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di darkmoonray
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I'm Killian Jones, Milady. ***
Capitolo 2: *** It seems to breathe at every page I read ***



Capitolo 1
*** I'm Killian Jones, Milady. ***


 
1-I'm Killian Jones, Milady.


Altro che cioccolata, è una bottiglia di Rum quella che mi serve. Sono un pirata, dannazione,  non una donnina da libreria. E sono anche incoerente visto che mi trovo in una vecchia e polverosa libreria che sa di muffa. Poi mi chiedo, perché mi attrae tanto una ragazzina che passa le sue giornate a catalogare libri e che cammina tra gli scaffali sorridendo e inspirando la puzza di queste vecchie cartacce, se ho sempre amato l’aria fresca e le donne con un carattere forte che non piangono mai?
Per dire, questa tipa potrebbe avere dieci anni meno di me. Meglio che tengo per me questi pensieri altrimenti mi toccherà finire in quella specie di prigioni in cui vanno gli assassini al giorno d’oggi.

«Scusi, le serve qualcosa?»
Anche se ai miei tempi i fuorilegge se le sognavano comodità come quelle.
«Hey, si sente bene?»
Killian sentì toccarsi sulla spalla e rinvenne dai suoi pensieri. La visione di due occhi neri come la pece in cui sembra che la pupilla si fondesse con l’iride lo fece trasalire, poi mise a fuoco il dolce viso della fanciulla che osservava poco prima.
«Ciao dolcezza.» non riuscì a trattenere un sogghigno compiaciuto e non se ne pentì vedendo la reazione della ragazza che, infatti, ritrasse la mano dalla sua spalla e arrossì velocemente.
«Non ti mangio mica, non guardarmi così. Ti serve qualcosa tesoro?» sorrise maliziosamente l’uomo inarcando una sopracciglia e ammiccando.
Cazzo, la sto spaventando davvero, datti una calmata Hook.
«Voglio dire – si schiarì la voce – Hai bisogno di qualcosa?» ripeté moderando l’espressione del viso.
«Ho notato che mi stava guardando e ho pensato le servisse qualcosa. » rispose la ragazza imbarazzata, mordendosi le labbra già screpolate forse dal troppo torturarle.
«Oh, io… Ti stavo fissando?» chiese Killian toccandosi l’ispida barbetta sul mento, fingendo un’aria perplessa.
La ragazza senzanome aveva l’espressione di una bambina timida che avrebbe voluto correre a nascondersi dietro sua madre, da come si guardava intorno e da come spostava nervosamente le ciocche di capelli dal viso.
«Fammi indovinare, non sei abituata ad interagire con altri esseri del tuo stesso pianeta, vero?»
Lei fece no con la testa ridendo timidamente.
«Deve sapere, mia cara signorina senzanome, che io in realtà – fece alla giovane segno di avvicinarsi – non appartengo a questo mondo.» disse, sussurrando le ultime parole.
«Se vuole possiamo andare a casa mia appena finisce il turno di lavoro, a prendere un thè. O, come preferisco, un sano bicchiere di Rum.» continuò poi lasciando che si allontanasse.
«Sbaglio o è un po’ troppo vecch.. Adulto per sentirsi “fuori dal mondo”? Credo abbia passato l’adolescenza da un pezzo, signore.» ridacchiò sfacciata guardandolo come ti guarda un cucciolo, con la testa inclinata a lato e un sorrisetto sulle labbra.
Il vecchio pirata strinse tra le mani il thermos pieno di cioccolata calda, irritato per la poca comprensione della ragazza.
Come avrebbe potuto stargli a sentire? Per quanto avrebbe desiderato che il signore di fronte a lei fosse appartenuto veramente ad uno dei suoi libri aveva rimosso quell’idea da tempo.
«M-mi dispiace» biascicò accorgendosi dei polpastrelli di lui diventati ormai bianchi.
«Come ti chiami dolcezza?» chiese l’uomo spostandosi sulla poltroncina in modo da fare posto alla giovane in piedi di fronte a lui.
«Louise.» biascicò guardandosi le pallide mani.
Chiunque conoscesse  Killian avrebbe sicuramente pensato che sarebbe andato via già da tempo per aver perso la pazienza, ma quel chiunque sarebbe rimasto stupito dal fatto che il pirata si alzò tenendo in mano il libro che stava leggendo e lo porse alla ragazza.
«Ho appena finito questo e vorrei leggere qualche favola decente, grazie.» chiese accennando un sorriso gentile.
 Le scappò un sorriso che Killian notò subito senza però riuscire a decifrarlo, poi aggiunse «Seguimi.»
 Meno formale, è già un passo avanti.
Vedeva in quella giovane un fuocherello strano che andava alimentato. Forse la sua ultima speranza di ritrovare casa. Per quanto gli piacesse la vita nel mondo moderno lui apparteneva al mare, apparteneva all’inchiostro di una penna magica e dopo svariati anni da solo era arrivato il momento di scoprire la verità.
Imboccarono uno dei corridoi; Killian faceva fatica a tenerle il passo, anche se era più bassa di lui aveva una camminata incredibilmente sicura.
Si fermò di scatto e posò gli occhi su un librone posato e dimenticato sul ripiano più alto e Killian quasi le cadde addosso. Si può dire che avrebbe preferito farlo.
«Scusa dolcezza.» fece subito un passo in dietro ma lei non lo notò nemmeno. Guardò a destra, poi a sinistra, in cerca di una scala, ma niente. Poi posò gli occhi sull’uomo e gli indicò il libro «Me lo prendi?» chiese inespressiva, persa nella sua testa.
«Come desidera, signorina.»
Killian annuì e allungò una mano, prendendo il libro e lasciando cadere tutta la polvere accumulatasi con gli anni, poi glielo porse tossendo e facendo aria con la mano libera. Mentre lei lo stringeva al petto senza badare alla polvere notò una cosa strana in quel volume, qualcosa di vivo. Ma senza badarci proseguì sotto uno sguardo interrogativo di lei.
«Un grazie sarebbe gradito. – brontolò lui mentre lei lo affiancava – Che libro è?»
«Grazie – fece lei non degnandolo di uno sguardo – E non ne ho idea, sembrava vecchio e… Non lo avevo mai notato prima.»
Killian continuava a lanciare occhiate strane al volume incerto se aspettare o chiedere di sfogliarlo, quasi timoroso che potesse essere quello giusto. Senza dubbio, ormai, per tutte le cose strane che aveva visto, la libreria era quella giusta. «Posso… posso dargli un’occhiata? Mh… Mi interessano le cose vecchie.»
Lei si fermò di scatto e per la prima volta no guardò negli occhi con sicurezza facendolo rabbrividire «Se permette, vorrei prima consultarlo. Se nei prossimi giorni ci farà visita sarò felice di lasciarvelo.»
«Grazie Milady.»
Detto questo il nostro pirata vide la ragazza allontanarsi col passo deciso e la testa basta, dopo avergli lasciato tra le mani senza che se ne accorgesse il libro che aveva chiesto in principio.
Non era un tipo a cui piaceva arrendersi, e non era nemmeno un tipo molto paziente, ma come in ogni banale storia d’amore che si rispetti si sentiva legato a quella giovane e innocente fanciulla.
 
