Demoni dal passato

di MAFU
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 9: *** Capitolo IX ***
Capitolo 10: *** Capitolo X ***
Capitolo 11: *** Capitolo XI ***
Capitolo 12: *** Capitolo XII ***
Capitolo 13: *** Capitolo XIII ***
Capitolo 14: *** Capitolo XIV ***
Capitolo 15: *** Capitolo XV ***
Capitolo 16: *** Capitolo XVI ***
Capitolo 17: *** Capitolo XVII ***
Capitolo 18: *** Capitolo XVIII ***
Capitolo 19: *** Capitolo XIX ***
Capitolo 20: *** Capitolo XX ***
Capitolo 21: *** Capitolo XXI ***
Capitolo 22: *** Capitolo XXII ***
Capitolo 23: *** Capitolo XXIII ***
Capitolo 24: *** Capitolo XXIV ***
Capitolo 25: *** Capitolo XXV ***
Capitolo 26: *** Capitolo XXVI ***
Capitolo 27: *** Capitolo XXVII ***
Capitolo 28: *** Capitolo XXVIII ***
Capitolo 29: *** Capitolo XXVIV ***
Capitolo 30: *** Capitolo XXX ***
Capitolo 31: *** Capitolo XXI ***
Capitolo 32: *** Capitolo XXXII ***
Capitolo 33: *** Capitolo XXXIII ***
Capitolo 34: *** Capitolo XXXIV ***
Capitolo 35: *** Capitolo XXXV ***
Capitolo 36: *** Capitolo XXXVI ***
Capitolo 37: *** Capitolo XXXVII ***
Capitolo 38: *** Capitolo XXXVIII ***
Capitolo 39: *** Capitolo XXXVIV ***
Capitolo 40: *** Capitolo XXXX ***
Capitolo 41: *** Capitolo XXXXI ***
Capitolo 42: *** Capitolo XXXXII ***
Capitolo 43: *** Capitolo XXXXIII ***
Capitolo 44: *** Capitolo XXXXIV ***
Capitolo 45: *** Capitolo XXXXV ***
Capitolo 46: *** Capitolo XXXXVI ***
Capitolo 47: *** Capitolo XXXXVII ***
Capitolo 48: *** Capitolo XXXXVIII ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


CAP 1

Un tonfo sordo svegliò Rin di soprassalto facendolo sobbalzare nel letto. Cos’era stato? “Yukio…” mormorò assonnato nel buio, “L’ho sentito.” Il fratello era già in piedi accanto alla porta con la pistola in pugno. “Coraggio, alzati.” Di tutta risposta Rin mugugnò qualcosa rigirandosi tra le coperte, “Rin!” Yukio piombando di peso sul suo letto lo fece sussultare. “Che vuoi!?” il ragazzo sbadigliò senza aprire gli occhi.  “Avanti, non è il momento di rimettersi a dormire…”, bisbigliò tra i denti trascinando il fratello fuori dal suo giaciglio, “Dovremmo essere gli unici inquilini di questo dormitorio… Potrebbero esserci degli ospiti indesiderati al piano di sopra.” “Ho capito, ho capito…” Rin biascicando qualcosa si convinse ad alzarsi di sua sponte… o quasi. Ancora in mutande tastò i profili della mobilia in cerca della sua Katana. Rantolando nel buio un minuto buono finalmente la trovò e raggiunse suo fratello sull’uscio. “Sei pronto?” gli chiese serio, ma Rin grattandosi dietro la testa farfugliò qualcosa ancora nel mondo dei sogni, “Eh, sì… credo” sbadigliò ancora. “Non ci siamo…” Scossando la testa, Yukio estrasse dalla tasca un cerca persone e premette un tasto con decisione, “Meglio chiamare il preside.” Aggiunse infilandoselo nuovamente in tasca. “Rin?” richiamò di nuovo il ragazzo all’ordine dopo un lungo e vuoto silenzio. Rimase a fissarlo mentre lentamente la quiete veniva interrotta dal suo russare beato. Era rimasto in piedi abbracciato alla sua spada piantata a terra. “Non ci credo…” si sistemò gli occhiali stressato, “Svegliati!” sbraitò. All’improvviso qualcuno batté lievemente le nocche sulla porta aperta. “Toc toc ~ È permesso?” fischiettando ilare, Mephisto Pheles in persona varcò la soglia senza aspettare che gli venisse dato il permesso. Con eleganza entrò nella camera squadrando i due giovani scarmigliati buttati praticamente giù dal letto e arricciò il naso. A differenza loro, sembrava non essere nemmeno andato a dormire ed era impeccabilmente vestito di tutto punto come suo solito. “Mhh…Volevate forse fare un pigiama party?” si grattò il pizzetto con un mezzo sorriso. Yukio aggrottò le sopracciglia con imbarazzo e proseguì con l’esporre il problema, “Ecco… Mi dispiace deluderla signor preside, ma il motivo della chiamata è differente…” Si allacciò un bottone della casacca da professore buttata su alla rinfusa nel tentativo di sembrare più professionale, “Abbiamo un problema.” Un altro tonfo sordo lo interruppe. Tutti i presenti alzarono lo sguardo sul soffitto. I rumori provenivano dal piano di sopra. “Mh… Penso proprio di capire il perché io sia così desiderato…” “Possibile che un demone sia riuscito a penetrare all’interno dell’istituto?” Yukio azzardò un’ipotesi. “E se fosse un gatto?” biascicò assonnato Rin, di nuovo sveglio. Il fratello lo osservò in silenzio sistemandosi gli occhiali e ignorandolo riprese il discorso voltandosi nuovamente verso Mephisto. “Lei pensa che potrebbe esserci un qualcosa di pericoloso per l’incolumità degli altri studenti?” “Non saprei…” Lo sguardo dell’uomo si perse nel vuoto mentre si accarezzava distratto il mento, “Ma finché stiamo qui fermi non lo scopriremo mai.” Smettendo di lisciarsi la barbetta schioccò le dita trafitto da un barlume di genio, “Orsù, propongo un’ispezione!” “Mh…” Yukio si fece pensieroso, “Ho deciso!” Squittì Mephisto battendo le mani, “Ci divideremo in due gruppi!” “Genio, ma siamo in tre.” Bofonchiò Rin mettendosi le dita nel naso, “Tu che in mutande giochi al cercatore di tesori senza alcun ritegno dovresti tacere.” Lo zittì Yukio attonito, “Suvvia, bambini, non litigate…” si sfiorò le labbra con le dita della mano e con una piroetta sventolò il mantello girando i tacchi, “Yukio, tu e Rin prendete le scale di destra, perlustrerete il corridoio del piano di sopra da quel verso…” ruotò il capo verso i due, “In quanto a me medesimo, mi avvierò per le scale di sinistra.” Sorridendo si calcò il cilindro sulla nuca cominciando a camminare nel buio, “Se ci sono problemi fatemi un fischio!” strillò ormai lontano agitando un braccio senza voltarsi. “Che tipo…” Rin si tolse il dito dalla narice sbuffando, ormai completamente destato dai suoi sogni. “Dai, muoviamoci.” Yukio stringendo i pugni attorno alla sua arma carica, puntata sul pavimento, uscì prontamente nel corridoio avviandosi verso la destinazione prestabilita. Rin tentennando azzardò un passo in avanti ma guardandosi i piedi si arrestò di colpo, “Hey! Aspetta!! MA SONO IN MUTANDE!” “Ma buongiorno…” sussurrò Yukio con gli occhi a mezz’asta senza voltarsi verso il fratello che in preda all’agitazione non sapeva dove andare a sbattere la testa.
“Yukio, non vedo niente…” Si lamentò Rin, con finalmente addosso un paio di pantaloni. Seguiva Yukio come un ombra avanzando a tentoni nell’oscurità del secondo piano. Le vecchie e malconce travi di legno del pavimento polveroso scricchiolavano ad ogni loro passo riecheggiando nel silenzio più tetro. “Tu, piuttosto che lamentarti, nascondi quella coda.” “Ma come… come hai fatto a vederla!? Non ti sei nemmeno girato!” contorcendosi Rin si infilò nelle mutande la coda che penzolava fuori dai pantaloni. Yukio avanzava in guardia stando vicino alla parete sgretolata e umida che odorava di cantina.
Nel frattempo, dall’altra parte del corridoio, a passo fiero, Mephisto camminava con disinvoltura nell’oscurità. Passando accanto ad una delle massicce porte delle stanze del dormitorio si fermò sentendo un rumore sospetto. Un tramestare di acqua corrente aveva attirato la su attenzione. “Qui c’è qualcosa che non torna…” Pensò rimanendo in ascolto finché lo scrosciare non cessò. A quanto pare quella era la porta di uno dei bagni. “Mhm... C’è davvero qualcuno...” Afferrò con grazia la maniglia di ottone e con uno strattone spalancò la porta. La luce del bagno inondò quella porzione di corridoio svelandone dietro la soglia un nugolo di capelli biondi e mossi appartenenti ad una bimbetta in camicia da notte che in punta di piedi su un panchetto si stava lavando i denti. Non appena i due incrociarono gli sguardi, lo stupore fu reciproco. Quegli occhi dorati lo squadrarono da capo a piedi rapidi come due saette e l’uomo ebbe un déjà-vu. La ragazzina spalancò la bocca lasciando cadere lo spazzolino nel lavandino. Mephisto non riusciva a credere ai suoi occhi. Quella non era una bambina. La sua statura ingannava i suoi anni e lui l’aveva riconosciuta. Mentre tentò di farfugliare qualcosa che avesse un senso, la piccola saltò giù dal piedistallo facendolo rovesciare su se stesso dalla foga e respirando con affanno si lanciò al collo dell’uomo urlando di gioia “MEPHISTO !!!”. La sua vocina riecheggiò per tutto il dormitorio attirando l’attenzione di Rin e Yukio.
“Che accidenti!?” Rin indietreggiò confuso “Mantieni la calma…” Yukio non si scompose. Alle loro spalle, due occhi scarlatti si accesero nel buio.
“Li…Lilith ?” mormorò sgomento Mephisto ricambiando in parte l’abbraccio che ben presto si sciolse. Le piccole manine della ragazzina gli scivolarono lungo il collo e il petto mentre appoggiava i piedi per terra. Era talmente piccola e minuta in suo confronto da arrivargli a una decina di centimetri dalle spalle. Non appena toccò terra, la suddetta Lilith alzò la testa per guardare Mephisto negli occhi, sorrideva commossa, in estasi. “Perché ti trovi qui?” ancora incapace della situazione faticava a non guardarla con gli occhi sbarrati. L’espressione della ragazza mutò all’istante. Senza dire nulla, la piccola ci pensò un attimo rabbuiandosi sempre di più “Ha importanza?” Alzò gli occhi sconsolata, “Direi di sì…” Mephisto la guardò serio, “…Però non penso sia il luogo adatto per discuterne...” ammorbidendosi, tagliò corto leggendole negli occhi. “Ad ogni modo…” La osservò carico di affetto “Sei… Cresciuta...”.  Lilith strabuzzò gli occhi colpita e imbarazzata da quell’affermazione e dal suo sguardo così intenso, al che sbuffò “Uff… lo sappiamo entrambi che non è vero!” Fece il broncio incrociando le braccia. “È pur sempre lo stesso corpo…” “Mhm...” Sorrise Mephisto imitandola “E… Dimmi, cara, è qui con te anche tua s...”, un urlo di terrore ruppe il silenzio della notte “Sì...” Lilith guardò nella direzione dell’urlo. “Ci siamo fermate qui pensando che questo posto fosse disabitato…” “Perdonami, ma essendo evidente che non è così, sarebbe meglio che io andassi a salvare i miei studenti da quella lì...” Interrompendola con un occhiolino, Mephisto accorse in aiuto di Rin e Yukio che erano alle prese con la misteriosa creatura della notte. “A...Aspettami!” Lilith gli corse dietro. Una donna alta e formosa si era avventata alle spalle di Rin atterrandolo per poi scagliarsi su Yukio. “Avevo sentito odore di sangue giovane...” una voce mostruosa fuoriuscì dalla bocca della creatura i cui occhi iniettati di sangue brillavano di desiderio.  “Allora eri tu l’ospite indesiderato! “Le gridò il ragazzo tentando in vano di colpirla coi proiettili benedetti della sua pistola “LAMIA!” Lilith si parò rapidamente davanti a Mephisto che immobilizzandosi rimase stordito dalla nuvola di capelli che ricaddero sulle spalle della ragazza svolazzando. La donna si bloccò voltandosi verso di lei “E dai...” sorrise maligna, “Lasciami divertire...” “No! Ricordati che qui siamo ospiti!” S’impuntò decisa Lilith. Yukio attonito rimase disteso immobile sul pavimento freddo mentre Rin stava tentando di scollare la faccia dalle assi di legno. Nel trambusto, era necessario l’intervento di un pacificatore. “Calmi, Calmi…” S’intromise Mephisto alzando le mani in segno di tregua “Vi prego di farmi chiarire il malinteso…” Tutti lo guardarono trattenendo il fiato “Le qui presenti signorine, per via di un errore burocratico sono finite nel vostro stesso dormitorio, perché da domani …” Afferrò entrambe per i polsi alzando loro le braccia al cielo come se fossero vincitrici di un incontro di lotta, “Saranno anche loro ufficialmente iscritte al corso per esorcisti!  Felicitazioni mie care!” Gongolò entusiasta mentre le due lo guardarono strabuzzando gli occhi incredule. “E adesso, con permesso, vorrei portarle nel mio ufficio per occuparmi immediatamente di questo errore di collocamento!” Detto questo le trascinò via sotto gli occhi increduli dei due ragazzi. “Buona notte miei cari! E sogni d’oro!” Cinguettò ormai lontano.
Quando furono abbastanza lontani, Mephisto le sbatté entrambe al muro e senza esclusioni le guardò serio negli occhi “Voi due… Specialmente tu...” si rivolse a Lamia che alzò gli occhi al cielo “Dobbiamo parlare.” Lilith sbiancò deglutendo rumorosamente.
Messo piede nell’ufficio di Mephisto, quest’ultimo fece accomodare le ragazze su due poltrone rosse dirimpetto alla scrivania a cui si sedette. “Mephisto… Noi non siamo venute qui per frequentare la scuola…” azzardò Lilith “Pensavate di poter restare qui senza fare niente in cambio? Vi faccio presente che qui dentro non sarebbero ammessi demoni… È già tanto che vi stia dando una copertura per restare…”  La ragazza allora abbassò lo sguardo sconfortata, “Ci dispiace...” gemette e Mephisto non riuscì a continuare a guardarla male, “Or dunque, si può sapere perché siete qui?” Silenzio. Lilith strinse coi pugni i lembi della camicia da notte rimuginando e Lamia la guardò con fare di sufficienza “E dai, Lilith glielo puoi anche dire, tanto ormai a Gehenna lo sanno cani e porci…” “Taci!” la zittì la ragazzina seccata, Lamia sbuffò infastidita, “Come sei permalosa, è solo un dato di fatto...” Lilith senza sentire ragioni, la fulminò con lo sguardo, “È palese che ci siano parecchie controversie tra di voi, o sbaglio?” “Sbagli!”. La secca risposta in coro delle ragazze lo lasciò di stucco. “È solo che…” tentò di spiegarsi riccioli d’oro, “Noi siamo di nuovo…” “Scappate di casa.” Lamia completò la frase e la stanza piombò di nuovo nel silenzio. “Ah… come i vecchi tempi…” Mephisto si lisciò il pizzetto “Capisco…” si alzò in piedi passeggiando avanti e indietro. “Anche se volessi rispedirvi a casa non potrei dato che due miei studenti vi hanno viste, dunque…” fece retrofronte, “Per non mancare la parola data, da domani frequenterete entrambe il corso speciale per esorcisti!” “Ma è assurdo! Noi non...” Saltò su Lilith tentando di farlo ragionare “Niente se, e niente ma! Se volete restare dovete sopportare!” “Ho capito...” si guardò le punte dei piedini scalzi e bianchi. “Ah, quasi dimenticavo!” Si avvicinò alle ragazze, “Per quanto riguarda la vostra vera identità non voglio che si ripetano azioni come quella di stanotte che mettano in pericolo la vostra copertura! Ricordatevi, da oggi voi siete due semplici studentesse dell’accademia della vera croce, intesi?” “Mica tanto normali… Siamo due demoni esorcisti…” sogghignò Lamia. “E’ inutile dire che ciò che ho detto vale soprattutto per te, cara.” puntualizzò Mephisto, “Inoltre, sarebbe inopportuno inserirvi in uno dei dormitori comuni pullulanti di ragazzi indifesi, pertanto rimarrete lì dove siete.” “Cosa? In quella baracca in avanzato stato di decomposizione?” Lamia, stizzita incrociò le braccia. “Va… Va benissimo!” La interruppe Lilith “È un sollievo sapere che potremo restare.” sospirò rassicurata. “Ne sono lieto” Sorrise Mephisto accarezzandosi le mani, “Adesso potete andare a dormire…” Le invitò ad andare. Mentre stavano per varcare la soglia però, l’uomo le trattenne un ultimo istante “La coda.” Scandì bene la parola, “Deve sparire” “Ah! sissignore!” Lilith frugò sotto la sua camicia da notte e Lamia si limitò a infilarla nei pantaloni del pigiama, “Pregate solo che quei due non l’abbiano vista.” Sospirò Mephisto. “Figuriamoci, era troppo buio!” Gridò Lamia mentre si allontanava con Lilith, “Shhh! Fa silenzio! È notte fonda!” “Ma smettila!” “Ah! Lamia! Ti prego..!”. Mentre il brusio lasciava posto al silenzio, e il rumore dei passi delle ragazze scompariva, Mephisto sospirando sparì nel suo ufficio.
“Sei proprio una scema, Lilith.” sbuffò Lamia sedendosi a gambe incrociate sul pavimento marcio. Lilith non rispose e chiudendosi la porta massiccia alle spalle, sospirando vi si addossò. In quella stanza buia e tetra c’erano due letti a castello incassati nella parete e una scrivania robusta e impolverata. Non era un gran che, ma era la prima stanza in cui erano capitate. Lontana quattro porte dal bagno, e una dalle scale di destra, era quella al capolinea del corridoio, quella con due belle finestre ampie che facevano entrare liberamente la luce lunare. Da lassù si vedeva una parte di giardino: il vialetto ghiaioso, le siepi e una chiazza di alberi neri che circondava l’edificio ne costituivano il corpo. Più in là, dietro i cespugli incolti, un piccolo ponte di pietra sormontava un ruscelletto che terminava di lì a poco, scomparendo nella terra umida. L’erba incolta e l’edera avevano invaso ogni centimetro, tranne la via di ghiaia bianca salvatasi per un qualche miracolo. Persino l’edificio abbandonato non era stato risparmiato dalla natura. Per lo meno gli arbusti non erano ancora entrati in camera. Il legno era però impregnato di un forte odore di muschio. Non era di certo il palazzo lussuoso che si aspettavano. L’unico tocco di classe che impreziosiva la serata erano le lucciole. Come piccole fiammelle illuminavano la notte rendendo il paesaggio quasi fiabesco. Una di loro, entrando dalla finestra, si posò su un piede di Lilith. “Lamia …” si decise a parlare mentre scacciava l’insetto con un colpetto, “Io penso che fingerci studentesse sia il male minore…” Lamia abbandonò la testa all’indietro per guardarla in silenzio, “Sarà molto più complicato trattenere la nostra vera natura…” bisbigliò stringendo i pugni “Specialmente per le conseguenze che ne deriverebbero…” aggiunse. “Qualcosa mi dice che tu non ti stai riferendo soltanto ai limiti imposti da pizzetto, non è così?”. Lilith scosse il capo “Lo sappiamo entrambe com’è andata l’altra volta… Se dovessi perdere le staffe... Io…” si accasciò in ginocchio “Per meglio dire… lei saprebbe la mia esatta posizione…”. La sorella alzò un sopracciglio sogghignando, “Beh… Io per quello non ho motivo di trattenermi.” Ridacchiò. “Quella strega tiene d’occhio te, non me! Io mi posso sfogare quanto voglio!” Rise di gusto ma Lilith, trascinandosi verso di lei l’afferrò per un braccio, “Ti prego non fare niente di stupido! Non voglio essere costretta a tornare a casa per colpa tua. Non dimenticare il tuo ruolo!” Corrucciò le sopracciglia, “Se, se...” la donna annuì poco convinta, “Ma tu ricordati che tutto quello che faccio…” Le piantò un dito nel petto “Lo faccio per proteggere te, milady!” Si alzò in piedi buttandosi sul materasso marmoreo di uno dei letti “E ovviamente, non puoi impedirmi di recuperare un po’ di energie, dopotutto servono a me per essere in grado di adempiere a questo compito…”. Lilith rimasta di stucco, si alzò a sua volta stringendo i pugni “Lamia, è categorico! Non toccare gli studenti di questo istituto!” Abbassò lo sguardo, “O se proprio devi farlo, non ucciderli.”  “Sissignora, sarò contenuta nel nutrirmi…” sogghignò poco prima di addormentarsi.

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


CAP 2

“Questo sole mi sta uccidendo.” Lamia, che dall’alba non era più riuscita a chiudere occhio per la troppa luce, fissava il soffitto allucinata. “Qui ci servono delle tende.” Borbottò tra un tic nervoso e l’altro. Qualcuno bussò alla porta e la donna ormai sveglia si trascinò a vedere chi fosse lo scocciatore. Quando aprì la porta però non trovò nessuno. “Me lo sono immaginata?” alzò un sopracciglio seccata, strabuzzando gli occhi inforcò gli occhiali da vista e qualcosa ai suoi piedi attirò la sua attenzione. Per terra giacevano due divise scolastiche accuratamente ripiegate l’una sull’altra. “Ma che diavolo?” le raccolse disgustata. “E io dovrei mettere sta roba??” disse agitando davanti al suo naso una gonnellina rosa caramella. “Pizzetto non ha proprio gusto estetico.” Arricciò il naso, “Per me sono carine!” Lilith sbucò alle sue spalle arrossita di stupore, “E tu da dove accidenti sbuchi!?” Lamia si scansò sgomenta, “Fammi il favore di legarti un campanello al collo per la prossima volta.” Si spazzò della polvere immaginaria dalle spalle. Lilith ignorandola, si avvicinò a lei prendendole una delle uniformi di mano e la sollevò sopra la sua testa per esaminarla contro luce. Vide al suo interno un qualcosa di geometrico e non fece in tempo a domandarsi chissà cosa che un biglietto uscì dalla camicia colpendola sul naso. Vacillando, il foglietto planò a terra fermandosi qualche metro più in là. “Ahia, cos’è stato?” abbassò le braccia per massaggiarsi il naso. La sorella con nonchalance le passò accanto raccogliendo il pezzo di carta piegato a metà, “Che accidenti c’è scritto?” lo esaminò con circospezione nauseata da tutti quei ghirigori infantili e lo aprì svelandone un “Siete in ritardo~ firmato Mephisto” variopinto contornato da stelline e disegnini. In un angolino spiccava una caricatura fatta male della faccia del sottoscritto che reggeva con una mano fluttuante una grossa sveglia rossa. “Ah… Oltre a non avere gusto non sa neppure disegnare.” Agghiacciata, Lamia fissava la composizione artistica con ribrezzo. “Lamia! Ne è uscito un altro!” Strillò Lilith mentre raccoglieva un secondo biglietto, scritto e decorato come il primo, “Aula 301, veloci~” recitava una calligrafia incomprensibile, “P…C?” “Si legge PS, scema!” Lamia le strappò il biglietto di mano “Cristo…” si aggiustò gli occhiali, “Posso capirti, Mephisto ha una calligrafia imbarazzante…” si schiarì la voce, “Dunque… PS: La chiave è sotto lo zerbino.”. Si guardarono di sbieco. “Che?” Lamia si guardò intorno con un punto interrogativo stampato in faccia. “Non vedo zerbini.” Aggiunse Lilith grattandosi il naso, “Aspetta… forse è all’entrata del dormitorio!” ebbe un lampo di genio. “Brava Sherlock, vestiamoci e andiamo a vedere...” Lamia sbuffò seccata rientrando in stanza, “Si può sapere perché devi sempre sfottere?” squittì Lilith chiudendo la porta con un tonfo.
“Che palle, odio le caccie al tesoro.” Sospirò Lamia scendendo le scale dietro a Lilith che avanzava rapida verso l’ingresso principale. Si erano messe le uniformi nonostante le proteste della maggiore. “Eccolo!” strillò all’improvviso uscendo dalla porta, additando lo zerbino. “Certo che Mephisto è stato molto generoso nei tuoi confronti…” Osservò ridacchiando la sorella in merito alla camicetta un po’ larga di petto che indossava, “Ta…Taci!” stizzita, Lilith scaraventò via il tappeto, “Ho trovato la chiave!” annunciò eccitata sollevandola come un trofeo. “Ah…Guarda c’è un biglietto attaccato…” mormorò afferrando il pezzetto di carta legato alla chiave con un nastrino rosa pallido, “Un altro!?” Lamia alzò gli occhi al cielo, “Certo che non aveva proprio niente da fare quell’uomo…” sbuffò. “Usami?” lesse Lilith sconcertata. “Eh?” “C’è scritto… Usami.” “Ma che bellezza essere nel paese delle meraviglie!” la sorella ribatté sarcastica. “Che dici? Proviamo ad aprirci la porta del dormitorio?” Lilith guardò la serratura del portone rovinata dal tempo, “Ma se è già aperta!” “Chiudila allora!” “E va bene, milady…” Svogliata, Lamia chiuse con un tonfo sordo il grosso portone. “E adesso?” si voltò scettica verso la sorella incrociando le braccia. La ragazzina infilò prontamente la chiave nel buco. Girandola si sentì un rumore secco di meccanismi in azione e subito dopo la porta si socchiuse. “Bene, adesso che abbiamo le chiavi di casa, mi vuoi spiegare che diavolo ce ne faccia...?” senza ascoltare le lamentele di Lamia, Lilith aprì con inaspettata facilità la porta spingendola verso l’interno. Con stupore di entrambe, l’atrio del dormitorio era scomparso lasciando al suo posto un lungo corridoio sfarzoso ricco di decorazioni in oro massiccio e tappezzeria color rosso sangue. Il soffitto era immenso e sfumava nel buio della sua fine lontana mentre decori bizantini brillavano alla luce di mille candele ai lati di numerose porte numerate. Lamia dallo shock non riuscì a finire il discorso e seguì la sorella lungo il tappeto rosso. “Alla fine ce l’avete fatta!” Mephisto le accolse roteando il su ombrello retrò, “Congratulazioni mie care ragazze!” Battendo le mani liberò una nuvola di coriandoli sorridendo tutto contento. “Tu sei un mostro…” Lamia senza parole si guardò intorno, “Oh grazie, lo prenderò come un complimento!” ammiccò fiero alla donna.  Lilith dal canto suo boccheggiava incredula senza riuscire a spiccicare parola. “Prego, seguitemi~” l’uomo girò i tacchi facendo loro un cenno. “Solo per oggi vi mostrerò dove andare! Per tutti gli altri giorni, usate la chiave per raggiungere questo posto e arrangiatevi! ♫” cinguettò “Ma…!” Lilith da in fondo alla fila lo affiancò “Si può usare con qualunque serratura?” chiese con gli occhi che le brillavano e Mephisto la guardò alzando le sopracciglia “Ovvio che sì!  ♥” le fece l'occhiolino. Dietro di loro, Lamia li guardava assente. “Eccoci qua!” Mephisto arrestò il passo fermandosi davanti a una delle porte, “Datemi solo un istante…” si voltò sornione alzando il pugno, “Toc toc! È permesso?” bussò alla porta e la aprì senza aspettare risposta. Baldanzoso Mise piede in aula interrompendo la lezione già incominciata. “Signor Preside, a cosa dobbiamo la sua visita?” Chiese Yukio abbandonando ciò che stava trascrivendo sulla lavagna da un taccuino nero. “Mi duole interrompere la vostra lezione, ma siate lieti di accogliere nel vostro corso due nuove fanciulle!” “Ha detto fanciulle!?” A uno degli studenti brillarono gli occhi “Shima, un minimo di ritegno!” Lo zittì un altro. “Avanti entrate mie care ragazze!” Mephisto invitò Lilith e Lamia ad entrare. Prima di Lamia entrò il suo prosperoso seno messo in evidenza dalla camicetta un po’ sbottonata, poi dopo di lei entrò incerta Lilith che nel suo approssimato metro e quaranta di altezza si sentiva sovrastata da ogni cosa in quella stanza. Rin, seduto tra i banchi assieme ad altri otto studenti, non riconobbe le due ragazze pur avendo avuto l’incontro ravvicinato della notte prima. Mentre invece Yukio arricciò il naso sospettoso. Come dimenticare quegli occhi diabolici seppur ora mascherati dietro le spesse lenti di un paio d’occhiali? Più sorpreso che meravigliato, però, non abbassò la guardia posando il gessetto sulla cattedra. “Benvenute.” Disse calmo, “Io sono il professore di rimedi anti demone, mi chiamo Yukio Okumura. Prego, presentatevi alla classe.” Aggiunse atono alzando una mano verso gli studenti. Lamia sogghignò guardandolo dritto negli occhi. Tutti quei nei sul viso del ragazzo le ricordavano una mappa stellare. E la cosa la intrigava. Accorgendosi del silenzio piombato nell’aula e del fatto che Lilith non sembrava voler prendere alcuna iniziativa, si scostò con un gesto leggero i lunghi capelli corvini dalle spalle e si schiarì la voce. “Certamente…” si voltò verso la classe, “Santo cielo… vi potrei contare sulle dita delle mani…” sibilò seccata e delusa, “Ad ogni modo, io mi chiamo Lamia, LamiaEvangeline per inciso. Non so se per voi sarà un piacere o meno conoscermi…” ridacchiò maliziosa.  “Hey ma non aveva detto che erano in due?” Shima, il ragazzo di prima, parlò un po’ troppo forte e Lamia lo sentì “Ci stavamo arrivando, Momotaro!” Gli urlò Lamia facendolo sobbalzare. “Andiamo, continua tu …” Disse allora alla sorella che offesa dall’affermazione del ragazzo guardava in basso con un velo di lacrime agli occhi. Non proferì parola. Era umiliata come mai prima di allora. Non le era mai successo di non venire notata entrando in una stanza nemmeno se affollata. Ma lì non erano a Gehenna. “Shima l’hai offesa!” “Oh accidenti, Koneko… ero talmente preso dalle tette di quella lì che non mi ero accorto che l’altra fosse così bassa.” Konekomaru iniziò a singhiozzare “Stai dicendo che tutti mi ignorano perché anch’io sono basso e non ho le tette?”  “Oh no... Scusami non volevo offendere anche te!” l’amico agitò le mani colpevole, “State zitti!” ringhiò un ragazzo davanti a loro “Ah! Sì! Scusaci Bon!” si tapparono la bocca a vicenda intimoriti dal compare. Lilith tremava presa dal panico. Non sapeva come comportarsi. Avrebbe voluto gridare al mondo l’oltraggio ma sbirciando con la coda dell’occhio Mephisto, si ricordò della promessa fatta e ingoiò il rospo. “Maledizione…” digrignò i denti Lamia, “Perdonatela. Ma è molto suscettibile in pubblico.” Sbuffò. Mephisto per recuperare la situazione le dette due colpetti delicati sulla spalla rassicurandola, “Avanti, non ti mangiano mica…” aveva frainteso. Per lo smacco si era chiusa talmente tanto in se stessa da sembrare timida. E un po’ lo stava diventando sul serio. Quegli umani, con quegli occhi innocenti e quei cervelli microscopici. Si rese conto di essere effettivamente a disagio in loro presenza. “Io…” la sua voce uscì come un flebile gemito, poi lentamente sollevò la testa scrutando il suo pubblico, “Sono Lilith Evangeline, piacere.” Alzò un minimo il tono di voce. La classe mormorò sollevando un coro di stupore. “Che tenerezza!” Una ragazza dal caschetto biondo seduta in prima fila si strinse le spalle, “Ti va di diventare amiche?” “Shiemi, ma tu lo chiedi proprio a tutti!?” Rin accanto a lei la guardò di sbieco. “Ragazzi, silenzio!” li zittì Yukio recuperando la loro attenzione battendo due colpi sulla cattedra. Si girò verso le due nuove arrivate sistemandosi scettico gli occhiali. “Avete lo stesso cognome… Per caso siete…” “Che perspicacia bambolo, siamo sorelle.” Tagliò corto Lamia come se la cosa la infastidisse. “Sorelle!? Ma non vi somigliate per niente!” Un’altra ragazza sbottò dalla seconda fila, “Kamiki, ti da forse fastidio che siano più carine di te?” “Ah, Ryuji senti chi parla!” “Fino a prova contraria non sono una ragazza!” i due litiganti si sporsero ringhianti dai loro banchi, “Bon, Izumo… non litigate…” “Zitto Shima!” sbraitarono all’unisono guardandosi in cagnesco. Yukio sbattè entrambe le mani con violenza sulla cattedra, “Ragazzi insomma!” urlò per poi sistemarsi nuovamente gli occhiali scivolati sulla punta del naso, “Bene…” si ricompose, “Dal momento che le presentazioni sono finite, vi invito a prendere posto nei banchi rimasti così da poter riprendere la lezione. Sentitevi libere di scegliere…” fece cenno di sbrigarsi. “Certamente…” balbettò Lilith filando per prima in fondo all’aula sgattaiolando a capo chino tra i banchi. La sorella la seguì svogliata andando a sedersi accanto a lei. “Allora fanciulli, buon lavoro~” Mephisto uscì dalla stanza salutando il popolo mentre Lilith lo guardava incerta sul da farsi. Rimase a fissarlo finché non scomparve dietro l’uscio. Si fece piccola piccola imbarazzata da quella strana situazione. Gli sguardi che riceveva la mettevano in imbarazzo perché non si trattava di ammirazione ma curiosità. I suoi nuovi compagni di classe la mettevano in soggezione. Il loro odore mortale era soffocante. “Lo sapevo che sarebbe stata una cattiva idea per me trovarmi in questa situazione…” mormorò a Lamia, “Io mi conosco bene…” tremò scoraggiata, “Come come? Non sei tu quella che gode nello stare al centro dell’attenzione?” “Dipende che tipo di attenzione…” “Ohohoh…” sogghignò la sorella, “Se ti può consolare non stai andando poi così male…” la guardò di sottecchi, “Saresti persino potuta passare inosservata se non avessi parlato, bassa come sei…” stuzzicò ulteriormente Lilith che gonfiò le guance oltraggiata. “Ancora con questa storia…” sibilò come una pentola a pressione sull’orlo dello scoppio. Al che Lamia scoppiò a ridere fragorosamente divertita dal rossore del viso della sorella che a stento si stava trattenendo. Yukio che aveva appena ripreso a scrivere alla lavagna, si girò assieme a tutti i presenti verso la fonte dello starnazzare incenerendola con lo sguardo. “Signorina Lamia, ti dispiacerebbe spiegarmi cosa ci trovi di tanto divertente nelle bacche di ginepro?” “Nelle bacche di ginepro niente, ma mia sorella è uno spasso!” dondolò sulla sedia con le lacrime agli occhi, “Andiamo, guardate la sua faccia offesa…” incrociando le braccia posò i piedi sul banco in totale mancanza di rispetto. “Signorinella, vuoi che ti mandi dal preside subito il vostro primo giorno?” Gli occhiali di Yukio scintillarono bianchi. A quella frase Lilith sbiancò cercando di placare Lamia con lo sguardo. Fallendo, senza pensarci si alzò in piedi di scatto “La prego professore, Non ce n’è bisogno! Lamia ha soltanto qualche problema di concentrazione, la scusi…” farfugliò con quella vocina irritante, “Ah, così io avrei dei problemi, Io!?” Lamia non smetteva più di ridere finendo col ribaltare la sedia all’indietro da quando si sganasciava, finendo col cadere rovinosamente a terra con un boato. “Adesso basta! Filate, tutte e due.” Yukio intransigente alzò un dito indicando la porta. Lilith sobbalzò in preda al panico sgranando gli occhi, ora sì che era veramente al centro dell’attenzione. “N…No la prego… Lamia basta!” balbettò disperata guardandola rotolarsi per terra. Ma ormai l’avevano persa. Era in balia della ridarella e non riusciva più a fermarsi. “Filate!” ribadì Yukio senza sentire ulteriori scuse. Al che Lilith si convinse ad abbassare il capo e smettere di provarci. Senza battere ciglio prese Lamia per un braccio trascinandosela dietro fuori dall’aula, cercando di tenersi stretto almeno un briciolo di dignità. Non appena furono nel corridoio, Yukio uscì assieme a loro e chiudendosi la porta alle spalle, estrasse dalla tasca dell’uniforme un mazzo di chiavi. Dopo averne scelta una la infilò nella serratura e quando riaprì la porta, comparve lo studio di Mephisto. Senza dire niente le prese entrambe per la collottola e le buttò dentro per poi richiudere la porta e tornare alla sua lezione. Mephisto, che stava scribacchiando qualcosa alla scrivania, alzò lo sguardo e vedendo le ragazze buttate per terra nel suo ufficio, sospirò esasperato.
“Che avete fatto?” visibilmente stressato, Mephisto si rivolse a Lilith che accomodatasi sulla solita poltrona rossa si guardava le punte dei piedi penzolanti. Lamia invece non era nemmeno riuscita a raggiungere il suo posto e si rotolava per terra in preda agli spasmi. Non ricevendo alcuna risposta, allora, si schiarì la voce guardando prima l’una e poi l’altra “Riformulo… Che ha?” congiunse le mani sotto al mento fissando Lilith, ancora più imbarazzata. La sorella, tentando di tornare in sé, si trascinò aggrappandosi al bracciolo dell’altra poltrona e inerpicandosi su quest’ultima si mise seduta senza però riuscire a stare seria. “Non ci posso credere, ha fatto una tale figuraccia!” starnazzò additando Lilith, la quale stava di nuovo diventando rossa in viso. “Seriamente, avere una sorella lunatica è il massimo!” si accasciò all’indietro sbattendosi un palmo sulla fronte. Mephisto, confuso alzò un sopracciglio guardando la ragazzina presa in causa che stava lentamente stringendo i pugni caricandoli di odio. “Non si è ancora capito se ti piaccia o no ricevere attenzioni, insomma sei sempre tutta Io Io Io, Sono stupenda, la donna più bella di tutta Gehenna e davanti a un pugno di umani diventi così… INUTILE!” Lamia fece il verso a Lilith continuando a scompisciarsi, “Che spasso!” sbattè la mano sul bracciolo ridendo maligna. “Era già abbastanza ironico l’aspetto che ti sei scelta per stare ad Assiah, ma se poi ci mettiamo anche le crisi e tutto il resto...” “Adesso basta!” urlò Lilith viola di rabbia, “Tu lo sai qual è il mio vero aspetto!” si alzò impuntando i piedi sulla moquette, “Non dovresti prendermi in giro sapendo ciò di cui sono capace!” le sue orecchie parevano fumare. Lamia finalmente smise di ridere, trasformando il divertimento in malizia. “Forse lo faccio soltanto perché così è più divertente…” il suo sorriso si tramutò in un ghigno. “A differenza del solito mi sono sentita guardata come un fenomeno da baraccone ed è solo colpa tua!” “Ragazze, calmatevi.” La voce di Mephisto risuonò talmente cupa da attirare immediatamente la loro attenzione. “Dopo neanche cinque minuti che vi lascio da sole vi ributtano qui, d’accordo mi fa piacere vedervi …” Sorrise sornione incrociando le braccia, “ma così non va bene.” tornò serio. “Lo sappiamo...” Lilith si abbandonò nuovamente sulla poltrona. “Allora… che avete da dire a vostra discolpa?”, Lilith gonfiò le guance scocciata “Ci dispiace, non lo faremo mai più…” Si voltò verso la sorella, “Beh che vuoi?” Lo sguardo della ragazza penetrò in quello della donna che volente o nolente ricevette il messaggio, “E va bene … scusami non lo farò mai più...” sbuffò Lamia scostandosi i capelli da una spalla con un rapido gesto di mano. “Così va meglio …” sorrise Mephisto, “…Coraggio, adesso andate~ altrimenti non riuscirete ad accaparrarvi nulla alla mensa…” l’uomo fece loro il gesto di sloggiare alla svelta al che Lamia e Lilith si guardarono stranite.
“Ma che accidenti pensa che possiamo comprarci con 1000 ¥!?” Lamia sventolò davanti al suo naso la banconota mentre cercava di sbirciare i prezzi delle pietanze in mezzo alla calca di studenti affamati. “Un panino 850 ¥!? Ma cos’è foderato d’oro!?” Lilith strabuzzò gli occhi “Mannaggia … Non possiamo permetterci nulla...” sconsolata e con la bava alla bocca fece scivolare le unghie sul vetro della teca accanto alla cassa della mensa, “A meno che non ci dividiamo il pranzo …” “Lascia stare, questo cibo per ricchi mi farà venire il mal di stomaco!”. Uscirono a malincuore e a pancia vuota dalla mensa e andarono a sedersi in giardino sui gradoni di una fontana. “Lamia… ho fame…” Lo stomaco di Lilith brontolava tra le sue braccia, “Che vuoi farci? Se solo pizzetto non fosse così tirchio…” La donna alzò gli occhi al cielo, “Beh… è già tanto che ci abbia dato quella banconota... In fondo non è tenuto a mantenerci...” “Ma insomma Lilith!? Da che parte stai!?” il brontolio dei loro stomaci le zittì entrambe. In quel momento erano tutti presi dalla frenesia del pranzo. Gli studenti affollavano la caffetteria della scuola gremendo i tavoli affamati. C’era persino chi aveva intrapreso un piccolo business di merendine fuori dalla mensa, smerciando Melon-pan e Pocky alla fragola. Inutile dire che era finito tutto nel giro di qualche minuto. Lilith guardò il banchetto spazzolato con un filo di invidia. Sospirò cercando di non pensarci. “Lamia… Senti, non è che…” voltandosi verso la sorella però vide che era distratta da qualcosa, o per meglio dire da qualcuno. Nel silenzio rotto dal vociare lontano dei ragazzi, la donna guardava in lontananza Yukio affannarsi con in mano un bel pacco di scartoffie. “Mhh…” Si leccò le labbra per poi alzarsi in piedi con uno slancio. “Dove vai?” Lilith la guardò allarmata, “A dissetarmi…” ancheggiando, Lamia si diresse verso il poveretto che travolto da un’improvvisa folata di vento fece cadere a terra la pesante risma di fogli sparpagliandoli ovunque. “Ahh… Uffa…” sbuffò la ragazzina abbandonando la testa all’indietro stringendosi nelle spalle. “Qualcosa non va?” Mephisto comparve all’improvviso davanti al suo naso facendola gridare di terrore. “Ahhh! Meph…” L’uomo prontamente la zittì posandole un dito sulle labbra, “Shh… Di fronte ai miei studenti chiamami Johann Faust V…” lei di tutta risposta annuì a scatti con la bocca serrata.
Nel frattempo Lamia aveva raggiunto Yukio.  “Hei bambolo, vuoi una mano?” il ragazzo chinato a terra alzò sconcertato la testa, mentre con le mani raccattava i fogli a casaccio “Vedi di rivolgerti a me con un po’ più di rispetto… anche se ho la tua stessa età sono pur sempre il tuo professore.” sospirò rassegnato. “Allora... Vuole una mano sua altezza sig. Professore?” sbuffò la ragazza scrollando le spalle, “Si, grazie.” rispose tagliente Yukio. “Ah... vedo che sono delle verifiche...” Disse Lamia accucciandosi e afferrando uno dei fogli ai suoi piedi “Già, il test di prova a cui avrei dovuto sottoporre anche te e tua sorella…” “Non sembra difficile… vuoi che ti aiuti a correggerle?” “Beh se pensi di esserne in grado, accomodati pure.”  “Hei non parlarmi con quel tono da so tutto io, ragazzino!” Yukio le strappò di mano i fogli e si alzò, “Tu non me la racconti giusta Lamia Evangeline...” disse infine “Non so come ne quando ma riuscirò a capire cosa sei veramente...” “Una bella donna?” suggerì lei pavoneggiandosi, Yukio arrossendo evitò di guardarle il seno. “Può darsi, ma sappi che prima o poi, questo facilissimo test spetterà anche a te. Non intendo rimanere indietro nel programma per due studentesse sbucate dal nulla...” impettito tornò sui suoi passi, ma Lamia imperterrita lo seguì.
“Tua sorella ti ha abbandonata?” domandò dunque Mephisto guardando Lamia saltellare dietro Yukio. Lilith fece cenno di sì guardando nella stessa direzione. “Allora ti andrebbe di fare due passi?” Le porse una mano chinandosi leggermente per guardarla meglio negli occhi, Lilith tergiversò un po’ sorpresa, poi si decise e accettò volentieri, “Perché no?” sorrise. Mentre imboccarono una stradina deserta, però, La ragazza cominciava a sentirsi un po’ a disagio per la situazione. “Dunque...” provò ad attaccar bottone “Il preside non dovrebbe avere di meglio da fare piuttosto che passeggiare con una studentessa?” chiese. Mephisto ci pensò un po’ su, “Direi di no! Dopotutto questa è una scuola per ricchi, ho pochi problemi veramente seri a cui badare…” Ammiccò.  Non staccava gli occhi da Lilith “E poi, è da parecchio che non parliamo io e te da soli.” L’ultima frase la fece arrossire. “A proposito di parecchio tempo, perché non sei cambiato di una virgola dall’ultima volta? Si, insomma… A me almeno sono cresciuti i capelli…” Mephisto stava per rispondere ma il brontolio dello stomaco di Lilith lo ridusse al silenzio. La ragazza sconvolta si guardò intorno imbarazzata, “Ehrm... scusami... È che non ho mangiato...”. Lui la guardò inclinando la testa da un lato “Mh? Non c’era niente di tuo gusto alla mensa?” per non essere scortese nei suoi confronti e dirgli che in realtà i soldi che le aveva dato non erano sufficienti, s’inventò una scusa “No, no…Anzi” Si sarebbe spazzolata tutto molto volentieri, “È che sono... A dieta.” guardò in basso. Mephisto inclinò il capo di lato studiandola a fondo. “Ho capito…” Mormorò con una smorfia, “Ma non è salutare saltare un pasto, mia cara!” si guardò attorno con un rapido movimento degli occhi, poi sorridendo le chiese: “Dimmi, Lilith, ti sono ancora gradite le mele?”. La ragazza strabuzzò gli occhi stupita. “Oh?” sbattè un paio di volte le palpebre. “C…Certamente... Ma io.” Balbettò, ma Mephisto con uno schiocco di dita e una sbuffata di fumo bianco fece comparire nella sua mano guantata una grossa lucida e succosa mela rossa. A Lilith venne immediatamente l’acquolina in bocca e fissò come rapita il frutto luccicante. Mephisto vedendola così attratta gliela porse gentilmente e lei la afferrò delicatamente. Qualcosa nei suoi occhi cambiò e l’uomo si accorse di quello sprazzo di demonismo che le balenò nelle pupille. La ragazza fece girare il frutto un paio di volte tra le dita ed era evidente si stesse trattenendo dal divorarla in un sol boccone. Portandosela al naso la annusò a pieni polmoni respirandone l’aroma dolciastro e mieloso. “Avanti, non badare a me e mangia.” la esortò Mephisto, e Lilith incominciò a tremare “Vorrei… Ma non posso…” Mephisto all’ennesimo rifiuto mise il muso, “Non disdegnare, Le mele non fanno ingrassare!” posò le mani sui fianchi, “lo so è solo che se io la mangiassi…”  “PIRIPIRIPIRIPIII!” La buffa e singolare suoneria del cellulare dell’uomo interruppe la loro discussione “Chiedo venia, ma devo proprio rispondere.... Facendo un inchino prese da chissà dove il suo assurdo cellulare rosa shock e rispose. Dalla sua espressione sembrò una telefonata seria, e la cosa fu confermata quando smise un attimo di ascoltare il telefono congedandosi con Lilith “Mi spiace, ma i miei doveri mi attendono, purtroppo il mio tempo libero è scaduto.” La ragazza annuì comprensiva “Sia chiaro però, vienimi a trovare quando vuoi!” ammiccò per poi voltarsi e tornare al suo studio con all’orecchio il telefonino. Lilith rimase inerme a fissarlo sparire dietro la prima curva. Mentre fissava l’orizzonte sentì incombere una presenza e voltandosi si trovò davanti Rin un po’ troppo vicino per i suoi gusti, “Ah!” sobbalzando indietreggiò facendo cadere a terra la mela che si ammaccò “Oh! Scusami non volevo spaventarti!” Il ragazzo si grattò un orecchio “Tu sei del mio stesso corso, vero?” “Ehrm... sì...” raccolse la mela tremando “Pensavo ti fossi persa e così volevo aiutarti a tornare in classe visto che la lezione sta per riprendere!” Sorrise entusiasta, poi adocchiando la mela gli scese un po’ di bava dalla bocca “Ma guarda che bella mela! La mangi?” Lilith in silenzio gliela porse “Come? Vuoi darla a me?” Rin la guardò annuire stupito “Sai mi stai già simpatica, grazie!” ridacchiò afferrando la mela e mangiandone metà con un morso “È anche buona!” bofonchiò “Sicura di non volerne neanche un morso?” Lilith scossò velocemente il capo con un’espressione indefinita in viso. “Grande! Allora vieni con me che torniamo in aula. Forza seguimi!” la prese per un braccio “Ah! Ma che fai?” La ragazza tentò di divincolarsi “Allora non sei muta!” sentendo quelle parole mise il broncio senza spiccicare più una parola lasciandosi trascinare via, mentre Rin continuava a ridacchiare, mangiare e dire fesserie. Tutto sommato si sentiva tranquilla in sua compagnia, anche se sentiva come il bisogno di stargli lontano.
Nel frattempo, nel suo studio, Mephisto aveva concluso la telefonata e la sua espressione la diceva lunga.

