Distruggere il muro

di Angelika_Morgenstern
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il ponte ***
Capitolo 2: *** L'incontro ***



Capitolo 1
*** Il ponte ***


28 dicembre 2020
 
Madre,
questa è la prima lettera che ti mando, e sarà anche l’ultima.
Sono tuo figlio Anthony, e ti scrivo per dirti che non sono morto come tu pensi.
Sono ancora vivo, ma non voglio che voi veniate a cercarmi, tantomeno voglio che mio padre sappia che sono vivo. Non ti dirò dove sono, avrai solo qualche mia notizia di tanto in tanto, ma non da me.
Adesso che sai la verità, ti starai chiedendo cos’è realmente successo.
Io ho fatto saltare in aria la fabbrica. Ero il braccio destro dell'amministratore e padrone, certo, ma non mi piaceva ciò che accadeva lì dentro.
Madre, sai come sono fatto.
Mi hai sempre bonariamente rimproverato di essere un emotivo, troppo idealista per questo mondo. Non c'è posto per gli ideali, l'amore e i sentimenti, l'unica cosa che traina il mondo è lo sfruttamento altrui.
Lo schiavismo.
I miei simili sono ridotti in schiavitù, hai sempre cercato di celarmelo durante l'infanzia per proteggermi, ma prima o poi l'avrei scoperto. Credevi fossi cieco, madre?
Io pensavo che tutti vivessero come noi: felici, con una famiglia, degli affetti e la libertà di parola.
Quello che ho scoperto è stato devastante: uomini e donne a cui è vietato farsi una casa ed una famiglia in nome del lavoro e del sacrificio, uomini stipati ad abitare nelle stesse fabbriche nelle quali lavorano, senza poter mai uscire di lì. E le donne, tenute in casermoni, costrette ogni due anni ad accoppiarsi con gli individui più forti e in salute al fine di far nascere ottimi esseri umani. Che cosa penosa, madre! Quanto senso di colpa provo per aver vissuto bene sulle spalle altrui! Noi che eravamo invischiati nel potere, noi sì che ci siamo potuti godere una vita vera, reale.
Non ce la facevo più, madre.
Ho fondato un gruppo di ribelli. Non abbiamo nome o tratti distintivi, la nostra unica missione è quella di aiutare gli altri e la firma del gruppo è quella di liberare le labbra della gente comune dai fili che le tengono unite. Cucire le labbra è uno dei crimini peggiori che abbia mai visto, impedire alla gente di parlare è rivoltante.
Ci diamo da fare per spacciare scritti dove diffondiamo storie di vite normali, al fine di incoraggiare le persone a liberarsi. E siamo in tanti, madre.
Vuoi sapere perché ti dico questo?
Per salvarti, madre.
Stiamo organizzando un colpo di stato.
Puoi dirlo a tuo marito, non ci troveranno mai. Pensate a salvarvi la pelle, piuttosto, perché io non potrò difendervi.
Mi manchi, madre. Mi mancano i tuoi occhi dolci e i tuoi sorrisi. Perdonami se ti ho deluso, ma non posso fare a meno di sentirmi in dovere di aiutare chi è meno fortunato: non voglio un mondo come quello della fabbrica.
Voglio essere libero, ma se non lo sono i miei simili, allora non potrò esserlo neanche io.
Ti mando un bacio e un fiore di campo che troverai nella busta, all’angolo.
Con affetto.
- Anthony Waters



Questo angolino di spiegazioni è necessario per chi, come me, è patito di musica.
Quando ho scritto Shine on You crazy Diamond, mi sono ritrovata ad ascoltare qualche altra cosina dei Pink Floyd, tra cui Another brick in the wall, il cui testo mi ha colpita molto.
E questo è il primo punto, che si ricollega alla data non molto in là rispetto a quella odierna: le attuali condizioni di lavoro imposte a noi trentenni sono molto antipatiche. Bisogna sacrificare tutto: vita sociale e affetti. 
Vengono richiesti sempre più spesso flessibilità e disponibilità totale, straordinari, luogo d'abitazione vicino a quello di lavoro, automobile di proprietà, il non avere una famiglia, dei figli soprattutto, e a volte anche il non avere un compagno.
Il lavoro ha finito per introdursi nella vita affettiva di ognuno di noi, modificandola ed a volte distruggendola. Ho visto avvocati rovinarsi la vita perché avevano permesso al lavoro di prenderli totalmente. Io stessa stavo facendo quella fine, ritrovandomi con otto chili in meno in una stanza d'ospedale ad attendere che i medici mi comunicassero se il mio cuore fosse stato danneggiato.
Fortunatamente fu un no, ma è stata quella notte in quel letto d'ospedale che mi sono chiarita le idee. Mai più il lavoro avrebbe preso possesso in questo modo barbaro della mia vita.
Ho fatto tutto quello che un bravo lavoratore italiano non dovrebbe fare (vertenza e rifiutare lavori più grandi ed importanti del mio) perché posso farlo e non voglio più rischiare la vita per questo.
Bisognerebbe lavorare per vivere, non vivere per lavorare.
Ma è ciò che ci stanno portando a fare, con contratti che valgono quanto carta igienica per noi, che permettono quei datori di lavoro senza scrupoli a trattarci come pezze da piedi.
Sono convinta che la situazione non migliorerà ed andremo sempre a peggiorare. Ecco perché la lettera è datata 2020.
Roger Waters parlava dell'oppressione nei confronti degli studenti, io di quella impiegata sui lavoratori. 
L'idea ce l'avevo in testa non appena ascoltato il pezzo, ma cercavo un pretesto per metterla nero su bianco. Poi ho letto del contest, Triz mi ha mandato il pacchetto ed ho pensato fosse "perfetto".
Ed ecco qua.
Ho inserito due piccoli omaggi al pezzo e all'autore.
Il primo è nel protagonista, Anthony Waters - il pezzo fu composto da Roger Waters, bassista e cantante dei Pink Floyd.
Il secondo è nel muro. Il muro di Roger Waters, che io ho inteso diversamente, ovvero nella barriera che divide le due società del mondo di Anthony.

