Ragnarok

di Gigli neri e ombre
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** An Unbearable Night ***
Capitolo 2: *** Searching ***
Capitolo 3: *** Turquoise Light ***
Capitolo 4: *** – Ullr – ***
Capitolo 5: *** – Enginn – ***
Capitolo 6: *** – Þrír – The Horrible Three Siamese Ruiner ***
Capitolo 7: *** Please, Stay... ***
Capitolo 8: *** Debris ***
Capitolo 9: *** Hideous Port ***
Capitolo 10: *** Cameron's Melancholy ***
Capitolo 11: *** Showing Mysteriously ***
Capitolo 12: *** IdroSerpemon was here ***
Capitolo 13: *** Psycological Scars ***



Capitolo 1
*** An Unbearable Night ***



Ragnarok
– First Chapter –

An Unbearable Night










Era notte fonda.
Tarda notte.
Probabilmente la gente dormiva, vista l'ora.
Ed era proprio in quei momenti che lui stava sveglio. Credeva che si potesse tranquillamente invertire il ciclo naturale del “vivere il giorno e ricaricarsi la notte” come dicevano molti dei suoi parenti che difficilmente accettavano il suo stile di vita. Lui invece pensava che si dovesse “vivere la notte e ricaricarsi il giorno” come i lupi, lemuri o altri animali notturni. I grattaceli erano mille volte più belli di notte, esattamente come la città in generale. Tutto era più bello di notte.
Nelle notti insonne lui si posizionava sul tetto della sua palazzina e stava lì, ad osservare. Non curava il rumore dei passi o non prestava attenzione al fare silenzio, abitava solo.
Era di nuovo lì, sul tetto. Non aveva nemmeno il pigiama, portava vestiti leggeri, quali una t-shirt con davanti un teschio avvolto da delle rose e dietro aveva una civetta; un paio di jeans strappati e delle scarpe nere. Come accessorio un anello e una collana con una chitarra elettrica. Aveva un taglio punk, una cresta verde.
Fumò un'altra sigaretta.
Abitare da solo aveva i suoi vantaggi infondo. Se non abitasse solo non poteva per esempio guardare la notte e la città, la quale era in grado di rapire chiunque. Luci bianche, strade curate e non sempre affollate. A dir poco magnifico. Non abitava nella skyline. No. Ma la Skyline era ben visibile da casa sua, e questo era un altro punto a suo favore. Quel panorama era il suo tesoro. “Quiete” era la parola d'ordine. Appunto, era.

Sentì il rumore di un motore. Guardò in basso e vide un autoveicolo che dall'alto non riconobbe subito. Era un furgoncino, sembrava un mezzo della polizia –uno di quelli che portano i detenuti. Era grigio scuro. Non appena sostò, il ragazzo capì di che si trattava. Si aprirono gli sportelli posteriori dai quali uscirono delle figure umanoidi con un armatura metallica grigia. Quest'ultimi avevano un casco con una visiera rossa luminosa e non era l'unica cosa ad esserlo. Anche le spalliere, gomiti e ginocchia splendevano di rosso. Ad occhio e croce, erano una decina o qualcosa di più.
«Minchia...» sospirò fumando «Di nuovo loro»
Prima di fare qualsiasi movimento, aspettò di vedere le loro di mosse. Quei tizi armati, come lui li definiva, corsero via a gruppi verso strade diverse, mentre cinque erano rimasti lì, fermi. Capì che si erano divisi per facilitarsi il lavoro, il che lo faceva inizialmente andare in bestia, ma si ricompose. Concluse di meditare e si limitò ad alzarsi dal bordo del tetto. Alzò il braccio destro, chiuse gli occhi acquamarina e si concentrò.
Il suo braccio era ricoperto di saette che cessarono di coprirglielo dopo qualche minuto. Riaprì i suoi occhi che brillavano letteralmente e scatenò un fulmine in un punto a caso della città. Si affacciò a guardare di nuovo in basso e constatò che le sue aspettative erano state subito deluse. Gli uomini di latta erano fermi sul loro posto a domandarsi come mai un fulmine a ciel sereno. Il punk sbuffò seccato cercando di stare calmo. Sperava lasciassero la zona per precipitarsi nel luogo della caduta del fulmine. Ultimo tiro di sigaretta. «Ok...» Gettò la cicca per poi neutralizzarla con un dardo elettrico. «Vuol dire che si balla» ghignò.
Inquadrò un cassonetto della spazzatura. Si gettò dalla palazzina – un tuffo ad angelo. Si ricoprì di fulmini e velocemente si ritrovo dietro il cassonetto, fortunatamente senza essere stato scoperto grazie alla velocità del fulmine. Si spostò per vedere la situazione. Camminavano avanti e indietro osservando continuamente la zona. “Adesso ci penserò io a farvi passare la voglia di correre” Pensò, nonostante morisse dalla voglia di urlarglielo contro. Caricò un'ulteriore dardo elettrico e lo scaglio contro uno dei suoi avversari prendendolo in pieno, pur non avendolo indirizzato in maniera precisa. I restanti quattro si girarono verso la fonte del dardo ma non videro nulla. Il furgone grigiastro era poco distante da loro, era l'obbiettivo del punk.
Si spostò verso l'angolo opposto, sempre furtivamente. Un altro dardo elettrico, che attirò l'attenzione delle sentinelle corazzate. Fece la stessa azione, spostandosi il più velocemente possibile da un punto all'altro, fino a quando i suoi obbiettivi non si stancarono e ispezionarono ogni minimo lato della zona. “Ora!”
Il ragazzo scatto verso il veicolo bersagliato e si mise al volante, accese il motore e via, a tutta velocità. Uscì fuori il suo smartphone tenendo premuto il bottone centrale in basso, attivando così una funzione interattiva vocale. Lo posò nel cruscotto al centro del veicolo. «Chiama Zoey!» Urlò. L'aggeggio tecnologico capì perfettamente il messaggio e telefonò chi di dovere, certamente senza scordare il vivavoce.
«Duncan tutto bene?» Si sentì una voce femminile preoccupata.
«Mentirei se ti dicessi di si, ma non sbaglierei nemmeno a dire di no» Rispose Duncan, il punk.
«Razza di idiota, non fare l'enigmatico e rispondi seriamente!» Gli strillò contro un'altra voce femminile.
«Oh, sei in buona compagnia...» Ribatté sarcastico.
«Senti, Duncan...» Riprese a parlare Zoey abbastanza seria pur non riuscendo a nascondere la preoccupazione «...scherzi a parte, conferma che...» La frase fu interrotta da una brusca sgommata. «DUNCAN!»
«Tranquilla, è tutto sotto controllo»
«MA SI PUO' SAPERE CHE CAZZO STAI FACENDO?!» Sbraitò di nuovo l'altra voce femminile.
«Sto guidando» Rispose Duncan lasciando intendere una tranquillità e un menefreghismo tale da far credere che invece di guidare stesse prendendo un caffè al bar.
«Benissimo, allora non perdere tempo, semina i robot e vieni velocemente al ritrovo. Stanno venendo anche gli altri» Puntualizzò Zoey.
«Voi state bene, Bella Gioia?» Domandò Duncan restando concentrato alla guida.
«Abbiamo avuto uno scontro ravvicinato con i Veliant, ma fortunatamente siamo riuscite a seminarli» Lo tranquillizzò la ragazza.
«Ottimo, datemi solo cinqu... Oh merda» Duncan praticamente stava sbuffando per via di quello che vide nello specchietto retrovisore.
«Che succede?! Sono i Veliant?!» Interrogò Zoey terrorizzata. Non era affatto tranquilla e da altri lamenti che si sentivano in sottofondo, lo era anche la ragazza che era con lei.
«Devo staccare!» Il Marcio non perse altro tempo e fece per staccare la telefonata, lasciando la compagna di Zoey a insultarlo in cerca di spiegazioni.
Lo specchietto rifletteva dei Veliant che venivano in contro all'autovettura. «Ci mancava solo questa...» sbottò aumentando la velocità e fu nello schiacciare l'acceleratore che si accorse di qualcosa di non del tutto prevedibile. I Veliant –almeno quel genere di Veliant– volavano. Ne troppo in alto, ne troppo in basso. Esattamente alla stessa altezza del veicolo. Duncan voleva seriamente liberarsene ma era ostacolato da alcune cose, quali il fatto che erano in troppi per uno scontro ravvicinato mentre lui, in quel frangente, era solo; e poi doveva anche guidare. Accostare, scendere e combattere era troppo rischioso. Se si fosse fermato sicuramente i Veliant l'avrebbero preso senza concedergli nemmeno il tempo di mettersi le mani nei capelli. Allora sì, lì sentì la paura scorrergli nella pelle.
Continuò ad accelerare ininterrottamente con il sudore che colava da tutti i lati, pur dopo aver sentito un suono provenire dal suo smartphone a notificare messaggio.
«Echecazzo! Proprio ora!» Diede un'occhiata veloce.

DJ ti ha mandato un messaggio:
  • Duncan, fra tre secondi frena!.

Duncan rimase perplesso, ma nel restare stupiti i tre secondi passarono e dopo questi ai piedi dei Veliant spuntarono delle stalagmiti alte che circondavano i robot. Erano precisamente come in gabbia da tutti i lati, per sino in alto. Fu un ottima mossa per ostacolarli. Le stalagmiti successivamente si fecero come lance e colpirono violentemente i robot. Duncan abbassò il finestrino e tutto si schiarì immediatamente.

Vide un ragazzo da capelli rosso arancio; una camicia rossa a tartan sbottonata che mostrava una indumento che parve una canottiera, paio di jeans –di gran lunga più semplici di quelli di Duncan– e delle scarpe marroni.
Quel ragazzo non era solo. Era in compagnia di altre due persone, entrambe accovacciate. Un altro ragazzo con le mani appoggiate a terra e una ragazza che toccava le spalle del suddetto. Le mani della ragazza erano circondate da un aura color avorio luminosa. Era minuta, aveva la pelle particolarmente pallida; i capelli lunghi, lisci e biondi molto chiari. Indossava una camicia beige larga per le sue dimensioni con le maniche rollate sui gomiti. Una gonna nera come i collant e degli stivali dello stesso colore della camicia. Aveva una collana che fungeva da acchiappasogni.
Quanto al ragazzo che toccava il terreno, lui era la causa delle stalagmiti. Aveva la pelle ambrata e i capelli scuri, coperti da un copricapo bianco. Addosso aveva una maglietta, quelle polo, verde accompagnate da un pinocchietto color crema come le scarpe.
La ragazza tolse le mani di dosso al moro e si alzò, seguita dall'altro. I tre raggiunsero Duncan che fece cenno di salire sulla vettura. «Ma da dove siete saltati fuori?» Interrogò con stupore
«Abbiamo ricevuto la chiamata di Zoey» Spiegò la ragazza bionda, seduta dietro. «Ci ha detto che dobbiamo raggiungerli»
«Confermo» Il ragazzo moro seduto vicino alla bionda parlò.
«Poi hanno incontrato me» Aggiunse il rosso, seduto davanti.
«Ah, non eri con loro, Scott?» Piccola curiosità espressa dal Marcio.
«No, in realtà. Ero per i fatti miei, ma sai... Veliant» Sbuffò nel nominare i robot. «Hanno invaso tutta la città» continuò.
«Stai scherzando?!» Totalmente sconvolto e sorpreso seguì Duncan.
«No... Dawn, sai da dove sono partiti precisamente?» Domandò il moro alla ragazza, ma lei fece cenno di no con la testa.
«So solo che erano trasportati da questo veicolo. Anzi, più di uno» Osservò perspicace Dawn.
«Benissimo, lo immaginavo» Sussurrò Duncan stringendo il volante.
Le strade non si erano liberate di molto ma era già qualcosa, tuttavia guidava il più veloce possibile, scegliendo con criterio le vie da percorrere. Dj si tolse il cappello, si lasciò scivolare lungo il sedile e sospirò. «Quanto manca?»
«Poco» Rispose incerto Duncan.
«Prendi l'autostrada, faremo prima. E almeno saremo al sicuro» Consigliò Scott, il rosso.
«Tu credi?» Duncan era ancora più incerto dal momento che non era del tutto sicuro riguardo la veridicità del consiglio datogli.
«Credo» Disse la Iena «Tutto pur di liberarmi di questa... topaia» Si riferiva al veicolo nel quale si trovava.
Duncan non disse nulla ma era perfettamente d'accordo con Scott riguardo alla vettura. Semplicemente voleva fare di testa sua, nel senso che qualora avesse preso l'autostrada avrebbe dovuto seguire le indicazioni di Scott come se fosse un navigatore satellitare. E l'idea lo seccava oltremodo. «Allora? Che hai deciso?» Le riflessioni furono interrotte dalla domanda di Dj che poco prima stava continuando a discutere con Scott.
«Beh, che...» Duncan fu interrotto da Dawn «Ne riparlerete dopo, guardate dietro di voi!»
Altri Veliant.
«Ehi Dunc, Prendere questo mezzo non è stata la tua più grande idea sai?» Si lamentò Dj.
«Che palle...» Sbruffò la Iena, che si affacciò dal finestrino inquadrando i Veliant. Prese bene la mira e sparò palle di fuoco come se non ci fosse un domani. «ACCELERA!» Ordinò in seguito.
Il Punk non tentennò nemmeno per un secondo, schiacciò invece il pedale dell'acceleratore con maggiore convinzione. Dj non rimase lì a guardare e prese esempio da Scott, facendo scoppiare la terra sotto i piedi dei Veliant, permettendo così di dividersi il lavoro con Scott. Il Rosso si occupava di quelli aerei, mentre il Moro dei rimanenti, che intanto sparavano. Alla difesa ci pensava Dawn la quale creava delle aure protettive capaci di neutralizzare l'efficacia delle armi da fuoco.
Fortunatamente la velocità era così alta da permettere a quelle macchine di restare indietro.
Scott aggrottò le sopracciglia scocciato dalla situazione concentrandosi seriamente; fece spuntare dal nulla delle fiamme intono ai Veliant volanti diventando via via più grandi. Allo scoccare delle sue dita queste si precipitarono contro i robot causando un esplosione. Il colpo andò a segno. Dj invece raccolse l'energia dalla terra – facendo diventare i suoi occhi giallastri– e la concentrò sui Veliant, che vennero trafitti da lame telluriche.
«Via libera!» Entusiasta informò Dj.
«Vero? Non me ne ero accorto!» Rispose Scott con sarcasmo rientrando la testa e chiudendo il finestrino.
«Siamo quasi arrivati grandissime checche!» Urlò Duncan implorando 5 minuti di silenzio.
«Buona notizia» Pronunciò Scott.
La previsione di Duncan era giusta. Dopo diverse curve e diverse vie erano arrivati a destinazione. Accostarono in un punto dove c'era un altro veicolo simile al loro, sperando che si mimetizzasse. Proseguirono correndo fino a trovare un vicolo cieco nel quale si incamminarono per poi toccare un mattone preciso, uno più spinto verso l'interno rispetto agli altri e più scuro, che aprì un passaggio segreto – un classico. Quel passaggio segreto mostrò una scala. Arrivarono fino ad una porta che dopo essere stata aperta presentò una stanza con due ragazze; una dai capelli rosso intenso e carnagione bianca. Portava un pantaloncino azzurro a vita alta, una giacca di jeans smanicata e una camicetta di lino. Le scarpe erano bianche. «Duncan!» Corse ad abbracciarlo, poi Dj e compagnia cantando. «Che bello, state bene!» Si sedette successivamente sul divano rosso insieme a Dawn.
«Sì certo! E intanto noi stavamo quasi per svenire!» Parlò l'altra ragazza che si alzò verso il Punk con un aria molto nervosa. «Poteva finire male!» Lei era Courtney. Aveva la pelle ambrata e capelli castani legati. Indossava un pantalone scuro e una t-shirt bianca con il segno dell'infinito nero.
«Scassa scatole...» Soffiò il Punk sedendosi su una sedia. «Siamo sani e salvi. Vedi?»
«Non è questo il punto!» Continuò a dimenarsi Courtney.
Duncan guardava Dj con l'aria di chi cerca aiuto e puntualmente il moro rise. «Ehi Court! Siamo qui, vedi? Stiamo bene. L'importante è questo, no?» L'orsacchiotto la prese per le spalle. Court si girò e lo guardo negli occhi. «Sì... hai ragione» Sì rassegnò lei. In effetti, Dj disse le stesse cose di Duncan ma la sua calma e scioltezza erano contagiose e lo stesso valeva anche per la ragazza.
«Spiegatemi come siete arrivati qui» Asserì dopo Courtney.
«Ho rubato un veicolo ai Veliant» Illustrò il Marcio.
«Ah, bravo! Un ottimo modo per non farti scoprire!» Sindacò Courtney.
«Ah, senti... non rompere pure tu i coglioni» Si angustiò lui.
Scott appoggiato al muro con le braccia incrociate storceva gli occhi. «Siamo tutti presenti?» Osservò in seguito.
«Sì, a parte Heather. E' uscita a perlustrare la zona» Zoey delucidò la domanda fatta.
«MA SIETE PAZZE?! LA FATE USCIRE SOLA?!» Sbandierò Dj impallidendo all'idea di sapere che qualcuno possa essere là fuori da solo.
«Le tue urla si sentono anche da lontano» Commentò una voce femminile provenire dalla porta. Fu una ragazza alta dai lineamenti asiatici. Una ragazza dai lunghi capelli neri. Aveva un maglione viola scuro con le maniche attorcigliate sulla caviglia e un paio di pantaloni grigi. Aveva un bracciale. La cosa che colpiva di questo è che era congelato. «Credo sia meglio evitare di strillare come una gatta in calore» Lo scrutò acida.
«Tutto bene?» La interrogò Courtney osservando la sua faccia sconsolata.
«Fuori le strade pullulano di Veliant. Non so quanto a lungo andranno avanti» Chiosò Heather continuando ad ansimare.
«Ah... sì?» Fiatò Scott abbassando un sopracciglio.
«Lo immaginavamo...» Seguì Dawn stando seduta stringendosi le mani.
«Che cosa vogliono?!» Inveì Dj nuovamente intimorito ricevendo però un'occhiata truce da Heather.
«Ragazzi... credo sia meglio non uscire da qui finché non vanno via» Propose Zoey.
Inizialmente qualcuno non era d'accordo ma considerarono quell'invito come l'unico valido al momento.
E a furia di discutere, restarono lì, finché non sorse il sole. Se non fosse, beh... per il fatto che si erano addormentati.
 



Black Corner:
Salve!
Odio 'sta cosa degli "angolo autore". Non so che scrivere.
A parte che sono una new entry.
Chiamatemi Nero, grazie.
Non ho molto da dire.
Solo che prima di prendere qualsiasi provvedimento con questa storia vorrei sapere la vostra opinione.
E quindi, niente...
Mi sono già cadute le braccia. Vi saluto.
State tetri!
Nero

 

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Capitolo 2
*** Searching ***


– Second Chapter –


Searching





 



Dawn guardava fuori dalla finestra di casa sua, era alquanto pensierosa ed aveva strani presentimenti che non riusciva ad interpretare. Credeva fossero collegati con l'accaduto della notte scorsa. Tutti quei Veliant la facevano meditare impaurita anche perché lei aveva un difetto. Scott, Duncan e Dj –per citarne alcuni– potevano difendersi tranquillamente ma lei non poteva. Non sapeva gestire le sue abilità sovrannaturali in pieno ed in più era contro qualsiasi forma di violenza. Non avrebbe fatto del male per nessuna ragione al mondo nemmeno ad una mosca e lo stesso discorso poteva valere anche per i Veliant. Eppure lo riconosceva, questa cosa influiva negativamente su di lei perché, in quel caso, non solo voleva dire non poter attaccare per difendersi, ma anche dipendere da qualcuno. Non poteva stare da sola in caso di invasioni altrimenti era la fine.
Anche Zoey era più o meno come lei, contro la violenza, però lei si difendeva in casi estremi. Courtney era più combattiva, mentre Heather non si faceva scrupoli ad uscire le unghia con chiunque.
Talvolta la bionda si sentiva un peso.
La sua mente viaggiatrice smise di elaborare pensieri per via dal suono del campanello. Sì diresse ad aprire la porta e trovò nientemeno che il viso sorridente di Zoey. «Ehilà!»
«Zoey! Tu qui?» Dawn rimase sorpresa.
«Sì. Tranquilla, niente robot in giro, siamo al sicuro per ora» Rassicurò Zoey – inutilmente, dato che Dawn non sapeva fino a che punto non ci sarebbero stati i Veliant. «Stasera andremo di nuovo al ritrovo» Informò la rossa. Si sedettero sul divano e continuarono la loro discussione.
«Come mai? Qualcosa non va?» Dawn era sull'attenti.
«Credo che parleremo dei Veliant. Ci ha riuniti Duncan»
La bionda chinò la testa. «Capisco...» Rispose con un filo di voce.
«Ehi» Bella gioia si avvicinò verso di lei, le alzò la testa e le mise le mani sulle spalle in segno di appoggio. «Non essere preoccupata, ci siamo noi» Zoey cercò di darle conforto, capì alla perfezione quale fosse il suo problema. Difatti riusciva sempre a tradurre gesti, sguardi e parole di Raggio di Luna, tuttavia ci riusciva non solo con lei.
Dawn prese fiato e abbracciò l'amica. Non aveva ribattuto per troncare sul nascere altri probabili pensieri negativi, pur accorgendosi che aveva interpretato brillantemente il suo linguaggio non-verbale. «Tranquilla» Disse ridendo la Rossa con quella voce rassicurante che non fallì mai nei suoi numerosi tentativi nel sollevarle il morale.
«Ho...» Sussurrò Dawn ... «Ssh» … ma Zoey la interruppe. «Ti daremo una mano, conta su di noi»
Zoey, la colonna resistente di Dawn.
Si separarono dopo qualche secondo da quel caldo abbraccio.
Bella Gioia cercava sempre di estinguere quella paura – che tra l'altro riteneva insensata– dai pensieri di Dawn. Raggio di Luna riusciva a creare barriere protettive, a curare, a dare energia o essere un sostegno per qualsiasi cosa con chiunque. Lei era capace di rafforzare ognuno di loro durate una battaglia, come fece con Dj e Scott l'ultima volta. Era un po' come un favore: lei aveva bisogno di qualcuno che la proteggesse ma inconsapevolmente proteggeva anche lei nel suo piccolo.
Secondo Zoey, Dawn era più indispensabile di quanto lei stessa non immaginasse – e non era l'unica a sostenerlo.



Courntey e Heather giravano per la città, in modo tale da accertarsi che nessun Veliant spuntasse dal nulla. Pura precauzione, che infondo non giovava a molto dal momento che erano tutti consapevoli che quei robot potevano apparire quando pareva a loro senza il bisogno di lasciare l'avviso.
Se fossero spuntanti in quel momento, il programma sarebbe cambiato o ci avrebbero pensato loro stesse, magari all'insaputa dei ragazzi, soprattutto di Dj nonché il più premuroso e altruista del gruppo. Heather odiava la sua volontà di aiutare il prossimo, non tanto per antipatia ma perché non voleva –cosa che possedeva in comune con Duncan– rompiscatole –anche se il Marcio non aveva problemi con l'Orsacchiotto.
«Niente di anomalo in giro, non trovi?» Conversò Courtney.
«Non si direbbe» Confermò Heather, sul chi va là.
«Chissà... forse stasera non ci saranno problemi» Ipotizzò la mora.
«Può darsi» Ribatté glaciale la Calcolatrice.
Le ragazze continuarono a camminare, dirigendosi verso il ritrovo. Loro due da sole.
Si erano prese loro la responsabilità quel giorno di fare da guardia al loro piccolo covo. In realtà facevano spesso a turni: solitamente Dj lo faceva volontariamente senza discutere –ragion per cui si trovava più volte al posto delle ragazze– il tutto, ovviamente, non sempre da solo: si trovava di tanto in tanto in coppia con qualcun'altro che frequentemente era Duncan o Zoey. Per Zoey, anche se non sembrava, quel posto era come una seconda casa. Heather era quella che, potendo, avrebbe rifiutato l'incarico. Non le piaceva, preferiva pattugliare piuttosto che fare la guardia. Al contrario, alla sua compagna era indifferente. Accettava né con troppa gioia né con troppa disinvoltura. Courtney era un po' così: dove la mettevi stava, a patto che fosse lei a stabilire le regole. Invece Heather preferiva comandare e non farsi comandare, ragion per cui agiva ascoltando la sua testa. Malgrado ciò, le due erano simili.
Arrivate lì, si sedettero davanti ad un tavolo. Courtney guardò l'ora spirando rumorosamente.
«Smettila, mi metti ansia» Inveì agra Heather.
«Scusami, sai com'è...»
«Cosa? Parli per stasera?» Intuì la Calcolatrice, ma Courtney le fece capire che sbagliava.
«Ultimamente sono agitata» E questa frase fece provenire dalla bocca di Heather in un fragoroso verso.
«Tirate fuori le palle! Sono robot! Combattete e sopravvivete, oppure siete fuori. Ecco, fine dei giochi! Tra l'altro sopravvivere non è nemmeno il termine più appropriato» Courtney la guardò contrariata. «Credo che la prendi troppo alla leggera...» Disse in seguito, ottenendo una Heather che la scrutava a sua volta seccata. «Lo sai, certe volte mi sembri Zoey»
Courtney rise. «Potevi dirmi di peggio»
«Davvero? Tipo?»
«Tipo...» Court ci pensò su un attimo. «Duncan»
Heather era un po' confusa dall'affermazione «Può darsi, ma Duncan è uno che se ne frega altamente. E non pensa»
«Appunto, non pensa. Il fatto che ieri ha rubato un mezzo ai Veliant ne è la prova» Affermò la mora.
«Ha agito d'impulso, ma ne ha avuto di fegato per compiere un attimo simile» Riflesse Heather ad alta voce.
«Ma alla fine non si è fatto scoprire, quindi va bene» Aggiunse la ragazza alfa.
«Non direi. E' impulsivo, ma ha coraggio, lo dobbiamo ammettere»
«Grazie mille dei complimenti! Ora capisco perché mi fischiavano le orecchie!» Guarda caso, in quel preciso istante Duncan spuntò dalla porta. In più, non si aspettava di ricevere quei complimenti da Heather, se tali poteva definirli.
«Bussare non rientra più nel Bon Ton?» Rimproverò Courtney.
«Non lo so, ma so per certo che parlare male degli altri non lo prevede»
«Non stavamo parlando male» Tentò di difendersi Heather, incrociando le braccia «Stavamo solo commentando la tua bravata»
«Ah, sì! Credo che tra un po' ne parleranno anche i giornali» Controbatté il Marcio sedendosi insieme a loro. «Guardate che vi ho portato!» Duncan mostrò un pacco con dentro delle brioches . Heather le guardò una decina di secondi, puntando poi gli occhi sul ragazzo. «Non sono avvelenate, vero?» Era convinta che fosse l'ennesimo scherzo del ragazzo, come era solito a fare. «Sono assolutamente commestibili» Confermò alzando le braccia.
«Lo spero per te» Minacciò Courtney prendendone una. «Io lo assaggio» E lo fece, scoprendo un sapore incantevole.
Heather, nel vedere Courtney “presa per la gola”, si incuriosì e la seguì senza pentirsene. «Visto? Dovete imparare a fidarvi!» Suggerì Duncan ghignando.
«E ora si può sapere perché ridi?» Chiese Courtney con un filo di freddezza.
«Trama qualcosa, non si vede?» Indicò Heather e la mora la seguì.
«Assolutamente no» Rassicurò Duncan divertito.
«Comunque...» sospirò Courtney «Hai notizie degli altri?»
«Sì, tra un po' viene Dj»
«Giusto, completiamo l'opera giacché ci siamo» Sbuffò Heather. Preferiva la solitudine o la compagnia di massimo una persona, ed era molto selettiva. Molto. Tuttavia sapeva che doveva aspettarselo e dunque si rassegnò all'idea.
«Simpatica, come i calci nei gioielli» Commentò Duncan.
«E tu lo puoi dire, dal momento che ne hai ricevuti diversi» Ribatté Courtney.
Al Punk passò rapidamente la voglia di ridere. «Donne...» Spirò.
Dopo un certo numero di minuti, arrivò Dj pimpante. «Ciao Gente!» Salutò. I tre seguirono con la stessa parola ma detta in maniera più grigia.
«Allora, ragazze, com'erano le brioches?» Chiese ingenuamente, ma le due si guardarono come sospese per aria. «Ehm... buone»
«Lo sapevo che vi sarebbe piaciute! Me ne avevate parlato tempo fa!» Ma lui come faceva a sapere delle brioches? «Sapete: le avevo cucinate qualche giorno indietro e ho pensato di portarvele. Duncan ha fatto la consegna» Quella spiegazione fece luce su tutta la situazione. Non era stata un'idea di Duncan, pensandoci era prevedibile – lui non era dotato di altruismo, a differenza dell'orsacchiotto.
«Tsh... sì, erano buone» Si ricompose Heather tornando fredda più del polo nord.

Successivamente, non tardò ad arrivare uno Scott che con voce incuriosita chiamò. «Venite! Presto!» Obbedirono e lo seguirono.
Scott li condusse fuori, dove trovarono una Zoey intenta a guardare un oggetto indefinito per terra analizzato da Dawn. Ricordava un tubo. Era metallico, grigio, ma aveva 4 strisce che brillavano di rosso. Dentro il cilindro vi erano degli aggeggi tecnologici che, non appena Dawn li uscì dal loro giaciglio, si rivelarono essere dei frammenti di una Scheda Madre. La cosa che più li colpì era che il tubo ricordava in un modo allucinante i Veliant.
«Che motivo avrebbe un “coso” di trovarsi qui» Sibilò Duncan.
«Da' qua» Brusca, Heather lo rubò dalle mani di Dawn e esaminò prima il tubo e poi le schede «Sì, ok, è magnifico ma... noi che ci facciamo con questi?» Osservò.
«Teniamoli, possono tornare sempre utili» Propose Dawn osservando l'asiatica.
«Eh, grazie» Schernì poi la Calcolatrice, trovando la proposta troppo ovvia.
«Duncan, non conosci qualcuno bravo con questo genere di cose?» Chiese ingenuamente Zoey rivolgendosi al Punk?
«E perché?» Seguì lui.
«In modo tale da poter individuare più facilmente la fonte e quant'altro»
Duncan accolse la motivazione di Zoey e quindi sì, penso alle sue conoscenze. Pensò a lungo, ma non individuò nessuno che fosse un genio dell'informatica se non qualcuno che intendesse invece di esserlo. «No, mi spiace» Diede la risposta secca. «Ma è indispensabile?» Alzò un sopracciglio.
Zoey stava per aprire bocca ma si rimangiò quello che stava per dire. «No, non fa niente. Ma mi domando che ci fanno qui» Bella domanda.
Dawn continuava ad osservarlo, anche se Heather lo copriva con le mani. Non sapeva giustificare la sensazione di Deja-Vu che la assalì in quei minuti.
Scott interruppe il silenzio che si formò tra di loro «Perfetto, rientriamo dentro e poi decideremo come comportarci con questo affare!» Suonava più come un ordine che altro.

Successivamente l'essere rientrati, posarono l'oggetto in un posto sicuro, un cassetto per la precisione e, essendo tutti presenti, cominciarono a parlare dell'argomento per il quale si erano riuniti. Heather, Courtney, Duncan e Zoey si accomodarono sulle sedie davanti al tavolo circolare, Dawn e Scott erano seduti sul divano mentre Dj era il malcapitato a restare in piedi.
«Allora, Duncan, di cosa volevi parlare?» Avviò Dawn.
«Secondo te? Ho scoperto cosa cercano i Veliant» Sentendo quella frase rimasero quasi tutti stupiti e sgranarono gli occhi. Alcuni, perché Heather, Scott e Dawn sembrava che non erano visibilmente incuriositi dalla notizia. Courtney non negava lo stupore ma voleva sentire ciò che aveva da raccontare.
«Sei sicuro, fratello?!» Dj era sorpreso e entusiasta. «Dicci tutto!»
«Ne sono sicuro, e vi posso dire che stanno cercando noi» Dopo lo stupore, un'atmosfera incerta circondò la stanza.
La più scettica di tutti fu Heather che guardava Duncan diffidando dalle sue parole. Potevano essere vere, ma cosa lo confermava? «E dì, Duncan, come l'hai scoperto?» Interrogò.
«Meglio non rivelare le mie fonti»
Heather girò lentamente la faccia dall'altro lato e sorrise convinta che ci fosse sotto la fregatura. «Perché?» Continuò la calcolatrice.
«Senti, imperatrice della Cina, è meglio così e basta» Scoppiò Duncan ricomponendosi «Ma vi giuro che è vero» E difficilmente il Marcio giurava.
«Bene...» Mormorò Heather «Allora non ci credo»
A Duncan non fece ne caldo e ne freddo. «Fai quello che vuoi» Ormai la conosceva.
«Stavi dicendo? Continua pure» Zoey ripristinò la situazione. Allora Duncan riprese a spiegare la situazione.
«Aggiungo anche che non siamo gli unici ad avere poteri paranormali. Oltre noi, altri saranno sparsi per chissà quale buco del culo del mondo e altri, ne sono più che certo e mi gioco qualsiasi cosa, sono stati presi dai Veliant»
Heather non negava di essere attratta da quelle affermazioni ma continuava a non crederci. Non perché non credesse a Duncan –quello è un altro discorso– ma per una questione di principio. Per quale motivo non poteva rivelare il nome della sua fonte? Chi era? Sapere chi era era il trucco per sapere se ciò era vero.
«Altri come noi?» Dj ci stava seriamente riflettendo su.
«Quindi è possibile che i Veliant non sono qui perché probabilmente staranno cercando altrove» Intuì Courtney con la massima serietà.
«Sicuro»
«E come fa ad esserne così sicuro, Marcio?» Interruppe Scott con la sua solita posizione.
«Che cazzo... era un modo di dire, Iena» Sospirò Duncan girandosi verso il ragazzo.
In realtà Scott non la pensava come Heather però non si sbilanciava più di tanto.
L'ultima dei tre a non essere sorpresa era Dawn ma non perché non credesse al punk, ma perché lei, invece di ascoltare il ragazzo, ascoltava la sua aura per via di una questione di abitudine. E lei era certa che non mentiva, la sua aura confermava che diceva la verità. «Qualcuno ti ha detto tutto questo, vero?» Chiese convinta di se.
«Sì, qualcuno. Come lo sai?» Duncan prevedeva la risposta.
Prese una sigaretta e la accese.
«Lo vedo dalla tua aura» Esattamente come lui immaginava. Non parlava molto con Dawn eppure molte volte si sentiva stupido a fare certe domande.
«Dici la verità» Disse Raggio di luna una frase a favore per il ragazzo dalla chioma colorata, che sorrise leggermente.
«In ogni caso, come ci comporteremo?» Quella domanda uscita dalla bocca di Zoey mise in difficoltà il Punk abolendo quel sorriso dalle sue labbra.
«Non lo so...» Rispose calando il capo liberando una nuvola di fumo.
«Non sai nient'altro? Origine dei Veliant, chi li crea... nulla?» Chiese Dj guardando Duncan come se fosse un guru.
«No» Rispose nettamente, avviando dolcemente la sigaretta verso la sua bocca. «Ma mi inventerò qualcosa...» Esalò un altro sospiro grigio di fumo.
«No, Duncan» Lo fermò Dj dandogli una pacca sulla spalla «Ci inventeremo qualcosa»
«Ah sì, ovvio, era sottinteso» E al povero Dj caddero le braccia per terra per via della risposta che assolutamente non si aspettava.
«Continuo a non capirti» Parlò Heather appoggiando i gomiti sul tavolo e posando lievemente la sua mano sotto il mento osservando con la massima attenzione Duncan. «Come puoi fidarti di questo informatore?»
Il punk portò nuovamente la sigaretta nel lato sinistro delle labbra aspirando un'ulteriore boccata di fumo.
«Semplice Heather» Rilasciò il fumo. «È l'unico che abbiamo e non vedo perché dovrebbe prenderci per il culo» Tornò ad aspirare la sigaretta.
A quel punto l'asiatica si alzò e sbatté le mani sul tavolo
«Sì, certo. E se dovesse essere un impostore?! Poniamo che è vero tutto ciò che hai detto. Se questo tuo informatore dovesse avvicinarsi a noi lo sai che saremmo tutti quanti fottutti?! L'hai calcolato questo, o sei troppo impegnato a fumare come una ciminiera scassata?!» Urlò alterando gli animi.
«Va bene, allora facciamo una cosa» Sussurrò il Marcio fumando.
«Sentiamo un'altra perla!» Lo sfidò la calcolatrice.
A quel punto Duncan alzò gli occhi guardando i presenti dal primo all'ultimo e infine concedendo i suoi occhi a Heather, che puntavano le sue iridi nere infuriate. «Ve la farò conoscere» Suggerì alterando ancora di più l'animo della ragazza. «MI PRENDI PER IL CULO?!» Sbraitò lei.
«No» Rispose molto semplicemente Mr.Cresta Verde.
«NON DOVEVA RESTARE ANONIMO?!» Giustamente osservò Heather.
«Era una mia scelta, conoscendola»
«DINNE UN'ALTRA!»
«Questa È la verità» Anche Duncan si alzò alla pari di Heather che arrivò al limite della rabbia e scagliò una lancia di ghiaccio affilata creata in poco tempo contro il Punk, sciolta da alcune fiamme bluastre create da Scott, il quale si è alzato in maniera tempestiva anche se Dawn –molto agitata– stava preparando una barriera protettiva per Duncan.
«Ora basta Heather, calmati...» Le sussurrò Courtney cominciando a massaggiarle le spalle. La rabbia di Heather apparve placarsi, si sedette guardando un punto impreciso della stanza tenendo le braccia incrociate continuando a sbuffare.
Questa volta fu Courtney a scacciare un sospiro di sollievo e osservare Duncan con un aria serissima.
«Facci conoscere la tua informatrice e finiamola con questa farsa» Fu la prima e l'ultima frase della mora.
«Sarà fatto» Obbedì la vittima della furia di Heather.




Dawn si trovava in un vicolo buio. Era notte e vedeva in lontananza la strada, qualche luce emanata da dei lampioni sparsi. Si rese conto di essere terrorizzata oltre che nascosta tra qualche scatola e bidoni della spazzatura. Era in pericolo, per di più sola, aveva capito solo questo.

Fu una questione di minuti. Sentì dei suoni –gli stessi delle armi dei Veliant–, delle luci rossi cominciare a venire verso di lei e brevemente le fu tutto cristallino come l'acqua. Loro erano lì.
Cominciò a rannicchiarsi e singhiozzare continuamente, finché i robot non si posizionarono non molto vicini ma nemmeno lontani da lei. Le lacrime cominciarono a farsi strada giù per il suo viso, le sue mani sulla sua testa ormai calata –si rifiutava di guardare i suoi assassini.
Si stava preparando ad urlare, se non fosse per un particolare che la salvò ma che allo stesso tempo la lasciò perplessa e ancora impaurita.
Fu la stessa cosa che eliminò in meno di subito i robot.

Ebbe il piacere di vedere la sua salvatrice.

Vide solo una luce turchese a salvarle la vita.”

Sì sveglio tutta sudata e ansimando rumorosamente. Il suo acchiappasogni non aveva funzionato, fu la prima volta.
«Dawn!» Zoey saltò giù dal suo letto di fronte a quello di Raggio di luna, accese la luce e si piombò verso di lei.
La bionda si rese conto di non essere nella sua stanza bensì in quella della rossa, e quindi nessun acchiappasogni era presente. «Cos'è successo?!» Interpellò Bella Gioia agitata quasi quanto lei.
«U-un...» balbettava, riuscendo a malapena a parlare. Piangeva. «... un in-ncubo» E furono lacrime a scorrere come fossero un fiume in piena.
Senza perdere tempo Zoey abbracciò fortemente la ragazza «Sssh, tranquilla, è tutto finito.» Le accarezzò i capelli cercando di tranquillizzarla. Ma lei continuava ad ansimare.

 


 

Black Corner:
Parto ringranziando ancora di tutto cuore a chi ha recensito e chi ha messo la storia nelle seguite.
Mi avete dato un motivo in più e serio per continuare questa storia. Oltre a motivarmi.

Sono assolutamente consapevole della noia che trasmette il capitolo ma l'ispirazione purtroppo è poca, e volevo fare un capitolo d'effetto e diverso dal precedente (non voglio che sembri una scusa). Ho fallito?
Se sì, vogliate scusarmi e ovviamente darò meglio del mio meglio nel prossimo capitolo che questa volta ho in mente.

Non spoilero nulla comunque.
'Spe, ho già dimenticato cosa dovevo dire...
Ah.
Volevo segnalarvi delle cosette: 
I) Ovviamente, vi invito a recensire. Lo so che nel capitolo precedente la mia presentazione è stata rude, ma tranquilli, potete recensire senza problemi, se il problema sono io.
II) Potreste per favore parlarmi dell'IC dei personaggi? Nel senso di farmi notare se ci sono personaggi che vi sembrano OOC. Sia in questo capitolo che nei prossimi.
III) Errori, ma non serve neanche che vi avvisi. 
IV) Recensioni costruttive, grazie.
Bene, volevo dirvi solo questo.
Ringrazio ancora tutti voi.
Recensite, eh.
Niente, ora vado a fanculo per la vostra gioia.

Yours, truly.

Nero.




 

 

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Capitolo 3
*** Turquoise Light ***


– Third Chapter –




Turquoise Light








Scott dormiva tranquillamente e beatamente nella sua stanza finché un raggio di sole non irruppe brutalmente attraverso la finestra. Aprì lentamente i suoi occhi coprendoseli con l'avambraccio, il tutto chiaramente accompagnato da sonore parolacce. Si mise a pancia in su, era a petto nudo e le coperte arrivavano fino al bacino mostrando una striscia grigiastra che sicuramente era l'indumento che indossava. Non pensava a nulla: il sonno ancora scorreva nelle sue vene e probabilmente c'era il rischio che si riaddormentasse dal momento che gli occhi si chiudevano soli senza dare criterio ai comandi del lentigginoso.
È tutto un copione, la classica routine mattutina” pensò. “Il protagonista dorme ma un raggio di sole rompe i coglioni”
Fu una questione di secondi: si levò quelle lenzuola, che tanto adorava, con l'amaro gusto che provava ogni qualvolta che doveva alzarsi da letto. Si sedette sul bordo del materasso passandosi svogliato una mano sulla faccia. Passarono una decina di minuti nei quali decise che era arrivata l'ora di alzarsi e benché il suo corpo fosse coperto solo da un paio di boxer vestirsi non rientrò nel suo programma, almeno in quella frazione di tempo. Accendendo prima lo smartphone dimenticato casualmente sul mobile, si diresse verso la cucina con l'intento di preparare un caffè. Prese quindi la moka e il caffè in polvere attivando in seguito il gas poi rimase lì immobile e aspettando che la caffettiera compiesse il suo dovere, ascoltava il silenzio di casa sua. Come tanti altri abitava solo e, per carità, gli piaceva, ma lui aveva una lunga storia dietro. Mosse gli occhi e vide lei, sua madre, in una foto che ritraeva solamente il volto: una signorina –era una fotografia vecchiotta nella quale poteva avere apparentemente 20 anni circa– con dei lunghi capelli dello stesso colore di quelli del figlio e occhi neri. Qualche lentiggine sparsa qua e la. Tuttavia, i colori si distinguevano a stento.
Abitava con lui in un'altra casa tempo fa.

Prima che sparisse.

Sì, sparì nel nulla senza lasciare tracce, messaggi, o comunque qualcosa che non per forza dicesse dove sarebbe andata. A lui bastava qualcosa che lasciasse intuire che se la passava bene ovunque fosse. Due voci nella sua mente parlavano confondendolo totalmente e facendolo sprofondare delle volte nella tristezza totale. Tali parlavano opponendosi l'una all'altra: una diceva che sicuramente lei non era scappata volontariamente e che quindi qualcosa o qualcuno l'aveva costretta e poteva avere ragione, considerando che sua madre lo adorava, ma l'altra... ah, l'altra era quella più ferita, probabilmente. Suggeriva a Scott che lei non era scappata, ma fuggita via senza lasciare nulla solo per rifarsi una nuova vita, logicamente, liberandosi anche di suo figlio.

Questo era tutto quello che ricordava:

Lui, un piccolo ragazzino dai capelli rossi e dalla faccina coperta di lentiggini.
Lui, l'amore di sua madre.