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


CAP 3

Lamia e Yukio furono i primi a mettere piede in aula. I rintocchi della campanella segnarono l’inizio della prima ora pomeridiana. “Che bello, a quanto pare siamo i primi...” Lamia stuzzicò Yukio, che ignorandola appoggiò i fogli sulla cattedra e iniziò a esaminarli. “Dai, non vorrai continuare a ignorarmi tutto il tempo?” nessuna risposta. “Se non ti decidi a rispondermi comincio a urlare frasi oscene nel corridoio...” “Sono il tuo professore...”  Sospirò, “Devo mantenere un certo distacco coi miei studenti...” mise da parte il primo di una lunga serie di fogli. “Hai intenzione di correggerli tutti ora?” “Certo che no, faremo una correzione collettiva, e adesso fila a posto.” Esasperato, il ragazzo la invitò ad andare ad accomodarsi. “Come desidera sua eccellenza!” dando uno sberleffo all’aria, Lamia si avviò verso il fondo della stanza, “Chiamarmi sua eccellenza è fin troppo esagerato, suona quasi come una presa in giro...” commentò lui impilando le scartoffie. Di tutta risposta, la donna ridacchiò “Santa pazienza...” sospirò allora tornando alle sue carte. “Scusi il ritardo prof!” “Sì, ci scusi!” Un gruppetto di ragazzi entrò di corsa in aula prendendo posto. “Yukio, Yukio! Siamo qui!” Anche Rin e Lilith arrivarono correndo, e il ragazzo si prese puntualmente la sua pacca sulla testa per essersi rivolto in quel modo al professore. “Bene, ora che ci siamo tutti farò l’appello, poi insieme correggeremo i test dell’ora precedente.” Lilith andò ad accomodarsi accanto alla sorella, che più che seduta ad un banco di scuola sembrava al bar. “Dunque … Kamiki Izumo” annunciò Yukio, “Presente!” La ragazza dai lunghi codini viola e dalle folte sopracciglia, che aveva commentato la diversità delle sorelle Evangeline, alzò la mano. Era seduta accanto a una ragazza anonima che aveva tutta l’aria di trovarsi là per caso. Infatti Lilith si accorse solo allora della sua presenza. “Miwa Konekomaru” continuò il professore, “Presente!” Questa volta alzò la mano un ragazzino piccolo e minuto con la testa rasata e gli occhiali. “Moriyama Shiemi...” “So…Sono qui!” Agitatissima, a biondina col caschetto dimenò le braccia “Shiemi, basta che tu dica presente...” “Mi scusi professore!” pentita chinò il capo sbattendolo involontariamente sul banco. “Ahi...” squittì. Yukio si allargò imbarazzato il colletto della camicia, “Aherm… dov’ero rimasto? Ah sì, Okumura R...” “Presente!!!!” Rin alzò entrambe le braccia ridendo come uno scemo. “Bene...” il ragazzo si sistemò impassibile gli occhiali. “Shima Renzou...” “Presente” rispose il ragazzo pesca, alias Momotaro, “Suguro Ryuji” “Presente.” Torvo, un ragazzo dall’aspetto da teppista alzò solennemente una mano. Aveva una grossa ciocca di capelli tinti e tirata indietro a formare una sottospecie di cresta. Mentre Yukio snocciolava l’ultimo paio di nomi dall’elenco, Lamia lo fissava intensamente. “Infine, fresche fresche nell’elenco... Evangeline Lamia ed Evangeline Lilith.” Presente.” risposero le due in coro chi più e chi meno forte. “Molto bene ragazzi, adesso vi distribuisco i compiti, per chi ovviamente l’ha fatto…” frecciatina, “Gli altri si limiteranno a prendere appunti...” detto questo cominciò a distribuire i compiti ognuno sul banco del proprietario.  “Professore ! ♥” Lamia alzò la mano “Insisto per provare a svolgere il compito!” Lilith la fulminò “che cos’hai in mente!? Non vorrai cacciarci ancora nei guai spero...” Le bisbigliò impercettibilmente nascondendosi dietro un libro che aveva trovato lì per caso. “Quanto entusiasmo... Perché no?” Yukio prese dalla scrivania una prova intonsa “Vieni, andrai in un’altra stanza a svolgerlo.” “Non aspettavo altro” mormorò Lamia sogghignando. “Oh no...Lamia!” Lilith conosceva bene la sorella. Non poteva permetterle di stare sola con “la preda”. “Prof!” alzò la mano rapida “Anch’io ci voglio provare!” Lamia si voltò verso di lei guardandola con gli occhi iniettati di sangue, “Ne sei sicura?” Yukio si sistemò gli occhiali “Ha parlato!” qualcuno commentò tra i banchi, “Avete sentito?” “Com’è tenera! Sembra la mia cuginetta!” “Silenzio!” Yukio zittì la classe, mentre Lilith si fece piccola piccola e rossa come un peperone.  “Va bene, se vuoi mettere anche tu alla prova le tue conoscenze, come professore non ho nulla da obiettare. Seguitemi!” detto questo si avviò alla porta. Non appena Lamia le fu abbastanza vicina le sussurrò all’orecchio “Io ti ammazzo.”, pronunciandolo con tale efficacia da gelare il sangue anche a un’eschimese. Di tutta risposta, Lilith si limitò a tendere i muscoli del volto e seguire Yukio in silenzio. Non appena gli ultimi riccioli biondi della ragazza scomparvero dietro la porta, nella classe rimasta incustodita scoppiarono i commenti. “Ragazzi, avete visto il seno della moretta?”  “Shima, di nuovo? Ma sei un pervertito!” “Questa volta Izumo ha ragione...” “Bon, è incredibile che tu sia d’accordo con lei!” “Non è questione di essere d’accordo o meno, è un dato di fatto!” “Sbaglio o l’ha chiamata per nome?” “Hei… Koneko ha ragione...“ Shima si grattò il mento guardando il compagno, “Sciocchezze mi è scappato!” balbettò infastidito Ryuji, “Tsk! Figuriamoci se quel teppista si è innamorato di me!” “Chi ha parlato di amore!? E’ impossibile che io possa innamorarmi di una racchia come te!” Izumo sussultò sconvolta “Calmi ragazzi … non volgiamo finire in punizione giusto?” l’amica seduta accanto a lei provò a sistemare le cose, ma Izumo tremava di rabbia stringendo i pugni “Paku… non immischiarti...” Sibilò “Ti faccio vedere io chi è la racchia!” con uno scatto si avventò su Ryuji rovesciandolo a terra. “Hei! Fermi! Se torna Yukio sono cavoli! “Rin si alzò andando a separare i due litiganti che si stavano picchiando “Non impicciarti!” strillarono in preda alla rissa, “Dannazione non litighiamo!” saltò su Shima atterrito, “Oh mamma!” Shiemi si tappò la bocca con una mano “Yukio, torna presto...” arrossì.
“Bene, starete qui per un’ora. Non fate dei disastri...” Yukio fece entrare Lamia e Lilith nell’aula di fronte alla sua “Se avete bisogno di aiuto, sono qui accanto.” Puntualizzò il ragazzo uscendo dalla porta e chiudendosela alle spalle. Le ragazze stringevano il compito tra le mani e rimaste sole nella penombra, Lilith cominciava a temere per la sua incolumità osservando il mutare dell’espressione della sorella. “Quella del compito era una scusa… Idiota…” ringhiò accartocciando il foglio. “Lamia, non posso permettertelo.” “Sbaglio o Mephisto ha parlato di studenti e non di professori?” “È lo stesso un ragazzo, non puoi farmi questo!” “Alla fine si parla sempre di te o sbaglio?” Lilith ammutolì. “Come immaginavo! La principessina fa i capricci e non vuole tornare nel suo castello...” “Ti sbagli! Se stiamo qui, entrambe saremo al sicuro!” “Ma fammi il piacere...” sbuffando, Lamia si sedette a un banco ristendendo il foglio e iniziò a fare il compito. “E adesso che fai? Credevo fosse solo una scusa…” “Taci, e impegnati visto che ci tieni tanto...” Lilith sorpresa, si accomodò nel posto accanto a lei e iniziò a leggere le domande.
“Non è possibile…” Mormorò senza parole Yukio quando si accorse che tutte le risposte del test delle ragazze erano corrette. Mezz’ora dopo averle lasciate al loro compito, se l’era viste arrivare in aula con i compiti già completati e senza nemmeno un errore di ortografia. Traguardo dal quale persino il fratello era lontano. Davanti alla classe ammutolita, il professorino si sistemò gli occhiali dandoci un colpetto con due dita. “Non so davvero come abbiate fatto, però ora tornate ai vostri posti...” Yukio tremante appoggiò i due fogli sulla cattedra. “Come volevasi dimostrare era un test davvero troppo semplice!” Lamia si pavoneggiò gettandosi una ciocca di capelli all’indietro con un rapido gesto, mentre tornava a posto ancheggiando. Yukio la guardò fino a quando non si sedette al suo posto, poi imbarazzato cercò di riprendere la lezione “Bene… immagino che a questo punto non sia necessaria un’ulteriore correzione collettiva...” balbettò schiarendosi la voce. “Professore!” Kamiki alzò la mano “Dimmi, Kamiki” “E’ possibile che abbiano copiato!” “Hei signorinella come ti permetti di insinuare una cosa del genere!” Le ringhiò dietro Lamia offesa, “Com’è possibile che sappiate già degli argomenti che non avete ancora studiato!?”  “Su ragazze, non litighiamo!” Yukio tentò in vano di fermare la lite alzando in segno di resa le braccia, ma Izumo continuò imperterrita “Avanti come lo spieghi?” “Sono più intelligente di te, non è ovvio?” sbuffò Lamia beffandola “Non sei altro che una maleducata!” “Adesso basta! Kamiki, non puoi prendertela con loro solo perché non hai ottenuto il massimo!” Yukio spazientito corse a bloccare la ragazza, che con un piede fuori da sotto il banco era già pronta a scagliarsi contro Lamia. “Pro... Professore, scusi se la interrompo, ma sta per suonare e abbiamo lezione di ginnastica...”  Balbettò Shiemi alzando timorosa una mano “Ahh...” il ragazzo si sistemò la giacca ricomponendosi “Bene ragazzi, andate pure a cambiarvi.” fece retrofronte andando alla lavagna “Questi sono i compiti per la prossima volta” disse infine scribacchiando qualcosa alla lavagna con un mozzicone di gessetto. “Ho un brutto presentimento su quelle due...” mormorò Ryuji mentre si appuntava gli esercizi sul quaderno “Che dici, Bon? Per me sono carine!” Sorrise sornione Shima snobbando ciò che c’era scritto alla lavagna. La campanella suonò come previsto. “Bene la lezione è finita.” Yukio invitò gli alunni a lasciare l’aula. Lentamente lo scarno gruppetto si alzò dal proprio posto e uscì dall’aula ordinatamente. Lamia a spintoni passò in testa alla fila “Hei! ma che modi!” strillò Koneko, ma il sorriso maligno di Lamia lo zittì. “Io quella la detesto...” sibilò a denti stretti Kamiki accanto a Paku, imbarazzata. Tra il vociare e il chiacchiericcio, Lilith era rimasta sola in fondo alla fila. Rin vedendola fece un paio di saltelli all’indietro affiancandola “Sempre sola eh?” nessuna risposta. La ragazza si limitò ad accennare un sorriso poco convinto.  “Non solo sei carina ma sei anche intelligente! Come hai fatto a prendere il massimo senza aver studiato niente?” “Credo basti un po’ di logica...” mormorò mentendo. La verità era che quelle domande erano talmente banali per un demone che per un comune mortale sarebbe stato l’equivalente di bere un bicchier d’acqua. Lamia ancheggiava in testa alla fila, solitaria e sensuale. Aveva catturato lo sguardo dei ragazzi. “Andiamo Bon, non mi dirai che non è attraente!” “No, non lo è… percepisco una certa malignità in lei...” “Uffa... Ancora con questi discorsi... mi chiedo se tu sia davvero un adolescente …” sospirò Shima “E tu Koneko? Non dirmi che anche tu la trovi malvagia!” dette uno spintone al ragazzino che barcollò pericolosamente “Shima! Stai attento!” “Ops, scusami!” lo afferrò appena in tempo. Shiemi, abbandonata da Rin, decise di provare a stringere amicizia con la donna di ghiaccio, perciò lentamente si avvicinò a Lamia. “Ciao, io sono Shiemi...” “Ciao Shiemi, scusami ma a me piacciono i maschi.” In una folata di vento, Lamia la lasciò indietro. Shiemi allibita, perse tutta la voglia di socializzare con lei e rimase inerme mentre inesorabilmente la classe la superava. “Shiemi! Che ti è successo? Sembra che tu abbia visto un fantasma!” la voce di Rin la riportò alla realtà “Ah... Ehrm... Sì…Forse.” La ragazza deglutì attonita. “Hai già parlato con Lilith? È molto simpatica!” “Ma se non ho quasi mai aperto bocca...” Lilith lo guardò sconcertata. “Oh... Lilith...” Shiemi si sforzò di sorridere temendo che fosse uguale alla sorella. “Ciao...” Si limitò a bisbigliare la nanetta, “Oh...” sgranò gli occhi stupita “Che vocina!” Lilith arrossì guardandosi i piedi. Shiemi rincuorata dal fatto che le due sorelle fossero l’una l’opposto dell’altra le sorrise serena, “Vedrai! La palestra ti piacerà!” Lilith annuì senza distogliere lo sguardo dalla sue scarpe.
“Siamo arrivati. A dopo!” Rin allegro saltellò nello spogliatoio maschile, “Vieni, il nostro è di qua!” Shiemi la prese per mano guidandola. “Che emozione! Mi sembra di essere una mamma che accompagna la sua bambina al primo giorno di scuola! “ Gongolò Shiemi mentre saltellando oltrepassava la porta dello spogliatoio. Ad attenderle nella stanza c’era un’atmosfera gelida e quasi insostenibile. Izumo e Lamia si guardavano in cagnesco una dalla parte opposta della stanza dell’altra mentre si cambiavano. Paku in mezzo ai due fuochi non sapeva che fare. “Hei ragazze! Ma che freddo fa qua dentro!?” Shiemi si strinse le spalle tremando. Lilith vedendo Lamia già senza maglia si ricordò della loro coda e corse dalla sorella per fermarla prima che si togliesse la gonna. “Ehrm... Scusate... Devo dire una cosa a mia sorella.” aggrappandosi alla donna la trascinò dietro ad una fila di armadietti. “Sei pazza!? Non puoi cambiarti qui davanti a loro!” le sibilò Lilith piantandole il naso in faccia “E perché?” “Shhh! Parla piano!!!” La ragazza agitò convulsamente le mani “Come sarebbe a dire perché!? La coda, C-O-D-A !” “Ahh… Ma sei idiota!? Certo che lo sapevo!” “Non sembrava!” incrociò le braccia guardandola male, “Così bassa non mi fai nessuna paura.” Anche Lamia incrociò le braccia mettendo ancora più in evidenza il suo enorme seno. “Non stiamo litigando! Calmati!” si agitò Lilith guardando impanicata prima a destra e poi a sinistra. “Che si staranno dicendo?” Shiemi sconcertata guardava gli armadietti mentre si sistemava i lacci delle scarpe da ginnastica. “Comunque, Mephisto non ci ha ancora dato le tute da ginnastica, perché ti sei spogliata!?” Lilith e Lamia nel frattempo continuavano a battibeccare, “Scema! Sono lì sopra!” tirandole la testa le diresse lo sguardo sulla panca dietro agli armadietti. “Ma come…” “E che ne so, le ho già trovate lì!” “Le vado a prendere!” con uno scatto, Lilith afferrò le uniformi e le lanciò in faccia a Lamia, sotto lo sguardo attonito delle altre ragazze che avevano quasi finito di cambiarsi. “Ma che accidenti fai! Idiota!” “Zitta e vestiti! O faremo tardi!!”. Mentre s’infilavano le uniformi alla rinfusa, da quella di Lilith cadde un biglietto. Le due si fermarono di colpo. Lamia con la maglia ancora mezza da infilare e Lilith ancora in reggiseno guardarono prima il biglietto, poi l’una con l’altra con un’espressione che pareva dire “Oh no, non ancora”. “Oh no...non un’altra volta, abbiamo da fare, pizzetto…” disse ad alta voce Lamia finendo di mettersi la maglietta troppo stretta. “Acc… Mi sa che questa è tua…Poco male.” “Che faccio…” titubante Lilith rimase con le braccia a penzoloni a fissare il foglietto “Lo raccolgo?” “Tu vestiti, lo faccio io!” la donna si chinò e raccolse il pezzetto di carta e aprendolo ne lesse allibita il contenuto “Ehrm...Per Lilith: siccome ho notato che la taglia dell’uniforme scolastica ti era un po’ grande ho dovuto optare per la taglia pre-adolescente, spero non ti dispiaccia, vedrai, cresceranno! ♥ ” Lamia trattenne a stento le risate “No .. Non ci posso credere! Da qua! Te lo stai inventando!” Paonazza Lilith strappò di mano il biglietto a Lamia e rileggendo la frase divenne ancora più rossa di vergogna. “Ahahah scema!” ridendo a crepapelle, la sorella si avviò verso l’uscita dello spogliatoio “Le altre sono già andate, muoviti a vestirti e raggiungici!” ridendo senza freno uscì lasciando sola Lilith, ancora mezza svestita. Presa dallo sconforto stava per accartocciare il biglietto e buttarlo il più lontano possibile da lei, ma mentre stava per farlo, notò una piccola piega in fondo al foglietto. Stupita la dispiegò svelandone un inatteso “PS” accompagnato dal solito disegnino ammiccante e deforme che tanto assomigliava al mittente del messaggio. “Quando hai voglia, vieni nel mio ufficio, così possiamo seguitare la nostra chiacchierata! ♥ firmato Mephisto.” Lilith rimase qualche instante piegata su se stessa fissando ogni singola parola scritta su quel bigliettino che stringeva saldo tra le mani, poi ricordandosi che doveva sbrigarsi a raggiungere le altre, lo mise da parte e infilandosi la maglietta, sparì fuori dalla porta.
“Alla buon ora!” le urlò Lamia mentre la classe aveva già iniziato a correre a quella che aveva tutta l’aria di essere un’arena al coperto. Al centro della pista c’era un’enorme gabbia che puzzava di demone. “Chi sei tu, Ritardataria?” le fischiò il professore di ginnastica “Wahh! Mi... Mi scusi signore!” s’inchinò esagitata Lilith “I… Io sono Lilith Evangeline, mi scusi.” “Lilith… Lilith… Ah sì eccoti in fondo all’elenco! Sei in ritardo!” le urlò facendola tremare “Avanti venti giri del campo! Forza!” “Sì!” Terrorizzata cominciò a correre a perdifiato spinta dall’istinto di sopravvivenza. “Oh santo cielo ma è un razzo!” Urlò Shiemi dopo che la folata di vento provocata dal passaggio della piccola la travolse in pieno facendola deviare. “Esibizionista...” Lamia alzò gli occhi al cielo, “Senti chi parla.” Kamiki la superò.  Le due si fulminarono con lo sguardo e iniziò una lotta all’ultimo metro. “Mangia la mia polvere, miss sopracciglia” Lamia superò Kamiki con estrema facilità facendole la linguaccia. “Maledetta!” Pure lei accelerò la corsa, anche se ormai allo stremo delle forze, tentando di recuperare lo svantaggio.  Al quindicesimo giro alla velocità della luce, sul più bello, Lilith incrociò involontariamente le gambe rovinando al suolo e strisciando sul terreno polveroso per una decina di metri. Immediatamente il professore urlò agli altri di fermarsi e si avvicinò a lei. “Correvi troppo veloce, volevi ammazzarti!?” non sentendosi rispondere, provò ad addolcire il tono “Hei… Tutto bene?” un gemito provenne dalla ragazza che tirandosi su grondante di sudore e piena di sbucciature, piangeva in silenzio con la faccia tirata in un’espressione di dolore misto a broncio di vergogna. “No... No non piangere. Non ti sei fatta niente…” il professore provò a consolarla, ma le lacrime continuavano a scendere da sole. Più per l’umiliazione che per il dolore. “Professore, Kamiki ed Evangeline continuano a correre.” Ryuji si avvicinò al professore facendogli notare che Izumo e Lamia avevano ignorato il suo ordine e stavano continuando la loro sfida.  “Hei voi due! Basta!” le intimò fischiando, ma erano troppo prese a fulminarsi l’una con l’altra per sentirlo. “Mi avete sentito!? Vi mando in presidenza se non la smettete subito!” sentendo la parola presidenza, Kamiki gettò la spugna e si fermò, mentre Lamia trionfante fece lo stesso qualche metro più in là guardandola beffarda. “Ho vinto...” sibilò con un ghigno malefico, di tutta risposta, Izumo si girò dall’altra parte. Il professore si rivolse nuovamente a Lilith “Vuoi che qualcuno ti accompagni in infermeria?” la piccola fece cenno di no col capo, poi alzandosi in piedi si diresse verso l’uscita dell’arena “Mi raccomando fila dritto in infermeria!” le urlò dietro preoccupato. “E voi invece non battete la fiacca! Forza con gli addominali!” Rinfervorato strillò agli studenti che confusi iniziarono con le flessioni. “Hei non sei preoccupata per tua sorella?” domandò Rin a Lamia che accanto a lui faceva i piegamenti. “No, non direi.” rispose lei tranquilla, lasciandolo di sasso.
Lilith strisciando i piedi in preda all’ avvilimento, era finita nel giardino della fontana e specchiandosi nell’acqua limpida si accorse delle tumefazioni multiple che si ritrovava sulla faccia.  Si era sbucciata la fronte, il naso, il mento e un po’ la guancia destra. Le ferite ancora fresche brillavano del colore del suo sangue rosso vivo. La maglia e i calzoncini erano un po’ impolverati e si era pelata persino gomiti e ginocchia. “Che disastro...” sospirò sconsolata, “Questo a Gehenna non sarebbe mai successo… Stupido corpo umano…” Si era anche dimenticata di legarsi i capelli per fare palestra e nella caduta si erano arruffati ancora più del solito. Ignara di essere osservata da occhi indiscreti, si chinò sull’acqua lavandosi la faccia. “Fratellone, chi è quella?” Da una delle grandi finestre dello studio di Mephisto, un ragazzo non particolarmente alto, ma con caratteristici capelli verdi e un ancor più caratteristico ciuffo di capelli aguzzo al centro della nuca stava osservando l’ignara ragazza. Con le mani mimava una specie di binocolo, come se ciò servisse a fargliela vedere meglio. Le sue dita artigliate si stringevano attorno a quegli occhi spenti contornati da spesse occhiaie profonde e caratteristiche. Le sopracciglia non erano da meno.  “Sento l’odore del suo sangue da qui... Ma non è sangue umano...” visibilmente interessato cominciò a morsicarsi l’unghia del pollice destro. “…E non è l’unico profumo che sento…” “Amaimon, non fare sciocchezze. Non ti ho chiamato per questo.” dietro di lui, Mephisto seduto in poltrona, partecipava alla contemplazione di Lilith. “Come si chiama?” l’uomo titubò. “Si chiama Lilith...” “Lilith…Eh? Interessante… Molto interessante…” Mephisto lo guardò male, “Ripeto, non ti ho chiamato per lei. Non torcerle nemmeno un capello, intesi?”. Senza rispondergli, Amaimon scomparve nell’ombra.
La diretta interessata della loro discussione, dopo essersi strofinata bene la faccia, si voltò verso la scuola, scrutandone le finestre. Sapendo di non poter andare in infermeria rischiando che trovassero anormale il suo sangue di demone, optò per la soluzione più plausibile.
Mephisto, rimasto seduto in poltrona, la vide correre verso l’entrata che dava sul giardino, e dopo poco sentì i suoi passi correre verso l’entrata del suo ufficio. Spalancando la porta, Lilith entrò senza nemmeno bussare. Trovandosela davanti in quelle condizioni, si alzò fingendosi sorpreso andandole in contro. La ragazza si era fermata al centro della stanza trattenendo lo sdegno a pugni stretti. “Oh santo cielo… Che ti è accaduto?” chiese preoccupato e Lilith non riuscendo più a trattenersi scoppiò a piangere dal nervoso “Ho subito uno smacco!” .
Non sapendo che fare, Mephisto si avvicinò con circospezione accarezzandole la testa china invitandola a sedersi sul divano lì accanto. “Mi sento un’idiota.” Singhiozzò “Questo corpo ha degli stupidi limiti… Dei quali non ho tenuto conto.” si picchiò la testa. “Calma…” Provò a tranquillizzarla. “Ti ho pure sporcato di sangue la tappezzeria!” a quelle parole, meravigliato, l’uomo guardò la serie di piccole macchie rossastre sul tappeto e ingoiando il rospo tentò di mantenersi calmo “Ah... Quello si lava…” “Mi dispiace...” “Shh...” la mise a tacere con delicatezza, accarezzandola ancora e lei si tranquillizzò. “Piuttosto, dovresti andare in infermeria.” “Ma... Io non sono umana...” “Due bende e un po’ di acqua ossigenata non hanno mai ucciso nessun demone.” “Si… Hai ragione.” si alzò abbacchiata e Mephisto l’accompagnò alla porta. “Non so perché io sia venuta qui ad infastidirti. Sei sempre così accomodante… Grazie…” mormorò più serena. Mephisto spalancò gli occhi impercettibilmente senza dire niente. Prima di congedarla, però le chiese un’ultima cosa: “Hai ricevuto il messaggio?” “Ah...Sì!” ricordandosi la storia della misura dell’uniforme si rabbuiò arrossendo, “Per tua informazione, solitamente il mio seno è molto più grande.” stizzita girò i tacchi. Rimasto di stucco Mephisto non sapeva che dire. “A…Aspetta io non volevo mancarti di rispetto...” “Lo so.” lo interruppe Lilith voltandosi, “Quando sarò guarita continueremo la conversazione.” sorrise tornando sui suoi passi. L’uomo affascinato se ne stette qualche istante a guardarla camminare. Poi con tutta calma tornò agli affari suoi. Non appena però ebbe richiuso la porta alle sue spalle, Amaimon ricomparve. “Allora non è davvero umana…” “Cosa desideri, adesso?” sprezzante Mephisto si avvicinò al ragazzetto “Ho fame...”  “Ahh...” L’uomo alzò gli occhi al cielo sospirando, “Pensavo peggio...” meditò un po’ rincuorato. 

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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


CAP 4

“Mannaggia … Ma quanti cerotti mi hanno appiccicato in faccia!?” Lilith uscì massaggiandosi le guance dall’infermeria. La colla dei cerotti e i bendaggi vari a cui era stata sottoposta dalla pedante infermiera le avevano succhiato le ultime energie che le rimanevano. Nonostante questo però, il suo sangue di demone stava già rimarginando le ferite.  Con la punta delle dita si tolse le fastidiose medicazioni dal volto, il quale era già tornato lindo e vellutato come prima. Quando uscì nel cortile della fontana si accorse che stava diventando buio. “Ma quanto tempo sono rimasta là dentro?” si chiese guardandosi intorno. Il paesaggio era deserto, ma le finestre dei dormitori e dell’accademia stessa erano illuminate di una splendente luce gialla. L’aria stava rinfrescando e un brivido percorse il corpicino della ragazza distraendola dal dolore delle sbucciature di gomiti e ginocchia.  “Sarà meglio tornare in stanza...” pensò strofinandosi le braccia. I bendaggi si sciolsero da soli mentre camminava e finì col perderli per strada. Senza farci caso, ormai in forma, si avviò verso un sentiero sulla sinistra che portava al dormitorio abbandonato in cui alloggiava. “Tutto tempo sprecato…” rimuginò ancora sulla sua straordinaria capacità di rigenerazione, “Avrei potuto risparmiarmi l’infermeria…” sospirò ad alta voce soprappensiero. Il sole a poco a poco tramontò dietro le cime degli alberi. Il buio sopraggiunse in un batter d’occhio e le lucciole avevano già iniziato a pullulare nel vastissimo giardino. Era tornata la solita atmosfera fatata che rendeva quel posto un po’ più magico.  La foresta nera dirimpetto al vialetto e tutta intorno al dormitorio proiettava un’ombra minacciosa su ogni cosa nei dintorni.  Lilith deglutì rumorosamente mentre si apprestava ad imboccare il piccolo ponte di pietra sopra il ruscelletto che l’avrebbe avvicinata a “casa”. Procedendo a piccoli passi non staccava gli occhi dai suoi piedi, ignorando i piccoli agglomerati di cespugli sul suo cammino e il grande muro di siepi dopo il ponte che impediva di vedere in parte il dormitorio abbandonato. Giunta a metà del ponte, una figura le venne incontro attraversandolo anch’essa ma a larghi passi. Non appena s’incrociarono, Lilith ebbe un sussulto e lo sconosciuto si fermò sul ciglio dello sterrato. Non era altri che Amaimon, che voltandosi verso la ragazza riconobbe l’oggetto dei suoi studi. Ormai a una ventina di passi da lui, Lilith lo aveva ignorato e continuava indifferente il suo percorso. “Hei tu!” sentendosi chiamare si fermò di colpo voltandosi verso il ragazzo dai capelli verdi. “Dici a me?” chiese guardandosi intorno. Amaimon fece un ghigno malefico avvicinandosi a lei “E a chi se no? Non c’è nessun altro oltre noi due…”. Quando le fu di fronte sembrò un po’ deluso “Ma come…Ti facevo più alta…” immusonito la squadrò da capo a piedi. Lilith impacciata dalla situazione non osava muovere un muscolo. “Alla fine non sei poi così interessante...” sbuffò guardandola svogliato. Sentendosi offesa Lilith trovò il coraggio di reagire e caricandosi di tutta la grinta che aveva in corpo puntò i piedi e si alzò sulle punte per intimorire lo sconosciuto, “Come ti permetti! Non sai nemmeno con chi stai parlando!” strillò immusonita. “Ah davvero? E con chi starei parlando?” la stuzzicò divertito, ma Lilith accorgendosi che stava parlando troppo tornò muta e fece per tornare sui suoi passi. “So che ti chiami Lilith, non è così?” Le parole del ragazzo la convinsero a trattenersi un altro po’. “Si... E tu come lo sai?” ignorandola, Amaimon riprese il discorso “E so anche... Che non sei umana...” a quelle parole il volto di Lilith fu attraversato da un lampo di terrore. Sgranando gli occhi lo fissò con la testa che le frullava. “Chi...sei?” pronunciò quelle parole quasi in un sussurro, “Amaimon. Forse hai già sentito parlare di me a Gehenna…” Lilith non rispose. “Ad ogni modo, sei parecchio banale come demone, penso che questa sarà l’ultima volta che ci vedremo...” sbuffò indifferente, dandole le spalle e riprendendo a camminare. Stizzita, Lilith non voleva dargliela vinta, “Tu non sai chi sono io!” sbraitò, “L’aspetto che ho su questo mondo non ha niente a che vedere con quello che ho a Gehenna!” “Mh?” Amaimon si voltò verso di lei incuriosito. Fiera per aver catturato la sua attenzione aggiunse orgogliosa: “Si esatto, quando mi trasformo sono talmente bella che non si direbbe nemmeno che sono un demone...” si pavoneggiò. Gli occhi di Amaimon si accesero di interesse “Allora… perché non ti trasformi qui, adesso?” La ragazza sussultò. Si era accorta di aver parlato troppo rendendosi conto di ciò che aveva appena detto ad un perfetto sconosciuto. “No…Io…” “Avanti, siamo solo io e te...” “Non posso e non ne è ho voglia, addio!” con uno scatto cominciò a correre verso il dormitorio e dopo pochi secondi sparì dietro al portone. Amaimon rimasto immobile ad osservarla si leccò le labbra “interessante...”. Lilith si accasciò alla porta dopo averla richiusa con forza alle sue spalle. Aveva il fiatone per la corsa folle ai cento all’ora che aveva appena fatto. Sollevata per essere sfuggita da quell’insolito demone, però, tirò un sospiro di sollievo. “Che fine avevi fatto!?” Lamia emerse dall’oscurità incrociando le braccia “E…come ti hanno conciata!?” Inarcò un sopracciglio guardando i residui del medicamento che avevano resistito alla vicenda. “Lamia... È successo un casino...” Lilith le corse in contro saltandole al collo piagnucolando “Che palle …” sbuffò Lamia “Per due graffietti...”. “No non è questo...” Lilith si rabbuiò allontanandosi dalla sorella “Lasciamo perdere...” “Eh?” Lamia inarcò ancora di più il sopracciglio. “Ho sonno... Ne parliamo domani.”. Trascinando i piedi, Lilith cominciò a salire le scale. “Mah…” La sorella la seguì indifferente. Quando ormai erano a metà corridoio del secondo piano, a un passo dalla loro stanza una voce le fermò: “Non dovevate essere assegnate ad un altro dormitorio voi due?” Yukio brandendo la sua pistola se ne stava immobile a pochi metri di distanza da loro. “Sbaglio o ci incontriamo sempre di notte?” Lo stuzzicò Lamia, “Ho sentito di nuovo dei rumori e così sono venuto a controllare.” impassibile non perse la calma. “E Rin dov’è?” Chiese Lilith tentando di cambiare discorso “Si è già addormentato.” rispose secco. “Bene, se non ti dispiace vorremmo dormire anche noi.” Lamia si avviò verso la sua stanza, “Andiamo Lilith.” “Si…” la sorella esitando la seguì trotterellando. “Hei! Non avete ancora risposto alla mia domanda!” Urlò Yukio, “Semplice, era l’unico dormitorio libero rimasto!” La voce di Lamia riecheggiò ormai lontana. Il ragazzo schioccando la lingua lasciò perdere e tornò in stanza. Non appena furono in camera, Lamia si lanciò sghignazzando sul suo letto, “Oh mamma… Stavo per scoppiare a ridergli in faccia! Con quella ridicola pistoletta non avrebbe avuto speranze di riuscire difendersi da me!!” si tolse gli occhiali lanciandoli sul comodino, “Nemmeno se per caso fossi stata davvero il demone cattivo che aveva creduto di sentire…”. Tacque un istante fissando il soffitto. “Quanto mi attizza...” liberò la sua coda lasciandola penzolare dal baldacchino. “Hei Lilith, ma mi ascolti?” sentendosi ignorata si rivolse alla sorella rimasta immobile al centro della stanza. Con lo sguardo fissava il giardino dalla fessura delle tende, che evidentemente Lamia aveva montato in sua assenza, puntando Amaimon rimasto immobile sul vialetto proprio come l’aveva lasciato. “Sì... Ti ascolto...” il suo tono assente non convinse Lamia, al che afferrò una delle sue scarpe tirandogliela dritta in testa per riportarla alla realtà. “Hei ma se matta!?” squittì la ragazza massaggiandosi il bernoccolo che le stava spuntando in fronte “Tu non mi ascolti e io mi vendico!” sbraitò Lamia fuori dai gangheri lanciando per terra l’altra scarpa e nascondendosi sotto le coperte.  “Uffa…!” Lilith si strinse la testa, poi con la coda dell’occhio controllò se il demone misterioso fosse ancora là. Non vedendolo si tranquillizzò accucciandosi nel letto sotto quello di Lamia. “Buona notte… Sorellona...” Di tutta risposta sentì il russare di Lamia, “Vabbè… Ti chiederò domani cos’hai fatto quando non c’ero...” detto questo si rigirò nel suo giaciglio cercando di prendere sonno. Le orecchie le fischiavano e la voce di quel ragazzo rimbombava ancora con quel tono di scherno e provocazione. Finì col fare gli incubi. Quella notte le sembrò passare dopo un’eternità.
“Allora Lilith… Vogliamo andare, di grazia!?” Lamia ormai spazientita se ne stava appoggiata a braccia conserte allo stipite della porta, battendo ripetutamente un piede sul parquet ammuffito e picchiettando con un dito il gomito come una sorta di tic nervoso. Lilith era immobile e tremante al centro della stanza mentre con le mani stringeva ben salda la cintura della tracolla con dentro i nuovi libri freschi di stampa. “Si può sapere perché diavolo ti sei pietrificata in un momento come questo? Non dirmi che lo zaino è troppo pesante perché non ci credo.” accennò alla sua cartella che aveva momentaneamente appoggiato vicino ai suoi piedi. “Certo che se ogni mattina Mephisto ci lascia qualcosa davanti alla porta, alla fine dovremmo uscire noi per far posto alle altre cose...” Lilith però non cedeva e continuava a fissare un buco nel pavimento tra un asse e l’altra, dove si era annidata un po’ di polvere. “Maledizione… E se uscendo incontrassi quell’Amaimon?” Pensava sempre più agitata, “Dopo tutte le ramanzine che ho fatto a Lamia sul non svelare la nostra identità finirò per fare la figura dell’ipocrita…”  Roteò gli occhi. “Mannaggia, mannaggia, mannaggia…!” Un eco suonava nella testa della ragazzina, completamente nel pallone. “Allora?? Lilith! Faremo tardi!” la piccola ebbe un lampo di genio e le si illuminarono gli occhi, “Come mai hai tanta fretta di andare in classe? Non eri tu quella che non voleva andare a scuola?” le chiese sviando il discorso, “Eh? come!?” Lamia face un balzo all’indietro uscendo dalla camera, “Non diciamo sciocchezze!” Si ricompose dandosi un buffetto ai capelli, “E’ solo che mi diverto un mondo a prendermi gioco di quei mentecatti... Specialmente il professorino so-tutto-io.”. Lilith tacque tornando a guardare il pavimento. “Beh? Non mi fai la predica?” La donna spalancò la bocca incredula. “Se fingo di non dare poi così tanta importanza alla cosa, forse sarò meno nei guai se si venisse a sapere quello che ho combinato ieri notte…”, pensò Lilith, “Oggi non mi va.” con non curanza, finalmente raccolse un po’ di coraggio e sorpassando la sorella si ravvivò i capelli avviandosi verso le scale. “Ah...” Lamia, scettica, la guardò sfilare. “Anche se sei mia sorella, penso che non ti capirò mai.” sbuffò.
Uscirono dal dormitorio addentrandosi nel giardino e di Amaimon nemmeno l’ombra. Lilith tirò un sospiro di sollievo, “Grazie al cielo non è rimasto qua fuori ad aspettarmi.”, pensò, “Che hai? Perché sospiri?” Lamia insospettita si voltò verso la sorella che procedeva a piccoli passi dietro di lei, “Niente!” indietreggiò agitatissima “Tu non me la racconti giusta…” Lamia la guardò malissimo, “Ma figurati, mi hai solo spaventata!” Lilith tornò quella di sempre incrociando le braccia seccata. “Sarà...” la donna sbuffando si fermò davanti ad una porta malconcia a ridosso di una parete di mattoni ricoperta di edera e infilando la chiave speciale la aprì entrando nel corridoio dell’ala per gli esorcisti della scuola. “Come mai oggi entriamo da qua?” “Volevo fare due passi, e poi il portone principale è scassato...” “Uh…” entrarono tranquillamente in classe giusto in tempo perché la lezione iniziasse. Yukio era appena arrivato e stava sistemando alcune boccette sulla cattedra. Lamia si leccò le labbra, “Sangue...” sussurrò dal suo posto in fondo all’aula. “Ragazzi, come ben sapete, Paku dopo l’esame della settimana scorsa aveva fatto domanda per ritirarsi dal corso per esorcisti, e da oggi non parteciperà più alle lezioni.” Kamiki, seduta da sola in un banco in prima fila, sussultò. “Oh oh... Qualcuno è rimasto senza l’amichetta, eh?” Lamia, accorgendosi della reazione della ragazza, la stuzzicò come suo solito. “Evangeline, per favore ti chiederei di non infierire.” Yukio categorico non permise ulteriore sviluppo alla lite “Come desidera, professore.” la donna schioccando la lingua si stravaccò sulla sedia. “Gradirei anche un minimo di compostezza in classe, signorinella.” “Ahh… E va bene…” La donna sbuffando si mise composta appoggiando i gomiti sul banco. “Grazie.” Yukio sistemandosi gli occhiali tornò alla lezione. “Stavamo dicendo? Ah sì… Facciamo l’appello...” mentre il ragazzo cominciava a farlo, Lilith si avvicinò a Lamia sussurrandole all’orecchio, “Che avete fatto ieri mentre ero in infermeria?” “Eh!? Lilith! Non ti credevo così pervertita!” gridò Lamia spostando all’indietro la sedia facendo un gran fracasso “Evan…” Yukio era arrivato al loro cognome ma senza finire di pronunciarlo, alzò un braccio indicando la porta. “Abbiamo capito…” Lilith sospirando chiuse gli occhi esasperata.
“Come mai ho l’impressione che siate qua tutti i giorni?” Mephisto alla scrivania, con la testa appoggiata tra i palmi delle mani, guardava con aria di sufficienza le due ragazze sedute in poltrona davanti a lui. “Forse perché è così?” Lilith avvilita mugugnò quel qualcosa con le braccia penzolanti fuori da quella poltrona assurdamente enorme per lei. “E ovviamente sempre per colpa di Lamia.”. Non si sforzò nemmeno di guardare male la sorella che se ne infischiava beatamente della situazione. “Possiamo fare in fretta? Mi sembra tanto di essere da uno strizzacervelli.” si guardò disinteressata le unghie della mano sinistra. “Sì, per favore, anch’io vorrei entrare in classe...” balbettò Lilith cominciando a sudare freddo, “Quel tipo potrebbe comparire da un momento all’altro ora che non sono al sicuro in classe…” al pensiero le venne la tremarella, “Che succederebbe se anche Mephisto lo venisse a sapere?” deglutì. “Ahh... Sì andate, dopotutto non ho niente da dirvi...” sospirò rassegnato il poveretto accennando alla porta con una mano. Le due si alzarono avviandosi verso l’uscio. “Un momento.” le fermò l’uomo. Entrambe si voltarono. Lilith fece una faccia indecifrabile. Panico. Lo sapeva?? “No... Niente...” ripensandoci, le invitò nuovamente a uscire. “Bah... pizzetto, non capirò mai nemmeno te...” Lamia alzò gli occhi al cielo uscendo e la sorella rilassò i nervi.
Percorsero gran parte del lungo corridoio illuminato dalle enormi finestre, che davano sul giardino con la fontana, in silenzio finché Lilith non volle riprendere il discorso, “Allora, ieri cos’è successo?” chiese “Però non intendo tra te e il professore!” precisò strillando imbarazzata “Rilassati...” “Ho voluto dirlo prima che tu fraintendessi!” “Va bene, ho capito!” anche Lamia cominciò ad urlare “Shh... Parla piano!” Mormorò Lilith, “Gli altri stanno facendo lezione…” “Ma se sei tu quella che ha cominciato ad urlare!?” “SHHH!!! MALEDIZIONE!!!” le saltò al collo tappandole la bocca.  “Allora? Me lo vuoi dire sì o no!?” “Come faccio a dirtelo se continui a tenermi tappata la bocca!?” farfugliò Lamia divincolandosi “Ah! scusami!” la ragazza mollò la presa.  “Dunque, dopo ginnastica c’è stata una specie di festa d’addio per l’amichetta di miss sopracciglia ma non ci sono rimasta molto…” “Come? Una festa?” “Si, c’era anche una torta...” “E dopo dove sei andata?” “Sono andata da pizzetto a farmi dare delle tende per camera nostra, poi sono andata a dormire.”  “Tutto qui?” “Certo! Cosa ti aspettavi? Che violentassi il professore nel giardino!?” strillò mentre due scolarette in cerca del bagno sbucarono da dietro un angolo. “Ehrm...” Lilith e Lamia rimaste di sasso le fissarono scappare via imbarazzate. “Meglio non parlare di queste cose in pubblico...” “Già...” attonite continuarono a camminare. “E comunque...” puntualizzò Lamia, “Prima di affondare i denti nella preda mi piace giocarci un po’...” sorrise maligna, e Lilith ingoiò il rospo senza dire nulla.
Quando arrivarono in classe, un forte odore di sangue fece girare la testa a Lamia. Aleggiava per tutta l’aula incollandosi come carta moschicida ad ogni cosa.  “Che profumino.” sorrise la donna leccandosi i baffi. “Siete tornate giusto in tempo per pulire, oggi è il vostro turno.” “Hei! E chi l’ha deciso!?” “Io.” Yukio si aggiustò la montatura degli occhiali sul naso raccogliendo una manciata di scartoffie dalla scrivania. “E gli altri dove sono andati!?” chiese Lilith guardandosi intorno “Sono a lezione nella sede centrale.” “Non dovremmo andarci anche noi allora!?” Lamia alzò scettica la voce, “No, oggi sono stato incaricato a sottoporvi ad alcuni test d’ingresso per la scelta dell’indirizzo.” “Scelta di cosa!?” la donna spalancò la bocca. “Appena avrete finito con lo straccio...” disse lanciando a Lilith uno scopettone, “Seguitemi nell’aula qui di fronte...” detto questo, uscì dalla classe con stretta al petto la risma di scartoffie. Sbuffando, le sorelle cominciarono a grattar via i residui di sangue dal pavimento e dai banchi. “Ma che avranno combinato?” ringhiò Lamia mentre lucidava il primo banco. “E io che ne so?” Lilith tentava in vano di dare lo straccio con quello spazzolone lungo il doppio di lei.  “A… Aiuto...” stridette mentre aggrappata al manico scivolava all’indietro sbattendo il sedere sulle mattonelle lerce sotto gli occhi allibiti della sorella. Poco dopo, Yukio tornò in aula trovandola più disastrata di prima. “Ragazze, non ci siamo.” disse sconvolto. “Ci dispiace…” piagnucolò Lilith con la gonna infradiciata dall’acqua del secchio rovesciato che aveva allagato metà aula mentre Lamia aveva buttato via la spugna e stava per leccare una strisciata di sangue su uno dei banchi. “Venite con me.”  Il professore sollevò per la collottola Lilith, “Da oggi in poi sarete le addette alle pulizie finché non migliorerete.” disse prendendo per un orecchio Lamia. “Hei ha he hai!?” (trad. Hey ma che fai!?) protestò lei con la lingua a penzoloni mentre veniva trascinata fuori dall’aula. “Lasciamo perdere le pulizie per oggi.” sospirò mollandole in mezzo al corridoio. “Vediamo per cosa avete più attinenza.” disse estraendo due foglietti con su disegnato un cerchio. “Prendete e cercate di evocare qualcosa.” agitò i biglietti davanti al loro naso. “E come dovremmo fare?”  Chiese cinica Lamia strappandoglielo di mano. Lilith prendendolo con più grazia lo fissò attentamente. “Prendete questi spilli e foratevi un dito.” disse Yukio porgendo alle ragazze due affarini simili a puntine da disegno “Se riuscirete ad evocare un demone, sporcando di sangue la carta e recitando una formula a piacere, vorrà dire che siete idonee a diventare dei Tamer.”. “Tamer?” chiese Lilith “Sì, evocatori di demoni.” a quelle parole, la ragazza capì tutto impallidendo. Lamia accorgendosi della reazione della sorella trovò un diversivo lampo “Mi dispiace cocco, ma noi abbiamo già in mente la strada che vogliamo intraprendere, senza bisogno di test.” Lilith fece cenno di sì cogliendo la palla al balzo. “Non so che dire, sono obbligato a sottoporvi a...” “Che fine hanno fatto il libero arbitrio e i buoni propositi?” insistette Lamia, “Che?” Yukio sbigottito tentennò, “Sì insomma, la libertà di scelta, mettersi in gioco.” “Non capisco… Sentite…” “Io... So già di essere portata per essere un Tamer, voglio impegnarmi per diventarlo! non basta la mia parola?” saltò su Lilith seguendo la corrente, “Beh... Ovviamente è una tua scelta ma ripeto che sono...” “E io allora voglio… Vediamo…” guardò la sorella, “Ma sì, curare… Fare pozioni!” Lamia posò i pugni sui fianchi, “Pensi di essere ad Hogwarts!?” “La prego professore!” Lilith fece gli occhi dolci. “Io non...” “Andiamo, prof! Non basta compilare un modulo?” Si avvicinarono sempre di più al poveretto, “Ahhh...E va bene, lo sapevo che non ero adatto a questo genere d’incarico...” disse stressato Yukio tirando fuori due moduli da compilare con la scelta più opportuna. “Cosa dobbiamo cerchiare!?” chiese Lamia inforcando una penna, “Lì dovresti scrivere il tuo nome...”  “Lo so scem... Professore...” “Mhh?”. Erano tornati in quel disastro di aula ma l’acqua aveva già iniziato ad asciugarsi. “Ecco ho cerchiato Tamer. Penso di poterglielo consegnare.” Lilith porse il modulo a Yukio il quale fece una smorfia, deluso per come erano andate le cose. “Quali degli indirizzi tra Knight, Dragoon, Aria e Doctor devo cerchiare per fare quello che ho detto prima?”  “Direi Doctor, ma è sconsigliato a meno che tu non sia davvero decisa a intraprendere tale scelta... Se per di più non hai neppure la minima idea di che cosa sia…” “Fatto!” Lamia quasi gli lanciò il modulo con un rapido gesto. “Mi raccomando non ascoltatemi...” Sospirò alzando gli occhi al cielo e afferrando il foglio. Appoggiò entrambi i moduli sulla cattedra e li firmò. “Ecco, ora se fallirete, in parte sarà colpa mia...” “Tranquillo prof, io di norma non fallisco mai…” sogghignò Lamia sbucandogli alle spalle “Ahh!” gridò lui scansandosi. “Ora possiamo andare professore?” chiese Lilith “Sì… Sì... Andate pure. Altrimenti arriverete che la mensa ha già finito tutto...” sospirò ricomponendo la solita risma di compiti arretrati da correggere. “Vuoi che ti aiuti a correggerli?” chiese Lamia. “Ne abbiamo già parlato e non credo che...” “Andiamo, un po’ di compagnia non ha mai ucciso nessuno!” la donna cercò di sorridere nel modo più convincente possibile. “Beh... Sarebbe un comportamento inaccettabile da parte di un professore farsi aiutare a correggere dei compiti da una sua alunna... Ma...” guardò la pila infinita, “Sono così tanti che una mano non mi darebbe fastidio.”. Lamia soddisfatta si voltò verso la sorella, rimasta immobile a fissare la scena e sorrise maligna, “Ciao Lilith, ci vediamo dopo.” la piccola sbatté un paio di volte le palpebre tornando al presente. “Allora, buona fortuna... A dopo…” balbettando uscì di corsa.  “Ma sei sicura di avere conoscenze sufficienti ad aiutarmi?” “Mhh... Guarda questa risposta, è del tutto sbagliata avrebbe dovuto...” La voce di Lamia si fece sempre più lontana mano a mano che Lilith correva per il corridoio. Arrivata abbastanza lontano da non sentire più i versi di ammirazione di Yukio, si fermò per riprendere fiato. “Hey… È tutto il giorno che ti seguo, ma non mi hai impressionato nemmeno una volta in tutta la mattinata...” una voce impertinente la schernì dal buio del fondo del corridoio. La ragazza trasalì. “Sei... Amaimon?” alzò la testa tentando di individuare una sagoma umana nelle tenebre. “Perspicace...” Il ragazzo piombò a testa in giù davanti a lei fissandola con quei suoi occhi assonnati a pochi centimetri di distanza dalla sua faccia. Urlando di terrore, Lilith cadde all’indietro. “Non... Non mi fai per niente paura!” sicura di se, si rialzò di scatto mentre Amaimon atterrava di piedi sul pavimento polveroso alzando una nuvola biancastra.  “Perché ieri sei scappata con la coda tra le gambe? Non avevamo ancora finito di parlare...” “P-Per quanto mi riguarda avevamo finito.” balbettò incerta. “Mh?” Amaimon mosse con le labbra il leccalecca che teneva in bocca. “Allora… Dove eravamo rimasti?” biascicò avvicinandosi alla ragazza “Ah sì…” disse quando le fu praticamente incollato addosso, “Trasformati.” la fissò dritta negli occhi. Lilith intravide nel suo sguardo ciò che più temeva. Non aveva scampo. Conosceva quella particolare luce degli occhi, l’aveva già vista in quelli di sua sorella quando guardava Yukio. Significava brama e non si sarebbe mai arreso finché non sarebbe riuscito ad ottenere ciò che voleva. “Io… Non posso.” “Vuoi dire che non ne sei capace?” “No! Io ne sono capacissima ma...” “E allora fallo!” sgranò gli occhi piantandoli in faccia a Lilith sconvolta. “No!” caricatasi di coraggio, gli urlò in faccia scappando a gambe levate. “Ahh... Sempre più interessante...” Amaimon mettendosi le mani in tasca mordicchiò soprappensiero lo stecco del leccalecca.
“Aria!” gridò Lilith uscendo da quel corridoio infinito. Era riuscita a tornare al suo caro piazzale di fronte alla mensa.
“Acqua!” gridò ancora andando a lavarsi la faccia nella fontana. “Terra!” si buttò a pancia all’aria ridendo sul selciato polveroso. “Fuoco!” Rin le piombò sopra facendole prendere un colpo. “WAAAH!!” strillò indietreggiando sui gomiti dando una testata al muretto. “Oh... Scusami... Pensavo fosse un gioco.” Rin preoccupato per lei si avvicinò con cautela. “Non... Non ti preoccupare...” mormorò massaggiandosi la testa. “Hai fame?” le chiese Rin, sorpresa lo guardò a bocca aperta lasciando che fosse il suo stomaco brontolante a parlare.
“Però, avevi fame eh?” sorpreso, Rin guardò Lilith mentre divorava il suo doppio panino che le aveva offerto. Dopotutto non mangiava da troppo tempo. Seduti sugli scalini di pietra bianca davanti all’entrata, si godevano l’arietta fresca e il profumino di pane arrostito che veniva dalle cucine.  Mandato giù l’ultimo boccone, Lilith sorseggiò il latte alla fragola che aveva insistito per pagare da sola. “Grazie... Per il pranzo.” Sussurrò. “Figurati! Dopotutto ti ho quasi uccisa!” rise Rin addentando il resto del suo panino. “Dimmi Lilith, come mai non ti ho vista a lezione dopo la ramanzina di Yukio?” “Beh... Ci è toccato pulire il macello che avevate combinato.” “Eh!? Ma come? Non è stata colpa vostra! E poi è stato Yukio a far cadere quelle fiale e scatenare i Goblin...”  “Come?” “Niente.”. Piombarono in un silenzio quasi imbarazzante finché Rin non si alzò stiracchiandosi “Mi dispiace doverti lasciare, ma ho un impegno a cui non posso mancare!” sorrise “Ci vediamo!” balzò giù dalle scale filando verso il dormitorio. “Ciao…” La ragazza smise di bere per salutarlo. Vedendolo sparire all’orizzonte, tranquilla, Lilith continuò a sorseggiare il suo latte, osservando gli studenti che di tanto in tanto passavano per il cortile.
“Chissà se Mephisto verrà a farmi compagnia...” mormorò soprappensiero mordicchiando la cannuccia.
Mentre era immersa nei suoi pensieri vide passare Shiemi trafelata che correva verso la porta da cui lei era uscita.
Nel frattempo nell’aula del corso speciale, Lamia e Yukio erano intenti nella correzione dei compiti. “Ah! ma chi è l’idiota che ha scritto una cretinata simile!?” sentendola lamentarsi Yukio buttò un occhio al foglio di Lamia “Mio fratello.” “Ah…” “Non preoccuparti, è normale.”. Le cose stavano andando troppo tranquille per i gusti di Lamia che cominciava ad annoiarsi. “Hei… Posso chiamarti Yukio, almeno quando non siamo a lezione?” Senza farsi troppo notare si sbottonò un po’ la camicetta. “Eh? Ah… Scusami ma non sono abituato a certe domande.” “Lo prendo come un sì, va bene, Yukio?”. Il ragazzo stette zitto smettendo per un attimo di leggere il foglio che aveva tra le mani arrossendo lievemente. “Penso che io e te siamo partiti con il piede sbagliato...” La donna si avvicinò impercettibilmente a lui, tornato a concentrarsi sui compiti. “Mh…” rispose assente, “Non è che per caso anche tu senti come... Un brivido in questo istante?” Yukio buttando un occhio nella sua direzione non poté fare a meno che guardarle lo scollo della maglia arrossendo ancora di più. “Come dici?” scosse la testa cercando di guardarla negli occhi. “No ecco… È che mi sento strana quando sto con te...” “H-Hei... Ma che sta succedendo?” imbarazzato indietreggiò sulla sedia. “Chiudi gli occhi...” sempre più vicina al viso del ragazzo, Lamia si leccò le labbra.
“Accipicchia! Ho lasciato il portafoglio in classe devo prenderlo!” Shiemi ansimando, correva a tutta birra per il corridoio, ma quando arrivò davanti alla porta della classe lasciata aperta, si trovò davanti uno spettacolo che non avrebbe mai voluto vedere.
 Yukio stava per essere baciato da quella donna che tanto le incuteva terrore, ”Oh no...Yukio!” mormorò arrossendo e dimenticando cosa era venuta a fare, scappò via. Lamia accortasi di lei, si fermò a pochi centimetri dal viso del ragazzo. Sentiva il suo respiro affannato sfiorare il suo naso. Quel respiro caldo, umano, cantava una dolce melodia. Assaporandone le note sorrise maliziosa.

