Segnali dal passato

di Gemad
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 32 ***
Capitolo 33: *** Capitolo 33 ***
Capitolo 34: *** Capitolo 34 ***
Capitolo 35: *** Capitolo 35 ***
Capitolo 36: *** Capitolo 36 ***
Capitolo 37: *** Capitolo 37 ***
Capitolo 38: *** Capitolo 38 ***
Capitolo 39: *** Capitolo 39 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1


L’atmosfera non era delle migliori, pensava il ragazzo; probabilmente era la peggiore che potesse vivere. Si trovava a Grimmauld Place, la casa che ha sempre adorato: stentava a crederci al fatto che fino a diversi decenni fa poteva essere comoda solo a topi, insetti e ragni. Adora quel legno pregiato accuratamente restaurato, adora quei quadri bizzarri che esprimevano felicità, adora quelle foto che lo ritraevano assieme ai suoi genitori, ai suoi zii, ai suoi nonni e a qualsiasi membro della sua famiglia. Quando viene in vacanza in questa meravigliosa casa, apprezzava soprattutto la stanza unica dove dormiva; il nonno gli aveva detto che molti anni fa, se non decenni, era la camera appartenente ad un uomo che avrebbe desiderato tanto che conoscesse.
Come faceva, inoltre, a non apprezzare il salotto? Ricorda ancora quando si sedeva sulla moquette, di fronte a suo nonno, seduto sulla sua poltrona preferita. Gli raccontava avventure che nemmeno la sua fantasia poteva immaginare, gli raccontava l’incredibile, l’inimmaginabile: ma alla fine, non faceva altro che raccontargli vicende della sua vita. Una vita bellissima, ricca di azione, ricca di esperienza. Lui, pendeva dalle labbra del nonno che raccontavano quello che sembrava una favola ma che in realtà, è successo veramente e che i libri di storia testimoniavano.
Non sapeva se aveva il coraggio di entrare là dentro, non sapeva se aveva la forza e la testa di entrare, pensava ancora il ragazzo rinchiuso nel bagno. Sapeva che quel momento doveva arrivare, sapeva che le condizioni del nonno si erano aggravate il peggio, ma non ci riusciva proprio! Si guardava fisso allo specchio, appoggiato al lavandino nero come quel momento, e ammirava la combinazione fuoriuscita dall’unione di sua madre e suo padre: guardava i suoi lineamenti, guardava i suoi occhi verde smeraldo e guardava quella cresta che nessuno dei suoi parenti aveva mai approvato ma che, alla fine, avevano accettato, rassegnati. “Perché doveva succedere proprio in questo momento?” pensava “Perché non poteva succedere quando ero ad Hogwarts?”.
Già, Hogwarts: come se non bastasse, doveva prepararsi ad affrontare una nuova annata, la sesta per la precisione. Adorava l’ambiente di socialità che arieggiava nel Castello e che, quasi, lo avvolgeva, lo abbracciava. Amava la positività che sentiva quando camminava sul marmo ma odiava il fatto che sarebbe dovuto tornare a studiare e ad essere travolto dai libri.
–Jackson?- risuonò la voce di suo padre proveniente dall’esterno della stanza. –Sei qua dentro?- insistette lui bussando forte sulla porta.
–Sì papà, ho quasi finito- rispose Jackson.
Notò che la voce di suo padre, era differente da come la ricordava; ormai era così da diversi giorni. Essa era più profonda, più rauca, meno chiara, meno gioiosa e, soprattutto, più rotta, ma non poteva biasimarlo e non poteva chiedergli il perché; la risposta era già evidente. Stava sicuramente per perdere un padre; Jackson era sicuro che anche lui avrebbe reagito in questo modo se fosse stato nella sua stessa posizione. Senza contare il fatto che suo padre aveva perso la madre lo scorso anno: un vero e proprio gancio destro sula mascella da parte della vita.
Dopo quegli infiniti minuti di riflessione passati nel bagno, Jackson prese un gran respiro, si avviò verso la porta, afferrò la maniglia per poi tirarla verso di sé, aprendo la porta, ed uscendo, trovando suo padre di fronte a sé. Il volto era abbastanza consumato dalla stanchezza e dalla tristezza, con i segni evidenti delle lacrime che avevano rigato il suo volto pochi momenti fa.
–Come sta il nonno?- chiese il giovane: fu la prima cosa che gli venne in mente da chiedere.
–Entra e constata coi tuoi occhi figliolo- gli rispose il padre. La porta era proprio davanti a sé, pronta ad essere aperta. Jackson la stava guardando come se avesse appena visto un Dissennatore, con la paura di avvicinarcisi e soprattutto di entrarci dentro; avrebbe tanto voluto ignorarne la sua esistenza.
–Forza- insistette il padre senza esprimere alcun tono felice o d’incoraggiamento –Entra-.
Sembrava che gli avesse appena consegnato un ordine, anche se Jackson sapeva che il padre non voleva far passare la sua richiesta come se lui fosse un generale Auror. Lui stava crescendo e doveva anche maturare; doveva imparare ad affrontare questo genere di situazioni, come un vero uomo. Non doveva pensare solamente al divertimento e alle risate. Jackson, dunque, facendosi coraggio, entrò e la prima cosa che vide fu sua madre che correva, con gli occhi decisamente lucidi, verso di loro.
–Scusami Albus!- disse lei con la voce spezzata dai continui singhiozzi in direzione di suo padre –Ma non ci riesco!-.
–Stai tranquilla- rispose serio e comprensivo suo padre –Vai di sotto con i tuoi genitori e tua sorella. Scenderà James o io quando…- si bloccò.
–Sì d’accordo- rispose la madre, comprendendo che non sarebbe mai riuscito a terminare la frase per poi avviarsi al piano terra lasciando che suo figlio e suo marito entrassero nella stanza illuminata pigramente dalla luce del lampadario.
–Come sta?- chiese sottovoce il padre allo zio James.
–Penso che questo sia il momento a cui il medico ci ha consigliato di prepararci-.
Col volto rassegnato il padre rispose –Va bene, restiamogli accanto-.
Tutti, adesso, erano seduti su delle sedie, attorno ad un grande letto matrimoniale a baldacchino; esso era bellissimo, splendido e comodissimo ma nella quale, però, giaceva una sola persona, ormai in fin di vita. Jackson si guardava attorno e poteva vedere solo tristezza e desolazione; poteva vedere tutti i suoi familiari ma anche gli amici del nonno, anche loro in età avanzata. La finestra era completamente bagnata dalla pioggia che sbatteva incessantemente sul vetro, quasi come se anche il cielo fosse triste.
Una specie di grugnito fuoriuscì dalla bocca dell’anziana figura distesa sul letto.
–Non dire niente papà- disse lo zio James sistemandogli le coperte –Risparmia le energie-.
Jackson non aveva il coraggio di guardare in faccia sua zia Lily che, sicuramente, era la più addolorata, triste, sconvolta o che, per lo meno, manifestava maggiormente le sue emozioni con le sue lacrime, i suoi sospiri, i suoi singhiozzi.
–Ne ho superato tante figliolo; questa sarà una passeggiata per me- rispose il nonno con voce raschiata dall’età. Cercò di ridere, ma provocò una tremenda tosse. –Ne ho passate tante, soprattutto con questi due- continuò lui alzando il dito in direzione di Ron ed Hermione, anch’essi marchiati dall’età.
“Sono una coppia bellissima” pensò Jackson; non c’è stato un momento nella sua vita, in cui, ogni volta che faceva visita ai suoi nonni, non trovava questi due. Li conosceva da quando era bambino: Ron gli faceva sempre salire il morale alle stelle, gli faceva sempre tornare il sorriso ogni volta che era triste o che faceva i capricci. Hermione, invece, lo ha sempre aiutato con qualsiasi cosa che riguardasse la scuola: temi, saggi ma anche curiosità.
Avevano anche due figli: Rose, una ragazza che conosceva ma che vedeva raramente, ed Hugo, uomo che conosceva maggiormente siccome era il padre del suo migliore amico Jonathan, che al momento non era presente a causa di uno stage di Quidditch a Manchester. –Ne abbiamo passate tante Harry- rispose Ron con un sorriso sul volto, un sorriso tutt’altro che felice: un sorriso amaro, amarissimo.
Hermione non disse nulla; aveva già detto tutto suo marito, perciò si limitò a sorridere, cercando di essere fiduciosa, anche se sapeva già quale sarebbe stato l’esito di quella situazione.
–Sapete- disse il nonno –Posso dire che questa vita è stata… assurda. Sì, questo è il termine più appropriato: assurda. Un essere umano normale non poteva sopportare tutto quello che ho sopportato io ma, alla fine, sono natò e morirò come ogni persona qualunque; non dimenticherò mai tutto quello che mi è capitato e che ho vissuto. Ron, Hermione: voi due mi avete aiutato a credere in un futuro e ancora oggi non riesco a non smettere di ringraziarvi per questo. Albus, James, Lily: voi siete stati la ciliegina sulla torta. Mi avete reso la vita ancora più infernale, ma io vi amo più di me stesso, perché siete stati carne della mia carne e sangue del mio sangue. E poi, mi avete regalato tanti nipoti che sono stati come nuovi figli per me- disse guardando orgoglioso Jackson, sua sorellina Daphne, più i figli di zia Lily: Daniel, Natascia e Sophie.
–Tu, James- disse tornando a guardare i suoi figli –Non mi hai dato alcun nipote, hai preferito fidanzarti ogni tanto di qua e di là, ma meglio così: non oso immaginare che pesti avresti messo al mondo!- tutti risero leggermente; non riuscirono a reggere una piccola risata, riuscendo a dare una boccata d’aria a quel triste e cupo momento.
–Vorrei ringraziare anche a vostra madre ma…- non riuscì a finire la frase, dando un vero e proprio calcio in pancia a quel piccolo momento di felicità creato poco fa. Il silenzio stava regnando sovrano ed era perfetto e identico alla notte in cui morì la nonna.
All’improvviso, però, al di fuori della proprietà, si udirono delle voci che chiacchieravano rumorosamente, anzi no, cantavano! Lo zio James si alzò immediatamente e si affacciò nel vetro bagnato della finestra, seguito da Jackson, Daniel ed il resto dei suoi cugini. Tutti poterono constatare il fatto che la strada era bloccata da centinaia di persone munite di ombrello ed impermeabili, ognuna con il braccio teso verso l’alto e la bacchetta ben stretta alla mano che emanava una piccola luce bianca dalla punta, mentre i più piccoli tenevano una candela in mano su cui si sarà certamente applicato un incantesimo che permetta che l’acqua non spenga la fiamma.
–Sono qui per te papà!- esclamò lo zio James stupito –Tutti per te!-.
Il nonno sorrise felice; forse solo in quel momento realizzò quanto bene aveva donato a tutta quella gente e comprese solo adesso quanto tutte quelle gliene fossero grate. I minuti passavano e tutti erano consapevoli che il peggio si stava lentamente avvicinando.
–Posso farti una domanda papà?- chiese la zia Lily.
–Dimmi pure- disse il nonno coprendo i canti delle persone al di fuori della casa.
–Hai paura?- chiese con voce triste, ma anche imbarazzata.
–Mia cara bambina, potrei risponderti dicendo che ho affrontato di peggio e che questo per me sarà come un gioco, ma non ti dirò così; ho affrontato la morte diverse volte e tutte le volte ho avuto paura, sempre. Quindi, perché non dovrei averne adesso? E’ ovvio che ho paura, ma diciamo che non ho paura della morte stessa: è l’ignoto che temiamo quando guardiamo la morte e il buio, nient’altro. Ma, in fin dei conti, per una mente ben organizzata, la morte non è altro che una nuova, grande avventura-.
Il nonno aveva fatto quell’incredibile discorso, parlando lentamente. Dopo quelle ultime memorabili parole, esalò l’ultimo respiro e chiuse gli occhi, spegnendo per sempre la luce della sua vita, con un sorriso sulle labbra.
Harry Potter era sfuggito diverse volte alla morte, che non ha fatto altro che tormentarlo, cercandolo continuamente: adesso, quando lui era ben consapevole del fatto che non sarebbe riuscito a vincere questo ultimo duello, quando sapeva che non sarebbe più riuscito a sfuggirgli anche questa volta, quando sapeva che non aveva più alcun posto in cui rifugiarsi, si presentò davanti a lei, salutandola come una vecchia e cara amica, partendo verso quel luogo ignoto, di cui nessuno ne conosceva la posizione e la forma.
Harry Potter aveva appena lasciato questo mondo, una leggenda se n’era andata, per sempre.





Angolo dell'autore: Spero che questa sia stata una morte più che dignitosa per un eroe come Harry e spero di averla onorata al massimo delle mie capacità. Inoltre, spero che molti di voi abbiano notato il fatto che ci sia una parte in cui mi sono ispirato alla morte dell'ultimo dei tre fratelli della fiaba presente nel libro di fiabe di Beda e il Bardo. Spero di ricevere un pò di recensioni a riguardo, sia positive che negative. Grazie a chiunque si sia degnato di leggere questa storia.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

La luce dei raggi solari mattutini attraversarono pigramente la finestra della camera di Jackson. Il ragazzo aprì gli occhi e comprese che quello non era un giorno qualunque: era il giorno della partenza per Hogwarts. Era già elettrizzato all’idea di rivedere tutti i suoi amici più cari. Si alzò dal comodo letto, che dovrà lasciare per diversi mesi, per poi dirigersi alla finestra ed ammirare il panorama del primo di Settembre: il sole regnava nel cielo azzurro, senza che alcuna nuvola potesse contraddirlo, favorendo il riscaldamento. Guardò la sveglia e vide che era in perfetto orario.
Si vestì con un paio di jeans ed una maglietta a maniche corte nera per poi avviarsi al piano di sotto per far colazione. Trovò i suoi genitori e sua sorellina già in piedi ad attenderlo.
–Pensavo di essere il primo!- disse sorpreso Jackson.
–Bè tutti noi abbiamo un lavoro Jackson!- rispose la madre.
–Come credevi che fossi alla sua età Meredith? Non facevi altro che lamentarti con tutti solo per il fatto che anticipavano ogni tua mossa!- rispose in sua difesa suo padre.
–Tu stai zitto! E pensa a mandare giù quel caffè!- gli ordinò la mamma. L’uomo di casa sorrise, facendo l’occhiolino a suo figlio che rispose ridendo.
La famiglia si era ripresa piuttosto bene dal funerale del nonno, pensò Jackson dove incominciarono a sfrecciargli nella mente i freschi ricordi di quel triste evento: l’attesa era enorme ed il numero di persone arrivate per salutare per l’ultima volta Harry Potter arrivava quasi a diecimila. Lo stupore dei familiari era indescrivibile. C’erano tutti: persone care, amici, amiche, ex colleghi di lavoro, ex compagni di scuola, insieme a persone che nemmeno Harry conosceva, ma che volevano comunque rendere omaggio al salvatore del Mondo Magico.
Tra tutte le cariche più importanti al Mondo presenti, si poté notare la presenza del Ministro della Magia, del Preside di Hogwarts, di Durmstrang e di tante altre scuole di Magia e Stregoneria del Mondo, senza contare qualche studente e dirigente scolastico. Se si sommano a tutte le persone elencate il numero dei giornalisti e paparazzi presenti, il numero poteva tranquillamente superare i diecimila.
Jackson pensava che il nonno avrebbe apprezzato l’affetto dimostrato da tutta quella gente, e che poteva essere orgoglioso di sé stesso. –Jackson?- lo richiamò alla realtà sua madre.
–C-cosa?- chiese il ragazzo cascato dalle nuvole.
–Stavamo dicendo che quest’anno io e tuo padre ci aspettiamo dei miglioramenti nella pagella, soprattutto in Incantesimi e condotta!-.
–Ma mamma…- tentò di protestare lui, ma venne subito interrotto dalla donna.
–No, adesso stammi a sentire tu Jackson Potter! Se non metti la testa a posto, almeno con il comportamento, saranno guai seri! Mi sorprende che tu sia riuscito ad ottenere un Accettabile nel G.U.F.O. di Incantesimi!-.
–Tu sai perfettamente come la penso riguardo al professor Richardson e come il professor Richardson la pensi su di me- replicò Jackson.
–Ok Jack, stai tranquillo- intervenne in maniera piuttosto sciolta il padre –Ci siamo esercitati molto quest’estate, quindi vedrai che riuscirai a raccogliere i frutti dall’albero piantato- disse sorridente con una metafora.
Il padre di Jackson, quando voleva, riusciva sempre a togliere la tensione tra due persone, riusciva a far tranquillizzare tutti con molta velocità e scioltezza. –D’accordo- rispose Jackson.
–Hai preparato tutto?- continuò la madre anche lei tranquillizzata.
–Sì-.
–Ottimo, i Weasley saranno qui a momenti-.
–Non venite nemmeno quest’anno?- chiese stizzito Jackson.
–Tesoro sai perfettamente che tuo padre deve essere in Ufficio per le otto in punto e non può permettersi un ritardo in vista della prossima promozione e io devo accompagnare tua sorella alla Scuola Pubblica-.
–Ma io voglio andare a Hogwarts!- disse Daphne mettendosi in mezzo nel discorso.
–Ti ho già detto che l’anno prossimo sarai pronta! Adesso vai a prepararti la borsa piccola peste e tieni sotto controllo i tuoi poteri!-.
–Uff- sbuffò lei. –E saluta tuo fratello- aggiunse il padre.
–Ciao Jack, divertiti- disse lei abbracciandolo e dandogli un bacetto veloce sulla guancia.
–E fai da brava- disse Jackson prima che sua sorellina sparì dietro l’angolo.
I minuti passarono fino a quando la macchina del signor Hugo non arrivò. –Ecco la macchina, mi raccomando!- disse la madre dopo averlo abbracciato.
–Tranquilla, sa badare a sé stesso- aggiunse il padre che alzò la mano come un vecchio amico per salutarlo.
–Già, un adulto simile ad un bambino! Vai!- terminò la madre. Jackson impugnò la valigia, tenne ben saldo alla mano la gabbia della sua tartaruga ed uscì dalla porta, lasciandosi alle spalle la casa in cui aveva sempre vissuto; gli provocava sempre una certa emozione lasciare quella casa da lui tanto amata, ma Hogwarts chiamava, un’altra casa chiamava.
–Buongiorno Jackson- lo salutò felice e leggermente assonnato Hugo Weasley.
–Buongiorno anche a lei signor Weasley- rispose cordialmente il ragazzo.
-Lascia a me i bagagli, entra in macchina-. Il giovane non se lo fece ripetere due volte e, dopo aver aperto la portiera, salì sulla piccola macchina nella quale era stato applicato un incantesimo di espansione per poter far accomodare le altre persone.
–Ciao- salutò Jackson.
–Ci conosciamo da non so quanto e dici solo ciao?!- chiese ironico Jonathan.
Subito risero insieme. Era inutile, pensò Jackson: con Jonathan non si poteva mai restare seri. Dopo essersi scambiati il loro tipico “cinque”, Jackson salutò anche la madre del suo migliore amico e le sue quattro sorelle di cui, però, nessuna delle quattro frequentava Hogwarts, siccome le prime due avevano già terminato i loro studi mentre l’ultima femmina della famiglia, aveva appena tre anni. Sarebbe stato bello avere una famiglia numerosa, pensò Jackson che rifletteva su quanto scompiglio ci dovrebbe essere la mattina presto; e poi, erano sempre stati presenti per l’ultimo saluto prima che il treno partisse.
–Non vedo l’ora di essere sul treno- gli disse Jonathan.
–A chi lo dici- gli rispose Jackson mentre viaggiavano lungo l’autostrada.
Anche lui voleva rivedere i suoi amici, anche se gli aveva già incontrati in occasione del funerale di suo nonno, ma preferiva rincontrarli in un periodo di serenità e felicità piuttosto che malore e tristezza. Il viaggio fu piuttosto piacevole, soprattutto grazie al fatto che rimase a parlare per la maggior parte del tempo assieme al suo migliore amico sui piani da attuare ad Hogwarts in ambito scolastico e sportivo.
–Ti ho detto di no- ripeté Jackson.
–Perché no?- chiese perplesso Jonathan insistente.
–Perché non mi va, il Quidditch non fa per me-.
–Ma senti le parole che escono dalla tua bocca? Il Quidditch è per chiunque!-.
–Non penso che sia piacevole volare a quasi cinquanta metri, se non cento, metri di altezza-.
–Andiamo amico! Ricordo la prima volta che hai cavalcato una scopa e te la sei cavata benissimo! E poi ti sto solo chiedendo di iscriverti ai provini, quindi non è sicuro nemmeno il fatto che li passerai-.
–Sai perfettamente quanto James insista sul fatto che io entri a far parte della squadra, chissà quanto insisterà adesso che è il Capitano! E secondo te non tenterà di “boicottare” il mio provino per farmi entrare nella squadra?-.
–Fai come vuoi, ma aspettati di tutto da James, quel ragazzo non molla nemmeno di un centimetro- lo avvertì l’amico.
James Felton era uno dei tre ragazzi che condividevano la stanza del Dormitorio di Grifondoro con Jonathan e Jackson. Era un ragazzo che amava molto la competizione, soprattutto nel Quidditch. Da quando aveva impugnato una scopa, il suo istinto da giocatore da Quidditch era nato dentro di lui, come una nuova stella dopo un Big-Bang. Era riuscito ad entrare in squadra al secondo anno, diventando il più giovane giocatore di Quidditch dell’ultima Generazione, nel ruolo di Battitore, riuscendo a lasciare sbalordito il capitano di Grifondoro dell’epoca che non ci pensò due volte a farlo gareggiare con giocatori più grandi e grossi di lui.
Nel corso degli anni aveva cercato di convincere i suoi compagni di stanza a giocare o, almeno, di provare a giocare, riuscendo a convincere un altro compagno di stanza: Eddie Nadarevic. Lui era riuscito ad entrare al quarto anno, dopo essere stato scartato per tre volte consecutive: aveva dimostrato che non arrendersi mai era la scelta migliore e che, con un duro allenamento, tutto poteva cambiare. Si è contraddistinto nel ruolo di Cacciatore, segnando ben venti reti in una sola partita, contro i Corvonero, per un totale di cento punti conquistati. Tutti rimasero abbastanza stupiti dei risultati ottenuti dal ragazzo mezzo Inglese grazie alla madre e mezzo Bosniaco grazie al padre.
Jonathan, invece, non ha dovuto farsi convincere per entrare in squadra: lui il Quidditch ce l’ha nel sangue. Ha sempre amato questo sport, sin da quando era bambino ed è cresciuto guardando le partite dei Falmouth Falcons, conosciuti per il la loro aggressività, che insegnò all’amico a come sapersi difendere in campo e a farsi valere e rispettare, ma anche nella vita. Mentre Gary Fletcher, l’ultimo ragazzo che componeva il quintetto, era un ragazzo che non aveva mai adorato la sport, tranne gli scacchi.
È un ragazzo abbastanza intelligente che ottiene degli ottimi voti a scuola e che faceva da buon tutor per compagni e compagne della sua Casata, soprattutto per Jackson, Jonathan, Eddie e James, che odiavano stare con un libro in mano. Jackson pensava a come sarebbe stata la sua vita se anche lui avesse provato a diventare un giocatore dello sport più famoso nell’intero Mondo Magico; sinceramente, non ci pensò molto. Preferiva andarsene in giro con amici e amiche per i corridoi di Hogwarts e farsi qualche bevuta di vino sottratto alle cucine del Castello. Quella, secondo il ragazzo, era “la bella vita”: un paio di amici ed un buon bicchiere di vino tra le mani… nient’altro.
Dopo un paio d’ore, la famiglia Weasley e Jackson arrivarono alla stazione di King’s Cross e, dopo aver varcato il passaggio tra il binario nove e dieci, sbucarono dentro quella che era veramente la stazione che gli avrebbero condotti ad Hogwarts. Il maestoso binario 9 ¾ mostrava il suo rosso fiammeggiante ed il fumo che ne usciva da esso, facendo capire che era pronto a partire.
–Andiamo, cerchiamoci uno scompartimento prima che vengano tutti occupati- disse Jonathan dopo aver salutato i suoi familiari. I due salirono velocemente e, dopo circa due vagoni, trovarono un posto vuoto e adatto a loro.
Dopo pochi secondi, giunsero i loro compagni di stanza e subito ci fu un clima di festa, amicizia ed allegria; il treno, intanto, era già partito lasciandosi alle spalle Londra ed intravedendo le basse e verdi colline della campagna Inglese.
–Allora?- chiese Eddie eccitato.
–Allora cosa?- chiese Jackson ironicamente.
–Lo sai no? Dovremo inaugurare l’anno?-.
-Penso che il nostro amico abbia ragione- intervenne Jonathan.
–Ma siamo appena entrati- disse sconsolato Jackson.
–Lo facciamo da sempre e ti vuoi tirare indietro pure quest’anno?- chiese in tono di sfida James. Jackson guardò i tre amici, per poi posare lo sguardo su Gary.
–Non guardare me- disse lui che aveva il naso chino su un libro di un certo Viktor Erofeev.
–Facciamolo- disse Jackson ponendo la bacchetta nello zaino da viaggio.



Angolo dell'autore: Spero sinceramente che abbiate apprezzato il fatto che l'amicizia tra i Potter ed i Weasley sia ancora forte e duratura e poi spero che riusciate ad accontentarvi della descizione iniziale di questo quintetto, ma state certi che già dal capitolo successivo avrete qualche informazione in più. Mentre, per gli intenti segreti dei ragazzi narrati a fine capitolo, non vi anticiperò nulla. Leggete e vedrete!
Buona lettura a tutti e mi raccomando fatemi sapere i vostri pareri con le recensioni!

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3



Il sole splendeva nel cielo e aveva raggiunto la sua massima altezza ed intensità di calore e tutti erano pronti a mangiare il pranzo al sacco: tutti tranne alcuni ragazzi.
–L’anno scorso quegli idioti Serpeverde ci hanno teso una bella trappola, ma quest’anno gliela faremo pagare- disse Jonathan in tono vendicativo.
–Puoi contarci!- rispose Jackson con i consensi di Eddie e James.
Negli ultimi anni, ormai, le risse tra i Serpeverde ed i Grifondoro erano molto frequenti, senza badare all’ambiente in cui si scontravano: a volte ci si organizzava, altre volte si improvvisava. I gruppi di ragazzi erano diversi, il sangue era tanto e le punizioni e le detrazioni di punti erano inverosimili. Sembra strano, ma in queste risse c’è una sola regola: niente bacchetta.
Tutto incominciò quando Jackson era al suo primo anno ad Hogwarts assieme a Jonathan e ancora dovevano ambientarsi all’interno del contesto del Castello. Purtroppo, Jonathan veniva sempre preso in giro per i suoi capelli rossi, per la sua provenienza di famiglia e per il fatto che i soldi mancavano molto spesso nelle casse della sua famiglia. Certo, diverse volte Jackson riusciva a tirarlo fuori dai guai dicendo di “lasciar perdere”, ma la scintilla, anzi, la bomba scoppiò a metà del primo anno scolastico ad Hogwarts.
Solitamente erano le sorelle maggiori che difendevano il fratello minore dagli attacchi verbali dei ragazzi più grandi di Serpeverde, ma nel momento in cui Jonathan vide che le sue sorelle presero uno schiaffo dai ragazzi della Casata rivale, l’amico non ci vide più dalla rabbia. Si scagliò contro di loro, nonostante avesse solamente undici anni e stesse affrontando due ragazzi del quarto anno.
Da dopo quell’incredibile rissa, il rosso venne soprannominato con il nome di “Pitbull” perché puntava il nemico, ci si scagliava contro per poi attaccarlo con tutte le sue forze: non importava se usava le mani, i piedi o soprattutto la bocca… lui riusciva sempre a colpire il bersaglio; probabilmente, questo suo istinto violento, fu dovuto al fatto che seguiva le partite dei Falmouth Falcons, facendo crescere in lui un istinto da killer nascosto e celato a tutti, persino a sé stesso. Quei quattro Serpeverde, dopo quel giorno, non cercarono più di stuzzicare il giovane Weasley, così come tutti coloro che ebbero assistito alla scena.
Il punto era che, purtroppo, non furono molte le persone che videro quello che aveva fatto Jonathan e, dunque, da quel giorno in poi, le risse incominciarono senza avere una fine. Jackson veniva chiamato “faccia d’angelo” per la sua innocenza, ma anche lui non scherzava se si sentiva odore di calci e pugni nei dintorni. I giorni passarono e le bande crescevano sempre di più, causando una reazione a catena che si espanse per quasi tutto il Castello tra i Grifondoro ed i Serpeverde.
Il fatto che durante le risse le mani non vengano usate, non è ancora ben chiaro, ma va bene così, pensava Jackson. Numerosi furono gli avvertimenti del Preside, degli insegnanti e dei genitori, soprattutto con la minaccia di sbatterli fuori da Hogwarts: purtroppo, l’unico intoppo erano i voti eccellenti che i ragazzi ottenevano grazie allo studio o ai debiti scolastici che prendevano grazie alla dedizione nello sport o nel mantenimento dell’ordine e della pulizia ad Hogwarts: infatti, molti di loro, erano anche prefetti.
–Guardate- disse Jonathan prendendo quella che sembrava una boccetta con un liquido nero al suo interno-.
–Che cos’è?- chiese Gary che rimase notevolmente e stupito e attirato da quella misteriosa sostanza: lui preferiva, solitamente, non interferire e non amava particolarmente le botte, anche se ne ha prese e date qualche volta, anche se raramente.
–Questa è Polvere Buiopesto Peruviana… il nome dice tutto!- disse Jonathan girandola e rigirandola tra le mani –Basti che in questa boccetta si apra la più piccola delle fessure e subito questo fumo nero esce da essa, creando una nebbia scura, impedendo a chiunque di vedere-.
–Affascinante- esclamò Gary ammirandola, quasi venerandola.
–E a cosa servirebbe?- chiese perplesso Eddie.
–Ci servirà come diversivo per penetrare nello scompartimento dei Serpeverde! Quegli idioti hanno anche i prefetti che controllano la situazione!-.
–Senti Jonathan- lo interruppe Gary –Mi stavo chiedendo dove ti sei procurato questa roba, insomma, muoio dalla voglia di analizzarne il composto-.
–Questa?- chiese il Weasley con una luce di orgogliosità negli occhi –Questa è stata ideata dagli zii di mio padre e non immagini quanta roba incredibile ho scoperto in soffitta nelle loro vecchie scatole! Ricordo ancora il nome delle scatole: “I Tiri Vispi dei fratelli Weasley”. E così mio padre mi confidò che i miei prozii erano i possessori e dipendenti del negozio di scherzi Magici più conosciuto in tutta Europa, o almeno, lo era fino a qualche decennio fa, prima che chiudessero baracca per andare in pensione e vendere tutto. Mio padre, invece, decise di tenersi qualche “souvenir” di quegli anni d’oro e, quindi, ho pensato di portarne un paio con me- concluse Jonathan portando fuori una scatola dallo zaino da viaggio, mostrando cose che, apparentemente, sembravano oggetti giornalieri di ogni essere umano Babbano e Mago.
–Ma che diavolo è tutta questa roba?- chiese inorridito James.
–Questa “roba”, come la chiami tu caro amico, ci porterà al successo in ambito sia scolastico che di territorio contro i Serpeverde!-.
–E come? Agitando delle inutili piume?- chiese scettico Jackson.
–Guardate- disse Jonathan estraendo due orecchie –Tranquilli, sono finte- assicurò Jonathan ridendo e vedendo che Gary rimase leggermente spaventato. –Aspettatemi qui- aggiunse il rosso sparendo e tornando dieci secondi dopo.
–Ma cos…?- tentò di chiedere Jackson, ma venne subito interrotto dal migliore amico che gli disse di far silenzio.
Tutti si avvicinarono all’orecchio e sentirono delle voci.
–Ma questa è Mandy Brocklehurst?- chiese James stupito.
–Esatto-. –Ma come hai…?-.
–Semplice; queste orecchie permettono di ascoltare delle riunioni private o semplici chiacchiere, senza essere scoperti! La sicurezza è assoluta!-.
Jonathan aveva portato un mondo dei balocchi all’interno dello scompartimento: ha portato delle piume auto-correggenti che correggevano gli errori grammaticali subito dopo averli sbagliati, piume “Rispostapronta” che rispondevano esattamente prima che la mente umana riuscisse a pensarci, Pasticche Svenevoli che creavano un ottimo diversivo per scappare dalle lezioni o dalle situazioni complicate, così come le Pasticche Vomitose, il Torrone Sanguinolento, le Pasticche Vomitose. Come non ammirare i Detonatori Abbindolanti, simili a dei minuscoli clacson neri che facevano un gran baccano.
–Guardate qua, questo gioiellino si chiama “Palude Portatile” che è in grado di creare una vera e propria palude se solo venisse aperta in qualsiasi luogo; vi immaginereste una di queste all’interno del Dormitorio di Serpeverde?-. Tutti risero alla battuta dell’amico ed incominciavano ad essere ben consapevoli del fatto che quest’anno i loro rivali non avrebbero vinto tanto facilmente, anzi, non avrebbero vinto affatto.
–Ma non avete ancora visto il pezzo forte- aggiunse il rosso prendendo in mano un’altra boccetta che però era diversa dalla Polvere Buiopesto Peruviana; essa era più bella esteticamente, più pregiata, ben definita ed il colore rosa ne addolciva quella figura.
–Che cos’è?- chiese Jackson attratto.
–Questo è un filtro d’amore-.
–Filtro d’amore?!- esclamò stupefatto Gary –Sono molto rari e difficili da preparare! Come cavolo hai fatto a procurartelo?!-.
–Prima di tutto abbassa la voce. Secondo, l’ho trovato nei Tiri Vispi dei fratelli Weasley-.
–Ti giuro che pagherei per analizzarne anche una singola goccia, per favore! Là dentro c’è ne un’infinità-.
–D’accordo, ma per dieci galeoni-. –Dieci galeoni?! Dopo tutto l’aiuto che ti ho dato per i saggi ed i compiti di tutte e materie e di tutti i professori nel corso di questi cinque anni?!-.
–Tranquillo Gary, era uno scherzo, è chiaro che ti farò analizzare questa pozione; altrimenti, come pensi che possa riuscire a comprendere se essa funziona o no?-.
Jonathan aggiunse che si era conservato segretamente le scatole dei suoi prozii sotto il suo letto, in modo che nessuno potesse trovarle.
–Adesso basta chiacchiere- esclamò Jackson che non stava più nella pelle –Andiamo a spaccare qualche muso ai Serpeverde!-.
Subito Jackson, Jonathan, Eddie e James uscirono dallo scompartimento, lasciando Gary che disse esplicitamente che sarebbe voluto restarne fuori, almeno per l’inizio dell’anno; preferiva restarsene a mangiare un bel panino con il suo libro di letteratura russa in mano per poi farsi un bel pisolino con le tende abbassate. Lungo la strada, Jackson incontrò e salutò molte persone che non vedeva da tutta l’estate come Danny Hart, l’altro Battitore della squadra di Quidditch di Grifondoro, oppure anche il vecchio professor Paciock, insegnante di Erbologia e direttore della Casa di Grifondoro, che gli confidò che quello sarebbe stato il suo ultimo anno da insegnante prima di raggiungere la serena pensione; un po’ gli dispiaceva al giovane Potter.
Il professor Paciock è stato un professore molto simpatico durante le sue ore di lezione e anche al di fuori del contesto scolastico, siccome lo ritrovava spessissimo in casa di nonno Harry e nonna Ginny quando andava a fargli visita. Ricorda ancora il discorso che suo nonno gli fece sul vecchio professore di Erbologia: gli disse che durante la Battaglia svoltasi ad Hogwarts contro Lord Voldemort, lui fu uno dei più coraggiosi che guardava in faccia la morte e che la combatteva ardentemente senza alcun timore o alcuna paura.
Ma alla fine, pensò Jackson, il professor Paciock ha vissuto una vita soddisfacente ed era ora che si godesse un po’ di serenità.
–Siamo quasi arrivati- annunciò Eddie –Fatevi coraggio ragazzi!- disse mentre si schioccava le ossa delle mani.
–Appena vedete del fumo nero, scattate in avanti e prendete tutto quello che trovate sotto tiro- consigliò Jonathan che teneva la mano nella tasca della giacca stringendo la fiala di Polvere.
–Copritevi i volti- suggerì James che si mise il cappuccio sulla testa, così come fecero Jonathan ed Eddie.
Jackson preferiva tenersi la cresta in bella mostra: non amava che i capelli gli si abbassassero, insomma, non se lo poteva permettere a differenza dei suoi compagni di stanza. Il suo migliore amico aveva i capelli scompigliati dal mattino alla sera e quando si alzava non se li pettinava affatto, Eddie portava i capelli all’indietro per poi unirli ad un codino ma il fatto che portava i capelli rasati ai lati rendeva particolare la sua capigliatura, mentre James preferiva portare i suoi capelli da una parte, trasformandoli in un unico ciuffo.
In poche parole, loro potevano permettersi il cappuccio, mentre l’altro Grifondoro no: ma almeno si alzò la giacca portandosela fin sopra il naso.
–Si parte!- esclamò Jonathan lanciando la fiala in direzione dello scompartimento dei Serpeverde.
Improvvisamente, una vera e propria nebbia di fumo nero si alzò e si sparse lungo tutto il vagone in pochissimi decimi di secondo ed i quattro Grifondoro scattarono in avanti. Jackson si orientava tramite le voci che sentiva, siccome era chiaro che non poteva assolutamente permettersi di colpire una ragazza, essendo un gran gentiluomo: a suo parere, non importava la Casata, ma se era una bella ragazza era sempre abbordabile.
Sentiva che il fumo nero, per quanto potesse sembrare contradditorio, non aveva alcun sapore; era come se stesse respirando normale ossigeno. In quel momento pensò che gli antenati di Jonathan erano dei geni. All’improvviso sentì che aveva superato una porta, quindi, di conseguenza, erano dentro. Il fumo nero, dopo qualche secondo, si disperse e si videro i Serpeverde davanti.
–Prendeteli!- urlò lui. Si catapultò sul primo maschio che notò ed incominciò ad aggredirlo con pugni e calci tirandolo sul pavimento; lui tentava di reagire, ma il giovane Grifondoro non gliene lasciava il tempo. Notò che molte ragazze erano già scappate terrorizzate ed era meglio così, pensò il ragazzo; in questo modo avrebbe potuto usufruire di tutto lo spazio disponibile.
Sentiva che i suoi compagni avevano le mani ben occupate, e quando sentì uno dei nemici gridare, capì che Jonathan aveva già utilizzato la bocca. Si girò dopo aver mollato l’ennesimo pugno all’ennesimo Serpeverde e vide che quattro armadi del settimo anno erano addosso a Eddie che, per quanto potesse essere alto, non poteva farcela da solo.
Jackson si scagliò contro di loro in soccorso all’amico ma gli arrivò un pugno nella tempia della testa di uno dei quattro e sentì che il caldo sangue era fuoriuscito all’estremità del sopracciglio destro. Grazie al cielo, James e Jonathan erano arrivati ad aiutare lui ed Eddie dopo averne steso un paio. Prendevano colpi, pugni, calci, spinte e sgambetti, ma più gliene davano, più gliene restituivano. Più gli provocavano dolore e più i Grifondoro ne facevano provare ai Serpeverde.
Non importa quanti di quest’ultimi fossero presenti, non importa se fossero cento; a Jackson bastava avere al suo fianco anche solo uno dei suoi compagni di Casata e la forza sarebbe stata quanto quella di mille guerrieri. Mai abbandonare un compagno durante la guerra, questo era il codice d’onore dei Grifondoro durante le risse. Ne mancavano soltanto due: Daniel Payne ed Anthony Paddock che i Grifondoro detestavano da quando avevano rotto il naso a Michael Watson, portiere dei Grifondoro. Erano loro i nemici che odiavano di più sicuramente.
–Vi spacchiamo le gambe!- disse minaccioso Payne.
–Siamo in quattro contro due Payne!- disse Jackson –Abbiamo asfaltato un intero scompartimento in quattro! Cos’avete intenzione di fare?-.
Prima che il Serpeverde potesse rispondere, sentì una voce rauca e profonda alle sue spalle che disse –Immobilus!-.
Prima Jackson potesse rimanere completamente bloccato, vide che il professor Paciock teneva ben salda la bacchetta tra le mani, evitando altro sangue e calmando gli animi, ristabilendo l’ordine.




Angolo dell'autore: Allora, spero innanzitutto che abbiate apprezzato questa nuova Hogwarts. E' vero che la Rowling ha detto che, dopo la guerra, le tensioni tra Serpeverde e Grifondoro si erano allegerite, se non scomparse del tutto, ma io penso che stesse parlando della generazione di Albus Silente, James Sirius, Hugo ecc. Dunque, mi sono fatto la domanda su come poteva essere questa nuova generazione e ho incominciato a scrivere. Spero che vi sia piaciuta anche l'introduzione di Neville che non ho idea quanti anni possa avere quel povero uomo che ne ha passate tante nella vita :) Poi, vorrei anche dire che questi eventi sono importanti nella storia, anche se nella descrizione di questa storia non ne ho minimamente accennato a questo tipo di rivalità. Ma non preoccupatevi, penso che la mia storia sia avvincente ed interessante, perciò leggete e giudicate :)
E non dimenticate di recensire! ;)

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4


Il resto del viaggio sull’Espresso di Hogwarts, proseguì senza alcuna rissa, nella calma più totale e tutti i Grifondoro vennero portati nei primi vagoni del treno, mentre tutti i Serpeverde dalla parte opposta, per motivi di sicurezza indispensabili. La prima cosa che i quattro artefici del “casino” causato fecero quando entrarono nel vagone dove Gary li attendeva, fu sedersi per la stanchezza causata da quel curioso “esercizio fisico”.
Passarono diversi istanti in cui tutti si guardavano negli occhi, realizzando solo in quei momenti di silenzio, tranquillità e immobilità quello che avevano appena fatto. Dopo la solita ramanzina del loro Direttore di Casa, non avevano più spiccicato parola, nessuno dei quattro. Non passò molto prima che tutti e cinque incominciarono a ridere a squarciagola, soprattutto Jonathan che cadde sul pavimento contorto dalle risate.
C’era un clima di felicità, di serenità e di divertimento, in particolare quando si misero a commentare tutti i colpi presi e dati.
–E quando quell’idiota di Summerby è inciampato sui suoi stessi piedi?- disse Jackson col sorriso tra le labbra.
–Sì e a quel punto è stato facile mollargli un calcio in pancia, non credi?- commentò Jonathan completamente sganasciato dalle risate.
–Payne e Paddock sono degli illusi- disse poi James –Insomma, pensavano veramente che loro avrebbero trionfato su noi quattro?-.
–Sono delle teste di Serpente, che ti aspettavi?- chiese Eddie ironicamente che si era appena sciolto la coda lasciando i suoi capelli all’aria per qualche secondo per poi risistemarseli.
–Non potevamo inaugurare l’anno nel migliore dei modi- disse soddisfatto di sé Jonathan dopo essersi ripreso dalla “trance della risata”.
–Sarà dura quest’anno- aggiunse James.
–Pensi veramente che avranno il coraggio di vendicarsi?- chiese Jackson.
–Oh sì, eccome se lo faranno- disse una voce femminile alle loro spalle.
Il giovane Potter poteva riconoscere quella voce tra tante. Si girò e vide la figura di Andrew Line davanti a sé; la prima cosa che l’istinto gli disse, fu di andare ad abbracciarla, cosa che lei ricambiò tranquillamente. L’aveva sentita per tutta l’estate soltanto tramite lettere e non sentiva quella voce da troppo tempo. Era una ragazza un po’ più bassa di lui, con i capelli che sembravano una vera e propria criniera color marrone chiaro; in più, aveva due occhi abbastanza grandi del colore dei suoi stessi capelli, dove ci si poteva perdere per diversi minuti, se non per ore.
Ricorda ancora quando incontrò l’amica di origini Irlandesi per la prima volta: avendo lo stesso anno, s’incontrarono in classe ma si vedevano rapidamente anche nella Sala Comune essendo entrambi Grifondoro, ma non socializzarono subito: tutt’altro. Fino all’inizio del terzo anno, non si erano mai parlati. Un giorno, Jackson decise di non andare a lezione e di fingere un malore allo stomaco, rimanendo nella Sala Comune ad oziare.
Ricordava ancora quella sensazione di pace che aveva provato a non indossare la divisa e a restare con il comodo pigiama, steso nel divano e accanto al fuoco.
–Anche tu non hai voglia di imparare?- aveva chiesto lei sbucando dal nulla vestita con un pigiama.
–Per ora la lezione di Storia della Magia del professor Rüf può attendere la prossima settimana- commentò sarcasticamente il ragazzo –Potrei farti la stessa domanda- aggiunse.
–Io ho un bel ma di testa- rispose lei con aria innocente.
–Io mal di stomaco-.
–Siamo come in un ospedale- disse lei ridendo.
Poi, ne susseguirono discorsi, frasi e risate che favorirono la socializzazione tra Jackson ed Andrew. Nei successivi giorni, settimane e mesi, i rapporti tra i due Grifondoro migliorò, anche grazie al fatto che appartenevano alla stessa Casata, che permetteva la possibilità di vedersi e parlarsi più frequentemente.
–Jackson?- chiese Andrew riportando il ragazzo alla realtà.
–Cosa?- chiese lui cascando dalle nuvole.
–Ma sei sempre distratto anche quando hai uno davanti a te?- chiese lei divertita da questo comportamento.
In effetti, un po’ di ragione ne aveva: Jackson era un ragazzo certamente coraggioso, che sapeva farsi valere e molto intelligente, ma aveva sempre la testa fra le nuvole. Riesce a distrarsi molto facilmente e bisogna continuamente richiamarlo alla realtà e farlo evadere da quel mondo dei sogni che si crea in pochi secondi.
–Comunque- riprese lei –Che diamine ti sei fatto alla faccia, anzi, che cos’avete tutti e quattro alla faccia?- chiese senza includere Gary.
Jackson e compari, avevano dei volti rigati dai lividi color bluastro e graffi rossissimi con un po’ di sangue incrostato attorno ad essi. Il ragazzo, guardò l’amica con quello sguardo che spiegava meglio di ogni parola.
–Oh no- disse lei –Non dirmi che avete già ricominciato? Ed è per questo che ci hanno fatto cambiare vagone!-.
–Dovevamo vendicarci in qualche modo, no? Hai visto quello che ci hanno fatto lo scors…- venne interrotto subito da Andrew.
–Non capisci che se continui in questo modo, anzi, se continuate in questo modo, rischiate di ammazzarvi? O peggio, espellere!- il tono della sua voce era calmo, ma estremamente intimidatorio.
–E calmati Andrew- intervenne Jonathan –Siamo durati per cinque anni; pensi veramente che non riusciremo a resistere per altri due annetti? Pff, sarà una passeggiata!-.
–Parli come se fosse un gioco, ma non è come a Quidditch! Avete rischiato di far sospendere il campionato dello scorso anno per una cavolo di rissa alla Babbana; vi rendete conto che così la farete grossa?-.
–Non potranno farlo! Il rendimento scolastico è dalla nostra parte- continuò il dibattito Jonathan.
–Per favore Jackson!- disse Andrew guardando l’amico –Almeno tu, smettila di picchiare! Non serve a nulla!-.
“Oh no” pensò lui “Mi sta guardando con quegli occhi”.
–E-ecco, io, c-come-.
–Andrew sbrigati!- disse la voce di un’amica della ragazza al di fuori dello scompartimento.
Dopo un’ultima occhiata al gruppo di ragazzi, Andrew Line uscì, lasciando che Jackson prenda una boccata d’aria.
–Amico te lo devo dire- disse Jonathan che afferrò un panino –Quella ragazza ti manda in tilt!-.
Jackson rispose ridendo e lanciando un pezzo di carne al suo migliore amico. Il resto del viaggio, da lì in poi, non ebbe alcun disguido e proseguì nel migliore dei modi. Jackson e Jonathan, passarono il restante tragitto, dopo essersi abbuffati di panini e di qualche Gelatina Tuttigusti+1, a dormire per la stanchezza di quella giornata, mentre James ed Eddie si fecero qualche partita a scacchi, prestati da Gary che continuò a leggere o a guardare il panorama esterno che scorreva, o giocando a Sparaschiocco.
–Jackson!- disse la voce di Gary che lo svegliò.
–Mmh?- boffonchiò lui.
–Siamo arrivati, forse è meglio se ti metti la divisa-.
–D’accordo- disse il Grifondoro autoconvincendosi ad alzarsi di malavoglia.
Prese il baule e, dopo aver tirato fuori la sua bianca camicia con lo stemma del Grifone Rosso-Oro, ed i suoi pantaloni interamente neri, si vestì, dopo aver abbassato le tende, per poi uscire dal treno con lo zaino in spalla, il bagaglio in una mano e la gabbia della sua tartaruga dall’altra. Si diressero alle carrozze che partivano misteriosamente da sole.
–Progetti per quest’anno?- chiese Jackson agli altri dopo essere salito per ultimo.
–Io voglio superare il mio record di cento punti in una sola partita- disse Jonathan.
–Anch’io ci voglio provare- aggiunse Eddie.
–Io cercherò di aumentare la mia media scolastica-.
–Io voglio far tornare il Grifondoro a vincere il campionato da capitano. Non riusciamo a vincere dai tempi in cui tuo padre era all’ultimo anno Jackson-.
–Mmh, sarà- rispose il giovane Potter.
–Ti piacerebbe vedere il Grifondoro vincere il campionato, vero?- chiese il Capitano della squadra di Quidditch.
–Certo che mi piacerebbe-.
–E faresti di tutto per permettere ciò?-.
–Dove vuoi arrivare?- chiese Jackson anche se sapeva già la risposta.
–Devi assolutamente unirti alla squadra-. –No- rispose chiaro e tondo.
–Andiamo! Ti ho già detto che devi passare prima i provini!-.
–E io ti ho già detto che non ho assolutamente voglia di allenarmi durante la settimana e non ho alcuna voglia di giocare le partite contro le altre Case: troppa pressione-.
–Ma poi, se riusciremo nel nostro intento, vedrai che sarai contemplato e ringraziato come un eroe!-.
–Ti ho detto di no James; cosa pensi che mi faccia cambiare idea se ho continuato a rifiutare dopo tutto questo tempo?-.
–Pensaci almeno- aggiunse l’amico.
Jackson non rispose e preferì restare in silenzio e attendere che le carrozze arrivassero a destinazione, perché non vedeva l’ora di arrivare alla tavola e mangiare tutto quello che poteva, anche se avrebbe dovuto attendere il consueto Smistamento e la consueta canzoncina del Cappello Parlante. Appena scesero dalle carrozze, fu il professore di Babbanologia a guidarli presso la Sala Grande, inizialmente vuota, con tutti gli insegnanti che si erano già accomodati nelle loro rispettive sedie. I Grifondoro, Serpeverde, Tassorosso e Corvonero, presero posto nei quattro tavoli, per poi attendere che la valanga di “primini” facessero la loro comparsa, cosa che avvenne cinque minuti dopo.
Essi erano impauriti, spaesati e rannicchiati tra di loro, cercando di non staccarsi dal gruppo e di non avvicinarsi ad altri studenti che ridevano con un ghigno sulle labbra: sembravano delle pecorelle che non volevano mantenere la loro individualità, che volevano diventare un tutt’uno che potesse contrastare coloro che avevano già incominciato a fare i soliti “commenti e pronostici di inizio anno” su quale Casa avrebbe scelto per loro il Cappello Parlante che, prima di tutto, iniziò la sua canzoncina che aveva passato a creare e a studiare a memoria per un anno intero.

<<Son anni, anzi, millenni che sono qua,
e la voglia di smetterla questo vecchio cappello, non ne ha.
Ricorda ancora i suoi primi anni,
che veniva paragonato a luridi e sporchi panni.
Ma dal nulla, furono quattro persone dilette ed intellettuali
a fornirmi un’importanza più alta, piuttosto che essere appeso ai pali.
Priscilla Corvonero mi lavò nell’acqua della sua scogliera,
Tosca Tassorosso mi asciugò con la sua bacchetta leggera,
Salazar Serpeverde mi fornì una mente per pensare,
mentre, invece, Godric Grifondoro, una bocca per parlare.
Andava tutto per il meglio,
ma il male è sempre sveglio.
I litigi inizialmente scarsi,
incominciarono ad allungarsi.
I fondatori erano tre contro uno,
uno voleva le antiche dinastie, gli altri tre il talento in ognuno.
Allora l’unico se ne andò per la sua strada,
sperando che la sua gloria all’interno del Castello non se ne vada.
Da quel giorno in poi molte cose sono cambiate,
presidi, insegnanti, regole, giorni e date.
Guerre, battaglie e morti han macchiato il passato,
ma alla fine, quel che è passato è passato.
Nuova era, nuova Hogwarts e nuovo Ministero,
per evitare che torni quel periodo buio e nero.
Ora ogni essere vivente è più sveglio,
cercando di cambiare per restare al meglio.
Ma io non sono mai cambiato affatto,
perché sempre il mio dovere ho fatto,
perciò signore si metta comodo e resti attento
perché proprio adesso inizia lo Smistamento!>>.

Ne susseguirono i sonori applausi di tutta la Sala per la scenetta divertente ed interessante, per poi passare allo Smistamento vero e proprio, mentre Jackson e compari, non ci vedevano più dalla fame!



Angolo dell'autore: Dunque, spero che vi sia piaciuta la "guerra" tra queste due Casate, perchè comunque, a mio parere, rende la storia più interessante ed avvincente. Spero, inoltre, che abbiate gradito la poesia inventata da me e cantata dal Capello Parlante; vi giuro che ho impiegato molto tempo per inventare una poesia in rima che avesse senso!
Infine, per ultimo punt, spero che voi abbiate notato che l'amica di Jackson "Andrew", abbia detto un qualcosa che, solitamente, è pronunciata dalle labbra della nostra cara Hermione ;) e poi vorrei anche aggiungere che per la sua descrizione mi sono basato sull'aspetto di un'amica a me molto cara che mi ha aiutato in un momento buio e triste della mia vita.
Spero vivamente che possiate e vogliate continuare a leggere questa storia e, soprattutto, che possiate recensire e darmi tanti giudizi :)
A presto e buona lettura!

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5


Dopo il lungo Smistamento, il vice Preside disse che il discorso di inizio anno del Preside, inizierà e finirà dopo cena, così, con un rapido movimento della bacchetta, le tavole si riempirono di bevande e alimenti prelibati e stuzzicanti.
–Le portate non sono iniziate nemmeno da dieci secondi ed iniziate già ad abbuffarvi come maiali?-. chiese stupita Andrew.
–Miseriaccia ho fame!- esclamò Jonathan dopo aver mandato giù una coscetta di pollo.
–Non ha tutti i torti- lo appoggiò Jackson addentando un pezzo di agnello.
–Hai sentito l’ultima voce?- chiese una voce di un ragazzo di Tassorosso che stava nel tavolo alle spalle di Jackson.
–Sarebbe?- rispose l’altro.
–C’è già stata una mega rissa tra Grifondoro e Serpeverde sul treno e pare che abbiano vinto i Grifondoro essendo solamente in quattro!-.
–Stai scherzando?- chiese l’altro stupito.
–No, no; anche quest’anno ne vedremo delle belle-.
Il giovane Grifondoro sorrise soddisfatto ed incominciò ad avere la consapevolezza del fatto che stavano acquisendo la stima di tutti.
–Com’è andata la tua estate Jackson?- gli chiese Amir Thomas, ragazzo di origini Marocchine e cacciatore della squadra di Grifondoro, che gli stava di fronte.
–Niente di che: è stata una buona estate in fin dei conti-.
–M-mi dispiace per quello che è successo a tuo nonno- gli disse sottovoce l’amico.
–Grazie dell’appoggio- rispose il giovane Potter sorridendogli –Piuttosto, com’è andata la tua di estate?-.
–Oh ecco, io sono tornato in Marocco per visitare alcuni parenti e amici dei miei genitori e ho avuto modo di approfondire la mia conoscenza sulle Pozioni e l’Alchimia: non hai idea degli ingredienti, pozioni e ricette che vendono a Khān el-Khalilī al Cairo-.
–E che diavolo sarebbe?- chiese confuso Jackson.
–E’ un bazar, ovvero un’area di commercio dedicata interamente al mercato di qualsiasi tipo: vestiti, cibo, tessuti e spezie pregiate ma soprattutto bacchette magiche ed ingredienti per pozioni-.
–Sembra interessante-.
–Lo è; non potresti nemmeno immaginare la vastità presente-.
Dopo la lunga conversazione sulla Magia Marocchina e le sue fasi più importanti, Jackson riprese a concentrarsi sul cibo che aveva nel tavolo. –Ciao Jackson!- disse una ragazza alle sue spalle. Il ragazzo si girò e vide che era la voce di Alexia Murphy. L’intenzione della ragazza appartenente alla Casata dei Tassorosso, sembrava semplicemente quella di un saluto veloce anche se l’entusiasmo posto era evidente, allora Jackson, rispettando il codice della cortesia, decise di salutarla di rimando. –Ciao- rispose, anche se non con tanta vivacità.
–Attento amico- gli disse con un ghigno sul volto Jonathan.
–Attento a cosa?-. –Bè lo sai: le ragazze stanno vedendo un certo fascino in te!- disse lui malizioso e provocante.
–Ma che dici?- disse Jackson che si sentiva un po’ lusingato da quei complimenti.
–Andiamo Jackson! Rappresenti il genere di ragazzo che tutte le ragazze cercano: forte, coraggioso, ribelle, con l’occhiolino facile ma hai una buona dose di…-.
–Fascino- aggiunse Andrew. –Fascino?- chiese il moro confuso.
–Sì piccolo scimpanzé… fascino!-.
–E tu che ne sai di fascino?-.
–Pronto? Sono una ragazza tesoro!- rispose lei ironica.
–Sei proprio un idiota- si aggiunse James che stava al fianco di Jonathan.
–Oh sì concordo anch’io su questa cosa- disse anche Gary al fianco di Amir -Pensavo che fossi un tipo un po’ più sveglio-.
–Ma perché mi date tutti dello stupido?- chiese Jackson che incominciava ad innervosirsi.
–Stanno cercando di dirti- cercò di aiutarlo a ragionare Eddie, che stava al fianco di Andrew –Che da quando tu frequentavi il quarto anno, le ragazzine non facevano altro che sbavarti dietro!-.
–Come?!- chiese il giovane Potter sorpreso.
–Sì tesoro; quando sono al bagno, non faccio altro che sentire “Secondo te mi avrà notato Jackson Potter?” oppure “Hai visto i capelli di Jackson?” o roba come “Mi perdo completamente negli occhi di quel Grifondoro e non capisco il perché!”- gli disse l’amica.
Jackson rimase completamente spiazzato da quelle parole; rimase immobile a pensare a come diamine aveva fatto a non comprendere come il mondo stesse attorno a lui.
–E non dico solo ragazze della nostra Casata: intendo anche le ragazze delle altre Casate- aggiunse lei.
–Jackson?- chiese Jonathan vedendo che l’amico non dava segni di vita.
Era come bloccato. –Come?- chiese lui. –Hai capito quello che ti abbiamo appena riferito?-.
–Sì- rispose lui calmo. –E quindi?-.
–E quindi cosa?-. –Come cosa? Cosa intendi fare adesso?-.
–Nulla-: Jackson, durante quei velocissimi istanti, pensò che forse era meglio che la situazione si smuovesse da sola.
Certo, era già uscito con circa tre o quattro ragazze, ma tutte Grifondoro e non rimediò altro che qualche bacio, ma l’idea che altre ragazze di altre Casate avevano occhi soltanto per lui, incominciava ad interessargli.
–Come nul…- tentò di continuare ad estorcere informazioni dall’amico Jonathan, ma venne interrotto dalla voce del Preside “Rodolfo Sinister”, in carica da ben tre anni, dopo il ritiro dell’ex Preside “Arnold Hall”.
Il professor Sinister è un uomo di età che si aggirava intorno ai sessant’anni, abbastanza alto, con capelli lunghi e neri, a parte il fatto che sul davanti non aveva alcun capello: una parte della testa priva di peli, che rendeva la sezione frontale della testa una vera lampadina, grazie al riflesso della luce delle candele e lampade. Nel corso della sua vita, aveva studiato molto Pozioni, infatti era stato riconosciuto con il secondo Ordine di Merlino, terza classe ed è diventato il secondo miglior Pozionista ed Alchimista dell’odierno secolo, ma era anche il professore di Pozioni.
–Grazie per il vostro silenzio!- disse lui con voce molto più elevata del normale grazie all’incantesimo Sonorus –E grazie per la vostra attenzione! Sono veramente contento di vedere facce nuove e di rivedere facce vecchie. Avere la consapevolezza del fatto che anche quest’anno sarò una delle persone che tenterà di uniformare mentalmente, fisicamente e magicamente questi giovani ragazzi e ragazze, mi riempie il cuore di gioia e di felicità.
Vorrei subito elencare alcuni fatti importanti: prima di tutto, i provini per le squadre di Quidditch inizieranno la prossima settimana e spetterà ai capitani delle squadre decidere quale sarà il giorno di cui usufruiranno. Secondo punto: le lezioni inizieranno domani mattina alle nove in punto! Suggerisco agli studenti del primo anno di equipaggiarsi di una Mappa per trovare le aule giuste e non intoppare nel Campo da Quidditch- disse lui scatenando le risate degli studenti, soprattutto dei nuovi arrivati –Mentre il terzo punto indica l’importanza del lavoro dei Prefetti con il dovere e l’obbligo di favorire l’ordine e non il caos! E penso che molti di voi comprendano cosa io intenda per caos!- continuò Sinister aggiungendo un pizzico di serietà e severità nelle ultime parole.
–Per il resto- disse tornando con un tono normale –Buon anno a tutti, buona permanenza ad Hogwarts e buona dormita!-.
Dopo le parole del Preside, echeggiava nella grande sala il rumore dei piedi che strusciavano sul grande pavimento di marmo, insieme ai richiami dei Prefetti che avevano il compito di guidare i nuovi arrivati al Dormitorio e a spartirgli nelle varie stanze che erano disponibili.
–Ci vediamo dopo- disse Andrew che se andò con James, essendo Prefetti, per ritirare la parola d’ordine d’entrata e per guidare i bambini ed evitare che si perdano.
–Dai forza, andiamo in Sala Comune, ho voglia di sgranchirmi un po’ le gambe- suggerì Jonathan. L’avrebbe seguito, ma il Preside Sinister, fermò il giovane Potter.
–Mi scusi se la disturbo signor Potter, ma dovrei scambiare due parole faccia a faccia con lei-.
Jonathan guardò strano il Preside, ma dopo le raccomandazioni di Jackson, andò in Dormitorio con Eddie e quando il Pitbull ed il ragazzo Anglo-Bosniaco furono gli ultimi a lasciare la Sala Grande, il Preside si decise a parlare dopo momenti di silenzio. –Bene, dunque, da dove posso cominciare?- incominciò assumendo una posizione pensante –E’ incredibile che siamo qui da pochissime ore e che mi sia già arrivata una notizia da parte del professor Paciock sul fatto che si è scatenata una rissa. Insomma una rissa! Sull’Espresso stesso!- parlava in modo molto calmo, ma continuava ad esprimere molta severità.
–Non posso sopportare questo genere di comportamento! Glielo sto ripetendo da anni! Sta rischiando grosso signor Potter. Ma non solo lei: anche i suoi amici e, come li chiamate voi, “nemici”. Se non fosse per il fatto che continuate ad apportare importanti punti in ambito scolastico e sportivo alla nostra scuola permettendoci di avere continui fondi dal Ministero che aumentano le possibilità dell’innovazione tra il personale, gli strumenti e le strutture, io vi avrei già sbattuti fuori!-.
–Ha detto bene Preside: avrebbe- protestò Jackson.
–Mi preoccupo per voi signor Potter: non lo capisce? Come possono delle menti brillanti come voi, che avrebbero le possibilità di entrare nei più grandi e alti ranghi della società del Mondo Magico come gli insegnanti, i Presidi, gli intellettuali e pensatori del Ministero della Magia, o addirittura il Ministro della Magia, avere dei comportamenti così “animaleschi”?-.
–Senta Preside, io…- tentò di giustificarsi lui ma venne interrotto da Sinister.
–Se non riuscirai ad aumentare i tuoi debiti e crediti scolastici dovrò espellerti-.
Jackson rimase ammutolito: completamente. –C-cosa?- chiese lui.
–Mi hai sentito Jackson: adesso dovrai impegnarti un po’ di più. Non basti che tu ottenga dei buoni voti, adesso voglio vederti frequentare qualche attività extra-scolastica-.
–A-ad esempio?- chiese il ragazzo ancora sotto shock.
–Bè, disponiamo di un club di Pozioni, di Gobbiglie e di scacchi. Disponiamo anche di nuove attività come la “filosofia”, presa di spunto dalle materie Babbane. Oppure può frequentare Astronomia, passata da materia scolastica ad attività extra-scolastica assieme a Cura delle Creature Magiche. Ci sono anche i “Circoli di Lettura” in Biblioteca ma può frequentare dei Master di specializzazione in Pozioni, Incantesimi e Difesa contro le Arti Oscure. Oppure, penso che a lei potrebbe andare bene il Quidditch-.
–Quidditch?-.
–Sì: ho notato che nelle prime lezioni di volo, si destreggiava in maniera abbastanza agile e piacevole da vedere. E poi, le serve un’attività immediatamente e i provini per far parte della squadra sono la prossima settimana-.
–Non ho una scopa-.
–Gliene potrà fornire la scuola o direttamente un suo amico: potrebbe anche ordinarla! I nostri gufi sono rapidissimi nelle consegne-.
–Non ho equipaggiamento-.
–Ripeto: o glielo fornisce la scuola o glielo presta un amico o lo ordina-.
–D’accordo, ci penserò-.
–Non c’è molto tempo per pensare signor Potter: pensi in fretta e con cura-.
–Grazie del consiglio, buonanotte signore-.
–C’è un’altra questione di cui dovrei parlarle-.
–E sarebbe?- chiese Jackson sperando che fosse un’altra brutta notizia.
–E’ strano, siccome non succede prima di domani mattina, ma c’è posta per lei-.




Angolo dell'autore: Allora, spero che vi sia piaciuto questo capitolo sperando che abbiate compreso che genere di personaggio sia Andrew, ma che abbiate capito anche che genere di personaggi siano tutti gli amici di Jackson. Spero non mi mangerete perchè ho messo al nuovo Preside, il cognome di "Sinister", perchè sarà un personaggio importante anche lui all'interno della storia. 
Comunque, ho pensato che siccome quasi un secolo dopo che Harry e compari hanno abbandonato Hogwarts, ho pensato che dopo la guerra ci potessero essere delle possibili Riforme da parte del Ministero all'interno dell'istruzione scolastica del Mondo Magico, ma anche di altri settori, come il Quidditch.
Infine, allacciate le cinture, perchè penso che questa "posta", sia molto importante per dare una svolta alla vita del nostro caro Jackson.
Ultimissima cosa: recensite, recensite, recensite e recensite perchè devo cercare di capire se la storia vi piaccia o no.
Grazie ancora e buona lettura!