Allora era con lei, erano senza un mezzo e quindi camminavano percorrendo una strada che Scott riconobbe difficilmente. Tenendole la mano con una presa solida, si rivolse verso la donna. «Mammina...»
Aveva lo sguardo malinconico e lui, per quanto fosse piccolo, lo intese alla perfezione. «Dimmi, tesoro» Rispose con un tono di voce diverso dal solito. Non era la voce piena di gioia e amore che conosceva Scott, anzi, era totalmente il contrario.
«Stiamo andando dal nonnino?» Fece quella domanda basandosi su quei pochi ricordi che aveva riguardo quella stradina. «Sì...» Confermò la madre con un fil di voce.
Dentro di sé, Scott era contento ed era pronto a fare i salti di gioia ma rimase lì immobile. Concentrò le sue energie nel capire perché sua madre era così malinconica.
Arrivarono da suo nonno materno, il quale li accolse. O meglio, lo accolse.
«Scott... amore mio...» gli occhi lucidi «Da oggi vivrai con il nonno. Io devo andare» E lì, al povero rosso venne come un colpo «So che ti sto lasciando in buone mani ma...» Cominciò a piangere e ad abbracciarlo «Ma ti prego... si forte. Ti amo tanto» Abbracciò più forte che poteva suo figlio che a quel punto scoppiò in lacrime. Tornò da suo padre, lo guardo negli occhi. Lui invece non mostrava i suoi sentimenti, ricambiò comunque l'abbraccio e le disse di farsi forza e di tenere duro. Lei annuì e prima di uscire prese una boccata d'aria abbondante. «In bocca al lupo, figliola»”

Questo era tutto quello che ricordava. Eppure non sapeva spiegare, dopo tutto quel tempo, perché suo nonno era impassibile a quell'evento.
Per descriverlo bastava descrivere Scott. Erano uguali sotto numerosi punti di vista, dove rientrava anche l'aspetto fisico. Quel vecchio boscaiolo –soprannome datogli dal nipote– assomigliava a lui alla sua età.
Poi però morì e quella casa passò a tutti gli effetti nella proprietà della Iena –morì quando lui era già maggiorenne.
È vero. Scott non ha passato una vita molto facile.
La moka segnalò al lentigginoso che il caffè era pronto con un fischio, lo stesso che lo fece tornare con i piedi per terra –era totalmente sommerso nei suoi pensieri. Scosse la testa e prese la caffettiera versando il contenuto dentro una tazzina blu. Si sedette davanti al tavolo che in cucina e cominciò a sorseggiare il caffè sperando di colmare quell'aspra sensazione che si ritrovò subito dopo aver aperto gli occhi con un altro gusto amaro ma voluto, a differenza del primo.
Non gli piaceva pensare al suo passato, lo rendeva triste, e ancor di più, una cosa importante, nessuno aveva un'idea chiara su quest'ultimo. Nessuno. Nemmeno gli amici più stretti, che oltretutto erano pochi.
Ma lui era Scott il grande. Non permetteva in nessuna maniera che i suoi pensieri o chiunque altro potesse intaccare la sua maestosità e la sua grandezza. Questo era quello che credeva.
Finito il caffè, sempre con la stessa voglia di fare di un bradipo in letargo, uscì dalla cucina, dimenticando di rimettere in ordine gli utensili utilizzati. Questa volta andò in bagno, si tolse i boxer di dosso per entrare sotto la doccia. Una lunga, tiepida e rilassante doccia. Era sicuramente un po' più sveglio grazie al caffè e all'acqua che gentilmente picchiettava su di lui, partendo dai suoi capelli fino ad arrivare ai piedi. Il capo era rivolto verso il basso facendo sì che anche da diverse ciocche color arancio scorresse un filo d'acqua. Lo orientò poi verso l'alto –i suoi occhi erano chiusi–, abbandonando i suoi pensieri al tocco cordiale di quella pioggerella fuoriuscente dalla cornetta riservata solo per lui. Li aprì non appena riemerse dalla sua memoria l'avvenimento di qualche notte fa. La lite tra Duncan e Heather. A lui non importava nulla, ma era il motivo di quella lite a farlo meditare e non si riferiva completamente al carattere di Heather o a quello di Duncan. No, era la fantomatica informatrice. Era curioso e allo stesso tempo sospettoso. Quelle informazioni non facevano una piega ma anche Heather aveva un fondo di ragione, secondo lui.
Prese la bottiglietta di bagnoschiuma. Fragranza “Cocco e Cacao”. Ne prese una minima parte e cominciò a spalmarla sul corpo bagnato.
Ascoltare una voce oppure un'altra? Nonostante ciò, era un tipo con le idee chiare e che sapeva prendere le sue decisioni, ma delle volte era troppo scettico. Viveva con la filosofia di vita del menefreghismo perché già sapeva del rischio di ritrovarsi in quei bivi.
Usci dalla doccia prendendo un asciugamano che avvolse sulla sua vita e tornò in camera accorgendosi che il suo smartphone lampeggiava.

Il Marcio ti ha mandato un messaggio

Il Marcio ti ha mandato un messaggio

A prima occhiata si chiese cosa volesse il Punk per mandare due messaggi di seguito. Lo conosceva bene, non faceva mai una cosa simile anche perché a Scott davano fastidio i messaggi separati.
Dunque, seduto sul suo letto, li lesse.
 
  • Ehi, testa rossa!
    Ti informo che stasera dovrebbe venire “quella persona”. Non ti do un orario sparato a cazzo perché sbaglierei sicuramente.
    Cerca di venire prima che lei arrivi, anche se nel caso dovesse mancare qualcuno ovviamente lo chiamerei.
    Sii presente e puntuale!
     
 
  • Ah, dimenticavo! Stasera potrebbe toccare a te fare da guardia al ritrovo, ma forse, per la tua gioia, crediamo che non ne valga la pena.
     

Crediamo”

Sbuffò e pronunciò con un tono rassegnato e lieve solo un «Vabbeh». Preferì non farsi il sangue acido anche per delle cose banali, quali anche quei due messaggi vaghi. Vaghezza... una cosa che odiava.
Bestemmiò solo a pensare di fare la guardia.






Dawn aveva quasi finito di meditare. Si trovava nel giardino di casa sua, illuminata dalla luna e da qualche stella che si trovava lontana dalle altre e così via.
Era una ragazza che viveva in sintonia e armonia con la natura, meditava ogni volta possibile. Credeva nel mistico e adorava la cultura nativa americana –cosa dimostrata dal acchiappasogni che utilizzava come collana e lo indossava non solo perché ci credeva.
Il motivo per il quale meditava costantemente? Risposta semplice: il motivo era semplicemente lo stare in pace con se stessa, lo stesso che la portava a mantenere la calma in qualsiasi situazione sostenuta da una solida tranquillità. Rabbia, troppa gioia e tristezza non erano ammesse. La sua parola d'ordine era: “Mantieni la calma”.
La sua routine quotidiana prevedeva una tazza di tè durante le mattine e i pomeriggi – e se le girava si faceva pure la terza– ed era anche una tasseomante, tant'è che leggeva ciò che questi aveva da dirle riguardo il futuro. Non solo con il tè ma anche con il caffè.
L'ultima lettura illustrò quattro simboli che parlavano chiaramente:

Croce – Leone – Nido – Ramo.

Guai – Amici cari – Protezione – Nuova amicizia.

Sensorialmente sentiva a prescindere che parlavano di quel sogno fatto notti indietro a casa di Zoey, che oltretutto immaginava si sarebbe anche avverata il più presto possibile. Ma si fece coraggio dal momento che non era sola, dal momento che Zoey conosceva tutta la situazione e che certamente non si tirerebbe indietro nell'aiutare l'amica in caso di pericolo, in più era convinta che anche gli altri non sarebbero stati da meno. Infondo, anche quelli più duri avevano un cuore e lei lo sapeva eccellentemente. E tutto questo era stato ulteriormente confermato dall'ultima lettura del tè. Quei quattro simboli erano posizionati in prossimità del bordo della tazza e quella posizione prevedeva che, appunto, sarebbe accaduto non tardi. Se fossero situati nel fondo divinerebbero l'opposto.
Anche lei sapeva di chi sarebbe venuto quella sera, tuttavia fece con la sua calma. Non aveva premura. Sapeva che Duncan, innanzitutto, era sincero e che si fidava ciecamente del suo “reporter”.
Era curiosa e aveva voglia di conoscerlo, sicura che fosse una buona persona. Lo credeva perché Duncan si fidava di costui ciecamente e le voleva bene, e ce ne voleva perché che esso provasse sentimenti simili verso una persona.
Per questa sua voglia e curiosità, si alzò dal suo ben curato prato e si stirò per bene. Era pronta. Uscì di casa chiudendo saldamente il cancello e cominciò a camminare lasciandoselo indietro. Sola, calcolando il fatto che non abitava in città.
Zoey non era con lei perché passò quella giornata stando con Dj e Duncan nel loro luogo di incontri e a mandare messaggi a destra e a manca.
Il cielo aveva una luna stupenda che cominciava ad accendere un cielo nel quale era ancora presente qualche tonalità di celeste –scura– che sfumava via via in blu più scuro fino ad arrivare al nero dopo qualche manciata di minuti, il tutto avente come contorno una brezza fresca che accarezzava amorevolmente la pelle di Dawn. Con i capelli ondulati dal vento, gradì pure il silenzio che vi era per le strade.
Sicuramente camminare da sola in qualsiasi situazione –specie per lei– equivaleva all'essere in pericolo costante, ragion per cui c'era sempre una delle sue barriere a proteggerla. Fino a che punto poteva tornarle utile, non lo sapeva dire.
Utile come l'oggetto che trovò insieme a Scott e Zoey: quel tubo con quei frammenti.
Si faceva molte domande a riguardo e credeva che da quelle parti ci fosse stato uno scontro, ciò poteva allora condurre da un altro o altra come loro.
Un oggetto simile poteva appartenere solo ad un Veliant.
Ma per quale motivo lasciarlo lì?
Erano sufficienti codesti quesiti per annullare la preoccupazione, ma non scartava comunque la possibilità.
Smise di pensare per via di diverse luci che lampeggiavano in lontananza attirando la sua attenzione. Era tutto opera di un'autovettura che sfrecciava alla velocità della luce magari violando anche i limiti di velocità consentiti. Lei marciava sul marciapiede quindi non angosciava e continuò verso la sua via. Però era un atteggiamento che non tollerava perché per colpa di tali spericolati che guidavano troppo velocemente –ubriachi o meno– c'erano stati tanti, forse troppi, incidenti nella maggior parte dei quali sicuramente ci saranno stati dei morti.
Non passò molto tempo e non ci vollero neppure troppi passi per poter quanto meno sospettare il motivo di una corsa così spensierata a cento all'ora. Sentiva dei botti.
Pensò solo a una cosa:

Veliant.

Avrebbe dovuto immaginarlo.
Ispirò profondamente.
O faceva da sé, o era fottuta alla grande.
Non voleva combattere, sperava di evitarlo, ma non era detto che avrebbe dovuto per forza farlo. Lei sapeva fare cose che non avevano a che vedere con le sue capacità paranormali. Per esempio, oltre a leggere le aure e creare barriere, sapeva levitare.
Proseguì con tranquillità, impedendo alla paura di alterarle lo stato d'animo altrimenti le cose sarebbero peggiorate oltremodo. Non fece nulla, se non rafforzare la sua barriera protettiva prima di proseguire né troppo lentamente né troppo velocemente. Sentiva gli stessi rumori, ogni tanto botti o spari, qualche flash dovuto da armi laser e qualche nuvola di smog – che per una volta avrebbe preferito fosse fumo di sigaretta piuttosto che Veliant.
Era ufficialmente diventata una corsa contro il tempo mentre i rumori si facevano più vicini. Fu esattamente in quel momento che intravide delle lucine rosse. Si stavano avvicinando rapidamente e fu sempre lì che pregò intensamente perché qualcuno venisse a salvarla o almeno che in qualche modo, anche misero, ci fosse riuscita da sola a salvarsi la pelle.

Ma a chi voleva prendere in giro? Lei? Da sola? Salvarsi? C'era da ridere e da piangere.

Solo un miracolo poteva riuscirci. Miracolo che aspettava continuamente che accadesse ma mai un risultato valido.

I robot si avvicinarono sempre di più eppure la bionda era pronta. Puntò tutto sulla difesa e sulla sua barriera protettiva, uniche cose che ebbe dalla sua parte. I robot, arrivati dinanzi a lei, cominciarono a sparare proiettili laser senza sosta benché la barriera li assorbiva puntualmente uno ad uno mettendo a dura prova la forza di Dawn la quale sapeva che in una frazione d'ora o pressapoco non avrebbe più resistito. Diede il meglio di sé, tuttavia, poco prima che cedesse, diversi getti d'acqua potenti lanciati visibilmente a grande pressione colpirono i Veliant uno ad uno. Era davvero potenti dal momento che i robot vennero messi K.O. senza la minima fatica. La bionda si girò pronta a ringraziare l'artefice dei getti d'acqua o, almeno, l'avrebbe fatto se non fosse stato un'idrante guasto che insisteva nel gettare acqua.
No, la ragazza non ci credeva certa del fatto che c'era altro sotto. Tuttavia non ci meditò oltre e lasciò quell'idrante ma, automaticamente, altri Veliant spuntarono dal nulla.
Più ne annientava, più se ne facevano vivi. Non ce la faceva più.
Decise dunque di non puntare tutto sulla difesa e cercò anche di raggirarli in qualche modo, con la consapevolezza che le probabilità di fallire erano alte. Prese a levitare e non appena constatò che era abbastanza in alto creò una stanza cubica intorno ai Veliant che, con un laser sparato senza attenzione, si colpirono da soli perché quest'ultimo rimbalzò contro le pareti.
Sì, i raggi laser colpirono i loro padroni ma non recarono alcun danno. Inoltre, i Veliant si liberarono facilmente della loro prigione senza nemmeno lasciare a Raggio di luna apprendere il perché di tutto ciò –aggiungendo anche il fatto che non sapeva di essere in grado di creare camere di quel tipo.
Non ebbe altra scelta: si affidò all'ennesima barriera, ascendendo lentamente.
Doveva resistere.
Un respiro profondo, chiuse gli occhi, si concentrò...

Concentrò...

Ancora...

Un altro po' e...

Aprì gli occhi e violentemente respinse la barriera, che divenne sempre più grande, investendo i Veliant. Non recò un elevato numero di danni ma sicuramente il risultato fu più soddisfacente di quanto si aspettasse. Però era arrivata apertamente alla fine delle sue forze. Non poteva fare nient'altro.
I Veliant non si fecero aspettare neanche un po' e si reindirizzarono verso la ragazza questa volta unendo le forze e rilasciando il raggio laser più grande che Dawn avesse mai visto prima.
Lì ebbe seriamente paura .
Preparò un nuovo scudo, il più solido possibile, ma altre luci giunsero incontro al laser divorandolo letteralmente. La fonte era un motociclo blu notte, del quale il pilota lasciò per un breve periodo il manubrio stendendo le braccia, che si illuminarono di turchese, sparando raggi enormi del medesimo colore. I Veliant si fusero grazie al lampo luminoso riducendoli da robot combattenti a carcasse metalliche bruciate. Quella persona, arrivata vicino a Dawn, si fermò. «Salta su!» Ordinò, senza togliersi il casco ma porgendone allo stesso tempo un altro alla Principessa delle fate.
La sua aura era verde giallastro.

Tranquillità ; ci si può fidare

Alla luce dell'aura che trasmetteva affidabilità a 360° la bionda indossò il casco e salì in sella al veicolo notando prima un particolare. La moto era priva di ruote. Al posto di esse nulla, se non dei fasci di luce. Chi la guidava invece indossava un casco nero, seguito da una giacca lunga totalmente nera se non fosse per una rosa blu disegnata sulla schiena di esso. Il colletto era agghindato da una pelliccia argentea; poi una maglietta bianca con una croce turchese neon; un pantaloncino di jeans azzurrino seguito da dei collant neri quasi strappati e delle scarpe dello stesso colore e dei guanti di velluto turchese scuro. Era una ragazza.

Dopo che Raggio di luna salpò sul veicolo, la ragazza accelerò a tutta velocità, una velocità tale da far perdere a Raggio di luna la cognizione del tempo. Ci pensò su un secondo a quella ragazza misteriosa. Aveva il potere di sparare luci turchesi esattamente come quelle del suo sogno.
Non sapeva se era precisamente questo ciò che significava, ma in ogni caso era felice di sapere che quella ragazza, chiunque essa fosse, l'aveva salvata. Avrebbe ricambiato il favore con il suo potere se solo avesse avuto forze a sufficienza.
Arrivate in città la moto rallentò con leggerezza per poi fermarsi un attimo, di nuovo. Entrambe notarono che intorno a loro vi era una zona bagnata illuminata dai fari abbaglianti del veicolo: gli idranti non erano quasi tutti impazziti come quello che Dawn aveva visto precedentemente. Quelli erano molto più calmi, anzi, zampillavano senza veemenza alcuna e più che idranti sembravano fontanelle per uccelli ma precedentemente avranno assunto lo stesso atteggiamento del primo. Oltre l'acqua, dei Veliant immobili, stesi a terra. Le parti che normalmente emanavano luci rosse erano spente, mostrando un rosso scuro quasi nero. La motociclista non si fece troppe domande e rimise in moto il mezzo. La strada era bagnata ma il vantaggio nell'essere privi di ruote è questo: poter camminare con la velocità che più si preferisce dal momento che il pericolo di sbandamento è assente.
In seguito a qualche chilometro percorso in una strada che a Dawn era terribilmente famigliare, arrivarono a destinazione. Senza sorpresa essa aveva notato che si ritrovarono nello stesso punto dove situava il vicolo cieco che portava di conseguenza nel ritrovo. Le due scesero dalla moto sostata e successivamente la Leggi Aure ridiede il casco alla ragazza guardandosi intorno. Niente acqua e niente Veliant.
«Come mai eri da sola per le strade?» La voce della ciclista fece voltare la bionda verso di sé. Si tolse il casco rivelando il suo volto pallido decorato da un rossetto rosso scuro, un eyeliner e un mascara neri e un ombretto leggermente più scuro della sua pelle che nascondeva delle occhiaie. I capelli neri, legati in una coda di cavallo che arrivava a toccare la fine del suo collo, erano accompagnati da delle ciocche color verde petrolio. Ricambiò l'occhiata della ragazza minuta. «Dal momento che i tuoi poteri non sono del tutto maturi, non dovresti imbatterti in scontri simili, Dawn» rimproverò. Viso pallido non fu sorpresa neppure nel sentirle pronunciare il suo nome.
«Mi hanno colta alla sprovvista. Di solito non mi muovo da sola, Gwen»
Fu invece la ciclista a sorprendersi. «E così conosci il mio nome. Ducnan deve averti parlato di me»
«Duncan non mi ha detto nulla di te» Corresse Dawn.
Gwen posò il suo casco per poi riprendere a guardarla perplessa. «Dunque come fai a sapere il mio nome?»
«La tua aura ha parlato per te»
Inizialmente, la Darkettona fece una smorfia stranita sostituita poco dopo da un sorriso «Sei strana... devi essere simpatica» Finì la discussione Gwen con quella frase.
La notte era ancora giovane e le due si diressero verso il ritrovo, pronte a dialogare con gli altri, sopratutto Gwen. Lei era quella più che pronta.
Dawn era al contrario volenterosa nel sentir dire tutto quello che già aveva intuito, indipendentemente dalla lettura delle aure.
 
 


 


Kuroi Ikkaku:

Grandissimi, rieccomi!
Sono passate, sì, due settimane dall'ultimo aggiornamento.
Considerando che nel momento in cui cliccherò "pubblica capitolo" sarà tipo 00:00, diciamo due settimane e un giorno.
Ma fregacazzi. 
Tenetevi il III capitolo simile al I. Ma... meh.
E' una merda.
Peggio dei precedenti. Ho paura...
Vi dico, la parte di Scott l'ho scritta senza problemi. Minchia vi giuro, ho scritto la prima parte con le dita che andavano più veloci di Usain Bolt. 
Quanto a quella di Dawn, invece, dev'essermi venuta una specie di blocco.
Non sapevo più come continuare.

Avete notato gli idranti schizofrenici? Di quello parleremo nel prossimo capitolo. Con una frase demenziale capirete tutto.
E abbiamo una New Entry. Sicuramente, vi aspettavate di trovarla.
Lo so, questa storia diventa sempre più scontata ogni giorno che passa....

Ma, vi devo ringraziare, nel bene e nel male.
Voi nonostante tutto continuate a incoraggiarmi a continuare. 
Non ho parole. Siete dei grandissimi.

Non so quante recensioni avrà stavolta.
Ma a me principalmente basta vedervi soddisfatti o comunque sapere che vi ho intrattenuto in qualche modo, anche nello scrivere quattro babbarie, a me interessa sapere che non vi ho fatto perdere tempo prezioso che magari avreste potuto spendere a spaparanzarvi nel divano o nel letto.

Benissimo, ovviamente vi invito a recensire se ne avete voglia. Mi fa piacere leggere le vostre opinioni, davvero.
Chiaramente, vi invito anche a segnalarmi gli errori e se qualcuno in questo capitolo lo avete notato OOC oltre tutto il resto.

Spero di avervi... non dico fatto emozionare perché non c'è nulla di emozionante.
Spero di aver catturato la vostra attenzione e di non aver buttato tutto all'aria.

Au revoir!

*Sprofonda nelle tenebre*

Nero


 

 

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Capitolo 4
*** – Ullr – ***



– Fourth Chapter –


– Ullr –






 

La Principessa delle Fate fu più che lieta di introdurre Gwen nel luogo che da tempo desiderava vedere. La Darkettona si congratulò con Dawn per aver posizionato il loro piccolo giaciglio attraverso un muro ma la stessa bionda le spiegò che era stata tutta opera della mente di Duncan e delle abilità di Dj, nient'altro. Quel nome suono famigliare alla Dark per via di Duncan che le aveva accennato qualcosa del ragazzo definito più volte come un caro amico, tuttavia non sapeva di tutti gli amici del Punk. Diceva che ad altri non era particolarmente affezionato, per esempio a Dawn, con la quale non c'era molto dialogo, eppure Gwen la “conosceva” perché il Marcio parlava spesso della sua incredibile capacità di leggere le aure e levitare, fu grazie a questa abilità che la riconobbe subito durante la precedente battaglia con i Veliant. Non appena entrò in quella famosa stanza ebbe modo di vedere alcuni di loro.
«Gwen!» Trovò Duncan ad accoglierla con un entusiasmo insolito da parte sua, abbracciandola con grande affetto.
«Ciao Duncan» Soffiò la vittima di una presa troppo stretta. Ricambiò l'abbraccio senza stringere troppo.
«Che bello rivederti!» Aggiunse sempre più emozionato il Punk.
«Sì, Duncan, anche io sono felice. Ricordi che odio le dimostrazioni d'affetto alla telenovela argentina, vero?» Si limitò a dire lasciando al verde comprendere con poche parole ciò che voleva comunicare. Egli afferrò il messaggio e la liberò dalle sue braccia.
«Sì, hai ragione. Ma lo sai che effetto mi fa vederti, no?»
Gwen si limitò a rispondere con una smorfia. «Per favore, ricomponiti. Dov'è finito il Punk duro e aggressivo che tutti conosciamo?» I due risero, tornando normali nel giro di qualche secondo. Conobbero prossimamente le facce di Heather, seduta, e Scott, appoggiato al muro, che contemplavano quasi schifati. «Avete finito con le scene da Fanfiction smielata?» Commentò la Iena.
«Tranquilla, Gwen, le mosche le ammazzo io» Duncan sfidò Scott ghignando.
«Attento. Le mosche sputano fuoco, potresti bruciar...» il Red-head stava per controbattere o almeno quella era la sua intenzione prima che Heather congelasse la sua lingua e quella di Duncan. «Un po' di silenzio...» Sospirò lei rassegnata.
Per 5 secondi, Gwen osservò attenta la Calcolatrice dalla testa fino ai piedi mentre le lingue dei due ragazzi lentamente si riscaldavano grazie alla controllo del calore di Scott. Lasciò perdere l'asiatica e ammirò criticando nella sua mente il posto che tanto le descriveva Duncan tempo indietro.
Notò subito la cura e l'impegno che ci mettevano nel custodirla. Fu bello vedere un sofà grigio scuro ben sistemato di fronte al muro a sinistra; un tavolo di media grandezza al centro della stanza accompagnato da numerose sedie. Poco più lontano dal tavolo un mobile che teneva dei libri, cd, videogiochi e una console sopra di esso insieme ad un vaso di fiori bianchi e rossi con tanto di terra. Aveva anche una finestra, chiusa, decorata da due tende rosse rigidamente unite. Vi era anche una porta che, stando a quanto le raccontava, conduceva al bagno. Le pareti avevano la stessa texture di un muro di mattoni, mentre il pavimento era composto da semplici mattonelle color sabbia. Scoprì una bella camera, per essere soltanto un posto di incontri creato da 4 persone, e confesso a sé stessa di esserne particolarmente compiaciuta. Tornando a guardare le persone presenti in quella stanza, sospettò che mancasse qualcuno dal momento che Duncan le diceva che non erano pochi. Eppure in quella stanza, oltre le due appena arrivate, erano in tre. A confermare la sua tesi fu Dawn che semplicemente domandò, senza leggere aure «Gli altri sono fuori?»
«Coufney, Df e Zoey? Fì» Replicò Duncan, storpiando qualche parola per via della lingua gelida.
«Afrafno comfattufo confro i Feliant frofafilmenfe. L'affiamo faffo anfhe noi, folo reftando nei pauaggi» Aggiunse Scott, storpiando più vocaboli di Duncan. Heather rise cinica e divertita. «Babbei» Scott la guardò con uno sguardo arrabbiato.
Ecco spiegato perché in quell'area non c'era nemmeno l'ombra dei Veliant.
Successivamente Dawn chiese a Scott di evocare una forma di calore. Il ragazzo lo fece, chiedendosi inizialmente per quale motivo. Creò una sfera arancione d'energia semitrasparente dalle stesse dimensioni di una perla. Raggio di luna la prese tra le sue mani attenta a non riscaldarsi troppo e la rafforzò senza far capire ai presenti in che modo. La divise e la diede rispettivamente ai due che grazie ad essa riuscirono a guarire le loro lingue, in aggiunta ad un'ulteriore cura della Leggi Aure. Gwen restò fortemente colpita dall'abilità della ragazza bassina chiedendosi se era veramente tutto merito delle sue abilità peculiari.
Nel giro di qualche minuto giunsero anche i pezzi mancanti del puzzle. «Eccoli di ritorno» Sbuffò Heather mantenendo la stessa frequenza di acidità.
«Grazie per l'accoglie...» Zoey non finì la frase, si fermò a notare la sconosciuta Gwen. «Ehm... ciao!» Salutò cordiale.
«Tu devi essere quell'informatrice della quale Duncan ci ha parlato» Intuì Courtney studiando la Gotica.
Gwen girò gli occhi «Mi avete già dato un soprannome, wow! Comunque, sì. Sono io»
Gli unici che si degnarono ad avvicinarsi ed essere gentili con la Dark furono Dj e Zoey che si presentarono con altrettanta gentilezza.
«Com'è andata con i Veliant?» Chiese con altruismo Dawn a Dj. «Ehm... non male infondo, Raggio di luna. Grazie» Rispose sorridendo. Per Dawn era un piacere parlare con Dj, sempre sorridente e allegro, avvolto da un aura color giallo limone.
«Ce ne siamo liberati in cinque secondi. Ho chiesto a Dj di farmi da scudo e a Zoey di intrattenere i Veliant mentre io, grazie all'idrocinesi, ho fatto letteralmente scoppiare qualsiasi idrante nei pressi dei Veliant» Raccontò brevemente Courtney con fierezza «Lo so, lo so... non c'è bisogno di ringraziarmi»
«Non lo sta facendo nessuno, Perfettina» Attaccò Duncan sostenuto dalla risata di Scott. Courtney non diede molte attenzioni ai due, solamente un sorriso ambiguo. Creò due sfere d'acqua enormi sopra i due che, immediatamente, si fiondarono violentemente verso loro bagnandoli totalmente.
«Mi spieghi che cazzo ti passa per la testa?!» Sbottò Scott aggrottando le sopracciglia.
«Ve la siete cercata, mi spiace» Mormorò richiamando la pozza d'acqua restante sul pavimento. Fece roteare l'acqua sul suo braccio e lo mandò al vaso di fiori innaffiandoli, permettendogli di dissetarsi. Ottenne un pavimento asciutto lasciando esclusivamente i due fradici.
Gwen si avvicinò lievemente a Zoey e a Dawn e chiese con prudenza bisbigliando «Fanno sempre così?»
«Più o meno» Bella gioia sorrise. Zoey fece più o meno una bella impressione a Gwen. Il problema era che non riusciva a capire se quei sorrisi erano giusto per cordialità o erano autentici.
In tutto questo, Heather placò gli animi di tutti ripristinando la situazione, invitandoli ad assumere un certo decoro e a discutere del vero motivo per il quale erano lì. Chi era Gwen?
Con quella domanda, finalmente si cominciava a fare sul serio. «Se non ti dispiace, potrei essere io a fare le domande per prima?» Heather si sentì presa per il culo nuovamente.
«Perfetto, partiamo bene. Non sono passate nemmeno due ore e già mi stai sul cazzo» Parlò Heather mantenendo la sua acidità incrementata dagli sguardi.
«Primo: La cosa è reciproca. Secondo: Vorrei prima fare una domanda soltanto e poi mi farò interrogare come se foste dei poliziotti» Chiarì Gwen.
Per evitare che un'altra lite si scatenasse, Dj si intromise «Va bene, Gwen, chiedi pure»
«Grazie, Dj. Vorrei chiedervi questo: Come avete scoperto i vostri poteri?»
A primo impatto tentennarono, ma risposero con calma uno ad uno concordando tutti sul fatto che erano nati con essi e che li scoprirono da piccoli, eccetto Dawn, della quale già sapeva tutto.
«Perché l'hai chiesto?» Seguì Zoey.
Gwen si sedette e annui stringendo le labbra. «Mi avete chiesto chi sono, giusto? Bene. Io sono Gwen, la cugina di Duncan, nonche una come voi ed...» Deglutì «Ho fatto parte dei Veliant» Affermazione che suscitò la perplessità e lo stupore dei presenti.
«Prego?» Brevemente espresse Zoey dubbiosa.
«Mi spiego meglio. Prima dei Veliant c'erano dei semplici esseri umani, però non avevano il compito che ora hanno i Veliant. Semplicemente pattugliare. La storia è un po' lunga...» Sospirò infine, riconoscendo che aveva mischiato troppe parole rendendole confusionarie.
«Parti dal principio, mantieni la calma» la sostenne Duncan.
«Ok...» Prese un respiro «Chi controlla i Veliant ci ha ribattezzato con un nome. Ci chiamano “Ullr”»
Rimasero ancora più perplessi.
«E questo mi fa incazzare. Perché ci danno un nome in codice? Delle volte, quando mi chiamano Ullr, mi sento un Pokemon...» Sospirò «Duncan vi avrà già parlato riguardo gli Ullr. Gli Ullr sono persone con poteri paranormali. Alcuni ci nascono, come voi. Altri magari scoprono di averli arrivati ad una certa età e altri ancora li conoscono alla sprovvista, totalmente sviluppati e senza sapere come controllarli. Io faccio parte degli ultimi, ma ovviamente ci sono moltissimi altri casi.» Si fermò un attimo, sospirò nuovamente e riprese a spiegare.
«Ora, chi sono i Veliant? Come vi ho detto, prima non erano robot. Prima non si chiamavano nemmeno Veliant. Erano semplici e comuni soldati, chiamiamoli così. Soldati pacifici. Non uccidevano nessuno, non rapivano nessuno nemmeno se fosse per soldi in cambio. Ma tutto questo è il passato, purtroppo...»
Zoey era interessata. «E perché hanno creato i Veliant? E come mai ci cercano?»
«Ebbene, sapevo che me l'avreste chiesto. Mi dispiace, ma non posso dirvelo perché non lo so. Posso solo dirvi che tutto questo è cambiato da quando il dirigente dell'Æsir Corporation è morto. Tutto è stato dettato dal nuovo»
«Della che?» Dj non aveva capito cosa fosse l'Æsir Corporation.
«Detto brevemente, l'Æsir Corporation è colei che crea i Veliant e altri robot come loro. In passato lavoravo per lei»
«Mai sentita nominare» Concluse sorpreso Dj.
«Da quando sono stati creati i Veliant non è più stata nella bocca del popolo. E' cambiata da benissimo in malissimo» Gwen abbassò la testa e incrociò le mani mettendosele davanti alle labbra.
«Conosci almeno chi è il nuovo direttore?» Domandò cruda Heather, credendo che in realtà Gwen non sapesse nulla.
«Sarebbe più corretto dire “La nuova direttrice”» Alzò la testa guardando i presenti. «Il suo nome è Blaineley»
«Blaineley chi?» Scott abbassò un sopracciglio.
«Andiamo, voi maschietti la conoscete sicuro! Quella dal nome lungo... Blaineley Andrews O'Halloran e non ricordo più cosa»
Duncan e Scott si guardarono sconvolti. «L... L'attrice ...»
«Sì, lei» Gwen precedette le loro voci sconvolte.
Il rosso e il verde erano paralizzati, per questo Gwen sorrise divertita.
«E' tutto?» Riprese il discorso Courtney. «Aspetta un attimo! Gwen, dove si trova l' Æsir Corporation?» La situazione passò nella mano di Zoey.
«Perlopiù lontano da qui»
«E alcuni Ullr, spero di non sbagliare, si trovano rinchiusi lì, vero?» Fu sempre Zoey a interrogare.
«L'avevo già spiegato a Duncan, lui l'avrà detto a voi, quindi sì. Degli Ullr sono stati rapiti»
Zoey si mise una mano davanti al labbro facendo un verso di timore.
«Come mai non lavori più per i Veliant?» Proseguì la discussione Heather.
«Perché avevo scoperto di essere un Ullr e allora Blaineley prese il comando. Avevo scoperto che voleva gli Ullr morti o portati da lei vivi ma distrutti. Dovevo scappare per mettermi in salvo e fortunatamente ci sono riuscita»
Era ammirevole notare con quanta naturalezza Gwen spiegava il tutto. Dawn però sapeva che infondo a quel tono piatto c'era rabbia mischiata a tristezza.
«Quanti Ullr sono stati presi?» Fu il turno di Dj.
«Forse 2 o 3. Gli Ullr sono tosti, difficili da rapire. E poi, siamo sinceri. I Veliant sono un ammasso di ferraglia robotica arrugginita e idiota. Combattere con loro è come combattere con un criceto impaurito. Forse i criceti ci mettono più grinta...»
In quel lasso di tempo Duncan sussultò riordinandosi subito. «Ah, Gwen!» Aprì un cassetto del mobile e prese il tubo metallico e la scheda madre frantumata. «Tieni» Li porse a Gwen la quale li osservò attentamente.
«E' un componente che serve per creare robot, ma non come i Veliant. Come ci è finito in vostro possesso?» Chiese stupita.
«L'abbiamo trovato fuori qualche giorno fa» Duncan illuminò la curiosità della ragazza che accennò subito di aver capito.
«Purtroppo io non so come utilizzarlo...» Restò un attimo bloccata. «Ma qualcuno che può aiutarvi lo conosco»
«E' un Ullr?» Continuò Duncan.
«No, una persona comune. Ma ha una mente immensa, il suo potere è l'intelligenza. Ci penserò se chiamarlo o meno» Finì Gwen restituendo gli oggetti al Marcio. «Altre domande?» Si mise comoda.
«Ti vuoi unire a noi?» Propose allegro e impulsivo Dj scatenando Heather e Gwen. «EH?!» Strillò la Calcolatrice accompagnata dalla Darkettona.
Gwen non sapeva se essere onorata, lusingata, sorpresa o sconvolta.
«Sì! Ragazzi, alzi la mano chi vuole che Gwen faccia parte di noi!»
Alla richiesta dell'Orsacchiotto, alzarono la mano Dawn, Duncan, Dj stesso e Zoey.
«Chi invece è contrario?»
Alzò la mano solo Heather. Courtney si trovava in difficoltà dal momento che non sapeva se fidarsi o meno. Dj l'aveva notato. Conosceva bene Courtney e non le mise pressione.
«Scott?»
Il rosso sospirò rumorosamente e poi sbuffò menefreghista «Ma fate quel che cazzo vi pare!»
«Ok, a questo punto la parola resta a Gwen» Tutti quanti avevano gli occhi puntati su di lei. Ecco il bello: Gwen odiava essere “fissata”, odiava i gruppi –era solitaria.
«No, Dj, guarda... sarei soltanto un peso in più» Zoey e Dj risero. «Ma quando mai!» Esclamarono entrambi.
«Davvero, ragazzi, non credo sia...» Fu interrotta da Duncan. «Ehi ehi ehi, Miss. Dark Beauty. Ti daremo un po' di tempo per pensare» Le fece l'occhiolino.
«Se la mettete così...» Accettò il tempo offerto rassegnata.
La discussione finì con quella proposta. Nessuno aveva altre domande da porre alla ragazza, al massimo avevano solo qualche lacuna incrementata dalle spiegazioni della ragazza se non fosse, certamente, per qualcuno che diffidava, come Heather, per qualcuno che era in balia dell'indecisione, Courtney, e per chi invece se ne fregava altamente, Scott. Ma il karma lo colpì brutalmente. Perché? Leggete:
«Ok, ragazzi, abbiamo finito?» Duncan si stirò la schiena sbadigliando, ancora bagnaticcio come Scott. Andò verso il frigo e prese due birre. «Scott!» Ne lanciò una al ragazzo.
«Cosa?» Prese al volo la birra, la aprì e ne bevette un sorso.
«Ricordi che devi fare la sentinella?» Scott sputò la birra con gli occhi sgranati.
«Avevi detto di no!»
«Ah sì?» Duncan prese il suo smartphone accedendo ai messaggi e lo porse al Lentiggine.
Un messaggio spiccava:

 
 
  • Ah, dimenticavo! Stasera potrebbe toccare a te fare da guardia al ritrovo, ma forse, per la tua gioia, crediamo che non ne valga la pena.
     

«Ora ricordi? CRE-DIA-MO. Uguale a "è probabile". Mi spiace, i tuoi sogni sono crollati» Ghignando, Duncan baciò la sua bottiglia bevendo il suo liquido. Si staccò un attimo «Che c'è? Ora stai zitto?»
«Spero tu muoia arsovivo» Maledì Scott bevendo la sua birra.
«Cosi mi piaci, ragazzo!» Duncan non fece altro che ricevere occhiate d'odio dal ragazzo altamente scocciato.
«Ehi, Scott, mi dispiace, ma stasera non posso restare con te» Si avvicinò Dj. Non poteva perché aveva già fatto la sentinella il giorno prima. Scott non rispose.
«Io nemmeno» Informò Duncan ridendo come i matti solamente per l'espressione di Scott. Assomigliava al Grumpy Cat.
Zoey e Courtney non potevano nemmeno loro. Heather, non era il caso di domandarglielo. Gwen era stanca dal viaggio. “Perfetto...” Pensò Scott bestemmiando nella sua mente.
«Resterò io» Tutti si voltarono verso la persona che disse quella frase breve. Dawn.
Scott cominciò a sghignazzare. «Tu?! Restare a fare la guardia? Ma non farmi ridere!»
Dawn, inizialmente, fece una smorfia irritata ma tornò subito con quella di sempre.
«Ok, va bene» Acconsentì Duncan.
Il rosso smise di ridere. «Seriamente?»
«Sì. E' Dawn, Scott! Tranquillo, non ti darà alcun fastidio. E poi può sempre aiutarti la tappetta» Accennò Duncan fiducioso agitando i capelli di Dawn. Scott non disse nulla ancora una volta. Per quanto potesse lamentarsi, Dawn era l'unica che poteva restare con lui. Per la rabbia, accese una fiamma nella mano libera e la avvicinò ai fiori. Però, con prontezza, Courtney lo bagnò nuovamente. «Ma vuoi darci un taglio?!» Sbottò il rosso.
«Brucia qualcosa e ti spegnerò definitivamente, chiaro?!» Minacciò Courtney con un tono più autoritario del rosso. Scott si appoggiò al muro placando il suo animo arrendendosi all'idea ma almeno aveva la birra a consolarlo.

Se ne erano andati quasi tutti, eccetto Duncan e Gwen. Il Marcio le aveva offerto un letto a casa sua, d'altra parte era pure sempre la sua adorata cugina. Rimasero lì solamente perché Gwen stava leggendo un libro interessante. «Questo capitolo mi mancava! Veramente saresti così gentile da prestarmelo?»
Era un libro fantasy, avventura, mistero e cose che, in generale, a Scott non interessavano. Scott aveva soltanto letto il titolo e non aveva capito nemmeno di cosa si trattasse. Era di Dawn e lei, sempre gentilmente, non si fece problemi a prestarlo. Oltretutto l'aveva finito.
«Grazie mille, Dawn, ti devo qualcosa» Ringraziò Gwen prima di andarsene con il cugino.
Rimasero dunque loro due. Raggio di luna e la Iena. Solo silenzio intorno a loro.
Mentre Scott sbuffava, Dawn prese un altro libro e si accomodò sul divano, incrociando le gambe. Allo stesso tempo, Scott si tolse la camicia e la canottiera, ormai troppo bagnate per sopportarle. Le appoggiò in malo modo sullo schienale di qualche sedia e andò a preparasi un caffè. Si tolse anche scarpe e calze. Nella sua mente continuava a formulare maledizioni e parolacce.
«Scott...» Chiamò con un fil di voce Viso Pallido.
«Che cosa vuoi?» Invece lui aveva un tono rude.
«Potresti evitare di pensare rumorosamente? Sto leggendo»
Ah, già. Scott si era dimenticato che la Lettrice sapeva anche leggere i pensieri. Non sapeva assolutamente cosa intendesse dire con “evitare di pensare rumorosamente” ma se ne sbatté tre quarti. «Non è un mio problema»
Dawn lo osservò prendere il suo caffè, sedersi e sorseggiarlo. Era come se fosse a casa sua, a petto nudo, scalzo e con le gambe appoggiate sul tavolo, il tutto incurante del fatto che una ragazza le teneva compagna.
Lei non rispose, continuò a leggere facendo finta di nulla sapendo che si sarebbe calmato. Era questione di tempo. Dopo un po' guardò di nuovo il ragazzo «Potresti farmi una tazza di tè?» Scott la scrutò un secondo, si alzò dal tavolo bofonchiando qualcosa che l'altra non comprese e cominciò a preparare il tè. La preparazione richiese qualche minuto. Non appena finito, lo porse alla ragazza sedendosi sul divano vicino a lei mordicchiando il bicchiere di caffè ormai vuoto. «Non cercarmi più nulla!» Dawn annuì.
Notando il fatto che era seduto vicino a lei soltanto con i pantaloni addosso, ghignò e cercò di provocarla. «E non eccitarti!» Dawn annuì di nuovo.
Scott, con il solito cipiglio scazzato e un sopracciglio che mandava a fanculo l'altro, la guardò. Possibile mai che quella ragazza qualsiasi cosa le dicesse rimaneva impassibile e calma? Questa cosa faceva andare Scott in bestia. Godeva un casino con Heather che per qualsiasi cosa rispondeva acida e crudele. O con Courtney, che assumeva reazioni simili all'asiatica. Persino Zoey rispondeva male al ragazzo. Zoey! Invece, Raggio di luna non dava sazio. Perché? «Semplicemente, non rispondo alle provocazioni» Comunicò la bionda leggendo il libro.
«Vuoi smettere di leggermi il pensiero?!» Sbottò.
«Pur volendo, la tua mente è troppo rumorosa»
Scott sbuffò roteando le perle grigie che aveva per occhi. «Tu e le tue capacità da folletto»
«Ognuno ha le sue» Si limitò a rispondere Raggio di luna.
«Tsk...»
Il silenzio ritornò tra di loro.
Stranamente, in compagnia di quel burbero rosso, Dawn si sentiva a suo agio pur considerando il carattere orribile che aveva.



Una Courtney solitaria camminava verso casa sua con l'atmosfera gestita da un cielo parzialmente nuvoloso e una luna che lo illuminava, se non fosse per le nuvole. In aggiunta dai lampioni che si occupavano della strada. Il vento le smuoveva i capelli tenuti fermi, invano, dalla sua mano. Pensava continuamente a quella Gwen. Avrebbe voluto averla in buona fede, ma aveva bisogno di prove concrete, non altro. Era troppo presto per crederle. E poi Dj... addirittura invitarla a far parte della loro banda. Troppo azzardato.
«Ehi, Courtney!» Davanti le apparve Zoey.
«Zoey! Che ci fai qui?» Interrogò sorpresa
«Stavo tornando a casa, ma ho sete. Vuoi entrare anche tu?»
La Perfettina alzò la testa e vide un'insegna fucsia e azzurra.

Ratatoskr.

Era una scritta fucsia. Di azzurro era il logo raffigurante uno scoiattolo. Guardò l'interno e notò, meravigliata, un pub vuoto.
Entrarono, giusto per fare contenta la rossa. Qualcosa da bere, magari, poteva aiutare pure lei. Non volevano alcolici, semplicemente qualcosa di dissetante.
Allora si accomodarono, attendendo il barista che intanto stava urlando contro un trio di ragazzi apparentemente ubriachi. Tentò di ignorarli ma per colpa di qualcosa che le due non captarono non esitò a sbatterli fuori, facendo si che l'unica cosa a far rumore in quel pub fosse la musica da sala.
Il barista era pelato, grande e pompato, muscoloso. La pelle scura, occhi neri. Pantaloni color caramello e un indumento che arrivava fino alle ginocchia verde-grigiastro come il maglione. Aveva una collana d'oro.
«Ragazzine, cosa volete?» Chiese, magari con buone intenzioni, ma il suo tono sembrava scorbutico.
«Due...» Si guardarono indecise «Succhi di frutta alla mela, grazie» Richiesero all'unisono.
Il barista non se lo fece ripetere due volte, mentre Courtney andava in bagno. Zoey si ritrovò sola con il barista nervoso e, senza volerlo, lo sentì borbottare qualcosa sui Veliant. Prima di fare o pensare qualsiasi cosa, voleva accertarsi di ciò che le parve di sentire. Aveva ragione.
«Sta parlando dei Veliant, signore?» Esso si zittì e guardò Zoey.
«Tu cosa ne sai dei Veliant?!» Sembrò agitato.
«Ehm... potrei farle la stessa domanda» Rispose ridendo imbarazzata sperando di apparire amichevole.
Il barista la guardò con attenzione. «Sei una Ullr, vero?»
Fu la prima volta che si sentì chiamare così. Sentì una strana sensazione, qualcosa le diceva che doveva farci l'abitudine. «Sì»
Il barista rise, servendo i succhi di frutta. Prese un sigaro e, incredibile, lo accese con il pollice. Fu un braciere viola ad accenderlo, ardendo sul suo pollice. Zoey rimase a bocca aperta.
«Che c'è, Ullr? Mai visto un'anima di fuoco?»
In effetti Zoey non aveva capito cosa intendesse dire ma deviò l'argomento. «Anche lei è un Ullr?»
«E cosa credevi che fossi?»
Zoey stette in silenzio brevemente. «Ha ragione, mi scusi. Piacere, mi chiamo Zoey.»
Il barista libero una nuvola di fumo e rispose sinteticamente, senza troppi giri, presentandosi «Chef. Chef Hatchet»

 


Coin Noir:
Ehilà Bellezze!
Lo so, sembra strano, ma ho aggiornato in 6 giorni (Giusto?).
Ho scritto questa merda capitolo ieri notte, tutto d'un fiato. Non l'avrei mai detto, ma ce l'ho fatta. Non ci credo pure io.
Spero che vi piaccia e di non avervi deluso. 
Tengo particolarmente a ringraziarvi tutti quanti, lo farò sempre, abituatevi.
A chi ha recensito, a chi ha messo la storia tra le seguite e tra le preferite. 
Vi ringrazio mille volte e vi mando tante rose virtualmente.(?)

Allora, parliamo dai termini strani, per chi non dovesse conoscerli.
Ullr, Æsir e Ratatoskr.
Si leggono per come si scrivono, a parte il secondo. Avete presente la parola Icy? Simile. Si pronuncia "AEISI(R)" la "r" è muta, diciamo...

Avevo, principalmente, solo queste cose da precisare.