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Capitolo 5
*** Capitolo V ***


CAP 5

Il respiro di Yukio si fece affannato e il ragazzo cominciò a tremare. L’odore di Lamia lo attraeva. A pochi centimetri dal suo viso era sempre più vicina. Mentre le loro labbra stavano per sfiorarsi, trattenne il fiato strizzando gli occhi. Passò un secondo, poi tre, poi dieci, ma non succedeva niente. “Professore...” mormorò infine Lamia. Il ragazzo socchiuse gli occhi vedendo tutto annebbiato nonostante gli occhiali. L’adrenalina gli era andata alla testa. “Sì..?” gli tremava la voce. “Ma allora sono davvero due nei quelli che hai sotto l’occhio!” strillò la donna tirandogli la faccia “Credevo fossero due ragni e volevo scacciarli!” Yukio strabuzzò gli occhi recuperando il buon senso, “Ma che fai!!” si divincolò dalla presa sistemandosi gli occhiali. “Ehrm...” si voltò. Il cuore gli batteva all’impazzata e non sapeva spiegare il motivo. Quella situazione lo imbarazzava. “Devi scusarmi, per un momento ho equivocato la cosa...” impassibile tornò ai suoi compiti. “Oh no... Non hai per nulla equivocato.” la bocca di Lamia si contrasse in un ghigno diabolico mentre i suoi canini si allungavano “È solo che un bacio non mi aiuta a recuperare le forze…” il ragazzo non fece in tempo ad elaborare le sue parole che lei con un balzo gli si avventò addosso buttandolo a terra. In un istante vide gli occhi della donna cambiare natura. Una forza aliena gli impedì di ribellarsi e Lamia senza indugiare si abbassò conficcandogli i canini nel collo.
Lilith, nel frattempo rimasta sola, cominciava a inquietarsi. “…E se Amaimon dovesse trovarmi? Che faccio? Oh mamma…” iniziò a mordicchiare con più ostinazione la cannuccia del latte alla fragola ormai agli sgoccioli. “Prima con me c’era Rin e mi sentivo al sicuro... Ma adesso?” il brik le cadde di mano rimbalzando giù per gli scalini “Accidenti!” sbuffò la ragazza fiondandosi a carponi a recuperarlo, ma mentre stava per prenderlo, una mano fu più veloce di lei. “E’ tuo?” Izumo Kamiki raccolse il simpatico contenitore rosa sbattendolo in faccia alla povera Lilith che si era appena rialzata. “Sì...” disse afferrandolo “Grazie, non importava.” abbassò lo sguardo muovendo un piede. “Non c’è problema.” Schioccò la lingua con aria scocciata. La ragazza dalle folte sopracciglia rimase a braccia incrociate piantata davanti a Lilith come se stesse aspettando qualcosa.  “Ehrm…vuoi dirmi qualcosa?” sussurrò Lilith vedendo la compagna sempre più impaziente, “Ecco… Mi chiedevo...” mise il broncio, “Tu non mi sembri come tua sorella… non è che tu per caso…”  Scosse la testa, “No… No lasciamo stare!” interrompendo il discorso fece per voltarsi e andarsene ma Lilith la fermò. “Izumo, giusto? Ti piace latte alla fragola?” “Eh?”.
Nella classe tutto taceva. Lamia si sollevò deliziata dal sangue che le colava per i lati della bocca e leccandosi i baffi lo ripulì. Yukio giaceva a terra privo di sensi con due piccoli fori sul collo, mimetizzati con i suoi tanti nei. “Non preoccuparti, bambolo… Di tutto questo non ricorderai più nulla...” la donna raccolse la sua cartella e uscì nel corridoio.
“Perché mi hai offerto il latte?” Izumo scettica azzardò un sorso della sua bibita “Non volevo che te ne andassi.” senza guardarla, Lilith giocherellò con la cannuccia. Erano tornate a sedersi sulle gradinate. “Ahh...” sospirò Izumo, “Senti... Prima…” chiuse gli occhi, “Non è che sai se tua sorella è interessata a qualcuno della nostra classe, vero?” “Come dici?” Lilith la guardò sorpresa “No! Dimenticati di ciò che ho detto!” la ragazza arrossì di colpo scossando la testa “È che... Sei così piccola, si insomma mi ispiri fiducia e io…” fece una pausa e poi sospirò “Ma chi voglio prendere in giro… quella può avere chiunque desidera…” si alzò, “spero solo che le nostre strade non s’incrocino mai…” cominciò a scendere le scale senza toccare più il suo latte. “Aspetta! Dove vai?” Lilith smise di bere irrequieta “Sta per iniziare la prossima ora, torno in classe.” disse facendo un cenno senza nemmeno voltarsi “Faresti meglio a muoverti!” “Ah... Certo...” Mormorò la ragazza e Izumo si bloccò. “Ma sia chiaro!” si voltò puntandola con un dito, “Io e te non siamo amiche!” rossa di rabbia se ne andò lasciando di stucco Lilith.
Quando Lilith con tutta calma entrò in classe, fu accolta da un vociare sommesso dei suoi compagni di classe che approfittavano dell’assenza del professore per chiacchierare.  Tranquillamente passeggiò tra i banchi appoggiando la pesante cartella sul suo. “Ragazzi, qualcuno ha visto Shiemi?” Rin spaesato si era accorto che il posto accanto al suo era vuoto, Kamiki dal canto suo seduta dietro di lui fissava un punto vuoto davanti a se in silenzio. Dal fondo dell’aula, Lilith notò per la prima volta uno studente dai capelli biondi arruffati con in mano una strana marionetta a forma di guanto, seduto in fondo come lei, ma qualche banco più lontano, accanto ad un altro studente incappucciato. “Hei, Kamiki! Perché non vieni qui con noi? Sei sempre sola!” “Non rompere, Shima.” “Che cattiva...” il ragazzo piagnucolò nascondendosi dietro a Suguro “Simpatica come al solito, vero Kamiki?” il ragazzo si alzò in piedi con le mani sui fianchi “Che… Che vuoi tu!? Non intrometterti!” Izumo, arrossendo si girò dall’altra parte incrociando le braccia sopra al petto. “Un momento, anche Lilith è da sola! Vieni qui con noi dai!!” Shima esaltato si rivolse alla ragazza che persa nei suoi pensieri, dopo qualche istante si accorse che anche sua sorella Lamia era assente. Guardandosi intorno la cercò con lo sguardo, ma di lei nemmeno l’ombra. “Ecco… Io non...” guardando fissa la superficie del suo banco balbettò qualcosa di sommesso ma il ragazzo non si perse d’animo “E dai! Mi dispiace di averti offesa il primo giorno, ma dai! Facciamo pace!!” si sbracciò andando all’indietro con la sedia “Shima, se non vuole lasciala stare...” Konekomaru tentò di farlo ragionare, ma Lilith si alzò e prendendo la cartella la spostò sul banco accanto a Izumo che la guardò sorpresa. “Che bello! E’ dei nostri!”  Shima Alzò le braccia al cielo strillando “Dai anche voi laggiù venite qua!” ma i due misteriosi ragazzi solitari restarono in disparte accennando un rifiuto immediato. “Che asociali.” Roteò gli occhi tornando a sedersi. “Che ore sono? È strano che il professore non sia ancora arrivato.” osservò Izumo guardando l’orologio da parete appeso sopra la lavagna, “Di solito è già arrivato da un pezzo.”  “Hai ragione! Ma dove diavolo si sarà cacciato mio fratello?” Rin si stravaccò sulla sedia con le braccia incrociate dietro alla testa. Mentre ne stavano parlando, un uomo sulla mezz’età vestito con la classica uniforme dei professori del corso speciale entrò nella stanza. “Ragazzi, mi dispiace comunicarvi che il professor Okumura dopo essersi sentito male si sia dovuto assentare per il resto della giornata. Pertanto vi invito a tornare nei vostri dormitori e dedicarvi allo studio individuale. “L’uomo fece un breve inchino per poi uscire dalla stanza. “Come? Siamo liberi di andare!?” Shima sgranò gli occhi “Evvai!! Si fa festa!!” si alzò in piedi urlando e trascinando dietro di se Koneko, balzò davanti alla porta. “Hei Shima! Ha detto di andare a studiare, non a divertirsi!” Ryuji lo seguì nervoso. “La cosa mi puzza di bruciato… Ci fanno tornare ai dormitori senza darci spiegazioni…” Kamiki si alzò dalla sedia raccogliendo la sua roba “Secondo me c’è sotto qualcosa…” si diresse verso l’uscita. Anche gli altri due in fondo all’aula se n’erano andati. “E così siamo rimasti solo noi due, eh?” Rin prendendo lo slanciò si alzò in piedi “Che fai, resti?” chiese a Lilith che non si era mossa di un metro. La piccola stava rimuginando su un pensiero che la tormentava e le si leggeva chiaramente in faccia. “Credo… che andrò a cercare mia sorella...” disse infine alzandosi a sua volta. “Mh… Hai ragione. Penso che io invece andrò a trovare mio fratello per vedere come sta...” Rin si grattò pensieroso il mento “Allora Ciao!” allegro uscì dalla stanza. Lilith finalmente sola, fiutò un odore acre nell’aria. “Quest’odore… È da tutta l’ora che lo sento aleggiare nell’aria.” fece due passi in avanti avvicinandosi alla cattedra e l’occhio le cade su una fila di macchioline scure e brillanti sulle travi del pavimento. Seguendole con lo sguardo arrivò ad una chiazza un po’ più grande pur sempre di dimensioni ridotte. Guardandosi intorno per essere certa che nessuno stesse arrivando, si chinò sullo strano liquido annusandolo da più vicino. “Non c’è dubbio. Questo è sangue.” lo toccò con la punta delle dita “Ed è anche fresco!”.
“Yukio? Sei qui?” Rin messo piede in infermeria cominciò ad urlare il nome del fratello, “Ah eccoti!” vedendolo agonizzante in un letto gli corse in contro lasciando la porta aperta. “Cosa ti è successo!? Sembri morto!” il ragazzo squadrò il fratello bianco come un cadavere, il quale assonnato scossò la testa debolmente “Non lo so... L’infermiera ha parlato di calo di zuccheri.” Si sfregò il collo, “Ah! Come brucia…” “Ti fa male il collo?” “Sì…Ma non so il perché.” “Forse hai sbattuto da qualche parte?” “Probabile… Penso di essere svenuto in classe durante la pausa pranzo. Ma non ricordo cosa stavo facendo...” con l’altra mano si massaggiò le tempie “Che mal di testa... Vedo tutto annebbiato...” “Vedi? Te lo dico sempre che saltare i pasti fa male!” lo ammonì il fratello, “Da quando in qua sei tu a farmi le prediche?”. Rin non sapendo che dire si sedette su un panchetto trovato lì per caso e fissò il fratello in silenzio. “Probabilmente devo solo dormire...” “Sì… Lo penso anch’io.” guardò fuori dalla finestra attraverso le tende bianchissime “Ti da fastidio la luce? Se vuoi chiudo le tende.” “No, non mi da fastidio.” “Come vuoi.” Rin giocherellò con le maniche della sua giacca. Mentre il silenzio si faceva di ghiaccio, dei passi frenetici riecheggiarono per il corridoio e un lampo biondo passò davanti alla porta dell’infermeria. “Hei, ma quella non era Lilith?” Rin si alzò di scatto affacciandosi sul corridoio “Hei Lilith! Dove corri?” La ragazza frenò bruscamente piantando i piedi a terra, girandosi in una nuvola di riccioli biondi “Rin! Ti stavo cercando!” urlando gli corse in contro “Più precisamente volevo parlare con Yukio, sai dov’è?” “Come? Ah… È qui, vieni, ma parla piano!” “Sì…”. Il ragazzo la fece accomodare accanto al letto di Yukio prendendo un altro panchetto. “Incredibile, oggi avrai già detto la bellezza di venti parole! E’ un miracolo!” scherzando Rin tentò di ravvivare l’atmosfera gelida, “Ehrm…Beh...” “Guarda che stavo scherzando!”. Lilith rise nervosa, poi facendosi seria si rivolse a Yukio che la fissava assente, “Professore, cosa le è successo?” chiese il più preoccupata possibile. “Io... Non me lo ricordo.” “Come?” “Sì... Devo aver sbattuto la testa…Ahi!” fece una smorfia di dolore toccandosi il lato sinistro del collo. “Che succede?” “Niente, niente…” “Ha visto se per caso c’era qualcuno con lei quando è successo l’incidente?” “No, non saprei.” Yukio scostò la mano dal collo e Lilith sembrò aver visto un fantasma. Si alzò di scatto facendo traballare lo sgabello “Grazie di tutto, guarisca presto.” inespressiva fece un breve inchino e girando i tacchi fece per andarsene. “Aspetta, dove vai?” “Ci vediamo domani.” Mormorò fermandosi un istante sulla soglia senza nemmeno voltarsi, per poi sparire. “Che le è preso?” Rin si grattò pensieroso la testa “Bah, riposati Yukio, mi è venuta fame.” sbadigliando se ne andò, mentre Yukio lo salutava sorridendo con un cenno della mano. Finalmente solo, il ragazzo abbandonò la testa all’indietro “Non ce la faccio più.” sbuffò cominciando a sudare freddo “Il dolore è insopportabile.”. Un’infermiera entrò nella stanza, “Che succede?” “Il collo...” gemette, “Fammi vedere!” la donna si precipitò dal ragazzo girandogli la testa. “Ma questi...!” sbalordita si accorse dei due piccoli fori sul collo di Yukio.
In camera, Lamia se ne stava comodamente appollaiata sul davanzale scrutando l’orizzonte. Quando Lilith trafelata entrò di corsa sbattendo la porta, balzò giù dal suo giaciglio incrociando le braccia. “Beh? Che succede?” sbuffò guardando la sorella con un sopracciglio alzato. “Come che è successo? Dovresti dirmelo tu!” digrignò i denti la piccoletta tra uno spasimo e l’altro. “Hei, hei... Calmati.” Lamia scrollando le spalle poggiò delicatamente una mano sulla spalla di Lilith invitandola a sedersi sul letto. “No che non mi calmo!” scansandosi dalla presa di Lamia, indietreggiò bruscamente “Che cosa hai combinato al professore Okumura!?” A quelle parole, la donna sgranò gli occhi. Senza perdere il controllò cominciò a passeggiare avanti e indietro per la stanza roteando la sua coda come se fosse un frustino. Guardando la sorella ridacchiò sarcastica, “Perché? Cos’è successo al professore?” “Lo sai...” ringhiò Lilith stringendo i pugni “Come eravamo rimaste d’accordo!?” “Abbassa la cresta, piccoletta!” Lamia si fermò a pochi centimetri dalla ragazza abbassandosi per guardarla dritto negli occhi “Io non ho fatto proprio niente.” sibilò. Le sue pupille si fecero piccolissime e il volto di Lilith si rabbuiò. “E’ inutile discutere con una come te.” La ragazza scosse la testa voltandosi dall’altra parte. “Brava, alla fine l’hai capito...” la beffò Lamia. “Spero soltanto che non capitino mai più episodi del genere.” Lilith si grattò un braccio senza voltarsi verso la sorella.  “Ma certo… Non preoccuparti, nessuno sospetterebbe mai di noi...” “Meglio non rischiare!” Lilith zittì Lamia fulminandola con lo sguardo. La donna sussultò, ma con il suo solito charme si sdraiò sul letto “il sole sta per tramontare.” sussurrò slacciandosi una scarpa “E’ quasi ora della caccia.”  “Non hai già mangiato abbastanza per oggi?” “Oh… Quello era solo l’inizio… Conosci il detto l’appetito vien mangiando?”. Lilith senza parole si avviò verso la finestra osservando il giardino tinto di arancione dal sole al tramonto “Qualunque cosa tu abbia intenzione di fare stanotte...” mormorò assente poggiando una mano sul davanzale, “Ricordati quello che ci siamo dette la volta scorsa.” “Sì, sì... Tranquilla.” Lamia sbuffando lanciò per aria le scarpe che atterrando con un tonfo sordo sulle assi del pavimento logoro sollevarono una nuvoletta di polvere grigia, “Mi nutrirò con parsimonia.”.
Mentre Lilith continuava a scrutare il giardino, forse in cerca del suo inseguitore, Lamia saltò giù dal letto e a piedi scalzi prendendo la rincorsa si lanciò fuori dalla finestra facendo la linguaccia alla sorella. Lilith non fu però sorpresa dal suo gesto. “A dopo!” Lamia le fece un cenno con la mano atterrando in punta di piedi con una leggerezza disumana e lei si sporse terribilmente dalla finestra guardandola con risentimento. “Augurati che nessuno ti abbia vista!” urlò in silenzio agitando i pugni. Vedendo sparire Lamia nella buia foresta, la ragazza si aggrappò saldamente al davanzale in preda alla rabbia e tremante per un momento vide tutto nero. Tempo di distrarsi qualche istante che una pietra lanciata alla velocità della luce la colpì in fronte riportandola alla realtà. “Ahia!!!” strillò massaggiandosi la testa “Ma che acciden...” mentre pronunciava quelle parole abbassò d’istinto lo sguardo, e vide ai piedi del dormitorio nient’altri che Amaimon, con in mano un’altra pietra.  “Scemo! Non vedi che la finestra è aperta!!??” Sbraitò Lilith saltando in preda all' ira, “Certo che l’avevo vista.” rispose tranquillo Amaimon, “E’ solo che mi sembravi assente.”. Calmo, giocherellò con la pietra facendola saltare fra le dita, “E poi...” ridacchiò, “…Volevo vedere se così ti trasformavi.” sorrise maligno lanciando il sasso alle sue spalle, “Ma evidentemente non funziona.”. Lilith senza parole lo fissò un istante a bocca aperta, poi trattenendo la rabbia ringhiò tra i denti fissandolo con gli occhi sbarrati “Che accidenti ci fai tu qui!? Vattene!” “Beh… Ho visto tua sorella che se ne andava e ho pensato di venire a stuzzicarti.”. “Come sai che lei è mia sorella?” “Ma come… Mephisto mi ha detto tutto su di voi...” “Mephisto!?” A Lilith mancò l’aria, “Sì, esatto. Sono qui perché è stato lui a chiamarmi.” con un cenno della mano la invitò a scendere, “Dai vieni qui a chiacchierare…” sogghignò “Altrimenti vengo io.”. Lilith non volendo sentire ragioni si voltò dall’altra parte incrociando le braccia, “Non ci penso nemmeno!” strillò. Fece per chiudere la finestra ma Amaimon, più veloce di lei fece irruzione dal davanzale scalando la parete dell’edificio in un attimo. “Ma che!?” Lilith balzò indietro, mentre il ragazzo le si avvicinava pericolosamente facendo cigolare il pavimento sotto i suoi stivali neri ad ogni passo. “Andiamo… Non t’interessa sapere perché Mephisto mi ha invitato qui a scuola?” disse Amaimon afferrandole un ciuffo di capelli biondi e cominciando a giochicchiarci “N-No!” Lilith scosse la testa divincolandosi dalla presa del demone, che però la bloccò contro la parete della camera conficcando gli artigli nel muro. “Ed io invece te lo dirò lo stesso...” si avvicinò sempre di più al viso della ragazza “Devi sapere che io...” Lilith sentì il suo fiato sul collo, “…Sono suo fratello minore.” sibilò. Gli occhi della ragazza si spalancarono diventando lucidi dallo sgomento. “Oh… Cosa vedo nei tuoi occhi… Paura? Sgomento? Delusione?” ridacchiò divertito. “Ma a quanto pare nemmeno questo serve per trasformarti...” si allontanò dalla ragazza dandole le spalle. “Brutto mostro…” Lilith stringendo i pugni gli si avventò contro, ma Amaimon ancora dai rapidissimi riflessi, saltò in bilico sul davanzale evitando i suoi pugni. “Non t’interessa nulla di me! Vuoi solo vedere il mio aspetto reale!” strillò Lilith rossa di rabbia “Oh… Come siamo perspicaci... Mi piaci ragazza... Mi stupisci sempre di più...” Inclinò la testa di lato, “Ma non è del tutto corretto… Mi interessi eccome.” sogghignando, il ragazzo fece un passo indietro “Alla prossima.” con un cenno si lasciò cadere nel buio della notte.
Lilith si precipitò alla finestra ma sporgendosi non vide più nessuna traccia del demone. Era sparito. 

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Capitolo 6
*** Capitolo VI ***


CAP 6

Lilith stentava ancora a credere alle parole che aveva appena sentito. Fissava il soffitto ammuffito della sua stanza comodamente sdraiata sul letto marmoreo che aveva ribattezzato come suo angolino per pensare. “Io sono suo fratello minore, ha detto...” mormorò ripensando a poco prima, di come si fosse sentita tradita e di come la presa di Amaimon le avesse bloccato ogni via di fuga per evitare di starlo a sentire. “Perché Mephisto non me l’ha detto?” Il suo volto si fece malinconico. Era ormai tarda notte e Lamia tornando al dormitorio aveva lasciato dietro di se tracce di sangue ancora caldo. Come mise piede in stanza, trovò Lilith a occupare il suo letto. “Ha già iniziato ad allargarsi… Un classico.” Commentò spazzandosi la bocca blandamente. Andando a posare gli occhiali sul comodino, notò una serie di buchi nel muro comparsi come per magia. Alzando un sopracciglio, si sistemò le lenti e ci guardò meglio. Però non ci dette peso. Potevano benissimo esserci sempre stati. Anche se emanavano un odore inconfondibile. Demone. E non era né il suo odore né quello di Lilith.
La mattina seguente, Lilith si svegliò sdraiata nella stessa posizione della sera prima con ancora addosso la divisa scolastica. Evidentemente doveva essersi addormentata di colpo, ma il suo viso era rigato dalle lacrime. Lamia russava accanto a lei e un rivolo di sangue secco le sgorgava dalle labbra. Durante la notte aveva invaso involontariamente i suoi spazi. O per meglio dire era stata lei ad incominciare. “Bleah...” sussultò Lilith tirandosi su a sedere e asciugandosi il viso con le mani “Almeno pulisciti dopo aver mangiato...” spinse la sorella giù dal letto facendola svegliare di soprassalto “Ahrgh! Lilith! Porta rispetto alla tua sorellona!!” La donna si sistemò gli occhiali massaggiandosi il naso, “Che mal di testa… Ieri ho mangiato poco...” sbadigliò. “Dai andiamo a lezione, altrimenti faremo tardi.” la sorella si alzò stiracchiandosi. “Meglio non pensare a quello che è successo ieri.” sospirò tra se e se “Concordo.” ancora frastornata, Lamia si alzò in piedi cercando le scarpe che il giorno prima aveva lanciato chissà dove. Aveva ancora i calzini umidi e sporchi di fango ma non ci fece caso.
 
“Ragazzi, ho delle spiacevoli notizie da comunicarvi...” Il professore di ginnastica, quello con i baffetti, passeggiava avanti e indietro davanti alla cattedra con le braccia incrociate dietro alla schiena. La classe, meno lo strano tizio incappucciato e il marionettista, lo fissava sorpresa seduta ognuno al proprio posto. “Proprio così...” continuò mentre nella stanza non volava neanche una mosca, “Come ben sapete il professore Okumura ieri si è sentito male e dopo attente cure in infermeria hanno rinvenuto sul suo collo un... Beh...” si schiarì la voce “Morso di demone.” . Tutti rimasero a bocca aperta “Ma non è tutto!” L’uomo alzò un dito “Pare che questo demone si stia ancora aggirando per la scuola quindi per il momento le vostre lezioni saranno sospese.” a quelle parole si levò un sommesso mormorio tra i banchi. Lilith agghiacciata guardò con la coda dell’occhio Lamia fulminandola con lo sguardo. “Un demone succhia-sangue si aggira per la scuola!?” Rin, seduto davanti a Lilith sussultò incredulo tenendosi stretto al suo banco “Sii! Vacanze!” Shima balzò in piedi entusiasta, “Shh! Silenzio non ho ancora finito!” Il professore zittì la classe alzando le braccia per recuperare l’attenzione, “Le vostre lezioni normali verranno sospese per dedicarvi alla ricerca e alla cattura di questo demone, abbiamo bisogno di tutte le attenzioni possibili!” “Che!?” Un coro stupefatto trasalì dai ragazzi. “Calmi! Non vi sto chiedendo di mettere in pericolo la vostra vita, ma di continuare a frequentare il corso di esorcisti e prestare attenzione a ciò che vi succede intorno! Qualsiasi movimento sospetto dovrà essere segnalato, chiaro?” Tutti annuirono “E in assenza del professore la lezione non può che essere sospesa momentaneamente.” sospirò. “Bene, ora organizzatevi in gruppi e approfittate delle ore buche per pattugliare l’accademia. Ripeto non agite da soli. Se vedete qualcosa di sospetto, avvertite un professore o ancora meglio il preside! Grazie.” detto questo uscì dall’aula “Io ho altre squadre da mobilitare, ci si vede!” chiuse la porta alle sue spalle. “E adesso che si fa ragazzi?” Shima si rivolse incerto alla classe, “Su, avanti ha detto di dividerci in gruppi, facciamolo!” Ryuji si alzò in piedi andando verso la cattedra “Dunque... Per decidere democraticamente, ognuno scriverà il proprio nome su un biglietto di carta e andremo ad estrazione. “Prese un foglio dal quaderno di Shiemi in prima fila, “Ci saranno quattro squadre da due elementi ciascuna... Avanti venite tutti qui.” I ragazzi si avvicinarono, chi con una biro e chi con una matita in mano per scrivere.
“Fatto!” Rin lanciò la sua penna sul banco che rimbalzando cadde a terra, Shiemi la raccolse tremante riappoggiandola al suo posto. Guardava Lamia avvicinarsi alla cattedra e si ricordò di quello che aveva visto il giorno precedente. Troppo intimorita però non disse nulla. “Bene e adesso peschiamo.”. Ryuji compose senza guardare i foglietti, quattro gruppi sulla cattedra. “E adesso leggiamo i componenti.” disse afferrando uno dei biglietti del primo gruppo, “Gruppo A : Shima e Koneko.” Disse solenne “Evvai! Koneko dammi il cinque!” Shima porse la mano al compagno anche lui felice per essere capitato in squadra con l’amico, “Gruppo B: Rin...” “Si!!!” “Silenzio... E Lilith …” La ragazza tirò un sospiro di sollievo. “Squadra C...Shiemi e...” Shiemi strizzò gli occhi sudando freddo “Ti prego non Lamia, ti prego non La...” pensò, “Lamia.” Shiemi sbiancò, “Beh... Direi che di conseguenza siamo rimasti Io e Kamiki per la squadra D...” svogliato sollevò il resto dei biglietti. Digrignando i denti, Kamiki incrociò le braccia. “Ok, ora che ci siamo divisi direi di incominciare la perlustrazione. Ricordate le parole del professore mi raccomando...” “Si, si!” lo zittì Lamia, “Dai andiamo, Shiemi...” Suadente invitò la ragazza visibilmente terrorizzata e la classe si sparpagliò.
I gruppi partirono in direzioni diverse, chi uscendo all’aperto e chi proseguendo il lungo corridoio scarsamente illuminato. “Ehrm... Rin...” Lilith si schiarì la voce, “Tu... Ecco... Hai già qualche sospetto su chi possa essere questo demone misterioso... Sì beh ecco insomma...” “Eh?” Rin si voltò verso di lei con un dito nel naso, completamente assente, “Scusami, non stavo seguendo.” sogghignò imbarazzato, “lasciamo perdere...” sospirò la ragazza un po’ sollevata. “Tua sorella...” disse improvvisamente Rin, “Eh!?” Lilith balzò all’indietro con gli occhi fuori dalle orbite, “C… Come!?” “No niente, stavo pensando...” Il cuore di Lilith cominciò a battere all’impazzata mentre i due ragazzi si erano fermati al centro di quel tetro corridoio. Rin le dava le spalle e il silenzio si stava facendo pesante. “Beh ecco... Mi chiedevo… Ma non le viene mal di schiena con tutto quel seno? Insomma mi preoccupo ahahahah!!” Rise imbarazzato grattandosi dietro la testa, mentre la povera Lilith quasi svenne per il troppo sollievo, “Grazie a Dio è stupido…” pensò.
Intanto, Koneko e Shima si trovavano all’altro capo del corridoio e chiacchierando procedevano lentamente. “Senti Koneko, c’è qualche ragazza che ti piace della nostra classe?” “Ehrm… Ce ne sono quattro… Non mi dai poi così tanta scelta…” “Andiamo non fare il pignolo! E’ un semplice sondaggio.” “Eh? E per cosa?” Balbettò Konekomaru voltandosi rapido verso Shima, “Ma come per cosa?” Estrasse un foglio dalla tasca sventolandolo come se fosse un trofeo, “Sto parlando della classifica delle più belle!!” strillò esaltato, “Al primo posto c’è Lamia!”. Ci fu un minuto di silenzio. “Ehrm… ripeto… Sono solo quattro.” incerto, Koneko alzò le mani. “ E.. E poi chi l’ha deciso che al primo posto c’è Lamia?” “Beh io! Che domande! A tette batte persino Shiemi!” “Shima! Sei sempre lo stesso...” sospirò esortandolo con uno spintone a continuare a camminare.
“Dì la verità, Suguro. L’hai fatto apposta.” Izumo a braccia conserte si fermò dietro a Ryuji in un angolino del giardino. “Che cosa? Farlo apposta? E a che scopo!?” il ragazzo si voltò in fiamme, “Come a che scopo!” Izumo arrossì “Lo sai!” “Sapere che cosa!? Maledizione, spiegati!” Iniziarono a litigare. “Hai truccato i foglietti per finire in gruppo con me! Lo so!” “Finire in gruppo con te!? Per cosa!? Per litigare!? Ma sei scema!!??” “Lo scemo sei tu! Scemo! Scemo! Scemo!” “Cos’è hai voglia di litigare che inizi dal nulla ad urlarmi in faccia cretinate!?”  “Basta mi hai stancato! Finiamo in fretta questo lavoro! Idiota!”. La ragazza girò i tacchi andando verso un sentiero di sassi riparato dall’ombra degli alberi, “Eh?” Ryuji tentennò “Idiota a chi!?” la minacciò da lontano alzando un pugno “Idiota sarà tua sorella!” strillando le corse dietro.
In silenzio Shiemi seguiva Lamia, la quale sculettando decideva la via tra intraprendere. “Ehrm... La... La...Lamia...” tartagliò Shiemi, “Sei sicura che dobbiamo andare di qua?” chiese guardandosi intorno e osservando che oltre loro non c’era anima viva, “Quanto sei stupida...” ridacchiò la donna, “Lo sanno tutti che i demoni si nascondono all’aperto!” “Ah ok... Se lo dici tu...” si stavano incamminando verso l’ala in disuso dell’accademia. Delle grandi rovine di uno scuro palazzo vittoriano si intravedevano dietro gli alberi. “Ehrm Lamia...” “E adesso che c’è?” Shiemi piantò i piedi per terra e stringendo i pugni raccolse tutta la sua grinta. “Io... Io ti ho vista!” gridò a capo chino. Lamia agghiacciata si fermò continuando a darle le spalle. “Sì... Ti ho vista con il professore Okumura prima che stesse male.”. Piombò il silenzio. Lamia si voltò lentamente, i suoi occhi s’illuminarono “E allora?” si avvicinò a Shiemi che indietreggiando perse l’equilibrio cadendo. “Cosa intendi fare?” sorrise minacciosa, “Ti prego non farmi del male!” strillò la ragazzina terrorizzata, “Hai scelto il posto meno adatto per strillare...” la donna scoprì i lunghi canini affilati con un sogghigno “Buona notte.” l’ultima cosa che Shiemi vide furono gli occhi di Lamia diventati colore del sangue.
“Eccoci! Finalmente siamo alla fine del corridoio!”  Rin esultò, per poi piombare nel dubbio “...E adesso che si fa?” chiese perplesso a Lilith, “Beh… Propongo di uscire.” “Un appuntamento?” il ragazzo la guardò inclinando la testa di lato. “N-no, ma che hai capito! Andiamo in giardino e continuiamo a cercare…” strinse le labbra imbarazzata. “Giusto! Lilith sei un genio!” sorrise tutto contento incamminandosi come un razzo. La ragazza allora sospirò andandogli dietro.
Anche dalla parte opposta del corridoio Shima e Koneko stavano esultando per lo stesso motivo. “Grazie al cielo siamo al capolinea… Presto, usciamo da qui, sto incominciando a deprimermi!” “A chi lo dici...” il piccolo Koneko frugò nella tasca dei pantaloni prendendo fuori una chiave dorata, mentre la infilava in una serratura a caso, Shima si appoggiò pensieroso al muro, grattandosi il mento, “Due sorelle... Da un capo all’altro della classifica... Chissà perché...” “Shima, non ti sembra di esagerare un po’ con questi dubbi amletici?” “Forse Lamia ha privato Lilith di ciò che Madre Natura le aveva riservato...” “Ma insomma basta… ancora con questa storia!” Koneko tutto rosso spalancò la porta.
Nel frattempo Izumo e Ryuji stavano ancora litigando, “Insomma si può sapere che vuoi?” “Niente!” strillò lei, “Con te non si può discutere!” “Ma senti cosa mi tocca sentire! Da te, poi…” si guardarono in cagnesco “Basta! io vado a perlustrare l’interno dell’edificio tu occupati del giardino!” Izumo con rapide falcate raggiunse la porta di quello che assomigliava ad un piccolo tempio circondato da alberi e cespugli. “E va bene! Ma non perché l’hai deciso tu!” Ryuji ringhiando in preda all’ira dette un calcio ad un sasso che colpì in pieno un albero sfregiandolo. Mentre il ragazzo si accingeva a fare il giro del tempietto, un’ombra nera nascosta tra la vegetazione lo osservava bramosa. Non appena Suguro si avventurò sul retro, la creatura uscì dall’ombra. Senza permettergli nemmeno di urlare gli azzannò il collo tappandogli rapida la bocca.