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6

-Com’è possibile che mi sia arrivato un pacco?- chiese sorpreso Jackson.
–Mi sto facendo la stessa domanda signor Potter, quindi, con il suo consenso, penso che dovrebbe aprirlo davanti ai miei occhi- propose Sinister.
–E perché dovrei farlo davanti a lei e non davanti ai miei amici o senza alcuna persona presente?- chiese perplesso il ragazzo.
–Credo che quel pacco sia molto sospetto; tutto qua-.
–Non crede che le protezioni adottate sul territorio scolastico avrebbero potuto individuarne un possibile pericolo?-.
–Se devo essere sincero, ci ho pensato ma non mi è giunta alcuna segnalazione-.
Jackson ci pensò per qualche secondo, ma poi acconsentì, siccome il Preside sembrava abbastanza preoccupato e sarebbe stato giusto togliersi qualsiasi dubbio. E poi, se si manifesterebbe qualche pericolo, Sinister sarebbe riuscito a proteggerlo ed annientare il pericolo stesso.
–Perfetto, seguimi nel mio ufficio-.
Salirono fino al terzo, percorrendo un percorso di una Hogwarts completamente vuota e silenziosa: non aveva mai sentito tutta questa calma, il giovane Grifondoro. Dopo aver pronunciato la parole d’ordine di accesso al grande Gargoyle, i due entrarono. Jackson aveva sempre adorato quell’ufficio pieno di libri, quadri di ex Presidi e oggetti strani, complicati ma belli da vedere nell’estetica e nella loro funzione.
–Bene Jackson, accomodati pure; gradisci del thè?- chiese gentilmente il Preside.
–No grazie, sto bene così- rispose lui.
–Ottimo! Allora, siccome non ho altro da offrirti, procediamo-.
L’uomo si diresse verso la sua scrivania e prese quella che sembrava una normale busta, o un normale pacchetto.
–Forza, aprilo-.
Jackson prese il pacchetto, aveva le mani tremanti e la bocca secca e avrebbe giurato che una goccia di sudore gli abbia rigato la parte facciale sinistra. Fece uno strappo irregolare e portò fuori quella che sembrava una fiala di pozione né molto grande né molto piccola ma che avrebbe potuto tranquillamente nascondere nella tasca dei pantaloni.
–Wow- disse meravigliato il Grifondoro: quella fiala conteneva un liquido che arrivava fino all’orlo di colore blu ma anche viola. Era incredibile come quei due colori non si fossero mischiati formando un colore omogeneo ma erano riusciti a mantenere la loro forma.
–Affascinante- commentò Sinister altrettanto meravigliato –C’è dell’altro?- chiese.
Jackson continuò a frugare e tutto quello che era rimasto, era soltanto un cofanetto molto sottile ma abbastanza lungo. Con un naturale movimento della mano mise abbastanza forza per poter aprire quell’oggetto: moriva dalla voglia di vedere che cosa ci fosse all’interno. Però, non riusciva ad aprirlo: era bloccato.
–Allora?- chiese perplesso Sinister.
–Non si apre- disse Jackson piuttosto spazientito da quell’oggetto. –Prova con un Alohomora- suggerì il Preside: magari su di esso hanno applicato un incantesimo che permetta di non aprirlo a mani nude.
–Alohomora!- pronunciò Jackson dopo aver estratto la bacchetta dalla tasca: non diede alcun risultato.
–Fa provare a me- chiese Sinister che prese il cofanetto ed incominciò a gettarci sopra incantesimi di ogni tipo: addirittura, l’uomo si era preso il sospetto che in realtà fosse un essere vivente tramutato o trasfigurato in quell’oggetto, cercando di esercitare incantesimi che solitamente venivano adottati su tutto ciò che respira. –Accidenti!- disse con poca grazia scocciato Sinister –Ci penseremo dopo, adesso è meglio analizzare quella fiala Jackson-.
Era strana, perché non si sapeva cosa aspettarsi e non si sapeva che cosa bisognasse fare.
–Ti faccio una proposta- disse il Preside –Ti chiedo solamente di lasciarmi una sola goccia del liquido presente nella fiala, così che io possa analizzarla e scoprire che cosa c’è all’interno… che ne pensi?-.
Jackson ci ragionò su: “Di certo, anche se sono abbastanza bravo in Pozioni” pensò lui “Non credo che possa riuscire a fare tutto da solo e poi il professor Sinister ha dietro di sé anni e anni di esperienza”. –E poi- continuò Sinister –Metti in conto il fatto che il cofanetto ed il resto della fiala sono di tua proprietà che potrai tranquillamente tenere nascosti al sicuro nel tuo baule-.
Questa frase, sembrò sentenziare quello che il ragazzo, comunque, aveva già deciso –D’accordo- rispose lui che si fidò dell’uomo che ha sempre chiuso un occhio per lui ed i suoi amici. Così, dopo aver estratto una singola goccia dalla fiala, Jackson augurò la buonanotte al direttore della scuola e si apprestò ad avviarsi verso il settimo piano: era sfinito! La faccia incominciava a creargli fastidio e doveva assolutamente lavarsi la faccia per levarsi il sangue incrostato rimediato durante la scazzottata sul treno.
Arrivò, dopo una lunga camminata passata ad ammirare e ricontrare Hogwarts, con qualche saluto a qualche quadro che gli rivolgeva la parola, al settimo piano e, davanti a sé, si presentò la Signora Grassa in tutta la sua orrenda grazia e leggermente brilla, probabilmente per qualche bicchierino di vino bevuto assieme a Violett.
–Parola d’ordine?- chiese lei.
Solo in quel momento, il giovane Potter, realizzò che non aveva visto nessuno dei suoi amici e dunque nessuno era riuscito a comunicargli la parola d’ordine. “E adesso?” si chiese lui in preda al panico.
–Non puoi farmi entrare? Almeno per stanotte!-.
–Non si entra senza la parola d’ordine!- rispose lei all’imperativo.
–Per favore- chiese Jackson supplicando: insomma, stava supplicando!
–Ribadisco quello che ho detto poco fa ragazzo… non si entra senza la parola d’ordine!-.
–Ma va al diavolo- gli disse Jackson che stava per allontanarsi, ma sentì che il buco del ritratto alle sue spalle si era aperto e la testa di Jonathan lo stava richiamando all’interno.
–Si può sapere dove sei stato?- gli chiese lui.
–Sinister mi ha tenuto per le lunghe- si giustificò lui.
–Entra dai, e ricordati che a parola d’ordine è “John Locke”- gli disse l’amico facendolo entrare all’interno della Sala Comune: che bella sensazione sentiva il ragazzo all’interno di quella stanza. Il cammino spento, i divani e le poltrone rosse, i quadri di celebri uomini e donne che sono passati alla storia a cui appartenevano alla sua stessa Casata. Come non notare il quadro di suo nonno appeso nel muro: da adesso in poi, avrebbe dovuto farci l’abitudine ed evitare di commuoversi troppo spesso ogni volta che ammirava quell’opera artistica ed animata dalla magia e gli incantesimi.
–Allora? Che ti ha detto?- gli chiese il rosso.
–Ecco, per fartela breve, mi ha fatto la solita ramanzina per la scazzottata con i Serpeverde e mi ha avvertito del fatto che dovrò cercarmi un’attività extra-scolastica, altrimenti mi espellono: evidentemente vuole che mi dia da fare anche al di fuori dello studio e smetterla di oziare-.
–Ho sentito bene?- disse la voce di un ragazzo che Jackson aveva già riconosciuto dopo due secondi: James era in ascolto e avrà sicuramente sentito tutto quello che è uscito dalla bocca dell’amico.
–Hai bisogno di un’attività extra scolastica?- gli chiese il capitano di Quidditch sprizzante di felicità.
–Sì, ne ho bisogno- rispose arreso Jackson che dovrà sicuramente accettare la proposta dell’amico.
–Ottimo! Allora scommetto che sarà il Quidditch, no?-. –Sì-.
–Wow! Mitico, perfetto, fantastico! Finalmente potrò vedere le doti di Jackson Potter all’opera! Mi raccomando, i provini si terranno il lunedì successivo alle nove in punto del mattino: così potrai liberarti della scuola per quel giorno. Bene, buonanotte a tutti!- disse per poi sparire sulle scale che portavano alle stanze da letto.
–Quel ragazzo dovrebbe rivedere le sue priorità- disse Jonathan ridendo.
–E’ riuscito a convincere tutta la banda. È ovvio che è contento, se non estasiato-. –Forza andiamo a dormire- gli disse Jackson.
–Un momento- lo fermò Jonathan –Cosa sono quelle cose nella tasca?- gli chiese sospettoso. “Di lui mi posso fidare” pensò il Grifondoro “In fondo, è il mio migliore amico”.
Il giovane Potter portò fuori la fiala ed il cofanetto mostrandoli al Weasley. –Che roba è?- chiese lui.
–Mi è arrivata in questo momento per posta-.
–Ma di solito la posta non arriva prima di domani mattina?-.
–Sì, è questa la cosa strana, in più Sinister vuole far luce su questo mistero e ha preso un campione del liquido contenuto in questa fiala e lo analizzerà per scoprire di che si tratta-.
–E nel cofanetto?-.
–Non si apre, è come sigillato da un incantesimo molto potente-.
–Capisco; e tu hai qualche idea su perché, come e soprattutto chi ti abbia mandato un cofanetto che non si apre ed un liquido di cui non si comprendono le caratteristiche?-.
–Niente, ma nei giorni successivi mi incontrerò nuovamente con il Preside e vedremo se ha trovato o scoperto qualcosa-.
–Forse, adesso- disse Jonathan aggiungendoci un lungo sbadiglio –E’ meglio se andiamo a dormire: domani alla prima ora abbiamo Difesa contro le Arti Oscure-.
–Sì hai ragione- disse sbadigliando Jackson dopo essere stato contagiato dall’amico. E così, i due, si diressero verso le scale, per poi, senza far rumore, entrare nei loro letti e dormire per la prima volta ad Hogwarts.
Il mattino successivo, tutti si svegliarono molto presto ed incominciarono ad intravedere l’enorme differenza tra casa e scuola.
–Forza Jackson svegliati!- gli disse Gary che era già pronto per scendere a fare colazione.
–Cinque minuti mamma- supplicò il ragazzo.
Questa frase, scatenò la risata di tutti i compagni di Grifondoro che stentavano ancora, tranne Gary già vestito e sveglio. Sembrò che la risata provocò una sensazione di risveglio e di creazione di energia in tutti, così che Eddie, James, Jonathan e, per ultimo, Jackson, si alzarono dai loro letti, si vestirono e scesero nella Sala Comune.
–Come hai dormito?- gli chiese Eddie.
–Abbastanza bene, grazie. E tu?-.
–Molto bene, è stato tutto molto riposante- rispose l’Anglo-Bosniaco.
–La borsa!- disse Jackson ricordandosi all’improvviso di non aver preso e nemmeno preparato la borsa con all’interno i quaderni, le penne e l’inchiostro –Voi andate- disse il ragazzo –Io vi raggiungo-.
Così, in tutta la calma del mondo, il giovane Potter risalì, faticosamente, la scalinata che conduceva alle stanza da letto e preparò la borsa. Quando riscese, vide una folta chioma bruna davanti a sé che lo salutò vivacemente, ma molto assonnata.
–Ciao Jackson- gli disse lei dopo uno sbadiglio.
–Ciao Andrew, che ci fai qui?- gli chiese lui.
–Mi sono alzata tardi e le altre sono già scese in Sala Grande-.
–Capito, dai andiamo- gli disse allora Jackson.
Così, insieme, andarono al di fuori del ritratto ed incominciarono a scendere le scale.
–Pronta per la prima lezione?- chiese lui.
–Non me ne parlare; il professor Newton sarà anche intelligente ma pretende un po’ troppo dalle nostre abilità-.
–Ma dai, sarà interessante e poi vedrai che riuscirai ad accendere la fiammella- la incoraggiò lui. –Vedremo- rispose lei non tanto fiduciosa.
Il professor Newton, era un professore che aveva circa quarantaquattro anni e portava degli occhiali rotondi simili a quelli di nonno Harry di color argento, mentre i capelli neri incominciavano a dare segni di cedimento all’età. È un professore che è sempre disponibile a dare una mano ai suoi studenti ma quando tutta la classe incomincia a dare segni di distrazione, soprattutto dopo che il professor Newton ha ripreso tutti svariate volte, impazzisce completamente dalla rabbia diventando abbastanza furioso.
Solitamente, però, questo genere di episodi accadevano di rado siccome c’era grande rispetto tra professore e studenti.
Finalmente, dopo un lungo tragitto, arrivarono in Sala Grande e raggiunsero i compagni. 




Angolo dell'autore: Devo dire che ero un pò scettico, ma alla fine ho deciso di pubblicare questo capitolo così com'è e spero che voi che lo leggete, abbiate gradito il mio lavoro. Volevo giusto soffermarmi su alcuni punti: il professor Newton è un professore che ho creato basandomi sul mio professore di Italiano che stimo molto e che mi da una mano a crescere come scrittore e spero che possiate capire che, così come sta simpatico a Jackson, sta simpatico anche a me.
E poi, il fulcro di questo capitolo, penso che tutti voi abbiate compreso quale sia: la fiala ed il pacchetto misterioso. non voglio aggiungere niente su questo punto perchè tanto scoprirete maggiori infirmazioni nei capitoli successivi.
Perciò, continuate a leggere e recensite così che possa capire se mi esprimo chiaramente e se vi piace come la storia si stia evolvendo.
Grazie a tutti e buona lettura!

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7


–Finalmente- disse James che occupava ai due i posti in mezzo alla lunga tavolata –Pensavo che non arrivassi più: ascoltami bene. I provini sono molto vicini, quindi ti conviene ordinare l’equipaggiamento adatto: intendo dire, ad esempio, una maglia di allenamento, un paio di guanti, in pelle di drago possibilmente, insieme soprattutto alla scopa. Ecco tieni- gli disse James passandogli un foglio.
–Che cos’è questo foglio?- gli chiese Jackson.
–Non è un foglio, è un modulo che, se lo compilerai in breve tempo, spedirò immediatamente agli “Accessori di prima qualità per il Quidditch” che mi farà avere la roba stasera stessa-.
Jackson ci pensò su, soprattutto per la somma di falci che avrebbe dovuto spendere, senza contrare sul fatto che non era sicuro del fatto che sarebbe riuscito a superare i provini. –Passami una penna- disse lui deciso.
–Così si fa amico!- gli disse contento il capitano della squadra di Quidditch che gli passò immediatamente una penna dalla tasca, come se avesse previsto che il giovane Potter avrebbe accettato la sua offerta.
–Tranquillo per il costo di tutta l’attrezzatura- gli disse Jonathan che lo affiancava alla sua sinistra –Dopo la riforma che il Ministero ha fatto nel Quidditch, spenderai molto meno-.
–Che vorresti dire?- chiese Andrew interessata mentre si versava del succo di zucca nel bicchiere.
–In pratica- rispose il rosso –Da molti anni, nel Congresso Internazionale del Quidditch, si è discusso della troppa attrezzatura che i giocatori portavano. Così, da quest’estate, hanno deciso di eliminare gli stivali, hanno accorciato le divise, mentre l’”armatura pettorale”, invece di indossarla sopra la divisa, la si deve indossare sotto la divisa-.
–Ma come faranno i giocatori a salvarsi se cadranno dalle scope senza un minimo di protezione?- chiese lei sconcertata.
–Tranquilla, hanno pensato anche a questo: in pratica, sul manto erboso, viene applicato un incantesimo che permette ai giocatori, nel caso cadano dalla propria scopa, di avere la sensazione di atterrare in un materasso morbido, così nessuno si romperà le ossa-.
–E che scopo avrebbe questa riforma?-.
–Innanzitutto, fanno risparmiare tutte le squadre del mondo, in modo tale che il bilancio di fine anno sia sempre verde e poi accelerano la velocità e lo spettacolo del gioco-.
Jackson, durante la conversazione dei suoi due amici, aveva già deciso di ordinare una maglietta di allenamento rossa ed un paio di guanti in pelle di drago color oro, mentre era ancora indeciso per la scopa.
–Ehi ragazzi, potreste darmi una mano per scegliere la scopa su cui volare?- chiese lui che non ne capiva nulla.
–Prendi la Comet Turbo- gli propose Eddie –E’ veloce e leggera-.
–Non stare ad ascoltarlo Jackson- s’intromise Gary che, in materia di statistiche su Quidditch, era certamente il migliore –Dice così solamente perché la provenienza di quella scopa è Bosniaca: piuttosto, scegli la Buster 40. Essa ha un design del manico incredibile, in più hanno incorporato ad esso peli di unicorno! La differenza con le altre scope sarà immensa. I fili della scopa, invece sono stati realizzati con i rami di un Platano Picchiatore! Prova ad immaginare la sua potenza ed aggressività!-.
–Vorrei tanto comprarla- disse Jackson interessato e convinto del fatto che il suggerimento dell’amico fosse il migliore –Ma costa troppo e non posso sperperare tutto il mio denaro: me ne serve una più economica-.
–A te la scelta amico: preferisco non immischiarmi in queste cose- gli disse Jonathan, così come James.
–Perché non scegli questa?- gli chiese Andrew indicando una scopa nella rivista che Jackson aveva sotto il naso quando tutti gli altri erano troppo occupati a mangiare, a conversare o ad adocchiare ragazze.
–Una Firebolt?- chiese stupito e perplesso della scelta dell’amica –Ma è uscita nel 1993!-.
–Sì, ma adesso ti spiego- disse lei sistemandosi i capelli –Questa scopa, ormai è vecchia e questo è vero. Però, siccome tu non segui alcun programma sportivo o leggi delle semplici riviste di tanto in tanto, qualche mese fa l’ex giocatore e capitano dei Cannoni di Chudley Joey Jenkins, ha rilasciato delle dichiarazioni nella quale afferma che la Firebolt è la scopa migliore della storia del Quidditch per svariati fattori: il primo è che nonostante la sua grandezza, vola veloce come un colibrì. Il secondo fattore è che ha un’aereodinamica che nessuna delle altre aziende che producono scope volanti è mai riuscita ad imitare. Mentre il terzo fattore, che sarebbe quello più importante secondo Jenkins, è il fatto che quella è una scopa è facile da smontare e rimontare-.
–E quindi?-.
–E quindi tu sei uno scemo!- disse lei ridendo all’incomprensione dell’amico –Non capisci che essendo facile da smontare e rimontare, allora si possono aggiungere pezzi che possano migliorare la scopa e tutti possono farlo. Potresti trovare persino ad Hogwarts quei pezzi che possano migliorare la Firebolt e quindi farla diventare più competitiva, più veloce, più aggressiva e più bella da vedere esteticamente di qualsiasi altra scopa!-.
–Wow- disse Jackson dopo aver fissato Andrew per parecchi secondi senza dire una parola.
–Non pensavo che fossi così tanto esperta in materia-.
–Credi che io non abbia mai giocato a Quidditch? O almeno, ci provavo- concluse con una risata.
Conosceva quella ragazza da diversi anni ma continuava a scoprire lati che erano ancora celati: tutto ciò era molto divertente ed interessante. Concluse di compilare il modulo e, dopo averlo consegnato a James, si apprestò a dirigersi verso il terzo piano assieme ai suoi amici.
–Grazie Andrew, spero che mi aiuterai siccome sei più esperta di me-.
–Tranquillo tesoro, possiamo farla anche domani sera; tanto c’è ancora un sacco di tempo prima dei provini-.
Erano arrivati al terzo piano ed entrarono nella stanza. Andrew, Gary e le sue amiche erano entrate per prime, ma fuori erano rimasti Jackson, Jonathan, Eddie e James assieme a Wilson Brolingbroke, Phil Summerby, Daniel Payne ed Anthony Paddock.
–Vi faremo la festa schifosi Grifoni!- disse Payne minaccioso.
–Davvero?- chiese Jonathan –Perché non ti avvicini un po’ di più schifosa Serpe?!-.
–Sono qui idiota!- gli disse Payne che si avvicinava a passo accelerato verso il Weasley.
–Fermo!- gli disse Jackson fermando l’amico.
–Che cosa vuoi Potter? Non hai il fegato?- s’intromise Paddock. –
Dopo la lezione- disse semplicemente e tutti compresero immediatamente quello che aveva detto e, dunque, entrarono in classe come se nulla fosse accaduto. Svariati Tassorosso, Corvonero, Grifondoro e Serpeverde si apprestavano ad aspettare che il professor Newton entrasse in classe. –Buongiorno- disse lui con un sorrisetto sul volto entrando nell’aula con la borsa nera in spalla.
A differenza degli altri insegnanti, che preferivano indossare vestiti molto eleganti e colorati, lui preferiva vestirsi semplice, con, solitamente, delle magliette unicolore (grigie, nere, rosse) e dei jeans normali. Molti lo criticavano, ma Jackson pensava che quell’uomo rappresentasse la semplicità dentro un mondo complesso; rappresentava la distinzione dalla massa e lui lo stimava molto.
Il professor Paciock era molto amico di Newton e solitamente si davano una mano l’un l’altro nelle valutazioni complessive degli studenti.
–Sono molto contento di rivedervi ragazzi. Ma sono anche molto contento del fatto che tutti voi abbiate passato i vostri G.U.F.O. che andavano dall’Oltre Ogni Previsione all’Eccezionale. Ma non perdiamoci in chiacchiere ed incominciamo la lezione perciò prendete il vostro libro “L’insieme degli Animali” a pagina dieci.
Oggi introdurremo il Graphorn: è una creatura magica che vive sulle montagne. È un grosso animale, dal pelo grigio-viola, gobbuto e dotato di due corna affilatissime, e che cammina su due zampe.
È un essere veramente aggressivo, infatti i Troll, che ne fanno loro cavalcature, ne escono malconci quando cercano di domarlo. Apprezzato nell'animale sono la pelle, più resistente di quella di Drago e che respinge quasi tutti gli incantesimi, ma soprattutto le corna, la cui polvere (costosa per via dell'approvvigionamento) viene usata nella preparazione di molte pozioni.
Inoltre, l'animale viene rappresentato sotto il numero runico del due, per via appunto delle corna-.
Il resto della lezione, procedeva nel migliore dei modi ma qualche Grifondoro incominciava, negli ultimi dieci minuti della lezione, a pensare a quello che sarebbe successo dopo. Jackson era pronto a fronteggiare i Serpeverde con le unghie e con i denti.
–Hai qualche diversivo nel caso ci trovassimo in difficoltà?- chiese il giovane Grifondoro a Jonathan.
–Tranquillo: adesso non esco mai senza Gas strozzante o Polvere Buiopesto nella tasca-.
–Ottimo-.
Aspettarono che la lezione terminasse e, dopo che la campanella suonasse e tutti si furono riversati nel corridoio, quattro Serpeverde contro quattro Grifondoro, incominciarono a guardarsi dritti negli occhi. Senza dire niente, senza parlare, senza esprimere alcuna parola, come se fossero due antiche armate composte da migliaia di uomini, si scontrarono come due onde che viaggiavano l’una contro l’altra.
Jackson aveva già incominciato a lottare contro con Payne, quello che più odiava, quello che più sentiva come suo nemico. Poteva intravedere e sentire, che attorno a loro, gli altri studenti, si erano messi a distanza di sicurezza attorno agli otto ragazzi che si azzuffavano in modo da formare un cerchio perfetto, come se fosse un’arena, come se fosse un Colosseo e loro i Gladiatori.
Pugno destro, pugno sinistro, ma poi sentì che Summerby lo aveva colpito con un gancio destro nella spalla mentre Jonathan, nel tentativo di soccorrerlo, lo aveva graffiato alla guancia. Comunque, alla fine, era riuscito a scrollargli il Serpeverde di dosso. James era a terra e Brolingbroke lo stava prendendo a pugni sul petto. Jackson, dunque, si avventò contro il ragazzo e, come in un placcaggio di rugby, lo prese e lo atterrò nel duro marmo del Castello, per poi incominciare a fargli la stessa cosa che lui aveva fatto al suo amico.
Gancio destro, gancio sinistro per poi rialzarsi e mollargli un calcio in piena pancia. Il calcio, fece intimidire il pubblico che continuò ad assistere alla scena: chi continuava a volere il sangue, chi voleva che la smettessero.
Jonathan e gli altri, adesso, erano riusciti a bloccare tutti e continuavano a prenderle nel sedere e nella testa.
Era chiaro che il vincitore era già designato dai fatti ma non avevano voglia di smetterla.
–Fatte qualcosa!- urlò una ragazza.
–Così li ammazzano!- disse la voce di Andrew che, però, Jackson non sentì.
In quel momento, un ragazzo intervenne dividendo tutti e otto! Insomma, un solo ragazzo, aveva fermato otto ragazzi che si pestavano a sangue! “Com’è possibile?” si chiese Jackson sorpreso ed estasiato. Guardò il ragazzo in faccia e vide che, sicuramente, non era Inglese; aveva degli occhi che sembravano a mandorla ed i tratti, però, non erano affatto da Giapponese.
Non l’aveva mai visto in sei anni di scuola ad Hogwarts, chissà se c’era sempre stato.
–Adesso basta!- disse lui con un urlo terrificante: faceva davvero paura. Quel volto con la mascella squadrata assieme a quella cresta sottile e color oro mischiato al nero, creava una sensazione di timore, paura ed inquietudine.
–Smettetela stupidi Grifondoro e Serpeverde! Creare scompiglio solo per il colore e lo Stemma della Casata! Mi fate venire il voltastomaco!-.
La parlata era perfettamente Inglese, ma allora com’erano possibili quei tratti Orientali? Vedeva che, tramite la camicia, il suo fisico era ben formato ma vedeva altri particolari per lui incredibili: le braccia sono interamente coperte da tatuaggi.
Sul braccio destro si susseguono motivi floreali dalla spalla al polso; sull’avambraccio, il volto di Buddha e più in alto una carpa. Sul dorso delle mani ha due coppie di dadi, due su una mano e due sull’altra: a sinistra i dadi rivelano due numeri diversi e questo tatuaggio è accompagnato dalla scritta “Hate to lose”; a destra invece la coppia di numeri è uguale, la frase cambia ed assume il significato opposto: “Love to win”.
Inoltre, prima che arrivasse il professor Newton e tutti si dispersero, facendo perdere le tracce di quel misterioso ragazzo, notò che sulla sua camicia notò lo stemma blu di Priscilla Corvonero.
–Andiamo Jackson- gli dissero Andrew e Jonathan che lo trascinarono dalla zona calda, siccome era rimasto fermo nel punto in cui il ragazzo lo aveva ripreso.
–Che cavolo ti è preso?- gli chiese Eddie quando raggiunsero la Scalinata Principale in piena trepidazione a causa di quello che era appena successo.
–Cosa intendi dire?- gli chiese Jackson.
–Non devi provare a fissare quel tipo è chiaro?-.
–Chi? Il Corvonero?-.
–Esatto!- disse lui preoccupato e sottovoce.
–E perché mai?-.
–Non hai idea di chi sia quel ragazzo vero?-. –No-.
–Andiamo in Sala Comune che te lo spiego per bene-.
–Aspettatemi- gli disse Andrew –Guardate come siete ridotti, meglio che vi curi queste ferite-.
Così, dopo aver imboccato il buco del ritratto, entrarono nella Sala Comune, ma preferirono risalire nelle stanze e, dopo che Gary e l’amica si occuparono delle loro ferite, Eddie si sedette vicino a Jackson ed incominciò a parlare.
–Forse non ti ho mai spiegato come sono riuscito ad entrare ad Hogwarts-.
–Pensavo che sei entrato come ogni normale Mago e Strega-.
–No, è tutto cambiato dalla Riforma che il Ministero ha approvato dopo la Guerra Magica: prima, nessuno straniero poteva frequentare una scuola di un altro Paese: doveva per forza iniziare e terminare i suoi studi nella scuola della propria Nazione. Dopo la Riforma, si approvò il fatto che gli stranieri potessero entrare in altre scuole al di fuori del loro Paese. Io, grazie al fatto che sono mezzo Inglese, sono riuscito a far chiudere un occhio agli ispettori durante gli esami di selezione-.
–Esami di selezione?-.
–Sì, tu non ne saprai niente perché sei un Inglese purissimo, ma gli stranieri fanno alcuni speciali esami al Ministero che constatano quanto sia forte il potere magico all’interno dei ragazzi e la loro abilità nella lingua del Paese in cui vogliono entrare-.
–E questo cosa centra con il ragazzo di Corvonero?- chiese Jackson che capiva ma non capiva allo stesso tempo.
–Quel ragazzo, si chiama Radja Nainggolan ed è mezzo Belga e mezzo Indonesiano: lui ha dei poteri incredibili ma è molto forte anche nei combattimenti. Ci ho parlato quando avevamo soltanto undici anni ed immagina quanto forte sia in questo momento a sedici anni! L’ho visto combattere con un ragazzo di tredici anni e lo ha steso in due secondi.
E adesso, ho visto persino i tatuaggi che aveva: la maggior parte erano difficili da comprendere, ma la Carpa era chiara come il sole: quel pesce, secondo le tradizioni Orientali, è simbolo della forza e del coraggio perché è l’unico pesce che riesca a risalire la corrente.
Si dice che gli dei hanno trasformato le carpe in Draghi e che gli abbiano donato l’immortalità!-.
–Accidenti- riuscì a dire a bocca aperta Jackson.
–Già: è meglio che non ti fai un nemico come lui, perché è un tipo che se vuole può essere pericoloso, molto pericoloso!- non aveva mai visto Eddie così serio da quando lo avevano beccato rubare il compito di Trasfigurazione al terzo anno.
–Come mai non l’ho mai visto?-.
–Secondo le voci di un mio amico di Corvonero, dice che sia arrivato quest’anno semplicemente per il fatto che hanno rimandato il suo giudizio e, a quanto pare, dopo tanti anni, abbia ottenuto il permesso di residenza ad Hogwarts-.
–Ne stanno succedendo di cose quest’anno- disse Jonathan che si controllava il volto pieno di lividi.
–E chissà che cosa vi aspetterà ancora- disse Andrew con il suo solito bel sorriso.





Angolo dell'autore: Dunque, spero che abbiate compreso quello che io volevo far intendere quando si parla di "Riforma nel Quidditch". Poi, in secondo punto, spero vivamente che il fatto che ho inserito un ragazzo uguale e spiccicato al giocatore della Roma "Radja Nainggolan", non vi faccia credere che io sia Romanista o qualche roba del genere e che non si possano creare dei disguidi a causa della fede calcistica! Perchè questo è un luogo di lettura e di FanFiction nella quale non devono assolutamente emergere questo tipo di problemi, spero! 
Comunque, se non sono riuscito a darvi un idea del volto, del fisico e dei tatuaggi del giovane Radja, basta che cerchiate una foto su Internet :) Voglio dire anche che ho deciso di inserire un personaggio come lui perchè avrà, chiaramente, un ruolo importante all'interno di questa FanFiction.
Spero che abbiate apprezzato anche le varie Riforme che ha instituito il Ministero quanto le ho apprezzate io nel momento in cui le ho pensate :)
Infine, vi auguro buona lettura e vi ringrazio ancora di aver letto la mia storia. 
RECENSITE, RECENSITE E RECENSITE! Per favore :)
Sopratutto perchè sono preoccupato che l'inserimento di Radja nella storia possa creare qualche fraintendimento e disguido.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8


Jackson era steso sul suo letto, intento a leggersi una rivista sul Quidditch, per cercare di capirne di più. I falli conosciuti nel Quidditch sono circa settecento. Eccone alcuni: ad esempio, afferrare la coda di una scopa di un giocatore avversario. Oppure, incrociare un manico di scopa di un altro giocatore con il proprio. Lanciare un Bolide verso il pubblico, “Questo era scontato” pensò lui.
Inserire una parte del corpo negli anelli per evitare che la Pluffa vi entri e inserire la Pluffa negli anelli senza lanciarla. Eccessivo uso di spinte e gomitate contro gli avversari ecc. Dovrà abituarcisi, pensò ancora il ragazzo emozionato per i suoi primi provini.
–Jackson?- chiese una testa bruna affacciatasi nella porta.
–Entra pure Andrew- gli disse cordialmente lui.
Lei ne entrò con un paio di pacchetti che contenevano sicuramente l’attrezzatura da lui ordinata quella mattina. Dopo aver scartato il primo pacchetto, la maglia di allenamento era perfetta mentre i guanti dorati rendevano ancora di più grazie al rosso della maglietta. Dopo aver scartato il pacco di una economica armatura pettorale, presero il pacco che conteneva la scopa.
Dopo aver tolto la carta, Jackson incominciò ad ammirarne il design e la sua autentica bellezza. –Ho già trovato della roba interessante- gli disse Andrew mostrandogli dei rami.
–Non dirmi che…- chiese Jackson anche se sapeva già la risposta.
–Esatto! Rami di Platano Picchiatore- rispose lei raggiante.
–Ma come hai fatto?- chiese lui stupefatto.
–Credi che non riesca a badare a me stessa e a capire come prendere dai rami da uno stupido albero… scemo!- concluse lei ridendo.
–In qualsiasi modo tu sia riuscita ad ottenere questa roba, ti giuro che te ne sono molto grato-.
–Lo faccio per te Jackson, lo sai che io ci tengo a te- disse lei abbassando la testa sui rametti: sembrava che avesse detto questa frase, quasi di sfuggita. Non aveva solo portato gli autentici rami di un autentico Platano Picchiatore ma aveva aggiunto anche oggetti come i peli di un unicorno che incorporarono alla scopa assieme alle squame di un Drago per poi incidere nel legno il nome di Godric Grifondoro. Avevano fatto poca roba ma il tempo impiegato era stato molto elevato, infatti, fu Jonathan a dirgli che era ora di scendere per cena.
Così, tutti gli studenti scesero alla Sala Grande, pronti a riempire i loro stomaci vuoti. La folla si stava accalcando davanti all’entrata e, come sempre, si creava un po’ di scompiglio e disordine tra chi voleva entrare prima e chi diceva che gli era passato davanti riuscendo a rubargli il posto. Jackson, da qualche minuto, aveva perso i suoi amici, divorati da quella ansiosa e fastidiosa fila che non accennava a voler finire. Stava quasi per trovare lo spiraglio che gli avrebbe permesso di entrare ma poi, vide che Radja si staccò dalla fila e si allontanò.
Il Grifondoro incominciò ad insospettirsi e decise di seguirlo, cercando di non dare nell’occhio. Certo, continuavano a dirgli i suoi pensieri, potrebbe tranquillamente andare da qualche altra parte ed aspettare che la folla si alleggerisca o scompaia totalmente, ma Jackson era sempre stato un ragazzo curioso, troppo curioso. L’aveva seguito fino al primo piano, fino a quando non decise di prendere la strada che lo riportava al piano terra, ovvero alla Sala Grande.
“Meglio così” pensò Jackson che decise di prendere la stessa strada; tanto, stavano andando nello stesso posto. Stava per imboccare il corridoio che portava alla sala da pranzo, cena e colazione ma poi cambiò improvvisamente direzione. “Ora viene il bello” pensò il ragazzo.
Si avviò verso il Cortile Principale, dove, solitamente, i ragazzi si sedevano nelle panchine per rilassarsi, studiare o semplicemente parlare. Poi, prese le scale in pietra che portavano alla Rimessa delle Barche e la cosa aumentò la curiosità del Grifondoro sospettoso. Il clima, nel cielo, era sereno siccome mancavano un paio di giorni all’arrivo dell’autunno vero e proprio, favorendo il calore estivo.
La luna dominava nel cielo e le stelle l’accompagnavano in questa notte tranquilla e lucente. Quasi quasi, non servivano affatto le illuminazioni delle torce, perché la luna e le stelle erano come miliardi di lampadine che univano la loro bellezza, la loro semplicità e la loro luce per sorridere alla Terra e restargli accanto. Radja e Jackson, ormai, erano arrivati alla Rimessa delle Barche e il rumore delle deboli onde che si scontravano contro il piccolo porto, creava una sensazione di suspense nel cuore e nella testa del giovane Grifondoro.
Radja, ormai, si era fermato davanti al bordo che divideva la terra dall’acqua, allentandosi la cravatta e guardando il cielo, rimanendo in piedi, in posizione perfettamente eretta e dritta.
Il bagliore della mezza luna riusciva a far notare, a far insistere la massa muscolare presente sotto la camicia del sedicenne che, per non essere ancora un adulto, era piuttosto grossa. Jackson, però, non capiva cosa ci potesse fare un Corvonero come lui in un posto come questo all’ora di cena e di notte soprattutto.
–Cosa ci fai qui Jackson Potter?- chiese il Corvonero voltandosi con fare minaccioso.
Non poteva scappare, glielo impediva il suo coraggio ed il suo onore da Grifondoro, quindi uscì dal nascondiglio e si pose a qualche centimetro di distanza dal ragazzo. –Non ne puoi fare a meno, vero?- chiese Radja –Tu non fai altro che cercare guai! Ti ho notato quando cercavi di seguirmi con quella stupida camminata da buffone- era molto calmo ma esprimeva indignazione e scocciatura nella voce.
–Perché ti sei allontanato all’improvviso dalla calca?- chiese Jackson cercando di far capire che non aveva prestato attenzione alle parole del ragazzo.
–Non sono affari tuoi! E se anche lo fossero, sai perfettamente che non ti direi niente-.
–Non puoi svanire nel nulla all’inizio di ogni cena!- protestò Jackson.
–Mi stai dicendo che non dovrei disobbedire alle regole? Tu?- chiese Radja usando un tono che ballava tra il sorpreso e l’ironico –Tu che non hai fatto altro che picchiarti con quegli idioti dei tuoi amichetti contro dei Serpeverde? Tu che non hai fatto altro che saltare lezioni e farti aiutare da quel ragazzo di nome Gary Fletcher?-.
–Non tirare gli altri in ballo!- disse furioso Jackson; chissà come aveva fatto a conoscere tutte quelle informazioni sul suo conto ma, pensandoci velocemente, le voci ad Hogwarts girano più in fretta dei decimi di secondo.
–Sei tu che sei venuto fin qui! Se non vuoi passar guai, ti conviene andartene e lasciarmi in pace!- gli disse minacciosamente Radja.
–Volevo solo chiederti una cosa- gli disse Jackson cercando di calmare la situazione –Come mai sei entrato ad Hogwarts solamente a sedici anni?-.
Radja Nainggolan lo guardò, ma poi incominciò a parlare –Ero riuscito a passare i test di ammissione già da quando avevo undici anni. Però, quando ero praticamente pronto per partire per l’Inghilterra, scoprii che mia madre non aveva i soldi per pagarmi le tasse scolastiche per chiunque venisse dall’estero. Io non ho un padre; lui mi ha abbandonato quando avevo appena due anni, così come mia madre e mia sorella, che stava ancora nel ventre ed era pronta a venire al mondo.
Così, dovetti occuparmi della mia famiglia e dovetti trovare i soldi da solo per entrare ad Hogwarts. Tu non hai idea che cosa voglia dire lavorare per la strada, fare cinque lavori da cui si percepiva un salario scarsissimo! Tu non hai idea di cosa abbia fatto per entrare in Inghilterra ed avere un’istruzione più adeguata di quella che era presente nel mio Paese!-, fino ad ora, stava parlando tranquillamente ma adesso stava incominciando ad innervosirsi.
–Tu non hai idea delle capriole e dei salti mortali che ho dovuto fare per garantire un futuro a mia madre, a mia sorella e a me! E adesso non chiedo altro che un po’ di pace da quando ho lasciato il Belgio e tu mi stai portando all’esasperazione Jackson Potter!- aveva urlato il suo nome e aveva espresso ogni singola sillaba e lettera del suo nome con rabbia, rancore e odio.
–Ho capito, ma prima… dimmi perché sei venuto fin qui- insistette Jackson: non ne poteva fare a meno, era più forte di lui.
–Facciamo così- disse Radja togliendosi la camicia: vide che aveva il corpo ricoperto completamente dai tatuaggi –Adesso io e te ingaggiamo uno scontro: se vinci tu, ti dirò il perché, se vinco io te ne andrai senza toccare l’argomento… mai più-.
–D’accordo- rispose immediatamente il Grifondoro senza pensare alle conseguenze.
È vero, il ragazzo che aveva di fronte era riuscito a dividere otto ragazzi, ma lui si era scontrato con un intero vagone di soli Serpeverde: sarebbe stata una passeggiata. Si avvicinarono piano piano, per poi girare intorno, scrutandosi, guardandosi negli occhi ed attendendo la prima mossa dell’avversario.
–Vieni avanti Potter! Pensavo che ci tenessi… coniglio!- gli disse stuzzicante lui.
Jackson portò il pugno mancino all’indietro per poi farlo partire in direzione del Corvonero, per colpirlo in piena faccia. La velocità e la potenza che ci aveva messo nella forza della mano e del braccio era elevata ma, davanti ai suoi occhi, Radja riuscì a schivarlo.
–Ops- gli disse ironico e sbeffeggiante Radja.
Jackson fece partire un altro colpo e Radja schivò anche questo.
–Pensavo che ci avresti messo più impegno-. Stavolta provò a mollargli un calcio, ma schivò anche quello.
–Fra poco vado a prendermi un thè- continuò lui umiliandolo.
Jackson si precipitò sul Corvonero con la mano destra chiusa e flessa in avanti ma, stavolta, non solo schivò il colpo. Gli prese il braccio e lo bloccò, per poi dargli un colpo a mano aperta in piena faccia: poteva sembrare un attacco completamente innocuo ma il dolore che provocò in Jackson era molto forte e pizzicante. Non finì qui: Radja gli diede un pugno in piena pancia facendo inarcare il Grifondoro così che riuscisse a mollargli un’altra manata nel volto.
Poi, dopo uno sgambetto, lo fece cadere a terra e tese la mano destra chiusa all’indietro, bloccandosi.
–Se proprio vuoi saperlo- gli disse Radja guardandolo negli occhi e prendendolo per il colletto –Mi sono dimenticato la bacchetta nel Dormitorio e stavo andando a prenderla-.
Dopo aver detto quella frase che fece comprendere a Jackson quanto fosse stato idiota, stupido e demente, lo gettò nell’acqua del lago e se ne andò. Il giovane Potter, non aveva mai subito un umiliazione più grande da quando era inciampato al primo anno davanti agli studenti del sesto e settimo anno. Sconsolato, arrabbiato, amareggiato, furioso e bagnato, uscì dall’acqua e salì le scale.
Non andò in Sala Grande, ma preferì farsi una doccia e mettersi in pigiama sul divano, cercando di ricordare cosa fosse successo e di comprendere perché avesse fallito così facilmente. Il mattino successivo, il giovane Potter fu assediato di domande dai suoi compagni e compagne della Casata, ma lui preferì non rivelare nulla di quello che era successo la notte precedente. Non rivelò né perché fosse mancato alla cena nonostante si fosse diretto con i suoi amici fino alla Sala Grande, né perché presentava un evidente livido nella guancia destra.
–Perché non spiccichi una parola?- gli chiese insistente Andrew.
–Ti ho già detto che non è nulla e che sono affari miei, non tuoi- ripose nuovamente Jackson.
–Forse tu non hai compreso il fatto che mi preoccupa il fatto che da un momento all’altro un grosso livido ti compaia sulla faccia all’improvviso-.
–Ti ho già detto che sono contento del fatto che tu ti preoccupi per me, ma che non è nulla di grave-.
–Ma…- tentò di controbattere lei che, però, venne interrotta da James.
–Jackson, il Preside mi ha chiesto di consegnarti questa lettera- disse l’amico passandogli un foglio di pergamena avvolto in un filo di seta color porpora.
Jackson lesse che subito dopo le lezioni avrebbe voluto vederlo nel suo ufficio; probabilmente, aveva ottenuto dei risultati e non vedeva l’ora di scoprire cosa diavolo contenesse quella pozione che teneva nascosta nel baule assieme al cofanetto.
–Che roba è Jackson?- gli chiese Jonathan.
–Il Preside vorrebbe parlarmi-.
–Mmh, sarà per le solite cose- rispose il rosso che però sapeva cosa avrebbe realmente fatto l’amico; lo si capiva dallo sguardo che aveva fatto.
–In che senso “solite cose”?- chiese Andrew incuriosita.
–Scazzottate, attività extra-scolastiche, andamento scolastico- disse velocemente Jonathan con perfetta nonchalance, che eliminò ogni sospetto nell’amica.
Così, dopo le lezioni, Jackson prese la fiala di Pozione e si apprestò ad avviarsi verso il terzo piano. Dopo aver pronunciato –Artemisia- il Gargoyle si scostò e fece passare il ragazzo di Grifondoro permettendogli di prendere le scale e di entrare nell’ufficio di Sinister.
–Ah Jackson! Ti stavo aspettando, siediti pure- lo accolse calorosamente l’uomo –Ho grandi notizie- continuò dopo che il ragazzo si sedette nella poltrona.
–Mi dica pure- chiese Jackson che moriva dalla voglia di sapere, di conoscere, di illuminare quel oscuro mistero.
–Ecco, la Pozione che ti hanno spedito, è straordinaria! Io non ho idea di chi sia riuscito a preparare quell’insieme complesso di ingredienti magici, incantesimi, pozioni e tanti altri elementi che stanno al suo interno, ma chiunque sia stato, deve essere stato un vero e proprio genio sconosciuto. Dico così, perché non riconosco alcun “marchio di fabbrica” specifico di Pozionisti famosi-.
–E che funzioni presenterebbe questa Pozione?- chiese Jackson interessato.
–Bè, vedi… ehm, la Pozione fa in modo che… come posso spiegartelo?- si chiese Sinister guardando e scrutando pensieroso il suo ufficio –Non posso spiegartelo a parole: devi bere una goccia di quella Pozione per comprenderne le sue funzioni-.
–Cosa?!- chiese stupito il Grifondoro –Non se ne parla! Io non bevo roba sconosciuta!-.
–Suvvia Jackson, quando hai provato quello spinello con i tuoi amici, non sembravi tanto polemico-.
–E lei come…?- stava per chiedere Jackson che era sul punto di incominciare una nuova polemica col Preside che lo interruppe.
–Stai tranquillo: la Pozione non presenta sostanze velenose e potrei berla anch’io seduta stante, ma siccome era indirizzata a te, sarai tu a doverla bere!- gli ordinò Sinister.
Jackson, allora, prese la goccia che Sinister aveva analizzato, posta nel piccolo bicchiere di cristallo e Jackson lo scrutò intimorito.
–Bevi- lo incoraggiò l’uomo che aveva di fronte.
Prese un bel respiro e sorseggiò velocemente quella piccolissima goccia, mandandola giù. Non sentiva niente all’inizio, ma poi sentiva che le palpebre incominciavano a farsi pesanti, implorando al cervello che venissero chiuse.
La vista era sempre più sbiadita e la testa stava entrando in uno stato di profonda quiete che fece crollare il ragazzo in un sonno profondo.





Angolo dell'autore: Ciao a tutti e spero che tutti voi che avete letto questo capitolo restiate il più curiosi possibili, perchè a partire dal prossimo capitolo ce ne saranno delle belle! Ora che Jackson ha potuto sentire sulla propria pelle la forza Radja, le cose incomincieranno a farsi piuttosto interessanti ma il fulcro ed il centro di tutto il capitolo, arriva esattamente alla conclusione del capitolo stesso! 
Recensite, mi raccomando, e fatemi capire cosa ne pensate ;)
A presto!

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9


Jackson aprì gli occhi, sentì che era pieno di energie, come se non si fosse mai addormentato. Però, qualcosa non andava, sentiva una sensazione irrazionale. Notò che non era più nell’ufficio del Preside Sinister. Innanzitutto, riuscì a comprenderlo dal fatto che poteva respirare aria fresca e non più quell’aria chiusa e di scartoffie tipico dell’ufficio del Preside. Vedeva che stava sopra un manto erboso e che stava per spiccare il volo con la sua scopa.
Ma un momento, pensò il ragazzo; lui non aveva mai volato sopra un Campo da Quidditch in tutta la sua vita, non aveva mai giocato una partita ufficiale e, nonostante ciò, stava indossando la casacca dei Grifondoro contro i Serpeverde. Mentre volava, notava che il suo cervello non riusciva ad impartire ordini ai suoi arti; era come se facevano di testa loro. Stava incominciando a preoccuparsi e, nonostante tutto, continuava a librarsi nell’aria come un uccello, sentendo che l’aria che gli sbatteva in faccia, lo stava accarezzando lievemente.
Queste sensazioni erano piacevoli, quasi rilassanti ed eccitanti. Vedeva che questa era una vera e propria partita perché i giocatori volavano concentrati, effettuavano contrasti convinti, tiravano la Pluffa con tutta la loro forza e lanciavano i Bolidi con aggressività. Tutto faceva presagire che era una partita di campionato, dal fatto che la telecronaca che rimbombava nello stadio, non faceva altro che ripetere che quella era la partita che avrebbe sancito se Grifondoro avrebbe vinto la Coppa.
Ma cosa ci faceva Jackson in mezzo a tutto quel casino? Cosa stava succedendo?
Era praticamente impossibile che lui stesse sognando perché sentiva tramite i suoi sensi che tutto era vero, che tutto quello che provava era reale. Non poteva e non doveva essere possibile, siccome l’unica cosa che ricordava prima di ritrovarsi in mezzo al campo, era che aveva bevuto quella strana pozione offertagli dal Preside; poi, non aveva idea di quello che fosse successo.
La testa del ragazzo si spostò bruscamente a sinistra e, poi, immediatamente a destra, anche se Jackson non aveva intenzione di farlo.
–Trova quel boccino Harry!- gli urlò un ragazzo che sembrava avesse diciotto anni.
–D’accordo Oliver!- gli urlò Jackson.
Ora era ancora più confuso: come ha fatto a chiamare quel ragazzo “Oliver”, se non l’aveva mai incontrato o conosciuto? E soprattutto, perché questo Oliver, l’aveva chiamato Harry? La sua testa continuava velocemente a scrutare il campo dall’alto; non pensava che un campo da Quidditch potesse sembrare così piccolo, se guardato dall’alto. Stava seriamente incominciando a soffrire di vertigini se fosse ancora rimasto fermo.
Detto, fatto.
Jackson, sempre non riuscendo a controllare il suo corpo, si catapultò in picchiata verso il campo e, questa volta, stava seguendo qualcosa di luccicante, qualcosa che brillava alla luce del sole. Jackson aveva capito che stava inseguendo il Boccino d’Oro, e pare che se ne fossero accorti tutti: giocatori, insegnanti, telecronista e, soprattutto, il pubblico. Immediatamente tutte le persone spostarono il loro sguardo su Jackson ed una figura che aveva una chioma bionda in testa. Quest’ultimo stava cercando di disturbare il Grifondoro sia con delle frasi provocanti, sia con degli spintoni scorretti e assolutamente non regolari.
–Non vincerai Malfoy!- urlò Jackson che si pose, nella sua mente, la stessa domanda precedente: come faceva a nominare il nome del suo avversario, nonostante non lo avesse mai conosciuto o visto in vita sua? Dopo tanta lotta, dopo lunghi ed interminabili secondi passati a rincorrere il pallino alato, alla fine, anche se non sapeva come, Jackson era riuscito a catturarlo e a scendere nel terreno trionfante, guardando attorno a sé uno stadio pieno ed esultante. Aveva visto che era riuscito a sollevare una Coppa Argentata che raffigurava una pluffa dorata ed era certo del fatto che quella fosse la Coppa di Quidditch che andava a Grifondoro, Tassorosso, Corvonero o Serpeverde.
Aveva visto e sentito che tutti lo stavano abbracciando, che tutti i suoi compagni di squadra lo stavano elevando al cielo assieme al resto dei tifosi che aveva scavalcato le protezioni. Tutta l’atmosfera che si poteva sentire sulla pelle, era un’atmosfera di festa e felicità. Prima che tutto tornò ad essere oscuro, prima che tutto ciò finì, prima che tutto quello che Jackson poteva vedere era il nero, aveva udito il telecronista urlare il fatto che Jackson era riuscito a catturare il boccino d’oro e conquistare centocinquanta punti alla sua Casa, con la differenza che non lo aveva chiamato con il suo vero nome; l’aveva chiamato diversamente, l’aveva chiamato con un nome familiare a Jackson che, purtroppo, non era riuscito ad udire a causa del baccano.
Quando Jackson riuscì a distinguere nuovamente le immagini, ebbe davanti a sé una visione decisamente più macabra, meno festosa, meno felice, che poteva immaginare solamente nei suoi incubi peggiori. Maghi e streghe distese per terra senza vita, maghi e streghe che combattevano fra di loro. Vedeva maledizioni che volavano ovunque, che lo sfioravano. Non aveva ancora compreso dove si trovasse, non aveva ancora compreso quale fosse quell’orrendo luogo in cui era capitato. Ancora non riusciva a capire come riuscisse a schivare tutti quegli incantesimi siccome non riusciva ad ordinare alle sue braccia e alle sue gambe dove andare.
Notava che era nascosto sotto un velo trasparente ed estremamente leggero che lo faceva sembrare ridicolo siccome stava correndo in mezzo a dei veri e propri combattenti con un velo che sembrava appartenere ad una donna!
Ad un certo punto, svoltò a destra ed entrò in una gigantesca Sala che lui conosceva e che poteva riconoscere fra tante: si trovava nella Sala Grande, che faceva presagire il fatto che lui fosse ad Hogwarts! Ma come mai era mezzo distrutta? Come mai i vetri non erano più attaccati alle finestre? Come mai i tabelloni dei unti delle Case erano completamente distrutti con i pallini verdi, gialli, blu e rossi che erano sparsi per vari settori della Sala? Ma soprattutto, cosa ci faceva in mezzo a questa guerra Jackson?
Scrutò il territorio circostante e vide che tre persone anziane o, per lo meno, di mezza età, sono stati scaraventati a terra dal solo urlo di una persona terrificante, orrenda e che metteva paura col solo sguardo. Jackson, non aveva mai visto nulla di così terrificante, spaventoso e pauroso.
Era una figura umana, che indossava una veste puramente nera e priva di macchie, come se persino tutta la polvere che girava nell’aria, avesse paura di attaccare i vestiti di quella mostruosa figura. La testa era priva di peli, così come il resto del suo corpo, non aveva un naso ma solo due piccole fessure che si erano posizionate sotto quegli occhi rossi che avrebbero fatto provare paura anche al più coraggioso degli esseri umani.
Quell’essere, stava attaccando una donna dai capelli rossi, simili a quelli di Jonathan e della madre dell’amico. Jackson non l’aveva ordinato al suo corpo di muoversi, ma stava sicuramente per farlo; scattò in avanti, andò in soccorso della donna e, prima che quel malvagio essere potesse torcergli un capello, impugnò la bacchetta e ne fece fuoriuscire un Protego che si espanse per metà della Sala Grande.
Jackson rimase sbalordito da quello che aveva fatto, siccome non era molto pratico negli incantesimi. Aveva fatto tutto ciò al di sotto di quel velo trasparente ma dopo aver sprigionato quel potente incantesimo, si tolse il velo. Tutti i presenti lo stavano fissando stupefatti, sorpresi e quasi sconvolti.
–E’ vivo!- dicevano –Harry!- urlavano.
Jackson, venne nuovamente chiamato con un nome che non apparteneva a lui e questo lo fece confondere nuovamente. Lui avrebbe voluto chiedere a tutte le persone che lo circondavano, perché lo chiamavano con quel nome, ma non riusciva a muovere le labbra e le corde vocali. Qualcuno stava andando in suo soccorso, magari per aiutarlo. Ottimo, pensò, l’unione fa la forza; ma, poi, urlò qualcosa che non si sarebbe mai aspettato di dire.
–Non voglio aiuto! Deve andare così! Devo essere io!- ma cosa stava dicendo?
Jackson non aveva capito cosa stesse dicendo, ma gli altri parevano averlo compreso al volo. Girò la sua faccia verso l’uomo, se così lo poteva definire. Lo guardava in segno di sfida, lo guardava arrabbiato, lo guardava con uno sguardo vendicativo.
–Non ucciderai nessun altro questa notte!- disse Jackson che lo fissava dritto negli occhi rosso sangue –Non puoi torturarli! Non puoi toccarli- il suo respiro diventava sempre più ansimante per la rabbia e la voglia di vendetta –Non impari mai dai tuoi errori, vero Riddle?- perché aveva chiamato quel mostro con quel nome che gli sembrava vagamente familiare? Fatto sta che fece infuriare Riddle.
–Tu osi…- tentò di minacciare lui che però venne prontamente interrotto da Jackson –Sì io oso! Io so cose che tu non sai. Non ci sono altri Horcrux. Siamo solo tu ed io! Nessuno dei due può vivere se l’altro sopravvive e uno di noi sta per andarsene, per sempre!-. –Tu credi di conoscere più magie di me?- chiese Riddle –Di Lord Volemort, che ha compiuto magie che Silente stesso non si era mai sognato? Io che ne ho provocato la morte?!-.
Ora a Jackson era tutto più chiaro! Lord Voldemort era il mago Oscuro che suo nonno sconfisse durante la Guerra Magica! Ma quella è stata combattuta nel 1998! Non è possibile che lui fosse tornato indietro nel tempo! Ma ancora non riusciva a spiegarsi come mai fosse lui a fronteggiare Lord Voldemort.
–E’ quello credi, ma ti sbagli!- esclamò Jackson.
–Silente è morto!- disse rabbioso Riddle.
–Certo, Silente è morto. Ma non l’hai fatto uccidere tu!- come faceva Jackson a conoscere tutte quelle informazioni? –Ha scelto lui come morire, con mesi di anticipo, ha programmato tutto con l’uomo che credevi fosse il tuo servo: Severus Piton non era tuo!-.
Quando avrebbe studiato la Battaglia di Hogwarts a scuola in Storia della Magia quell’anno, sicuramente, sarebbe stato l’alunno più proficuo.
–Non ha importanza! Silente stava cercando di tenere lontana da me la Bacchetta di Sambuco- non poteva essere vero, continuava a pensare Jackson; la Bacchetta di Sambuco era solamente la protagonista di una semplice fiaba!
–Voleva che fosse Piton il vero padrone della Bacchetta di Sambuco- continuava Riddle –Ma io l’ho ucciso e la Stecca della Morte è mia!-.
–E qui che ti sbagli- disse Jackson –Hai ucciso la persona sbagliata, Piton non ha mai sconfitto Silente!-.
–L’ha ucciso…-.
–Ma mi ascolti? Piton non ha mai sconfitto Silente. Non capisci Riddle? Possedere la bacchetta non basta! Tenerla, usarla non la rende tua. Non hai sentito Olivander? È la bacchetta che sceglie il Mago. Infatti, Silente è stato disarmato da Draco Malfoy- Jackson lo guardava con aria seria e beffarda, così come Riddle.
–Non importa, potrò occuparmi di Draco Malfoy…- ma venne nuovamente interrotto bruscamente dal Grifondoro.
–Sei arrivato tardi; ho sconfitto Draco Malfoy settimane fa e gli ho portato via questa- disse muovendo una bacchetta che non era sua, pensò guardando la bacchetta di biancospino –E se la bacchetta che tieni in mano sa che il suo padrone è stato disarmato, allora…- il volto di Voldemort si stava stringendo e contraendo nella rabbia, nell’incredulità e nella sorpresa –Sono io il padrone della Bacchetta di Sambuco!- esclamò Jackson.
Il rosso degli occhi di Voldemort si fece più rosso, più intenso e l’urlo che fuoriuscì dalla sua bocca, fu un urlo disumano.
–Avada Kedavra!-. –Expelliarmus!- Jackson vide il rosso spuntato dalla bacchetta di Voldemort ed il verde spuntato dalla sua, scontrarsi.
L’urto dei due incantesimi sprigionò un forte rumore e scoppio, simile ad un colpo di cannone.
Ma, d’altronde, quello scoppio simboleggiava una intera guerra: il rosso contro il verde, il colore degli occhi di Voldemort contro il verde smeraldo di Jackson, la giustizia contro l’ingiustizia o, semplicemente, il bene contro il male. Jackson, dopo svariati tentativi di respingere la Maledizione senza Perdono per eccellenza, vide il lampo verde di Riddle urtare il proprio incantesimo, vide la Bacchetta di Sambuco volare in alto e la prese al volo mentre vedeva il corpo del suo avversario cadere a terra, ucciso dalla sua stessa Maledizione e lui, dopo qualche istante di puro silenzio, fu abbracciato da tutti con urla assordanti ed esultanti.
Jackson, vedeva persone sconosciute abbracciarlo felici e contenti, tutti erano orgogliosi di lui, di quel ragazzo che non aveva ancora compreso cosa avesse fatto e come.
Poi, stavolta, vide persone che lui conosceva e che aveva certamente visto: il professor Paciock, la signora Hermione ed il signor Ron. Non sembrava vero; erano giovanissimi, non avevano rughe sulla faccia, non avevano capelli bianchi ma erano pieni di energia e sorridenti. Lui ci parlava, senza capire cosa stesse dicendo perché stava ragionando e cercava di capire quello che gli era capitato.
Dopo, vide che si specchiò in un frammento di vetro rotto e allora capì; non stava impersonando sé stesso. Lui, vide la faccia giovane di suo nonno, di Harry Potter. Questa è stata l’ultima cosa che vide, prima che aprì gli occhi e vide che era tornato nell’ufficio di Sinister. 




Angolo dell'autore: Sorpresi? Sconvolti? Curiosi? Ecco dunque cosa crea la misteriosa ed ignota pozione arrivata a Jackson. Sper che concordiate la mia scelta e spero che abbiate compreso, la maggior parte di voi, che ho preso spunto sopratutto dal libro di "Harry Potter e i doni della morte" ma anche cercando di abbreviare il più possibile senza tralasciare le cose più importanti e centrali.
Ora, vi chiedo di potermi dare i vostri giudizi e che siano positiv, che siano negativi o che siano neutri, sono sempre ben accetti perchè così posso capire come sto portando avanti il mio lavoro ed il mio progetto di scrittore!
Grazie mille a tutti coloro che hanno letto la storia e che continueranno a leggerla!

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10


Jackson guardava il Preside ed immediatamente si guardò attorno, constatando il fatto che si trovava nella realtà. La prima domanda che si pose il ragazzo fu “Era tutto un sogno?”.
–Finalmente!- lo accolse il Preside.
–C-cosa è s-successo?- chiese titubante Jackson cercando di mettere a fuoco le immagini.
–Bè, in poche parole sei caduto in lungo sonno- disse Sinister. –M-ma come?- chiese ancora leggermente scosso il ragazzo. –So che ti sei appena svegliato ma è in questo momento che le immagini che si sono manifestate all’interno della tua testa sono fresche, quindi ti chiedo di raccontarmi cos’hai visto- gli chiese gentilmente l’adulto mago.
Jackson, non aveva ancora ben compreso perché dovrebbe raccontare tutto quello che aveva visto, non ne capiva il motivo; ma, se il Preside Sinister lo riteneva opportuno, lui fece così, continuando a fidarsi del professore di Pozioni. Così, dopo svariati minuti, Jackson concluse il suo racconto, dopo aver descritto precisamente e dettagliatamente tutto quello che aveva visto e sentito. Sinister era rimasto in silenzio per tutta la durata del discorso di Jackson, senza mai interromperlo, restando con la bocca semi-chiusa aspettando con ansia e curiosità la frase successiva.
–Affascinante- disse lui quando il Grifondoro terminò di parlare.
–Ancora non capisco- disse il giovane Potter –Perché ho visto tutto questo? Perché ho visto in prima persona il duello di mio nonno contro Lord Voldemort? Perché a me?-.
–Vedi Jackson- disse Sinister dopo essersi preso qualche istante per ragionare e formulare un discorso sensato – Per prima cosa, io penso che sia stato tuo nonno a spedirti questa lettera siccome il ricordo che hai vissuto lo hai appreso con gli occhi di tuo nonno stesso. In secondo punto, penso che ci sia un motivo importante ed un filo logico-connettivo, altrimenti, non penso che tuo nonno abbia voluto farti vivere questo ricordo solo per bighellonare nella sua mente, non trovi? Ma che sbadato che sono!- esclamò alla fine Sinister –Non ti ho ancora domanda come ti sentissi- disse esprimendo imbarazzo e sconsolazione.
–Oh- disse Jackson sorpreso –Sto bene, come ogni volta che apro gli occhi- terminò un sorriso rassicurante.
–Prova ad alzarti in piedi, magari potresti manifestare qualche capogiro- insistette il Preside.
Jackson si alzò in piedi, ma pareva che godeva di buona salute siccome non manifestò alcun problema nel reggersi in equilibrio.
–Scusami l’insistenza Potter- disse il Preside dopo che il ragazzo si sedette –Ma tu sei sotto la mia responsabilità e se tu dovessi accusare qualche malore, la colpa ricadrebbe su di me e devo accertarmi che la tua salute rimanga positiva-.
–Nessun problema professore- lo accertò il Grifondoro apprezzando quel momento di preoccupazione nei suoi confronti.
–Comunque, riprendendo il discorso antecedente- riprese l’uomo –Credo che sia importante che tu abbia bisogno di una mano in questo “lavoro”, nel senso che la mano di un esperto sia sempre utile. Penso anche se, durante il sonno, il tuo comportamento dovesse diventare “irregolare” allora qualcuno che possa chiamare immediatamente i soccorsi sia indispensabile, no?-.
Chiaramente stava alludendo al fatto di dover continuare questi “incontri segreti” sotto la sua presenza. –
D’accordo- acconsentì Jackson senza pensarci due volte.
–Eccellente! Ti farò sapere io la data del prossimo incontro, ho molte faccende da sbrigare al momento, perciò puoi andare-.
–Buon proseguimento di serata professore- disse gentilmente Jackson che uscì dall’ufficio per poi dirigersi in Sala Comune. I suoi amici, non erano presenti, così salì nelle camere e ripose nel baule la fiala di pozione accanto al cofanetto misterioso. Ora incominciava ad annoiarsi, perché non aveva idea di cosa potesse fare, dunque, optò per un giro nel Castello, sperando di poter incontrare qualcuno con cui passare il tempo. Tutti erano molto sorridenti e rispettosi nei confronti del giovane Potter che veniva sempre salutato da ogni mago o strega che incrociava.
Questo lo faceva sentire contento, perché sapeva che è riuscito a farsi rispettare da tutti senza apparire come una persona fragile e facile da prendere in giro. Decise, dopo aver visto che fuori dalle finestre c’era un sole che poteva spaccare le pietre, di avviarsi verso i giardini del Castello e, magari, pensare a vari metodi su come aprire il cofanetto o, semplicemente, a pensare al più e al meno. Si sedette sotto un albero, ammirando la bellezza della natura che circolava attorno ad Hogwarts: come faceva a non innamorarsi della natura?
Come faceva a non innamorarsi di quella visione paradisiaca che gli si presentava davanti agli occhi? Quasi quasi, sembrava tutto un sogno, un’illusione, una falsità. E se fosse così, se fosse veramente intrappolato in una prigione mentale, lui avrebbe voluto restarci dentro, perché tornare alla realtà sarebbe stato un boccone troppo duro e grosso da mandare giù. Amava quella che sembrava essere la sua seconda casa e famiglia.
–Ehi?- gli chiese una voce femminile alle spalle di Jackson.
Il ragazzo, leggermente spaventato, si girò e constatò che una figura femminile che aveva visto poche volte durante la sua carriera scolastica, era apparsa davanti a lui. –Posso sedermi?- chiese lei gentilmente.
Jackson era rimasto leggermente sorpreso dalla richiesta della ragazza che indossava i colori di Tassorosso.
–Certo, accomodati pure- disse così lui con un sorriso a trentadue denti tra le labbra.
–Non ti ho disturbato vero?- chiese lei preoccupata.
–No stai tranquilla, ero solo immerso nei miei pensieri- la rassicurò Jackson.
–Comunque- riprese lei sorridendo a sua volta –Io mi chiamo Karoline Caldwell e appartengo alla Casata di Tassorosso-.
–Piacere, io sono…-.
–Lo sappiamo tutti chi sei- lo interruppe lei divertita –Insomma, chi è che non ti conosce all’interno di questo Castello? Jackson Potter e la sua banda!-.
Il giovane Grifondoro rimase un po’ spaesato dall’ultima affermazione della ragazza; insomma, doveva prenderlo come un giudizio positivo o negativo? Perché, se proprio doveva essere sincero, non aveva adorato molto il fatto che la ragazza l’avesse interrotto e chiamato i suoi amici con il termine “la sua banda”.
Jackson, poté affermare di aver passato i peggiori istanti della sua vita con quella Karoline, semplicemente per il fatto che non faceva altro che interromperlo e non lo faceva mai parlare. Con una scusa che doveva fare un saggio per il un professore di cui non si ricordava il nome, scappò via.
Ma, prima che il Grifondoro potesse darsela a gambe, Karoline gli chiese se potessero scambiare due chiacchiere e, prima che Jackson potesse rispondere, Andrew arrivò prontamente, portandolo via dal raggio visivo della Tassorosso.
–Ma che sei pazzo?- gli chiese l’amica.
–Ma che ho fatto?- gli chiese il ragazzo confuso.
–Quella è Karoline Caldwell anche soprannominata l’arpia!-.
–L’arpia?-.
–Sì, l’arpia! Cerca la gloria e la fama provandoci con le persone del momento e che vanno di moda!-.
–Ok- disse Jackson cercando di ristabilizzare la situazione –E allora?-.
Dopo quella domanda, ricevette uno schiaffo alla nuca da parte di Andrew. –Ma che ti prende?- gli chiese ancora più confuso il ragazzo.
–Non hai ancora compreso che quella ci stava provando con te?!- chiese lei leggermente adirata.
–Davvero?- chiese sorpreso lui.
–Sì, davvero! E fai attenzione la prossima volta- disse lei aggiungendo un leggero sorriso alla fine.
–Lo sai che ti voglio bene vero Jackson?- chiese lei.
–Sì- rispose il ragazzo facendo la faccia da finto cane bastonato.
–E che faccio tutto questo per il tuo bene?-. –Sì-.
–La prossima volta starai più attento?-. –Sì… mamma- disse lui facendo ridere l’amica.
Quando entrambi ridevano, era un momento di tranquillità, serenità e leggerezza.
–Guarda che faccia!- disse lei passandogli la mano nel punto in cui era evidente qualche livido e cicatrice –Mi vuoi dire perché hai tutte queste ferite?-.
–Ti ho detto di non preoccuparti- rispose il Grifondoro prendendo la mano dell’amica. In quell’istante, all’improvviso, rimasero fermi, guardandosi negli occhi, guardandosi faccia a faccia. Ma non era come le altre volte; era più intenso, più forte, più… strano.
–Jackson!- urlò la voce di Eddie che fece tornare alla realtà il ragazzo e la ragazza che si ricomposero.
–Dimmi Eddie-.
–Devo parlarti in privato- aggiunse guardando Andrew.
–Va bene, ci vediamo dopo- rispose la ragazza allontanandosi.
–Ho… interrotto qualcosa?- chiese Eddie che accennò ad uno sguardo imbarazzato.
–No, ma che ti frulla in mente?- esclamò Jackson che adesso aveva assunto anche lui un’espressione imbarazzata.
–D’accordo, se lo dici tu- sentenziò l’Anglo-Bosniaco continuando a parlare e facendosi immediatamente serio –Ti avevo avvertito!-.
–Ma che ti prende Eddie?! E di cosa staresti parlando?- chiese stupefatto Jackson che, però, conosceva già la risposta.
–Ti avevo detto di non avvicinarti più a Radja! Te l’ho avevo ordinato di stargli alla larga!-.
–Io?! Stai mentendo!- mentì invece Jackson. –Cosa credi che non mi sia accorto di te e Radja che vi siete allontanati ieri a cena? Credi che non mi sia accorto che alla tua assenza corrispondeva quella di Radja?! Accidenti Jackson non voglio che si creano altri disguidi dopo quelli con i Serpeverde!-.
–Lo so Eddie, ma ti prometto che non avrò nient’altro a che fare con lui-.
–Scommetto che vi siete sfidati-.
–Sì-. –E…?-.
–L’ho finita con l’essere buttato nel Lago Nero- rispose sconsolato e vergognato Jackson che doveva ammettere una sconfitta.
–Non posso rimproverarti, dopotutto, ti ho già parlato delle grandi abilità di quel ragazzo nel combattere!-.
–Dai forza, torniamo dagli altri- chiese Jackson che ormai aveva assunto una espressione di pura depressione e sconsolatezza per aver riportato alla mente quegli istanti che erano amari quanto un caffè senza zucchero. Il resto della giornata, così come il resto della prima settimana, procedette normalmente anche per il fatto che il professor Richardson, professore di Incantesimi, non si era presentato alle lezioni a causa di problemi personali, facendo alimentare la felicità del giovane Potter che odiava quel professore.
Lui ed il professor Richardson non avevano mai avuto un gran feeling fin da quando il ragazzo aveva undici anni; ricorda ancora quanto non lo degnasse di uno sguardo quando sbagliava l’ennesima formula o movimento della bacchetta.
Il risultato del fatto che non gli è mai andato incontrato nel momento del bisogno? Jackson Potter divenne un disastro con gli incantesimi di base, senza pensare a quelli più avanzati; è stato un miracolo che sia riuscito ad arrivare al sesto anno! Doveva sicuramente ringraziare l’amica Andrew che non aveva mai perso tempo a volerlo aiutare vedendo che Jackson stesso incominciava a scoraggiarsi e a mollare tutto.
–Coraggio dai!- diceva lei.
–Ti ho detto di no!- protestava Jackson –Non sono capace e non lo sarò mai!-.
–Ma che dici?- diceva Andrew diventando sempre più seria ed autoritaria –Ti ho detto che devi solo studiarti un paio di volte questo movimento della bacchetta e poi dire la formula. Perciò, muoviti e studia scemo che non sei altro!- concludendo con un sorriso che dava fiducia al ragazzo.
Ma come poteva non ringraziare Gary? Lui non aveva mai esitato a completargli un saggio o passargli gli appunti riuscendo a farlo arrivare all’Accettabile.
Oppure, anche suo padre era una persona da ringraziare, siccome era riuscito ad ottenere dei permessi speciali dal Ministero che consentivano a Jackson di poter utilizzare la magia a casa sua per un determinato numero di ore.
Grazie a tutte queste persone, era riuscito ad ottenere sempre un Accettabile, salvandosi all’ultimo, come se un miracolo mandato dal cielo lo avesse sempre aiutato e sostenuto.