Non vedi il mare da troppo tempo.
Non vedi la foresta incantata da troppo tempo.
Sei solo al mondo da troppo tempo.
Il giovane uomo scosse la testa strizzando gli occhi per liberarsi dai demoni del passato che tentavano ancora di insinuarsi tra i pensieri della prima fila nel suo cervello.
Guardò a destra, poi a sinistra, spaesato. Non era mai stato in quella parte della città nonostante ci vivesse da svariati anni.
Riguardò il bigliettino stropicciato su cui aveva scarabocchiato un indirizzo. O meglio, l’indirizzo. Quello che cercava da mesi. Chi avrebbe mai detto che con un flirt con la direttrice della biblioteca avrebbe ottenuto tali dati?
Compiaciuto del suo infallibile charm continuò a camminare con passo sicuro lasciando scorrere lo sguardo sui numeri civici, segnati accanto ai cancelli delle villette sparse.
25… 26… 27!
Controllò un’ultima volta il suo aspetto specchiandosi nel finestrino di un furgone parcheggiato lì accanto: cappotto nero in pelle, jeans e stivali neri.
Non mi resisterebbe nessuno!
Bussò con decisione alla porta di legno laccata di bianco e pochi secondi dopo fu aperta da una donna sulla cinquantina. Aveva i capelli scuri illuminati da fili argentei  che davano a complesso un affascinante tocco maestoso nonostante la bassa statura.
Lo guardò incantata come qualsiasi altra donna avesse avut quel piacere e lui si deliziò di quei pochi attimi per poi prendere parola.
«Buongiorno, Milady – pronunciò con un piccolo inchino, prendendole la mano – Sono qui per vedere sua figlia.»
La donna sussultò e senza proferire parola lo invitò ad entrare con un cenno della mano, lui non se lo fece ripetere due volte che si fiondò in casa e cominciò a guardarsi in torno.
«P-posso chiedere con chi ho il piacere?» chiese dopo un po’ lei  come destata da uno strano incantesimo.
«Sono Killian Jones, signora. Sua figlia mi conosce.»
Pochi secondi dopo una figura scese le scale a piedi nudi e con la testa calata nell’osservare un oggetto che sembrava essere un pupazzo, indossava solo un maglione giallo senape che gli arrivava appena sotto i glutei e aveva i capelli raccolti in una crocchia disordinata.
«Ma’, guarda cosa ho trov..» nell’alzare la testa e nel vedere Killian trasalì. Guardò lui, poi la madre. Il volto sognante della donna e il ghigno divertito di lui.
Senza dire nulla corse su per le scale in una corsa sovrumana finendo per chiudersi in camera sua col fiatone.