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Capitolo 7
*** Capitolo VII ***


CAP 7

Shiemi si riprese dopo una ventina di minuti con dei lancinanti dolori alla testa. Riaprì gli occhi sdraiata sul prato umido e brulicante di coccinelle. Intontita si mise a sedere. Si guardò intorno disorientata, “Che… Che ci faccio io qui?” disse con un filo di voce “Non dovevo essere a lezione?” si guardò le mani. “Ah no... È vero... Devo perlustrare la zona con Lamia...” si guardò di nuovo intorno, “Ma dov’è?” si alzò barcollando in piedi. “E perché devo perlustrare la zona?” portandosi una mano al collo sfiorò due piccoli fori ancora freschi.
Al tempio il cicaleggio faceva da padrone. Ryuji disteso a terra riprese conoscenza lentamente. Si premette la fronte dolorante, “Che stavo facendo?” si chiese inginocchiandosi. “Izumo... “  Un profilo femminile gli sussurrò all’orecchio. Il ragazzo come in trance ascoltava in silenzio. La voce ridacchiò, “Stavi litigando con lei però a te lei piace… Non è così?” Ryuji annuì lentamente “E allora cosa fanno di solito le persone che si piacciono?” il ragazzo spalancò gli occhi come se avesse ripreso conoscenza e rapidamente si alzò in piedi. “Ma che accidenti? …Ero certo di...” guardandosi intorno non vide nessuno. “Sarà meglio andare a controllare Izumo... Ehrm cioè Kamiki…”. Massaggiandosi le tempie si avviò verso l’entrata del tempio. Un’altra ombra nera aveva assistito a tutto, appostata dietro uno degli alberi.
“Hei Lilith, ma quella non è Shiemi?” Rin additò la ragazza all’apparenza confusa e disorientata che rantolava a destra e a manca senza sapere dove andare. Lilith annuendo seguì titubante il ragazzo che corse in contro a Shiemi. “Shiemi! Che ti è successo? Sembra che tu abbia visto un fantasma!” Rin la scosse per le spalle, “Ah! R...Rin!” Shiemi scossò la testa, “Non è niente! Mi sono solo persa…” gesticolando freneticamente tentò di tranquillizzarlo, Lilith realizzò che la ragazza era sola così una domanda le sorse spontanea, “Shiemi... Lamia non era con te?” “Eh... Uh... Sì... Ma l’ho persa di vista…” una folata di vento scoprì il collo della ragazza rivelando due piccoli fori di morso. Lilith sbiancò. “Shiemi dato che sei sola ti va di unirti a noi?” Rin non accorgendosi di nulla la invitò, ma Lilith ancora focalizzata sul collo della ragazza indietreggiò impercettibilmente. “Ragazzi, voi proseguite assieme io... Andrò a cercare Lamia!” disse tutto d’un fiato “Eh come? Perché?” Rin incredulo scosse il capo velocemente “Beh... Potrebbe essere finita in qualche guaio!” cercò la scusa più plausibile “Oh… Certo. Veniamo con te!” si fece avanti Rin, “No, no. Vado da sola.” Lilith rifiutò rapida, “Voi… Continuate la ricerca, faccio subito. Promesso.” “Oh…” il ragazzo sbattè le palpebre titubante, “Allora…Stai attenta!” sorrise infine. “…E mi raccomando se non la trovi vieni a cercarci! Così ti aiutiamo!” il ragazzo si sbracciò urlando mentre Lilith correndo sparì dietro un grosso masso ricoperto di muschio.
“Accidenti a Lamia!”, pensò Lilith correndo nella direzione da cui veniva Shiemi, “Perché ha morso Shiemi!?Maledizione… La situazione sta precipitando di male in peggio…”. Con un balzo guadagnò un paio di metri.
A qualche chilometro di distanza, Ryuji era finalmente entrato nel tempio. Kamiki davanti all’altare stava rovistando tra i vari oggetti da cerimonia in cerca di un qualche cosa che potesse essere utile alle ricerche. “Izumo.” il ragazzo si fece avanti e lei si voltò verso di lui. “Come mi hai chiamata?” “Izumo. E’ il tuo nome o sbaglio?” Izumo arrossì “Sì… Ma non ti ho dato il permesso di chiamarmi per nome!”. Ryuji ebbe un capogiro e si appoggiò ad una delle colonne di legno coprendosi gli occhi con una mano. “Hei! Che ti succede!?” Izumo si avvicinò un minimo turbata, ma senza abbandonare quel suo tipico atteggiamento aggressivo che riservava particolarmente nei suoi confronti. “Ah!” il ragazzo si toccò il collo bruciante e sentì di nuovo quella voce suadente, “Avanti... Che aspetti... È un mio ordine...” diceva “Voglio divertirmi un po’…” ridacchiò “Pranzo e a seguire spettacolo! ahahah!”. Il ragazzo si colpì la testa “Basta!” ringhiò “Suguro?” Izumo indietreggiò preoccupata. Ma ormai Ryuji non rispondeva più a se stesso. Rapido atterrò la ragazza sovrastandola con il suo corpo. “Suguro! Ma che accidenti fai!?” la ragazza tentò in vano di divincolarsi dalla presa e negli occhi del ragazzo vide una luce tutta diversa. “Tu non sei Suguro! Lasciami brutto demone!” cominciò ad urlare muovendo di qua e di là la testa, ma imperterrito Ryuji chinandosi sopra di lei la bloccò con un bacio, dapprima violento e poi morbido, seguito da un potente morso sul collo. La ragazza perse i sensi sentendosi come ardere da un fuoco e Lamia abbandonando il possesso di Ryuji lo lasciò collassare sopra di lei. “Non c’è di che, ragazzi.” Ridacchiò uscendo dal tempio ancheggiando.
Lilith entrò spalancando le vecchie, logore e polverose porte dell’edificio vittoriano in rovina. L’interno era buio come la notte e la polvere era così tanta da sembrare un mare. “Lamia! Lo so che sei qui!” urlò, ma l’unica risposta che ottenne fu il rimbombo dell’eco della sua voce. Si avventurò nel grande androne d’ingresso illuminato qua e là da spiragli di luce che filtravano dalle finestra sprangate e dalle crepe dei muri. Sulla sinistra la parete che avrebbe dovuto dividere il salone principale da un largo corridoio era crollata lasciando un’ampia entrata tra un cumulo di macerie e l’altro. Superati i detriti, si addentrò in un secondo antro buio, eternamente lungo che sboccava in una sala illuminata da un buco nel soffitto. Al centro del raggio di luce, una figura dai lunghi capelli neri, girata di spalle, la aspettava. “Lamia?” la chiamò Lilith addentrandosi nel salone e la donna senza voltarsi, sorrise.
“Ragazzi! Meno male che vi ho trovati!” il professore di ginnastica corse in contro a Rin e Shiemi. “Che succede prof?” il ragazzo era sorpreso di vederlo “Grazie al cielo state bene!” l’uomo gli afferrò le spalle “Mi hanno appena informato che tra ieri sera e stamattina sono stati trovati altri ragazzi nelle condizioni del vostro professore. Per cui mi hanno ordinato di sollevarvi dall’incarico assegnatovi in quanto la situazione stia cominciando a degenerare!” “Degenerare?” “Sì… Siamo saliti a circa cinque vittime, tra cui anche due vostri compagni di classe…” “VITTIME!? Chi è stato ferito dei nostri amici!?” Rin cominciò a gridare con gli occhi fuori dalle orbite, mentre Shiemi sbiancò senza dire una parola. “N... Non temere! Ora li abbiamo portati in infermeria e stanno meglio.” “Di chi stiamo parlando!?” Rin si aggrappò al professore “Di Izumo Kamiki e Suguro Ryuji, li abbiamo trovati poco fa all’interno del tempietto sulla collina.” “Invece gli altri dove sono?” “Shima e Miwa li abbiamo fermati poco fa e adesso sono al sicuro nei loro dormitori.” “E che mi dice di Lamia e Lilith Evangeline!?”. Il professore ammutolì guardando altrove.  “Le stiamo cercando.”  Rin sussultò. “La prego ci permetta di partecipare alle ricerche! Sono nostre amiche!” Inaspettatamente Shiemi si buttò addosso al professore, “Mi dispiace, ragazza ma è troppo pericoloso...” l’uomo la guardò meglio “Ah! Ma che cos’hai sul collo!?” “Collo?” spaventata se lo sfiorò “Quello è un segno di morso!” gridò allarmato, “Presto andiamo in infermeria!” “Shiemi! Chi ti ha morso!?” Rin in preda al panico si voltò verso l’amica “Io... Io non lo so!” scoppiò in lacrime “Non c’è tempo da perdere, andiamo!” prendendo Shiemi per la vita fece per iniziare a correre “Aspetti! Lilith probabilmente è in pericolo! È andata a controllare nella zona da cui proviene Shiemi! Forse ha incontrato il demone!” “Dannazione, questo non ci voleva…” il professore si fermò cercando di pensare ad un piano. “Ragazzo non ho altra scelta… Le squadre sono tutte impegnate… Vai dai tuoi compagni di corso e andate a cercarla... Io farò in modo che un professore vi affianchi. Spero soltanto che non vi succeda niente di male.” “D’accordo!” Rin annuì “Mi raccomando, Shiemi! Rimettiti presto!” gridò scappando via, “Si lo farò!” la ragazza urlò con l’ultimo soffio di fiato che le rimaneva prima di barcollare e lasciarsi svenire per l’eccessivo affaticamento.
Rin corse a tutta velocità attraverso l’edificio scolastico in direzione dei dormitori. Attraversando la sala grande, senza nemmeno guardare dove stava andando, finì per andare a sbattere contro un malcapitato che sbalzato via cadde a terra assieme a lui. “Ouch! Mi scusi!” il ragazzo si alzò immediatamente scrollando la testa, “Rin... Non mi dai nemmeno il tempo di riprendermi che già tenti di uccidermi?” Yukio sorridendo si alzò barcollando “Yukio! Ti vedo in forma!” “Già... Mi sono fatto imbottire di medicinali per poter contribuire alla caccia del demone che mi ha fatto questo...” accennò al cerotto sul suo collo. “Allora vieni con me a cercare Lilith?” “Lilith?” “Si vieni, ti spiego tutto mentre andiamo a prendere Shima e Koneko!” senza perdere tempo, Rin trascinò per il corridoio il fratello tenendolo per un braccio.
“E così è andata a cacciarsi in un bel guaio...” “In realtà non lo sappiamo ancora...” Il gruppo composto dai tre sopravvissuti più Yukio si muoveva rapido in direzione della villa in rovina, “Beh è dovere del professore preoccuparsi per l’incolumità dei suoi studenti.” “Mi fa uno strano effetto sentirlo dire da te…” Rin guardò di sottecchi Yukio. “Hei ragazzi! Vi andrebbe di partecipare al sondag...” “Zitto Shima! Ma ti sembra il momento!?” Koneko lo zittì tappandogli la bocca da dietro.
“Lamia spiegami che bisogno c’era di mordere Shiemi.” Lilith rimase a debita distanza dalla sorella. “Mi aveva vista con il professore Okumura e dovevo cancellare le prove...” “Ma allora!” “Si sciocca... E chi se no?” Lamia si voltò e i lati della sua bocca erano rigati di rosso. Con un gesto rapido si spazzò il sangue dal viso, poi continuò a parlare leccandosi le labbra, “Ieri sera non ho mangiato abbastanza e così dopo Shiemi ho perso il controllo e... Ho aggredito anche Ryuji e la sua amichetta Izumo...” si scostò i capelli dalla spalla con un rapido gesto. “E’ stato divertente possedere per un istante il suo corpo…” ridacchiò “Ho potuto ascoltare pensieri interessanti…”. “Tu sei una scema!” Lilith gridò con tutto il fiato che aveva in corpo “Spiegami che cosa mi dovrebbe trattenere dall’ucciderti adesso in questo luogo! Con quello che hai fatto molto probabilmente hai mandato il nostro piano al diavolo!” “Ullalà... Che parole cariche di odio... Volevi che lo mandassi ad angelo, forse?” “Non prendermi in giro! Io ti ammazzo!” Lilith strinse i pugni tremando di rabbia. “Calmati sorellina … non vuoi più bene alla tua sorellona Lamia?” “Non se lei tenta in tutti i modi di rovinarmi la vita!” ringhiò e poi ci fu silenzio. “Tranquilla non ci scopriranno.” “E tu come fai ad esserne così sicura!?” “Semplice ho un piano...” “Tu e i tuoi piani mi avete stufato, perché alla fine quella che ci rimette sono sempre io!” “Shh… Parla piano... L’ospite che prima mi seguiva potrebbe essere ancora in agguato...” “Che ospite!? Qualcun altro ti ha vista!?” “Sì... Ma non credo sia nella posizione adatta per metterci i bastoni tra le ruote...” “Che intendi dire?” “Penso sia un demone interessato ai nostri poteri... Forse più ai tuoi... Dato che li custodisci con tanta cura...” Lilith impallidì.  “Ha scoperto tutto di Amaimon e si sta vendicando? Oh no... No!” pensò, ma cercò di non far trasparire la sua preoccupazione. “Che cosa sai?” “Io? Niente … ma tu?”  “Ah! smettila è tutto un bluff!” “Ah accidenti… C’eri quasi cascata…” “Non cercare di cambiare discorso! Comunque NON C’E’ ASSOLUTAMENTE NESSUNA CREATURA INTERESSATA AI MIEI POTERI!” “Da come lo dici sembra quasi il contrario… Però chi non lo sarebbe? Credo che tutti i demoni dell’inferno diventerebbero curiosi davanti ad un esemplare come te...” “Smettila di parlare d’altro! Qui stiamo parlando di te! Devi smetterla di fare di testa tua! Io non voglio lasciare questo posto per un tuo errore!” “Allora non vuoi sentire il mio piano...” “Sei tu che ci stai girando intorno senza dirmi nulla! Avanti parla. Sto perdendo la pazienza...” “Dunque... Potrei dirti il mio piano oppure gridare ai quattro venti l’ingrediente segreto per farti trasformare in ciò che realmente sei...” “Oh no... Tu non lo farai...” Lilith iniziò a caricare il salto. Era pronta a saltare alla gola della sorella. Delle pietre caddero dalla parete scoscesa di un cumulo di macerie rompendo il silenzio. “C’è qualcuno!” Lilith roteò gli occhi in cerca dell’intruso “L’ingrediente segreto è …!” “SMETTILAA!!!” gridando, dimenticò il resto presa dall’agitazione e si avventò a canini sguainati, con una serie di evoluzioni, contro Lamia che accogliendola a braccia aperte diresse il morso della sorella diretto in piena faccia, sul collo. Entrambe caddero a terra e Lilith accorgendosi di ciò che aveva fatto si staccò dal collo di Lamia che rimase alcuni istanti riversa a capo chino sulla pietra nuda e polverosa. Mentre Lilith indietreggiava sconvolta, barcollante, Lamia alzò il capo ridendo come una squilibrata. “Tu eri il mio piano! Ahahahah!” lanciò lontano gli occhiali frantumandoli, “Non sospetterebbero mai di me essendo stata morsa a mia volta!” Con ancora la bocca sporca di sangue, Lilith realizzò l’accaduto. “Sei una stronza!” gridò disperata pulendosi le labbra. Dei passi lontani si avvicinavano sempre di più. “Oh oh... Faresti meglio ad andartene... Il mostro mi ha appena aggredita e devo perdere conoscenza...” ridacchiando si abbandonò all’indietro come se fosse davvero priva di sensi. “Infame!” Lilith tremando di rabbia corse via imbucando uno dei cunicoli più bui della villa.

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Capitolo 8
*** Capitolo VIII ***


CAP 8

“Ragazzi, avete sentito anche voi quelle urla?” Chiese Yukio precipitandosi verso il salone dove Lamia e Lilith avevano avuto la discussione. “Si! Sembrava la voce di Lilith!” “Muoviamoci!” disse Koneko.
“Maledetta Lamia!” Lilith sfogò tutte le sue frustrazioni su un sasso che volò dall’altro capo del salone in cui era capitata. “La odio!!” strillò rannicchiandosi a terra con la testa fra le mani.  “Lilith, Lilith, Lilith…” una canzonante voce maschile le fece sollevare la testa. “Ci mancavi solo tu per rovinarmi la giornata.” la ragazza osservò Amaimon che la squadrava dall’alto in basso. “Farò finta di non aver sentito.” sibilò tra i denti. “Ad ogni modo... Era proprio necessario interrompere tua sorella? Il discorso mi interessava.” “Allora eri tu l’ospite indesiderato!” Lilith si alzò in piedi di scatto. Amaimon tacque. “Non so di cosa tu stia parlando.” il ragazzo cominciò a girarle intorno “Comunque... Avevo ragione a sospettare che ti servisse un interruttore per trasformarti...” Lilith sussultò. Amaimon le era sempre più vicino e sentiva il suo fiato sul collo. “Avanti… A me puoi dirlo...” “Pensi che io sia così scema?” la ragazza cercò i suoi occhi e Amaimon rimase fulminato da quanto il suo sguardo fosse intenso e deciso. “Certo che no… Non saresti così scema da farti uccidere per una cosa simile.” la afferrò per la gola sollevandola da terra. “Gh… lasciami!” sibilò. “Se non vuoi finire soffocata ti consiglio di risparmiare fiato per dirmi quella cosa.” Amaimon la avvicinò al suo viso “Allora?”.
“Ma quella è Lamia!” Shima indicò la donna riversa a terra in un bagno di sangue. “Lamia!” gridò Yukio avvicinandosi alla ragazza appoggiandole due dita sulla giugulare “E’ ancora viva. Portiamola in infermeria!” disse prendendola in braccio “Oh issa!” “Yukio! E Lilith?” “Giusto... Io mi occupo di Lamia, voi cercatela... La porto in infermeria e torno. Se ve la vedete brutta scappate!” “D’accordo.” i ragazzi annuirono.
“E... Va bene...” Lilith incominciò a tremare “Lasciami e te lo dirò.” Amaimon la appoggiò a terra ma senza mollare la presa. “Che c’è non ti fidi?” “Oh oh… No.” Lilith guardò in alto, verso gli spiragli di luce. “Allora!?” impaziente Amaimon strinse ancora la presa “Gh! Mi serve un...” Lilith ebbe un’illuminazione “Bacio.”.
Amaimon mollò la presa incredulo “Bacio?” Lilith si massaggiò il collo annuendo “Sì...” chiuse gli occhi. La ragazza suadente si avvicinò ad Amaimon e buttandogli le braccia al collo gli sfiorò le labbra “Ma non un bacio come quelli umani... Un bacio dei nostri...” sussurrò. Il ragazzo alzò un sopracciglio “Come vuoi.” spalancando le fauci fece per dare un morso in faccia a Lilith che però scansandosi si fece mordere il collo. Amaimon piantò i denti nell’incavo di Lilith con tutta la forza che aveva in corpo facendole scappare un gridolino. Si reggeva saldamente al ragazzo aggrappandosi alla sua schiena e lui per imprimere più forza le cingeva i fianchi.
Dopo aver assaporato il sangue della giovane, il demone si allontanò da lei. Rimasero a fissarsi per qualche istante. Ma non succedeva nulla. “Tu... Mi hai preso in giro!” Amaimon cominciava a diventare furioso, ma Lilith sogghignò soddisfatta, “Scusami sarà per un’altra volta...” prese fiato e poco prima che Amaimon le saltasse addosso fece un lungo strillo disperato accompagnato da un unico lamento “Qualcuno mi aiuti!” cadde in ginocchio e abbandonandosi all’indietro finse di svenire, salutando un’ultima volta Amaimon con un gesto della mano. “Ti conviene scappare...” chiuse gli occhi soddisfatta. “Era Lilith! Corriamo!” la voce lontana di Rin riecheggiò nel salone buio. “Questa volta me l’hai fatta... Ma non si ripeterà più.” con queste parole, Amaimon sparì nell’ombra.
“Eccola!” “Presto portiamola in infermeria!” mentre i ragazzi, arrivati dalla ragazza, stesa anche lei in un lago di sangue, le prestavano soccorso, Mephisto dall’alto batteva silenziosamente le mani. Seduto comodamente su una poltrona, fluttuando nell’ombra aveva assistito a tutta la scena. Era lui quella terza persona famosa.  “I miei complimenti, Lilith… Degno di te...” mormorò.
 
Lilith riaprì gli occhi in una stanza molto illuminata e la sua attenzione fu catturata dallo svolazzare di tende bianchissime appese alla finestra alla sua sinistra. Involontariamente si era davvero addormentata. E a quanto pare anche Lamia che nel letto accanto al suo sotto la finestra, russava della grossa con una spessa fasciatura bianca al collo.
“Ben svegliata, Lilith.” La calda voce di Mephisto, seduto davanti al suo letto la fece destare del tutto. Si mise a sedere e sentendo un qualcosa premere sul suo braccio si accorse di una lunga flebo conficcata nel suo polso. “Ma che?” si ricordò l’accaduto e immediatamente si toccò il collo ora fasciato. “Non ti preoccupare, ho provveduto a fare in modo che nessuno scoprisse il vostro segreto…”  “Ah...” Lilith lo guardò ancora frastornata. “Ci siete solo voi due qui dentro, è una stanza personalizzata apposta per voi.” continuò a parlare, “E ho chiesto che le cure fossero somministrate da me medesimo.”  “Sì... Ma...” La ragazza guardando i suoi abiti si accorse di indossare una tunica ospedaliere “Chi mi ha cambiata?” Mephisto sorrise.
“Ehrm...” Lilith arrossì “Cambiando argomento...” guardò Lamia, “Lei non deve sapere niente di questa storia e di come... Beh... Io mi sia procurata questo.” indicò il segno di morso. “Come desideri.” l’uomo annuendo si alzò andando a sedersi sul bordo del suo letto. “Perché tu lo sappia… Ho visto tutta la scena e devo dire che non ti credevo così, per carità... Alquanto capace ma al contempo… Subdola?” “Subdola? Io? E tuo fratello che ha tentato di uccidermi estorcendomi una confessione con l’inganno non è subdolo?” Mephisto sgranò gli occhi “Mio... Fratello?” “Amaimon me l’ha detto.” L’uomo sbiancò. “Si può sapere perché mi hai tenuto nascosto che tuo fratello si trovava qui all’accademia e che è pure un tipo pericoloso?” Mephisto ci pensò un po’ su, poi raccogliendo una ciocca di capelli di Lilith cominciò a giocarci “Beh mia cara... Per lo stesso motivo per cui non ho detto nulla a nessuno delle vostre origini...” “Capisco...” con un rapido gesto, Lilith si riprese la ciocca di capelli “Posso contare vero sul tuo silenzio?” “Mi pare ovvio.” lo guardò male, “E dai... Non mettermi il broncio... L’ho fatto per il bene di tutti...”. Mentre Mephisto era sempre più vicino a Lilith, un grugnito di Lamia catturò l’attenzione di tutti i presenti. “Hei... Lilith...” disse ancora un po’ assonnata “Che ci fai tu qui?” le guardò la fasciatura “Ehi... Chi ti ha fatto quel m..” prima che potesse finire la frase, Lilith strappandosi la flebo balzò sul letto della sorella colpendola con un doppio calcio rotante a girare sparandola contro la parete della camera, sotto gli occhi increduli di Mephisto. “Nessuno!” strillò mentre la povera Lamia perdeva per davvero i sensi, lasciando nel muro una crepa colossale.
Lilith aveva appena finito di infilarsi la divisa e dando un’ultima occhiata al letto di sua sorella, la quale era ancora profondamente addormentata, fece per andarsene. “Hei, dove pensi di andare?” Mephisto la bloccò, apostrofandola con la sua voce roca, comodamente seduto a gambe incrociate su una delle sedie accanto alla porta. “A fare… Un giro…” rispose lei incerta, “Mh? Un giro eh?” l’uomo si alzò scrollandosi la polvere da una spalla. “E dove di preciso?” “Credo che andrò in giardino.” “Così conciata?” indicò la fasciatura al collo e i cerotti sul viso e gli avambracci, “Sì… l’unica a cui devo tener nascosto il morso è mia sorella... E si da il caso che sia proprio qui.” fece un cenno verso Lamia addormentata.
Mephisto ci pensò un po’ su, poi disse: “Allora permettimi di venire con te.”. Lilith rimase un po’ interdetta dalla sua offerta. “Penso che dovresti stare con lei… Finché si trova in un letto di ospedale.” “Lamia non ha nulla da temere stando qui. Non ha bisogno di me.” “Non avevi detto qualcosa riguardo alla somministrazione delle cure?” “Ripeto, tua sorella non ha bisogno di nient’altro… Se non di silenzio.” Sorrise malizioso, “Mentre tu, nelle tue condizioni potresti svenire o altro non stando a riposo come dovresti...”. La ragazza arrossì. “Ti preoccupi per me..?” “Ovvio che sì, tesoro.” L’uomo non ci pensò due volte rispondendo prontamente. “Dal momento che desideri tanto passeggiare permettimi di scortarti.” Lilith allora raccolse la sua cartella mettendosela a tracollo, qualcuno doveva avergliela portata, “Ma… Lamia? Chi la bada?” “Non preoccuparti per questo. Poi, Amaimon potrebbe approfittare della tua debolezza per attaccarti ancora...” Lilith fece una smorfia “Se la metti così...” si avvicinò alla porta “Andiamo.” guardò in basso un po’ in imbarazzo.
Lasciandosi Lamia alle spalle, percorsero il corridoio e scendendo le scale uscirono all’aperto. Mentre passeggiavano in silenzio, un gruppo di esorcisti passò accanto a loro correndo “Che diavolo... il Cait Sith guardiano è impazzito!” “Che sia perché abbia scoperto che il suo padrone è morto!?”. “Di che stanno parlando?” Domandò Lilith, ma Mephisto guardando l’orizzonte era stranamente buio in volto, “Mephisto?” la ragazza attirò finalmente la sua attenzione, e l’uomo le rivolse un sorriso di ghiaccio “Mi duole, ma devo congedarmi per il momento… “, fece un inchino, “So di aver insistito tanto per stare in tua compagnia… Purtroppo però i miei doveri di preside mi chiamano.” Sospirò guardandola malinconico, “Spero di vederti presto.” e scomparve in una nuvola di coriandoli. Lilith tossì sputacchiando qualche brillantino volatole in gola, “Bah! Che modi… Prima insiste di accompagnarmi poi mi abbandona… Bah!” si scarmigliò i capelli togliendovi una manciata di lustrini colorati.
Nel frattempo Lamia aveva ripreso conoscenza e se ne stava stesa sul letto a fissare il soffitto. “Che… Mal di testa...” non aveva nemmeno la forza per massaggiarsela. Ad un tratto l’ultima persona che avrebbe pensato di vedere varcò la soglia: Yukio. “Vedo che ti sei ripresa.” disse avvicinandosi al letto della ragazza, alquanto sorpresa.
“Professor Okumura… Che ci fai qui?” Lamia si mise seduta e inforcò i suoi occhiali rosso fuoco. “Credo di doverti delle scuse.” A queste parole la donna rimase di sasso “In... In che senso?” spalancò la bocca incredula. “Vedi...” Yukio si sedette accanto al suo letto unendo le mani in preghiera guardando in basso con aria malinconica “Credo di non essermi comportato in modo professionale nei tuoi confronti. Ecco...” fece una pausa” Ero convinto che fossi un demone malvagio che volesse attentare alla vita degli studenti.”. Nella stanza calò il gelo. Lamia trattenne il fiato ma non si scompose, cercando di rimanere il più tranquilla possibile si lasciò però sfuggire una risatina isterica “Che cosa stupida...” guardò in alto. “Lo so bene. Per questo sono qui per chiederti scusa.” Yukio si alzò di scatto “Spero che potrai perdonarmi.” sorrise chinando il capo. Lamia deglutì a fatica e tornò alla sua solita espressione di sfida “Non preoccuparti prof, è tutto apposto.” “Bene... Detto questo spero che tu guarisca presto. Abbiamo bisogno di esorcisti per catturare il demone che ti ha fatto questo... E che mi ha fatto questo.” accennò ai graffi sul suo collo. “Già…” La donna si fece scura in volto. “Bene. Ci si vede... Allora...” si schiarì la voce, “Ehrm... Volevo dire… Stammi bene, ti aspetto a lezione.” si sistemò gli occhiali il cui riflesso per un momento accecò Lamia. Fatto questo si allontanò e sparì dietro la porta. La donna rimasta nuovamente sola si sentì pervadere da un brivido “…Quanto sono ingenui... Gli umani...” sorrise.
Lilith in giardino si vide passare accanto frotte di esorcisti che blateravano tutti la stessa cosa riguardo al Caith Sith impazzito. Così decise di andare a vedere che diamine stesse succedendo. Più si avvicinava al portone del ponte più sentiva rumori poco promettenti e miagolii strozzati e ringhia rabbiose farsi più forti e frequenti.
Era del tutto ignara che anche Rin incuriosito per il suo stesso motivo fosse accorso sul luogo caotico, però a differenza sua stava a faccia a faccia con il demone cercando di farlo ragionare. Anche Yukio lo raggiunse con in mano uno strano aggeggio. “E quello cos’è?” Chiese Rin a un passo dallo sguainare la spada. “Nostro padre ha dato precise istruzioni nel caso Kuro avesse perso il controllo.” “Kuro? Chi sarebbe?” Un miagolio squarciò l’aria e una voce si fece strada nella mente di Rin “io sono Kuro! Ridatemi Shiro Fujimoto! Il mio padrone!”. Il ragazzo sussultò e guardando il gatto gigante capì che la voce proveniva da lui. “Che intendi fare Yukio!?” “Nostro padre ha lasciato detto di attivare questa, se le circostanze fossero precipitate... Per motivi di sicurezza faresti meglio ad andartene, Rin! Potrebbe essere una bomba ad Acqua Santa!”  “Cosa!?” Rin si voltò verso il fratello “Voglio provare a farlo ragionare. Io non me ne vado!” “Fermo! Non fare mosse azzardate! Mettiti al sicuro scemo!”. Ma Rin non dandogli ascolto si scagliò contro il gatto senza toccare la spada “Hei tu! Io conoscevo il tuo padrone.” disse schivando i colpi del gatto “Ed è morto.” “No lui è vivo!” La voce del gatto straziata di dolore riecheggiò nella testa del ragazzo “No… Purtroppo non è così...” “Tu non puoi capire... Miao!” “Si invece perché lui era mio padre ed è… Morto!” a quelle parole il demone si bloccò improvvisamente e si abbandonò ad un lungo ululato mettendosi a piangere. “No... No... Non è possibile... No…” singhiozzava disperato e lentamente si rimpicciolì fino a raggiungere la grandezza di un comune gatto. “Tu... comprendi il mio dolore...” la voce del demone risuonò colma di rammarico “Grazie per non avermi ucciso... Io d’ora in avanti servirò il figlio del mio padrone proprio come ho servito lui quando era in vita.” chinando il capo si avvicinò mesto a Rin oscillando le sue due code.
Gli altri esorcisti increduli abbandonarono le armi e si apprestarono a riportare l’ordine nella zona.
Lilith sentendo cessare i guaiti e le grida capì che la faccenda si era risolta e calciando una pietra si sedette sulla scalinata appena adiacente al portone. Ignara di essere osservata dall’alto si sdraiò all’indietro abbandonandosi al calore del sole. Poco più avanti sulla scalinata anche Rin e Yukio assieme a Kuro, il loro nuovo acquisto in famiglia si erano seduti esaminando lo strano aggeggio, “E adesso che ne facciamo di questo?” Chiese Rin e toccandolo distrattamente azionò il meccanismo di apertura “Oh cavolo! Rin!” gridò Yukio ma dall’arnese uscì uno strano liquido che mandò in frenesia il gatto, “Mhm! liquore all’erba gatta!! lo adoro!” miagolò cominciando a bere.
I due ragazzi increduli si guardarono, poi tirando un sospiro di sollievo guardarono Kuro abbeverarsi.
Dai grandi finestroni del palazzo a lato della massiccia porta, Mephisto e Amaimon comodamente seduti in poltrona avevano assistito a tutta la scena della cattura, ma Amaimon pareva oltre che estremamente interessato anche vagamente deluso.  “È un peccato che il nostro fratellino non abbia sfogato i suoi poteri... Mi sarebbe tanto piaciuto vederli...” disse amareggiato. “E’ proprio per questo che ti ho chiamato.” rispose Mephisto, ma involontariamente gli cadde l’occhio su Lilith che prendeva il sole. “Hei...che guardi fratello?” Amaimon si mise anche lui ad osservare la ragazza “Ahh... Anche lei devo dire attira parecchio la mia attenzione…” Mephisto sobbalzò “Non è per lei che ti ho chiamato.” Il suo tono si fece cupo e guardò male il fratello “Chiaro? Concentrati solo ed esclusivamente su Rin Okumura, intesi?” aggrottò ancora di più le sopracciglia. “Va bene... Va bene… Ho capito...” sbuffò Amaimon ma continuò a guardare Lilith leccandosi il labbro superiore. 
Sotto il suo sguardo attento, Lilith si stiracchiò e alzandosi lentamente si scrollò i morbidi e grandi riccioli biondi. I suoi capelli dorati brillavano alla luce del sole di mezzogiorno. Socchiudendo gli occhi per la troppa luce guardò i finestroni scuri del palazzo ma non riuscendo a vedere né Mephisto né Amaimon si avviò verso l’accademia.
“E così se ne sta andando...” Amaimon si mordicchiava l’unghia del pollice destro, scrutando la figura minuta di Lilith allontanarsi ancheggiando. Mephisto lo guardò serioso, “Come dici?” Amaimon si alzò. “Nulla... Ho voglia di muovermi...” tirò fuori dalla tasca un Lollipop e se lo infilò in quell’enorme bocca piena di denti aguzzi.  Mephisto lo guardò tirare fuori dall’altra tasca delle guide sul Giappone “Ho voglia di visitare il tuo amato Giappone.” “Oh bene!” l’uomo s’illuminò battendo le mani compiaciuto.
Uscito fuori mentre tutti erano a mensa, Amaimon cominciò a pedinare Lilith sotto il sole cocente. La ragazza sentendo un rumore improvviso si voltò meravigliata ma dietro di lei non trovò nessuno. Sentì allora un rumore come di rami spezzati provenire dall’alto e alzando la testa vide appollaiato sul grosso ramo proprio sulla sua testa niente popò di meno che Amaimon. Sobbalzando indietreggiò lasciandosi sfuggire un gemito di spavento. Il ragazzo aveva un ghigno malato e accorgendosi di essere stato scoperto scese dall’albero.
“Ci rincontriamo, Lilith…” i suoi occhi spenti erano come al solito contornati da spesse occhiaie nere. “Mi stavi seguendo?”  La ragazza indietreggiava mano a mano che il demone le si avvicinava con passo estremamente lento e dosato. “Guarda che non mi sono dimenticato dello scherzo che mi hai giocato.” Il suo ghigno si fece maligno
“Per questo penso proprio che tu sia in debito con me.” la afferrò per il collo senza stringere, “Su trasformati, dai...” le avvicinò la faccia alla sua nonostante Lilith cercasse di divincolarsi. “Di cosa hai bisogno per farlo?”
Lilith socchiuse gli occhi “Te l’ho già detto...” mormorò. “Mh?” Amaimon alzò un sopracciglio sconcertato.
La ragazza chiuse gli occhi e afferrando il polso di Amaimon gli fece allentare lentamente la presa. “Un bacio.”
Nel mentre, Mephisto che non si era dimenticato di aver abbandonato Lilith senza darle spiegazioni, aveva deciso di tornare dove l’aveva lasciata per riprendere la loro chiacchierata da dove era stata interrotta. “Or dunque, vediamo un po’ dove si è cacciata quella bimba...” fischiettando si incammino per il sentiero che costeggiava l’accademia.
A quelle parole, gli occhi del ragazzo si spalancarono increduli e dalle fauci socchiuse, quasi cadde a terra il leccalecca che fino a poco prima stava masticando di gusto. “Ancora con questa storia?” digrignò i denti piegando lo stecco della caramella “Dopo avermi fregato una volta credi che ci caschi ancora?” con una mano afferrò il viso della ragazza stringendo la presa. “Ah!” Lilith mugolò disperata “Quella... Quella volta...” si dimenò riuscendo ad aggrapparsi alle braccia di Amaimon liberandosi dalla sua morsa artigliata, “Ti avevo chiesto un bacio dei nostri... Non quello che ti sto dicendo ora.” “Mh?” il ragazzo la guardò di sottecchi masticando soprappensiero il leccalecca.  “Intendo un bacio... Bacio.” Amaimon alzò un sopracciglio smettendo di masticare. Con una smorfia sputò il bastoncino ripulito in mezzo al prato poi fissò intensamente Lilith. Le afferrò le spalle facendola sobbalzare e mutando gli occhi in due fessure sibilò “Spero per te che sia vero.”. Detto questo si avventò come un lampo verso il viso della ragazza. Premette con violenza le labbra contro le sue e rimase immobile per qualche istante.
Proprio in quel momento, Mephisto comparve a pochi passi da loro, impietrito da quella vista spalancò gli occhi.
Lilith, allontanando il viso guardò Amaimon riaprire gli occhi. Lui, non vedendo alcun cambiamento nella ragazza cominciò ad alterarsi. “Allora… Si può sapere perché non succede niente!?” ringhiò tra i denti, ma una voce lo fermò “Scusate il disturbo.” Mephisto si intromise nella zuffa che stava per scoppiare. Prese per le spalle il fratello, sotto gli occhi increduli di Lilith, sconvolta dal suo tempestivo arrivo, e lo strattonò lontano “Noi due dobbiamo parlare.” gli sibilò ad un orecchio facendolo impallidire. “Cordiali saluti, mia cara! “Con un cenno salutò Lilith, pietrificata e sparì in una nuvola di coriandoli assieme al suo tormentatore.
“Non... Non ci credo...” balbettò la ragazza. “E’ la seconda volta che compare all’improvviso e mi pianta in asso in una nuvola di coriandoli!” si spettinò in preda ad un raptus i capelli per togliere i pezzi che vi si erano impigliati. “Per lo meno mi ha liberata...” sospirò guardandosi i piedi ricoperti di frammenti di carta colorata.
 
“Ah... Basta! mi sono rotta le scatole di stare qui...” Lamia strattonò le coperte del letto di ospedale lanciandole per terra e scendendo camminò ballonzolando a piedi scalzi verso l’uscita. “Vado a casa a farmi una doccia” con gli occhi a mezz’asta uscì aprendo con un gesto plateale la porta. Ancora in camicia da notte camminava incurante, sana come un pesce, per i corridoi dell’infermeria. Uscì dall’edificio senza incontrare anima viva e finalmente affondò i piedi nei sassi del vialetto e poi nell’erba soffice del giardino. Si sdraiò qualche minuto sul prato con le braccia dietro la testa e guardò il cielo pensierosa. “Quel professorino è proprio intrigante…” mormorò alle nuvole, “Mh…” aggrottò le sopracciglia, “Non è che pizzetto mi ammazza se vede che sono scappata dall’infermeria?” restò in silenzio mentre il vento faceva svolazzare le foglie tra i suoi capelli “Nah…” alzando le sopracciglia fece spallucce. Il cielo si popolò di soffici e morbide nuvole bianche spumeggianti e Lamia le osservò indifferente, “Oh…” notò una nuvola in particolare con una forma piuttosto bizzarra “Quella nuvola... Sembra quasi il muso del professorino…” ne notò una seconda “Oh... E quella sembrerebbe proprio un…” si bloccò prima di finire la frase. “Cielo, non è che stai cercando i dirmi qualcosa!?” alzò attonita un sopracciglio “Oh guarda... Un coniglietto!” strillò poi incantata. “Lamia! Che ci fai in giro?” Lilith gridò in lontananza vedendo la sorella in preda a un delirio bohemien. Prima che la donna si voltasse a guardarla, si nascose rapida il collo tra i lunghi capelli. “Mi annoiavo.” Disse Lamia sbadigliando. “Che stai facendo?” alzò un sopracciglio vedendo la ragazzina avvolta dai suoi stessi capelli come se fossero una sciarpa. “N-Niente.” Balbettò, “Tira vento e non voglio ammalarmi.” “Come se potessimo… Ma andiamo!” non fece nemmeno in tempo a finire la frase che prese a tossire in preda agli spasmi. “Lamia!” Lilith s’inginocchiò al suo fianco. Possibile che avesse esagerato con quel morso? Era pur sempre una succube… Così facendo però i capelli le caddero di lato scoprendole il collo. “Sto bene. Mi sono andate di traverso le tue stronz…” voltandosi verso la sorella sgranò gli occhi. “E… quella fasciatura da dove arriva?” gli occhi le si assottigliarono dietro il nuovo paio di occhiali. “Oh ma guarda, hai un nuovo paio di occhiali! Ti stanno bene!” Lilith tentò di sviare il discorso e la sorella abboccò. “Oh grazie, li ho trovati sul comodino. Regalo di pizzetto, credo.” “Benone, vedi di non stare troppo qui fuori, o ti ammalerai sul serio!” per evitare ricadute sul discorso indesiderato, Lilith si alzò di scatto allontanandosi rapida. “Oi! Dove vai?” “Ho la pipì!”, ribatté agitata dandosela letteralmente a gambe. Lamia la guardò scettica sempre più lontana. “Ci vediamo in stanza!” le gridò dietro con un tono che suonava quasi come una minaccia. “Qualcosa mi dice che abbiamo tante cose da raccontarci.” Sogghignò accarezzando l’erbetta incolta.

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Capitolo 9
*** Capitolo IX ***


CAP 9

Lilith se lo sentiva. Da un momento all’altro Lamia glielo avrebbe chiesto. Specialmente ora che erano entrambe tornate in camera. Non sarebbe riuscita ad evitare di parlarne per sempre. Doveva trovare una buona scusa. Un altro giorno volgeva al termine e la sorella se ne stava comodamente sdraiata sul letto a leggere una rivista per adulti. “Non te lo chiederò due volte… Chi ti ha morso?” dal nulla, Lamia come previsto rintavolò il discorso. Lilith deglutì rumorosamente smettendo di leggere il manuale di botanica aperto sulla sua scrivania. “Non capisco di che parli…” girò pagina sudando freddo, “Anche se hai cercato in tutti i modi di nasconderlo ho visto quella benda.” Lamia sistemandosi gli occhiali, mollò la rivista e scese dal letto. “Avanti.” Incrociò le braccia appoggiandosi al muro. Lilith continuando a darle le spalle si alzò dalla sedia guardando fuori dalla finestra. “Se non parli lo farò io per te.” A quelle parole si voltò di scatto disorientata. “Che intendi dire?” le tremava la voce. “Intendo dire che…” la donna fece scorrere una mano sulla parete a cui si stava appoggiando e andò a sfiorare dei famigliari segni di graffi, “Qui c’è stato qualcuno…” sorrise beffarda. “E questo qualcuno ha un odore familiare… Un odore che ho sentito ripetutamente da qualche giorno…” continuò il suo monologo, “Un essere che mi ha pedinata mentre andavo a caccia e che per di più era interessato ai tuoi segreti…” inclinò la testa sospettosa. “Chi è stato?” ribadì fulminandola. Lilith la fissò inerme. “A…Amaimon.” Si decise a parlare distogliendo lo sguardo. Quel nome le uscì di bocca con un filo di voce. “Amaimon?” scollandosi dalla parete, Lamia si avvicinò alla sorella avanzando trionfante. “E dimmi, questo Amaimon è quel famoso Amaimon di Gehenna?” “Famoso?” “Già, già… Famosissimo.” Lamia sogghignò. “Sai, a differenza tua che sei stata tenuta sotto una campana di vetro per tutta la vita, io ho frequentato la gente di là.” Cominciò a camminare avanti e indietro. “Cosa sai di lui?” “Molto più di te a quanto sembra.”. Lilith si appoggiò al davanzale per placare il tremolio alle gambe. Le sembrava di stare di fronte a sua madre. Un bruttissimo ricordo le balenò nell’anticamera del cervello. Era dieci volte peggio dell’inquisizione spagnola. “Che cosa vuole?” le chiese infine Lamia fermando il passo. Lilith si guardo intorno titubante. “Devo dirle tutta la verità? Per forza?” pensò stringendo i pugni. “No.” “No?” “Non è affar tuo.”. “Oh, ma davvero?” schioccò la lingua, “Perché mi sembra che tu sia sempre dietro a farti quelli miei.” Ridacchiò. “Sai, a differenza delle bionde, io non sono stupida!” “Hei, questo è uno stereotipo bello e buono!” “Hai ragione, non sei stupida, sei molto peggio! Razza di ipocrita!” sbraitò la sorella, “So benissimo che è interessato al tuo vero aspetto, non ci vuole un genio per capirlo.”. Silenzio. “Chiunque a Gehenna lo è, sai quanti demoni sono passati da me per poter arrivare a te!?” la sua voce rimbombò tra quelle quattro mura. Lilith rimase in silenzio. “Stupida bambina viziata.” Sibilò Lamia voltandosi verso la porta. “Non hai idea del guaio in cui sei andata a cacciarti.”. “Dici tanto di me e poi l’unica che rischia di farci rimandare a casa sei tu.” “Ti sbagli, ho la situazione perfettamente sotto controllo!” Lilith aprì bocca dopo la lunga pausa di riflessione, “L’ho baciato!”. Altro silenzio. “Ma bene… Così ora sarà ancora più ossessionato da te…” Lamia scossò il capo ridendo istericamente. “Che significa!?” la ragazza sgranò gli occhi incredula, “Oh Lilith, Lilith… Come si vede che ti hanno sempre impedito di esercitare i tuoi poteri…” Lamia si appoggiò all’uscio chiudendo gli occhi rassegnata, “Il bacio di una succube… Crea dipendenza.”. “Credevo… Che in tal modo potessi controllare i suoi impulsi…” Lilith fissò un punto vuoto in preda alle vertigini. “Per quello devi prima perdere la verginità.” Lamia sghignazzò scossando la testa. Lilith era di pietra. “Comunque non hai ancora risposto alla mia domanda.” “È stato lui.” “Oh… Povero pizzetto…” la sorella incrociò le braccia soddisfatta. Lilith la guardò confusa. Che c’entrava Mephisto? “In bocca al lupo allora…” riaprì bocca moderando i toni, “Per cosa?” deglutì Lilith, “Per riuscire a liberarti di uno degli otto Re di Gehenna.”.
“Senti anche tu urlare al piano di sopra?” Rin commentò alzando gli occhi dal suo telefono. “Purtroppo sì…” sospirò Yukio intento a preparare la lezione per i giorni seguenti. “Non capisco niente della conversazione però…” Rin sembrava deluso. “Sono appena tornate dall’ospedale e già litigano.” “Come dici?” “Niente… Si sono riprese in fretta.” Il fratello si appuntò qualcosa sul suo taccuino. “Ci credo… Hanno dormito qualcosa come due giorni di seguito. Se questo lo chiami riprendersi in fretta…” “Moriyama, Kamiki e Suguro sono ancora addormentati.” In stanza calò il gelo. “Ora che ci penso hai ragione…” Rin lo guardò pensieroso, “E tu invece come hai fatto ad essere già in piedi?”. “Ah… Arrivaci con un po’ di logica per favore.” “Sei Batman?”. Yukio girò sulla sedia con una faccia più che frustrata. “Scusa, è che prima ho visto un video…” “Rin, come figlio di Satana a volte mi deludi.” “Yukio!?” “Lascia perdere… Il nostro DNA non mente purtroppo…” “Ma… Tu dovresti essere pulito…” “Lo credo anche io… In fondo mi sono imbottito di farmaci… Chissà.” Si tolse gli occhiali momentaneamente posandoli sulla scrivania. “Ho di nuovo mal di testa…” si massaggiò le tempie. “Riposati un po’…” il fratello si sedette a gambe incociate, “Dai vieni qui con me a guardare il trailer di Sharknado!”, batté la mano sul posto accanto a lui, “No, grazie…” Yukio alzò gli occhi al cielo.
“Amaimon, credo di avertelo già ripetuto abbastanza volte. Devi stare lontano da Lilith Evangeline.” Mephisto parlò seccato al fratello intento a guardare fuori dalla finestra. “Che cos’era quello?” gli chiese, “Quello cosa?”. Il maggiore alzò un sopracciglio esasperato, “Coraggio, non rendiamo difficile la cosa.” Sospirò. Amaimon si leccò le labbra fissando il cielo scuro. “Ha proprio un buon sapore.” disse impassibile. Mephisto lo guardò col volto di pietra. “Deve essere mia.” “No.” “Oh, e invece sì…” Amaimon si voltò sogghignando appena. I due si guardarono celando ogni emozione. “Ho detto di no. Te lo vieto.” “Non puoi.” “Posso eccome.”. Lungo silenzio. “La vuoi tutta per te, non è così?”, Mephisto non rispose alla provocazione. “Ho fatto la promessa di proteggere quelle due ragazze.” “Ma davvero? Non voglio mica farle del male…” Amaimon lo guardò di sottecchi, “Voglio renderla mia sposa.”. Pausa. “Subito dopo averla vista trasformata.” Aggiunse atono. “Insisti…” Mephisto si massaggiò le tempie esasperato. “Se ti vedrò ancora importunare quella ragazza, sarò costretto a prendere provvedimenti.” “Andiamo… Non sei papà.” Il ragazzo incrociò le braccia alzando le sopracciglia. “Non transigo.” “Mh… Non sei il tipo da fare tutto questo per una semplice promessa…” Amaimon cominciò a camminare in tondo studiando il fratello, “Cosa c’è sotto?” “Niente di cui tu ti debba preoccupare. Limitati a stare alla larga da Lilith.” “Uh… Hai paura di vederla trasformata?” “No.” “E allora che c’è?” “Non ti interessa.” Sorrise Mephisto. “Invece sì.” Amaimon si fermò fulminandolo con lo sguardo. “Che cosa devo fare con te?” l’uomo alzò gli occhi al cielo esasperato, “Occupati semplicemente di Rin Okumura e torna a Gehenna.” “Se mi occupo del fratellino, poi mi dirai perché ti comporti in modo tanto bizzarro?”. Mephisto ci penso su un attimo, “Potrei.” Sogghignò, “Ma non è detto che lo farò. “E io allora continuerò nel mio intento di possedere Lilith.”. Gli occhi dell’uomo divennero fiammeggianti. Stringendo i pugni un istante, tornò poi a rilassarsi recuperando la classe. “Sei sotto incantesimo.” Incrociò le braccia con eleganza, Amaimon lo squadrò poco convinto. Non era una cima ma si rendeva conto di quando veniva preso in giro. “Fidati di me, è anche per il tuo bene che ti dico di stare lontano da quella ragazza.” Il fratello non rispose. “Lilith è una figlia di Eva.”. Seguì un momento di silenzio glaciale. “Oh… Siamo tutti figli di Adamo ed Eva.” Arricciò il naso Amaimon rompendo la quiete. “Non quella Eva… L’altra Eva.” A quelle parole il ragazzo sgranò gli occhi. “Questo dovrebbe intimorirmi?” sogghignò. Sotto sotto Mephisto ci sperava. Deglutendo per nascondere il suo insuccesso pensò a un modo per riuscire a convincere il fratello. Lo conosceva bene e sapeva come prenderlo. Anche se in quella situazione nulla era già stato scritto. “Sei stato soggiogato dal suo sangue di succube. La tua ossessione deriva da quello. Devi dimenticarla.” “Non credo proprio.” “Non hai paura di scatenare l’ira di Eva?” piano C, “No.”. Mephisto sospirò chiudendo gli occhi. “Anzi, con tutte le cose che sono riuscito a farti dire sono ancora più intenzionato nel mio intento.”, inespressivo, Amaimon si ficcò in bocca un nuovo leccalecca appena scartato, “Rin Okumura può anche aspettare.” Masticò la caramella frantumandola per bene. “Ho trovato un passatempo di gran lunga migliore.” Sputò lo stecchino di plastica spazzandosi le mani. Mephisto, con tutto l’autocontrollo di questo mondo si limitò a guardarlo con uno sguardo inceneritore ma non lasciò che i suoi pensieri salissero in superficie.
 