Angolo dell'autore: sono consapevole del fatto che questo non sia uno dei capitoli più brillanti della storia e chiedo venia per questo, ma non sapevo cosa scrivere per riempire gli spazi vuoti affiancati ai temi centrali, ovvero la spiegazione di Sinister e l'introduzione della situazione di Jackson negli Incantesimi. 
Sembra strano che il nipote di Harry Potter non sappia ricavarci nulla nella materia in cui suo nonno era certamente il più esperto di tutti, no? Ci saranno sicuramente dei risvolti in questo, ve lo assicuro. 
Poi la così detta "arpia" l'ho introdotta per far scorrere le righe, come avevo già detto, ma anche per provare a farvi comprendere che Jackson è un pò idiota in materia di amore ma vi assicuro che ci saranno dei risvolti anche in questo settore.
Mi raccomando fatemi sapere la vostra opinione e recensite! 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Capitolo 11


La prima settimana ad Hogwarts era passata, senza far mancare le sue sorprese anche se di risse, non se n’erano più viste. Più che altro, c’è stato qualche piccolo battibecco durante le lezioni condivise con i Serpeverde ma i professori sono sempre riusciti a placare gli animi e riprendere la loro lezione in tutta tranquillità, come se nulla fosse accaduto.
Probabilmente, la scena più esilarante, si è vista a metà settimana durante l’ora di Erbologia, quando il professor Paciock, ha fermato sul nascere una possibile rissa tra il Serpeverde Logan Harris ed il Grifondoro Amir Thomas, lanciandogli delle feci di qualche animale che le ha lasciate su una Mandragola, scatenando le risate generali. –Che sia di aiuto per la prossima volta! E dieci punti in meno ad entrambi!- aveva detto quel giorno il professor Paciock.
Adesso, un nuovo lunedì era arrivato e questo stava a significare una sola cosa: provini del Quidditch. Jackson era rimasto sveglio quasi tutta la notte. Non riusciva a sopportare questo tipo di ansia; non era come aspettare di eseguire un G.U.F.O. di Incantesimi, non era come aspettare un gruppo di Serpeverde intenzionati a spaccarti la faccia. Era un’ansia diversa, era un’attesa diversa, con conseguenze diverse.
–Ancora in piedi?- gli aveva chiesto quella notte una voce femminile alle sue spalle mentre il Grifondoro sedeva davanti al camino vuoto, fissando la cenere spenta.
–Sì, non riesco a chiudere occhio- rispose lui ad Andrew.
Lei aveva come una specie di radar o allarme e, quando Jackson aveva bisogno di una mano, lei era tra i primi che gli porgevano il loro aiuto.
–E tu?- domandò il ragazzo.
–Io ho sentito dei rumori di sotto e volevo controllare- disse lei –Perché non dormi?- continuò la ragazza.
–Non lo so perché- disse Jackson –E’ solo che mi sento come un peso sullo stomaco e sul cuore che, se non dovessi passare i provini, mi schiaccerebbe ancora di più-.
–Tu devi solo rilassarti Jackson- sentenziò lei facendolo distendere sul divano.
Poi, gli prese la testa e la fece appoggiare sulle sue gambe coperte dal pigiama liscio e morbido.
–Non so come…- tentò di protestare il giovane Potter, ma Andrew lo interruppe –Ssh- disse lei –Tu stai calmo, libera la tua mente e dormi-.
–Ma come…- tentò di protestare nuovamente il ragazzo ma per la seconda volta l’amica lo interruppe –Tu fallo e basta- gli ordinò senza aggiungere alcuno schiaffetto in faccia o in testa com’era suo solito fare.
Jackson chiuse gli occhi, rimase tranquillo e si fece coccolare e trasportare dalla mano di Andrew che gli accarezzava dolcemente la testa mentre cantava una melodia rilassante. Adesso, tutto sembrava più facile, Adesso, tutto sembrava più semplice. Adesso, tutto era più difficile da vedere, più sfuocato e gli occhi erano stanchi ed il cervello, riuscì a spegnersi e a farlo catturare dall’omino del sonno.

-Jackson?- la voce dell’amica lo riportò alla realtà, scacciando via quei sogni irrazionali che arieggiavano nella sua mente.
–Si?- chiese lui.
–E’ ora di svegliarsi-.
–Cinque minuti- chiese, anzi no, supplicò il Grifondoro.
–No, adesso- disse lei incominciando a mordergli la guancia destra.
–Cannibale!- scherzò lui facendola cadere dal divano ma rimase anche lui coinvolto nella caduta rendendo particolarmente esilarante questa scena.
–Dormito bene?- gli chiese Andrew dopo essersi sistemata.
–Sì, tu?-.
–Avere un ragazzo sulle mie gambe che mi sbava non è proprio il massimo, ma ho dormito bene anch’io-.
Lui rise e, probabilmente, non ricordava un momento in cui si svegliò e contemporaneamente fu così felice.
–Grazie- disse lui.
–Ti cacci sempre nei guai, sembra che tu vai a cercarteli!- disse lei abbracciandolo.
–Non sono io che vado in cerca di guai- rispose Jackson –Sono i guai che cercano me!-.
–Mmh, sarà, ma ti auguro comunque buona fortuna- disse lei baciandolo sulla guancia.
–Spero solo che il professor Richardson non se la prenda- disse il ragazzo ricordandosi che nella stesso momento in dovrà sottostare ai provini, si perderà due ore di incantesimi.
–Speraci, ma sai che ti ridicolizzerà anche tua assenza-.
–Vabbè, basta che sia circondato da amici pronti a difendermi, del resto non me ne frega nulla-.
–Se lo dici tu, ci si vede Jackson- concluse Andrew per poi sparire.
Ora, Jackson, decise di salire in camera sua, e trovare i suoi compagni già fuori coperta. –Ma dove sei stato?- chiese James mentre impugnava il suo borsone con all’interno la sua attrezzatura.
–Ho dormito di sotto-.
–Dormito? Oppure hai fatto qualcos’altro amico?- chiese malizioso Jonathan.
–Ma che dici?- chiese cercando di scagionarsi il giovane Potter.
–Guarda che ti ho visto mentre dormivi beato tra le gambe di Andrew- continuò il suo migliore amico.
–Avete fatto sesso?- chiese come se nulla fosse Eddie che si stava legando i capelli.
–Come diavolo fai a raggiungere considerazioni del genere Eddie?- chiese stupito ed imbarazzato Jackson continuando –Mi ha solo aiutato a chiudere occhio-.
–Sì, certo, come no- insistette con un sorrisetto sulla faccia Jonathan mentre prendeva la scopa in mano. Il giovane Grifondoro smise di stuzzicare l’amico dopo che quest’ultimo gli lanciò simpaticamente i suo guanti in pelle di drago. Dopo questo simpatico siparietto, i cinque Grifondoro scesero in Sala Grande con la loro attrezzattura ben predisposta nei loro borsoni.
Fecero colazione e poi si apprestarono a dirigersi al Campo da Quidditch. Jackson sentiva l’aria fresca del mattino che tentava, invano, di disfargli la sua splendida cresta, mentre Jonathan, aveva dei capelli che andavano da una parte ed altri che andavano da un’altra. James gli mostrò l’entrata dei giocatori e, per la prima volta, Jackson guardava il campo non dagli spalti, ma dal suo interno alimentando la sua curiosità.
Gli mostrò gli spogliatoi che erano vastissimi e, infatti, molti ragazzi erano già pronti per scendere sul terreno di gioco, mentre altri già stavano incominciando a volare. Tutti si guardavano in faccia ma non c’era silenzio, anzi; il casino ed il disordine regnavano sovrani nella grande stanza. Il giovane Potter si prese un posto affianco al suo amico dai capelli rossi e ad Amir che sperava di poter far parte della squadra anche quest’anno.
–Stai calmo Amir- gli disse Jonathan vedendo che il compagno di Casa stava incominciando a dare i suoi primi segni di ansietà.
–Non lo so- risponde il ragazzo marocchino –Ho paura che quest’anno sarà impossibile per me, con tutti quei bravi tiratori che si sono presentati oggi-.
–Ma che stai dicendo?- lo rimproverò amichevolmente il giovane Weasley –Miseriaccia, sei uno dei giocatori più talentuosi del Castello e, lasciatelo dire, se non passi tu non passa nessuno-.
Con quell’ultima battuta, Amir Thomas fu più rincuorato e sentì la fiducia dentro di lui; si vestì in quattro e quattr’otto e si diresse verso il tunnel che conduceva al campo. Quanto lo stava invidiando in quel momento Jackson; lui non solo si stava giocando un posto in squadra, ma si stava giocando la sua permanenza ad Hogwarts e, la cosa, lo faceva sentire non bene.
Aveva quasi la nausea, fra poco. Prese la sua maglia d’allenamento color rossa e s’infilò velocemente i guanti in pelle di drago nelle mani. Poi, guardò la scopa, la sua scopa. Non aveva speso tanto per essa, ma le modifiche apportate grazie all’aiuto di Andrew, lo fecero sentire più pronto. Lui ci doveva riuscire, per il suo bene!
–Silenzio per favore!- urlò la voce di James ad un certo punto interrompendo le chiacchiere di tutti.
–Bene, i provini stanno per cominciare e vorrei subito chiarire che aver giocato lo scorso anno in squadra, non assicura un posto nella squadra di quest’anno. In secondo punto, sono molto contento che molti ragazzi si siano presentati ai provini e sono grato a tutti voi. In terzo punto, divertitevi e buona fortuna!-. Tutti, ora, uscirono dallo spogliatoio, con le scope in spalla a semplicemente tenute in mano.
–Tutti qua per favore!- urlò ancora James a centrocampo.
Quando Jackson raggiunse l’amico ed il compagno di stanza, notò che al suo fianco stava un uomo che si reggeva in piedi con una postura pressoché perfetta, ben piazzato ed in ottima forma. I suoi capelli erano abbastanza lunghi, anche se non quanto quelli di Eddie o di Jonathan, mentre la barba, invece, era colta e ben tenuta e non cespugliosa come poteva essere quella del professor Paciock.
Mentre, per l’abbigliamento, indossava una canadese nera con delle scarpe da ginnastica bianche.
–Vorrei presentarvi un mio caro amico di famiglia che mi darà una mano nel selezionare voi giocatori-.
–Io lo so chi è!- urlò con voce stupita Eddie, così come Jonathan e così come il resto dei giocatori pretendenti ad un posto in squadra.
Jackson non comprendeva perché tutta quella gente era rimasta sorpresa e perché fissavano quell’uomo, che doveva avere circa una quarantina d’anni, come se fosse una grande reliquia.
–D’accordo, d’accordo- calmò gli animi il capitano dei Grifondoro –Allora possiamo procedere-.
Jackson si avvicinò ad un Grifondoro del terzo anno e gli chiese chi fosse quell’uomo a lui misterioso.
–Non sai chi sia quell’uomo?- chiese stupito il ragazzino –Insomma, tu non conosci Derek Bones?-.
–Ehm, no, a quanto pare- rispose Jackson.
–E’ semplicemente il giocatore di Quidditch Inglese più forte di tutta la storia di questo sport! Il suo ruolo, prima che si ritirasse, era il Cacciatore ed in carriera ha fatto trionfare la nostra nazionale per tre volte consecutive nei Mondiali e ha vinto praticamente tutto con i Falmouth Falcons! Senza parlare dei, quasi 5000 gol segnati in carriera!-.
Jackson rimase un po’ stupito della cosa, perché pensava che se ne intendesse di Quidditch, abbastanza da capire chi è o era un fuoriclasse e di riuscire a riconoscerlo. Comunque, dopo questo breve ragionamento mentale, i provini incominciarono con dei tiri liberi per i Cacciatori che si sarebbero sfidati in un tre contro tre: chi avrebbe segnato più gol nel giro di dieci minuti, avrebbe vinto. Ovviamente, questo sarebbe stato un ottimo test anche per i portieri.
I Cacciatori erano molti e si suddivisero in circa sei gruppi. Jonathan stava nel secondo gruppo, che avrebbe sfidato il sesto, mentre Eddie stava nel quarto gruppo, che avrebbe sfidato il primo. Invece, Amir stava nel terzo gruppo, che avrebbe sfidato il quarto. Poi, dopo quelle piccole partitelle, avrebbero dovuto tirare dei rigori e tentare dei lanci lunghi con la pluffa.
Alla fine, Jonathan segnò ben venti reti, Eddie ne segnò sedici ed Amir ne segnò diciassette. Jackson aveva guardato James mentre si godeva lo spettacolo da bordo campo, ed un sorriso gli macchiò il volto quando vide i tre Cacciatori in azione.
Questo, secondo la mente del giovane Potter, faceva presagire che i tre Cacciatori erano già stati scelti. James si consultava molto con Derek che, a sua volta, indicava con l’indice i Cacciatori che giocavano e disegnava delle traiettorie invisibili, cercando di commentare ogni singola azione e contrasto. Poi, era il turno dei Battitori.
Questo, probabilmente, era uno dei ruoli più difficili, perché James avrebbe dovuto scegliere chi dovrà giocare al suo fianco per tutto il Campionato. Gli esercizi che il capitano aveva programmato per coloro che aspiravano al suo ruolo, erano pericolosissimi e devastanti; due bolidi venivano liberati e, dopo aver colpito il bolide, bisognava farlo tornare indietro e tentare di schivarlo. Il ritmo era velocissimo e tutti avevano quasi toppato.
James era abbastanza preoccupato perché in questo ruolo, quasi tutti i pretendenti erano alla pari. Poi, infine, toccava ai Cercatori. Era il momento di Jackson, era il momento in cui il ragazzo avrebbe mostrato le sue abilità sulla sua scopa. L’ansia e la preoccupazione divoravano il ragazzo, gli facevano tremare le gambe, gli facevano venire coniati di vomito e nausea, gli facevano provare sensazioni mai provate fino a quel momento.
–So che ce la puoi fare testa dura!- gli disse Jonathan che cercava d’incoraggiarlo con la faccia bagnata dal sudore e le mani sporche di terra –Tu vali molto di più di tutti questi pivelli, ricordalo! Ora sali su quella scopa, e acchiappi quel boccino!-.
Il test del Cercatore era semplice: acchiappare il Boccino d’Oro, solo che James ha fatto il furbo anche in questo caso. Ognuno avrebbe posizionato la scopa in punto preciso del campo e si sarebbero allontanati di qualche metro: poi, sarebbero stati accuratamente bendati ed il boccino verrà liberato solo dopo che tutti i Cercatori avevano gli occhi coperti.
Poi, sarebbero passati cinque minuti e tutti si sarebbero dovuti sciogliere le bende e, dopo aver scattato verso la scopa ed aver spiccato il volo, avrebbero dovuto cercare il la pallina alata. Sarebbe stato molto complicato soprattutto perché ben quaranta giocatori avrebbero cercato la stessa pallina volante e sarebbe stato tutto molto complicato. Era una questione di nervi, concentrazione e sicurezza.
La benda gli fu accuratamente sistemata da James stesso che aggiunse anche un –In bocca al lupo Jackson-.
E lui rispose –Crepi il lupo-.
Intorno al ragazzo, un gran silenzio lo circondava e poteva immaginare lo stato dei suoi avversari; ormai, tutti avevano gli stessi pensieri per la testa, provavano le stesse sensazioni. Addirittura, potevano quasi tutti respirare allo stesso tempo.
–State tutti pronti!- urlò la voce di Derek con tono imperativo ed intimidatorio –Al mio tre! Uno-.
Ci siamo, pensò Jackson. –Due-.
Era arrivato il momento. –Tre!-.
Immediatamente si tolse la benda dagli occhi e scattò verso la sua scopa. Quello che, però, vide davanti ai suoi occhi, era un altro Grifondoro che tentava di prendere la sua scopa. –Ma che diavolo fai?- gli urlò contro il giovane Potter.
Il compagno di Casata sembrava che non lo sentisse o, almeno, non volesse sentirlo. Stava per spiccare ma prontamente Jackson saltò in avanti e, grazie alla velocità acquisita, il balzo fu lungo e alto. Lo prese per un piede ed impedì che potesse dirigersi verso il cielo e fregarlo.
–Lasciami stare!- gli urlava quel ragazzo che pareva del settimo anno –Leva la mano dal mio piede Potter!-.
Ma allora quel ragazzo lo conosceva, pensò Jackson che alzò lo sguardo fissando in faccia il ragazzo che tentava di sgraffignargli la scopa. “Ma io lo so chi è!” pensò Jackson. Quel ragazzo era rimasto tutto il tempo ad ascoltare le conversazioni di Quidditch tra il giovane Potter ed i suoi amici.
Si chiama Brad Wordsworth e, sicuramente, si era immaginato che avesse apportato qualche modifica alla scopa. “Che bastardo” pensò. Così, dopo aver fatto scendere a forza il suo rivale, Jackson inforcò la scopa e, dopo una leggera spinta con i piedi, la scopa prese quota più velocemente che poteva. Non si era certamente aspettato che la scopa prendesse velocità in maniera così rapida.
Vedeva gruppi di ragazzi che si affrontavano fra di loro, tentando di ostacolare l’altro avversario. Ora, il giovane Grifondoro, era disorientato, quasi completamente. Temeva che non riuscisse ad individuare il boccino prima degli altri, temeva che non avrebbe mai preso quella pallina alata che lo avrebbe salvato dall’espulsione, ma soprattutto, non aveva la minima idea di come dovesse muoversi.
Dopo qualche secondo, come un fulmine, improvvisamente, sentiva che i suoi arti incominciavano a muoversi naturalmente, come se avessero compiuto quei movimenti da sempre. Era tutto molto strano, perché riusciva contemporaneamente a guidare la sua scopa, scrutare il cielo per cercare il boccino ma anche schivare gli avversari con eleganza e grazia.
Sapeva cosa stava facendo e lo faceva anche bene. Poi, come se lo sapesse in anticipo, guardò la Torre alla sua sinistra che vestiva i colori di Tassorosso. Ora lo vedeva, risplendeva chiaro alla luce dei raggi solari mattutini che si scontravano sulla sua superficie metallica e dorata. Il Boccino d’Oro era riuscito a passare inosservato a tutti i trentanove Cercatori che volavano liberi nel cielo, tranne al quarantesimo.
Jackson, sempre notando il fatto che i suoi movimenti apparivano sicuri, come se lo avesse fatto milioni e milioni di volte, portò la scopa in avanti facendola avanzare verso la palla d’oro alata. Viaggiava a grande velocità ed il vento gli scompigliava i capelli freneticamente ma, nonostante ciò, la sua visione rimaneva perfetta.
Il boccino sembrava essersi accorto che Jackson lo stesse inseguendo, infatti tentò di scappare, ma invano, perché quando le mani la toccarono, immediatamente smise di muovere le sue piccole ali, ponendo fine ai giochi, ponendo fine alle selezioni.




Angolo d'autore: Credo che tutti voi abbiate notato che la frase di Jackson "Non sono io che vado in cerca dei guai, sono i guai che cercano me" sia una frase inventata dalla Rowling e ficcata nei libri. E' solo che io adoro quella frase e ho voluto assolutamente trovare un modo per farla pronunciare alle labbra di Jackson. Poi avrete anche notato la solita gentilezza e completa disponibilità di Andrew che non ho voluto non dimostrare anche in questo capitolo.
Poi, i provini: vi giuro che mi sono divertito ad ideare le varie tipologie di sfide, sopratutto quelle dei Cercatori! Infine, il giocatore di Quidditch Derek Bones è un personaggio completamente inventato da me che non compare da nessuna parte tra i vari libri riguardanti Harry Potter e mi sono ispirato per nome e aspetto dell'uomo a Derek Hale che è un personaggio che compare nella saga di Teen Wolf.
Spero che vi sia piaciuto questo capitolo come sia piaciuto a me e spero che possiate recensire per darmi il vostro giudizio.
A presto!

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Capitolo 12


Jackson si guardava attorno, fermo sopra il campo, sopra la sua scopa, sopra le teste di tutti. Ci era riuscito, aveva catturato il Boccino d’Oro. Stava provando grandi sensazioni, ma tentava di non farle notare più di tanto, per rispetto dei suoi avversari, tranne uno: quando scese dalla scopa e si apprestò a dirigersi verso i suoi amici, passò davanti a Brad Wordsworth e non esitò a mostrargli il dito medio con la mano che teneva ancora ben saldo il boccino.
Jonathan gli andò immediatamente incontro per poi abbracciarlo con tutta la felicità che aveva, così come Eddie che non aveva ostentato a gridare il suo nome affiancato al termine “Cercatore di Grifondoro”.
–Bene- interruppe i piccoli festeggiamenti James cercando di essere il più serio possibile, anche se si poteva vedere che era molto felice per l’amico.
–Tra una pausa e l’altra dei vari provini, mi stavo frequentemente consultando con Derek e ho già deciso i giocatori di quest’anno-.
La tensione si poteva quasi toccare e sentire sulla propria pelle.
–Per il ruolo di portiere ho deciso che verrà ricoperto da… Michael Watson-.
Il primo verdetto era stato emesso ed il ragazzo dello stesso anno di Jackson, con i capelli corti ed un fisico simile ad un armadio, esultò con alcuni suoi amici che si erano contesi con lui il ruolo di portiere, dimostrando grande sportività e festeggiando con Michael come se avessero vinto loro.
–Per il ruolo di Battitore invece- riprese James –Ho scelto Danny Hart-.
Danny rimase piuttosto composto, siccome questo era il terzo anno consecutivo che giocava per i Grifondoro e, dunque, non rimase sorpreso più di tanto.
–Mentre, per il ruolo di Cacciatori, i tre giocatori che ho scelto sono: Jonathan Weasley-. Un sorriso a trentadue denti riempì il viso sudato del rosso. –Eddie Nadarevic-. Festeggiò allacciandosi i capelli lunghi. –Ed Amir Thomas-. Amir, invece, mostrò la sua felicità in maniera esplicita e chiara: era ovvio che si era tolto un grosso peso e che ora poteva festeggiare tranquillamente con serenità.
–Mentre per il ruolo di Cercatore, ho scelto Jackson Potter-.
Jonathan ed Eddie, senza badare al minimo rispetto per gli avversari, scattarono verso Jackson, urlando a squarciagola, incominciando a portarlo in spalla e facendolo saltare in aria. Si aggiunsero perfino Amir, Michael e Danny. James moriva dalla voglia di unirsi ai suoi nuovi compagni di squadra ma rimase concentrato e attento a restare il più serio possibile.
–Bene- disse lui –Per i giocatori scelti, do il benvenuto, mentre per i giocatori scartati, posso solo augurare buona fortuna per l’anno prossimo e grazie per aver partecipato-. Dopo le ultime parole del capitano di Grifondoro, tutti si dispersero, alcuni senza nemmeno restare a farsi la doccia; a delusione e la frustrazione era troppa.
–Un attimo voi sei- disse James dopo che notò che non era rimasto nessun altro all’interno del grande spogliatoio. –Ora che ho tutta la squadra riunita senza orecchie indiscrete, ho deciso di assegnarvi le vostre nuove divise-.
Prese uno scatolone e porto fuori delle magliette a maniche corte e rosse con strisce nere e dorate lunghe le spalle ed i fianchi. Michael aveva ricevuto il numero uno, James si era preso il numero cinque mentre il suo compagno di reparto, Danny, si era preso il quattro. Amir aveva ricevuto il numero otto, Eddie il numero undici, mentre Jonathan mostrava il numero dieci fiero nelle sue spalle. Invece, Jackson, aveva preso in spalla il numero sette.
–Perché questo numero?- gli chiese il giovane Potter sorpreso. –Speravo che me lo chiedessi amico- disse il capitano che si allontanò per un momento dallo spogliatoio passando per la Sala dei trofei da Quidditch. Ne uscì circa tre minuti dopo, impugnando una targa dove su di essa alcuni nomi erano stati segnati con lettere d’oro.
–Guarda qua- gli disse James indicando uno dei nomi posti in cima. Jackson lesse il nome “James Potter”.
–Quello è il nome del mio bis-nonno- disse lui sorpreso quando vide il termine “Cercatore” accostato affianco al nome. –E non è finita qua!- aggiunse ancora James che prese un grande trofeo. Stavolta, Jackson lesse “Ad Harry Potter, il più giovane Cercatore di Quidditch del secolo”.
–Miseriaccia amico!- esclamò Jonathan quando impugnò la targa ed il trofeo –Non mi avevi detto che tuo nonno ed il tuo bis-nonno erano dei Cercatori di successo!-. Jackson guardava fiero quelle targhe pensando al fatto che non gli era mai venuto in mente di chiedere al nonno della sua carriera sportiva. –I-io- disse inizialmente incerto lui –Non lo sapevo-.
–Secondo te perché ho insistito così tanto?- disse James –Sapevo che il ruolo da Cercatore c’è l’hai nel sangue!-.
Dopo che la riunione fu aggiornata e James aggiunse che gli allenamenti si sarebbero svolti il lunedì, il mercoledì ed il venerdì alle cinque di sera, tutti tornarono ai loro affari personali. Jackson stava passeggiando nei corridoi di Hogwarts assieme al suo amico Jonathan prima di andare a pranzare in Sala Grande.
–Pensi che l’avrà presa bene il professor Richardson?- gli chiese il moro.
–Non penso proprio- gli rispose sincero.
–Allora sono leggermente nei guai- disse Jackson con un sorriso sulla faccia. Dopo quel piccolo giretto per il Castello, si diressero in Sala Grande prendendo posto al fianco di Andrew, Eddie e Gary.
–Mi hanno detto che hai dato spettacolo alle selezioni- esordì Andrew.
–Me la sono cavata- gli rispose il giovane Potter.
–Bè, comunque ci sei riuscito e questo è l’importante- terminò l’amica aggiungendo un piccolo bacio sulla guancia.
Il resto del pranzo procedette bene, così che, siccome che il giorno non erano previste lezioni serali, decisero di recarsi ai giardini di Hogwarts e di prendere una boccata d’aria fresca dopo le estenuanti lezioni ed i faticosi provini. Eddie e James discutevano animatamente di strategie e tattiche da applicare in partita durante il Campionato, mentre Gary ed Amy parlavano delle lezioni che si sono svolte durante il giorno mentre Jackson e Jonathan parlavano del più e del meno.
–Senti amico- disse il rosso avvicinandosi a lui ed assumendo un tono di voce più basso –Mi hanno informato sul fatto che stanotte ci sarà una festicciola nel Dormitorio dei Corvonero, dici che dovremo andarci?-.
Negli ultimi tempi, di notte, nei vari Dormitori del Castello, si sono svolte varie feste (ovviamente al segreto) nella quale girava un po’ di tutto tra alcool ed altre sostanze varie. Jackson non aveva idea di come certe cose entravano nei territori di Hogwarts ma non voleva saperlo.
–Non penso che sia conveniente- rispose lui –Voglio solo riposare dopo questa giornata-.
–Come vuoi tu-.
Dopo il breve relax passato nei giardini del Castello, Jackson venne avvisato del fatto che il Preside voleva vederlo. “Bene” pensò il ragazzo “Sono proprio curioso di vedere ciò che mio nonno vuole mostrarmi”. Il giovane Potter si avviò verso il terzo piano in tutta tranquillità verso l’ufficio del professor Sinister. –Bene, bene, ma guarda chi gira per il Castello solo e soletto- disse una voce che stava alle spalle del Grifondoro.
Quella voce era maschile ma il ragazzo non aveva bisogno di chiedersi di chi fosse perché la poteva riconoscere distintamente. Si girò e vide una banda di cinque ragazzi di Serpeverde capitanati da Daniel Payne ed Anthony Paddock. Loro guardavano Jackson con aria altezzosa, pensando di essere i migliori.
–Quale sventurato motivo vi porta qui?- chiese sorridente il Grifondoro.
–Non sarai così contento fra poco- esclamò intimidatorio Wilson Brolingbroke.
–Credi veramente di poterci sconfiggere stavolta?- s’intromise Summerby.
–Bè, cinque contro uno- disse il giovane Potter –Siete proprio coraggiosi-.
–Te le stai cercando Potter e te le daremo di santa ragione!- disse come se avesse già trionfato Payne-.
–E allora fatevi avanti!- sentenziò Jackson togliendosi in gilet e mettendosi in guardia con i pugni ben alzati in avanti. I Serpeverde si avvicinarono veloci ed immediatamente fu Phil Summerby che tentò di colpirlo con un pugno destro.
Troppo lento, pensò Jackson che con una schivata rapida fece mancare il colpo al suo coetaneo per poi piantarli una manata dietro la schiena che lo mandò a sbattere contro un’armatura che andò in mille pezzi lasciando Summerby che si contorceva sul pavimento. Payne e Paddock tentarono di colpirlo insieme; uno mollandogli un pugno e l’altro mollandogli un calcio e Jackson con una capriola in avanti evitò entrambi i colpi per poi prendere le teste dei due e sbatterle l’una contro l’altra e facendoli cadere privi di sensi.
Phil tornò alla carica dopo essersi rialzato da terra ma prima che potesse avvicinarsi al Grifondoro, si alzò col piede un pezzo di armatura e colpendolo col collo del piede sinistro lo mandò dritto sulla faccia, precisamente sul naso, del Serpeverde che cadde a terra, ma stavolta ci restò. Restò solamente quell’idiota di Brolingbroke. Si guardò intorno vedendo i suoi amici che si contorcevano a terra senza riuscire a rialzarsi.
–Che aspetti?- chiese intimidatorio Jackson.
Nemmeno rispose il ragazzo dai capelli neri: scappò a gambe levate. –Idiota- rise il giovane Potter.
Stava per fare dietro-front e dirigersi dal Preside ma vide la figura del professor Paciock davanti a lui. –Jackson!- esclamò lui sorpreso.
–Professor Paciock!- rispose Jackson senza riuscire a capire cosa potesse dire.
–Non dire nulla: un’altra rissa!- disse severo.
–Indovinato- rispose il Grifondoro pensando che sarebbe riuscito ad arrivare dal Preside ma venendo punito malamente.
–Qualcuno vi ha visto?- chiese il professore di Erbologia a voce bassa guardandosi intorno.
–Ehm, n-no, perché?- chiese confuso il ragazzo.
–Su, vai- disse il professor Paciock.
–C-cosa?- chiese Jackson non riuscendo a capire.
–Mi hai sentito! Vai- ripeté aggiungendo un occhiolino.
Con un sorriso che esprimeva tutto il suo ringraziamento, Jackson sparì il più in fretta possibile dalla zona rossa e si diresse verso il terzo piano, per poi attraversare il grande gargoyle ed entrare nell’ufficio del Preside.
–Ah Jackson- lo accolse Sinister –Incominciavo a preoccuparmi, sei in ritardo di dieci minuti!-. –Mi scusi, ma ho avuto un contrattempo signore- disse Jackson cercando di essere il più sincero possibile.
–Non voglio sapere quale “contrattempo” ti ha impedito di arrivare in orario al nostro incontro e non m’interessa saperlo- rispose Sinister che, probabilmente, aveva già compreso cosa fosse successo –Comunque- riprese col suo solito volto amichevole -Ho saputo che hai superato i provini per entrare nella squadra di Quidditch; i miei sinceri complimenti Jackson- disse con la bocca arcuata verso il basso.
–Grazie signore- rispose gentile Jackson che apprezzava che il Preside si preoccupava per lui così come per tutti gli altri studenti. –Vorresti un muffin o qualche bevanda?- gli chiese il Preside mostrando un vassoio pieno di muffin e acqua dopo un leggero movimento della bacchetta.
–No, penso che sono a posto, grazie comunque-.
–Bene, possiamo cominciare-. Il Preside Sinister prese la boccetta che Jackson aveva portato e dopo aver preso una goccia ed averla versata in un bicchierino colmo d’acqua, lo passò al Grifondoro che lo mandò giù tutto d’un fiato e, successivamente ad alcuni istanti, cadde in un sonno profondo.




Angolo dell'autore: Lo so, non ho saputo resistere a dare il numero sette a Jackson; insomma, è stato quello di suo nonno da sempre! Poi, per il resto, spero che abbiate potuto apprezzare l'intervento del professor Paciock che dimostra di essere sempre un grande simpaticone ed un essere umano prima di un professore di Erbologia. Poi, spero che vi stiate chiedendo cosa vedrà stavolta Jackson... posso dirvi solo una cosa: King's Cross!

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Capitolo 13


Jackson aprì gli occhi, o almeno, dopo alcuni istanti di oscurità, tutto si fece più chiaro e definito. Stavolta, non c’erano pile di morti e fiumi di sangue lungo le vie in cui s’incamminava, non c’era nulla che potesse ispirare all’odio, alla rabbia e alla tristezza. Sembrava un posto familiare; fu la prima impressione che Jackson si fece del luogo in cui si ritrovò.
Ma come poteva non riconoscerla? La stazione di King’s Cross non era mai cambiata, era rimasta sempre la stessa. Il solito via vai di gente andava e che tornava, che partiva per un viaggio di sola andata o di andata e ritorno. La solita marea di gente che si creava vero mezzogiorno, più precisamente verso le undici meno un quarto, soprattutto nei pressi dei binari 9 e 10. Jackson scorreva gli occhi e ogni tanto controllava le persone che lo stavano inseguendo tranquille e felici alle sue spalle. Una donna alta, magra, vestita normalmente come ogni donna Inglese che si rispetti e con i vivi capelli rossi.
Quella era nonna Ginny che camminava graziata e con classe. Poi, al suo fianco, stava una bambina che assomigliava estremamente alla madre. Teneva ben salda la sua mano in quella di nonna Ginny e sembravano decisamente madre e figlia con quei capelli rossi in comune; quella era sicuramente la zia Lily. C’erano anche due ragazzi che camminavano spingendo i loro carrelli colmi di bagagli con alcune gabbie dove stavano i loro animali.
Uno, aveva lo sguardo birichino, da malandrino su cui sporgeva un grande sorriso sul volto. In quel momento, Jackson vide la figura di suo zio James che passo dopo passo lo convinceva del fatto che era sempre stato lo stesso fin dalla giovane età. Affianco allo zio James, stava un ragazzo giovane, probabilmente undici anni, che camminava col passo meno spedito, più incerto e timido.
La figura del padre di Jackson quando era poco più che un giovane adolescente, si stagliava davanti ai suoi occhi e, subito, il suo cuore si riempì di gioia e felicità ma anche di curiosità: avrebbe voluto saperne di più sul padre. Jackson, con movimenti a lui non controllabili, si avvicinò a suo padre abbassandosi e reggendosi sulle sue spalle disse –Insieme?- gli chiese con voce profonda da adulto.
Albus fece segnò di sì con la testa e, dopo una piccola rincorsa, varcarono i binari nove e dieci, per poi sbucare nel stazione ferroviaria che li avrebbe condotti ad Hogwarts. Il binario 9 ¾ comparve davanti ai loro occhi maestoso e bellissimo come sempre. Non era cambiato e, probabilmente, non cambierà mai. La bella famigliola camminava lungo il binario, in attesa di qualcosa che ancora Jackson non aveva ben compreso.
Lungo il tragitto, suo nonno si girò e fissava uno dei suoi figli che si era fermato con tutta la sua volontà: nel volto di suo padre vedeva timidezza, paura, timore. Camminò verso di lui e si fermò davanti a lui. Poteva perfettamente sentire che il volto del nonno non era affatto severo, non contraeva dalla vergogna. Era normale, era tranquillo, anzi, presentava un sorrisetto sulle labbra.
–Papà- disse la voce di Albus –Cosa succede se finisco nei Serpeverde?- l’aveva chiesto con molta vergogna, tenendo la sua testa bassa, che fissava terra, che fissava il pavimento in pietra della stazione.
–Albus Severus Potter- incominciò nonno Harry –Tu possiedi il nome di due Presidi di Hogwarts-.
Jackson non aveva mai notato che il nome di suo padre era composto dai nomi di Albus Silente e Severus Piton. Provò una certa vergogna dentro sé stesso in quel momento perché dei due nomi conosceva solamente il primo grazie al fatto che Gary durante un compito scritto su Storia della Magia gli suggerì la risposta.
–Uno di loro era un Serpeverde- continuò Harry –E lui era l’uomo più coraggioso del mondo-.
–Ma diciamo che mi ci mettono…- tentò di ipotizzare suo padre che venne prontamente interrotto da Harry –Allora, la Casa di Serpeverde avrà guadagnato un meraviglioso e giovane mago-.
Pensava che era riuscito a convincerlo, pensava che ora suo padre fosse più tranquillo, più felice e maggiormente pronto ad incamminarsi verso Hogwarts per la prima volta nella sua vita. Però, si poteva leggere chiaro e tondo sul volto del giovane adolescente che non era ancora convinto al cento per cento. Aveva ancora timore di quale Casata sarebbe stata la sua per i prossimi sette anni di studio nel Castello Scozzese.
–Ma senti- continuò suo nonno che sembrava avesse la parola sempre pronta, la risposta sempre più adatta -Se davvero è importante per te, tu puoi scegliere Grifondoro! Il Cappello Parlante tiene conto della tua scelta-.
“Un attimo” pensò Jackson “Questa è la stessa cosa che mi disse papà la prima volta che stavo per salire sull’auto dello zio Hugo!”. Il ricordo era ancora chiaro nella mente del giovane Potter; si trovava sul pianerottolo di casa, all’età di undici anni con le sue valigie che erano già state caricate sull’auto di suo zio che lo aspettava in macchina pazientemente assieme a Jonathan e alle sue cugine.
–Sei pronto ometto?- gli chiese il padre che teneva ben salda la valigetta ventiquattr’ore nel braccio destro. Jackson non aveva risposto: troppo teso per parlare. Allora, il padre appoggiò la sua valigetta nel tappeto e si abbassò arrivando ad essere faccia a faccia con lui.
–Jackson- gli disse –So che te la stai facendo sotto dalla paura, ma pensi che io non provassi le stesse emozioni alla tua età? Credi che io non avessi il terrore che tutto potesse andare male? Ho avuto paura anche il giorno del matrimonio con tua madre lo sai?-. Ricorda che un piccolo sorriso si manifestò nella sua faccia.
–E poi, hai Jonathan con te e le tue cugine! Non devi avere paura di nulla, capito?-.
–Ma se finisco in un’altra Casata? Se non divento un Grifondoro?- gli chiese Jacskon.
–Allora vorrà dire che ti farai tanti nuovi amici e che la Casata in cui finirai, guadagnerà un bravo mago!-.
Come nel caso di suo padre, Jackson non era rimasto convinto.
–Ma se ci tieni, puoi chiedere al Cappello Parlante di smistarti in una Casa a tua scelta: ne terrà conto!-.
–Sul serio?- chiese Jackson. –Sul serio- rispose il padre.
Da quel momento, Jackson non smise di affrontare le sue paure guardandole negli occhi e, senza nemmeno chiederlo e testare se le presupposizioni di suo padre fossero vere, non chiese nulla al Cappello Parlante e finì ugualmente nei Grifondoro. Il piccolo, veloce e momentaneo flash-back terminò nel momento in cui Jackson notò che suo padre, suo zio, sua zia e tutte le persone che riconobbe, salirono sul treno. Il treno partì, il binario prese velocità e sparì nella curva con tutte le mani dei ragazzi e delle ragazze che sporgevano dai finestrini.
–Vi va di passare a casa?- chiese suo nonno a Ron ed Hermione, estremamente giovani anche loro, dopo aver mollato un bacio sulla guancia a nonna Ginny ed aver preso in braccio zia Lily.
–Un goccetto di Whisky Incendiario mi farebbe comodo- disse felice Ron guardando la moglie e suo figlio Hugo. Così, le due famigliole, si diressero verso le macchine e, dopo diversi minuti passati a percorrere le strade ed autostrade di Londra, arrivarono al numero dodici di Grimmauld Place dove poterono appoggiare i loro giubbotti, le loro borse e tutto ciò che era a loro scomodo tenere addosso.
–Noi andiamo in cucina- gli disse nonna Ginny indicando anche Hermione, zia Lily e zio Hugo.
–D’accordo, se ci cercate noi siamo nel mio studio- disse involontariamente Jackson che fece strada a Ron verso la stanza in cui nessuno poteva avere accesso da dopo la morte di nonno Harry. Le due comodissime poltrone in pelle, aspettavano solamente che i due uomini si sedessero su di esse e rilassarsi. Prima, però, i due si versarono in grandi bicchieri, qualche centilitro di Whisky Incendiario preso appositamente dal mini-bar posto sopra la credenza che stava al fianco della libreria stracolma di libri e volumi.
–Ad un altro anno di studi e lavoro- disse Ron alzando il bicchiere e facendolo sbattere al bicchiere del nonno.
–Cin-cin!- disse Harry prima di mandare giù per a gola il liquido alcolico.
Jackson riuscì persino a sentire il sapore aspro, pungente e frizzantino della bevanda. Era incredibile come il nonno fosse riuscito a fare tutto ciò; aveva, probabilmente, riscritto la storia dell’Alchimia e dell’arte delle Pozioni. Jackson avrebbe tanto voluto sapere come avesse fatto, ma non ci pensò più di tanto vedendo che i due ripresero a parlare.
–Dobbiamo subito riprendere ad analizzare quei documenti su Koach- disse Harry.
–Quel mago Bulgaro?- chiese Ron, era quasi assurda la somiglianza che aveva con Jonathan.
–Sì, pensiamo che voglia organizzare un possibile colpo di stato nel Ministero Bulgaro-.
–Se non riceveranno aiuto quei poveretti, rischiano seriamente di cadere sotto una dittatura-.
–Già, per questo il nostro governo ha stipulato un accordo con il governo Bulgaro che ci permette di entrare “in amicizia” nel caso di una battaglia o nel caso di possibili rivolte e proteste violente così come lo dovranno fare loro negli stessi casi, solamente che dovrà accadere nei nostri territori-.
–Lo sai- cambiò argomento l’uomo con i capelli rossi –Sono un po’ preoccupato per Rose-.
–In che senso?- chiese con un sorrisetto il nonno.
–Bè, sai… ragazzi!-.
Una piccola risatina uscì dalla bocca di Harry Potter –Sei un po’ troppo geloso secondo me-.
–Io geloso?-.
–Devo ricordarti di quanto eri geloso quando stavo con tua sorella?-.
–Bè ci stai ancora, no?-.
–Sei ancora geloso dopo tutti questi anni?-.
–Può darsi- disse ironicamente Ron ridendo.
–Io sono un po’ preoccupato per James; assomiglia troppo a suo nonno-.
–Che ci vuoi fare? E’ il ciclo della vita!-.
–Albus, invece; chissà dove lo smisteranno!- un tono di voce un po’ preoccupato si insediò nelle parole Harry.
–Ma è ovvio- disse sorpreso di quelle parole Ron –Tuo padre era un Grifondoro, tua madre era una Grifondoro, tu sei un Grifondoro, sei sposato con una Grifondoro, James è un Grifondoro e di conseguenza lo sarà anche tuo figlio: come nella mia famiglia! Rose è una Grifondoro così come lo sarà Hugo! E’ una questione genetica!-. –Speriamo- disse Harry.
–Hai programmi per venerdì sera?- gli chiese Ron.
–Non penso, perché?- chiese curioso il nonno. –Ho appena preso due biglietti per la partita dei Cannoni di Chudley contro le Holyhead Harpies e siccome tua moglie gioca in una delle due squadre, mia moglie non vuole venire e Hugo a quell’ora è già bello morto di sonno, pensavo che magari potessi accompagnarmi per il match-.
–E Lily?-.
–Può tranquillamente passare la notte da noi, non ci saranno problemi per Herm avere un marmocchio in più-.
–D’accordo-.
–Davvero?- chiese contento l’amico.
–Sì io…-. Harry si fermò improvvisamente e Jackson poteva perfettamente capire perché: sentiva il corpo debole, troppo debole. Per non parlare dei suoi occhi che si facevano pesanti ma che non avevano alcuna intenzione di chiudersi; si inginocchiò sulla moquette tenendosi la testa che pulsava terribilmente. Faceva male, troppo male per riuscire a sopportare quel dolore accecante.
–Harry?- chiese Ron preoccupato inchinandosi e reggendo l’amico –Rispondi amico miseriaccia!-.
La testa, anzi, la fronte era rossa, era calda e bollente quanto un thè appena levato dal fuoco che lo faceva bollire. Vedeva tutto quello che aveva davanti muoversi velocemente come se avesse i capogiri ma non erano semplici capogiri. Tutto, adesso, stava girando, come se stesse varcando un tunnel e vide davanti a lui delle figure sfuocate.
Erano riunite in cerchio ed in mezzo c’era qualcosa che Jackson non riusciva a comprendere cosa fosse anche perché sopra di esso vi era posto un lenzuolo nero come l’oscurità. Delle parole in latino volavano all’unisono tra le persone presenti; improvvisamente, il lenzuolo si alzava lentamente ed un raggio verde accecante si sparse e terminò quella strana visione.
Jackson vide che nonno Harry riaprì gli occhi ed era tutto sudato nel corpo. Ron, Hermione e nonna Ginny lo circondavano e lo guardavano preoccupati.
–Ehi- disse Harry.
–Harry!- urlò preoccupata nonna Ginny che lo abbracciò immediatamente –Temevo che, temevo che- provò a dire lei senza riuscirci.
–Non preoccuparti, sto bene ed è questo che conta-.
Era disteso sul divano dello studio ma non ebbe problemi a sedersi. –Cosa è successo?- chiese.
–Sei svenuto, tutto qui- rispose Ron.
–Penso che sia lo stress accumulato, insomma, hai passato molto tempo a lavorare nelle ultime settimane ed è meglio che ti prenda qualche giorno di riposo- gli suggerì Hermione –Penso che Kingsley non abbia problemi siccome sei uno degli Auror più affidabili e fedeli degli ultimi tempi-.
Dopo qualche piccolo controllo, Hermione e Ginny tornarono in cucina e lasciarono Harry e Ron nuovamente soli.
–Stai bene amico? Non hai esattamente una bellissima cera- gli chiese ancora il Weasley.
–Sì, solo che…- rispose Harry incerto.
–Solo che, cosa?- chiese Ron.
–Devo dirti una cosa-.
Harry si alzò, guardò che nessuno fosse nei paraggi, chiuse la porta a chiave e dopo aver pronunciato –Muffliato- raccontò a Ron tutto quello che aveva visto durante lo svenimento. Dopo che terminò l’agghiacciante racconto, Ron rimase sconvolto e preoccupato come non lo era da tempo.
–Tu credi…-.
–Sì- rispose Harry senza lasciargli terminare la domanda.
–E la tua…-.
–Sì- rispose nuovamente velocemente Harry –Sono passati diciannove anni Ron e la cicatrice ha ripreso a bruciare intensamente!-. 




Angolo dell'autore: Voglio farvi sapere che ho voluto pubblicare questo capitolo così presto perchè non avevo alcuna intenzione di farvi restare sulle spine per tutto il tempo (vi voglio troppo bene dopotutto). Allora, qualche precisazione; ho scelto, per la scena iniziale, di prendere spunto dal film piuttosto che dal libro (sorry) per il semplice fatto che mi serviva un riassunto rapido e nel libro durava troppo e non potevo rubare la scne aalla nostra Rowling (sopratutto per il copyright). 
Inoltre, spero vivamente che vi sia piaciuto questo messaggio che Harry ha mandato al suo caro nipote Jackson e spero che non abbiate capito ancora un gran che del pericolo che sta per incombere :)
Per il resto, spero che continuiate a leggere e a recensire perchè mi fa molto piacere ricevere opinioni da parte di lettori, scrittori e recensori con punti di vista ed idee differenti! 

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Capitolo 14


Jackson si ritrovò nell’ufficio del Preside ma era vuoto, insomma, Sinister non era presente. –C’è nessuno?- chiese il giovane Potter riprendendosi. Si affacciò nella scrivania del Preside curioso di vedere a cosa stesse lavorando il suo professore di Pozioni. Vide che da una parte c’erano degli appunti sul Distillato della Morte Vivente che era un argomento che Jackson aveva già affrontato durante il quinto anno. Esaminò ancor di più incuriosito una piccola clessidra che, non appena terminava la sabbia nella parte superiore, essa la riportava dal basso verso l’alto come se ci fosse una forza al suo interno.
Poi, i suoi occhi indugiarono su un foglio di carta molto strano, che non riusciva a capire a prima vista. Era un foglio che però gli interessava estremamente per il fatto che c’era una scritta: Jackson Potter. Con tanto cerchio che delimitava il suo nome in rosso. Era strano e avrebbe voluto saperne di più; di sicuro, la scrittura era quella di Sinister. Il Grifondoro poteva chiaramente notare la “O” più schiacciata del solito che, praticamente, era il suo marchio di fabbrica.
–Jackson!- lo sorprese Sinister scendendo dalle scale –Finalmente! Pensavo che non avessi più intenzione di svegliarti-.
–Perché mi dice questo signore?-.
–Hai dormito per quasi cinque ore di fila!-.
–Davvero?- chiese sorpreso Jackson.
–Sì, ora ero andato un attimo al bagno- disse sorridente come sempre il Preside –Posso chiederti che stavi guardando?- gli chiese gentilmente.
–Ehm, stavo soltanto ammirando la sua clessidra signore- rispose il ragazzo con una scusa rapida.
–Ah ma certo! Questa clessidra l’ho acquistata in uno dei miei viaggi nell’Arabia Saudita, donatami da un Mago che, ecco, è molto importante per me-.
Durante il racconto nella introduceva il fatto che il suo amico era un abile Mago illusionista e trasfiguratore, Jackson (che tentava di apparire il più interessato possibile alla vicenda) notò che Sinister, con la scusa di cercare una piuma e dell’inchiostro nel cassetto, ripose all’interno di esso quello strano foglio, che fece presagire del sospetto in Jackson. Ora, sicuramente, stava seriamente pensando che Sinister stesse tramando qualcosa.
–Comunque, sono curioso di sentire quello che tuo nonno ha voluto mostrarti visto il tempo che hai impiegato nel rivivere questo ricordo-.
Jackson ci pensò un attimo e decise che avrebbe raccontato tutto quello che aveva visto, siccome non aveva ancora capito cosa fosse quel foglio e cosa ci fosse scritto sopra di esso; poteva tranquillamente essere una disposizione per la sua pagella, anche se, probabilmente, Jackson si stava auto-convincendo da solo. Il giovane Grifondoro racconto tutto, soprattutto del bruciore che suo nonno avvertì alla cicatrice e, però, tentò di non parlare della visione.
–Hai qualche idea su cosa fosse quella visione?- gli chiese Sinister dopo aver ascoltato interessato dal racconto.
–No signore- disse Jackson –Come le ho detto poco fa, era tutto molto sfuocato e non riuscivo a distinguere le immagini-.
–D’accordo, penso che la cosa migliore, al momento, sia che tu tenti di ricordare quello che hai visto fino al nostro prossimo incontro-.
–Sì signore- rispose Jackson cordialmente.
Dopo essersi congedati Jackson camminò per il Castello e notò che era quasi ora di cena, quindi andò a cambiarsi nella sua stanza.
–Si può sapere dove sei stato?- gli chiese Jonathan non appena vide che l’amico era entrato.
–Sinister mi ha tenuto per le lunghe- tentò di scusarsi Jackson.
–Già e forse è meglio che tu mi parli di questi incontri che fatte tu ed il Preside-.
Jackson decise di raccontare tutto al Weasley, dal primo fino al secondo ricordo perché sapeva che di lui poteva fidarsi ciecamente. Gli raccontò persino dei suoi sospetti nei confronti di Sinister e di come fosse molto strano il foglio trovato sulla scrivania di quest’ultimo.
–Ne so meno di te Jackson se vuoi avere un mio giudizio-.
–Lo so amico, tranquillo-.
–Promettimi che mi racconterai ogni cosa!- gli chiese Jonathan.
–Senza dubbio!- gli rispose il giovane Potter.
Una mano in più faceva sempre bene e Jackson era più che convinto che assieme a Jonathan ci sarebbe stata più chiarezza sulle cose. Passarono un paio di giorni ed era arrivato il giovedì che voleva significare solamente una cosa: lezione di Incantesimi. Il giovane Potter sperava vivamente di non prendere parte a ciò, ma non poteva evitare per sempre il professor Richardson che, come gli avevano riferito i suoi amici, aveva particolarmente apprezzato la sua assenza nell’ultima lezione.
–Dai muoviti- gli disse Andrew assieme a Gary dopo essere usciti dall’aula di Trasfigurazione.
–Ho già detto che in quell’aula non ci entro!- esclamò il giovane Potter.
–Mi sembri un bambino di cinque anni che non vuole entrar dal dottore- aggiunse Eddie divertito dalla scena.
–Ho già detto che non ci vado!- continuò a protestare il ragazzo.
–Hai affrontato quasi venti, o trenta Serpeverde quest’anno sul vagone di Hogwarts e non vuoi entrare per una stupida lezione di Incantesimi?- chiese sconcertato James.
–E’ diverso James, non puoi capire-.
–Io dico che questo se la sta facendo sotto- lo stuzzicò Jonathan.
–Tu stai zitto- cercò di difendersi invano Jackson.
–D’accordo, voi andate, ci penso io- disse Andrew scacciando i maschi. Il giovane Grifondoro era seduto in una delle tante panchine in pietra presenti all’interno del Castello, fermo a fissare il panorama fuori dalle finestre.
–Ehi- esordì Andrew tentando di ricominciare da capo.
–Ciao- rispose Jackson tranquillo.
–Perché non vuoi entrare?- gli chiese dolcemente.
–Non mi va e basta-.
–Sicuro? O è perché hai qualche problema con il professor Richardson?-.
–Qualche problema? Io ho tutti i problemi che mi possono capitare con quell’uomo!- disse Jackson indignato.
–Senti, se vuoi posso restare al tuo fianco- propose Andrew calma.
–E questo cosa cambierebbe?-.
–Ti posso dare una mano o qualche suggerimento se vieni interpellato-.
Il Grifondoro guardò fisso negli occhi la sua migliore amica e rimase immerso in quegli occhi marroni color nocciola che lo fecero pensare, che gli misero in moto il cervello e lo aiutarono a ragionare piuttosto velocemente. –D’accordo- disse alla fine il ragazzo alzandosi dalla panchina.
Restò, come sempre, molto contento dell’aiuto che gli dava Andrew e, dentro di sé, sapeva che senza di lei non sarebbe arrivato fin qui. È stata una vera e propria benedizione incontrarla. Entrarono e presero posto in un paio di bancate poste ai fianchi di Jonathan e Gary e dietro Eddie e James.
–Buongiorno a tutti- accolse gli studenti il professore di Incantesimi facendo la sua apparizione in classe. –Bene, vedo che oggi il signor Potter ci abbia deliziato della sua visita-. Jackson lo guardava fisso negli occhi e continuava ad odiarlo sempre di più ad ogni istante che passava inesorabile.
–Non potevi restare a romperti un braccio sul campo di Quidditch anche oggi?- disse l’uomo facendo ridere soprattutto i Serpeverde.
–Stavo pensando la stessa cosa per lei professore- rispose in tono di sfida Jackson.
–Cinque punti in meno a Grifondoro per la tua arroganza-.
Non aveva mai risposto al professor Richardson a causa della sua fobia per gli Incantesimi ma quest’anno non voleva darla vinta a quell’idiota posto dietro una cattedra. –Ottimo, oggi faremo un piccolo ripasso sull’incantesimo Protego ed incominceremo a parlare dell’incantesimo Stupeficium. Il primo, come ben sappiamo serve a creare uno scudo fra l’avversario e voi studenti che farà certamente rimbalzare l’incantesimo impedendovi di essere schiantati-.
Ne susseguì una veloce introduzione su chi l’ha creato ed in quali circostanze. –Passiamo ora all’incantesimo Stupeficium; abbiamo introdotto solamente il Flipendo o vari Schiantesimi per attaccare l’avversario ma questo è sicuramente uno dei più efficaci ed importanti incantesimi che possiate utilizzare durante uno scontro. Esso riesce a schiantare completamente il nemico mandandolo al tappeto in pochi secondi.
Più l’incantesimo viene potenziato, più velocemente l’avversario cadrà a terra privo di sensi. Ora, qui entra in gioco il Protego; voglio che due persone vengano in mezzo all’aula. Uno dei due dovrà tentare di colpire con uno Stupeficium l’avversario, mentre il secondo dovrà proteggersi con un Protego. Non allarmatevi, ho qui con me tutto il kit necessario per curarvi nel caso gli effetti siano più grandi del dovuto, ma siccome siete alle prime armi con lo Stupeficium ed il Protego l’avete imparate nelle prime settimane dello scorso anno, penso che non ci sarà alcun bisogno di portarlo fuori-.
Ora, il professore girava nell’aula e scrutava gli studenti uno ad uno.
–Radja ed Eddie!- sentenziò lui.
Due stranieri che si scontravano in territorio Inglese; una sfida abbastanza interessante, anche perché tutti i presenti erano certamente incuriositi dalle doti magiche del Corvonero. I due scesero, senza guardarsi. –Radja, tu dovrai difenderti dall’attacco di Eddie e poi i ruoli si scambieranno d’accordo?-.
I due nemmeno risposero, ma fecero un cenno con la testa.
–Potete incominciare-.
Qualche istante di silenzio volò all’interno della classe prima che il Grifondoro con un leggero movimento della bacchetta e dopo aver pronunciato –Stupeficium!- fece partire il suo Incantesimo che non fu nemmeno né tanto potente né tanto veloce e rapido proprio per il fatto che il ragazzo di Corvonero con un gran Protego lo sventò senza grandi problemi. Era stato rapido e repentino quest’ultimo che velocemente mosse a bacchetta con violenza pronunciando –Stupeficium!-.
Eddie fu preso alla sprovvista e, anche se aveva pensato ad una reazione così rapida di Radja, rimase sorpreso. Non riuscì a pronunciare nemmeno la prima lettera dell’incantesimo “Protego” che immediatamente venne colpito sul braccio che teneva la bacchetta e cadde a terra, rimanendo immobile.
Tutti si alzarono in piedi ma Jackson scattò versò il Corvonero. Sentì la disapprovazione di Andrew che invano gli disse di restare al suo posto, sentì anche che Jonathan e James lo rincorsero per evitare di creare danni.
–Ma che ti prende?!- gli urlò il giovane Potter con la faccia a pochi centimetri di distanza da quella di Radja in tono minaccioso.
–Ho solo fatto quello che il professore mi ha chiesto Potter!- rispose lui alzando la voce in mezzo allo scompiglio e al caos circostante.
–Non avresti dovuto farlo cadere a terra privo di sensi!-.
–Non è colpa mia se il tuo amico è più veloce a dare un paio di pugni piuttosto che agitare una bacchetta!-.
–Ripetilo se hai il coraggio!-.
–Certo che lo ripeto: il tuo amico è più veloce a dare un paio di pugni piuttosto che agitare una bacchetta!-.
Jackson non ci vedeva più dalla rabbia ed era certo che, ormai, il suo corpo era pronto a mollare un pugno istintivo, così come Radja era pronto a schivarlo e a rendere il favore come aveva fatto con Eddie. Se non fosse stato per l’intervento di Jonathan, James e Gary insieme a qualche Corvonero a placare la rabbia di Radja, si sarebbe creata una bella rissa nella classe.
Fortunatamente, a causa del fatto che tutti gli altri studenti stavano intorno ad Eddie e al professor Richardson che si prendeva curo del Grifondoro, la maggior parte delle persone presenti, non si accorsero una rissa stava per manifestarsi. Eddie si risvegliò piuttosto su di giri e non capiva ancora cosa fosse successo, così incaricò la compagna di Casa Marlen Gospel ad accompagnarlo in infermeria.
–Bene- disse il professor Richardson tentando di riprendere il controllo della situazione –Mancano ancora un paio di minuti alla fine della lezione: possiamo ingaggiare un altro duello-.
“Questo è pazzo” pensò Jackson. Per la seconda volta, il professore di Incantesimi camminò nella stanza in cerca di qualcuno da far combattere.
–Anzi- disse all’improvviso interrompendo il lungo silenzio –Lo studente che chiamerò, si scontrerà con me! Così evitiamo possibili fraintendimenti e pericoli-.
Jackson sapeva che voleva fare questo per un semplice motivo, sapeva chi voleva chiamare, sapeva chi voleva mettere in ridicolo davanti a tutta la classe.
–Potter!- disse l’uomo.
Era ancora nervoso dallo scontro sfiorato pochi istanti fa con Radja, ma ora la sua pazienza stava arrivando al limite. –Signore mi propongo io al posto di Jackson!- si alzò prontamente Andrew. –Seduta signora Line!- abbaiò il professore.
Era chiaro, lui voleva solo Jackson. Andrew si risedette sconfitta ed amareggiata di non poter aiutare l’amico, per una volta. Lei, però gli tenne stretta la mano prima che si alzasse cercando di incoraggiarlo il più possibile a tenere la calma padrona del suo corpo.
–Bene Potter, deliziaci delle tue grandi abilità!- lo stuzzicò immediatamente. Cercava di restare calmo, di non far prendere il sopravvento alla furia.
–Non penso che tuo nonno immaginasse di avere un nipote così… inutile- disse lui.
“No!” pensò Jackson “Tu a mio nonno non devi nemmeno sfiorarlo! Non ora che è morto!”. Tutti i presenti avevano compreso che il professore aveva toccato un argomento delicato e ancora fresco di attualità. Nemmeno i Serpeverde avrebbero fatto una cosa così: un po’ di onore anche loro lo avevano.
–Stupeficium!- pronunciò il professore. L’incantesimo non l’aveva affatto indebolito; sembrava più potente di quello di Radja e lo si poteva capire dalla velocità che stava acquistando centimetro dopo centimetro che percorreva nello spazio. Non sapeva come, non sapeva perché, ma Jackson sentì il suo battito accelerare di colpo e vide che l’incantesimo stava rallentando davanti ai suoi occhi.
Lui mosse la bacchetta, pronunciò –Protego!- con tutta la rabbia e la frustrazione che aveva in corpo. Quello che vide, fu un Protego che divise in due la classe: da una parte Jackson, dall’altra il professor Richardson. Tutti rimasero sorpresi, anche perché il ragazzo di Grifondoro non indietreggiò nemmeno di un passo o di un centimetro; era fermo, immobile e fissava il suo avversario con uno sguardo di vendetta.
–Expulso!- urlò facendo uscire un incantesimo che, dopo che lasciò la bacchetta, fece fuoriuscire un boato come se fosse un colpo di cannone. Viaggiò più veloce dei battiti di ali di un colibrì. Colpì il professore al centro del petto e lo fece volare all’indietro superando persino la cattedra. Non volò soltanto la cattedra ma perfino tutti i libri che stavano accuratamente immobili nelle tante librerie della classe. Tutti rimasero sorpresi, tutti rimasero a bocca aperta, tutti non rimasero in silenzio. Il professore non si muoveva e, immediatamente, Gary ed altri studenti si precipitarono a vedere le condizioni del professore.
–Chiamate aiuto! Subito!- urlò a qualcuno Gary.
La trepidazione era tanta all’interno della stanza e tutti gli studenti erano agitati. –Come hai fatto?- gli chiese Jonathan che si avvicinò a Jackson che, in mezzo al grande caos, era rimasto immobile davanti a quello che aveva fatto.
–C-cosa?- chiese il ragazzo dagli occhi verde smeraldo.
–Jackson ti rendi conto che hai appena fatto fuoriuscire dalla tua bacchetta un incantesimo che s’impara al settimo anno?-.
–C-cosa?- chiese nuovamente ancora più confuso Jackson.
–E’ meglio andarcene!- disse Andrew prendendo i due ragazzi e portandoli lontano dall’aula di incantesimi.




Angolo dell'autore: Bene, vi starete chiedendo quali siano gli intenti di questo Preside ma lo scoprirete solo continuando a leggere ;) Avete appena visto com'è il professor Richardson e credo che Radja abbia esagerato un pochino :) (povero Eddie).
Comunque vi starete chiedendo nuovamente cosa stia succedendo dentro Jackson siccome era un'autentica schiappa con gli incantesimi, ma io penso proprio che lo scoprirete continuando a leggere! Avrete anche una bella sorpresina se proprio volete un piccolo anticipo :)

Recensite mi raccomando! E a presto! :)        

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Capitolo 15


La voce che Jackson aveva stordito il più bravo professore di Incantesimi del Castello, era girata piuttosto velocemente, più velocemente di un lampo o di un fulmine. Ormai, tutti fermavano il Grifondoro per chiedergli come avesse fatto a scatenare due incantesimi così potenti in così poco tempo. Il ragazzo, ora, doveva fare chiarezza perché non riusciva a spiegarsi come sia riuscito a fare così tanti progressi sia nel Quidditch che negli Incantesimi con così poco esercizio e con così tanta rapidità.
Gary gli aveva detto che per far manifestare incantesimi di tale forza, occorrevano almeno quattrocento ore di esercizio in media; mentre trecento ore per chi fosse più dotato o ce l’ha nel sangue. Era impossibile che Jackson fosse così dotato da far svenire il professor Richardson e farlo ricoverare al San Mungo. Erano tutti in Sala Grande e si erano goduti un eccellente e delizioso pranzetto offerto dagli elfi domestici del Castello.
Dopo che il gruppetto dei Grifondoro constatarono che ormai la sala era mezza vuota, decisero di alzarsi e di dirigersi verso il loro Dormitorio e fare una rilassante “siesta” prima di affrontare qualche minuto dedicato allo studio. Il professor Richardson, era uno dei pochi che non aveva affidato alcun tipo di compito da svolgere al di fuori della classe, grazie al fatto che era stato portato al San Mungo ma, secondo quello che dicono i Guaritori ed i medici, entro una settimana dovrebbe recuperare le capacità per ritornare dietro una cattedra.
–Dove vai?- gli chiese Jonathan quando vide che dopo il pranzo Jackson non li seguiva verso il settimo piano.
–Da Sinister-.
Il giovane Weasley comprese al volo e non fece altre domande e placò tutti coloro che, invece, avevano abbastanza domande da fargli. Colui che, sicuramente, rimase molto insospettita della cosa era sicuramente Andrew che non rimase del tutto convinta quando il giovane Weasley gli disse che il Grifondoro preferiva farsi una passeggiata piuttosto che sdraiarsi su una poltrona a parlare.
Percorse il solito tragitto che lo conduceva al terzo piano e, stavolta, non trovò intoppi come l’ultima volta in cui si era recato verso l’ufficio del Preside.
–Jackson!- gli disse Sinister proprio quando arrivò davanti al Gargoyle.
–Mi scusi signore, ma dovevo urgentemente parlare con lei- si giustificò il ragazzo.
–D’accordo, ma forse è meglio se lo facciamo nel mio ufficio-.
Dopo aver oltrepassato il Gargoyle salirono nella grande stanza ed immediatamente Jackson incominciò a parlare nonostante non fosse tanto fiducioso nell’aiuto che il Preside gli stesse dando ma, siccome lui era più esperto, doveva sicuramente saperne di più.
–Ecco, non ho idea di come ho fatto a superare i provini per il Quidditch, non so come ho fatto a superare così rapidamente gli avversari ed aver recuperato il boccino nonostante non mi sia mai allenato! Per guidare una scopa servirebbe grande forza per portarla da una parte all’altra e la stessa cosa vale per quando si rincorre e si prende un boccino: sono riuscito ad individuarlo immediatamente ma era come se io lo avessi fatto un miliardo di volte! Era come se lo sapessi a memoria che il boccino avrebbe percorso quelle varie traiettorie!-.
–E- disse Sinister un po’ confuso –Vuoi che revochi la tua convocazione nella squadra?-.
–Cosa? No!- esclamò Jackson stizzito dal fatto che non il Preside non capisse quello che stesse cercando di dire –Sto solo dicendo che stanno succedendo cose strane in me! Insomma, anche oggi ho schiantato il professor Richardson con un incantesimo che io non conosco e di cui non ne conoscevo nemmeno l’esistenza! E’ tutto così strano!-.
–Ah sì, per la verità ero già intenzionato ad interrogarti al riguardo- esordì il professore cercando di formulare un discorso –Pensavo che quest’estate tu e tuo padre vi siate allenati molto grazie ad alcuni permessi speciali da parte del Ministero-.
–Sì ma non penso che un paio di lezioni estive mi abbiano aiutato a pronunciare ed eseguire alla perfezione un incantesimo che nemmeno conosco-.
Qualche minuto di silenzio volò nella stanza mentre Sinister cercava di capire cosa stesse accadendo all’interno di Jackson senza che lui se ne accorgesse.
–Forse ho capito cosa succede Jackson- disse alla fine, proprio nel momento in cui il Grifondoro stava perdendo la pazienza –Allora, ricordo che quando stavo analizzando il campione di pozione che mi hai lasciato estrarre, ho notato immediatamente che all’interno di essa fossero presenti come dei globuli rossi, globuli bianchi e delle piastrine-.
–Cosa?- chiese Jackson che non capiva.
–Ti spiego: i globuli rossi, i globuli bianchi e le piastrine sono tre tipi di cellule prodotte dal nostro midollo osseo e sono presenti nelle nostre vene e nel nostro sangue ma non ci avevo fatto particolarmente caso ma ora ho capito la loro presenza-.
–Un momento- lo interruppe Jackson –Mi sta dicendo che io ho bevuto anche del sangue?-.
–Praticamente sì-. Il giovane Potter ne restò leggermente disgustato.
–Quel sangue che ingerisci Jackson, si instaura nel tuo organismo, nelle tue vene, mescolandosi ai tuoi globuli bianchi, rossi e alle piastrine. E quel sangue lo sai a chi appartiene? A tuo nonno-.
–E cosa significherebbe oltre al fatto che sto bevendo sangue come un vampiro?-.
–Significa che tutto quello che tuo nonno ha vissuto si sta trasferendo in te! Esperienze, forze, abilità nel Quidditch e negli Incantesimi… tutto! Tu stai diventando la copia perfetta di tuo nonno! Per questo hai saputo pronunciare l’incantesimo Expulso; probabilmente l’aveva pronunciato durante la battaglia. Ed è per questo che hai saputo destreggiarti tanto facilmente sulla scopa durante i provini! Perché tuo nonno ha giocato per sei anni di fila nel ruolo di Cercatore!-.
Ora tutto era chiaro, pensò Jackson. La cosa lo interessava molto ed era curioso di sapere quali altre abilità e qualità suo nonno gli avrebbe trasmesso.
–Bene- disse il ragazzo –Allora incominciamo subito!- propose.
–So che ora tu sia molto eccitato all’idea di apprendere abilità a te ancora ignote Jackson, ma bisogna monitorare gli effetti che la pozione produce su un essere umano; perciò, vacci piano! E poi devo partire per un viaggio di lavoro e non posso assisterti-.
–Un viaggio? E per dove?- chiese incuriosito.
–Ehm, sono faccende legate alla scuola, nient’altro- rispose facendola breve Sinister.
Sconsolato e rammaricato, Jackson uscì dall’ufficio del Preside dopo avergli augurato una buon proseguimento di serata e si diresse verso i suoi amici. Il Grifondoro attraversava le varie sezioni del Castello cercando di arrivare il più velocemente possibile verso l’ultimo piano, così da potersi aggiungere alla sua “cricca”. Era molto annoiato e sicuramente non avrebbe messo la sua testa fra i libri quel pomeriggio: troppo roba su cui rimuginare.
Era arrivato al quarto piano quando per sbaglio gli cadde una sua collana dalle tasche e, sempre per puro caso, gli mollò un calcio mandandola in avanti.
–Accidenti!- esclamò Jackson cercando di non imprecare. Si diresse a grandi falcate verso la sua adorabile collana che aveva un grande valore ed importanza per lui. Prima che potesse arrivarci, qualcun altro la raccolse.
–Bene, bene- disse una voce maschile –Che cosa abbiamo qui?-; la voce maschile era stuzzicante ed aggressiva.
–Lascia stare quella collana Payne!- disse tentando di restare calmo Jackson che non era decisamente dell’umore adatto per ingaggiare una nuova rissa con i Serpeverde.
–Pottino Potter rivuole indietro la sua collana? Perché non vieni a prenderla?-.
Il Grifondoro avanzò senza alcun cattivo intento. Allungò la mano notando il fatto che Daniel Payne volesse apparentemente restituirgli l’oggetto di sua appartenenza. Invece, il Serpeverde portò la mano repentinamente all’indietro aggiungendo anche –Ops, per un soffio vero?-.
Una risatina ed un ghigno comparvero nel volto di quel ragazzo che Jackson detestava per la sua arroganza e per il suo modo di trattare le persone inferiori a lui. Il ragazzo tentava di essere flessibile e di restare calmo nonostante la sua pazienza fosse già terminata da un pezzo.
Si avvicinò nuovamente al Serpeverde ma nuovamente arretrò il braccio.
–Pensavo fossi più veloce Potter!- esclamò mollandogli uno schiaffo.
In quei decimi di secondo, la mente di Jackson andò su di giri e mollò un calcio a Payne che lo fece scivolare. “Quella collana non dovrebbe nemmeno sfiorarla! Non proprio quella collana!”. Si avvicinò col volto indemoniato; il Serpeverde si alzò, scansò il Grifondoro e lanciò la collana che finì in cima ad una sporgenza per poi scappare.
–Bastardo che non sei altro!- urlò Jackson che lo vide svoltare dopo una porta e sparire. L’avrebbe rincorso volentieri ma doveva cercare di raggiungere la collana che ormai stava a più di quattro metri di altezza dalla sua testa.
“Un normale incantesimo, come Accio, basterà” pensò lui. Portò la mano alla tasca destra ma non trovò nulla, la portò alla tasca sinistra ma niente, persino nella tasca posteriore non c’era niente. Non poteva lasciare la collana lì.
–Serve una mano?- gli chiese una voce femminile. Jackson si girò e vide la figura di Kaendra Chambers davanti a lui.
Era una ragazza che appartiene alla Casata di Salazar Serpeverde. I suoi capelli erano lunghi e cadevano con dei deliziosi boccoli lungo le spalle ed il loro colore tendeva ad un viola estremamente scuro. Mentre i suoi occhi erano verdi smeraldo; identici agli occhi di Jackson.
–A dire la verità, sì- rispose il Grifondoro che pensava che la ragazza lo avrebbe mandato a quel paese vista la rivalità tra le due Case.
–Perché non applichi un Wingardium Leviosa o un Accio?- propose lei.
–Ci avevo già pensato ma sono senza bacchetta al momento, devo averla lasciata nel Dormitorio prima di pranzo- si giustificò il ragazzo.
–Tranquillo, ci penso io- disse la ragazza con un sorriso sulle labbra estraendo la bacchetta dalla borsa che portava in spalla e pronunciò perfettamente –Wingardium Leviosa!-.
La collana levitò dolcemente dall’alto verso il basso fino ad appoggiarsi sulla mano della ragazza che l’aveva tenuta tesa verso l’alto.
–Ecco, tieni- disse lei.
–Grazie mille, davvero- disse sincero e grato Jackson.
–Di nulla Jackson- rispose dopo essersi spostata una ciocca di capelli irregolare dietro l’orecchio –Posso chiederti perché è così importante per te?- aggiunse lei.
–Come hai fatto a capire che era una cosa così importante per me?- chiese un po’ stupito il ragazzo.
–E’ ovvio! Non ti ho mai visto restare così calmo con Daniel o con qualsiasi altro Serpeverde- rispose la ragazza ridendo divertita.
–D’accordo mi hai scoperto- disse il giovane Potter cedendo alla risata.
Qualche istante fu passato a ridere ma non a squarcia gola, bensì tentando di riportarla dentro. Purtroppo, più si tentava di smettere, più il ragazzo e la ragazza aumentavano la loro risata, fino al punto che dovettero appoggiarsi entrambi al muro e lasciarsi trascinare sul pavimento in salice ed aspettare che la risata passasse da sé. Intanto, studenti su studenti passarono e videro i due ragazzi come se fossero due barboni ma anch’essi divertiti, talmente divertiti che Jackson si dimenticò di rispondere alla domanda.
–Posso chiederti una cosa?- gli chiese la ragazza mentre si reggeva la pancia portata all’estremo delle forze.
–Dimmi pure-.
–Perché è così importante per te quella collana tanto da evitare di aggredire quell’idiota di Daniel?-.
Questa era la prima che sentiva una Serpeverde che dava dell’idiota ad un suo compagno di Casata ed era tutto molto interessante secondo il ragazzo. Jackson guardò la collana che ora reggeva ben stretta in mano, concentrato a non mollarla.
Essa aveva una corda composta prevalentemente in oro così come dal boccino che dava peso alla collana. Ma Jackson non teneva affatto alla collana per il suo valore in denaro; poteva anche essere in plastica ma il valore sarebbe rimasto lo stesso.
–Questo è il dono che mio nonno mi ha lasciato nel Testamento dopo che è morto quest’estate-.
–Oh- rispose sorpresa la ragazza –Ora capisco-.
–Mi manca ogni giorno- disse il ragazzo non curandosi del fatto che stesse parlando pacificamente con una Serpeverde.
Lei appoggiò la sua testa alla spalla del Grifondoro e sembrava tutto così strano ma anche estremamente piacevole.
–Gli assomigli tanto lo sai?- disse Kaendra.
–Davvero?- chiese Jackson.
–Già, a parte per questo crestone che ti ritrovi!- disse ridendo.
–Sì, lo so- rispose ridendo anche lui. Dopo qualche minuto passato a chiacchierare, i due si alzarono da terra.
–Stavo pensando- incominciò Jackson –Che magari potessimo vederci qualche volta-.
–Sì, stavo pensando la stessa cosa- rispose Kaendra contenta.
–Va bene, ti faccio sapere io quando d’accordo?- chiese cercando conferma il ragazzo.
–Certo- disse lei avvicinandosi e mollandogli un bacio sulla guancia –Ci vediamo Jackson- concluse per poi andarsene.
Il Grifondoro rimase fermo qualche istante notando che si era ritrovato in tasca un biglietto con su scritto “Venerdì, ore 17, Torre di Astronomia”. Il foglio era firmato con una K viola ed era chiaro che la ragazza di Serpeverde aveva preso le iniziative da sola ma la cosa non creava problemi al ragazzo, tutt’altro: gli levava un sacco di problemi di dosso. Tornò a fare quello che stava facendo prima dell’incontro con Kaendra, ovvero tornare al settimo piano per rincontrare i suoi compagni.
Guardò ancora la collana che ora teneva appesa al collo pendolante e pensò a come l’aveva presa il nonno quando scoprì che suo figlio era finito in Serpeverde. “Sicuramente non bene” si auto-rispose il giovane Potter ridendo. 





