”. “Non so”. Un’idea ce l’avrei… “Te lo ha mai detto che ti ama?”. ‘Sì, moltissime volte… ogni volta che ne aveva l’occasione. Era davvero fantastico’, “Sì, forse un paio di volte. A te?”. Serra le labbra abbassando la testa “Forse una”. “Capisco”.  In realtà no, invece. “Come vi siete messi insieme?”. Un sorriso più ampio si fa largo sul mio viso “Oh… è stato davvero bellissimo. ‘Quando la messicana si allontanò si stampò un sorriso dolce e vittorioso sul suo viso, mentre l’espressione di Leon si tramutò da confusa a preoccupato. Non appena vide Violetta sull’uscio della porta, con le lacrime agli occhi, il cuore gli si frantumò in mille pezzi. La ragazza corse via, lasciandolo in ansia. Leon spostò Gery da davanti a sé, e la rincorse cercando di spiegarle tutto. “Violetta!” gridò provando a bloccarla. “Violetta!”, ma lei non si fermava.  Era ormai uscita dalla scuola, e in quel momento entrambi si trovavano nel cortile. “Vattene, Leon” ordinò la mora asciugandosi le lacrime con il dorso della mano. “Aspetta, lasciami spiegare almeno”. “Non c’è niente da spiegare. Non mi devi dare spiegazioni, non sono la tua ragazza”. Entrambi si bloccarono di colpo. Quelle parole avevano fatto male a tutti e due “Bimba io…”.  Violetta si voltò di scatto, fissandolo negli occhi “Non mi chiamare più in quel modo, non ti voglio più vedere. Potevi anche dirmelo che ti piaceva Gery, non sono una spiona”. “Per favore, Violetta non fare la bambina!”. “Sarei io la bambina? Tu che mi nascondi le cose? Come la mettiamo? Non mi arrabbiavo se mi dicevi che eri innamorato di lei!” gridò la mora indicando con il braccio la messicana abbastanza distante da loro, sull’uscio della porta di entrata. “Porca troia, Violetta! Io amo te!”.’ E’ stato un po’ volgare, ma è stato uno dei giorni più belli della mia vita”. La vedo sorridere come una bambina… è strano raccontarlo a lei. “Sì, me lo ricordo quel giorno”. “Davvero?”. “Certo, è stato quando tua zia ha avuto un incidete, giusto?”. “Giusto” rispondo annuendo. Afferro il cellulare da dentro la tasca e guardo l’ora, è quasi l’una! “Scusa, ma adesso devo tornare a casa”. “Oh, certo, certo. Ci vediamo alle sei da Maxi”. “Sì, a dopo”. “Ah, e tranquilla. Non dirò niente di tutto questo, a Leon”. Annuisco serrando le labbra “Va bene, grazie”. “Ciao, Vilu”. “Ciao, Bel”. E mentre attraverso la strada, un soffio di vento mi ghiaccia il viso rigato dalle lacrime.
 
 
 “Fammi capire… ti ha chiesto di vedervi per parlare di Leon?”. “Sì, Cami. E’ la quinta volta che lo chiedi”. “Scusa ma volevo essere sicura”. Stiamo tornando dal nostro pomeriggio di shopping. Sono un quarto alle sei, e alle sei dovremo essere da Maxi… sì, siamo in ritardo. Alla fine abbiamo deciso di prendere la macchina di Ludmilla, visto che lei ha la patente. “Se non ti sbrighi, saremo da Maxi alle sette, Lud!” esclama la rossa. “Ehi, non è colpa mia se questo davanti ha una macchina del 1600”. Alle sei sono a casa, mentre apro la porta sento le mie amiche gridarmi di fare presto. Corro su per le scale e getto le buste sul mio letto. Riscendendo incontro mio padre, Angie e Pablo che escono dalla cucina e si dirigono in salotto. “Vilu!” esclama con stupore mia zia. “Angie!”. Le lascio un bacio sulla guancia, così come a mio padre ed a Pablo. “Dove vai così di corsa?” domanda papà. “Da Maxi… abbiamo le prove. A breve giriamo un altro video”. “Quando?” chiede Pablo. “Ancora non lo sappiamo con precisione, ma probabilmente tra un paio di giorni”. “Vi dispiace se assisto?”. Alzo le sopracciglia colpita “No, certo che no. Almeno parlo per me, ma credo che anche per gli altri non sia un problema, in fondo, eri l’insegnate di musica. Glielo chiedo e ti faccio sapere”. “Perfetto. Grazie mille, Vilu”. “Niente, ora vado che Camilla altrimenti mi mangia viva”. Chiudendomi la porta alle spalle, sento le mie amiche gridare un : “OH! CE L’HAI FATTA!”. Spiego loro quello che ha detto Pablo, e per le ragazze non ci sono problemi. In dieci minuti arriviamo a casa di Maxi, ci apre suo padre. “Sono già tutti di sotto. Farete meglio a sbrigarvi, Francesca sembrava molto alterata” ci informa Fernando sorridendo. Lo ringraziamo e mentre scendiamo le scale sentiamo “Ora le chiamo” provenire dalla bocca di Gery. “No. No. Siamo qui!” esclama Ludmilla alzando la mano. Gli sguardi di tutti sono puntati su di noi. “Vilu… mi stupisco di te!”. “Ascolta moretta… la colpa è della tua amica. Va lenta come una lumaca!”. “Ehi, ehi, ehi… frena. Non insultare la mia ragazza”. Alzo un sopracciglio sedendomi accanto alla mia migliore amica “Vuoi davvero metterti contro di lei?” chiede Maxi al suo amico, mentre il gruppo scoppia a ridere. “Ha artigli peggio di un gatto!”. “Che ci fa Josh qui?” domanda Ludmilla guardando il ragazzo biondo accanto a quello con gli occhi verdi. E solo in questo momento mi accorgo di lui, e di quanto siano così simili. “Mi ha invitato Leon… vi dispiace?” domanda sorridendo. “No, certo che no!” risponde schietta la bionda “Volevo solo sapere”. Josh mi lancia un’occhiata che mi pervade dall’interno ed improvvisamente sento lo stomaco chiudersi. Mi sorride e ricambio il sorriso. Chissà perché lo avrà invitato… “Ascoltate… Pablo mi ha chiesto una cosa”. “Pablo?” domanda Bordway. “Sì, era prima a casa mia ed ha sentito che a breve gireremo un altro video. Così mi ha domandato se poteva assistere. Ho detto che per me non ci sono problemi, però voglio anche il vostro parere”. “Certo che può! In fondo, è anche grazie a lui che siamo diventati quel che siamo” dice Maxi. “Giusto, per me non ci sono problemi” afferma Diego. “Concordo”. “A me sta bene”. Sorrido felice, davvero “D’accordo, più tardi gli darò la notizia. Ora iniziamo con le prove?”. “Va bene”. “Aspettate… vorrei prima farvi sentire una cosa… ci sto lavorando solo da ieri. Vorrei sapere che ne pensate”. “Certo, Leon” afferma Federico. Il ragazzo dagli occhi verdi si apposta dietro la tastiera ed inizia a cantare e suonare.
No soy ave para volar, y ni un cuadro no sè pintar.
No soy poeta, escultor... tan solo soy lo que soy.
Las estrellas no sè leer, y la luna no bajaré.
No solo el cielo, ni el sol... tan solo soy.
Pero hay cosas que si sè;
Ven aquì te mostraré, en tus ojos puedo ver.
Lo puedes lograr, prueba a imaginar.
“Tutto  qui”. “E’ forte!” esclama Diego. “A me piace molto” interviene Josh sorridendo al suo amico, che non lo degna di uno sguardo. Perché ho l’impressione che l’abbia dedicata a me?
Verso le 19.30 decidiamo di concludere le prove e ci diamo appuntamento tra due giorni, per girare il videoclip di ‘Llamame’(alla fine abbiamo deciso di girare prima questo, e poi quello di ‘Algo se enciende’). Salutiamo Maxi ed i suoi genitori, quando Francesca mi sussurra all’orecchio: “Josh non ti ha tolto gli occhi di dosso”. Uscendo le mollo una pizza sul braccio, e lei ride soddisfatta alzando le mani. “Dai, ti accompagno a casa” dice indicandomi la macchina. Le lancio una linguaccia e mi siedo sul sedile anteriore dopo aver salutato i miei amici. “Non è vero” affermo una volta che siamo uscite dal viale di Maxi. “Sì ch’è vero… ed anche tu non ti limitavi a lanciargli delle occhiate”. Apro la bocca stupita della mia migliore amica. “Fran! Ma che dici!”. “La verità, Vilu… la verità”. “Ti ho già detto tutto ieri sera, non vorrai ricominciare”. Non risponde, anzi serra le labbra alzando le sopracciglia. “Devo raccontarti quello che è successo questa mattina”. “E’ successo qualcosa con Maxi?”. “Maxi? No”. “Non doveva venire ad installarti quel programma sul computer?”. “Ah, sì, sì. E’ venuto, ma intendo dopo che è andato via”. “Racconta”. Le racconto del messaggio di Bel, di quello che ci siamo dette e di quello che mi ha chiesto sul suo ragazzo. “Secondo te ha in mente qualcosa?” domanda. Faccio spallucce, vedendo che siamo arrivate a casa mia “Non so, non penso. Però mi sembra strano quel che mi ha chiesto, poi oggi… Leon ha invitato anche Josh… non so”. Francesca storce la bocca spegnendo il motore della macchina. Apro la portiera sentendo che non fa poi così freddo. “Ci vediamo domani?”. “Certo. Ti chiamo, ok?”. “D’accordo. A domani, Fran”. “Ciao, Vilu”. Riparte ed io entro in casa. Vedo che Angie e Pablo sono ancora qui, di sicuro si fermeranno a cena. Vedendomi rientrare mi salutano, ed io mi accomodo accanto a mia zia. “I ragazzi hanno detto che non ci sono problemi. Dopodomani giriamo il video” dico a Pablo che sorride. “Ne sono felice”. “Restate a cena?”. Tutti e tre annuiscono, poi mio padre chiede: “Come vanno le prove?”. “Benissimo”. “Fantastico”. “Già”. Intuisco che molto probabilmente non ha chiamato Alejandro e Clara. Sento che il cellulare sta squillando, così con una scusa salgo in camera e chiudo la porta. Senza vedere il nome sul display, premo il tasto di risposta. “Pronto?”. “Ciao, Vilu”. “Ehi!” esclamo sentendo la voce di Josh. “Tutto ok? Come mai mi hai chiamata?”. “Oh, niente, avevo solo voglia di sentire la tua voce”. “Lo sai che non sei bravo a mentire?”. Dall’altra parte del telefono sento una risata, così mi siedo sul letto per non svenire. “Dai, dimmi cosa c’è”. “Ok, volevo chiederti se ti andava di uscire, domani intendo… domani pomeriggio”. “Ehm…”. “Sarà divertente”. “Non so”. “Hai qualcos’altro da fare?”. “Bhè no, però… va bene”. “Grande! Se è solo per farmi un favore, puoi anche dire di no”. “Non fare lo scemo!”. Ride, contagiandomi. “Dai, allora ti passo a prendere verso le cinque, d’accordo?”. “Perfetto. A domani”. “A domani”. Chiudo la chiamata con un sorriso sulle labbra. Ho sempre più paura che Francesca abbia ragione.
Dopo cena io ed Angie siamo salite in camera, ora stiamo scegliendo i vestiti che indosserò domani per l’appuntamento con Josh (o almeno lei dice che è un appuntamento). “No che non lo è”. “Invece sì. E’ un appuntamento al 100%”. In effetti non so un gran che di appuntamenti visto che con Leon le consideravo ‘uscite’. Sbuffo afferrando una maglia bianca con dei ghirigori “Questa?”. “Troppo semplice”. “Uffa! Troppo semplice, troppo spenta, troppo lunga, troppo accollata…”. “Vilu!”. Scoppio a ridere, gettandomi sul letto a pancia in su. Una ventina di minuti dopo, decidiamo che un paio di jeans e una maglia a maniche corte abbastanza elegante, vanno bene. Si inginocchia sul letto, di fronte a me. “Ascoltami…” inizia. “No! Non ricominciare… lo so dove vuoi andar a parare!” la minaccio puntandole un dito contro. Ride stupendosi. “Ma Vilu, io…”. “Tu niente. Lo so che vuoi dirmi. Josh è carino, sarebbe un modo per ricominciare, per andare avanti ma…”. “Ora ascoltami. Non voglio negare che lo stavo pensando” alza le mani “ma è la verità, Tesoro. Non dico che tu debba amarlo come hai fatto con Leon, perché so che Leon resterà per sempre il tuo primo amore, e ti posso assicurare che il primo amore non si dimentica mai, parola di zia. Leon è stato la tua infanzia e la tua adolescenza, e sono sicura che neanche lui ti dimenticherà mai. Ok, sì… ora è fidanzato con una ragazza dalla quale non te lo saresti mai aspettato, e scommetto che non ti saresti mai aspettata che vi sareste lasciati”. Sto cercando di non piangere. Non devo piangere, non piangerò. Sono forte, ce la posso fare. “Siete stati insieme per tanto tempo, ma, Amore mio, ora è il momento di andare avanti. Capisco che fa molto male ma…”. “No, zia. Non capisci. Non lo puoi capire. Non sai… com’è quando… la persona che amavi di più, quella più importante della tua vita, ti lascia sola. Ti lascia affrontare tutto questo, sola. La persona che aveva la tua più piena fiducia, che eri sicura non ti avrebbe mai abbandonato. Non lo sai, com’è”. Resta a fissarmi. “Hai ragione, non posso immaginarlo; ma posso darti dei consigli per ricominciare. So che sei stanca, che non ce la fai più”. “Sono troppo stanca”. “Sì, lo vedo. Perché non provi, perché non approfitti dell’uscita di domani per provare a stare di nuovo bene? A me sembra che Josh ti faccia bene… sbaglio?”. Sorrido e scuoto la testa, il viso rigato dalle lacrime. “No, non sbagli. Mi sento bene quando sto con lui. Mi fa stare bene, sono felice, rido… vivo”. Vedo mia zia sorridere. “Sei innamorata?”. Resto in silenzio per qualche secondo, per poi sorridere e rispondere: “Non lo so”.
 