“Ragazzi, la sapete l’ultima? Pare che abbiano trovato il demone succhia sangue alla fine…” Shima sbucò alle spalle di Ryuji e Koneko facendo sobbalzare quest’ultimo. “Meno male.” Sbuffò Suguro. “Mi spiace solo di non esserci arrivato io per primo…” digrignò i denti. “Andiamo, da come hanno ritrovato te e Izumo non dovresti dispiacerti così tanto…” lo stuzzicò Shima guardandolo con occhi perversi, “Ti ho già detto che non ricordo nulla e nemmeno voglio!” sbottò il ragazzo rosso come un peperone. “Izumo…” “Stanno ancora parlando di quello.” Lei e l’amica Paku erano sedute ai loro posti per la ricreazione nell’ala del corso comune dell’accademia. Erano passati cinque giorni dall’accaduto e le cose sembravano tornate alla normalità. “Comunque anche io ho saputo che hanno acciuffato il demone.” Lievemente arrossita chiuse gli occhi ignorando i ragazzi appoggiati al davanzale vicino alla lavagna. “Il preside stesso ha fatto girare un comunicato.” Aggiunse estraendo da sotto il banco un quaderno di appunti. “Rin, che ti sei portato oggi per pranzo?” Shiemi si avvicinò al ragazzo sorridendo, “Oh, Shiemi!” bofonchiò lui con la bocca piena, fregandosene dell’orario aveva già aperto il suo O-bento. “Mi sono fatto dell’Omurice con verdure.” Deglutì ridendo. “Vuoi assaggiare?” sollevò le bacchette sporche, “No grazie…” la ragazza rifiutò imbarazzata, “Non mangiarti tutto ora però, altrimenti dopo avrai fame…” “Non ti preoccupare, ne ho un altro.” Rin tirò fuori dalla borsa una seconda scatola allibendo la povera Shiemi. “Comunque ti sei ripresa bene.” Osservò il ragazzo tornando a rimettere il suo pranzo al sicuro. “Dici?” sorrise lei stringendosi nelle spalle. “Meno male!” sorrise infine. “Comunque l’hanno preso a quanto pare.” Aggiunse pensierosa. “Che? Ah sì… Sentivo Yukio parlarne al telefono. Non so chi sia stato a beccarlo né che forma abbia la creatura…” si stiracchiò Rin, “Comunque ora possiamo tornare alle nostre adorate materie d’indirizzo.” “Già, non vedo l’ora di andare a lezione oggi pomeriggio!” squittì lei tutta contenta battendo le mani. Nel frattempo Lilith e Lamia si erano sedute l’una al capo opposto dell’altra della stanza. La ragazza era intenta a leggere un libro di narrativa, mentre la sorella si guardava attorno svogliata, con la schiena appoggiata al muro. “Hai notato anche tu che Lilith e Lamia non si parlano quasi più da qualche giorno?” bisbigliò Shiemi avvicinandosi a Rin, “Ora che me lo fai notare hai ragione… Sono anche sedute lontanissime…” osservò dubbioso lui. “Credi che abbiano litigato?” “Chissà…”. Lamia buttando l’occhio in direzione dei bisbigli assottigliò lo sguardo facendo tremare Shiemi. “Oh no, mi ha sentita!” sussurrò nascondendosi allarmata il viso tra le mani. Lilith girava pagina dopo pagina senza fare caso al chiacchiericcio. Dopo la chiacchierata con Lamia non le aveva più rivolto la parola. C’era parecchio astio sia da una parte che dall’altra. Non erano riuscite a comprendersi e per orgoglio avevano anche smesso di provarci. “Oi Lilith!” Shima piombò di fronte a lei tutto sorridente. La ragazza abbassò il libro sbarrando gli occhi. “Ciao…” mormorò. “Che fai tutta sola? Tua sorella ti ha fatto i dispetti?” incrociò le braccia sul suo banco prendendo in prestito la sedia di quello di fronte per sedersi. “Una specie…” abbassò la voce al minimo abbandonando la lettura. “Oh… Capita tra fratelli… Parlo per esperienza.” “Capisco.” “Dai, mi dispiace vedervi con questo muso lungo…” la guardò sconsolato. “Sei più carina quando sorridi.” A quelle parole, Lilith arrossì lievemente. “Sei proprio un corteggiatore tu…” osservò un po’ in imbarazzo. “Oh… Lo pensi davvero?” Shima sembrò sorpreso ma anche deliziato. “Solo con te, bambolina.” Fece l’occhiolino e Lilith sospirò guardando altrove. “Vuoi qualcosa di particolare?” chiese infine infilando il libro sotto al banco. “Solo fare due chiacchiere. Mi piacerebbe soltanto che tutti i mie amici fossero sereni.” “Amici?” “Già, ormai ci conosciamo da ormai due settimane, mi piaci.” Sorrise, “Ormai sei nella cerchia!” alzò la mano come per farsi battere il cinque ma Lilith non colse il suo tentativo di essere simpatico. “E va bene…” abbassò la mano sorridendo imbarazzato e si alzò, “Vado a farmi i fatti miei. Ma tu non ti dimenticare di sorridere!” facendo un cenno col capo tornò dagli altri ragazzi saltellando. Ora che Lilith ci pensava era già passata una settimana su Assiah. E non aveva più visto in giro Amaimon da quando Mephisto se lo era portato via in una nuvola di fumo. Così sbattendo più volte le palpebre decise di alzarsi. Un po’ titubante guardò Lamia sola al suo posto. I loro sguardi s’incrociarono un istante per poi distogliersi quasi immediatamente. “Che stiamo facendo?” si chiese tra sé e sé. Lentamente si avvicinò alla sorella ma a metà strada la campanella suonò rendendo vano quel quasi tentativo di rappacificamento.
“Mi ero quasi abituato ad avere il pomeriggio libero…” sbuffò Shima camminando con le mani dietro la testa. Gli altri ragazzi del corso per esorcisti camminavano a passo lento verso la sede del loro indirizzo. “Shima, sei uno scansa fatiche.” Ryuji osservò torvo, “Non dire così che mi offendi…” il ragazzo mise il broncio. Izumo dietro di loro fissava Bon con le sopracciglia corrucciate. Paku non frequentando più il corso l’aveva dovuta lasciare sola. Guardava il ragazzo con mille pensieri per la testa e a poco a poco si sentiva sempre più a disagio. Shiemi le camminava a fianco sorridente e ne era inspiegabilmente infastidita. Rin era invece alle prese con un fumetto molto interessante che non riusciva proprio a smettere di leggere nemmeno camminando. “Yo, attento a dove metti i piedi.” Lamia spintonandolo apposta lo fece barcollare e lo superò ridacchiando. “Oi!” il ragazzo tenendo saldo il libro alzò lo sguardo infastidito. Ancheggiando, la donna proseguì superando anche Izumo che finalmente interruppe il contatto visivo con Ryuji per guardare male lei. Lilith in fondo alla fila si era vista la sorella sfilarle accanto come se nemmeno esistesse. La situazione a quanto pare non stava migliorando. Scossò a testa per scacciare i cattivi pensieri e si guardò intorno. Il giardino era così rigoglioso. E di Amaimon nemmeno l’odore. Strano. Arricciò il naso, le sembrava troppo sospetto che avesse desistito proprio in concomitanza con l’accaduto. E proprio ora che anche Lamia sapeva, le sembrava quasi che si stesse nascondendo apposta. Adesso che non doveva più nasconderlo era sparito nel nulla. Ignorata da tutti si sentiva colpita nel suo orgoglio. In fondo tutte quelle attenzioni malate non le dispiacevano. Ma forse era meglio così, era al sicuro. Cogliendo un movimento con la coda dell’occhio si fermò a metà strada per voltarsi. Era forse lui? Si sorprese di sentirsi un po’ delusa quando non vide nessuno. “Oh…” mormorò. Poi abbassando il capo fece per riprendere a camminare. “Lilith ~” Mephisto si materializzò davanti al suo naso spaventandola a morte. “Meph..!” l’uomo le sfiorò la bocca con due dita zittendola, “Johann Faust V…” sussurrò liberandola delicatamente. Lilith sbattè lentamente le palpebre guardandolo negli occhi. “Tu…” mormorò, “Lo so… non mi sono fatto vivo per un po’…” le fece un sorrisetto, “Potrai mai perdonarmi?” s’inchinò baciandole la mano. “Che fai!?” in imbarazzo, Lilith ritrasse il braccio stringendoselo al petto. “Chiedo venia, mi sono spinto troppo oltre…” “Non… Preoccuparti.” La ragazza guardò altrove arrossendo. “Come mai hai scelto proprio questo momento per farti vivo?” “Volevo vederti.” Stirando la schiena, Mephisto si appoggiò al suo bastone da passeggio incrociando le gambe con eleganza. “Che mi racconti?” sorrise gaio. “Io… Starei andando a lezione…” “Orsù, sono pur sempre il preside. Non mi ci vuole nulla a scriverti una delega per far sapere a Yukio che eri con me.” Si pavoneggiò tutto contento. “Come va con Lamia?” si fece serio. Lilith sgranò gli occhi. Come faceva a sapere che avevano litigato? “Abbiamo… Litigato.” “Oh… Che disdetta…” “Per colpa di Amaimon.” “Oh.”, l’uomo alzò le sopracciglia stupito. “Di lui non ti dovrai più preoccupare.” Sorrise sornione sistemandosi il cilindro, “Che significa?” Lilith lo guardò accigliata, “Beh…” si guardò intorno, “Di queste cose sarebbe meglio parlare in privato…” mormorò assottigliando gli occhi.  “Vieni nel mio ufficio.” Senza aspettare risposta, afferrò la mano di Lilith e sparirono assieme in una nuvola di fumo bianco e stelline colorate.
“Hei, ma dov’è Lilith?” Rin alzando la faccia dal manga si accorse della sua assenza. Ormai in classe, Yukio stava per cominciare a fare l’appello. Lamia, sentendolo parlare aveva alzato un sopracciglio ma non disse beo. “Si sarà persa…” ipotizzò Shiemi, “Impossibile, era dietro di me.” Rin guardò la ragazza stranito. “Silenzio, iniziamo la lezione.” Yukio afferrando il gessetto cominciò a scrivere alla lavagna, “Aspetterò dieci minuti prima di fare l’appello.”.
“Cosa è appena successo!?” Lilith sconvolta si ritrovò nello studio di Mephisto in un batter d’occhio. “Una sciocchezza…” l’uomo si tolse i guanti posandoli su un tavolino. “Incredibile…” sussurrò colpita. “Ti stupisco sempre, non è così?” sogghignò Mephisto togliendosi cappotto e cilindro per appenderli all’attaccapanni. “Vieni, accomodati…” la invitò poi ad avvicinarsi al divano. Lilith si avvicinò con cautela e si sedette con garbo. “Gradisci del tè?” “Che fine hai fatto fare ad Amaimon?” chiese impaziente. “Oh… Non vuoi del tè.” “Mephisto…” “Ecco… Devi sapere che…” sospirò prendendo fiato. “Devo… Avergli accidentalmente detto che…” titubò osservando il mutare dell’espressione della ragazza. Lei lo ascoltava con la bocca serrata. Al che Mephisto cedette sotto quel suo sguardo innocente. “Devo avergli accidentalmente detto che sei figlia di Eva.”. Silenzio. Lilith sgranò gli occhi pietrificata. “Mea culpa, lo ammetto… Ma ho rimediato!” batté le mani tutto contento, “Ho provveduto a sigillarlo in un qualche luogo a Gehenna per un po’… Tempo che si schiarisca un po’ le idee, diciamo.” “Tu… Che… Avresti fatto!?” Lilith spalancò la bocca incredula. “Io pensavo di potermi fidare di te…” alzò il tono della voce tremando. Mephisto deglutì rumorosamente sudando freddo, “Puoi, puoi eccomi mia cara… Coraggio è tutto sistemato, non arrabbiarti con…” “Non era già abbastanza che Lamia avesse scoperto tutto di lui!?” “Lo so, scusa, mi è scappato…” l’uomo fece una smorfia. “Ma ti ripeto che ora va tutto a meraviglia~” le alzò il pollice con un sorriso smagliante stampato in faccia. Lilith crollò sul divano con la testa tra le mani. “Lilith…” mormorò Mephisto. “Mi dispiace, sul serio.” Nessuna risposta. “Ahh… Le donne…” roteò gli occhi sospirando. “Mi assicuri che non andrà a spifferare a Eva dove ci troviamo?” “Te lo assicuro. Non è quello che vuole.” “Purtroppo lo so anche io che vuole…” calò di nuovo il silenzio. “Ti ho fatto una promessa, mia cara…” Mephisto si alzò con uno slancio avvicinandosi a lei, “E io mantengo sempre le mie promesse.” Si chinò per guardarla dritto negli occhi lasciandola senza fiato. “Me lo giuri?” “Te lo giuro.” Mormorò pericolosamente vicino al suo volto.

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Capitolo 10
*** Capitolo X ***


CAP 10

Lilith tornò in classe con stretta in pugno una nota di Mephisto. Con tutto quel colore e quei ghirigori sembrava tutt’altro che una giustifica ufficiale del preside. “Mi scusi, professor Okumura.” Mormorò bussando alla porta della classe rimasta aperta, “Evangeline, spero tu abbia un buon motivo per essere in rit…” Lilith di tutta risposta appoggiò la giustifica sulla cattedra interrompendo Yukio. Il ragazzo buttando l’occhio al foglio fece un smorfia e senza troppi giri le dette il via libera. La ragazza tenendo salda la sua tracolla fece per avviarsi al suo posto quando notò con sorpresa Lamia seduta in prima fila. La donna la guardò fissa mentre le passava accanto per raggiungere il fondo dell’aula. Lilith era sola. “Bene, riprendiamo.” Yukio dandosi un colpetto agli occhiali prese il gesso e disegnò un arbusto schizzato alla lavagna. “A pagina 55 del manuale trovate un disegno simile. Si tratta di una pianta molto velenosa da non confondere con…” le sue parole riecheggiavano nel silenzio. Nell’aria si sentiva una certa elettricità, come se l’equilibrio fosse stato disturbato da qualcosa, o qualcuno. La presenza di Lamia davanti aveva infatti turbato la classe. Shiemi sentendosi minacciata aveva quasi smesso di respirare. Kamiki la fissava torva e i ragazzi avevano perso il coraggio di commentare. Lilith si era accorta che qualcosa non andava, ma si limitò a scarabocchiare cerchi sormontati da triangoli aguzzi per tutta la pagina del sussidiario finché non suonò la campanella.
“Lamia.” Lilith riuscì finalmente a rivolgerle la parola durante il cambio d’aula. La donna la guardò con la coda dell’occhio mentre con un colpo d’anca metteva a posto la sedia sotto al banco. Stringendo al petto il libro di testo la ignorò avviandosi verso l’uscita. Gli altri erano ormai andati e approfittando di essere rimaste sole, Lilith aveva provato ad intavolare una conversazione. “Lamia!” la chiamò con più vigore e la sorella si fermò sulla soglia. “Che vuoi?” aprì bocca seccata. “Non puoi continuare ad ignorarmi per sempre.” Silenzio. “Posso.”. La donna riprese a camminare. “Lamia!!” si fermò di nuovo. “Senti, ne ho le scatole piene di te che ogni volta che puoi mi ricordi il mio dovere. Non sei nostra madre. Taci.” Lamia si voltò digrignando i denti, “La mia natura è quella che è e sono stanca. Per colpa tua e di Pizzetto con quel suo comunicato di merda non mangio da giorni. Sto morendo di fame, letteralmente. Quindi se proprio devi rompere le scatole sui miei doveri, assicurati almeno di darmi un fottuto pasto.” Ringhiò. Lilith la guardò aggrottando le sopracciglia. “A… A proposito di Mephisto… Ti vorrebbe parlare.” “Ricevuto.” Lamia tagliò corto andandosene. “Aspetta!” Lilith le corse dietro, “Quindi non mi stai ignorando per Amaimon!?” ma non ottenne risposta.
“Gente ma…” Shima ficcò la testa raso banco tra gli altri ragazzi guardandosi intorno, “Non vi sentite anche voi un po’ a disagio?” bisbigliò. L’ultima lezione del pomeriggio stava per concludersi e Lamia si era sempre seduta lontana da Lilith. Sembrava una persona completamente diversa. Invece di fare la cazzara come suo solito, stava addirittura prendendo appunti e ascoltando la lezione. L’argomento della giornata non era nemmeno tanto speciale. Persino Kamiki, che di norma era una studentessa modello, si stava annoiando. Mordicchiava distratta la sua penna buttando occhiatine rapide ai ragazzi ogni tanto. “Shima, possiamo parlarne più tardi…” sussurrò Suguro coi sudori freddi, “Mi sento osservato.”. Lilith, lontano da tutti si era chiusa nel suo guscio di pensieri. Giochicchiava con la matita fissando un punto vuoto. “Non tira buona aria, però… O no?” Shima continuò a bisbigliare guardando i compagni. “Credo che la cosa anomala di tutta la questione sia… Lei…” Koneko si sforzò di parlare accennando a Lamia con una certa remora. “Già…” Shima socchiuse la bocca, “…Che tette.”. Koneko si nascose la testa tra le mani arrendendosi. “Dobbiamo trovare una soluzione.” Ryuji strappò un foglio dal suo quaderno e staccandone un pezzetto cominciò a scrivere qualcosa. “Che fai?” bisbigliò Koneko guardandolo scribacchiare rapido, “Ho bisogno di pace.” Sibilò tra i denti attento agli errori ortografici. Quand’ebbe finito, accartocciò il bigliettino buttando l’occhio verso Rin. Kamiki trovando sulla traiettoria sussultò vedendo il bigliettino e arrossì. Suguro incrociando lo sguardo della ragazza tentò di farle dei segali muovendo le sopracciglia indicando Rin, ma lei equivocò sbarrando gli occhi. “A che cavolo stai pensando, scema!?” sbottò in labiale il ragazzo, “Chiama Okumura, O-K-U-M-U-R-A.” Scandì le sillabe muovendo la bocca a rallentatore. Kamiki allora aggrottando le sopracciglia seccata e rossa come un peperone, al momento più propizio tirò la gomma a Rin che voltandosi sbigottito venne indirizzato a Ryuji con un cenno rapido. Il ragazzo prendendo il cartoccio tra le mani si girò sulla sedia verso il lato della classe del compagno e buttando l’occhio verso la cattedra, attese il momento in cui il professore non guardava per tirare la palla. Il biglietto atterrò con precisione nelle mani di Rin, sorvolando l’impassibile Lamia seduta al suo fianco. “Che ci hai scritto?” chiese Shima incuriosito, “Okumura ha parlato con quelle due più di noi, di sicuro saprà essere un mediatore migliore.”. Rin srotolò il messaggio con cura, nascondendolo sotto il banco e lesse con cautela. Strabuzzando gli occhi guardò confuso Suguro e dopo un rapido scambio di cenni e occhiate deglutì afferrando il messaggio. “Psst, Lilith…” nel silenzio, il ragazzo si voltò verso la ragazza mentre il professore dava le spalle alla classe per scrivere alla lavagna. Lilith alzò lo sguardo e lui le fece cenno di avvicinarsi e prendere posto più vicino. Suguro scalò di un posto con nonchalance e Rin allora le indicò di accomodarsi in quello. La ragazza accorgendosi della vicinanza di Lamia, scossò rapida la testa ma Rin insistette gesticolando con più vigore. Al che, la piccola riempendosi d’aria i polmoni non scivolò con passo felpato al fianco di Ryuji. Come si piazzò al banco, Kamiki la fulminò con lo sguardo. Fissando la lavagna, Lilith riaprì il quaderno sudando freddo e impugnando la matita finse di prendere appunti. Lamia ora distava solo due banchi da lei. In classe la tensione era palpabile. Il professore non si era accorto di nulla e continuava a parlare di demoni e classificazioni a non finire. I minuti passavano e non succedeva niente. L’orologio da parete ticchettava incessante. Lilith fissando le spalle di Lamia si sentiva sempre più agitata. Grattava la superficie della matita con le unghie sempre più assiduamente. Ad un certo punto, Ryuji le allungò un pezzo di foglio con mano tremante, intento a guardare il professore coi sudori freddi che gli gocciolavano dalla fronte. Lilith lo guardò sconcertata e le venne spontaneo di buttare un occhio anche a Rin che sorrideva teso guardando davanti a lui. La ragazza prese il foglio incerta trascinandolo sul suo blocco per gli appunti. Fissò la superficie bianca a lungo. Se sua sorella non voleva ascoltarla, forse però avrebbe letto una sua ipotetica lettera. Deglutì rumorosamente e facendosi forza ritagliò un quadrato dal pezzo di foglio scrivendoci un frase. Rin e Suguro si scambiarono uno sguardo d’intesa. Quand’ebbe fatto, ripiegò il pezzetto a formare un aereoplanino. Mentre era intenta a farlo perfetto, la campanella suonando all’improvviso la fece balzare e in preda a uno spasmo rovinò la sua creazione spiegazzandola. Panico. Tutti si stavano alzando per andarsene. Suguro, in piedi aveva una faccia di bronzo ma sudava quasi quanto Rin. Temendo che anche la sorella fuggisse senza che potesse ricevere il suo messaggio, Lilith accartocciò il foglio a tutta velocità e con tutta la forza che aveva in corpo lo tirò dritto in testa a Lamia in una frazione di secondo.  La donna arrestò ogni movimento fermandosi col sedere a mezz’aria dalla sedia. Nessuno mosse un muscolo. I compagni di classe, guardandosi con gli occhi sbarrati si allontanarono rapidi dalla scena del crimine consci del loro imminente fallimento. La buona volontà ce l’avevano messa tutta. In silenzio, senza voltarsi, Lamia afferrò la palla di carta rotolata poco più in là con una mano e risedendosi la aprì con uno scatto. Lilith rimase in piedi di fronte al suo banco col cuore in gola. Il foglio recitava a caratteri cubitali: “Sei andata da Mephisto!?”. La donna in preda a un tic all’occhio scattò in piedi. Riaccartocciando il foglio restituì il tiro da maestro alla sorella colpendola in faccia “NO! E CI ANDRÒ QUANDO AVRÒ VOGLIA!” strillò su tutte le furie uscendo dalla classe come un tornado.
“Sono esasperata.” Lilith parlò al suo riflesso nell’acqua della fontana. Dopo giorni tanto intensi le sembrava assurda tutta quella gamma piatta. La solitudine la uccideva, così come l’assenza di attenzioni. Accarezzando la superficie dell’acqua increspandola sospirò. Tornando lentamente limpida, comparve il riflesso di una sagoma bianca e viola. “Oh…” Lilith alzò lo sguardo ammaliata dal sorriso di Mephisto. “Buon giorno, Lilith~” le fece l’occhiolino, “Sono stato bravo a trovare un momento per te anche oggi, eh?”. Gli occhi della ragazza s’illuminarono. Attenzioni! “Me… Faust…” si corresse quasi subito e l’uomo parve compiaciuto. “Che fai qui tutta sola?” “Mi annoio.” Rispose lei ficcando il braccio fino al gomito in acqua a sguardo basso, “Oh… Capisco.” Mephisto si grattò il pizzetto. “Sai, mi stavo chiedendo se fossi riuscita a dire a Lamia che le devo parlare.” “L’ho fatto…” Lilith alzò la testa distratta, “Ma lei non sembra nemmeno ascoltarmi.”. “Sembrerebbe proprio essere un bel problema.” Commentò incrociando le braccia, “Sarà meglio che vada io stesso a convocarla. Non può continuare a stare a digiuno.” “Quindi è di questo che vuoi parlarle?” Lilith tolse il braccio dall’acqua alzandosi in piedi per sedervisi sul bordo. “Esatto… E non solo.” Mephisto imitandola si sedette accanto a lei accavallando le gambe. “Nemmeno ieri notte è tornata in stanza, non ho idea di dove vada…” Lilith si strinse nelle spalle, “Piuttosto che stare con me dorme nel fango.” Sospira. “E dire che è stata lei ad iniziare…” strinse i pugni.
“Che avrà il preside da dire sempre a Lilith?” in lontananza, i ragazzi del corso impegnati nella pausa pranzo avevano notato l’assidua frequenza con cui Mephisto si manifestava alla ragazza, “Mah, lei e Lamia sono finite talmente tante volte in presidenza da essere diventati amici ormai…” fece spallucce Suguro. Lamia comparve all’orizzonte solitaria. “Parli del diavolo…” il ragazzo aggrottò le sopracciglia.
“Ah… Lilith, Lilith… Tu e tua sorella siete così diverse. È tutto perfettamente normale che passiate momenti del genere.” Mephisto tentò di consolarla. “Guarda chi si vede…” la piccola guardando davanti a sé vide Lamia avanzare verso la mensa. “Eccellente.” L’uomo si alzò in piedi, “Meglio approfittare della pausa pranzo per placcarla.” Si voltò verso Lilith accennando a un inchino, “Oh, quasi dimenticavo…” estrasse dalla tasca 2000 ¥, “Tieni, mangia qualcosa che ti vedo deperita.” Con un sorriso si dileguò non appena la ragazza prese la banconota titubante.
 
“Bene, che volevi?” Lamia seduta in poltrona incrociò le gambe davanti alla scrivania di Mephisto. “Innanzitutto… È da ieri che ti aspetto nel mio ufficio.” “Sì, sì… Avevo da fare.” “Che cosa?” “Cose da donne.” “Lamia.” “Eh…” la donna roteò gli occhi. “So che non mi vedi come un’autorità, ma chiariamo bene le cose…” lo sguardo di Mephisto s’indurì, “Qui comando io.” Scandì parola per parola con voce estremamente roca. “E se ti chiedo di venire nel mio ufficio perché ti devo parlare, tu ci vieni. Chiaro?” spalancò le braccia inclinando all’indietro lo schienale della sua sedia sorridendo beffardo. “Che vuoi?” “Ah… Come devo fare con te?” si massaggiò le tempie appoggiando i gomiti alla scrivania. “L’educazione è molto importante, signorina. Non vuoi essere una donna di classe?” “No.”. Dalla bocca di Mephisto uscì un lamento di sconforto. “Come non detto…” sospirò, “Bene. Chiarita la prima questione, passiamo alla seconda: i tuoi pasti.” “Bene, era qui che ti volevo.” Lamia incrociò le braccia stizzita. “Ho una fame del diavolo.” “Posso immaginare.” L’uomo fece combaciare i polpastrelli delle mani guardando Lamia attraverso le fessure delle dita. “Posso proporti due alternative.” “Spara.” “La prima, è di cibarti fuori dai confini dell’accademia con intervalli irregolari e sempre in posti differenti.” Pausa. Lamia non battè ciglio, al che Mephisto continuò, “La seconda…” abbassò il tono di voce, “Sarebbe quella di legarti a un unico partner fornitore consenziente.”. Lamia si lasciò sfuggire un lungo sospiro. “So già che hai preso di mira un ragazzo in particolare… E nel suo caso non ci sarebbero problemi.” “Mi stai autorizzando a uccidere Yukio Okumura?” “Uccidere no, ma usufruirne, sì.” Seguì un lungo silenzio. Lamia spalancò impercettibilmente gli occhi. “Come sai che è diventato il mio target?” “Oh, io so molte cose.” Sorrise Mephisto. “E posso assicurarti che non lo ucciderai.” Altro lungo silenzio. “Prima però devi ottenere il suo consenso.” Sogghignò maligno. “Nel frattempo, resisti nutrendoti di questo.” Schioccando le dita, l’uomo fece comparire una bottiglia del tutto simile a una di vino. Il contenitore cadde tra le mani di Lamia che svitandone il tappo lo annusò. “Ma questo è…” “Sì, è mio. Ti basterà per un po’.” Tagliò corto Mephisto. “E se ci riesci prova anche ad ingerire cibo umano.” “In confronto a questo è merda.” Mephisto la guardò allibito. “Almeno fai un tentativo. Come fa tua sorella.” Lamia serrò la bocca infastidita. “E a proposito di tua sorella, questo mi porta al terzo punto della giornata: Lilith.” “Non ne voglio parlare.” “Perché?” Silenzio. “Avanti…” “Non sei il mio psichiatra.” “Santa ragazza, coraggio.” “Devo chiamarti papà?” “Non ci provare.”. Lamia roteò gli occhi, “E va bene. Mi ha dato fastidio.” “Cosa?” “Mi ha dato fastidio il fatto che Lilith non si fidasse a confidarsi con me.” “E..?” “La smetti?” Mephisto guardò altrove con un mezzo sorrisetto esasperato. “E insomma, io sono sua sorella maggiore. La sua protettrice ufficiale se così la vogliamo mettere. E mi sento come se avesse avuto paura di me. Io non sono mia madre, non l’avrei torturata in cantina se me lo avesse detto prima che la situazione degenerasse.” Lamia guardò per terra nervosa. Mephisto si sporse sulla scrivania stringendo le mani quasi in preghiera, “Torture?” sbarrò gli occhi, “Lasciamo stare. Il punto è che mi sono sentita paragonata a quella strega e mi ha dato fastidio. Poi di Amaimon chissene frega.”. “In ogni caso ho già detto anche a Lilith che di lui non vi dovrete più preoccupare.” “Che?” “Storia lunga, continua tu.” Mephisto la guardò con gli occhi a mezz’asta. “Come vuoi. Di Amaimon non mi importa, è libera di divertirsi con chi vuole. Anzi deve ora che può. È stata tenuta al guinzaglio per troppo tempo.” Lamia infilò la bottiglia nella cartella ai piedi della poltrona, “L’unica sua preoccupazione è quella di non trasformarsi, quindi finché la situazione è questa so che sarà prudente ed Eva non ci troverà. Mia sorella è testarda.” Fece una pausa, “Però…” “Però?” “Sei proprio sicuro che di Amaimon non ci dobbiamo più preoccupare?” “Giurin giurello.” “Tu non me la racconti giusta.” “Tranquilla… Ho trovato il modo di fargli schiarire le idee.” “Lo spero vivamente. Se Eva dovesse sapere dove ci troviamo e comparire alle porte del tuo castello succederebbe una cosa analoga alla volta scorsa, se non molto peggio.” “Posso immaginarlo.” “Anzi, sarebbe definitivamente molto peggio. Meglio che Amaimon tenga a bada il suo coso.” Lamia alzò un sopracciglio. La bocca di Mephisto si ridusse a un puntino ammutolendosi. “Bene, ora posso andare?”, l’uomo sbattè un paio di volte le palpebre annuendo, “Non posso garantirlo.” Disse mentre Lamia si alzava dalla poltrona, “Che dici?” la donna si voltò con la borsa già in spalla, “Non posso garantire che Amaimon sarà totalmente a bada. Anzi, non posso garantirlo per niente.” “Allora che accidenti mi hai detto fino ad ora!?” “Posso tenerlo imprigionato, ma prima o poi dovrà uscire.” “Quindi?” “Preghiamo.” “Oh, ironico.” Sbuffò Lamia dandogli le spalle, “Tieni a bada tuo fratello e i penserò a mia sorella.” “D’accordo.” Sogghignò Mephisto rimasto seduto. “Quindi farete pace?” ma Lamia uscì dalla stanza senza rispondergli.
 
I rintocchi della campanella del primo pomeriggio segnavano la ripresa delle lezioni. “Noi il buon cuore ce lo abbiamo messo.” “Sì ma se la situazione non si risolve non riuscirò mai più a prendere appunti.” “Shima, tu non li hai mai presi gli appunti.”, “Rin, che facciamo? A me Lamia mette un sacco di agitazione lì davanti…” Ragazzi e ragazze del corso per esorcisti chiacchieravano animatamente andando a lezione di farmacologia anti demone. “Tra l’altro adesso sono pure sparite, che starà succedendo tra quelle due?” “E se… fossero amanti!?” “Sono sorelle, idiota.” “Ah… E io che ci spero sempre in scene Lesbo dal vivo…” “Shima, stai davvero toccando il fondo.” “Tutta invidia.” “E di cosa!?”. “Comunque avete ragione.” Izumo aprì bocca da in fondo la fila, “Lilith non era dalla fontana fino a poco fa?”, gli altri si guardarono intorno spaesati, “Magari è già andata in classe.” “Oh, sì… Giurerei di averla vista avventurarsi in corridoio prima che la campanella suonasse!” saltò su Shiemi pensierosa. “Mentre Lamia stava parlando con il preside…” disse Suguro grattandosi il mento, “Speriamo non sia successo niente di grave!” la ragazza si strinse le mani al petto preoccupata.
Nel silenzio tombale di un antro buio del corridoio, Lilith era raggomitolata per terra a ridosso della parete. La luce fioca delle candele traballava. Sia a destra che a sinistra l’oscurità inghiottiva l’ala del corso per esorcisti isolandola totalmente. Aveva sentito i rintocchi della campanella e l’aveva accuratamente ignorata. Tirando su col naso si spazzò gli occhi. Non stava piangendo. Ma aveva bisogno di pensare lontana da sguardi indiscreti. Nonostante odiasse la solitudine ne sentiva il bisogno. Sorrise amaramente quando un pensiero le balenò in mente. Ricordò un momento analogo della sua infanzia che aveva dimenticato. Ma all’epoca sua sorella Lamia era con lei. Il buio non le aveva mai fatto paura da allora. Guardandosi i palmi delle mani li studiò nel dettaglio. Quella pelle soffice di ragazzina, quel colorito chiaro… Un movimento nella penombra catturò improvvisamente la sua attenzione. Abbassando le mani notò un cane passeggiare lungo la via. Sembrava uno Schnauzer a pelo lungo candido come la neve. Al posto del collare portava un grosso fiocco rosa a pois con la spilla dell’ordine degli esorcisti in bella vista. Fermandosi davanti a Lilith la guardò con quei suoi grandi occhi spenti. “Mh? E tu che ci fai qui?” Lilith si asciugò l’umidità da un occhio inginocchiandosi, “Ti sei perso, cagnolino? Da dove vieni?” il suo tono suonava quasi stupido mentre parlava con l’animale. Il cane si avvicinò fermandosi a debita distanza. “Hei… Sei tutto solo come me, eh?” la ragazza sorrise velatamente, “Vieni qui…” gli porse una mano sorridendo. Al che la creatura si avvicinò ulteriormente facendosi accarezzare la testa. “Bravo…” il cane chiuse gli occhi beato. Quando Lilith ritrasse la mano però non si spostò. Rimase a fissarla senza spirito. La ragazza lo guardò in quegli occhi stranamente famigliari e distolse lo sguardo con una punta di amarezza, “Così adesso siamo in due nell’ombra.” Mormorò. “Ma certo… Gli animali non parlano…” le scappò una risatina autocommiserativa. “Però forse mi puoi ascoltare.” Il cane non si mosse ma iniziò a scodinzolare. “Lo prendo come un sì…” sorrise Lilith. I suoi occhi però erano assenti. “Mi sento sola. Forse prima hai fiutato la mia solitudine e proprio per quello mi hai trovata…” rise. “Ah… Dovrei andare a lezione ma non ne ho voglia.” Silenzio. “Ho una sorella sai, in classe. Però non mi parla più.” Fece spallucce, “La storia è un po’ lunga ma devi sapere che siamo scappate di casa perché… Non volevo adempiere ai miei cosiddetti doveri.” Disse guardando il pavimento. “Credo che in parte ce l’abbia con me anche perché tutte le decisioni le prendo sempre io. Ma non posso fare altrimenti…” aggiunse guardando l’animale che sembrava ascoltarla attentamente. “Lei pensa a me e io a lei. Dovevamo andarcene.” Chiuse gli occhi. “Ti confesso, non mi manca casa. Qui è tutto così diverso e interessante ma… Mi sento sola. Di nuovo.” Sospirò, “Lo sono sempre stata, forse.” Guardò altrove. “Non lo sopporto.” Strinse i pugni. “Io vorrei essere diversa a volte… Mi chiedo…” tornò a guardarsi le mani, “Cosa sarebbe successo se fossi nata umana?”. Le sue parole riecheggiarono nel silenzio. “Sarei stata più felice? Meno sola?” nessuno rispose alle sue domande. “Forse no. Forse non avrei mai incontrato Mephisto ad esempio.”. Il cane smise di scodinzolare dando piccoli colpetti alla gamba di Lilith col naso, “Oh, vuoi altre carezze?” l’animale riprese a scodinzolare e Lilith gli dette altre carezze sulla nuca soffice. “Come sei morbido…” mormorò estasiata. “Grazie, uso il balsamo.” Una voce profonda provenne da chissà dove facendo sobbalzare Lilith, “Chi ha parlato!?” silenzio. “Sei stato tu?” nessuna risposta. “Ah, devo avere le allucinazioni…” sospirò alzandosi in piedi. “Devo andare a lezione… Ma non so se puoi accompagnarmi…” “Bau!” “Oh.” Lilith guardò il cane titubando. “Dai va bene… andiamo…” azzardò un passo, “Bau!” “Che succede?” il cane non si mosse. La ragazza sorrise pacata avvicinandosi alla creatura. Con delicatezza si chinò e la raccolse tenendola tra le braccia, “Vieni qui bello…” mormorò sorridendo. Prendendolo di schiena però la bestiola tentò quasi subito di divincolarsi, forse per la scomodità. Al che Lilith lo voltò rapida stringendolo a sé. Avvolto nel suo abbraccio, il cane allora si spalmò sul suo petto scodinzolando con garbo. “Aula 301…” mormorò soprappensiero Lilith, “Coraggio, il corridoio è lungo.” Ridacchiò spupazzandosi l’animale, “E che buon profumo…” ne annusò il pelo lindo e setoso. “Più tardi penseremo a trovare il tuo padrone.” Annunciò camminando a piccoli passi. Di tutta risposa, il cane stiracchiandosi le leccò il collo facendola sussultare per il solletico. “Hei, hei…” ridacchiò imbarazzata.
Quando Lilith arrivò in classe, Yukio le stava dando le spalle alla lavagna. Entrò di soppiatto nascondendo il cane nel suo abbraccio e volando rapida al suo posto notò che Lamia stava occupando il banco accanto. Era tornata. “Evangeline, sei di nuovo in ritardo.” La fulminò Yukio bloccandole il passo. “Sì mi scusi, prof.” Quella nuvola di capelli biondi nascondevano a sufficienza il bottino, al che mesta e chinata andò a sedersi senza interrompere ulteriormente la lezione. “Bene… Stavo dicen…” Lilith posando il cane sulla sedia accanto a lei destò di nuovo l’attenzione di Yukio che vedendo l’animale però non batté ciglio. “Dunque. Il biancospino.” Si schiarì la voce ignorando la classe. Rin si era voltato a guardare la bestiola al fianco di Lilith con una faccia indecifrabile. “Che accidenti è quello?” Lamia la guardò alzando un sopracciglio. Lilith sorpresa che la sorella le rivolgesse di nuovo la parola si limitò a sorridere. “Bah…” Lamia roterò gli occhi tornando a mordicchiare la biro. I suoi occhi seguivano rapiti ogni movimento di Yukio. Nel frattempo il candido canide osservava la classe con uno sguardo assente. La lezione stava procedendo senza intoppi. L’aria sembrava tornata quella di sempre e tutti erano più sereni. Lilith dopo aver passato venti minuti buoni a scarabocchiare sul quaderno ignorando Yukio si era fatta sopraffare dalla noia. Estrasse allora dalla tasca un cellulare che Mephisto aveva fatto recapitare a lei e alla sorella per ogni evenienza. Nonostante lo avesse già da qualche giorno ancora non aveva ben capito come si usasse. Gli unici messaggi che aveva mandato erano stati delle faccine a Mephisto stesso che le avevo chiesto se il colore rosa era di suo gradimento. Senza farsi vedere dal prof, si mise a trafficare sotto il banco con l’aggeggio per un altro quarto d’ora. Il cane fissava vigile ogni suo movimento. Poi cambiando totalmente attività, la ragazza si mise a fare un castello con le matite. Fallendo anche quel tentato divertimento, sospirando si guardò intorno. Lamia aveva ancora gli occhi fissi sulla lavagna e nessuno fiatava. Con la coda dell’occhio osservò il suo nuovo migliore amico e leccandosi le labbra rovistò nella borsa in cerca di cibo. Estrasse una scatola di Pocky al cioccolato. Leccandosi i baffi la aprì in modalità stealth e veloce come un fulmine triturò un bastoncino ricoperto di cioccolata tutta contenta. Sentendosi osservata, ad un certo punto si accorse che anche il cane era parecchio interessato alla merenda. Quindi senza farsi vedere estrasse un Pocky dal pacchetto porgendolo all’animale. Mentre lo prendeva in bocca alzò lo sguardo per controllare gli spostamenti di Yukio. Quando lo riabbassò, il cane era rimasto col bastoncino in bocca e sembrava invitarla a mangiarlo dalla parte opposta con quello che aveva tutta l’aria di essere un occhiolino. Lilith sbattendo un paio di volte le palpebre scosso il capo sorridendo e si ficcò in bocca un differente stecchino. “Professore, Lilith sta dando da mangiare al cane.” Lamia alzò la mano traditrice. A Lilith cadde di bocca il Pocky e tentò di difendersi in malo modo. “N-No non è come sembra!” “Lilith sta mangiando, prof.” Continuò Lamia. Yukio voltatosi, roteò gli occhi e sistemandosi gli occhiali ignorò il richiamo. Lamia seccata guardò Lilith tutta agitata. “Non farlo mai più!” le disse la ragazzina in labiale balbettando e la sorella sogghignò maliziosa. Al termine della lezione, mentre i ragazzi se ne stavano già tornando al loro nido, Il cane saltò sul banco di Lilith osservandola fare i bagagli. “Uff… C’è mancato veramente poco prima.” Sospirò la ragazza infilando il manuale nella cartella. Lamia era già partita verso la porta ma si fermò sulla soglia. La stava aspettando. Lilith, vedendola si sentì sollevata. “Penso che tu mi abbia portato fortuna però.” Parlò al cane facendogli un sorrisone. La bestiola scodinzolò statuaria. Yukio in piedi dalla cattedra stava spostando delle carte tutto concentrato. “Grazie!” Lilith afferrando l’animale lo sollevò baciandolo a stampo sul muso. La creatura spalancò gli occhi come in preda a uno schock. “In bocca al lupo per ritrovare il tuo padrone!” lo lasciò sul suo banco saltellando via tutta contenta. “Lamia, sono qui.” Si avvicinò alla sorella passando davanti alla cattedra. “Oh, Professore Okumura…” si fermò un istante, “Grazie per non avermi mandata dal preside per il cane… L’ho trovato che vagava in giro e…” “Non devi ringraziarmi…” rispose il ragazzo cancellando la lavagna, “Non avrebbe avuto senso mandarti dal preside dal momento che Lord Pheles era qui con noi.” “Che!?” Lilith si voltò di scatto verso il cane rimasto sul suo banco a fissarla impietrito. Sentendosi osservato, saltò giù dal banco. “Lezione impeccabile, caro.”, trotterellando verso l’uscita si strusciò contro le gambe di Lilith, “Buon pomeriggio, madame.” Disse uscendo dalla porta scodinzolando. E in una nuvola di fumo bianco scomparve.