Per il resto, non ho nulla da dire, passo la parola a voi. 
In altre parole, aspetto le vostre recensione, sarò sempre lieto di rispondervi e confrontarmi con voi, leggere le vostre domande(se ne avrete), i vostri pensieri, i vostri commenti e tutto il resto. A meno che non vogliate spoiler, ma in quel caso pensò che risponderei ugualmente. 
Dunque vi lascio con le solite cose che si dicono in questi casi: "Recensite in tanti!"

Spero vivamente di avervi intrattenuto e di non avervi fatto perdere tempo anche questa volta. 

*Va via passando attraverso un portale d'ombra"

Nero


 

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Capitolo 5
*** – Enginn – ***


 

– Fifth Chapter –

 

– Enginn –

 







«Chef Hatchet, dice?» Stranamente, quel nome le suonava famigliare.
«Non lo ripeterò un'altra volta, ti lavavi le orecchie prima!» Si porse sgarbato.
Esattamente in quella frazione di secondo arrivò Courtney che parve infastidita dalle urla. «Si può sapere perché urla così tanto?» Chiese spiegazioni, senza lasciarsi intimorire dal barista.
«Tranquilla, Court, stavamo solo conversando» Calmò Zoey cercando di placare le acque, da entrambi i lati. Se non fosse stato per lei, probabilmente Chef avrebbe risposto allo stesso modo e, in quel caso, la Perfettina non si sarebbe fatta scrupoli ad andargli contro scatenando il finimondo. Era dunque merito suo se sia il barista che Courtney si stettero zitti, anche se la mora non smetteva di guardarlo fumare come una ciminiera. Avrebbe spento volentieri quel sigaro, alla faccia sua. Certo, non aveva fatto chissà cosa però era lì ad equilibrare la situazione. In altre parole, cercava di placare gli animi.
«E dimmi Miss. Capelli color cerchio della bandiera giapponese, anche la guerriera qui è una Ullr» Indicava Courtney che, di nuovo, trattene gli insulti per dar spazio a un «Sì, sono una Ullr. E lo è pure lei, giusto?» Controbatteva tenendogli testa.
Chef annuì.
«Stavamo parlando dei Veliant... cioè, lui stava parlando» Aggiunse Zoey sorridente, cosa che Courtney non capiva. C'era un barista con la stessa simpatia di Heather dall'altro lato del bancone e lei sorrideva. Non capiva se la pazza era lei o loro, ma giunse subito alla conclusione secondo la quale lei era la più sana dei tre, con il barista all'ultimo posto. Egli non le fece simpatia, anche escludendo il fatto che non sopportava le urla immotivate.
«E che stava dicendo?» Giustamente la curiosità di Courtney uscì fuori, pur restando infastidita e in preda ad istinti omicidi.
Chef le guardò un secondo. «Guardatevi intorno ragazzine! Nessun cliente!» riprese ad alzare la voce. «Tutta colpa dei Veliant!» Sbatté i pugni sul bancone. «Giuro che se dovessi avere Blaineley davanti, le sfonderei il culo!»
«Bonjour finesse...» Bisbigliò Courtney schifata.
«Preghi perché io non raggiunga l'Æsir Corporation, o saranno dolori!» Infine, esalò una boccata di fumo restando zitto e lavando i bicchieri mentre le due sorseggiavano il loro succo. Il suo programma era chiudere il pub, pure per una questione di sicurezza. In quel momento, mentre Chef curava e lavava i suoi utensili e le due dialogavano si sentivano dei rumori provenire da fuori. Mr. Muscolo passione Barista cominciò a ridere.
«Scommettiamo che questi sono...» Sì concentrò un attimo «Due Veliant»
Qualora dovesse essere vero, ovviamente se ne sarebbero occupate Bella Gioia e la Perfettina e per dirla tutta si erano preparate per andare fuori a controllare, se non fosse stato per Chef che le bloccò all'istante. «Ferme, donzelle!»
Lasciò i bicchieri e si avviò fuori. Le due, incerte, si guardarono e decisero poi di seguirlo. Non ci misero molto per constatare che aveva ragione: due Veliant marciavano di spalle rispetto ai tre. Courntey si stava preparando ad attaccarli ma, di nuovo, Chef interruppe la sua corsa con una presa. Egli con un breve movimento impreciso del braccio destro –con il sinistro teneva la mora bloccata– evocò un buco nero che lesto risucchiò i Veliant senza lasciarne la minima traccia. Il tutto si svolse nel giro di un secondo, così breve che a stento restarono a passo con l'accaduto a parte, certamente, Chef.
Lasciando andare Courntey, sghignazzò e tornò da dov'era venuto. «E voi avete paura di quelli?»
Era la seconda persona che descriveva i Veliant come bersagli facili. La domanda sorgeva spontanea.
Li sottovalutavano o erano sicuri di quello che dicevano?
«Sono pur sempre pericolosi, o sbaglio?» Chiosò innocentemente Zoey incrementando la sua risata.
«Cosa? I Veliant? Potete schiacciarli senza la minima fatica» Apostrofò lui. «Se il vostro problema sono i Veliant, allora non avete ancora visto nulla»
Courtney decise di stuzzicarlo, anche se non era solita a farlo, ma i conti non tornavano e anche Zoey l'aveva notato. E fu lì che l'istinto della mora prese il sopravvento. «E allora ci illumini, Chef. Dal momento che lei è ben aggiornato perché non ci spiega di chi avere paura»
Chef la guardò capendo dove voleva arrivare. Fu per questo motivo che declinò dicendo «Non vi riguarda»
Non perché effettivamente fosse vero. Sapeva che il contrario era esatto, dal momento che invece loro c'entravano in primo piano, però non era assolutamente possibile parlare. Con quali termini, poi?
«Bene, allora se non vuole dirci nulla continueremo ad occuparci dei Veliant, trascurando tutto, magari con la speranza che lei, Super Barman, venga a salvarci e aiutarci» Avrebbe voluto ghignare, ma non era da lei.
«Stai cercando di provocarmi per farmi parlare?»
Era una bella gatta da pelare, ma Courtney non gettava la spugna facilmente.
«Ma signore, che cosa le fa pensare una cosa simile?»
«Sappi che non serve»
La discussione stava continuando a lungo. Tanto valeva rompere direttamente l'uovo.
«Bene, questo è quello che lei crede» Tornò seria. Finì di bere il succo alla mela e porse gentilmente il bicchiere al barista, a differenza di Zoey che ancora non era nemmeno arrivata a metà. «Mi creda, non è per farmi gli affari suoi né per fare quattro chiacchiere. Se il mio scopo fosse questo, a quest'ora staremmo giocando a scala 40, non crede?» Si zittì per poter osservare meglio Chef arrivando dritta al punto «Oppure non dice nulla solo perché ha a che fare con la Æsir Corporation, mi sbaglio?»
Nessuna espressione o frase partiva da Chef. Non andava oltre all'osservare gli occhi di Courntey ammutolito, mentre Zoey invece sembrava che stesse guardando la parte caliente del suo film preferito.
Separò lentamente le sue labbra facendo un piccolo rumore «Devo chiudere il pub»
Courtney invece sorrise, sapeva di aver colpito nel segno. «Perché sa che ho ragione?»
«Non sono tenuto a spiegare nulla, datti pace» Fu chiaro e diretto, ma nonostante ciò la Perfettina provava e riprovava a farlo parlare, ma nulla. Alla fine, la discussione si concluse con i bicchieri delle due ragazze puliti. Avevano pagato il loro conto e si ritrovarono tutti e tre fuori dal pub. Era più nuvoloso di prima e l'odore che si propagava nell'aria avvertiva riguardo una probabile pioggia. Chef stava per salire nella sua auto, quando però fu chiamato dalla mora. «Signor Hathcet» Sì fermò senza voltarsi. «Ci rincontreremo. Lo tenga presente» Non rispose, aprì lo sportello della sua auto e la mise in moto separandosi definitivamente da quella rompiballe.


La mattina avviò con una forte pioggia, come previsto, durata giusto mezz'ora. Fu la tipica pioggia ingannevole, di quelle che sembrano essere burrascose e distruttive ma che alla fine non fanno altro che bagnare il terreno e quant'altro nel giro di una serie di minuti. In ogni caso, la pioggia a Gwen non dispiaceva affatto. Sì, lei era già sveglia e in cucina accompagnata dal libro di Dawn, da un caffè e un cornetto caldo. Si prendeva tempo e relax, come se fosse al bar e benché il luogo fosse la cucina di suo cugino non faceva come fosse casa sua. L'atmosfera del post-pioggia –se così possiamo definirlo– le piaceva parecchio e non avrebbe permesso a nessuna luce di intralciarla, per questo motivo non la accese. E poi, di mattina, sarebbe stato a ciechi. Lei non lo era fortunatamente. Il cielo era grigio, niente sole, e sui vetri delle finestre c'erano le classiche gocce di pioggia che gareggiavano in velocità cercando di raggiungere la fine della superficie una prima dell'altra. Ebbene, sorseggiava la sua tazza colma di caffè in preda all'estasi estremo. Se qualcuno o qualcosa avesse dovuto interrompere brutalmente tutto questo sicuramente l'avrebbe ucciso manco fosse stato un Veliant.

Relax.

Non pensava nemmeno. Qualsiasi pensiero sarebbe stato distruttivo, e in più, a differenza di un ipotetico qualcuno o qualcosa, un pensiero non avrebbe potuto ucciderlo. Perciò ci provava a non pensare. Ci riuscì, paradossalmente. Anche perché, voglio dire, guardate che combo micidiale: Pioggia, penombra, libro, caffè e cornetto. Che cosa avrebbe potuto chiedere di più? O magari, che cosa NON avrebbe potuto chiedere di più?
Non avrebbe voluto, per esempio, il rumore di uno sbadiglio che leggermente si permise di rompere il silenzio. «Buongiorno, black beauty» Fu Duncan con una voce cupa, classica del risveglio.
«Buongiorno, sleeping beauty» Sorrise.
«Ti sei svegliata simpatica oggi?» Le scompiglio i capelli, ma si allontanò per versare il suo desiderato caffè in un'altra tazza. «A cosa dobbiamo questi sorrisetti?» Gwen inizialmente non capì a cosa si riferisse. Poi ci riuscì.
«A nulla, sono solo di buon umore»
«Già, infondo un temporale rallegra tutti. Ti ho sentita, non hai neanche dormito» Si sedette davanti a lei appoggiando la tazza verde sul tavolo. La tazza aveva una faccia avvinazzata disegnata sopra. Quella di Gwen era bluastra e aveva la cosiddetta “faccia da gatto”. «Anche tu, mi risulta» Continuò la discussione.
I due cugini avevano condiviso lo stesso letto. Sì, era un letto abbastanza grande.
«... può essere» Lasciò un alone di mistero sorridendo, nascondendo dopo il sorriso dalla tazza.
«Bene, papino, allora posso prendere esempio da te»
«Quando sarai grande potrai»
Entrambi risero. Risate seguite da un altro silenzio, più breve stavolta. «Hai deciso?»
Gwen lo guardò negli occhi «Riguardo la proposta che ieri sera ti ha fatto Dj?»
«Centro» Confermò il Punk.
«Non ho ancora deciso» Bevette il caffè in contemporanea col ragazzo. «Credo sia troppo presto»
«Nah...» Il Punk fece una smorfia. «Averti con noi ci sarebbe molto d'aiuto»
Gwen mirò i suoi occhi in cerca di conferme «Tu credi?» Duncan annuì, però la Dark non rispose troncando l'argomento, aprendone uno nuovo. «Infondo...» Gwen lo fissò «Sembrano simpatici, trovi?»
Duncan ispirò un attimo «Meh...» Fece una smorfia «Sì, più o meno. Heather, per esempio»
«E' sempre così acida?»
«La chiamiamo “L'imperatrice Elsa della Cina con furore”» Gwen ridacchiò, quel collegamento con la regina della neve Disney non se lo aspettava ma era efficace, trascurando la differenza caratteriale dei due personaggi.
«Così controlla il ghiaccio»
«E anche molto bene» Duncan lo diceva più di una volta. Non amava dirlo, ma Heather era quella che tra tutti riusciva a battere una massa di Veliant in brevissimo tempo. Dopo di lei, Scott, e al terzo posto Courtney. Inutile dire che lei era la più potente, agile e forte, considerando anche le grandi abilità strategiche. «Mai mettersi contro di lei. Mai!» Marcò l'ultimo “Mai”.
«Che mi dici di Dawn?» Chiese incuriosita.
«Dawn?» Alzò un attimo gli occhi verso il tetto storcendo le labbra. «La Biancaneve degli hippie» Ultimo sorso di caffè inclinando la testa verso destra in segno di ripensamento. «No, ho sparato una minchiata»
Gwen ghignò «Non è una novità» Duncan chinò il capo in avanti, guardandola con le sopracciglia alzate. «Eddai, non fare quella faccia, sembri un cavallo»
«Parlò lei» Ribatté Duncan.
Gwen smise di sogghignare «Stavi dicendo?»
«Dicevo, la maggior parte di noi crede che sia la tipica perbenista tutta rose e fiori» Accese una sigaretta espirando dopo il fumo. «Ciò gioca a suo sfavore. Ma in compenso, salva splendidamente i culi»
«Ovvero?»
«Ovvero che lei crea degli scudi magici protettivi e curativi. Senza di lei avremmo il meno delle possibilità di uscire illesi da un combattimento. E poi può levitare, legge le aure e, non ne sono sicuro ma...» Altro fumo uscì dalla sua bocca affidando Gwen al mistero. «... una volta l'ho vista far spuntare un Veliant dal nulla»
Lì per lì, la Dark non ci credette. «Sei sicuro di ciò che hai visto? Immagino tu sia l'unico a saperlo»
«Esatto. Non ho fatto parola con gli altri perché forse ero ubriaco o avrò visto male, ma prima di giungere a conclusioni decisive voglio avere prove concrete di quello che ho visto»
«In altre parole, credi che Dawn sia un'infiltrata dalla...» Duncan la interruppe.
«No, no! Anche perché lei non sarebbe capace di cose simili, specie fare del male alle persone a lei care»
Duncan continuava a fumare, assumendo un'espressione incerta «Ma cosa ci faceva quel coso lì? Questa è una domanda eccellente»
Gwen rimase perplessa. «Non la attaccava, anzi, al contrario! Era come se fosse un suo amico. La peculiarità stava anche nel fatto che questo non aveva luci rosse, bensì lillà quasi bianco. Non aveva una pistola laser ma una lancia con la punta luminosa dello stesso colore. Tipo le spade laser di Star Wars»
La Gotica era più che certa di non aver mai sentito nulla di simile né di aver mai combattuto o visto macchine simili. La certezza era una.
«Non era un Veliant» Affermò decisa.
«Dici? Era molto simile a uno di loro»
«Ti dico di no»
Duncan si volle fidare, ma se non era un Veliant allora era più che sicuro che ce n'erano altri e anche eventi che loro non sapevano. Erano allo scuro di parecchie cose, era più che evidente. Era ancora più convinto del fatto che lui –e tutti gli altri– avessero un urgente bisogno di Gwen. Fu proprio per questo che ci sperava, tralasciando il grado di parentela e il bellissimo rapporto fraterno che avevano anche se in realtà questi dettagli erano solo un contorno banale e forse troppo sentimentalista, aggettivi che sia lui che lei non apprezzavano totalmente.
Non negava che comunque, qualora Gwen non avesse accettato di far parte della banda –cosa probabile–, ci avrebbe pensato lui ad indagare o a scoprire cose che non dovrebbe sapere. Ma lì, pensando a indagare, gli venne in mente il fantomatico tubo metallico e dunque il ragazzo del quale Gwen parlava la notte scorsa. «Che mi dici dei quello strumento che ti ho fatto vedere ieri?» Spezzò il ghiaccio.
«Non dico nulla, voglio evitare di parlare a vuoto»
«E cosa dovremmo farcene allora?»
«Una soluzione si trova sempre»
La Dark finì la sua colazione e si alzò. Duncan continuava a fumare ma la scrutò un attimo, sentiva che aveva qualcosa da dirgli. Gwen sorrise «Non ti facevo così premuroso»
«Ho imparato da te»
Gwen rise prendendolo un altro po' per il culo.
«Senti, diamante grezzo, vado a farmi una doccia»
Duncan rimase a bocca aperta e sgranò gli occhi. «Dov'è la cara e vecchia Gwen gotica, apatica e misantropa? Lei non mi chiamerebbe mai così»
Cinque secondi di silenzio dopi i quali si abbracciarono. «Emerito coglione paraculo» Sussurrò Gwen “gentilmente” nell'orecchio del cugino. Smisero subito dopo di fare gli smielati e si ricomposero definitivamente mentre Gwen andava dove aveva intenzione di andare in precedenza.
Meditando sugli argomenti discussi poco prima...


Scott, notando di essere disteso sul divano con un plaid addosso, si svegliò aprendo gli occhi lentamente. Essi si fiondarono subito su di una figura minuta decorata da una cascata di capelli biondo chiaro leggere un libro. La comunemente detta “Principessa delle fate” non aveva ancora dormito, aveva trascorso la notte totalmente sveglia il che lasciò Scott spiazzato dal momento che si era autoproclamato re indiscusso dell'insonnia. «Ben svegliato» Pur continuando a leggere, sapeva che il rosso era sveglio. Sapeva anche che il rosso la stava guardando e sapeva anche che non avrebbe risposto. «Vuoi un caffè?»
Scott si chiese il perché di quella domanda premurosa nei suoi confronti «So farlo da solo, fatina» Ribatté con la stessa delicatezza di un rinoceronte in un museo. In realtà Raggio di luna non ci fece più caso, era abituata.
La Iena rimase a guardare il soffitto come se fosse un Emo in piena depressione per poi realizzare, nuovamente, che lui era steso sul divano senza ricordare come. Aveva solamente il jeans addosso, cosa rimasta costante dalla notte scorsa, forse l'unica.
«Ti sei addormentato sulla mia spalla»
Scott sgranò gli occhi e sobbalzò, osservando la bionda. «Io cosa?!»
«Ti sei addormentato sulla mia spalla, e così ho pensato che sarebbe stato carino farti stendere e lasciarti dormire, poi ti ho coperto con un plaid»
La Iena era rimasta a bocca aperta. «Almeno sei comoda?»
Dawn si trattenne dal lanciargli il libro in faccia e rispose con la calma di un maestro Zen «A giudicare da come dormivi e dalla tua aura, sì» Breve e diretta.
Scott sbuffò. «Sì, certo, e scommetto che ti è pure piaciuto» Rise, in realtà era retorico, difatti non si sarebbe mai aspettato che la ragazza rispondesse, soprattutto quella risposta. Eppure, dopo un po' di silenzio...
Il rosso si girò dall'altro lato, tirando su il Plaid, smettendo di guardare la ragazza quando essa parlò. «Sì» Fu sincera sia con sé stessa che con lui. Schietta e diretta, forse anche troppo da lasciare il rosso non solo perplesso, ma anche impreparato. Ma, puntualmente, pronto a farsi “valere” lui ghignò «Se le cose stanno così...» disse tornando a guardarla. Alzò il braccio insieme al plaid, come se fosse Dracula con il suo mantello. «Vuoi ricostruire la scena a parti invertite?» Rise sentendosi potente, in base ad una logica contorta che era la sua.
Dawn lo guardò basita.
Scott smise di ghignare deluso, si aspettava quanto meno una reazione minimale, ma come al solito rimase con un pugno di mosche in mano.
«Simpatica come una ginocchiata nei testicoli» Da quale pulpito venne la predica, oltretutto. «Che mi dici dei Veliant?»
«Nemmeno l'ombra» Informò fluidamente.
Dopo, l'agricoltore della fattoria di Zio Tobia si alzò dal divano, prese la camicia –finalmente asciutta, dirigendosi verso la finestra. Indossò l'indumento senza abbottonarlo domandandosi come mai Dawn si era presa cura di lui coprendolo pure con un plaid.
«Tu al mio posto avresti fatto lo stesso» Delicatamente suggerì la bionda, suscitando una forte sghignazzata dal punto di vista di Scott.
«Guarda, sei totalmente fuori strada» smise invano di ridere. «Speri veramente che me ne impo...» Fulminea Dawn chiuse il libro sull'attenti. Raggiunse Scott, confuso, verso la finestra affacciandosi. «Pronto, pazzoide?»
«Scott...» si fermò cinque secondi per poi guardarlo negli occhi. «Avverto una presenza maligna»
La Iena la guardò titubante.

Gwen era vestita ed energica. Si trovava fuori casa da sola, Duncan l'avrebbe raggiunta in un secondo momento, mantenendo fiducia in sua cugina considerando che al nascere di un qualsiasi pericolo lei avrebbe saputo come fronteggiarlo. Camminava con le mani nelle tasca del suo cardigan nero e lungo, era ben truccata e i capelli verde petrolio e neri come al solito legati in un elastico nero.
«Buongiorno Gwen!» Una voce gioiosa e vivace che, nonostante la conobbe da solo un giorno, avrebbe già riconosciuto in mezzo a mille altre. Infatti si voltò confermandola. «Ciao Zoey» Salutò senza mostrare la stessa felicità della ragazza dai capelli rosso fuoco. «Come mai da queste parti visto il brutto tempo?»
«Sono andata a fare una visita ad una persona. Tu piuttosto?»
Gwen osservò il cielo. «Volevo fare due passi. E poi tra un po' dovrebbe arrivare pure Duncan»
E parlando del demonio spuntarono le corna. Un autovettura si fermò di fianco a loro. Si abbassò il finestrino e Duncan uscì la testa come fosse una talpa nella tana. Fece cenno a Gwen di salire, cosa che fece. Aprì lo sportello ma prima di salire nel sedile anteriore si rivolse a Zoey. «Vuoi venire?»
A primo acchito, Zoey non sapeva bene cosa rispondere. Sì, aveva tempo libero, ma i suoi progetti erano andare da Dawn e, a malincuore, Scott, anche solo per vedere se fosse tutto in ordine. «Ecco...»
«E dai, Ariel, non farti pregare»
Le fece piacere sapere che la sua presenza era gradita, e questo poteva bastare per farle cambiare idea, ma ancora era indecisa. «Dov'è che andate?»
«A trovare una mia vecchia conoscenza» Comunicò Gwen facendole cenno con la mano.
Allora Zoey si convinse, anche per fare giusto qualcosa di diverso. Salì nel sedile posteriore, vicino al finestrino e via, Duncan schiacciò l'acceleratore.
«Allora, dove andiamo di preciso?» Continuò a interrogare Zoey.
«In un paesino non molto lontano da qui» Parlò Gwen al posto di un Duncan concentrato alla guida.
«Quindi prenderemo la extraurbana?»
«Non mi dire» Disse Duncan con una punta di sarcasmo.
«Zitto e guida» Lo fermò subito la Darkettona.
«Oh...» sospirò la rossa «Che avete fatto stamattina?»
«Ci siamo svegliati e abbiamo fatto colazione, poi ci siamo cambiati e ora siamo qui» Rispose Gwen, un modo diverso per dire “Nulla”.
Zoey non disse nulla dal suo canto, già l'aveva detto poco fa, ma si perse invece ad ammirare la macchina di Duncan. Ben pulita e profumata, era una macchina nera. Gli interni sembravano apparentemente nuovi. L'altezza rientrava nella norma, ma era comunque abbastanza larga e comoda, fortunatamente per Duncan, che a quanto pare non aveva scelto una macchina a caso. Nel senso che la descrizione di quell'autovettura era la stessa di quella che descriveva come la sua autovettura ideale. Almeno per il momento, visto che lui era uno che amava cambiare e provare di tutto.
Si era accorta che erano appena entrati nella extraurbana. Era una strada inverosimilmente boscaiola, in realtà sembrava di aver intrapreso i colli. Ma poco importava, a Zoey non dispiaceva questo genere di cose. Contemporaneamente il cielo e le nuvole si fecero più cupi, dando l'atmosfera della sera inoltrata. Cosa poco fattibile, dal momento che non lo era.
Zoey le osservò meglio. «Non sembrano nuvole passeggere» le osservò come una bambina.
«No» Appoggiò il Punk.
«Ma non sembrano neanche nuvole naturali, se vogliamo dirla tutta» Aggiunse vaga la Dark.
Zoey la guardò cercando anche solo di capire una minima parte di ciò che volesse dire, ma non ci riuscì. «Vuoi dire che c'entrano i Veliant?»
«No, non loro»
E ne uscì ancora più sconfitta. Ma attirò anche la curiosità di Duncan, il quale, tralasciando l'argomento, scrutò meglio l'orizzonte. «Gwen» Chiamò. «Guarda là»
Non solo lo fece Gwen, ma lo fece anche Zoey. Gwen sgranò gli occhi e sembrava impallidita, più di quanto già non lo fosse. «Duncan, fermati appena puoi» Si sentiva un filo di preoccupazione nella sua voce.
In realtà lo fece subito. Trovò miracolosamente uno spazio libero aldilà della strada, dove posizionò la macchina. Nessuno dei tre scese da lì né credevano di farlo.
Zoey capì il nucleo della situazione. Si intravedeva, da lontano, una sagoma sferica molto grande, quasi gigantesca. Nient'altro, se non tre luci. Una gialla, una arancio e l'altra azzurro chiaro.
«Che cazzo è quel coso?!» Duncan era seriamente preso dallo stupore.
«E' una specie di Veliant?» Chiese Bella Gioia ingenuamente. Appunto, ingenuamente.
«Peggio, Zoey...» Gwen si rassegnò a quello che stava per dire, anche se in realtà sperava di non dirlo.
«È Þrír»
 



Schwarz Ecke:
Lo so, c'è una folla inferocita con i forconi e le fiaccole, magari anche bombe a mano pronta ad uccidermi.
Alla fine, dopo ben... *Guarda il calendario* ...dopo ben due mesi circa e non so quanti giorni, mi sono fatto rivedere (non ho contato l'aggiornamento con la crossover di Inside Out)
Mi sono fatto perdonare con questo capitolo? No, perché fa cagare!
Dunque, scherzi a parte, so che potevo impegnarmi di più, ma l'ispirazione mi ha mandato a fanculo e ho avuto un blocco, oltre il fatto che sono stato così apatico che non avevo nemmeno la volontà di essere apatico.
Dite che è un controsenso? Ma certo che lo è.
Scherzi a parte.
Il nuovo termine norreno strano e impronunciabile, l'ultimo, si legge Frir. Tre in norreno, conosciuto oggi come islandese.

Poi: 
Perdonatemi, per tutto.
Il ritardo, il capitolo, la mia assenza, e tutto il resto.
Sapete, non voglio prendervi per il culo. Non ho avuto né tempo, né ispirazione, né voglia. Ma non solo per quanto riguarda EFP. Proprio, in generale. 
E' un triangolo bizzarro, immagino possiate capirmi. Se avevo Tempo, non avevo ispirazione e voglia. Se avevo Voglia non avevo ne tempo ne ispirazione e se avevo l'ispirazione non avevo le altre due.
Poi vabbeh, capitava che ne avevo due ma ne mancava una.
Tra l'altro questo capitolo ho cominciato a scriverlo il 5 settembre. Eh, e l'ho pubblicato e terminato ora. No, in realtà l'ho finito alle 2.10 di notte. 
Vabbeh, ma finalmente è fatta. 
Il dado è tratto. 

Beno, ora sta tutto a voi. Recensite, fatemi sapere la vostra e insultatemi pure se volete.
Perdonatemi gli errori e i nosense, perché ce ne sono diversi. 
Pubblicare questo capitolo, ORA, è stata una scelta azzardata, ma devo in qualche modo portarla avanti la storia, non?
E' bello essere tornati.
Bene, ora vado a fare altro. 
Ci si vede. Forse anche presto. Ovviamente lo spero, ahahah.

*Sparisce in una nube oscura*

Nero


P.s.: Enginn vuol dire nulla, sempre in islandese.

 

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Capitolo 6
*** – Þrír – The Horrible Three Siamese Ruiner ***


 
– Sixth Chapter –



Þrír
The Horrible Three Siamese Ruiner








Bella Gioia non seppe precisamente cosa volle dire la Darkettona con quel termine. Non dubitava che questa sapesse di che cosa stava parlando tuttavia, a giudicare dalla espressione che assunse, oscillava tra il rimanere calma, sicura di se, e l'essere impaurita, non terrorizzata, sarebbe un'iperbole. Era come se Gwen avesse la sensazione che da quel momento qualcosa si sarebbe mutato pur non sapendo precisamente se in bene o in male.
«Ok, Gwen, spiegami che cos'è quel demonio in chiari termini» Duncan non distoglieva gli occhi – spalancati– da quella macchina.
«La domanda non è cos'è, ma cosa sono e chi li controlla» Sospirò «In ogni caso, è inutile dire chi lo potrebbe controllare. Þrír è, detto brevemente, un robot di un rango superiore ai Veliant. Non so dirvi se è un robot o forse tre, appunto. E' difficile affermarlo. Ogni luce corrisponde ad una sua faccia. Quella arancio è la faccia al fuoco, quella azzurra al ghiaccio e quella giallognola all'elettricità»
«Þrír...» Zoey stava studiando la sagoma. Era una sfera pressapoco deforme con quelle tre luci, sotto le quali si vedevano tre affari simili a dei tentacoli. «Cosa dobbiamo fare?» deglutì.
«O scendiamo e proviamo a controllare la situazione capendo meglio cos'è o lo evitiamo, ma considerando che è stato creato per distruggere lo potremmo incontrare in futuro» Gwen strinse gli occhi «Ed è per questo che mi domando che ci fa qui... c'è qualcosa di strano» Rifletteva a bassa voce.
«E' rischioso affrontarlo?» Interrogò il Punk cercando di vederci chiaro.
«Dipende»
«Punti di forza?»
«Molti e temibili, tra cui un ottimo controllo dei tre elementi naturali e un'ottima potenza»
«Quelli deboli?»
«Principalmente la lentezza e una media resistenza, gli altri basta solo trovarli»
Mentre i due cugini facevano il punto della situazione Zoey oltre ad avere la sensazione di ascoltare una lingua estranea alle sue orecchie, credeva di essere fuori luogo. Si stringeva il braccio sinistro per l'imbarazzo, guardando in basso. «Tenete presente che se vogliamo affrontarlo sarà una prova ardua»
Duncan strinse i pugni, ispirò ed espirò fragorosamente. «O la va o la spacca» Era determinato.
«Bene...» Gwen si girò dietro guardando la rossa. «Zoey?» La chiamò per attirare la sua attenzione e ci riuscì. «Te la senti di affrontarlo?» Per rispondere ci impiegò un po', ma si decise consapevole del fatto che non si poteva tornare indietro. «Sì» Allo stesso tempo era più che impaurita, motivo per cui Gwen le diede un'altra possibilità per ripensarci. «Sappi che sarà dura, sicura di poterlo fronteggiare?»
Altri cinque secondi. «Sì»
Gwen la osservò per un arco di tempo cercando di capire fino a che punto fidarsi. «Beh, io ti ho avvisata» Interruppe il silenzio smettendo di guardarla. «Andiamo» Scese per prima dalla macchina con prontezza, seguita dal cugino e per ultima da Bella Gioia. Þrír e la nebbia che lo avvolgeva erano più vicini. Perché combatterlo? Quel robot, da non sottovalutare, era soprannominato “Le orribili tre siamesi distruttrici”. La Darkettona era più che sicura del fatto che lo avrebbe incontrato prima o poi, ma certamente si immaginava una situazione diversa da quella che realmente era: alla fine di una stradina boscaiola, in un prato, con il cielo che preannunciava forti tempeste. Sapeva che c'era qualcosa che non tornava e fu anche per questo motivo che era scesa a controllare di persona la situazione. Tra l'altro, era pronta a giurare che da quel momento in poi, con la venuta di Þrír, le cose non sarebbero state più così semplici come una giocata a morra cinese come loro le vedevano. La partita si faceva più dura e quell'evento ne era la prova concreta. Si era ufficializzata una guerra contro l'Æsir Corporation, guerra della quale –tra l'altro– non si spiegava neppure il motivo. Arrivati pressapoco nelle vicinanze del robot, Gwen accennò ai due di fermarsi. Si sentiva un rumore strano, era come se i tentacoli piantati nel terreno stessero risucchiando qualcosa. La nebbia si faceva via via meno persisente, mostrando la macchina completamente, rivelandola come una sfera deforme grigia scuro metallizzata, con tre volti in marmo perfettamente scolpiti sopra. Tre volti che sembravano quelli di antiche statue greche, dove nella fronte di ognuna vi era una rispettiva luce. La prima a sinistra era quella dell'elettricità, seguita da quella centrale del fuoco e ultima a destra del ghiaccio. I tentacoli fuori uscivano dalle bocche dei volti. Era una creatura così orribile esteticamente a tal punto da lasciare i ragazzi, eccetto Gwen, impressionati nel senso negativo del termine. Gwen già sapeva cosa aspettarsi, e forse lei stessa sapeva orientativamente come sconfiggerlo. Valeva la pena tentare? Fatto stava che Þrír probabilmente non si era ancora accorto della presenza dei tre, dal momento che stava ancora risucchiando qualcosa da sottoterra. Uno spettacolo bizzarro.
«E' un cesso!» Esclamò Duncan con un tono perlopiù alto. Gwen si voltò con una smorfia di ira verso di lui. «Proprio non ci riesci a ragionare prima di parlare?» Infatti il robot aveva captato il suono e –da uno sportello nel robot aperto di fronte ai tre– fuoriuscì una telecamera che rientrò in breve tempo da dove venne, giusto il tempo di analizzare i tre. Al posto di questa si presentò un mitragliatore che inavvertitamente cominciò a sparare i tre ragazzi. I riflessi e gli istinti di Zoey fulminei si attivarono. «Attenzione!» Gridò posizionandosi davanti ai due cugini scatenando una tromba d'aria che deviò i proiettili del mitragliatore. Un'altra corrente aerea molto potente diresse i proiettili verso l'arma, danneggiandola non gravemente.
In questo modo ebbe inizio la battaglia contro Þrír.
Inizialmente se la vide Zoey con le sue correnti aeree contro il mitra che sparava all'infinito. Ducnan non se la sentiva di restare a guardare e colpì anche lui con una serie di saette recando più danni, mentre Gwen escogitava un piano. Quando il mitra venne disintegrato grazie all'ennesima scossa mandata da Duncan, il robot sollevò i suoi tentacoli da terra ritirandoli: essi si presentarono come tre germogli metallici. Questi si aprirono come dei fiori mostrando un pentagono nero per ognuno che in realtà si scoprì poco dopo essere un'arma per ogni volto.
Fu tre contro tre. Il fuoco contro Duncan, l'elettricità contro Gwen e il ghiaccio contro Zoey.
Il Marcio si difendeva da ripetute lingue di fuoco spietate e Gwen evitava raggi elettrici con agilità. Fu Bella Gioia ad attaccare per prima che, evitando palle di ghiaccio librando per aria rapida come una rondine, scatenò raffiche di vento contro queste rispedendole al mittente –stesso metodo di prima–, se non fosse per il fatto che il tentacolo le distrusse tutte, raggirando anche il vento. Credendo che il punto debole fosse la faccia, Duncan tese la mano dirigendo scariche verso il suo avversario senza ottenere risultati –dal momento che le scariche erano deboli–, anzi, dovette difendersi da un colpo di frusta che non riuscì ad evitare, fallì nell'intento. Venne colpito in pieno sul fianco destro. Si ritrovò a terra con una parte del corpo dolorante, alzò gli occhi e si ritrovò una luce arancio abbagliarlo, il pentagono esattamente di fronte era pronto a lanciare una fiammata finale, probabilmente l'ultima cosa che avrebbe visto. Vide il fuoco ardere di fronte a lui, fu lì che preparò le sue ultime preghiere ma, per la prima volta, intervenne Zoey a prendere le sue difese, evocando una tromba d'aria –la più potente che poteva– contro la fiammata riuscendo a fronteggiarla. Rimandando i ringraziamenti e le formalità, Duncan si dedicò interamente al tentacolo dell'elettricità che era pronto ad attaccare Zoey ma fortunatamente lo centrò con gli stessi fulmini del tentacolo alla sprovvista allontanandolo notevolmente dalla rossa e inoltre sembrava che l'attacco avesse recato danni alla parte esterna, quella metallica. Il Marcio poteva controllare anche gli attacchi del tentacolo elettrico, essendo quello il suo elemento. Arrivò a intuire che ci fosse qualcosa ad alimentare il fuoco, il ghiaccio e l'elettricità e sicuramente andava distrutta. Bisognava capire come.
La vampata attaccata dalla rossa si fece –per colpa del vento– più forte, incendiando il prato e quindi una parte del campo di battaglia. Per lei non era un problema, dal momento che poteva fluttuare, ma per Duncan e Gwen sì. Le fiamme si espandevano, quasi arrivando sia dai due che dal robot, il quale si separò letteralmente dalla sua parte inferiore. Grazie a quest'azione poteva volare pure lui, tramite dei fasci di luce come gli UFO, diventando così una semisfera. Gwen e Duncan invece cercavano di salvarsi da quelle fiammate violente affidandosi ad una momentanea fuga, giusto il tempo di riprendersi. La Gotica aveva notato che il Punk si teneva il fianco destro dolorante. «Fermati qui, riprenditi e non fare minchiate» Propose premurosa e autoritaria la ragazza, in un punto non troppo lontano e non troppo vicino dal precedente, in un rettilineo arido e sabbioso.
«Sei pazza! Quell'affare vi spaccherà il culo!» Si oppose ad alta voce contrariato e volenteroso di combattere.
«Spera solo che sia così perché se ne usciremo vivi lo spaccherò io a te» Gwen scrutò attentamente Þrír affrontare Zoey con tutti e tre i tentacoli. Unì le sue braccia e incrociò le mani, chiuse l'occhio sinistro. «Resta immobile» Si rivolse al cugino.
Prima che Þrír colpisse la rossa con il tentacolo giallo, Gwen rapida sparò un lampo turchese dalla forma di una palla di cannone dalle mani puntualmente incrociate, colpendo solerte in pieno il bersaglio. Zoey ne approfittò per studiare una strategia valida, ma fu impossibile non notare che il tentacolo giallo si ricoprì totalmente di fulmini. Quello si precipitò allungandosi verso Duncan e Gwen –resasi conto all'ultimo momento– svelto e minaccioso, ma fortunatamente il Punk –più rapido– avvolse il giro vita di sua cugina e rotolarono come balle di fieno sul terreno, ritrovandosi oltre i margini del prato, nella parte non incendiata. Gwen uscì illesa dalla caduta, esattamente come Duncan. «Come hai fatto?» Chiese stupefatta.
«Ti ricordo che pure io so controllare l'elettricità» Si limitò a suggerire ridendo «Mi sono fatto perdonare?» Sorrise cercando di infinocchiarla.
«Come direbbe Scott, bando alle scene da fanfiction smielata» Gwen riprese a mirare quell'essere «Non è questo il momento più adatto»
Zoey si dedicò a difendersi ed evitare gli attacchi di Þrír, temendo particolarmente la parte elettrica, schivando quella di fuoco e concentrandosi in quella di ghiaccio. Era notevole notare come la ragazza aumentasse la velocità nell'attaccare e ancora più notevole, secondo l'occhio e il punto di vista di Gwen, era il fatto che si esibì per la prima volta una Bella Gioia agguerrita, tenace e lesta. Lati della sua personalità che non aveva nemmeno considerato potessero esistere. In tutta onestà non conosceva le sue capacità peculiari, non sapeva sapesse controllare il vento con una leggiadria inaudita. Intuiva anche che ci fosse dell'altro, la rossa riusciva a evitare gli attacchi come se li prevedesse attimi prima. Zoey è stata l'unica dei tre a non essere stata colpita, come Duncan, o che ne abbia visto il rischio, come Gwen. I suoi riflessi erano pronti, come se in realtà quella persona fosse un'altra nei panni di Zoey. Una cosa era chiara: la rossa puntava tutto sulla difesa. Sfruttava i suoi attacchi come scudo e spesso per rimandarli al mittente, senza riuscirci di tanto in tanto, dal momento che Þrír neutralizzava tali attacchi, suoi e non.
Mentre Gwen esaminava la scena notava il tentacolo elettrificato e lì, nell'analizzarlo, aveva capito. Tra fulmini e scariche elettriche, si notava che il tentacolo aveva subito danni non irrilevanti e riflettendoci su realizzò che il fascio di luce aveva colpito in pieno non solo il tentacolo elettrico, ma anche la faccia collegata a esso, quindi la zona delle labbra, luogo da dove i tentacoli partivano. Dunque il segreto era quello: c'era evidentemente una zona nella quale c'era un qualcosa nascosto dal marmo e quello doveva essere molto probabilmente il punto debole. Il punto debole albergava nella bocca. Era questa l'opzione più logica dato che, se la memoria non la ingannava, sapeva che Þrír aveva una tattica molto furba quanto ovvia. Bilanciava resistenza e potenza, erano inversamente proporzionali. Questa teoria si era confermata con quel tentacolo: tanto era il danno subito da rendere quella parte molto più debole –meno resistente– quindi Þrír l'aveva resa più potente ricoprendola totalmente con l'elemento rispettivo.
Gwen si rimise allora in gioco, avrebbe azzardato a fare quel che aveva intenzione di fare ma valeva la pena. Þrír si sarebbe rivelato poi più temibile ma il gioco era questo. E, benché sia vero che quando i duri iniziano a giocare, Duncan rimase lì senza fare nulla accusando dolori atroci al fianco, cosa odiata molto dal Punk. La Gotica rifece la stessa mossa di prima e prese la mira. Questa volta convogliò più potenza e più luce tra le sue braccia, era possibile notare che, per la fatica e per la grande quantità d'energia, i suoi occhi si illuminarono di una accecante luce turchese. Fu tutto molto rapido, una questione di pochissimi secondi. Senza nemmeno capire come, furono colpiti tutti i tentacoli –volti compresi. Zoey non rimase a guardare, approfittò dell'aiuto e usò il vento come se fosse una spada colpendo anch'essa lesta il robot. Duncan, completamente sbalordito, rimase letteralmente a bocca aperta «Come diavolo hai fatto?!»
Gwen appoggiò il ginocchio destro a terra, i suoi occhi erano anche allora fonte di luce. «Si chiama velocità» sparò altri colpi «Come vedi non sei l'unico ad esserlo»
Arrivati ad un certo punto anche il tentacolo di fuoco si ricoprì di fiamme e quello di ghiaccio di una nube composta da aria gelida. Þrír rimase immobile, si avvolse da solo con i tentacoli lasciando visibili i volti. Zoey aveva istintivamente un brutto presentimento, ragion per cui si concentrò sulle nuvole allontanandosi notevolmente. Concentrandosi sulle nuvole preparava un ottimo attacco, un asso nella manica.
Þrír cominciò a roteare su sé stesso celermente, si avvicinava verso Bella Gioia, lasciandole intendere di essere in pericolo. Lei per difendersi scatenò il più velocemente possibile, controllando la pressione atmosferica, il suo asso nella manica: un ciclone. Questo circondò Þrír seguendo esattamente la sua stessa direzione.
Era la forza di Zoey contro quella di Þrír ed esse divennero subito ottime contendenti. Nonostante Þrír cercasse di in qualche modo di controbattere all'interno del ciclone, Zoey riusciva a far sì che ciò non accadesse. Anche la gotica decise di dare il suo contributo e miro attentamente il ciclone attendendo il momento esatto per sparare un'ulteriore colpo dalle sue braccia-cannoni, tuttavia fu più forte di lei notare dei lampi provenire dalle nuvole. Capì che la natura giocava dalla loro parte. «Duncan»
«Sì, Gwen?» Rispose cercando di nascondere il dolore.
«Come ti senti?»
«Fa ancora male, ma mi sto riprendendo»
Gwen esalò un sospiro di sollievo «Li vedi?» disse infine.
Duncan cercò di capire cosa doveva vedere, ma non appena i suoi occhi scoprirono altri lampi ghignò.
«Finalmente!» Si alzò infischiandosene del fianco e scrocchiò le dita. Condusse il suo potere e volere in mezzo alle nuvole richiamando a sé i fulmini che sarebbero venuti nel momento che lui riteneva opportuneo. Lui era in quel momento il padrone del meteo, era diventato una piccola copia di un Dio dei fulmini –Thor, Zeus o chi per voi– dato che stava a lui controllarli. Gwen oltre ad essere attenta ai movimenti del ciclone osservava pure Zoey, per captare al meglio il secondo fatale. Non appena vide dei fasci di luce biancastri dall'interno del ciclone si preparò psicologicamente. «Pronto?» avvertì anche il vicino.
«Quando vuoi, cugina»
«3, 2... 1...» La luce si vece più intensa «VIA!» dopo il suo urlo fulmini e una miriade di luci turchesi colpirono il ciclone ripetutamente impedendo a Þrír di compiere qualsivoglia azione.
Non appena Zoey placò il ciclone, era possibile vedere la macchina da guerra a terra, prevalentemente danneggiata: da lei usciva fumo, le luci lampeggiavano più deboli e aveva diverse ammaccature accompagnate da voragini. I tentacoli non rispondevano bene ai comandi, -quasi distrutti anche essi-  non producevano ghiaccio, fuoco o fulmini.
Zoey raggiunse volando i due cugini. Non appena toccò terra si accasciò ansimando per la stanchezza e fatica.
«Complimenti rossa!» Esultò Duncan compiaciuto nell'aver visto Zoey in azione per la prima volta.
Lei rispose con un fil di voce «Grazie» Assunse poi la posizione del loto.
Duncan stava per tornare in macchina «Abbiamo vinto, no?»
«Sbagliato» Rispose una Gwen secca che guardava ancora attentamente il robot.
Duncan si voltò ad osservarlo, si accorse che le luci ripresero a splendere e che il robot stava preparando altre palle di ghiaccio. La parte elettrica stava rientrando in azione mentre quella di fuoco era totalmente fuori uso.
Prima che facesse qualsiasi cosa, Duncan prese il controllo della situazione e, dopo aver individuato altri fulmini, lo attaccò violentemente più volte distruggendolo questa volta per sempre. Le luci si spensero totalmente e l'unica cosa che usciva era, definitivamente, fumo. I volti in marmo avevano diverse crepe.
I tre si incamminarono per tornare in macchina.