Ed eccomi a pubblicare qualcosa dopo... due anni? 
Probabilmente questa ff non la leggerà nessuno ma pubblicherò comunque nella speranza che qualcuno mi caghi, insomma ahahah
Più come soddisfazione personale... Voglio sapere se sono capace di scrivere o meno. Quindi se vi troverete a leggere questo capitolo fatemi un cenno, ditemi che è bello o che fa schifo, ditemi che non vi piace e non leggereste mai robe del genere ma datemi un vostro parere. Positivo o negativo che sia, accetto tutto^^
Detto questo... mi preparo qualcosa da mangiare, ciao :3

-Lou


ps. non badate al nickname del profilo, a giorni lo cambio aahhahahaha
pps. scrivere due paroline per farmi capire che non son sola non costa nulla
ppps. sembro un volontario della chiesa cattolica lol

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Capitolo 2
*** It seems to breathe at every page I read ***



2- It seems to breathe at every page I read
 

Fu invitato a sedersi e a  prendere qualcosa da bere nell’attesa della fanciulla ma dopo il primo quarto d’ora senza vederla propose alla madre di lei di salire in camera e chiamarla di persona. La donna acconsentì, ormai quell’uomo, un po’ troppo grande per la ragazza, aveva conquistato la sua fiducia. Probabilmente credeva che il vedere sua figlia fosse una scusa per provarci con lei o robe simili, oppure era veramente ammaliata dai modi quasi principeschi che aveva assunto l’uomo.
«Perdonatemi!» alzò un solo angolo delle labbra in un sorriso e così facendo si congedò dalla donna correndo su per le cale. Diede una svelta occhiata al corridoio pieno di porte tutte uguali e provò a bussare ad ognuna ricevendo per tutta risposta silenzi assordanti, di quelli che ti si insinuano nel corpo facendoti salire una specie di ansia.
All’ultima porta del corridoio finalmente udì qualcosa, sebbene non fosse una voce che gli intimava di entrare.  Prima piccoli tonfi silenziosi sulla moquet, poi il cigolare nella maniglia senza che però la porta si aprisse.
«Dolcezza, ho bisogno di parlarti.» sussurrò poggiando la fronte sul legno freddo della porta.
Nessuna risposta.
Nei giorni precedenti l’aveva osservata ancora da lontano; una sera, addirittura, aveva provato ad entrare in orario di chiusura trovandola a leggere quel grosso libro che avevano trovato insieme su cui avrebbe voluto mettere le mani. Quella sera non ebbe neanche il tempo di salutarla che la responsabile, una donnina che seppur avesse un piede nella fossa era arzilla come pochi giovani, lo buttò fuori lamentandosi della sua costante presenza.
«Mi fa piacere che voi giovani leggiate ma ho bisogno di riposare anch’io, miseriaccia» aveva detto prendendolo sotto braccio e portandolo fuori. 
Avrai tutto il tempo di riposare tra pochissimo tempo, vecchia.
Lui però ne aveva bisogno. Doveva sapere. Stanco di aspettare, stanco di addormentarsi da solo, aveva finalmente deciso di chiedere aiuto.
Louise era appoggiata allo stipite della porta incerta sull’aprire oppure no. Non credeva si trattasse di uno stalker, in fondo le sembrava una brava persona. O meglio, una persona che ha bisogno di qualcosa; una sorta di bisogno disperato.
Passarono secondi di silenzio che parvero ore ma alla fine lei aprì e si trovò per la prima volta ad osservare davvero l’uomo: era alto non troppo più di lei; i capelli erano ora portati ordinatamente scoprendo la fronte spaziosa e lasciando in bella vista due occhi azzurri, di quelli che sarebbe stato difficile dimenticare; sotto all’occhio destro aveva una cicatrice poco vistosa ma che nel complesso saltava decisamente all’occhio, però, invece di rovinargli il viso, lo rendeva ancora più affascinante.
Scosse la testa cercando di non sembrare scortese nell’osservarlo troppo,  dopo lo sgarbo usato prima il minimo che poteva fare era ascoltare cosa aveva da dire.