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Capitolo 11
*** Capitolo XI ***


CAP 11

Notte fonda. Mephisto era seduto sul divano del suo studio a braccia conserte. Fissava il fondo della stanza immerso nei suoi pensieri e ad un certo punto sospirò. “Ora che ti ho fatto tornare, vedi di collaborare… Amaimon.” Nell’ombra due occhi si accesero.
“Yukio, sono Lamia.” La donna bussò alla porta della loro camera il Sabato mattina. Rin si rigirò nel letto ancora addormentato, mentre il fratello già alla scrivania si voltò verso l’ingresso. Con tutta calma andò ad aprire e trovandosi davanti Lamia non riuscì a nascondere il suo esserne sorpreso. “Lamia, oggi è Sabato… Non abbiamo lezione.” Mormorò guardandola stranito, “Lo so.” “È successo qualcosa?” domandò intimidito. “Niente di particolare, solo… Sbaglio o tu stesso hai detto che abbiamo cominciato col piede sbagliato?” “Si ma… È Sabato mattina.” “Ti disturbo?” “Ehrm… no…” “Quindi?” “Quindi?”. Silenzio. “Mi chiedevo se oggi ti andava di essere semplicemente Yukio e non il professor Okumura.” Il ragazzo arrossì lievemente. “Ecco…” “Per favore…” Lamia per la prima volta in vita sua dovette fare gli occhi dolci. “E va bene…” il ragazzo sbuffando uscì dalla camera chiudendosi la porta alla spalle. “Che vuoi fare?” “Chiacchierare.” Sogghignò la donna iniziando a camminare. Yukio titubante la seguì lungo il corridoio. “Sai, Yukio…” uscirono in giardino baciati dal sole, “Trovo le tue lezioni molto interessanti.” “Hai detto di voler diventare Doctor, è il minimo.” “Sì ma, sei proprio bravo. Quanti anni hai?” Yukio lusingato sorrise un po’ in imbarazzo, “Quindici…” rispose allargandosi il colletto della camicia. “Così pochi!? Ehrm, cioè… Bravo, complimenti!” sorrise con una punta di malizia. “Già… Ho preso il titolo due anni fa oramai.” “Sono senza parole!” disse Lamia con tono adulatore. Camminarono lungo il sentiero costeggiando le siepi. “Mi fa uno strano effetto parlare con te.” Ammise improvvisamente Yukio con un velo di vergogna, “Come mai?” Lamia alzò un sopracciglio divertita, “Non ho mai… Avuto una conversazione tanto lunga con nessuno dei miei studenti. Tanto meno… Con una ragazza.” Ammise rosso come un peperone. “Lasciamo, perdere.” “Hei, hei… Qui qualcuno è imbarazzato.” “N-No…” distolse lo sguardo fermando il passo grattandosi una guancia. “Posso chiederti una cosa?” sorrise Lamia, Yukio la guardò annuendo in silenzio, “Hai mai baciato una donna?” a quella domanda lo vide avere un principio di mancamento. “La conversazione si sta spingendo troppo oltre.” Deglutì con un’espressione indecifrabile in volto. “Oh, pardon.” Lamia inclinò la testa ridacchiando, “Rilassati, Yuki-ke.” “Sarebbe un soprannome?” il ragazzo la guardò stranito e imbarazzato. “Ti da fastidio?” “Non saprei…” guardò il selciato interdetto. “Cambiando argomento…” balbettò Yukio. “Perché sei venuta a chiamare proprio me per fare due passi?” “Mi piaci.” Rispose schietta Lamia facendolo andare in tilt. “Come cosa eh?” tartagliò impanicato. “Rilassati, professorino… Non posso provare piacere a stare in tua compagnia?” “Beh... Ecco, sì puoi… Ma…” “Non sentirti in imbarazzo…A meno che tu…” la donna si avvicinò a lui lentamente, “A meno che anche per te non sia lo stesso…” “Te l’ho detto… È strano.” Si ricompose deglutendo. “Ricevuto.” Fischiettò Lamia allontanando il viso a poco a poco. “Spero che ora non mi vorrai evitare.” Incrociò le braccia guardando l’orizzonte. “Non penso lo farò… Mi è piaciuto essere semplicemente Yukio per un po’…” il ragazzo accennò a un sorriso. “Ora è meglio che vada a svegliare Rin.” Aggiunse guardando il dormitorio lontano, “Oh, miserere di me.” Lamia si batté il palmo sulla fronte, “Mi sono completamente dimenticata di mia sorella!” aggiunse arricciando il naso. “Avete fatto pace, meno male…” sorridendo, Yukio le voltò le spalle incamminandosi, “Buona giornata, Lamia.” “A te…” rispose lei rimanendo immobile. Per un attimo si sentì come una vera adolescente.
In stanza, Lilith aveva il cellulare nuovo di zecca tra le mani. Sdraiata sul letto giocava alla scolaretta innamorata scattandosi foto cariche d’innocenza e tenerezza. “Proprio divertente questo affare! Esclamò scattando una foto alla finestra senza un motivo ben preciso. Improvvisamente un tintinnio provenne dall’arnese. Un nuovo messaggio. “Chi sarà?” borbottò rigirandosi sul letto per leggerlo. Aprendo la casella postale con un click trovò una mail di Mephisto. “Noto con piacere che il telefono è di tuo gradimento.” C’era scritto con una serie di faccine ammiccanti. Lilith confusa scorse la conversazione con le freccette e si accorse di avergli erroneamente mandato ogni singola foto scattata. Sotterrando la faccia nel cuscino morì dall’imbarazzo. “Questo coso discende direttamente dagli inferi!” lo lanciò lontano facendolo cascare per terra e subito si precipitò a raccoglierlo dispiaciuta. Mentre lo accarezzava soffiando sulla superficie Lamia rientrò in camera. “Oh, sei qui…” Lilith alzò gli occhi abbandonando il cellulare. “Sempre attaccata a quel coso eh?” commentò la sorella togliendosi le scarpe e lanciandole in giro a casaccio. “Dove sei stata?” chiese Lilith mettendosi seduta a gambe incrociate sul materasso. “Passeggiata.” Si limitò a dire Lamia andando a prendere il suo telefono rosso fiammante rimasto appoggiato al comodino per giorni. “Chissà cosa ci trovi di tanto divertente..?” commentò dondolandolo tra due dita. “Fidati, una volta che impari ad usarlo è uno spasso!” “Che dovrebbe fare?” “Di tutto!” rispose Lilith con occhi sognanti. “Anche farti diventare intelligente?” “Ah, ah, ah… Simpatica.” La ragazza roteò gli occhi abbandonandosi all’indietro affondando nelle coperte. “Pensa che puoi anche scrivere messaggi e parlare con le persone!” Lilith riaprì il suo telefono schiacciando tasti a caso, “Io per ora ho soltanto il numero di Mephisto però… Credo lo abbia pure tu…” “Intendi dire che posso mandare messaggi a chiunque ne possiede uno?” Lamia ora più interessata riesaminò l’affare con più attenzione. “Già.” “Anche Yukio?” Lilith la guardò sconcertata. “Lamia, Yukio è…” “Lo so, non mi servono ramanzine. Ma direi che ormai abbiamo stabilito che non devi più impicciarti dei fatti miei se non vuoi che io ti giudichi per i tuoi.” “Touchè.” Sussurrò Lilith corrucciando il volto tornando a guardare lo schermo luminoso. “Ti piace così tanto quel ragazzo?” domandò senza guardare la sorella, “Molto…” rispose quasi immediatamente sedendosi alla scrivania. Con un movimento fluido accese il cellulare incuriosita. “Allora dovresti chiedergli il numero…” “Forse.” Lamia fece spallucce, “Le dinamiche degli esseri umani sono così bizzarre ma anche divertenti…” aggiunse sogghignando.
“Ragazzi, mi spiace avervi dovuti convocare di Sabato pomeriggio…” Yukio parlava alla classe radunata davanti a una grossa statua di Lord Pheles, “Ma dobbiamo approfittare della manutenzione di Mepphy Land per svolgere un incarico lampo.” “Una missione?” saltò su Rin, “E cosa se no? Non facciamo altro che esorcizzare posti in giro per l’accademia…” rispose seccato Bon. “Silenzio e ascoltatemi per favore.” Continuò Yukio. “Abbiamo ricevuto numerose segnalazioni dai frequentatori del parco divertimenti che testimoniano la presenza di un fantasma burlone. Non sembra cattivo ma lo dobbiamo esorcizzare.” I ragazzi si guardarono tra di loro. Lilith e Lamia fecero una smorfia scambiandosi uno sguardo rapido. “Che ci facciamo noi qua?” bisbigliò la donna nell’orecchio della sorella. “Bene, dividiamoci a coppie per andare a cercare il fantasma…” Yukio imbracciò l’elenco dell’appello studiando i nomi dei presenti. “Okumura e Moriyama andate per primi.” I due si guardarono felici. Rin con la sua Katana a tracolla saltò quasi di gioia. “Poi abbiamo Evangeline Lilith e Suguro.” La ragazza guardò Ryuji sorpresa e lui non disse beo. “Shima e… Kamiki, Miwa e Tanaka.” “Bingo!” Shima batté le mani ma Izumo sembrava insofferente mentre invece Il marionettista non fece una piega nemmeno quando Konekomaru lo salutò. “Per ultimi infine abbiamo Evangeline Lamia e… Yamada.” Il ragazzo incappucciato guardò la donna facendo un cenno col capo. Nessuno lo aveva ancora mai sentito parlare, come d'altronde anche Tanaka. “Splendido, il muto.” Lamia roterò gli occhi. “E lei professore?” domandò Shiemi imbarazzata. Lamia incrociò le braccia guardandolo e Yukio incontrando il suo sguardo lo distolse timidamente, “Starò in seconda fila pronto ad intervenire. Forza, andate.” Fece cenno di iniziare la ricerca, così i ragazzi si sparpagliarono per il parco. Lamia sfilando accanto a Yukio, gli sorrise maliziosa ma lui fece finta di non vederla. Ora era Yukio il professore. “Ti chiami Suguro Ryuji, non è così?” Lilith aprì bocca dopo cinque minuti buoni che lei e il suo compagno di squadra camminavano in silenzio. Il ragazzo si voltò verso di lei annuendo guardando altrove. “Senti… Riguardo all’altro giorno…” cambiò rapido argomento, “Ho intuito il gesto… Grazie.” “Si sono sistemate le cose?” “Sì…” “Ottimo.” Tagliò corto secco guardandosi intorno. Lilith interdetta si limitò a seguirlo con la bocca serrata. “Oibò, ma guarda un po’ con chi è capitata in squadra…” Mephisto dall’alto della ruota panoramica osservava Lilith curioso. Fluttuava coi piedi che sfioravano il metallo lucido dello scheletro della giostra col vento che gli muoveva la mantella. “Fratellone, chi stai guardando?” Amaimon comparve appollaiato al suo fianco con in bocca un leccalecca. “Nessuno, nessuno.” Mephisto cercò immediatamente di non fargli notare la presenza di Lilith. “Ricordati, Rin Okumura. È a lui che devi mirare.” “Lo so… Poi però manterrai quella promessa, vero?” Il demone mordicchiò la caramella fissando il panorama sotto di lui. Mephisto non rispose mordendosi un labbro. “Senti, coso.” Lamia spazientita camminava dietro a quel tale Yamada con le braccia incrociate in una morsa d’acciaio, “Mi sto annoiando a morte, dimmi qualcosa.”. Non volò una mosca. “Che palla d’uomo.” Blaterò seccata. Guardandosi intorno si distrasse un po’ con i cartelloni variopinti e le attrazioni immobili del parco. Con un certo disgusto notò come la megalomania di Mephisto avesse preso il sopravvento pressappoco ovunque. “Mephisto, Mephisto… Invidio la tua autostima.” Aprendo la bocca buttò fuori la lingua schifata.
“Rin, io non vedo niente…” Shiemi camminava dietro di lui titubante guardandosi intorno freneticamente, “Nemmeno io in effetti…” balbettò il ragazzo un po’ in soggezione. Sorpassarono una giostra spenta senza badarci più di tanto. Nell’ombra di quei cavalli giocattoli si materializzò una piccola sagoma bianca.
“Avvistato.” Amaimon bisbigliò agganciando Rin con quel suo bizzarro binocolo fatto con le dita delle mani. Senza perdere ulteriore tempo, saltò giù dalla ruota panoramica con un balzo.
“Oh, guarda!” Shiemi si accorse per prima di un bambinetto fluttuante ai piedi del carosello. “Shiemi, lo hai trovato!” esclamò Rin. Nella distrazione, un braccio sbucò dall’alto rubandogli la spada. “Ma che!?” si voltò di scatto mentre Shiemi non essendosi accorta di nulla si stava avvicinando al fantasmino. “Hei, ciao bel bambino…” sorrise pacata, “Nessuno vuole giocare con me…” piagnucolò il fantasma. “Oh, piccolo, vieni qui…” si avvicinò allora la ragazza spinta dall’istinto materno. “Che vuoi, TARDONA!?” il birbante toccandole le tette se la dette a gambe sghignazzando. Lei interdetta, senza però perdersi d’animo gli corse dietro dimenticandosi di Rin che si trovo a faccia a faccia con Amaimon. “Chi sei!?” esclamò con gli occhi fuori dalle orbite, “Ridammi la spada!”. “Io sono Amaimon, il signore dei demoni. Sono una specie di fratello per te… E la spada non te la ridò.” Disse atono aprendo il fodero. “Fermati!” strillò Rin invaso dalle fiamme blu. “Oh… Divertente…” commentò Amaimon richiudendo la spada.
“Oi, hai visto anche tu quel flash blu laggiù?” Suguro si fermò a fissare l’orizzonte. “Che starà succedendo?” chiese a Lilith che arricciando il naso aveva percepito strane vibrazioni. “Che abbiano trovato il fantasma?” si chiese il ragazzo.
“Perché accidenti ti sei fermato così all’improvviso!?” Lamia andò a sbattere contro il suo compagno protestando. Ma questo senza dire niente prese a correre all’impazzata verso una destinazione ignota seminandola. “Che… Cazzo?” la donna si sistemò offesa gli occhiali. “Tutti complessati in sta scuola…” sbuffò facendo retro front con nonchalance.
Nel frattempo Shima e Izumo vagavano in silenzio senza aver trovato nemmeno l’ombra del fantasma. “Kamiki, che mi racconti?” “Niente.” “Oh, avanti… Come vanno le cose con Bon?” “Taci.” “Pistaaa!” Shiemi correndo dietro a un’oggetto non identificato sfrecciò accanto a loro buttandosi addosso alla cosa per afferrarla. “Moriyama!” strillò seccata Izumo spintonando Shima per togliersi dalla traiettoria della ragazza.
“Professore~” Lamia trotterellò da Yukio all’ingresso del parco. “Lam… Evangeline, che succede? Dov’è il tuo compagno di squadra?” “Mi ha piantata in asso, quell’idiota.” “Evangeline…” “Oh, scusami per la franchezza.” Schioccò la lingua. “Sono tornata a farti compagnia.” “Non importava… Concentrati sul tuo compito piuttosto…” “Yukio…” “Professore Okumura.” La corresse lui. La donna alzò gli occhi al cielo sospirando. “Dai, sciogliti un po’…” “Il mio incarico me lo vieta.” “Come sei quadrato…” osservò lei alzando un sopracciglio. “Si chiama disciplina, e te ne servirebbe una bella dose…” “oh sì, insegnamela…” Lamia sogghignò maliziosa. “Eh, n-no ma che hai capito!?” Yukio sobbalzò perdendo quasi gli occhiali.
Dall’altra parte del parco, lontano da tutti, Rin e Amaimon se le stavano dando di santa ragione tra una fiamma blu e l’altra. Il trambusto raggiunse il suo culmine quando dal nulla partì un terremoto devastante che minacciò l’integrità di tutto il complesso. “Ahh!” strillò Lilith cadendo a terra.
“Ti ho detto di tornare alla missione, Evang…” il terremoto colpì anche Lamia e Yukio destando immediatamente la loro attenzione. “Lilith!” Suguro si avvicinò alla ragazza e quando la scossa cessò l’aiutò a rialzarsi. “Scusa, non volevo chiamarti per nome.” Si ricompose serio interrompendo ogni contatto. “Dobbiamo mantenere una certa serietà.” Aggiunse cupo. La ragazza non disse niente, colpita nell’orgoglio com’era per essere caduta e aiutata a rialzarsi da un comune mortale.
“Attenzione!” gridò Shima vedendo crollare parte delle montagne russe addosso a Shiemi caduta a terra col fantasma stretto tra le braccia. Rin capitato in zona incenerì le macerie indirizzando le fiamme di satana in quella direzione con una sola mano. Amaimon ne approfittò per tirargli un calcio che lo buttò a terra ormai allo stremo delle forze. “Beh? Abbiamo già finito di giocare?” chiese sorpreso. “Che barba… Questo gioco è stato così noioso che non mi resta che rompere la spada.” Accarezzò la lama con le unghie aguzze. Shiemi con gli occhi serrati sentì una flebile vocina provenire dal suo grembo, “Grazie per aver giocato con me...” A parlare era il fantasma. La ragazza socchiuse gli occhi appena in tempo per vederlo scomparire. “Divora le otto principesse, uccidi il serpente.” Yamada incappucciato si mise all’improvviso in mezzo ai due litiganti estraendosi dal petto con una formula magica una lunga spada. “Come ha fatto un pezzo grosso come te ad entrare? È stato Mephisto?” una voce piuttosto femminile uscì da sotto quel cappuccio. “Non ti mettere in mezzo.” Disse Amaimon seccato. Vedendo però che il tizio faceva sul serio, il demone guardò un punto lontano facendo una faccia strana e dopo un attimo di silenzio, optò per la ritirata anche se con molta svogliatezza. “Vabbè, lasciamo perdere…” sbuffò lanciando la spada al suo legittimo proprietario. “Ci rivedremo.” Aggiunse andandosene rapido. “Rin, cos’è successo!?” Yukio arrivò di corsa seguito da Lamia. “Quanto ci hai messo Yukio?” Yamada aprì bocca un po’ strafottente, “Ho dovuto sbrigare tutto da sola.” “Sola!?” Lamia fissò il losco figuro acida in volto. “Non può essere…” Yukio spalancò la bocca infastidendo ancora di più la donna che ora guardava confusa prima l’uno poi l’altro. “Comunque mi ero giusto stancata di indossare questa roba.” Disse l’incappucciato levandosi la felpa con un gesto plateale. Da sotto quella coltre di lana uscì un grosso seno coperto al minimo indispensabile da quello che aveva tutta l’aria di essere un costume da bagno striminzito. Lamia digrignò i denti. Quella donna conosceva Yukio. Chi diavolo era? “Sono Shura Kirigakure, esorcista di prima categoria superiore.” Annunciò ai presenti, “Sono qui come investigatore superiore per verificare con i miei occhi il fattore di pericolo della sezione Giapponese. Faccio capo alla sede Vaticana dell’ordine dei cavalieri della vera croce.” Aggiunse sogghignando. “Sono qui per dare un giudizio su Rin Okumura.”.

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Capitolo 12
*** Capitolo XII ***


CAP 12

“Dunque, piacere di conoscervi. Sono Shura Kirigakure, vostra nuova docente traferita direttamente dalla sede Vaticana.” Annunciò la donna seduta a gambe incrociate sulla cattedra. “A quanto pare vi insegnerò cerchi magici e sigillo dei demoni… Che seccatura.” Schioccò la lingua guardando il registro. “Da dove sbuca?” sussurrò Lilith all’orecchio di Lamia intenta a fulminare la nuova insegnante con lo sguardo. “Storia lunga…” fece una faccia indifferente. Rin era l’unico a mancare all’appello. Dopo che Shura se l’era portato via Sabato non lo avevano ancora visto. Quand’ecco entrar in classe proprio il diretto interessato con una faccia da cadavere. “Rin Okumura, prego accomodati!” fischiettò l’insegnante tutta tranquilla. “Buon giorno…” biascicò il ragazzo andandosi ad accomodare. “Ma tu sei!” vedendo Shura sgranò gli occhi. “Sì, sì lo so chi sono. Accomodati e inizia a leggere, ritardatario.” Lo scialacquò con un gesto.  Lamia aveva un’espressione indecifrabile in volto mentre studiava Shura. Lilith la guardò con la coda dell’occhio chiedendosi a che stesse pensando.
Alla pausa pranzo, le sorelle uscirono dall’ala esorcisti per andare in mensa a sbavare dietro al cibo per ricchi come consuetudine. O per lo meno era Lilith a farlo e puntualmente insisteva perché Lamia la accompagnasse. Lilith posò i palmi sulla teca di vetro leccandosi le labbra. Ora che avevano fatto pace la ragazza se la trascinava da tutte le parti. Persino al cesso. “Ancora non capisco come tu faccia a sbavare dietro ste schifezze… Cento volte meglio il sangue fresco…” “Shh! Lamia, non farti sentire!” la donna roteò gli occhi. “A proposito di sangue…” mormorò tra sé e sé, “Lilith, ti dispiace se torno un attimo in stanza?” “A fare che?” la sorella di voltò guardandola confusa. “Mangiare.” “Oh…” la ragazza fece una smorfia. “Giusto…” guardò altrove. “Vai pure.” Aggiunse poi serena. “Grazie per il congedo sua illustrissima eccellenza.” Disse sarcastica Lamia con gli occhi a mezz’asta, “Che vuoi? Ti ho detto di andare!” stizzita Lilith mise il broncio, “Non che mi servisse realmente il tuo permesso. Sarei andata lo stesso.” Sbuffò la donna andandosene facendole la linguaccia. Lamia uscendo dalla mensa s’imbatté in una scena che con sua sorpresa le dette fastidio. Shura e Yukio che conversavano accanto alla fontana. Soli. Non sentiva che si stessero dicendo ma Yukio sorrideva. Assottigliando gli occhi strinse i pugni andando per la sua strada. Quella donna mostrava il seno così bellamente da darle noia. Chi si credeva di essere? Un succube? Stupida umana. Lamia accelerò il passo nervosa con la brama di sangue che saliva sempre di più.
Lilith uscì all’aperto con un grosso onigiri al salmone tra le mani. “Che delizia!” fischiettò addentandolo. Appesa al braccio aveva pure una sportina di plastica con dentro un pranzo completo da gustare in un secondo momento. Con rammarico però si accorse di essere stata di nuovo abbandonata. Sospirando si mise a passeggiare nel piazzale e quasi in automatico buttò l’occhio verso i finestroni dello studio di Mephisto.
In camera lamia stappò la bottiglia di sangue come se fosse spumante. Anche se in realtà non aveva niente da festeggiare. “Che palle!” sputò per terra un grumo di saliva attaccandosi al collo. Deglutendo sonoramente si lasciò sfuggire un gemito di soddisfazione. “Nonostante sia di pizzetto, per lo meno è buono.” Guardò la bottiglia alzando un sopracciglio. “Ma quello del professorino è ancora meglio…” sogghignò. “Urge il battesimo della succube.”.
La manina di Lilith bussò più volte alla porta. “Prego!” la voce di Mephisto risuonò dalla stanza. “Sono io, Lilith…” disse la ragazza facendo irruzione garbatamente, “Ti disturbo?” “Nient’affatto!” l’uomo seduto alla scrivania deglutì cercando di stare calmo. Era solo ma dalla sua faccia sembrava che Lilith avesse interrotto qualcosa. “Va tutto bene?” chiese lei titubante fermandosi sulla soglia. “Certamente, accomodati.” Unendo assieme le mani sogghignò imperturbabile come suo solito, al che Lilith si convinse chiudendosi la porta alle spalle. Mephisto si alzò dalla scrivania per andarle in contro. “Che porti di bello con te?” “Il pranzo…” rispose guardando il sacchetto. “Oh, vedo che hai abbandonato quell’insensata idea di fare la dieta ~⋆” Fischiettò Mephisto tutto contento fermandosi a pochi passi da lei. “Ho pensato di chiederti se ti andava di pranzare con me oggi.” La ragazza lo guardò speranzosa e Mephisto sgranò gli occhi con sorpresa. “Quale gioia, certamente mia cara.” Schioccando le dita fece comparire una tavola imbandita con tanto di candele e fiori. Lilith sussultò sbigottita e notò che nonostante la lunghezza, era apparecchiato per uno solo. “Oh? Tu non mangi?” “Mi duole informarti che purtroppo ho già consumato il mio pasto…” l’uomo si nascose gli occhi con una mano per la vergogna. “Beh… Allora direi che non importa tutta questa rigorosità per… beh, un O-bento della mensa…” Lilith si grattò una guancia imbarazzata accennando alla sportina penzolante dal suo braccio. “Oh…” Mephisto spalancò gli occhi ammutolendo. “Come desideri.” Schioccando nuovamente le dita fece sparire la tavolata in un batter d’occhio. Il vento scompigliò i capelli di Lilith spettinandola. “Ehrm… Sono venuta qui per stare un po’ in compagnia, non per farti scomodare tanto.” Sorridendo, avanzò verso la scrivania di Mephisto sedendovisi di fronte in poltrona. “Tu lavora pure, non ti disturberò promesso.” Si voltò verso di lui cominciando a scartare il pranzo. “Per te questo ed altro.” Sistemandosi i guanti, l’uomo si sedette di fronte a lei con tutta calma incrociando le gambe sotto al tavolo. “Oh… Quanta roba!” osservò stupefatta Lilith scoperchiando il cestino del pranzo. Vi erano una bella porzione di riso, frittata, verdure miste, carne e una porzione di macedonia a parte. “E che buon odore!” annusò estasiata. “Lieto che la mensa sia di tuo gradimento.” Mephisto incrociò le mani sotto al mento sogghignando intento a guardarla rapito. “Buon appetito!” annunciò spezzando le bacchette e iniziò a mangiare a piccoli bocconi. “Credo che tu sia uno dei pochi demoni che si trattiene dal mangiare con le mani. Me ne compiaccio.” Sorrise malizioso l’uomo. “C’è qualcosa di cui volevi parlarmi?” chiese poi a Lilith intenta ad assaporare un boccone di frittata. “Nulla di particolare.” La ragazza scossò il capo succhiando le bacchette, “Lamia mi ha abbandonata per andare a pranzare in stanza e io ho pensato a te. Tutto qua.” “Ne sono lusingato.” Mephisto arricciò le labbra soddisfatto. Posando la guancia su un pugno guardò in silenzio Lilith con un mezzo ghigno. “Perché mi fissi?” la ragazza alzò lo sguardo fermandosi con le bacchette posate sulla labbra, “Sei molto carina oggi.”. Lilith arrossì guardando in basso e riprese a mangiare. “E questo è niente in confronto al mio vero aspetto.” Chiuse gli occhi pavoneggiandosi, “Oh, lo so bene.” Sogghignò Mephisto ricomponendosi. “Mh, all’epoca ti confesso che non ero nemmeno un gran che rispetto ad adesso.” La ragazza era arrivata alla macedonia. L’uomo alzò le sopracciglia rapidamente riabbassandole quasi subito per non palesare la sua curiosità. “Sembra deliziosa!” Lilith prese la forchettina di plastica in allegato iniziando a spulciare la frutta. Scansò minuziosamente ogni pezzo di mela. “Vuoi?” inforcò proprio uno di quegli spicchi scartati porgendolo a Mephisto. “No, ti ringrazio.” Gli sorrise lui rifiutando con garbo. Al che il pezzo di mela tornò a venire messo da parte. Lilith lo sfilò con delicatezza dalla forchetta aiutandosi col bordo della cestina di plastica. “Tieni per ultima la tua parte preferita?” Mephisto osservò i suoi movimenti sporgendosi un po’ sulla scrivania. “Una specie…” La ragazza evitò di guardarlo negli occhi. “Che ragazza giudiziosa, condivido la tua scelta. Il meglio va sempre alla fine.” Commentò malizioso l’uomo. “Come?” Lilith alzò gli occhi con un pezzo di ananas in bocca. “Nulla… Mangia, cara.” Mephisto chiuse gli occhi facendo aria con una mano. Sazia, la ragazza posò il contenitore con soltanto i pezzi di mela sulla scrivania. “Sono piena!” annunciò massaggiandosi la pancia. Mephisto buttando l’occhio ai pezzi avanzati non commentò. “Aspetta, metto in ordine…” Lilith si alzò in piedi infilando la scatola vuota del pranzo nel sacchetto. Come allungò la mano verso gli avanzi di macedonia un rumore provenne da sopra la sua testa facendola fermare con la mano a mezz’aria. Mephisto fece una faccia allucinata e serrò la bocca sudando freddo. “Boo.” La faccia di Amaimon a testa in giù comparve all’improvviso al fianco della ragazza a pochi centimetri dal suo naso. “Amaimon!” strillò lei in preda al panico scattando di lato. “Sei tornato!” la voce le si ruppe in gola per lo spavento. “Scusami ma vedendoti non ho saputo resistere.” La guardò con quei suoi occhi spenti. “Devo prendere una cosa.” Scendendo a terra con una capriola, braccò la ragazza ribaltandola quasi all’indietro con un bacio bramoso. Mephisto senza parole inspirò profondamente facendosi torvo in viso. “Finalmente.” Mormorò il ragazzo staccandosi da lei. Rimase immobile a qualche centimetro dalle sue labbra respirando profondamente la sua essenza. Lilith strabuzzò gli occhi inerme. “Oi, io ho bussato!” Lamia spalancando la porta fece irruzione nello studio di Mephisto interrompendo le effusioni. “Lilith, sapevo che ti avrei trovata qui.” Fece due passi all’interno arrestandosi di colpo. “Oh…” sogghignò vedendo Amaimon in piedi davanti alla sorella. “Tu devi essere il famoso Amaimon…” lo studiò avvicinandosi a loro. Notò Mephisto alla scrivania e lo guardò male. “Lamia!” la ragazza sussurrò il suo nome tremando. “Scusate, ma sono costretta a riprendermi la sorella...” Senza staccare gli occhi di ghiaccio da Mephisto si avvicinò a Lilith prendendola in spalla di peso. “Oi! Ma che fai!!” protestò lei aggrappandosi alla sua gonna. “Posso camminare! Non trattarmi come una bambina!” si dimenò Lilith graffiandole la schiena, “Se ti comporti come tale, io ti tratto come tale.” “Ma sentila!” la ragazza frugando sotto la sua gonna afferrò una porzione della coda celata di Lamia assestandovi un morso ben piazzato. La donna strillando mollò la presa e Lilith iniziò a saltare da tutte le parti. “Ah! Prendimi se ci riesci!” “Lilith, non farmi incazzare!” la intimò Lamia correndole dietro su tutte le furie. Così mentre la sorella spiccava un balzo capriolando all’indietro, l’afferrò al volo a testa in giù trascinandola fuori dallo studio a forza. “Lasciami, lasciami!” scalciò Lilith con testa e braccia imprigionate nella morsa della sorella maggiore. “Finiscila.” iniziarono a battibeccare uscendo dalla stanza in un groviglio di corpi sbattendosi la porta alle spalle. Amaimon e Mephisto, allibiti dallo spettacolo fissavano l’uscio serrato senza parole. “Ah… Sorelle.” Commentò l’uomo sospirando. Amaimon voltandosi verso di lui non aprì bocca se non quando notò la macedonia avanzata rimasta sulla scrivania. “Ma guarda un po’… Non ha toccato le mele…” osservò incuriosito.
“Non ci posso credere che Pizzetto lo abbia davvero liberato di nuovo!” Lamia buttò per terra Lilith ormai lontane dall’ufficio del preside. “Io non posso credere che tu mi abbia fatto fare una tale figuraccia!” si alzò la ragazza massaggiandosi la fronte. “Sciocchezze.” Sbuffò Lamia, “Piuttosto, che stava succedendo quando sono entrata?” “N…Niente.” Lilith distolse lo sguardo riprendendo a camminare con le sue gambe. “Lilith, parla.” Lamia l’afferrò per un polso molto seria. La ragazza continuò a tacere mettendo il broncio. “Ti ha baciata, dì la verità.” “Che!? Come fai a saperlo!?” Lilith sgranò gli occhi ritraendo la mano di scatto. “Si chiama battesimo della succube, razza di idiota. Te l’ho già detto.” La sorella scossò la testa avanzando lungo il corridoio. “Ormai Amaimon dipende da te e dai tuoi baci. Vorrà sentirne sempre di più il loro sapore finché non arriverà a compiere gesti estremi per avere di più.” Lamia le dette le spalle stringendo i pugni. “Regolati in base a ciò.” Aggiunse continuando a camminare. Lilith pietrificata guardava Lamia allontanarsi. “Lamia, aspettami!” le corse dietro. “Non c’è proprio niente da fare a riguardo?” chiese in preda al panico. “Oh, ti piacerebbe…” rispose l’altra sghignazzando sarcastica, “Purtroppo no. Sarà sempre peggio.” Guardò l’orizzonte sorridendo amaramente. “L’unica soluzione sarebbe stata che Mephisto avesse continuato a tenerlo imprigionato. Ma evidentemente ora gli serve libero.” “Che intendi dire?” Lilith alzò un sopracciglio dubbiosa, “Non lo so, chiedi a pizzetto.”. “Lamia…” “Tu cerca di stargli lontano. O di dargli ciò che chiede per non farlo innervosire. In ogni caso non hai molta scelta… Auguri.”.
Lamia ormai aveva un unico pensiero fisso: Yukio. Era arrivata quasi all’ossessione. Passeggiava per l’accademia in sua ricerca. Dopo aver mollato Lilith doveva trovarlo. Era con quella donna? Che rapporto c’era tra i due? La cosa la infastidiva nonostante non ne avesse motivo. “Stando ad Assiah mi sto rammollendo.” Pensò. I sentimenti umani la stavano contagiando. Provava gelosia, un sentimento nuovo. “Lamia, ti stavo cercando.” Una voce che non si sarebbe mai aspettata di sentire provenne alle sue spalle. “Oh, Yukio…” si voltò sogghignando sensuale. “Anche io ti cercavo…” sussurrò senza farsi sentire. “Dov’è Lilith?” chiese il ragazzo guardandosi intorno. Lamia fece una smorfia adirata. “Ah, fa niente… volevo comunicarvi una certa cosa ma penso che tu possa riferirle ciò che sto per dirti.” “Ovviamente.” Rispose la donna seccata. Yukio alzò un sopracciglio. “Sembri arrabbiata…” “No, nient’affatto.” Lamia incrociò le braccia, “Avanti, che volevi?” “La professoressa Kirigakure ha organizzato una spedizione nella foresta finalizzata al vostro addestramento. Partiamo domani mattina alle 8 in punto.” Si sistemò gli occhiali mantenendo un certo rigore. “Ho capito…” al nome di Shura, la donna aveva stretto i denti in preda alla crescente rabbia. Ma non lo dette troppo a vedere. “Ci sarai anche tu con noi?” gli fece gli occhi dolci dissimulando il nervoso, “Certamente. Detto questo buona giornata Lamia.” Con un piccolo inchino, Yukio provò a congedarla con garbo. “Professore!” la donna si voltò fermandogli il passo. “Sì?” il ragazzo la guardò composto, “Se avessimo bisogno di ulteriori indicazioni come potremo contattarti?” ebbe un lampo di genio. “Oh, giusto…” Yukio si frugò in tasca, “Voi siete le uniche che non hanno ancora il mio numero…” aggiunse estraendo il cellulare. “Di norma un professore non dovrebbe dare il suo numero agli studenti. Ma non vorrei mai perdervi nel bosco.” Guardò altrove. “Oh… Sono lusingata che ti preoccupi per me.” “No ecco… È la prassi…” balbettò accedendo alla rubrica. “Prego.” Rapido porse il telefono a Lamia affinché scrivesse il suo numero. “Fatto.” La donna glielo restituì altrettanto velocemente. “Hai messo anche il numero di Lilith?” “Il suo non me lo ricordo.” “Ah… Santa pazienza.” Sospirò. “Vorrà dire che andrò a cercarla di persona.” Scrollò le spalle appesantite dalla cartella. “Potrei scrivertelo per messaggio più tardi…” Lamia sogghignò posando le mani sui fianchi. “Oh, giusto. Anche così potrebbe funzionare.” Si raddrizzò gli occhiali con un gesto rapido. Lamia pareva soddisfatta. Aveva il suo numero. “Stasera ti scriverò anche il numero della professoressa Kirigakure.” Non la degnò di uno sguardo, “Dunque, buon pomeriggio.” Yukio si avviò definitivamente per la sua strada facendo digrignare i denti a Lamia. Ancora lei…
“Lamia questa volta ha ragione…” sospirò Lilith parlando da sola. Però non si spiegava del perché continuasse a dileguarsi senza dirle dove andava. La caccia aveva dovuto abbandonarla. Quindi proprio non ne aveva idea. Anche se in minima parte aveva percepito in lei un qualche cambiamento. Era strana, come in preda a un battesimo della succube. “Qui qualcosa puzza…” mormorò grattandosi le labbra soprappensiero. “Hei, tu.” La testa di Amaimon le comparve a sorpresa davanti al naso per la seconda volta. La ragazza strillò cadendo all’indietro nel prato. Il demone la fissava a testa in giù penzolando da un albero sopra al sentiero. “Lo sai che è un peccato sprecare il cibo?” la canzonò dondolando. “Amaimon!” spalancò gli occhi Lilith. “Mi ha dato un po’ fastidio che tua sorella ci abbia interrotti proprio sul più bello.” Scese a terra cascando sui suoi piedi, “Anche perché non avevo ancora finito di parlare con te.” Si avvicinò a lei mentre si stava rialzando. “Dove sei stato fino ad ora?” Lilith s’intromise nel monologo, “Confinato.” Amaimon la fissò con gli occhi spenti. “Dunque…” continuò a parlare, “Prima non avrei potuto comunque arrivare al punto davanti a mio fratello…” era sempre più vicino, “Fatto sta che nonostante le premesse e i rimproveri, sono ancora assolutamente intenzionato a vederti trasformata.” I suoi occhi fiammeggianti erano a pochi centimetri dai suoi. Lilith boccheggiò inerme. Quello sguardo l’aveva atterrita. “Io non lo farei se fossi in te.” Bisbigliò. “Shh, non parlare.” Lui la zittì mormorando, “Non so che cosa tu mi abbia fatto ma solo sentendo il tuo odore mi vengono i brividi.” Parlò piano senza distogliere lo sguardo. “Il tuo profumo… La tua pelle… È così invitante…” le sfiorò le labbra senza alcuna espressione, “Devi essere mia.” Il suo respiro sfiorava il viso di Lilith, caldo come le fiamme. “Sei mia.” Con uno scatto prese il viso di Lilith tra le mani baciandola possessivo. La sensazione era quella che volesse prosciugarle l’anima. La ragazza non si muoveva, passivamente partecipava al rito a occhi chiusi. Strinse Amaimon con le unghie, cominciava a mancarle il respiro. La lingua del ragazzo premeva contro la sua insistentemente. Quando il bacio si sciolse avevano il fiatone. Si guardarono negli occhi per qualche istante senza proferire parola. “Ora, trasformati. È un ordine.” Il ragazzo cambiò sguardo. Pur nella sua mono espressività, Lilith gli vedeva l’ossessione balenargli negli occhi.  La tensione palpabile fu però spezzata dallo squillare di un cellulare. Era quello di Lilith. Arretrando di qualche passo rispose rapida e la voce di Lamia dall’altro capo la fece sussultare. “Lilith, non ci crederai, ho il numero di Yukio!” starnazzava come un’oca. Che c’entrava adesso Yukio? “Lamia… Posso richiamarti?” la ragazza deglutì rumorosamente vedendo Amaimon avvicinarsi di nuovo, “È un fottuto evento epocale wow! Questo a parte devi tornare subito qui. Muovi il culo, intesi!?” la sorella continuava a schiamazzare. “Capisco ma…” indietreggiando sempre di più, ad un certo punto chiuse gli occhi e quando li riaprì, Amaimon era sparito. “Lilith, ci sei!?” la voce della sorella usciva imperterrita dall’apparecchio. Senza rispondere, le chiuse il telefono in faccia e fissando le selve sentì una stranissima sensazione. 

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Capitolo 13
*** Capitolo XIII ***


CAP 13

“Da oggi cominciano ufficialmente le vacanze estive…” Yukio in piedi davanti alla stazione dei treni dell’accademia della Vera Croce parlava alla classe, “…E per voi comincia il ritiro di 3 giorni nei boschi.”. I ragazzi sembravano tutti molto eccitati all’idea del campeggio. “Campeggio significa tette.” bisbigliò Shima facendo il gesto di vittoria a Bon che alzò gli occhi al cielo. “Shima…” sospirò Koneko guardando Lamia in prima fila. La donna sogghignava a Yukio che invece cercava di ignorarla. “Ad accompagnarvi saremo io e la professoressa Kirigakure.” Aggiunse il professore accennando alla collega al suo fianco. Lilith accanto alla sorella la notò irrigidirsi senza apparente motivo. “Heilà…” Shura salutò tutta tranquilla la classe. “Nella prima parte delle vacanze estive ci concentreremo sul ritiro e sul corso speciale.” Yukio continuò a parlare imperterrito, nonostante gli sguardi ipnotici di Lamia, “Testeremo le vostre capacità di partecipazione alle missioni sul campo.” Concluse la frase con un mezzo sorriso. “Dato che è molto importante, impegnatevi tutti.” Aggiunse serio. “Ci mancherebbe altro…” Kamiki incrociò le braccia sbuffando. “Certamente, professore!” Shiemi alzò la mano energica e assieme a lei seguirono gli altri ragazzi. “Sicuro…” sogghignò Lamia.
“Saremo anche esorcisti… Ma in questo momento mi sento più un soldato da marcia.” Sbottò Ryuji mentre in fila indiana si stavano arrampicando su per il tortuoso sentiero che conduceva alla cima del monte. “Ryuji, sei solo un debole.” Commentò Kamiki stizzita, “Vogliamo già litigare, donna!?”. “Ah… Ci risiamo…” Shima sospirò battendo la mano sulla spalla si Koneko. “Rin, perché sei tanto felice?” Shiemi si affiancò al ragazzo mentre camminavano. “Mettere alla prova le mie capacità è sempre stimolante!” sorrise lui pieno di energie, “Oh…” la ragazza arrossì. “Lilith, devo dirti una cosa…” Lamia sussurrò alle spalle della sorella, “Che c’è?” la piccola si voltò di scatto coi brividi lungo la schiena, “Yukio…” la donna guardò il professorino in testa alla fila accanto a Shura, “Non mi ostacolare. Ho il permesso di pizzetto.” “Che significa!?” strillò Lilith e Lamia le tappò lesta la bocca. “Nulla, era solo per avvertirti. Tu non intrometterti.” La ragazzina la guardò con gli occhi sbarrati senza dire beo. Fortunatamente nessuno si era reso conto di loro, intenti com’erano a seguire il sentiero tortuoso. Arrivati finalmente in cima arrivò il momento di piantare le tende. “Eccoci arrivati!” annunciò Shura aprendo le braccia, “E che giornata splendida. Dev’essere proprio vero che il sole bacia i belli!” disse alzando la testa alla luce che filtrava dai rami chiudendo gli occhi beata. “…E secca gli stronzi.” Commentò acida tra i denti Lamia intenta a piantare un picchetto. Lilith la guardò stringendo le labbra frenando il suo istinto d’intervenire. “Possibile che Lamia abbia qualcosa contro Shura?” pensò facendo poi spallucce. “Oi ragazzi, dove monto questa?” domandò Ryuji prendendo la seconda tenda, “A destra.” Yukio gli dette le direttive buttando l’occhio verso le ragazze intente a montare l’altra. Lamia gli sorrise tutta sensuale facendolo arrossire lievemente. Shiemi nel frattempo stava sistemando il fornelletto per cucinare il pranzo assieme alla riluttante Kamiki. “Senti tu, si monta così…” Izumo strappò di mano la pentola a Shiemi mettendola da parte. “La pentola ora non ci serve!” mortificò la compagna che annuì con gli occhi lucidi sentendosi incredibilmente inadeguata. “Chi cucina oggi?” si sbracciò Shura per attirare l’attenzione, “Io!” Rin alzò la mano tutto contento e gli altri non poterono che esserne lieti. “Meno male che ci pensa lui…” disse Shima asciugandosi il sudore. Sistemato il punto cucina, Shiemi e Izumo si occuparono rapide del cerchio protettivo tutto intorno alle tende. Così dopo un pomeriggio passato a sistemare il campo, arrivò la sera. Erano tutti radunati attorno al fuoco intenti a gustare la deliziosa cena preparata da Rin. “Visto che ormai abbiamo finito di cenare, vi spiegherò in che cosa consiste l’addestramento che stiamo per intraprendere.” Yukio si alzò in piedi posando la ciotola spazzolata. “Prova di coraggio! Prova di coraggio!” Shura, che aveva bevuto una birra di troppo, era parecchio brilla ed esaltata, “Shura, stiamo lavorando.” Il ragazzo la richiamò all’ordine. Lamia fissò i due con ancora la sua cena intatta. Aveva dimenticato la sua scorta di sangue a casa e non aveva intenzione di mangiare quella roba. Lilith invece stava gustando lo spezzatino meravigliata dalla sua bontà. “Dunque, la spiegazione…” Yukio riprese in mano la situazione con garbo, “Dovrete sparpagliarvi nelle quattro direzioni a partire da questa base…” parlò piano gesticolando, “…E cercare di accendere le lanterne che sono in questo bosco.” Disse solenne. “Chi nei prossimi tre giorni riuscirà ad accendere una di quelle lanterne e tornare sano e salvo al campo allora avrà il diritto di partecipare a tutte le missioni.” Aggiunse dandosi un colpetto agli occhiali. “Capito…” mormorò Rin socchiudendo la bocca. “Vi dico subito che ci sono tre lanterne.” Continuò Yukio tirandosi su le maniche della camicia, “Si trovano da qualche parte in un raggio di 500 metri dalla base.” Disse facendo piccoli gesti con le braccia. “In altre parole ci sono solo tre biglietti d’ingresso per ottenere il diritto di partecipare alle missioni.” Aggiunse atono. Shura nel frattempo era sulla via del collasso per la gioia di Lamia. “Ora vi illustrerò il contenuto degli zaini che vi ho distribuito prima di cena.” Yukio ne sollevò uno aprendolo con uno scatto. Mentre mostrava la carrellata di oggetti per la sopravvivenza di cui erano forniti, Lilith guardava le fronde del bosco nero sentendosi la pelle d’oca. “Come vi ho già detto, questo bosco di notte diventa un nido di demoni di categoria bassa. Dovreste riuscire a sgominarli con le vostre abilità.” Yukio posò a terra lo zaino soddisfatto. “Ovviamente…” il ragazzo prese in mano un tubo rosso fuoco, “Se vi sentite in pericolo accendete questo fuoco d’artificio e io e la professoressa Kirigakure…” guardò la donna in preda alla sbronza sdraiata a terra, “…Verremo a riprendervi all’istante…” deglutì in imbarazzo. “Chi accende il fuoco d’artificio però sia chiaro che sarà considerato fuori dai giochi.” A quelle parole gli studenti sbiancarono. Tutti tranne Lamia e Lilith che erano diventate molto più pallide alla vista dell’acqua santa dentro i loro zaini. Le ragazze si consideravano di già fuori dai giochi. Quando Yukio ebbe finito di elencare le varie possibilità per le quali gli studenti sarebbero stati squalificati, tutti si misero ai posti di combattimento. Shura, ora un po’ più in forma si avvicinò a Rin sussurrandogli qualcosa in proposito alle fiamme di satana all’orecchio. “Vedi di tenerle a bada.” Apparentemente lucida lo avvertì per poi tornare a sdraiarsi dalle tende. Lilith guardò Lamia dalla sua posizione ai limiti del cerchio magico troppo debole per nuocere loro. Che dovevano fare? Che aveva intenzione di fare? Lamia la guardò sogghignando. “Ai posti di partenza…” Yukio sollevò in aria la sua pistola al centro del campo. “Via!” gridò sparando un colpo al cielo stabilendo l’inizio della competizione. Tutti scattarono nella foresta ognuno per conto proprio. Lilith in preda all’euforia perse di vista Lamia trovandosi da sola sperduta nei meandri della vegetazione. All’orizzonte nessun demone e soltanto un silenzio tombale. Dall’altra parte invece le cose non stavano andando così bene. I ragazzi si trovarono all’improvviso attaccati da miriadi di falene demoniache. Shiemi strillò in mezzo allo sciame senza nessuno che la potesse salvare. Rin poco più lontano sentendo il suo urlo tentò di localizzarla iniziando a correre verso la fonte del rumore. Gli altri invece bene o male se la stavano cavando. Kamiki aveva evocate le sue volpi e stava sbaragliando i fastidiosi insetti tutta sola. Bon, Koneko e Shima si erano invece affidati a un altro tipo di arte. Rin giunto nei pressi di Shiemi dimenticò ciò che Shura gli aveva appena detto e sfoderando in automatico le sue fiamme mise fuori pericolo l’amica senza rendersi conto che Ryuji, a pochi alberi di distanza, aveva colto il bagliore bluaceo con la coda dell’occhio. “Shiemi, tutto bene!?” Rin s’inginocchio per aiutare l’amica. “Che diavolo erano quelle fiamme!?” Suguro comparve tra i cespugli approcciando i due. “Ryuji!” Rin si voltò verso il compagno come se avesse appena visto un fantasma. Shiemi mezza svenuta biascicò qualcosa tra le sue braccia. “Che le è successo?” Suguro cambiò rapido discorso inginocchiandosi. Nel frattempo al campo Shura stava continuando a tracannare alcol e Yukio non sapendo come fermarla si limitava a guardarla inerme. “L’esercitazione non è iniziata da nemmeno dieci minuti e lui ha già usato le sue fiamme blu…” la donna alzò la lattina al cielo come se stesse brindando all’aria. Il ragazzo cominciò a sudare freddo. “Prima o poi arriverà il momento in cui non sarà più possibile nascondere mio fratello…” deglutì pensieroso, “Tranquillo… Ho deciso di non fare rapporto.” “Che!?” “Esatto… voglio insegnargli ad usare la spada. Ha detto di voler diventare Paladin e la cosa si fa interessante.” Ridacchiò posando a terra la birra. “E poi quello là lo troverebbe sicuramente un intrattenimento interessante starlo a guardare…” Shura guardò le cime degli alberi in lontananza leccandosi le labbra. “Sa benissimo che siamo qua. Che donna presuntuosa…” Amaimon commentò nascosto tra le fronde. “Amaimon, hai finito di salutare il signore della foresta?” gli chiese Mephisto aggrappato al suo ombrello volante, “Ho ucciso parecchi dei suoi. Farà tutto quello che gli ordinerò.” Rispose il demone mordendosi l’unghia del pollice. “Stavolta dovrai fare quello che ti dico io.” Mephisto lo fulminò con lo sguardo. “E di Lilith che mi dici?” Assente, Amaimon fissava un punto vicino nella foresta. Aveva individuato la ragazza e non le staccava gli occhi di dosso. Senza rendersene conto, si stava avvicinando a loro. “Amaimon… Devi occuparti di Rin Okumura.” Ma il fratello non lo stava ascoltando. “Non voglio più dover intervenire per farti stare lontano da lei, intesi?” nessuna risposta. Lilith camminava nel buio senza sapere dove andare. Vagava nel silenzio quando all’improvviso alzando la testa vide Mephisto stagliarsi sul cielo stellato. Accanto a lui una figura nera si era appena lanciata nella vegetazione sparendo nel nulla. Che ci facevano loro qui? Si chiese la ragazza andando in quella direzione. Un po’ era contenta di vederli. Anche se per Amaimon non sarebbe dovuta esserlo. “Che palle.” Lamia dall’esatta parte opposta si era già stancata di questa buffonata. Che senso aveva per lei parteciparvi se tecnicamente non avrebbe nemmeno dovuto farlo? Fermandosi ai piedi di un vecchio albero mollò a terra lo zaino sedendovisi accanto svogliata. Girandosi i pollici non sapeva che fare. “Cristo santo… Avrei quasi voglia di scolarmi l’acqua santa e farla finita qui.” Alzò gli occhi al cielo in preda alla noia. I demoni di categoria bassa che popolavano quel bosco se ne stavano accuratamente alla larga da quelli come Lamia e Lilith. Per cui non avevano nemmeno un modo di passarsi il tempo costrette alla solitudine asfissiante.  “Se solo non fossi costretta a stare qui sarei già tornata dal professorino…” digrignò i denti, “Se solo penso che quell’ubriacona è con lui senza controllo…” iniziò a tremare dal nervoso. “Come diavolo faccio a procedere col battesimo standogli così lontana?” sospirò. “Vediamo quanti strumenti del terrore ci sono qui dentro…” rassegnata, la donna aprì con uno strattone lo zaino tirando fuori con due dita proprio la boccetta di acqua santa. “VADE RETRO!” la lanciò lontana con violenza. “Che altro?” ficcò il braccio fino a toccare il fondo e giocando alla pesca della fortuna ne estrasse un’asticella rosso fuoco sormontata da un piccolo cilindro dotato di miccia. “E questo?” alzò un sopracciglio con un mezzo ghigno. “Forse ho un’idea…” ricordandosi delle parole di Yukio cercò i fiammiferi.
Shiemi si era appena ripresa quando il cellulare di Bon squillò. “Mi è appena arrivato un messaggio da Koneko.” Disse aprendo la casella postale. “Ragazzi, che è successo?” la ragazza si massaggiò la testa disorientata, “Sei svenuta dopo che le falene ti hanno attaccata…” “Ah…” “Hei voi. Koneko ha trovato la lanterna ma dice di essersi reso conto che da soli è impossibile da sollevare. Chiede di collaborare.” Guardandoli Serio, Suguro chiuse il telefono rimettendoselo in tasca. “Andiamo.”.
“Mephisto!” sussurrò Lilith col naso per aria arrivata sotto di lui. “Lilith?” l’uomo abbassò lo sguardo sorpreso. Non si era reso conto della sua presenza. O almeno così pareva. “Che ci fai tu qui?” “Potrei farti la stessa domanda…” la ragazza mise il broncio. “Era Amaimon quello che ho visto dileguarsi?” aggiunse seria. Mephisto grattandosi il pizzetto scese a terra planando con grazia. “Immagino tu abbia bisogno ti spiegazioni…” “Già…” “Allora vieni con me.” Cingendole la vita fece comparire una poltrona dal nulla in mezzo a una potente onda di fumo bianco e stelline. Accomodandosi rapido sulla seduta con la piccola adagiata sulle sue lunghe gambe, spiccò nuovamente il volo fermandosi appena sopra le cime degli alberi. “Perdonami, ma non posso permettere che Amaimon venga distratto di nuovo.” Le sorrise tenendola ben stretta. “Che significa!?” “Shh… Non ti agitare. In ogni caso ti annoierai di meno stando in mia compagnia. Godiamoci assieme lo spettacolo.” Le rispose avvicinandosi al suo viso con uno sguardo malizioso. “Sei capitata proprio a fagiolo…”.
Yukio camminava avanti e indietro guardando ogni tanto l’orologio. “Ormai almeno una lanterna dovrebbero già averla trovata…” parlò tra sé e sé pensieroso. Shura era stesa a terra circondata da lattine prosciugate. All’improvviso uno scoppio attirò la loro attenzione. Nell’alto del cielo si stagliò una colonna luminosa e spumeggiante culminando in una lucina rosso abbagliante. “Qualcuno ha acceso il fuoco d’artificio!” Yukio guardò allarmato Shura, completamente in balia della sbornia. “Ah… Vai tu a vedere…” gli fece sciò con una mano sbadigliando. “E va bene…” seccato per il comportamento poco professionale della donna, tirandosi su le maniche afferrò l’occorrente per il salvataggio sparendo nella boscaglia in direzione del fuoco. Nel frattempo, gli altri studenti erano riusciti a trovare la lanterna e ad accenderla collaborando. Nessuno era stato escluso e seguendo strategia dopo strategia stavano riuscendo a riportarla al campo. “Oi! C’è nessuno!?” Yukio giunse sul punto x in una ventina di minuti. Le orecchie di lamia guizzarono come api attratte dal miele. Il suo piano aveva funzionato. “Yukio?” alzandosi in piedi fece il giro dell’albero trovandoselo davanti. “Lamia!” il ragazzo sussultò reggendosi gli occhiali con un dito. La donna fiutando l’aria non poté che iniziare a ghignare soddisfatta non sentendo la presenza di Shura. “Sei stata tu ad accendere il dardo?” le chiese poi il professore ricomponendosi. “Esatto… Mi ero stancata di aspettare.” “Cosa intendi dire?” il ragazzo non capiva. Lamia di tutta risposta si avvicinò a lui lentamente. “Sei venuto a salvarmi tutto solo?” “Non vedo pericoli…” “Meglio così…” la donna guardò in basso leccandosi le labbra. “Credo sia giunto il momento di farti una confessione.” Lo guardò negli occhi facendolo arrossire. “Lamia, sono un tuo professore. Sono qui per riportarti al campo, andiamo. L’importante è che tu sia sana e salva.” Senza perdere l’autocontrollo, Yukio si calcò gli occhiali sul naso invitandola a seguirlo. “Yukio… proprio non capisci…” Lamia cambiò espressione. Il suo volto sembrava disperato al che Yukio deglutì paralizzato dall’imbarazzo. “Io…” continuò sempre più vicina. Yukio non si muoveva di un passo. Il cuore gli martellava in gola. Attorno a lui non vedeva demoni ma percepiva una forza misteriosa molto potente provenire da chissà dove. “Io…”.
“Yukio, Shura! Ce l’abbiamo fatta!” dopo mille peripezie, Rin e gli altri ragazzi raggiunsero di nuovo il campo con la lanterna gigante al seguito. “Oh, che bellezza… Ci siete tutti… O quasi.” La donna si alzò spazzandosi la bocca dalla birra. “Dov’è Yukio?” il ragazzo si accorse della sua mancanza. “Manca anche Lilith!” Shiemi superò Rin trafelata, “E Lamia…” Ryuji guardò truce la foresta. “Non le abbiamo nemmeno incontrate nel bosco.” Aggiunse pensieroso. “Non dirmelo, si sono perse!?” Shima sbarrò gli occhi, “Non posso accettare l’idea di non vedere più quelle bocce…” “Shima!” Koneko lo richiamò come suo solito. “Ahi…” Shiemi strillò in preda a una fitta al collo. “Shiemi!” Rin le si avvicinò rapido, “Che succede?” “Il collo…” la ragazza se lo massaggiò dolorante. “Il collo!? Di nuovo!?” Bon era paonazzo. Izumo distolse lo sguardo con una smorfia. “Fermi tutti…” Shura si fece seria esaminando la radura silenziosa. All’improvviso una sagoma piombò dal cielo atterrando sul prato a pochi metri dal gruppo. “Hop!” Amaimon posò i piedi a terra tenendo al guinzaglio un Goblin minaccioso, “Ma, è il tizio dell’altra volta!” gridò Rin indietreggiando mentre Shiemi lamentava ancora dolori. “Vai, Behemoth!” il demone sguinzagliò la sua creatura contro i ragazzi. “State indietro!” Shura sguainò un sigillo mettendolo a tacere. Un’esplosione potentissima sbalzò via Amaimon che atterrò tra i rami di uno degli alberi al di sotto di Lilith e Mephisto. L’uomo aveva fatto comparire dal nulla un vassoio di pasticcini e del tè inglese che stava sorseggiando beato assieme alla ragazza, un po’ riluttante. “Amaimon!” mormorò lei venendo zittita da Mephisto con un bignè che le tappò la bocca. “Eheh… Speravo di godermi lo spettacolo beato sorseggiandomi un po’ di tè ma a quanto pare la faccenda si è fatta più movimentata del previsto…” commentò sogghignando. “Che intendi fare, Amaimon?” il ragazzo senza aver visto Lilith non si voltò neanche, “Ho intenzione di ucciderli.” “Non lo farai. Prova ad ucciderne anche solo uno ed io ucciderò te.” “Capito. Scusa non lo farò. Cercherò di trattenermi.” “Non che tu ci sia riuscito bene di recente.” Commentò Lilith ingoiando il dolcetto. Mephisto la guardò sgranando gli occhi e Amaimon sentendo la voce della ragazza si voltò di scatto. “Lilith!” respirò affannosamente. “Non c’è tempo per questo, fila!” schioccando le dita Mephisto traslò Amaimon su un albero distante facendolo sparire dalla loro vista. “C’è mancato poco…” Mephisto digrignò i denti portandosi alla bocca la tazzina. “Coraggio tesoro, fai la brava… Almeno tu…” ammorbidendo i toni guardò Lilith che ammutolita aveva ficcato il naso nella sua tazzina bevendo in silenzio un po’ imbarazzata. Sotto di loro gli studenti erano tutti in fermento. “Chi diavolo era quello!?” sbottò Suguro rivolgendosi a Shura. “Nessuno.” La donna sequestrò con uno strattone la spada a Rin. “Oi, che ti prende! Mi serve!” “Non in questo scontro… provaci…” rispose lei sfidandolo. “Amaimon è un pezzo grosso ma puoi batterlo anche senza.” “Shiemi, dove stai andando!?” Shima strillò alla ragazza che come in preda a un trance stava avanzando verso gli alberi. “Shiemi!” Rin lasciò perdere la discussione azzardando un passo verso di lei.
“Io…” Lamia era ormai vicinissima al ragazzo. “Lamia, ho il dovere di interromperti e riportarti al campo.” Integerrimo alzò un braccio per fermare la sua avanzata. “Coraggio, andiamo.” “…Ho bisogno di battezzarti.” Mormorò. Prendendogli la mano, la donna lo tirò a sé e con un movimento fluido e aggraziato gli sfiorò le labbra con le sue. Il ragazzo s’irrigidì all’istante spalancando gli occhi. “Shhh…” lamia rassicurandolo chiuse le palpebre baciandolo con più impeto costringendolo a capitolare. Qualcosa nello sguardo di Yukio cambiò. Adesso era legato alla demone. Era diventato di sua proprietà. Il battesimo si stava compiendo.
“Mephisto…” Lilith posò sulle cosce la tazzina vuota. “Vuoi altro tè?” l’uomo la guardò ma la ragazza scossò la testa. Il suo braccio le cingeva ancora la vita impedendole di fuggire nel caso avesse voluto. “Ora puoi anche lasciarmi… Non scapperò. Promesso.” Mephisto alzò un sopracciglio senza mollare la presa. “E dire che io così sto così comodo…” osservò sorridendole astuto. Lilith strinse le labbra guardando la radura del campo. “Dov’è finito Amaimon?” chiese poi titubante cambiando discorso. “Presto lo vedrai…” le rispose lui atono. All’improvviso il ragazzo comparve come previsto dal folto del bosco tornando al cospetto degli studenti. Shiemi si era fermata di fronte a lui, come svuotata dalla sua anima. “Shiemi!” Rin continuò a gridare, “Cosa le hai fatto!?” si rivolse ad Amaimon facendo per saltargli addosso ma Shura lo fermò sguainando la spada. “Una femmina di Chuchii ha deposto le uova dentro di lei… ora è sotto il mio controllo.” Rispose il demone prendendo in braccio la ragazza comatosa. “Addio.” Balzò in alto correndo tra gli alberi. “Fermo!” Rin si lanciò al loro inseguimento scansando la lama di Shura. “Non è possibile…” Lilith socchiuse la bocca di fronte alla scena. “Qual è il vostro piano?” si voltò verso Mephisto confusa, “Oh… Sarà una sorpresa…” le rispose lui sorridendo, “Vieni, seguiamo i loro spostamenti.” La poltrona muovendosi da sola fluttuò verso il cuore dello scontro.
“È stato… Perfetto…” sussurrò Lamia allontanando le labbra da quelle di Yukio. Il ragazzo sbattendo un paio di volte le palpebre guardò la donna negli occhi sconvolto. Le sue guance parevano in fiamme. “Lamia…” mormorò inerme. “Ora sei mio, professorino.” Sogghignò la donna soddisfatta. “Solo mio…” accarezzandogli la guancia con la punta del naso percorse l’incavo della mandibola fermandosi sul collo dove assaporò l’essenza del ragazzo. “Cos’è appena successo?” Yukio deglutì paralizzato, al che la donna sollevò la testa fiera, “Yukio… Quello che volevo dirti è che io sono una succube e tu…” il ragazzo socchiuse la bocca sentendo una strana sensazione nel retro della nuca, “Hai appena avuto l’onore di essere battezzato dalla terza donna più potente di tutta Gehenna.”. 