Raggiunto il veicolo, la prima cosa che Gwen fece fu sedersi e rilassarsi, concedendosi attimi di pace e tranquillità. Anche Bella Gioia stava per fare la stessa cosa ma non appena notò Ducnan recitare un verso di dolore non poté fare a meno di interessarsi e accorrere eventualmente in suo aiuto. «Duncan!» lo sorresse dalla spalla «che succede?»
«Nulla di importante» Informò addolorato, tanto da non scandire bene le parole.
«Non essere sciocco, fammi vedere» Era sicura che la causa provenisse dal fianco considerando la botta ricevuta precedentemente. Il Punk indossava un giubbotto di pelle con uno strappo esattamente nel lato del fianco sofferente, che la rossa gli sfilò, alzandoli dopo la maglietta nera con il teschio sopra. Il fianco era arrossato e vi era un taglio lungo e abbastanza serio dal quale perdeva sangue. La ragazza prese la sua borsa dalla quale uscì degli strumenti per medicare la ferita. Gwen invece stava osservando la scena ma sinceramente non intervenne.
Il primo passo, grazie ad un kit medico che portava sempre con sé nella sua borsa, fu disinfettare la ferita pulendo la pelle dalle strisce rossastre lasciate dal sangue, ripetendo l'azione finché il sangue usciva sempre meno. Successivamente spalmò una pomata sulla schiena –precisamente in basso, esattamente vicino al fianco– e massaggiò delicatamente. Infine, mise sulla ferita un cerotto quadrato che la copriva per intero, dunque anche il fianco. «Fatto» strofinò le mani come per pulirle «Va meglio?» Sorrise guardando Duncan, che non sapeva come reagire sbandato nei suoi occhi da cerbiatta. «S... sì» Non si aspettava un gesto simile.
Gwen sbuffò annoiata «Scusate» i due la guardarono «Avrete tutto il tempo del mondo per giocare all'infermiera e il paziente, ma ora vedete di salire oppure metto in moto e vi lascio qui»
Zoey non replicò, salì in macchina senza battere ciglio, prima di Duncan, ancora un po' perso nell'aria. Questa volta, per agevolare il cugino, fu Gwen a mettere mani al volante. Non appena constatò che tutto era in ordine, soprattutto se Duncan era comodo, la Gotica mise in moto e i tre partirono.


Cominciò a piovere a dirotto, pioggia proveniente da delle nuvole scure e minacciose, il che poteva preannunciare gravi conseguenze, eppure a lui, sorseggiando un bicchiere d'acqua, non importava del fatto che la pioggia potesse essere lieve o pesante. Lui era lì bloccato, se non cessava di piovere lui non poteva in nessun modo tornare a casa. Finito di bere, invece di buttare il bicchiere di plastica, lui lo mordicchiò come era solito a fare, bestemmiando nella sua mente, visto che non poteva fare il minimo rumore. Non poteva o non voleva, poco lontano da lui una ragazza minuta dormiva sul divano. Quella era Dawn. Fece tutto automaticamente, si era prima appoggiata sul divano e poi si era addormentata coprendosi con cura nello stesso plaid che lui aveva utilizzato. O meglio, con il quale lei l'aveva coperto.
Sì, perché lui ancora non si spiegava come mai lei si era presa cura di lui nonostante il modo rude che adoperava nel comunicare con lei, come con tutti i suoi conoscenti e, o, amici. Lui invece ne avrebbe approfittato per fare qualche dispetto, ma è un dettaglio effettivamente minimale.
La osservava e cercava di capire domandandosi diversi quesiti.
Perché lei era così buona addirittura con lui? Perché non si faceva problemi nel passare una giornata o nottata da sola con lui senza nemmeno scambiare una parola, visto il suo carattere? Perché non si faceva problemi? Perché tutto quello?

«Sì, certo, e scommetto che ti è pure piaciuto» Rise, in realtà era retorico, difatti non si sarebbe mai aspettato che la ragazza rispondesse, soprattutto quella risposta. Eppure, dopo un po' di silenzio...
Il rosso si girò dall'altro lato, tirando su il Plaid, smettendo di guardare la ragazza quando essa parlò. «Sì» Fu sincera sia con sé stessa che con lui. Schietta e diretta, forse anche troppo da lasciare il rosso non solo perplesso, ma anche impreparato. Ma, puntualmente, pronto a farsi “valere” lui ghignò «Se le cose stanno così...» disse tornando a guardarla. Alzò il braccio insieme al plaid, come se fosse Dracula con il suo mantello. «Vuoi ricostruire la scena a parti invertite?» Rise sentendosi potente, in base ad una logica contorta che era la sua.
Dawn lo guardò basita. ”

Ci ripensò continuamente, e più lo faceva più pensava che quella ragazza era totalmente strana. Non sapeva spiegare nessuna delle sue azioni, non la capiva totalmente e a dirla tutta, proprio tutta, dal primo momento che la vide pensò solo una cosa. “Mi sta sul cazzo”
Smise di pensarci non appena sentì un rumore provenire dalla porta. Con la mano sinistra che sorreggeva la sua testa, gomito sinistro appoggiato sul tavolo esattamente come l'altro braccio, annoiato e con il bicchiere saldato tra le labbra, scoprì che dietro di essa si nascondeva un ragazzo a sua volta velato da un ombrello; era bagnato, si vedevano solo i pantaloni marrone scuro, scarpe da tennis nere e un giubbotto verdastro; aveva difficoltà a chiudere l'ombrello. Scott alzò un sopracciglio perplesso, capendo però chi era grazie ad un certo aroma. «Ti lasci sconfiggere pure da un ombrello?»
Dopo averlo chiuso, il ragazzo si mostrò. «Molto simpatico» Dj sospirò.
Aveva una busta marroncina tra le mani, fonte del profumo. «Si è addormentata?» Notò Raggio di Luna.
«No, è una tua impressione. In realtà è una nuova posizione di Yoga»
Dj posò la busta sul tavolo, l'ombrello l'aveva lasciato in un cilindro davanti la porta. Toltosi di dosso il giubbotto si avvicinò verso la ragazza. «E' molto carina, non trovi?»
«No»
Scott avvicinò la busta dalla quale uscì un panino. Cominciò a sgranocchiarlo. «Lasciane uno pure a lei» Disse premuroso, prendendone uno anche lui. E pensare che gli aveva detto seduta stante di lasciarne uno per Dawn... «Non hai mangiato?» Chiese Scott aspettandosi un sì. E invece rispose «No, veramente».
Il tempo di masticare e inghiottire. «Ho pensato che sarebbe stato carino farvi compagnia»
«Premuroso...» Commentò girando gli occhi a trecentosessanta gradi. In quel frangente sembrava Heather. Dj invece, come in genere accadeva da parte sua, fece finta di non sentire niente e si ricordò di una cosa.
«Ah, Scott! Per caso è passata Zoey da queste parti?»
«No»
«Ah... mi domando dove posso trovarla»
«Senti, telefonale, mandale una lettera, vai a casa sua, ma non venire a chiederlo a me. Cosa vuoi che ne sappia?! E' da ieri notte che sono rinchiuso qui dentro con questa stramboide –indicava Dawn– e tu mi chiedi pure dove sono gli altri?» Sfuriò tutto d'un colpo la Iena.
Dj rimase a bocca aperta, come se stesse per realizzare qualcosa quando ad un tratto ruppe il silenzio forse nella maniera meno indirizzata. «Dimmi, Scott, cosa ti manca nella vita?»
«Eh?»
«Secondo me ti manca l'amore» Dj era alquanto convinto di quello che diceva.
«E secondo me a te manca qualcuno che ti mandi affanculo»
«Non essere così» Ribatté il moro «Magari è così vicino da poterlo anche toccare»
Allora, Scott istintivamente si girò e l'unica persona che vide era Dawn. E lì ci pensò. L'amore, in Dawn. Nella principessa delle fate che tanto odiava. In meno di 5 secondi strinse i denti per la rabbia.
Mandò una palla di fuoco amaranto verso Dj. «Ehi!» Riuscì a buttarle sopra dell'acqua. «Ma che ti prende»
Dovete considerare che il tutto si è consumato nella maniera più silenziosa per cortesia nei confronti di una Dawn dormiente.
«Senti, scimmione. Se ti piace fare il cupido dei poveri bagnandoti tutto con la prima coppietta che ti capita a tiro sei libero di farlo con chiunque, ma vedi di lasciarmi vivere e respirare la mia aria in santa pace, chiaro?» Per quanto Scott cercasse di sembrare –se non essere– minaccioso, qualcosa suggeriva il contrario. Dj trattenne a stento le risate. «Certamente, Scott»
Scott allora ci rinunciò e si diresse verso la caffettiera per preparare il secondo caffè della giornata mentre Dj ancora rideva cercando di non svegliare Dawn. «Ehi...» Si strofinò gli occhi mentre il rosso azionava la macchinetta. «... ricordati che ti conosco da molto tempo, so cosa sei»
Scott si fermò un attimo riflettendo sulla frase appena detta dal suo “amico”. Lì non rispose, semplicemente tornò a concentrarsi sul caffè facendo finta che nulla fosse successo e che i due niente si dissero.
 



黒い一角:
Ecco, finalmente posso aggiornare, anche se volendola raccontare come passa in questo momento sono le 03:50 del mattino in punto.
So, so, che questo capitolo ha parecchie lacune e so anche che, qualora dovessi sbagliarmi, so che questo è il capitolo più pesante finora. Per questo ho scelto di chiuderlo in maniera un po' teatrale, per alleggerirlo. 
Sì, l'amour c'è più o meno. Ma in questo "arco" della storia almeno una devo per forza metterla. Il perché non ve lo dico, ma sicuramente lo scoprirete, o meglio: dipende da voi.
Come qualcuno sa, sono 3-4 giorni che scrivo questo capitolo. Perché io i capitoli li scrivo a tratti, cosa sbagliatissima e che vi suggerisco di non fare, ma per scrivere un capitolo sano dovrei stare sveglio la notte, cosa impossibile, anche se in questo momento sono sveglio. Ma questo è un dettaglio perché ieri era sabato, quindi oggi è domenica, quindi essendo tale non dovrei fare niente di mattina se non dormire. Confesso di avere un po' di sonno e probabilmente anche le occhiaie. Non lo so, non voglio guardarmi allo specchio se no, poverazzo, quello si rompe e mi minaccia di stuprarmi il canguro...
Di base, spero che nonostante tutto anche questo capitolo vi sia piaciuto. Sì, ho notato che il precedente capitolo non ha ottenuto le recensioni sperate, ma comunque va bene, essendo autunno-inverno posso giustificare il tutto. Comunque con il capitolo precedente qualcuno in più segue la storia, quindi è una cosa che lo stesso fa piacere. Però sapete perfettamente che se volete recensire, io farò si che l'oscurità vi avvolga... no, detto così non recenscisce nessuno.
Se volete recensire, io potrò rispondere a qualsiasi cosa, a meno che non debba spoilerare, spoilero solo se lo chiedete voi.
Mi sono focalizzato su Zoey, che alla fine ce la vedo nei panni di un ciclone, mi ispira. Il suo elemento è il vento, in quanti se lo aspettavano? Penso tutti, credo sia stata prevedibile come cosa, concordate?
Quando il prossimo capitolo? Ehm, dirvelo è difficile anche in linea di massima, comunque spero di essere più presente.
Certamente per ora non sono stato presente nello svolgimento del capitolo perché sono stato preso da altre cose, non tanto fisicamente quanto psicologicamente. Lasciamo stare gli impegni odierni, ultimamente si sono messi in mezzo il fatto che questa per me è stata una settimana particolare, più quanto è successo a Parigi, argomento dal quale sono uscito sinceramente schifato e alquanto provato, più il fatto che devo ricordarmi anche la mia vita sociale una volta ogni tanto, più cose che non voglio effettivamente dirvi perché so che vi annoierei.

Nonostante tutto continuo a ringraziarvi tutti in anticipo anche solo se leggerete questa storia.
Recensite pure. Ditemi tutto quello che volete.
Io ci sono.
Detto tutto questo pubblico il capitolo e via, la palla passa a voi.
Salut e n'oubliez pas.

No seriamente. Conoscete Gli Eurovision Song Contest? Quest'anno la Francia si è presentata con una canzone, il titolo è appunto N'Oubliez Pas, vi suggerisco di sentirla, magari con la traduzione davanti perché veramente... credo che dopo aver sentito questa canzone di nuovo non ci sia altro da dire.

Seriamente, ora vado via.
Aspetto le vostre recensioni!

*Saluta entrando in un portale tornando nel Paese della notte*

Nero.




   

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Capitolo 7
*** Please, Stay... ***


– Seventh Chapter –




 
Please, Stay...
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Con grande sorpresa, Zoey aveva notato che Gwen sapeva anche guidare benissimo, pure meglio di Duncan.
L'aveva capito che Gwen era una con i contro cavoletti di Bruxelles, o almeno tale era ai suoi occhi: era una indipendente, libera e, se vogliamo, poteva anche essere un'ottima “leader” e un'ottima persona anche in quanto donna –questa fu l'impressione di Bella Gioia–, eppure non si era posta la domanda sul saper guidare o meno –non che questo potesse cambiare la propria opinione riguardo un individuo X– e qualora se la fosse posta, avrebbe risposto con un “sì” a sé stessa ma certamente mai la risposta sarebbe stata “Sì, e sa guidare meglio di una tassista”. Era ufficiale, Zoey vedeva una grande personalità dentro la Gotica, vedeva un eccellente modello che tuttavia già sapeva a prescindere di non poter seguire per un semplice motivo, lei non avrebbe mai potuto diventare come lei. Sorrise felice per la Dark che in quel momento dialogava con suo cugino, ma Zoey era troppo impegnata ad ammirarla in silenzio.
«No, Duncan, è inutile che ti vanti. Alla fine se non fosse stato per Zoey tu a quest'ora saresti avvolto nelle fiamme» Nel sentire il suo nome essa ritornò coi piedi per terra e si connesse alla discussione pur avendone perso un pezzo. «Ma per quanto ci sia riuscita a fare l'eroina, ti sei ritrovato distrutto lo stesso» Osservò la Dark punzecchiando suo cugino ma egli non dava sazio. «Beh, che vuoi che sia? E' un dolore che passerà tra non molto» Rise «Anzi, mi sento già meglio»
«Se è così devi, di nuovo, ringraziare Zoey» Gwen sospirò per poi sorridere «Tu sei la prova che questo qui sarebbe sotto un ponte se non fosse noi» Si rivolse alla ragazza riuscendo a far sorridere pure lei sebbene queste non erano frasi tipiche della Dark, ma era la prima volta che le facevano un complimento simile. In realtà non le facevano molti complimenti in generale.
«Eccole lì: cos'è, alleanza femminile?» Ghignò «Devo sottolineare quanto invece sia essenziale il genere maschile?» Affermazione che non c'entrava molto con l'argomento.
«Ok, ricomponiamoci, stiamo degenerando. Da questa discussione possiamo prendere spunto per aprire una pagina su Facebook» Pur essendo sarcastica, si fece improvvisamente seria. Ma era tutto giustificabile. Questa trasformazione era dovuta dal fatto che erano arrivati a destinazione, seppur Zoey non ne era certa. Si erano resi conto di essere appena arrivati in un paesino, probabilmente lo stesso del quale parlava Gwen prima di partire. Era un paesino effettivamente niente male: era tranquillo, non c'era tanta confusione; case e palazzi ben curati e negozi sparsi qua e la come macchie.
Zoey non l'aveva mai visto prima e sembrava fosse l'unica, dato che Duncan non sembrava colpito dal posto e Gwen era troppo concentrata nel studiare i dintorni ma né per curiosità né per interessi simili a quelli della rossa, assolutamente no. La ragazza dalle ciocche cerulee era intenta nel guidare e nel trovare la destinazione definitiva, che in verità non era neanche tanto lontana dal posto: erano appena arrivati nei pressi di una piazza rotonda circondata da bar e da negozi generali, il che lasciò Bella Gioia in una lacuna. Era più un paese comune o un paese con un'attività commerciale notevolmente attiva? Oltre quello, la piazza non era invece piena di vita. Sì, i negozi e i bar c'erano seppur non tutti aperti. Nemmeno un'anima viva da quelle parti. Tutto questo fu dato probabilmente relativo alle condizioni climatiche che non erano migliorate di molto, stava pure cominciando a piovere. Non le venne da pensare a qualcosa di anomalo, in effetti non ne vedeva il motivo considerando che era tutto quanto in ordine, pulito e preciso. Sì, escludeva che robot come Þrír fossero apparsi lì. E a proposito di Þrír, meditava pure su di esso. D'altronde, non era sovente combattere con robot agguerriti come quello anche se, col senno di poi, si potrebbe dire anche diversamente. Zoey aveva avuto la possibilità di mostrare quel suo lato che usciva solo in quei casi, eppure a lei non importava, il suo obiettivo non era quello di salire sul piedistallo combattendo solo per farsi notare, ma ovviamente per difendersi da una novità che poteva essere anche ben più grave di quello che veramente era. Avrebbe potuto essere un robot superiore, magari un robot assassino e, o, mercenario che non si sarebbe fatto scrupoli a far fuori qualsiasi essere si presentasse al suo cospetto. Invece quella palla deforme non era fortunatamente dotata di riflessi pronti e per questo ringraziava il cielo, o meglio, ringraziava Gwen. Benché sembri che essa non abbia fatto nulla, lei invece lo aveva colpito da lontano rendendole il gioco più facile colpendo soprattutto i suoi punti deboli e se non fosse stato per la Dark la cosa sarebbe sicuramente durata anche di più del dovuto. Ma il cento dei suoi pensieri non era questo. Lei era curiosa nel sapere la funzione e gli obbiettivi precisi di quest'ultimo, del robot. Se era lì, c'era una ragione precisa –il che si presuppone sia palese. Scesa sulla terraferma, magari in una situazione tranquilla ed adatta, ne avrebbe parlato con Gwen. Trovata questa soluzione si stese finalmente tranquilla e si rilassò. Poco a poco si stendeva sui sedili, se non fosse, certo, per via di una frenata non troppo brusca da parte della pilota. «Bene» La Dark si tolse la cintura di sicurezza. «Questa è la fermata, io scendo» Diede per scontato il fatto che Duncan rimanesse in macchina, anche perché aveva avuto un segnale da parte sua, facendole capire –non verbalmente– che poteva andare sola. «Zoey, ti lascio fare la babysitter» Detto questo non le diede nemmeno il tempo di rispondere, scese dalla macchina e si avviò verso una meta sconosciuta ai due ragazzi rimasti in macchina, una stanca morta e l'altro un po' addolorato ma anche lui stanco a modo suo.
Il Punk prese il pacco di sigarette dalla tasca –più o meno spappolato– e prese una sigaretta che in questo caso di “retta” aveva solo una parte del nome. «Senti Zoey...» La accese e esalò subito un sospiro grigio. «Grazie, seriamente» Sussurrò, lasciando la ragazza di sasso.
«No, Duncan, figurati» Fece la formale «E' stato il mio... istinto» Sorrise a trentadue denti.
«Qualunque cosa sia stato mi hai salvato e te ne sono grato» Aspirò il fumo.
«Avresti fatto lo stesso anche tu, no?» Ribatté la rossa.
«Questo è un altro discorso» altra nuvola di fumo uscita dalle sue cavità orali «Tu mi hai salvato il culo da una situazione disastrosa» si grattò la testa «Come ha detto Gwen, a quest'ora sarei con le chiappe a fuoco se non fosse stato per te. E poi dobbiamo contare anche il pronto soccorso prima di salire in macchina?»
«Duncan, ascolta...» Lei da dietro si avvicinò a lui e gli prese la mano con le sue. Lui sussultò, non si aspettava una mossa simile. «...non devi sentirti in debito, completamente, l'avrei fatto con chiunque» Zoey sorrise nuovamente, lei sorrideva pure quando dormiva. Questa volta di sasso ci rimase il Punk.
«Zoey...» Sospirò «...grazie» Si rimise nella sua posizione naturale aspirando altro fumo, mentre la sua mano si staccava da quelle di Bella Gioia. Era di nuovo colpito dalla situazione. Si era di nuovo immedesimato negli occhi di quella ragazza, ma si ricompose non appena il silenzio avvolse i due.
Ma la poteva girare come voleva, sia lui che lei.
Duncan doveva ufficialmente la vita a Zoey.
 
 
 
Con l'avanzare del tempo si arrivò al calare del sole, il cielo manifestava a chiare lettere l'ora blu. E sì, oltretutto faceva pure freddo, abbastanza da provare quel fastidio alle dita eventualmente ghiacciate, ma per Heather questo non era un problema o almeno non per una come lei che famigliarizzava senza problemi con il freddo e che quindi non poteva fare altro che accogliere con un tappeto rosso l'inverno ormai giunto tra di loro con le sue atmosfere natalizie – delle quali non le importava sinceramente. Una vasta e grande sciarpa beige abbracciava il suo collo elegantemente accompagnata da una giacca lunga fino alle ginocchia del medesimo colore; un maglione bianco, pantalone nero e stivaletti color cammello. Le mani nascoste nelle rispettive tasche della giacca. Per quanto una borsa fosse lo strumento o accessorio portante nelle mani di una ragazza e per quanto quest'ultimo fosse presente nella lista dei desideri di molte e moltissime donzelle ogni giorno sempre di più, quella volta la Calcolatrice la portò con sé per miracolo: uscì di casa con una borsa dello stesso colore dominante del suo coordinato –quindi beige– tuttavia, a seguito dei fatti recentemente accaduti con i Veliant e simili, sospettava, o quanto meno si aspettava, che ci sarebbe potuto essere un altro assedio e che quindi la borsa sarebbe stata solamente d'intralcio. In effetti le strade continuavano ad essere poco affollate sebbene questo dettaglio sembrava sfocarsi ogni giorno di più. A differenza dei giorni precedenti, era possibile vedere qualche persona passare per il marciapiede ma ancora non era un buon risultato. E tutto questo era grossomodo differente alla realtà passata dei fatti: non era vero che la gente non aveva neppure la voglia di fare un passo; non era vero che le strade erano poco affollate; non era vero che la moltitudine dei negozi era chiusa; non era vero che l'atmosfera incuteva depressione ma soprattutto non era vero e non era fattibile che i Veliant erano autorizzati a spargere timore per le strade. D'altro canto riconosceva che –nonostante non si fidasse di lei– Gwen aveva ragione. I Veliant non dovevano essere poi così possenti e così imbattibili. Aveva notato frequentemente che con un soffio o con una spinta quei robot si sconfiggevano da soli. Se fosse stata in Blaineley avrebbe mandato altri robot o forze varie, invece che degli opossum ubriachi quali erano i Veliant. Infatti supponeva che c'erano dei conti che non quadravano.
Alzò gli occhi al cielo e si perse nel guardare un fenomeno naturale bellissimo quanto invisibile alla società generalmente. Esso assumeva diverse sfumature di blu partendo da un blu denim all'orizzonte, diventano più elettrico finendo poi in un tono scuro, tralasciando anche le altre note di colore – sempre derivate dal blu. Ammetteva che quella fase della giornata era fantastica. Non era la tipa che si perdeva ad ammirare la natura o le sue mille facce per cui sospirò da dietro la sua sciarpa, si fece tutta d'un pezzo e proseguì per la sua strada. Lo avrebbe fatto se non fosse per dei rumori che sentiva nell'aria. Si voltò e sbuffò prontamente. “Eccoli lì...” sbottò nella sua testa. Sì, erano dei Veliant. Tanti Veliant, non riusciva nemmeno a contarli approssimativamente.
Senza indugio, congelò l'aria circostante creando una lancia di ghiaccio affilata in entrambi i margini, come se fosse una matita a due punte. I Veliant marciavano ma Heather era più lesta e sveglia di loro, trafiggendone con la sua lancia la bellezza di tre, una combo in un colpo. Così procedeva finché i robot non cominciarono a sparare. Lei per difendersi creò un cubo di ghiaccio che la imprigionò. Dopo ripetuti spari immagazzinati dal ghiaccio che stava per rompersi, Heather fece esplodere il blocco di ghiaccio in una miriade di dardi che si apprestavano a piovere incontro i robot mettendone K.O. una buonissima parte trafiggendoli. Rapidamente sfruttò l'aria fredda che li circondava rendendola ancora più gelida concentrandola tutta quanta in mezzo ai Veliant dei quali alcuni rimasero congelati e altri si muovevano con delle difficoltà. Distrusse quelli congelati letteralmente attaccando successivamente quelli mobili che si fecero via via più lenti. Prima di attaccare Heather si rese conto che c'era un'altra presenza: aveva notato che un buon numero di robot si attraevano tra di loro, si schiantavano l'uno con l'altro per poi andare in corto circuito. “Cazzo!” strinse i denti per la rabbia “E a lei chi l'ha invitata?!” Tanta era la rabbia che nell'attaccare i robot, con una velocità senza precedenti manco fosse un ghepardo, congelava, trafiggeva e squartava il petto dei Veliant con la stessa facilità con la quale Enrico VIII decapitava le sue mogli. Dopo che le macchine si riunirono intorno a lei circondandola, congelò anche il campo di battaglia trasformandolo in una via di ghiaccio e gelo, il quale abbondava. Sentì qualcuno dietro di lei. «Cos'è, già sei stanca?» Quel qualcuno sfidò Heather, una voce femminile che aveva riconosciuto subito.
«Ti permetti di parlare di me pur sapendo che io sono stata migliore di te un'altra volta?»
«Oh, oh, la ragazza acida e vanitosa si fa valere!» Un mezzo dei Veliant rimase immobile.
Esattamente in perfetta sincronia all'altra, Heather congelò tutti i Veliant davanti a lei e dall'altra parte quella persona aveva fatto sì che la sua parte di robot si schiantasse tra di loro come fossero magneti con l'acciaio.
Heather li distrusse mentre l'altra ragazza evocò una sfera verde menta con al centro un rombo nero che attraeva i robot nel suo nucleo, sembrava un buco nero. L'asiatica si voltò contemporaneamente all'altra per colpirla con delle schegge ghiacciate che vennero prontamente distrutta da pietre metalliche.
Afroamericana, l'altra era una ragazza robusta e di carnagione scura, gli occhi neri come i capelli acconciati con delle treccine africane. Indossava un giubbotto di pelle nero –chiuso–; un cappello di lana arancione, pantaloni neri e stivali arancio. Aveva anche degli orecchi enormi circolari dorati. «E' tutto qui quello che sai fare Heather?» Provocò.
«Senti, non ho tempo da perdere con te. Levati autonomamente o ci penserò io in meno di un secondo, LeShawna»
«Cinesina Spocchiosa, avevamo un conto in sospeso» LeShawna aggrottò le sopracciglia.
«Non mi interessa» Heather attaccò con un raggio gelido che Black Mama riuscì a raggirare con una parete invisibile ma, subito dopo, la mora corse incontro alla Calcolatrice e sferrò un pugno che venne prontamente schivato da una ruota –Heather si muoveva come un ermellino. L'arma di ghiaccio venne lanciata verso LeShawna, la quale la afferrò per distruggerla. Con un balzo LeShawna tentò nuovamente di sferrarle un pugno –con la mano interamente metallizzata–, tentativo che fallì una seconda volta colpendo il ghiaccio nel terreno e intanto Heather riuscì a congelare la gamba destra della sua avversaria che, rapidamente, liofilizzò la sua parte destra interamente.
«Bastarda!» Insultò aggressivamente LeShawna «Davvero speri di sfuggirmi?!»
«Guarda un po', lo sto facendo» Heather si alzò da terra e si sistemò i vestiti.
«Ti piace vincere facile! Sei fortunata solo perché riesci a congelarmi!» LeShawna, applicando forza, riuscì a distruggere il ghiaccio. «Non è così facile» Se ne uscì la mora.
La Calcolatrice sbuffò «Senti, LeShawna» Si dedicò all'acerrima nemica. «Mi stai stancando. Cosa vuoi?»
«E lo chiedi pure, faccia di minchia!» Si calmò un secondo entrando sulla riflessiva «Lo sai cosa voglio. La collana»
Heather non diede risposta per due secondi, dopo i quali prese coscienza della situazione «Bene. In questo momento non è qui»
«Tu sei una donna morta!» Minacciò Leshawna ma Heather la fermò subito «Aspetta! Fermati un attimo. Ti propongo un accordo» Heather richiamò il ghiaccio a sé ripristinando la zona al suo stato originale, mentre la sfera verdastra di LeShawna, dopo aver finito di risucchiare i Veliant, sparì senza alcun comando.
«Io domani ti ridarò la tua ambita collana»
LeShawna diffidava tremendamente ed era ben visibile. «Ehi!» Heather alzò le braccia. «Puoi fidarti!» Da una serpe come Heather, lei si aspettava di tutto, ed era proprio quando diceva “Puoi fidarti” che uno non doveva fidarsi. Tuttavia era disposta ad ascoltare, pur di riottenere la sua preziosa collana. «Vai avanti»
«Domani avrai la tua collana, solo se tu mi farai un piccolo favore»
In realtà era una cosa pensata su due piedi, Heather aveva approfittato della situazione per rigirarla a suo favore. E, scaltra, aveva già tutto pronto e pianificato in cinque secondi.
«Va bene, parla. Ma non fare brutti scherzi!»
 
 
 
Sentendosi scossa ripetutamente, Dawn si era risvegliata accorgendosi di una presenza che vegliava il suo sonno pur non avendola inquadrata. Una mano profumata, fresca e pulita le accarezzò la guancia. «Ben svegliata» La Principessa delle fate alzò gli occhi incrociando quelli di DJ. «Buongiorno» Rispose assonnata con voce rauca mentre Courtney le porgeva una tazza, dove al suo interno vi era il suo benamato tè. Dawn alzò la schiena aiutandosi con le mani, il plaid copriva ancora le sue gambe distese. Aveva dormito abbondantemente, tanto da meravigliarsi vedendo dalla finestra che già era buio là fuori. Soffiando ripetutamente la sua bevanda, non poté non notare che tra i presenti c'era anche Scott, a cui non importava nulla di Dawn, guardava fuori dalla finestra. Mentre lei iniziava a sorseggiare, la porta cigolò. Dopo averla aperta, si vedeva Zoey seguita da Duncan. Un Duncan che non solo tremava per il freddo, ma aveva una faccia abbastanza seccata e voltandosi Scott non trattenne le risate. «Fantastica! La tua faccia di cazzo è fantastica» E intanto Zoey salutava tutta la combriccola.
«Per favore, mandarino con i piedi, non è il momento» Si sedette rimandando a dopo le ribattute.
«Che succede, la mammina non ti ha portato il regalo di Natale? O volevi una Candy Cane?» La Iena si posizionò difronte a lui al lato opposto del tavolo.
«Che simpatico» Duncan simulò una risata «No, qui il problema è la mia adorata macchina»
Il rosso rimase perplesso e alzò un sopracciglio. «Davvero?»
«Se n'è impossessata Gwen» Informò Zoey versando l'acqua in un bicchiere, virgolettando il verbo da lei pronunciato.
«Non mi dire» Scott sogghignò «E dimmi, Zoey, come guida la cuginetta?»
Zoey aveva recepito il messaggio e ribatté scherzosa «Meglio di Duncan»
Duncan chinò il capo «Disgraziati» sussurrò sorridendo poco dopo, con la testa sempre calata. Invece Zoey rise divertita.
«A proposito, dov'è lei?» continuò Dj mentre si sedeva sul divano – Dawn era rannicchiata, lasciando spazio al moro.
«A sbrigare un affare suo» Il Marcio si strofinò le mani in faccia esasperato. «Ma poteva lasciarmi almeno la macchina» sospirò.
«Non essere tragico! E' in buonissime mani» Rassicurò Bella Gioia.
«Non è questo il problema! Ma se io volessi tornare a casa o dovessi andare da qualche parte?»
«Hai le gambe» Rispose Scott sarcastico, con il suo solito sorriso beffardo in viso.
«Non puoi, ha detto che sarebbe tornata in poco tempo» Fermò subito Bella gioia.
Sbuffò Duncan incrociando le braccia sul tavolo, dietro le quali ci mise il mento «Che palle...» i suoi occhi acquamarina guardavano il nulla, colpa della stanchezza «E della cinese nessun segno di vita?» Continuò il verde.
«Ti piacerebbe» Entrò dalla porta, lasciata erroneamente aperta dal Punk stesso prima.
«Ecco» Sospirò lui «La prossima volta ricordami di non pronunciare il tuo nome, così non spunterai come la morte»
«Fai silenzio» Apostrofò acida la Calcolatrice chiudendo la porta e lasciando il suo cappotto sull'attacca panni.
Dopo mezz'ora e qualcosa di più, Dawn, avendo finito di bere il tè, posò la tazza decidendo di lavarla in un secondo momento. Camminava con il plaid addosso, il quale – vista la sua bassezza – strofinava per terra ma, pur essendone al corrente, cercava invano di intervenire a riguardo. Rivolse un secondo lo sguardo alla finestra, notò una sagoma femminile famigliare passare esattamente sotto la finestra. Aveva capito chi era «È arrivata» avvisò. Come previsto, quella sagoma passò dal vicolo cieco ma una novità, o peculiarità. Gwen non era sola. Un'altra figura era insieme a lei: minuta e mingherlina, forse pure più di Dawn, era coperta da un piumino gigantesco marrone. Non si vedeva né il volto, né le mani, né i pantaloni. Non era possibile nemmeno intravedere i suoi occhi, i quali erano tra l'altro – unica cosa visibile del volto – coperti da un paio di occhiali da una forma indefinita per colpa della distanza e delle rispettive posizioni delle silhouette ed essi riflettevano la luce, rendendo impossibile la visione dei suoi occhi almeno per Dawn.
Allora lei, senza voler allarmare i presenti, comunicò quanto visto. «Non è sola»
La reazione fu istintiva. Duncan e Zoey si guardarono negli occhi come se comunicassero telepaticamente un loro pensiero, o un dialogo riservato a loro gestito da un codice non verbale. Raggio di luna dalle loro aure aveva inteso che anche loro avevano una vaga idea di chi stesse parlando. Le loro emozioni e i loro pensieri erano anche espressi in maniera differente: Zoey era più incuriosita, domandandosi cosa dovrebbe farci un ospite lì e perché, mentre Duncan era più sul chi va là, pronto a fare una scansione a raggi X senza trattenersi a chi per lui, non importava quale ruolo interpretasse in tutto questo. Heather roteava gli occhi come a dire “Un'altra testa di cazzo a rompere le balle”. Con la mano sorresse la testa, svogliatamente.
L'arco temporale fu breve, si sentirono dei rumori e furono giusto 5 secondi prima che la porta si spalancasse attraversata da Gwen e quindi anche da quella persona imbacuccata. Lui – o lei – si sentiva a disagio, erano persone che non conosceva e avrebbe preferito assolutamente essere e fare qualsiasi altra cosa, piuttosto che quella situazione. Tutto questo ovviamente era chiaro alla mente di Dawn, mente che gli altri non si sarebbero nemmeno sognati di avere e non avrebbero nemmeno mai voluto. Gwen sembrava più o meno agitata, ad occhio e croce, aveva salutato tutti quanti con un secco, freddo e volendo vuoto “Ciao”. Si diresse verso lo sportello di un mobile, lo aprì e prese il tubo metallico o quel che era. Tempestivamente lo lanciò verso il Cosplay di Kenny di South Park, cui si sgranarono gli occhi come se avesse visto un fantasma non tanto per via dell'oggetto che non aveva nemmeno inquadrato bene, ma perché – riflessi non proprio svegli – non fece in tempo a prenderlo. Lo colpì al torace e si schiantò a terra, scatenando le risate di Heather, Ducnan e Scott. Il mal capitato esalò agonizzante «Lo sapevo»
Gwen si mise una mano sulle labbra, il che poteva farla sembrare scoccata e invece trattenne anche lei una piccola risata. La ingoio come fosse acqua e si diresse ad aiutare quella che si presumeva fosse una sua conoscenza di vecchia data. Raccolse l'arma del delitto e allungò una mano verso quella della vittima «Forza, alzati» In realtà fece tutto Gwen. Era così leggero che non ci volle molto per rimetterlo in piedi. Sembra fatto di pelle, ossa e aria tanto che era leggero. La scena lasciò abbastanza di stucco gli spettatori.
«Guarda» Questa volta Gwen lo porse a lui. Egli scoprì il capo e, come previsto, era un ragazzo. Aveva grandi occhiali circolari, i capelli rasati e occhi neri resi ben più grandi dagli occhiali, la carnagione scura. Prese quindi il tubo e lo esaminò attentamente. «Non vedo cosa potrei farci» Rispose lui afflitto.
«Cerca di non prendermi per il culo!» Urlò infastidita facendo sussultare il ragazzo stuzzicadenti.
«Ma...» Deglutì «Ma spiegami cosa dovrei ricavare solamente con uno di questi? Serverebbe altro per costruire quello che ti aspetti»
«Razza di gnomo, non ti ho ancora detto nulla di cosa ho in mente!»
Il ragazzo rimase un secondo in silenzio «Sì, hai ragione...» Ancora abbattuto. Ritornò in sé e riprese comando delle sue facoltà «In ogni caso, io non posso fare nulla» restituì l'attrezzo «Devo andare»
Gwen si paralizzò un attimo, ma non poteva permettere per nessuna ragione al mondo che il piccoletto le scappasse di nuovo sotto il naso. «No, aspetta» Disse con un tono di voce più accettabile e sulla norma afferrandolo per il braccio. Gli altri si guardarono perplessi, sembrava di seguire le scene di una telenovella.
«Mi serve...» Si voltò osservando gli altri e respirò. «CI serve il tuo aiuto»
La supplica non bastava «Ma cosa? Cosa posso fare per essere utile?»
Gwen lo guardò negli occhi. «Esatto» Il ragazzino guardò per terra. «Nulla...»
«NO!» Gridò ad alta voce, con così tanta autorità che persino Duncan si spaventò, archiviando addirittura l'idea di prendere una birra come se quel “NO!” fosse rivolto a lui. «Sappiamo entrambi che non è vero!»
«Invece è così!» Corresse lui ma Gwen era determinata.
«Ti rendi conto che se le cose peggioreranno noi da soli non potremmo neppure difenderci e non basteranno nemmeno le nostre forze?!»
«Almeno voi siete degli Ullr!» Aggiunse poi il ragazzo.
«Vedi che sia io che loro siamo una banda di ignoranti e mentecatti, Cameron!»
“Ignoranti e mentecatti” irritò emotivamente Courtney, la quale si sentiva attaccata. Stava per intromettersi, ma venne fermata da Zoey silenziosamente, indicandole che era meglio restare fermi e lasciar scorrere le acque. Heather osservava la scena con una nota di interesse.
«Ma voi avete il potere!» Aggiunse Cameron
«Tu l'intelligenza!»
Il quattrocchi ci rinunciò «Gwen, davvero... non posso aiutarvi in nessun modo. Apprezzo la tua insistenza e apprezzo che tu creda ancora in me... ma sii realista!»
«Cameron, chi meglio di te? Rispondi sinceramente»
I toni dei due sembravano più pacati, meglio dire solo di Gwen dal momento che Cameron non aveva nemmeno alzato la voce di un decibel. Cambiato la tonalità, sì, ma non urlava – anche perché non lo sapeva fare, così diceva.
«Chiunque» Rispose.
«Sì sincero!»
«Chiunque con un minimo di conoscenza!»
Allora lì Gwen si stette zitta, lo guardava con fare arrabbiato e autoritario continuando a tenergli il braccio. «Questa è la veri...»
«Abbiamo combattuto contro Þrír!»
Gli occhi di Cameron si sgranarono nuovamente. «Þ...rír»
«Ora capisci?»
Cameron guardò il nulla.
«Mi ha usato...» Deglutì. «Mi ha illuso. Mi ha insultato»
Era a un passo dal piangere.
«Per tenerli... tutti per sé»
Gwen lo portò verso le sue braccia e lo abbracciò affettuosamente permettendogli di sfogarsi nel migliore dei modi.
«Insieme possiamo sconfiggerla» Sussurrò lei.
Cameron si staccò dalle sue braccia e scosse la testa in segno di opposizione. «Impossibile»
«No» Lo guardò negli occhi ripensando a quella volta, con Duncan e Dj quando la sua situazione era simile:
 
«No, Dj, guarda... sarei soltanto un peso in più» Zoey e Dj risero. «Ma quando mai!» Esclamarono entrambi.
«Davvero, ragazzi, non credo sia...» Fu interrotta da Duncan. «Ehi ehi ehi, Miss. Dark Beauty. Ti daremo un po' di tempo per pensare» Le fece l'occhiolino.
 
Non se lo scordò più. Credeva che questa volta dovesse interpretare il ruolo opposto. «Ti prego Cam, promettimi che almeno ci penserai su»
Cameron provava ad andarle in contro, ma notò nei suoi occhi una grande richiesta d'aiuto «Per favore» Sussurrava. «Non sarai solo. Non di nuovo»
Il Quattrocchi allora l'assecondò, chinò la testa – lo fece anche per sbarazzarsi di quella situazione. Finito il teatrino, girò i tacchi e si diresse fuori da quelle mura, con aria ancora più cupa. A lui, veramente, non gli importava nulla di tutta quella situazione, non voleva sapere più nulla di Veliant, Ullr e tutto quello che roteava intorno a loro. Voleva, anzi, DOVEVA starne fuori.
Gwen, giustamente, si voltò verso gli altri ragazzi che erano normalmente colpiti e straniti da tutta quella vicenda e ovviamente le loro espressioni erano affamate di spiegazioni. «Vi spiegherò tutto, quando le acque si calmeranno»
«No, Gotica da quattro soldi, lo farai ora, che ti piaccia o no» Attaccò Heather infuriata, la Dark sbuffò e la guardò rispondendole ragionevolmente «Senti: io, Zoey e Duncan abbiamo combattuto contro un robot che è grande quanto i due coglioni che mi fai venire ogni volta, sono stata fuori una giornata a destra e a sinistra, ho dovuto raccattare quel depresso sconsolato inculato in capo al mondo, Duncan ha un fianco infortunato e pretende pure di fare il supereroe onnipotente e io sono stanca morta» in tutto questo discorso, sia Zoey che Duncan si vedevano d'accordo. «Quindi, se non ti dispiace regina gelida, vorrei andare a dormire e tu non me lo impedirai. Chiaro?»
«Non permetterti a...» Le stava inveendo contro ma fu trattenuta da Dj che le prese le braccia «Lasciami Gorilla!»
«Heather, per favore, calmati»
Gwen levò le tende, uscendo da quel ritrovo lasciandosi alle spalle una nottata per niente rosea, ma infondo ne era valsa la pena, lo sapeva.
Tra tutti loro, c'era pure lei, Zoey, che in silenzio aveva capito. Cameron aveva bisogno di aiuto.


 





Black Corner: 
Ooooh, buonasera! Buonasera e buona vigilia di natale a tutti!
Lo so, probabilmente starete aspettandomi da un mese e mezzo con i forconi e le torce infuocate nelle mani, ma alla fine eccomi, con tanto di Angolo Autore inutile e privo di contenuti.
No, dai, non così tanto. Cioè sì.

Allora, non voglio intrattenervi oltre perché sicuramente tra qualche minuto dovreste andare a magna', a meno che non siate testimoni di Geova, quindi sarò breve e conciso.
Avrei aggiornato oggi pomeriggio ma: Google Chrome mi è andato in palla, Il sistema operativo ha fatto aggiornamenti automaticamente mentre io ero in bagno, quindi mi ha praticamente lasciato con una mano avanti e l'altra dietro, ho finito il capitolo alle 3:40 di mattina e ho scelto di non pubblicarlo in quel preciso istante, e questo è il risultato.
Ora, questo capitolo spero come al solito che vi piaccia. Non sono molto sicuro a riguardo ma comunque ci devo provare.
Vi invito a recensire come tutte le volte, Esprimete la vostra opinione, Dialoghiamo.
Beh, certo, non oggi perché sarete pieni, saremo pieni - io meno per via delle mie intolleranze varie - ma comunque non vi metto "Prescia".
Ok, qui mi sono arrivati pure gli ospiti, il che vuol dire che devo dileguarmi.

Mi dispiace aver fatto un'angolo autore così misero, ma va bene.
Stringerò: 
I) Rivedrò completamente tutti i capitoli di questa FF grammaticalmente parlando;
II) Ho riletto solo una volta questo capitolo, tutta colpa della fretta.
III) Recensite e tenetemi al corrente riguardo a tutto: Errori, OOC (Forse ci sarà), Cose che non vi quadrano, cose che non avete capito, etc.

Detto tutto questo vi auguro di nuovo una buona vigilia de natale.
Mi raccomando, non vi ingozzate troppo di panettone e pandoro che poi mi esplodete sulla tastiera.

Tante belle cose! E Buon X-Factor a tu... ah, è finito.
Vabbeh, statemi bene!
Spero di avervi intrattenuto e di non avervi fatto perdere tempo con questo capitolo!
Perdonatemi qualora ci dovessero essere cose brutte.