 
 Questa mattina ho avvertito Francesca che durante il pomeriggio non sarei potuta uscire, così le ho raccontato della telefonata di ieri sera. “L’ho detto io, Vilu!”. “Francesca…”. “Ok, scusa, scusa. Stasera chiamami e raccontami tutto”. “Certo, a più tardi”. Ora sono quasi le cinque. Angie è venuta un paio di orette fa per aiutarmi a preparami… mi ha trovata ancora in pigiama. “Muoviti! Sono le tre! Tra due ore devi uscire!”. Ho fatto la piastra ai capelli, notando con piacere che quando sono lisci sono più belli perché si vede la sfumatura delle punte. Mi sono truccata poco: Mascara, matita nera sotto gli occhi e un po’ di fondotinta. “Sei perfetta!”. “Andiamo, Angie! E’ solo un’uscita tra amici”. “Certo, certo”. Siamo scese in salotto, per fortuna papà non è in casa… è uscito con Roberto per una riunione, ed Olga  al supermercato. “Poi domani mi racconti tutto eh!”. La guardo con gli occhi ridotti a due fessure. “E’- SOLO- UN’- USCITA- TRA- AMICI”. Ride, quando improvvisamente suona il campanello. Ci spaventiamo entrambe, e ci lanciamo un’occhiata. La zia si affetta ad alzarsi, ma io sono più veloce e corro alla porta, la apro e muoio. “Ciao” sussurrano due occhi verdi che mi fissano. Il sorriso scompare dalla mia faccia, facendo largo alla paura. Cosa è venuto a fare? “Ciao”. “Scusa il disturbo… è solo che… ero, ero con Maxi, e mi ha chiesto se…”. “Sì. Mi sono dimenticata di portargliele ieri, ecco”. Afferro un paio di cuffie che avevo poggiato sull’attaccapanni e le consegno al ragazzo di fronte a me “Grazie”. “Niente”. “Ci vediamo domani”. “Cer..”. “Vilu!”. Muoio per la seconda volta. Josh è in piedi davanti al cancello, con un’espressione confusa. Leon si volta a guardare il suo amico, il quale avanza verso di noi e si blocca di fianco a lui. “Scusate, non volevo dist…”. “Tranquillo, stavo andando via”. Mi guarda senza espressione, ma gli occhi sono diventati rossi per la rabbia, poi si volta nuovamente verso il suo amico “Ci vediamo domani, Violetta”. E così, muoio per la terza volta. Lo vedo salire in macchina, e chiudere lo sportello così violentemente da spaventarmi. “Mi dispiace, io…”. “No, tranquillo” cerco di rassicurarlo con un falso sorriso. “Prendo la borsa”. “D’accordo”. Rientrando in casa, vedo mia zia con un’espressione dispiaciuta sul viso. I miei occhi sono lucidi e pizzicano, ce la devo fare. “Divertiti”. “Certo”. Uscendo sorrido nuovamente a Josh, così mi lascia un dolce bacio sulla guancia e mi prende la mano. “Allora… dove vuoi andare?”. “Per me è uguale… decidi tu” rispondo salendo in macchina. Fa il giro da davanti e sale anche lui, per poi accendere il motore e partire. Accendo la radio, ed improvvisamente il cuore si riempie di felicità. “Alza” dice lui. ‘All the girls (la la la)’ di Abraham Mateo rimbomba nella macchina. “Alla fine sei caduto in trappola anche tu!” dico per poi cantare insieme al mio cantante preferito. “Bhè… impossibile non farlo. Giusto?”. “Giusto!”. “Hoy suenan las sirenas, yo ya no puedo màs. El fuego por mis venas, tu boca y yo se tienen que encontrar”. All’ultima frase mi lancia un’occhiata dolce, e mi incanta con i suoi occhi azzurri. Quando la canzone finisce, ne parte un’altra e un’altra ancora, intuendo così che è inserito il cd. “E prendevi in giro me e tua sorella!” esclamo indicando i cd dentro lo sportellino. Ride, mordendosi il labbro inferiore e fissando la strada. “Dove stiamo andando?” chiedo riponendoli dove erano. “Sorpresa”. “E’ un bel posto?”. “Bellissimo”. “Sono curiosa adesso!”. “Non dovevi chiederlo!” risponde guardandomi. Si sente squillare un cellulare, ma non è il mio. Abbasso la musica mentre lo prende dalla tasca dei jeans. “Pronto? Ciao… cosa? Non ti sento… Adesso? Veramente non posso. Mettilo da parte, lo vediamo domani insieme. Sì, lo so. Va bene… sì, d’accordo. No, te l’ho detto. Ciao!”. “Leon?”. “Già”.
“Bhè sì… ma io penso che non sia necessario”. “In effetti, è un po’ esagerato”. Siamo in un giardino grandissimo, sembra infinito. E’ pieno aiuole di fiori di tutti i colori: rosa, giallo, viola (violetto), rosso… In questo momento stiamo mangiando un gelato… gli piacciono i miei stessi gusti. “Aspetta…” ride prendendo un fazzoletto da dentro la tasca del giubbotto “…sei sporca, qui” continua sempre ridendo. Mi pulisce accanto alla bocca, ed anche a me scappa una risatina. “E’ sempre così!” esclamo leccando un altro po’ di gelato. “Immagino”. Restiamo in silenzio per qualche minuto, guardandoci ogni tanto. “E’ bello qui”. “Già… non lo conosce quasi nessuno. In genere non si inoltrano così affondo nel parco, pensano che sia una foresta… ma resterebbero stupiti del panorama che troverebbero”. “Sì, è vero. Tu come hai fatto a scoprirlo?”. “E’ stato molti anni fa, andavo ancora a scuola, durante l’ultimo anno di liceo. Erano i primi giorni, avevo litigato con la mia ragazza, Julia, così sono passato davanti al parco, e notando gli alberi in fondo, decisi di fare una passeggiata per schiarirmi le idee. Avevo bisogno di pensare. Mi inoltravo sempre di più, finché, bhè… non ho visto questo prato enorme. Da allora me ne sono innamorato, vengo qui tutte le volte che posso, specialmente per pensare”. Rimango a fissarlo… i capelli dorati che si scompigliano con il leggero vento. “A che pensi, di solito?”. “Un po’ a tutto: alla mia famiglia, ai miei amici, al lavoro… queste cose”. “Pensi mai, come sarà la tua vita quando avrai quarant’anni?”. “A quarant’anni ancora non ci sono arrivato, mi sono fermato ai trentadue!” esclama facendomi ridere. “Scemo…”. “In realtà… sì, ogni tanto penso al futuro, ai segni del destino”. “In che senso ‘i segni del destino’?”. “Secondo me, non esistono le coincidenze, tutto accade per una ragione”. “Intendi dire, che pensi che sia tutto già scritto?”. Intanto io ho già finito il mio gelato. “No, non dico questo, perché tutto può cambiare, ma se deve cambiare accade per una ragione. Non credo nelle coincidenze, e neanche che il nostro futuro sia già segnato, ma credo che ognuno può scegliere la propria vita, ma prima o poi accadrà qualcosa che la cambierà per sempre… e niente accade senza una ragione”. E’ lo stesso ragionamento che ho fatto anch’io. Non esistono le coincidenze, a tutto c’è una spiegazione. “La penso così anche io”. Ci sorridiamo, poi mi prende per mano e lentamente si avvicina, il mio cuore che accelera. I nostri nasi che si toccano, poi lentamente posa le sue labbra sulle mie. Immediatamente rispondo al bacio con un’intraprendenza che pensavo di non possedere più. Si muove sicuro sulle mie labbra, e dopo essergli scappato un leggero sorriso, fa sorridere anche me. Ha un sapore buonissimo, mai assaporato prima. Forse è vaniglia, non ne sono sicura, so solamente che mi sento bene, e adesso tutto il resto non conta. Lui mi fa stare bene, e non potrei essere più felice. Ci separiamo un istante, gli occhi ancora chiusi ed un sorriso dolce e soddisfatto sulle labbra. Quando riapro gli occhi, mi prende il viso fra le mani e mi lascia ancora bacio a fior di labbra. Siamo così vicini che riesco a specchiarmi nell’azzurro dei suoi occhi. “Credo che non mi sarei potuto dichiarare meglio”. Sorrido, sicuramente diventando rossa, ed abbassando la testa. Mi prende il mento e mi fa specchiare nuovamente nei suoi occhi. “Ascoltami… non ti biasimo se ora come ora non vuoi…”. “No. Non dirlo affatto. Non ce la faccio più con tutta questa storia, mi sono stancata di essere sempre la vittima della situazione, quella che ‘obbliga’ gli altri a non parlare. Sono stanca di tutto questo, e voglio andare avanti”. “No, ascolta. Se stai dicendo tutto questo solo perché ci siamo baciati, ecco… non devi. Se ti senti in obbligo, non devi”. “Non mi sento in obbligo. Prendo le mie decisioni per il mio bene, e sono sicura che tu mi farai stare bene”. Lo vedo sorridermi per poi avvicinarsi di nuovo e lasciarmi un bacio a stampo. “Di questo puoi esserne sicura”. “Francesca aveva ragione” sussurrò abbassando la testa. “Aveva ragione su cosa?”. Esito un attimo, sorridendo timidamente per poi fissare il mio sguardo sul suo. “Mi sono innamorata di te”.
Arrivati davanti casa, spegne il motore e si volta a guardarmi sorridente. “Ti sei pentita?”. “Certo che no!”. “Volevo solo assicurarmene”. “Grazie per il bellissimo pomeriggio”. “Grazie a te”. “E non preoccuparti… non dirò a nessuno del posto”. Ride, ed io lo seguo a ruota. E’ così bella la sua risata. “Allora ci vediamo domani”. “Va bene. Domani mattina se puoi passa in officina, magari andiamo a pranzo insieme. La conosci la strada, no?”. Annuisco sorridendo “D’accordo”. Mi prende il viso fra le mani e mi bacia dolcemente. Prima di scendere dalla macchina gli sorrido, poi apro la portiera e me la richiudo dietro. Lo saluto e mi affetto ad entrare in casa. Papà è tornato perché lo sento parlare in ufficio con Roberto. Mi dirigo il cucina, sperando di non trovare Olga perché altrimenti mi chiederà dell’uscita (sicuramente Angie le avrà detto tutto). Entro, e per fortuna non c’è. Apro il frigo e mi verso un po’ di thè alla pesca, quando sento che arriva un messaggio. Sblocco lo schermo, apro WhatsApp e leggo: Ah, e una cosa! Ti amo.
 