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Capitolo 14
*** Capitolo XIV ***


CAP 14

“Restituiscici immediatamente Shiemi!” Rin aveva raggiunto Amaimon respirando affannosamente. La grinta non gli mancava. “Aspetta!” continuò a strillare correndogli dietro, “Si può sapere che vuoi da me!? E che vuoi farle!?” Amaimon si fermò sul ramo di un albero. “Ah…” il demone guardò la ragazza senza alcuna espressione. “Ho deciso… Ne farò la mia sposa.”. Lilith deglutì rumorosamente assistendo alla conversazione dall’alto. Mephisto percepì i muscoli della ragazza irrigidirsi e la guardò arricciando il naso. “Ehh!?” Rin spalancò la bocca incredulo, “Dobbiamo sposarci in fretta…” Amaimon continuò a parlare senza sentimento, “Prometti di rimanere al mio fianco…” mentre recitava le promesse, Lilith sentiva sempre di più crescerle dentro un fastidio. “…Finché morte non ci separi?” Amaimon guardò Shiemi catatonica senza aspettare risposta. “Bene, e ora al posto del bacio… un bel morso!” annunciò spalancando le fauci aguzze. “Non ci provare!” Rin con uno scatto saltò sul ramo colpendolo in testa con la spada ancora nel fodero. L’aveva strappata a Shura nel trambusto ma aveva giurato a se stesso di non aprirla.
“Lilith, Lilith, Lilith…” Mephisto con due dita ruotò il viso della ragazza per avere la sua completa attenzione. “Ti vedo tesa…” sogghignò velatamente. La ragazza abbassò lo sguardo liberandosi dalla presa di Mephisto con un gesto delicato. “Provo un certo fastidio. Tutto qui.” Tornò a guardare Amaimon, di nuovo in fuga con Shiemi in spalla. “Ora sai cosa si prova ad essere gelosi…” a quelle parole, Lilith tornò a girarsi di scatto verso Mephisto. “Perché mi dici questo..?” sbattè le ciglia confusa, “Non sarai mica… geloso di me?” Mephisto si astenne dal rispondere. “Non dirmi che vuoi un bacio anche tu.” “Oh Lilith…” sospirò l’uomo divenuto un po’ malinconico alla proposta. “Lo vuoi?” la ragazza sollevò la schiena avvicinando il volto al suo. Mephisto si lasciò sfuggire un sorrisetto amaro. “Ma tu…” Sussurrò guardandola dritto negli occhi, “Me lo hai già dato.” Le accarezzò la guancia sfiorandola con le sue lunghe dita.
“La terza donna più potente di tutta Gehenna…” mormorò Yukio parlando più a se stesso che a lamia. “Lo sapevo. Avevo ragione a sospettare che fossi un demone.” Tornato in sé la spinse via indietreggiando con la pistola in pugno. “Hei, hei… Che combini?” Lo canzonò la donna. “Di che battesimo parli?” il ragazzo le puntò contro l’arma carica. “Pensi davvero che quei ridicoli proiettili possano farmi qualcosa?” “Parla.” La intimò serio. Lamia roteando gli occhi si lasciò sfuggire un lungo sospiro. “Mettiti comodo, è una storia lunga.” Disse aggrottando le sopracciglia. “Tutto ha avuto origine con Eva. O per lo meno con quella che si spaccia per la cosiddetta Eva degli inferi, la regina delle succubi. Non è nient’altro che mia madre. Mia e di Lilith.” Yukio sgranò gli occhi. “Ma certo… Se Lilith è tua sorella anche lei dev’essere un demone!” sbottò in preda al panico. “Calmati, bambolo. Lei è innocua. Nostra madre la tiene sotto controllo e se si lasciasse dominare dai suoi istinti di demone, la megera tornerebbe a riprendersela condannandoci a un destino infame.” Lamia parlava piano, più seria che mai. Yukio allora abbassò il braccio tremante. “Perché siete qui? Che volete?” “Non Abbiamo cattive intenzioni. Siamo scappate di casa per poter essere felici. E tornando al battesimo…” distolse lo sguardo per cercare le parole giuste, “Quello è un modo che hanno le succubi per cibarsi.” “Che intendi dire!?” Yukio alzò nuovamente il braccio. “Calmati, non ho intenzione di ucciderti. Ci mancherebbe…” sogghignò la donna, “Tu ora sei diventato la mia fonte primaria di sangue. Il bacio che ti ho dato ti lega a me indissolubilmente. Non ti ruberò l’anima, non ti torturerò e non ho nemmeno intenzione di renderti mio schiavo. Ti chiedo soltanto un aiuto.” “Perché dovrei aiutare un demone?” “Sbaglio o lo fai già con tuo fratello?” Yukio impallidì. “Lui è mio fratello.” “E Lilith è mia sorella. Lo sto facendo per lei.” “Capisco.”. Seguì un lungo silenzio. “Ti chiedo solo di prestarmi il tuo collo per non poter nuocere a nessun altro studente dell’accademia per procacciarmi sangue.” “Allora eri tu il demone succhia sangue del mese scorso!” “Sì… Mi dispiace di aver perso il controllo… Ma è complicato.” Ammise Lamia sospirando. Yukio non disse nulla ma lentamente rinfoderò la pistola. “Che cosa mi succederà d’ora in poi?” Yukio non sembrava più in escandescenza. Stava affrontando la situazione con incredibile logica. “Non guardarmi come se fossi impazzito. Se come hai detto tu ora ti sono legato immagino di non potermi opporre. E se questo contribuirà a garantire la salvezza degli altri studenti, ben venga.”. Lamia sgranò gli occhi colpita dal suo sangue freddo. “D’ora in poi… Sentirai sempre di più il desiderio di starmi accanto. Bramerai i miei baci e mi permetterai di bere il tuo caldo sangue.” “Va bene. Il preside lo sa?” “Sì. È stato lui a indicare te come bersaglio.”. Silenzio. “Ho capito. Avrei preferito saperlo con un po’ di anticipo.” “Posso immaginare… Ma ormai non si può più tornare indietro…” Lamia tornò ad avvicinarsi a lui, “Per un periodo ho campato con una bottiglia del suo sangue… Ma il tuo è di gran lunga meglio.” Yukio la guardò ammutolito mentre si avvicinava sinuosa, “Il sangue della persona per cui si prova attrazione è sempre più buono.” Gli sussurrò all’orecchio. “Mi trovi attraente?” Yukio arrossì senza scomporsi, “Credo sia stata proprio una fortuita coincidenza che proprio tu mi fossi destinato…” “Capisco…” “Mi desideri?” “Non posso dirti di no.” “Sei mio?” “Immagino di sì.” Qualsiasi opposizione sarebbe stata inutile. Lamia sogghignando gli sfiorò una seconda volta le labbra. “Vedrai, non sarà tanto male… Finirà per piacerti.” Sussurrando ciò baciò Yukio senza più remore. “Ovviamente, è un segreto.” La donna interruppe il bacio a metà lasciandolo sulle spine. Yukio si sentì all’improvviso esattamente come Lamia aveva descritto i sintomi del dopo battesimo. Ormai era soggiogato e la sua razionalità stava passando in secondo piano.
Rin non ci vedeva più dalla rabbia. Aveva ingaggiato uno scontro senza fine con Amaimon il quale nonostante tenesse ben salda Shiemi su una spalla stava avendo la meglio. “Ma che strano. Questa ragazza non è importante per te?” domandò il demone a Rin steso atterra in una valle di detriti e fumo. Stavano radendo al suolo mezza foresta. “Che significa che ti ho già baciato?” Lilith non capiva. Fissava allucinata Mephisto come se stesse risolvendo una complicata equazione matematica. “Mhpf…Mia principessa…” sogghignò accarezzandole i capelli, “La tua ingenuità mi attrae…” socchiuse gli occhi avvicinandosi vertiginosamente a lei. “Quel giorno è ormai lontano ma lo ricordo come se fosse ieri. O domani.” Ridacchiò lasciando libera la sua ciocca bionda. “Solo che a differenza del mio fratellino, io so domare i miei impulsi.” Lilith lo ascoltava in silenzio, con la testa affollata da mille pensieri. “Se non ti sto saltando addosso in questo esatto momento è perché sono un gentiluomo.” Aggiunse Mephisto mormorando al suo orecchio con una voce incredibilmente profonda. La schiena della ragazza fu percorsa da un brivido. Allo scontro sotto di loro avevano preso parte anche gli altri ragazzi. Shura stava a guardare a spada sguainata. “Rin, ci pensiamo noi!” gridarono i ragazzi facendosi avanti. In un batter d’occhio Amaimon li sbaragliò uno dopo l’altro. La situazione stava iniziando a precipitare. “Mephisto…” “Ancora quel nome? Sai benissimo che non è quello vero…” Cosa sta succedendo qui?” Lilith bisbigliò ipnotizzata dagli occhi dell’uomo. Nel sottobosco stava avvenendo il finimondo. “Rin… è figlio di Satana.” Mephisto le confessò sottovoce. “Lui è cosa?” la ragazza sgranò gli occhi. “Quindi anche Yukio…” Lilith si bloccò a metà frase realizzando tutto. “Dov’è Yukio!?” risvegliatasi come da un coma scattò avanti raddrizzando la schiena per avere una visuale migliore sul campo di battaglia. “E dov’è Lamia!?” si girò di scatto verso Mephisto respirando affannosamente. L’uomo sogghignò senza dire niente. “Anche loro fano parte del piano, non è così?” le uscì di bocca un filo di voce. “Oh no!” portandosi le mani alla bocca guardò fisso un punto vuoto. “Lilith… Per quanto sia stato felice riavervi qui… Tua sorella ha assunto un ruolo fondamentale nella faccenda…” “Mephisto, se Lamia adesso è dove credo devo assolutamente fermarla!” la ragazza provò a liberarsi dalla presa dell’uomo, fallendo. “Lasciami andare…” “Non così in fretta…” le sorrise tenendola ferma. “No! Ti rendi conto di che cosa significherebbe se Lamia…” Lilith sbottò gridando contro Mephisto, “Se Lamia dovesse baciare Yukio e condannarlo al battesimo hai idea di quanto questo farebbe incazzare Satana!?” spalancò la bocca incredula. L’uomo sorrise compiaciuto accarezzandole la testa. “Tranquilla… ho tutto sotto controllo…” “Non prendermi in giro! Se quello che mi hai detto e vero, quei ragazzi sono il biglietto d’entrata ad Assiah per il signore degli inferi. Credo proprio che se Lamia dovesse soggiogare uno dei suoi preziosi bambini finirebbe col pagarne le conseguenze!” Lilith era agitatissima e la cosa sembrava divertire Mephisto. “Guardami negli occhi.” Le disse tranquillo, “Proprio non capisci?” mormorò lei senza fiato, “Se Satana verrà per Lamia, Eva verrà per me.”. A quelle parole finalmente anche l’uomo sembrò vacillare. Ma non lo dette a vedere. “Lilith…” “No! Devo andare a fermare Lamia!” la ragazza era determinata a fuggire. “Lasciami andare!” ma la situazione non si mosse. “Non scoprirà la vostra posizione. Te lo garantisco.” “Mephisto…” lo guardò tesa, “Non era solo con Amaimon che non mi dovevo… Intromettere!” sgranò gli occhi rendendosi conto di essere stata soggiogata a sua volta. “Da che parte stai?” bisbigliò sconvolta. “Dalla parte della pace.” Rispose sorridendo Mephisto. “Ma soprattutto, dalla tua.” Aggiunse con una punta di malignità. “Non dirmelo… È già troppo tardi…” Lilith fissava Mephisto negli occhi cercando di cogliere le sue intenzioni. “Tu! Non è possibile! Io mi fidavo! Ti odio!” in preda a un raptus la ragazza cominciò a picchiarlo sul petto con tutta la forza che aveva in quel suo misero corpicino umano. “Li…Lilith!” l’uomo sgranando gli occhi strinse i denti sconcertato. Si aggrappò ai braccioli della poltrona indietreggiando contro lo schienale. Non si ribellava alle botte per vari motivi e uno era che probabilmente non gli facevano nemmeno il solletico. La ragazzina era soltanto ridicola. “Perché!?” la piccola fermandosi alzò la testa con una smorfia di rabbia mista a nervoso per la sua impotenza. Respirava affannosamente e fissava Mephisto dritto negli occhi con uno sguardo inceneritore. “Mi odi? Davvero?” l’uomo la guardava con la bocca ridotta a un puntino. Lilith si limitò a osservarlo nascosta dietro quella nuvola di capelli scompigliati dalla foga. “No…” sibilò prendendo fiato. Sollevando il capo gli sfiorò il respiro con la punta del naso. Senza trovare opposizione, la ragazza si sporse ulteriormente e lo baciò per una manciata di secondi che sembrarono eterni. Mephisto sgranò gli occhi al contatto per poi calare le palpebre senza chiuderle del tutto. “…Però… Ora sei condannato.” Mormorò Lilith allontanandosi e approfittando della situazione disarmante, balzò all’indietro buttandosi nella foresta. Doveva trovare Lamia. Mephisto rimasto in poltrona si leccò le labbra soddisfatto. Nell’esatto momento in cui Lilith toccò terra, Rin arrendendosi alle provocazioni sguainò la spada liberando le tanto temute fiamme blu.
“Oh… Guarda là…” Lamia alzò la testa attratta dal bagliore colorato che irradiò il cielo in lontananza. “Rin!” gridò Yukio stringendo i pugni. “Perdonami… Devo andare da lui.” “Non devi chiedermi il permesso.” Sogghignò Lamia. Il ragazzo distolse lo sguardo arrossendo. “Ci vediamo più tardi… Mio diletto.” Senza darle risposta, Yukio si mise a correre verso la fonte di luce impugnando la pistola. Ancora faticava a capacitarsi di quello che gli era appena successo. Era caduto nella trappola di una succube. E in quel momento non desiderava altro che tornare da lei. Ma si tratteneva dal farlo. Aveva un compito e doveva portarlo a termine tenendo a bada i suoi istinti primordiali. Rin aveva scatenato i suoi poteri demoniaci davanti a tutti. I ragazzi del corso guardavano il cielo increduli mentre il ragazzo prendeva a spadate Amaimon che finalmente aveva abbandonato Shiemi al suo destino. I giochi si erano fatti interessanti. Il demone si lasciò trafiggere ridendo di gioia. Non sarebbe di certo morto per così poco. Si trattava solo di svago.
“Lamia!” Lilith trovò la sorella seduta tranquilla accanto al suo zaino con in mano la boccetta rotta dell’Acqua Santa. “Oh, ma guarda chi c’è. Sembrano secoli che non ti vedo…” commentò sarcastica la donna. “Che hai fatto ai capelli?” alzò un sopracciglio. Lilith aveva il fiatone e la fissava in preda al panico cercando traccia di Yukio. “Yukio… Era con te?” chiese affannata. Lamia sogghignò tutta fiera lanciando via il coccio di vetro e si alzò in piedi spazzandosi la polvere dal sedere. “Lo era…” disse guardando beffarda la sorella. Lilith deglutì con la testa nel pallone. “Lamia… Hai fatto quello che credo?” la domanda fatidica. La sorella si limitò a ridere facendo spallucce. “Lamia…” “Sì, che vuoi che ti dica? Sì. Ora lui è mio.”. Per poco la ragazzina non svenne. “Sei forse impazzita!?” sbraitò. La sua voce riecheggiò nel silenzio della foresta. “Che vuoi? Ho avuto il nullaosta da pizzetto… Dovevo pur trovare una fonte di sostentamento stabile.” Incrociò le braccia acida. “Proprio non capisci!? È una trappola!” Lilith si nascose il viso tra le mani in preda all’esasperazione. “Trappola?” Lamia alzò un sopracciglio per nulla convinta. “Rin e Yukio sono… figli di satana. Sono ibridi. Metà e metà. Capisci!?” “E con questo?” “Pensi che Satana sarà contento di scoprire che hai battezzato uno dei suoi preziosi figli di sangue misto?” “Magari non farà i salti di gioia ma almeno non morirà dopo i primi due sorsi.” “Non cambierai mai…” sospirò Lilith scossando il capo. “Oh, ho capito benissimo invece…” Lamia azzardò un passo verso la sorella, “Siamo tornate alla storia della fiducia e della tua salvaguardia.” “Non siamo tornate a questa storia. È sempre stato il centro del nostro soggiorno.” “E io ti ripeto che questo l’ho fatto solo e soltanto per te. Mi serve nutrimento per proteggerti.”. Silenzio. “Fa come credi. E prega perché nessuno a Gehenna sappia dove siamo. Nessuno.” “Da che pulpito…” Lilith sussultò, “Parla quella che si fa corteggiare da ben due Re…” “Taci…” “Oh no, non taccio.” Ridacchiò Lamia. “Se per ora con te è andata bene perché non dovrebbe andarlo anche con me?” “È di Satana in persona che stiamo parlando.” “Sì ma Yukio in particolare non ha dimostrato averci particolari affinità.” Ribatté per nulla turbata la donna, “Anzi… Parrebbe essere tutto l’opposto del fratello…” commentò guardando altrove pensierosa. “Come fai a non essere spaventata all’idea di rivoltare contro di te il signore supremo di Gehenna?” “Semplice…” sogghignò Lamia, “Da quel retrogusto al sangue di Yukio che lo rende irresistibile.”.
Raggiunto il suo obiettivo, Mephisto ad un certo punto decise di intervenire. Saltando giù dalla poltrona afferrò per i polsi entrambi i litiganti comparendo dal nulla. “Bene ragazzi, basta così.” Fischiettò, “Se vi lascio continuare finirete per distruggermi l’accademia. Fermiamoci qui.” Ammiccò ai due rimasti a fissarlo inebetiti. “Ma…fratellone! Avevi promesso che se avessi obbedito ai tuoi ordini allora mi avresti lasciato giocare… Dov’è Lilith!?” si lamentò Amaimon. “Adesso basta.” Mephisto lo guardò truce. Amaimon allora digrignando i denti si liberò dalla stretta del fratello assestandogli un bel pugno in faccia. “Non ti è bastato tenertela tutta per te solo per qualche ora, di la verità!” ringhiò, “Lei è la mia preda! Mia!”. Spazientito, Mephisto con uno scatto scaraventò il fratello nella bocca di un enorme orologio a cucù che come comparve dal nulla allo stesso modo scomparve custodendo il demone. “È quasi giunta l’alba. Per te è il momento di rientrare.” Tornò tutto tranquillo a rivolgersi a Rin che però sembrava indemoniato. Il ragazzo si liberò ringhiando dalla sua presa fuggendo in cima a un albero inondando tutto attorno con le sue fiamme blu. “Ah… Certo che i miei fratelli mi danno proprio da fare…” commentò Mephisto sospirando.
“Ragazzi, questa foresta sta diventando troppo pericolosa, sbrighiamoci a rientrare.” “Shura, ma dove diavolo eri finita!?” Yukio sbucando dalle siepi si riunì al gruppo di studenti visibilmente provati dal campo. “Storia lunga.” Rispose lei con nonchalance. All’appello non mancava nessuno fuorché le sorelle Evangeline. “Professore, ha visto Lilith e Lamia?” domandò Suguro ripresosi dalle botte. “Siamo qui.” Le citate fecero capolino dalle selve. Lamia camminava per prima, davanti a Lilith che era tornata a chiudersi nel suo mutismo. Era furibonda. Ma doveva ingoiare il rospo. Yukio vedendo Lamia cominciò a sentirsi agitato ma mordendosi un labbro cercò di non guardarla e fare finta di niente. “Torniamo all’accademia. Presto.” Disse rivolgendosi agli altri senza ulteriore indugio.  Giunsero alla periferia in poco tempo e nel mentre il bosco era lambito da violente fiamme blu. L’incendio stava divampando e i ragazzi guardavano il fuoco dall’alto di un ponte che conduceva a alla prima porta agibile del circondario per fuggire dal cataclisma. Giunsero in salvo col fiatone. “Non riesco a respirare…” Shima si strinse il cuore ridotto allo stremo. “Shima, resisti!” Koneko si voltò per aiutare il compagno.  Le uniche che sembravano del tutto incolumi erano Lamia e Lilith. Le sorelle fiutavano soltanto l’aria carica di un forte odore di Satana. “Meraviglioso…” mormorò la maggiore. Yukio la guardò con la coda dell’occhio intento ad aiutare Shiemi a camminare. Gli tremavano le gambe. “Oh…Queste fiamme sono proprio identiche a quelle di quel giorno.” Una voce maschile ruppe d’improvviso il silenzio provenendo dall’alto. In cima alla torre al loro cospetto, una figura osservava il bosco coi lunghi capelli biondi che aleggiavano al vento. In basso davanti alla porta comparvero un paio di esorcisti e l’uomo si rivolse a loro chiedendogli di occuparsi dei bambini sul ponte. “Ah, quasi dimenticavo… Esigo che l’incendio venga immediatamente messo a tacere con l’acqua santa più pura che potete trovare.” Il tale fece il giro del palo mostrandosi agli studenti. Indossava una casacca da esorcista ma invece di essere nera, era bianco latte. “Buon giorno signore e signori.” Disse a gran voce, “Il mio nome è Arthur August Angel, esorcista di prima categoria superiore presso il quartier generale in Vaticano.” “Poco fa è stato investito con titolo di Paladin.” Aggiunse Shura senza emozione. “Oh, Shura… Forse non ti ricordi che sono anche tuo superiore… Sbaglio o ti avevo chiesto di indagare sulla sezione Giapponese e fare rapporto in caso avessi scoperto qualche complotto di Mephisto Pheles e Shiro Fujimoto in merito a qualcosa riguardante Satana?” Angel sorrise allegro ma quel sorriso metteva paura. Lilith guardò di scatto Lamia col cuore in gola. Loro dovevano darsela a gambe. Non dovevano stare lì in un momento del genere. La sorella però sembrava tranquilla. Guardava Yukio sogghignando. “Allora, Shura?” insistette l’uomo con quel suo sorriso inquietante. All’improvviso Mephisto comparve dal nulla interrompendo la discussione. In una nuvola di fumo si trascinò dietro anche Rin con le fiamme ancora sguainate e il volto contratto da un ringhio satanico. I suoi compagni di classe erano senza fiato. Quella vista li aveva fatti crollare, non credevano ai loro occhi. “Oh, quanto tempo mio caro Angel!” sogghignò Mephisto trascinandosi dietro il figlio di Satana con nonchalance, “Congratulazioni per il titolo di Paladin.” “Shura…” Angel fissò Rin indemoniato, “Non pensi che questo mostro con le fiamme blu sia qualcosa riguardante Satana?” smise di sorridere. La donna non rispose. Fissava il suo superiore tesa come una corda di violino. “Mephisto, lo sapevo che prima o poi avresti tirato fuori la coda.” L’esorcista canzonò il preside dall’alto del suo rifugio. “Del tuo tradimento è giunta voce anche ai tre saggi Grigori. E quello che è avvenuto stanotte ne fornisce la prova definitiva.” Si lasciò sfuggire un sorrisetto compiaciuto, “Personalmente non tiro mai fuori la coda, sono un gentiluomo.” Rispose Mephisto per nulla turbato, rinfoderando la Katana di Rin facendolo tornare umano. Angel nel mentre scese come un lampo a terra sguainando la sua Calibur contro il ragazzo. La spada dotata di vita propria fremeva all’idea di giustiziarlo. “In accordo con il giudizio dei Grigori, i consiglieri supremi dell’ordine dei cavalieri della vera croce…” mormorò Angel afferrando Rin per la gola, “Giustizierò la progenie di Satana.” Mephisto mollando il ragazzo si fece da parte ma non passò che un millesimo di secondo prima che Shura evocando la sua Katana si mettesse in mezzo ai due ingaggiando uno scontro con Angel. Mentre gli esorcisti si prendevano a spadate, Lilith afferrò un lembo della gonna di Lamia strattonandolo con delicatezza quel tanto che bastava per ottenere la sua attenzione. “Lamia…” bisbigliò. Nessuno attorno a loro osava fiatare e temeva che qualcuno la sentisse. “Che vuoi?” finalmente la sorella le dette udienza. “Andiamocene.” La ragazzina le comunicò in labiale. “Perché mai?” rispose allo stesso modo la donna. “Quello è un Paladin.” Lilith impallidì, “E allora?” “Lamia! Se ci becca siamo condannate!” iniziarono una lite muta alle spalle di tutti. “Andiamo!” insistette Lilith. “Anche se ce ne andiamo, Yukio ormai lo sa.” “Che cosa!?” la ragazza alzò la voce un po’ troppo forte. Il suo grido arrivando alle orecchie di Angel interruppe lo scontro. “Qualche problema, signorine?” domandò bloccando Shura con estrema facilità. Lilith scossò rapida il capo ma l’uomo non sembrava convinto. Mephisto voltò la testa per guardarla e la sua espressione era indecifrabile. La ragazza sentendo i suoi occhi puntanti addosso si ricordò di come si erano lasciati l’ultima volta e sparì dietro la schiena di Lamia desiderando di morire. Non sapeva se avercela a morte con Mephisto oppure se la sua reazione era dettata da altro. L’imbarazzo era palpabile. “Oh.” Angel sbattè rapido le palpebre destato da un vociare proveniente dall’auricolare che indossava. “Cambio di programma.” Annunciò non appena tornò il silenzio. Mephisto smise di fissare le sorelle Evangeline per rivolgere a lui la sua attenzione. “I Grigori hanno deciso di tenere immediatamente un interrogatorio per decidere la punizione da infliggere a Mephisto Pheles capo della sezione Giapponese.” Disse Angel indicando l’uomo. “Ah! Karma…” bisbigliò Lilith con un po’ troppa allegria. Lamia la guardò con la coda dell’occhio senza esprimersi. “Ovviamente porteremo con noi questo figlio di Satana che ci servirà come prova.” “Non vedo l’ora!” sorrise pimpante Mephisto. “Professore, porti via i suoi studenti.” Fu l’ultima cosa che disse Angel prima di trascinarsi via Rin seguito da Shura e lo stesso Mephisto nella direzione opposta a quella loro. “Venite con me.” Yukio si voltò sistemandosi gli occhiali teso. Erano scortati dagli esorcisti sottoposti al Paladin. Lamia camminando davanti alla sorella rimasta per ultima non staccava gli occhi dal giovane Okumura in testa alla fila. Percepiva ogni suo fremito domato a fatica dalla ragione. Lilith invece nonostante il caratterino rimase voltata fino all’ultimo per vedere l’uomo che l’aveva ingannata sparire dietro la porta. Chissà se lo avrebbe più rivisto? A questa considerazione le salì un groppo in gola e d’improvviso si sentì in colpa per aver gioito.

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Capitolo 15
*** Capitolo XV ***


CAP 15

“Silenzio in aula! L’imputato si rechi al banco dei testimoni.” Un buffo giudice occhialuto gridò dall’alto del suo seggio. “Imputato?” Mephisto si indicò il naso sorpreso, “Ah, io?”. Nei sotterranei del Vaticano non volava una mosca. Decine di occhi erano fissi su di lui pronti a giudicarlo. Angel si era fermato accanto a Rin in ginocchio e Shura al suo fianco cominciava a rigettare la sua sola presenza. Odiava quel dannato damerino tutto d’un pezzo e il suo atteggiamento da superiore. Erano arrivati laggiù in un battibaleno grazie alle chiavi di Mephisto. Ed ora l’uomo si era preparato per il suo processo salendo alla postazione sopraelevata. “Dichiaro aperto l’interrogatorio di Mephisto Pheles, capo della sezione giapponese dell’ordine dei cavalieri della vera croce.” Annunciò il giudice facendo riecheggiare la sua voce. Quel luogo trasudava sfarzo e tutto quella lussuria in un momento del genere stava diventando soffocante. “L’interrogatorio è ufficialmente organizzato dal consiglio dei Grigori e vi potrà intervenire il Paladin Arthur August Angel.” Il vecchio continuò a parlare col medesimo tono di voce. “Innanzitutto, vorrei che i convenuti visionassero le immagini di quello che è appena accaduto presso la sezione giapponese dell’ordine.” Il giudice mostrò uno schermo su cui fu proiettato un video ripreso chissà come di Rin avvolto dalle fiamme blu. “Lord Pheles, vuole spiegarci questo?” Mephisto deglutì, “Quello che vediamo è un demone o sbaglio?” “Sì.” Fu la sua risposta. “Allora glielo chiedo direttamente. È o non è il figlio di Satana?”.
“Okumura…” Yukio si era seduto a mani conserte sul letto del dormitorio in cui aveva radunato i suoi studenti, “Per meglio dire… Rin Okumura…” prese fiato mantenendo la calma, “…È il figlio nato circa quindici anni fa da una donna umana resa gravida a opera di un uomo il cui corpo era posseduto da Satana.”. Non volò una mosca. Shiemi in prima fila sbiancò. I ragazzi erano ammutoliti, Ryuji compreso non sembrava nemmeno in sé. Lilith guardò Lamia deglutendo e la donna fissò Yukio a braccia conserte senza lasciar trasparire emozioni. “Ha ereditato il potere di Satana, cioè le fiamme blu.” Aggiunse il professorino senza entusiasmo. “Professor Okumura…Tu… Sei il gemello di Rin, giusto?” domandò timoroso Koneko, “Io non ho ereditato le fiamme.” Tagliò corto il ragazzo. “Mi faccio controllare ogni giorno e sembra proprio che io sia un essere umano come gli altri…” la voce gli si smorzò non appena incrociò lo sguardo di Lamia. Da quel momento le cose sarebbero cambiate. Iniziò a sudare freddo. “Grazie al fatto che il suo potere demoniaco è stato sigillato all’interno di una spada, Rin ha potuto vivere come comune mortale per ben sedici anni. Tre mesi fa però il suo potere è aumentato e contenerlo in una spada come una volta è diventato pressoché impossibile.” Yukio guardò altrove distogliendo gli occhi dalla succube. Lamia si lasciò sfuggire un sorrisetto. Lilith stringendo i pugni si guardò alle spalle pervasa da un brivido di preoccupazione. In quel momento stavano giudicando Mephisto. Amaimon era sparito di nuovo e Rin era figlio di Satana. In più Lamia non risparmiava quei suoi soliti atteggiamenti che dopo il battesimo stavano diventando una provocazione fin troppo sopra le righe per quella situazione. Doveva stare calma. “Perché? Per quale motivo è stato allevato?” finalmente Suguro aprì bocca frenando a stento la rabbia. “Sinceramente non lo so nemmeno io.” Yukio si alzò in piedi con le ginocchia tremanti. “Scusate, questo è tutto quello che so.” Annunciò sistemandosi gli occhiali con un colpetto. Senza aggiungere altro si avviò velocemente verso la porta e uscì dalla camera ignorando le proteste dei curiosi e sconvolti compagni. “Hei!” lo provò a chiamare Izumo ma ormai aveva chiuso la porta alle sue spalle. Respirava affannosamente fissando fisso il vuoto. La figura di Lamia non si scollava dal fondo della sua testa. Grondava di sudore e al solo pensiero che la donna si trovasse al di là di quel sottile sipario di legno aveva le vertigini. Serrando le labbra e richiamando ogni sua forza, si staccò dall’uscio avanzando nel buio. Da quel momento non avrebbe più fatto controlli o di sicuro si sarebbe venuto a sapere del battesimo. Lamia lo aveva intrappolato.
“Lo è.” Mephisto parlò a gran voce incrociando le braccia dietro la schiena. “Rin Okumura è un figlio di Satana. Anche se ormai lo avrete già capito tutti.” “In altre parole, sta affermando che quando quindici anni fa lei ci riferì che Shiro Fujimoto aveva ucciso con una spada demoniaca il figlio di Satana dato alla luce dall’esorcista Yuri Egin, era una menzogna?” domandò franco uno dei Grigori, “Sì. Diede alla luce due gemelli eterozigoti. Ma solo uno ereditò le fiamme di Satana.” L’imputato confermò coraggiosamente le insinuazioni del tribunale. “E quel ragazzo è colui che vedete qui ora.” Per nulla turbato, accennò a Rin in fondo alle scale. “Per evitare che si trasformasse subito in un demone, io stesso ho sigillato il suo cuore demoniaco sorgente delle fiamme blu in una spada.” Sorrise, “Shiro Fujimoto l’ha allevato in segreto fino al momento in cui non fosse stato in grado di comprendere e accettare il suo potere.” “Ma perché? Qual era il vostro obiettivo Lord Pheles?” insistette il Grigorio, “Volevamo renderlo un’arma per combattere Satana.”.
“Credo sarebbe meglio tornare alle nostre stanze ora…” il tono di Shima era incredibilmente serio. I suoi compagni lo ascoltarono senza fiatare. Nessuno era in vena di chiacchiere, tranne Lamia che sembrava invece gongolare. “Lamia…Piantala.” Quando furono sole, Lilith puntò i piedi sul pavimento del corridoio. Gli altri si erano dileguati lasciandole nel silenzio rotto dalla pioggia che cadeva scrosciante. “Di fare cosa?” la sorella la guardò sogghignando aprendo la porta della loro camera. Dalla finestra buia si vedevano le gocce grondare contro i vetri sporchi. “Non puoi impedirmi di gioire proprio ora che ho avuto successo…” fischiettò ignorando l’occhiataccia lanciatale da Lilith. “Hai scelto davvero un pessimo momento per fare il battesimo…” la ragazzina sospirando attraversò la porta chiudendola con cura. Lentamente si avvicinò alla finestra guardando il giardino fradicio. “Oh no… Io invece credo di aver avuto un tempismo perfetto.” Lamia si era sdraiata sul suo letto con la coda a penzoloni e la bottiglia datale da Mephisto completamente svuotata in mano. “Non morirò di fame.” Sogghignò lanciando il contenitore sul pavimento scheggiando una trave. “Lamia…” Lilith si voltò truce. “Ti vuoi fidare di me per una buona volta!?” sbuffò la maggiore roteando gli occhi affondando nel cuscino umido. “Mephisto ora è sotto processo… Ci siamo trovate a pochi metri dal Paladin e tu sei così tranquilla… Usa il cervello.” “Oh, il bue che dà del cornuto all’asino…” “Smettila, e ragiona.” La minore posò le dita sul vetro tracciando dei segni sulla condensa, “Noi siamo demoni.” “Fin qui ci siamo.” “Il Paladin è il più potente tra gli esorcisti.” “Quindi?” “Credi che il più potente degli esorcisti non fiuti i demoni?” Lilith rivolse gli occhi alla sorella paralizzandola. “Per di più Yukio ha ammesso per primo di fare controlli ogni giorno, pensi che nessuno verrà a sapere di noi e della nostra vera natura?” le tremò la voce, “Tranquilla, mi ha dato la sua parola.” “Per ora.”. Silenzio. “Insomma, lo sto facendo anche per te. Mi serve cibo.” “Esiste il cibo umano, Lamia. Provaci per lo meno!” “Troppo tardi…”. Lilith sospirò togliendo le mani dal vetro appannato. “Siamo nei guai. È solo questione di tempo ormai e lei verrà a riprenderci…” mormorò guardando l’orizzonte lontano. “Non c’è mai due senza tre.”.
“O voi tutti che siete radunati qui oggi!” Mephisto alzò le mani al cielo con gli occhi da pazzo, “Non volete fare una scommessa con me?” stava monopolizzando il processo come solo lui poteva fare. “Questo figlio di Satana diventerà il sovrano di tutta Gehenna? Oppure per noi cavalieri, anzi! Per il mondo intero lui sarà il salvatore e il protettore di Assiah?” Ormai le redini dei giochi erano sue. Aveva catturato la curiosità di tutti i presenti e la cosa rodeva ad Angel. “Ovviamente, se accettate la scommessa dovrete impegnarvi a seguire l’evoluzione della situazione fino in fondo…” aggiunse l’uomo mormorando. “Non fatevi ingannare da questo truffatore! Vi siete forse dimenticati da dove proviene!?” il Paladin interruppe Mephisto agitando il pugno, “È uno di loro! L’arte del parlare è il suo mestiere!” digrignò i denti. “Senza dubbio il suo vero obiettivo è quello di distruggere l’ordine dal suo interno!” parola dopo parola, Rin si sentiva sempre più irritato. In ginocchio a testa china non pensava che a Yukio e a come non lo avesse mai ascoltato. A un passo dallo scatenare nuovamente le fiamme di Satana si alzò in piedi urlando contro Arthur che sarebbe diventato il prossimo Paladin sconvolgendo i presenti Grigori. “Placati, ragazzo. Di Lord Pheles non ci si può fidare!” Angel dette una rapida occhiataccia al citato, “Chissà chi altro nasconde…” Mephisto deglutì impercettibilmente mantenendo una faccia da poker. “Silenzio in aula!” il giudice intervenne per riportare l’ordine placando le liti. Mephisto osservava compiaciuto la scena aspettando il verdetto. Mentre i Grigori prendevano in esame i pro e i contro della proposta dell’uomo, Angel lo fissava con uno sguardo inceneritore. “La questione non finisce qui…” sibilò tra i denti. L’unica a sentirlo fu Shura che corrucciando le sopracciglia guardò altrove sospettosa. “Propongo di mettere ai voti se accettare o meno la proposta di Lord Pheles…” Esordì uno dei Grigori e si passò ai fatti.
Lilith non si era mossa. Fissava il cortile inerme. La pioggia non era cessata e contava il ticchettare delle goccioline in silenzio. Lamia si rigirò nel letto per guardarla. “Non verrà.” Mormorò dopo una mezzora buona in cui non si erano più rivolte la parola. “Menti a te stessa.” Rispose Lilith senza voce. “Ci sono troppi elementi scoperti.” “Non ti sei ancora trasformata.” Sogghignò Lamia ma la sorella non disse nulla seccandola. “Da quando in qua sei una sfegatata pianificatrice meticolosa?” “Da sempre.” “Così vuoi dirmi che l’ennesima fuga da casa non era campata per aria esattamente come tutte le altre?” nessuna risposta. “Visto? Non fare la sapientona. Sorellina. Ci è già andata anche abbastanza di lusso”. La ragazzina non raccolse le provocazioni e Lamia s’insospettì. L’improvvisa serietà della sorella un po’ la faceva sentire a disagio. Lilith non era mai tanto intelligente e… Taciturna. Era la sorellina minore tonta da proteggere. Quella che si offendeva per il solo fatto di sentirla respirare la sua stessa aria. Che le era successo? La donna arricciò il naso mettendosi a sedere. Lilith non si era spostata. “Tranquilla. Anche Mephisto se la caverà. Lui se la cava sempre.” Alzò un sopracciglio sorridendo amaramente. Le labbra di Lilith tremarono.
 