*Si inchina, mentre un portale nero sotto i suoi piedi lo ingoia*
 

 

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Capitolo 8
*** Debris ***


 
 
 
– Eighth Chapter –
 



 
Debris
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Il cielo andava via via scurendosi e ad occhio e croce potevano approssimativamente essere le 17.30 – era inverno. I colori preserali erano ben visibili dalla finestra di un salone in un appartamento che precisamente si trovava in una palazzina tra altre e quest'appartamento risiedeva in un piano abbastanza alto. Ebbene, questo salone era ben curato, dalle pareti beige e il pavimento dalle mattonelle avorio posizionate a rombo. Quella camera era un salone unito alla cucina, in quanto da un lato vi era un bancone in marmo grigio scuro con il lavello in metallo impeccabilmente pulito e brillante, una cucina, forno a microonde e un frigo, la credenza e gli sportelli invece in legno marrone. Dall'altro lato invece c'erano un tavolo e delle sedie in legno collegati alla credenza; un sofà dai cuscini color avana e dalle tavole nere, davanti ad esso un televisore, posizionato su un immobile. Lampadario a tema floreale bianco con altri luminari nel muro abbinati a quello principale; quadri e decorazioni presenti, tra i quali una grande libreria in legno appiccicata al muro, per appellarne una. Un salone che garantiva relax e comfort.
Parlando di esseri viventi, tralasciando l' “I wanna be arredatore”, Zoey era seduta sul divano a leggere un libro per passatempo, non aveva molto da fare, e sorseggiava anche una cioccolata calda, posizionata su un tavolino in vetro davanti il divano. Pagina dopo pagina, sentì un rumore suggerire che una porta era stata appena aperta provenire dal corridoio, un altro segnalò la sua chiusura e in seguito dei passi. Un sospiro da un'altra persona che era sbucata dall'androne. La rossa alzò gli occhi, vide DJ che aveva addosso nientepopodimeno che un asciugamano ben avvolta sulla sua vita. «Grazie ancora, Zoey» Sorrise allegro mentre passava la mano tra i suoi capelli – benché fossero notevolmente corti e rasati ai lati.
«Te l'ho già spiegato, non occorre che mi ringrazi anche se ti permetto di utilizzare il lavandino. E poi, ti prego, vai subito a vestirti o ti ammalerai» Fece premurosamente, con il suo solito sorriso da angelo.
Dj non la guardò ma incurvò le labbra, aprì il frigo ignorando i suoi comandi – pur essendo bagnato come una foca – e prese un bicchiere d'acqua. Il dettaglio che il climatizzatore acceso ventilava aria calda era irrilevante per Bella Gioia, solo non ci teneva a vederlo nudo, tutto qui. Invece, il Giamaicano si avviò vicino a lei e le diede un abbraccio affettuoso facendole scivolare il libro dalle mani. Lei era stupita. «Ti ringrazierò sempre» Le sussurrò nell'orecchio.
Considerando la sua stazza, grazie alla quale si era aggiudicato il titolo di “Casa di mattoni con il cuore”, il rischio di strozzarla e/o soffocarla era abbastanza alto, ragion per cui lui non ci mise troppa forza. La Mozzarella se ne fece una ragione e ricambiò l'abbraccio durato 5 secondi, dopo i quali Zoey prese fiato. «Ora, per l'amore del cielo, vestiti, o ti raffredderai»
Dj rise e andò a vestirsi fischiettando un motivo a lei famigliare.
Ti ringrazierò sempre...”
E come poteva lui non farlo? Dj si ripeteva questa domanda ogni volta che lei rifiutava i suoi gentili ringraziamenti.
Dopotutto, era stato solo grazie a lei alla fine dei conti se lui era ciò che era. Quando lui era solo un ragazzino fifone, mammone, pappamolle e anche stupido probabilmente il più delle volte, Zoey escluse a prescindere l'idea di lasciarlo al margine di una visione ridicola quale lo rappresentava, altresì decise di farlo uscire da quel margine che stava facendogli da guscio, un guscio dal quale, oltretutto, non aveva alcun modo di difendersi, in quanto quel guscio non poteva fungere da scudo solido e resistente. Perché doveva deriderlo ogni volta che vedeva un film horror e se la faceva addosso? Perché doveva ogni volta che si parlava anche solo di acqua? – Sì, aveva paura anche di questa. –
Lei disse di no, anche perché sapeva molto bene cosa si provava a essere soli. Decise di dargli una mano a cambiare e a migliorarsi, ed era grazie a lei se in quel momento l'aveva abbracciata un DJ sicuro di sé, più coraggioso e probabilmente era anche grazie a lei se era muscoloso: quando erano più piccoli faceva nuoto insieme a lei, avvicinandolo alla dimensione sportiva. Aveva superato le sue paure grazie a lei, da solo era sicuro che non ci sarebbe mai riuscito. No, per quanto riguarda la nudità lei non ci poteva fare nulla.
L'artefice della maggior parte del presente di DJ era stata esattamente Zoey, ecco spiegato perché, per ogni minimo particolare, DJ la ringraziava sempre.
Un sorso di cioccolata ripensando al passato, accompagnato maledettamente dal rumore del fono utilizzato dall'Orsacchiotto. Spirò e prese il libro per posarlo, ma poi si risedette annoiata. Dopo un po' DJ spense l'apparecchio e per rompere il silenzio – Depeche Mode permettendo – la Rossa gli fece una domanda. «Se posso permettermi, tornerai da tua madre?» Non era tanto per egoismo, dal momento che non sapeva fino a che punto poterlo ospitare, ma anche per interesse nei suoi confronti, da amica. Ma il tutto sarebbe stato coperto da un “No, è una curiosità...”. E poi, non era egoista assolutamente.
«Non lo so, per il momento è meglio se sto lontano da lei» Rispose comunicando a distanza mentre selezionava gli indumenti da indossare. Tuttavia Bella Gioia trattava l'argomento con i guanti di seta, sapeva quanto male avrebbe potuto recare al Gigante Buono parlare di sua madre e del modo con cui era scappato di casa, se così si poteva dire. Motivi e modi di cui lei non ne era a conoscenza, infatti ai suoi occhi e alle sue orecchie faceva strano sapere di DJ fuori dalla portata di sua madre dato che la discussione trattava di un mammone di prima categoria. «Ehm...» Cercò di essere il più delicata possibile e aumentò la tensione non appena DJ, questa volta vestito da un pantalone nero e la maglietta nelle mani, si sedette affianco a lei. «Perché sei andato via di casa?» Era da pochissimo che lei lo ospitava, non si era permessa di domandarlo prima. Dj alzò gli occhi sul soffitto e si abbandonò alle braccia del divano scivolandoci, gonfiò le spalle e sospirò malinconico. «Indovina?» La ragazza, che non aveva nemmeno una vaga idea su cosa fosse successo e nemmeno se tra lui e la madre ci fossero liti non indifferenti, diede bandiera bianca lasciando subito la parola all'altro. «Eh!» Come se ridesse, girò la testa e guardò la ragazza dalla pelle candida. «Quei maledetti Robot» Rimase colpita e folgorata inizialmente, si voltò totalmente verso di lui rendendosi disponibile ad ascoltarlo.
«Sono venuti fino a casa a cercarmi. Io ero a letto, stavo dormendo, non avrei mai pensato che qualcuno o qualcosa sarebbe venuto alle cinque del mattino. E' impensabile come cosa, lo stesso direbbe mia madre. Tuttavia eccoli lì. Anzi, eccolo lì. Era uno e non era neppure un Veliant»
«Cioè?» Interruppe, dando il tempo a lui di indossare la maglietta grigia-bluastra.
«Era un robot, dalla sagoma femminile. Grigio scuro con delle liane spinose che uscivano dalla testa, lunghe, molto lunghe. Non era metallizzato ma era snodabile, non aveva faccia ed era viscido»
Quella descrizione risultava assolutamente nuova per lei. «E devo credere veramente che tra tutti tu e tua madre siate stati gli unici ad essersi accordi di un essere non definito girare per la città?»
«Non eravamo in città, in campagna. Da mio zio, quello che dovrebbe tornare domani»
«In un casa isolata quindi»
«Esatto» DJ riprese da dove era rimasto «Quindi ho dovuto combattere con quel robot, se posso definirlo tale. Ovviamente ho ordinato a mia madre di restare al sicuro, lei doveva starne fuori»
«Sicuro cercasse te?»
«Sì, o meglio, non me nello specifico. Cercava quelli come me, come noi. Posso dire che io sono stato il malcapitato che si trovava da quelle parti» Continuò «Era troppo forte e svelto, così tanto che ho dovuto difendermi più che attaccare»
«Come si è conclusa?» Interrogò interessata.
«È scappato via quando ho trafitto alcune delle sue liane e con esse anche il petto»
«Davvero? E te lo sei lasciato scappare?»
«Si è dissolto nel buio. E' sparito nel nulla, ripeto, era molto rapido. Avrei voluto distruggerlo con le mie mani, ma non ho potuto. Non ne sono stato in grado» Si afflisse da solo.
In segno di supporto, Zoey passo la sua mano sulla spalla di Dj. Lui la guardò negli occhi. «Tua madre è al sicuro? Ancora?»
DJ annuì, lo sguardo si perse nel vuoto ancora una volta.
«Ed io, sono stata l'unica con cui ne hai parlato?»
«Ho accennato qualcosa a Duncan e ho la sensazione che ne abbia parlato con Gwen»
«Oh...» Concluse Zoey, prendendogli la faccia con le sue mani e baciandolo sulla fronte con fare fraterno. Da lì, la discussione terminò introducendo solo dispiacere, sensi di colpa e fallimento in Devon Joseph mentre Zoey sorseggiò per l'ultima volta la cioccolata che da calda divenne fredda visto che l'aveva trascurata. DJ si alzò dal divano amareggiato e si allontanò in seguito verso la finestra. Zoey, lentamente, si avvicinò e le sfiorò la spalla abbracciandolo. «Mi dispiace, mi dispiace tanto...» Sussurrò triste stringendosi a lui come se la sua storia la toccasse personalmente o come se avesse vissuto una cosa simile. Dj non cercò scuse o ragioni, ma si abbandonò alle sue braccia.
 
 
 
In una macchina blu scuro, una Mercedes-Benz CLS Classe #15 precisamente, risiedeva sul sedile del pilota una Heather visibilmente in attesa di qualcosa o qualcuno, era innegabile, e lo suggeriva il fatto che con le dita picchiettava il volante. Indossava un elegante giacca nera, camicia bianca e jeans comodo accompagnati da un cappello di lana nero. Si era assicurata di non portare nessun accessorio se non un telefono. Aveva anche una borsa nera, ma di quelle piccole, una di quelle dove per miracolo ci entrerebbe un Chihuahua, avete presente quelle di Paris Hilton? Ecco.
La curiosità la portò nuovamente a controllare l'orario. 23:10. Sbuffò. Non appena si accorse di una persona avvicinarsi verso di lei, si sentì finalmente in pace con sé stessa accogliendo con un tappeto rosso la fine dell'attesa. Quella aprì lo sportello, si permise di sedersi vicino a Heather. Era LeShawna, accompagnata dalle sue solite treccine africane. I suoi vestiti erano minimalisti: il giubbotto di pelle nero, un maglione beige con delle arance disegnate sopra e il resto era sempre il solito – pantalone nero, stivali, ecc... – . «Ce ne hai messo di tempo?» Punzecchiò la Calcolatrice «Hai idea di quanto mi hai fatto aspettare?»
«Senti, Chin Chong Wang, se hai intenzione di iniziare la serata così sappi che me ne vado, chiaro?» Rispose brevemente LeShawna mettendo in chiaro il programma e allacciando la cintura «Patti chiari e amicizia lunga» Ma un'amicizia lunga tra di loro due non sarebbe stata proprio possibile neppure se fossero state in un contesto di pace e serenità.
«E che mi dici della collana? La lasci a me? E dire che l'avevo trovata per caso»
«Attualmente non mi interessa dove l'hai trovata» La scrutò truce «Dov'è, fammela vedere» Comandò.
Heather prese la handbag e uscì l'oggetto del desiderio. Una catena argentea con tre ingranaggi di smeraldo come ciondolo, uno più grande dell'altro. Heather era sicura che il materiale fosse fasullo, o meglio, avrebbe voluto fosse così. «Felice adesso?»
LeShawna la studiò con attenzione per poi puntare di nuovo le iridi sull'asiatica, dopo esserci accertata che non c'era nessuna trappola. «Qual è l'accordo? Sinteticamente»
Heather posò la collana nella sua borsa, mise in moto la vettura e cominciarono a muoversi. «L'accordo consiste nel fare una bella scampagnata»
La Black Mama sgranò gli occhi e disse allarmata «Vuoi uccidermi e seppellirmi nella foresta?» Puntò con lo sguardo la dirigente «Ma io ti spezzo le ossa e poi le utilizzo per fare i riti Voodoo!»
Heather rise «Perché, tu fai riti Voodoo? Non ci credo» Ultima risata «No, LeShawna, attualmente mi servi»
«E sentiamo, perché proprio io?» appoggiò il gomito sul bordo dello sportello «Tutto questo è assurdo! Io ti sto seguendo in capo al mondo, ti sto facendo un favore, mi stai portando non si sa dove DI NOTTE, e il tutto perché?»
«Per la collana?»
«Heather, ti finisce male!» Minacciò
«Bene, LeShawna, così ti voglio»
«Fatti fottere» Si mise più comoda «Magari ti passa la cattiveria»
«Come siamo simpatiche stasera» Fortunatamente, Heather era troppo concentrata a guidare per sentire i gentili consigli dell'Afroamericana.
«Dai, seriamente, dimmi per quale motivo stasera hai voluto proprio me? Qualcosa che non può affrontare una persona normale, giusto? Ma, se non sbaglio, tu frequenti gente come noi, no?»
«Ullr, LeShawna, ci chiamano così» Informò la calcolatrice
«Come?!» Non aveva mai sentito quel termine prima d'ora, infatti la sua espressione era stranita «Ullr? E che cazzo significa? Sembra il nome di un farmaco antidepressivo o di una qualche strana bevanda alcolica»
«Credi veramente che lo sappia?»
«E tu, cinesina delle meraviglie, questa stronzata come l'hai scoperta? Lavorando nelle drogherie?»
«L'ho scoperta per caso» Mentì chiaramente, ma il ricevente del messaggio non poteva saperlo «Stai serena, la mia fonte non so fino a che punto possa essere affidabile»
«Va bene, tutto molto interessante, ma Aurum e Borovicka a parte, rispondi alla mia cazzo di domanda»
«Basta che non rompi più i coglioni» Prese fiato «Allora, uno: A te non importa con chi frequento. Ma comunque, diciamo che faccio finta di non conoscerli. Due: Sì, è qualcosa di strano, chiamiamolo così. Non mi fido di nessuno, né di te e né di nessun altro, ma se si deve rischiare allora ho scelto te, così si spera che ti tolgano finalmente dalle palle» 
«E io lo sapevo che sarebbe andata così!» LeShawna sbraitò infastidita.
«Aspetta, scherzavo!» rise «La verità è che tu, non credo a quello che sto per dire, ma sei la prima persona con un minimo di coraggio che mi sia venuta in mente. E a me oggi serve questo. Vedi, ho colto la palla in balzo: la tua collana in cambio di un qualcosa puramente per il mio tornaconto personale»
«In altre parole mi stai usando, come prevedevo»
«Esatto»
Proseguirono fino ad arrivare in una via interamente forestale. LeShawna guardava lo scenario costantemente sul chi va là, ma doveva, per la collana a cui teneva moltissimo. «Quanto manca per il paese dei balocchi?» Chiese
«Non molto, ma sappi che ci fermeremo prima, non appena troverò un posto sicuro dove parcheggiare»
«Cioè? Andremo a piedi?»
«Sì»
«Esattamente, Heather, dove diavolo vuoi andare?»
«Niente Spoiler» Ci stava riuscendo in pieno a lasciarla sulle spine.
«Se vabbeh, siamo in una serie tv» Bofonchiò LeShawna risparmiando altre domande alle quali avrebbe dato una risposta a tempo debito, anche per soddisfare Heather che a quanto pare era troppo impegnata a guidare o forse era solamente compiaciuta dal farla uscire pazza.
Procedettero per qualche chilometro e poco più fino ad arrivare alla tanto sperata piazzola di sosta, che forse tale non era, ma quanto meno si mostrò come angolo sicuro fuori dalla strada abbastanza grande dove parcheggiare, inoltre rappresentava bene il concetto di sicurezza di Heather e importava questo, fondamentalmente. Il resto era stato totalmente escluso dalla lista delle preoccupazioni. Dunque la vettura venne portata in quell'area dove poi si spense il motore e le due commari, almeno temporaneamente, si slacciarono le rispettive cinture di sicurezza. Scese, un senso di angoscia assalì LeShawna. «Davvero? A piedi, in un bosco, nel cuore della notte e dell'oscurità? Dobbiamo fare la fine di Alice nel paese delle Meraviglie?» Certamente si fece forza, ma comunque l'idea di assecondare quel folle obbiettivo ancora ignoto era da pazzi e l'ambiente comunque era alquanto tetro e macabro, sicuramente in meno di pochi si sarebbero dilettati in imprese simili. Per di più, faceva troppo freddo.
«Non succederà nulla, devi essere solo pronta a difenderti se necessario, fai silenzio» Zittì la Calcolatrice con un tono di voce quasi irritato.
Heather uscì dalla tasca della giacca una torcia e chiaramente bastò un click per attivarne la luce, una luce notevole per quanto la torcia potesse sembrare insignificante. N.B.: qualsiasi oggetto elettronico o metallico, qualsiasi oggetto in generale eccetto la torcia, rimase in macchina, nella borsetta di Heather, la quale era nascosta nella vettura, in un angolo sotto i sedili, al buio. Come poteva una borsa piccola contenere più oggetti? Gli oggetti portatili che le due avevano erano pochi.
«Andiamo» Ordinò infine l'Asiatica.
Senza ulteriori indugi le due seguirono la loro strada, distanziando dalla strada per poi affidarsi al caso. Così pensava LeShawna. Realmente, Heather stava seguendo dei fili d'erba o piante più malandate rispetto ad altre. Queste erano spezzate o bruciate, del tutto distrutte, schiacciate o nel peggiore dei casi tutti questi aggettivi messi insieme. Stranamente, queste piante seguivano una via, una via che esattamente seguivano anche loro due. Continuarono finché i segni del Thanatos non si fecero sempre più presenti nella zona circostante e una luce potente puntata verso il cielo, vigente da prima, non si fece più evidente. «Fai attenzione e cerca di fare silenzio» Sussurrò a bassissima voce Heather.
Avanzando si scoprì che quel fascio abbagliante di luce proveniva da un fosso, il terreno abbassò gradualmente il suo rilievo fino al fosso dove vi erano appunto degli apparecchi che creavano quella luce, persone in camice bianco e dei veicoli, di cui elicotteri – alcuni sulla terra ferma e altri in volo –, camion e motociclette. La ciliegina sulla torta era vestita di un ruolo fondamentale e non poteva quindi mancare. Stiamo parlando dei Veliant. Robot mercenari immobili o a pattugliare l'area. Grazie alla Dea bendata che in quella serata risiedeva dalla parte delle due ragazze, c'erano gruppi di alberi sparsi nella zona. Heather trascinò letteralmente LeShawna in mezzo ad essi con lei. Erano alberi dai rami vestiti di foglie abbondantemente, per cui molto folti, quindi gli elicotteri in volo non avrebbero adocchiato facilmente le protagoniste in questione. Comunque, la visuale non era tanto ostruita e le due vedevano e sentivano più o meno bene la realtà in quell'area sorvegliata, potevano parteciparvi direttamente. «Che si fa?» Bisbigliava LeShawna ma Heather la mise a tacere. Strinse gli occhi cercando di inquadrare meglio un oggetto, una macchina o un qualcosa che lei non conosceva, non sapeva come schedarlo. Quest'ultimo era un ammasso di ferro totalmente devastato e presentava diverse ustioni. Particolarmente, vide che vi erano delle parti rivestite in marmo eppure in frantumi anche quelle, degli individui picconavano queste parti. Successivamente notò che, dal marmo, per ognuna delle tre frazioni, usciva un tentacolo metallico, tre tentacoli che si interrompevano a metà e l'altra metà non era molto lontana. Tre pezzi metallici erano ammassati uno sopra all'altro e, a rigor di logica, queste parti combaciavano alla perfezione con quei tre tentacoli mastodontici – Heather era brava con i puzzle.
«Toglietevi di mezzo!» Sfuriò una voce imponente femminile, da donna adulta. Le ragazze, spaventate, si guardarono intorno sperando che quella frase non fosse diretta a loro e, di nuovo, per fortuna, non era così. I riceventi di quel comando erano due Veliant che, poveretti, con una spinta caddero come fossero sacchi di patate. «Dannati robot inutili, ma per quale motivo mi sono lasciata convincere nel crearvi...» Farfugliò quella.
La donna spingi robot era elegante e ben vestita, total whtie: pantalone e giacca di pelliccia assai grande sotto la quale indossava un indumento argentato che a quanto pareva copriva il seno fino alla vita – la scollatura era evidente –, i suoi capelli erano biondi e ben piastrati. «Hai da accendere?» si rivolse ad uno scienziato come se più che una richiesta impose un'ordine ondeggiando la mano destra con la quale agguantava una sigaretta. «M-mi scusi, Miss, ma il fumo potrebbe intaccare il nostro lavoro» informò lo scienziato con timore, come se avesse suggestione della donna.
«E beh? Tanto se qualcosa va storto il lavoro lo perdi tu, mica io» Sputò maligna muovendo le spalle «Va bene, tanto ho capito che questa è una serata storta. Mi avete già fatto passare la voglia» Roteò gli occhi e si allontanò da quel poveretto che esalò un sospiro di sollievo, asciugandosi il sudore. Era buffo e allo stesso tempo curioso notare come la donna aveva una mimica molto attiva, gesticolava come fosse un traduttore per i sordi. La sua camminata trasmetteva chiaramente la stima che aveva di sé, si notava che era la classica prima donna che si autoproclamava migliore tra tutte. «Come procede tesoro?» Chiese ad una scienziata che passava davanti a lei per caso. Come risposta lei le consegnò un tablet. «Oh, che bella la tecnologia» Commentò scrollando con il dito lo schermo del dispositivo, probabilmente leggeva qualcosa. Lo restituì con un espressione schifata «E certo, lo sapevo» Si sistemò i capelli «Avreste dovuto potenziarlo! Ma io come vi hanno assunto? Vi rendete conto che delle scimmie da laboratorio lavorano meglio di voi?!» Sbraitò contro quelli che a quanto pareva erano i suoi dipendenti. «Servirà da lezione. Se una cosa vuoi che venga fatta bene, devi farla da sola» Si fermò in un punto come se stesse aspettando qualcosa. La cosa ilare è che, dopo un po', restò ferma ma non immobile, si dimenava molto stranamente, era difficile da descrivere una donna simile, muoveva le gambe e guardava un punto fisso. Heather e LeShawna vedevano e sentivano tutto.
«Da quale spacciatore è andata?» Schermì l'afroamericana restando più o meno meravigliata di quello che aveva appena visto.
«Magari dal tuo, ma ti chiedi solo questo?» Osservò Heather «Soprattutto: Chi è?»
Il tutto stava nel capire qual'era il momento adatto nel quale iniziare a giocare, d'altronde la Calcolatrice aveva già chiaro il concetto del luogo nel quale sarebbero andate già da prima. Doveva solo scegliere il momento adatto, essere cauta e scaltra come una lince, in sintesi dimostrare per l'ennesima volta quanto fosse degna di portare il soprannome “la Calcolatrice”. Senza neanche pensare alla fuga, accettò la sfida.
L'aria si fece improvvisamente più fredda, quasi gelida. Questo poteva essere un buon inizio secondo il suo piano. «Scusa, professor Rowan» La donna sconosciuta si rivolse ad uno degli studiosi presenti, ma dovette toccargli la spalla dato che era possibile che Rowan non fosse il suo nome. Infatti: «Io mi chiamo Smith, Miss»
«Sì senti, dimmi quanti gradi ci sono. Non dirmi come ti chiami, tanto non ci vengo a cena con te» Il povero sottomesso controllò su un dispositivo elettronico.
E quale idiota verrebbe a cena con questa cozza vestita da gelataia in un matrimonio?” Pensò LeShawna schifata dal suo atteggiamento.
«Meno nove gradi» Tant'è vero che cominciava pure a nevicare.
«Perfetto, ascoltatemi mezze seghe» Attirò l'attenzione battendo le mani ad alta voce «Sbrigatevi a fare quello che dovete fare e leviamo le tende. Non ho intenzione di congelare, la neve e l'umidità rovinano i capelli e io non posso spendere tutti i miei soldi dal parrucchiere»
Allora i sudditi di quella che loro chiamavano Miss obbedirono senza battere ciglio e catapultarono tutti i pezzi robotici che servivano a loro, o almeno una parte, dentro dei rispettivi camion. «Miss, non è possibile prendere tutto, ci vuole troppo tempo»
«Che frignoni» Sbuffò «Mi accontento di una parte, domani ripasseremo o perderete il lavoro, dipende da come mi sveglierò»
Una vera e propria tiranna.
Nel frattempo Heather osservava come i suoi obbiettivi fossero terrorizzati da quella donna. Tuttavia, bando ai giochetti, doveva proseguire con il piano, ed essendo che stavano per alzare i tacchi non avrebbe potuto incontrare occasione migliore. «Tieniti pronta, cosa» Consigliò alla nemica.
«Cosa ha un nome, scopina» Insultò LeShawna ma quando sentirono dei rumori dietro di loro e qualcuno sghignazzare non fecero altro che voltarsi immediatamente. Ma non c'era nulla.
«Sei stata tu?» Domandò in cagnesco Heather.
«Sì certo, la mia risata fa l'eco senza che rida» Per via di quella misteriosa risata, le due mantennero i nervi ancora più saldi di prima finché finalmente gli scienziati e la loro dirigente non se ne andarono. Alcuni in elicottero altri nei furgoncini, ma i Veliant rimasero lì a differenza di tutto il resto. Quando i veicoli che portavano la signora in pelliccia e co si allontanarono notevolmente – erano rapidi –, le commari uscirono allo scoperto pronte a combattere se necessario. A maggior ragione, dato che quei mezzi erano fuori dalla portata della zona era più sicuro visto che non era il caso di mettere in mezzo innocenti, ovvero quei poveri schiavi.
La neve si fece più forte e densa ed Heather ne approfittò per utilizzarla a suo vantaggio. Creò dardi di ghiacciò che come pioggia caddero violenti sui robot e dopo ne uscirono dal suolo altri allarmati, in base ad un qualcosa di sconosciuto.
Era stata ufficialmente inaugurata la battaglia.
Senza bisogno di segnali, LeShawna si fulminò rapida e diretta verso i Veliant senza esitare a prenderne a pugni due alla volta, pugni che divennero metallici. Esattamente l'opposto, Heather camminava priva di fretta al contrario di altri Veliant che celeri andavano verso di lei ma, totalmente rilassata, continuava a camminare. Due si posizionarono verso di lei e le toccarono la fronte con il fucile, stavano per sparare, tuttavia rimasero congelati e lei, più lesta, li lacerò letteralmente tagliandoli in due, grazie alle sue mani che divennero per sua volontà degli enormi artigli di ghiaccio solido, affilato e letale. Da essi pendevano dei cavi, residui dei Veliant. Puntò il suo sguardo, in quel momento assassino, verso gli altri robot dalla sagoma umanoide e, più tempestivamente di loro, li lacerò peggio dei precedenti. Heather era veloce e rapida, si mimetizzava anche con la neve, talvolta diventava neve, grazie al suo potere sovrannaturale. Inoltre, i Veliant erano troppo sensibili al ghiaccio e al freddo. Ce li aveva in pugno. Li squartava senza pietà.
Gli artigli di Heather colpirono il suolo creando un sentiero di spine di ghiaccio enormi fuoriuscenti dalla neve, le quali trafiggevano qualsiasi cosa nel loro cammino. Il freddo aumentava e la neve si trasformò in tormenta e lì, venne l'ora di fare piazza pulita.
«LeShawna!» urlò «Fatti da parte!»
Inizialmente l'afroamericana non le diede segni che lasciassero intendere le sue intenzioni finché in un momento cruciale non prese contemporaneamente tre Veliant e li scagliò contro i loro simili come fosse palle da bowling e birilli e come mossa finale corrose il metallo di una buona percentuale di robot sciogliendoli senza spiegazioni logiche. Infine, calò il capo a Heather allontanandosi e lasciandole il palco con gli occhi del pubblico – i Veliant – tutti puntati sull'imperatrice di ghiaccio.
La Calcolatrice si concentrò con tutta la forza e la pazienza che aveva. Lasciò che la neve, non importava quanto fosse potente, la circondasse creando intorno a lei un vortice di neve, tanto che era pure impossibile vederla. Inspiegabilmente, questa si scagliò tutta contro i Veliant diventando ghiaccio, congelò e immobilizzò tutto intorno a sé creando uno scenario predominato solo da un colore azzurro chiaro, un panorama che ricordava un maremoto, seppur congelato. Con un eleganza e una bellezza senza precedenti, i capelli di Heather si sistemarono disordinate sulle sue palle e, con solo un deciso schiocco di dita, tutta quella landa gelida si distrusse, disintegrando anche tutti i Veliant – nessuno escluso – in un milione di pezzi. Intorno a loro solo bianco, pezzi di metallo, cavi e uno strano liquido nero che espelleva dai “cadaveri” dei robot. La tempesta di neve cessò alla fine, lasciando che cadesse lievemente senza furia.
Avendo assistito a quella scena, LeShawna, anche se con moltissima fatica, riconosceva che infondo Heather era un'ottima alleata in battaglia considerando che le bastarono giusto tre secondi per sbarazzarsi di un esercito di Veliant. Certamente, considerava anche che non aveva fatto tutto da sola, ma se doveva essere veramente obbiettiva – cosa che era –, allora ammetteva che la parte del merito pesava sulle spalle di Heather in quella battaglia. E parlando della sua nemica/rivale, aveva notato che si stava dirigendo verso l'ammasso di ferro e marmo, quella macchina gigante pienamente distrutta. Stava cercando qualcosa, non sapeva cosa, ma molto probabilmente era questo il motivo per il quale si trovavano in quel posto e molto probabilmente l'Asiatica sapeva anche che si sarebbero imbattute in quella miriade di robot mercenari, forse era per questo motivo che le aveva proposto quel baratto. In breve tempo, Heather si allontanò da lì però LeShawna non si era resa conto se aveva preso qualcosa con sé. «Qui abbiamo finito» Informò camminando, superandola anche.
«Tutto qui? Basta? Abbiamo scazzottato quattro robot, era questo il patto? Se volevo fare pratica andavo in palestra, zoccola! Mi hai fatto perdere una serata!»
«Ti ho usata» Si voltò a metà guardandola con la coda dell'occhio «Mi sei servita solo per avere un asso nella manica, non per altro. Qui ho fatto quello che dovevo fare. Ora, vuoi tornare a casa?»
«Oh, no no no, ragazza» Andò verso di lei muovendo il dito come era solita a fare con uno sguardo piuttosto serio «PRETENDO delle spiegazioni»
«Zitta e alza i tacchi» Quindi le due, tornate nuovamente nemiche, si incamminarono per tornare da dove erano venute.
«Mi hai preso per il culo! Ehi! Guarda che non puoi fottere con LeShawna! Me la pagherai, oooh, se me la pagherai!» Urlava Black Mama mentre andava via con Heather.
Quando si allontanarono, precisamente due ore dopo, molto stranamente, si sentì nell'aria la stessa risata malefica di prima, molto più squillante e sonora, ma per grazia del cielo le due erano fuori da quella situazione. In quel preciso istante, un uomo pelato dalla carnagione scura spuntò dal nulla insieme ad altri due ragazzi «E' arrivato Babbo Natale, esci fuori» Disse.
Dopo quella frase, sì sentì nuovamente sghignazzare «MuAhI!» Parlava in maniera molto bizzarra, una voce robotica e distorta, quasi demoniaca, informò che non aveva intenzione di uscire allo scoperto.
«Essere cortesi non servirà a nulla» Suppose una ragazza, l'unica dei tre, con una voce piatta, che non trasmetteva alcun sentimento, ma una voce tuttavia piacevole da sentire.
«Dobbiamo forzarla» Optò un ragazzo, dalla voce uguale per caratteristiche a quella della ragazza.
L'uomo pelato fumava un sigaro ma, dopo aver espirato l'ultima nuvola di fumo, lo schiacciò nella sua stessa mano. «Iniziamo lo show!»

 



The Dark Point:
Bongionro, Bonasera, bonqualcosa! Da quanto non ci sentiamo? Da quanot non aggiorno? 2 mesi e 2 giorni ufficialmente, sì tengo il conto, ma siccome sono un cretino che non ricorda nemmeno che cosa ha mangiato qualche ora fa (sto scrivendo questo angolo alle 00:48, considerate), può essere che mi sono perso qualcosa.
Chi non muore si rivede. E io sono vivo, anche se la mia presenza suggeriva il contrario.
Tenete presente che ho avuto il mio da fare, eh vuoi che è finito il quadrimestre, eh vuoi che il carnevale, eh vuoi san valentino, eh vuoi Jessica Jones e Daredevil, eh vuoi un botto di cose che non sto qua a narrarvi che vi fare du palle quanto alla stazza di DJ. Pesanti, eh?
A proposeto de Deggei, mi sono sbizzarito eh? Sono crudele, lo so. Vediamo insieme come si evolve la cosa. Beh certo, se magari non ci starò tre mesi ad aggiornare volendo, ahahah!
Mi dovete scusare per il ritardo e se il capitolo è una merda che urina, però veramente, non ho avuto il tempo necessario per dedicarmici, e così in questi giorni, tra Sanremo, cazzi e mazzi, in tv c'era la solita monotonia, San Minchino, avevo finito di vedere Jessica Jones e ho trovato il tempo, perché, soprattutto avevo finito con i miei impegni superiori! Quindi ci siamo!

Parliamo del capitolo e della storia in sé:
Tanti misteri, lo so, quanto prima chiarirò tutto. Non vi lascierò sulle spine (di ghiaccio create da Heather). Ma lo so che aspettare è una cosa troppo pesante, eh... Mi fa più male sapere che c'è gente che aspetta me. Tuttavia.
Ditemi cosa ne avete pensato, da Zoey che ospita DJ, da Heather che ama Leshawna, tutto il resto. 
Recensite se vorrete, saprete già che una recensione sarà la benvenutissima. La accoglierò con un tappeto rosso.
Non ho specificato cos'era quel robot gigante distrutto nel fosso. Ci siete arrivati da soli? E' lo stesso che è apparso qualche capitolo fa, quello che è stato sconfitto da Gwen, Duncan e Zoey, non posso scrivere il suo nome because i'm di fretta.
Visto che sono di fretta, parlerò nelle risposte delle recensioni, facciamo così ahahah.

Non ho revisionato come avevo detto i capitoli grammaticalmente parlando, ma lo farò sicuramente.
Cambiare nick? Dovevo, forse lo farò, devo ancora scegliere quale.

Niente, io ho finito, devo andare veramente, sono le 01:04 e resterei molto volentieri ma no se puede. Lo so, lo so, non vedete l'ora che vada via.

Allora aspetto le vostre recensioni con anZia, ditemi qualsiasi cosa, Errori, OOC, Cosa pensate, vi è piaciuto, ste cose così.

Arrivederci!

Sparisce nell'ombra

 

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Capitolo 9
*** Hideous Port ***


– Ninth Chapter –




Hideous Port







 
Non bastava la sera prima, nel bel mezzo di un bosco intorno a un robot malandato. In un progetto divino o forse in base ai comandi di una mente ai piani alti – scegliete voi la vostra versione – i Veliant ebbero la loro buonissima parte di lavoro da fare, infatti la loro fortuna stava nel fatto di essere dei robot e in quanto tali esonerati dal sentire la stanchezza. Forse era per questo che erano scarsi in battaglia: non erano stati inizialmente creati come guerrieri, non lo saranno stati almeno, e magari questa poteva rientrare in una serie di opzioni. Tuttavia nei paraggi, allora, non c'era nessuno dei nostri conosciuti Ullr cacciatori di robot.
Immaginatevi una specie porto. Un porto nel quale aveva appena attraccato una nave cargo, esattamente alle cinque del mattino. Perché dunque ho aggiunto “una specie” a descrivere questo fantomatico luogo? Precisamente, poteva avere delle ottime carte in regola per essere definito tale: vi era una nave che aveva attraccato lì e non era l'unica. Poteva sembrare un porto, ma vuoto: non vi era alcun essere vivente all'infuori di un'equipe di scienziati e Veliant i quali scaricavano le merci da quella nave cargo. Ancora più strano, non vi era nessuno nemmeno dentro quella nave. Nessuno scendeva o saliva a bordo di essa, come fosse una nave fantasma capace di condurre una sorta di vita propria, come se pensasse. Che fosse venuta da sola? Strano a dirsi...
L'assenza di personale, potenzialmente, appariva strana dal momento che, per via del lavoro, marinai o scaricatori, chicchessia, avrebbero potuto essere attivi nonostante l'orario. E invece no, solo quell'equipe mista di umani e robot, dipendenti dell'Æsir Corporation. La ragione della loro presenza lì era sconosciuta. Gwen non lo sapeva, nemmeno Duncan e nemmeno un altro degli Ullr che indagavano sull' Æsir Corporation. Ma qualcun'altro sì. In mezzo a tutta quella confusione, composta da casse che contenevano di tutto, vi era una sagoma che, per sua fortuna, nessuno aveva ancora notato. Questo personaggio comunque non restava in un punto fermo, no, si muoveva liberamente incurante del fatto che qualcuno avrebbe potuto scoprirla, o scoprirlo. Se ne fregava altamente, a tal punto da uscire allo scoperto saltando con una capacità insolita da parte di una persona comune sopra a una colonna fatta di 3 casse belle grandi. «BOOH!» Urlò, facendo sì che tali individui si voltassero verso di lei. «Sapete, sono offesa. State organizzando una festa e non mi avete avvisata» Perché sì, alla fine si tratta di un personaggio femminile. Quanto alla “festa” nemmeno quegli scienziati sapevano di cosa stesse parlando.
La lei di cui sto narrandovi aveva lunghi capelli rossi, ricci. Gli occhi erano verdi, un verde acceso particolare e difficile da trovare in un'iride. Sicuramente, non passava inosservata: gli scienziati guardavano soprattutto il suo abbigliamento. Indossava delle ciabatte a forma di testa di cammello, un pantalone di un pigiama beige, stesso colore di una hoodie con la zip slacciata. Il pezzo forte era la t-shirt, nera con un lupo antropomorfo che aveva uno smoking e che, inoltre, vomitava arcobaleni. Lei rise, una risata strana. «Vi piaccio? Lo so, ho scelto i vestiti migliori» E lì, gli studiosi si guardarono tra di loro perplessi, sia perché era una ragazza che non avevano mai visto prima e sia perché, sebbene fossero scienziati, sapevano quel poco di moda per dire che quei vestiti non solo non erano adatti per andare a zonzo come una tredicenne ribelle ma erano anche molto kitsch. Tuttavia la ignorarono e continuarono a fare ciò che stavano facendo poco prima. Un'altra risata isterica da parte della ragazza. «Andiamo ragazzi! Dov'è finito il galateo? È così che si accoglie una carissima amica?» Ancora una volta non ricevette risposta.
Si sedette sul bordo della colonna di casse. «Insomma ragazzi! Ora ci rimango male!» Strillò con una voce triste e dispiaciuta ma era come se non ci fosse. Istintivamente, sorrise in maniera diabolica puntando una cassa dove intorno ad essa vi erano degli scienziati che estraevano dei pezzi di metallo, provette chimiche con dentro uno strano liquido. Inoltre, badili neri con un chiaro segno su di esse: infiammabile. Ennesima risata isterica e folle, come se non sapesse fare altro. «BOOM BOOM!»
E dopo il suo grido di attacco, quella cassa esplose letteralmente causando anche, come una reazione a catena, l'esplosione dei badili neri. Si era aperto un incendio in breve tempo. Degli scienziati rimasero infortunati gravemente, altri morirono, e la stessa sorte toccò ai Veliant. Eppure, non tardarono a venirne altri, sia robot che umani. Vi era un uomo poco più avanti di loro al centro, sembrava essere qualcuno di importante. Aveva occhiali circolari e capelli pettinati, neri. Essi analizzarono la zona col tentativo di capirci qualcosa, capire la causa di quell'esplosione. «Ehi, teste di cazzo! Sono sopra di voi!» Avvisò con un tono di voce arrabbiato e irritato. I suoi avversari alzarono il capo verso di lei, l'uomo dai capelli neri la indicò tremando per poi ansimare. «PRENDETELA!» Sbraitò con un tono di voce altissimo e furioso allungando l'ultima vocale.
I Veliant cominciarono a sparare senza sosta ma lei, rapida come una gatta, saltò da una cassa all'altra, mentre strane scie giallastre la avvolgevano, assomigliavano a lingue di fuoco. A un certo punto della corsa si fermò, ghignò con convinzione e decise di fiondarsi, nel vero senso del termine, verso i robot, per poi respingere quell'energia color ocra verso i Veliant i quali rimasero coinvolti e spinti brutalmente verso le fiamme che non fecero complimenti e divorarono i robot come se fossero la loro colazione. Il tizio pettinato e laccato si ritirò dicendo delle frasi, come se parlasse con qualcuno: «Attacco da un Ullr, siamo stati attaccati da un Ullr, codice rosso, siamo in pericolo! Ah! Come cazzo ve lo devo dire?!» Era preoccupato e terrorizzato, più che essere un comandante sembrava un poppante che se la faceva nei pantaloni davanti a un bulletto. Rimasero altri Veliant e altri scienziati i quali si fecero coraggio e attaccarono la Ullr con le prime cose che trovarono, afferrando anche schegge di vetro e materiali taglienti che in effetti la ferirono. Beh, si erano fidati, ma quanto meno il loro coraggio era da premiare. La ragazza sorrise ambigua e malefica, chinò la testa e sussurrò con voce bassa e minacciosa «...boom» il corpo degli scienziati esplose. Veramente, erano scoppiati. Del loro cadavere nessuna traccia, solo chiazze rosse e organi. Uno scenario splatter/horror. «Fatevi sotto, robottoni!» Ignorando le ferite, combattette anche con i Veliant trascurando però un dettaglio importante. Il “comandante”.
Era lontano da loro, all'interno di una macchina seduto dietro il pilota e osservava la scena come se fosse seduto sul divano a guardare la sua soap-opera preferita. Una codardia senza precedenti, al pari di Schettino. Alzò la manica del suo camice sotto cui c'era uno smartwatch. Lo schiacciò con paura, fretta e furia e successivamente comandò gridando. «PARTI!»
Il pilota non indugiò oltre e schiacciò l'acceleratore – ne andava del suo udito, era una priorità oppure avrebbe dovuto sganciare soldi all'otorino.
La Riccia continuava a combattere ma lei non sapeva cosa sarebbe successo dopo. Il mare si agitò improvvisamente e, non appena lei si sbarazzò di tutti i Veliant, si accorse che da quella distesa di blu si innalzò un enorme serpente che sembrava essere composto solamente d'acqua. Aveva occhi verde-giallo, uno chartreuse che non prometteva bene. «Ahh! Ma sei un digimon? Non credevo esistessero» Rise «A noi due, IdroSerpemon, ti...» Manco il tempo di finire la frase che il serpente con movimenti rapidi e lesti si schiantò verso di lei travolgendola violentemente in una corrente marina. Dentro di sé, il serpente la attaccava grazie alla pressione dell'acqua e senza darle possibilità di fuga si ritirò nel suo habitat, il mare, lasciando in quel porto il caos più totale.