Angolo dell'autore: Spero che sia riuscito a fare un pò più di luce su quella strana pozione e chissà se questi effetti erano stati calcolati dal nostro caro nonno Harry. Comunque sia, questo sarà sicuramente un grande vantaggio per Jackson da utilizzare in futuro, statene certi. Poi giuro che mi stavo divertendo troppo a scrivere l'episodio della collana. Povero Jackson; cercare di non prendere a calci e pugni un Serpeverde è qualcosa che difficilmente riesce a sopportare. Mentre, invece, sembra che il nostro caro giovane eroe abbia un appuntamento con una Serpeverde e chissà cosa succederà, ma lo scoprirete già dal prossimo capitolo.
Restate sintonizzati su questo canale mi raccomando :) e non dimenticate di recensire! 

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Capitolo 16


I giorni stavano passando e di Sinister, non se ne vide più nemmeno l’ombra e, probabilmente, Jackson rimase piuttosto stizzito della cosa. Non avrebbe nemmeno presidiato alle estrazioni del calendario di Quidditch. Era un grande evento che era molto sentito all’interno del Castello da parecchi anni. Tutta la scuola era riunita in Sala Grande e guardava interessata l’urna. All’interno di essa stavano i quattro nomi delle quattro Case scritte sopra un foglio di papiro.
Al di sopra di quest’urna, simile ad un piccolo barile di metallo, veniva applicato un incantesimo che faceva comparire un fuoco che avrebbe deciso le combinazioni; il meccanismo era simile a quello del Torneo Tre Maghi e al Calice di Fuoco utilizzato decenni fa.
Tutti gli studenti e giocatori delle squadre del Castello stava seduto sopra alcune sedie in legno, mentre i Capitani e gli insegnanti restavano nel palchetto presente nella Sala Grande. Il fuoco venne appiccato dal professor Richardson, tornato il giorno stesso dal San Mungo, aiutato dal professor Newton. Si attese qualche istante prima che a prima squadra fuoriuscisse dall’urna: Corvonero.
I giocatori erano ansiosi di conoscere i loro primi avversari: tutti tranne il loro nuovo Capitano e Cacciatore. Radja Nainngolan restò impassibile, eretto e composto. Ha sorpreso tutti il fatto che il direttore della Casa di Corvonero, il professor Turpin, professoressa di Trasfigurazione, avesse scelto il ragazzo per guidare la squadra nonostante fosse al suo primo anno nel Castello. Sicuramente il disagio mostrato dall’ex capitano Anthony Caldwell fu enorme, ma decise di essere il più sportivo che poteva e accettò la cosa. Sostenne i provini come ogni giocatore, superandoli, e diventando nuovamente il portiere della sua squadra.
L’avversario uscì ed era Grifondoro. James non rimase felice della cosa; i Corvonero hanno vinto il campionato due anni fa lottando aspramente con i Grifondoro fino all’ultimo e, proprio due anni fa, la prima sfida era Grifondoro-Corvonero. E poi, non conosceva nulla di Radja e la cosa lo preoccupava molto. Dunque, la prima giornata sarebbe stata Grifondoro contro Corvonero e Serpeverde contro Tassorosso.
Molti dei presenti sollevarono qualche fischio di disapprovazione siccome volevano Serpeverde-Grifondoro dalla prima giornata. La seconda giornata stava per essere svelata ed il primo nome fu quello dei Tassorosso. Quest’ultimi, si erano qualificati terzi per dieci anni di fila e avevano grandi ambizioni: volevano fare il salto di qualità e, magari, vincere il titolo di Campioni di Hogwarts dopo quasi cinquant’anni di assenza.
Il secondo nome, fu nuovamente quello dei Grifondoro e, stavolta, James tirò un sospiro di sollievo visto che questa era la squadra più abbordabile del Torneo anche se l’anno scorso avevano miseramente perso contro di loro finendo ultimi, in fondo alla classifica. Quindi, il seguente match, fu Corvonero-Serpeverde. L’ultima giornata, dunque, sarà composta dalle sfide tra Tassorosso contro Corvonero e Grifondoro contro Serpeverde.
Quell’ultimo match era un vero e proprio suicidio per chi lo avrebbe disputato sul campo: colpi, pugni, calci, bolidi, disarcionate dalla scopa, insomma, sarebbe stata una battaglia. Ma, ora, arrivava il momento più emozionante della giornata ovvero il momento in cui l’urna avrebbe tentato di pronosticare la classifica di fine Torneo. Tutti rimasero col fiato sospeso prima che videro il primo nome che uscì: Corvonero. Immediatamente uscì il numero due.
Una serie di applausi piuttosto trattenuti uscì dalla zona in cui erano seduti gli studenti della Casa di Priscilla Corvonero. Il secondo nome fu nuovamente quello dei Grifondoro; Jackson, Jonathan, Amir, Michael, Eddie, Danny ma soprattutto James erano restati con i polmoni pieni di ossigeno per diversi secondi che sembravano ore. L’orrore nei volti di tutti i Grifondoro si manifestò nelle loro facce quando il numero quattro accostò il nome della loro Casata ed una marea di fischi piombò nelle loro teste e nelle loro orecchie da parte dei Serpeverde.
Jonathan stava per scattre, ma Jackson lo tenne. –Non vorrai farlo davanti agli insegnanti?- gli chiese il giovane Potter.
Il terzo nome fu quello dei Tassorosso. Quando comparve il numero tre, la gioia dei ragazzi della Casa di Salazar esplose quando videro che l’urna diceva che loro sarebbero arrivati primi nel Torneo con i Grifondoro ultimi, nelle parti più basse della classifica. Quest’ultimi gli lasciavano fare, perché comprendevano il fatto che se fossero stati nei loro panni, si sarebbero comportati nello stesso modo.
Non sopportarono il fatto che incominciarono a prendere di mira i Grifondoro stessi: c’era un limite a tutto! Jonathan guardava negli occhi Jackson e gli mostrò la boccetta di Polvere Buiopesto Peruviana e Gas Strozzante. Gliene mise una in mano, senza che approvasse la cosa, senza che gli dicesse esplicitamente di sì. Bastava uno sguardo, bastava quello sguardo.
Fecero la stessa cosa con Eddie, Michael e tutti gli altri Grifondoro. Qualcuno rimase fermo, facendo grandi cenni negativi con la testa, alcuni lo dicevano esplicitamente con le loro corde vocali o con il loro indice. Ormai erano decisi. Tutti gli interessati si alzarono e scattarono verso i Serpeverde. Il primo a sferrare il pugno fu lo stesso Jackson che mise a tacere Brolingbroke che non la voleva smettere di lanciare occhiatacce e gestacci ai Grifondoro.
Si era scatenato una pandemonio, si era scatenata un’altra guerra. Tutti i Grifondoro, Tassorosso, Corvonero e Serpeverde che non erano minimamente interessati alla cosa, soprattutto le ragazze, tornarono indietro cercando di allontanarsi dalla zona calda dove almeno sessanta ragazzi “se le stavano dando”. Jackson sentiva che si era beccato una marea di calci e pugni in varie zone del suo corpo ma l’adrenalina gli impediva di provare dolore e di rallentare le scariche elettriche che attraversavano il suo corpo che gli permettevano di continuare a spaccare qualche muso di qualche “testa di Serpente”.
In quel preciso istante, con una mano teneva la camicia di Phil Summerby e con l’altra gli dava pugni in faccia ed in pancia ad intervalli irregolari. Poi, venne atterrato da un gigante di Serpeverde che non aveva mai affrontato ma l’intervento pronto e repentino di Jonathan che dopo aver distrutto una sedia spaccandola in testa al ragazzo rivale, lo atterrò con facilità. Il ritmo riprese, con gli insegnanti che rimasero fermi e stupiti; l’uno guardava l’altro, aspettando che l’altro facesse la prima mossa, ma nessuno sembrava riuscire a muoversi dallo shock.
Radja e gli altri capitani rimasero a guardare la scena come spettatori ad un incontro di lotta libera, tranne James che stava morendo dalla voglia di intervenire ed aiutare i suoi compagni ed i suoi amici. Intanto, Jackson aveva atterrato con un calcio un altro Serpeverde lasciandolo fermo e privo di sensi, steso sul pavimento. Poi, sentì una sedia che gli venne addosso e provò una forte sensazione di dolore al di sopra del bacino e credette che per lui era il momento di ritirarsi perché il dolore era abbastanza insistente. Poi, un fumo nero si levò in tutta la stanza spargendosi velocemente fino al soffitto incantato. Tutto era nel buio più totale e Jackson sentì una mano che lo prese per il braccio e lo trascinò fuori dalla stanza.
–Ma che ti prende?- gli chiese una voce femminile. “Andrew non la vuole smettere più” pensò il ragazzo che rimase del tutto contradetto quando vide che la ragazzo non era la Grifondoro ma Kaendra.
–Ehi!- gli disse lei schioccandoli un dito davanti alla faccia –Allora?-.
–E-ecco, i-io- balbettò il ragazzo.
–Oggi è venerdì, o te lo sei dimenticato?- lo rimproverò.
–Scusami- disse Jackson assumendo una faccia da cane bastonato.
–Dai vieni, ti sistemo quella faccia-.
Lo portò in cima alla Torre di Astronomia e, dopo aver chiuso la porta di una classe, si sedettero vicini e tirò fuori dalla sua borsa una serie di fazzoletti. Lei, dopo averli bagnati in una bottiglietta d’acqua, incominciò a tamponare le ferite ancora vive sulla faccia ed asciugando quel sangue ancora caldo. –Guarda che lividi- aggiunse lei prendendogli il mento ed alzandogli la faccia in modo da poter rendere evidenti i segni violacei sul collo.
–E questa?- chiese lei vedendo che nella camicia era presenta un grossa macchia di sangue.
–E’ tutto a ok, stai tranquilla- rispose con un sorriso il Grifondoro.
–No che è tutto ok Jackson. Togliti la camicia forza-. Il giovane Potter esitò per un momento; non si era mai denudato, seppur per metà, davanti alla ragazza e la cosa lo metteva un po’ in imbarazzo.
–Non hai paura di scatenare una rissa nel bel mezzo della Sala Grande davanti a tutta la scuola e tutti i professori e hai paura di toglierti una camicia?- chiese lei stupita.
–I-io- riprese a balbettare Jackson.
–Ho capito- rispose la Serpeverde.
Il ragazzo credeva che lei avesse compreso la sua timidezza in questa cosa ma non esitò a sbottonargli la camicia lentamente. Jackson non sapeva che fare e rimase completamente immobile, non sapendo come dovesse comportarsi in queste circostanze. Così, dopo qualche secondo, si poté intravedere il fisico del ragazzo di Grifondoro; è vero, non aveva mai giocato a Quidditch, ma questo non gli vietava di non fare qualche esercizio da solo durante l’estate, perciò i suoi muscoli erano ben delineati.
Lei vide una scheggia che era penetrata per metà dentro la pancia del ragazzo. –E tu dicevi che non era nulla- lo rimproverò Kaendra.
Prese un paio di forcine dalla tasca sinistra e, dopo essersi presa qualche secondo di preparazione, estraete la scheggia di legno. Jackson stava per protestare ma lei era stata rapida e veloce nel togliere il pezzo di legno e nell’appoggiarci un fazzoletto nella ferita che incominciava a perdere sangue più vistosamente di prima.
–Perché fai questo?- gli chiese Jackson ammaliato dalla figura femminile.
–Pensi che non mi preoccupi per voi Grifondoro? Pensi che non sia contro le vostre “guerriglie”? Io sono preoccupata quanto gli altri Jackson e se vedo una persona a cui tengo molto che è messa male, è ovvio che la soccorro immediatamente-.
–A cui tengo?- chiese il ragazzo che premeva più fortemente il fazzoletto sulla pancia ancora scoperta.
–Sì, ho detto così- rispose la Serpeverde che stava mettendo a posto le sue cose nella sua grande borsa.
–Bevi- aggiunse porgendogli la bottiglietta d’acqua.
Il Grifondoro prese e mandò giù una buona quantità d’acqua che gli permise di rinfrescarsi e di idratarsi.
–Io non so come ringraziarti per quello che hai fatto- disse Jackson timido. Si guardarono negli occhi; due occhi perfettamente identici pieni di quel verde che indicava perseveranza, solidità, stabilità e forza.
Quel verde simile alla vegetazione, alla natura e, forse, anche alla vita stessa.
Quel verde che, però, indica invidia, negatività, putrefazione e veleno che andavano perfettamente in contrasto con il fatto che il verde simboleggia anche Venere, la Dea dell’amore e della fertilità. Jackson appoggiò anche uno sguardo sui capelli lisci che ricadevano con dei graziosi boccoli; essi erano viola, simbolo della metamorfosi, della magia e dell’immaturità che andavano in forte contrasto con il negativo nero dei capelli di Jackson.
Il ragazzo portò la mano graffiata e pestata sulla testa della ragazza ed incominciò ad accarezzarla dolcemente sentendo la perfezione e la calma che trasmettevano. Kaendra, invece, levò la mano del ragazzo dai suoi capelli ma soltanto per poterla tenere fra le sue: così morbide e così delicate.
Il battito del cuore era accelerato e veloce e continuò ad esserlo quando lei portò una delle sue mani sulla guancia del ragazzo, levandogli una goccia di sangue che fuoriusciva da un graffio provocato dai suoi stessi compagni di Casata. Era una sensazione che Jackson difficilmente provava con altre persone, perché era molto più che un semplice incontro fra amici.
–E allora non farlo- rispose la ragazza avvicinandosi lentamente al Grifondoro.
Il ragazzo chiuse gli occhi perché non aveva bisogno in quel momento di quel senso: aveva bisogno solamente del tatto e del gusto. Tatto per poter sentire le sue labbra entrare in contatto con quelle di Kaendra e gusto per poterle assaporare. Quelle labbra erano morbide, quelle labbra lisce e setose.
Poteva rimanerci attaccato per ore, senza mai stufarsene. E poi, quando le loro due lingue si incontrarono, diedero vita ad una battaglia, ma non era una battaglia come quelle che Jackson combatteva con i calci e con i pugni nonostante stesse lottando con una Serpeverde. Era una lotta piacevole, era una lotta che avrebbe avuto perdenti, perché tutti e due ne sarebbero usciti vincitori.
Era un momento intimo, che i due vissero a pieno, senza interruzioni, senza fastidi, senza che nessuno potesse disturbargli.
Jackson aveva appena scoperto Kaendra Chambers.  





Angolo dell'autore: Devo dire che l'idea dell'urna mi è venuta all'ultimo istante pensando al metodo con cui le squadre di calcio venivano smistate nei gironi della UEFA Champions League, acconstandolo al Calice di Fuoco. E poi, ho scelto questo metodo perchè mi serviva anche una causa scatenante per la rissa tra i Serpeverde ed i Grifondoro e spero che tutti voi siate curiosi di sapere come andrà a finire il torneo, tanto quanto me che lo sto scriverò.
Spero, infine, che abbiate apprezzato l'episodio piuttosto tenero tra Jackson e Kaendra che, secondo me, sono una copia inusuale e carina :)
Recensite e fatemi sapere cosa ne pensate grazie, a presto! :) 

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Capitolo 17


Le settimane sono passate e tutto procedette nel migliore dei modi per tutti. Le lotte tra i Serpeverde ed i Grifondoro si sono attenuate dopo l’esagerazione avvenuta in Sala Grande. Tutti si erano resi conto del fatto che avessero sbagliato e che era ora di stipulare una tregue temporanea. Fu così che, dopo aver sospeso per punizione alcune attività extra-scolastiche per dieci giorni, i Serpeverde ed i Grifondoro si incontrarono segretamente nei pressi del Campo da Quidditch per decidere la durata della tregua.
–Non vogliamo scontri o provocazioni fino alla fine delle vacanze Natalizie- aveva chiesto James mentre parlava con il capitano della squadra di Quidditch di Serpeverde Daniel Payne. Ovviamente, il ragazzo accettò nonostante ci fossero parecchi mugugni e proteste sia da una parte che dall’altra ma alla fine, il patto fu sigillato con una stretta di mano tra uomini o, almeno, tutti pensavano fosse così.
Era arrivato Tom Sawyer, un ragazzo appartenente alla Casata di Corvonero ed era un ragazzo molto misterioso che non faceva trapelare alcuna notizia sulla sua vita privata, in nessun modo possibile. Se ne stava avvolto nel suo misterioso alone ma aveva un ruolo all’interno del Castello; se tu volevi qualcosa, lui te la procurava. Nessuno sapeva come, ma lui faceva sempre arrivare il pacco al destinatario in perfetto orario senza mai un ritardo.
Oltre al fatto che veniva soprannominato con il nome di “Fattorino”, che poteva sembrare un qualcosa di positivo ed innocuo, il suo secondo soprannome faceva cambiare idea anche ai più scettici; “La Serpe”, il che era strano siccome lui non fosse un Serpeverde. Era un ragazzo che si immergeva nelle Arti Oscure ed era un grande esperto ed appassionato dell’occulto e del soprannaturale. Era capitato lì per caso e aveva sentito tutto.
–Non sono affari tuoi Sawyer, perciò vedi di sparire- gli avevano detto parecchi ragazzi.
–Voi vi fidate dei vostri nemici?- disse lui col suo tono misterioso; non si capiva se si stesse riferendo ai Serpeverde o ai Grifondoro, ma riuscì a far cambiare idea a tutti del fatto che questo patto potesse funzionare davvero con una semplice stretta di mano.
–Lo sapevo- disse sorridendo Tom.
Il suo sorriso non era mai stato delizioso e carino ma incuteva timore e faceva arretrare la gente, figuriamoci se il suo volto appariva arrabbiato o furioso, anche se nessuno l’aveva mai visto in quello stato.
–Una stretta di mano non basta, non lo capite?- chiese Tom.
–E cosa suggeriresti?- chiese Eddie.
–Bè, ci sarebbe un modo per essere certi della fedeltà di qualcuno-.
–Sarebbe?- chiese stavolta Jonathan.
–Avete mai sentito parlare del Voto Infrangibile?-.
Immediatamente le facce di tutti i presenti sbiancarono di colpo; nessun Grifondoro aveva mai visto un Serpeverde così spaventato così come nessun Serpeverde non aveva mai visto un Grifondoro così spaventato. Era come se cento fantasmi fossero passati contemporaneamente attraverso i corpi di ogni singolo studente presente a quell’incontro.
–I-io non credo che…- disse improvvisamente James.
–Oh povero Grifondoro che se la fa sotto per uno stupido Voto Infrangibile!- esclamò Payne che non sembrava spaventato della cosa.
Non dovevano sfidare James e nemmeno provare a rivolgersi a lui con quello sguardo.
–Non fare stupidaggini amico, non ne vale la pena- gli disse Gary particolarmente agitato.
–Gary ha ragione- si aggiunse Eddie così come la maggior parte dei Grifondoro.
–Lo sapevo, non avete il coraggio: più che leoni sembrate dei conigli- continuò Payne.
–Nessuno sa come si pronuncia un Voto Infrangibile idiota di una Serpe!- esclamò stizzito James.
–Io lo so fare mio caro compare- s’intromise Tom. James rimase spiazzato della cosa, ma sapeva che quel Corvonero aveva le capacità di farlo.
–D’accordo, facciamolo- rispose il Grifondoro allungando il suo braccio sinistro con la mano tesa in avanti. Payne adesso non faceva più il gradasso, anzi. Non sembrava capace di capire che il suo rivale era pronto a sottostare ad un Voto Infrangibile. Anche se un po’ esitante, allungò il braccio destro e strinse la mano del Grifondoro.
Tom aveva già estratto la bacchetta e la fecero passare attorno alle due mani congiunte che, in quel momento, rappresentavano i Grifondoro ed i Serpeverde. Delle corde sottili, trasparenti e violacee apparirono dal nulla.
–Vuoi tu, Daniel Payne, giurare di non toccare con le cattive intenzioni un Grifondoro fino alla fine delle vacanze Natalizie?-.
–Lo giuro- rispose il Serpeverde che non distoglieva lo sguardo dagli occhi dell’altro ragazzo.
–Vuoi tu, James Felton, giurare di non toccare con le cattive intenzioni un Serpeverde fino al termine delle vacanze Natalizie?-.
–Lo giuro- rispose sicuro e fiero James.
–E, se nel caso qualche Serpeverde e Grifondoro dovessero avere uno scontro corporeo, vi prenderete le responsabilità dell’accaduto?-.
I due distolsero lo sguardo ed incominciarono a concentrarsi su Tom che aveva un ghigno in faccia. Era ovvio che per “responsabilità” intendeva una sola cosa: la morte. –Lo giuriamo!- esclamarono i due.
Dopodiché, il Corvonero alzò la bacchetta e i le corde formatesi nelle mani dei ragazzi sparirono anche se il segno lo si poteva ancora vedere; era chiarissimo sulla pelle quanto la luce del sole nell’ora di punta. Tutti i ragazzi, quel giorno, presentavano dei volti cadaverici e temevano che qualcuno potesse fare quello che d’ora in avanti, ovvero fino alla fine delle ferie Natalizie, era proibito.
Fortunatamente, nessuno fece quella stupidaggine, nessuno si prese a colpi in faccia e né James né Payne creparono. Jackson, nelle ultime settimane, invece, non era più riuscito ad incontrarsi con il Preside Sinister, sempre a causa del fatto che il professore viaggiasse per motivi di lavoro, rinviando il giorno che Jackson attendeva con ansia ma, ovviamente, il giovane Potter si chiedeva quando sarebbe arrivato quel giorno siccome il giorno successivo sarebbe dovuto partire con l’Espresso per Hogwarts verso casa sua.
Ma, nell’attesa di quell’incontro segreto, Jackson incontrava segretamente un’altra persona: Kaendra Chambers. Da dopo quel bacio avvenuto nella Torre di Astronomia, i due avevano continuato a vedersi all’insaputa di tutti e senza destare alcun sospetto. Persino Andrew non notava nulla. Era tutto così perfetto; si vedevano durante il coprifuoco nei giardini oppure in aule vuote del Castello e nessuno poteva disturbargli.
Era molto facile per Kaendra uscire dal suo Dormitorio e rimanere in giro per il Castello di notte siccome lei era un prefetto che disubbidiva agli ordini ed i compiti affidati. Mentre Jackson doveva dribblare e schivare le traiettorie che i prefetti tracciavano con gli occhi e pregare che non l’abbiano avvistato mentre spariva da un corridoio all’altro: se solo avesse avuto una mappa che gli avrebbe consentito di vedere i movimenti delle persone in tutto il Castello! Peccato che, secondo il ragazzo, strumenti del genere non esistevano.
La Serpeverde ed il Grifondoro si vedevano anche durante le ore di lezione. Quando condividevano le lezioni insieme, cercavano in tutti i modi di stare vicini senza farlo notare e, ogni tanto, si lanciavano qualche occhiatina o sorriso. Una volta, per sbaglio, Jackson aveva sorriso alla compagna di banco di Kaendra che, di conseguenza, gli fece vedere il suo grande e lungo dito medio davanti alla faccia.
Il giovane Potter non riusciva a rialzare la testa per la vergogna e Kaendra non la smetteva di ridere. Però, quello era l’ultimo giorno dove potevano restare insieme prima di prendere l’Espresso per Hogwarts. Lei aveva trascinato il ragazzo per i giardini di Hogwarts fino ad inoltrarsi di qualche centimetro nella Foresta Proibita.
–Guarda!- disse lei indicando quella che sembrava una vecchia e piccola capanna –L’ho trovata quando stavo cercando alcuni ingredienti per la lezione di Pozioni. Essa era una piccola casa con un delizioso tetto appuntito che, però, è stato rovinato dal tempo che era passato inesorabilmente.
–Ma quanti anni ha?- chiese Jackson sorpreso.
–Deve avere più di cento anni probabilmente- gli rispose la sua ragazza.
–Ma a chi è appartenuta?-.
–Non ne ho idea, però possiamo provare ad entrarci dentro- propose Kaendra.
Un piccolo brivido di eccitazione e di sete di avventura circondarono il ragazzo che moriva di curiosità.
–D’accordo, andiamo-. Provarono ad aprire la porta, ma la ruggine presente nei cardini della porta fatta in legno ormai marcito, non gli favoriva.
–Aspetta- disse Jackson che non permise alla Serpeverde di sfondare con un calcio la porta.
Guardava la casa e gli sembrava familiare, gli sembrava di aver già visto questa abitazione. Non capiva perché, non capiva come, ma si abbassò e da dentro ad una pietra scovò una chiave che entrava perfettamente nella fessura della serratura.
–Come hai fatto?- chiese stupita Kaendra dopo essere entrata. –Intuizione- mentì Jackson che, però, aveva capito perché quell’ambiente gli sembrò familiare. Suo nonno deve essere stato qui in passato. Incominciarono ad esplorare la casa ed immediatamente i ricordi affioravano da soli nella mente di Jackson ogni volta che entrava a contatto con un oggetto polveroso.
Toccava il tavolo e sentiva l’odore dei biscotti caldi ma sentiva anche dolore ai denti, come se avesse morso una roccia durissima. Poteva sentire il fuoco acceso nel cammino, poteva sentire un calderone che bolliva sopra il fuoco scoppiettante. Poteva persino vedersi seduto in una poltrona troppo grande e troppo comoda per un normale essere umano. Davanti a sé, riusciva ad intravedere, anche se a tratti, una figura alta e grossa, come se fosse un mezzo-gigante.
–A cosa devo questa piacevole visita?- gli chiese quell’uomo che presentava diversi peli e capelli bianchi in testa e nella folta barba.
–Sono venuto a chiederti un favore in realtà Hagrid- rispose Jackson.
–Davvero? E che genere di favore?- chiese sorpreso l’uomo.
Jackson non aveva idea di come facesse a sapere il nome di quell’essere gigantesco rispetto a lui.
–Mi stavo chiedendo fino a quanti anni potesse restare in vita un gigante- gli chiese.
–Un gigante?- chiese sorpreso Hagrid –Bè non saprei, penso che possono arrivare oltre i trecento anni se ne sono capaci-.
–Davvero? Ma allora tu…-.
–Non credere a quello che ti ho appena detto Harry! Io sono un mezzo-gigante, ricordatelo-.
–Sì ma siccome tu hai geni da Gigante da parte di tua madre e se quei geni prevalgono su quelli umani che ti ha donato tuo padre, allora la tua età si allungherebbe di anni se non decenni!-. Hagrid ebbe uno sguardo pensate e disse che poteva esserci la possibilità, benché rara, ma poteva succedere.
–Senti Hagrid, io ho un altro favore da chiederti allora-. Improvvisamente, Jackson non riuscì a vedere o a sentire con chiarezza quello che stava dicendo al mezzo-gigante. Poteva solamente comprendere qualche spezzone.
Le ultime cose che sentì furono “Colui”, “Aiuto”, “Più di cento anni”. –Jackson?- gli chiese la candida voce di Kaendra che lo fece tornare nella realtà.
–Cosa è successo?- chiese lui.
–Come?- chiese confusa lei.
–Cosa è successo?- ripeté il ragazzo.
–Siamo appena entrati- gli disse la Serpeverde.
Jackson rimase colpito perché pensava che fosse svenuto o entrato in trance per qualche minuto consecutivo. E invece no; non erano passati nemmeno dieci secondi. Alla fine, il Grifondoro se la cavò dicendo che stava scherzando.
–Idiota!- esclamò la Serpeverde divertita che gli prese la testa avvicinandola alla sua. Incominciarono a baciarsi, incominciarono ad esplorarsi e fare quello che non potranno fare per qualche giorno. Ormai si conoscevano a memoria, ormai sapevano come muoversi e sapevano come far star bene il proprio partner. Era tutto così maledettamente perfetto e piacevole, pensò Jackson che si era concentrato sui fianchi ed i capelli della ragazza che si era concentrata sui pettorali e le spalle.
–Promettimi che mi scriverai- disse lei tra le rapide pause che si manifestavano mentre continuavano a dar sfogo al loro amore.
–Lo prometto- gli rispose il ragazzo con tutta la sincerità del mondo; perché lui la voleva, lei lo voleva.
Lui teneva a lei e lei teneva a lui. Lui non avrebbe desiderato altre ragazze e lei non avrebbe desiderato altri ragazzi.
–Mi mancherai- gli disse lei.
–Anche tu- rispose Jackson. Dopo qualche altro minuto passato a contemplarsi l’uno con l’altra, si lasciarono, si divisero e diedero inizio a quel momento in cui due cuori dovevano restare divisi.
–Senti- gli disse Jackson prima di prendere un’altra strada per rientrare al Castello –Se io ti manco e magari sei triste, guarda in alto e vedrai che io sono sotto il tuo stesso cielo-.
Kaendra lo guardò e sorrise prima di mollargli un bacio sulle labbra –Buone vacanze Jackson-.




Angolo dell'autore: Allora cari lettori, sono veramente felice di essere riuscito a mettere una provvisoria pace tra i Serpeverde ed i Grifondoro anche se qua è stato tutto piuttosto forzato, mentre, invece, la relazione tra Kaendra e Jackson, a quanto pare, prosegue nel migliore dei modi e credo che voi tutti abbiate compreso cosa sia successo al giovane Potter nel momento in cui è entrato in contatto con quella "vecchia capanna".
Ora, tenterò di parlare un pò di come il Grifondoro vive all'interno della sua famiglia, cercando di approfondire la vita dei familiari; ci sarà qualche sorpresa piuttosto "sorprendente" oserei dire :)
Al prossimo capitolo!

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Capitolo 18 


L’Espresso per Hogwarts era pronto a partire dalla stazione di Hogsmade in direzione Londra. Non c’erano molti studenti a riempire il treno, siccome la maggior parte, quest’anno, preferivano passare Natale e Capodanno con i loro amici piuttosto che in famiglia. Alla fine, però, Jackson poteva contare sulla compagnia di Jonathan, Eddie, Gary e James per il viaggio di ritorno. Con tutta probabilità, Jackson avrebbe rivisto il suo migliore amico durante le vacanze siccome i loro padri sono cugini e, in un certo senso, anche il giovane Potter ed il giovane Weasley erano stretti da qualche legame familiare.
I due, però, preferivano non toccare quel tasto semplicemente per il fatto che loro si sentivano amici e così volevano sentire. –Cosa farete durante queste vacanze?- chiese Gary dopo essersi stufato di leggere un libro di letteratura Russa, uno dei tanti libri che il Grifondoro adorava leggere.
–Me ne starò in famiglia, non so dove, ma con la mia famiglia sicuramente- rispose Eddie.
–Io dovrò prendere il primo volo per l’Irlanda siccome mio padre ha voglia di raccogliere qualche quadrifoglio; è troppo superstizioso per i miei gusti!- rispose con una risata conclusiva Eddie.
–Io le passerò assieme ai miei numerosi familiari- disse Jonathan lanciando un’occhiata a Jackson che rispose allo stesso modo.
–E tu Gary?- gli chiese quest’ultimo.
–L’anno scorso sono riuscito a passare qualche giorno in Grecia e l’anno prima a Roma. Adesso penso che posso tranquillamente partire per Parigi: così ricca di arte e cultura-. –Arte e cultura? Io direi donne!- esclamò Eddie scatenando le risate generali.
–Sì anche quello penso- disse Gary divertito. Il viaggio procedeva nel suo lentissimo ritmo con la sua lentissima velocità.
Ora, i ragazzi stavano sonnecchiando dentro il loro scompartimento; chi se ne stava sdraiato, chi se ne stava seduto, chi aveva un fumetto sulla testa per non far entrare la luce, chi addirittura preferiva coricarsi nel pavimento polveroso del treno. Jackson, da diversi giorni, non riusciva a dormire tranquillamente, non aveva più la serenità di prima grazie agli incubi che lo stavano perseguitando e lui sapeva perfettamente che la pozione stava incominciando a procurargli dei problemi. Però, il giovane Grifondoro andava avanti senza timore e auto-convincendosi che sarebbe passato come un normale raffreddore.
Purtroppo, più si auto-convinceva più i problemi all’interno della sua testa aumentavano. Quel lenzuolo steso per terra e quelle persone che intorno ad esso recitavano quelle parole misteriose, oscure e raccapriccianti, era un’immagine che non voleva saperne di abbandonare i pensieri del ragazzo. Suo nonno gli stava affidando un compito che, secondo il ragazzo, era troppo impegnativo per i suoi gusti.
Non aveva mai affrontato la morte in faccia come suo nonno e non aveva nemmeno idea di cosa avrebbe dovuto affrontare. Sta di fatto, che in futuro, Jackson doveva completare una missione di cui non aveva ancora capito il significato e la cosa preoccupava non poco il giovane Potter.
–Jackson?- lo svegliò una voce femminile. Jackson pensava che fosse Kaendra ma non era possibile siccome si erano salutati il giorno prima.
Il Grifondoro, anche se di malavoglia, aprì gli occhi e vide Andrew che lo riportava alla realtà. –Andrew?- chiese confuso lui.
Lei gli fece cenno di abbassare la voce e di uscire dallo scompartimento. Il ragazzo obbedì senza proteste siccome non voleva rischiare di svegliare i suoi amici.
–C’è qualche problema?- chiese immediatamente all’amica.
–No, no tranquillo- rispose lei tranquillizzandolo –E’ solo che mi sono appena ricordata che tra pochi giorni è il tuo compleanno-.
“Oh no” pensò il ragazzo. E’ vero, il giorno di Natale era anche il suo compleanno ma non voleva che lei si preoccupasse di comprargli un regalo.
–Davvero Andrew, non ho bisogno di alcun regalo- disse subito Jackson.
–No io insisto!- continuò lei.
–Non sto scherzando! Non ho bisogno di alcun regalo- insistette il Grifondoro.
Andarono avanti con questo ritmo per diversi minuti con il treno che andava più lento del ritmo della discussione tra i due. –Va bene, va bene!- si arrese alla fine la ragazza dopo una dura battaglia verbale.
Però Jackson l’aveva visto; aveva visto quello sguardo che si manifestava diverse volte in Andrew. Quando perdeva una battaglia lo ammetteva ma non lo faceva mai dentro sé stessa e compariva quello sguardo di chi non la dava per vinta e lei non la voleva dare per vinta a Jackson.
–D’accordo, allora ci vediamo dopo le vacanze- disse la giovane Grifondoro.
Si abbracciarono, si diedero qualche rapido bacio sulla guancia per poi salutarsi. Jackson vide quella chioma bruna svoltare verso uno scompartimento che stava diversi metri più avanti rispetto a loro e, non sapendo il perché, Jackson era convinto che non sarebbe stata l’ultima volta che avrebbe rivisto quella ragazza tanto importante nella sua vita quanto la madre. Tornò dentro il suo scompartimento ed i suoi amici non si erano nemmeno accorti della sua assenza; russavano forte e si vede che erano addormentati profondamente.
Il giovane Potter non aveva alcuna voglia di riaddormentarsi; ormai erano arrivati a metà del viaggio siccome avevano oltrepassato da tempo la cittadina di Dufftown. Il viaggio, sicuramente, sarebbe proseguito senza alcun tipo di disguido grazie al patto suggellato tra Grifondoro e Serpeverde: sapeva che nessuno avrebbe osato mettere a rischio la vita di uno dei loro più fedeli e stimati compagni.
Pensò ai suoi genitori e alla sua famiglia: suo padre, ormai, si era preso un bel periodo di ferie grazie al grande tempo speso in ufficio. Lavorava presso il Ministero della Magia e si occupava del settore delle Creature Magiche. Jackson non dimenticherà mai il giorno in cui lo portò a vedere da vicino un Ippogrifo ed un Unicorno. Aveva soltanto sette anni ed era ovvio che dopo quella giornata rimase più contento del giorno in cui ricevette la sua lettera per Hogwarts.
Ora, invece, Cura delle Creature Magiche era diventata un’attività extra-scolastica e si studiano solamente gli animali più pericolosi che si potrebbero trovare nel corso della vita. Lo stipendio era buono e la loro famiglia viveva in tutta tranquillità, senza pressioni o difficoltà economiche. Sua madre, invece, nonostante fosse una strega, lavorava presso una caffetteria di sua appartenenza come barista.
Jackson non capiva perché la madre adorasse fare quel lavoro, non capiva cosa la spingesse ad alzarsi ogni mattina ed aprire quel locale. La madre, un giorno, gli aveva detto che, siccome le risorse economiche sono tante e avanzano di continuo un mucchio di soldi, aveva deciso di conservarli di anno in anno e, quando la somma giusta fu raggiunta, decise di aprire il “Red Carpet Street”. Andava molto bene ed i guadagni superavano eccessivamente i soldi spesi per la manutenzione del bar, dunque, non vedeva perché non doveva smettere di lavorarci.
Jackson, solitamente, faceva qualche di lavoro all’interno del locale: cameriere, lavapiatti, barista o semplicemente il ragazzo delle pulizie. Era molto interessante vedere come i Babbani passavano ogni giorno le loro singole vite senza l’aiuto della magia. Jackson e sua sorella Daphne erano cresciuti benissimo, senza alcun problema, senza dover vedere il cibo sparire dal loro piatto e per questo ringraziavano ogni giorno la buona sorte per questo, oltre a Dio, siccome erano una perfetta famiglia Cristiana.
Il Padrino del battesimo di Jackson è stato un uomo che al ragazzo è rimasto ignoto, visto che morì qualche settimana dopo. Non capiva perché, ma ogni volta che Jackson aveva tentato di chiedere ai suoi genitori informazioni sul suo padrino, la madre scoppiava a piangere e suo padre andava su tutte le furie; era tutto così strano, ma imparò la lezione e sotterrò per sempre quell’interrogativo che tanto lo affliggeva. Il resto del viaggio passò normalmente e, dopo aver svegliato i suoi amici, con qualche difficoltà nei confronti di Jonathan, Jackson scese dal treno.
–Bè, allora ci vediamo al termine delle vacanze- disse quest’ultimo ai suoi compagni.
–Passa buone vacanze Jackson- disse Eddie che gli diede un abbraccio caloroso così come James e Gary che si allontanarono andando verso le rispettive famiglie. Jonathan e Jackson, invece, si diressero verso le loro famiglie che stavano discutendo animatamente su un qualche argomento a loro ignoto. Salutarono tutti ed i Potter montarono in macchina.
–Allora ragazzo- disse il padre mettendo in moto la macchina –Come hai passato questo primo periodo a Hogwarts?- gli chiese mentre regolava lo specchietto retrovisore.
–Piuttosto bene- rispose lui. 
–I tuoi voti?- chiese la madre.
–La pagella dovrebbe già essere arrivata nella nostra cassetta delle lettere- lo anticipò il padre.
–Stai mangiando? Ti vedo piuttosto magrolino- continuò lei preoccupata.
–Sto bene mamma- disse sorridendo il Grifondoro.
Si stava chiedendo se sapessero dei “casini” che aveva combinato a scuola, soprattutto per i danni inferti al professore Richardson e per la rissa avvenuta in Sala Grande. Però, per il resto del viaggio, i suoi genitori non fecero altro che ricordare vecchi aneddoti di quando frequentavano Hogwarts. Si erano conosciuti al quarto anno e da quell’anno, era scoccata la scintilla. Suo padre, Serpeverde, aveva soccorso suo madre, Corvonero, dopo che fu travolta da una serie di libri volanti. E’ stato il primo che l’aveva aiutata e in infermeria la sua presenza era fissa.
Le teneva compagnia, le portava dei fiori, le portava qualcosa da mangiare; insomma, si erano innamorati l’uno dell’altro. E poi il resto della loro storia d’amore, che tutt’ora continua, la si può immaginare facilmente. La sorellina di Jackson, Meredith, continuava a fargli domande su come fosse Hogwarts, se fosse difficile, se fosse accogliente, se fosse un Castello spettrale.
Jackson adorava spaventarla di tanto in tanto ma dopo un’occhiata severa della madre dal sedile anteriore della macchina, cambiava completamente tema riuscendo a dare forza e coraggio alla piccola peste che si ritrovava sempre tra i piedi e a cui voleva sempre un mondo di bene. Arrivarono dopo parecchi chilometri di tragitto a Cromer, la città in cui vivevano.
Era situata sulla costa e, non appena mise la testa fuori dal veicolo, Jackson sentì quell’aria di casa, quell’aria familiare che gli era mancata. Sentiva la brezza del vento che gli scompigliava la cresta; è vero, odiava il fatto che la cresta rimanga disordinata ma se c’è una cosa che deve scompigliargliela, doveva essere quella sottile brezza che faceva inalare l’aria del mare.
Si poteva sentire perfettamente il sapore salato dell’acqua e tutto ciò era decisamente rilassante. A differenza di Jonathan, loro preferivano vivere in quella città costruita su di uno sperone sul mare lungo la costa settentrionale della contea di Norfolk, conosciuta per la sua architettura in stile vittoriano e soprattutto per essere la città dei "granchi giganti", o meglio detti Cromer-Crab. Una cittadina di mare davvero caratteristica, resa ancora più carina dalla parrocchiale di S.Pietro e Paolo, in stile gotico e con una torre altissima a sovrastare la città donando una vista spettacolare verso l'infinito del mare.
Jonathan e la sua famiglia, invece, erano come “topi di campagna”, nel senso positivo della parola. L’aria pura della natura donava salute e tranquillità ed i Weasley non potevano e non volevano chiedere di meglio.
–Jackson, devo mostrarti una cosa- gli disse il padre non appena appoggiò i bagagli a terra. Il cervello del ragazzo entrò improvvisamente in stato di allarme. Lo portò nel soggiorno, mentre Meredith aiutava la mamma a trasportare i bagagli nella stanza al piano di sopra.
–Questa è per te- gli disse donandogli quella che sembrava essere una spilla. Jackson la prese in mano e vide che era una vera e propria spilla in oro nella quale vi era raffigurato lo stemma dei Grifondoro.
–Wow!- disse Jackson che rimase senza parole –Non so che dire, grazie papà-.
Fece per andarsene ma il padre lo prese per la spalla costringendolo a voltarsi.
–Non ho ancora finito- il suo volto era decisamente serio –Ascolta, qualche settimana fa mi è arrivata una lettera nella quale mi veniva spiegato che alcuni Grifondoro e Serpeverde si sono azzuffati nella Sala Grande e all’interno del treno che viaggiava verso Hogwarts e, guarda caso, il tuo nome è spuntato tra quei Grifondoro-. La faccia di Jackson era abbassata verso il basso per la vergogna.
–Ma mi spieghi che ti frulla per la testa? Pensavo che tua madre ti avesse già fatto la ramanzina prima di partire alla fine dell’estate-.
–Sì lo so ma…- tentò di protestare il giovane Potter che venne immediatamente interrotto dal padre.
–Niente se e niente ma! Dovrei punirti per questo e lasciarti confinato in camera tua per il resto delle vacanze! Però non mi sembra giusto e ho tenuto a tua madre nascosta la lettera, così che non potesse scoprirti-. Jackson alzò lo sguardo sorridente e raggiante.
–Ora vai in camera tua e disfa i bagagli- gli ordinò l’uomo.
–Signorssì!- disse Jackson felice. “Eh sì” pensò il ragazzo “Sono a casa!”.


Angolo dell'autore: Spero che vi sia piaciuto questo capitolo, anche perchè penso che non ho altro da aggiungere o da spiegare siccome il capitolo parla da sè. Spero che vi sia piaciuta la presentazione più dettagliata della nuova famiglia Potter, però ricordate che le sorprese sono vicinissime!
A presto e non di menticate di lasciare la vostra opinione!

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Capitolo 19

 
I giorni erano passati con un ritmo ed una intensità frenetica. Tra i regali da comprare, gli addobbi da appendere, l’albero di Natale da completare e le lettere per Babbo Natale da scrivere, il tempo era volato. Alla fine, la vigilia di Natale è arrivata e tutti in casa Potter attendevano con ansia la mezzanotte così che si potessero scartare i regali.
Ma, invece, c’era un Potter che aspettava la mezzanotte soprattutto perché avrebbe finalmente compiuto i suoi sedici anni. Una tappa importante della sua vita ed era ad un solo anno dalla maggiore età e, finalmente, avrebbe potuto utilizzare la magia al di fuori di Hogwarts. La cosa che stava decisamente spazientendo Jackson, era il fatto che nessuno dei suoi amici aveva intenzione di scrivergli; insomma, nemmeno uno staccio di lettera!
Nemmeno un “Come stai?” oppure “Passi buone vacanze?”. Avrebbe anche accettato un “Vai al diavolo!”. Nonostante le sue continue lettere che aveva mandato ininterrottamente ai suoi amici da dopo che si erano salutati nella stazione di King’s Cross nella quale chiedeva, anzi no, supplicava i suoi amici di rispondergli o di dirgli il perché di questo insolito e continuo silenzio, le lettere non arrivavano.
Rimase molto stupito, soprattutto perché nemmeno Andrew si degnava di buttarci giù due righe. –Potrebbero esserci dei problemi non credi?- tentò di rassicurarlo la madre una mattina quando Jackson si era presentato per fare una tranquilla colazione.
–Cioè?- gli aveva chiesto Jackson che non capiva.
–Bè, il tuo amico Gary aveva detto che sarebbe partito fuori dall’Inghilterra, no? Quindi i gufi avranno qualche problema di orientamento-.
–Sì potrebbe essere, ma per gli altri?- precisò mentre ingoiava una pastina alla crema pasticciera.
–Non ho la sfera di vetro Jackson e non andavo nemmeno tanto bene in Divinazione alla tua età, quindi non so che dirti- gli disse lei –E poi potrai vedere Jonathan la mattina del giorno di Natale per il consueto pranzone di famiglia, quindi abbi un po’ di pazienza-.
Certo, pensò il ragazzo, la pazienza è la virtù dei forti, solo che non ci riusciva ad attendere un’altra notte ed era sicura che non avrebbe chiuso occhio quando si sarebbe infilato sotto le coperte del suo letto.
Chi invece gli aveva scritto ogni giorno era sicuramente Kaendra. Adorava rimanere aggiornato sulle news di Hogwarts. Non era successo un gran ché, anche perché in assenza di scontri tra Serpeverde e Grifondoro tutto era molto noioso. Kaendra gli aveva riferito del fatto che sarebbe voluta rimanere ad Hogwarts per le vacanze perché preferiva stare con le sue amiche quell’anno, senza che suo padre o sua madre l’avrebbero ridicolizzata davanti ai suoi parenti. Mentre per il resto, i suoi genitori lo avevano fatto “sgobbare” come barista prima che chiudessero il bar per ferie Natalizie.
Aveva avuto modo di entrare a contatto con l’ambiente e la cultura Babbana. L’unica cosa che dicevano erano commenti sulle squadre di calcio Inglesi come il Manchester United o il Chelsea o il Liverpool, insomma, tutto molto incomprensibile per il giovane Grifondoro siccome non capiva come funzionasse quello sport. Un suono melodioso che proveniva dal campanello, fece tornare alla realtà Jackson.
–Questi devono essere James e Lily- disse il padre che si apprestò a recarsi verso la porta principale. Lo zio James era un uomo che, in passato, ne aveva combinate tante di stupidaggini, soprattutto in età adolescenziale. Suo padre gli raccontò che quando era ad Hogwarts, probabilmente, aveva stabilito il record di punizioni inferte da parte degli insegnanti o del Preside dell’epoca.
Dopo la scuola, era rimasto coinvolto in una rissa a Londra nei pressi dello stadio Stamford Bridge. Senza contare il fatto che, quando d’estate rimaneva in punizione, continuava a svignarsela per stare o con qualche ragazza o con i suoi amici del quartiere. Il nonno e la nonna erano sempre più scocciati del suo comportamento ma nemmeno le sculacciate o i colpi di cintura funzionavano. Adesso, invece, non era sposato ma, ogni tanto, si presentava con qualche nuova fidanzata sotto il braccio. Lavorava presso una sua officina perché era libero di gestire e fare quello che voleva.
Ovviamente, i clienti erano sempre soddisfatti del suo lavoro ma Jackson sospettava che ci fosse lo zampino della bacchetta magica o di qualche elfo domestico. Sua zia Lily, invece, era sposata con un uomo che si chiama Gerard. Era Francese e, purtroppo, dovevano passare le vacanze divisi; ognuno nella propria famiglia ed ogni anno si alternavano per tenere i figli Daniel, Sophie e Natascia e quest’anno toccava a Gerard portargli dalla sua famiglia.
Vivevano fuori dall’Inghilterra, più precisamente in Svizzera ed i figli studiano in Italia, vista la vicinanza con il continente a forma di stivale. La scuola di Magia e Stregoneria Italiana è situata nelle Alpi, dove nessuno avrebbe mai potuto scovarla. Essa è stata costruita ed edificata dalla roccia stessa della catena montuosa e Jackson, magari, un giorno, avrebbe certamente fatto visita a quella scuola se gli fosse stato concesso. Dopo essersi salutati ed abbracciati, la mezzanotte scoccò ed i regali furono finalmente aperti per la gioia della piccola Daphne.
Jackson aveva ricevuto dai genitori un set completo di gobbiglie, siccome adorava giocarci nel tempo libero. Mentre, sua zia, gli aveva donato un profumo proveniente direttamente da Parigi e procuratogli da Gerard stesso.
–Farai colpo su tutte le ragazze con quel profumo- gli sussurrò nell’orecchio la zia che lo fece sorridere. “Chissà se gli piacerà a Kaendra quest’odore” si chiese Jackson. Mentre, da parte dello zio James, notò che aveva ancora ricevuto alcun regalo, ma doveva per forza averne uno per lui siccome aveva regalato un diadema in acciaio e argento per sua sorella che rimase molto stupita del dono.
Il regalo sembrava non arrivare con il passare dei minuti ma al Grifondoro non importava più di tanto visto che la presenza e la sanità della sua famiglia quel giorno tanto importante per lui, bastavano e avanzavano. Tutti si stavano dirigendo dal salotto alla cucina per poter tagliarsi una bella fetta di torta con su scritto “Buon compleanno Jackson” attendendo che il festeggiato entrasse per spegnere le sue sedici candeline.
–Ehi Jackson aspetta!- gli disse lo zio James che lo fermò e lo fece accomodare al suo fianco nel divano.
–Allora, ti starai chiedendo perché non ti ho consegnato un regalo no?-.
–Per la verità non importa zio io…- tentò di giustificarsi Jackson che venne interrotto dall’uomo.
–Guarda che io ho un regalo per te, però dovevo consegnartelo in privato capisci?- rimase un po’ confuso della cosa e rimase ancora più disorientato quando vide che lo zio James tirò fuori dalla sua giacca, un foglio di pergamena vecchio quanto Hogwarts.
–Che cos’è?- chiese Jackson curioso.
–Questo è il tuo regalo di compleanno!- disse facendoglielo vedere.
Jackson non capiva perché volesse regalargli un vecchio foglio di pergamena che era più simile ad uno straccio. –Ora ti spiego; grazie a questo foglio sono riuscito a sfuggire da molti guai e da molte punizioni ad Hogwarts-.
–Con questo foglio?- chiese il ragazzo che credeva che lo stesse prendendo in giro.
–Senti lo so che sembra uno scherzo, ma non è così… questo, ecco è una specie di…- non riusciva a trovare il termine esatto che cercava –Senti- disse dopo averci pensato un attimo –Non posso spiegartelo a parole perciò…- prese a bacchetta dalla tasca e aprì il foglio sul tavolino di fronte al divano.
–Mi raccomando, di a tuo padre che ho speso tutti i soldi per il diadema e che ti stavo spiegando perché non ho potuto comprarti un regalo, d’accordo?- disse lo zio dando un’ultima occhiata al corridoio vuoto.
–V-va bene- rispose titubante Jackson che non capiva quello strano alone di mistero.
–Questa è una richiesta esplicita di tuo nonno- aggiunse.
–Del nonno?- chiese sorpreso il ragazzo.
–Sì, mi ha ordinato di consegnartelo il prima possibile, ma non poteva mandartelo per posta; troppo rischioso! Ma ora bando alle ciance e ammira!-.
Si schiarì la gola e disse –Giuro solennemente di non avere buone intenzioni!- toccò lievemente con la punta della bacchetta la superficie della pergamena e, per un momento, Jackson credeva che suo zio stesse impazzendo. Poi vide che dalla pergamena stava uscendo qualcosa di anomalo; l’inchiostro stava apparendo dal nulla, nomi e puntini si scrivevano da soli, piedi che sparivano e piedi che apparivano senza preavviso si manifestavano. Jackson non capiva e vide che in cima a quella cosa c’era una scritta “I Signori Lunastorta, Codalisca, Felpato e Ramoso Consiglieri e Alleati dei Magici Malfattori sono fieri di presentarvi la Mappa del Malandrino!”.
–Che cos’è questa cosa zio James?- fu la prima cosa che gli venne in mente al Grifondoro.
–Questa Jackson, è la Mappa del Malandrino! Non ho idea di chi abbia inventato questa mappa o, meglio, non ho idea di chi siano o chi siano stati Lunastorta, Codaliscia, Felpato e il Ramoso ma è una vera genialata! Devono essere stati dei grandi maghi per creare una mappa del genere!-.
–E che cosa mostrerebbe questa mappa?- gli chiese Jackson.
–Non riesci a capirlo da solo nipote? Guarda più da vicino-.
Jackson allungò lo sguardo e gli occhi sulla mappa e notò che c’erano delle stanze con una didascalia: Sala Grande, Biblioteca, Dormitorio dei Grifondoro e c’erano anche dei nomi come Kaendra Chambers o Amir Thomas. Erano persone che lui conosceva.
–Non può essere- sentenziò Jackson –Questa, questa è…-.
–Hogwarts!- rispose lo zio al posto suo.
–E io posso vedere…-.
–Chi si muove ogni ora, ogni minuto e ogni giorno- rispose nuovamente l’uomo.
–Magnifico!- rispose Jackson –Io non so come ringraziarti zio James-.
–Non farlo, ma usala bene!-.
–Grazie davvero!-.
Jackson stava richiudendo la Mappa ma lo zio lo bloccò –Dimenticavo- disse lui –Quando hai finito dagli un colpetto e dì “Fatto il Misfatto”- disse punzecchiando nuovamente la Mappa che tornò ad essere un normale foglio di pergamena.
–Ehi che combinate voi due?- gli chiese all’improvviso la mamma.
–Nulla Meredith, gli stavo solo spiegando una cosa- disse lo zio James con quello sguardo da “Malandrino” che portava da sempre. I due, raggiunsero il resto della famiglia in cucina e Jackson vide davanti a sé la torta completata. Era bella grande e a forma di boccino, probabilmente, per celebrare la sua convocazione nella squadra di Grifondoro. Sopra di esso, c’erano sedici candeline che aspettavano di essere spente.
–Tanti auguri a te!- incominciò Daphne intonando la canzone in modo melodioso –Tanti auguri a te! Tanti auguri a Jackson! Tanti auguri a te!- rispose gli altri alla chiamata della piccola di casa. Terminata la dolce canzoncina, il giovane Potter spense le candeline e subito partirono i sonori applausi che lo fecero sorridere e che lo resero gioioso di poter passare un momento così con le persone che più adorava.
La serata stava per finire e l’ora sull’orologio segnalava i numeri zero e zero, divisi da due punti, per poi far vedere i numeri tre e cinque. Tutti erano molto stanchi, Daphne se n’era già andata sottocoperta e lo zio James e la zia Lily se n’erano appena andati via, siccome quest’ultima dormiva dallo zio James.
–Bene e ora che si fa?- chiese la madre.
Questo era il segnale che anche Jackson doveva andare a dormire per affrontare la giornata di domani.
–Ehm, Jackson- disse il padre che interruppe la sua salita sulle scale –Potresti andare in cucina a prendermi dei fazzoletti per favore?-.
Non chiese il perché ma, siccome non aveva alcuna voglia di andare in camera sua, obbedì. Arrivò al tavolo e stava per afferrare un mucchio di fazzoletti arancioni utilizzati per pulirsi dai residui di torta rimasti sulle labbra, quando sentì il campanello suonare per la seconda volta in quella serata.
Aprirono la porta e sentì una voce femminile che disse –Buonasera signor Potter-. Non poteva essere vero, pensò Jackson.
Sentì un’altra voce ma stavolta era maschile –Jackson può uscire a giocare?-.
Non poteva essere vero, si ripeté lui. Arrivo a grandi falcate verso la porta principale e vide davanti a sé le figure di una ragazza più bassa di lui con gli occhi grandi e color nocciola e che aveva una chioma riccia e bruna. L’altro invece è un ragazzo leggermente più alto di Jackson con dei capelli scompigliati che non avevano mai sentito il tocco di un pettine che coloravano di un rosso intenso. I suoi occhi erano blu come il mare.
–Jonathan, Andrew- disse Jackson sorpreso –Cosa ci fatte qui?-.
–Non sembra ovvio?- gli chiese la sua migliore amica.
–Siam venuti a prenderti scemo! E mettiti un cappotto che fuori si gela!- disse Jonathan.
Con tutta la felicità che aveva in corpo, Jackson prese il cappotto ed uscì dalla casa, con i suoi due migliori amici che, da grandi bastardi che erano, gli avevano rifilato una bellissima sorpresa. 




Angolo dell'autore: Spero che vi sia piaciuto questo capitolo nella quale ho deciso di allungare un pò di più rispetto alle solite righe che butto giù solitamente al computer. Allora, credo che tutti voi abbiate capito perchè nessuno abbia contattato il povero Jackson che si sentiva escluso improvvisamente da tutto il mondo, anche se non l'ho scritto esplicitamente ma amo lasciar immaginare a voi lettori il continuo della storia e tenervi sulle spine continuamente. 
Poi, credo che l'apice della storia si manifesta nel momento in cui James passa la famosa Mappa del Malandrino a suo nipote, come se fosse un manufatto che appartiene esclusivamente alla famiglia Potter. E' un oggetto a cui Jackson farà sicuramente affidamento e che gli renderà certamente la vita più facile ad Hogwarts. 
Volevo anche aggiungere che il pezzo in cui Jonathan chiede ad Albus e Meredith se Jackson poteva "uscire a giocare" è una frase ho preso spunto dal film "Noi siamo Infinito" anche se in quel caso fu Patrick ad esporre questa domanda nei confronti di Charlie. 
Vabbé non vado oltre siccome mi metterei a fare un lungo riassunto di quel libro che tanto adoro :)
Recensite e fatemi sapere la vostra opinione, a presto :)

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


Capitolo 20


-Ecco il motivo per cui nessuno ti ha mandato una sola lettera per tutte le vacanze- terminò il discorso Andrew. I tre Grifondoro passeggiavano tranquillamente per le vie della città Inglese e chiacchieravano su come avessero passato le vacanze.
–Devo ammetterlo- disse Jackson –Siete i migliori-.
–E lo sei anche tu amico!- aggiunse Jonathan dandogli una pacca sulla spalla, così come Andrew lo abbracciò. –Ma credi che sia finita qua?- gli chiese Jonathan mentre fissava la luna piena che rischiarava nel cielo.
–Cosa intendi dire?- chiese incuriosito il giovane Potter.
–Metti la mano sul mio braccio- gli disse il rosso.
Andrew lo fece e, anche se un po’ esitante, Jackson afferrò il braccio del suo migliore amico.
–Cosa dovrebbe succedere adesso?- chiese il Grifondoro quando sentì la sua mano entrare in contatto con il braccio robusto e forte del compagno.
–Hai mai sentito parlare della Smaterializzazione?- gli chiese Andrew.
–Ehm, sì ma pensavo che la si potesse apprendere alla fine di quest’anno- rispose.
–Già, peccato che io so perfettamente come Smaterializzarsi quando e dove si vuole- disse Jonathan.
–Davvero? E da quando?- chiese ancora più curioso Jackson.
–Da stamattina-.
–Cosa? Quante volte hai fatto una Smaterializzazione?-.
–Questa è la prima volta-.
Jackson stava per mollare la presa dal braccio dell’amico ma era troppo tardi. Fece un leggero movimento su sé stesso con le braccia di Andrew e del giovane Potter avvinghiate a lui ed il processo di Smaterializzazione cominciò. Era la prima volta che Jackson provava un’esperienza simile e non era certamente preparato alla cosa. Il respiro divenne pesante, non riusciva ad aprire gli occhi però poteva sentire fortemente che i suoi arti si stavano allungando ed accorciando con un ritmo irregolare ad ogni decimo di secondo.
Certo, era un attimo, ma sentiva come se fosse stato trascinato dentro ad un grande imbuto con il foro molto stretto. Non si meravigliò del fatto che quando sentì la terra sotto i suoi piedi, si manifestarono diversi capogiri che lo stavano torturando.
–Ci siamo appena Smaterializzati?- chiese ad Andrew e Jonathan mentre si fissava le mani ed il resto del corpo per constatare di non essersi spaccato.
–E con successo direi, quasi tutti vomitano la prima volta- rispose ridendo Andrew.
–Chissà perché- esclamò Jackson ancora ansante e col fiato mozzo: ma, dopotutto, il solito sorriso sulle labbra comparve.
–Aspettate un momento, perché voi due sembrate estremamente lucidi?- chiese il giovane Grifondoro notando che i suoi amici erano ancora ben eretti e senza alcuna difficoltà a rimanere in perfetto equilibrio sulle gambe.
–Noi abbiamo già provato questa esperienza diverse volte e ormai ci abbiamo fatto l’abitudine- gli rispose Jonathan con il suo solito ghigno sulle labbra.
–Ah, splendido!- esclamò Jackson –Ma dove mi avete portato?- gli chiese constatando il fatto che non aveva ancora capito su quale suolo stesse camminando.
–Caro Jackson, ti ritrovi nella graziosa Privet Drive- gli rispose Andrew.
–Privet Drive?- chiese confuso il ragazzo che non aveva ben compreso il nome del posto in cui si ritrovava.
-Abbiamo fatto un paio di ricerche e abbiamo scoperto che tuo nonno ha vissuto qui i primi undici anni della sua vita- gli disse Jonathan.
–Come?- chiese sorpreso Jackson –Non scherzate per favore-.
–Noi non scherziamo affatto piccolo babbuino!- rispose Andrew guardandolo seria in faccia nonostante l’espressione che ha utilizzato fosse una delle tante espressioni che diceva quando era contenta e di buon umore.
–Dopo ti porteremo alla casa dove tuo nonno ha vissuto, però prima c’è un’altra cosa-.
–E sarebbe?- chiese il ragazzo che moriva dalla voglia di vedere la casa che suo nonno gli aveva confessato di odiare da sempre.
–Seguici!- disse Jonathan.
Lo stavano portando lungo una strada molto stretta e camminarono per svariati minuti. I due, si rifiutavano di rispondere o di dargli qualche suggerimento ed indicazione su dove lo stessero portando. –Miseriaccia Jackson stiamo per arrivare!- sbottò leggermente stizzito Jonathan.
Alla fine, gli fecero cenno di entrare dentro un locale che da fuori sembrava un vero e proprio squallore. Entrò ed era tutto buio, non vedeva nulla; oscurità totale. Ad un certo punto le luci si accesero e fu grande sorpresa e felicità nell’animo del ragazzo.
C’erano tutti: Eddie, Gary, James, Amir, compagni e compagne di Tassorosso e Corvonero, insomma, i suoi amici volevano essere presenti il giorno in cui Jackson era nato sedici anni fa. –Wow- disse Jackson immobile mentre tutti si catapultarono a grande velocità e gioia verso di lui per abbracciarlo, dargli pacche sulla spalla, complimentarsi e dargli gli auguri.
–Ed ora si festeggia!- urlò Eddie che aveva già in mano una lattina di birra la cui marca era sconosciuta al giovane Grifondoro ancora immobile per l’emozione e la gratitudine. La musica si acese da due grandi casse di un piccolo stereo che il ragazzo notò solo nel momento in cui si era scongelato dalla rapida trance emotiva. Immediatamente quelle note musicali che potevano apparire moleste e discontinue con il periodo dell’anno, rimbombarono nella stanza spargendosi fino ai muri che la circondavano.
Sembrava quasi che la musica stessa fosse entrata attraverso i muri in cemento armato e che i muri stessi stessero danzando a ritmo di musica. Diciamo che a Jackson non gli sono mai andate a genio feste del genere, siccome le uniche che ha vissuto sono state ad Hogwarts e se fossero stati scoperti avrebbero ricevuto una sonora punizione o un secco calcio nel sedere e sbattuti fuori dal Castello per sempre. Ogni tanto gli capitava di vedere qualche suo amico scatenarsi sulla pista da ballo in balli frenetici e totalmente irregolari ed inusuali che facevano comprendere quanto fosse già basso il loro livello di lucidità.
–Tieni amico- gli urlò nell’orecchio destro Jonathan passandogli un bicchiere di birra in mano.
Il Grifondoro lo accettò di buon grado visto che adorava farsi qualche birra ogni tanto, ma senza esagerare come facevano un mucchio di persone che conosceva da sempre. Ormai erano quasi le tre del mattino e la festa non era nemmeno iniziata da tanto tempo e si stava chiedendo quando sarebbe finita e se, magari, sarebbe riuscito a rientrare a casa sua anche se non era proprio preoccupato; si stava divertendo e stare assieme a delle persone a lui care, era la cosa migliore che gli potesse capitare il giorno del suo compleanno.
Aveva provato a muovere qualche passo di danza dopo che James e qualche sua amica lo avevano trascinato tra la folla danzante che gli fecero subito spazio lasciandolo in mezzo ad un cerchio tutto solo. Chiaramente, da solo non avrebbe di certo ballato: sarebbe stato da idioti di prima categoria! Essendo, come sempre, in una situazione difficile e decisamente imbarazzante, la prima persona che arrivò in suo soccorso fu immediatamente Andrew. Pensava che l’avrebbe portato verso i tavoli dove si teneva la birra o il vino ma invece lei stava incominciando a smuoverlo un pochetto.
–Rilassati Jackson sembri uno stecchino!- gli urlò.
–Non so ballare!- rispose il giovane Potter a voce altrettanto alta e sopra il limite acustico.
–Ti insegno io!- lei gli prese le mani ed incominciò a muovergliele velocemente verso l’alto e verso il basso diverse volte.
–Così rischi di collassare dal caldo!- disse lei che incominciò a sbottonargli diversi bottoni della camicia. Questo gesto fece imbarazzare Jackson che sentì il pubblico ridere, fischiare ma anche applaudire. La cosa che colpì maggiormente il ragazzo fu quando Andrew si appoggiò a Jackson sulla schiena ed incominciò a ballare in quell’ambigua posizione che mise un po’ a disagio il ragazzo; era ovvio che stesse ancora pensando a Kaendra e che non gli sembrava giusto ballare in quel modo con una ragazza anche se era la sua migliore amica.
Lui cercava di arretrare lentamente ma lei era pronta a rimanergli attaccata e addirittura gli portò le mani sui suoi fianchi che fece esplodere il pubblico. La musica era alta, il giovane Potter stava entrando in stato confusionale, le luci che andavano a scatti non gli permettevano di orientarsi e di capire la distanza che c’era dal resto dei ragazzi e delle ragazze che si godevano lo spettacolo.
Andrew si girò di scatto e per Jackson fu un sollievo visto che stava per scappare a gambe levate ma l’orgoglio che aveva continuava a farlo restare sulla pista da ballo. Adesso stava incominciando ad accarezzargli dolcemente le spalle, la schiena per poi scendere nel petto. La folla si era rimessa a ballare dopo essersi goduta il piccolo siparietto tra i due Grifondoro e Jackson era più che convinto del fatto che adesso potesse smetterla di danzare come una scimmia totalmente idiota ma era Andrew che gli prese la mano e che lo portò fuori dalla sala per portarlo al piano di sopra.
Jackson non aveva notato che quello fosse un edificio a due piani anche se era completamente abbandonato e con le finestre completamente chiuse tramite le serrande in legno marcito che presentavano diversi fori. Andrew fece appoggiare il ragazzo al muro polveroso della casa ed incominciò a baciarlo sul collo avidamente.
“No non ci posso credere” pensò il ragazzo mentre sentiva il fiato caldo della ragazza sul suo corpo “Ma che sta combinando?” continuò a chiedersi nonostante la risposta era davanti ai suoi occhi. Non sapeva che dire, non sapeva che fare e non voleva urtare i suoi sentimenti.
Sentiva le mani morbide di lei che gli stavano entrando nella camicia sbottonata e capiva che aveva poco tempo per pensare. Credeva che avrebbe dovuto raccontargli della relazione che aveva con Kaendra ma voleva che rimanesse un segreto. Purtroppo, non aveva scelta dopo che sentì le sue labbra entrare in contatto con quelle di Andrew e la sua lingua che cercava di insinuarsi dentro la sua bocca.
–Ok, ok ferma- disse calmo il ragazzo riuscendo a staccarsi dall’amica.
–Ma che ti prende?- chiese lei offesa.
–No, “che ti prende a te” dovrei dire-.
–Pensavo che tu volessi divertirti un po’ di più di berti una semplice birra e parlare con qualche amico- tentò di giustificarsi.
–Eh?- chiese lui ancora confuso a causa della musica che sentiva e che aveva ancora in testa.
–D’accordo Jackson- disse lei ansante –I-io e-ecco- stava titubando; Jackson non l’aveva mai sentita parlare in modo così preoccupato –N-non lo so, penso che tu mi piaccia e pensavo che anche io piacessi a te- disse tutto d’un fiato mettendo la testa e la faccia arrossita in basso.
–Accidenti- rispose il ragazzo –I-io non so come dirtelo- disse il ragazzo sorpreso della confessione appena detta da Andrew –Sono sorpreso e non me l’aspettavo-.
–Ho cercato di mandarti dei segnali ma tu hai il quoziente intellettivo simile a quello di un bradipo- rispose la ragazza cercando di non guadare la ragazza negli occhi
–Allora?- gli chiese.
Sapeva che risposta voleva, sapeva che avrebbe voluto un sì e sapeva Jackson quanto fosse stato idiota e cretino a non capirlo prima. Per carità, lei è una ragazza a cui ha sempre voluto bene e aveva seriamente pensato di chiedergli di uscire ma non ne aveva mai avuto il coraggio. Si stavano guardando negli occhi; adorava quei grandi occhi color nocciola, da sempre. E una relazione con lei sarebbe stata decisamente interessante –Io- incominciò lui avendo già la risposta in mente –Ecco, non posso-.
Sapeva che poteva rovinare tutto, ma lui stava bene con Kaendra e voleva impegnarsi con lei fino in fondo.
–Il punto è che c’è un’altra ragazza con cui ho una relazione da tempo-.
–Oh- rispose lei altrettanto sorpresa –N-non me l’aspettavo- disse stavolta la Grifondoro –Mio Dio che stupida che sono stata!- disse mettendosi le mani in faccia e dandogli le spalle.
–Andrew volevo solo…- tentò di consolarla Jackson che venne interrotto –N-non fa niente, n-non c’è problema davvero-.
Sentiva la voce, sentiva il tono; cercava di non far notare che era una voce spezzata ma lo si poteva sentire, così come i singhiozzi trattenuti a stento. –O-ora d-devo andare- disse lei sbrigativa uscendo dalla stanza.
–Andrew aspetta!- gli urlò il ragazzo che tentò di inseguirla per dirgli qualcosa, anche se non aveva la minima idea di cosa. Troppo tardi, era già svanita nell’aria gelida del giorno di Natale. Non era sicuramente una bella cosa ricevere un no a Natale soprattutto sapendo che la persona che ti piace sta con qualcun altro da tempo.
Forse era per questo che non si era accorta della mancanza di Jackson diverse volte; forse, i sentimenti hanno fatto ragionare male quella brillante mente, offuscandogliela.
–Jackson!- gli disse Amir di colpo facendolo spaventare –Abbiamo dei problemi!-.
–Che genere di problemi?- chiese Jackson allarmato.
–Dei Serpeverde chiedono di te!-. 