 
 Sono appena scesa dall’autobus, vedo l’officina in fondo alla strada. Ricordo la prima volta che sono venuta con Leon. Violetta e Leon stavano camminando ormai da venti minuti, e a Violetta cominciavano seriamente a dolere i piedi. Leon non voleva rivelarle dove erano diretti, quindi era costretta a seguirlo. “Senti non ne posso più!” disse per l’ennesima volta, lasciandosi trascinare per un braccio. In quel momento stavano percorrendo una via alberata. C’erano palazzi e negozi –di tutti i generi: alimentari, calzolaio, sartoria, panificio, pizzeria…-. “Siamo arrivati”. “E’ quello che continui a ripetere da quindici minuti, Leon!”. “No, ora siamo davvero arrivati”. Violetta sbuffò ancora, notando la fine della strada. Era un vicolo cieco, non c’erano altre uscite. “Ma dove…” non riuscì a finire la frase, che proprio in fondo alla strada intravide un negozio, più precisamente un autofficina. Un paio di minuti dopo ci si fermarono davanti. Leon si voltò verso di lei e le rivolse un dolce sorriso. “Vieni. Voglio farti conoscere una persona molto importante, per me”. Entrarono lentamente nel posto, notando un uomo con dei baffi bianchi ed arricciati, dietro una scrivania, che –molto probabilmente- appuntava l’incasso del giorno. Quando li vide avvicinarsi, alzò la testa e mostrò un bel sorriso. “Leon!” esclamò l’uomo, uscendo da dietro la scrivania ed andando a salutare ed abbracciare il ragazzo. “E’ da un po’ che non ti fai vedere. Tutto bene?”. “Tutto ok, Fernando. Ho avuto qualche impegno, ma non mi dimentico mai di passare” rispose il messicano, sfoderando il suo sorriso migliore. Chi poteva essere quell’uomo? Un amico di famiglia? Il padre di qualche suo conoscente? O solo un meccanico molto simpatico che conosceva Leon? La sua età si aggirava sulla cinquantina d’anni. Di sicuro non poteva essere un compagno di classe! “Oh, lei è Violetta. Violetta, Fernando” presentò Leon. Entrambi porsero la mano destra e la strinsero l’una nell’altra. “Ah! Quindi sei tu Violetta! Finalmente ho il piacere di conoscerti. Sai, ho sentito tanto parlare di te” informò l’uomo lanciando un’occhiata a Leon, il quale arrossì leggermente e guardò poi la sua ragazza, che stava sorridendo. “Dov’è?” chiese Leon guardandosi intorno, ovviamente alla ricerca di qualcuno. “E’ di là, vado a chiamartelo” annunciò Fernando dando una pacca sulla spalla al ragazzo, e passando in una porta, che conduceva in un’altra stanza. Violetta si voltò verso il suo fidanzato, confusa. “Non capisco. Chi è quell’uomo?”. “E’ il proprietario di questa officina. Il capo di uno dei miei più grandi amici. Ti ricordi? Te ne ho parlato…”. La ragazza aprì la bocca per dire qualcosa, ma proprio in quel momento, Fernando fece ritorno. Dietro le sue spalle un ragazzo alto, i capelli color oro e due occhi azzurri. Si stava pulendo le mani sporche di grasso, in una pezza bianca oramai sporca anche quella. Il ragazzo sembrava sorpreso tanto quanto lo era stato Fernando, nel vedere Leon. Sgranò gli occhi ed un sorriso che andava da orecchio ad orecchio si fece largo sul suo viso. Gettò la pezza a terra e si affrettò ad abbracciare Leon. “Non ci posso credere!” esultò poco dopo, sciogliendo l’abbraccio. “Pensavo ti fossi dimenticato!” disse ancora. “Mai”. “Ce l’hai fatta a passare! Quant’è che non ci vediamo? 5 mesi?”. “Forse” rispose Leon, sempre con quel sorriso che incanterebbe chiunque. “Violetta…” disse poi rivolgendosi alla sua ragazza, “…lui è Josh. Josh, Violetta… la mia ragazza”.’ Sono quasi arrivata e… “TU E LEI CHE COSA!!”. Perché Leon sta gridando? Mi avvicino di più, nascondendomi dietro al muro. “Ti vuoi calmare!” grida Josh. “NO CHE NON MI CALMO!”. “Ma cosa t’importa a te!”. “M’importa invece, cazzo!”. Ma di cosa stanno parlando? “La finisci di fare il melodrammatico?”. “Non sto facendo il melodrammatico!”. “Sì invece! Perché ti crea problemi che io e Violetta stiamo insieme?”. Oddio. Il mio cuore si è fermato. Stanno parlando di me. Perché non risponde? “Allora?”. “Pensavo fossi mio amico. Pensavo davvero di poter contare di su di te”. “Lo sai che sono tuo amico, Leon. E che puoi sempre contare su di me, non fare lo sciocco”. “No, tu non sei mio amico. Non ti riconosco più”. “Ah, ora sarei io quello irriconoscibile! Vogliamo parlare di te, allora?! Forse non te lo ricordi, ma io si! Non ti ricordi di quando passavi giornate intere a parlarmi di Violetta, a parlarmi dei suoi occhi, del suo sorriso, del suo carattere e di quanto ne eri innamorato. Non ti ricordi che io stavo ad ascoltarti, che non fiatavo, che non ti dicevo mai di smettere. E sai perché non te lo dicevo? Perché sapevo che ti faceva stare bene! Sapevo che non potevi vederla, che erano anni che non passavate un momento insieme, e sapevo che se ti avrei fatto smettere saresti crollato. Ecco perché. Poi d’un tratto è ritornata, e vi siete messi insieme, ma sapevo che l’avresti lasciata. Sapevo che ti saresti stancato di lei… certo, Leon Vargas non è uno che frequenta una sola ragazza e si accontenta. Sapevo che prima o poi sarebbe finita, anche se dicevi tutte quelle cose di lei”. “Io l’amavo davvero!”. “Ah si? Ecco perché l’hai lasciata!”. “Tu non sai quello che è successo!”. “Oh sì che lo so. Lo so meglio di te. Ti sei stancato di lei, hai preferito una ragazza bella a una che hai amato per tutta la vita”. “Zitto”. “Come vuoi. Ma ora non dirmi che non sono tuo amico, perché sei tu che non sei mio amico. Sei tu che sei cambiato”. Per qualche secondo non vola una mosca, si sentono solo le auto in lontananza. “Non immagini neanche quanto abbia sofferto Violetta”. “Perché tu lo sai!”. “Certo! Io c’ero!”. “Piantala! Non voglio più sentirti!”. Sento che getta una chiave a terra, e qualche secondo dopo dei passi che escono fuori. In una frazione di secondo riesco a specchiarmi negli occhi verdi del ragazzo di fronte a me. Mi guarda con rabbia. Mi sorpassa e se ne va. Mi volto, e vedendolo andare via muoio per la quarta volta.
 