Non appena Duncan si svegliò si accorse che durante la notte nevicò una tempesta come se vivessero in montagna con Heidi. Era affacciato alla finestra della sua stanza da letto con un volto che oscillava tra l'essere triste e arrabbiato – ad occhio la percentuale più alta stava dalla parte della tristezza. A differenza sua, Gwen era bellamente addormentata e lui curava con attenzione il silenzio per non svegliarla. Fu inutile, lei si svegliò ugualmente non per colpa sua. Benché avesse appena aperto gli occhi rifiutò l'idea di alzarsi dal letto e, al contrario, si rimboccò di nuovo le coperte fino alla testa e non si mosse totalmente da lì, nemmeno se in cambio ci fossero stati un milione di dollari. Voleva solo dormire e intanto Duncan rimase davanti alla finestra con la stessa faccia di chi era stato appena lasciato dalla fidanzata o di chi aveva appena saputo della morte della sua tarantola. Afflitto, tornò a letto, del resto indossava ancora il pigiama. Coperte fino al collo e mano sotto la testa, coricato di lato -- fianco sinistro.
«Che succede Duncan? Hai finito la serie TV che stavi guardando? Per questo sei depresso?» Pur restando completamente sotto le coperte, senza muoversi, aveva notato che suo cugino era di malumore. La sua voce era offuscata per via delle sue amatissime lenzuola. Le soluzioni, secondo il Punk, erano due: o Gwen sapeva leggere le auree come Dawn e lui non lo sapeva, oppure era più sveglia di quanto si potesse immaginare nonostante fosse assonnata.
«Per favore, se così fosse a quest'ora ne starei guardando un'altra» Disse sorridendo compiaciuto, non rise perché non ne aveva nemmeno la voglia, già era tanto se sorrise.
«E allora che succede? Niente internet e quindi niente porno e quindi niente sfoghi sessuali?»
«Credi davvero che ancora abbia la vita sessuale di un undicenne, Gwen?» Negò subito ciò che la cugina stesse insinuando.
«Sì»
«Ottimo, allora» Sospirò il verde.
«Senti, sai che non mi piace tirare ad indovinare» Tirò subito la corda sperando di arrivare dritti al sodo.
«Insistente quanto un paparazzo» Simulò una piccola risata «Oggi è una giornata no»
«Quando mai una giornata sì? Mai na gioia, non era questo il motto?»
«Beh, uno a zero per te fata turchina gotica» Si posizionò a pancia in su «Vedi... nevica»
«Bello, no? Vorrà dire che se farai incazzare Heather ti aprirà in due» Ci scherzò.
«Troppa neve» Altro sospiro.
«Duncan, dov'è che vuoi arrivare?»
Le parole del ragazzo si bloccarono a metà, ma ci andò dritto senza troppi giri. «Non posso usare nessuno dei miei veicoli, la moto sulla neve è vietata e non ho catene per l'auto»
«Quindi le radici del tuo malumore sono delle minchiate» Affermò convinta.
«Più che malumore, mi definisco incazzato nero» precisò con voce decisa. «Come ci muoveremo oggi? Resteremo bloccati in casa!» Sbottò in seguito.
«La cosa non mi spiace. Oppure, si va a piedi» Suggerì Gwen sistemandosi meglio.
«Che rottura di coglioni! No, oggi spacco il mondo in due» Sbuffò con rabbia. Allora Gwen uscì la testa dalle coperte, i suoi capelli sciolti erano disordinati e scompigliati, occhiaie e un volto che implorava clemenza al cospetto delle luci del mattino. «Ascoltami con attenzione, ti offro delle opzioni: Scegli se restare qui a farmi compagna ma formulando frasi di senso compiuto evitando possibilmente di autofrustarti per via di un fenomeno atmosferico di cui tu non c'entri un cazzo oppure alzi il culo e vai a prepararmi un caffè aspettando che ti raggiunga, magari facendo qualsiasi cosa purché non sia rompere le palle. Ma qualsiasi cosa tu scelga: Smetti. Di. Frignare. Dunchina» Respirò «Guarda meglio e ti accorgerai di avere altri motivi per i quali distruggere il mondo, dammi retta. Troveremo un'alternativa per muoverci, tranquillo» Sistemò meglio la testa sul cuscino. Lì per lì Duncan si chiese tra sé e sé cosa le prendesse, ma in effetti la risposta era scontata e poteva anche capirla perfettamente. La conosceva meglio di chiunque altro, quindi inizialmente le chinò la testa senza battere ciglia, cosa che non era da lui, però non voleva incrementare il suo nervosismo dato che ciò era inutile e da idioti. Rimase lì, nonostante la richiesta del caffè che avrebbe esaudito più tardi.
«Che si fa oggi? O questa sera?» Chiese guardando la ragazza la quale soffiò fragorosamente per poi guardarlo con una faccia stremata e infastidita.
«Quello che facciamo tutte le sere, Mignolo. Tentare di conquistare il mondo» Fu un'ottima alternativa alla parolina magica che aveva pensato in primo luogo.
«Bella citazione, grazie» Duncan si sentì preso in giro. Forse lo era.
«Ma scusa, io mi sono appena svegliata e tu mi chiedi che faremo? Ma che ne so, Panta Rhei, io non sono nemmeno sicura se mi alzerò oggi!»
Duncan tornò a guardare il soffitto, alzò le sopracciglia «Giusto» chiuse gli occhi, mani incrociate sulla pancia «Hai ragione» Si stava per rilassare pure lui, il che non gli dispiaceva affatto. Respirava regolarmente, stava pure per conciliare di nuovo il sonno ma, per fortuna o sfortuna, il telefono squillò distruggendo bruscamente il silenzio e il relax, Gwen e Duncan aprirono gli occhi. Il telefono era quello del Punk, si alzò dal letto e lo prese anche se l'intensione era quella di distruggerlo. Rispose andando via, in cucina. Gwen si godette il letto che era tutto per lei solo nell'arco di 5 minuti o qualcosa in più, dopodiché anche lei abbandonò il suo amato letto affacciandosi alla finestra. In effetti la neve era abbondantemente presente nelle strade, ma anche nella finestra, dove era troppa rispetto al normale. Finì di contemplare la neve e indossò qualcos'altro oltre il pigiama, una felpa nera di suo cugino abbastanza pesante e larga con la zip aperta. Lo raggiunse in cucina il quale aveva casualmente chiuso la telefonata e preparava i caffè con la caffettiera, questa volta senza moka. Si sedette «Chi era?»
«Scott. Abbiamo discusso di una cosa nostra» In 5 secondi diede il caffè alla ragazza e si accomodò insieme a lei. Gwen non rispose dal momento che già sapeva che non le sarebbe interessato manco lontanamente, così calò il silenzio, bevevano il caffè mentre la Dark prese un giornale trovato al centro del tavolo. Non sapeva fossero notizie del giorno o passate, era giusto per passare il tempo. Tra un sorso e l'altro si era resa conto che oltretutto quel giornale era diverso. Sì, trattava sempre i soliti argomenti di un giornale qualunque però la differenza stava nello stile di quel giornale, la scrittura era più fluida esattamente come la grafica, l'ordine delle parole e delle immagini. Non se ne intendeva di giornali – non era solita a leggerli – eppure sentiva che quello aveva qualcosa di particolare. Andando avanti con le pagine, i suoi occhi si sgranarono istantaneamente quando trovò un argomento che le interessava non poco – ma più che interessava, possiamo dire che la riguardava in prima persona.
Strani robot soldati distruggono spietati la quiete odierna.
Si preannunciava così.
La descrizione dell'articolo invece era la seguente:
Vengono infiammate le abitudini urbane dei cittadini da soldati cyborg che seminano il terrore.
Descrizione breve e, tra l'altro, scorretta. I Veliant non erano Cyborg, la differenza tra Cyborg e Robot non è esattamente minimale. Quindi decise di dare una seconda possibilità, magari quei “cyborg” lo erano veramente. Lesse, prestando più attenzione alla lettura invece che al caffè. Duncan se ne accorse, la vide seria e ben concentrata.
Panico per le strade.
Dei robot armati e corazzati hanno diffuso recentemente scompiglio e disordine nella nostra città a fini sconosciuti. Quale sia la ragione esatta per la quale si presentano di notte non ci è dato saperlo. L'unica cosa che sappiamo su di loro è l'aspetto: si presentano armati di fucili dotati di […] – Gwen passò oltre, sapeva già com'erano – […] I loro movimenti sono sospetti, agiscono come criminali che nascondo qualcosa e la cosa che ha colpito diversi individui (nei quali consideriamo anche persone comuni) è che sembrano in cerca di qualcosa o di qualcuno. Alcune persone si dichiarano vittime accusando di essere stati aggrediti e talvolta picchiati da tali mercenari meccanici. Siamo in cerca di risposte mentre arrivano altre domande, come ad esempio: Perché nessun media non ha sparso la notizia? Perché non interviene nessun tipo di forza contro di loro? Perché nessuno si preoccupa mentre i cittadini hanno paura pure di andare a fare il bucato? È vero, ci sono dati mancanti. Altra cosa ricorrente all'argomento è il fatto che sono stati trovati anche tali robot senza energia, come se fossero scarichi, altri ammaccati, bruciati o addirittura devastati. Qualcuno o qualcosa è in combutta contro di loro, ma questo qualcuno o qualcosa è a nostro favore? Viviamo nel mistero in cerca di verità, un tipo di verità che nemmeno i giornalisti più puri possono sapere.
The Squirrel.
«Dove hai preso questo giornale?» Chiese puntando gli occhi al ragazzo con una serietà più unica che rara.
«Sicuramente non in macelleria. Comunque, è l'unico giornale per il quale sono sicuro che non ci lavorano giornalisti corrotti e leccaculo» Aggiunse mentre rispondeva sicuro di ciò che disse. «Che cos'hai letto? Ti vedo troppo rigida» Interrogò e come risposta la Gotica porse l'articolo al cugino «Sono convinta che non l'hai letto» E aveva ragione. Anche lui si mise a leggere e, esattamente come lei, rimase trascinato come in una corrente. Intanto lui decodificava il messaggio della pagina, lei aveva appena scoperto il nome del giornale. Craine Gazette. Nome strano ma credeva che fosse da tenere d'occhio costantemente.
«Beh...» Il Punk alzò le sopracciglia «Consideriamo che è un articolo un po' datato»
«Fregacazzi» Ribatté Gwen decisa.
Duncan scorreva le pagine molto rapidamente in cerca di altre notizie collegabili alla precedente ma chiuse il giornale senza risultati. «Non mi ero ancora chiesto perché i media non ne parlano proprio. Mi ha fatto pensare, sotto certi versi» Commentò grattandosi il mento. «Tralasciando un giornalista che si firma “the Squirrel”»
«Esatto» Continuò Gwen «Teniamo d'occhio questo giornalista, chiunque esso sia»
Ducnan studiava la sua espressione facciale inflessibile mentre si accendeva una sigaretta. «Cosa stai pianificando?»
Gwen rimase zitta per cinque secondi dopodiché sospirò. «Qualcosa pianificherò» Doveva per prima cosa trovare qualcosa da cui partire.


Scott si trovava a passeggiare con lo scopo di raggiungere una meta precisa che era il luogo comune nel quale si incontrava frequentemente con gli altri Ullr accompagnato dalla neve, in un pomeriggio freddo e secco. Giacca nera, sciarpa grigia a coprirgli il volto lasciando gli occhi scoperti insieme ad un cappello del medesimo colore dal quale uscivano delle ciocche rosso-arancio senza alcun ordine. Mani in tasca, dai suoi occhi era visibile la noia che provava in quel momento. La neve non era portatrice di bei ricordi o sentimenti come invece era per i bambini che animavano la via giocando e creando pupazzi di neve, o come altri ragazzi suoi coetanei che per un attimo si erano visibilmente scordati del buonsenso, giocavano a palle di neve. Ridicolo, secondo lui. «Vedo che sei triste» Fu una vocina sottile e leggiadra a interrompere i suoi pensieri, non ci fu il bisogno di voltarsi per capire chi era. Sbuffò. «Figlia dei fiori! Tempismo perfetto quando si parla di rompere le palle!» Bofonchiò sboccato simulando un entusiasmo palesemente falso. Dawn aveva un abbigliamento simile al suo, solo a colori invertiti. Giacca bianca, resto grigio. I capelli raccolti in una treccia.
«Come mai sei a piedi?» Chiese innocentemente.
«Cos'è, oggi non sai più leggere i pensieri?» Replicò seccato.
«La tua aura è grigia»
«E quindi?»
«E quindi è indecifrabile»
«Buon per me»
Ma Dawn non si tirava indietro, cercava ugualmente di leggere i suoi pensieri anche se leggerli richiedeva un certo sforzo dato che essi non erano chiari e definiti nemmeno per lui. Stranamente, ogni volta che la bionda ci provava in cinque minuti ci riusciva. Infatti: «Odi la neve» Osservò.
«Che scoperta sensazionale» Ribatté sarcastico roteando le iridi.
«La odi per la tua infanzia» Continuava.
«Non sono cose che dovrebbero riguardarti»
Erano quasi arrivati a destinazione, mancava pochissimo.
«Dovresti cominciare a...» Dawn stava solo per consigliare e Scott, qualunque consiglio fosse, non era propenso a prenderlo in bene. Arrivati al vicolo cieco, nell'ombra, la presa dalla sua sciarpa. Con rabbia, avvisò: «Azzardati a dire anche un'altra parola e non risponderò delle mie azioni» Avviso che suonava in realtà come una minaccia, lo disse guardandola dritta negli occhi e lei, che nonostante tutto era impassibile e tranquilla, lo ascoltava guardandolo nella sua stessa maniera. Continuarono per un po', Dawn annuiva scusandosi e allora Scott la lasciò andare. In tutto questo, si erano osservati negli occhi per 10 secondi esatti.
Dal vicolo cieco, Scott schiacciò la solita mattonella che aprì il passaggio verso il loro piccolo giaciglio. La Iena si disfò di giacca e co, mostrando una felpa arancione. Dawn fece la stessa cosa, con la differenza che lei aveva un maglione di lana rosso-bordeaux pesante quanto lungo e non mancava la collana con il ciondolo acchiappasogni beige.
Il Rosso, come potrete supporre, prevedeva di arrivare lì e, al massimo, trovare qualcuno, chiunque ma non Dawn. Al fine di ignorare la sua presenza e di non sentire la sua voce, accesa la tv dedicandosi allo Zapping. La ricerca di qualcosa di interessante era estenuante, la noia divorava i due, più lui. Ma, proprio mentre faceva Zapping disperatamente, ricevette una telefonata inaspettata da parte di DJ, il che catturò l'attenzione della Regina dei boschi bionda e minuta. La Iena bofonchiò in segno di scocciatura. Rispose. «Sì, pronto?»
Silenzio, un suono bizzarro proveniva dallo smartphone di Scott. Alzò un sopracciglio creando un espressione di stupore. «Un porto? E che dovrei fare, scusa, mi hai preso per un ormeggiatore?»
Dawn si sedette vicino al Rosso. «Sì, DJ, ho capito ma chiama a Gwen quando è così. O l'FBI, NCIS, vedi un po' tu»
«No, mi spiace, puoi fare in culo» Fu diretto e conciso.
«Non ho intenzione di venire. Fai una cosa: chiama Duncan, giocate agli allegri Baby Sherlock e poi tenetemi aggiornato. Eh? Che dici?» Sogghignò aspettando una risposta. «Ah, amore... ero sicuro avresti risposto così» Disse con un tono quasi seducente, il sogghigno divenne ghigno. Magari voleva farlo innervosire.
«Va bene, bellissimo, dato che ti trovi in un porto potresti portarmi... ha riattaccato» Rise, e intanto Dawn lo guardava con disappunto.
In quel porto Dj non era solo, c'era pure Zoey. La rossa era accovacciata di fronte a una chiazza rossastra ben visibile grazie alla neve, la esaminava al fine di confermare ciò che sosteneva riguardo essa. «Sì, DJ» Guardò lui «È sangue» Non era l'unica macchia di sangue. Vi erano anche alcune carcasse. Visione orribile in un porto orribile. Intorno a loro predominavano tre colori, il bianco – la neve –, il rosso scuro – sangue – e il blu grigio – rappresentante del mare composto interamente da acqua gelida.
Erano i soli ad essere lì. Il Giamaicano ne approfittò per guardarsi intorno: solo casse, contenenti all'interno materiali metallici di diverse misure, arnesi, provette da laboratorio con dentro liquidi di diversi colori – liquidi che lui non avrebbe mai potuto definire –, pezzi riguardanti la meccanica e chip. Tutta roba che non avrebbe mai potuto utilizzare o comunque roba che non aveva a che fare con lui. I suoi hobbies erano altri.
Dal suo punto di vista, tra l'altro, quello sembrava essere un porto abbandonato o qualcosa di simile. Si fece due conti: se era possibile accedere ad un altro porto sempre da quelle parti, perché chiunque ci fosse stato lì non si trovava in un porto via via più funzionale, aggiornato e attivo di quello (del quale, in più, lui era convinto che NON fosse tale. Solo una zona scelta male). No, no, era palese: c'era altro sotto.
«Ho una brutta sensazione» Ecco, Zoey confermò che non era il solo. Lei invece si sentì insicura in quella situazione, non sapeva bene cosa provare a livello emotivo e tanto meno cosa aspettarsi e immaginare.
Nel dubbio, DJ riprese il suo smartphone. «Chi telefoni?» Chiese ingenuamente Bella Gioia, ma non ricevette risposta. Agì solamente: si accovacciò anche lui posizionando il telefono in verticale tra la chiazza rossa e il suo viso, furono solo due secondi perché si sentisse un suono di una macchina fotografica. Zoey capì e si trovò d'accordo. Oltre la macchia, fotografò pure il luogo, le casse e ciò che contenevano. «Andiamo, Zoey» Comandò deciso e lei lo seguì. Prima di andare via, però, DJ trascinò con se una delle tante casse. Una a caso, non troppo piccola, non troppo grande. Dopo ciò, andarono via, mise la cassa nel cofano della sua macchina che grazie al cielo era possibile inserirla. Zoey salì in macchina mentre Dj, prima di seguirla, fece una foto panoramica di tutto il porto che dalla sua postazione era ben visibile.



«Stai scherzando?!» Fu la prima cosa che esclamò Ducnan non appena l'Orsacchiotto, presentando anche la cassa, spiegò il fatto a tutto il resto della comarca. Loro non poterono che restare esterrefatti. «E tu hai ben pensato di portarci qui questi gioiellini per... fare cosa?» Il Punk frugava tra gli oggetti analizzandoli in linea di massima. Per quanto riguarda i liquidi, non sapeva dire nulla, ma sugli oggetti metallici e elettronici sì. Innanzitutto gli oggetti metallici non erano tutti simili, il materiale o la lega – a seconda dell'oggetto – che li componeva era diversa, cambiava da uno all'altro. Acciaio, Ferro, Ottone, Platino, e tanti altri, la lista era lunga. Persino in Acciaio Inox. Nel campo elettronico: Cavi, Circuiti, Schede Madre, Fototransito e, anche qui, tantissimi attrezzi. Duncan tirò un sospiro sorridendo. «Mi sento come a Natale»
«Da quando sei un ratto da laboratorio?» Sfidò Heather con le braccia incrociate.
«Ho lavorato per un po' di tempo nella meccanica, mettiamola così»
«“Un po'” quanto? E poi tu? Proprio tu?»
«Senta, sua freddezza, è vero: non sono completamente un ingegnere, né un meccanico né un inventore. Però ho lavorato in questo campo, so riconoscere questi ninnoli»
Gwen ascoltava, non conosceva questo lato del cugino. Aveva intenzione di andare oltre, ma in un secondo momento. Seduta in disparte, silenziosa, come se fosse troppo concentrata, osservava la marmaglia di oggetti in quella cassa finché, a un certo punto, le parve di aver adocchiato un oggetto a lei famigliare. Forse si sbagliava, ma si alzò mettendovi mani esattamente come al Marcio, prendendo ciò che le interessava in prima persona. In realtà, aveva ragione. Era esattamente un oggetto preciso e identico al tubo di cui erano già in possesso. Questo serviva a testimoniare che le sue supposizioni erano reali: quella cassa, quegli utensili, erano in qualche modo collegati ai Veliant e a chi li comandava. Gwen posò il “tubo” sul tavolo, dolcemente, puntando gli occhi in un punto non preciso della stanza guardando il vuoto, la sua mente fabbricava qualcosa.
«Vorrei capire a cosa serve quel coso» Disse DJ curioso grattandosi la barba.
«Faresti meglio a parlare al plurale, non sbaglieresti» Commentò Duncan senza distogliere gli occhi dalla scatola «Scegli tu»
L'unica ad accorgersi della assenza psicologica di Gwen furono Dawn e Zoey. Rispettivamente, Dawn – come al solito – sapeva cosa passasse per la sua testa. Quanto a Zoey: «Gwen?» Chiamò con delicatezza «Tutto bene?» Gwen passò dal guardare il nulla a guardare Zoey negli occhi. Fu un attimo «Devo andare» Mantenne fede alla sua parola e si diresse verso la porta senza dare spiegazioni, causando sdegno in Heather e Courtney. «Aspet...» Fece tardi, Gwen era già fuori. L'altruismo di DJ si fece successivamente presente. «Dove va? E se le serve qualcosa?»
«Lasciatela fare, tranquilli» Placò gli animi la nonchalance di Duncan.
«Non sei preoccupato?» Interrogò Scott, alzando le sopracciglia.
Duncan, continuando a guardare quel che c'era in quella cassa, fece una smorfia. «Naah...»


Più in fretta possibile, alla fine Gwen era arrivata a destinazione. Un palazzo di appartamenti, in cui lei c'era entrata tranquillamente. Senza prestare attenzioni a ciò che la circondava, ordinò subito l'ascensore che fortunatamente non si fece attendere come una sposa il giorno del suo matrimonio. Entrò dentro e cliccò il bottone con sopra il numero “4”. Gwen si appoggiò al muro chiudendo gli occhi per un po' cercando di rilassarsi, sapeva già che si sarebbe agitata tra non molto. Un'altra manciata di secondi e le porte dell'ascensore si aprirono di nuovo permettendole il passaggio. Decisa, proseguì per la sua via e esattamente al centro della fine del corridoio vi era una porta difronte a lei. Era quella la sua meta. Arrivata bussò, ma nel tentativo la porta si aprì. Qualcuno l'aveva lasciata aperta, il che la fece sbuffare facendo fare un completo angolo giro ai suoi occhi neri. Si permise di entrare senza alcun consenso e si assicurò di chiudere la porta. Il suono della porta chiusa allarmò una persona che era presente insieme a lei e questa, tempestivamente, arrivò alla destra destra di Gwen. Era Cameron, in pigiama, armato di coltello. Aveva lo sguardo minaccioso – cosa che non gli riusciva bene – ma quando realizzò che chi aveva invaso il suo appartamento era la sua amica la sua espressione divenne meravigliata. «Gwen?»
«Ti prego, Cam...» Disse con un tono basso di supplica e sdegno.
«Che ci fai qui?»
«Devo parlarti. Urgentemente»
 




:
Oooohh, bellissime bestiole degli infermi miei, come state?
Strano vedere un mio aggiornamento, eh? Ogni volta fa strano pure a me.
E che aggiornamento... Posate i forconi e le torce infuocate, posso spiegarvi tranquillamente:

Per una ragione o per un altra, mi sono visto costretto a rimandare la scrittura e la vaga possibilità di aggiornare, il che da un lato dispiace ma amen. Sincero? Mi sono un po' legato a questo mondo, le storie, le ff, questa storia, storie che verranno - delle quali vorrei parlarvi più tardi -, voi, etc.
Parliamo del capitolo:
Questa cosa dell'introdurre nuovi personaggi è sì, figa, carina, e quant'altro, però tranquilli, con quei due del capitolo precedente e quella di questo capitolo - 3 persone delle quale non vi svelerò nulla, no spoiler - devo calmarmi un secondo. Dovrei finire qui. O forse no. Mi spiego: ne verranno altri al 90% ma per ora dovrebbe andar bene così, o perlomeno, se ne verranno altri per ora saranno quelli che non saranno avvolti nel mistero. No, tranquilli.
Ovviamente, mi farebbe molto piacere sapere voi cosa ne pensate.
IdroSerpemon? Aaah, no, non esiste, probabilmente lo saprete meglio di me. *guarda una foto di Dianamon* ok, ricomponiamoci.
E il porto? Non mi piace esattamente chiamarlo porto, perché fondamentalmente è una zona creata dall' Aesir corp. stessa quindi  è una cosa non definita, situazione più o meno diversa del buco nel bosco dove in realtà la carcassa robotica era Prir, mi aspetto che l'abbiate capito.
Lo so, il mio modo di scrivere è terribilmente confusionario e... orrendo? Cercho sempre di migliorare, vogliate scusarmi.
Ah, un'altra cosa: questo capitolo è venuto più lungo del solito, un pochetto. Ma questo capitolo e quello successivo erano all'inizio destinati ad essere un tutt'uno.
Volevo chiedervi, se dovessi tergiversare con il limite delle 6 pagine per voi andrebbe lo stesso bene? Sono nelle vostre mani.

E assolutamente, se avete domande, se avete da ridire, potete tranquillamente farlo, senza alcun timore.
Recensite, se potete, se volete, ditemi sull'OOC, errori, nosense, se vi è piaciuto Ciao Darwin 7, cosa farete a pasqua, se volete bruciare a Donald Trump, tutto quello che volete voi bellezze!
Nel frattempo io starò sicuramente guardando, appunto, per l'ennesima volta la prima puntata di Ciao Darwin perché, mamma mia, il trash trasuda da tutti i lati. Ma va bene, in effetti si vocifera che sia stata creata per rappresentare effettivamente l'italiano medio quindi sì, ci siamo. Ma non è per questo, la parte che mi è piaciuta di più è stata Fabio Filisetti, l'ho adorato. Lo voglio assolutamente trovare anche ad Avanti un altro. 
Piccola chicca: Non amo molto la televisione, tuttavia ho stima nei confronti del duo BonolisLaurenti. Sì, mi piacciono, sinceramente.
Ma beh, e sia...

Prima di andare volevo parlarvi, come già detto sopra, delle storie che verranno.
Ho intenzione di scriverne un'altra, senza trascurare questa, Ragnarok, perché sinceramente non lo farei. E' vero, ho sbagliato alcune cose, ma non me la sento di buttarla nel cestino o di trascurarla. Cerco di riparare questi piccoli errori. 
Volevo dirvelo solamente, solo un'altra. 
Ne avrò quindi tre (delle quali una sta facendo la muffa)
Ma diciamo che sento il bisogno di... ecco, mostrare un altro lato di Nero, un altro genere in un certo senso.
Quindi fatemi sapere.

Ok, ho finito.
Detto tutto questo vado via, non rompo oltre.
Mi raccomando non vi affogate con le uova di Pashhkua.

Grazie per avermi sopportato anche questa volta.
Vi amerò per sempre...
Cit.

*Passa a prenderlo Batman con la batmobile. Nero saluta con uno striscione che mostra unicorni che cagano arcobaleni*

 

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Capitolo 10
*** Cameron's Melancholy ***





– Tenth Chapter –





Cameron's Melancoly







 
 
Pampulu pimpulu parim pam pum e magicamente Cameron si sentì travolto in una sensazione che logorava il suo stomaco agitandolo parecchio, sudava. Dicesi “Ansia”.
«Che cosa succede?» Pur cercando di restare serio, si vedeva lontano un miglio che la sua quiete era stata distrutta.
«Tutti i tuoi progetti. Tutto!» Gwen ispirò profondamente cercando di avere più tatto possibile. «Non c'è più nulla»
«E l'hai scoperto solo ora?»
«C'è dell'altro»
«Ovvero?»
Cameron si sedette sulla prima sedia alla sua portata. Gwen fece lo stesso. «Succede che hanno invaso un ter...» Collo a matita capì prima del dovuto.
«Gwen, questo non è un mio problema» Non le fece finire la frase, si agitava sempre di più
«Ci sono stati morti! C'è gente che ci sta rimettendo e questo non doveva succedere»
Il Quattrocchi restò con la bocca aperta ma si ricompose poco dopo. «Non posso permettere che accada pure a me» E lì Gwen si arrabbiò.
«Ma secondo te, dal momento che sei fatto di carta permetterei mai che qualcuno ti attaccasse?!» Urlò «L'ultima cosa che dovresti fare è lottare! Hai altro per cui farlo»
«Cosa, Gwen, cosa?! Qualsiasi cosa faccia, perdo in partenza!»
«Perdi in partenza perché non combatti e ti rintani sotto due lenzuola della minchia!» Furono urla da entrambi i lati. «Pensi davvero che così farai pietà a Blaneley e che ti risparmi? Pensi davvero che così facendo vivrai con la coscienza pulita e che tutto quello che accade non ti riguardi manco per il cazzo?!» Si alzò di scatto «Non puoi pensarlo! Perché a te per ogni cosa che accade tu marcisci dentro, so che è così!» E lì Cameron zitto con gli occhi verso il basso «Quindi se pensi che autocommiserarti aiuti alla tua autostima sappi che ti sbagli di grosso» Continuava ad urlare «E sappi che sì, sei un coglione! Sei un coglione solo perché tu sei il primo a renderti tale! Vuoi dimostrare al mondo il contrario? E allora invece di esserlo, tirali fuori!»
«E quando farò quello che vuoi?» Ricominciò a guardarla «Ti aspetti sul serio che il mio intervento migliori qualcosa? Nel momento in cui riuscirò a diventare un “eroe” pensi veramente che aiuti a...»
«Cazzo, Cameron! Veramente gliela dai vinta così facilmente? Hanno rubato i tuoi progetti, i tuoi robot e come se non bastasse hai permesso pure che rubassero la tua anima e stai pure facendo sì che la passino pulita!» Ispirò «Dov'è finito quel Cameron?»
Un altro superpotere di Gwen era quello di zittirlo in maniere dirette e concise arrivando perfettamente a stuzzicare i suoi pensieri. Si avvicinò a lui appoggiando le mani nelle sue spalle, puntò i suoi occhi con fare deciso placandosi. «Non è stata colpa tua. E' stata Blaineley a rapirli e ucciderli, lo sai»
Gli occhi di Cam si riempirono d'acqua «Io non... non ho potuto...»
«TU. NON HAI. COLPE» Prese il suo mento con l'indice e il pollice «Sì, è vero. Non possiamo fare nulla per farli tornare indietro e lo so che il passato è una parte di vita che ti risucchia come un demone fa con l'energia vitale... ma puoi renderli giustizia»
«Gwen...» Disse con un filo di voce accompagnata da lacrime.
«So cosa si prova a perdere qualcuno per colpa di Blaineley. Credimi, non sono intenzionata a passarci su come fosse una cosa da nulla. E Cam, mi piacerebbe sinceramente aiutarti perché io per prima so che non è facile» Lo abbracciò delicatamente permettendogli di scoppiare «Devi riprenderti. Lo devi a te stesso» Sussurrò.



Dopo essere usciti dal loro ritrovo, la banda si separò avendosi fatto le loro conclusioni riguardo la cassa e gli utensili contenuti all'interno. La Iena stava in effetti per i fatti suoi, ma...
«Vorrei sinceramente capire per quale motivo mi stai tenendo la coda» Scott era a un passo dal perdere le staffe quando camminava per strada con l'unico scopo di andare a casa e, possibilmente, farsi una dormita dopo aver prima fatto una doccia e forse qualcosa al fine di intrattenerlo, fu una giornata strana e misteriosa. Ma Dawn insisteva al fatto che era solo una semplice compagnia in un certo senso fine a sé stessa che sarebbe finita nel preciso istante nel quale la bionda avrebbe dovuto prendere la sua strada. Percorrere quindi un certo tragitto insieme fino ad un punto determinato. Il tutto perché sinceramente, di sera, in un orario nel quale si potrebbe presupporre di essere a casa dopo cena, non era una scelta saggia camminare da sola – secondo lei –, anche perché non sapeva più cosa aspettarsi. Cercò di giustificarsi di nuovo: «Volevo solo farti un po' di compagnia, da soli non è prudente»
Tanto era inutile girarci intorno, la voce di Dawn era diventato motivo di inquinamento acustico dal punto di vista di Scott, sempre se sotto sotto la ragione fosse veramente l'odio. «E chi cazzo te l'ha chiesto?»
«Non ti ho infatti chiesto il permesso» Rispose con un sorriso, sapendo perfettamente che la ragione di tutto questo era semplicemente garantire sicurezza conscia anche del fatto che ciò a Scott non faceva altro che dispiacere, per lui che era una persona prevalentemente solitaria, sociopatica e aromantica. Eppure Raggio di luna non si faceva né problemi né scrupoli ad ammetterlo quanto meno al suo grillo parlante: infondo era attratta dalla Iena. A lei tuttavia piaceva quel suo carattere scorbutico e burbero; quell'essere sarcastico, pungente, sadico e egoista non narcisista; l'essere schifato dal socializzare e poco intenzionato a fare il primo passo, il suo lato doppiogiochista e opportunista; il suo essere chiuso. Tutti i suoi lati negativi – ed erano anche altri – lei li accettava tranquillamente, esattamente come accettava quelli degli altri. Del resto sapeva che infondo Scott era una persona che nel profondo del suo cuore, o inconscio, aveva bisogno di svaghi, aveva desideri, sogni, pensieri e ricordi repressi; cose che non poteva, non voleva ammettere o addirittura le negava opprimendole; sapeva della sua tormentata infanzia e dei pensieri che nel suo presente lo venivano a trovare ogni qualvolta abbassasse la guardia; sapeva che lui era, come d'altra parte ogni persona vivente, qualcuno che aveva un lato nero e l'altro bianco. Lui, per criteri personali evidentemente, faceva prevalere quello nero ignorando quello bianco che tuttavia non si aspettava autorizzazioni per uscire allo scoperto. Ecco, era esattamente una parte che gettava il mantello dell'invisibilità quando lui comunicava con persone che erano privilegiate nel conoscerla. Questo era Scott e a Dawn tutto questo andava bene.
«Ci pensi mai?» Gli chiese senza andare direttamente al nocciolo.
«Al fatto che rompi le palle? Sì, sempre»
«Al fatto che sono belle persone»
«Chi?»
«Loro... Duncan e gli altri»
«Ah... eccola che comincia con i sentimentalismi»
«Trovo che siano diventati una seconda famiglia» Confermò decisa di ciò che disse quando in realtà il suo scopo era altro, benché in realtà non disse una bugia.
«Per te che accetti e ami tutto e tutti come Papa Francesco, sì. Ma non sono tenuto a commentare, esattamente come non lo sei tu» Sbuffò «Non frega un cazzo a nessuno se ti sei affezionata o meno a quella banda di squinternati»
«Banda della quale tu ne fai parte» Precisò.
«Oh Cristo, mi sembra di guardare una puntata dei My Little Pony. “L'amicizia è magica”, tsk..» Rise divertito come per prenderla in giro.
«Come te e Duncan, per esempio»
«Duncan?» Alzò un sopracciglio, precisando in seguito: «La nostra amicizia non è magica, non andiamo in giro a gridare Expelliarmus»
Dawn stava per ribattere se non fosse stato per dei rumori intensi che provenivano verso di loro. Voltati, notarono che un grandissimo numero di robot stava correndo verso di loro. Dawn, allarmata, cercò di trascinare Scott prendendolo per la mano ma lui, con espressione seria come non ne aveva mai viste prima, schioccò le dita causando un vasto incendio che avrebbe presumibilmente causato combustioni ai suddetti.
«Scott!» Rimproverò con aria contrariata mentre il rosso per poco non le rideva in faccia.
«A dopo i convenevoli mammina, andiamo» Allora corsero. La principessa delle fate, avendo visto chiaramente la sua aura, aveva capito che lui seguiva una pista precisa e dunque decise di andargli dietro. Fu il primo pensiero che le venne e non si chiese se lui avesse potuto consentirlo o meno, qui si parlava di vita o di morte e lei sappiamo tutti come la pensava sulla violenza. Le sue percezioni extrasensoriali, capacità divinatorie, non si sbagliarono ancora una volta: aveva il presentimento che ci sarebbero stati di nuovo i Veliant e così fu. Aveva imparato a interpretare anche loro, oltre all'aura della Iena.
Ad un certo punto della corsa Scott trascinò la ragazza dietro un albero. Lui si affacciò un secondo, con molta cautela, per visualizzare che nessuno li pedinasse. Dawn osservò la zona, erano in un boschetto. Bizzarro, ma era il suo habitat naturale. In successione, considerando che erano soli, il ragazzo prosegui per la sua strada sempre con molta discrezione e con molta attenzione accompagnato da una fiamma sul suo palmo della mano abbastanza grande da fare luce per la strada, nonostante la luce lunare bastasse. Fu ovviamente seguito a ruota dalla ragazza. Qual'era lo scopo di Dawn, lui non lo sapeva e non voleva saperlo, decise che se ne sarebbe presto sbarazzato. Mentre lui camminava con sicurezza, guardando avanti, lei era quella che invece era più agitata, non si guardava intorno perché poteva sentire la forza e l'energia degli alberi, sapendo dunque che se fosse successo qualcosa l'avvertimento sarebbe stato imminente. La sua agitazione era dovuta dall'accaduto in sé, pur essendoselo aspettato. Si intravedeva però una casa da lontano. Una casa nei boschi per lei era una sorpresa, considerando tra l'altro che quella era di Scott. Aveva intuito che la possessione di quella casa fosse relativa all'eredità lasciatagli dal nonno. Non ne era certa e non glielo avrebbe chiesto col rischio di aumentare il suo malumore. Erano sempre più vicini a quella casa passo dopo passo finché gli alberi non avvertirono la Fatina dei boschi la quale si fermò di colpo invitando anche Scott al farlo. Non si fece domande, aveva notato pure lui qualcosa di alterato nell'atmosfera. Si sentirono spari arrivare, Veliant ricoperti da fiamme correvano rapidi verso di loro. La Iena stava per attaccare con le fiamme ma glielo fu negato. «Fermo!» Fu l'ordine tempestivo da parte di Dawn a farlo fermare dato che per via del suo potere avrebbe potuto incendiare tutto quanto intorno a loro. Lei si piazzò davanti a lui senza controllare le sue azioni evocando, dopo aver disteso con forza le braccia, una strana energia biancastra, che sembrava una nube, la quale investì i robot facendoli dissolvere nel nulla, fuoco compreso. Scott, ghignando e ridendo sbalordito – un po' divertito –, applaudì lasciando la fiamma per aria. «Però, Trilli! E così hai le palle!» Anche Dawn rimase molto colpita e piacevolmente sorpresa da quello che fece, nemmeno lei sapeva di esserne capace. La sua espressione ne era testimone. Per quanto però fosse stato efficace il suo attacco, gli alberi erano ancora agitati. «Lo senti anche tu, biondina?» Chiese tornando serio.
«Altri di loro» Risposta secca, mentre ansimava.
«Esatto, e...»
«Stanno combattendo con qualcun'altro... Altri robot. Non sono Veliant, non hanno intenzioni cattive» Dawn era sicurissima di quello che disse. La sua risposta tuttavia fece sogghignare soddisfatto e compiaciuto il ragazzo.
Finirono la loro corsa verso casa. «Benissimo, Lunatica. NON ti ringrazio per la compagna, puoi andare ora»
«Come puoi fregartene sapendo che dei robot malefici stanno distruggendo la zona in cui vivi?!» Chiese esprimendo animatamente il suo disappunto.
«L'hai detto tu stessa poco fa, in questo momento sono troppo occupati. E poi, onestamente, analizza la zona come hai fatto prima e dimmi la situazione attuale» Lei lo fece
«... i Veliant sono in svantaggio numerico»
«Bravissima Elfa»
Poco prima che Scott entrasse, si avvertì un rumore troppo fragoroso che non lasciava intendere a chiari termini cosa fosse. Sconvolto, cambiò idea, Dawn morta non conveniva a nessuno. «Facciamo una cosa: entra in casa, ma appena finisce tutto togli le tende, chiaro?!» Invitò dando l'aria di essere più un imposizione. Evitando indugi, Dawn accettò il compromesso ed entrò. «E ti raccomando, Dawn, fa come se non fossi a casa tua»
Rimase silenziosa puntando il vuoto per dei secondi, ma parlò confusa: «Come puoi?»
Scott si era appena liberato della sua giacca «Eh?»
«Come puoi fregartene?! Per colpa di quei mostri tu potresti perdere tutto in un secondo! Come fai a lavarti le mani e stare comodo mentre qui vicino la situazione potrebbe degenerare e distruggere casa tua?» Lei continuava a parlare con convinzione e probabilmente rabbia – incredibile – ma tutto quello che diceva lo fece ghignare, stava conoscendo una Raggio di luna che non avrebbe mai pensato esistesse. Finalmente era riuscito a irritarla. Rise «Fatina! Come siamo suscettibili» Si avvicinò a lei con fare ambiguo mentre parlava, ma non la ascoltava. A poca distanza, lui le prese il mento e lei smise di blaterare gradualmente. Le diede un bacio, senza una ragione apparentemente logica, voleva giusto prendersi gioco di lei. Questo durò per breve tempo, Dawn cercò di opporsi ma la resistenza non fu sufficiente. Staccò da lei delicatamente le sue labbra «Se ci sei tu a proteggermi, nessun robot potrà farmi male, no?»
Lei rimase basita.
Si allontanò decisamente divertito dalla situazione. Con un ghigno stampato in volto, si rese conto che alla fine non fu per niente male, quella messa in scena. Al contrario, gli piacque.



Dopo quella discussione quasi estenuante che Gwen sostenne con Cameron, uscì un po' scossa in quanto considerava di già come lui stesse male emotivamente però, per quanto potesse comprendere il suo stato d'animo, era di essenziale importanza che il suo essere avesse sicuramente bisogno di, in una certa metafora, rinascere. Su questo era disposta a mettersi in gioco per lui. Il tempo scorreva sempre più senza guardare in faccia nessuno, senza aspettare, ma la Darkettona invece di ritornare a casa da suo cugino preferì stare ancora là fuori, di notte. La testa immersa altrove, i pensieri non la lasciavano sola, eppure a un tratto alzò il capo e sospirò notando dopo di essere esattamente sotto una grande insegna elettrica neon, magenta:
Ratatoskr
Affianco a sé, sinistra, c'era effettivamente un pub. Ratatoskr era un pub. Rimase immobile per un attimo. All'interno di esso, precisamente dietro il bancone, vi era la silhouette di un uomo alquanto robusto che lucidava impeccabilmente dei bicchieri e boccali di vetro. Sentiva delle voci, ma nessun altro era visibile, tuttavia da quel poco che sentiva poteva dedurre che non era molto affollato. Prese il suo portafogli nella speranza di potersi permettere in quel momento almeno un bicchierino. Valutò la sua situazione e ne uscì sollevata, entrò quindi dirigendosi verso il bancone dove quell'uomo, per un attimo, distolse gli occhi dai suoi utensili per osservarla attentamente, stessa cosa che oltretutto fece lei. Un uomo pelato, muscoloso e dalla carnagione scura, gli occhi color pece. Indossava un maglione verde prato sopra al quale c'era un lungo indumento aperto a mezze maniche che ricordava un kimono maschile. Dopo un'attenta analisi era più che certa di non averlo mai visto prima. «Un bicchiere di Bourbon, gentilmente» presentò una banconota posizionandola sul bancone mentre il barista, facendo cenno positivo, servì sveltamente la cliente. Si sedette e, sentendo voci insolite, si girò alla sua destra e notò che più in là alcuni ragazzi facevano baldoria allegramente. A giudicare dallo sguardo con il quale il barista li scrutava, non era d'accordo con loro e probabilmente, allo scadere della sua pazienza, avrebbe provveduto a salvaguardare i suoi interessi. Gwen era un'ottima osservatrice.
«Ecco a te!» Servì con fare gentile in un bicchiere comune il drink con tanto di ghiaccio. Gwen cominciò a sorseggiare adagio, mentre lui si dedicò nuovamente alla pulizia del suo materiale con cura e maestria notando allo stesso tempo gli occhi della Dark persi nel nulla con un filo di tristezza. Un sorriso piccolo si fece strada sulla sua guancia sinistra: «Conosco quello sguardo» le disse «Brutta giornata?»
«Beh, come di solito» Rispose semplicemente
«Tempi bui, eh?»
«Esattamente. Ho avuto una discussione con un amico che sta passando un periodo brutto...» con il bicchiere in mano, lo guardò brevemente «E lei che ne sa, di come si sente la persona che le sta difronte?»
«Ho la mia esperienza» Sorrise mostrando i denti «Per via del mio lavoro ne ho viste di espressioni facciali»
Gwen sorseggiò nascondendo grazie al bicchiere una piccola curva sulla sua guancia verso destra creata dalle sue labbra «Il suo lavoro consiste nell'esaminare ogni singolo cliente?»
«Questa è una cosa che mi piace fare come hobby, niente di personale» Precisò.
«E immagino che l'esperienza le ha insegnato a fare attenzione in relazione alla persona con la quale si dialoga, è esatto?»
Il Barista la guardò liberando un ghigno «Può darsi, o può darsi di no» Si liberò di una bottiglia, dal momento che le stava sistemando, posizionando le mani sul bancone: «Chef Hatchet» Si presentò.
«Gwen...» Stava per dire il suo cognome, ma fu interrotta da un rumore che proveniva da quei ragazzi che fecero definitivamente perdere la pazienza di Chef. Lui, su due piedi, si diresse verso di loro e senza avvisi, senza cortesia o autorizzazioni, li buttò fuori brutalmente uno ad uno ignorando le loro proteste. Avevano rotto una bottiglia e qualche bicchiere. Bisbiglio nervoso qualcosa, gettando il tutto nella spazzatura che stava dietro il bancone. Lei rimase silente, non era affare suo e non si sentiva in dovere di ficcare il naso. Ma mentre lui era lontano dal bancone, Gwen aveva adocchiato delle foto e la cosa bizzarra era che quelle ritraevano i Veliant. Alzò un sopracciglio insospettita, era decisa di scoprirne di più con discrezione.
«Non farci caso» Le disse tornando nel suo status quo.
«Sono i “contro” del suo lavoro, vero?»
«Se sapessi quanti ne ho buttati fuori...» Sospirò lui.
«Posso solo immaginare» Posò il bicchiere vuoto sul bancone, fatto notato dall'uomo.
«Ne vuoi ancora?»
«Vada per un'altra goccia»
Lui la accontentò. Si formò il silenzio e fu lì che Gwen fece la sua prima mossa. «Le è capitato di leggere un articolo riguardante dei robot?»
«Quello Dei robot armati e corazzati che hanno diffuso recentemente scompiglio e disordine nella nostra città a fini sconosciuti”? Mi è capitato tra le mani, sì»
«Lei cosa ne pensa?» Lo chiese facendo sembrare la domanda una semplice e innocente curiosità.
Lui guardò il volto della sua mittente per un po', prima di esprimersi «Penso che sia una cosa che presto avrà fine»
«Lei crede?»
«Certamente. Infondo, pensaci, c'è qualcuno che sta cercando di tener loro testa e sembra ci stia riuscendo brillantemente» Si mostro ottimista e un po' menefreghista.
«Ma dobbiamo considerare anche che qualcuno ci ha rimesso la pelle. Degli innocenti»
Fu lì che lo prese in castagna, in primo luogo lo vide in difficoltà non sapendo cosa risponderle. «Nella storia, sai, c'è quella parte del popolo che ci rimette sempre per colpa degli eventi. Il periodo della Rivoluzione francese, il Regime del Terrore, L'età Napoleonica, per citarne alcuni, no? Poi c'è quella parte che invece si oppone, combatte e, od oppure, poi vince. Lo trovi efficace come paragone?»
«E se per qualche ragione il “buono” dovesse essere più cattivo del “cattivo”? Come fu Robespierre, Napoleone e altri che non sto qui ad elencare» Disse lei ma fu un paragone, sosteneva, che non stava in piedi. I “buoni” sapeva chi erano. Quelli che “uccidevano” i Veliant erano gli Ullr. Lei, suo cugino, Heather e altri «Come controbatte?»
«Per controbattere, eh, ti ricorderei Federico II di Svevia, Gandhi, Nelson Mandela, Martin Luther King, Rosa Parks e Martin Lutero» La guardò più intensamente «Quei casi di storia nei quali il “buono” ha vinto»
Gwen puntò i suoi occhi esattamente come lui, la stessa intensità. «In questo caso, nel NOSTRO caso, qual è l'intensione del “buono”? La sua vittoria sarà catastrofica o gloriosa?»
Silenzio, il loro occhi si sfidavano. «Ebbene, ragazza, lo vedremo presto, no?»
Lì la Gotica capì che doveva essere più incisiva. «Se dovessi supporre che lei...»
«Ti prego Gwen, dammi del tu»
La Dark sorrise, abbassando la testa e riprendendo dopo il suo concetto rialzandola. «Se dovessi supporre che tu ne sappia più di quanto vorresti farmi capire, avrei ragione?»
L'ennesimo ghigno si fece strada sul volto di Chef. «Provalo»
«Stai cercando di farmi pensare altro. Stai cercando di dire che la cosa non ti riguarda ma in realtà, e lo sai meglio di me, l'argomento ti piace, ti cattura e ne parli con interesse; le tue teorie sono buone e se la cosa non ti riguardasse non dovrebbe essere così. Parli con certa diplomazia, sai di che si tratta e ti presenti libero di sindacare e obbiettare come se fosse argomento che ti coinvolge in prima persona. E poi, sii sincero e guarda dietro di te. Quelle foto che mi rappresentano?»
Chef rise definitivamente, con quattro parole l'aveva messo alle strette. In quel caso la sua risposta non fu verbale. Prese un sigaro, se lo mise tra le labbra e evocando un piccolo braciere violaceo sul suo pollice lo accese. Liberò una nuvola di fumo e soddisfatto disse: «Ora cosa supponi?»
Lei rispose in una maniera analoga. Evocò un fascio di luce neon turchese che la circondò per poi andare libero prima della sua scomparsa.
«Siamo uguali allora» Affermò Chef sospettando che Gwen se ne fosse più o meno accorta dapprima.
«Curioso, non trovi?» Chiese ironica la ragazza, risero entrambi.
Poco dopo però qualcuno invase la loro conversazione. «Chef» Una voce calda, cupa e tetra senza sentimenti femminile ruppe le loro risate. Gwen si voltò inquadrando chi fosse, scoprendo ben due persone. Un ragazzo e una ragazza. I due erano di gran lunga più gotici di lei.
«Ah!» Un'altra boccata di fumo «Crimson, Ennui... dov'eravate?»



Con una malinconia concentrata e assillante, Cameron si ritrovò coricato sul suo letto in combutta con i suoi sentimenti e il suo passato. Dei diavoli che ogni giorno tenevano compagnia alla sua depressione abusando della sua bassa guardia impedendogli la libertà. Lui non aveva più la più pallida idea di cosa significasse quella parola, "Libertà". La sua malinconia, la sua depressione, il rimorso e l'orrore del suo passato, insieme a Blaineley, si rivelarono troppo grandi per lui, impossibili da affrontare. I suoi incubi tormentavano le sue notti, spesso insonni. Ma quella discussione con Gwen lo lasciò a riflettere continuamente e facendo un breve calcolo si rese conto che aveva ragione. Doveva decidere se continuare a vivere in uno stato, prevalentemente, di merda oppure cominciare a fare qualcosa riguardo il suo malessere e dimostrare di nuovo il suo valore oramai perduto. Lui non poteva garantire niente nemmeno a sé stesso, figuriamoci a lei. Figuriamoci agli altri. Era per questo che lui non si prestava alla sua richiesta. Ma aveva preso una decisione.
Per quanto sapesse cosa voleva, valeva pena ascoltarla. Così decise che, in bilico tra due pori, avrebbe dovuto andare da lei e sentire che cosa gli proponeva.
Doveva tentare.
Prese una foto vicino a lui, sulla quale vi era lui con un amico suo, un ragazzo dalla carnagione scura e i capelli spettinati. Una lacrima si fece strada sul suo viso.