«Hey! – sospirò nel salutarla, regalandole un sorriso sollevato – Quanto sei disposta a credere di ciò che ti dirò?» continuò in tono scherzoso, un po’ per mettere a suo agio Louise, un po’ per calmare se stesso. In tutto ciò però era tradito dai rivoli di sudore che gli sgorgavano dalla fronte e lei non poté fare a meno di notare il luccichio che creavano.
«Ascolta prima tu me. Mi sembri una persona a modo e mia madre non ti denuncerà per essere piombato qui ma…»
«Sto cercando un libro.»
disse fermo e deciso, interrompendo qualsiasi cosa volesse dirgli la ragazza.
«E allora vieni in biblioteca e chiedi invece di fissarmi e leggere fiabe con i disegni!»
Quasi urlò queste parole, esasperata, entrando in camera e lasciandosi cadere sul letto a peso morto.
Killian sorrise intenerito mettendoci tutto se stesso per non perdere la pazienza. Si guardò intorno, squadrando bene la stanza: poster di mappe strane appesi al muro, librerie stracolme, una scrivania in disordine… Tutto ciò che era in quella camera ricordava un’adolescente in crisi, dai vestiti sparsi sul pavimento alle fotografie appese al guardaroba.
«Quanti anni hai Lou?» chiese allora chiudendosi la porta alle spalle e sedendosi sul letto, senza preoccuparsi di chiedere il permesso.
«Ventiquattro…»
La voce soffocata dal cuscino non era più esasperata, o stanca, o qualsiasi altra cosa.
Apatia portami via…
Era da mesi che si preparava, da mesi che sceglieva accuratamente le parole da dire nel caso fosse arrivato il bramato giorno di trovarsi un compagno di “viaggio”, da mesi ripeteva interiormente quel discorso scritto con parole scelte con cura eppure… Nulla. Non sapeva cosa dire. Sentiva solo il rumore del suo respiro e del suo battito cardiaco in accelerazione.
Strizzò più volte gli occhi vedendo la vista appannarsi e prima che se ne accorgesse si ritrovò steso addosso alla ragazza, con gli occhi fissi sul soffitto.
«Ma che diav… Oh!» lei si rialzò subito inginocchiandosi accanto al suo busto inerme. Lo prese per le spalle e con la poca forza che aveva lo tirò fino a poggiargli la testa sul cuscino.
«Sono stanco Lou.» pronunciò flebilmente, boccheggiando in un modo quasi impercettibile, mentre una lacrima silenziosa gli scendeva su una tempia andando a bagnare la federa marrone del cuscino.
«Hey hey hey, tranquillo okay? – raggiunse il bagno con grandi falcate e tornò portando una tovaglia bagnata – Ecco, togli la giacca…»
Non era mai stata una ragazza “forte”, ma non emotivamente, piuttosto non aveva mai fatto esercizio per rinforzare i muscoli delle braccia. Fortunatamente da quando lavorava in biblioteca era abituata a portare carichi di libri e con quel poco che era capace di fare riuscì a sfilargli la pesante giacca di pelle. Si sedette a gambe conserte sul cuscino poggiandosi addosso la testa di lui in modo da inumidirla con la tovaglia.
«Non mi morire che non riesco a nascondere il cadavere da sola.»
Non aveva mai avuto gran senso dell’umorismo ma un sorriso aleggiò sulle carnose labbra di Killian rassicurandola.
Passarono interminabili minuti di silenzio in cui il tempo sembrò fermarsi. Il sole era ormai alto nel cielo facendo intendere l’orario e in quel silenzio si sentiva solo il brontolare dello stomaco di lei. Dopo almeno dieci minuti di brontolii Killian si decise a parlare rompendo il disagio della giovane.
«Vieni a pranzo con me, per parlare con calma.»
Si stropicciò gli occhi come un bambino cercando invano di alzarsi me lei lo trattenne. In quel momento sembravano vecchi  e intimi amici, una confidenza che nessuno dei due si sarebbe sognato prima.
«Va bene.» Louise sospirò, tamponando ancora la fronte di lui.
 