 
ANGOLO AUTRICE:
EHI EHI EHIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII! Come va gente? Scuuuuusatemi per l’enorme ritardo, ma non sono stata a casa questi giorni, e anche se avevo il capitolo pronto, non avevo il computer con me. Non posso fermarmi a commentare questo capitolo, ma ditemi cosa ne pensate. So che mi vorrete uccidere, lo so, lo capisco. Ma dovete ammettere che Josh è troppo bowbebsbsjghurosbnswigbsob *-----* vero!?!?!? Che ne pensate della reazione di Leon? *------* Fatemi sapere se vi piace! Voglio moooolte recensioni. Ahahaha. Grazie per tutte quelle che mi lasciate, sono davvero felice! Bacioni e alla prossima!
#Alice_Leonetta

 

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Capitolo 6
*** 6. ***


6.
“Smettila di sentirti in colpa”. “Non mi sento in colpa, è solo che mi fa uno strano effetto, cioè… è strano”. Abbasso la testa sulle mie gambe, gli occhi lucidi ed i sensi di colpa. Josh mi sta riportando a casa. Abbiamo pranzato insieme, e tra qualche ora devo incontrarmi con Francesca e Camilla per andare da Maxi per girare il videoclip nuovo. “Lo so. Ti capisco”. Alzo la testa e gli sorrido debolmente “Grazie. E scusami”. “Non scusarti di una cosa della quale non hai colpa”. “Invece ne ho colpa, eccome…”. Gli occhi mi si inumidiscono ancora, ed alzandoli al cielo, cerco di non piangere “…avete litigato per colpa mia”. Per qualche secondo non dice niente, e il mio cuore accelera sempre di più. “Vilu, ascolta… io e Leon faremo pace, sai quante volte abbiamo litigato!”. “Non per una ragazza però!”. “Invece sì… Non ricordi? Tu stessa mi hai detto che ti ha raccontato di quando ero ubriaco e…”. “Certo. Sempre per colpa mia”. Butta fuori l’aria dai polmoni, ed io, in questa macchina, sento che i miei stanno andando a fuoco. L’ossigeno è sempre meno, gli occhi diventano sempre più umidi e non so per quanto ancora riuscirò a trattenere le lacrime. Josh è un bravo ragazzo, non merita che io gli faccia del male. Ferma la macchina davanti casa mia, poi scende dall’auto ed io lo imito, richiudendo lo sportello dietro di me. Lo raggiungo e mi prende le mani sorridendomi “Per favore… non sentirti in colpa”. “Ma…”. “Fallo per me”. Gli sorriso ed annuisco leggermente, poi mi prende il viso fra le mani e fa combaciare le nostre labbra. E’ un bacio dolce, leggero. Un bacio pieno d’amore. Ci stacchiamo, poggia la sua fronte sulla mia. Il suo sorriso è così bello. “Ti amo” sussurra lievemente guardandomi negli occhi. E ora ditemi… come posso io smettere di amarlo? “Non dovresti, sai”. Mi lascia il viso riprendendo le mie mani, e si acciglia. “Per quale motivo?”. “Perché io sono un disastro, combino sempre guai, non faccio mai una cosa giusta, sono pigra, depressa e… sono un disatro”. Lo vedo che ride, una risata leggera che fa ridere anche me. “Ma tu dimmi: come faccio a smettere di amarti se ogni volta che sorridi mi innamoro sempre di più?”. Lo abbraccio di slancio, e –come se non volesse mai lasciarmi andare- mi stringe forte a sé… e mi confermo di essere nel posto giusto. Ancora una volta… nel posto giusto. I suoi abbracci sono così rassicurativi, mi fanno star bene, e di questo periodo ne ho bisogno… sempre di più. Mi lascia sorridendomi ancora “Devo andare”. “Certo”. “Passo dopo a casa di Maxi, per vedere come sono andate le registrazioni”. Annuisco “D’accordo. A dopo”. Si avvicina a me, e mi lascia ancora un bacio a fior di labbra. Sorridendomi risale in macchina, e senza aspettare che parta, rientro in casa, chiudendomi il mondo alle spalle.
Siamo nel giardino di Maxi. Ha un prato enorme, ed è perfetto per girare il videoclip. Abbiamo gonfiato moltissimi palloncini colorati, che faremo comparire nel video mentre noi balliamo. Pablo è arrivato subito, per darci una mano. Ora sta aiutando Federico e Brodway a sistemare gli strumenti che serviranno solo per far scena. Anche Gery è venuta per aiutarci; viene sempre, ogni volta che giriamo un video nuovo. “E’ tutto pronto?” gridò Maxi da sotto un albero. “Strumenti a posto!”. “Palloncini pronti!”. “Telecamera pronta!”. Ci riuniamo tutti davanti ala telecamera. “Ok, carichi?”. “SI!”. “D’accordo… tutti per uno…” mette la mano in mezzo al cerchio che abbiamo formato “…E UNO PER TUTTI!”. “Iniziamo!”.
Quiero ser tu mar, cuando tengas problemas
Y asi poder lavar tus penas.
Tu letra ser dar vida a tu canciòn.
Juntos rimar cada dìa... Ahì estaré.
Llamame y yo te acudirè,
Por ti, siempre ahì estaré. (Oh girl, oh boy).
Tan seguro como que manana saldrà el sol, ahì estaré.
Si me dejas tu mano quiero tener.
Y asì acompanarte a donde tu suenos esten.
Quiero ser la luz que te guìa al andar.
Si te pierdes sabes que... ahì estaré.
Llamame y yo te acudirè,
Por ti, siempre ahì estaré. (Oh girl, oh boy).
Tan seguro como que manana saldrà el sol, ahì estaré.
Si sientes que hoy el mundo se vuelve gris, oh,
De mil colores pintaré tu jardin.
Yo por ti, ahì estaré. (Ahì estaré).
(Siempre por ti estaré).
Llamame y yo te acudirè,
Por ti, siempre ahì estaré. (Oh girl, oh boy).
Tan seguro como que manana saldrà el sol, ahì estaré.
Ahì estaré.
Mentre Pablo, i genitori di Maxi e Gery applaudono, Andres corre a spengere la telecamera, e tutti noi ci abbracciamo. Siamo sempre più orgogliosi di noi stessi. E pensare che siamo partiti dal suonare nella palestra della scuola. Chi avrebbe mai immaginato che un giorno una casa discografica ci avrebbe fatto un contratto! “Siete stati bravissimi, ragazzi! Dico sul serio! Non mi aspettavo nulla del genere!”. “Questo sarà un super-video!” esclama Francesca battendo le mani e saltando sul posto. “Lo dici ogni volta che finiamo di girare un video, Fran” ribatte Federico spettinandole i capelli. “Ehi! Vieni qui, tu! Giuro che adesso ti faccio male”. E ricominciano a rincorrersi. Sempre così, ma è sempre più divertente! “Ecco a voi, ragazzi”. Dominique, la madre di Maxi, poggia un vassoio con una quindicina di bicchieri ripieni di succo d’arancia, e dei biscotti sul vari piattini. “Sto morendo di fame!”. “E qual è la novità!”. Già, loro due. Leon prende una manciata di biscotti da uno dei piattini, ed un bicchiere. “Mangia piano, Leon!”. Lo vedo alzare un sopracciglio come a dire ‘Scherzi? Dici di mangiare piano a me?’. “Fermati, Federico!” grida Francesca continuando a rincorrere il suo amico italiano. Sento un braccio avvolgermi il collo, e istintivamente mi volto. “E’ stato davvero bellissimo” dice Pablo sorridendomi. Annuisco leggermente alzando gli angoli della bocca. “Già. Ci divertiamo sempre un mondo, quando giriamo i video. Sembra un sogno”. “Ve lo siete meritato… tutti quanti. Siete bravissimi artisti, e sono orgoglioso di voi”. “Grazie”. Mi lascia un bacio sulla guancia, per poi raggiungere i genitori di Maxi ed iniziare una vivace chiacchierata. Mi stento strattonare per un braccio, e quando mi volto vedo Camilla che mi trascina sotto uno degli alberi. “Ma che fai, Camilla!”. Mi lascia non appena arriviamo accanto al tronco, facendo mici poggiare la schiena. Ok, mi ha bloccata. “Per caso hai qualcosa da dirmi?”. Ho qualcosa da dirle? Mi acciglio incrociando le braccia al petto. “Cosa intendi?”. “Oh, nulla. Mi chiedevo se avessi qualche novità”. “Per esempio?”. “Non so… un cellulare nuovo, degli abiti che hai comprato da poco…” si blocca fulminandomi con lo sguardo. Ok, ho capito. “…un nuovo fidanzato!”. “Shh! Zitta!”. Si passa una mano sulla faccia, come se le fosse stata appena data la conferma di un crimine. “Come lo sai?”. Mi guarda triste, con pietà. “Le voci girano”. “Quali voci! E’ successo solo ieri!”. Alza un sopracciglio sorseggiando un po’ della spremuta d’arancia. “Non lo sa nessuno”. “Sicura?”. Chi altro lo sa? Io e Josh… giusto? D’un tratto il lampo di genio. Chiudo gli occhi sussurrando: “No”. “Perché, Vilu?”. Per qualche secondo non le rispondo, restando a guardare il ragazzo dagli occhi verdi. Sposto lo sguardo negli occhi della mia amica. “Perché mi fa star bene, Camila” sbotto allargando le braccia davanti a me. “Ma, Vilu… Josh è uno dei migliori amici di…”. “…Leon. Lo so!”. Sospira passandosi una mano fra i capelli “Quindi hai deciso… bene. Sono contenta per voi”. “Non capisco quale sia il problema!”. “Il problema, Violetta, è che hai fatto uno sbaglio imperdonabile! Non ti sei resa conto di come ti guarda Leon quando sei con Josh? E’ geloso, Violetta!”. Scuoto la testa “No. Questo non è vero”. “Sì ch’è vero”. Butto fuori l’aria dai polmoni “Stai esagerando, Camilla”. “Vilu, per favore… guarda in faccia la realtà”. “La realtà è che lui non mi vuole più, si è stancato di me, ed ha preferito Bel! Io sto cercando di ricominciare da zero, e non puoi immaginare quanto sia difficile”. Resta a guardarmi, gli occhi lucidi. “Scusami” dice solamente prima di abbassare la testa ed andarsene. Mi passo una mano sulla faccia, stanca ed esausta… e non per il video. Lentamente raggiungo i miei amici, quando vedo Maxi e Josh che ci vengono incontro. Non appena arrivano davanti a me, il mio ragazzo mi abbraccia di slancio, facendomi roteare. “Hai visto chi è venuto! E chi se lo aspettava!” esulta Maxi aprendo le braccia verso Josh. “Già”. “Vi lascio soli”. Non appena Maxi si allontana Josh mi prende le braccia sorridendomi. “Com’è andata?”. “Alla grande”. Si acciglia notando la mia espressione, ancora non mi sono ripresa dalla ‘discussione’ con Camilla. “Che succede?”. Scuoto la testa abbassandola, ma lui è più veloce, quindi mi fa incrociare ancora i suoi occhi. “Che c’è che non va?”. “Portami via”. Esita qualche secondo, restando a guardare i miei occhi inumidirsi. Annuisce. “Va bene. Andiamo”.
 