 





The Black Squirrel:
HO AGGIORNATO CON LARGO ANTICIPO! SONO SORPRESO PERSINO IO!
Sorpreso e stanco dal momento che c'è una marea di ore di sonno che mancano nel mio organismo.
Sicuramente non ve ne fregherà nulla ma ve lo spiego: 
Ieri, 24 marzo, mi sono svegliato alle 14:30. Stamattina mi sono addormentato alle 4:30 per svegliarmi poi alle 11:50 contro la mia volontà pur avendo la giornata libera. Sono stanco morto, tant'è vero che non ho nemmeno io idea di quel che ho scritto in questo capitolo. Vi prego di scusarmi.
Se ve lo stato chiedendo no, non mi piacciono gli scoiattoli, ma è collegato con Ratatoskr.


Parliamo, come usuale, del capitolo.
Finalmente ci ho messo un po' di pepe. Mi ero reso conto, andando qualche capitolo indietro, che mancava qualcosa e ora sto provvedendo per aggiungerla. E sempre finalmente, Scott ha baciato Dawn e lo so, lo so che è incoerente dire che la odia e poi le lascia pure la fragola ma tuttavia, e voi potreste confermare, sappiamo com'è il carattere di Scott. Subdolo giocherellone. 
Presumo che ora sia più chiaro il perché del malumore di Cameron. Se c'è dell'altro? Mmmmh, boh. Ditemelo voi.
E i poteri di Dawn? A quelli ci arriveremo presto, è a un passo dallo scoprirli veramente.
Crimson ed Ennui? Sì ragazzi, sono gli stessi che sono apparsi alla fine del capitolo otto, levo subito il velo del mistero che francamente faceva scomodo pure a me.
Personalmente, mi è piaciuto parecchio scrivere questo capitolo.
Ma qui quello che penso io è irrilevante assolutamente
Siete voi a dovermi dire. Mi aspetto infatti di leggere le vostre opinioni, mi farebbe moltissimo piacere.

Detto tutto questo, che è il tutto che avevo da dire, vi ringrazio infinitamente di aver visualizzato e eventualmente recensito anche questo capitolo e vi chiedo perdono nel momento in cui abbia fallito miseramente annoiandovi, deludendovi e quindi sbagliando e senza centrare il vostro interesse.
Fatemi sapere se ci sono errori, OOC, cose che non sono state chiare, eccetera. 
Io, avendo finito, sparisco, le mie gambe implorano pietà. Probabilmente guarderò qualcosa alla TV, ma pensò che crollerò prima. O forse non lo farò, per me è impossibile dormire la notte. Ma va bene così.
L'unica cosa che mi basta è che le mie gambe cessino di torturami.
Mandatemi la vostra benedizione ahahahah.

Grazie mille per tutto.

*Arriva Dawn dal nulla e con una strana energia che sembra una nube bianca lo colpisce facendolo sparire nel nulla*

Ratatoskr Nero

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Capitolo 11
*** Showing Mysteriously ***


 

– Eleventh Chapter –



Showing Mysteriously






 
L'ennesimo sorso di Bourbon. Gwen si limitava ad osservare, ascoltare. Ad esaminare.
«Abbiamo avuto da fare, siamo stati... intrattenuti» La sua voce maschile, per quanto piacevole da sentire, camminava sulla stessa frequenza di quella che sembrava ad una prima occhiata la sua compagna. Compagna, qualunque fosse il genere di compagnia. Lui doveva essere Ennui. Come preannunciato, il loro essere gotici era notevolmente maggiore a confronto di quello di Gwen. Il suo impallidiva tramutando da dark a light. Ennui portava una lunga giacca che ai lati era fatta di un tessuto nero che non rifletteva la luce e Gwen lo riconobbe, era il vantablack. Fronte e retro invece era con un pattern che richiamava le pareti della sala da pranzo della Regina Elisabetta, ma rosso scuro. I suoi capelli: esattamente la stessa combinazione cromatica, lunghi e lisci capelli neri con delle ciocche rosse, due davanti che scendevano libere.
E lei, Crimson... La sua frangia che arriva per un pelo a scoprire gli occhi insieme a dei ciuffi che si posavano bellamente sulla sua giacca erano argentei ma Gwen notò, osservandola camminare verso Chef, che dietro erano neri. Acconciatura quindi analoga a quella di Ennui. Lei, sempre similmente al ragazzo, indossava un cardigan che no, non era fatto di vantablack, questa volta. Semplice nero, con una texture ondulata, indefinibile con esattezza. Era aperta, mostrava una camicia nera – questa sì, era vantablack – sopra alla quale c'erano dei lacci che collegavano i due lati del cardigan. Aveva pure un cappuccio largo con tanto di pelliccia nera che in quel frangente non indossava. Tetri ed oscuri, eppure eleganti agli occhi di Gwen. Insomma, The Addams Family approves. Guardarli voleva dire sentirsi sempre meno dark, la loro esistenza smontava il suo soprannome “la Gotica”.
«Li avete fatti secchi anche questa volta?» Chiese Chef scrutandoli, pulendo il bancone.
«Dubitavi?» Fu Ennui a rispondergli.
Ma Gwen continuava a guardarli, non poteva farne a meno. Crimson, giustamente, si girò verso di lei, verso sinistra. Lì Gwen, alzò le mani in segno di resa e innocenza. «Perdonatemi, probabilmente vi darà fastidio» La sua voce fece girare pure Ennui verso di lei. Anche a Gwen dava fastidio essere guardata, perciò si scusò, sapeva l'odio che si provava.
«Siamo abituati» Precisò Crimson, impedendole di capire se fosse stata offesa o meno.
«Chi è, Chef?» Interrogò Ennui rivolgendo gli occhi all'omaccione. «Avresti dovuto essere solo e il pub dovrebbe essere chiuso» Aggiunse Crimson.
«Soldi ragazzi, soldi. Posso dire no al guadagno? Mettetevi nei miei panni» Fumò il suo sigaro.
Crimson ed Ennui, probabilmente gemelli di cervello, si osservarono negli occhi a vicenda per poi tornare a puntarlo «Chi è, Chef?»
Il barista alzò un sopracciglio. Poi capì, sbuffò alzando gli occhi sul soffitto «Sì ragazzi, è come noi» Disse. Ma anche se non fosse stata una Ullr, lei si sentiva di troppo perché evidentemente secondo i due gotici lo era. Ringraziò Chef per il (i) drink, si stava per alzare ma fu fermata «Aspetta» Fu la voce di Crimson, che si avvicinava lentamente verso Gwen per poi prenderle il mento e guardarla negli occhi. «Saresti disposta a...» spostò la testa di qualche grado puntandola fissa negli occhi come se stesse studiando la sua personalità «A rimanere?»
«Se la risposta fosse sì?» Non che lo volesse fare, ma la curiosità parlo al posto suo. 
«Vedresti cose che non ti aspetteresti mai di vedere da...» sì girò verso Chef.
Gwen ebbe già pronta la risposta «Un barista con poteri sovrannaturali che autocombustiona il suo pollice a suo piacimento con una fiamma viola? Già questo non risulta esattamente nella norma. Oltretutto, tra robot provenienti da una strana "corporation" che cercano essere umani con strani poteri dei quali purtroppo faccio parte e tutto il resto, non mi sorprendo più di tanto di niente» Espirò chiudendo gli occhi «Ma no, no grazie. Vorrei andare a dormire» Accennò un gesto verso Chef «Grazie ancora, tornerò a trovarti» Si rivolse verso Crimson nuovamente «Arrivederci» Stava per alzare i tacchi tornando a casa ma una presa salda le teneva il braccio. No, Crimson non era intenzionata a lasciarla andare in realtà, il che confuse non poco la Dark non Dark.
«Tu...» Sussurrò Crimson spaventosa e macabra.
«Gwen...» Come se non bastasse la ragazza, anche Ennui andava verso lei. Le accarezzò i capelli turchesi e le disse «...cosa sai fare?»
«Che intendi?» Chiese, irritata dal fatto che qualcuno le stesse toccando i capelli. Fu un sollievo quando Ennui smise. «Intendi la mia capacità “speciale”? Perché vuoi saperlo?»
«Tu hai qualcosa di particolare...» Le disse con decisione Crimson. Il tono vocale sempre funereo.
«Sono una Ullr, cosa vi aspettavate? Che venda gelati allegra e felice?»
In quel punto i due gotici non proferirono parola, silenzio tombale come se di tombale non bastassero già loro. Ennui, senza troppa leggerezza e senza troppa imposizione, parlò. «Resta»
Gwen sgranò gli occhi.
«Sempre se ti ritieni pronta ad andare in contro a dei cambiamenti e a delle situazioni che potrebbero coinvolgerti. Cosa sai dei Veliant?»
«Beh, so quel che...»
«Siamo abbastanza sicuri che tu ne sai più di tutti noi tre» La interruppe Crimson, lasciandola e tornando da Chef.
Come già scritto prima, Gwen non era una che si tirava indietro. E benché fosse stata confusa e ipnotizzata dal volere dei due che ancora non aveva avuto modo di inquadrare al meglio, non sapendo cosa intendessero con “se sei pronta a vedere quel che sarà”. Non ci aveva capito nulla. Tuttavia, valeva la pena restare. Stranamente, molto stranamente, aveva una buona impressione di Chef.
«Chef» Riprese Ennui dall'inizio. «Che ne è di Angrboda?»
«Volete andare subito al sodo, eh Satanassi? Non volete niente da bere prima?» Propose scuotendo una bottiglia di Chopin, ma i gotici lo guardarono senza fare la minima musione. «Niente Chopin? Volete un Bloody Mary?»
«Chef, no» Rispose probabilmente scocciata Crimson. Probabilmente, perché era tutto da intuire.
«In ogni caso non ti pagheremmo, non oggi» Aggiunse Ennui.
Chef sbuffo roteando gli occhi cercando qualcosa sotto il bancone. «Ma non potevate restare a casa ad ascoltarvi un album dei Ghost?»
«Ghost? Metal Svedese, Bellissima opzione» Commentò Crimson.
«Ma probabilmente avremmo ascoltato i Dead Skeletons, Islandesi. O Nocturnal Bloodlust, Giapponesi. Più probabilmente i primi» Precisò Ennui.
«Sì, sì, non me ne frega un cazzo. Era per dire»
Se per un secondo Gwen sentiva parlare di cose che finalmente poteva capire – metal –, stava ancora cercando di comprendere quel che c'era prima. Angrboda, era più che sicura di aver già sentito quel nome. Chef, mentre lei era impegnata a pensare altro, aveva premuto o tirato qualcosa che fece apparire una porta metallizzata e blindata, non aveva capito come semplicemente perché non se ne era accorta. Rimase sbalordita. «Bene. Gwen, ti avevano avvisata» Si fece due risate notando il volto di Gwen. Aprì la porta, appoggiando prima la mano sopra. Riconoscimento di impronte digitali, banale e scontato, ma pur sempre efficace. Una stanza alla quale solo lui ci poteva accedere e più tempo passava e più la cosa si faceva bizzarra, paranormale e fantascientifica. Gwen, che pensava di aver visto di tutto, poteva finalmente dire di essere sconvolta. La domanda era questa: In che genere di bar si trovava? O meglio ancora: Si trovava veramente in un bar?
Comunque, seguì i tre in un corridoio poco illuminato per chissà dove senza farsi ulteriori domande quando a un tratto dalla tasca destra del suo pantalone sentì vibrare. Staccò la telefonata non appena vide che era Duncan dopodiché mise il telefono in modalità aereo, così, giusto per far sì che nessuno rompesse le scatole, fino ad arrivare in una camera che non era possibile definire bene con precisione. Questa era una stanza vuota, lo sarebbe stata a tutti gli effetti se non fosse stato per un cilindro, una macchina strana. Avete presente quella dove fu creato Cell o Mewtwo? Esatto! Fu la prima cosa che pensò anche Gwen. Analizzava il suo interno: acqua, tanta acqua, se era acqua, e dei cavi collegati in un essere che a prima vista appariva come un Veliant. Bastava invece guardarlo meglio per notare il contrario. Era un robot dalla sagoma femminile. Grigio scuro tendente al blu, ci andava molto vicino, con delle liane spinose che uscivano dalla testa, lunghe, molto lunghe, verde scuro quasi nero. Non era metallizzato ma appariva come una fisarmonica, elastico, non aveva faccia e in più riportava diverse fratture e marcature. Tra l'altro un braccio era staccato dal corpo come la testa. La gamba, quasi snodata. Non era ridotto affatto bene. Finché, nel studiarlo, un flash colpì Gwen. «Allora questo è Angrboda» Concluse infine.
«Lo conosci?» Chef rimase sorpreso «Beh, sì comunque. Hai davanti Angrboda, uno dei robot con i quali non ti conviene andarci troppo leggero. No, non è...»
«Non è un Veliant. Lo so» Gwen lo precedette. «Dotato di una velocità elevata, ha una struttura abbastanza elastica, utilizza le liane per attaccare e con il suo piacere anche per uccidere. È un robot assassino, creazione più spietata di Blaineley e i suoi scagnozzi scienziati senza palle»
Chef rimase letteralmente colpito e i due gothici dedicarono nuovamente la loro attenzione su di lei. Crimson la guardava semplicemente.
«Siete stati voi tre» Affermò Gwen con fermezza.
«Se intendi a ridurlo così, sì. Questo essere infernale è un pericolo ambulante» Rispose Chef.
«Se non altro l'avete preso» Appoggiò la mano sul vetro. «Ricordatemi di non sfidarvi mai senza una tattica efficace»
«No, Gwen, il peggio non è passato» Si aggiunse Ennui. «Ci sono altri Angrboda»
Gwen si voltò verso il gotico. «Il vostro obbiettivo è farli fuori tutti?»
«Io e Ennui sappiamo come sterminarli tutti, sono abbastanza preparata con questo genere di robot. Il nostro punto non è esattamente questo»
Gwen cercò di capire quale, ma non ci riuscì.
«E no, Gwen, non siamo intenzionati a dirtelo su due piedi» Continuò Crimson.
«Sono riservati» Giustificò Chef alzando le spalle.
«Li capisco» Ribatté Gwen. «Dicevamo, cosa avete intenzione di fare con questo gioiellino?» Si riferì ad Angrboda.
«Non possiamo controllarlo, in ogni caso, lo abbiamo messo totalmente k.o.» Rispose Chef.
«La nostra idea è quella di distruggerlo» Propose Crimson, ma Chef non rispose.
«A tempo debito, Crimson. A tempo debito» Placò Ennui.
«Suppongo sia tutto qui, gotici. Non volete nient'altro» Deviò Chef.
«No» Ennui fu secco nel rispondere.
«Attualmente... c'è un pensiero che ci tiene la mente occupata» Premise Crimson.
«Cioè?»
Crimson prese fiato «Jormungandr»
Quel nome fece sussultare Gwen.
«Ah! E qui sono cazzi» Cercò di essere il più serio possibile. «Presumo non abbiate dolcetti e caramelle, vero?»
Cominciò Crimson «Abbiamo scoperto che la notte scorsa dei Veliant hanno presenziato in un porto abbandonato in cui hanno scaricato delle merci metalliche. In mezzo a loro, c'era anche una Ullr»
Continuò Ennui «Lei ha impulsivamente attaccato robot e umani uccidendoli brutalmente finché non è spuntato Jormungandr dall'acqua. Sappiamo che ha cercato di fronteggiarlo ma ha avuto la peggio ed è svanita nel nulla»
«Ahia...» Chef si perse nel nulla «Questo è un bel problema»
Il silenzio calò e dopo un po' di secondi fu Gwen a fare la sua mossa. «Che altro sapete?»
«Non sono stata lì, ho un punto di vista limitato a riguardo. Ma sappiamo per certo che Blaineley ha qualcosa in mente. I Veliant stavano scaricando pezzi di metallo inutilizzabili e imbarcando nella Nave Cargo dei pezzi nuovi di zecca con materiali chimici»
Le cose furono più chiare, anche se non molto. Era comunque un buon passo.
«E voi come fate a saperlo?» La domanda fu lecita, considerando che ancora non ci erano passati. Era bene sapere con chi stava parlando.
«Sei libera di crederci o no» Crimson non si sbilanciò e neanche il suo compare.
«Credimi, Gwen, nessuno è più affidabile di loro due» Appoggiò Chef.
Chiaramente, Gwen era ancora più confusa di prima, ma pensava che partire da quella pista poteva essere un valido inizio. Tentare non nuoce.



Tornata a casa, aprì la porta dell'appartamento ed entrò senza problemi. Chiuse a chiave accuratamente e le posò da qualche parte nel salone. Andò in bagno desiderosa di una lavata, si struccò e si sciolse i capelli dopo ciò si lavò i denti dopodiché si guardò allo specchio. Notò che i suoi capelli neri e turchesi erano più lunghi, per poco non arrivavano sotto le spalle. Aspirò e soffiò verso su, facendo svolazzare una ciocca ciano. Non sapeva decidere se tagliarli o meno, non ne aveva nemmeno voglia tra l'altro. Alla fine non ci pensò più e, dopo essersi messa addosso il pigiama, si diresse in camera da letto dove scoprì che Duncan dormiva con il telefono in mano. Si diede una manata sulla fronte, aveva scordato totalmente di disattivare il telefono dalla modalità aereo. Infatti non appena lo riattivò le vennero notificate diverse chiamate da parte del Punk. Va bene, pensò. Ci mise una pietra sopra e lo spense definitivamente. Si sdraiò anche lei sul letto, sotto le coperte e abbracciò suo cugino confermando ancora una volta una teoria universale risaputissima d'altra parte: il momento più bello della giornata è solo quando ti metti a letto. «Gwen» Morto di sonno con una voce “annebbiata” la chiamò suo cugino, che si strofinò gli occhi. «Ma che cazzo di fine hai fatto?»
«Perdonami, Dun...» Sospirò lei «Mi sono prolungata più del solito e il telefono si è scaricato» Mentì.
«Fantastico. Sono stato in pensiero!»
«Scusa, mammina, non lo farò mai più»
«E non copiarmi le battute»
I due risero. Gwen si strinse di più e il gesto venne ricambiato mentre Duncan le accarezzava i capelli. Dopo pochi minuti si addormentarono entrambi.





Il giorno dopo il sole splendeva radiosamente preannunciando una bella giornata. Stranamente c'era anche abbastanza caldo, il che disturbava Scott che si era svegliato sempre con i soliti quattro raggi che lo importunavano come la sveglia di uno scolaretto facendolo imprecare in tutte le lingue conosciute e qualcun'altra inventata da lui. E per intenderci, sì, lo faceva in relazione ai raggi di sole, ma anche se fosse stato al buio lo avrebbe fatto. Ah, brutto svegliarsi... tuttavia, senza il minimo pudore e come al solito suo usando solo un boxer come pigiama, scese verso la cucina ignorando, emerito idiota, un piccolo particolare infondo non tanto piccolo. Per cui scese, ma non appena notò Dawn dormire sul divano si fermò subito. Che ci faceva lei lì? Fu la prima cosa che si chiese. Ricordò solo dopo: era lì perché lui l'aveva ospitata. Si diede un palmface così forte da lasciarli il segno, gli occhi verso l'alto. Avrebbe dovuto immaginarsi che si sarebbe intrattenuta oltre fino a dormirci, anche visto l'orario. E poi, l'assedio dei robot – quelli che fronteggiavano i Veliant – ebbe fine solo all'alba. In relazione a questi ultimi, decise di tornare in camera sua, degnarsi di indossare solamente un paio di Jeans e uscire fuori a controllare. Ma fu giusto il tempo di toccare la maniglia. «È tutto apposto, là fuori» Sussurrò appena sveglia Dawn, rannicchiandosi su se stessa rilassata. Non si alzò.
Lui sorrise bastardamente. «Buongiorno Trilli» aprì la porta «Prego, la strada verso l'isola che non c'è dovresti conoscerla»
Dawn apprezzò almeno il suo “buongiorno” «Potresti almeno offrirmi un tè»
«Non sei in un bed & breakfast» Precisò tirchio e avido «Ritenta la prossima volta da qualcun'altro coglione, magari sarai più fortunata»
«Non intendo dirti come devi comportarti» Aprì gli occhi che erano verso il muro, concentrandosi sul percepire la sua aura «Preferisco la sincerità»
«Grandioso, ti sei appena svegliata e già dai i numeri» Sbuffò, chiuse la porta. «Ascolta, vai a fanculo e vattene quando cazzo vuoi, basta che non rompi i coglioni» Si diresse in cucina.
Dawn non rispose, non emise nemmeno un fiato. Lo sapeva, era sicura che lui avrebbe avuto quella reazione. Lei quando disse che preferiva la sincerità intendeva dire che andava bene quella risposta perché quello era il vero Scott. Non una persona che faceva falsi sorrisi, la ospitava con odio e rancore. Del resto le era anche diventata chiara una cosa che ormai dovrebbe esserlo penso per tutti. Una cosa nuova. Scott era combattuto: da un lato voleva buttarla fuori, a calci possibilmente; dall'altro lato invece voleva restasse lì per prenderla in giro. Per prendersi gioco di lei, cercare di farla arrabbiare soprattutto in quei momenti, proprio quando aveva scoperto il suo punto debole. Il fatto che anche Dawn si innervosiva, Scott con sua sorpresa ne aveva avuto prova. Sorpresa e piacere. E quel bacio dato così, a caso? Prevedeva che lui ci avrebbe riprovato. In tal caso, non aveva pronta una risposta. Esattamente come la prima volta.
Lui era in quella confusione. Avrebbe dovuto fare finta che non esistesse, non solo in casa ma per sempre, oppure stuzzicarla considerando anche i diversi rischi? Sicuramente gli sarebbe venuto difficile attuare la prima opzione ma Scott li conosceva, oh sì, se li conosceva quei rischi. Lo sapeva di che si stava parlando e lui era, per quanto facesse il ganzo e si sforzasse ad esserlo, un bamboccione che non sapeva neppure distinguere il tramonto dall'alba, figuriamoci se sarebbe mai stato capace di sapere come comportarsi nel caso in cui Cupido ubriaco scagliasse frecce a destra e a manca con il rischio di essere bestemmiato da delle persone vittime della sua sbronza. Mica si può essere tutti fortunati in amore come Crimson ed Ennui, no? Tuttavia, proprio perché era un bamboccione, a lui piaceva giocherellare così: impulsivamente e fregandosene altamente di chi si presentasse di fronte a lui. Il bacio che diede a Dawn era una prova sufficiente. Perché stiamo parlando di Scott.
Scott... lui in tutta verità era forse l'unico rosso malpelo che non prendeva botte da nessuno ma, in compenso, Madre Natura fece si che il gentil sesso volesse quelle botte da lui. ...ah, no. La regia mi dice che questa è la descrizione di Michael Fassbender. Eppure, per quanto il campagnolo non potesse in alcun modo eguagliare l'attore citato prima, lui era alquanto fortunato. Anche lui aveva avuto le sue grazie e glorie in amore e in seduzione. Più che amore, seduzione. Non aveva mai affrontato una relazione seria, none ra mai stato veramente preso da una situazione simile. Chiaramente, il fatto che lui era un redhead giocava un po' a suo favore. Lui ci sguazzava. Questo Dawn lo aveva capito e notato. E sempre parlando di lei, la ragazza ci stese un po' a realizzare il tutto. Sperava solo in una cosa, una cosa che non poteva prevedere, non come i Veliant. Sperava che quel gioco non fosse troppo grande. Lo so, è banale. Ma lei aveva paura di quello che poteva venire dopo. 
Ma visto che Scott non si vide intenzionato proprio per i suoi giochi fini al suo ego, Dawn decise di fare come se fosse a casa sua e prepararsi un tè da sola, abbandonando i suoi dilemmi sull'amore. Lo sentiva parlare al telefono con qualcuno avvicinandosi dalla cucina. 
«Sì, certo che me lo ricordo» Diceva, il telefono sorretto dalla spalla mentre le mani riempivano la moka. «Se non sbaglio dev'essere quello scheletro frignone. Giusto?»
Scott, ricevuta la risposta, incurvò le labbra e liberandosi della moka, prese il telefono «E quindi? Mi stai dicendo che vorresti la mia presenza in modo tale da... ah» Scott lì si bloccò.
Era da un po' di tempo che Dawn si infiltrava nelle telefonate, sembrava lo facesse apposta, ma a quanto pareva era il destino a volerlo. «Va bene, va bene, dammi il tempo di fare una decente colazione e verrò lì» Sospirò spalancano gli occhi poco dopo «Ah, dimenticavo! ...» Silenzio «... nah, nulla di importante... No, fai come se non avessi detto nulla... Sì... Sì, ciao, vai a fanculo pure tu» Staccò la telefonata. Dawn lo osservava con occhi curiosi. «Che cazzo guardi?! Era Duncan!» Accese il gas.
La bionda non aveva nulla da dire, non aveva nemmeno la voglia di controbattere. Solo una richiesta: «Posso prepa...»
«Prepararmi un tè? – conosceva le sue abitudini – Ti ho già detto che non voglio rotti i coglioni, fai quello che cazzo vuoi e sparisci» Scott era molto agitato e il perché non si capiva. A occhio e croce era forse l'avere un ospite in casa, tra l'altro non gradito. Se fosse stato vero, beh, Dawn ci sarebbe andata con i guanti. Cosa che fece. «Quand'è che hai intenzione di levare le tende?» Chiese sgarbato.
«Dopo aver bevuto il tè» Rispose con calma.
«Sei peggio di un'inglesina precisina della minchia» Borbottò sarcastico.
«Lo prenderò come un complimento» Si decise di darsi da fare e si preparò il tè, Scott permettendo.
«Presumo tu debba uscire con Duncan»
«Sì» Rispose preparando biscotti, fette biscottate, e il resto. «Ma non sono affari tuoi»
«Cameron?»
La Iena la guardò con la bocca aperta. «Come lo sai?»
«Leggo le aure e i pensieri. E, conoscendoti, quando hai detto “Scheletro frignone” ho pensato intendessi lui»
Scott si girò sorrise e poi tornò a guardarla. «Ora cosa vuoi? Un premio? Sì, brava, mi conosci bene allora»
«Diciamo che so chi sei»
«Ascoltami fatina...» Si avvicinò a lei, così vicini da appoggiare la sua fronte con quella dell'altra. La sua mano appoggiata nella guancia bianca «Tu non sei autorizzata a leggere i miei pensieri. Non farlo mai più o potrò arrabbiarmi seriamente. È tutto chiaro?»
Dawn stava scrutando nel frattempo i suoi occhi grigio perla con la massima cautela, sapendo il rischio di perdersi dentro. Si era resa conto che Scott le faceva provare qualcosa che non riuscire bene a definire nemmeno con tutte le parole del mondo. In ogni caso, annuì alla sua domanda.
«Così mi piaci» Le diede un bacio sulla guancia con fare ambiguo e tornò al caffè. Sollevò la moka e si sedette con una tazza davanti a lui nella quale ci versò il nettare divino benedetto in tutte le mattine. «Dove vuoi arrivare, comunque?»
Dawn, non capendolo, si voltò verso di lui in cerca di delucidazioni.
«Perché tutto 'sto discorso? Sì, Duncan mi ha chiesto un favore. Non dirmi che vuoi venire»
«Non voglio venire, non è una mia competenza» Si dedicò nuovamente al tè. «Anche fosse, non te lo avrei chiesto. Prevederei la tua risposta»
«Ecco, brava» Sorseggiò il caffè.
Non si dissero nulla, non più. Scott fece una colazione rapida ma abbondante dopo la quale andò a lavarsi e cambiarsi, lasciando Dawn avvolta nei suoi pensieri. Che comunque, per quanto potesse essere comprensiva, altruista e buona, essere trattati in quel modo non faceva piacere. Ma ci dovette stendere un velo pietoso. Vista anche la situazione, sopportava, convinta che quella condizione con Scott fosse simile ad un vicolo cieco. Vicolo cieco che si sarebbe evoluto ulteriormente, se in bene o in male non lo sapeva. Tuttavia, le carte erano brutte ma erano quelle ed erano costretti a giocare per liberarsene e pescarne altre, indipendentemente dalla bilancia che stabiliva la loro vittoria o sconfitta. E così è un po' anche la vita. Sbaglio?
Quando anche lei finì di fare colazione, essersi cambiata e tutto quell'ambaradan di cose che fate pure voi la mattina, aspettò il Rosso prima di uscire. Lui scese le scale con un mazzo di chiavi in mano. Una giacca nera abbottonata e jeans. Aprì la porta, guardando poi Dawn alzando il sopracciglio. «Prima le signore»
Dawn uscì ridendo, i panni del galantuomo non gli calzavano bene, sorrise anche lui senza farsi vedere dalla ragazza. Chiuse la porta a chiave e si diresse in macchina. Una bmw grigia. Grigia, un grigio simile ai suoi occhi.
Lei stava per andare via. Lo voleva prima salutare. «Beh, allora... buona giornata. Grazie per avermi ospitata» 
«Aspetta» La fermò lui «Ti do uno strappo» Cosa che Dawn non si sarebbe mai aspettata, lo scrutò perplessa. Dov'era il tranello?
«Davvero mi fai così bastardo?» Lui era già in macchina con le mani sul volante.
«Sinceramente...»
«Sentì, Trilli, hai dormito a casa mia. Tanto vale fingere un briciolo di simpatia» Fu serio in primo piano, ma si presentò un ghigno successivamente.
Lei, senza dire niente, salì in macchina.
Alla fine del teatrino, Scott mise in moto la macchina e partì.
 



 

Gothic Corner:
Alla fine rieccomi!
Sì, beh, avrei voluto aggiornare prima ma mi è venuto infine un blocco. 'Sta notte ho deciso di fronteggiarlo in modo tale da far uscire qualcosa di decente dalla mia testa e fatemelo dire, è stato faticoso. Ma più che altro perché mi sono reso conto, sì, di essere arrivato al capitolo undici e che quindi il tempo per giocare è poco, visto quello che ho in mente. Perciò quello che ho scritto prima in questo capitolo l'ho tolto e ho messo quello che vedete adesso. Sì, non che sia serio, lo so, ma il nucleo ritengo sia la parte nella quale ci sono i gotici e Chef. Devo portarlo avanti e devo portare avanti la Dott. Eh, eh, eh, la Dott. Non c'è molto succo, ma tranquilli che arriveranno Tutti Frutti e qualche alcolico pesante. Ragazzi, non immaginatevi troppe rose e orchidee. Attenzione. Chi leggerà vedrà. 
Lo so, Scott è un bastardo coglione ambiguo, non sa nemmeno lui cosa vuole. Preciso, anche se sembra diversamente, Scott ancora non è esattamente preso da Dawn. Tranquilli, farò in modo che ciò avvenga, ma tempo al tempo.  Sto procedendo a piccoli passi e riconosco che sono troppo piccoli. Ma fosse per me farei capitoli più lunghi di quanto già non siano, più di 6/7 pagine. Ma non lo so, non vorrei che poi venga troppo pesante. Ditemi voi. 
Sempre parlando di coppie, sono in un limbo. Un trio, ecco:
Duncney?
Doey/Zuncan?
Djey?
La terza non mi entusiasma più di tanto. Dj X Zoey? Nah, troppi agnellini. La Duncey è la Duncey, ma la Doey mi gasa parecchio.
Volete consigliarmi? Sarò lieto di sapere quante più opzioni possibili, siete liberi di esprimervi.
Io non sono un amante del genere romantico, fluff, e 'sti qui. Non mi ritengo infatti di essere un genio in quel campo, non mi aspetto striscioni troppo positivi. Ci metto tutto quello che so fare, ecco. Spero sia e sarà di vostro gradimento.
Adoro Crimson ed Ennui, ah. Quei due fenomeni. In senso positivo, ah!
Ok, detto tutto ciò passo la palla a voi. Recensite pure, io sarò qui a leggere ed aspettare.
Fatemi sapere cosa ne pensate, se vi è piaciuto, se i vostri errore-radar e OOC-radar si sono attivati. Fatemi sapere.

Prima di andare volevo dire giusto una cosa veloce e rapida.
Ricordate quando dissi che ero intenzionato a scrivere un'altra storia. Beh, sì. Lo sono ancora.
Questa storia... No, in realtà.
QuestE storiE sono due.
Una sempre nel fandom di TD. Non so quando la scriverò. So solo che sarà corta. Genere? Mah... Sci-fi sempre, mistero, e un altro che devo ancora definire.
La seconda invece è una storia originale e l'idea di scriverla mi ha preso sin da subito. Il problema di base è che per diversi versi è simile a Ragnarok. Devo pensarci bene.
Ci sto andando con i guanti di velluto. E se la scriverò, comunque, probabilmente mi aprirò anche un account su Wattpad. Ma devo, ripeto, pensarci molto molto molto attentamente. Non so se avrò il tempo essensiale per dedicarmici. 
Un conto è una, Ragnarok, un conto sono già 3, per non dire 4 - sto facendo finta di dimenticarmi della crossover con Inside Out di cui dovrei darvi novità non troppo tardi e non troppo presto.
Ditemi voi.

Ok, ho ufficialmente finito di sproloquiare.  
Confido vivamente di avervi intrattenuto e di non avervi fatto perdere tempo, scusatemi se invece è stato il contrario.
Spero di essere stato abbastanza... abile? Bravo?
Datemi voi un aggettivo, non ho testa attualmente.
Io intanto vado a sedermi sul divano ad aspettare impazientemente Ciao Darwin. Tina Cipollari mlmlml.

Vi ringrazio per aver dedicato parte del vostro tempo alle mie sproloquiate.
Bless!

*Diventa un aquila e vola via*
Nero


 

 

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Capitolo 12
*** IdroSerpemon was here ***


 

– Twelfth Chapter –



IdroSerpemon was here







«Tu ora devi spiegarmi secondo quale logica io dovrei credere che un bar diventi una sorta di laboratorio scientifico chimico nucleare astrofisico» Aveva detto tutto il Punk con un tono quasi alterato, altalenante tra l'incredulo e l'esterrefatto, protettivo e possessivo, senza azzeccare la parola giusta manco per sbaglio.
«Il fatto è che non ti sto dicendo di crederci, né di darmi retta, tanto meno di ascoltarmi» Cercò di uscirsene pulita Gwen. «Semplicemente, tu mi hai chiesto che ho fatto l'altra sera e ti ho risposto. La prossima volta sarò sgarbata, non mi importa se sei mio cugino»
In tutto questo era possibile vedere uno Scott al volante della sua chiaramente adorata BMW grigia – da che mondo in mondo è un classico che i maschi siano rapiti dai mezzi motorizzati – che non sapeva se ridere, perché fondamentalmente vedere la Dark e il Punk litigare senza utilizzare mezzi termini, insultandosi nel peggiore dei modi anche, era comico; o se piangere perché lui doveva solo fare una cosa giusta, guidare, ovviamente restando tranquillo e concentrato, cosa che i due passeggeri – più il Verde, che urlava come se fosse il vocalist di un gruppo rock – non permettevano. «Va bene Gwen, se avete finito di blaterare, dov'è che devo lasciarti?» Chiese cercando di apparire gentile, non per la classica e sempreverde buona educazione quanto per la calma e la quiete dell'ambiente. Da bravo attore bugiardo e ingannatore quale era ci riusci.
La sua testa era quanto un pallone.
Erano comunque in autostrada.
«Te l'avevo già detto, rossomalpelo» Lo guardò fulminante Gwen.
«Sì e grazie al cazzo» Ribatté accartocciando l'idea di stare molto calmo – che mamma mia Neffa levati. «Intendo dire il punto preciso»
«Ah beh...» Fece un breve calcolo per avere un idea precisa «La strada è questa: prossimo autogrill, altri due passi, dovrai trovare una stradina alla tua sinistra e sarà lì che mi lascerai»
«Certo, Black Beauty, perché pensi seriamente che ti lascerò andare da sola presso una stradina che porta in culo al mondo in pratica» Si obbiettò animatamente Duncan con un espressione di disappunto.
«La strada che porta in culo al mondo è quella che porta a casa di Scott, punto numero uno» Rispose decisa la ragazza e Scott non si sentiva nelle vesti di poter ribattere perché, inutile negare, era vero. Per cui mostrò solamente il pollice.
«Punto numero due: sarò veloce come la luce e sai che potrebbe non essere un'iperbole. Punto numero tre: non hai motivo di preoccuparti, devo andare a parlare con Cameron, non vedo che male possa farmi»
«Sì sì certo, ai suoi ordini altezza. E noi due, inutili giullari e suoi sicari, cosa dovremmo in successione fare per favorire i suoi desideri?» Continuò Duncan sarcastico.
«Smetterla di fare il coglione, questo potrebbe essere un eccellente inizio» Rispose secca e acida.
«Farò in modo che il qui presente Gallo Verde si impegni a smetterla, sua altezza» Si aggiunse il Rosso.
«Vale anche per te, Iena arancione» Sbuffò «Dio li fa e poi li accoppia»
«Dio la fa e poi la scarica a noi» Ribatté Duncan quasi vittorioso
«Smettiamola di violare il primo comandamento» Cercò di tagliare corto Gwen.
«Giusto, non ti conviene, ti ho chiusa»
«Ricomponetevi» Richiamò Scott «Oltre a smetterla di fare i coglioni, preferisci che ti aspettiamo fuori?» Incredibilmente, riprese in mano la situazione. Scott che riprese in mano la situazione, strano perché si presumeva che lui fosse in grado solo di prendere in mano altro tipo di situazioni, che avevano luogo circa sotto la sua maglia.
«Voi due sarete liberi di fare tutto, pure farvi a vicenda se vorrete»
Quell'affermazione fece quasi vomitare Duncan, invece Scott era stranito e quasi basito. «Ti prego, Gwen...» Bisbiglio Duncan.
Benché Scott non era proprio entusiasta di ciò che disse Gwen, decise di sbizzarrirsi: «Se Zucchina è d'accordo, possiamo provarci» Scott ghignò provocatore, concentrato sulla strada.
«Appena scendiamo dalla macchina, ti giuro, le botte che ti darò saranno così forti che ti faranno diventare rincoglionito!»
«Vedi, Gwen, questo è l'amore»
«Ne so qualcosa, Scott»
«Io vi ammazzo...» Bofonchiò Duncan scocciato mentre Scott gli mandò un bacio con fare disonesto e disgraziato, oltremodo ruffiano.
«Basta con i convenevoli, avete capito cosa volevo dire» Gwen divenne seria e si mise più comoda. «A me interessa parlare con Cam, voi poi fate quel che vi va di fare»
«E così lo gnomo si è convinto» Osservò Duncan prendendo la sua solita sigaretta.
«Non ne sarei tanto sicura. Forse avrà preso una decisione, ma qualunque essa sia, ci starà un po' ad abituarsi»
«Eh sì...» La accese e ingoiò la nicotina «Brutta la depressione...»
«Brutta Iena...» Aggiunse Gwen malinconica.
«Beh, grazie del complimento» Controbatté Scott.
«Non tu “Iena”, coglione» Bacchettò Gwen «Non fai ridere»
«Sì, il punto è questo»
Gwen roteò gli occhi.
«Dì un po' Gwen, cosa gli dirai?» Si incuriosì Duncan, fumando.
«Improvviserò. Non ho idea di cosa voglia dirmi»
«Davvero?»
«Sì. Ho detto che l'avrei aiutato, così farò. Non mi interessa cosa andrà a dirmi»
«Beh, è molto nobile da parte tua» Commentò Duncan compiaciuto, non si aspettava diversamente.
«Non cerco compassione» Respinse fredda.
«Gwen, ci siamo quasi» Informò la Iena con un sorriso.
«Bene» disse decisa «Mi preparerò psicologicamente»
L'informazione fu esatta, arrivarono in un sentiero – se tale possiamo definirlo – deserto. Una via dove vi erano terra, alberi e roccia e in quella via la BMW si fermò permettendo a Gwen di scendere aprendo lo sportello posteriore.
«Va bene bellezza, dì orientativamente a che ora vorrai ritrovare la carrozza grigia metallizzata» Ordinò Duncan con il finestrino abbassato e il braccio in sporgenza.
«Ma che cazzo ne so!» Espresse lei con una smorfia «Vi telefonerò»
«Ok, fa attenzione»
I due la salutarono facendo retromarcia e andare via, verso una zona che Gwen né sapeva né voleva sapere. Era intenzionata solo a percorrere quella stradina che, dopo un po' di minuti, l'aveva portata in una specie di fabbrica e lei si trovava esattamente al suo esterno. Si guardò intorno e vide Cameron appoggiato al muro che la salutò facendole cenno di venire. Andò verso di lui chiedendogli quale fosse la ragione per cui voleva discutere con lei.
Lui tentennò inizialmente per poi guardarla. «C'è una cosa che devi vedere»
«In una fabbrica abbandonata? Potevi almeno offrirmi un caffè prima»
«Per favore, Gwen, non fare la quarantenne»
Lei rise, impedendo alla sindrome del “KAFFÉÉÉ” di prendere il sopravvento. «Ok, ok, va bene. Di che si tratta?» Tornò seria, mentre entrava dentro la fabbrica con Cam, cui non si sarebbe mai aspettata entrasse la dentro.


La voglia di vivere era pari a quella di un bradipo, il che era chiaramente deducibile dal fatto che LeShawna era seduta lì in un parco, sulla panchina, imbronciata e la mano a sorreggerla la faccia, più le occhiaie. Le notti insonne non erano propriamente il massimo per lei, abituata a dormire. Dunque una ragazza dai capelli castano scuro, rigidi e tesi come se fossero lastra di metallo, abbronzata e vestita in maniera abbastanza scollata e indipendente, mentre si spruzzava uno strano prodotto sui capelli, cercò in qualche modo di riportarla sul pianeta Terra. «Ascoltami, amore, io stasera devo uscire e non so che cosa avrai intenzione di fare tu, ma io uscirò» Parlava in maniera parecchio altezzosa e spocchiosa, atteggiandosi come fosse Miss. Sonofigaegnocca, con un tono di voce simile a quello di un topo in calore.
«Va bene Ann Maria, vai dove vuoi, ma io resterò a casa – sbadigliò – a dormire» Che poi, sinceramente, LeShawna non aveva la benché minima intenzione di trascorrere una serata con lei e il ragazzo da limonare di turno. Assolutamente, in ogni caso no, avrebbe preferito combattere dieci armate piuttosto che stare con Ann Maria.
«Ooh, tu non ci sarai, tua cugina nemmeno, e allora come esco? Mi serve un passaggio!» Farneticò.
La Black Mama, svogliata, la squadrò con gli occhi di una leonessa. Se fosse stata in migliori condizioni, probabilmente avrebbe sollevato la panchina e l'avrebbe inserita in un punto del corpo della Truzza in cui ci entrano e escono oggetti diversi, tipo organi e escrementi. «E dillo prima che ci vuoi esclusivamente come autiste» Sussurrò irritata.
«Mamma mia, LeShawna, non dirmi che ti sei offesa!» Controbatté Ann Maria più spocchiosa di prima, cercando di farle capire che scherzava in modo da passarsela franca.
«No, non ti sto cacando manco per sbaglio»
«Mh, antipatica» Tornò a sistemarsi i capelli, ma da quale pulpito arrivava la predica.
Facendo fare un 3 e 60 completo ai suoi occhi, LeShawna si chiese, come accadeva sovente, in che modo sua cugina finì per conoscere Ann Maria. Ma a volte la vita, dispettosa, ti mette difronte a diversi esseri non esattamente simpatici riconosciuti in gergo come “coglioni” che purtroppo ti dovrai sopportare per più o meno tempo, il tempo è una che stabilisci tu, in un certo senso. Nel caso di LeShawna, che era una che metteva “i puntini sulle i” subito, avrebbe deciso di liberarsene subito se non fosse certamente per il fatto che anche sua cugina era in qualche modo legata ad Ann Maria e, siccome lei era la sua migliore amica oltre che parente, avrebbe comunque passato le giornate anche solo incontrandola. Il concetto è più o meno questo.
Alla fine della questione, Ann Maria finì per esalare due parole ambigue. «Vabbeh, vorrà dire che andrò a piedi, anche se dovessi stancarmi e distruggere le mie bellissime gambe e ridurle come quelle di Usain Bolt quindi deforme con il mio scolpito e ben formato corpicino!» L'ultima vocale espressa come fosse un lamento o un canto di un usignolo fuori dalla grazia di Dio.
Classico.
La condanna dei motorizzati è probabilmente questa: apparire come probabili autisti personalizzati, aggratis. Non serve la patente per avere il sistema nervoso irritato nel sentire di gente che approfitta della bontà di altri i quali devono essere maestri Zen perché non hanno superato la soglia per diventare serial killer e per senso di bontà e generosità, dicono sì. Quei bastardi, inoltre, non mettono neanche un centesimo per la benzina, quindi motorizzati cornuti e bastonati. Questi i pensieri tetri verso quei bastardi che alla fine combaciano con quelli di LeShawna. Tolto questo esempio scritto al presente, ciò che le dava fastidio era il fatto che stava cercando di fare la pecorella smarrita, vittima quindi, cercando di impietosirla. Niente sapendo, evidentemente, che Leshawna era di lacrime difficili.
«Camminare non ti farà certamente male»
Ann Maria sbuffò. «Ok, si è fatto un certo orario. Io vado, quando ti passerà il brutto carattere mandami un mess su Whatsapp, vita» Arrivati a questo punto Le Black Mama era disposta a baciare per terra anche dove più sporco ma, a parte questo e a parte il fastidio causato dalle ultime 5 parole dette quasi come se fossero andate all'asilo insieme, ciò che le diede parecchia noia era la parola finale. “Vita”. Istintivamente, sgranò gli occhi. Ma chi cazzo la conosce, pensò. Sì, perché LeShawna non era una squinzia qualunque.
Essendo finalmente sola, ritenne rivitalizzante andare in qualche bar e prendere un caffè per poi dirigersi verso casa. Tuttavia, mentre stava per alzarsi qualcuno arrivò con, guarda caso, due bicchieri in cui in uno vi era il caffè e quello le venne offerto. «Tieni» Fu una voce fine e lieve, gentile, quasi pura e soave. Una mano candida, nascosta da delle maniche bianche che rendevano visibili solo le dita, teneva il caffè.
«Grazie!» LeShawna ringraziò entusiasta e anche un po' impulsiva perché chi le offrì il nettare divino era una sconosciuta e, chi lo poteva sapere, dietro un gesto carino poteva celarsi una bevanda avvelenata o peggio, caffè e sale o peggio ancora, caffè e zucchero – ma questa è più un'opinione. Ne bevette un sorso e riconobbe che in realtà era buono. «Ma dove l'hai comprato?» La analizzò con un'espressione felice. Vide una ragazza con la carnagione pallidissima, quasi anemica, capelli biondi molto chiari e lunghi che a metà strada formavano una treccia, come un'acconciatura dell'antica greca. Per un attimo LeShawna pensò fosse albina. «È buono! E poi per spendere soldi per una povera assonnata seduta su una panchina devi avere un buon cuore, dovrebbero benedirti»
«Grazie, ma non pensare ai soldi»
Non pensare ai soldi
E già solo per quella frase LeShakeShawna era disposta a darle il premio nobel. «Avevo notato che hai molto sonno, così ho deciso di portarti un caffè, fare del bene, in un senso»
«Ma tu chi saresti, angelo venuto dal paradiso?» In effetti un po' un angelo lo sembrava. Dire che quella ragazza minuta assomigliava ad AngeWomon non era un paradosso, per sparare la minchiata dell'anno.
«Dawn»
«Ah, Dawn. Alba. Bel nome! Piacere, mi chiamo...»
«LeShawna» E lì lo stupore si fece strada sul suo animo e sul suo viso.
«Ehm... come lo sai?» Cercò di non sembrare troppo aggressiva o in allerta.
«Avevo sentito per caso la tua conversazione con quella ragazza» Dawn, per non dire la verità, deviò. Non che si facesse problemi a dirla, assolutamente, ma ai fini del successo della conversazione preferì utilizzare un altro mezzo in quanto dire “Posso leggere le aure” poteva risultare strano, folle e quindi anche troppo fuori dalle righe, il che avrebbe sicuramente comportato la distruzione della discussione.
«Ah» LeShawna sorseggiò di nuovo il caffè e ci stese un velo – pietoso – sopra.
«Immagino tu abbia dormito poco stanotte» Suppose Innocentemente Raggio di Luna osservandola.
«Yah» Sospirò «Di recente dormo poco in generale»
«Dev'essere per via di qualcosa che ti turba, sbaglio?» Ma chi voleva dar da bere, Dawn sapeva il motivo preciso.
«Mi turba, e mi tiene anche alquanto attiva, mettiamola così»
«Ti tiene impegnata»
«Brava!» Starnazzò la mora. «Come chi scrive un nuovo capitolo della sua storia fino a tarda notte dopo averci impiegato tre mesi e alla fine si ritrova con più sonno che sangue nel corpo!»
Dawn sorrise. «Concetto espresso brillantemente»
«10 punti a Grifondoro?» Guardandola con aria amichevole e giocosa, alzò un sopracciglio.
«Corvonero, scusami»
«Uuuuuh, sorella. Sei una rivale!»
Lì risero entrambe.
«Per disturbarti fino a questo punto, è qualcosa di importante» Altra supposizione che stava in piedi.
«Può darsi»
«Lo prendo per un sì» Informò la bionda, LeShawna riconobbe che era strana, come lei ne aveva visti pochi, per non dire nessuno.
«Potresti essere sulla strada giusta»
«Anche se pensassi che non vuoi parlarne? O forse non puoi»
«Spiegati meglio»
«Semplicemente, potrebbe essere qualcosa che che ti opprime ma magari, non vuoi dirla perché è una realtà delicata, indirizzata a pochi. Forse tu cerchi di distrarti, è un qualcosa che tu cerchi di opprimere per rispondere ma fallisci nell'intento e forse, anche, pensi spesso che alla fine non sei poi così forte come pensi, sei arrivata a pensare questo, il che è raro da parte tua, giusto?»
E qui LeShawna rimase estremamente sbalordita.
«Affronti il problema tuttavia e allo stesso tempo fuggi da esso»
«Tu che ne sai?» Interrogò sorpresa.
«Non ne so nulla, l'unica a saperlo sei tu» Dawn passò il dito sul bordo del suo bicchiere che conteneva il tè, già finito. «Da qui vedo che tu sei solo una ragazza come tante che ha il fegato di combattere tutto ciò che la vita le mette difronte, sia esso una sciocchezza...»
LeShawna guardò il nulla, era colpita da tutto quello che la ragazza diceva.
«...siano essi robot di metallo, materiale che controlli»
«COSA?!» Si voltò di scatto verso la ragazza ma misteriosamente sparì. Rimase sola, con la sensazione che le preannunciava che probabilmente l'avrebbe rincontrata prima o poi. O forse quella sensazione voleva semplicemente dirle che era talmente stanca da avere le allucinazioni.