Angolo dell'autore: Eccomi tornato con questo capitolo che io definirei "di fuoco" se permettete. Allora, spero che tutti abbiate notato la somiglianza della Smaterializazzione tra Jackson, Jonathan ed Andrew, con quella di Harry e Silente, soprattutto nelle frasi. 
Poi, ho cercato di descrivere meglio che potevo le varie parti della festa e mi sono soffermato maggiormente nei movimenti e nelle sensazioni che trapelavano durante il ballo tra Jackson ed Andrew, con la ciliegina sulla torta quando lei ha deciso di farla finita e di rivelare al nostro amato Potter, i suoi veri sentimenti. Ve lo giuro, è stato difficile scrivere la delusione che Andrew provava, davvero, mi è dispiaciuto più a me che a molti di voi, ma io vedo in Jackson un ragazzo leale e non come la maggior parte dei ragazzi di oggi.
Spero che tutti voi la pensiate come me, a presto :)
E recensite ;)

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


Capitolo 21


“No, non è possibile e non ci voglio credere” pensò Jackson entrando a perdi fiato verso la sala principale dove si teneva la festa “Non il giorno del mio compleanno!”. Entrò e notò che la musica era stata staccata direttamente dalla spina, senza prendersi il disturbo di abbassare il volume fino allo zero o di cliccare il tasto di spegnimento automatico.
Vedeva il profilo di James che stava discutendo animatamente e volgarmente con quello di Daniel Payne affiancato da Anthony Paddock, Wilson Summerby, Wilson Brolingbroke e Kain Robinson.
–Ti ho già detto che non avevo idea del fatto che voi abitiate in zona!- tentò di dire in tono giustificativo il Grifondoro che alla sua destra e alla sua sinistra aveva Jonathan, Eddie, Michael e qualche altro Grifondoro pronto ad intervenire.
–Tu lo sapevi che Payne abita a Privet Drive?- chiese un ragazzo ad una sua amica vicina –No, per niente!-.
–Perciò la festa è finita!- esclamò, da dietro, Paddock. –E noi ti abbiamo detto che non abbiamo intenzione di finirla in questo modo, cacciati da delle teste di Serpe!- disse minaccioso Jonathan che sembrava leggermente brillo e confuso.
Jackson, mentre cercava di farsi spazio tra le persone che gli ostacolavano la vista, sperava vivamente che non succedesse nulla di male, auto-convincendosi del fatto che tutti si sarebbero ricordati del patto stipulato qualche settimana fa. –Ti spaccherei quel bel faccino che hai se non fosse per…- stava per esclamare Robinson quando Jackson si mise in mezzo e placando gli animi.
–D’accordo, adesso basta!- disse lui ai suoi amici e ai Grifondoro.
–Non metterti in mezzo Potter, non sono affari che ti riguardano!- gli disse Summerby.
–E invece mi riguardano eccome visto che questa è la festa del mio compleanno!- disse lui spiazzando il Serpeverde.
–Lo sapevo- disse Payne –Le voci che circolavano ad Hogwarts erano vere: hanno organizzato seriamente una festa per il caro e vecchio Potter!- disse con un ghigno sulle labbra.
–E allora? Hai qualche problema a riguardo?- disse Eddie che stava proprio a pochi metri da lui.
–No, non c’è nessun problema- disse il Serpeverde che fece confondere i presenti.
–Come?- chiese Eddie che credeva lo stesse prendendo in giro.
Payne stava guardando Jackson negli occhi, anche se non sembrava il solito sguardo di sfida; non aveva mai visto quello sguardo così poco pertinente, minaccioso e da prendere a pugni immediatamente. Stava sorridendo, insomma, stava sorridendo come fa ogni essere umano normale! Tese la mano in avanti, messa in orizzontale, aperta, verso Jackson che era decisamente confuso e non capiva quali fossero le sue intenzioni.
–Buon compleanno Potter!- disse lui.
Ora erano tutti i Grifondoro, Tassorosso e Corvonero che non capivano. Il ragazzo che solitamente guidava i Serpeverde nelle battaglie contro i Grifondoro, stava porgendo la mano verso il suo più acerrimo nemico per fargli gli auguri di compleanno? Ma il mondo stava impazzendo? Tutti probabilmente si stavano facendo la stessa domanda. Jackson, non sapendo che fare ma essendo una persona gentile, decise di accettare gli auguri e di apprestarsi a stringergli la mano.
Tutti i Grifondoro si allarmarono e pronti a darne di sante ragione ai Serpeverde nel caso quello fosse uno scherzo di cattivo gusto o peggio. Ma, se loro avrebbero fatto male a Jackson, James sarebbe passato a miglior vita così come Payne e nessuno pensava che fossero così stupidi da fare una cosa del genere. Infatti, fu una semplice stretta di mano, anzi, si andò persino alla pacca sulla spalla.
Fecero così anche il resto dei Serpeverde dopo esserselo fatto ordinare da Payne stesso; protestarono lievemente, ma l’urlo di disapprovazione al suo ordine da parte del ragazzo della Casata Serpeverde, gli fece immediatamente cambiare idea. Tutti applaudirono al gesto appena compiuto e, non sapendo del patto stretto con il Voto Infrangibile, credettero che la pace fosse tornata ad Hogwarts e soprattutto tra le due Casate.
–Non credere che quando torneremo ad Hogwarts rimarremo così buoni- disse con un sorriso Payne all’orecchio di Jackson.
–Tranquillo, la penso così anch’io- disse il ragazzo ridendo soddisfatto.
Non poteva rinunciare alle risse e non voleva farlo. C’era addirittura chi parlava di “miracolo di Natale” ma si sbagliavano di grosso siccome, ora, c’era una grande possibilità del fatto che le risse sarebbero raddoppiate siccome tutti i ragazzi che ne prendevano parte erano in astinenza da tempo. I Serpeverde stessi avevano riattaccato la musica, facendo ricominciare la festa ed anche loro ne presero parte.
–Hai visto Andrew?- gli chiese Jonathan dopo che la festa ricominciò; Jackson era uscito fuori a prendersi una boccata d’aria fresca dopo le due grandi sorprese di quella insolita serata. –Ecco, per la verità se ne andata ancora prima che i Serpeverde arrivassero- gli rispose Jackson.
–Cosa? E perché non ha avvisato? Questa festa l’ha organizzata lei e se ne va ancora prima che finisca?-. Jackson guardava per terra, come se lui fosse il colpevole anche se sotto sotto sentiva che in parte era colpa sua.
–Deve essere successo qualcosa- continuava il suo migliore amico –Magari l’hanno presa in giro delle ragazze oppure qualche ragazzo l’ha importunata, se scopro chi è stato giuro che…-.
–Jonathan!- lo interruppe Jackson –Andrew se ne andata per colpa mia!-.
–Cosa?- chiese sorpreso il rosso.
Ora, avrebbe dovuto raccontare tutto quello che era accaduto alla persona di cui si fidava di più e avrebbe anche dovuto confessargli il fatto che stava intrattenendo una relazione con una Serpeverde.
–Allora, scommetto che tu abbia visto che lei stava ballando con me, no?-.
–Ehm sì e poi vi siete dispersi tra la folla- rispose Jonathan.
–No, in realtà Andrew mi aveva portato al piano di sopra e stava incominciando a… baciarmi-.
–Baciarti?- chiese Jonathan calmo.
–Sì, baciarmi. E poi però l’ho dovuta fermare perché non riuscivo a capire che diamine stesse combinando e allora lei mi ha detto che gli piaccio molto e credo che stesse intendendo il fatto che volesse intrattenere una relazione con me-.
–E?- chiese Jonathan facendogli cenno di andare avanti.
–Bè io l’ho respinta perché sto con un’altra ragazza e non mi sembrava giusto nei confronti di quest’ultima-.
–Hai una relazione?- chiese il rosso sorpreso.
–Ehm sì, con Kaendra Chambers-.
–La Serpeverde? E da quanto tempo?-.
–Un paio di settimane-.
–Quindi mi stai dicendo che tu hai rifiutato Andrew per la Serpeverde?- gli chiese Jonathan che voleva una precisazione e certezza di quello che l’amico gli aveva raccontato.
–Sì-. Rispose calmo Jackson.
–Miseriaccia!- esclamò Jonathan calmo incominciando a mettere la mano sotto il mento ed assumere uno sguardo estremamente pensante. Il giovane Potter la stava per interrompere con un “Ehi?” ma all’improvviso Jonathan terminò quella insolita posizione che aveva assunto diversi secondi fa e repentinamente mollò uno schiaffetto a Jackson sulla guancia e sulla testa.
–Ahi! E questo perché?- chiese sorpreso Jackson.
–Sei un idiota!- gli disse l’amico.
–Si può sapere perché l’hai fatto?- chiese nuovamente il giovane Grifondoro.
–Che scemo che sei!- gli rispose il Weasley.
–La vorresti smettere di insultarmi e dirmi perché ti sei e ti stai comportando così?- gli chiese Jackson che stava incominciando a perdere la pazienza.
–Ti racconto una barzelletta: c’è un ragazzo stupido quanto uno Schiopodo Sparacoda che viene continuamente corteggiato dalla Grifondoro più bella di tutta la scuola. Alla fine, lui si mette con una Serpeverde. Fine!- disse facendo una risata sarcastica.
–Mi vuoi dire che ti prende Jonathan? Perché mi stai prendendo in giro?- non aveva mai visto il suo migliore amico così scocciato.
–Perché tu potevi tranquillamente avere una relazione seria e grandiosa assieme ad Andrew e tu preferisci stare con quella Kaendra Chambers!- era piuttosto stizzito.
–E allora? Andrew poteva mandarmi dei chiari messaggi prima che potessi uscire assieme a Kaendra!- rispose Jackson.
–Ma se continuava a provarci con te dall’inizio dell’anno scolastisco!- rispose Jonathan che stava per essere portato all’esasperazione.
–E tu che ne sai? Che ne sai che non fossero semplici segni di amicizia?- provò a protestare il giovane Potter.
–Perché lei mi chiedeva continuamente se tu avessi parlato di lei con me in sua assenza! L’ho incoraggiata io a provarci e sono stato io a proporgli di organizzare questa festa per “rimorchiarti”!-.
Jackson notò con stupore che forse se ne sarebbe dovuto accorgere, ma lui non è esattamente un ragazzo molto sveglio in circostanze come queste e per fargli capire che piace ad una ragazza, lei deve farglielo capire! Non può farci niente se questa è la sua natura! –Dai forza, prendine una- gli disse Jonathan offrendogli quella che era una –Sigaretta?- chiese Jackson –Non ne fumo una dal festino di Stiles McCole prima che si diplomasse ai M.A.G.O.-.
–Sì, ma penso che una il giorno del tuo compleanno ti possa almeno far rilassare un po’-.
Il ragazzo accettò pensando che una il giorno del suo compleanno se la poteva permettere. L’accese e sentì immediatamente il fumo scorrergli dentro i polmoni; si poteva sentire dall’acro odore e fastidio che provava, che non ne fumava una da parecchio tempo; anche se si sforzò qualche volta, non riuscì a terminarla tutta. –Non toccherò mai più roba come questa!- esclamò Jackson buttandola per terra.
La fine della festa arrivò e tutti, chi ubriaco, chi sobrio e chi brillo, se ne tornarono alle loro abitazioni.
–Su Jonathan, andiamo a casa- gli disse Jackson.
–Ti ho detto che ti avrei portato nella casa in cui tuo nonno è cresciuto!- gli disse Jonathan prendendolo sotto la sua ala e guidandolo per i vicoli e le strade di Privet Drive. Molte famiglie erano ancora in piedi a festeggiare l’avvento di questo giorno così meraviglioso: felici, festeggianti e sorridenti. La stessa cosa poteva dirla Jackson nei suoi confronti perché stare assieme a Jonathan, era la cosa più bella che gli potesse capitare.
Peccato che si era dimenticato di quella visita tanto attesa da parte sua grazie ai numerosi eventi accaduti quella notte. Apprezzava molto quello che il giovane Weasley faceva per lui: gli era sempre rimasto accanto nei momenti bui e nei momenti luminosi come se fosse un suo angelo custode e Jackson poteva dire tranquillamente che l’amico pensava la stessa cosa nei suoi confronti.
È vero, lui e Jonathan sono stretti da un legame familiare abbastanza stretto, ma i due non ci hanno mai fatto caso, così come tutte le persone che li conoscevano; vedevano i due Grifondoro come amico e amico e non come cugino e cugino. I familiari, solitamente, tendevano a stringere legami a causa del fatto che si sentivano costretti a farlo per il legame di sangue.
Gli amici invece, quelli buoni, restano per sempre e non si sentono obbligati da nessun motivo in particolare a mantenere solida un’amicizia. Jackson lo sentiva come migliore amico ma soprattutto, e addirittura, come fratello.
–Eccoci arrivati!- gli disse Jonathan indicando una casa vecchio stile, ordinaria e semplice, così come tutte le case del quartiere: era la casa perfetta per chi volesse vivere una vita assolutamente normale.
–Ma è aperta?- chiese il giovane Potter.
–No, ma credi che vivere con un mucchio di sorelle non mi abbia insegnato a forzare una serratura?- gli chiese l’amico estraendo dalla tasca una graffetta e, dopo averla plasmata in una strana forma ed averla infilata nella serratura, la girò un paio di volte fino a quando non sentì un forte scatto.
–Bingo- esclamò con un ghigno sulla faccia.
–Ma potrebbe esserci qualcuno lì dentro- si allarmò Jackson che non voleva finire al fresco la notte di Natale.
–Tranquillo, sono in vacanza a Londra o in quella zona- lo rassicurò Jonathan.
Così, i due entrarono nella casa con il numero civico quattro appeso alla porta. La casa era vuota, completamente.
–Probabilmente la usano per altri scopi- disse Jonathan constatando il fatto che in questo stato, non ci poteva abitare nessuno. Jackson aveva quella stessa sensazione che aveva in quella strana casa ai confini di Hogwarts assieme a Kaendra. Vedeva che stava dentro uno stanzino troppo piccolo per lui e le ragnatele lo stavano circondando. Stava giocando con un paio di giocattoli improvvisati come soldatini senza testa o cavalli semi-rotti.
–Serve aiuto in cucina!- gli urlò la voce squillante di una donna.
–Arrivo!- urlò lui ma, stavolta, aveva una voce carina, acuta, candida come quella di un bambino. Uscì da quello stanzino e si guardò attorno mentre si dirigeva verso quella che doveva sembrare la sala da pranzo. Stavolta, la casa era ben arredata e non era più notte fonda ma era mattino presto. Entrò e vide che c’era una bella famiglia seduta a tavola che aspettava solo lui, probabilmente; invece no, lui girò verso i fornelli ed incominciò a cucinare qualche frittella e pesce.
–Insomma! Quanto ci impieghi ragazzo?!- sbottò un uomo grasso, basso, con un collo quasi invisibile e dei baffi simili a quelli di un tricheco.
–Ho quasi finito Zio Vernon!- disse lui per poi portare tutto ciò che aveva cucinato in tavola a quello strano ma ordinario uomo, ad un bambino ciccione quanto una balena e ad una donna alta ed estremamente scheletrica.
Stavolta lo scenario cambiò e si vide all’interno di una stanza più grande, con un letto, un armadio ed una scrivania che ci stavano a stento. Era affacciato ad una finestra e guardava il panorama del viale di Privet Drive che fece capire a Jackson che quella, probabilmente, era la sua stanza. Guardava il riflesso nel vetro della finestra e vedeva un volto maturo, con una barba che stava decisamente prendendo il sopravvento sulla pelle nuda delle guance.
Aveva riposto qualcosa nel cassetto e non capiva, però, cosa fosse. Poi, tutto tornò come era prima: la notte fonda e la sua oscurità dominavano la casa con la luce della luna che dava illuminazione ai corridoi e alle scale della dimora.
–Jackson?- chiese Jonathan –Stai bene?-.
–Credo di sì, perché?- rispose e chiese allo stesso tempo il giovane Potter.
–Sembravi strano quando sei entrato qua dentro; eri come in una specie di trance-.
–Lo so; i ricordi di mio nonno mi entrano nella testa involontariamente non appena entro a contatto con qualcosa che lo ha segnato-.
–E cos’hai visto?- chiese curioso il rosso.
–Seguimi- disse Jackson che imbucò le scale.
Non appena giunse al piano superiore dovette aprire le porte di tutte le stanze per capire quale fosse quella a lui interessata. Alla fine la trovò ed incominciò ad esplorarla. Vedeva l’armadio ormai vuoto e decrepito, vedeva una vecchia gabbia per uccelli arrugginita non vedeva il letto, sicuramente rimosso tempo fa, ma vedeva la scrivania polverosa.
I cassetti erano ancora al loro posto e la mano gli tremò quando aprì il cassetto che lui voleva aprire a tutti i costi. Non c’era nulla al suo interno, ma solo un lenzuolo candido, come se fosse un velo. Era trasparente, leggero, delicato e morbido al tatto. Era qualcosa di affascinante per il suo aspetto ed intrigante allo stesso tempo.
–Dai vediamo come ti sta- rise Jonathan –Magari potrai regalarlo alla tua fidanzatina!- lo stuzzicò lui.
–E piantala- disse ridendo Jackson che, nonostante tutto, decise di provarlo. Esso poteva ricoprirlo dalla testa ai piedi perfettamente. Lo indossò come se fosse una coperta grossa che si metteva sulle spalle per poi farlo ricadere verso il basso.
–Come sto?- chiese Jackson. Quest’ultimo rimase un po’ stupito dall’espressione terrorizzata dell’amico.
–Che c’è?- chiese –Mi sta così male?-.
–Miseriaccia!- esclamò Jonathan facendolo specchiare alla finestra. Jackson non notò nulla di strano ma poi vide soltanto la sua faccia senza il resto del corpo.
–M-ma questo è…- provò a dire lui ma fu il suo migliore amico a terminare la frase –E’ il Mantello dell’Invisibilità!-.





Angolo dell'autore: Premessa; vorrei chiedere scusa a tutti se ho tardato a pubblicare questo capitolo ma il fatto è che sono in vacanza in Toscana ed ovviamente il tempo di scrivere e pubblicare scarseggia.
Allora, spero che siate rimasti sorpresi dal siparietto tra i Serpeverde ed i Grifondoro che, per una volta, tornano a riporre le armi per un tempo determinato; sono rimasto molto contento e felice di aver scritto questa parte, sinceramente. Poi, volevo anche dirvi che il ragazzo che Jackson nomina, "Stiles McCole", è un nome che ho preso fondendo i nomi di Scott McCole e Stiles Stilinski che sono due personaggi che compaiono nella saga di Teen Wolf. 
Infine, il colp di scena, probabilmente, è stato il Mantello dell'Invisibilità e, finalmente, dopo nonno Harry, potrà usufruirne così come con la Mappa del Malandrino.
Ce ne saranno delle belle e restate sintonizzati, magari buttandoci sù qualche recensione.
Ciao, a presto!

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


Capitolo 22


Le vacanze Natalizie sono finite; Jackson e compagni si erano dati appuntamento sull’Espresso per Hogwarts, pronti a far ritorno al Castello. Il giovane Potter aveva passato il Capodanno a Parigi assieme ai suoi genitori, la zia Lily, suo marito, i suoi cugini e con lo zio James. Soprattutto quest’ultimo, l’aveva portato in discoteca per insegnarli a sapersi divertire come si deve.
Alla fine sono rientrati alle sette del mattino con suo padre che fece una bella ramanzina a lui e allo zio James. –Ti sembra che tu gli stia dando il bell’esempio?- aveva detto suo padre –Accidenti, già con i problemi che ci sono a scuola, adesso tu gli insegni anche a rientrare alle sette del mattino?-.
Non aveva mai visto suo padre così su di giri ma alla fine decise che questo sarebbe stato un segreto che si sarebbero tenuti per loro. Ora, finalmente, Serpeverde e Grifondoro avrebbero potuto nuovamente ingaggiare altri scontri, quando e dove volevano. Il viaggio di ritorno è stato piacevole e tranquillo, senza che nessuna delle due Casate potesse muovere un dito, siccome la maggior parte delle persone “violente” di Serpeverde, sono rimaste a godersi le vacanze al Castello assieme ai loro amici piuttosto che con le loro famiglie.
Finalmente, Jackson avrebbe potuto riabbracciare alcuni dei suoi amici che aveva saluta gli ultimi giorni di Dicembre per poter riallacciare quei rapporti interrotti per qualche settimana. Gli era arrivata, inoltre, direttamente sul treno, una lettera del professor Sinister che voleva assolutamente vederlo appena avrebbe rimesso piede nei confini di Hogwarts; quindi, il giovane Potter, grazie al cielo, poteva tornare a vagare ed esplorare la mente di suo nonno ed i suoi ricordi ed apprendere quelle doti che non aveva.
Si stava domandando, ogni giorno che passava, cosa avrebbe visto e, chiaramente, la curiosità cresceva nonostante avesse qualche dubbio sulla collaborazione del professor Sinister. Aveva parlato con Jonathan di questa sua diffidenza nei confronti del Preside ma Jonathan gli disse di restare calmo e tranquillo visto che, secondo il suo migliore amico, quel foglio potesse essere semplicemente qualcosa che andasse a vantaggio di Jackson.
–Magari è un foglio con una ricetta medica nel caso tu ti sentissi male nel sonno- gli diceva lui –Oppure sta cercando di studiare la pozione per poter capire se ci sono possibili effetti collaterali per qualsiasi essere umano-.
Tutto ciò faceva ragionare il ragazzo che, però, se doveva essere sincero, non era del tutto convinto della cosa. Così, nonostante Jonathan stesso gli disse che avrebbe dovuto parlare delle visioni che vedeva al di fuori della pozione al Preside, Jackson decise di tenersele per sé. Un altro evento importante attendeva il ragazzo appena sarebbe rientrato ad Hogwarts: si sarebbe giocata la prima partita di Quidditch.
Aveva discusso a lungo con James, Jonathan ed Eddie del torneo ma soprattutto di come temeva che potessero finire all’ultimo posto quest’anno e che i Serpeverde potessero seriamente trionfare. Troppe volte quelle teste di Serpente si erano tolti delle soddisfazioni e troppe volte gli avevano lasciati festeggiare.
–Non importa cosa l’urna dice- esclamò scocciato James –I risultati non escono fuori da un barile, ma dal gioco di squadra, dal talento, dalla voglia, dalla passione e da quanta determinazione e coraggio mettiamo in campo!-.
Aveva detto la stessa cosa gli anni passati ma non era mai riuscito a convincere del tutto i propri compagni di squadra; quest’anno, però, tutti si sarebbero rimangiati le critiche che uscivano dalle loro labbra e, finalmente, sarebbero riusciti ad alzare un trofeo dopo tanti anni di pazienza. I primi sfidanti che i Grifondoro dovranno sfidare, sono i Corvonero e la figura misteriosa di Radja continuava ad insinuarsi nella mente del giovane Potter.
Non conosceva il ragazzo di Corvonero e non capiva come i suoi compagni avrebbero potuto contrastarlo. Jackson avrebbe voluto provare a socializzare con lui, ma il loro scontro avvenuto nelle prime settimane dell’anno scolastico, toglieva ogni possibilità di poter rivolgergli la parola. Ora, però, oltre a questo, Jackson doveva pensare ad altre cose molto più importanti del Quidditch: doveva assolutamente parlare con Andrew dell’episodio avvenuto a Natale. Non sapeva come fare e aveva paura che la sua relazione con Kaendra potesse rovinare la loro amicizia che pensava sarebbe rimasta duratura per sempre.
Invece, Jackson, aveva totalmente frainteso quali fossero gli intenti della ragazza che, dopo tanto tempo, aveva compiuto il primo passo proprio al suo compleanno. Sicuramente credeva che essendo a Natale qualcosa sarebbe riuscita a concluderla ma, purtroppo, nella sua calza appesa sopra al cammino, non aveva ricevuto alcun regalo ma solo carbone nero come l’umore della ragazza. Jonathan gli aveva confidato che era rimasta molto delusa da come Jackson aveva reagito.
–Credeva che anche tu provassi qualcosa che andava oltre l’amicizia come lei- gli disse il rosso –Pensava che, però, eri troppo stolto e timido per provarci, così ha deciso di farla finita e di togliersi questo dubbio-.
–Ma, pensavo che…- tentò di dire Jackson.
–Tu pensavi male, come sempre!- lo rimproverò Jonathan.
Il giovane Potter scoprì che il suo migliore amico e la sua migliore amica sono molto amici tra di loro e che non avevano fatto altro che provare a capire quando Andrew avesse dovuto provarci seriamente con lui e, tutto questo, lasciò completamente sorpreso Jackson che, ora, aveva delle idee completamente confuse e disconnesse tra di loro.
Andrew, probabilmente, era la ragazza più carina della scuola e Jackson aveva preferito restare amico con lei per il semplice fatto che non credeva che quest’ultima potesse provare qualcosa per lui. Non amava molto le delusioni d’amore e non voleva restare depresso, con le farfalle che volavano continuamente nel suo stomaco e con il pessimismo che continuava a controllarlo e a farlo parlare.
Così, si era abituato, nel corso degli anni, ad abituarsi alla compagnia della ragazza e ad auto-convincersi del fatto che lei non provasse nulla per lui e che era meglio così per entrambi. Il ragazzo era riuscito a far fuoriuscire questo ragionamento, solamente dopo la notte di Natale che aveva risposto a tante domande di Jackson su alcuni comportamenti anomali della ragazza in alcune situazioni.
Ma doveva anche vedere come poteva evolversi la sua relazione assieme a Kaendra, perché è una ragazza che Jackson adora e a cui tiene enormemente. Lei gli aveva persino scritto una lettera nella quale gli chiedeva se avrebbe voluto rendere questa relazione ufficiale, ovvero che tutti potessero saperlo.

“Ciao tesoro,
Sai, stavo pensando a noi due in questi ultimi giorni e penso che dovremmo far sapere a tutti che noi due stiamo assieme; insomma, mi sono decisamente stufata dei continui approcci che Anthony, Daniel, Wilson e tanti altri ragazzi di varie Casate, hanno nei miei confronti. Mi viene continuamente la voglia di urlare –Io sto assieme a Jackson Potter!- e allora vorrei vedere le loro facce deluse ed incavolate allo stesso tempo. Davvero Jackson, io sto cedendo ogni giorno che passa e le mie amiche stanno continuando ad insistere sul fatto che io debba assolutamente trovare un ragazzo. Mi sono rotta di dover rispondere –Prima o poi arriverà- e ho paura che Natalie ed Eleanor stiano sospettando qualcosa. Dopo che ho rifiutato l’accompagnamento di Jack Sloper al ballo di Natale ho decisamente innescato molti sospetti nei miei confronti da parte delle tante ragazze del Castello, soprattutto di quelle che amano il gossip. Spero che anche tu stia vivendo la mia stessa situazione così, almeno, ci leveremo insieme lo stesso problema. Tranquillo, però, non mi aspetto che tu mi risponda subito siccome questa è una cosa delicata che richiede qualche giorno per pensarci; vorrei almeno che tu possa rispondermi quando ci rivedremo al Castello.
Un bacione, Kaendra”

Jackson pensava a come tutta la scuola avrebbe reagito sapendo che uno dei Grifondoro che non sopportava affatto i Serpeverde, stesse assieme ad una Serpeverde! La cosa, sicuramente, avrebbe suscitato tanto scalpore; ma chissà come l’avrebbe presa Andrew. Lei e Kaendra non si erano mai parlate e non avevano mai avuto alcun tipo di rapporto negativo o positivo, però probabilmente non l’avrebbe presa bene.
Andrew stessa non aveva mai avuto alcun tipo di relazione che andava oltre l’amicizia con alcun tipo di ragazzo e, ovviamente, Jackson aveva compreso il motivo. Erano arrivati al Castello e il giovane Potter ed Andrew non si erano nemmeno visti di sfuggita ma si sarebbero visti di sicuro nel Dormitorio o a lezione prima o poi e la stessa cosa valeva quando si sarebbero parlati.
–Forza amico!- gli disse Jonathan –Andiamo ad appoggiare i bagagli-.
Salirono e finalmente Jackson poté sentire nuovamente quell’aria a lui tanto cara ed importante. Dopo aver appoggiato tutta l’attrezzatura che si era portato per il viaggio in treno, il giovane Potter disse di voler andare a “farsi una passeggiata”, ma era ovvio che doveva andare da Sinister il più presto possibile.
–Oh buonasera Jackson!- lo accolse il Preside dopo avergli dato il permesso di entrare –Hai passato buone vacanze?- chiese cordialmente.
–Sì signore- rispose il ragazzo.
–Spero proprio che ti sia divertito alla festa che i tuoi amici ti hanno gentilmente organizzato-.
–Ma lei come fa a saperlo?- chiese stupito Jackson.
–Diciamo che per sbaglio ho origliato una conversazione fra il signor Weasley e la signorina Line, ma non perdiamoci in chiacchiere ed incominciamo subito; è passato molto tempo dall’ultima volta-.
Jackson mandò giù il bicchiere prevalentemente composto d’acqua con un pizzico di pozione e cadde nuovamente, dopo tanto tempo, in un sonno profondo. Stavolta, notò che stava all’interno di una stanza abbastanza grande ma anche molto ordinata. Le pareti erano tutte giallo canarino mischiato al verde delle sedie. C’era un'unica e grande finestra che mostrava il panorama di una grande piazza stracolma di persone che camminavano per chissà dove.
Solo in quel momento Jackson comprese che si trovava all’interno di un ufficio del Ministero della Magia siccome la luce che illuminava quella grande stanza, proveniva da una vetrata gigante posta nell’immenso e gigantesco soffitto in pietra. Non aveva mai visto il Ministero della Magia da un punto così elevato siccome, solitamente, l’ufficio dove il padre prestava servizio, era posto nelle viscere dell’enorme palazzo sotterraneo.
–Harry?- disse una voce maschile alle sue spalle. Si girò e vide la figura di Ronald Weasley sulla soglia della porta con un mucchio di cataloghi per le mani.
–Entra pure Ron- gli disse lui andando subito a levare qualche catalogo dalle mani dell’amico per permettergli di alleggerirgli il grande peso che portava sulle braccia.
–Non c’era bisogno che prendessi tutti quei cataloghi- disse l’amico intendendo il fatto che lo stesse ringraziando.
–Tranquillo, in fondo questo è un lavoro che stiamo portando avanti insieme, no?- disse Jackson nei panni di suo nonno sentendo che le sue labbra s’inarcarono formando un leggero sorriso soddisfatto.
–Posso chiederti come hai fatto ad ottenere tutti questi fogli?- gli chiese Ron.
–Kingsley ha detto che quando ho bisogno di un piccolo aiuto in qualsiasi cosa, basta chiedere-.
–Ci credo, sei il Salvatore del Mondo Magico; chi non vorrebbe darti una mano?-.
I due risero alleggerendo quella situazione che si faceva complicata visto che dovevano leggere ed analizzare ogni singolo foglio. Jackson leggeva il più velocemente possibile il materiale e le parole poste sopra i vari fogli che gli passavano le mani e capì che erano documenti che narravano la storia di una singola persona.
–Alla fine abbiamo acquisito informazioni che già sapevamo!- esclamò Ron –Insomma, sembra tutto inutile: la madre si chiama Merope, il padre si chiama Tom, è appartenuto alla Casata di Serpeverde, suo nonno si chiama Marvolo, ha lavorato a Nocturn Alley in passato durante le vacanze estive, era uno studente modello e poi da quando ha lasciato Hogwarts non si hanno più informazioni-.
Harry stava guardando i suoi appunti ed i fogli che ormai occupavano la sua scrivania in legno di quercia. Jackson credeva che suo nonno fosse deluso, fosse stanco oppure che non fosse soddisfatto di quello che aveva fatto. Però, sentiva dentro di lui un pizzico di soddisfazione, un senso di felicità ma anche di frustrazione ed un allarme che poteva essere azionato da un momento all’altro dentro sé stesso.
–Ma perché è tutto scritto in Rune Antiche? Grazie al cielo che Hermione è un’esperta: probabilmente è perché queste informazioni sono estremamente top-secr…- non riuscì nemmeno a terminare il monologo che immediatamente venne interrotto da Harry.
–Invece ho trovato quello che stavo cercando Ron!- disse quest’ultimo.
–Davvero? E sarebbe?- chiese il rosso sorpreso dell’affermazione dell’amico.
–E’ vero, ormai l’infanzia di Tom Riddle, così come l’adolescenza, è nota a tutti, così come quello che è successo da dopo che perse il suo vero nome, acquisendo quello che tutto il Mondo Magico ormai conosce. Non noti nulla di strano?- gli chiese.
Ron ispezionò i fogli ed i protocolli che aveva davanti a sé, così come i fascicoli ed i vari documenti ma non sembrò riuscire a capire cosa Harry stesse intendendo realmente. –Allora- disse lui –Sappiamo tutto dalla nascita alla morte-.
–Sì, e dov’è nato?- gli chiese.
–All’orfanotrofio- rispose prontamente il vecchio Weasley.
–E dov’è morto?-.
–Ad Hogwarts-.
–D’accordo, ma dove l’hanno sepolto?-.
–Ecco- tentò di rispondere Ron, ma si bloccò di colpo senza riuscire a rispondere. Diede diversi sguardi a diversi fogli diverse volte, senza trovare alcun documento nella quale si emanava e dichiarava ufficialmente il luogo di sepoltura.
–M-ma, non è possibile- disse l’amico senza parole.
–E invece sì Ron!- disse Harry –Abbiamo tutte le informazioni, ma non sono inutili, perché non sappiamo, anzi, nessuno ha idea di dove Voldemort sia sepolto!-.




Angolo dell'autore: Non ci sono molti aspetti da sottolineare in questo capitolo a mio parere. Posso solo sperare che a chiunque abbia letto la storia fino a questo punto, sia piaciuta e la stia apprezzando perché avere dei lettori soddisfatti, per ogni scrittore, è la cosa più importante. Non voglio aggiungere altro perchè ho paura che possa spifferare tutto :)
Per favore, lasciate un commento alla storia; sono ben accetti anche i commenti negativi perchè mi fanno capire che magari sto sbagliando qualcosa e che sono ancora in tempo di correggermi :) A presto :)

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***


Capitolo 23


Jackson aprì gli occhi e constatò il fatto che si ritrovava nello studio del Preside Sinister. Era vuoto, non c’era nessuno. Chissà se anche questa volta si era svegliato nel momento in cui il professore di Pozioni aveva ben altro da fare. Si alzò dal comodo e morbido divano e si avvicinò nuovamente alla scrivania e, nonostante si grattò gli occhi diverse volte, vide che quel foglio misterioso che aveva notato l’ultima volta che si era immerso nella mente di suo nonno, era lì, fermo, pronto ad essere preso in mano e portato via. “Se solo conoscessi un incantesimo di duplicazione” pensò il giovane Potter.
All’improvviso, come se una grande lampadina gli avesse improvvisamente illuminato il cervello, ricordò che Gary ne aveva usato per duplicare uno dei filtri d’amore portati ad Hogwarts da Jonathan grazie all’antico negozio dei suoi prozii. Immediatamente, Jackson strizzò le meningi, cercando di ricordare quale fosse la formula di quell’incantesimo che gli serviva assolutamente in quel momento.
–Geminio!- esclamò con la bacchetta puntato verso il foglio di pergamena giallastra. Era quello giusto, era quello che cercava e lo capì grazie al fatto che comparve un altro foglio di pergamena perfettamente identico all’originale; quasi quasi, non riusciva nemmeno a distinguere la copia dall’originale. Prese il foglio ed immediatamente lo nascose nelle tasche della giacca pesante. Come se il fatto lo volesse, puntualmente arrivò il professor Sinister e Jackson fece finta di osservare nuovamente la clessidra posta sopra la grande scrivania.
–Ancora quella vecchia clessidra Jackson?- gli chiese l’uomo.
–Sì professore, non ne ho potuto fare a meno- mentì il ragazzo cercando di essere il più interessato possibile ai granellini di sabbia che scorrevano da soli verso l’alto dopo aver toccato il fondo.
–Lo so, è unica nel suo genere e ne esistono soltanto due di esemplari, anche se penso che la copia esatta di questa clessidra sia sperduta in qualche zona misteriosa ed irraggiungibile del mondo-.
Dopo aver dato un ultimo finto sguardo che esprimeva interesse verso l’oggetto tanto bramato e prezioso all’insegnante, Jackson tornò a sedersi nel divano pronto a raccontare ciò che aveva visto, o almeno, ciò che lui aveva intenzione di raccontare.
–Ti chiedo scusa ragazzo- disse il Preside –Purtroppo sto invecchiando come ogni essere umano e le mie esigenze ed i miei bisogni aumentano…-.
–Non c’è alcun problema professore, posso comprendere- lo interruppe il giovane Grifondoro.
–Bene, se non hai altro da aggiungere, allora, direi che è ora che tu mi racconta ciò che tuo nonno ha voluto che tu vedessi-.
–Ehm, per la verità, questa volta, la visione è durata pochi minuti: ho solo visto mio nonno ed un suo collega che tentavano di raccogliere informazioni su una certa persona-.
–Davvero?- chiese interessato l’uomo –E sapresti dirmi con esattezza chi sia questa persona?-.
–No signore- mentì il ragazzo tentando di assumere una faccia delusa e scoraggiata –Purtroppo ho solo visto ciò che mio nonno ha osservato coi suoi occhi ma non sono riuscito a sentire nulla e non ho idea dl perché: insomma, mio nonno, nei sogni precedenti, mi ha fatto ascoltare tutto-.
–Molto strano davvero- disse Sinister assumendo un’espressione pensante. Jackson era bravo a mentire; era una delle poche cose che riusciva a compiere da solo. Però, se c’era una persona che riusciva a capire quando lui mentiva, oltre ad Andrew ed i suoi genitori, era proprio il Preside di Hogwarts.
–Cos’hai letto nelle informazioni che tuo nonno ha letto?-.
–Ho letto che era una donna e che si chiamava… Merope- mentì nuovamente dicendo la prima cavolata che gli capitò per la testa.
Quando enunciò quel nome femminile, Sinister rimase sorpreso e se ne interessò maggiormente; voleva saperne di più. Insisteva con le domande sulla vita di quella donna ma Jackson riuscì a cavarsela dicendo che era sposata con un certo Tom e che non aveva partorito in un ospedale.
–Penso che ci stiamo avvicinando sempre di più al nostro obbiettivo Jackson- disse con un sorriso soddisfatto sulle labbra il professor Sinister –Ricorda di rimuginare su quello che hai visto finora: la prossima volta che potremo vederci è ancora ignota, siccome ho molte faccende da sbrigare, ma cercherò di farti sapere al più presto. Ora puoi andare-.
–Bene allora arrivederci- disse Jackson.
–E buona fortuna per la partita di domani- aggiunse.
–Grazie signore, me ne servirà-.
“Non vedo l’ora di farmi una bella dormita” pensò il ragazzo appena si lasciò alle spalle il gargoyle del terzo piano. Appena varcò la porta e si affacciò nella Scalinata Principale, vide quella che sembrava una piccola e graziosa figura femminile con una chioma bruna. Vide che Andrew stava passeggiando per le scale ed i corridoi del Castello senza che nessuno la disturbasse.
Gli studenti erano assenti e, probabilmente, erano tutti nei loro rispettivi Dormitori a salutare coloro che sono tornati dalle vacanze, a riabbracciarli e a rimpatriarsi: Jackson non avrebbe avuto un’occasione migliore per potersi chiarire con quella che per lui è la sua migliore amica. La pedinò e vide che non aveva alcuna intenzione di andare verso il settimo piano, perciò aspettò che potesse giungere in un luogo più “appartato”.
Jackson era arrivato al quarto piano quando notò che la ragazza tornò improvvisamente sui suoi passi, indietreggiando e camminando a passo spedito e rapido verso Jackson. Quest’ultimo entrò nel panico, perché se i loro sguardi si sarebbero incrociati, lei sarebbe sicuramente scappata lontano da lui, eliminando ogni chance di poter parlare con lei. Il giovane Potter, vide che c’era uno stanzino delle scope perfetto per nascondersi e non ci pensò due volte: entrò.
Gli venne un’altra idea brillante: appena Andrew passò davanti alla porta, lui la prese alla sprovvista, tappandogli la bocca e portandola all’interno dello stanzino con sé. Certo, non era un modo che ogni gentiluomo avrebbe praticato ma, secondo lui, erano l’unico modo per evitare che lei potesse scappare a gambe levate. Lei cercava di urlare quanto poteva, probabilmente spaventata.
–Sshh!- gli disse Jackson illuminando il suo volto con la punta della bacchetta che lei riconobbe immediatamente, calmandosi.
–Ascolta, so che tu scappi ogni volta che mi vedi a causa del fatto che è avvenuto a Natale- disse Jackson –Ma voglio solo dirti che le cose non cambieranno e che tu resterai la mia migliore amica sempre e comunque-.
Lei non aveva intenzione di alzare lo sguardo. –Io voglio vederti sorridere Andrew, voglio vedere la tua perfetta dentatura essere messa in luce, voglio vedere i tuoi occhi esprimere felicità e determinazione. La nostra amicizia durerà per sempre, perché non importa cosa dice il passato; tu sei la mia migliore amica e se tu vuoi essere felice e tranquilla ma sei triste a causa mia, allora mi farò da parte da questo momento-.
Andrew alzò lo sguardo e lo fissò. Dopo qualche secondo lei lo abbracciò calorosamente –Scusami! Scusami! Scusami!- disse lei svariate volte con le lacrime agli occhi –Sono stata una sciocca ed una bambina impertinente e ho pensato soltanto a me stessa!-.
–No, no non dire così- tentò di rassicurarla Jackson abbracciandola più forte che poteva.
–Mi dispiace- disse ancora lei.
–Senti, facciamo finta che non è successo nulla, d’accordo?- gli chiese lui.
–D’accordo- rispose lei sorridendo –Ma prima, devi dirmi chi è a fortunata-.
Lei non cambierà mai, pensò il giovane Grifondoro. Ormai, Jackson aveva preso la sua decisione sul fatto che sarebbe stato meglio rendere ufficiale la sua relazione tra lui e la Serpeverde e così non si fece alcun problema nello rivelare il nome della sua ragazza.
–Kaendra Chambers-. –Picchi a sangue i Serpeverde e poi vai insieme alle loro ragazze?- chiese sorpresa e divertita Andrew.
–Ehm, io…- tentò di dire lui senza riuscire a dire una parola.
–Tranquillo idiota di uno scimpanzé, andiamo in Dormitorio-.
I due amici, finalmente tornati quello che erano e che dovevano continuare ad essere, passeggiarono insieme fino al settimo piano, tornando a parlare di ciò di cui avevano sempre parlato. Jackson poteva notare qualche piccola nota di amarezza e delusione nella voce e nel volto di Andrew ma pensò che, in questo caso, doveva essere lei a superare ed accettare che aveva una relazione con una Serpeverde. Erano arrivati al Dormitorio e Jonathan non poté che non sorridere nel vederli finalmente insieme e riappacificati anche se preferiva che i due stessero sotto un’altra luce.
–Devo parlarti- gli disse Jackson al suo migliore amico. Si diressero verso i loro letti ed il giovane Potter mostrò a Jonathan il misterioso foglio nella quale il suo nome era posto al centro dentro un cerchio in inchiostro rosso.
–Non ci capisco un accidente- disse Jonathan che cercò di leggero in qualsiasi posizione possibile.
–Questo era nell’ufficio di Sinister e secondo me bisogna assolutamente far luce su questo mistero e togliermi qualsiasi dubbio- gli disse Jackson che stava cercando di capire come potesse riuscire a decifrare quel foglio di pergamena.
–A me sembrano quegli strani simboli studiati durante la lezione di Aritmanzia- suggerì Jonathan –Anche se però potrebbero essere nomi di stelle e costellazioni ed in questo caso dovremo rifarci all’Astronomia-.
–Mi è venuta un’idea- disse Jackson –Cancelliamo il mio nome e mettiamoci quello di un animale e poi passiamolo a Gary che magari riuscirà a capirci qualche cosa-.
–Sei un genio amico!-.
Presero una gomma e cancellarono il nome “Jackson sostituendolo con quello di un Drago qualsiasi. –Gary?! Puoi salire un momento?!- urlò Jonathan. Immediatamente si udirono dei passi rapidi che salivano frettolosamente le scale.
–Mi avete chiamato?- chiese Gary.
–Sì, ehm- Jackson stava cercando di inventarsi una scusa –Il professor Abercrombie mi ha punito e mi ha assegnato questo compito da svolgere, solo che non riesco a capire che significhi- gli disse passandogli il foglio di pergamena.
–Mmh, sei sicuro che il compito ti sia stato affidato dal professor Abercrombie?- chiese sospettoso Gary.
–S-sì, perché?-.
–Bè, a prima vista questi non sono numeri da leggere e per profetizzare il futuro, ma sembrano delle complicate Rune Antiche-.
–E cosa te lo fa pensare?- chiese Jonathan.
–Bè, questo simbolo che assomiglia ad una semplice “F” con le linee orizzontali rivolte verso il basso, è il simbolo “Ansuz” che tradotto nella nostra lingua si legge col termine di “Messaggero”. Oppure questa specie di “C” indica il simbolo “Perth” ovvero “Iniziazione”-.
–E, per caso, hanno un significato complessivo queste Rune o sono scollegate fra di loro?- chiese insistente Jackson, ansioso ed affamato di risposte.
–Penso che questa potrebbe essere una profezia o un testo che ha un suo significato logico e collegato, però non sono ancora un grande esperto di questa roba, quindi temo che non potrei riuscire a tradurlo: troppo complicato- sentenziò Gary mortificato e restituendo il foglio nelle mani del suo proprietario.
–Grazie comunque Gary- ringraziò Jackson che fissava intensamente quel foglio. “Se solo ci fosse qualcuno che conosco al di fuori del contesto scolastico che possa tradurmi queste stramaledette Rune!” pensò frustrato.
–Ci penseremo più avanti Jackson- disse Jonathan –Insomma, non ha senso andare avanti per tutto il pomeriggio per ricavarci un bel niente!-.
–Già hai ragione, penso che ora dovrei scrivere ai miei genitori che sono arrivato ad Hogwarts e rassicurarli- rispose Jackson.
–Anch’io; per un po’ staranno a casa dei miei nonni paterni, perciò la posta non arriverà prima di due o tre settimane a causa della loro lontananza-.
–Un momento- disse il giovane Potter che ebbe una rivelazione improvvisa –Stavi parlando di Ron ed Hermione?-.
–Ehm, sì- rispose il giovane Weasley che non capiva.
–Perfetto!- esclamò Jackson felicissimo –Ora possiamo trovare le risposte che cerchiamo.
–Spiegati meglio- disse confuso l’amico.
–Nell’ultimo ricordo ho sentito che tuo nonno ha detto al mio che tua nonna sa tradurre le Rune Antiche!-.
–Sul serio?-.
–Sul serio!-.
–Gli mando subito la lettera!-.
Il rosso andò subito a sedersi sulla sua scrivania e, dopo aver estratto piuma ed inchiostro nero, prese un foglio di pergamena qualunque ed immediatamente si mise a scrivere, affiliando il misterioso foglio appartenente a Sinister. 
–Bene, ho tirato fuori la scusa che sono stato punito e che ho bisogno di una mano in questo compito- disse Jonathan dopo aver abbassato la penna sporca d’inchiostro. Così, Jonathan scappò, diretto alla Guferia a cercare un gufo pronto a partire per “la Tana”. Jackson, così, poté rilassarsi e pensare alla gara di domani contro i Corvonero, ma entrò una ragazzina del primo anno che lo distolse dai suoi pensieri.
–Ehm, c’è una lettera per te Jackson- gli disse timida la ragazzina.
–Grazie mille Agnes- rispose con un sorriso sulle labbra il ragazzo.
“E’ una lettera di Kaendra” pensò il ragazzo che riconobbe la deliziata scrittura in inchiostro viola. Strappò la lettera e la bruciò per evitare che qualcuno potesse trovarla e leggerla. Diceva che lo aspettava in Sala Grande. 




Angolo dell'autore: Vi starete chiedendo che cosa fosse quello "strano biglietto", vero? Bè dovrete aspettare e vi terrò un pò sulle spine :) Poi, per il resto, sapevate tutti che le Rune sono a portata di mano o, dovrei dire, di traduzione per la nostra cara e, ormai, vecchia Hermione. 
Poi, per il nostro giovane Potter, si prospetta un appuntamento con la bellissima Andrew :)

P.S.: se voi controllate in qualsiasi sito Internet pa parola "Geminio" è un incantesimo veramente pronunciato nella saga.

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Capitolo 24
*** Capitolo 24 ***


Capitolo 24


Jackson percorreva più frettolosamente che poteva i gradini della Scalinata Principale, cercando di non dare nell’occhio. Ci impiegò diversi minuti ad arrivare a piano terra per poi raggiungere la Sala Grande. Si sedette tranquillamente nella tavolata dei Grifondoro semi-vuota e cercò di comportarsi come si sarebbe comportato ogni giorno. Perciò, aspetto la cena, che ormai era vicina.
–Seguimi- gli disse una voce femminile che gli passò alle spalle. Lui obbedì, perché avrebbe riconosciuto quella voce dovunque: così deliziosa, così delicata, così perfetta. Si alzò e andò dietro Kaendra, inseguendola, ma con tutte le buone intenzioni del mondo; il Castello era quasi deserto siccome tutti si stavano preparando con le apposite divise. Lo portò in uno dei tanti cortili presenti nella scuola e poi sparì dietro un pilastro, senza spuntare dall’altra parte. Lui la raggiunse e non fece nemmeno in tempo dire qualcosa che subito la ragazza lo abbracciò e gli bacio avidamente il collo, come se fosse soltanto il suo mentre Jackson preferiva affondare la faccia nei suoi morbidi, setosi, lisci capelli viola.
Si stava completamente abbandonando in quel mondo di pura dolcezza; non avevano parlato con le loro bocche ma era ovvio ed evidente che in questi casi non c’era alcun bisogno di far parlare le corde vocali perché i gesti dicevano tutto quello che si poteva dire brevemente e rapidamente, ripetuto svariate volte. Quanto erano mancate al giovane Grifondoro quelle labbra sottili ma allo stesso tempo carnose.
Quanto gli era mancato il profumo dolce alla menta di quell’alito che a lui mancava da tanto. Non sopportava il fatto che fosse rimasto tutto questo tempo con il suo odore dentro la bocca, non sopportava il fatto di rimanere senza sapori da assaggiare e da mischiare il suo. Sentiva in quelle labbra, un sapore che assomigliava a quello di fragola, probabilmente grazie al rossetto.
Jackson teneva gli occhi chiusi perché non aveva alcun bisogno di vedere, perché tramite il tatto delle mani poteva vedere tutto quello che voleva del corpo della ragazza: poteva sentire la sua bianca schiena, poteva sentire le forme perfette che formano la ragazza. Il giovane Potter non si sarebbe mai staccato da lei, non si sarebbe mai diviso da quella ragazza tanto strana e dolce quanto carina e simpatica.
Prendevano respiro ogni tanto ma soltanto per poter accelerare nella manifestazione del loro amore e della loro passione. Inizialmente preferivano andare più spediti e rapidi muovendo ogni parte del corpo, ma adesso preferivano rallentare anche perché avevano perso la concezione del tempo non sapendo da quanto tempo stessero andando avanti. Ora preferivano scambiarsi dei piccoli bacetti con le lingue che restavano al loro posto. Solo dopo questi istanti, finalmente, si guardarono negli occhi ed entrambi potevano specchiarsi in quel verde pulito e lucente.
–Ehi- disse Jackson.
–Ciao- rispose lei che appoggiò la testa sopra il suo petto.
–Mi sei mancata-.
–Anche te-.
Rimasero in silenzio, rimasero senza parlare per qualche istante, ascoltando gli uccellini che canticchiavano in quel freddo tramonto infernale.
–Ci hai pensato?- chiese lei.
–Sì- rispose Jackson che aveva immediatamente compreso di cosa volesse parlare.
–E…?-.
–D’accordo-.
–D’accordo cosa?- chiese la Serpeverde stupita.
–Se tu ci tieni, possiamo rendere ufficiale a tutti ciò che c’è tra di noi-.
–Oh Jackson!- disse Kaendra con gli occhi sbarrati dalla gioia.
Si abbracciarono e tornarono a baciarsi incessantemente, come se questa piccola conversazione avesse ravvivato i loro animi e le loro energie.
–E’ ora di cena- disse interrompendo tutto Kaendra. Jackson sarebbe voluto restare ancora a godersi quegli attimi che per lui erano come una droga. Purtroppo, però, sentì il suo stomaco brontolare, chiedere aiuto ed acconsentì a dirigersi verso la Sala Grande.
Così, mano nella mano, senza alcun timore, paura o vergogna di farsi vedere assieme, si diressero verso la maestosa stanza del Castello e, dopo essere giunti sulla soglia dell’immensa porta ed aver constatato il fatto che tutti gli studenti avevano preso parte ai loro rispettivi tavoli, si sfiorarono leggermente le labbra per augurarsi una buona cena e si divisero andando uno da una parte ed un altro dall’altra.
Tutti si erano girati, tutti avevano visto quello che era appena accaduto. Jackson non li vedeva ma poteva capire tranquillamente i volti della maggior parte degli studenti; maschi che erano gelosi, soprattutto i Serpeverde, oppure maschi che incominciarono a festeggiarlo e dargli rapide pacche sulla schiena come per dire “ben fatto”.
Ma c’erano anche le ragazze: c’erano quelle che incominciarono a ridacchiare e a scambiarsi sguardi veloci e maliziosi ma c’erano anche quelle che avevano il volto ed il morale a terra. Insomma, Jackson e Kaendra hanno avuto un improvviso rialzo di popolarità e sicuramente il fatto che ormai fossero una coppia, era un dato importante.
–Non sapevo che tu stessi insieme a quella Serpeverde!- gli disse Eddie appena il giovane Potter si sedette in mezzo ai suoi compagni di Casata. Tutti i suoi amici più stretti avevano incominciato a circondarlo di domande, chiedendogli come avesse fatto o da quanto andava avanti questa storia. Jackson temeva che molti dei suoi compagni di “scazzottate”, in particolare Eddie e James, gli avrebbero voltato le spalle solo per il fatto che stesse intrattenendo una relazione amorosa con una ragazza della loro Casata nemica.
–Ragazzi io…- tentò di iniziare un discorso logico e con un filo conduttore, ma venne interrotto dai due –Abbiamo capito Jackson, non ci sono problemi-.
–D-davvero?- chiese sorpreso.
–Vuoi scherzare? Il nostro migliore amico si è preso una delle ragazze più belle della scuola che magari avrà delle amiche da presentarci! Come potremo non essere più felici di così?-. Il giovane Potter si mise a ridere perché i suoi compari riuscivano a sdrammatizzare e comicizzare ogni cosa ed in qualsiasi circostanza.
–Basta soltanto che non ti deconcentri dalla partita di domani mattina!- lo allarmò James.
–Ma pensi sempre e solo al Quidditch?- chiese divertito Gary.
–Ve l’ho detto! Se vogliamo evitare che il sorteggio e la predizione dell’urna sia esatto e azzeccato, dobbiamo assolutamente vincere la partita contro i Corvonero!- esclamò il capitano.
–Ma non conosciamo nulla di quel Radja- intervenne Michael che stava per imboccare un pezzo di pollo arrostito.
–Però abbiamo abbastanza informazioni sul resto della squadra!- ribatté James.
–E allora illuminaci capitano- disse ironicamente Jonathan.
–Allora, il loro portiere, Anthony Caldwell, si sta allenando ben quattro giorni alla settimana per due ore circa, purtroppo non ho potuto ottenere altre informazioni, dunque posso solamente dire a voi Cacciatori di essere cauti, pazienti e precisi! Mentre, invece, Luis MacMillan è il loro Cercatore e posso rassicurarvi sul fatto che è una schiappa totale! Quindi, non temere Jackson; se giocherai come hai fatto nei provini, allora il boccino d’oro ci darà un vantaggio di centocinquanta punti già ad inizio partita-.
Jackson sentiva la pressione più dei suoi compagni di squadra, perché questa sarebbe stata la sua prima, vera e propria partita di Quidditch in assoluto e gli mancava l’esperienza sul campo! Insomma, non aveva idea di come si sarebbe dovuto muovere siccome non conosceva i movimenti degli altri giocatori. Ma, sicuramente, l’informazione che James gli aveva appena fatto sapere, lo aveva decisamente rasserenato.
–I Battitori, Gregory Hossas ed Adrian Midgen, sono dei giocatori discreti, pronti ad entrare in azione quando serve, quindi, occhio anche a loro. I Cacciatori invece, se escludiamo Radja, sono Justin Corner e Morag MacDougal, che non hanno alcuna grandissima specialità, però chiedo sempre una sola cosa: se loro attaccano, noi contrattacchiamo! Se loro fanno male a noi, allora noi faremo male a loro! Se loro vorranno vedersela con le mani, allora noi non ci tireremo indietro! Azione, reazione!-. Sembrò quasi che la cena fosse stata come un riunione di squadra improvvisata e quando James terminò di parlare, ironia della sorte, il Preside disse di alzare i tacchi e di dirigersi nei rispettivi Dormitori.
–Su forza, andiamo nella Sala Comune- disse Andrew che sbucò alle spalle di Jackson con un volto decisamente sfinito.
–Non posso credere che domani si ricomincerà!- esclamò sconsolato Jonathan che non aveva alcuna intenzione di alzarsi presto la mattina.
–Il tempo passerà, tranquilli- disse sorridente ed incoraggiante Gary.
Jackson vide che Kaendra lo attendeva alla porta della Sala Grande con un sorriso a trentadue denti, tra l’altro, come poteva non esserlo? Adesso potevano stare insieme quanto volevano e quando volevano.
–Scusate ragazzi, ci vediamo dopo- disse il giovane Potter allontanandosi e staccandosi dal suo solito gruppetto.
–Ti va di prenderti una boccata d’aria fresca?- gli chiese la Serpeverde.
–Volentieri- rispose il Grifondoro. Jackson non poteva chiedere di meglio: pace, calma, quiete, tranquillità ed in compagnia di una persona decisamente importante per lui.
–Non posso credere che l’abbiamo fatto davvero- disse Kaendra appoggiandosi a lui.
–Prima o poi tutti avrebbero dovuto conoscere la verità- rispose il giovane Potter soddisfatto della sua scelta.
–I tuoi compagni come hanno reagito?- gli chiese la ragazza.
–Sembra strano ma se ne sono fatti una ragione; direi che sono rimasti felici dea nostra relazione, sai, era da molto tempo che continuavano ad insistere sul fatto che mi sarei dovuto cercare una ragazza. I tuoi amici invece come hanno reagito?-.
–Ecco loro…- non aveva nemmeno terminato la frase che subito venne interrotta da una voce alle loro spalle.
–Potter!- diceva essa.
Era una voce maschile che Jackson aveva imparato a conoscere col passare del tempo e degli anni. Quest’ultimo si girò e non rimase sorpreso del fatto che Daniel Payne lo stesse guardando con aria di sfida e con un atteggiamento arrogante, oltre al fatto che i muscoli del suo volto erano contorti dalla rabbia.
–A cosa devo questa piacevole visita?- rispose Jackson.
–Lo sai perfettamente! Non solo ti limiti a sfidare noi Serpeverde; adesso cerchi di rubarci anche le donne?-.
–Daniel, per favore, stai calmo- disse Kaendra tentando di placare gli animi.
–Vai!- disse calmo Jackson evitando che Payne potesse rispondere in malo modo alla ragazza.
–Cosa?- chiese stupita.
–Mi hai sentito: vai!- non era una richiesta, non era una domanda; Jackson glielo stava ordinando.
Lei era esitante, ma alla finne si allontanò e tornò dentro le mura del Castello, amareggiata. Dopotutto, Jackson sapeva che Payne non avrebbe reagito positivamente al fatto che la ragazza che amava, o per cui provava una certo tipo di attrazione, si era ufficialmente fidanzata con un Grifondoro. Ma questo non era un Grifondoro come tanti; no, questo era il Grifondoro che più odiava, che più detestava, che non sopportava.
–Dov’è la tua banda?- chiese Jackson guardandosi attorno.
–Questa è una cosa che dobbiamo risolvere soltanto io e te, da soli!- esclamò il Serpeverde.
–Mi sta bene-.
–E’ da un po’ che non spacco le ossa a qualche Grifondoro e penso che tu possa colmare il vuoto che mi perseguita da quando abbiamo stretto quel patto-.
–E siccome il patto è sciolto…- disse Jackson.
–Possiamo picchiarci quanto vogliamo- terminò la frase Payne.
Si avvicinarono, fino ad arrivare l’uno di fronte all’altro, fermandosi a pochi centimetri di distanza, tenendo la guardia alta.
–Io ti spezzo in due Potter!-.
Incominciarono a scrutarsi con sguardi torvi, aspettando e cercando di capire chi avrebbe dovuto compiere il primo passo. Stavano formando una perfetta circonferenza mentre giravano, ma senza distogliere lo sguardo dall’avversario. Jackson non aveva problemi ad attendere, non aveva tutta quella fretta di spaccare a faccia al suo avversario.
Chi, invece, di pazienza ne ha poca, è sicuramente Payne che si stava stufando di attendere e di girare a vuoto come lo scemo del villaggio. Infatti, come Jackson predisse, fu il Serpeverde che, con un balzo repentino verso l’avanti e con il pungo ben serrato, scattò cercando di prendere in pieno volto il Grifondoro. Quest’ultimo, però, aveva la calma dalla sua parte ed era riuscito ad aspettare.
Il Serpeverde non era riuscito ad avere il sangue freddo e si era lasciato guidare dalla rabbia e dalla collera. Il suo primo colpo andò a vuoto con una eccellente schivata di Jackson che, immediatamente, mollò un colpo poco considerevole nella schiena di Payne ma soltanto per poter implicare la forza giusta per poterlo allontanare e tenerlo distante.
Più il ragazzo Serpeverde sarebbe rimasto lontano da lui, più quest’ultimo sarebbe esploso per la rabbia e avrebbe combattuto senza usare la testa. Infatti, con un urlo decisamente rabbioso, Payne tentò di avvicinarsi al Grifondoro, rimediando soltanto una serie consecutiva di colpi a vuoto. Quando Jackson decise che era il momento giusto per contrattaccare, decise di prendere il toro per le corna, schivando nuovamente Payne, riuscendo a fargli lo sgambetto e facendolo cadere faccia a terra per poi mollargli un calcio sulla pancia.
Aveva in mano il pallino del gioco, aveva il controllo che gli sarebbe valsa la vittoria.
–Presto muovetevi!- urlò una voce.
Jackson alzò lo sguardo ma non era preoccupato perché sapeva che non erano le voci di qualche professore, bensì, quelle di Paddock, Summerby e Brolingbroke.
–Eravate nascosti per difendere il vostro amichetto?- chiese Jackson in tono di sfida.
–Già e adesso te la faremo pagare per aver rubato la ragazza a Daniel!- esclamò Paddock furente.
–Wow, siete in tre e mezzo contro uno? Ribadisco quanto siate coraggiosi-.
–Dovresti temere e preoccuparti del fatto che il tuo bel faccino non venga distrutto!- disse in tono intimidatorio Summerby –Forza! Attacchiamo!-.
–Non c’è tanta fretta, non credete?- disse una voce che anche stavolta Jackson riconobbe.
–Jonathan?-.
–Già, perché sporcarsi le mani soltanto con due Grifondoro?- disse Eddie spuntando dall’ombra e sistemandosi la coda.
–Facciamo anche quattro- esclamò James arrivando con i pugni serrati.
Jackson aveva, quasi quasi, gli occhi lucidi per l’emozione e per la gioia. –Cosa ci fatte qui?- chiese sorpreso.
–Credi che non abbia notato quegli idioti che inseguivano te e Kaendra?- disse Jonathan.
Stavano per scontrarsi, stava per scatenarsi il putiferio al chiaro di luna tra i Serpeverde ed i Grifondoro.
–No!- esclamò Payne alzandosi dolorante e tenendosi la mano sul ventre.
–Cosa?- chiese Paddock confuso.
–Questa era una faccenda tra me e Potter, non tra Grifondoro e Serpeverde; ho perso e quindi, siccome non ho le forze per proseguire, mi devo ritirare- disse con un sorriso amaro tra le labbra –Hai vinto Jackson! Tratta bene Kaendra, mi raccomando- disse in tono conclusivo facendo cenno ai suoi compagni di seguirlo dentro il Castello, verso i Sotterranei. La maggior parte dei presenti non ci capiva nulla, non comprendeva il perché di quell’insolito gesto.

Solo Jackson l’aveva capito; “Stanne certo Daniel” pensò lui “La tratterò come un regina”.




Angolo dell'autore: Allora, chiedo scusa per il grande lasso tempo che ho impiegato nel pubblicare questo capitolo, ma tra ripetizioni e studio per gli esami di riparazione, insieme ad il resto delle faccende che mi tengono occupato, ho perso la concezione del tempo. 
Comunque bando alle ciance; spero che abbiate apprezzato il fatto che Kaendra e Jackson abbiano deciso di rendere ufficiale la loro relazione insieme al fatto che gli amici di Jackson abbiano preso bene la cosa, sopratutto utilizzando l'ironia e l'aggiunta della solita battuta. 
Poi ho cercato di mettere comunque in luce la solita lealtà che c'è e che sussiste da sempre tra i Grifondoro durante lo scontro tra Jackson e Payne ma anche il fatto che, alla fine, anche un Serpeverde sa quando ha perso e devo dire che è stato qualcosa di incredibile ed interessante scrivere la frase emanata da Payne quando ammette di aver perso.
Laciatemi qualche opinione per favore, alla prossima!