 «Dunque… Prendo uno di quelli!» Killian era entusiasta come un bambino mentre ordinava un Happy Meal.
Aveva insistito tanto per andare in questo fast food che aveva visto sul tragitto di casa di lei, sostenendo che regalavano oggetti magici.
«Due! Ne prendiamo due!» continuò senza dare il tempo di rispondere alla ragazza.
Si avviò ridendo ad un tavolo, sotto richiesta di lui il quale era intento a controllare che gli dessero due giocattoli diversi.
«Che fregatura, questa roba non funziona.» sbraitò sedendosi e ficcando in bocca una manciata di patatine.
Seduto pesantemente a braccia conserte si guardava intorno con sguardo ostile e con ancora più furore guardava il libretto che doveva contenere formule magiche e la bacchetta "Dai grandi poteri!”, come sosteneva la pubblicità.
Faceva quasi tenerezza invece di incutere terrore, come credeva lui. Mangiarono in silenzio osservandosi furtivamente; poi, quando lei deglutì l’ultima patatina e cominciò a sorseggiare la bibita che ormai era diventata piscio di cane per colpa del ghiaccio, lui prese parola.
«Come ti ho già detto, sto cercando un libro.» cominciò sporgendosi con i gomiti sul tavolo.
Louise gli fece segno con la testa di continuare.
«Ti ho osservata, ho visto come bene conosci la biblioteca e quanta passione ci metti quando entri in quel posto. Non è un libro come tutti, lui è… Particolare. – prese un profondo respiro e si avvicinò ancora di più trovandosi a pochi centimetri dal viso di lei – La magia narrata nei libri per bambini esiste.»
Inutile dire che la bibita le andò di traverso e si trovò a ridere e tossire convulsivamente nello stesso momento per una buona manciata di secondi. Quando si fu calmata spinse via il vassoio e si alzò seguita dall’uomo, ormai con i nervi a fior di pelle.
«Piacerebbe tanto anche a me ma mi dispiace dirti che sei completamente matto.» fece uscendo dal locale.
«Un amico mi ha detto che tutti i migliori sono matti… Sai?» si strinse il cappotto e lanciò un’occhiata alla giovane che intanto si scioglieva i capelli per tener caldo il collo.
«Sì, bel film, l’ho visto un mucchio di volte.»
Il suo viso incorniciato dalla massa di capelli corvini era ancora più tenero e da bambina di quanto non lo fosse stato prima e si meravigliò del fatto che non riuscisse a credergli.
«Posso dimostrartelo! Io sono uscito da uno dei quei libri e non so come tornare a casa mia. Ho bisogno di te per trovare la porta, poi prometto che non mi vedrai mai più.» disse prendendola per le spalle e guardandola fisso negli occhi, con la speranza di trovarci un barlume di comprensione.
«Mettiamo che volessi accettare la tua proposta, come lo trovo io questo libro?»
«Quel volume che ti ho aiutato a prendere l’altro giorno, non apparteneva alla biblioteca. O almeno… Non fino a quel giorno. O mi sbaglio?»

Eccolo, il luccichio che aspettava. L’apatia di poche ore prima era sparita dal suo viso fanciullesco e tratti contrastanti di curiosità e inquietudine di fecero largo prendendo il sopravvento.
«Q-quel libro è strano… Sembra respirare ad ogni pagina che leggo.» sussurrò con lo sguardo perso nel vuoto.
«Cosa c’è scritto dentro?»
«Favole.»








Dire che ieri ho scritto fino alle 4 del mattino non è esagerare. Non andavo di fretta, sono soltanto un vulcano di idee!
Ho chiesto consiglio a varie persone e sto cercando di migliorare sia la storia che la scrittura. Non voglio che mi diventi una storiella banale scritta da un'adolescente in piena crisi ormonale. Voglio... Far sognare, almeno un po'. E son sicura che un mucchio di ragazze possono impersonarsi nella protagonista che, vi assicuro, non sarà debole e ingenua fino alla fine.
MA BANDO ALLE CIANCE! 
Ringrazio le ragazze che hanno recensito il capitolo precedente e spero facciano lo stesso con questo, le loro recensioni mi sono state utili.
Ovviamente, più recensioni ricevo più ho voglia di aggiornare e più frequentemente lo farò!
Spero vi abbia incuriositi e... nulla, alla prossima :3

-Lou

p.s. (non può mai mancaaaar) scusate per eventuali errori, non ho riletto

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