Due persone vestite in maniera totalmente oscura arrivarono in un punto poco distante da quello che era il porto abbandonato dove ci fu uno scontro notti prima. Uno dei due guardò l'altra. «Sei pronta Crimson?»
Lei non rispose, faccia spenta e piatta che non trasmetteva emozioni, pari all'altro. «Aspetta, Ennui»
Ennui rimase a guardarla fissa, ma in realtà lo fece per tutto il tempo. «Sì?»
«Non percepisco la sua presenza»
Il gotico dunque puntò le sue iride color giallo ambra, frutto palese di lenti a contatto, nel porto e nel giro di qualche secondo si ritrovarono nel bel mezzo di esso, come fossero stati teletrasportati.
«Va bene Crimson» e qui ritornò a osservarla «Sei pronta?» N.b.: La guardava molto spesso.
«Sì»
Ci fu silenzio intorno a loro, Ennui rimase statuario, silenzioso ed immobile, eppure in un secondo si ritrovò sopra ben due casse di quelle alquanto grandi, il più lontano possibile da Crimson ma senza smettere di esaminarla con attenzione, evitando inesorabilmente di indirizzare il suo interesse verso fattori secondari. Aveva in mano una pietra che faceva volteggiare per aria. D'un tratto vide che stava per arrivare anche un uomo dalla stazza grossa e carnagione scura, testa pelata in mostra. Dettagli che riconobbe e per evitare che egli si avvicinasse a Crimson lo teletrasportò esattamente dove era già lui, su quelle due casse. L'uomo sussultò, poi sbraitò burbero. «Potevi almeno chiedermi se pote...»
«Silenzio, per favore»
«Cosa?» Fece con un tono via via più fluido.
«Non è qui»
«Ma che cazzo stai dicendo?!» Riprese con il tono alto usato nella prima frase.
«Non è qui. Crimson, non è qui» Eppure era davanti a loro.
«Ah. Quel suo potere, là» Si mise comodo ad osservare.
«Sì, è un potere fantastico» Voleva essere un complimento da parte di Ennui, ma non era ben chiaro se il commento fosse sarcastico o dispregiativo. Agli occhi di Chef, che era uno che aveva un'immagine più o meno delineata di quelli che erano realmente i gotici, era supponibile che quella frase mettesse in risalto quello che era un sentimento travolgente di Ennui verso la sua amata. Al cospetto di quella possibile dimostrazione d'amore, Chef bofonchiò.
«Sì, certo. E senti Renzo, fammi vedere se ho capito bene. È lei a non essere presente, o non lo siamo noi?»
«Entrambi»
Chef comprese in pieno. Sapeva bene le abilità sconvolgenti di Crimson e Ennui e sì, lui stesso ammetteva che era molto meglio non avere alcun tipo di conversazione con i due anche sapendo che nel momento in cui i Gotici dovessero vedersi attaccati, erano i tipi da passare oltre facendo finta di nulla, ignorando l'attacco. Ma una rissa con loro, manco a pensarci. Anche perché di base li ammirava.
«Sì, ok, ovviamente. E quando finirà?»
«Quando tornerà intorno a noi» Chef deglutì.
«Detto così sembra stiamo parlando di un fantasma»
«Appunto»
Il Militare si sconvolse ma si ricompose poco dopo. Aveva imparato che con loro non valeva la pena farsi domande. Al ché, ad un certo punto, accadde un evento più unico che straordinario, Ennui spalancò gli occhi e, trabalzante, i suoi sensi passarono in allerta.
«Ennui?» Parlo Chef notando qualcosa di strano.
«Eccolo»
«Chi?»
«Acqua. Una forte corrente d'acqua travolge qualsiasi cosa attorno ad essa. Risucchia, sputa, schiaccia, distrugge. Colpa del dissesto idrogeologico, controllato da un ente non naturale. Cascate, turbini e mulinelli, il mare si agita, l'acqua si inquieta e lui è lì, che avvolge con movimenti serpentini il globo che genera la distruzione»
«La droga ti sta dando alla testa, sì?»
«Lui è stato creato per distruggere e per portare dalla distruttrice, va fermato subito, o moriremo»
«ENNUI!!»
«Ha ingoiato diverse pedine, come negli scacchi, la regina nera le porterà tutte alla fine e quando il re bianco verrà distrutto lì avverrà lo Scacco Matto Fatto Rifatto»
«NON SI CAPISCE UN CAZZO! DA DOVE MINCHIA VIENI, DAL PAESE DELLE MERAVIGLIE?!» Chef urlò con quanta più voce possibile inveendo veementemente contro il Gotico. «Eri connesso anche tu con Crimson, ah?»
«Sì» Rispose brevemente passando da quell'espressione sull'attenti all'Ennui tetro e piatto di sempre.
«Era Jormungandr» Spuntò dal nulla l'altra facendo voltare di scatto Chef che nuovamente si alterò.
«La dovete smettere di spuntare come la morte!»
«Calma Chef, è tutto regolare» Placò Crimson.
«Adesso abbiamo una pista» Finì Ennui. «Jormungard è stato qui»
«IdroSerpemon, è stato qui» Aggiunse stranamente Crimson facendosi capire solamente da Ennui.
Chef, come detto prima, aveva imparato a non farsi domande. Solo disse: «Io non vi conosco, no, non so chi siete»
Tutti e tre sparirono nel nulla.
Da qualche parte, nascosta, c'era Courtney che era passata per caso. Non avendo capito in pieno che era successo, era intenzionata a vederci più chiaro nei giorni a seguire.



Gwen, non appena ritornò a casa, si stese subito sul letto infischiandosene altamente dei suoi vestiti, cambiarsi, lavarsi e robe così. Assolutamente nulla. Duncan invece dal canto suo diede una capatina al bagno, dirigendosi in seguito da lei. «E quindi?» Le chiese alzando un sopracciglio. «Che fa ora?» Si riferì a Cameron.
«La sua intenzione è ancora vacillante. Non sa bene da quale parte stare, ma ha capito che introno a lui c'è una situazione delicata e disastrata, disastrosa, sì» Si sedette e lo guardò negli occhi. «Lui è troppo fragile»
«A ognuno il suo. Lui per esempio e fragile fisicamente e emotivamente, anche se mi sarei quanto meno aspettato che il suo essere gracile fosse per compensare una sua ipotetica forza emotiva, come se dentro fosse una bomba atomica»
«E lo è alla fine dei conti, mentalmente. Non ha mai avuto problemi con le emozioni, sai, ma da quando ha...» Tentennò un attimo. «...da quando ha perso ciò che aveva si è chiuso in quel che possiamo definire un guscio dentro un altro guscio che a sua volta era dentro una bolla»
Duncan accennò un sorriso falso. «Non ho capito un cazzo ma va bene lo stesso» Sogghignò.
«Ovviamente...» Commentò algida.
«Ma di che ti ha parlato, precisamente?»
«Di quel serpente marino, non ha un'idea ben precisa di quello che possa essere ma da quel poco che mi ha detto, ho una mia teoria»
«E...»
«E ho bisogno di prove per confermarla, ma la cosa bella è che lui non è stato il primo a parlarmene»
«Quei tre tizi strani del bar?»
«Esatto»
«E alla luce di tutto questo, cosa suggerisci di fare?»
Gwen si passò una mano sul mento, stringendo e allargando, pensando a una soluzione probabile ed efficace. Azzardò. Ricondusse i suoi occhi verso quelli di suo cugino e espresse la sua opinione. «Prima di tutto capire di che si tratta. E poi, eventualmente, catapultarci di petto. Stiamo parlando di qualcosa di molto più grande di noi»
«Ma è sempre un Veliant, no?»
«No, ma se intendi dire un robot in tal caso penso di sì, non ne sono sicura, ma è quello che suppongo»
«E quella ragazza che ci ha rimesso le penne?»
«Non lo so. C'è qualcosa di strano, accadono questi eventi sconvolgenti e che dovrebbero allarmare la popolazione, cose di cui dovrebbero tutti essere al corrente per poter quanto meno sapere a che cosa si va incontro quando si esce, eppure i media non ne parlano»
«Ne abbiamo già parlato noi però»
«Ti prego, dimmi se mi sbaglio o se sono sulla strada giusta»
Duncan si sedette con lei e la ascoltò molto attentamente. «Se i media non ne parlano è perché Blaineley li paga, ne sono sicura. In modo tale da poterci dare la caccia più facilme...»
Lui la interruppe «Va bene, ma la gente dovrebbe saperlo, di quei maledetti Veliant»
«Qualcuno lo sa, qualcun'altro no. Ma chi lo sa, penso a questo punto che farebbe meglio a tacere»
«Magnifico. Sì, ho capito che vuoi dire»
«Credo sia una questione di sopravvivenza. Devo vederci più chiaro» Gwen si alzò e si mise le mani sui capelli cercando di tenere attivo il criceto nella sua scatola cranica.
«Senti, gioia mia, le hai già provate tutte. Cosa credi di fare ora?»
La Darkettona guardò il Punk con fare convinto. «Tornare all'Æsir Corporation»
«Manco per scherzo» Il Verde si alterò subito, non appena udì quel nome, il che lo fece alzare inconsciamente.
«Mi serve una scusa»
«Ti serve una testata, non una scusa»
«Duncan, per cortesia, andrà tutto bene»
«Ehi ehi ehi, allora, ascoltami bene, Darkettona, puoi proporre tutte le idee che vuoi e io ti appoggerei addirittura ma da qui a tornare all'Æsir Corporation...» Girò la testa simulando un sorriso ad occhi chiusi, espressione come irritata, non voleva credere a ciò che sentì, tornò poi a guardarla più severo e intransigente di prima «Dammi una sola valida ragione per cui tornarci e allora ci andremo insieme»
«Tu sei un coglione» Sputò Gwen
«Senti chi parla»
«Andare per una causa giusta, te l'ho già spiegato, odio ripetere le cose»
«E allora non hai capito testa di cazzo, tu non vai in quel minchia di coso perché non ti voglio perdere di nuovo!» Strillò, calmandosi poco dopo. Si strinse le labbra e appoggiando la sua fronte con quella della ragazza e chiudere gli occhi per dire con un tono sottile e basso, pieno di angoscia, tristezza, malinconia «Non me lo perdonerei mai»
Gwen si stese zitta, quelle parole la colpirono. Mise le mani sul volto del ragazzo e si lasciò abbracciare. «Ti voglio bene» Si lasciò andare dall'emozione. «Tanto bene»

 




Darkness:
3 mesi.
Ho alla fine trovato le parole giuste per aggiornare. 
Non riuscivo a trovarle, no, né tanto meno riuscivo a trovare le cose giuste da mettere che tuttavia ritengo di non aver ancora trovato, anche a questo punto. Vi prego di perdonarmi per l'immenso ritardo, ma diciamo che ultimamente non me la sto passando benissimo. Al di là del fatto che è quasi cominciata l'estate e quindi (ahimè! Malgrado chi lavora) ora si è finalmente liberi da qualsiasi tortura, salvo i maturandi che sono giunti infine alla battaglia finale. Un grande in bocca al lupo per loro, poi se vogliamo dire "uh, beati loro"  o "uh, ma non li invidio per niente", per cortesia, queste baggianate teniamocele per noi. Tanto è come la morte, prima o poi ci passano tutti a parte beh... gli inioranty e i vecchietty suppongo. E la morte, ci passano tutti tranne, boh, entità divine? Ma il gioco God of War smonta questa teoria.



Perché 3 mesi per aggiornare? Beh, è complicato da raccontare, ma detto brevemente ho scritto e riscritto mille volte questo capitolo ma nulla che mi convincesse. Tra questi, nemmeno il potere di Crimson ed Ennui che approfondirò successivamente, tipo... boh.
Ma va bene così, alla fine eccomi. Con quello che ritengo, probabilmente al pari del quinto capitolo, non proprio uno dei più belli. Certamente apprezzerei tanto di sentire la vostra opinione. Recensite pure, qualora dovesse andarvi a genio, altrimenti, fate come preferite. Chiaramente vi invito a farlo con naturalezza.
So anche che sto mettendo in mezzo troppi misteri, troppa suspance, vuoi Angrboda, vuoi Jormungandr, vuoi Crimson ed Ennui con Chef, Cameron, la fabbrica che appare oggi e tutte ste cose qui. Farò luce e con i misteri ci andrò più leggero, mi rendo conto che la lettura è anche troppo pesante, lo so, sono un disastro ahahah. Perdonatemi tutti gli errori e qualora non vi fosse chiaro qualcosa fatemi sapere e vi schiarirò le idee.

Va bene, ho finito. Perdonatemi il ritardo e se ho parlato poco e se sono sembrato più depresso, freddo e distaccato ma tra le altre cose mi mancano diverse ore di sonno e essendo le 2:06 AM, tra un po' mi sa che collasso sul computer e non so se mi alzerò più. Meglio collassare a letto, almeno so di essere in un posto non solo bellissimo ma anche comodo AHAHAH.
Ci si becca nel fandom!

*Schiocca le dita e si teletrasporta in Dark Land*

Nero.


 

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Capitolo 13
*** Psycological Scars ***



– Thriteenth chapter –



Psycological Scars







Dj stava beatamente sorseggiando nella pace dei sensi una bottiglia d'acqua nel loro solito ritrovo, facendo zapping in tv, mentre Courtney era troppo intenta e concentrata a fare qualcosa al computer a lui ignoto. La notava anche scrivere delle cose su vari fogli di carta, alcuni di essi accartocciati e sparsi per terra. Conoscendo il personaggio, visto quanto essa teneva all'ordine, Dj riteneva strano un atteggiamento simile da parte sua ma era certo che avrebbe pulito dopo. In più, riteneva stesse studiando qualcosa inerente i suoi studi universitari. Lei ebbe sempre una visione del suo futuro come avvocato, tutto derivato dall'ambiente nel quale era cresciuta, dal momento che entrambi i suoi genitori praticavano tale professione. Dj poteva benissimo ricordare ancora i periodi in cui erano piccoli e le prime volte in cui ebbero modo di conoscersi, quei periodi infausti...

«Con tutto il rispetto, ma ritengo stia prendendo la situazione con troppa leggerezza» Un uomo sulla trentina, con dei capelli scuri e la carnagione chiara si esprimeva con garbo e finezza. Era vestito molto elegantemente: indossava un pantalone nero, una camicia bianca e una cravatta nera, le maniche della giacca erano rollate. Stava interloquendo con una donna dai capelli ricci e ribelli neri, carnagione scura che dimostrava le sue origini giamaicane e che indossava un vestito arancione alquanto sobrio. Aveva inoltre un buon profumo. «La prego di fare più attenzione» le suggeriva l'avvocato. «C'è di mezzo un bambino»
Un bambino. La donna girò lentamente la testa verso la sua sinistra al fine di contemplare quel bambino di cui si stava parlando. Da una porta aperta era possibile intravederlo, tutto sua madre. Era insieme ad un'altra bambina ma era troppo intenta a leggere per dare attenzioni, mentre il piccolo la osservava nelle sue.
La mora si rivolse di nuovo all'avvocato prendendo un respiro profondo. «Lo so» controbatté decisa. «Per quale motivo mette in dubbio la mia parola?»
«Perché lei vuole divorziare da un uomo violento che è ragione di sofferenze per lei e per suo figlio. Comprendo benissimo la sua causa, ma non tratti suo marito come uno sprovveduto. Lui ha assunto uno degli avvocati migliori che io conosca e inoltre, parlando con tutta franchezza, sua marito starà provvedendo per incastrarla nei più subdoli modi» Il comunicare dell'uomo era molto fluente e serio «Lei ha sposato un demonio». La donna a questo punto si sentì colpevole del suo presente. Era proprio per questo che si presentò al cospetto dell'Avvocato Barlow. Anch'egli sapeva il fatto suo e chiese il suo aiuto perché, oltre essere colpevole del suo presente, voleva essere artefice di un futuro migliore per lei e per suo figlio Devon Joseph, che intanto cercava di dialogare con l'altra bambina di nome Courtney e sembrò riuscirci dopo che essa aveva finito di leggere. Aveva il libro chiuso in mano. Stavo discutendo tranquillamente e si era creata una buona sinergia tra i due ma ad un certo punto DJ aveva notato che il libro tenuto da Courtney stava cominciando a bagnarsi ed automaticamente lui le indicò quanto visto. Courtney improvvisamente divenne seria e scostante, nascose il libro dietro di sé e se ne andò dicendo solo un arido e vuoto “ciao”. Dj rimase lì da solo e dispiaciuto pensando di aver fatto qualcosa di male, mentre la discussione tra sua madre e l'avvocato si intensificava. Sospirò profondamente e si rannicchiò in un angolo della stanza.

Lo stesso sospiro che fece in quel momento da bambino venne riprodotto allora, seduto su quel divano, il ché deconcentrò Courtney all'inizio, ma riprese subito il controllo di quanto stesse facendo. Invece di scrivere, stava leggendo qualcosa al computer. Dj non aveva mai visto Courtney così presa e concentrata, tra l'altro era anche agitata. L'aveva capito.
«Court» La ragazza sussultò «Tutto ok?»
Lei si limitò ad annuire.
«Ehi...» si avvicinò «Non è da un po' troppo che stai studiando? Prenditi una pausa»
«Non adesso» lo guardò «Non sto studiando. Sto cercando di capire alcune cose»
«Ovvero?» Dj, dopo un po' di secondi divenne serio e composto «Stai parlando di quello che penso io»
Courtney aprì la bocca ma passarono cinque secondi prima che dicesse qualcosa, chiuse gli occhi per aprirli poco dopo. «Ho scoperto qualche giorno fa che gli avvenimenti accaduti in quel porto abbandonato possono essere collegati ai Veliant»
«Bene, era quello che pensavo io» Dj incrociò le braccia «Beh?» 
«Ho scoperto che c'è un robot... credo... di nome Jormungandr, sott'acqua»
Alzò un sopracciglio in segno di scetticismo «E come l'avresti scoperto?» Non che Dj mettesse in dubbio la parola di Courtney, ma era stato preso un po' impreparato.
«Un vero reporter non rivela mai le sue fonti» Affermò soddisfatta. 
Dj dunque ci credette, ma solo per fiducia. Sapeva che Courtney non era una che raccontava frottole.
«Ok, ok, ma quel nome che hai detto tu sbaglio o deriva dalla mitologia norrena?»
«Esattamente è questo ciò che cerco di capire» Courtney lo guardò «Come mai un Veliant dovrebbe avere un nome norreno?»
«Non è l'unico» una voce da dietro affermò. I due si girarono e videro Zoey. «Vi ricordate quella volta in cui io e Duncan arrivammo qui e lui era imbronciato perché Gwen prese la sua macchina? Quando Gwen ci fece conoscere Cameron» 
I due fecero cenno di aver presente quel momento. Zoey continuò «Combattemmo un Veliant atipico e fuori dal comune, che aveva un nome norreno»
Avendo dato tale informazione catturò l'informazione dei due «Si chiamava Þrír»
Courtney si apprestò a cercarlo su internet ma «No, Courtney» fu fermata da Zoey «Non ha a che fare con la mitologia norrena, ma vuol dire tre in norreno» 
«Non si ispira a nessun personaggio della mitologia norrena, ma il suo nome è nordico» Courtney a questo punto chiuse il computer «Quando cerchi di dare una risposta alle tue domande, ne arrivano altre. Tsk, incredibile...»
«Non sai nient'altro?» Chiese innocentemente DJ
«So solo che se un individuo volesse andare all'Æsir Corporation, il modo più veloce sarebbe farsi digerire da Jormun come si chiama lui»
Courntey si alzò e fece per andarsene «Dove vai?» Si allarmò DJ
«Torno subito»
A quel punto DJ guardò Zoey senza sapere cosa dire. Una delle poche volte in cui accadeva. Ma riconosceva un fatto, secondo lui. L'unica che potesse fare uno scontro ad armi pari contro quell'essere, era Courtney.


Rabbia, ansia, nervosismo, tristezza, paura. Cinque emozioni e stati e motivi che vennero in mente per primi quando prendeva continuamente e furiosamente a pugni quel sacco da Box. Cresta Verde non riusciva a smettere di far patire dolori a quell'oggetto inanimato, buon per lui che fosse inanimato. Aveva iniziato nel periodo in cui stava cominciando ad avere problemi con i suoi genitori, quindi da adolescente. Suo padre non aveva avuto il figlio che sperava di avere, questo era uno dei principali motivi per i quali c'erano disguidi in famiglia. L'unica che sapeva dargli retta o che sapesse come interagire con lui senza rompere eccessivamente i coglioni, inutile farvelo notare, era ed è Gwen che, dal canto suo, nemmeno era amata dai parenti in generale, come lui.
Uno era rappresentato dal verde, l'altra dal ciano. Ironico, perché il ciano e il verde sono colori che generalmente vengono spesso caratterizzati da qualità in comune e che, sempre per ironia della sorte, sono vicini nella scala dello spettro elettromagnetico.
Gwen era sempre stata indipendente. Lei era nata ribelle dallo spirito libero, ed era una caratteristica condivisa dai due. Anche Duncan era esattamente così, ma era anche una testa di cazzo. Lui aveva un particolare istinto protettivo nei riguardi di sua cugina Gwen, cosa che la faceva spesso innervosire. «Caratteristica del tuo segno zodiacale, Duncan» Rideva Zoey scherzandone con lui, ogni volta che questo suo senso protettivo si manifestava in sua presenza. Duncan era Cancro. Era più forte di lui quanto scritto sopra, che pur sapendo la reazione di Gwen, non riusciva a coprirla. Specie per quei fatti chiusi nel passato, ma il passato è un abisso in cui vivono pesci altamente pericolosi che talvolta emergono.
Aaah, il passato, tortuoso e bellissimo ricordo...

Quella volta erano seduti sul terrazzo della palazzina in cui abitava Gwen con la sua famiglia. Era solito da parte loro stare in terrazza e questa loro abitudine è rimasta nel tempo. Si trovavano bene, c'era pace e silenzio nella notte, loro periodo giornaliero preferito. La notte. Stavano entrambi mangiando un ghiacciolo, entrambi al limone. «Inutile ragionarci, quando uno ha la testa di cazzo non puoi farci nulla» Parlava il giovane punk con i capelli ancora non tinti, riferendosi a suo padre.
«Sì, è quello che mi ripeto ogni volta che parlo con te» Ribatté Gwen.
«Grazie mille, Gwen, senza di te non saprei come colmare il vuoto delle mie tristi giornate»
«Cazzone, queste frasi dovresti dirle ad una persona più importante di me» Fece spallucce «Prendi una fidanzata, ad esempio. Non mi piacciono le smancerie»
«È quello che cerchi di nascondere, ma se cominciassi a suonare uno strumento potresti cambiare idea» Rise il punk.
«Perché tutte le ragazze si bagnano con quattro note?» lo guardò con aria di sfida «Non mi lascio incantare da quattro accordi in una cover degli Oasis suonati da una bella faccia» Sbuffò «Fossero almeno paragonabili ¼ a Liam Gallagher, sarebbe più credibile» Era tuttavia ben visibile che stesse nascondendo qualcosa.
Duncan rise fragorosamente «Per favore Gwen»
«Strozzati col ghiacciolo, fallo un bene per l'umanità»
«No, perché? Poi chi provvederebbe a scatenare la tua vita?»
Gwen si mise più comoda «Non hai capacità così sviluppate. E poi, se utilizzi la tua "vitalità" solo per scherzi, faresti meglio se la nascondessi, rompipalle. Just saying»
«Lo stesso vale per la tua fotocinesi. Just saying»
«Vero. Non la esibisco infatti»
«Ma non la nascondi nemmeno» Duncan si alterò «L'altro giorno hai abbagliato un ragazzo solo perché ti aveva fatto l'occhiolino!»
«Gli ho solo dato un motivo valido per chiudere gli occhi» disse con soddisfazione.
«Non potevi usare una torcia o che cazzo ne so?»
«Tranquillo, è la scusa che ho utilizzato. Una torcia che emette una potente luce turchese. Ultimo modello aggiornato e all'avanguardia nel commercio. Quando mi hanno chiesto di farlo vedere li ho ringhiato contro»
«Cagna»
«Tua madre»
«Ma forse...» sospirò ghignando contemporaneamente «L'hai fatto solo perché...»
«Fermo» parlò sopra il punk «Non ti consento di finire la frase. Non è vero»
«Ok, ok»
Dopo 5 secondi i due scoppiarono a ridere.

Fu con questo ricordo di adolescenza che Duncan diede tregua al sacco da box e decise di andare via. Posò i guantoni, andò a lavarsi la faccia e prepararsi prima di andarsene via. Non aveva il minimo senso uscire con la macchina dal momento che casa sua era vicina, inoltre decise di passare per le vie più isolate che conosceva in modo tale da seguire il consiglio dei Depeche Mode e godersi il silenzio. Non perché quelle vie fossero desolate in genere ma i motivi erano due. Il primo era la gente che terrorizzata dei fatti che stavano succedendo ultimamente con i Veliant e quant'altro; mentre il secondo motivo, chiaramente, le vacanze. Percorreva una strada dove ai lati c'erano delle case, razionalmente poche. Ecco perché era una via silenziosa, difatto in principio i Veliant si fecero vivi esattamente dove si trovava lui. Non sapeva allora cosa avesse Blaineley in mente, né per quale motivo rendere noti i Veliant a livello pubblico. Per Duncan solo una cosa era chiara: Blaineley era una terrorista. Non l'aveva mai vista di persona, ma non serviva.
Era sempre più vicino a casa e si rese conto che continuava ad esserci pace, fu tranquillo. Tra l'altro, Gwen era con Cameron e lo era da un bel po' a quanto lui sapesse. Ne avrebbe approfittato per fare baldoria con Scott, certo, se solo lui fosse stato libero. Era da un po' che lo vedeva cupo e di malumore, più del solito. Non era solo scorbutico, era anche più triste del solito. Duncan un'idea sul perché ce l'aveva, eppure non si faceva troppi dilemmi a riguardo perché lo conosceva e sapeva che il rosso a volte era più lunatico di lui.
Proprio quando Duncan ebbe modo di entrare nel relax, vide da lontano dei Veliant. La pirma cosa che gli venne d'istinto fare, fu quella di nascondersi dietro le pareti di una casa. Essi stavano tranquillamente vigilando le strade. Il fatto era curioso: sotto chissà quale ordine, i Veliant erano i poliziotti che dovrebbero fare piazza pulita nel caso in cui quelli come il Marcio dovessero farsi vivi. In questo scenario, quelli come lui recitano il ruolo dei criminali e se c'era una cosa in cui il Punk era dannatamente bravo, questa era essere un criminale, lo sapeva fare sia per finta che realmente. Dunque Blaineley voleva giocare a guardie e ladri? Il Verde accettò di buon grado la richiesta dalla Falsa Diva, come fossero su facebook richieste di Farm Ville.
Si caricò di fulmini e ad una velocità impressionante sferrò un pugno carico di elettricità nel pieno cranio di un Veliant che infine volò via dal corpo. Il Veliant perdeva una specie di benzina dal collo senza testa, cadde per terra. La stessa sorte toccò i Veliant restanti, che invece vennero sbattuti testa con testa, sempre in maniera violenta.
Fu sbrigativo perché se così non fosse stato i due Veliant restanti avrebbero potuto senza problemi attivare l'allarme e convocare altri Veliant. Non era il caso di combinare casini, non ne voleva di ulteriori.
Notò subito però che quei Veliant invece di essere rossi come i soliti, essi erano rosa. Puntandola sullo scherzoso pensò fossero Veliant di tipo folletto, ma analizzando meglio lo scenario che lo circondava si accorse che non avevano armi e che inoltre uno di loro aveva un gioiello grazioso e brillante a forma di rosa rossa che evidentemente doveva essere una spilla. La sua prima preoccupazione fu quella di portarselo per venderlo eventualmente, al fine di fare qualche soldo valido. Tornò a casa incurante di ciò che si lasciava dietro senza farsi troppe domande riguardo le particolarità. Menefreghismo assoluto ben previsto da parte sua.



Era già sera e Scott era in un parco che era molto pulito e verde: Alberi che cantavano strofe di tranquillità suonate da un vento che non dava il minimo fastidio mentre i fiori di vario tipo danzavano coreografie in gruppo situati in diverse aiuole. Lui era seduto su una panchina da solo, con un gelato in mano, un insignificante cornetto all'amarena. “Insignificante” non era l'aggettivo che lo descriveva in passato.

Anni fa, una donna dai lunghi capelli rossi era seduta sulla stessa panchina nella quale si trovava Scott. Stava serenamente leggendo un libro mentre un bambino dai suoi stessi colori correva avanti e indietro nella sua stessa area, troppo concentrato nell'inseguire uno scoiattolo che alla fine si apprestò celere a scalare un albero nel quale vi era casa sua, un cerchio dal quale uscirono dei scoiattoli più piccoli che si fermarono su un ramo aspettando la madre.
Il bimbo dai capelli rossi rimase ad osservarli per un po', dopo tornò dalla donna. Era un bambino dagli occhi grigio perla e le lentiggini, insomma, la versione maschile di Pippi calzelunghe. Similitudine azzeccata, constatando che quel bambino non è che fosse proprio uno stinco di santo e indossava una salopette azzura accompagnata da una maglietta a righe orizzontali azzurre e bianche. 
«Mamma, mamma» La fissò «Possiamo prenderci un gelato?»
Ella gli sorrise di rimando e diede una risposta positiva, quindi chiuse il libro, lo prese per mando e si diressero verso il chiosco, muovendosi tra le voci e gli entusiasmi di altre persone e bambini presenti in quel parco.
Un uomo baffuto stava animatamente parlando con qualcuno che si trovava dentro il chiosco. Quell'uomo aveva dei baffi rossi come i suoi capelli, gli occhi grigi come quelli di Scott. «Non lo so, Aidan, a me sembre un po' inutile» rispondeva l'uomo del chiosco che non appena vide la donna col bimbo si fece trovare preparato «Caitrìona! Scott!» gioì «Ditemi»

«Il solito» ordinò la donna che subito ricevette due coni all'amarena. Guardò Aidan, l'altro tizio rosso. Lui scosse la mano sinistra, che era stesa sul bancone, comunicando che lui non desiderava niente.
Caitrìona e suo figlio stavano mangiano il gelato mentre Aidan li guardava con un fastidio allo stomaco – odiava il gelato.
Stranamente però, il gelato di Scott si sciolse subito, causando stupore nel volto di Aidan, Caitrìona e anche del venditore, mentre il bambino si sentì oltraggiato dal caldo. Il gelato di Caitrìona invece era ancora intatto.


Perché?
Si chiedeva sempre e costantemente, da piccolo, perché proprio lui dovesse avere quei maledetti poteri.
Qualunque fosse la risposta, non aveva più la minima importanza. Aveva imparato a gestirli e ad accettarsi.
Il presente è quello che è. Ciò che compone “ieri” non può essere cambiato.
La sua testa era così confusa e lui era rientrato in quell'emozione nera nella quale non faceva altro che tormentarsi e incolparsi di tutto. Suoi disagi mentali compresi. Ci fu un periodo in cui Scott, nella sua adolescenza, prendeva psicofarmaci. Suo nonno, notando però che lo stavano facendo diventare più malato di quanto già non fosse, decise di smettere subito la cura farmaceutica. Pochi furono i regali fatti dalla vita e lui provava simpatie per quasi nessuno, tra l'altro.
«Non mi sarei aspettata di vederti qui» sussurrò una voce soave e pura che si avvicinò, una persona si sedette accanto a lui.
«Vattene, Dawn» sgarbato, non la guardò neanche.
Raggio di luna non dette risposta, per difesa la Iena decise di ignorarla.
«Mi dispiace per quello che hai passato»
«Fottiti» Scott continuava a non guardarla, sbuffò «Senti... non ho voglia di perdere tempo»
«Cosa che perderesti stando seduto su questa panchina, in un luogo che ti da tristezza»
«E con la tua voce a dare fastidio»
Dawn lo fissò un attimo, analizzando ogni lato del suo profilo. Uno sguardo fisso che penetrava. Forse per questo veniva spesso ignorato.
Rosso malpelo ci pensò su. La Principessa delle fate era la ragazza che più odiava, che più detestava e che più trattava male. Allora perché lei si ostinava ad essere gentile con tutti? Come poteva venirle naturale?
«Sono fatta così»
Scott sussultò «Sai cos'è che mi da fastidio? Il fatto che ti sia azzardata ad immischiarti nei miei affari»
Adesso la guardò davvero «Te lo dirò onestamente. Mi irriti, mi stai sul cazzo. Tu e questa tua mania di analizzare le auree, i ricordi e i pensieri. Mi infastidisce il fatto che questa minchiata sia reale. Non ci credevo all'inizio ma tu riesci davvero a leggere i pensieri. Ti ripeto per l'ennesima volta: Non farlo mai più» la sua aura era viola scuro intenso. Rabbia.
Dawn non disse niente comunque. Dialogare con Scott era complicato, anche con tutte le buone intenzioni del mondo. Le mura che compongono la sua fortezza erano troppo spesse ma era alquanto noto che stessero per crollare mostrando il suo lato debole.
Dawn, decise di alzarsi e andarsene, una delle poche volte in cui la zanzara fatata andava via. Passò dietro la panchina, ma prima di andarsene posò una mano sulla spalla destra di Scott e diede un rapido bacio sulla sua testa. «Scusami» sussurrò dolcemente e andò via lasciando il ragazzo irritato. Il Rosso tentò di girarsi per cantargliene quattro ma lei era già sparita.
Raggio di luna riconosceva che l'odore di cocco dei suoi capelli era splendido e magnifico. Il cocco era uno dei suoi profumi preferiti.




Sapeva già che sarebbe stata una fascia oraria massacrante quando realizzò che doveva andare al supermercato a piedi in una calda e afosa giornata, pur tenendo presente che l'aria condizionata avrebbe potuto costituire una grossa benedizione per la durata dei vari acquisti. Già che c'era, la sua idea comprendeva anche lo sbrigare un favore ad un suo caro amico. Lo fece perché, al di là del suo sembrare freddo e tagliente, gli dispiaceva in realtà vedere l'omaccione abbattuto. L'unico modo per poter sollevare il suo morale era il cibo. La sua strategia stava nel comprare le schifezze più disparate al fine di poterlo fare distrarre quanto meno una buona manciata di secondi, benché egli sapesse che onestamente era tutto inutile. Owen era a pezzi da diversi giorni, da quando Izzy scomparve senza dare notizie. A onor del vero, una persona che decide di scappare di casa e di scomparire non avrebbe nessun motivo per dare sue notizie. Ma Owen era notevolmente legato a quella pazza sclerotica dai ricci rossi ed il suo stato d'animo era più che comprensibile. Semplicemente era difficile da comprendere, come presumibilmente per qualsiasi persona che si sia ritrovata difronte ad una scomparsa, perché Izzy fosse scomparsa. Non era soggetta a depressione, non era soggetta a preoccupazioni e non aveva nessun motivo per il quale dirsi terrorizzata di qualcosa. Detto brevemente, Izzy se ne fotteva. Si percepiva lontano un miglio che c'era un dato mancante nel problema che rendeva difficile l'interpretazione di una risposta valida. Continuava cercando di trovare quel dato per semplice curiosità, a differenza di Owen a lui di Izzy importava non troppo. Ne ebbe nuovamente prova quando, dopo aver finito la spesa, si presentò a casa di Owen e dovette, inspiegabilmente aspettare. Suonare una seconda volta fu inutile, per cui confidò nel fastidio emesso dal campanello se prolungato. Ciò fu senza ombra di dubbio efficace sull'omaccione che una volta aperta la porta, mise in mostra l'abissale differenza fra di lui ed il suo amico. Se Owen è un ragazzo molto corpulento, alto e obeso dai capelli biondi accompagnati dal nero dei suoi occhi con carnagione chiara; l'altro ragazzo invece era basso, scheletrico dai capelli lunghi e mori con lineamenti palesemente indiani. «Noah...» Sibilò Owen spento e cupo «...Ciao»
Due parole così semplici che tuttavia bastavano e avanzavano per dimostrare la differenza tra l'Owen di quel momento e l'Owen del passato. L'Owen del passato era ottimista, festoso e casinaro, mangiava addirittura i chiodi dei muri e che voleva solo ed esclusivamente divertirsi, mangiando e non. Al contrario, l'Owen di quel momento era l'esatto opposto; se prima il suo focus era la baldoria e il cibo, le cose si erano evolute lasciando spazio ad un annullamento esistenziale, era diventato solitario e preferiva passare le giornate tentando di dormire sebbene in tutta sincerità non ci riusciva perché troppo impegnato a versare lacrime a causa del suo sentimento terribile. Aveva anche perso l'appetito. «Cosa ti serve?»
«Mah, sai Owen... niente di che, del resto sono il fattorino che consegna la spesa a domicilio» Rispose.
«Non devi farlo, io non voglio tu lo faccia... La spesa la posso fare io»
«Disse il tizio che non esce di casa» Alzò un sopracciglio
A quel punto, Owen si rassegnò e lo fece entrare. Dalla porta si vedeva la sporcizia e il disordine che teneva compagnia al biondo.
«No grazie, mi basta avere a che fare con il casino nella mia mente»
«Da quando hai casino nella mente?» Chiese Owen
«Da adesso. Il casino è contagioso»
Owen rimase venti minuti buoni con il volto perso nel vuoto prima di capire cosa intendesse. Sospirò dopo aver capito e stava per chiudere la porta.
«E queste per chi le ho comprate? Per la discarica?» Starnazzò mettendo in avanti la busta.
Owen la prese. «Grazie Noah. Torno a dormire, ci vediamo prossimamente» Chiuse la porta. “Prossimamente”. Mai si sarebbe immaginato di poter sentire un termine simile provenire da Owen. Questa situazione dava via via più strazio.
Noah sospirò e fece dietrofront sicché Owen non sembrava avesse voglia di socializzare. Riteneva dunque fosse necessario chiedere aiuto a forze esterne. Una persona, parlando schiettamente con lui, gli fece notare dei sospetti riguardo Izzy, sospetti secondo i quali ella fosse capace di cose non naturali. Noah era scettico a riguardo, ma a questo punto valeva la pena tentare qualsiasi cosa. Quando tutto è privo di certezze, allora tutto è possibile in egual modo, pertanto vale la pena alzare la guardia di una spanna.
Prese il telefono e digitò un numero. «Pronto?» parlò mentre si dirigeva verso casa. «Mh? Sì, passamela»
 



Black Corner:
Le cose giuste ragazzi, non lo so manco io quello che ho scritto. Onestamente.
Non so se "è cosa buona e giusta" come la pizza il sabato sera o se ho solo fatto una cavolata paragrafo per paragrafo.
Mi scuso in anticipo per il capitolo noioso e poco dettagliato, davvero. Mi scuso per avervi fatto perdere tempo con i soliti quattro quesiti messi in croce, lo so, devo smuovere 'sta FF/storia/come si chiama.

Sono le 4:22 del mattino e sono stanco morto!
Cercherò di essere breve parlando di alcune cose:
Il mio ultimo aggiornamento risale ad un anno e due mesi fa, vi prego, perdonatemi per il ritardo.
Vi dirò sinceramente che il problema risiedeva nell'aver perso la fantasia. Ero rimasto bloccato, non sapevo più come continuare e vi dirò, talvolta perdevo pure la voglia. Avevo pure paura di fare un capitolo così orrendo da farvi calare il latte alle ginocchia, non è quello che vorrei. C'è da dire che ho passato pure un brutto periodo, ma questo è un altro argomento. Sì, perdonatemi quindi per essermi fatto aspettare così tanto e per aver colmato l'attesa con questo aborto. 
Psycological Scars. Perché? Perché in questo capitolo ho analizzato il passato di 3/4/5 dei nostri personaggi. Un passato che ha ferito nell'animo (vedi Scott, DJ). Lo farò anche nei capitoli a venire con i rimanenti e con quelli che verrano, se vi farà piacere analizzare anche quello degli altri. Questo non vuol dire che Ragnarok diventerà ineramente fatta di Flashback, assolutamente no, l'ho fatto perché in reealtà può servire ad andare avanti con la storia. A step back is a step forward. 
Difatti in questo capitolo ho strizzato l'occhio a cose che determineranno i prossimi capitoli, esempio: Noah - i Veliant rosa - Gwen da Cameron e non voglio fare spoiler.
Ho voluto dare una ripassata ai capitoli precedenti, ho voluto rileggere tutte le recensioni ricevute. 
Sì, ho ripreso la voglia di continuare Ragnarok.
Vi ringrazio sinceramente per il supporto. 

Voglio ringraziare veramente, col cuore, evitando Barbara d'Urso, M del duo Erin_Writer e Mr Lavottino perché hanno rilasciato due nuove recensioni e la cosa mi ha reso molto felice. 
Risponderò subito alle vostre recensioni, ma non adesso perché sto svenendo sulla tasteria. Domani sarò tutto vostro.

Terminato. Scriverei molto di più nell'angolo autore, guardate gli altri capitoli e capirete che io tartasso gli angoli autori di cavolate ahahah
Adesso vi chiedo di esprimere la vostra opinione, cosa ne pensate, cosa vi è piaciuto e cosa no, cosa vi lascia perplessi e come vi devo ordinare la pizza.
Fatemi sapere per quanto riguarda OOC e errori vari. 
Ammetto: temo di aver fatto OOC Courtney e Scott. Onestamente. Ah, e Noah.
Forse pure Owen, ma Owen lo abbiamo visto depresso pure nell'opera per la stessa e identica ragione, quindi OOC fino ad un certo punto.

Ditemi la vostra.

Vi ringrazio infinitamente!

Nero

P.s.: Tra le mie idee c'e quella di rivedere tutti i capitoli di Ragnarok per correggere errori grammaticali e logici, che ce ne sono tanti ahahah. 


 

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