 
 “Grazie”. Mi sorride. Un sorriso bellissimo. “Basta ringraziarmi”. Siamo sulla spiaggia. Oggi non fa molto freddo, e la spiaggia è il posto ideale per passare un bel pomeriggio con il mio fidanzato. Già… fidanzato. E’ strano pensare a Josh come il mio fidanzato, ma lui mi fa star bene. E’ questo quello che conta. Abbasso la testa sul mio gelato. Perché ogni volta mi torna in mente Leon? Non ce la faccio più. Sono stanca. Sono stanca di tutto, di tutti, di quello che faccio dalla mattina alla sera. Sono stanca delle mie amiche che continuano a ripetermi che Josh non è giusto per me. Sono stanca di essere sempre quella che fa pena a tutti. Sono stanca di Bel, e di Leon. “Ehi… cos’hai?”. Scuoto la testa, ancora lo sguardo fisso sul gelato. “Nulla. Solo una sciocchezza”. Lo sento sospirare. Ecco… ci risiamo. Ancora una volta ho sbagliato. Perché? Perché è sempre così? Basta. “Vilu, ascoltami. Io ti amo, e dico davvero. Non ti farei mai del male. In questo momento sei il mio pensiero costante. Penso sempre dove sei, con chi sei, se sei al sicuro, e se non lo sei. Tu… ronzi nella mia mente 24 ore su 24. E, non fraintendere, non sto dicendo che sei un peso… tutt’altro. Sto solo cercando di farti capire, che se vogliamo star bene, insieme intendo, devo sapere cos’è che ti tormenta, ancora. Ho bisogno di sapere”. Perché mi sento lo stomaco in subbuglio? “E’ solo che forse dovrei smetterla di affezionarmi alle persone” sussurrò guardando il mare. Nessun’onda, piatto, come la mia vita. Lo vedo accigliarsi. “Non ti seguo”. “Voglio dire che, prima o poi, le persone ti deludono… sempre. Magari non lo fanno di proposito, ma verrai sempre deluso da un amico, o da qualsiasi altra persona”. “Stai… stai dicendo che ti ho deluso? In qualche modo io…”. “No. No, certo che no” rispondo sorridendo a malapena. “Tu non mi hai delusa. Anzi… sei la persona della quale ho bisogno di più, in assoluto. Quindi, per favore, non te ne andare”. Lascio cadere la coppetta sulla sabbia, per poi fiondarmi fra le sue braccia. Mi stringe forte, accarezzandomi i capelli, e spostando una ciocca dietro l’orecchio. Mi prende il viso fra le mani, e con i pollici mi asciuga le lacrime che mi rigano il viso. “Come ti vengono queste idee?” domanda sorridendo. “Come fai a pensare ad una cosa del genere? Ti ho appena detto che ti amo, che sei la persona più importante della mia vita… e mi chiedi di non andarmene?”. Ride ancora, contagiandomi. “Lo so. Scusami, è che lo sai… ho sofferto molto in questi ultimi anni e…”. “Shh, basta. Basta” sussurra poggiando la sua fronte sulla mia. “Non voglio sentirti dire mai più una cosa del genere, d’accordo?”. Annuisco sorridendo, poi fa combaciare le mie labbra con le sue, dando vita ad un bacio passionale. E dopo minuti, ore, o forse giorni interi, ci stacchiamo.
Sono sdraiata sul letto. Continuo a ripensare alle parole di Camilla. ‘Il problema, Violetta, è che hai fatto uno sbaglio imperdonabile! Non ti sei resa conto di come ti guarda Leon quando sei con Josh? E’ geloso, Violetta!’ E’ geloso… sarà vero? Sono sempre più confusa. Non ne posso più. Apro il cassetto del comodino ed afferro il diario viola. ‘25 Dicembre 2010. Oggi è Natale! Mamma non migliora. Ho sempre più paura. E se dovesse lasciarci? Come faremmo? Come farò, io? Voglio Leon’. Mi ricordo di quel Natale. Non facevo altro che fare avanti ed indietro dal salotto alla camera di mia madre. Erano venute a trovarci anche Angie e la nonna. Già… la nonna. Anche lei mi manca così tanto. In questo momento avrei bisogno di uno dei suoi abbracci calorosi, e dei biscotti che preparavamo sempre a Natale. Mamma, che buoni! ’25 Gennaio 2011. E’ il compleanno di Lucrezia! Oggi compie 14 anni. Come me! Solo che io li farò tra qualche mese. Come regalo di compleanno vorrei tanto tornare a Buenos Aires e rivedere i miei amici. Francesca, Camilla, Maxi, Federico… Leon. Mi mancano tutti così tanto. Vorrei che fossero qui, così potrebbero conoscere Alex! Io e lui siamo molto amici. Passiamo la maggior parte del tempo insieme… ma so che non potrà mai prendere il posto di Leon. Quanto vorrei essere lì con lui, abbracciarlo e ridere come solo con lui so fare. Si ricorderà di me?’. ’21 Marzo 2011. Indovina un po’! Esatto! Today, hoy, OGGI E’ IL MIO COMPLEANNO! Ora anche io ho 14 anni! Finalmente! Per festeggiare sono venute anche zia Angie e nonna Angelica. Mi hanno portato tanti regali, uno è anche da parte di Francesca, la mia migliore amica! Sono felice che se ne sia ricordata! Mi piacerebbe moltissimo rivederla… e non solo lei. La mamma ancora niente. I medici dicono che si riprenderà, di continuare a sperare. Ma io non ci credo… oramai non credo più a nulla di quello che dicono’.
 
 
 Sono passati due mesi da quando abbiamo registrato il videoclip di ‘Llamame’. Con la casa discografica ci troviamo benissimo, ed oggi è uscito il nostro primo video da quando abbiamo iniziato a lavorare con loro. La canzone è ‘Algo se enciende’. Abbiamo organizzato una cena per festeggiare l’uscita del nuovo videoclip. Ora abbiamo deciso di fare una passeggiata in spiaggia. Più che altro loro lo hanno deciso, a me non andava molto… Josh non è voluto venire. Dice che lui non c’entra nulla con tutta questa storia, è solo una comparsa, ma io gli ho detto che fa parte del nostro gruppo e che è invitato. Ma non ha voluto sentire ragione. Sono seduta sulla sabbia, i piedi nudi, il leggero vento che mi sfiora la pelle; non molto distanti da me ci sono i miei amici che hanno acceso un falò. Hanno deciso di dormire in spiaggia, ma ho già spiegato loro che non ho intenzione di partecipare. Francesca mi riaccompagnerà a casa tra non molto. Ho un forte mal di testa, e l’unica cosa che voglio fare è dormire e non svegliarmi più. Sento dei passi avvicinarsi, e senza voltarmi riconosco chi si siede accanto a me. Ha una bottiglia di birra in mano. “Ciao”. “Ciao, Leon”. Fisso il mare davanti a me. Perché questo è l’unico posto dove parliamo sempre? “Come mai non vieni?”. Faccio spallucce giocando con i piedi sotto la sabbia. “Non ne ho voglia”. “Violetta che ti succede?”. Incredibile. Lo ha chiesto davvero? Mi volto di scatto verso gli occhi verdi. “Cosa mi succede?”. Annuisce. Faccio una leggera risata, incredula che davvero mi abbia fatto questa domanda. “Davvero, Leon?”. “Sì, davvero. Sei strana”. “Bhè, ci hai messo un po’ ad accorgertene”. “Che intendi?”. Un’alta risata che mi esce. Non posso crederci. “E’ più di un anno che sono strana, come dici tu”. Resta a guardarmi, i miei occhi che pizzicano. Com’è possibile che ancora non l’ho superato? Voglio sparire. “Mi dispiace”. Ecco. Mi dispiace. E’ l’unica cosa che riesce a dire. Ma ovviamente, uno come lui, cosa può dire? “Anche a me”. Faccio per alzarmi, ma mi afferra il braccio, trascinandomi di nuovo sulla sabbia. “Che fai?”. “Non andare via”. “Per quale motivo?”. “Devo dirti una cosa”. Caccio fuori l’aria dai polmoni, mentre il mio cuore sta per uscire fuori dal petto. “E Bel? Come fa senza di te?”. “Sopravvivrà per qualche minuto”. Esito un attimo, per poi annuire e sedermi composta. “D’accordo”. Beve un sorso di birra, poggiandola poi sulla sabbia. E mentre si volta a guardarmi, i suoi occhi mi leggono dentro. Lo hanno sempre fatto e sempre lo faranno. E’ una cosa che non posso evitare. “Volevo dirti che non devi star male per me. Non devi. Non meriti di soffrire per uno come me. E se mi dimentichi sono sicuro che starai meglio, che vivrai molto meglio. So che ti ho fatto soffrire, e ti chiedo scusa, per questo. Non dovevo, me ne pentirò per il resto della mia vita. Quindi… dimenticami. Per favore”. Apro la bocca per dire qualcosa, ma per qualche secondo rimango in silenzio. Leggermente, poi, scuoto la testa. “Come fai a chiedermi questo? Come fai a chiedermi di dimenticarti?”. “Te lo chiedo per il tuo bene. Sei una persona importante per me, e ti giuro che mi fa male da morire vederti soffrire… per me”. Deglutisco rumorosamente, voltando la testa verso la spiaggia, le lacrime che iniziano a bagnarmi il viso. “Per favore” sussurra “Voglio solo che tu sia felice”. “Non posso essere felice se tu te ne sei andato”. Lo sento fare un respiro profondo, mentre il mio cuore sta per scoppiare. Mi mordo il labbro inferiore, fino a sentire il sapore del sangue. Questi attimi di silenzio fra noi sono la cosa più terribile di tutti. “Delle volte vorrei tanto scriverti. Vorrei dirti che mi manchi, che ti sogno tutte le notti e che eri bellissimo, che quell’effetto di strare fra le tue braccia mi sembra così reale… ancora. Vorrei chiederti come stai, ma non lo faccio, anche se voglio sapere come stai senza di me. Ho tanta voglia di chiederti che direzioni hai preso, quali decisioni hai preso durante la mia assenza. Vorrei sapere se lei ti rende felice, e se sì, vorrei ringraziarla perché si sta prendendo cura della persona più importante della mia vita”. Non parla. Mi volto verso di lui. Mi fissa. Senza espressione, ma i suoi occhi sono tristi. Mi asciugo le lacrime con il dorso della mano, tirando su con il naso. “Anch’io vorrei chiederti queste cose”. Il mio cuore si blocca. “Fallo, allora”. “Non posso”. “Perché?”. Fa un respiro profondo. “Perché mi sono promesso che non avrei mai più pensato a te”. Annuisco di poco, serrando poi le labbra fra loro. “Capisco. Quando te lo sei promesso?”. “Adesso”. Il rumore delle onde che si rinsaccano nel mare, ed il chiacchiericcio dei nostri amici, sono gli unici suoni che si sentono… a parte il mio cuore che non smette più di bussare contro la gabbia toracica. “E che mi dici di lui? Riesce a renderti felice?”. “Non quanto te”. “Non voglio arrivare a chiedermi come sarebbe stato”. “Io me lo sono chiesto così tante volte”. “Lo sai che sbagli. Ti fai solo del male”. “Questo è l’unico modo per non dimenticarti”. Fa ancora un respiro profondo. “Te l’ho detto, dimenticami”. “E io ti ho detto che sai che è impossibile”. “Tutto è possibile”. Scuoto la testa. “Tu, per me, resti il segnalibro che rimane a pagina quindici, nonostante abbia finito di leggere il libro da un pezzo. Resti la sveglia che impostavo alle sette del mattino per andare a scuola, e che d’estate e tutt’ora non disattivo. Sei l’antivirus che ogni sette giorni appare sulla sinistra del desktop per ricordare che bisogna fare l’aggiornamento, ed io semplicemente clicco su ‘ricordamelo fra sette giorni’. Quante persone servono per dimenticarmi? Te lo chiedo, perché come ti ho detto, io proprio non riesco a dimenticare te. E come faccio a non pensarti quando tutti mi chiedono di te? Quando per convincermi che non ti cercherò più ti cancello dalla rubrica, ma so il tuo numero a memoria? Io dormo poco, sai? E quando mi sveglio non sono mai serena, perché sono le sette del mattino di un giorno d’estate, e vorrei tanto poter cliccare su ‘ricordamelo fra sette giorni’”.  Resta a fissarmi. E, non ne sono sicura, ma i suoi occhi si stanno inumidendo. “Violetta… devi continuare a vivere senza di me”. “Io non vivo. Io sopravvivo”. “E sbagli ancora una volta”. Faccio una leggera risata. “Lo so. Io sbaglio di continuo. Sbaglio quando parlo con i miei amici, quando parlo con Josh, con te, con papà, Angie, Pablo, con la gente per strada, con il commesso del centro commerciale. Sbaglio quando le persone mi chiedono ancora di te, e io giuro di odiarti e di averti lasciato ormai alle spalle. Ma tu non immagini il male che mi hai fatto quando mi hai lasciata sola”. “E credo che io non riuscirei neanche a sopportarlo”. “Tu sei molto più forte di me”. Unisce la labbra fra loro, ed è troppo difficile non baciarlo. “Non credo”. “Io sì, invece”. Ancora un respiro profondo. “Per favore… se non vuoi farlo per te, fallo almeno per me”. “No. Scusa. Non potrò mai dimenticare il modo in cui mi guardavi. Il tuo sguardo, così dolce, che ti rendeva ancora più bello. E io lì… ad ammirarti, silenziosamente. Poi bhè… c’erano i tuoi occhi, il tuo sorriso, il suono della tua risata, della tua voce, i tuoi capelli, le tue mani, il mio corpo fra le tue braccia, in quell’abbraccio che era una sorta di sogno per me, che hai fatto sì che si realizzasse. Piccoli dettagli che mi porterò sempre dentro, che ho osservato con attenzione in modo da strapparli dentro la mia testa per non dimenticarti mai”. “Ed è proprio quando credi che tutto va bene, che i ricordi saranno sempre lì pronti a farti crollare”. “Sarebbe bello poter eliminare i ricordi come si fa con le foto sul cellulare”. “Già”. “Posso chiederti una cosa?”. “Sì”. Questa volta sono io a fare un respiro profondo. “Perché… perché ti sei arrabbiato quando Josh, quando ti ha detto che… stiamo i-insieme?”. lo vedo irrigidirsi. Sposta lo sguardo dal mare a me, per almeno tre volte. “Hai sentito tutto?”. “Sì”. “Sembra facile voltare pagina, o dire che il tempo risana le ferite. Ma le cicatrici restano e le pagine scritte rimangono”. “Non capisco”. “Mi sono arrabbiato perché, vedi… non è facile accettare di vedere altre mani fra le tue, altri occhi dentro i tuoi… altre labbra sulle tue”. Le persone che ti fanno il classico effetto ‘farfalle nello stomaco’, te lo faranno sempre, per sempre e comunque. Anche a distanza di tempo, basta sfiorarsi con lo sguardo, e ti ritrovi con i brividi. Ma queste non sono ‘farfalle nello stomaco’… sono api assassine, piuttosto. “Vilu! Violetta! Andiamo?” grida Francesca. Mi alzo, lanciando un ultimo sguardo agli occhi verdi davanti a me, vedendo che sono pieni di lacrime.
 