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Capitolo 25
*** Capitolo 25 ***


Capitolo 25 

     
La camera era leggermente illuminata dal sole che era sorto da diverse ore. Cinque letti a baldacchino con le tende tirate ospitavano cinque giovani ragazzi che non avevano, per il momento, alcuna voglia di alzarsi. Tutti tranne uno; il ragazzo aprì gli occhi color verde smeraldo e fissava immobile il soffitto del suo letto a baldacchino per poi passare alle tende rosse che impedivano ai raggi solari di poterle attraversare.
Jackson levò le tende e scorse dalla finestra quel sole mattutino invernale. Sapeva che giorno era, sapeva che il momento era arrivato: il campionato era pronto a dare il fischio d’inizio. Non vedeva l’ora che la partita fosse terminata ancora prima di aver toccato il pavimento della camera che condivideva con i suoi compagni amici. Quest’ultimi stavano ancora sonnecchiando, sperando di poter restare ancora sdraiati in quel morbido materasso che ogni mattina diventava così maledettamente comodo.
Guardò la sveglia di Gary, che ormai era diventata la sveglia di James, Eddie, Jonathan e Jackson stesso: mancavano ancora dieci minuti all’arrivo della sua insopportabile e fastidiosa melodia. Jackson si preparò: indossò il maglione dei Grifondoro e mise dentro il suo borsone la divisa con sopra di esso il meraviglioso e perfetto numero sette. Il professor Paciock gli aveva confessato che era molto curioso di poterlo vedere all’opera e di poter fare una comparazione con suo nonno. –Harry era decisamente uno dei migliori giocatori di Quidditch che abbia mai visto nella mia vita- diceva lui –Il modo, la grazia, la leggerezza e la destrezza con cui volavano, rendevano ogni sua volata emozionante, insieme ad un pizzico di pazzia, che in tuo nonno non mancava mai-.
Tutto ciò sarebbe dovuto essere di conforto per Jackson, invece non aveva fatto altro che alterare la pressione che sentiva sulle spalle. Lo avevano avvisato del fatto che lo stadio di Quidditch sarebbe stato stracolmo e che tutta la scuola avrebbe visto la prima partita della stagione: nessuno voleva perdersi l’esordio di Jackson Potter e dei Grifondoro.
Si stava guardando negli occhi tramite lo specchio posto sopra il comodino e tentava di sistemare quella cresta che si sarebbe certamente disfatta durante la gara, ma doveva cercare di rendersi presentabile in Sala Grande e nel momento in cui si sarebbero diretti allo stadio. Le previsioni del tempo erano eccellenti, con qualche innocua nuvola che affiancava il sole dominatore, perciò non avrebbe dovuto temere che un fulmine o un lampo lo possa colpire in testa, facendolo precipitare. La sveglia di Gary suonò, facendo sobbalzare il giovane Potter, così come il resto dei ragazzi.
Gary la spense immediatamente e rapidamente si alzò dal letto sgranchendosi le gambe e fu stupito del fatto che Jackson fosse già in piedi e pronto a scendere in Sala Grande.
–Sì lo so- disse il ragazzo –Ho un po’ d’ansia-.
–Magari hai fame- suggerì l’amico.
–Spero-.
Ad uno ad uno, con Jonathan ultimo, il resto della cricca scese dal comodo materasso, per sentire il duro e freddo pavimento della stanza. –Ieri notte si stava meglio in stanza!- disse Eddie indossando frettolosamente i vestiti caldi.
–E’ colpa del termosifone- disse Jonathan indicando un oggetto di ferro posto al centro della camera –Non capisco perché lo spegniate prima di andare sotto coperta se poi la mattina non fatte altro che lamentarvi per il freddo-.
Tutti e cinque erano pronti e, dunque, scesero in Sala Comune; incontrarono, lungo le scale, anche Amir, Michael e Danny, ovvero il resto della squadra, così che poterono scendere al piano di sotto tutti insieme, dove trovarono una marea di Grifondoro che gli avevano fatto immediatamente spazio formando una sorta di stradina. Loro passarono e tutti davano ad ogni giocatore una pacca sulla e sulla spalla, cercando di incoraggiarli, cercando quasi di trasferire l’animo, la passione e loro stesse energie così che potessero sfruttarle al meglio sul campo da gioco. La colazione fu più tranquilla del solito, con i soliti Serpeverde che provarono ad intimorirli con fischi e gestacci prontamente placati dai professori.
–E’ ora di andare!- disse James.
–Ma io ho ancora fame!- protestò Jonathan.
–Mangerai dopo!- disse Jackson ridendo da quanto ingordo e mangione fosse il suo amico.
Prima di alzarsi dalla sedia, Andrew gli si avvicinò mollandogli un bacio sulla guancia ed augurandogli buona fortuna. –Proverò a farmi valere- disse Jackson ringraziandola dell’augurio. Arrivarono sulla soglia della gigantesca porta dorata e stavolta fu Kaendra a presentarsi davanti a lui e mollandogli un bacio a stampo sulle labbra che infiammò gli animi di tutta la Sala.
–Farò il tifo per te Jackson!- gli disse.
–Non ne avevo dubbi!-.
Arrivarono allo stadio e si cambiarono nel freddo e gelato spogliatoio. Un silenzio quasi tombale dominava la grande stanza dove non volava nemmeno una mosca. –Non ho nulla da dirvi ragazzi- disse James –Quello che volevo dirvi, ve l’ho già detto ieri notte, perciò in bocca al lupo e crepi il lupo!-. I minuti passarono con un silenzio inesorabile e tutta la squadra poté sentire gli spalti riempirsi fino a quando qualcuno bussò alla loro porta: era l’arbitro di gara, il professor Jordan, insegnante di volo. –Siete pronti ragazzi?- chiese lui.
Senza rispondere verbalmente, tutti si alzarono con le scope sulle spalle e si diressero verso il tunnel che li avrebbe condotti verso il campo da gioco, non appena i cancelli si sarebbero aperti. Il cuore di Jackson batteva forte, il sangue scorreva velocemente e, dunque, tutto era pronto. Le porte si aprirono e tutti entrarono, anzi, volarono in alto, alla stessa altezza degli anelli; Jackson fu il terzo ad uscire dopo James ed Amir mentre l’ultimo a spiccare il volo fu Jonathan. Anche i Corvonero erano entrati in scena e stavano effettuando, così come i Grifondoro, alcuni giri di campo per riscaldarsi e prendere confidenza col clima e con la scopa. Jackson si godeva dall’alto la vista dello stadio stracolmo di studenti: insomma, rispetto agli spalti, vedere tutto dal campo era una cosa totalmente differente. In contemporanea, si poteva udire la sonora voce, amplificata dal microfono, di Marcus Wespurt, studente appartenente alla Casata dei Tassorosso.
Buongiorno signore e signori amanti del Quidditch, siamo qui riuniti per assistere alla prima partita stagionale tra i Grifondoro ed i Corvonero. Diamo velocemente e formazioni: i Grifondoro sono guidati dal loro capitano James Felton che giocherà nel ruolo di Battitore assieme al compagno Danny Hart. A guidare l’attacco ci sarà il solito tridente: Jonathan Weasley, Amir Thomas ed Eddie Nadarevic. Mentre sarà Michael Watson a difendere i tre anelli, invece, per il ruolo di Cercatore, esordisce la “faccia d’angelo” Jackson Potter!-. Un urlo rumoroso con tanto di tamburi si levò dagli spalti dei Grifondoro.
–Mentre i Corvonero saranno guidati dal loro nuovo capitano, Radja Nainngolan, che giocherà assieme a Justin Corner e Morag McDougal nel ruolo di Cacciatore. Herbert Fleet sarà anche quest’anno il portiere della squadra Blu-Argentata, mentre Gregory Hossas ed Adrian Midgen, faranno i Battitori. A competere con Jackson Potter per poter catturare e guadagnare un extra di centocinquanta punti, nel ruolo di Cercatore, ci sarà Stewart Peakes-.

Tutti i giocatori si riunirono al centro del campo, pronti a darsi battaglia non appena il professor Jordan avrebbe liberato la pluffa. –Ecco che i bolidi vengono liberati assieme al boccino d’oro- disse echeggiante nello stadio la voce del cronista di Tassorosso. Jackson aveva già perso di vista la pallina dorata per quanto piccola e rapida fosse. Jordan lanciò la pluffa in aria e la partita incominciò.
–Partiti! Una nuova stagione di Quidditch ha inizio!-.
Jackson fece quello che Jonathan gli consigliò: non guardare la partita e cerca il boccino! Aveva già girato il campo diverse, avvicinandosi il più possibile alle varie Torri del campo, cercando di scorgere una piccola pallina alata, ma niente. “Sta calmo, la partita è appena iniziata” si disse Jackson mentre ascoltava contemporaneamente il match grazie alla telecronaca di Marcus.
–I Grifondoro attaccano con Weasley che prova a farsi spazio tra McDougal e Corner riuscendo a superarli con una serpentina rapida, ma non riesce a superare Radja che ruba la pluffa con destrezza e rapidità!-. Jackson continuava ad andare su e giù per lo stadio, cercando di tenere d’occhio l’altro Cercatore che potrebbe trovare il boccino prima di lui.
–Attenzione all’attacco dei Corvonero. Radja tiene la pluffa tra le mani e riesce a superare senza alcuna difficoltà Thomas. Siamo già a metà campo e Radja effettua un grandioso passaggio di cinquanta metri riuscendo a far filtrare la pluffa nella difesa dei Grifondoro! Corner è davanti a Watson, tutto solo, uno contro uno!-. Jackson girò la faccia e vide che la pluffa superò l’anello più basso.
–Gol! Corvonero conquista dieci punti grazie a Justin Corner ma il passaggio del neo-capitano Radja Nainngolan è pura classe-. I tifosi dei Corvonero incominciarono già ad impazzire di gioia ed i tamburi risuonavano fortemente nello stadio assieme alle urla degli studenti. “Ora basta! Devo trovare quel maledetto boccino!” pensò Jackson che decise di impegnarsi maggiormente.
–Il gioco è ripreso con i Grifondoro che sembrano molto scossi dal gol appena subito. Ecco Eddie Nadarevic che tenta di superare la lungo la fascia sinistra la difesa dei Corvonero; effettua un passaggio verso Jonathan Weasley ma un ottimo Bolide di Hossas riesce a deviare la pluffa nella zona di Nainngolan che ha spazio! Riesce a far correre la sua scopa più velocemente di quella degli avversari e ha campo libero; se ne va completamente solo ed indisturbato verso gli anelli difesi da Watson. Quest’ultimo lo aspetta, ma Radja tenta un tiro dalla lunga distanza che pare, però, finirà fuori dagli anelli-. Il giovane Potter, situato nei pressi degli anelli di Michael, stava per tirare un sospiro di sollievo visto che il tiro era del tutto sballato ma, invece, vide il Battitore Adrian Midgen dirigersi verso la pluffa a tutta velocità.
–Attenzione! Midgen vola rapido verso la pluffa che arriva velocemente nella sua zone, ovvero al limite dell’area di rigore… Gol! Midgen ha praticamente colpito la pluffa con la sua mazza mandandola alle spalle dell’anello centrale! Corvonero si porta in vantaggio di altri dieci punti per un totale di venti a zero!-.

–Ma cosa combinate?!- urlò furioso James –Insomma, questa non è una partita d’allenamento! Non ci siamo allenati duramente per fare una figuraccia da polli davanti a tutta la scuola! Tirate fuori i coglioni!-.
Si sentirono una serie di fischi e di risate provenienti dagli spalti dei Serpeverde ma era evidente che il capitano avesse ragione: dovevano fare qualcosa per evitare una catastrofe.
Pare che James Felton abbia cercato di caricare a dovere i suoi giocatori che appaiono disorientati ed impauriti dai Corvonero che giocano con classe e destrezza innata. I Grifondoro fanno riprendere il gioco e Jonathan cerca di avanzare riuscendo a schivare anche un bolide minaccioso lanciato da Hossas. Il numero dieci riesce a penetrare nella metà campo avversario.
Effettua un uno-due con Nadarevic grazie al quale superano Radja che non s’impegna più di tanto nella fase difensiva. Jonathan riesce a saltare di prepotenza Corner, mollandogli una spallata dura ma regolare. Davanti a sé ha solo McDougal posto davanti all’area di rigore. Weasley allarga per Nadarevic nella fascia destra che attira a sé lo stesso McDougal che lascia completamente isolato il suo portiere. Nadarevic vede che Weasley ha attaccato lo spazio vuoto e lo serve con un passaggio ben calibrato!-
Jackson interruppe per un momento la sua perlustrazione e vide che Jonathan stava per ricevere un passaggio che lo avrebbe messo da solo davanti a Caldwell. –Weasley è solo! La pluffa sta per arrivargli! Caldwell esce cercando di anticipare il passaggio ma è in ritardo! Weasley colpisce di testa-, la pluffa era ben indirizzata verso l’anello più basso e andava lenta ed inesorabile verso il gol.
Attenzione…- Jackson poté vedere il pubblico che si alzò in piedi. –Caldwell si lancia dalla scopa!-.
“Questo è pazzo!” pensò sconvolto Jackson vedendo la figura del portiere in aria, senza scopa in sella, a cinquanta metri dal suolo.
La devia! E poi si aggrappa come una scimmia all’anello! Che parata! Che parata!-. I Corvonero esultarono come se fosse un gol ma tutto lo stadio incominciò ad applaudire il grande gesto atletico del portiere.
Radja ha raggiunto Caldwell riportandolo a terra verso la sua scopa che ora inforca per poi schizzare nuovamente in aria tra gli applausi del pubblico ed il gioco può riprendere-. Il giovane Potter si svegliò di colpo, notando che era rimasto fermo sopra il campo per diversi minuti: troppo sorpreso dalla parata. Si riprese e tornò ad ispezionare il campo.
Attenzione perché tutti i Grifondoro sono rimasti nei pressi dell’area di rigore dei Corvonero e tentano di ritornare velocemente mentre Corner e McDougal sono già avanti. Radja ha la pluffa in mano e presumo che cercherà di avanzare prima di servire i compagni, invece è fermo!-. Tutti si chiedevano cosa stesse facendo e perché non volesse proseguire.
Ecco i Cacciatori che alzano il pressing cercando di rubare la pluffa al capitano dei Corvonero-. Erano tutti saliti nella metà-campo avversaria ma Radja non poteva passarla a nessuno siccome i suoi compagni erano dall’altra parte. Poi, improvvisamente, quando stava per essere accerchiato, flesse il braccio destro all’indietro con la pluffa ben salda in mano per poi lanciarla in avanti.
La pluffa viaggia! La pluffa continua a viaggiare! Nessuno la ferma e arriva esattamente nelle mani di McDougal che è da solo davanti all’anello più basso che è totalmente scoperto e gli basta appoggiarla per far sì che i Corvonero segnino il terzo gol della gara che padroneggiano senza alcuna difficoltà!-. Tutti rimasero completamente estasiati da questa azione ma, soprattutto, rimasero sconvolti della velocità e della distanza del passaggio di Radja: aveva effettuato un passaggio che si aggirava intorno ai 160 metri.
Erano passati solo venti minuti ed i Corvonero conducevano per centoventi a zero. James sembrava rassegnato e non voleva crederci. Non riusciva più a mandare un Bolide nella giusta direzione, non riusciva più a dare indicazioni precise. –Jackson sei la nostra ultima speranza!- gli disse Jonathan durante la pausa del 130esimo punto dei Corvonero –Se non trovi il boccino prima che superino i centocinquanta punti, abbiamo perso!-.
Vista la facilità e la semplicità con cui i Corvonero andavano in gol, non mancava molto tempo. Jackson stava incominciando a perdere la pazienza siccome aveva guardato centimetro per centimetro l’intero stadio senza trovare quella pallina tanto importante per lui e per la squadra. Sembrava impossibile, ma eccola lì: un luccichio dorato e splendente al sole che si muoveva rapido nell’aria. Jackson si buttò verso il boccino d’oro, attirando l’attenzione del pubblico.
Potter ha visto il boccino ed ora che anche MacMillan se n’è accorto, un nuovo duello ha inizio mentre i Radja segna il suo quarto gol della partita siglando il punto numero 140!-. Il vento e l’aria stavano penetrando dentro la testa di Jackson per quanto veloce stesse andando. Era più veloce del suo avversario ma il Corvonero cercava di stuzzicarlo con qualche spallata di troppo. “Non riesco a levarmelo di dosso!” si disse Jackson mentre sorvolava la Torre dei Grifondoro per poi scendere in picchiata. Vedeva i pali di Michael sulla sua sinistra e vedeva che i Corvonero stavano nuovamente attaccando. Vide che ormai MacMillan era rimasto dietro e poteva prendere indisturbato il boccino.
Attenzione Corner tira verso l’anello posto a media altezza e sembra che anche stavolta Watson non riuscirà a prenderlo!-. “Devo prenderlo prima che la pluffa entri o non vinceremo!” pensava nervosamente il giovane Grifondoro. Sentì la superficie fredda e metallica di una piccola pallina per poi sentire la pluffa sbattergli sul volto. –Potter ha preso il boccino!-.
–Ma è fallo! Non può farlo!- urlò Radja andando a protestare con Jordan.
–Ma cosa stai dicendo?- protestò James –Ha preso il boccino ed ha posto fine alla partita, punto!-. Tutti gli occhi erano puntati sull’arbitro Jordan.
–Rigore per i Corvonero!- urlò lui.
–Cosa?!- urlò Jonathan che volò minaccioso verso l’arbitro assieme ad Eddie.
–La partita è finita! È finita!- tentarono di protestare i Grifondoro che, contemporaneamente, cercavano di calmare Jonathan e di tenerlo lontano dalle orecchie di Jordan per evitare una possibile squalifica a vita. –Un Cercatore non può toccare la pluffa perciò è rigore!-. Tutti i tifosi di Grifondoro protestavano contro l’arbitro per quella decisione che appariva stupida e senza senso.
Con un colpo di scena, Radja si prepara a battere un rigore decisivo che potrebbe consegnare il pareggio ad entrambe le squadre, nonostante la partita dovrebbe già essere terminata visto che Potter ha catturato il boccino!-. Il Corvonero era pronto e se avrebbe segnato la partita sarebbe finita 150 a 150. –Radja è fermo davanti a Watson che cercherà di fare un miracolo-. Il braccio andò all’indietro dopo il fischio dell’arbitro e fece partire la pluffa.
Gol! Gol! Gol! Corvonero e Grifondoro terminano la partita con un punteggio neutro che affida ad entrambe le squadre un solo punto in classifica, in attesa della partita tra i Serpeverde ed i Tassorosso! A mio parere, Corvonero meritava la vittoria ma un lampo improvviso di Potter ha fatto sì che i Grifondoro potessero andare avanti di dieci punti. Mentre invece, l’intervento dell’arbitro Jordan è stato decisamente inusuale ed inverosimile. Lo stadio si svuota e anche io devo tornare al Castello dunque buon pranzo a tutti, alla prossima!-.



Angolo dell'autore: Volevo scusarmi con tutti coloro che hanno seguito la storia e che non sono riusciti a vedere il capitolo successivo. Il punto è che il sottoscritto ha dovuto passare un intero mese a studiare a causa degli esami di riparazione di fine Agosto-inizio Settembre che mi avrebbero mandato in quinta. scusatemi davvero e spero che continuiate a seguire la mia storia. 
Scusate ancora e a presto!

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Capitolo 26
*** Capitolo 26 ***


Capitolo 26   
 
Passarono un paio di giorni dopo la devastante e sorprendente partita. Jackson ricorda ancora la reazione che ebbe James negli spogliatoi: non aveva mai visto l’amico così infuriato, nemmeno durante la rissa. Era incredibile come la sua tonalità di voce superasse di gran lunga quella dei tifosi che piano piano uscivano dallo stadio. Oltre al fatto che diede a tutti i giocatori una bella strigliata, decise di aumentare il numero degli allenamenti alla settimana passando da due allenamenti da due ore a tre allenamenti da due ore e mezza.
Sicuramente, molti dei giocatori, non erano affatto d’accordo con la decisione di James ma lui è il capitano e di conseguenza è lui a dettare le regole all’interno della squadra. La settimana si concluse senza alcun problema: nessun disguido, nessuna litigata, nessuna rissa e nessun problema. Sembrava che la vita all’interno di Hogwarts procedesse senza interruzione come se tutti si ritrovassero in un momento melodioso ed armonico. Jackson, invece, non riusciva a non controllare ogni giorno ed in ogni momento la posta. Era davvero ansioso per la risposta di Hermione.
Certo, lei è una donna di età ormai avanzata ma la sua mente è rimasta quella di una ragazzina che ancora aveva voglia di imparare ed apprendere.
–Penso che sia molto complicato, per questo la risposta non è ancora arrivata- disse Jonathan un pomeriggio mentre stavano studiando Pozioni in Sala Comune.
–Se lo dici tu- gli rispose il giovane Potter.
Una sera quest’ultimo, decise di mostrare il regalo di Natale dello zio James al suo migliore amico.
La reazione di Jonathan fu davvero incredibile. Non credeva ai suoi occhi –Ma come miseriaccia ha fatto tuo zio ad ottenere un simile oggetto?- esclamò dalla gioia il rosso.
–Non mi ha potuto rivelare altre informazioni ma ha detto che il nonno stesso ha voluto che questa Mappa finisse tra le mie mani-.
–Hai idea del fatto che grazie a questa Mappa riusciremo a tendere ogni tipo di imboscata ad ogni tipo di Serpeverde che si trovi nelle vicinanze?- disse con un ghigno in faccia Jonathan –Hogwarts sarà finalmente nelle nostre mani e nessun Serpeverde riuscirà a portarcela via ora che potremo conoscere ogni tipo di movimento che faranno dal mattino alla notte!-.
Dopo essersi fatti due risate e dopo aver elogiato nuovamente quell’incredibile ed antico manufatto, Jackson chiese all’amico di non rivelare nulla a nessuno dell’esistenza della Mappa o, altrimenti, ne sarebbero scaturite delle gravi conseguenze.
–Parola di “Malandrino”- disse mettendoci sempre un po’ della sua ironia.
Jackson capiva che quello era il modo con cui il giovane Weasley professava un autentico giuramento. Oltre all’ansia che saliva ogni momento che passava per la risposta della nonna di Jonathan, Jackson, ormai, passava la maggior parte del tempo libero con Kaendra. Certamente il fatto che ormai nemmeno i Serpeverde protestassero per la loro relazione, aumentò l’affiatamento della coppia che era già molto affiatata quando nessuno era a conoscenza dei loro appuntamenti segreti. Andrew, invece, aveva reagito piuttosto bene alla sua relazione con la Serpeverde anche se notava che un suono di pura amarezza risuonasse all’interno della sua voce ogni volta che diceva “Siete proprio una bella coppia” ma riusciva anche prenderlo in giro dicendogli “Fai il bravo altrimenti ti dovrò Schiantare!”.
Quella sera, Jackson doveva vedersi con Kaendra sulla riva del Lago siccome la giornata era soleggiata, serena e con le temperature leggermente al di sopra della media. Erano coricati sull’erba con la Serpeverde che teneva la testa appoggiata al petto del Grifondoro e si lasciava cullare dal suo regolare respiro e battito cardiaco. I suoi capelli viola scuro, invece, avvolgevano l’intera scatola toracica del ragazzo.
Quando stavano assieme, solitamente, parlavano del più e del meno, si raccontavano la loro giornata ed aggiungevano magari qualche considerazione su qualche loro problema quotidiano. Effettivamente, i due, non avevano mai litigato. Attorno a loro girava una certa armonia e pace che li faceva trovare sempre in comune accordo tra di loro e questo, secondo Jackson, così come secondo Kaendra, era un dato che faceva ben sperare per la durata della coppia.
–L’avresti mai detto di finire con una Serpeverde?- gli chiese lei.
–Sinceramente pensavo che non sarei riuscito nemmeno a parlare tranquillamente e civilmente con qualsiasi Serpeverde, donna o maschio: non fa differenza- disse Jackson aggiungendoci una piccola e rapida risata.
–Hai idea di cosa farai dopo…- il giovane Grifondoro non riuscì nemmeno a terminare la domanda che voleva porre alla sua ragazza che immediatamente venne interrotto da lei che disse –Accidenti! Ho dimenticato la bacchetta nel Dormitorio-.
–Se vuoi puoi andare a prenderla- suggerì Jackson tranquillamente.
–Sei sicuro? Non è proprio esaltante lasciarti solo- protestò lei contrariata.
–Ti aspetto qua, tanto non ho nulla da fare-.
–Va bene- acconsentì lei –Ma prima…- Jackson pensò che dovesse terminare la frase ma, invece, lei si avvicinò a lui velocemente ed incominciò a baciargli le labbra in modo dolce e leggero. Una sensazione di pace si creò all’interno del Grifondoro che con un rapido movimento delle braccia afferrò Kaendra per i fianchi portandola più vicina a sé fino a quando rimase distesa su di lui.
Si baciavano sfiorandosi leggermente le labbra ma solo perché dovevano prima “arare il campo” prima di passare poi alla vera e propria “semina”. Infatti, di colpo, fu Kaendra che accelerò il ritmo dei baci e ne susseguì una rapida e veloce passionalità tra i due con Jackson che con una mano accarezzava dolcemente la schiena della Serpeverde mentre con l’altra preferiva restare sui fianchi. Lei, invece, gli stava scompigliando i capelli con entrambe le mani: il giovane Potter odiava tremendamente quando qualcuno osava toccargli i capelli ma per Kaendra poteva fare un’eccezione.
Erano passati diversi istanti e la coppia non aveva minimamente accennato a staccarsi. Jackson le baciava dolcemente il collo ma alternava i baci a rapidi e forti morsi che facevano ridacchiare la ragazza divertita ed ammaliata dal passionale comportamento del suo compagno. Lei tentava di ricambiare mordendogli la faccia e le guancie e, talvolta, lasciava degli evidenti segni di morsi in corrispondenza degli zigomi.
Ma poi, dopo lunghi tratti di passionalità, dopo lunghi e veloci scambi di baci che consumarono energia in tutt’e due i ragazzi, tornarono a baciarsi le labbra, sfiorandosele appena e talvolta rimanendo fermi per molti istanti con le labbra attaccate per poter riuscire ad assaporarle meglio, per poter far sì che quel sapore rimanesse impresso e chiaro ed evidente. Jackson poteva sentire il caldo fiato di Kaendra sul suo collo, sulla sua faccia, sulla sua bocca. Un fiato che riscaldava interamente tutto il suo corpo, che gli regalava serenità, che gli donava amore.
Non aveva mai avuto una persona così speciale nella sua vita. Non era mai riuscito a trovare una persona che combaciasse perfettamente con il suo modo di pensare, con i medesimi pareri, con le medesime idee. Kaendra, per il momento, stava diventando ogni giorno più importante per lui. Ogni tanto, quando Jackson è da solo, magari sul letto, magari nel corridoio, magari nella Sala Comune, si mette a pensare ed incomincia ad immaginare al suo futuro. Prima o poi, deve farlo: deve decidere che lavoro intraprendere dopo la carriera scolastica, deve decidere che tipo di scelte fare come, ad esempio, restare con la sua famiglia o partire lontano da tutto e se sarebbe riuscito a mantenere i contatti con tutte le persone che conosceva e che aveva conosciuto fino a quel momento.
Poi, pensava a chi avrebbe avuto al suo fianco e se sarebbe riuscito a trovare una persona che lo avrebbe affiancato per tutta la vita e che, magari, avrebbe potuto donargli dei figli, donargli una prole, donargli una vita fatta di divertimento, serenità, pace, armoniosità e soprattutto felicità. Era un desiderio che brama da sempre, fin da quando era un bambino. Non avrebbe compiuto dei passi falsi e avrebbe tentato di comprendere chi veramente possa essere la persona designata a diventare la sua compagna di vita. Ma, per il momento, queste non sono altro che delle idee di un sedicenne, quasi diciassettenne, che formicolano leggermente nei suoi pensieri. Jackson e Kaendra si staccarono e rimasero a fissarsi negli occhi, entrambi verde smeraldo.
Erano così attraenti quelli della Serpeverde, così belli, così colorati, così magici.
–Torno fra poco- gli disse lei mollandogli un ultimo bacio sulle labbra.
Lei si allontanò e Jackson poté rilassarsi e restare da solo per qualche istante mentre attendeva il ritorno della sua ragazza. Decise che era meglio chiudere gli occhi, siccome moriva dal sonno vista la fatica che un’intera settimana di studio matto e disperato gli avevano portato. Solitamente, avrebbe diffidato nell’addormentarsi siccome, ormai, gli incubi occupavano ogni notte la testa del Grifondoro e, dunque, quando poteva, cercava di evitare il sonno rimanendo, magari, in dormiveglia. Ma, questa volta, si addormentò completamente e non riuscì a restare quel tanto che bastava per rimanere sveglio. Incominciò a sognare: stavolta non era il solito pauroso rito di iniziazione ma si trovava proprio sulla riva del Lago Nero. Notava che si stava spostando ed incominciava a muoversi verso la Foresta Proibita anche se non comprendeva l’effettivo motivo per cui si stesse addentrando al suo interno.
Stava avanzando e continuava ad avanzare nel terreno prima ghiaioso e pieno di un alternarsi tra pietre piccole e pietre più grandi. Riusciva a superare i sentieri cupi e bui senza alcun problema e senza alcun tipo di paura e timore. Continuava ad avanzare e si stava sempre di più addentrando nella foresta che era sempre più terrificante e cupa.
La cosa strana era che non trovava alcuna creatura pronta a saltare da qualche punto in particolare della foresta con l’intento di sbranarlo. Gli alberi erano sempre più alti e più salivano di altezza, più impedivano ai raggi solari di poter penetrare e di toccare il suolo che ora era decisamente più fangoso. Sembrava tutto così strano perché nonostante si trovasse in un luogo così pauroso, cupo, malvagio e terrificante, non sentiva l’odore del pericolo, non pensava che qualcosa di maligno stesse per aggredirlo. Era strano a pensarlo ma, c’era una situazione di pace.
Come se tutto il mondo si fosse distaccato e come se tutti se ne fossero andati via, come se Jackson fosse all’interno di una bolla e respirasse aria sana. In più, non sentiva fatica, non sentiva il peso delle proprie gambe farsi più pesante. Eppure, se aveva visto bene, il sole era scomparso e riapparso almeno due volte. Ad un certo punto, però, si fermò. Si bloccò davanti a quella che pareva una sorta di montagna. Non vi era alcun sentiero che potesse permettergli di andare avanti, non vi era alcun punto che facesse presagire di poter continuare il percorso, se non tornando indietro e facendo dietro-front. Invece, sentì le sue mani che toccarono la fredda e dura superficie di pietra. Sentiva la forza delle sue braccia che gli permettevano di salire e sentiva anche i suoi piedi cercare punti di appoggio.
Lo fece un’altra volta. Lo fece un’altra volta ancora. Lo fece di nuovo. E di nuovo. E di nuovo. E di nuovo. Lo fece svariate volte. Poteva sentire la dolce brezza del vento che gli accarezzava la faccia. Sentiva l’altitudine che aumentava e notava come stesse per raggiungere l’altezza degli alberi, siccome riusciva a vedere squarci di cielo azzurro coperto leggermente da qualche nuvoletta bianca. Poi, alla fine, non arrivò alla fine della montagna, bensì si fermò alla metà. Ora, davanti a sé, scorse una sorta di piccola grotta.
Era l’unica cosa che vedeva davanti a sé e vide che entrò al suo interno. Non c’era luce, non vi era nulla che potesse illuminare la strada: la più completa oscurità. Però sentiva che stava avanzando, che stava continuando a muovere i piedi e comprendeva che, di certo, non stava ritornando sui suoi passi. Sentiva il pavimento petroso che stava calpestando e sentiva che, ogni tanto, involontariamente, stava calciando qualche misero sassolino. Ad un certo punto, in profondità, si poteva scorgere una fonte di luce. Vedeva che la grotta si stava illuminando sempre di più e che il sentiero buio stava ormai per giungere al termine. All’improvviso, dopo che uscì dall’altra parte della grotta, Jackson vide qualcosa di incredibile.
Vedeva una enorme raduna selvatica, piena di alberi non tanto alti e tanti meravigliosi prati verdi. Sentiva gli uccelli che cinguettavano allegramente. Poteva sentire l’odore fresco, profumato e dolce che la natura, solitamente, poteva donare in rare occasioni. Non sentiva alcun cattivo odore, non sentiva aria pesante, arida, fredda o viziata. Era tutto perfetto: non c’era freddo e non c’era caldo. Era tutto così celestiale, paradisiaco. Jackson rimase stupefatto da quello che poteva vedere nel sogno. Dentro la montagna, dunque, vi era un vero e proprio paradiso terrestre. Sentiva i ruscelli che scorrevano, l’acqua che seguiva la corrente. Poteva scorgere anche qualche insetto dolce e non fastidioso come, ad esempio, diverse farfalle.
Poi sentì il verso di quella che sembrava una vera e propria fenice. Jackson non poteva non riconoscere una fenice da un qualsiasi uccello: le piume che si colorano di un misto tra il rosso e l’oro, gli occhi nerissimi, la coda lunga come quella di un pavone e le dimensioni simili a quelle di un cigno. Era una vera e propria fenice. Solamente suo padre gliene aveva parlato quando era un innocente bambino ma non ne aveva mai vista una coi suoi occhi. Quel sogno sembrava così reale.
Sembrava che i sensi, che quello che sentiva con tatto, udito, vista, olfatto e gusto, fossero reali, che stesse veramente usufruendo dei cinque sensi. Jackson avrebbe voluto continuare ad ammaliarsi in quel paradiso ma sentì che qualcosa lo colpì alle spalle e lo fece cadere a terra per poi interrompere quello che, dopo mesi, pareva uno dei sogni certamente più emblematici e strani ma che, allo stesso tempo, era uno dei più belli e tranquilli. 


Angolo dell'autore: Salve a tutti, spero che questo capitolo, così come l'andamento dell'intera storia, sia di vostro gradimento. Nel caso qualcuno di voi abbia qualche dubbio, suggerimento, critica, opinione o pensiero da condividere riguardo alla storia che sto cercando di portare avanti, invito caldamente a lasciare una recensione (positiva, neutra o negativa). 
A presto!

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Capitolo 27
*** Capitolo 27 ***


Capitolo 27

 
Jackson sentiva il calore del fuoco che scoppiettava nel caminetto, sentiva il calore che lo avvolgeva e lo rilassava. Sentiva che era decisamente rilassato. Dopo qualche istante, però, si accorse del fatto che non ricordò di essere tornato nella Sala Comune di Grifondoro senza nemmeno aver aspettato Kaendra sulla riva del Lago Nero. Dunque, si svegliò di soprassalto ed immediatamente constatò che non si trovava affatto sulla riva del lago o nella Sala Comune della propria Casata. Si trovava in quella che era una casa piuttosto grande con il pavimento in legno massiccio e la muratura in pietra.
Era sdraiato in quello che credeva un divano ma che in realtà era una poltrona decisamente troppo grande per un normale essere umano. Jackson si guardò intorno: notò che tutto ciò che era all’interno di quella stanza, fosse troppo grande e che, chiunque avesse prodotto questi vari immobili ed oggetti, avesse sbagliato di diversi centimetri le misure.
–Finalmente ti sei svegliato!- disse la voce di un uomo decisamente, anch’esso, troppo grande per essere un essere umano. Jackson sobbalzò dalla poltrona e sfilò immediatamente dalla tasca sinistra dei suoi pantaloni la bacchetta come se fosse una spada e lui un cavaliere pronto a combattere contro una terribile creatura. Immediatamente l’essere disumano alzò le mani come se gli avessero appena puntato una pistola contro.
–Per favore Jackson- disse con un vocione l’essere.
–Come fai a sapere il mio nome?- chiese confuso il giovane Potter.
–E’ una lunga storia, ma se mi permetti di raccontartela, allora, ti sarà tutto più chiaro-.
Jackson incominciò a scrutare quello che pareva un vero e proprio gigante per forma e stazza. La barba ed i capelli erano decisamente lunghi e non si comprendeva da che parte iniziasse o terminasse sia la barba che i capelli. Aveva il volto quasi nascosto da una criniera lunga e scomposta e da una barba incolta e aggrovigliata, ma si distinguevano gli occhi che scintillavano come neri scarafaggi sotto tutto quel pelame. Anche se decisamente esitante, Jackson acconsentì e, tenendo la bacchetta stretta nella mano sinistra, incominciò ad ascoltare quello che l’essere aveva da dirgli.
–Io sono Hagrid, un mezzo-gigante e tanti anni fa ero il guardiacaccia di Hogwarts-.
–Un guardiacaccia? E quanti anni fa precisamente?- chiese il giovane Potter.
–All’incirca più di cinquant’anni fa se ben ricordo- rispose Hagrid –Io conoscevo tuo nonno Jackson! Harry era uno dei miei più grandi amici!- disse lui ancora prima che Jackson potesse aprire bocca.
–Conoscevi mio nonno?- chiese stupito quest’ultimo.
–Sì e posso notare quanto tu assomigli a lui negli allineamenti e soprattutto negli occhi-.
–E come mai mi trovo qui?-.
–E’ stato grazie a tuo nonno Jackson! C’è una missione importante che devi portare a termine ed io dovevo conservare una cosa che tuo nonno mi ha chiesto di donarti ancora prima che tu potessi riuscire ad entrare ad Hogwarts!-.
–M-ma come?- chiese stupito dal racconto del mezzo-gigante il Grifondoro.
–Lo so che sembra assurdo. Lo sembrava anche a me quando è venuto a trovarmi: ma mi ha fatto ragionare. Mi ha fatto capire che la mia vita era molto più lunga di quel che poteva sembrare. Ti spiego; siccome io sono un mezzo-gigante, ho anche dei geni da gigante. I giganti vivono per moltissimi anni se non diversi secoli. Ho scoperto che io posso usufruire di questi geni ma siccome per metà sono comunque un essere umano, allora, posso usufruire di questo privilegio soltanto per metà. È veramente incredibile come tuo nonno, nonostante non fosse un grande medico, abbia compreso ed intuito questo dato di cui nessuno, nella storia dell’intera umanità, ci aveva mai fatto caso. Così mi spiegò cosa dovevo fare e mi diede una cosa da donarti quando sarebbe giunto il momento in cui saresti arrivato-.
Jackson non era convinto. Non poteva credere ad una storia simile da parte di quello che sembrava un pazzo. –Ora dimmi la verità- disse Jackson alzando la bacchetta e puntandola contro Hagrid –Cosa vuoi veramente da me?- chiese in tono minaccioso il ragazzo.
–Per favore Jackson, calmati- tentò di dire il mezzo-gigante –Ho detto la pura verità. Ho detto tutto quello che è successo-.
–E allora mi spieghi come ho fatto ad arrivare sin qui?- chiese Jackson che non ci capiva più niente –Mi spieghi come ho fatto, dal nulla, ad arrivare in questo posto ignoto a chiunque?!-.
–Posso spiegare anche quello- disse Hagrid continuando nonostante fosse ben consapevole del pericolo che correva con il nipote di Harry Potter che gli puntava la sua bacchetta contro –Tuo nonno ti ha donato quella che doveva essere una pozione, una specie di liquido che avrebbe fatto sì che tu saresti entrato nella sua mente e avresti visto tutto ciò che Harry ha fatto-.
“Come fa a conoscere tutte queste informazioni?” si chiese stupefatto dalle parole del mezzo-gigante il giovane Potter. –Sì- disse lui annuendo –E’ vero-.
–Quella pozione- continuò Hagrid –Non ha solamente la capacità di farti rivivere i ricordi di tuo nonno ma ha anche la capacità di portarti in luoghi che solamente tuo nonno conosceva e dove tuo nonno voleva che andassi! Se tu sei qui, lo devi solamente alla pozione che tuo nonno ha creato per te perché ha fatto sì che tu potessi raggiungermi e che io potessi donarti un oggetto importante-.
Non aveva sbagliato nulla, pensò il ragazzo. Non c’era nulla di errato nel discorso di Hagrid. Aveva detto tutto nei minimi dettagli. –Mi stai dicendo che mio nonno mi ha affidato una missione?- chiese Jackson che non abbassò la bacchetta. –Una missione che, come mi aveva detto lui quel giorno, avrebbe deciso le sorti del mondo-. Jackson abbassò la bacchetta e si appoggiò al tavolo, scioccato dalla notizia appresa. Ora comprese tutto: comprese le visioni, gli incubi, la fiala della pozione. Suo nonno stava cercando di prepararlo per una missione.


–Ora mi credi Jackson?- chiese Hagrid. –Sì- rispose il giovane Potter –E scusami se ti ho puntato la bacchetta contro-.
–Tuo nonno aveva previsto anche questo ed è per questo che mi ha consegnato tutte queste informazioni-.
–Come hai fatto a conoscere mio nonno?- chiese Jackson dopo qualche istante passato nel silenzio più cupo, dove si poteva udire solamente lo scoppiettio della legna che bruciava nel camino.
–Io ho conosciuto tuo nonno nel 1991 quando aveva solamente undici anni e ho dovuto portarlo via da quella che, fino ad allora, dal momento della sua nascita, era stata la sua “casa”-.
Il giovane Potter notò nella voce di Hagrid, nel momento in cui pronunciò la parola “casa”, delle note di sarcasmo ed ironia legate ad un senso di disgusto. Il ragazzo ricordò ancora quando il nonno gli aveva parlato del suo “bizzarro” modo con cui conobbe il mondo a cui apparteneva e di come fosse vi fosse entrato in un modo alquanto “bizzarro”. –Sono stato io a svelare ad Harry l’esistenza del Mondo Magico-. “Non pensavo che il nonno parlasse di Hagrid” pensò Jackson, siccome ricordava solamente che il nonno lo aveva definito come un “Grande Uomo”.
–Fidati Jackson- continuò il mezzo-gigante –Quando ti dico che avevo capito che in quel bambino di undici anni si racchiudeva un Mago molto potente che avrebbe dato un enorme contributo al Mondo Magico anche se, in fin dei conti, tutti se lo sarebbero aspettato, siccome le sue grandi gesta sono entrate a far parte dei libri di storia dalla precoce età di un anno-.
Si poteva notare una certa lucidità negli occhi di Hagrid quando iniziava a parlare di suo nonno, in fin dei conti, a quanto pare, doveva essere stata una grande persona per il mezzo-gigante.
–Come mai vivi qui Hagrid?- chiese curioso Jackson notando l’immenso Paradiso Terrestre che si estendeva al di fuori della finestra. –Sempre per merito di Harry Potter mio caro ragazzo- esclamò Hagrid con un grande sorriso che fuoriusciva dai folti peli bianchi della lunga barba –Tuo nonno aveva scoperto questo luogo durante l’ispezione dei territori della Foresta Proibita non appena divenne un Auror a tutti gli effetti.
Adesso che ci penso, era la sua prima missione. Era solo e non aveva alcun timore a camminare per la Foresta: gli bastava avere nella mano la sua fedele bacchetta. Anche se non era la cosa più giusta da fare, tuo nonno decise di tenersi quel posto per sé e, piano piano, giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, esplorò l’intero interno della montagna che era completamente vuota! Però, al suo interno, una natura perfetta continuava a crescere. Così, dopo aver scoperto questo meraviglioso luogo che la Natura ha creato e dopo avermi raccontato della missione che avrebbe dovuto affidarti, disse che mi sarei dovuto preparare a ritirarmi per sempre dal Mondo Magico perché avrei vissuto in un luogo che avrei decisamente amato-.
–Ma sei completamente isolato e solo- constatò Jackson.
–Non esattamente Jackson- disse Hagrid confutando quello che il giovane Grifondoro affermò –Vedi, io sono stato e resto un Guardiacaccia, una persona che ama vivere a contatto con la Natura, che ama restare accanto agli animali. Qui posso occuparmi di tutte le creature che ho avuto con me nel corso della vita ma di cui non sono riuscito ad occuparmi a causa del poco spazio che avevo a disposizione. Così, dopo che arrivai qua, tuo nonno mi consegnò Fierobecco, un ippogrifo bellissimo, Fanny, una fenice incredibilmente seducente e maestosa, Fuffi, il mio fedele cane a tre teste, i miei baccelli, snasi, schiopodi sparacoda ed il mio bellissimo Drago Norberto-.
–D-drago?- chiese spaventato al solo nome Jackson.
–Sì, ma è una creatura tranquillissima che non disturba l’ecosistema che si è creato all’interno della montagna-. –Wow- esclamò sorpreso il giovane Potter.
–E poi- continuò Hagrid –Posso sempre contare sulla presenza e sulla compagnia di Grop, il mio fratellastro-.
Jackson rimase sorpreso ed estasiato da tutto ciò che suo nonno aveva fatto per Hagrid e da tutto ciò che doveva ancora scoprire su suo nonno.
–Ma comunque- disse il mezzo-gigante cambiando discorso –E’ da qualche mese che non vedo tuo nonno. È successo qualcosa?- chiese.
Jackson rimase fermo, immobile. Non sapeva come dirglielo.
Era completamente sbiancato al solo pensiero di dover riferire ad Hagrid che suo nonno non faceva più parte di questo mondo.
–E-ecco- balbettò Jackson –L-lui- prese un gran respiro e guardò Hagrid –E’ deceduto prima che la scuola incominciasse-. A quel punto, il mezzo-gigante sbiancò di colpo, diventò bianco come un cadavere, come la barba che gli ricopriva gran parte della faccia.
–M-morto?- chiese Hagrid. Rimase per diversi minuti a guardare uno stesso punto impreciso nella stanza.
–E’ morto di vecchiaia, purtroppo il suo cuore non ha potuto reggere arrivato ad una certa età-.
–Capisco- disse pulendosi gli occhi e soffiandosi il naso in quella che pareva essere una enorme tovaglia –Comunque, penso che sia ora di doverti dare ciò che tuo nonno mi ha affidato- disse alzandosi e prendendo una piccola e rettangolare scatola da un ripiano della grande credenza. Gliela consegnò.
–Non ho mai aperto quella scatola in tutti questi anni- gli disse Hagrid.
–Grazie- disse Jackson con un sorriso stampato in faccia pieno di gratitudine per avergli raccontato aneddoti di suo nonno che lo aiuteranno a far sì che il ricordo di Harry Potter possa ancora vivere nella sua mente. Le mani del giovane Potter tremavano tremendamente ma riuscì comunque ad aprire la scatola.
Quando vide il suo contenuto, Jackson lo prese in mano.
-Sono degli occhiali- disse sorpreso. La forma degli occhiali da vista era perfettamente tonda con le rifiniture di un freddo e trasparente grigio metallico.
-Sono precisi ed identici agli occhiali che portava tuo nonno quando frequentava Hogwarts come studente- aggiunse Hagrid fissando quegli occhiali così comuni ma, allo stesso tempo, che si caricavano di un significato e valore potentissimo.
-Cosa dovrei farci con un paio di vecchi occhiali?- chiese il Grifondoro fissando le lenti sottili che non mostravano un solo graffio nonostante fossero rimasti rinchiusi in ma scatola per anni e anni. –Purtroppo tuo nonno non mi ha lasciato altre istruzioni- disse esprimendo un tono di delusione nella sua profonda voce il mezzo-gigante che si alzò dalla sedia.
-Grazie lo stesso Hagrid- gli sorrise Jackson –Perché non torni con me ad Hogwarts?- aggiunse improvvisamente il ragazzo.
-Come?- chiese apparentemente disorientato l’uomo.
-Torna con me ad Hogwarts. Saresti ben accolto e penso che negli almanacchi e vecchi volumi della scuola, possa essere presente il tuo nome. Rivedrai il tuo vecchio castello, avresti nuovamente la tua vecchia casa, torneresti ad occuparti dei giardini e delle creature che circolano al suo interno-.
Un leggero sorriso apparve nella bocca di Hagrid. Assunse un’espressione pensierosa, come se stesse incominciando a ricordare. –Hogwarts- disse lui –E’ stata la mia casa per tanto tempo. Lo è ancora, in fin dei conti. Ma non posso abbandonare Grop. Non posso abbandonare Fanny, Fuffi e tutte le creature di cui mi occupo. Mi piacerebbe tantissimo tornare. Ma, ormai, sento che il peso dell’età si fa sentire e preferisco passare i miei ultimi istanti in questo meraviglioso luogo remoto a chiunque, donatomi da tuo nonno. Penso che tu capirai-.
-Capisco perfettamente- rispose il giovane un po’ amareggiato. Gli sarebbe piaciuto tantissimo avere la presenza di un uomo saggio e tanto importante nella vita del nonno. Gli sarebbe piaciuto continuare a parlare con Hagrid. Un mezzo-gigante dal cuore d’oro. Un cuore più grande di quello di un gigante stesso. Umile. Amorevole. Gentile.
-Tuo nonno, a dire il vero- disse il guardiacaccia interrompendo i pensieri di Jackson –Mi ha affidato un compito. Un ultimo compito-.
-E sarebbe?-.
Hagrid si diresse velocemente verso l’enorme finestra della sua dimora. La spalancò e fischiò. Arrivò quella stupenda fenice e si appollaiò docilmente sulla spalla destra dell’uomo.
-Lei è Fanny, come ti ho già detto. Ti riporterà a casa-.
-Come farà a riportarmi a casa?- chiese Jackson. –Le fenici possono trasportare pesi superiori al loro. Sono eccezionali per la forza e la velocità con cui trasportano ogni tipo di oggetto-.
-Potrei venire a trovarti qualche volta-. –Ricordi la strada che hai preso per poter arrivare fino a questo luogo?-.
-Per la verità no- disse il Grifondoro che non ricordava come fosse arrivato fino ad Hagrid.
-Mi spiace per quello che sto fare Jackson- disse il mezzo-gigante.
Senza nemmeno avere il tempo di chiedere cosa intendesse dire, il giovane Potter venne colpito alla testa. Fu un colpo forte. Forte abbastanza da farlo svenire, privo di sensi, senza avere la possibilità di reagire. 

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Capitolo 28
*** Capitolo 28 ***


Capitolo 28

 
Jackson aprì gli occhi. La vista era leggermente annebbiata. Incominciò a percepire ciò che lo circondava. Aria fresca, quasi fredda. Il sole batteva su alcune zone del suo corpo mentre il resto era ricoperto dell’ombra dei rami degli alberi. Era disteso sulla terra. Nessuna pietra creava fastidio al giovane Grifondoro. Era comodissimo.
Sentiva qualche uccello cinguettare. Sentiva tanti uccelli cinguettare. Si mise seduto e si guardò attorno. Si accorse del fatto che si trovava sul delimitare della Foresta Proibita. Si alzò in piedi. Non sentiva dolore. Non sentiva la presenza di alcun tipo di ferita. L’abbigliamento era sempre lo stesso. Tentò di ricordare ciò che era successo. Immediatamente, tornò alla mente il colpo che Hagrid gli inflisse. A quanto pare, suo nonno non voleva che qualcuno raggiungesse quel posto. Doveva ammettere che, seppur a malincuore, era giusto che Hagrid restasse là, nonostante gli mancasse Hogwarts.
Non l’avrebbe mai più rivisto. Non avrebbe mai più sentito quella voce e profonda e calorosa. Rubeus Hagrid, ormai, non avrebbe mai più visto un essere umano. Il sole era ancora alto, ma riusciva a comprendere che doveva essere pomeriggio. Magari Kaendra stava tornando dal suo Dormitorio. Così, uscì dalla Foresta Proibita e si apprestò a dirigersi verso il luogo in cui doveva attendere la sua ragazza.
C’erano due ragazzi. Non riusciva a capire chi fossero, ma vedeva che la Casata era quella di Corvonero. Riconobbe uno dei due ragazzi. Radja si girò e guardò dritto negli occhi il giovane Grifondoro. Improvvisamente, Jackson si accorse che il capitano della squadra di Quidditch di Corvonero, diede una gomitata al suo compagno ed indicò con un cenno della testa Jackson stesso.
Entrambi si avvicinarono a grandi falcata. Avanzavano proprio in direzione del Grifondoro che rimase immobile ad attendere quali fossero le intenzioni di Radja e del suo compagno. –Potter?- chiese il ragazzo di origini orientali. –Dimmi Radja- rispose il giovane Potter.
Notò che la voce di Radja era diversa. Sembrava, stranamente, preoccupata.
-Chiama immediatamente il Preside!- disse il Corvonero al suo compagno che scattò come una Firebolt verso il Castello. Jackson era confuso. –Cosa è successo?- chiese.
Radja si avvicinò e guardò più da vicino il ragazzo.
-Si può sapere dove sei stato?- chiese.
-Cosa?- chiese disorientato Jackson.
-I tuoi abiti sono tutti strappati e non hai nemmeno le scarpe!-.
Solo in quel momento il Grifondoro constatò che ciò che Radja aveva appena detto, per quanto assurdo potesse essere, era decisamente vero. Ai piedi erano rimasti dei rimasugli della lana che componevano le sue calze e la sua giacca presentava dei grandi buchi, oltre ad essere piena di fango incrostato.
Senza nemmeno aver avuto il tempo di rispondere, arrivò il Preside Sinister, seguito da un’onda di ragazzi. –Jackson!- urlò l’uomo non appena gli arrivò di fronte –Dobbiamo portarti immediatamente in infermeria-.
Lo prese per un braccio e lo trascinò in mezzo alla folla che tentava di vedere il giovane Grifondoro. Quest’ultimo non riusciva a comprendere cosa stesse succedendo. Non riusciva a comprendere perché tutte quelle persone lo stessero chiamando, indicando o, semplicemente, guardando. Avrebbe voluto solamente tornare nel suo Dormitorio e raccontare tutto a Jonathan.
-Fatte largo!- urlavano James ed Andrew assieme ad altri prefetti. –Non c’è nulla da vedere- aggiunsero. Non appena arrivarono al quarto piano, entrarono in infermeria e lo fecero sedere sul uno ei tanti letti. –Che nessuno osi entrare!- ammonì severamente il Preside.
-Per favore signor Preside- supplicò Andrew –Mi lasci entrare la prego- la sua voce era altamente preoccupata.
-Ho detto, nessuno!- sentenziò l’uomo chiudendo la porta.
La signorina Fenyi, l’infermiera, incominciò a controllargli la faccia e le mani. Dopo diversi controlli verso un Jackson che era sempre più confuso, l’infermeria disse che aveva solo qualche leggero graffio e che gli occorreva bere una pozione rigenerante ed una bella doccia calda per lavare via lo sporco.
Dopo aver parlato col preside, unica persona presente ad assistere ai controlli del Grifondoro, disse di inviare un gufo con la massima urgenza al Ministero per avvisarli del fatto che si sarebbero dovute interrompere le ricerche.
“Ricerche per cosa?” si domandò Jackson.
Dopodichè, Sinister si sedette accanto al ragazzo e gli rivolse la parola. –Tutto bene ragazzo mio?-.
-S-sì- rispose il giovane. –Probabilmente sarai molto confuso-.
-Non riesco a capire cosa stia succedendo- disse immediatamente cercando delle risposte. –In che senso? Ti hanno fatto svenire con una pozione sonnifera? O ti hanno portato via con la forza?- chiese il Preside.
-Come?- chiese ancora più confuso il ragazzo.
-Jackson, so che è difficile parlarne e posso capire che essere rapiti possa essere piuttos…-.
-Come?!- chiese ancora più sorpreso e confuso il giovane Potter.
-Ragazzo mio, mi stai facendo preoccupare seriamente-.
-Posso sapere cosa è successo? E perché c’era tutta la scuola che cercava di assediarmi nei giardini del Castello?-. chiese leggermente stizzito Jackson. –E’ evidente! Sei sparito per una settimana e grazie al cielo ti abbiamo ritrovato-.
-Sono sparito per una settimana?- chiese sconcertato.
-Per la barba di Merlino, sembra che ti abbiano buttato addosso un bell’incantesimo Oblivion-. –Sono sparito solamente per qualche minuto- tentò di giustificarsi il Grifondoro.
-No signor Potter. Lei è sparito per una settimana e mezzo Mondo Magico era alla sua disperata ricerca. Posso capire che sei confuso e che hai le idee annebbiate, però devi assolutamente dirmi chi è stato e cosa ti hanno fatto-.
Il ragazzo tentò di ragionare in fretta. Tentò di comprendere cosa doveva dire. Ovviamente, sapeva perfettamente che è stato ospitato da Hagrid e sapeva perfettamente che è successo tutto a causa della pozione creata da suo nonno. Ma i suoi continui dubbi su quel maledetto foglio trovato nella scrivania del preside ed inviato alla nonna di Jonathan, non aveva la benché minima idea se dire tutto ciò che gli è stato detto e riferito da Hagrid.
-E-ecco, i-io- balbettò il ragazzo che si toccava nervosamente la superfice del corpo. Improvvisamente, sentì che nella tasca interna della sua giacca c’era qualcosa. Qualcosa che aveva una doppia forma perfettamente rotonda: gli occhiali di suo nonno. Per un momento, aveva pensato che il suo discorso col mezzo-gigante, non fosse stato altro che un sogno e che soffrisse di forte sonnambulismo. Ma quel contatto, gli fece capire che era tutto vero. Il contatto con quello strumento visivo, sentenziò il fatto che aveva veramente una missione da portare avanti e che solo e solamente Jackson doveva svolgere.
-È stato un Goblin-. –Un Goblin?- chiese Sinister.
-M-mi ha colpito alla testa, e-e poi mi s-sono risvegliato nella loro tana e sono riuscito a schiantarne qualcuno e-e sono scappato, e-ecco- mentì spudoratamente.
-E come hai fatto? Insomma, sono a conoscenza della pericolosità e della presenza dei Goblin ma non capisco come possano aggredire un ragazzo innocente come te- chiese il Preside.
-Ero con la mia ragazza e poi lei si è dovuta allontanare verso il Castello per qualche minuto e ho visto un fiore che volevo regalarle sul delimitare della Foresta Proibita e prima che lo potessi prendere, è sbucato fuori dal nulla e mi ha assalito- continuò spudoratamente a mentire il giovane Potter.
-E poi che è successo?- chiese voglioso di risposte l’uomo.
Non sapeva che altro inventarsi. Non era esattamente un grande bugiardo. Poteva inventarsi qualche balla ma non sapeva tenere un discorso non veritiero così a lungo. Si ricordò la frase che lo zio James gli aveva detto: “Se qualcuno ti domanda su un fatto che tu hai combinato ma che non vuoi ammettere, devi solo dire…”, -Non lo so, è successo tutto così in fretta- rispose Jackson col tono più demoralizzato possibile.
-Va bene ragazzo mio- gli disse il Preside appoggiandogli la mano sulla spalla –Adesso ti accompagno nella tua Sala Comune, così potrai spiegare a tutti i tuoi compagni ciò che è successo. Sono rimasti molto scossi sai? Tra l’altro, dovrò avvisare anche i tuoi genitori. Vorranno vederti, perciò aspettati una loro visita-.
-Grazie signore-.
Venne accompagnato fuori dall’infermeria ma, ad attenderlo, c’erano volti conosciuti. Jonathan, Kaendra, Andrew, Eddie, James, Gary e persino Radja, oltre a qualche altro curioso studente.
-Jackson!- esclamarono all’unisono Andrew e Kaendra che gli si catapultarono addosso. Improvvisamente, però, si bloccarono, perché non riuscivano a comprendere chi delle due dovesse essere la prima ad abbracciare il giovane Potter.
-P-prima tu- fece la cortese la Grifondoro. Non aveva cambiato tonalità; era sempre la stessa tonalità preoccupata. Kaendra non se lo fece ripetere due volte ed incominciò ad abbracciare il suo ragazzo con le lacrime agli occhi e stampandogli piccoli bacetti sul collo senza smettere di accarezzargli i capelli completamente impolverati.
Non la smetteva di singhiozzare. –Ho avuto tanta paura- disse lei con la voce rotta. –Stai tranquilla- gli disse il ragazzo –Adesso sono qui-.
La Serpeverde non voleva mollarlo, fino a quando Jonathan, con la sua solita ironia, disse
-Non mangiarlo tutto tu mi raccomando- facendo sobbalzare sulle labbra dei presenti un piccolo sorriso. Così Kaendra diede un lungo bacio sulle labbra del ragazzo e lasciò che salutasse tutti i suoi amici.
Andrew lo abbracciò forte. Era uno di quegli abbracci che si potevano usare per uccidere un uomo. Quando stringeva così forte, significava il fatto che la Grifondoro era decisamente preoccupata. –Non osare sparire mai più stupida scimmia- disse lei che tentava a stento di trattenere le lacrime. Jackson non disse nulla ma rise.  
Con il resto della sua “cricca”, scambiò un abbraccio veloce ma molto forte. Rimase sorpreso quando persino Radja si avvicinò e gli diede una forte stretta di mano per poi sparire, senza dire nulla. –Certo che è davvero strano quel tipo- disse Andrew.
-Avrei voluto accompagnare il vostro compagno nella Sala Comune- disse il Preside –Ma vedo che è in ottime in questo momento, perciò buona giornata a voi-. Sparì dallavista anche lui.
Kaendra si aggregò al gruppo dei Grifondoro tenendo la mano di Jackson. Non aveva alcuna intenzione di mollarla. Però è comprensibile visto il lungo periodo di assenza improvvisa del ragazzo. James chiese cosa fosse successo quando incominciarono a ripercorrere la Scalinata Principale ed il giovane Potter incominciò a raccontare in modo confuso e rapido la medesima storia detta al professor Sinister.
Tutti quanti non aggiunsero altro se non –E’ bello che tu sia sano e salvo-.
La Serpeverde chiese se potesse restare da sola con Jackson per qualche secondo prima che potesse entrare nel Dormitorio. –Se vuoi possiamo restare insieme più tardi- propose lei tenendo la mano del ragazzo ben stretta fra le sue.
-Non credo che scenderò in Sala Grande. Preferisco riposare. Sono molto stanco- rispose Jackson. La ragazza comprese nonostante restò leggermente delusa per la risposta. Si scambiarono qualche leggero e dolce bacio a fior di labbra e si divisero. Dopo essere entrato, andò incontro al suo migliore amico che si accingeva a sedersi sopra una delle tante poltrone presenti nella Sala Comune.
-Devo parlarti- gli disse. Jonathan capì al volo e, con la scusa di dover mostrare a Jackson ciò che si era perso in quella settimana, salirono le scale per dirigersi presso la loro camerata.
-Cosa è realmente successo?- chiese immediatamente il Weasley. –Come hai fatto a capire che volevo parlarti esattamente di questo argomento?- chiese sorpreso Jackson.
-Primo: pensi veramente che dopo tutto quello che ti sta capitando, tu possa sparire così all’improvviso rapito da un Goblin?
Secondo: credi veramente che quella del Goblin fosse una balla plausibile per le mie orecchie?
Terzo: se tu dovessi mancare dalle lezioni per una settimana, credi veramente che io sarei la persona più adatta per poterti spiegare cos’hanno spiegato i professori? Sono sicuro al cento per cento che avresti chiesto aiuto a Gary o Andrew-.
Jackson rise nuovamente, ammettendo ed affermando ciò che Jonathan aveva detto. Tentò di spiegare nei dettagli ciò che gli era successo. Gli parlò di quello strano sogno, gli raccontò della misteriosa montagna e della grotta che portava all’interno di essa, gli parlò della stupenda flora e fauna che vi trovò al suo interno, gli parlò di Hagrid e gli mostrò ciò che il mezzo-gigante gli aveva consegnato.
-Quindi tu hai pensato di essere stato fuori dal mondo per diversi minuti?- chiese il suo migliore amico. –Esattamente. E la cosa più preoccupante è che non ho idea del perché mio nonno mi abbia consegnato un paio di occhiali per portare avanti la missione-.
Jonathan chiese di dare un’occhiata: studiò gli occhiali grazie al tatto delle sue mani e alla vista dei suoi occhi. –A me sembrano un paio di comuni occhiali d’epoca- sentenziò lui.
-Ma non mi dire- rispose sarcastico il giovane Potter che incominciava a sentire il mal di testa.
-Tua nonna ha mandato una lettera?- chiese nel momento in cui gli ricomparve nella mente quel foglio scritto in Rune Antiche. –Mi spiace, ma non è ancora riuscita a decifrare quel foglio- rispose Jonathan –Mi ha semplicemente mandato un gufo in cui mi ha riferito del fatto che ci sta lavorando e che proverà a decifrarlo nonostante, al momento, abbia diverse faccende da sbrigare e che la sua veneranda età non può essere d’aiuto-.
-Quanto pensi che possa impiegarci?-.
-Giorni, settimane. Dobbiamo essere pazienti-.
-Il fatto è che ogni volta che io mi addormento…-. –Rischi di camminare nel sonno e scappare da Hogwarts- concluse la frase Jonathan.
-Esattamente-.
Rimasero qualche minuto in silenzio, cercando di rimuginare su come si sarebbero dovuti comportare, come avrebbero dovuto interpretare i messaggi e gli indizi lasciati da Harry. In quel momento, Jackson pensò che era tutto troppo complicato. Che nonostante stesse avesse raggiunto la maggiore età, non era rponto a vivere in ciò che è stata la vita di suo nonno. Era troppo difficile e temeva il costante fallimento.
Improvvisamente, James entrò nella stanza. –Scusate se v’interrompo- esordì lui –Ma devo essere sicuro che tu Jackson sia pronto per la partita della settimana prossima contro i Tassorosso-.
Si era completamente dimenticato del Quidditch. –Certo James. Non posso abbandonare la squadra-. Il suo Capitano sorrise e notò gli occhiali in mano a Jonathan.
-Non dirmi che hai qualche problema di vista amico mio- disse aggiungendo una risata.
-Assolutamente no- rispose il Weasley –Gli ho trovati nei bagni e li ho presi. Insomma, sono davvero molto belli-.
-Perché non te li provi?- chiese James. –Indossare questi occhiali?- chiese Jackson che, all’improvviso, ebbe un’illuminazione. Prese gli occhiali dalle mani del suo migliore amico. “Era così evidente” pensò. –Meglio di no- disse –Potrebbero essere molto delicati per il testone di Jonathan-. Tutti e tre esplosero in una grande risata. Poi, dopo essersi congedati con il loro amico Jackson chiuse nuovamente la porta e disse –Questi sono un piaio di occhiali no? Perché allora non li dovrei indossare?- chiese.
Jonathan venne colto da un forte battito cardiaco. Un forte senso di interesse nel momento in cui Jackson inforcò quel vecchio paio di occhiali ed incominciò ad osservare cosa stesse per succedere.
-Allora?- chiese Jonathan ansioso di risposte.
-Niente- rispose Jackson amareggiato –Gli occhiali non mi mostrano nulla-.      


Angolo dell'autore: Salve a tutti coloro che hanno deciso di spedere parte del loro tempo per leggere questo ennesimo capitolo. Non ho intenzione di darvi suggerimenti o possibili indizi su ciò che la storia racconterà nel sucessivo o nei successivi capitoli. Però, per comprendere se il mio lavoro sta "filando liscio", insomma, è di vostro gradimento oppure no, vi chiedo di lasciare una vostra opinione per comprendere se ciò che scrivo è di vostro gradimento oppure no.
Grazie mille in anticipo per chi lo farà, a presto!          