Have fun

- A.

 

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Capitolo 2
*** L'incontro ***


3 settembre 2022, Durban – Sud Africa
 
Nonostante il treno non avesse ancora fatto il suo ingresso in città, la donna poté constatare visivamente la presenza dell’oceano a pochi chilometri dalla sua attuale posizione, stimando così che in mezz’ora sarebbe finalmente scesa dal mezzo. La distesa d’acqua aveva il colore dei suoi occhi, e rifletté sul fatto che l’umidità si sarebbe infiltrata tra i suoi ricci, dando non pochi problemi alla sua capigliatura, fatto secondario quello poiché tutto era così bello, nuovo, avventuroso!
Amava quel tipo di sensazione che i viaggi suscitavano in lei, la meraviglia di fronte a nuove culture da scoprire, l’arricchimento interiore acquisito che la faceva sentire sempre un po’ più viva dopo ogni esperienza.
Ma stavolta la situazione era ben diversa: Laura aveva deciso di trasferirsi, allettata da una cattedra nell’università più facoltosa di Durban, città incastonata nella splendida terra del Sud Africa, teatro della sua nuova vita.
Certo, in passato nel paese c’era stata una disoccupazione tale da toccare il 30%, ma ultimamente il suo improvviso sviluppo aveva messo a tacere le economie mondiali europee, le stesse ex potenze dalle quali lei stava fuggendo in cerca di un futuro migliore, stritolate dalla crisi scoppiata nel lontano 2008, dalla quale non erano mai uscite.
Non era stato semplice tranquillizzare i suoi, anche la sua migliore amica era scoppiata in singhiozzi, chiedendo se mai si sarebbero riviste, ma Laura era fatta così: amava l’avventura, cosa che sembrò fare la sua comparsa in quel preciso istante, quando il rumore di uno sparo interruppe la quiete nella quale viaggiava il treno, moderno e confortevole, veloce ma non immune a imboscate di gruppi di ribelli.
Strinse al petto un libro di statistica, voltando lo sguardo verso l’esterno: gli aggressori affiancavano il vagone, cavalcando destrieri alti, neri come la pece, e poté distinguere solo il turbante che avvolgeva il viso di uno di loro, prima dell’attacco.
Si coprì il volto col volume, mentre il vetro esplose in mille pezzi e una mano guantata entrò dal finestrino, ancorandosi alla parete. Laura vide uscire dal dorso dei piccoli tentacoli meccanici che si infilarono all’interno del metallo, scavandolo come minuscole talpe, e poco dopo il treno si arrestò, dando la possibilità ai banditi di entrare nelle carrozze.
La donna si accucciò al sedile, immobile e impaurita, mentre uomini e donne fecero il loro confusionario ingresso, correndo per i corridoi ed esaminando il viso di ogni passeggero.
Tra la calca, un uomo si fermò e lei alzò appena il viso, incrociando i loro sguardi.
La vide, e fissò gli occhi chiari in quelli terrorizzati di lei, che si sentì in trappola e perse i sensi.
 