 
ANGOLO AUTRICE:
Buooooooonaseraaaa! Che dite? Io tutto bene… a parte che martedì ricomincia la scuola. La mia migliore amica la ricomincia domani… porella. Aahahahahahahah! Comunque… vi piace il capitolo? So che è corto, ma dal prossimo cercherò di farli più lunghi. Scusatemi dell’enorme ritardo, ma quando ho aggiornato, l’ultima volta, sono partita poco dopo, e sono tornata lunedì mattina. in questi giorni ho avuto da fare, ed ho cominciato a scrivere il capitolo solamente ieri. Quindi… perdon! Fatemi sapere cosa ne pensate. E lasciate una recensione *supplica in ginocchio con le mani congiunte*. Bacioni e alla prossima!
#Alice_Leonetta

 

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Capitolo 7
*** 7. ***


7.
 
 
E siamo ad Agosto. Il tempo passa così velocemente… non riesco a capacitarmi del fatto che sono già quattro mesi che io e Josh siamo fidanzati. Il tempo è davvero volato, ed a parte quella ‘chiacchierata’ con Leon, sulla spiaggia, è tutto perfetto… o quasi. Mi manca ancora così tanto, ma mi sono promessa –ancora una volta- che devo riuscire ad andare avanti, e lo sto facendo. Sono sempre più orgogliosa di me stessa, ed anche se molte volte mi tornano in mente le nostre risate, le giornate passate insieme al centro commerciale quando io facevo shopping e lui mi portava le buste, quando andavano assieme al cinema, le nottate a guardare le stelle, a sfiorare le sue labbra con le mie per poi vedere quel sorriso che ancora oggi mi ammazza. Ma a parte questo va tutto bene, e sono felice. “Vilu? Ehi!”. Camilla mi passa una mano davanti alla faccia, facendomi tornare sulla Terra. Siamo sedute al bordo della piscina di Ludmilla; ci ha invitate a pranzo da lei e ci siamo fermate anche per fare un bagno, visto che quest’anno a Buenos Aires proprio non si respira! Batto gli occhi un paio di volte prima di voltarmi verso la mia amica rossa che mi guarda come se avesse visto un ufo. “Tutto ok?”. Annuisco tornando con lo sguardo nell’acqua trasparente e cristallina che risplende ai raggi del sole. “A cosa pensavi?”. “Secondo te?”. La sento cacciare l’aria dai polmoni, ed incrociare le braccia al petto. “Devi smetterla”. “Tu riesci a smettere di pensare alla persona che ami?”. “Ma la persona che ami è Josh, Violetta!”. Questa volta sono io a cacciare l’aria dai polmoni “Sì, è vero. Ma Leon sarà sempre più importante di lui, avrà sempre la precedenza, sarà sempre nascosto nell’angolo più remoto del mio cuore”. “E questo Josh lo sa?”. “Certo”. Alza le mani per poi mettersi in piedi e raggiungere Francesca e Nata dentro l’acqua. So che continuo a sbagliare, so che devo smettere di pensare a lui… è passato più di un anno! Non ce la faccio più, deve uscire dalla mia testa. Ma come faccio a dimenticare una persona che vedo tutti i giorni? Come faccio a dimenticare che lui mi ha lasciata sola, fragile… che ha preferito una bellezza migliore, una ragazza più bella? Come faccio a dimenticare le sue carezze, i suoi baci, i suoi occhi, i sorrisi –che erano quelli che mi abbattevano definitivamente-, i suoi abbracci? Come posso? Non bisogna guardare indietro, perché i ricordi tagliano più del vetro. Devo imparare che non bisogna affezionarsi alle persone, perché tanto poi tutti se ne vanno, che senso ha affezionarsi? Abituarsi a una voce, a un sorriso, a un abbraccio o ad una risata, se poi resta solo il vuoto e la mancanza? La nostra storia sembrava l’inizio di qualche felicità. Poi si sa come vanno le cose: scivolano sempre, impercettibili, non c’è verso di fermarle, se ne vanno, semplicemente se ne vanno. E ci pensi a come sarebbe stato? Se invece si mollare avessimo lottato? So che devo smettere di sognarlo, so che non devo più leggere di lui sul mio vecchio diario, e so che non devo più tirar fuori nulla di suo che è rimasto in camera mia. Ma ieri notte ho sognato il sapore delle sue labbra, l’ho immaginato stringermi il petto e togliermi il fiato. Sembra impossibile, starete dicendo. Eppure è così, ho sognato il sapore delle sue labbra sulle mie. Come una volta. Come quando si sfioravano assaporando ogni istante, si appartenevano. Ho sognato il sapore delle sue labbra, e la loro assenza è atroce. Così come la sua. Poi mi sono svegliata con le lacrime agli occhi, una voragine che faceva tremendamente male, proprio al centro del petto, mi mancava il respiro. Ho aperto il cassetto del comodino ed ho letto pagine e pagine di lui, infine ho tirato fuori una sua vecchia camicia –che ha ancora il suo profumo- e mi sono addormentata nuovamente, stringendola al petto, le lacrime agli occhi.
 
 
 Apro il cassetto del comodino prendendo il mio vecchio diario viola, e lo apro alla pagina dove avevo lasciato il segnalibro. ’15 Dicembre 2014. I Vargas stanno per arrivare. Leon, sta per arrivare. Non vedo l’ora di rivederlo. Dio, quanto mi è mancato. Mi ha appena scritto su WhatsApp che vuole riabbracciarmi. Oggi l’ho anche incontrato a scuola, ed ho conosciuto ‘Gery’. O almeno mi sembra che si chiami così. Gli ha chiesto un passaggio, ma lui le ha detto che doveva riaccompagnare me. Doveva portare anche Maxi, ma ha lui ha detto, o meglio Nata ha detto che li avrebbe riportati Francesca. Il mio primo giorno è stato bellissimo. A parte quando ho saputo che Leon era in aula magna con questa Gery. Devo sapere chi è. Però non credo che stanno insieme, altrimenti che so… l’avrebbe baciata? Non so perché dico così, tanto a me Leon non piace. Siamo solo migliori amici. Basta. Niente di più. Tutti sono convinti che presto cambierà qualcosa… ma se fossi al loro posto non ci spererei troppo. Leon non mi ama.’ Come dimenticare quel giorno! E’ stato quando siamo tornati a Buenos Aires e io e Leon abbiamo passato molto tempo fuori in cortile, con quel vento che gelava perfino le ossa. E’ stato quando mi ha raccontato di tutti gli anni nei quali io ero assente, di Gery, del gruppo dei nostri amici… e di Josh. Abbiamo passato tutta la sera a parlare, e mi ha anche regalato un bracciale che conservo ancora molto gelosamente in un cofanetto. E com’è la Spagna?” domandò l’uomo. “Meravigliosa!” esclamarono all’unisono German e Violetta “Oh, ci credo, ci credo. Siete riusciti a vederla tutta?” continuò “No, purtroppo non tutta. Ma diciamo che quello che abbiamo visto ci è bastato” rispose German, ricevendo l’approvazione di sua figlia. “E scommetto che avrai avuto mille ragazzi che ti correvano dietro!” esclamò Clara, prima di essere fulminata dallo sguardo del figlio “In realtà…” cominciò Violetta, per poi sentire un’altra stretta alla mano “…non molti. Ma non mi piaceva nessuno” ammise infine. “Dai, non ci credo che non ti piaceva nessun spagnolo!” continuò la donna “Bhè, ovvio che no! Non ha mai smesso di pensare a Leon!” intervenne German, facendo diventare rossa la figlia e facendo ridere Alejandro e Clara, mentre Leon si limitò a sorridere. “PAPA’!” gridò Violetta lanciandogli un calcio sotto il tavolo’. Quando capisci che la persona che ami non tornerà, non è che smetti di amarla, semplicemente ti rassegni a perderla. Di nuovo… mi ostino ancora ad andare a vedere il suo profilo Facebook e continuo a starci male. Non mi rendo conto che lui ora è innamorato di un’altra, non mi rendo conto che probabilmente non mi pensa più. Vivo ancora nell’illusione che un giorno lui mi possa scrivere un messaggio o addirittura presentarsi davanti casa mia dicendomi: “Amore mio, scusami. Ho sbagliato, sono un tremendo idiota. Ti va di ricominciare?”. A volte penso di aver letto troppi libri, o di aver visto troppi film  in cui il finale ‘E vissero tutti felici e contenti’ è d’obbligo. La vita non è questa. Lo devo scrivere un libro con quello che succede realmente! Dovrei descrivere io quello che è successo quando ci siamo salutati per l’ultima volta, e li si che farei successo. Comunque il fatto è che è innamorato di un’altra… mentre io per dormire devo stringere una sua vecchia camicia. Bel compromesso l’amore! O per citare Fedez: ‘L’amore spesso prende, ma poi non restituisce’. Sento il cellulare vibrare sopra al comodino, con il dorso della mano mi asciugo le lacrime che mi rigano il viso e lo afferro. Un messaggio su WhatsApp; lo apro e il nome di Leon mi appare come prima conversazione: ‘Dobbiamo parlare. In piazza tra dieci minuti’. E il cuore mi si blocca.
 