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Capitolo 29
*** Capitolo 29 ***


Capitolo 29

Dopo la scomparsa di Jackson, il ritmo a Hogwarts, tornò alla normalità. Proprio il Grifondoro, dopo essere stato soggetto di interesse ed osservazione, poté finalmente tornare ad essere sereno. Dopo la visita dei suoi genitori, fortemente preoccupati ed ansiosi di vederlo sano e salvo con i suoi occhi, dovette affrontare quasi tre ore di interrogatorio da parte di alcuni commissari interni del reparto Auror del Ministero della Magia, inviati nella scuola di magia Scozzese, per poter indagare sul fatto avvenuto.
Sia ai suoi genitori, sia ai commissari Auror, dovette raccontare la medesima storia del rapimento da parte dei Goblin e, dopo essersi inventato un’autentica balla, con l’aiuto e collaborazione di Jonathan, riuscì a fornire maggiori dettagli. I dettagli furono talmente tanti che, oltre ad apparire altamente convincente persino alle più alte cariche del governo, scatenò una vera e propria inchiesta che indussero il Ministero stesso ad entrare in contatto con la civiltà dei Goblin per poter riuscire a trovare una soluzione.
Il risultato che ne conseguì, fu che tutte le tribù dei Goblin vennero fate transitare a più di due miglia di distanza da Hogwarts, con un forte patto suggellato tra le due parti in cui si promise che nessun Goblin avrebbe osato fare ritorno nei territori del Castello. Qualche senso di rimorso si manifestò all’interno del giovane Potter ma riuscì a consolarsi pensando al fatto che la missione era più importante delle conseguenze che la sua bugia scatenò.
Il fatto più sconcertante, fu la chiacchierata che ebbe con il professor Richardson. Jackson era pronto a dirgiersi alla lezione di Difesa contro le Arti Oscure, ma venne fermato dal professore di Incantesimi proprio nell’istante che precedeva la sua entrata nell’aula del terzo piano.
-Posso parlare con lei signor Potter?- chiese.
Andrew, che stava al fianco del Grifondoro, rimase leggermente titubante all’idea di lasciare il suo amico da solo con un professore il cui rapporto non era esattamente roseo, ma Jackson stesso gli disse di attenderlo nell’aula.
-Ti starai chiedendo perché volessi parlarti- esordì il professore quando si accorse di essere da solo col ragazzo.
-Se vuole insultarmi perché ho saltato le sue lezioni la scorsa settimana, può benissimo risparmiare gli insulti e le prese in giro per la lezione di questo pomeriggio- rispose il Grifondoro freddo e convinto delle sue parole.
Era pronto a sentire le aggressioni verbali dell’uomo, era pronto a beccarsi una punizione ed una diminuzione di punti per la sua Casata dovuti alla sfacciataggine con cui rispose ma rimase sorpreso quando il professore di Incantesimi disse di no.
-Volevo solamente parlarti di ciò che è successo nelle prime lezioni diquesto semestre-.
-Si riferisce a “quella” lezione?- chiese il ragazzo.
-Esattamente- disse il signor Richardson –Sono rimasto molto sorpreso dalla tua azione e non mi aspettavo che tu potessi essere migliorato così tanto quest’estate. Ho saputo dell’impegno che ci hai messo riuscendo ad ottenere dei permessi speciali dal Ministero e…-. –La smetta con tutto questo confabulare- lo interruppe ancor più freddamente Jackson –Sputi il rospo-.
-Mi dispiace per ciò che c’è stato fra noi due e sono davvero molto felice di avere un alunno così portato negli incantesimi come te Jackson- fu la prima che sentì il professore nominarlo o appellarlo con il suo nome –Il periodo che ho passato in ospedale al San Mungo, mi ha fatto comprendere di non essere stato un perfetto professore dal punto di vista comportamentale e mi rendo conto che hai tutti i motivi per odiarmi, ma voglio comunque chiederti scusa Jackson. Non da professore a studente. Non da adulto ad adolescente ma da uomo a uomo-.
Il Grifondoro rimase scioccato dal discorso di Richardson. Talmente scioccato che non seppe cosa rispondere. Vedeva solamente la mano dell’uomo tesa in avanti, in attea di essere stretta. Incominciò a pensare.
Poteva perfettamente mandarlo al diavolo per il ritardo che ha impiegato nel comprendere ciò che aveva fatto. Poteva dirgli di andarsene. Poteva voltarsi ed entrare in classe come se fosse arrivato in ritardo. Poteva non accettare le sue scuse; come, solitamente, Jackson avrebbe fatto.
Ma qualcosa era cambiato nell’animo del ragazzo. Il perdono, è sempre stato qualcosa che non sopportava. Non sopportava perdonare chi gli aveva fatto un torto. Non sopportava perdonare chi tradiva. Non sopportava perdonare. In tutti i campi ed in qualsiasi circostanza.
Ma tese la mano, aggrappò quella del professore e la strinse più forte che poteva. L’uomo sorrise. Non il suo solito sorriso di scherno. Non il suo solito sorriso beffardo. Un sorriso sincero. Un sorriso rasserenante. Un sorriso che sanciva la pace e l’unione fra due persone estremamente nemiche.
Quando raccontò l’accaduto ai suoi amici, non vollero crederci.
Passava molto tempo con i suoi amici. Invitava anche Kaendra. Voleva che lei passasse più tempo con James, Eddie, Jonathan, Gary, Amir ma soprattutto con Andrew. Voleva che fra le due donne più importanti della sua vita, ci fosse un bel rapporto. La sua migliore amica, gli fece sapere che non aveva alcun problema riguardo alla presenza della Serpeverde all’interno del loro gruppo.
-È bello parlare con una ragazza finalmente- fu ciò che disse la riccioluta ragazza.
Non era ancora riuscito a sentire il giudizio della sua fidanzata riguardo alla Grifondoro. Nonostante avessero parlato persino del ragazzino del primo anno di Corvonero che Jackson non aveva mai notato, non erano ancora riusciti a parlare di Andrew. Ma, siccome Jackson ha la testa dura, oltre al fatto che la sua curiosità è fortissima, sapeva che ci sarebbe stato il momento giusto di parlare con la sua ragazza riguardo alla sua migliore amica.
L’unico problema, furono gli occhiali donati dal nonno. Non riusciva a venirne a capo. Non riusciva a risolvere quel dilemma. Ma, negli ultimi giorni, non era l’argomento principale dei suoi pensieri, siccome, oltre all’ansiosa attesa della risposta della signora Granger, passava molto tempo sotto il Mantello dell’Invisibilità dopo il coprifuoco. Gironzolava per il Castello durante le ore notturne e, grazie alla Mappa del Malandrino, nessun prefetto era in grado di beccarlo. Amava stare in cima alla Torre di Astronomia, solitamente in compagnia di Jonathan o di Kaendra. Fissava le stelle e parlava, oltre a scolarsi qualche bicchiere di vino rosso sottratto alle cucine gestite dagli elfi domestici.
Ma anche la partita di Quidditch si avvicinava. Si avvicinava sempre di più ed ogni Grifondoro sapeva che dovevano vincere a tutti i costi se volevano mantenere vive le speranza di vincere il Campionato.
Alla vigilia del match, tutta la squadra non riusciva a mangiare ciò che la cena offriva. Persino Jonathan, grande goloso, non mandava giù un boccone. –Dovreste mangiare qualcosa- ammoniva severamente Andrew –O domani non avrete le forze di montare sulla scopa-.
Dopo che tutti lasciarono la Sala Grande, James disse a tutti i componenti della squadra di restare seduti nei loro posti; era il momento di affrontare la riunione pre-partita, com’era solito fare da James, dopotutto.
Spiegò loro cosa avrebbero dovuto fare. Spiegò ogni singolo movimento da fare.
-Anche se Hopkins è all’ultimo anno- disse durante il discorso –Non vuol dire che non abbia voglia di continuare a scardinare i giocatori avversari con i suoi bolidi. Ricordate: i suoi bolidi saranno poco precisi ma riesce ad imprimere una forza ed una potenza colossale che fa tremare chiunque!
Sloper, invece, è al terzo anno ma ci sarà un motivo se è passato alle selezioni. Essendo molto piccolo, sarà anche leggero e ciò gli permetterà di essere più veloce con la sua scopa. Fatte attenzione ad ogni suo tipo di inserimento o, altrimenti, non riusciremo a stargli dietro, perciò, cercate di ostacolarlo e rallentarlo in ogni modo. Ovviamente, io e Danny cercheremo di fare quello che il nostro ruolo ci chiede di fare: battere bolidi su bolidi.
Il loro capitano, Herbert Fleet, invece, nonostante sia un portiere, sa come impostare il gioco. È lui il perno della squadra. Non dobbiamo in alcun modo pensare di far impostare il gioco a Fleet, chiaro?
Jackson. Tu devi prendere il boccino. Intesi?-. Il giovane Potter fece un cenno con la testa, facendo intendere di aver compreso chiaramente ciò che il suo capitano gli aveva appena detto.
-Ora tutti sotto coperta- disse terminando il lungo discorso dei movimenti ad incrociare che Jonathan, Amir ed Eddie avrebbero dovuto mettere in pratica –Domani è il match che deciderà se siamo dentro o fuori dalla Coppa-.
Si avviarono verso la Scalinata Principale ma vennero bloccati da sette persone. Per la precisione, sette Serpeverde.
-Non credo che fare riunioni di squadra a quest’ora, sia la cosa più saggia da fare- disse Brolingbroke sistemandosi i pantaloni.
-Rischiate di fari molto male altrimenti- intervenne Summerby.
-Non credo che possiate vincere domani se la vostra testa sarà fratturata- disse minaccioso Paddock. –Almeno sapremo che non potranno vincere nemmeno quest’anno, non credi Anthony?- fece il suo ingresso Payne.
-Sono d’accordo Daniel-.
Jackson guardava in faccia i suoi acerrimi rivali. Guardò i suoi compagni. Tutti quanti, compreso Jackson stesso, avevano un sorrisetto sul volto. –Era da tanto che non spaccavo il muso di qualche Serpeverde- disse Jonathan schioccandosi le dita delle mani.
-Penso che prima del match di domani- continuò Eddie sistemandosi i capelli nel suo solito codino –Un po’ di riscaldamento ci sarà utile-.
-Tu che ne dici Jackson?- lo interpellò Danny che si tolse il maglione per restare con la sola camicia bianca in vista.
Il giovane Potter schioccò l’osso del collo mandando la testa prima a destra e poi a sinistra. –Si gioca!- esclamò partendo velocemente verso Paddock.
Appena il Grifondoro incominciò a correre, fecero altrettanto i suoi compagni ed i Serpeverde. La cosa potrebbe apparire strana ed altamente anormale, ma nei volti dei ragazzi, c’era un grande sorriso.
Jonathan fu il primo che colpì Robinson, ma venne immediatamente placato da Payne che, a sua volta, venne atterrato da Jackson che, dopo averlo fatto mettere in piedi, lo lanciò con tutta la forza delle braccia verso il muro duro e freddo del Castello. Eddie, invece, era occupato a schivare i calci di Paddock. Dopo aver schivato l’ennesimo calcio, riuscì a far partire un gancio destro.
Colpì in piena pancia il suo avversario e, non appena quest’ultimo s’inarcò, Eddie dovette semplicemente prendere la testa di Paddock con entrambe le mani e lo spinse sul pavimento. Prima di cadere, il Serpeverde roteò leggermente, in modo tale che potesse atterrare sulla spalla e non in piena faccia.
James, che non spaccava qualche muso da tanto tempo, era il più attivo. Aveva scagliato una marea di pugni e calci a Wilson Coote e Phil Summerby come se fossero due sacchi da boxe. Era troppo semplice per il capitano di Grifondoro abbattere due Serpeverde in pochi colpi. Dovette indietreggiare quando prese un pugno in faccia da Payne che, dopo essersi scrollato di dosso Jackson, era andato in soccorso dei suoi compagni. Ma Jackson lo rincorse e tornò a sbattere al muro il suo avversario.
Lo sbatté una volta. Lo sbatté due volte. Lo sbatté persino una terza volta. Poi lo prese per le spalle, gli mollò una testata e lo lanciò verso il centro della mischia i cui si stavano letteralmente spaccando le ossa Amir, Brolingbroke, Preece e Danny.
Eddie aveva perso l’elastico per i suoi capelli durante lo scontro, ma di certo non gli impediva di combattere come una belva.
Fu uno scontro che durò per poco tempo. Videro il professor Frobisher arrivare minaccioso nell’intento di fermare la rissa. Jackson se ne accorse, così come il resto dei Grifondoro e Serpeverde. Jonathan mise mano al suo taschino e gettò a terra una fiala di Polvere Buiopesto Peruviana, creando una forte, cupa nube di fumo nero non tossico. Questo permise ai Grifondoro di volatilizzarsi nel giro di pochi secondi, per poi lasciare con le mani nel sacco i Serpeverde, pronti a prendersi una bella e tosta punizione.
Quando tornarono sani e salvi nella Sala Comune al settimo piano, tutti quanti si girarono ed intravidero sette ragazzi pieni di lividi, graffi, qualche ferita sanguinante, mal messi ma con il sorriso sul volto.
La conseguenza fu un gigantesco applauso per i sette ragazzi che vennero fatti sedere nei divani e nelle poltrone per poter riposare. Andrew li guardava con uno sguardo severo ma che si trasformò in sorriso non appena Jackson si mise a ridacchiare per l’espressione che la sua migliore amica aveva assunto.
Gli passò una bottiglia di Burrobirra. Gliela stappò e gli disse –Adesso manda giù questa-. Fecero cin-cin con i compagni e bevettero, in attesa del match di domani.

Angolo dell'autore: Salve a tutti! Spero che a tutti voi sia stato di vostro gradimento questo capitolo. Vi prometto che ci saranno tantissime notizie a partire dal prossimo capitolo che, spero, vi lascino un pò di suspance. 
Ricordo sempre che sarebbe molto gradita un'opinione su come trovate la storia. A presto!

 

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Capitolo 30
*** Capitolo 30 ***


Capitolo 30

 
L’alba mattutina fece il suo ingresso all’interno delle mura e dei confini di Hogwarts. Jackson aprì gli occhi e sentì qualche lieve dolore passare il suo corpo. Tutto ciò, probabilmente, era dovuto allo scontro della sera prima con i Serpeverde ma poteva subentrare il fatto che era rimasto sveglio fino a tardi con tutti i suoi compagni e le sue compagne.
Gary fu il secondo a svegliarsi. Fece uno sbadiglio ed incominciò a vestirsi con gli indumenti che potevano donargli più calore possibile. Le temperature rischiavano di toccare lo zero e, perciò, per chi avrebbe assistito al match sugli spalti, sarebbe stata una vera battaglia perché avrebbero dovto combattere con il freddo e con il lieve vento che pareva manifestarsi ad intervalli irregolari.
Non c’era il sole. Solo nuvole. Tutto ciò faceva presagire il fatto che poteva esserci persino il rischio di pioggia e che la partita fra Tassorosso e Grifondoro, possa durare molto più del dovuto. Con la pioggia, la visibilità sarebbe stata scarsa e, senza contare il fatto che il boccino d’oro oltre ad essere una palla molto piccola, è una palla molto veloce che può ascondersi facilmente all’interno della nube acquosa che generano le nuvole.
Ad uno ad uno, tutti gli studenti del Castello aprirono gli occhi e si riversarono nella Sala Grande per poter gustare un’abbondante colazione di primo mattino. Jackson ha deciso di bersi una bella tazza di caffè per poter donare quell’adrenalina che sarebbe stata utile sia per svegliare il suo corpo, sia per rimanere attivo durante la partita. Jonathan cercava di mettere in bocca tutto ciò che gli capitava a tiro: succo di zucca, uova fritte, brioche zuccherata, persino due pacchetti di gelatine TuttiGusti +1.
Se non fosse stato per il prontissimo intervento di James e Gary, il loro compagno di stanza e di squadra avrebbe rischiato di espletare tutto il contenuto del suo stomaco sul campo da gioco o addosso a qualche avversario o sfortunato spettatore, come aveva suggerito Eddie.
Battuta che fece sorridere Andrew. –Come ti senti?- chiese la ragazza al giovane Potter.
-Un po’ teso a dire il vero- rispose il Grifondoro –Insomma- continuò lui –Ci giochiamo la stagione oggi-.
-Hai già catturato il boccino contro i Corvonero- tentò di rincuorarlo l’amica –Non vedo perché tu non possa riuscire a catturarlo con una squadra decisamente inferiore ai Tassorosso-.
Jackson guardò una delle tante magnifiche e spettacolari finestre all’interno della maestosa Sala Grande. Intravide che qualche lieve goccia aveva incominciato a marcare la superficie del vetro multicolore delle finestre. –Non sarà la pioggia a fermare un ottimo giocatore come te- disse Andrew afferrandogli la mano e stringendogliela forte.
Quel contatto fu decisamente rincuorante e sicuro. Jackson tornò a sorridere ed era pronto a combattere sul campo per far sì che la sua Casata potesse trionfare quest’oggi.
La squadra di Tassorosso fece il suo ingresso fra le urla e le acclamazioni da parte dei loro compagni e delle loro compagne di Casata. Nonostante avessero perso la prima partita contro i Serpeverde per soli venti punti, il loro Cercatore Stewart Peakes, era riuscito a catturare in boccino d’oro. Tutti i Tassorosso erano fiduciosi sul fatto che anche quest’anno sarebbero riusciti a battere i Grifondoro. Ovviamente, arrivarono un mucchio di applausi ed incitamenti da parte della Casata dei Serpeverde che non vedeva l’ora di poter constatare il fatto che, anche quest’anno, i Grifondoro non avrebbero potuto lottare per la Coppa.
Quando James disse che era ora di andare, tutti i componenti della squadra si alzarono dal tavolo con i loro borsoni per poi dirigersi verso l’uscita della Sala Grande. Un’ondata di fischi si levò, ovviamente, dal tavolo della Casata creata da Salazar. Si unirono a loro una parte della tavolata dei Tassorosso, com’era ben comprensibile, pensò Jackson. Ma ciò che lo sorprese, fu il fatto che il loro capitano, Herbert Fleet, si alzò ed incominciò ad applaudire i suoi avversari.
Dopo quel gesto, seguirono tantissimi applausi da ogni tavolata. James fece dietro-front e corse a stringere la mano ad Herbert. Fu un gesto di grande fair-play e sportività che piacque soprattutto al Preside Sinister e tutto il corpo insegnanti.
Era bello che, finalmente, vi fosse tanta amicizia e pace fra due Casate. –Venti punti a Tassorosso!- esclamò il Preside.
-O forse è a Tassorosso la vostra vita, dove chi alberga è giusto e leale: qui la pazienza regna infinita e il duro lavoro non è innaturale- disse Eddie non appena uscirono dalla Sala Grande.
-Eh?- chiese Jonathan stordito da quel momento estremamente letterario da parte dell’Anglo-Bosniaco. -È il moto che gira fra i Tassorosso: è una delle Case più leali ed umili del Castello e queste sono alcune delle parole laudatorie che il Cappello Parlante ha riservato per loro-.
Tutti incominciarono a guardarlo strano. –Io l’ho letto Storie di Hogwarts!- disse Eddie in sua difesa con un sorrisetto sul volto.
-O forse è perché Karolin Caldwell che, guarda il caso, appartiene ai Tassorosso- sorrise beffardo Amir.
-Chiudi il becco tu- rise Eddie sistemandosi, come di consuetudine, il suo codino.
Jackson si fermò, siccome, Kaendra voleva dargli il suo “personale” in bocca al lupo.
-Come stai?- gli chiese la sua ragazza.
-Carico- rispose il Grifondoro.
-Mi sembravi uno zombie appena sei entrato per fare colazione-.
-Dovevo solo mettere qualcosa dentro lo stomaco-.
-Buona fortuna- disse la Serpeverde senza tanto entusiasmo e dandogli un bacio sulla guancia. Il giovane Potter rimase leggermente deluso dall’augurio della sua fidanzata. Si aspettava qualcosa. Qualcosa che fosse molto di più.
-Sicuramente non vuole dirti che farà il tifo per gli avversari- disse comicamente Jonathan –Non pensarci amico- gli disse infine il Weasley.
Jackson prese un grosso respiro e decise di non pensarci. Per il momento, il suo unico pensiero doveva essere assolutamente ed esclusivamente la partita: niente, ricordi, niente occhiali misteriosi, niente Mantello dell’Invisibilità, niente Mappa del Malandrino, niente missione segreta, niente di niente.
Arrivarono al campo di Quidditch, posto in una delle tante immense valli di Hogwarts. La direzione, ovviamente, era quella degli spogliatoi. Entrarono ed incominciarono a vestirsi. Jackson indossò con onore il suo numero 7 e tentò di caricarsi al massimo nel silenzio più totale dello spogliatoio. Sentirono piedi che camminavano sopra le loro teste. Le gradinate stavano incominciando a riempirsi ed il rumore di voci indistinguibili, si fece sempre più forte ed imponente.
-Fra poco il professor Jordan verrà a chiamarci- disse James che sfregava le sue mani avvolte dai suoi guanti in pelle, piuttosto nervosamente.
Improvvisamente, Jackson incominciò a battere gli occhi sempre velocemente, in un modo anormale. Non era di certo un battito di ciglia regolare. Le sue palpebre potevano essere tranquillamente scambiate come dei battiti di ali di un colibrì. Si alzò dalla sua postazione e tentò di dirigersi verso i gabinetti senza dare troppo nell’occhio. Non aveva alcuna intenzione di far trovare i suoi compagni in una situazione decisamente allarmante come quella che stava capitando. Non poteva privare la squadra di un giocatore in un ruolo tanto importante e delicato come il suo in una partita tanto importante e delicata come quella che si sarebbe disputata fra pochi minuti.
Si guardava allo specchio, dritto negli occhi color smeraldo.
Vide il volto di quello che, all’apparenza, pareva un semplice pre-adolescente. Occhiali tondi e metallici coprivano i suoi occhi.
-Harry, hai bisogno di tutte le tue forze’ gli disse una voce sconosciuta -I Cercatori sono sempre quelli che vengono acchiappati dall'altra squadra-.
-Grazie del conforto morale, Seamus- rispose Jackson
Udì una nuova voce che non riconobbe. Una voce che non aveva mai udito.
-Paura Harry?- chiese voce –E’ normale. Ce l’avevo anch’io alla mia prima partita-.
-E cos’è successo?- chiese Jackson senza rendersene conto.
-Io… non mi ricordo bene- continuò quella voce apparentemente matura, maschile e profonda –Ho preso un bolide in testa dopo due minuti. E mi sono risvegliato in ospedale- non capiva perché stesse udendo tutto ciò. Sentì altre voci. Stavolta erano due ragazzi.
-Il discorso di Oliver lo sappiamo a memoria. Eravamo nella squadra l'anno scorso-.
-Chiudete il becco, voi due!- ammonì la voce maschile che aveva udito in precedenza -Quella di oggi è la squadra migliore che Grifondoro abbia avuto da anni. Vinceremo. Lo so-.
Era tutto così strano, reprimente e la sudorazione incominciava a farsi incessante.
-Jackson?- chiese una voce, stavolta, a lui familiare. Il giovane Potter si voltò e vide lo sguardo preoccupato di Jonathan.
-Sì- rispose il moro facendo scorrere l’acqua del lavandino e rinfrescandosi la faccia in modo tale da poter nascondere le tracce evidenti di sudore che gli si erano create in quegli istanti.
-È tuo nonno?- chiese il rosso. Jackson rispose con la testa facendo un cenno positivo.
-E cosa ti ha mostrato?- gli chiese il suo migliore amico.
Jackson era pronto a rispondergli ma udirono la voce del professor Jordan che richiamava tutti i giocatori. –Quidditch- rispose Jackson all’amico mettendo la sua Firebolt in spalla.
Uscirono tutti i giocatori delle due squadre spiccando il volo. Ci fu la consueta stretta di mano fra i due capitani, la liberazione dei bolidi, della pluffa e del boccino d’oro e, poi, la partita ebbe inizio.
A commentare la partita, stavolta, vi era Natalie Brown, studentessa di Corvonero.
-La partita è iniziata signore e signori ed i Grifondoro, determinati nel voler allontanare le critiche della pessima partita disputatasi contro i Corvonero, si sono già impadroniti del possesso della Pluffa! Eddie Nadarevic la tiene ben salda nel suo braccio destro.
Il ragazzo si muove davvero veloce, lassù. Effettua un passaggio puntuale al suo compagno di reparto Amir Thomas, un'ottima scoperta di James Felton, che lo scorso anno ha giocato ogni match della stagione, malgrado l’esito fallimentare.
Pluffa passata all’indietro per Jonathan Weasley e... no, la Pluffa è stata intercettata dal Cacciatore dei Tassorosso Miles Wespurt, che se la porta via: eccolo che vola alto come un'aquila... sta per... no, bloccato da un'ottima azione del Portiere dei Grifondoro Watson. I Grifondoro hanno di nuovo il possesso della Pluffa.
Ed ecco il Cacciatore dei Grifondoro Jonathan Weasley che tenta di avanzare e di far salire il baricentro della sua squadra... bella picchiata intorno a Sloper, poi di nuovo su... AHI!... deve aver fatto male quel colpo di Bolide dietro la testa da parte di Vincent Marshall!
La Pluffa ritorna ai Tassorosso.
Ecco Jack Sloper che parte a tutta birra verso i pali della porta, ma è bloccato da un secondo Bolide lanciatogli contro dal capitano dei Grifondoro James Felton.
Attenzione perché Nadarevic ha spazio, il campo è sgombero e si allontana. Nadarevic sfugge all’occhio dei Cacciatori e dei Battitori avversari! Schiva un micidiale Bolide. È davanti alla porta. Il Portiere e capitano della sua squadra Fleet si tuffa ma manca il bersaglio!
Gol dei Grifondoro! Gol siglato da Eddie Nadarevic che festeggia con i suoi tifosi! Grifondoro dieci, Tassorosso zero!-.
Assieme a Jonathan, Eddie incominciò a fingere una scazzottata con pugni che non arrivavano veramente nella zona del corpo mirata. Finsero di farsi male e Jonathan finse di essersi arreso. Un bel siparietto e tanti applausi da parte dei tifosi.
Jackson, intanto, fece più volte il giro del campo. Pareva che, la velocità, l’altitudine e l’estrema concentrazione nel cercare il boccino, l’avessero risollevato. Fece un cenno con la mano a Jonathan per fargli comprendere che era tutto ok.
Il Weasley, non appena recepì il messaggio, interruppe la sua fase di preoccupazione nei confronti del suo migliore amico e, dunque, poté tornare a concentrarsi su quello che doveva fare: segnare tanti gol.
-Gol- esclamò Natalie –Gol di Weasley, il secondo in questo match! Grifondoro trenta, Tassorosso zero!-.
Un mormorio percorse gli spalti, mentre Marcus Smith lasciava cadere la Pluffa, troppo preso a seguire con lo sguardo il lampo dorato che gli aveva sfiorato l'orecchio sinistro ed era passato oltre.
Jackson lo vide. In un impeto di eccitazione, si tuffò in picchiata dietro quella scia d'oro. Anche il Cercatore dei Tassorosso, Stewart Peakes, lo aveva avvistato.
-È il boccino d’oro quello che vedo?- chiese Natalie facendo udire la sua frase a tutto lo stadio –Sì è il boccino! Jackson e Stewart iniziano il loro fatidico duello!-
Testa a testa, si lanciarono entrambi alla rincorsa del Boccino, e intanto sembrava che i Cacciatori avessero dimenticato il loro ruolo, sospesi a mezz'aria, tutti intenti a guardare.
Jackson era più veloce di Peakes: vedeva la pallina rotonda che ad ali spiegate risaliva davanti a lui. Diede una forte accelerata puntando dritto alla scia d’orata che si manifestava davanti ai suoi occhi.
Jackson stava scendendo in picchiata verso terra quando gli spettatori lo videro mettersi una mano a coppa sulla bocca come se stesse per dare di stomaco: cadde carponi sul terreno di gioco, tossì... e qualcosa di dorato gli cadde in mano.
-Jackson Potter ha preso il boccino, anzi, lo ha quasi ingoiato!- esclamò la telecronista di Corvonero –Ma ciò che più conta è che Grifondoro conquista centocinquanta punti e vince la partita!
I Grifondoro sono ancora vivi! E coloro che dovranno lottare per la Coppa contro i Grifondoro sarà una squadra fra Serpeverde e Corvonero, match che si disputerà questa sera stessa!-.
Vide tutti i suoi compagni che lo circondarono raggiungendolo a terra ed incominciando ad abbracciarlo e levarlo in aria. Tutti quanti erano decisamente raggianti, pieni di entusiasmo, in particolar modo James che, finalmente, poteva sperare di poter vincere la il Campionato che tanto desiderava e bramava da anni.
Festa sul campo che continuò nella Sala Comune fra fiumi di Burrobirra e vino.
-Jackson?- richiamò la sua attenzione un piccolo ragazzo del secondo anno –Il Preside ha richiesto la tua presenza nel suo ufficio al più presto-.
Il giovane Potter non se lo fece ripetere due volte. Senza dare troppo nell’occhio, sparì dalla folla in festa attraverso il buco del ritratto. Scese la Scalinata Principale dirigendosi al terzo piano. Prima di poter entrare nel corridoio che l’avrebbe condotto al grande Gargoyle che fa da passaggio fra Hogwarts e l’ufficio del Preside Sinister, vide Kaendra.
Era sola.
“Il nonno può aspettare” pensò il Grifondoro che si diresse verso la sua ragazza.
-Ehi, che ci fai qui tutta sola?- chiese lui.
-Volevo stare sola- rispose lei. -È successo qualcosa?- chiese preoccupato Jackson –Qualcuno ti ha importunata?-.
-No- rispose lei.
Dopo qualche attimo di silenzio, il ragazzo chiese –Me ne vuoi parlare allora?-.
-La tua amica- disse la Serpeverde. –Eh?- chiese Jackson apparentemente disorientato.
-Andrew Line-. –Ok- rispose lui –Ti ha dato fastidio?-.
-No, ma la sua presenza sì- rispose Kaendra.
-Ma perché?- chiese il ragazzo sconcertato dalle parole della sua ragazza ricordandosi il fatto che Andrew aveva sempre cercato di essere carina e gentile con la Serpeverde in ogni occasione.
-Perché lo vedo come ti guarda- rispose la ragazza dai capelli viola –Ti guarda con attenzione. Ti guarda e non vede l’ora che tu posi lo sguardo su di lei. Non vede l’ora di stringerti la mano o di abbracciarti-.
-Ma siamo amici tesoro. Non devi vedere quei gesti di affetto da parte sua, come un modo per portarmi via da te- tentò di farla ragionare il Grifondoro.
-A me non sta bene invece. Io penso che lei provi qualcosa per te-.
-Lei aveva una cotta per me- gli disse il ragazzo. –E tu quindi, sapendo che lei provava determinati e forti sentimenti nei tuoi confronti, hai comunque permesso che gironzolasse intorno a noi?- chiese infastidita la Serpeverde.
-Ci eravamo chiariti sul fatto che non eravamo altro che amici!- rispose stizzito Jackson –E poi lei è stata la prima persona che mi ha proposto di farti frequentare il nostro gruppo! L’ha fatto solamente per far sì che io e te potessimo passare più tempo assieme!-.
-Non la vediamo allo stesso modo Jackson-.
-Voglio solamente convincerti del fatto che lei è un’ottima persona che non oserebbe mai e poi mai provarci con me sapendo che ho una relazione con te! È un’ottima amica per me e lo potrebbe essere persino per te se solo glielo permettessi-. –No- rispose lei freddamente –Io non ci riesco. Ho provato a farmi star bene la sua presenza ma non ci sono riuscita ad accettarlo-.
-E cosa dovrei fare allora?- chiese il moro.
-Jackson devi scegliere: me o lei-. Jackson rimase allibito dalle parole di Kaendra. Completamente.
-Non voglio scegliere- rispose lui. –Devi farlo, adesso. Devi prendere questa decisione- gli disse la Serpeverde con le lacrime che incominciavano ad uscire dagli occhi.
-Jackson, io ti amo. Sono innamorata di te. Non riesco a non pensarti- continuò lei –E se anche tu provi gli stessi sentimenti che provo io nei tuoi confronti, allora so perfettamente chi sceglierai. Ma se non li provi, allora so anche quale sarà la tua scelta-.
Jackson guardava il pavimento pensoso.
-Mi ami, o no?- chiese la Serpeverde.



Angolo dell'autore: Salve a tutti! Allora, spero che l'ultima parte di questo capitolo vi abbia un pò sorpresi e spero che tutti voi abbiate gioito alla vittoria dei Grifondoro sui Tassorosso. Spero, inoltre, di non tenervi troppe sulle spine riguardo al ricordo che Harry vorrà mostrare a Jackson stavolta. 
Restate sintonizzati, come direbbero in radio, perchè ci saranno grandi sorprese soprattutto nel capitolo successivo.
A presto! E non dimenticate di lasciare una vostra opinione su come procede la storia.

 

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Capitolo 31
*** Capitolo 31 ***


Capitolo 31

 
-Ah Jackson!- esordì il Preside Sinister non appena intravide la figura del giovane Grifondoro non appena superò la soglia della porta.
-Buonasera signor Preside- rispose il ragazzo con poco entusiasmo.
-Tutto bene ragazzo mio?- chiese apprensivo l’uomo.
-Sì- mentì Jackson –Sono solo un po’ stanco per la partita di questa mattina-.
-Comprensibile visto che siete in lotta per il Campionato. Mi dispiace solo di averti negato la possibilità di poter andare a vedere il match fra i Serpeverde ed i Corvonero di questa sera-. –Non importa, non ci sarei andato comunque-.
Ci fu una lenta pausa di silenzio fra i due; pausa che Jackson non aveva intenzione di interrompere, incominciando a fissare il vuoto dell’enorme ufficio del Preside. Fissava un punto. Un punto indeterminato. Un punto indefinito. Un punto che non alcun senso.
-C’è qualcosa di cui desideri parlarmi?- chiese Sinister.
-Cosa glielo fa credere?- chiese il Grifondoro.
-Bè, non mi stai nemmeno guardando e, tra l’altro, a mio parere, non mostri il medesimo entusiasmo che hai mostrato nelle precedenti sedute-. –Sono solo stanco per la partita. Ho spesò molte energie- mentì nuovamente il Grifondoro.
-Allora, se non hai proprio nulla da dirmi prima di iniziare, diamo inizio alle danze!-.
Jackson prese la fiala che teneva alla tasca, la impugnò, mandò giù una sola goccia del liquido azzurrognolo e violaceo allo stesso tempo e, dopo qualche breve e rapido istante, i afflosciò nel bellissimo divano presente nello studio del Preside ed incominciò a cadere in un sonno profondo. Un sonno fatto non di sogni ma di ricordi puri, ricordi veri e realmente accaduti nella testa di un’altra persona.
Jackson riaprì gli occhi. Incominciò a guardarsi intorno. Iniziò a cercare di comprendere dove fosse. Era in una strada di campagna. Stava viaggiando sopra una bellissima macchina nera, con interni fortemente pregiati e ben sistemati all’interno dell’auto. Probabilmente, pensò Jackson, doveva essere in viaggio per lavoro.
-Non penso che sia esattamente una bella idea- disse Ron posto di fronte ad Harry dopo essersi distratto dal panorama campagnolo che li avvolgeva.
-Potrebbe sembrare strano a dirlo, ma so per certo che ci possiamo fidare di lui adesso- disse Harry.
-Di una persona che ha cercato di confabulare contro di te per quasi sette anni e che ti ha odiato dal primo momento che ha posato lo sguardo su di te?- disse sarcasticamente il Weasley. –Sii fiducioso amico-.
L’auto si fermò. Il nonno scese dall’auto e, davanti a lui, si manifestò la vista di una gigantesca casa, anzi, villa. Una enorme villa, con lussureggianti ed interminati spazi e giardini. Era una di quelle abitazione che la famiglia di Jackson non si sarebbe mai potuta permettere. Una di quelle case che le si possiedono da generazioni e generazioni.
Vide una scritta accanto al campanello dell’enorme cancello in ferro battuto e scuro: “Malfoy Manor”.
Jackson portò il suo dito al campanello con, accanto, il signor Weasley, con i capelli decisamente più rossi di quelli che portava tutt’ora. Spinse il tasto e si udì un trillio acuto e forte. Il maestoso portone in legno si aprì. Ne uscì un giovane signora. Era vestita con una divisa completamente nera, fornita di una gonna molto lunga ed un camicie bianco.
-Posso esservi utile?- chiese lei con voce tono educato.
-Dobbiamo vedere il signor Malfoy- rispose Harry. Quel nome non diceva nulla, a primo impatto, a Jackson.
-Mi spiace ma il signor Malfoy è molto occupato- rispose la signora incominciando a tornare sui suoi verso la grande villa.
-Siamo qua per conto del Ministero della Magia- disse immediatamente Ron, fermando la probabile governante della casa che, vedendo una sorta di distintivo in oro con l’incisione del simbolo del Ministero della Magia sopra di esso, aprì il cancello.
La donna non disse una parola. Guidò, senza aprire bocca i due verso l’entrata della grande abitazione. Una muraglia di siepi verdi ricopriva i lati dell’ingresso della villa. Chiunque dovesse abitarci al suo interno, pensò il giovane Potter nei panni di suo nonno, doveva sicuramente avere una barca di soldi. Entrarono. Gli interni della villa erano giganteschi. Una moquette che ricopriva l’intero pavimento interrotto solamente da una rampa estremamente gigante di scale in marmo liscio e lucido.
Jackson riusciva notare come suo nonno si stesse guardando attorno. Intravide qualche elfo domestico di qua e di là. Avvertiva una senso di tristezza ma anche di forte irrequietudine, come se avesse già camminato su quella superficie.
-Sta calmo amico- gli disse all’improvviso Ron –Non è più come diciannove anni fa-.
Arrivarono, dopo aver attraversato lunghi corridoi ornati da giganteschi quadri pieni di figure che si muovevano di quadro in quadro, davanti ad una piccola porta. La governante bussò alla porta. –Avanti- disse una voce glaciale dietro di essa.
-Mi scusi tanto signor Malfoy- esordì la donna –Ma ci sono dei funzionari del Ministero che hanno insistito per vederla immediatamente-.
-Funzionari del Ministero?- chiese la voce restando apparentemente calma, tranquilla e, quasi, indifferente –Li faccia entrare- disse dopo qualche istante di silenzio e pensamento.
-Prego- disse, infine, la governante dai lunghi capelli castani, facendo spazio ai due, permettendogli di varcare la soglia della porta. Entrarono. Jackson poteva udire il cuore di suo nonno battere decisamente forte.
Vide un uomo seduto in una grande scrivania. Forse era composta da legno pregiato di una quercia o di un abete, ma non era decisamente rivelante, pensò il giovane Grifondoro. L’uomo, oltre ad indossare un abito fortemente tendente al nero, aveva una carnagione pallida, il volto marchiato dall’età che avanzava ed una coda di cavallo come capigliatura. Il colore era decisamente biondo. Un biondo acceso e forte, quanto il colore azzurro e glaciale degli occhi.
-Potter! Weasley!- disse sorpreso l’uomo alzandosi dalla sedia.
-Malfoy- disse con un cenno in segno di saluto il signor Weasley.
-Dobbiamo parlarti- disse Jackson indirizzando successivamente lo sguardo verso la donna posta sulla soglia della porta di quell’immenso studio aggiungendo –In privato-.
-Lasciaci soli e chiudi la porta Agnes- disse Malfoy.
Jackson non aveva mai visto quell’uomo. Non aveva mai sentito alcun tipo di storia da parte di suo nonno riguardo ad un uomo di quel genere. –Cosa vi porta a casa mia nel bel mezzo della compilazione di alcune pratiche lavorative decisamente importanti?- chiese il biondo non appena la porta si chiuse alle sue spalle.
-Sappiamo perfettamente quanto sia importante il tuo ruolo all’interno dell’Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale Draco e tutti noi te ne siamo infinitamente grati- disse Harry –Ma non mi sarei spinto fino a casa tua se non fosse stato così importante-.
-Potevi convocarmi nel tuo ufficio- disse freddamente Draco Malfoy.
-Ti ha appena detto che è una questione della massima importanza!- ruggì stizzito Ron.
-Calmo Ron- disse il nonno di Jackson restando col sangue freddo.
-Parla- continuò con il suo solito tono freddo ed apparentemente indifferente Malfoy, prendendo una bottiglia di Whiskey Incendiario e versandolo in tre grandi bicchieri in cristallo.
Li portò ai tre e sorseggiarono la bevanda alcolica.
-Volevo chiederti se ci fossero stati dei “cambiamenti” nelle ultime settimane- chiese il moro non appena deglutì il liquido frizzante e caldo.
-Cambiamenti di che genere?- chiese il biondo sedendosi in un divano in pelle verde scura.
-Cambiamenti nel senso generale-. Draco lo guardò strano.
-Oltre al fatto che Scorpius ha appena iniziato il suo primo anno ad Hogwarts..- venne interrotto da Jackson che sentì la sua voce, forte e rauca, dire –Intendo a livello psicologico, mentale. Hai per caso fatto degli incubi o hai forti dolori in qualche zona specifica del corpo?-.
Ora, il signor Malfoy era ancora più disorientato e stizzito –Prima di tutto, voi due non state lavorando come Medimaghi o Guaritori al San Mungo. Secondo non siete i miei medici personali e, inoltre, non riesco a capire cosa ti abbia spinto fino a casa mia se dovevi chiedermi delle domande così insensate, Potter!-.
Harry si rendeva conto del fatto che le sue domande non si avvicinavano nemmeno lontanamente a ciò che avrebbe veramente voluto chiedergli. Voleva solamente farlo con delicatezza e senza urtare i sentimenti dell’uomo.
-Io sento che stanno per avvenire dei cambiamenti. Forti ed inquietanti cambiamenti- disse.
-Solamente per il fatto che il tuo figliolo è appena stato smistato fra i Serpeverde?- chiese acido e freddo Malfoy. –No Draco- disse Harry. Jackson poteva sentire come suo nonno stesse cercando di contenere la rabbia dopo quell’affermazione che, sicuramente, deve averlo fatto adirare non poco.
-È qualcosa di molto più importante di un semplice Smistamento fra le Casata di Hogwarts da parte di uno dei miei figli. È qualcosa che è già capitato. È qualcosa di molto più pericoloso. Come diciannove anni fa-.
Nonostante fosse di una carnaione molto pallida, Draco impallidì e sbiancò sempre di più. –Non capisco di cosa ti preoccupi- rispose l’uomo –Voldemort è morto e con lui è nata la tua gloria e la tua storia-.
-Io so che sta succedendo qualcosa e sono venuto qua per verificare che si tratti di Voldemort o meno-.
-Vuoi ancora un po’ di gloria?- chiese Malfoy provocante –Vuoi che i titoli dei giornali tornino a parlare di te ed incominciare ad adularti? Vuoi per caso continuare a diffondere la notizia che possa veramente esserci un nuovo ritorno del Signore Oscuro? Vuoi alimentare il terrore fra la nostra gente per far sì che tutti quanti possano acclamare il tuo nome e chiedere aiuto e speranza guardando i tuoi occhi? Vuoi questo Potter? Stai cercando di confabulare una specie di piano che ti lancerà verso il potere di tutto il mondo della magia? Vuoi diventare un dittatore? È questo che vuoi?!- chiese urlando il biondo.
Harry mollò un pugno in faccia a Malfoy, ancor prima che potesse farlo Ron. Malfoy cadde a terra e con lui il suo bicchiere che si frantumò in mille pezzi.
-Sai perfettamente che non ho mai voluto la gloria Malfoy! Sai perfettamente che io non ho mai chiesto tutto questo!- rispose calmo Harry. Ma era una calma lugubre. Una calma che fa drizzare i capelli. Una calma che può creare la pelle d’oca in chiunque.
Malfoy si rialzò. –Anche se tu non hai mai chiesto tutto questo- disse lui calmo raccogliendo i pezzi di cristallo dal pavimento con la bacchetta e buttandoli nel cestino accanto alla scrivania –Hai avuto una fortuna ancora più grande di tutta la gloria che hai ricevuto e che riceverai: tu hai lui- indicò Ron –E la Granger e Paciock e tutti i tuoi amici-.
-Tu hai Astoria- tentò di dire Harry. –Ma siamo soli- rispose Draco con gli occhi lucidi –E con lei, Scorpius deve sopportare tutto il peso di ciò che la mia famiglia ha fatto in passato-.
Il moro tentava di trovare le parole giuste ma i suoi pensieri vennero interrotti dal biondo –E poi come potrei aiutarti a capire che tipo di minaccia si sta avvicinando?-.
Era il momento giusto per chiederglielo.
-Il Marchio ti sta creando problemi?- chiese.
Draco Malfoy sbiancò nuovamente. Ovviamente, la rievocazione di quel termine accostato a coloro che erano indicati come i seguaci di Voldemort, deve aver riportato improvvisamente alla luce vecchi ricordi. Il biondo si precipitò nuovamente verso il suo Whiskey Incendiario e si versò un altro bicchiere, mandandolo giù tutto d’un fiato.
–Mi sono sentito strano non appena Scorpius e l’Espresso per Hogwarts sono spariti dalla mia vista e da quella di Astoria. Mi ha portato a casa e vedendo che stavo iniziando a perdere le forze, ha iniziato a sbottonare la mia camicia ed aggomitolando le maniche. Quello che ha visto deve averla spaventata-.
Si levò la camicia, sbottonandosi bottone per bottone. L’appoggiò sulla scrivania e tese il braccio destro.
Jackson rimase scioccato alla vista di ciò che si stava manifestando davanti ai suoi occhi. Un tatuaggio nero, con un teschio ed un serpente che passava all’interno di esso, si stava animando sempre di più. Il serpente si muoveva ed il suo movimento provocava grandi sfoghi nel braccio di Malfoy.
-Ecco perché stai lavorando a casa tua adesso- disse Ron.
-Peggiora di giorno in giorno- aggiunse Malfoy.
-Qui si mette male- disse Jackson per poi svegliarsi nello studio del Preside Sinister.


Angolo d'autore: Colpiti? Spero di sì. Il povero Draco è stato tartassato ma ho comunque voluto cercare di dimostrare quella luce di bontà che tanto lo "perseguita" nonostante il cognome della famiglia a cui appartiene. 
Attendete sviluppi, perché le sorprese non finiscono qua.


 

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Capitolo 32
*** Capitolo 32 ***


Capitolo 32

 
Jackson, nel momento in cui aprì gli occhi, vide comparire davanti a lui l’immagine del Preside Sinister. Rispetto agli incontri precedenti, stavolta, il Preside era seduto nella sua cattedra. Quando vide il giovane Potter passare dala posizione coricata a quella della tipica persona che si siede, rimase piacevolmente sorpreso.
-Jackson- disse lui –Vedi che oggi hai fatto in fretta-.
-In fretta?- fu la prima cosa che chiese il Grifondoro non appena riprese conoscenza.
-Sono passati solamente venti minuti-. Persino il ragazzo rimase sorpreso del tempo da lui impiegato ad esplorare il ricordo fornitogli dal nonno.
-Non importa, non è importante il tempo con cui impieghi ad osservare il ricordo del tuo nonno defunto- disse l’uomo –Vorrà dire che i compiti degli studenti del primo anno dovranno aspettare-.
Ripose tutto ciò che teneva sulla scrivania con cura in un apposito cassetto ed incominciò a porgli delle domande su cosa avesse visto. Jackson tentò nuovamente di restare suk vago, fornendo informazioni veritiere ma con pochi dettagli. Parlò del signor Malfoy, definendolo “l’uomo dai capelli dorati”. Parlò anche della lussuosa villa posta “in una zona imprecisata del Regno Unito”. Disse che suo nonno ed il signor Weasley “stavano facendo delle domande di cui non capiva l’entità ed il fine”.
-Potresti farmi un esempio su ciò che tuo nonno ha chiesto a quest’uomo?- chiese il Preside. Jackson fece finta di pensarci.
-Non saprei, a dire ilvero. Il linguaggio utilizzato era fortemente colloquiale e non ho compreso, e tanto meno ricordo, le parole che ha utilizzato-.
-Almeno il nucleo delle domande- insistette Sinister estremamente interessato e cercando di farsi coinvolgere.
-Hanno parlato di un certo dolore che l’uomo dai capelli dorati teneva da diverso tempo- disse il Grifondoro.
-Che genere di dolore?-.
-Un dolore che, secondo mio nonno, doveva essersi manifestato nelle ultime settimane-.
-Ha mostrato il punto o i punti del corpo in cui questo dolore si è manifestato?-.
-Se non ho visto male e, se la mia vista non m’inganna, dovrebbe essere una delle due braccia-. –Hai detto braccia?- chiese con un tono di maggiore interesse l’uomo. Jackson capì di aver detto troppo.
Rispose positivamente, aggiugendo il fatto che il signor Malfoy aveva risposto positivamente alla domanda di suo nonno ma concluse dicendo che –Mi sono risvegliato all’improvviso, senza nemmeno accorgermene-.
-Penso che queste informazioni siano di vitale importanza e ci hanno permesso di fare un grande passo in avanti verso ciò che Harry voglia rivelarti; penso che per oggi può bastare. Abbiamo saltato il pranzo a quanto pare, sarai affamato visto che non tocchi cibo dall’ora di colazione- concluse Sinister con una risatina divertita –Permettimi di offrirti qualcosa da mangiare-.
Fu gentilissimo nell’offrire il pranzo al giovane Potter che, sentendo il suo stomaco brontolare, fu costretto ad accettare; non poteva restare un secondo di più senza buttare giù qualcosa. Non toccarono minimamente la questione dei ricordi del nonno di Jackson. Per lo più, parlarono dell’andamento scolastico del ragazzo e delle avventure che il Preside aveva vissuto in età, come lui la definiva, “decisamente giovanile” per poi aggiungere qualcosa riguardo alle nuove materie che alcuni membri del Wizengamot aveva proposto di inserire nel programma di studi.
-Devo dire che sono d’accordo con l’insegnamento delle opere d’Arte di grandi maghi e streghe, anche se sarebbe insegnato dal quinto anno in su. Di certo, le più grandi menti artistiche del nostro mondo, sono state forgiate non solo dalla lama sottile dell’arte della stregoneria, ma anche da quella più delicata dell’arte stessa.
Insomma, che cos’è veramente l’arte se non la trasfigurazione di ciò che la nostra mente possiede al suo interno, verso ciò che è materiale e visibile ai sensi?-.
Jackson rimase catturato dall’ottima retorica del professore riguardo all’arte nel Mondo Magico e crearono una conversazione sui più famosi pittori che furono segretamente maghi e streghe.
La conversazione fu talmente lunga che, quando il ragazzo augurò un buon proseguimento di serata al Preside Sinister, si fecero le tre in punto. Passò molto più tempo a parlare di arte che nel parlare riguardo al ricordo del nonno. Si avviò verso il settimo piano per poter, in questo modo, parlare con Jonathan di tutto quello che era successo.
Per fortuna, lungo il percorso, quel giorno, non incontrò alcun Serpeverde. Probabilmente, pensò Jackson, erano tesi per il match che si sarebbe disputato fra meno di due ore contro i temibilissimi Corvonero guidati da Radja. –Parola d’ordine?- chiese la Signora Grassa –Ad Maiora- rispose il Grifondoro.
Ricevuta la parola d’ordine, il quadro si fece da parte e permise al ragazzo di entrare. –Dove sono tutti?- chiese lui non appena constatò che nella Sala Comune erano presenti solamente Eddie, Jonathan, Gary ed Andrew.
-James si è diretto al Campo per poter vedere chi sarà la vincitrice della partita- gli rispose Eddie.
-Ed ovviamente il resto degli studenti della nostra nobile Casata hanno deciso di passare il pomeriggio a dormire o a vedere la partita o a passeggiare nel Castello- terminò Jonathan.
-Ma tu dove diavolo sei stato?- intervenne Andrew –Hai saltato anche il pranzo-.
-Sinister voleva congratularsi con me per la vittoria di quest’oggi confermando il fatto che non sono a rischio bocciatura e poi ci siamo intrattenuti parlando di Arte e mangiando nel suo ufficio, siccome ci siamo accorti del fatto che abbiamo saltato il pranzo-.
-Effettivamente il Preside non era presente al tavolo degli insegnanti- aggiunse Eddie levando il punto interrogativo e sospettoso che comparve, come di consueto, sulla faccia di Andrew.
Jackson fece per andare al Dormitorio e fece un cenno a Jonathan di seguirlo.
-Non hai solo parlato d’Arte col Preside secondo me- disse il giovane Wesley non appena chiuse la porta della loro stanza.
-Ovviamente- rispose Jackson che, stavolta, raccontò al suo migliore amico per filo e per segno, tutto ciò che suo nonno gli aveva mostrato. –Un momento? Hai detto Malfoy per caso?- chiese immediatamente il rosso.
-Sì, perché?-. –Tu non hai idea di chi sia la famiglia Malfoy, immagino- rispose Jonathan.
-A quanto pare no-.
-I Malfoy sono una famiglia di origini Francesi che si insediarono nel Regno Unito grazie all’arrivo di Armand Malfoy. L’uomo, ovviamente Francese, aveva trovato rifugio nel nostro Paese a causa delle continue guerre Normanne dell’undicesimo secolo e fu lui a creare Malfoy Manor che, a quanto pare, ha secoli e secoli di vita.
Amati o detestati che siano, da sempre, i Malfoy generano la più sincera curiosità del loro pubblico. Algidi, senza scrupoli, e biondissimi, non pochi si sono chiesti quali reali intendimenti si celassero dietro la loro apparente facciata di nobiltà materiale e di fedeltà ai valori Purosangue. A Il loro antenato, lo scaltro Armand presentava già molte delle qualità che hanno contraddistinto la famiglia Malfoy sino ai giorni nostri. I Malfoy hanno sempre avuto la reputazione, già lasciata presagire dal loro cognome e, del resto, non del tutto gratuita, di essere un gruppo lezioso, solito cercare di accaparrarsi potere e ricchezza ovunque si potesse trovarne. Nonostante il loro coniugio di valori Purosangue e la, senza dubbio genuina, fede nella superiorità dei maghi sui Babbani, i Malfoy non hanno mai esitato, in passato, a cercare di ingraziarsi la comunità Non-Magica nel caso del bisogno. Il risultato è che si tratta, a tutt’oggi, di una delle più ricche famiglie di maghi in Gran Bretagna, e si è insinuato per molti anni, anche se non è mai stato effettivamente provato, che, nel corso dei secoli, la famiglia si sia dilettata con successo in attività a stretto contatto coi Babbani. Per centinaia di anni, sono riusciti ad allargare costantemente le loro terre, nel Wiltshire, annettendo quelle dei vicini Babbani, e la benevolenza che si erano propiziati presso la corona ha permesso loro di impossessarsi di ricchezze Babbane e di una collezione di opere d’arte in continua espansione.
Storicamente, i Malfoy hanno operato una distinzione netta tra poveri Babbani e quelli in possesso di ricchezza ed l’autorità. Fino all’imposizione dello Statuto di Segretezza, nel 1692, la famiglia Malfoy è stata attiva nei circoli Babbani di alto lignaggio, e si dice che la loro opposizione fervente all’imposizione dello statuto fosse dovuta, in parte, al fatto che avrebbero dovuto ritirarsi da questa piacevole sfera della vita sociale. Anche se caldamente negato dalle generazioni successive, ci sono ampie prove che suggeriscono che il primo Lucius Malfoy fosse un aspirante senza successo alla mano di Elisabetta I, e alcuni storici di magia sostengono che la successiva opposizione della regina al matrimonio fosse, in realtà, causata da un incantesimo posto su di lei da Malfoy, che era stato rifiutato.
 Con quel sano grado di auto-conservazione che ha caratterizzato la maggior parte delle loro azioni nel corso dei secoli, una volta che lo Statuto di Segretezza fu approvato, i Malfoy cessarono di fraternizzare con i Babbani, per quanto ben nati, accettando che ulteriori opposizioni e proteste non avrebbero potuto che distanziarli dal nuovo cuore del potere: il Ministero della Magia appena creato. Si sono esibiti, per tanto, in un brusco voltafaccia, e si sono posti unitamente a sostegno dello statuto, calandosi nei panni di coloro che lo avevano sostenuto sin dall’inizio, affrettandosi a negare d’essersi mai ritrovati a negoziare collaborazioni o, addirittura, matrimoni coi Babbani.
La ricchezza sostanziale a loro disposizione ha poi assicurato loro una considerevole, e molto spiacevole, influenza presso il Ministero nelle generazioni a venire, anche se nessuno Malfoy ha mai aspirato al ruolo di Ministro della Magia. Si dice spesso, della famiglia Malfoy, che non troverete mai uno di loro sulla scena del delitto, anche se le loro impronte digitali dovessero essere rinvenute sulla bacchetta colpevole. Ricchi in modo indipendente, senza bisogno di lavorare per vivere, hanno generalmente preferito il ruolo del “potere dietro il trono”, felice di servirsi di altri per fare “il lavoro sporco”, e di imputare a questi ultimi le responsabilità di un eventuale fallimento. Essi hanno contribuito a finanziare molte delle campagne elettorali dei loro candidati preferiti, le quali hanno (si sostiene) incluso il lavoro sporco, come l’eradicamento di ogni opposizione.
Il “sincero” disprezzo dei Malfoy per tutti i Babbani, che non poteva offrire loro gioielli o influenza, e per la maggior parte dei loro compagni maghi, li ha naturalmente condotti verso la dottrina Purosangue, che sembrò, per molti anni del XX secolo, costituire la fonte più probabile del loro potere senza ostacoli. Dall’ imposizione dello Statuto di Segretezza in poi, nessun Malfoy ha sposato un Babbano o figlio di Babbani. La famiglia ha tuttavia evitato la pratica non priva di pericoli dei matrimoni famigliari all’interno di in una piccola cerchia di Purosangue, che potrebbero indebolirla ed instabile, a differenza di una ristretta minoranza di famiglie di fanatici come i Gaunt e i Lestrange: così, più d’un Mezzosangue appare sull’albero genealogico della famiglia Malfoy-.
-In pratica è una famiglia perfettamente snob?- chiese Jackson scioccato dal racconto dell’amico.
-E non è finita qui- continuò il Weasley –Pare che fossero molti vicini a Lord Voldemort-.
-Quel Voldemort?- chiese Jackson.
-No mi riferivo al gelataio sotto a casa tua; certo che mi riferisco al Mago Oscuro che tuo nonno ha sconfitto!-.
-Ma allora, quel tatuaggio che Draco Malfoy aveva sul braccio…- iniziò il Grifondoro facendo terminare la frase a Jonathan che disse –Era il marchio dei suoi seguaci: i Mangiamorte. Jackson io credo che tuo nonno stia cercando di dirti qualcosa riguardo a Voldemort. Non so potrebbe essere un suo manufatto o un qualcosa che abbia a che fare con lui-.
-Non ho ancora le idee chiare: per il momento, oltre ad attendere la lettera di tua nonna, dovrò continuare a cercare indizi negli occhiali di mio nonno e nei suoi ricordi-.
-Gli occhiali non rivelano nulla!- esclamò Jonathan –Abbiamo provato all’alba, al tramonto, al chiaro di luna ma niente. Ero convinto che indossandoli potessimo vedere qualcosa ma nulla-.
-Ma come facevi a sapere tutte quelle informazioni sulla famiglia Malfoy?- chiese Jackson improvvisamente rimanendo stupito del discorso del suo migliore amico.
-Era una famiglia che detestava noi Weasley. Mi sono interessato alla loro storia viste le antiche rivalità-.
-Ed ora che fine che hanno fatto? Insomma non c’è nemmeno un Malfoy a scuola-. –Non chiederlo a me Jackson. Questo va oltre le mie capacità e non vedo come possa essere di grande importanza-.
Jonathan tornò in Sala Comune, lasciando Jackson nel letto, seduto ad aspettare che un’illuminazione potesse arrivare da un momento all’altro.
All’improvviso, notò che gli occhiali del nonno erano sul comodino ed un raggio solare si posò docilmente su di loro, riflettendo la sua ombra. “Cosa stai cercando di dirmi nonno?” si chiese nella sua testa Jackson. Studiava gli occhiali guardandoli dal materasso in cui era seduto. Gli osservava come se qualcosa potesse arrivare da un momento all’altro, perdendo sempre di più la speranza.
All’improvviso, però, qualcosa la scorse.

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Capitolo 33
*** Capitolo 33 ***


Capitolo 33

 
-Ma che diavolo…?- si chiese Jackson avvicinandosi al comodino ed alzandosi repentinamente dal materasso morbido del suo letto a baldacchino. Erano gli occhiali e, nella loro ombra, c’era qualcosa di strano.
Prese un foglio di carta ed una penna. Pose la carta sul comodino in modo tale che l’ombra potesse piombare sulla bianca pagina. Presso la lente destra, c’era qualcosa. Il centro della lente destra, tramite la luce del sole, creava una seconda, piccola ombra. Jackson la tracciò. Quello che ne venne fuori fu una specie di triangolo con, al suo interno, un cerchio, diviso perfettamente a metà da una linea verticale che tagliava in due non solo il cerchio ma anche il triangolo che la conteneva.
Jackson era trepidante. Il suo cuore batteva a mille. Il ritmo accelerava sempre di più. Più guardava quel simbolo e più il suo cuore batteva fortemente. E l’eccitazione era tale che non riusciva a cosa potesse significare quel simbolo lasciatogli dal nonno.
Udì dei passi che si dirigevano verso la sua camerata. Cercò di nascondere con tutta fretta gli occhiali ed il simbolo tracciato sul foglio ma fece in tempo a nascondere solamente lo strumento da vista consegnatoli da Hagrid da parte di suo nonno, lasciando il foglio sopra il suo comodino, alla luce del sole.
Andrew entrò senza nemmeno bussare. –Ehi- disse lei –Che ci fai qua tutto solo?- chiese.
-Nulla, ehm, niente- rispose il Grifondoro evitando il suo sguardo.
-Almeno potresti farci la cortesia di scendere? È una noia mortale senza di te laggiù- disse la ragazza.
-No, lascia perdere- rispose il giovane Potter che cercava di evitare lo sguardo di Andrew.
-Ok Jackson, che succede?- chiese lei.
“Maledizione” pensò il ragazzo riguardo al solito intuito che la sua migliore amica aveva: captava sempre qualcosa in Jackson, quando qualcosa non andava. –Andiamo al piano di sotto allora- tentò di virare il discorso il Grifondoro ma la ragazza si sedette sul letto del ragazzo, con sguardo torvo e severo. –Adesso tu chiudi la porta e mi dici che cosa ti prende e perché ti comporti così stranamente-.
Conosceva bene quel tono di voce. Non era una richiesta. Non era una domanda. Era un perfetto ordine in stile militare. Il ragazzo fece un sospiro e capì che era arrivato il momento di dire tutto alla sua migliore amica. Doveva raccontarle proprio tutto e sapeva che non sarebbe stato facile.
Si sedette accanto a lei e cercò le parole giuste. –Magari se ti va possiamo parlarne davanti ad una buona cioccolata calda in Sala Grande. Chiamiamo Kaendra e…-. –No- rispose freddamente il ragazzo udendo il nome della Serpeverde -È proprio di questo che devo parlarti-.
-Va bene allora, parla-.
-È successa una cosa dopo la partita, durante i festeggiamenti prima di pranzo-. –Sì, ho notato che ti sei allontanato-.
-Mason mi ha detto che il Preside mi ha convocato nel suo ufficio ma non voglio raccontarti di ciò che ci siamo detti col Preside Sinister. Il fatto è che ho incontrato Kaendra, da sola, al terzo piano. Allora ho deciso di avvicinarmi e di chiederle perché era da sola-.
-E lei cos’ha risposto?- chiese Andrew preoccupata.
-Ha detto che stava pensando. Stava pensando a me, a se stessa-. –Dunque a voi-.
-No Andrew. Ha portato anche te all’interno della discussione-.
-A me?- chiese stupita la ragazza. –Sì e non erano bellissime parole-.
-Jackson ti giuro che io non ho mai coltivato alcun tipo di cattivo giudizio nei confronti di Kaendra e non mi sarei nemmeno permessa di diffondere brutte parole nei suoi confronti e di sparlare di lei- incominciò subito la Grifondoro.
-Lo so perfettamente Andrew. So perfettamente che non oseresti mai sparlare di chiunque mi stia così vicino nella vita-.
-E allora cos’è successo?-. –Lei mi ha detto che non apprezzava la tua compagnia. Mi ha detto che aveva compreso quali fossero le tue intenzioni e che ha provato fino in fondo a diventare tua amica ma non riesce a vederti sotto una buona luce-.
-Oh- disse amareggiata lei.
Passò qualche istante di silenzio.
-Mi ha detto che dovevo scegliere- interruppe il silenzio Jackson.
-Scegliere?-.
-Fra te e lei: fra la mia migliore amica e la mia fidanzata-.
-Va bene- rispose Andrew sentenziante –Ho capito perfettamente Jackson-. Gli occhi della ragazza incominciavano a bagnarsi di lacrime con una voce più titubante ed interrotta da qualche breve sospiro –S-spero che tu e Kaendra s-siate felici- fece per alzarsi ed andarsene dalla stanza ma Jackson la prese per un braccio obbligandola a restare seduta accanto a lui.
Si guardarono negli occhi. Da una parte, due grandi occhi color nocciola marchiati dall’umidità delle lacrime e dal rossore che causano le lacrime stesse. Dall’altra parte, due occhi verde smeraldo chiaro. Dono ereditato dal nonno. Colore scintillante e sfavillante. Colore come quello appartenente alla Casata dei Serpeverde.
-Ho scelto te Andrew-.
Nonostante non fosse l’intento del Grifondoro, la ragazza scoppiò in un grande pianto con lacrime e lacrime che uscivano dai suoi occhi.
-Ehi scusami non volevo farti piangere. Ti prego non essere triste- tentava di dirgli il ragazzo. –I-io non sono triste- disse la ragazza sorridendo in una marea di lacrime salate –S-sono felice p-perché hai scelto l’amicizia a-all’amore-.
-Non era amore quello Andrew- disse Jackson –Se una persona non rispetta le amicizie del partner e chiede di scegliere, non è affatto un segnale positivo sul fatto che sia amore. C’era tanta benevolenza, ci volevamo bene e lei mi ha detto di amarmi, ma non lo era per me. Una fidanzata che ama, non può chiedere cose di questo genere. Un pizzico di gelosia è normale all’interno di una relazione sentimentale ma non si può arrivare fino a livelli come quello che mi ha dimostrato oggi Kaendra-.
Andrew abbracciò il ragazzo. Jackson rimase sorpreso ma non si oppose e ricambiò l’abbraccio, sentendo che la sua amica non la smetteva di piangere e piangere e ancora piangere. Nonostante stesse bagnando di lacrime la sua maglietta preferita, al Grifondoro non importava nulla. Glielo permise. Continuò a lasciarla sfogare per la felicità.
-Scusa- disse lei con voce bassa guardando il lago che aveva lasciato sulla spalla sinistra del ragazzo.
-Non importa. La si stende al sole e torna asciutta come prima- rispose con il sorriso sulle labbra il giovane Potter. Lei alzò lo sguardò e guardò Jackson. Ed erano vicini. E tornarono a guardarsi negli occhi. E stavolta era diverso. Nonostante avessero tenuto lo sguardo fino a pochi secondi fa, adesso era tutto diverso. Completamente diverso.
La ragazza mise la mano sul petto del ragazzo. Lui, istintivamente, le accarezzò il viso liscio, bianco e perfetto. Ma non distoglievano lo sguardo.
I due cuori battevano. Eccome se battevano.
-Jackson- disse lei sotto voce. Lui non rispose. Rimase zitto e si avvicinò lentamente alla ragazza che non indietreggiò e fece un grande respiro. Erano vicini. Così vicini che potevano contare i punti neri sul naso di ciascuno. Chiusero entrambi gli occhi.
La porta si spalancò ed i due indietreggiarono alzandosi dal letto a baldacchino.
Gary, Eddie e Jonathan entrarono nella stanza in stato di forte allarme. -È successo qualcosa?- chiese Eddie avvicinandosi alla ragazza e al suo amico.
-Eh?!- chiese disorientato il giovane Potter.
-Abbiamo sentito Andrew piangere e pensavamo che fosse successo qualcosa di grave- disse Gary. –N-non è successo nulla- rispose la ragazza stizzita.
-Abbiamo interrotto qualcosa?- chiese Jonathan rendendosi conto di quello che avevano fatto.
-No!- risposero all’unisono Andrew e Jackson e poi guardandosi velocemente sorpresi per poi tornare a guardare i loro amici imbarazzati.
-E-ehi, cos’è quel simbolo Jackson?- chiese Gary tentando di cambiare discorso.
-Quale simbolo?- chiese Jackson voltandosi ed intravedendo lo strano triangolo che avevano riflesso gli occhiali di suo nonno. –Ehm, non lo so- rispose il ragazzo.
Gary si avvicinò e lo guardò velocemente –Non capisco perché hai disegnato il simbolo dei Doni della Morte-.
-Il simbolo dei cosa?- chiese Eddie che non comprese. –I Doni della Morte- intervenne Jonathan –Non ditemi che non ne avete mai sentito parlare-.
-Io sì- disse Andrew –Chi non conosce il simbolo dei Doni della Morte?-.
-Ehm, io?- chiese sarcastico l’Anglo-Bosniaco. –Idem- rispose Jackson.
-Ma è una classica favola per bambini- rispose Gary contrariato dall’ignoranza dei suoi due amici.
-Ehm, se non ti ricordi male, io sono Bosniaco e sono cresciuto con favole Slave come “La casetta del porcospino”- disse Eddie in sua difesa.
-Mia madre mi raccontava storie Babbane come “Biancaneve e i sette Nani” o “Cenerentola”- rispose Jackson.
-Cenerentola?- chiese Jonathan disgustato –Cos’è una malattia?-.
-Divertente- disse satiricamente Jackson.
-Sentite volete spiegarmi cosa cavolo sono i Doni della Morte?- chiese Eddie.
-I tre Doni della Morte- disse Gary iniziando che quello che sarebbe stato il suo tipico discorso dettagliato e preciso -Vengono descritti nella Storia dei Tre Fratelli, presente nel libro “Le fiabe di Beda il Bardo”.
Essa parla di tre fratelli che, per attraversare un fiume impetuoso in cui solitamente tutti annegavano, utilizzarono la loro ottima abilità magica e crearono dal niente un solido ponte. La Morte, che colpiva chiunque attraversava il fiume a nuoto, infuriata contro i tre maghi che le erano sfuggiti e desiderosa di vendicarsi, decise di apparire di fronte a loro sotto forma di una figura incappucciata. Giocando d'astuzia e conoscendo bene l'avidità della natura umana, finse di complimentarsi con i tre e decise di premiarli, consegnando a ciascuno un qualsiasi oggetto a loro scelta, per l'appunto i Doni.
Il primo fratello, un uomo molto ambizioso e bellicoso, chiede la più potente delle bacchette magiche, una bacchetta degna di un mago sfuggito alla Morte, e la Morte ne ricava una da una pianta di sambuco vicina al fiume, appunto la Bacchetta di Sambuco. Ottenutala, il mago si dirige verso una città dove vive un suo acerrimo nemico, lo sfida a duello e lo sconfigge facilmente grazie alla bacchetta magica, vantandosi con arroganza di essere invincibile, ma quella sera stessa un altro mago lo uccide sgozzandolo nel sonno e gli ruba la bacchetta.
E la Morte si impadronì del primo fratello.
Il secondo fratello, volendo umiliare ancora di più la morte, chiede un oggetto in grado di riportare in vita i morti. La Morte raccoglie un sasso dalla riva del fiume e glielo dona, dicendogli che basta far girare tre volte la pietra su se stessa e dire il nome di una persona morta per riportarla in vita. Questa pietra magica viene detta Pietra della Resurrezione. Una volta a casa il secondo fratello fa comparire la donna che amava e che morì il giorno prima delle loro nozze.
La donna però, infelice perché il mondo dei vivi non è il posto in cui dovrebbe stare, è fredda e assente. Il mago, disperato, decide di raggiungerla e si toglie la vita impiccandosi.
E la Morte si prese anche il secondo fratello.
Il terzo fratello, il più giovane e il più umile, chiede un mantello che lo renda invisibile agli occhi di tutti, compresa la Morte stessa, ed essa, a malincuore, lo accontenta donandogli il suo mantello dell'invisibilità.
Passano poi decenni: la Morte cerca il terzo fratello senza mai riuscire a trovarlo, grazie al dono dell'invisibilità. Alla fine il mago, ormai divenuto anziano e sazio di giorni, consegna il mantello al suo figlio più piccolo e, sorridendo, va serenamente incontro alla Morte come se fosse una vecchia amica.
I tre fratelli vengono identificati, secondo alcuni storici, come i membri della famiglia Peverell, un'antica casata magica, poi estintasi in linea maschile, se ne è perduto, cioè, il cognome.
Albus Silente in persona, secondo alcune leggende di biblioteca, credette nell'esistenza dei doni e, sempre stando a quello che dice la leggenda, ha dedicato gran parte della sua vita alla loro ricerca-.
-Ed è riuscito a trovarli?- chiese Jackson ricordandosi improvvisamente il Mantello dell’Invisibilità che aveva trovato con Jonathan grazie ai ricordi del nonno.
-È solamente una leggenda- disse Gary.
-Ma cosa c’entra quel simbolo con i Doni della Morte?- chiese Eddie affascinato dalla storia raccontata dall’amico.
-Il simbolo corrisponde ai tre Doni: il triangolo rappresenta il Mantello dell’Invisibilità, il cerchio la Pietra della Resurrezione e la linea verticale rappresenta la Bacchetta di Sambuco-.
-Pare che fosse stato Gellert Grindewald ad ideare il simbolo- aggiunse Andrew.
-Il che mi solleva una questione- disse Gary –Perché hai disegnato il simbolo dei Doni della Morte se nemmeno conoscevi la loro storia?- chiese indirizzandosi a Jackson.
-L’ho trovato disegnato in un vecchio libro della biblioteca e volevo chiederti se ne sapessi qualcosa- mentì spudoratamente il Grifondoro beffardo.
-Logico- rispose ridendo Gary.
Jonathan lanciò uno sguardo al suo migliore amico che aveva già compreso il fatto che era un’autentica balla, per quanto potesse avvicinarsi ad un fatto estremamente quotidiano.
Tutti quanti scesero in Sala Comune, che cominciava a riempirsi di persone tornate dalla partita fra Corvonero e Serpeverde.
Durante il riempimento della Sala Comune, Jackson parlò velocemente di come avesse veramente trovato quel simbolo al suo migliore amico.
-Allora non ti ha lasciato in eredità solo un paio di occhiali fuori moda. Deve essere qualcosa che c’entra con i Doni- disse il Weasley.
-Così si spiegherebbe perché ho trovato il Mantello dell’Invisibilità-.
-Pensi che esistano davvero i Doni della Morte?- chiese il rosso trepidante.
-Ci sono molti Mantelli dell’Invisibilità sul mercato oggi giorno ma non posso dare una risposta certa- rispose Jackson sistemandosi la maglietta bagnata e ponendo la sua fedele collana all’interno della maglietta.
Il loro discorso venne interrotto quando James si avvicinò bianco in volto.
-I Serpeverde hanno vinto- disse lui.
-Cosa?- chiese Jonathan sconvolto –Hanno battuto la squadra di Radja?-.
-Payne ha catturato il boccino nonostante il punteggio fosse rimasto sul 110 a 110-.
-110 a 110?- chiese ancora più sconvolto Jonathan guardando James prima e Jackson poi.
-Erano dei mostri in campo. Assolutamente incredibili e forti atleticamente oltre all’assurda velocità-.
-Questo significa- disse Jackson che venne interrotto dal suo capitano –Che dovremo vincere contro i Serpeverde all’ultima giornata, se vogliamo veramente vincere la Coppa-.
 

Angolo dell'autore: Di certo ho voluto sottolineare l'affetto che domina l'amicizia fra Andrew e Jackson ma spero sinceramente di non avervi annoiato con l'introduzione dei Doni della Morte. Attendete, comunque sia, parecchie sorprese nei prossimi capitoli.
Non scordatevi di lasciare una vostra opinione su ciò che avete letto, per favore.
A presto!