Poteva avvertire solo rumori ovattati, come se una bolla onirica l’avvolgesse, dandole l’impressione di trovarsi sott’acqua, dove il peso del corpo si azzera e ci si affida alla densità dell’elemento liquido per tornare a galla.
Poi ebbe la sensazione di cadere nel vuoto, trascinata dalla gravità che era tornata a riappropriarsi prepotentemente di lei, uno scatto incontrollato dei muscoli e la necessità di cambiare posizione.
- Non dobbiamo permettere che degli stranieri vengano qui.-
- Ciò che proponi è impossibile, Anthony. La nostra organizzazione non arriva così lontano.-
- Dobbiamo lavorare per arrivarci, Marcel. Altrimenti non abbiamo ragion d’essere. Ricorda il senso della nostra missione, noi dobbiamo salvare i nostri fratelli, anche quando sono stranieri.-
I rumori si erano trasformati in voci, e Laura non avrebbe mai voluto mettersi a origliare, non era proprio del suo carattere, ma mentre tornava alla realtà non aveva potuto farne a meno, inoltre quelle persone parlavano a voce alta.
Si mosse ed ebbe la netta sensazione di essere osservata.
Vide degli anfibi neri dalla punta in metallo avvicinarsi sempre più a lei, che dovette voltarsi sulla schiena per capire chi fosse.
Riconobbe senza difficoltà gli occhi chiari che aveva visto prima di svenire.
- Ben svegliata.- disse lui, porgendole una borraccia incrostata di sabbia- Suppongo tu abbia sete.-
Laura fece per sedere, ma il dolore la colpì come un pugno, dandole l’impressione che il cervello fosse stato sballottato contro le pareti della scatola cranica e ora pulsasse dolorante, protestando per il trattamento subito.
L’uomo sorrise, sedendo vicino a lei per non farla muovere troppo, e la donna prese lentamente la borraccia, concentrandosi non tanto sulle sue splendide fattezze, quanto sulla cicatrice che gli solcava l’occhio sinistro fino allo zigomo.
Bevve, assetata, e domandò- Dove sono?-
- Sui Monti dei Draghi, al confine con il Sud Africa.- rispose lui, sorridendo. Guardando il volto spaventato di lei, sentì il dovere di tranquillizzarla- Ti rimpatrieremo presto, non preoccuparti. Questo non è un posto per turisti.-
- Non sono una turista.- si oppose lei debolmente, confusa dalla situazione. L’uomo scosse il capo- Tornerai da dove sei venuta. È tutto.-
Fece per alzarsi, ma lei lo fermò- Chi sei?-
Lui si voltò, cercando la risposta giusta, gli occhi spenti sul terriccio desertico- Non ti interessa.-
- Invece sì.- rispose, ostinata.
Anthony si morse il labbro- Siamo ribelli. Il Sudafrica che conoscete voi stranieri è una menzogna. Ti basti sapere questo.-
- No, voglio di più.-
L’uomo voltò tutto il corpo all’indirizzo della donna, che non perse il suo sguardo deciso a sapere la verità.
- E tu? Perché sei qui?- domandò lui.
- Io sono Laura, tanto piacere. Sono una professoressa di matematica e sono qui per lavoro.- rispose fiera la donna, per nulla intimorita dall’atteggiamento negativo del suo interlocutore, che sbottò a ridere, voltandosi verso gli altri- Ehi, ragazzi, sentite un po’! Questa qui è venuta per lavoro!-
Tutta la combriccola attorno al fuoco rise dietro a lui, che tornò a guardare Laura, improvvisamente serio.
- Devi andartene. È meglio per te.-
La donna non rispose, completamente in balia della confusione, e, quando tentò di formulare un’altra domanda, era troppo tardi: Anthony era tornato nella sua cerchia.
Il dolore tornò ferocemente all’attacco, tanto da costringerla a stendersi nuovamente.
Che assurdità. Tutti sanno che il Sud Africa è un paese pacifico e fiorente!
Nella sua ignoranza, si addormentò.
 
Rieccoci qua con la seconda parte del contest.
Sò che non è il massimo, ma il limite di mille parole purtroppo non mi ha aiutata... chiedo venia ^^'''''
Laura è la creatura che mi è stata assegnata, e spero di averla resa almeno benino, anche se in realtà, data la realtà burrascosa in cui vive Anthony, ho potuto fare ben poco in proposito.
Avevo pensato a una cosa mooooolto più lunga, un sequestro con conseguente cucitura della bocca da parte dagli schiavisti (il che è tutta una metafora sul mondo del lavoro attuale, pensate solo all'autista di un'adienza di trasporti molto nota che è stato attualmente licenziato per aver parlato delle cose che non vanno all'interno dell'azienda stessa. Il più delle volte - non nel mio caso, il che mi stupisce date le circostanze passate - le persone non sono considerate tali nei loro posti di lavoro, semplicemente numeri, fattori di guadagno, carne da macello.), ma devo attenermi alle regole.
Avrei potuto buttare tutto in una lettera, ma non so se sarei riuscita a rendere l'idea, così ho optato per qualcosa di meno confusionario.
In qualche modo vorrò inserirci cose del genere, però. Forse sfrutterò l'idea più in là perché mi piace e avrei mille cose da scrivere in proposito, avoglia se non ne ho.
Comunque sia, spero solo che questo frammentino vi piaccia ^^
A presto, e grazie a chi leggerà!
Buona domenica!

- A.

 

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