 
 Sono cinque minuti che mi sto congelando seduta su questa stramaledettissima panchina… mi ha forse presa in giro? O forse era Isabel che vuole parlarmi? In ogni caso sto sentendo davvero troppo freddo, così mi alzo iniziando ad incamminarmi verso casa. “Violetta!” mi sento chiamare. E’ arrivato. Wow, proprio da film! Ha il fiatone, si appoggia alla panchina… ha corso per venire da me. Lo raggiungo alzando un sopracciglio. “Scusa il ritardo”. “Non è da te”. “Lo so, ho avuto un contrattempo”. Lo fisso. Devo credergli? Ma che m’importa… tanto non stiamo più insieme. “D’accordo…” dico sedendomi nuovamente, e lui fa lo stesso, il suo respiro sta ridiventando regolare. “Cosa volevi dirmi?”. Lo vedo fare un respiro profondo, è nervoso. “Ecco, volevo sapere… come va con Josh”. Alzo le sopracciglia guardandolo sorpresa. “Davvero sei uscito con tutto questo freddo solo per chiedermi se stiamo bene io e Josh?”. Annuisce, e so che sta mentendo. “Non potevi chiedermelo su WhatsApp?”. “Sai che non sono tipo da messaggi”. “Giusto…” annuisco leggermente, sempre con quell’espressione sorpresa, ma adesso anche confusa “…comunque, bene. Siamo molto felici”. Annuisce mordendosi il labbro inferiore ed abbassando la testa. “E tu?”. “Io? Io cosa?”. “Come va con Bel?”. “Oh! Sì, ecco… bene. Sì, credo bene”. Sì, l’ho capito. Ho capito che non può più farci nulla, che la vita ti da solo quello che ti vuole concedere, che ti affianca le persone che crede siano migliori per te, e allontana quelle che ti potrebbero far soffrire. Ma la sofferenza non la conosci fino a quando qualcuno ti lascia dentro un vuoto. Vorresti piangere, gridare e liberare quello che hai dentro. Ma cosa c’è da liberare se dentro non hai più nulla? Se quel vuoto è talmente grande da prendesi una parte di quel buono che ti è rimasto? “Sono felice”. “Anch’io… adesso”. Caccio l’aria dai polmoni, pentendomene subito perché improvvisamente ne ho un assoluto bisogno. I polmoni vanno a fuoco, così come la gola, lo stomaco, le gambe e le braccia. “Perché non la smettiamo e mi dici il vero motivo del perché siamo qui, Leon?”. Lo vedo irrigidirsi. L’ho colto nel fragrante. “Stanotte eravamo abbracciati sul letto, il tuo braccio stretto alla mia vita e la mia mano che circondava la tua. A petto nudo vedevo meglio il tuo torace alzarsi ed abbassarsi. Ti riempivo il collo di baci e seguivo il percorso delle costole con le mie dita fredde, ma non ti lamentavi per questo… e sappiamo entrambi che è impossibile!” ride, “Solo Dio sa i brividi che riuscivi a darmi con un solo tocco, ma anche tu lo sapevi. Sorridevi di nascosto ad ogni mio sussulto. E quel sorriso avrei voluto mangiartelo, morderlo, sentirlo sempre sulle mie labbra. Eravamo quel letto, due corpi che si respiravano e si amavano, ma non so perché provassi quella strana sensazione allo stomaco. Hai presente? Come quando hai paura di qualcosa. Ad un certo punto un suono ha inondato la stanza e ci siamo tirati su di scatto. Ci siamo guardati in giro, ma niente. Poi tu ha iniziato a sparire, a diventare trasparente e più cercavo di stringerti meno sentivo il tuo calore. E quando ho aperto gli oggi ero nella mia stanza, solo, al buio, il cuscino sgualcito e quasi per terra. E quella sensazione allo stomaco c’era ancora, ma non riuscivo a spiegarmela. Era tutto un sogno, uno stramaledettissimo sogno, nient’altro che un sogno. E quella sensazione si è trasformata in lacrime”. E lo devo ammettere –ancora una volta-: mi manca. Come quando sei sott’acqua e hai bisogno di ossigeno. Come quando ti svegli e hai quel senso di vuoto, e hai bisogno di braccia che ti stringono e parole che ti cullano. Mi manca come quando rivedo delle vecchie foto, ed ho bisogno di forza per andare avanti. Come quando sei stanco e hai bisogno di riposo, come quando sei nervoso ed hai bisogno di un sorriso. Ecco, lui mi manca; come aria nei polmoni, come sangue nelle vene, come braccia pure e candite. “Anch’io ti ho sognato” sussurro con le lacrime agli occhi. “Cosa… cosa hai sognato?” domanda balbettando, le parole gli muoiono in gola mentre mi fissa con gli occhi lucidi. “Ho sognato il sapore delle tue labbra, l’ho immaginato stringermi il petto e togliermi il fiato. Ho sognato il sapore delle tue labbra sulle mie. Come una volta. Come quando si sfioravano assaporando ogni istante, si appartenevano. Ho sognato il sapore delle tue labbra, e la loro assenza è atroce. Così come la tua. Poi mi sono svegliata con le lacrime agli occhi, una voragine che faceva tremendamente male, proprio al centro del petto, mi mancava il respiro”. La sua espressione è diversa, è triste. Una prima lacrima gli bagna il perfetto viso, rigandolo. Un vento si alza, come se la tempesta che è nei nostri cuori, dentro di noi, avesse deciso di scatenarsi al di fuori. “Pensavo che ti fossi dimenticata di me”. “Ci ho provato”. “Anche io” sussurra con voce spezzata. “E ci sei riuscito”. “No, invece”. E il mio cuore si blocca ancora una volta. “Non potrò mai scordare la nostra storia… quanto mi abbia amato”. “E tu… tu mi amavi, vero?”. Resta in silenzio per qualche secondo, lo strusciare delle foglie sul terreno, dei lampi in lontananza che accendono la città, ed i nostri cuori che battono all’unisono. “Ti amo ancora”. I brividi non sono sempre causati dal freddo. E senza dire nient’altro, con un gesto violento, veloce, non dolce o tenero, ma spietato, mi afferra il viso e fa combaciare le nostre labbra; ed io non riesco più a ricordare le volte che ho sognato tutto questo, da quando ci siamo lasciati. Il suo sapore è lo stesso, lo stesso che ho sognato e che ho lasciato: sa di bei sogni, di vaniglia, fumo, e amore. Mi bacia a lungo sulla bocca, si lecca le labbra, dice che sono il sapore della sua vita. Ma io gli rispondo che stiamo sbagliando, e che è tutto così sbagliato. “Non voglio più lasciarti”. “Devi”. Scuote la testa, le sue mani sulle mie guance, la sua fronte sulla mia, le lacrime che ci bagnano il viso. “No”. Un bacio. “No, no”. Un altro bacio. “No, per favore. No”. Ancora un bacio. “Ti amo”. L’ultimo bacio. Non si bacia una persona solo protendendo le labbra. La si guarda e ci si ricorda perché la si desidera così tanto. Il sistema nervoso simpatico fa accelerare il battito, il lobo frontale riduce l’inibizione e si sente il bisogno di baciarla. Succede tutto in contemporanea. Siamo sia impulsivi che compulsivi. Il cervello funziona così… e il mio adesso non mi sta facendo capire nulla. “Anch’io ti amo, Leon” sussurro con il viso piegato in dolore, le lacrime che scendono, la mia mano che accarezza la sua guancia “Ma lo sai che non possiamo più stare insieme”. “Non puoi sapere com’è estremamente difficile per me, riuscire ad addormentarmi, sapendo che la mia giornata terminerà di nuovo senza un tuo abbraccio, senza un tuo bacio…”. “E’ la stessa cosa per me”. E ci baciamo. Ci baciamo con la stessa disperazione di due che hanno aspettato una vita. Le dita dappertutto: tra i capelli, tra le labbra, ci baciamo non solo con la bocca, ma con tutto il corpo. Ci baciamo, e non riusciamo a bastarci. “Come faremo, Leon?”. “Non lo so. So solo che ti amo, che ti voglio, che non ti lascerò più… costi quel che costi”. “Non possiamo”. Con i pollici mi accarezza le guance, asciugandomi le lacrime. “Non possiamo, Leon” ripeto, il viso contorto in disperazione. “Mi dispiace… non sai quanto” sussurra lasciandomi ancora un tenero bacio sulle labbra. “Anche a me… ma va bene così”. “Certo”.
 