 

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Capitolo 34
*** Capitolo 34 ***


Capitolo 34
 
La notizia della rottura fra Jackson e Kaendra si espanse molto velocemente ad Hogwarts, com’era di consuetudine. –A volte mi chiedo come facciano a nascere e diffondersi tante voci in così poco tempo- disse Andrew disgustata dai pettegolezzi che udiva.
Jackson, era totalmente tranquillo riguardo alla faccenda che passava sulla bocca di ogni studente maschio o femmina del Castello. Non si era pentito di aver deciso di non frequentare più la ragazza dai capelli viola. Lo ribadiva e lo ribadisce ogni volta che si solleva la questione, anche se, ovviamente, non gli andava di parlarne.
Aveva fantasticato molte volte sulla relazione, magari spingendosi qualche anno più in là e pensando che sarebbe riuscito a restare assieme alla Serpeverde persino dopo gli anni di studio.
-L’amore acceca amico mio- gli disse Gary una sera presso i giardini del Castello intento a leggere “Il barone rampante” di Italo Calvino. -È completamente assurdo inventare una storia su un bambino che passa tutta la sua vita senza mai toccare terra e restare sopra gli alberi come una scimmia- aveva detto Jonathan.
-Ma tu non hai nemmeno idea di cosa voglia dire leggere- si difese Gary.
La cosa che preoccupava Jackson era il fatto che non aveva ancora parlato di quello che era successo nella sua stanza con la sua migliore amica. Era chiaro cosa stava per accadere, ma dovevano parlarne ed entrambi lo sapevano perfettamente. Nonostante sia Jackson, sia Andrew volessero fortemente parlarne, nessuno dei due riusciva a trovare il momento giusto ed ideale.
Nonostante passassero molto tempo insieme durante ogni giornata, erano troppo imbarazzati per iniziare il discorso. Perciò, ogni volta che parlava con la sua migliore amica, Jackson preferiva dimenticarsi di quello che era successo.
Ormai, si era entrati alla fine del mese di Febbraio e la gita ad Hogsmeade era imminente. Il giorno si prospettava piuttosto freddo con qualche nuvola grigia e minacciosa. Tutti quanti non vedevano l’ora di andare al magnifico paesello.
Il giovane Potter si accingeva a vestirsi pesantemente. Indossò un parka in misto cotone e tinta unita.
Il parka aveva un ampio cappuccio con coulisse, collo alto e polsi con fascetta e bottone. Due tasche a filetto con pattina finivano sul davanti. Inoltre, uno spacco centrale si presentava sul retro. Mentre la chiusura si effettuava con i bottoni coperti dal sormonto. I pantaloni erano neri con scarponi altrettanto neri.
Nessuna cuffia, ovviamente; la cresta era intoccabile. Jonathan, invece, si vestì un giubbotto super imbottito. Eddie, invece, fu il ragazzo che si vestì il più leggero di tutti.
-Non avete idea del freddo della Bosnia- disse lui –Sono abituato-.
Indossa un giubbino di jeans ad effetto delavato con scoloriture su entrambi i lati. Uno scollo rotondo con bottone. I polsi del giubbino si presentavano con un bottone singolo. Due tasche a filetto con zip sul petto. Due tasche a filetto sul davanti. Ed una chiusura con zip.
Gary, invece, era molto elegante. Non mancò nemmeno d’indossare i suoi delicati guanti in pelle di iguana, pronti a tenergli calde le sue altrettanto delicate mani: a tutto ciò si aggiunge la sua giacca blazer grigia a quadri, una camicia bianca, pantaloni grigi a quadri, e delle scarpe altamente eleganti con una suola dentata. Ovviamente, teneva un lungo cappotto pesante ed altrettanto elegante.
-Sembri Sherlock Holmes- rise Jonathan appena vide l’amico.
-Mi sorprende che tu conosca un classico della letteratura Inglese, Watson- rispose Gary facendo tacere il suo amico che ammise il grande stile e la grande efficacia della contro battuta.
Anche se era un ragazzo calmo che preferiva stare sui libri, Gary sapeva perfettamente quando aprire bocca e dire la cosa giusta. Anche se non si faceva coinvolgere tanto spesso in qualche rissa, la sua retorica, molto spesso, colpiva più forte di un mix di calci e pugni nello stomaco.
Jonathan vestì con quello che il giovane Weasley stesso chiama “Il Bronx”, un grande giubbotto imbottito di cotone al suo interno ed un grande ed ampio cappuccio, capace di nascondere l’intera testa e metà della sua faccia. Era il tipico abbigliamento di un tipico ultras.
-Solitamente lo uso quando vado a vedere i Falmouth Falcons. Insomma, fa un gran freddo sulle gradinate dello stadio e posso permettermi di fare tutto il casino che voglio senza che qualcuno riesco a vedere il mio volto- aggiunse Jonathan.
Poi mise un paio di jeans blu ed un paio di scarpe sportive.
James si vestì con un jeans molto simile a quello del Weasley, assieme ad un K-way, ottimo per parare e spezzare il vento, color nero. Le scarpe, invece, erano tipicamente sportive. Molto simili, anch’esse, al modello di scarpe che Jonathan portava ai piedi.
Scesero nella Sala Comune ed incontrarono Andrew. Era davvero molto carina con quella cuffia rosso Grifondoro. –Allora andiamo?- chiese lei che non vedeva l’ora. Scesero nella Sala Grande, ovvero il punto di ritrovo, e assieme al professor Paciock e Darwin, salirono sulle carrozze che gli avrebbero condotti ad Hogsmeade.
Non appena scesero, sentirono un’aria fantastica. Certo, era estremamente gelida, ma era comunque una fantastica atmosfera, quella di Hogsmeade.
-Voglio andare a Mielandia- disse Andrew immediatamente.
-Io voglio una bella Burrobirra ai Tre Manici di Scopa- rispose Jonathan.
-Prima Mielandia- insistette la ragazza.
-No io voglio i Tre Manici di Scopa!-. Sembravano cane e gatto.
-Penso che non sia d’aiuto il fatto che io voglia andare an Negozio degli scherzi dei cugini Peakes- disse Eddie. Si accese una piccola discussione su dove si volesse andare.
-Va bene- disse alla fine Andrew leggermente stizzita –Fatte quello che volete. Ubriacatevi ai Tre Manici di Scopa a al Piede di Porco. Io me ne vado a Mielandia-.
Si allontanò lasciando i ragazzi da soli. –Bene, andiamo!- disse esaltante Jonathan.
-Io la raggiungo- gli disse Jackson che non voleva lasciare l’amica in giro per Hogsmeade da sola. –Aspettami!- urlò da lontano il ragazzo.
-Muoviti bradipo o le caramelle migliori finiranno in un batter d’occhio- disse la Grifondoro che non voleva saperne di rallentare. Entrarono a Mielandia e presero una marea di dolci. Api Frizzole, Fildimenta Interdentali, GelatineTuttigusti+1, Gomme Bolle Drooble, Lumache Gelatinose, Mosche al Caramello, Pallini Acidi, Piperille, Rospi alla Menta, Scarafaggi a Grappolo, Topoghiacci erano solo alcune delle miriadi di prelibatezze che quel magico negozio offriva.
Jackson provò un nuovo prodotto appena entrato sul mercato: le Ghiande Cioccolato. Erano dei dolci che avevano le sembianze di una vera e propria ghianda che cresce in un alberello grande quanto un Bonsai che sforna grandi quantità di Ghiande Cioccolato che, ovviamente, sapevano di cioccolato.
Assieme alla sua migliore amica, il giovane Potter comprò quattro semi da piantare nella sua camera ad Hogwarts. –Hanno bisogno di molta luce e devono crescere con delle inzuppate quotidiane del tipo di cioccolato di cui volete ne assumano il sapore. Ovviamente deve essere sfuso il cioccolato e versato sul terriccio in modo tale che il seme, prima, e le radici, poi, ne assorbano tutte le proprietà- gli disse la giovane commessa che rimase qualche minuto a parlare con Andrew del tatuaggio a motivo floreale che portava sul collo.
-Voglio una tazza di thè- disse improvvisamente la ragazza prendendo Jackson per un braccio e, senza che potesse in qualche modo obiettare, lo fece entrare in una locanda graziosa, calda e con mobili ed arredamento interamente composti dal legno. Si sedettero in un tavolo ed attesero che un cameriere arrivasse per prendere l’ordine.
-Dove accidenti siamo?- chiese il giovane Potter sbalordito dalla “mielosità” e graziosità presente in quella locanda –Sembriamo di essere nella casa della nonna materna di Jonathan- aggiunse.
-Idiota- rise Andrew divertita –Siamo nella “Sala di thè” di Madama Piediburro”. È un posto molto carino a mio parere-.
-Se sei una primina innamorata dove vuoi portare il tuo ragazzo, allora lo è- disse Jackson con tono sarcastico, facendo ridere nuovamente la sua amica.
-Che cosa vi posso portare miei cari?- chiese una donna anziana.
-Due tazze di thè per favore- disse con tono grazioso Andrew.
Tornò dopo pochi minuti in cui i due Grifondoro rimasero in silenzio e commentando solamente le tovagliette ricamate presenti sul tavolo ricoperto da un centrino cucito a mano.
Sorseggiarono il thè caldo con gusto, dopo aver aggiunto qualche zolletta di zucchero per renderlo ancora più dolce. –So che n-non ti fa piacere parlarne- disse la Grifondoro esitante –M-ma ho sentito che Kaendra è decisamente depressa per ciò che è successo-.
-Immagino- rispose non tanto entusiasta della notizia Jackson.
-Mi dispiace per quello che è successo. Mi sento colpevole di aver causato…-.
-Non è stata colpa tua, ok?- la interruppe il ragazzo bevendo il thè ed addentando un biscotto.
-Lei mi ha detto di scegliere e l’ho fatto- continuò.
-Ma Kaendra…-.
- Deve capire: capire è il primo passo per accettare, e solo accettando si può guarire- la interruppe nuovamente Jackson.
Pagarono il conto ed uscirono. Decisero di andare ai Tre Manici di Scopa per poter raggiungere il resto della compagnia.
-Gli altri saranno già ubriachi fradici- commentò Andrew guardandosi attorno divertita con le mani dentro il cappotto per tenerle calde. –L’occhio vigile e attento di Gary non basta per evitare la tipica sbronza made in Weasley- disse Jackson.
Continuarono a camminare mentre, verso l’ora di punta, il sole regnava solitario ed incontrastato nel cielo, spazzando via le nuvole grigiastre e minacciose del mattino. Ma non voleva riscaldare più di tanto. Teneva i raggi solari tutti per sé.
Jackson pensò a ciò che la sua sorellina gli aveva detto durate le vacanze Natalizie.
-Il sole è egoista- disse lei –Durante l’anno non riesce a donare a noi esseri umani il calore necessario per stare bene e poi decide di scagliarlo tutto in una volta per tre mesi, rischiando di ucciderci per le alte temperature-.
-A cosa stai pensando?- interruppe i suoi pensieri Andrew.
-Niente- rispose Jackson –E tu?-. –Ecco- disse un’altra volta esitante la ragazza che portò la sua sciarpa a coprirgli metà del liscio e bianco volto.
-Stavo pensando a ciò che stava, insomma, per succedere tra me e te in Dormitorio-.
Il ragazzo non rispose. –Quando Jonathan, Eddie Gary sono entrati all’improvviso per un falso allarme- continuò la ragazza.
Ancora nessuna risposta da parte del ragazzo.
-Jackson fermati per favore- gli chiese gentilmente lei. Il giovane Potter obbedì.
-Sappiamo entrambi cosa stava per succedere- disse Andrew con voce timida.
E tornarono a guardarsi dritti negli occhi quando Jackson alzò lo sguardo. Era più bassa di lui ma, pensò lui, era decisamente attraente anche sotto tutta l’imbottitura invernale. Lo sguardo era forte. Era uno sguardo silenzioso. Ma, dopotutto, i silenzi racchiudono frasi infinite. Racchiudono qualcosa che va oltre le parole. Racchiudono qualcosa che è più forte delle parole stesse.
Racchiudono emozioni.
Emozioni altrettanto forti.
Emozioni che non si possono descrivere, perché sono quel genere di emozioni che non hanno un nome, nonostante si manifestino più e più volte in tante coppie, ogni giorno.
La ragazza si avvicinò facendo un passo lento, come se fosse stata pronta a restare nella posizione di partenza nel caso Jackson sarebbe arretrato. Ma Jackson non arretrò. Ed era più vicina. E lei tolse la sua mano destra dalla tasca del giubbotto e prese lentamente quella sinistra del ragazzo.
Iniziò ad accarezzarla. Santo cielo, pensò il Grifondoro. Adorava maledettamente quel genere di carezze alla mano. Più di ogni altra carezza in altre zone del corpo.
Jackson pose una mano sul fianco della ragazza e sentiva che la stava portando a sé, così come il suo volto che si avvicinava sempre di più a lui. Lei era già in punta di piedi.
Il ragazzo tentò di inarcarsi per raggiungere l’altezza della sua amica.
-Jackson?- interruppe una voce femminile.
I due ragazzi ricomposero le loro menti e tornarono con i piedi per terra. Il Grifondoro si girò e vide Kaendra Chambers da sola.
-Vi lascio soli- disse Andrew che entrò ai Tre Manici di Scopa.
Jackson non riuscì a comprenderlo, ma sembrava quasi che stesse mandando una marea di imprecazioni e maledizioni verso la Serpeverde che aveva rovinato quel momento. Non riusciva a comprendere se stesse veramente pensando tutto ciò. Ed ora era confuso.
-Posso parlarti?- chiese lei. Il Grifondoro acconsentì.
-Mi dispiace per come mi sono comportata. Sono stata veramente una ragazzina poco matura e capisco quanto sia importante per te l’amicizia di Andrew. I-io ti giuro che mi sono stupita di me stessa quando ti ho chiesto di fare una scelta simile e me ne rammarico ogni giorno che passo.
Mi pento completamente di essere stata così egoista nel voler separare due grandi amici come voi due e ti giuro che non mi sono mai sentita così in colpa. So anche di averti fatto arrabbiare ma penso che il tempo che abbiamo passato da soli, negli ultimi giorni, è riuscito a farmi comprendere ciò-.
-Bene- rispose il ragazzo che non sapeva che altro dire.
-Riprendimi con te- chiese lei –Ti prego torna con me- implorò.
-Mi hai detto di fare una scelta e io l’ho fatta- disse freddo Jackson.
-So che sei arrabbiato e ne hai tutte le ragioni del mondo ma ti giuro che non farò mai più una cosa del genere e che diventerò amica di Andrew e passerò più tempo con tutti voi-.
-Kaendra…- tentò di spiegarsi Jackson che venne interrotto dalla ragazza.
-Sono pronta a richiedere l’Aut-test-.
Il Grifondoro sgranò gli occhi dalla sorpresa. L’Aut-test era una norma speciale inserita dal Ministero della Magia, tramite alcuni funzionari del Wizengamot e della Corte Suprema del Mondo Magico, quattro anni fa.
In poche parole, lo studente che lo desiderava, tramite un’apposita domanda, poteva sottostare per la seconda volta al giudizio del Cappello Parlante e sperare che potesse cambiare la sua Casata.
Nessuno aveva ancora osato compiere questo tipo di azione.
-Smettila di dire sciocchezze- disse Jackson che tentò di entrare presso il pub per potersi sedere assieme ai suoi amici ma la Serpeverde gli piombò davanti.
-Ti prego. Io ti amo- disse lei con gli pieni di lacrime e prendendogli il volto.
Lei era più alta di Andrew e poteva arrivare tranquillamente alle labbra del Grifondoro. Si avvicinò. Lentamente. Sempre di più. Sempre più vicina. Ed il ragazzo non sapeva che fare. Ma, poi, non ebbe più tempo per pensare. Perché le labbra dei due ragazzi entrarono in contatto, generando ciò che più comunemente è noto con il termine “bacio”.


Angolo dell'autore: Bene. Intanto, grazie a coloro che hanno letto questo capitolo e che continuano a leggere la storia. Spero di essere stato chiario nella descrizione degli indumenti che i nostri Grifonodoro hanno deciso di indossare per questa fredda giornata invernale. 
Poi, passando ad argomenti più seri, ecco il primo colpo di scena che vi avevo promesso e, per favore, non odiatemi per aver interrotto il capitolo proprio nel suo punto più caldo. Una Andrew decisamente curiosa di sapere l'opinione di Jackson riguardo a ciò che stava per succedere ma che è stata bruscamente interrotta dal "passato" del ragazzo.
Ma la risposta l'avrete su ciò che accadrà in seguito, l'avrete in seguito, se continuerete a leggere.
 

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Capitolo 35
*** Capitolo 35 ***


Capitolo 35
 
Jackson entrò ai Tre Manici di Scopa e non impiegò molto tempo ad intravedere tra la folla di persone, la chioma rossa del suo migliore amico che faceva presagire il fatto che aveva trovato i suoi compagni. Arrivò davanti ai suoi amici che lo fecero sedere. Si sedette fra i suoi due migliori amici: Jonathan ed Andrew.
-Cos’è successo?- chiese Eddie –Sei rimasto fuori qualche minuto più rispetto a quando Andrew è entrata-.
-Stavo parlando con una persona- rispose il giovane Potter.
-E con chi di preciso?- chiese Jonathan passandogli un gigantesco boccale ripieno di Burrobirra pronta ad essere bevuta. Il ragazzo prese un lungo sorso ed assaporò quella deliziosa bevanda.
-Kaendra- rispose.
I suoi amici si ammutolirono di colpo. Sapevano perfettamente che il loro amico non amava particolarmente parlare della Serpeverde –E mi ha chiesto di tornare assieme a lei-.
-Presumibile siccome sei uno schianto- tentò di motivare la situazione con una battuta Jonathan.
-Ovviamente- rispose il Grifondoro.
-E cosa le hai detto?- chiese James bevendo quello che pareva essere un bicchierino di Whiskey Incendiario.
-Le ho detto che non saremmo tornati assieme ma poi lei mi ha colto alla sprovvista-.
-In che senso?- domandò Eddie che girava e rigirava fra le dita il suo bicchiere in vetro completamente svuotato del liquido, presumibilmente alcolico, che stava al suo interno.
-Mi ha baciato-. Il giovane Potter guardò Andrew. Non guardava nessuno e non aveva nemmeno ordinato qualcosa da bere. Guardava fissa il legno del tavolo.
-Non me l’aspettavo che avrebbe fatto una cosa del genere sinceramente- continuò il ragazzo.
-E poi?- lo invitò a continuare Jonathan.
-E poi le ho ribadito che non saremo tornati assieme-. Tutti quanti sorrisero. Tutti quanti furono contenti di come il ragazzo aveva reagito. Jackson prese la mano della sua migliore amica sotto al tavolo e le sorrise raggiante. Lei, senza pensarci, mollò un bacio sulla guancia del ragazzo.
-Ehi lascia un po’ di Jackson anche a me- disse in un tono satiricamente severo ed offeso Jonathan che abbracciò Jackson scatenando grosse e grasse risate. –Sei veramente un cretino- commentò il giovane Potter divertito.
-Ah essere giovani e sentire il morso pungente dell’amore- disse Gary che, fino ad allora, non aveva spiccicato parola.
-Dovresti frequentare il corso extra-scolastico di Filosofia per quanti aforismi tiri fuori- disse Jackson terminando il suo boccale di Burrobirra.
Il ritorno ad Hogwarts fu incredibilmente tranquillo. Era sera ed era quasi l’ora di dirigersi presso la Sala Grande per poter gustare le prelibatezza che la cena doveva offrire. Le tavolate, come al solito, erano stracolme e tutta la scuola era presente nell’immensa sala.
Nella tavolata dei Grifondoro, si discuteva del più e del meno, come di consuetudine.
Accadde un fatto piuttosto curioso.
Mentre Jackson parlava con Jonathan, venne interrotto da una ragazza che si presentò davanti ai due Grifondoro. –Ciao- disse lei timidamente.
Era una ragazza molto carina che presentava una deliziosa frangetta sulla fronte. I capelli erano puramente scuri e vestiva i colori dei Corvonero.
I due ragazzi, affiancati da Andrew dalla parte di Jackson e da Eddie da quella di Jonathan, risposero al saluto. –Ehm, non so se voi sappiate chi sono. Mi chiamo Emmeline Kozak e sono della Casata dei Corvonero-.
-Piacere- dissero i due ragazzi alla Corvonero.
-Tu devi essere Jackson- chiese lei. –Sì sono io- rispose il giovane Potter.
-Posso parlare un attimo con il tuo amico?- chiese gentilmente.
-È tutto tuo- disse sorridendo.
Tornò a pregustare il suo piatto ma, intanto, così come il resto della tavolata, rimase ad origliare ciò che Emmeline voleva chiedere a Jonathan. –Cosa posso fare per te?- chiese il Weasley.
-Ecco, io- incominciò lei cercando le parole giuste –Ti a-andrebbe, e-ecco, di uscire qua-qualche volta assieme?-.
Ora Jackson, altamente sorpreso, così come Andrew, Eddie, Gary e James, ma come tutti i Grifondoro a cui stavano assistendo alla scena, si girarono verso il giovane Weasley, profondamente preso alla sprovvista. –U-uscire?- chiese lui.
Persino Jackson non aveva mai sentito balbettare il suo amico di fronte ad una persona che non fosse un professore che lo stesse interrogando su un argomento da lui non studiato.
-Ecco, io- continuò lui che cercava di pensare velocemente.
-E dagli una gomitata- sussurrò a bassa voce Andrew a Jackson –Sembra un idiota senza collo-. Il giovane Potter fece ciò che la sua amica gli consigliò e, dopo la gomitata al fianco che riportò Jonathan alla realtà disse –Mi farebbe davvero piacere- rispose lui.
-Oh fantastico!- disse la ragazza raggiante e felice per poi salutare tutti e tornare al suo tavolo.
-Non sudi così tanto nemmeno durante una partita di Quidditch- fece notare James. –Sta zitto- rispose Jonathan che, incredibilmente, non toccò più cibo. Tutti erano davvero felici per il giovane Weasley. Insomma, era tempo anche per lui di aprirsi a qualche relazione.
Erano pronti a fare dei commenti sulla Corvonero ma vennero interrotti dal Preside Sinister che richiamò l’attenzione di tutti i presenti.
-Perdonate l’intromissione, essendo a metà cena- iniziò lui –Ma ho un annuncio molto importante da fare. Vedete, negli decenni, se non ventenni, ho constatato il fatto che Hogwarts non ospita scuole straniere dai tempi del Torneo Tremaghi, l’ultimo della storia chiaramente.
Ho pensato, dunque, di ospitare, dopo tanti anni, uno studente di una scuola straniera, precisamente uno studente della prestigiosa scuola Nordica dell’Istituto per gli studi magici di Durmstrang-.
Improvvisamente, tra tutti gli studenti, ci fu grande eccitazione per vedere uno studente straniero. Partirono immediatamente i pronostici su come potevano essere le sembianze dello studente: sesso, colore dei capelli, età, nome, addirittura numero di scarpe e lo stile di abbigliamento. Tutto quanto in pochissimi secondi.
-Calma, calma per favore- chiese il Preside facendo tacere tutti quanti –Lo studente sarebbe dovuto arrivare in tarda mattinata ma al mio orecchio mi è giunta la notizia che è già arrivato e, perciò, accogliete calorosamente il nuovo membro che da qui, fino alla fine dell’anno scolastico, farà parte della grande famiglia di Hogwarts.
Diamo il benvenuto a Zhukov Malfoy!-.
La porta della Sala Trofei, posta dietro la tavolata dei professori, si aprì e venne fuori un ragazzo. Tutte le ragazze incominciarono a ridacchiare ed applaudire fortemente. Era un ragazzo giovane. Un grande fisico snello e allo stesso tempo robusto. Indossava una gigantesca pelliccia con un colbacco che ricopriva la sua testa. Aveva un volto molto maturo con zigomi fortemente pronunciati ed occhi di un azzurro altamente freddo.
Quando si levò il colbacco, rivelò i suoi capelli: biondo. Un forte biondo acceso e chiaro, che fece quasi svenire molte giovani studentesse.
Ovviamente anche Jackson fu sorpreso, ma solo per lo stesso motivo per cui lo era anche Jonathan. Si guardarono velocemente e capirono al volo cosa volessero dirsi. Un Malfoy era piombato nel Castello di punto in bianco. Un Malfoy come lo era stato Draco Malfoy. Un Malfoy. Un membro appartenente ad una famiglia che ha avuto forti contatti con le forze oscure della magia. Un Malfoy che proviene da una delle scuole di Magia e Stregoneria più dure, disciplinate e severe di tutto il mondo.
Una delle scuole dove non sono ammesse donne o non Purosangue. Una scuola dove il centro delle attività di studio, sono le Arti magiche Oscure. Una scuola dove è stata creata la mente del Mago Oscuro Grindewald.
-Spero che voi possiate aiutare il nostro nuovo studente ad ambientarsi facilmente ad Hogwarts e possiate farlo sentire a casa.
-Però- intervenne James quando Sinister diede il permesso di poter riprendere a mangiare –Chissà se andrà forte nel Quidditch-.
-Pensi che possa centrare qualcosa?- chiese Jonathan allarmatosi improvvisamente.
-Non penso. Secondo me è solo una coincidenza. Magari è un ragazzo amichevole e tranquillo- disse Jackson cercando di non appesantire troppo la cosa.
-Forse hai ragione-.
-Cosa state confabulando voi due?- chiese Andrew.
-Stavo parlando di come deve affrontare l’appuntamento con Emmeline- mentì il giovane Potter.
-Sii gentile e galante, mi raccomando testa rossa- disse lei. –Io sono sempre galante e gentile- rispose Jonathan che tornò ad ingozzarsi come di sua consuetudine.
Nei successivi giorni, i riflettori di tutti erano puntati su Zukhov che, vista la sua età, frequentò il sesto anno, ovvero la medesima annata di Jackson. Si rivelò un portento. Era fortemente intelligente sia nella pratica degli Incantesimi che nella teoria noiosa dei libri di Storia della Magia. Conosceva tutto quanto. Imparava in fretta e parlava perfettamente l’Inglese.
Con sorpresa di tutti, un giorno, Andrew si avvicinò ai suoi amici con Zukhov accanto.

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Capitolo 36
*** Capitolo 36 ***


Capitolo 36
 
-Piacere, io mi chiamo Zukhov- disse il ragazzo presentandosi al gruppo.
Il ragazzo fu facilmente tirato in ballo da molte questioni. Tantissime domande gli furono, in particolare su Durmstrang.
La scuola, secondo quello che il biondo disse, sembrerebbe esistere almeno dal 1294, quando parteciparono per la prima volta al Torneo Tremaghi.
Descrisse in modo approssimativo l'aspetto della scuola, che è costituita da un castello di soli quattro piani, molto più piccolo quindi del castello di Hogwarts e probabilmente più spoglio, visto lo stupore dello studenti per lo sfarzo e il soffitto della sala di Hogwarts. La scuola è dotata di un parco molto grande e di un lago.
-Non credete a ciò che si dice in giro- disse Zukhov –Nella nostra scuola, dopo la seconda Guerra, sono state abolite tutte le norme secondo cui solo i Purosangue potessero accedervi. Inoltre, le Arti Oscure, seppur vengono studiate, non vengono messe in pratica. Capisco che la nostra scuola ha una cattiva fama, ma non è come la descrivono. Credetemi-.
Si poteva notare un accento tipicamente Nord-Scandinavo nell’Inglese del ragazzo che, comunque, era decisamente ottimo.
Passarono tanti minuti in cui il ragazzo rimase a conversare con tutto il resto del gruppo, eccetto Jackson che, stranamente, non vedeva tanto entusiasmo nel scmabiare “quattro chiacchiere” con il nuovo arrivato.
-Si può sapere come hai fatto a conoscerlo?- chiese il Grifondoro ad Andrew.
-Bè è successo in fretta- disse lei –Stavo sfogliando un libro in Biblioteca e me lo sono ritrovato accanto e, dopo che ha visto la copertina del mio libro, ha incominciato a parlarmi fino a quando la Bibliotecaria non ci ha minacciato di buttarci fuori a vita per “l’eccessivo chiasso” che stavamo mettendo in scena-.
Jackson rimase zitto e non commentò la risposta della sua amica.
-Tutto bene?- chiese lei. –Sì- rispose il ragazzo.
-A me non sembra- continuò la ragazza.
Jackson, non capendo il perché, si alzò e si allontanò dal gruppo che rimase leggermente confuso dall’azione del ragazzo che non aveva nemmeno espresso alcuna forma di saluto. Incominciò a camminare e gli ci vollero pochi secondi per capire che aveva fatto un qualcosa di completamente inutile, che non aveva senso e che non serviva. Uscì nei giardini del Castello nonostante il freddo ed il vento insistessero parecchio nelle ultime ore.
Iniziò a pensare. Pensò ancora alla missione affidatagli dal nonno ed era ansioso di esplorare un altro ricordo. Ovviamente, la lettera scritta in Rune Antiche era indispensabile per comprendere veramente quali fossero gli intenti di Sinister.
Camminò fino ad arrivare sulla riva del Lago Nero e notò la figura di Radja che, a petto nudo, era entrato nell’acqua gelida che lo ricopriva dalla vita in giù. –Rischi di prenderti un raffreddore- disse il Grifondoro che, da dopo la sua scomparsa, non era più riuscito a conversare con il Corvonero.
-È un allenamento- rispose lui –Mi aiuta a tenermi concentrato. Più penso alla termoregolazione del mio corpo e più riesco ad aumentare il livello di concentrazione, fino a raggiungere una parte di tranquillità-.
-Tranquillità?- chiese il giovane Potter confuso avvicinandosi più cautamente alla riva del lago. –Hai presente quando una persona sta per affogare?- chiese il Belga.
-Ehm, credo sì- rispose Jackson.
-Quando una persona resta sott’acqua, istintivamente cerca di trattenere il fiato senza inglobare nei propri polmoni l’acqua che lo circonda. Arrivati ad un limite, alla fine, la testa scoppia e non si resiste più e si affoga-.
-E questo cosa centrerebbe con la pace e la tranquillità che cerchi?-.
-Quando la testa scoppia, dopo essere stata sottoposta ad una forte pressione che causava solo male, si entra in quello che chiamano “il momento di estasi” dove si muore in tranquillità, in pace. Io sto ricercando una pace simile tramite questo metodo: con la concentrazione. Piano piano mi immergo nell’acqua senza mai smettere di pensare a rimanere caldo. Ed è nella concentrazione che torvo la mia tranquillità. Una tranquillità simile.
E poi, la pace viene da dentro, non da fuori-.
Jackson continuava ad osservare i tatuaggi del ragazzo che, nonostante avesse appena un’età compresa fra i sedici ed i diciassette anni, gli ricoprivano l’intero corpo.
-Come mai hai tutti questi tatuaggi sulla pelle?- chiese.
-Tutti raccontano una storia, se presi singolarmente. Ma se vengono uniti, raccontano la mia storia, mostrano ciò che sono e che voglio continuare ad essere. È un concetto molto importante la parola “tatuaggio”, soprattutto nella civiltà Samohana.
Sai che significa tatuaggio nella civiltà Samohana Potter?- gli chiese.
-No- rispose il Grifondoro.
-Ferita aperta-. Bastò quella frase a zittire il ragazzo. Non fece più alcuna domanda riguardo ai numerosi disegni che coloravano la pelle del Corvonero.
-Perché sei venuto qui?- chiese quest’ultimo.
-Come?- chiese Jackson lasciando perdere i suoi pensieri.
-Oltre al fatto che non ti ho mai visto da solo, adesso sei arrivato fin qui e mi hai rivolto la parola. Perché?-.
-Io non lo so- rispose sincero –Mi sono lasciato guidare dal vento e sono arrivato fin qua-.
-Il vento non può trasportare nessuno. Siamo noi che guidiamo i nostri passi. Siamo noi che decidiamo dove andare ed ogni direzione che prendiamo ha un suo significato, una sua ragione che ne provoca una conseguenza. L’istinto ti ha guidato fin qua. L’ignoto ti ha guidato fin qua. Ma forse c’è dell’altro- disse Radja muovendosi nell’acqua fredda del Lago Nero ed incominciando a guardare il giovane Potter.
-Qualcosa ti turba-. Uscì dall’acqua e si avvicinò al ragazzo. –Tu soffri Jackson Potter. Tu stai soffrendo- affermò Radja.
-Ti sbagli- si difese il ragazzo.
-Non prendere in giro anche te stesso. Ricorda che è nella mente che ha origine la sofferenza; nella mente stessa inizia la cessazione della sofferenza-.
-Sofferenza per cosa?- chiese Jackson.
-Sembra essere amicizia, da quel che vedo. O forse è amore. O forse è conflitto o, ancor più possibile, un cambiamento-.
-Un cambiamento?-. –C’è qualcosa nella tua vita che sta cambiando. Tu non te ne accorgi o, forse, te ne accorgi ma non lo vuoi accettare perché hai troppa paura-.
Si mise la felpa. –Ricorda- continuò Radja -Il cambiamento non è mai doloroso. Solo la resistenza al cambiamento lo è. E non credere a chi ti dice di affidarti alle stelle o all’arte della Divinazione. La Via non è nel cielo; la Via si trova nel cuore-.
-Perché mi stai dicendo tutto questo?- chiese il Grifondoro.
-Perché vedo che tu hai bisogno di una mano, di un aiuto. Perché noi Buddisti cerchiamo la pace interiore ed aiutiamo gli altri a trovare la giusta via su cui camminare. Se quello che ti ho detto ti sta facendo ragionare, allora devi correre verso il cambiamento. Devi abbracciarlo. Devi volerlo. A tutti i costi. E sarai più felice. Perché saprai che è stato il cuore a guidarti e non il vento, come dici tu. Ci si vede Jackson- disse Radja per poi incamminarsi verso Hogwarts.
Jackson iniziò a pensare alle parole del suo compagno di scuola. Restò molti minuti. Restò per molto tempo, fermo, ad osservare l’orizzonte. Sapeva che Radja aveva ragione. Sapeva che la sua vita stava cambiando. Sapeva che doveva andare incontro a ciò che il destino gli stava ponendo di fronte e non doveva voltarsi e scappare.
-Jackson?- lo chiamò una voce alle sue spalle.
Il Grifondoro si voltò e vide la figura di Zukhov davanti a lui. Alto, robusto, biondo. Era proprio un Malfoy. –Non ho potuto fare a meno di venirti incontro, visto che te ne sei andato senza motivo-.
-Sì, ho un sacco di cose a cui pensare solitamente- rispose.
-Non abbiamo nemmeno avuto modo di parlare-.
-Probabilmente non mi andava di parlare. Tutto qua- si giustificò il ragazzo.
-Devo dire che la tua amica, Andrew, è molto carina e gentile. È davvero bello che tu abbia conosciuto una persona come lei in un mondo dominato dall’egoismo e dalla cattiveria-.
-Sì. È davvero una brava persona-. –Sai pensavo di chiederle di uscire- disse all’improvviso il biondo.
Il giovane Potter non si aspettò una frase del genere. –Ti crea problemi se lo faccio?- chiese. Jackson ci pensò. Ci pensò molto velocemente ma anche molto profondamente. Ricordò le parole di Radja. Ricordò quello che gli aveva detto. Gli aveva detto di seguire il cuore. Di guardare dentro sé stesso e di convincersi che doveva abbracciare il cambiamento. Ed il cambiamento, era più che evidente.
-Non ho nessun problema- disse.
-Bene, ehm, scusami se ti sembrerà un gesto da persona “ignorante” ma non so quale sia il tuo cognome-.
-Potter-. –Potter?- chiese Malfoy –Vuoi dire, quel Potter?-.
-Che intendi con, “quel Potter”?-. –Il nipote di Harry Potter? Il salvatore del Mondo Magico?-.
-Sì, sono io-.
-S-scusami, m-ma- disse con un tono esitante ed incerto il ragazzo proveniente dalla scuola di Durmstrang –M-ma devo a-andare-.
Senza nemmeno salutare, Zukhov corse di tutta fretta verso Hogwarts, lasciando Jackson da solo, confuso, in compagnia dei suoi soli pensieri che, dopo aver parlato con il giovane Malfoy, erano depressi, tristi ed amareggiati.

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Capitolo 37
*** Capitolo 37 ***


Capitolo 37
 
Jackson tornò del Dormitorio, dopo aver parlato con Jonathan della sua improvvisa sparizione. Il giovane Weasley era leggermente contrariato visto che lui, così come il resto del gruppo, ci era rimasto male. Chiese scusa e se la cavò dicendo –Non è un bellissimo momento per me-.
Entrò nella sua stanza e vide che qualcuno lo attendeva all’interno. Andrew stava davanti a lui. –Mi vuoi dire che ti prende?- chiese lei. -È solo un brutto periodo- rispose anche alla sua amica il giovane Potter.
-Lo sai che di me ti puoi fidare- lo incoraggiò a parlare lei.
-Non voglio parlarne adesso- disse diretto ed esplicito Jackson che fece comprendere alla ragazza che non era il momento giusto per aprire bocca. Sapeva quando il Grifondoro voleva restare per i fatti propri.
-Se non hai nient’altro da dirmi puoi anche andare- disse lui freddamente ma anche amareggiato per ciò che aveva appena detto.
-C’è dell’altro- disse la ragazza –Zukhov mi ha chiesto di “conoscerci meglio”-.
-Quindi ti ha chiesto se ti andasse di uscire assieme a lui-.
-Sì-. –E perché mi stai dicendo questo?- chiese il ragazzo avvicinandosi al comodino e levandosi la felpa che portava, in modo tale da restare solo con la maglietta a ricoprire la parte del corpo che andava dalla vita al collo.
-Perché, vedendo che Zukhov mi ha detto “Al resto del gruppo va bene la cosa”, volevo chiederti se veramente non ti crea problemi il fatto che io inizi a frequentarlo-.
Jackson non sapeva che dire. Ormai, era sempre più consueto e giornaliero il non riuscire a spiccicare parola. –E tu sai- riprese la ragazza –Cosa significa il termine “frequentare”-.
Prese un respiro lungo. –Gli hai già dato una risposta?- chiese.
-Sì-.
Jackson, che ora dava le spalle alla ragazza, chiuse gli occhi e storpiò la bocca ed il naso. Non sapeva se fosse il caso di parlare o di starsene zitto. Non sapeva proprio come comportarsi. Era in balia di una vera e propria zona zero. Un limbo. Un luogo in cui non si riesce a trovare via d’uscita.
-Senti Andrew- iniziò lui –Io e te ci conosciamo da tre anni ormai. Tre lunghi anni. Ho sempre notato che tu fossi una ragazza che meritava il meglio. Una ragazza che merita di avere al suo fianco qualcuno che la faccia sentire al sicuro. Ma una cosa te la devo dire. Me la tengo dentro da troppo tempo- si voltò e fissò la ragazza dritta negli occhi. Il ragazzo aveva uno sguardio serio. Il più serio che avesse mai assunto. Occhi forti. Occhi alquanto stanchi. Occhi che non ne volevano più sapere di tenersi tutto dentro e che incominciarono ad inumidirsi sempre di più ad ogni parola e frase che usciva dalla bocca del Grifondoro.
-Io non ho idea di quello che mi stia succedendo. Non ho alcuna idea su cosa la mia testa sta cercando di dirmi costantemente. Io però sento che c’è qualcosa di diverso fra me e te. Non c’è più quell’amicizia spensierata che era nata quando entrambi abbiamo deciso di marinare le lezioni, tre anni fa.
È un cambiamento bello e buono. Io mi accorgo di guardarti con occhi diversi da molto tempo. Non riesco più a guardarti come l’amica su cui fare affidamento e che rompe le scatole quando combino qualche “malandrinata”. Io ti vedo come la persona che non riesco più a togliermi dalla testa, che vedo ogni volta che chiudo gli occhi, che vedo anche in un noioso testo di Storia della Magia.
Io non so cosa sia quello che sto provando. Forse ho paura di pensare a capirlo. Forse temo di comprendere che sto provando sentimenti forti ed estremi nei tuoi confronti. E non mi riferisco solo al fatto che tu sia la ragazza più bella che conosco. Io mi riferisco al fatto che sei forte, che sai badare a te stessa, che sei dolce e acida nei momenti più opportuni, ma sei anche gentile e premurosa con tutti quando serve.
E questa tua mentalità ti rende unica e magnifica. Ed ogni giorno che passa, non solo mi sento fortunato ad aver conosciuto, seppur per caso, una ragazza come te, ma sento di aver bisogno di te e, quando ho visto che giravi assieme a Zukhov, ho provato un senso di mancamento, un senso di tristezza e frustrazione che non si sono più staccate.
Per questo me ne sono andato. Non sopportavo di vedere quel ragazzo che ti guardava con gli stessi occhi con cui ti guardo io di nascosto, senza che nessuno se ne accorga.
E capisco che Zukhov è un bel ragazzo, attraente, straniero ed estremamente interessante ma i-io voglio solo che tu sia felice anche se con l-lui al t-tuo fianco e n-non voglio che quello che ho dett-to r-rovini la nostra a-amicizia e…- non riusciva ad andare avanti.
Le gambe non lo sorreggevano più ed andarono a farsi benedire. Cadde nel letto. Rimase seduto con le mani nel volto cercando di evitare che le lacrime non uscissero dai suoi occhi. Tentativo tanto coraggioso quanto fallimentare.
-Jackson- disse Andrew, restata muta per l’intero discorso del ragazzo, sedendosi al suo fianco.
Prese il volto del ragazzo ed incominciò a pulirgli il viso. –Io gli ho detto di no- gli disse lei.
-P-perché?- chiese Jackson.
-Perché gli ho detto che mi piace un altro ragazzo e che voglio solo quel ragazzo-.
-Oh- disse Jackson che non voleva saperne di non sentire il tocco delle dita della ragazza che accarezzavano delicatamente il suo volto.
-E tu mi piaci molto Jackson- si avvicinò.
Si avvicinò e, stavolta, nessuno poteva impedire l’inesorabile. Nessuno poteva impedire che i due potessero scambiarsi un bacio sincero, un bacio che liberava tantissime emozioni assopite. Era bacio lento dove si volevano esplorare nuovi territori sconosciuti, dove si voleva comprendere di che forma fossero fatte, quali movimenti di dovevano effettuare.
Andrew accelerò. Si sentiva l’adrenalina. Girava nell’aria. Adrenalina forte. Fortissima. Una sensazione di puro piacere.
E le bocche si aprirono. Si spalancarono le porte. L’umidità delle due bocche entrò in contatto. Jackson riusciva a sentire il respiro della ragazzo dentro il suo. Sentiva le sue guance gonfiarsi ad ogni boccata d’aria che la ragazza gli mandava. Ed era aria fresca, seppur umida. Era aria, dolce, forte, al sapore di menta. Erano delle emozioni che si potevano assopire, che i due Grifondoro hanno provato ad assopire ma che, con il cuore che entra gioco, non potevano restare sotto terra.
Il cuore comanda. Comanda sulla testa. E la testa comanda il cuore. Ma se il cuore comanda la testa e la testa comanda il corpo, il cuore, alla fine, non è altro che il vero padrone del corpo.
Ogni essere umano, compie ogni sua azione in base a ciò che il cuore dice. È completamente impossibile che la razionalità della ragione, non sia guidata da una minima percentuale del cuore.
Esso trova sempre il modo di imbucarsi. Riesce sempre a trovare lo spiraglio che gli permette di mandare fuori uso il cervello, facendogli compiere delle azioni che la ragione non avrebbe mai messo in atto.
Al cuor non si comanda, dopotutto.
Jackson si accorse che tutto ciò che ha fatto, ogni sua azione, aveva un protettore. Una protettrice, per l’esattezza: l’amore di Andrew che gli aveva sempre dimostrato in ogni suo piccolo gesto ed in ogni sua piccola frase.
Essere stati amati tanto profondamente ci protegge per sempre, anche quando la persona che ci ha amato non c’è più. È una cosa che ci resta dentro, nella pelle. Ma Andrew era presente in quel momento. E lo stava baciando. E dimostrava di voler baciare solamente quelle labbra. Quelle labbra che ha bramato di toccare, sfiorare e baciare ogni giorno da quando ha scoperto di essere attratta da quello che, in fin dei conti, non era altro che un ragazzo che, per un giorno, aveva deciso di saltare qualche lezione.
Erano dei pensieri confusi ed allo stesso tempo ordinati, in un momento di lucida pazzia e follia.
Era solo un sogno, quello di poter tastare il territorio di una ragazza così bella, solo uno stupido sogno che non accettava il fatto di volerlo rendere reale. E anche se nei sogni si entra in un mondo proprio, alla fine, rimane solamente un sogno. Un sogno immateriale. Un sogno della nostra testa creato dai più profondi ed insipidi desideri della nostra mente. Ma ora è reale. È tutto reale.
Quelle labbra, quei capelli che ogni tanto entravano nella sua bocca, quel continuo ansimare da parte della ragazza che stava baciando, quel muovere i corpi in maniera perfettamente e collaudata, come se l’avessero tante volte. Era tutto reale.
Ma per ogni passo, si compie una scelta e si crea un essere di cui si prende la piena responsabilità delle proprie azioni. Jackson aveva decise di accogliere Andrew nella sua vita. Aveva deciso di oltrepassare il limite che l’amicizia interponeva. E se sono le scelte che facciamo a creare le persone che siamo, allora Jackson era pazzo di Andrew. Stava lentamente impazzendo al solo pensiero di non poter avere con sé, fra le sue mani, fra le sue braccia, nella sua bocca, quella stupenda ragazza.
Ma non se ne accorgeva. Non riusciva ad essere conscio di tutto ciò e, nei momenti in cui riusciva ad intravedere uno spiraglio, voltava la faccia e camminava in direzione opposta. Ma questo pensiero è molto bravo a trovare chi si nasconde. E con l’ausilio di Cupido, riesce sempre a centrare il bersaglio.
E quante volte ha desiderato questo momento senza nemmeno rendersene conto. Quante volte ha sperato di poter vivere istanti come quelli che stava vivendo. E quanto forte era, in quegli istanti, il desiderio di poter fermare il tempo e non passare mai.
Ed ecco che si fermarono. Ansimavano leggermente. Ma andava bene così. Quella non era fatica sprecata. Nient’affatto. Proprio no. E si guardarono. Negli occhi. Fortemente. Uno sguardo che poteva sembrare come uno sguardo di sfida. Come se stessero giocando a chi avrebbe ceduto per primo. Ma entrambi morivano dalla voglia di ricominciare. Entrambi volevano continuare. Entrambi volevano porre fine a quel solstizio che dominava in quei momenti. Andrew sorrise. Un sorriso quanto contenuto. A labbra chiuse. Abbassò gli occhi.
Mosse la mano destra e fece dell’indice e del medio due gambe e camminò con le due dita verso la mano di Jackson e l’afferrò. La portò alla sua bocca ed incominciò a baciarla, dandogli piccoli, teneri, dolci, lenti baci. Era divertito il Grifondoro, molto divertito. Ma non un divertimento che si esprime con le risate a crepapelle, ma un divertimento che scatena i più bei sorrisi possibili. Un sorriso a trentadue denti, per l’esattezza.
Il ragazzo non resistette. Era diventato geloso della sua stessa mano. Tornò con rapidità a baciare la ragazza che mollò la mano per andare ad appoggiarla sul petto del ragazzo e poteva sentire il ritmo del battito cardiaco. Perché l’amore non fa altro che farci pensare “mi fai tremare il cuore, mi fai smettere di respirare”. Ed ecco un’altra accelerata.
Ed ecco che le porte delle bocche si aprono di nuovo.
Ed ecco che ricominciano le boccate dell’aria esalata dai due.
Ed ecco il fantastico sapore.
Ed ecco cos’è che attrae tante in un bacio.
La porta si aprì ed entrò un ragazzo dai capelli rossi nella stanza. –Jackson!- esclamò Jonathan che si fermò vedendo i suoi due amici staccare le bocche e guardarlo sorpresi, senza capire che tipo di espressione assumere.
-Ops- disse lui imbarazzato. Andrew si alzò dal letto, mollando un bacio sulla guancia a Jackson ed avvicinandosi al Weasley.
Lo abbracciò, con un sorriso sulle labbra. –Ssh- le disse lei portando l’indice davanti alla bocca. E poi uscì dalla stanza, chiudendo la porta.
Un silenzio a dir poco imbarazzante governava la stanza ed i due ragazzi di Grifondoro al loro interno.
-Giuro che io…- tentò di dire Jonathan che venne prontamente interrotto da Jackson che disse –Non preoccuparti- aveva un sorriso sulle labbra –Prima o poi dovevamo fermarci-.
-Davvero amico, sono molto, molto felice che tu ed Andrew abbiate, insomma, mi hai capito, ma ho una cosa importante da dirti-.
-Dimmi pure-.
-Mi è appena arrivata la posta. Mia nonna mi ha fatto recapitare una lettera- disse con una busta in mano, pronta ad essere aperta.
Il giovane Potter, alzandosi di scatto, si alzò, la prese e l’aprì.



Angolo dell'autore: Spero che siate contenti. Insomma, era un bacio già presente nell'aria. Ho forse aspettato troppo per il bacio e per la lettera di nonna Hermione, ma spero di non aver fatto arrabiare chiunque segue la storia. 
Grazie per la lettura e lasciate una vostra opinione se potete. A presto!
 

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Capitolo 38
*** Capitolo 38 ***


Capitolo 38


-Leggi- disse Jonathan guardando che nessuno stesse passando al di fuori della loro stanza, per poi chiudere la porta.
-Caro Jonathan- esordì Jackson che teneva impugnata la lettera –Per prima cosa, sappi che non approvo il fatto che tu abbia ricevuto una punizione. È una delle cose peggiori che possano capitare. E dovrei dire tutto quanto ai tuoi genitori. Ma, alla fine, chi non è mai finito in punizione? Perciò, non dirò nulla a tua padre e tua madre-.
-La solita nonna- rise sotto i baffi il giovane Weasley.
-Riguardo al compito che mi hai chiesto di tradurre- riprese Jackson –Devo dire che è alquanto strano. Non pensavo che i metodi di apprendimento potessero variare in modi così bruschi.
Innanzitutto, vi sono simboli chiave nel testo. Alcuni sono, per esempio, i simboli “Reid”, che simboleggiano la ruota, un viaggio ed un percorso ma anche il medesimo simbolo, però rovesciato. Se il simbolo Reid viene rovesciato, esso sta a significare un turbamento ed un impedimento.
Poi ritroviamo il simbolo “Hagal” che va a simboleggiare la grandine, bufera, rottura. Questa runa può essere interpretata come un monito che opera nel nostro subconscio per avvertirci che è ora di produrre un cambiamento amaro ma necessario.
Poi si può trovare anche il simbolo Ehwaz o, abbreviato, “Eh”. Esso simboleggia il cavallo ed il movimento ma, in questo caso, si avvicina maggiormente al significato di progresso.
L’ultima runa, invece, è la tipica runa bianca: la ”Wird”.
Essa non simboleggia solamente il significato di runa bianca ma anche quello della runa del destino, l'ignoto. Questa runa avvisa di aspettarsi l'inaspettato, che nulla è segnato ma tutto è scelta e che anche l'ignoto può aprire nuovi orizzonti e possibilità. È la conferma che qualcosa dentro di noi, o intorno a noi, sta profondamente cambiando. La cosa più importante con cui affrontare la situazione che annuncia, è l'atteggiamento interiore più che la decisione pratica; essa infatti è il potere della fiducia del coraggio e della fede.
“Perth”, invece, si avvicina, nonostante l’alone di mistero che lo circonda, al significato di iniziazione. Questo simbolo compare svariate volte capovolto. In quel caso, significa morte.
La runa che può assomigliare ad un maggiore, in realtà, è un Kenaz capovolto, che indica l’oscurità che cala vertiginosamente su qualcosa o qualcuno.
Nel complesso, se si vuole creare una sorta di traduzione del testo che hai ricevuto per la tua punizione, puoi scrivere le mie seguenti parole.

Il viaggio è pronto. Un percorso che è necessario compiere. Non lo si può negare. Non lo si deve negare. Anche se il turbamento e l’impedimento saranno tappe desiderose di mettersi lungo il nostro cammino, il percorso deve essere portato avanti.
La bufera è pronta. Essa deve essere solo azionata. Una leggera pioggia può tramutarsi nella peggiore delle tempeste. Una bufera che porterà morte. Una bufera che porterà distruzione e negatività. Negatività necessaria. Distruzione necessaria. Morti necessarie.
L’oscuro deve avvolgere le anime fino a quando non sarà Odino ad intervenire.
Lo so io, fui appeso al tronco sferzato dal vento per nove intere notti, ferito di lancia e consegnato a Odino, io stesso a me stesso, su quell'albero che nessuno sa dove dalle radici s'innalzi.
Con pane non mi saziarono né con corni mi dissetarono. Guardai in basso, feci salire le rune, chiamandole lo feci, e caddi di là.
L’iniziazione porterà ogni tipo di evento negativo e catastrofico. Ma tutto ciò, porterà al progresso. Il progresso necessario, il progresso del destino. Il progresso che può solo mandare avanti la ruota che continuerà il suo viaggio.
Allora arriverà l’alba di un nuovo mondo. Le ombre dell’inconscio aiuteranno Odino a trasformare il necessario oscuro in un nuovo sole, in una nuova luce. Quello che nascerà sarà vero. Quello che nascerà sarà progresso ed un novizio mondo. Ed il Gebo è il nostro dono per far scatenare tutto ciò. Il Gebo è la nostra pioggia che precede la tempesta. Il Gebo è il dono per Odino. Il Gebo porterà alla luce l’oscuro.
Il progresso è solo dall’altra parte. Il Gebo è il connettivo
”.

 
Penso che il Gebo sia l’animale cerchiato in rosso. Potrebbe riferirsi ad una specie di sacrificio antico in onore agli Dei o all’adorazione di un Dio nuovo.
Devo aggiungere, mio caro nipote, che disapprovo il crudo presente in questo pezzo ma sono comunque felice di aiutarti a tirarti fuori dai guai. Non hai idea di quante volte abbia dovuto farlo con tuo nonno.
Ti voglio bene,
Nonna-.
Jackson rimase in silenzio. Non sapeva cosa pensare. Il testo aveva un senso ma non riusciva a comprendere se fosse in pericolo o in uno stato di calma e forza.
-La nonna ha detto che potresti essere un “nuovo Dio”- disse Jonathan.
-Ma anche detto che potrebbe essere un antico sacrificio- rispose Jackson.
-Oppure potresti essere il simbolo di un nuovo mondo. Potresti essere colui che porterà ad una nuova era-.
-Ma ha tradotto anche “morte” e “distruzione”. Ed io non sono un ragazzo che semina questo tipo di violenza-.
-Secondo me devi prenderla nel senso positivo. È vero vi sono degli elementi negativi ma la cosa importante è che non vi è scritto da nessuna parte che questo “Gebo”, o come diavolo ti ha definito, morirà-.
-Sono d’accordo- disse il giovane Potter riponendo la lettera nel suo baule, al sicuro –Ma continuerò a restare molto cauto e con la massima allerta con Sinister. Lui aveva quel foglio, lui ha cerchiato il mio nome in rosso, lui, probabilmente, ha scritto quel testo-.
-Non posso che concordare con te amico-.
-Aspetta un momento- disse il giovane Weasley prima di riaprire la porta –Tu ed Andrew vi stavate baciando-. Un sorrisetto da Malandrino spuntò sulle sue labbra.
-Sì- rispose Jackson con un sorrisetto imbarazzato.
-Sapevo che non avresti retto ancora per molto- gli disse abbracciandolo.
-Ma perché ti ha abbracciato?- chiese il moro curioso.
-Sono l’unico a conoscenza del fatto che Andrew avesse una cotta pe te e ti ho anche già accennato al fatto che ho collaborato per cercare ti farti aprire quella testa dura come una noce di cocco che ti ritrovi-.
-Non pensavo che potessi essere così felice-.
-Sono il tuo migliore amico dopotutto. E vedere che sono riuscito a farti finire assieme ad Andrew, non fa altro che dimostrare quanto io sia un vero e proprio genio-.
-Ma stai zitto- gli disse Jackson mollandogli un pugno sulla spalla. Il rosso ricambiò il colpo. Jackson lo fece di nuovo. Jonathan rispose di nuovo. In pochi secondi si scatenò una rissa. Una rissa amichevole. Una rissa che non faceva male. Una rissa che non era stata creata per infliggere dolore e lividi.
È una rissa che hanno luogo fra amici. Un modo alquanto strano di rafforzare un rapporto già saldo e forte.
-La potreste smettere di crogiolarvi come due scimmie che lottano per l’ultima banana?- chiese Andrew entrando nella stanza –Si sentono i tonfi in tutta la Sala Comune- era divertita.
I due si alzarono. Un bel Trio. Andrew guardò Jackson e Jackson guardò Andrew. La ragazza prese la mano del ragazzo che non osò non prendere e rimasero a parlare con Jonathan con le mano unite in una splendida stretta che dava forza, autostima e sicurezza ad entrambi.
-Emmeline?- chiese lei.
-Ci sono uscito solo una volta ma lei mi ha fatto sapere che avrebbe voluto rivedermi-.
-Spero che ti sia comportato da buon cavaliere come ti ho detto- disse Andrew facendo finta di essere diventata improvvisamente seria e severa.
-Ovviamente-. –E vi siete baciati?- chiese Jackson.
-Io non dico nulla- disse il rosso facendo l’occhiolino ad entrambi e scendendo in Sala Comune. Quando la figura del loro amico si volatilizzò, Andrew abbracciò il giovane Potter ed appoggiò la testa al suo petto. Non avevano bisogno delle parole.
-Grazie- disse la ragazza.
-Di cosa?- chiese lui. –Di aver realizzato il mio sogno-.
-E sarebbe?-. –Non cambi mai Jackson Potter- rise lei baciandolo lentamente e dolcemente.
Dopodiché, scesero in Sala Comune, raggiungendo il loro gruppo ma videro che vi era un’altra persona. –Zukhov è venuto a visitare il nostro Dormitorio- disse Eddie.
-Spero che non sia un problema per voi- disse il biondo sorridente guardandosi intorno.
-No, per niente- disse Jackson ricambiando il sorriso.
Rimasero a parlare del più e del meno, ampliando la conversazione in direzioni piuttosto interessanti come la scelta dell’architettura che creava il Dormitorio di Grifondoro, così come lo stile nei colori e negli addobbi.
La Sala Comune dei Grifondoro è circolare, ampia e accogliente. È arredata con comode poltrone, pouf e tavolini bassi. Gran parte della sala è occupata dall'immenso camino di marmo. Il pavimento è ricoperto da uno stupendo tappeto rosso vermiglio e oro, mentre le pareti sono tappezzate di drappi e magnifici arazzi dei colori della Casa.
-Ci troviamo in una delle Torri più alte di Hogwarts- disse Gary –E, come avrai potuto constatare, l’entrata è protetta dal quadro della “Signora Grassa” ma ogni Dormitorio ha una sua entrata e parola d’ordine speciale-.
-Sono già stato solamente nel Dormitorio di Tassorosso ma devo dire che mi piace molto l’aria di relax e tranquillità che si respira qua dentro- disse Zukhov.
Dopo aver discusso sulle varie Casate, Zukhov chiese a Jackson di poter scambiare quattro parole in privato. Il Grifondoro, molto incuriosito ma anche sorpreso della richiesta dello studente di Durmstrang, acconsentì.
-Volevo, innanzitutto, chiederti scusa per essere sparito in maniera così precipitosa l’ultima volta che abbiamo avuto modo di parlare- esordì.
-Non preoccuparti- disse il giovane Potter.
-Sono felice che tu accetti le mie scuse. Ma, in realtà, sono “scappato” perché dovevo scrivere ad una persona. Sai qual è uno dei miei motivi per cui sono venuto ad Hogwarts?-.
-Lo studio?-.
-Sì, ovviamente c’entra la mia istruzione ma sono venuto qua per cercare un Potter. Io cercavo te Jackson-.
-Me?- chiese sorpreso.
-Dovevo consegnarti questa lettera-. Gli diede una busta con su scritto il nome di Jackson. L’inchiostro utilizzato, era di un verde smeraldo molto simile all’inchiostro solitamente utilizzato per comporre le lettere di coloro che avrebbero dovuto affrontare un nuovo anno ad Hogwarts.
-E cosa c’è scritto?- chiese.
-Ti sei mai chiesto perché non hai mai conosciuto il tuo padrino di battesimo?- chiese improvvisamente senza rispondere Zukhov. Il volto di Jackson si fece più interessato. Si accese la curiosità del ragazzo.
-Leggi la lettera e capirai tutto- concluse il biondo che tornò a sedersi accanto al cammino e tornando a sorridere come se non avesse mai avuto quella conversazione con Jackson.
Era rimasto molto serio per tutta la durata della conversazione e lasciò il giovane Potter spaesato, con le mani che morivano dalla voglia di aprire la lettera.
Senza farsi vedere, uscì dalla Sala Comune e si precipitò in una zona del Castello poco trafficata. Si sedette in una panchina ed aprì la busta, portando fuori una carta pregiata, rigida e ruvida.
Le prime parole che lesse furono “Caro figlioccio”.
 

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Capitolo 39
*** Capitolo 39 ***


Capitolo 39


 
“Caro figlioccio,
ti starai chiedendo chi sono e perché ti ho scritto questa lettera. Io sono il padre di Zukhov: Scorpius Malfoy. Ti starai facendo molte domande e potresti essere molto confuso. O forse starai pensando di prendere questo foglio di carta e di strapparlo e buttarlo nelle fiamme del camino del tuo Dormitorio.
Ma prima di farlo e di tornare alla tua normale vita da adolescente, cerca di sforzarti di finire questa lettera. Che tu ci creda o no, io sono il tuo padrino. Tu non mi hai mai visto e non hai ricordo del mio volto e della mia voce, ma io sì.
Ricordo ancora quando ti tenevo in braccio quando non avevi nemmeno raggiunto il primo anno di età. Ricordo ancora quando la tua piccola mano stringeva il mio mignolo. Ricordo ancora quando, per la prima volta, ho visto il tuo volto sorridere. Ricordo ancora la prima volta che ho intravisto il mio riflesso nei tuoi occhi verde smeraldo.
Era il riflesso di un uomo felice. Era il riflesso di un uomo contento e pieno di orgoglio. Era un uomo desideroso di insegnare ciò che sa sulla vita e sulla magia a quello che sarebbe stato il suo figlioccio.
Purtroppo, così non è stato. Purtroppo, non sono riuscito a vederti crescere. Non ho saputo aiutarti nei momenti di difficoltà. Non ho saputo nemmeno cercare di contattarti. Non ho nemmeno avuto il coraggio di presentarmi davanti a casa tua. Non ti ho nemmeno dato la possibilità di scegliere la visione che tu avresti avuto di me.
Io, dopo tanto tempo, ho preso coraggio e, sapendo che Zukhov è riuscito ad ottenere il permesso di entrare nel Regno Unito, mi ha riempito di orgoglio e felicità. Ma quando ho saputo che avrebbe passato il resto dell’anno scolastico ad Hogwarts, mi ha fatto pensare immediatamente a te Jackson.
Ho capito che, se non avessi sfruttato questa possibilità, le mie chance di mettermi in contatto con te sarebbero svanite per sempre.
Scrivo questa lettera per farti una richiesta. Sono desideroso di incontrarti. Non mi costerebbe alcuna fatica prendere la prima Passaporta per la Scozia e sono certo che una visita a mio figlio, sarebbe anche un ottimo modo per poterti vedere e parlare.
La tua decisione, potrai comunicarla tramite Zukhov, che farà da tramite.
Nell’attesa di una tua risposta,
Scorpius Malfoy”.

 
 
Jackson guardava la lettera. Leggeva e rileggeva. Si era sempre chiesto il motivo per cui i suoi genitori impazzivano completamente ogni volta che tentava di scoprire informazioni sul suo padrino.
Ma ora, invece, aveva la possibilità di conoscerlo di persona. Aveva la possibilità di poterlo vedere in volto. Aveva la possibilità di cucire una parte della sua vita che era rimasta fuori e sconosciuta. Aveva tante domande a cui manca ancora una risposta. Ed alcune di quelle domande, riguardavano proprio il suo padrino.
Una marea di opzioni gli brancolavano nella mente. Avrebbe dovuto parlare della questione ai suoi genitori? Avrebbe dovuto subire le urla e le lacrime della madre? Avrebbe dovuto tenere tutto nascosto? Avrebbe dovuto farlo e basta? Avrebbe dovuto rifiutare? Avrebbe dovuto accettare?
Si guardò attorno a vide che era solo e si chiese se avrebbe dovuto dare sfogo alle sue frustrazioni, alla sua rabbia, alla sua curiosità, alla sua felicità. Si chiese se avrebbe dovuto urlare o mollare un pugno al muro o alla panca.
-Non pensi che girovagare per il Castello da solo potrebbe essere molto pericoloso?- chiese una voce maschile che fece voltare verso destra lo sguardo del giovane Potter.
-Non è il momento Payne, vattene- rispose il Grifondoro.
-Io non me ne vado fino a quando non mi spieghi perché hai mollato Kaendra- disse il Serpeverde adirato.
-Non sono affari tuoi- gli rispose Jackson.
-Oh sì che lo sono!- rispose Daniel Payne alzando la tonalità della sua voce –Hai mollato una delle ragazze più meravigliose che la vita potesse porti davanti agli occhi!-.
-Se l’ho fatto, ho avuto le mie ragioni- disse Jackson deponendo con cura la lettera in tasca ed alzandosi.
-Tu non hai idea di quello che hai scatenato in quella ragazza- continuava sempre più furioso il Serpeverde –Non mangia! Non mangia da giorni! Non vuole parlare nemmeno con i suoi genitori e con le sue amiche più care! Non parla con me! Non parla con nessuno! Si sta distruggendo ogni giorno che passa Potter!-.
-E con questo?- chiese.
-Come fai a fare delle domande così stupide?- ormai, aveva perso la pazienza. Aveva perso la calma ed una scazzottata era alle porte –Tu le hai fatto male! E lei ti amava!-.
Jackson si voltò. Non aveva intenzione di far intravedere lo sguardo che assunse ad un suo nemico. Era una sguardo molto triste. Era uno sguardo deluso. Era uno sguardo disperato. Perché il moro ci aveva creduto. Aveva veramente pensato che Kaendra fosse la ragazza giusta per lui. Era una ragazza stupenda. Ma ciò che gli aveva chiesto, era un qualcosa che non poteva essere sopportato.
Era una cosa che lo sconvolse. Lo sconvolse così tanto che la evitò in ogni modo, nonostante morisse dalla voglia di parlarle e di tentare di restare in buoni rapporti. Moriva dalla voglia di risolvere con calma e pazienza ogni cosa. Perché, dopotutto, lui ci teneva ad una ragazza come Kaendra.
Accorgersi del fatto che stesse facendo del male ad una persona che, fino a qualche settimana fa, vedeva ogni giorno, lo faceva sentire uno schifo. Lo faceva star male, perché sapeva che non avrebbe voluto tutto questo.
-Lei troverà di meglio- disse.
-Tu devi andare a parlare con lei- disse Payne –Devi parlarle-.
-Io non posso parlarci Payne. Cerca di capirlo- continuò il moro che continuava a dare le spalle al suo nemico –Le farebbe solo più male. Non può vedermi. Non può parlarmi. Rischio di darle delle speranze che non devono nascere-.
-Tu devi fare qualcosa Potter!- disse il Serpeverde prendendo la spalla del ragazzo e costringendolo a voltarsi. Jackson si aspettò un pugno e rimase in forte difesa, ma rimase sorpreso quando vide il volto duro e severo del suo peggior nemico, costellato e bagnato dalle lacrime –Tu risolvi sempre tutto- continuò con una voce che tentava di contenere la rottura di tonalità dei singhiozzi –Non so a chi altro rivolgermi-.
-Io vorrei fare qualcosa ma…- tentò di dire Jackson che venne interrotto con rabbia e frustrazione da Payne –Ma un cazzo Jackson!- fu la prima volta che lo appellò con il suo nome.
Improvvisamente, incominciarono a picchiarsi. Per la verità, fu Payne che dava pugni sul petto del ragazzo. Erano pugni insignificanti. Pugni deboli. Pugni lanciati per la frustrazione e la delusione. Pugni che non avevano forza. Erano pugni che, ad ogni gancio dato, acquisivano sempre più debolezza. E dopo ogni pugno, Payne continuava a far sgorgare lacrime dai suoi occhi.
-Violetta- disse il Grifondoro.
-Cosa?- chiese Payne che si reggeva sul Grifondoro.
-Portale tu dei fiori di Violetta. Un bel mazzo. Mi disse che sono i suoi fiori preferiti-.
Il Serpeverde si ricompose. –Dovresti farlo tu- disse lui.
-Ti ho già spiegato perché non posso farlo. Tu ci tieni di più a Kaendra. Devi solo aggiungere qualche brutta parola su di me e le risolleverai il morale-.
-A parlare male di te ci so fare- disse Payne ridendo. Non seppe il perché, ma rise anche Jackson. Trovò la battuta divertente.
-Il difficile è trovare i fiori- continuò.
-Vai nei giardini dell’ala est del Castello. Ci sono dei fiori Violetta che crescono vicino ad uno stagno. Ce ne sono in abbondanza-.
-D’accordo- disse Payne andandosene –Ah Potter!- lo richiamò dopo pochi secondi il Serpeverde.
-Sì?- chiese.
-Se vai a dire a qualcuno che ho pianto, ti infilo le Violette su per il fondoschiena, è chiaro?-.
-Se tu dici in giro che ho preso dei pugni da te senza oppormi e restituire il favore, ti porto via quel ghigno dalla faccia infilandoti tutte le Violette che la mia mano può contenere, chiaro?-.
Payne sorrise e se ne andò. Jackson rimase quasi sconvolto quando realizzò quello che era appena successo. Ma, comunque, fu felice di constatare che esisteva un briciolo di umanità in Daniel Payne. Si avviò verso l’esterno del corridoio in cui era avvenuto l’incontro inconsueto e stranamente pacifico con Payne.
Incrociò il Preside. –Ah Jackson- lo chiamò lui –Cercavo proprio te-.
-Mi dica pure signore- chiese cortesemente il Grifondoro tenendo alta la guardia.
-Volevo avvisarti che starò lontano dal Castello per qualche settimana, perciò i nostri incontri saranno temporaneamente sospesi-.
Il giovane Potter mostrò una leggera delusione. Era ovvio che mostrasse particolare interesse verso i ricordi di suo nonno. –So che in questo momento non è esattamente ciò che vorresti sentito ragazzo mio- tentò di rincuorarlo Sinister –Ma guarda il lato positivo: avrai l’opportunità di concentrarti maggiormente sugli studi, i tuoi amici, la tua ragazza e, sfortunatamente, sul Quidditch-.
Un sorrisetto uscì, anche in questa circostanza, dalle labbra del ragazzo. Era risaputo che Sinister, grazie al suo passato, era un grande tifoso della squadra di Serpeverde.
-Io e la mia ragazza abbiamo rotto- disse il ragazzo.
-Non mi riferivo alla signorina Chambers- disse il Preside con un sorriso ed un occhiolino per poi andarsene.
Senza farsi vedere, immediatamente, prese la Mappa del Malandrino, che teneva sempre con sé. Aveva intenzione di pedinare il Preside senza doverlo seguire. Ma, purtroppo, notò solamente che si diresse verso lo studio del professor Newton, prima, e verso il suo ufficio, poi.
Ma osservare la Mappa, gli aveva fatto posare gli occhi su Zukhov. Corse verso il terzo piano e, come disse la Mappa, lo trovò in mezzo ad un gruppetto di Corvonero. Jackson lo chiamò.
-Dì a tuo padre che possiamo incontrarci-.

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