 
 A volte me lo chiedo. Se tornassi indietro, rifarei tutto? La risposta non la so. Lo amerei ancora? Sì. Mi fiderei ancora? Sì, certo. Gli direi tutte quelle cose? Sì, e forse anche altre. Lo aspetterei ancora? Sempre. lui è andato avanti e io, in qualche modo, pure. E tornare indietro non si può, andare avanti senza di lui, forse, nemmeno. Ma giuro che se potessi rivivere la nostra storia, una cosa la cambierei. Lo bacerei per tutte quelle volte che non l’ho fatto, per tutte le volte che non ho avuto il coraggio di dirgli che lo amo. E forse solo adesso che per noi non c’è più né presente, né tantomeno futuro, avrei la forza di stringerlo forte a dirgli che qualunque cosa accada, per me, per me sarà sempre e solo lui. Mi vengono i brividi ogni volta che passo davanti ai posti dove siamo stati insieme, dove ci siamo abbracciati e baciati. Mi vengono le lacrime agli occhi quando i ricordi vengono a galla in quel momento. Odio dar occhiata al passato, e pensare che adesso non posso neanche più toccarlo. Stanotte eravamo abbracciati sul letto, il tuo braccio stretto alla mia vita e la mia mano che circondava la tua. A petto nudo vedevo meglio il tuo torace alzarsi ed abbassarsi. Ti riempivo il collo di baci e seguivo il percorso delle costole con le mie dita fredde, ma non ti lamentavi per questo… e sappiamo entrambi che è impossibile! Solo Dio sa i brividi che riuscivi a darmi con un solo tocco, ma anche tu lo sapevi. Sorridevi di nascosto ad ogni mio sussulto. E quel sorriso avrei voluto mangiartelo, morderlo, sentirlo sempre sulle mie labbra. Eravamo quel letto, due corpi che si respiravano e si amavano, ma non so perché provassi quella strana sensazione allo stomaco. Hai presente? Come quando hai paura di qualcosa. Ad un certo punto un suono inondò la stanza e si tirammo su di scatto. Ci guardammo in giro, ma niente. Poi tu iniziasti a sparire, a diventare trasparente e più cercavo di stringerti meno sentivo il tuo calore. Aprii gli occhi. Ero nella mia stanza, solo, al buio, il cuscino sgualcito e quasi per terra. E quella sensazione allo stomaco c’era ancora, ma non riuscivo a spiegarmela. Era tutto un sogno, uno stramaledettissimo sogno, nient’altro che un sogno. E quella sensazione si è trasformata in lacrime’. Certe parole ti rimangono incastrate tra le costole, i polmoni, nella gola e diventa poi difficile respirare. I polmoni vanno in fiamme, così come il cervello. In quel momento non riuscivo più a pensare a niente… non volevo pensare a niente. C’eravamo solo noi due, per me andava benissimo così. Sto andando da Maxi, oggi abbiamo le prove della band. Tra un paio di settimane registreremo un nuovo videoclip, che però uscirà tra qualche mese. Infilo le cuffiette nelle orecchie, e faccio partire ‘Red’ di Taylor Swift.
Loving him is like driving a new Maserati down a dead end street. (Amarlo è come guidare una Maserati nuova lungo una strada senza uscita).
Faster than the wind, passionate as sin, ending so suddenly. (Più veloce del vento, appassionato come il peccato, è finite così improvvisamente).
Loving him is like trying to change your mind once your already flying through a free fall. (Amarlo è come cercare di cambiare idea una volta che stai già volando in caduta libera).
Like the colors in autumn so bright just before they lose it. (Come I colori in autunno, così vivaci, appena prima che li perdano del tutto).
Losing him was blue, like I’d never know. (Perderlo era blu, come non avevo mai conosciuto).
Missing him was dark grey, all alone. (Sentire la sua mancanza era grigio scuro, tutta sola).
Forgetting him was like trying to know somebody you’ve never met. (Dimenticarlo era come cercare di conoscere qualcuno che non hai mai incontrato).
But loving him was red. (Ma amarlo era rosso).
Loving him was red. (Amarlo era rosso).
Touching him was like realizing all you ever wanted was right there in front of you. (Toccarlo era come realizzare che tutto quello che hai sempre volute era proprio di fronte a te).
Memorizing him was as easy as knowing all the words to your old favorite song. (Memorizzarlo era facile come conoscere tutte le parole della tua vecchia canzone preferita).
Fighting with him was like trying to solve a crossword and realizing there’s no right answer. (Litigare con lui era come cercare di risolvere un cruciverba e accorgersi che non c’è una risposta giusta).
Regretting him was like wishing you never found out that love could be that strong. (Rimpiangerlo era come desiderare di non aver mai scoperto che l’amore potesse essere così forte).
Losing him was blue, like I’d never know. (Perderlo era blu, come non avevo mai conosciuto).
Missing him was dark grey, all alone. (Sentire la sua mancanza era grigio scuro, tutta sola).
Forgetting him was like trying to know somebody you’ve never met. (Dimenticarlo era come cercare di conoscere qualcuno che non hai mai incontrato).
But loving him was red. (Ma amarlo era rosso).
Oh red.
Burning red. (Rosso acceso)
Remembering him comes in flashbacks echoes, (Ricordarlo arriva in flashback e in echi),
Tell myself it’s time now gotta let go, but moving on from him is impossible when I still see it all in my head… in burning red. (Dico a me stessa che è il momento, devo lasciare andare, ma andare avanti da lui è impossibile quando ancora vedo tutto nella mia testa… rosso acceso).
Burning, it was red. (Era rosso acceso)
Oh, losing him was blue, like I’d never know. (Perderlo era blu, come non avevo mai conosciuto).
Missing him was dark grey, all alone. (Sentire la sua mancanza era grigio scuro, tutta sola).
Forgetting him was like trying to know somebody you’ve never met. (Dimenticarlo era come cercare di conoscere qualcuno che non hai mai incontrato).
‘Cause loving him was red, yeah, yeah red. (Perchè amarlo era rosso)
Burning red. (Rosso acceso)
And that’s why he’s spinning around in my head. (Ed è per questo che continuo ad averlo in testa)
Comes back to me in burning red. (Torna da me, rosso accesso).
His love was like driving a new Maserati down a dead end street. (Il suo amore era come guidarre una Maserati lungo una strada senza uscita).
Perché questa canzone mi rispecchia?
 
 
 “NO! NO! E NO! Non possiamo continuare così!”. “Maxi, calmo! Ho solo sbagliato un accordo!” grida Federico, una vena sul collo che gli pulsa. Maxi ultimamente è molto agitato, sarà per il contratto con la casa dicografica… sicuramente non c’entra nulla che sta per rimettersi con Nata. Diciamo che hanno fatto pace, e che ora sono più vicini. Sicuro che a breve li rivedremo sbaciucchiarsi ovunque. “HAI SOLO SBAGLIATO UN ACCORDO? TI RENDI CONTO SE LO SBAGLIASSI DURANTE UN CONCERTO? LA NOSTRA CARRIERA SAREBBE ROVINATA!”. “Ok, io propongo di fare una pausa e di bere tutti una bella camomilla” propone Francesca afferrando cautamente Maxi per un braccio e facendolo sedere. “D’accordo”. “Bene. Camilla, Ludmilla… vi spiacerebbe venire ad aiutarmi?”. Le due ragazze annuiscono e insieme a Francesca spariscono al piano superiore. Nata si accomoda accanto a Maxi, cercando di tranquillizzarlo. Federico e Brodway sono occupati un un’animata discussione, Alex e Gery stanno sistemando gli strumenti… Josh mi schiocca le dita davanti agli occhi, facendomi tornare sulla Terra. “Ehi”. Sorrido leggermente “Scusa, pensavo ad altro”. Mi sorrise afferrando il mio viso ad accarezzandomi le guance con i pollici, proprio come ha fatto Leon ieri sera… ma non è assolutamente la stessa cosa. “Tranquilla. A cosa pensavi?”. “Un po’ a tutto”. Annuisce alzando gli angoli della bocca, per poi avvicinarsi a me e far combaciare le nostre labbra. Con la coda dell’occhio vedo Leon che ci guarda, i pugni serrati ed un’espressione triste, disperata. “Ehi! Ho finito la canzone… volete sentirla?” chiede improvvisamente. Tutti annuiamo, ma prima di afferrare la chitarra mi lancia uno sguardo furtivo, e gli scappa anche un leggero sorriso.
No soy ave para volar, y en un cuadro no se pintar.
No soy poeta, escultor... tan solo soy lo que soy.
Las estrellas no se leer, y la luna no bajaré.
No soy el cielo, ni el sol... tan solo soy.
Pero hay cosas que si sé, ven aquì y te mostraré.
En tus ojos puedo ver... lo puedes lograr, prueba imaginar.
Podemos pintar colores al alma, podemos gritar... yhee.
Podemos volar sin tener alas... ser la letra en i canciòn, y tallame en tu voz.
No soy el sol que se pone en el mar, no se nada que este por pasar...
No soy un prìincipe azul... tan solo soy.
Pero hay cosas que si sé, ven aquì y te mostraré.
En tus ojos puedo ver... lo puedes lograr, prueba imaginar.
Podemos pintar colores al alma, podemos gritar... yhee.
Podemos volar sin tener alas... ser la letra en i canciòn...
No es el destino, ni la suerte que vino por mi.
Lo imaginamos...
Y la magia te trajò hasta aquì...
Podemos pintar colores al alma, podemos gritar... yhee.
Podemos volar sin tener alas... ser la letra en i canciòn...
Podemos pintar colores al alma, podemos gritar... yhee.
Podemos volar sin tener alas... ser la letra en i canciòn...
Y tallame en tu voz.
E mi lancia ancora un’occhiata, con i suoi occhi color smeraldo. Non appena suona gli ultimi accordi con la tastiera, Bel si alza e gli prende il viso fra le mani… e si baciano. Chiudo gli occhi voltandomi verso Josh che sta applaudendo. Il punto è che amo entrambi, ma la mia scelta già l’ho fatta… anche se mi fa male il cuore. Si siede nuovamente accanto alla sua fidanzata, lanciandomi un’ultima occhiata. Lo so, stiamo soffrendo entrambi. “Bella, vero!” esclama Josh voltandosi verso di me con un sorriso da orecchio ad orecchio. “Già. Molto”. “Ecco qua!”. Francesca, Camilla e Ludmilla scendono le scale con tre vassoi sui quali sono poggiate delle tazze fumanti di camomilla. Le mettono sui bassi tavolini banchi, ed ognuno ne prende una. Una mezzoretta dopo ridiamo tutti, come una volta… e ricominciamo le prove. Anche se non mi toglierò più dalla mente la sua espressione triste e disperata.
 
ANGOLO AUTRICE:
Saaaaaaaaaaalve a tuttii! Come staaaaaaaaaate? Innanzitutto scusatemi per la tanta attesa di questo capitolo (?) ma non ho avuto ispirazione, e solo ieri ho ricominciato a scrivere. Poi la scuola, i compiti, la palestra… insomma, mi capite no? So che questo capitolo fa letteralmente schifo, ed è per questo che vi dico che non so se continuerò la storia, perché sinceramente non ho più molte idee, e non riesco a scrivere o se scrivo qualcosa non mi piace e la cancello. Quindi non so… fatemi sapere, cosa ne pensate? Scrivetemi la vostra, con questo vi saluto! :) Bacioni e alla prossima!
#Alice_Leonetta
P.S. -------->Questo è il link della canzone di Taylor Swift https://www.youtube.com/watch?v=Zlot0i3Zykw e questo è il testo ------------> https://www.youtube.com/watch?v=mqVO-BVSF64 e questa è la traduzione (io ho seguito questa, scusate se non è giusta) ----------> https://www.youtube.com/watch?v=WbwqrT2-pms

 

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