In classe si respirava un’aria di tensione ma sta volta non era colpa di Lamia. O per lo meno in parte. Yukio scriveva alla lavagna tutto tremante ma i ragazzi erano troppo tesi per farci caso. Lilith sbirciava con la coda dell’occhio ogni movimento della sorella mentre prendeva appunti distrattamente. “Scusate, devo assentarmi un attimo.” Annunciò il professore senza nemmeno guardare i suoi studenti. Uscì rapido dalla classe sbattendo la porta. “Assurdo…” commentò Shima. “Non sembra anche a voi che Yukio si comporti in modo strano da quando… beh…” Lilith guardò il ragazzo col cuore in gola fulminando Lamia di sottecchi, “Da quando hanno portato via Rin…” “Già…” ribatté Suguro e la ragazzina poté tirare un sospiro di sollievo. Ma certo… Lamia in effetti non aveva tutti i torti. Le conseguenze del battesimo potevano essere scambiate per altro. Come ad esempio il dispiacere per il fratello. Guardò Lamia un po’ più sollevata. Le cose stavano prendendo la piega giusta contro ogni previsione. La donna sembrava alquanto divertita. “Che fine avrà fatto Rin?” domandò triste Shiemi. Kamiki si lasciò sfuggire un grugnito girando pagina nel sussidiario. “La fine che fanno tutti i demoni.” “Kamiki sei senza cuore…” commentò Koneko. “Per una volta devo darle ragione. Anche se… Spero non sia così.” Bon guardò la lavagna grigio in volto. “Ancora non me ne capacito.” Aggiunse digrignando i denti. “Bon… Sono forse sentimenti quelli che vedo?” lo stuzzicò Shima, “Shima, taci.” “Ragazzi… Andrà tutto bene… Dobbiamo solo aspettare.” Si voltò Koneko restando imparziale. Izumo rivolse un rapido sguardo al trio senza dire niente. Shiemi si lasciò sfuggire un’occhiata verso il fondo dell’aula incrociando lo sguardo provocatorio di Lamia e deglutì rumorosamente. “Secondo voi Yukio l’ha presa male?” tornò a guardare gli altri grattandosi una guancia, “Può darsi… è pur sempre suo fratello.” “Già…” silenzio. “Se Rin dovesse tornare… Dovremmo comportarci come sempre con lui?” “No.” “Si.” Cori discordanti provennero dai banchi. “Io penso di sì!” ribadì Shiemi alzandosi in piedi, “Rin è nostro amico! Non conta se è il figlio di Satana!” arrossì strillando. I ragazzi sgranarono gli occhi, in special modo Ryuji che non disse niente limitandosi a stringere i pugni. Lilith socchiuse la bocca senza parole. Questi esseri umani… Erano disposti ad accettare Rin per quello che era. Demone o non demone perché era loro amico. L’eco delle parole di Shima rimbombò nella sua testa. “Ti considero già parte della squadra… Tu e Lamia siete nostre amiche.” Echeggiava incessantemente. Un barlume d’illuminazione si fece strada dentro di lei. Forse avrebbero accettato anche lei e la sorella se mai fossero dovute uscire allo scoperto per un motivo o per l’altro. Si sentiva sempre più tranquilla. Sospirò impercettibilmente rilassando le membra. Lamia mordicchiava una penna soprappensiero. Il suo sguardo la tradiva, si capiva benissimo a che stesse pensando. Era affamata. “Buon giorno a tutti!” una voce squillante destò tutti i presenti e come un miraggio comparve Rin sulla soglia. Aveva i capelli tirati indietro da una molletta e l’aspetto dello studente modello. Nessuno credeva ai propri occhi. “Rin!?” Shiemi si tappò la bocca con una mano arrossendo violentemente. Il ragazzo era tornato contro ogni previsione e sembrava allegro e pimpante. L’unica vera differenza era che non nascondeva più la coda. “Sei tornato!” sussurrò meravigliato qualcuno tra i banchi. “Heilà!” Rin salutò con un cenno le sorelle Evangeline, sorprese come gli altri di averlo visto riapparire. “Ti hanno… risparmiato!?” sussurrò Lilith sconvolta. Erano a cavallo. Senza accorgersene stava sorridendo a trentadue denti. Nello sgomento generale, fu però Shiemi a saltare al collo del giovane commossa. “Scusatemi per poco fa. Ora sto molto me…” Yukio rientrò in aula truce in volto. Quando vide Rin accennò a un sorrisetto per poi riprendere la lezione. “Bentornato.” Disse rapido afferrando il gessetto, “Coraggio, ognuno al proprio posto. Aprite pagina 32 sul capitolo del Masho…” scribacchiò il titolo a grandi caratteri. I ragazzi ancora sconvolti dagli eventi fecero come richiesto, anche se la loro testa frullava di domande. Volenti o nolenti, a tutti cadeva di continuo l’occhio su quella coda di demone. L’atteggiamento di Yukio non era però cambiato più di tanto anche se sembrava più tranquillo rispetto a prima. Delle due la presenza del fratello più che aiutarlo gli aveva dato ancora più cavilli per la testa. Lamia non gli staccava gli occhi di dosso. Sorrideva maliziosa continuando a mordicchiare la penna.
 
“Rin…” Al termine della lezione, Lilith approcciò il ragazzo intento a rimettere in ordine i suoi libri. Oltre a lei sembravano tutti avere qualcosa da dirgli ma la ragazza fu la più lesta, “Sono contenta che tu sia tornato sano e salvo.” Rin la guardò sgranando gli occhi arrossendo lievemente, “Lilith!” balbettò, “Davvero? Cieoè, ehrm… Grazie…” si grattò il naso imbarazzato, “Non mi sarei mai aspettato di beh ecco… Che mi venissi a parlare.” La ragazza fece una smorfia e Shima approfittò del vuoto per fiondarsi in mezzo ai due, “Rin, vecchia ciabatta!” corse a spettinare il compagno grattandogli con violenza la capoccia resistendo al suo tentativo di ribellarsi alla morsa. Bon e Koneko gli si avvicinarono guardandolo truci e sentendosi soffocare, Lilith cedette il passo agli altri facendosi da parte. Dalla sua espressione pareva che gli avessero strappato di mano il giocattolo. Avrebbe voluto chiedergli del processo. Lamia aveva appena finito di riordinare il banco e approcciando la cattedra vi posò sopra un bigliettino sorridendo a Yukio, a debita distanza. Facendogli l’occhiolino si avviò verso la porta facendo un secondo cenno a Lilith che titubante la seguì in corridoio. “Allora? Come mai così sociale oggi?” la schernì la sorella guardando con la coda dell’occhio Yukio prendere il biglietto. “Sto pensando di… Crearmi dei legami.” “Che!?” Lamia scoppiò a ridere fragorosamente, “Tu!? Con questi esseri inferior…” “Zitta!” la ragazzina corse a tapparle la bocca, “Che c’è? Sono sicura che almeno una volta tu l’abbia pensato.” Lilith non rispose. “Allora?” la bocca di Lamia fu liberata con un gesto rapido. “Nulla… Potrebbe sempre servire farceli amici.” Seguì un secondo scoppio fragoroso di risate. “Lamia, sono seria!” “Piacere seria, sono Lamia!” la donna trattenne a stento le lacrime battendole una mano sulle scapole starnazzando. “Fottiti.” Lilith alzò gli occhi al cielo esasperata. Le ragazze uscirono all’aperto usando la chiave di Mephisto e Lilith rigirandosela tra le dita non poté che pensare a lui. “Senti Lamia…” se la mise in tasca con delicatezza, “Scusa ma non ho tempo di ascoltare le tue turbe…” “Ma…” lo stomaco di Lamia la zittì brontolando. “Oh… Capisco…” la ragazzina guardò la pancia della sorella facendo una smorfia. “Ci si vede…” Lamia guardò l’orizzonte in cerca di qualcuno e si allontanò dalla sorella. “Lamia!” “Che vuoi!?” si voltò strillando seccata, “Mi raccomando!” la guardò truce, “See see…” la donna alzò gli occhi al cielo tornando sui suoi passi. Lilith non faceva altro che raccomandarsi con lei. Sempre e comunque, nonostante le lunghe paternali che da qualche giorno le faceva. Quella sarebbe stata la prima volta in cui le sue labbra avrebbero assaporato il sangue del tributo. Il primo sorso dopo il battesimo era sempre il più rischioso, ma Lamia era un’amante del pericolo. Camminando sul sentiero cercava Yukio con lo sguardo. Sicura che il ragazzo aveva già letto il suo messaggio si avviò verso il dormitorio, per attenderlo al luogo prestabilito.
“Uffa… Ma perché ogni volta che provo a chiedere di Mephisto mi ignorano tutti?” sbuffò Lilith rimasta sola. Calciando un sasso guardò in alto accecandosi col sole. Qualcosa in fondo allo stomaco l’attanagliava. E non era fame. Più pensava all’uomo e più sentiva i sensi di colpa per come si erano lasciati. Poi però si ricordò del tiro mancino che le aveva giocato e le venne voglia di prenderlo a pugni. “Stupido Mephisto…” tartagliò abbassando di scatto la testa e prendendo a marciare di gran lena. “Non si merita la mia preoccupazione.” Pensando ciò percorse il vialetto a grandi falcate coi pugni ben serrati. “Meglio che non si faccia vivo per un bel p…” Quand’ecco una sagoma bianca comparire all’orizzonte. La ragazza sgranando gli occhi non finì neppure il pensiero che cominciò a correre con gli occhi sgranati. “MEPHISTO!” gridò a pieni polmoni facendolo voltare. “Lilith!?” La ragazza si buttò di peso addosso all’uomo aggrappandosi a lui come se fosse un koala. “Lilith..?” Mephisto strinse le braccia attorno a quel corpicino, sbigottito dalla reazione della ragazza. Credeva che dopo quello che era successo ce l’avesse a morte con lui. E lo credeva pure Lilith prima di vederlo sano e salvo passeggiare in giardino. La ragazza non si mosse. Era aggrappata a lui con tutte le sue forze e non dava segno di resa. “Fanciulla?” provò a chiamarla ancora Mephisto. “Tutto bene?” “SEI UNO SCEMO!” “Oh.” “Mi prendi in giro poi sparisci e penso che tu sia morto. Perché non sei venuto subito a cercarmi!?” Biascicò Lilith con la faccia soffocata nell’abito di Mephisto, “Che?” l’uomo fece una faccia lusingata e confusa allo stesso tempo, “Sai…” con gesti delicati se la scollò di dosso lasciandole toccare terra coi piedi, “Non dovresti starmi così vicino...” Lilith alzò la testa guardandolo negli occhi contrariata, “A dirla tutta sto cercando a malincuore di starti lontano…” stringendola ancora per i polsi mollò la presa lentamente guardandola con una punta di malizia. La ragazza si morse un labbro facendo un passo all’indietro. “Almeno per un paio di giorni.” Aggiunse Mephisto deglutendo. “Capisco.” Rispose lei senza distogliere lo sguardo. “Ti posso assicurare che è… Difficile.” Sospirò l’uomo stringendo le labbra. Lilith si lasciò sfuggire un accenno di sorriso. In fondo si sentiva lusingata e desiderata. Poteva bastare per perdonarlo. “Perché mai vorresti starmi lontano?” domandò con velata innocenza, “Oh… Te l’ho già spiegato… Però non temere…” Mephisto le si avvicinò moderando ogni respiro, “Non riuscirò a resistere a lungo di questo passo.” Le accarezzò una ciocca di capelli con delicatezza. “In ogni caso, mi fa sempre piacere parlare con te. La tua compagnia mi è assai gradita, bacio o non bacio.” Mormorò. “Dov’è Amaimon?” alla domanda, l’uomo mise il broncio allontanandosi di scatto con un briciolo di delusione in volto. “Sta bene, puoi stare serena.” Rispose senza entusiasmo. Lilith gioì di quella parvenza di gelosia. “Samael geloso…” ridacchiò la ragazza divertita. Mephisto alzò un sopracciglio incurvando la bocca serrata. “Ringrazia che ho un autocontrollo impeccabile.” Sogghignò lui rispondendo con classe alle provocazioni. “Ti auguro un buon proseguimento di giornata, mia cara…” facendole l’occhiolino si voltò dandole le spalle e Lilith rimase a guardarlo allontanarsi con un’espressione di vittoria. In fondo alla via però, Mephisto tradì se stesso sbirciando verso di lei guardandola avviarsi dalla parte opposta alla sua.
“Eccoti qui.” Yukio in piedi contro la porta del dormitorio accolse Lamia a braccia serrate. “Ho giusto un’ora di pausa…” Teneva il bigliettino nel taschino e sembrava trattenere a stento gli istinti. “Yukio…” sogghignò la donna salendo le scale. “Allora… Che devo fare?” “Assolutamente niente…” gli filò accanto Lamia invitandolo a seguirla, “Vieni…” mormorò suadente. Il ragazzo deglutendo rumorosamente la lasciò fare strada all’interno dell’edificio. “Benvenuto nella mia umile dimora.” Lo accolse sarcastica la donna entrando in camera sua. Yukio titubante si tolse le scarpe entrando e rimase qualche istante sulla soglia a guardare Lamia sedersi sul letto. “Coraggio… Non ti mangio mica…” lo invitò a prendere posto accanto a lei picchiettando il materasso col palmo della mano. “…Non ancora per lo meno…” sogghignò sempre più euforica. Il momento era vicino. Sarebbe riuscita a trattenersi e a bere solo l’indispensabile? Yukio senza dire nulla, si tolse il giaccone posandolo sulla sedia della scrivania e avvicinandosi al letto prese posto allentandosi la cravatta. “Non ti nascondo di essere un po’ in imbarazzo.” Confessò guardando altrove. “Rilassati, oggi non faremo nulla di estremo.” “In che senso oggi?” la guardò aggrottando le sopracciglia, “Chi lo sa? Magari un giorno sarai proprio tu a volerti spingere oltre…” il ragazzo arrossì serrando le labbra. “Lascia perdere…” cambiò rapida argomento Lamia. “Per il momento limitati a seguire le mie istruzioni.” “Hai detto che non avrei dovuto fare niente.” “E questo è vero. Ma non posso procedere finché quel colletto fastidioso ti protegge la fonte…” la donna allungò le mani sfiorandogli il nodo della cravatta, “Ho capito.” Intercettandole le mani, Yukio se la slacciò completamente buttandola da parte e senza permetterle di aiutarlo, proseguì con lo slacciarsi la camicia bottone dopo bottone. Lamia guardava rapita ogni suo movimento leccandosi le labbra. “Così va bene?” chiese teso Yukio scoprendosi fino alle clavicole lasciando che la camicia gli cingesse le scapole. “Perfetto…” Lamia gustò ogni singolo centimetro di quella vista avvicinandosi sempre di più alla pelle giovane del ragazzo. Respirò a pieni polmoni l’odore dolce e invitante che emanava e socchiuse gli occhi in estasi. “So che è stupido chiederlo perché la risposta mi pare ovvia ma… Farà male?” “Un po’. Ma arriverai a farci l’abitudine…” sussurrò lei. “Sei pronto?” gli sfiorò il petto con la punta del naso tracciando un percorso invisibile fino all’incavo della mandibola, “Sono pronto.” Deglutì arrossendo fino alla punta delle orecchie. “Buon appetito.” Sogghignò scoprendo i lunghi canini affilati sfiorandogli la giugulare. 

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Capitolo 16
*** Capitolo XVI ***


CAP 16

I canini di Lamia affondarono con vigore nel collo di Yukio. Il ragazzo fu pervaso da un brivido di dolore sempre più lancinante. Per impedirgli di urlare, la donna gli tenne il viso con una mano stringendogli una guancia con dolcezza. Beveva grossi sorsi di liquido caldo e dal sapore divino. Le sue papille gustative in visibilio le urlavano di non fermarsi ma sapeva bene di doverlo fare al più presto. I muscoli di Yukio stavano perdendo elasticità, il ragazzo inerme fissava il soffitto con gli occhi lucidi. Stava cominciando a diventare insopportabile. Il dolore lo penetrava da parte a parte ma non aveva neppure la forza di dire basta. Quel contatto lo appagava, in quel minuto si sentiva paradossalmente libero dal gioco della donna. Sentiva di non dovere più trattenere il desiderio di farsi toccare e averla accanto. Quel rito era per lui una liberazione dalla razionalità che fino ad allora gli aveva imposto di trattenersi. Oltre il dolore sentiva la pace. Le preoccupazioni svanirono lasciando il posto a uno sfarfallare candido che gli annebbiò la vista. Con una mano tremante strinse quella di Lamia che poggiava sulla sua coscia e aggrappandosi a lei chiuse gli occhi lasciandosi sfuggire un gemito soffocato. La donna frenandosi a forza interruppe il pasto prima di prosciugargli ogni goccia di sangue e leccandogli quei due piccoli fori pulendoli per bene, chiuse la bocca in estasi. Yukio non aveva perso i sensi. Respirava affannosamente con la testa come stretta in una pressa. Lamia era rimasta a pochi centimetri dal suo collo ad assaporare ogni briciola del suo profumo e lentamente si allontanò per guardarlo in volto. “Come stai?” domandò in un sussurro. Yukio annuì lentamente senza avere la forza di parlare. Socchiudendo gli occhi tornò a chiuderli inerme. “Sono riuscita a fermarmi appena in tempo… Riposati qualche istante ora.” Disse al ragazzo esortandolo a sdraiarsi. Senza opporsi, Yukio si abbandonò sul letto affondando la testa nel cuscino. Mezzo svestito non badava nemmeno al freddo, da quanto il dolore era ancora intenso. “Sei stato bravo.” Sogghignò Lamia spazzandosi la bocca con una mano. “Non tutti resistono al primo rito dopo il battesimo.” Commentò guardandolo stremato al suo fianco. “Lo sto facendo soprattutto per i miei studenti. È questo che mi dà la forza.” Rispose Yukio biascicando a fatica. Lamia aggrottò le sopracciglia ma senza farci troppo caso sogghignò guardando l’orizzonte. “Almeno ti sei saziata?” “Oh, certamente…” la donna strisciando all’indietro si sdraiò accanto A Yukio dando le spalle al muro per guardarlo riposare, “Tra meno di un’ora ho lezione.” Parlò senza riuscire a guardarla, “Tranquillo… Ci penso io a svegliarti in tempo.” Rispose poggiando il viso a una mano, “Sai… Non mi ero affatto sbagliata su di te… Il tuo sangue è davvero il migliore.”.
 
“Bon, Koneko… credevo che anche voi rivoleste Rin indietro…” Shima guardò prima l’uno poi l’altro camminando verso il piazzale davanti alla sede centrale. “Beh ecco…” Konekomaru si guardò i piedi a disagio, “Si e no…” “In che senso?” “Rin è figlio di Satana. Il nemico primario.” Intervenne Ryuji guardandolo torvo. “È per questo che non gli avete rivolto la parola?” Shima pareva incredulo. Koneko non disse nulla mentre Ryuji aggrottò ancora di più le sopracciglia. “Andiamo… Io l’ho pure abbracciato eppure sono ancora qui. Penso sia sempre lo stesso ragazzo di prima.” “Assolutamente no.” Suguro incrociò le braccia senza rivolgergli nemmeno lo sguardo. Shima sospirando fece spallucce scossando il capo. Izumo stava mangiando il suo pranzo sotto un albero in compagnia di Paku quando li vide passare. Fulminò con lo sguardo il trio ingoiando un boccone di riso e l’amica si limitò a sorseggiare il suo tè in silenzio. Origliava il discorso con un’espressione di ghiaccio. “Izumo…” Paku aprì bocca timorosa, “Perché non li invitiamo a pranzare con noi?” “No.” La risposta secca dell’amica l’azzittì. Kamiki arrossì lievemente aggrottando le sopracciglia all’inverosimile. Smise di osservare i ragazzi tuffandosi nel suo Obento. “Nemmeno… Shiemi?” “Assolutamente no! Lei no!” sbottò Izumo viola in volto. Paku ridacchiò nervosamente tappandosi la bocca con un Onigiri. “Buon… Pomeriggio.” Un’ombra si gettò sulle ragazze accompagnata da una vocina flebile. Paku alzò lo sguardo incrociando quello di Lilith con pranzo a sacco a seguito. Kamiki la fissò sull’orlo del crollo emotivo. “Che accidenti vuoi?” digrignò i denti nascondendo il massiccio imbarazzo. “Buon pomeriggio, Lilith.” La salutò Paku, “Ecco io… Posso pranzare con voi?” domandò la ragazzina sedendosi accanto a loro senza aspettare risposta. “Non so come funzionino i pranzi con gli…Amici quindi io mi piazzerò qui.” “Che? Ma se non ti ho ancora dato il permesso di rest…”, Paku intervenne silenziando l’amica con un gesto delicato. “Accomodati pure!” sorrise. Lilith prese il suo pasto adagiandolo sulle ginocchia e con garbo ne sollevò il coperchio. “Che buon profumo!” si lasciò sfuggire un commento estasiato. “Che cosa ti sei portata?” Paku fu l’unica a mostrare interesse per la nuova arrivata. Izumo la stava sapientemente ignorando impegnata a masticare con espressione nerissima. “Alla mensa mi hanno detto Tonkatsu.” Rispose lei assaggiandone un pezzetto. Gli occhi le brillarono. “Ma sei scema? Non riconosci nemmeno un Tonkatsu da sola?” Izumo sputò un po’ di veleno. Lilith tentò di ricacciare indietro l’istinto di strangolarla e mascherò la sua ira funesta dietro una faccetta innocente. Di norma non avrebbe mai tollerato un simile comportamento da parte di un essere umano. Ma doveva integrarsi.  “Izumo… Il suo cognome è Evangeline, potrebbe essere straniera…” Lilith sgranò gli occhi terrorizzata. “Già sì… Una specie…” guardò altrove ridendo nervosamente ammutolendosi con un boccone di cotoletta. “Da dove vieni?” insistette Izumo, ora meno insopportabile. Lilith iniziò a sudare freddo senza smettere di masticare. “Inghilterra…” sparò a caso il primo paese che le venne in mente. “Oh sì, ha senso.” Il responso positivo le fece tirare un sospiro di sollievo. “Da quanto tempo sei in Giappone? Parli bene la nostra lingua…” chiede Paku curiosa. “Diciamo che ci sono stata altre volte… Viaggio molto.” “I tuoi genitori viaggiano molto per lavoro?” “Si e no…” “Sei un half?” “Half?” “Ma sì, sangue misto…” “N…No! Scherzate spero!? Credete che io sia un demone!?” Lilith tornò a sudare violentemente smettendo di mangiare per lo spavento. “Demone?” sussurrò Paku confusa, “Chi ha parlato di demoni?” Izumo alzò un sopracciglio. “Io intendevo se per caso i tuoi genitori fossero di paesi differenti.” “Probabilmente erano fratelli.” Lamia sbucò alle spalle di Lilith freddandola all’istante. “Lamia!” un grido soffocato le morì in gola. “Salve.” La donna fulminò con lo sguardo le compagne incrociando le braccia. Kamiki si dimenticò all’istante del discorso concentrando tutto il suo odio su di lei. Paku in mezzo ai due fuochi si sentì in imbarazzo. “Sorellina cara, lo sai che non mi piace che si spiattelli in giro la nostra vita privata.” Recitò Lamia con estrema convinzione. “Scusa sorellona…” Lilith colse la palla al balzo facendo la parte della smemorata. “La nostra famiglia è affar nostro. Scusateci…” la maggiore prendendo per la collottola la minore la forzò ad alzarsi e a seguirla lontano dalle ragazze, rimaste a fissarle inebetite. “Che assurdità.” Schioccò la lingua Izumo mordicchiando le bacchette. “Izumo… In fondo anche tu sei molto riservata…” osservò Paku con tranquillità guardando l’amica. Kamiki non disse nulla intenta com’era a scheggiare il legno coi canini.
“Che stavi combinando?” Lamia sembrava averne abbastanza, “Cercavo di farmi degli amici.” “Parlando della nostra famiglia demone?” “Ma no! Che hai capito… Il discorso è uscito per caso…” “Oh sì, lo immagino. Buon pomeriggio ragazze, sapete mia mamma è una bestia di Satana uscita direttamente dalla bocca dell’inferno. Ah, ma a Natale lo facciamo il presepe.” “Lamia, smettila non è divertente.” “Oh ma davvero?”. La donna non mollò la presa dalla collottola della sorella. “E lasciami, ormai siamo lontane.” “Come si dice?” “Non lo dirò mai.” “Come desideri.” Continuò a trascinarsela dietro senza sentire scuse. “Lamia!” “Allora?” “…Grazie.”. Lamia mollò la presa all’istante. “Era così difficile?” Lilith non rispose guardando il suo pranzo mezzo consumato. Aveva lasciato il coperchio sotto l’albero. “Come hai fatto a capitare al momento giusto?” alzò gli occhi assurdamente innervosita dal suo tempismo perfetto. Di solito era una cosa da Mephisto, ma ora non poteva più aspettarsi niente del genere da lui. Per lo meno per un periodo. “Sai com’è, essendo allergica alle tue stronzate quando ho cominciato a starnutire senza sosta ti sono venuta a cercare.” “Ah…Ah…Ah… Simpatica. Dico sul serio.” “Passavo per di là e ti ho vista con Miss Sopracciglia. Volevo sentire che avevate di tanto speciale da dirvi.” sospirò, “A quanto pare niente di buono.” Aggiunse guardandola con aria di sfida. Lilith ignorò l’atteggiamento riprendendo a mangiare il suo Tonkatsu con le mani. Aveva perso pure le bacchette. “Tu piuttosto… Hai visto Yukio?” chiese con nonchalance. “Sì.” Sogghignò la donna, “Com’è andata?” “Bene direi. L’ho lasciato a dormire. Tra poco devo tornare a svegliarlo… A quanto pare ha un impegno.” Fece spallucce. “Ma che brava mamma premurosa...” ridacchiò Lilith ma il commento sembrò infastidire Lamia più del dovuto. “Idiota.” “Ops.” Lilith si ficcò in bocca l’ultimo pezzo di carne. “Pensi di farlo tutti i giorni?” “Ma che si arrangi! Esistono le dannate sveglie per un motivo.” “Non quello… Intendo il morso.” “Oh. Dipenderà dalla mia fame. Per ora sto bene così.” “Cerca di non ucciderlo.” “Santa pace, stai diventando un disco rotto.” “Sai, ho sempre l’impressione di non venir mai ascoltata…” “Oh, guarda un ufo!” “Dove!?” Lilith si girò di scatto sgranando gli occhi. Rendendosi conto di essere stata presa in giro tornò a rivolgersi alla sorella ma questa era sparita nel nulla. La ragazzina colpita nel suo orgoglio mise il broncio fumando anche dalle orecchie. “Stupida Lamia.” I suoi pensieri furono accompagnati dal suono lontano della campanella. La lezione l’attendeva.
 
Nel suo studio, Mephisto stava seduto alla scrivania con la testa tra le mani. Di fronte a lui una tazza di tè e dei biscotti. “Fratellone, non ti vedevo così da un bel pezzo.” Amaimon rannicchiato sul divano rosicchiava un piatto di porcellana su cui prima posava una generosa fetta di torta. Spazzolatasi quella era passato alla ceramica. “Amaimon…” sospirò l’uomo rassegnato, “Io per la cronaca penso spesso.” “Uh?” il ragazzo lo guardò senza espressione col piatto stretto nelle fauci. “E smettila di rovinarmi tutti i servizi.” “Roger.” Amaimon sputò il piatto finendo per frantumarlo al suolo. “Per diana…” gemette esasperato Mephisto. “Vedi di cominciare a comportarti a modo, hai ancora un cazzotto da farti perdonare.” “Andiamo fratellone… Essere rinchiuso nello spazio tempo per una settimana non è già bastato?” Amaimon puntò i biscotti sulla scrivania alzandosi dal divanetto. “Quello è il minimo.” Mephisto alzò la testa dalle mani incrociandole sotto il mento. “Quand’è che mi lascerai uscire anche dal tuo studio?” “Quando le acque si saranno calmate.” “Quali acque?” “Il Vaticano…” “Quegli esseri inferiori non sanno contro chi si stanno mettendo.” “Non è per te.” “Ah no? E per chi?” il ragazzo si ficcò in bocca una manciata di dolcetti senza tanti complimenti. Mephisto lo guardò rabbuiandosi. “Oh…” bofonchiò con la bocca piena Amaimon, “Abbiamo ancora quella questione in sospeso ora che ricordo.” Deglutì i biscotti senza fare una piega, “Non mi hai ancora detto niente di Lilith…” indagò appollaiandosi sulla poltrona di fronte al fratello. Mephisto sospirò osservando il piattino spazzolato e dando le spalle ad Amaimon ruotò la sedia dall’altra parte. “Non c’è nulla che tu debba sapere.” “Ne sei certo?” “Sì.”. “Capisco… Allora posso andare a prendermela.” “No.” “Visto? Avevo ragione…” “Per l’ennesima volta Amaimon, devi lasciarla in pace.” “Perché?” “Te l’ho già spiegato.” “Ricordamelo.” “Usa la testa.”. Amaimon si grattò una tempia fissando il vuoto. Mephisto girò nuovamente la poltrona guardandolo senza speranza. “Lo avevi promesso. Ora che ho svolto il mio compito con Rin Okumura sono libero.” Il ragazzo continuava a fissare l’oblio senza espressione. L’uomo sospirò posando il viso sul palmo di una mano. “Ahimè un gentiluomo mantiene sempre la parola data.” Si arrese. “Oh sì…” sogghignò Amaimon mordicchiandosi l’unghia del pollice. Mephisto guardò altrove pensieroso. Glielo aveva promesso prima di ricevere il bacio di Lilith. Ora se ne pentiva. Si morse un labbro a costo di tener fede a se stesso.
Lilith si accasciò sul libro aperto sul suo banco. Era a metà dell’ora di lettura della Bibbia e stava esplodendo dalla noia. Quei testi ormai li sapeva a memoria. Per una buona parte, lei e Lamia li avevano addirittura vissuti. I suoi compagni di classe, nonostante fosse ormai passata più di una settimana erano restii ad avere rapporti con Rin, che aveva anche cominciato a seguire lezioni differenti con Yukio e Shura. Chissà che combinavano. Aveva solo notato un anello legato alla base della coda del ragazzo. Un mezzo per tenerlo sotto controllo, probabilmente. Deglutì orripilata dal pensiero. In un certo senso lo poteva capire fin troppo bene. “Signorina Evangeline!” la professoressa la richiamò all’attenzione e la ragazza sollevò la testa in un lampo, “Sì!” strillò in preda alla tachicardia. “Non lei, sua sorella.” L’insegnante si aggiustò la blusa imbarazzata, Lamia accanto a lei si era tolta le scarpe per darsi lo smalto. “Lamia…” sospirò Lilith esasperata. “Che c’è? Mi sono dimenticata prima…” “Signorina Evangeline!” la chiamò la professoressa per la seconda volta. “Sì, sì… Un attimo.” La studentessa indisciplinata le fece un cenno distratto finendo l’ultima unghia. “Fatto. Che voleva?” ma la professoressa era rimasta allibita. Senza fiatare alzò il braccio indicando la porta e Lamia si alzò sbuffando a piedi scalzi. Lilith alzò gli occhi al cielo e la osservò uscire per salire sul treno per la presidenza. “Bene, proseguiamo.” L’insegnante si schiarì la voce voltando pagina della Bibbia.
“Carissima…” Mephisto accolse sarcastico Lamia nel suo studio. Amaimon si era dileguato giusto in tempo. L’uomo sbirciò alle spalle della donna fiutando l’aria. “Lilith non c’è.” Questa entrò senza tanti complimenti. Mephisto chiudendo la porta si voltò con un’espressione indecifrabile. “Cos’è successo stavolta?” “Nulla degno di nota.” Lamia si stravaccò in poltrona stendendo i piedi nudi sulla scrivania presidenziale. “Bello smalto.” Commentò l’uomo avvicinandosi alla sua postazione sedendosi di fronte a lei, “Vero? Non mi capacito che mi abbiano mandata qui per questo.” “Ero sarcastico. Togli i tuoi piedi lerci dalla mia scrivania.” “Ah.” Lamia abbassò le gambe seccata. “Bene, devo stare qui molto?” incrociò le braccia scocciata, “Giusto il tempo perché pensino che ti stia facendo una bella ramanzina.” Sospirò Mephisto col medesimo umore. “È da un po’ che non ti vedo in giro… È successo qualcosa?” domandò Lamia tanto per farsi i fatti suoi. “Come mai non ti vedo più incollato al culo di mia sorella?” Mephisto deglutì guardando altrove. “Ho avuto da fare.” Tagliò corto. “Ah sì? E cosa? Seg…” “No.” “Lo sai meglio di me che sei ossessionato da Lilith.” “Tu cosa ne sai?” seguirono attimi di tensione. Lamia non era a conoscenza di quello che era successo tra i due nel bosco. E Mephisto non sapeva fino a che punto sarebbe potuto spingersi. “Da quando siamo piombate qui non hai fatto altro che girarle intorno come uno squalo affamato. La prassi direi, considerando che stiamo parlando di Lilith. Eppure non hai ricevuto il suo battesimo… O si?” Mephisto non rispose.  “Vai in classe.” La intimò infine con voce estremamente profonda e intimidatoria. Lamia ridacchiò divertita, “Scherzavo… Non te la prendere…” alzò un sopracciglio sollevandosi dalla poltrona, “Comunque non me la racconti giusta, pizzetto…” mutò espressione dandogli le spalle. “Tu piuttosto, mi è giunta voce che Yukio Okumura sia diventato ufficialmente tuo partner.” Lamia si arrestò. “Proprio così.” Rispose suadente, “Sta reggendo bene, come previsto.” “Lieto di sentirtelo dire.”. Lamia riprese a camminare lentamente, “Devo salutarti Lilith?” si fermò sulla porta. “Se devi.” Mephisto posò il mento sui pugni chiusi restando alla scrivania, “Come sei bravo a reggere la maschera…” sogghignò la donna sparendo dietro l’uscio.
Nel frattempo Lilith era sulla via del ritorno per la sua stanza. La lezione era finita dopo quella che le era parsa un’eternità. Lamia non era tornata così si era convinta che probabilmente l’avrebbe rivista al dormitorio. “Palle…” sospirò tutta sola sulla via del ritorno con la cartella a tracollo. La Bibbia era il libro più pesante che si portava appresso. Quale calvario. Oltre al peso pure la beffa per un demone come lei. Mentre passeggiava dette un’occhiata al suo cellulare. Scorse i messaggi nel registro e le venne voglia di scattarsi foto. Ripensando però all’incidente dell’ultima volta le passò la voglia. Al che ormai di fronte all’edificio si convinse a rimettere l’arnese nel dimenticatoio e salire in stanza a fare i compiti. Percorse soprappensiero l’atrio e salì le scale tutto d’un fiato. “Lamia sono qui.” Spalancò la porta facendo irruzione in camera. Ma della donna nessuna traccia. La ragazza si sfilò le calzature posando la cartella. “Oh, ciao Yukio.” Disse tutta tranquilla andando alla scrivania. Ormai si era abituata a trovare il ragazzo di tanto in tanto collassato sul suo letto. “Ciao Lilith…” il suddetto biascicò in imbarazzo senza avere la forza di tirare su la testa. “Hai visto Lamia?” chiese Lilith cercando il libro che le serviva, “Direi di sì…” anche se messo male non aveva perso la sua arguzia e il suo cinismo. “Oh… Scusa.” La ragazza si rese conto di quanto doveva essere suonata stupida. “Credo sia andata a prendermi una barretta di cioccolato.” Aggiunse lui in un sussurro. “Capito!” Lilith si sedette sulla sedia a gambe incrociate aprendo il quaderno e inforcando una matita. “Senti Yukio, finché sei qui non ti andrebbe di darmi una mano a fare i compiti?” “Lilith…Ti sembro dell’umore adatto?” “Come non detto...” fischiettò lei tendendo i muscoli della bocca come un’idiota. “Sono senza forze…” Yukio strizzò gli occhi in preda a uno spasmo di dolore. “Ancora non riesci a farci l’abitudine?” la ragazza alzò un istante gli occhi dal testo. “Pare di no…” “Però non sei ancora morto.” “Dovrei gioire?” “Sì.” Sorrise Lilith dondolando le ginocchia come se volesse spiccare il volo. “Un po’ sono sollevata che Lamia abbia scelto proprio te.” “Perché?” “Perché sento che nonostante tutto il nostro segreto sia al sicuro.” Questo fece ridacchiare sommessamente Yukio anche se effettivamente non c’era niente di divertente. “Mi avete incastrato proprio per bene voi due…” commentò con una punta di amarezza. Lilith non disse nulla. Tornò ai suoi compiti con diligenza. La sua bassissima soglia dell’attenzione però le faceva scivolare di continuo l’occhio sul giardino oltre gli spessi vetri della finestra. Sentiva mancarle qualcosa. Nonostante sembrava finalmente avere trovato un equilibrio assieme alla sorella non poteva fare a meno di pensare che ora la sua vita fosse più vuota di prima. Lamia aveva Yukio con cui svagarsi. Ma lei? La noia l’attanagliava e la sua unica distrazione erano i compiti a casa. Che gioia. Il povero ragazzo si era abbandonato a un dormiveglia stremato dal morso di Lamia che ancora non si vedeva comparire. Era andata direttamente alla fabbrica a farsi dare la cioccolata? Sua sorella era diventata stranamente premurosa. “Se non si sbriga a succedere qualcosa, giuro che vado davvero a scolarmi dell’acqua santa. Anche se in fondo è meglio così” Sospirò sottolineando un intero paragrafo con l’evidenziatore. Ovviamente non aveva un metodo di studio che reggesse. Come finì di lamentarsi la porta si spalancò alle sue spalle e la sorella entrò come un treno senza nemmeno togliersi le scarpe. “Yo!” salutò i presenti tirando una scarpa contro il muro reggendo una barretta di cioccolato incartata in mano. “Yukio ti ho portato la cioccolata.” Disse avvicinandosi al letto ma il ragazzo dormiva della grossa. “Ah… Come non detto.” “Lamia!” Lilith si voltò abbandonando lo studio. “Yo di nuovo.” La sorella la salutò distrattamente sedendosi sul bordo del letto. “Ah, non sai che fatica ho fatto per rubarla.” Lanciò la cioccolata a lato della testa di Yukio dormiente fermandosi a fissarlo da dietro le lenti degli occhiali. “Lamia… Non si rubano le cose!” La sgridò Lilith ruotando sulla sedia. “Era questione di vita o di morte.” “Quando sono entrata Yukio stava bene.” “La sua produzione di globuli rossi è calata negli ultimi tre giorni. Credo di dover cominciare a saltare qualche pasto.” Disse la donna arricciando il naso. “O a dargli più cioccolato.”. Lilith fece spallucce scossando la testa rassegnata. Afferrando la matita fece per tornare a scarabocchiare appunti senza senso quando la voce di Lamia la distrasse nuovamente. “Piuttosto…” la donna accavallò le gambe con circospezione, “Prima sono stata a trovare pizzetto…” sogghignò vedendo Lilith tendere i muscoli. “È successo qualcosa tra di voi?” “No…” disse la sorella esitando. “Ah no? In ogni caso ti manda i suoi saluti…” Lilith deglutì guardando altrove. “Mi fa piacere.” Disse poi tracciando segni casuali sulla pagina con la matita, fingendosi indaffarata. Lamia non riuscì a trattenere un ghigno sempre più maligno. “…E un bacio.” La fulminò con lo sguardo assaporando ogni istante della reazione della sorella. “Un bacio grande grande.”. 

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Capitolo 17
*** Capitolo XVII ***


CAP 17

Le lamentele di Lilith erano state ascoltate. Per sua sfortuna. “Stai bluffando.” “Chi, io?” Lamia ridacchiò stravaccandosi accanto a Yukio inerme. “Sembri Mephisto quando fai così.” “Lo so… Ed è proprio di lui che stiamo parlando…” “Detto questo, non capisco proprio cosa tu stia insinuando.” Disse Lilith con una faccia di bronzo. “Lamia…” la voce rotta di Yukio interruppe la conversazione. “Ben svegliato, principessa.” “Che ore sono?” “Le cinque e mezza.” “Dannazione.” Il ragazzo si tirò su a sedere massaggiandosi le tempie. “Ho un appuntamento con Shura.” “Che cosa!?” Lamia sembrava oltraggiata. Lilith approfittò di quel rapido cambio d’attenzione per immergersi nella lettura ed estraniarsi dal mondo. “Vengo con te.” “Assolutamente no. Come potrei spiegare la tua presenza?” “Dì che sono la tua ragazza.” “No!” strillò Yukio trovando la forza chissà dove. Il volto divenne viola dall’imbarazzo. “A parte il fatto che una relazione professore-studente è proibita, come giustifico il fatto che in tua presenza io diventi iperattivo e fatichi a mantenere la concentrazione?” “Con quello che voi chiamate…Amore?” continuò a stuzzicarlo Lamia avvicinandosi al suo volto. “Ti ho appena detto che è proibito.” Yukio, ormai ripresosi quanto bastava per alzarsi e camminare si mise in piedi con decisione. “Devo andare, ho già fatto tardi la scorsa volta.” “La scorsa volta!? Ci sono state altre volte!?” Lamia all’apparenza gelosa seguì a ruota Yukio verso l’uscio. “Fermati subito!” lo intimò seccata. Il ragazzo si infilò il giaccone ricomponendosi come poteva. “Mettiamo in chiaro le cose, signorino…” Lamia gli bloccò il passo impedendogli di uscire. “Tu sei solo mio.” Mormorò suadente. Lilith nel frattempo sfogliava le pagine coi sudori freddi. Yukio deglutì respirando affannosamente. E senza aggiungere altro uscì in corridoio. Lamia rimasta sulla soglia incassò lo smacco. “Torno subito.” Si rivolse a Lilith, con la faccia nascosta nel libro. La ragazza annuì senza voltarsi e la donna uscì camminando a grandi falcate pedinando la sua preda. Aveva intenzione di spiarlo. Lilith rimasta sola tirò un lunghissimo sospiro di sollievo. Non aveva ancora accennato a Lamia del bacio dato a Mephisto. E come al solito la sola idea che lei venisse a saperlo la terrorizzava. Si sentiva esattamente come quando le stava nascondendo di Amaimon solo che a differenza di allora, adesso non poteva andare a rifugiarsi da Mephisto. Buttò il libro sulla scrivania esasperata. Affondando la faccia tra le mani si sfregò gli occhi lentamente. Conosceva bene sua sorella. Quello di prima era certamente un bluff. Ma non era sua abitudine bluffare se non per indagare qualche suo sospetto. E a quanto pare aveva fiutato qualcosa. Meno male che c’era Yukio ora a distrarla. Lilith scossò la testa alzando il capo alla luce del sole. “Non posso nasconderle nulla…” sospirò abbandonando le braccia ai lati della sedia. Non aveva assolutamente idea di che piega avrebbero preso di lì a poco gli eventi. Né di come Lamia avrebbe effettivamente reagito. Ed ecco che la noia all’improvviso non rientrava più nei suoi problemi. “Che casino.”.
Lamia non perse di vista Yukio nemmeno per un secondo. Lo pedinava stando a debita distanza come solo lei sapeva fare. Seguì il ragazzo di soppiatto fuori dal dormitorio e non appena lo vide approcciarsi ad una porta estraendo la chiave magica, sfruttò le sue doti di demone per mimetizzarsi nell’ombra e rotolare nel passaggio dimensionale prima che Yukio riuscisse a chiudersi l’uscio alle spalle. Il ragazzo fiutando qualcosa di strano si voltò di scatto, restando deluso nel non trovare nessuno. Arricciando il naso si massaggiò le tempie ancora un po’ rintronato. Deglutì tornando sui suoi passi buttando l’occhio all’orologio da polso affrettandosi come poteva. Lamia era attaccata con le unghie al soffitto in preda ai sudori freddi. Si trovavano all’interno dei corridoi della sede del corso speciale, in particolar modo in quello che conduceva alle palestre. La donna scese a terra non appena la sagoma di Yukio si fece piccola in lontananza. Fiutando l’aria allungò il passo per non perderlo di vista. Non aveva nessunissima intenzione di lasciarlo in compagnia di quell’impiastro di donna. Non per un motivo particolare, semplicemente le dava noia. Nella testa di Lamia, tra lei e Shura si stava instaurando quella competizione tipica di quando due femmine Alpha si trovano faccia a faccia. Era successo lo stesso con Izumo, ma in quel caso non c’era stata proprio gara. “Devo difendere il mio territorio.” Si leccò le labbra camminando raso muro. “Shura, scusa il ritardo.” Yukio entrò nella sala d’addestramento aprendo la porta di sicurezza con garbo. Ma di lei nessuna traccia. “Oi, Yukio!” Rin si voltò vedendolo entrare. Il fratello sistemandosi gli occhiali con circospezione fece due passi verso il ragazzo solo soletto dimenticando la porta socchiusa. “Dov’è Shura?” domandò seccato. “Deve ancora arrivare…” Rin sorrise imbarazzato grattandosi la testa. “Sono rimasto qui ad aspettare come uno scemo tutto solo.” Aggiunse infilandosi un dito nel naso. Yukio sospirò esasperato. Nonostante tutto, suo fratello non era poi cambiato tanto. Salvo restando che ora la coda gli penzolava libera dai pantaloni. “Sempre in ritardo quella donna…” si appoggiò di peso a una delle reti metalliche della sala. Non si sentiva per nulla in forze. “Tutto bene?” chiese Rin preoccupato avvicinandosi al fratello. “Si, si tranquillo.” Sorrise Yukio tranquillizzandolo, “Piuttosto, fammi vedere a che punto sei arrivato.” “Devo proprio?” il mezzo demone guardò altrove in imbarazzo. Ma Yukio non sembrava transigere. Lamia era incollata alla fessura della porta col sedere per aria. Ci passava giusto con lo sguardo e sbirciava senza ritegno origliando indisturbata. Non vedendo Shura gioì internamente sogghignando di gusto. Rin si sedette sul pavimento allargando le braccia. Attorno a lui c’erano mozziconi consunti di candele e altre invece nuove di zecca col picciolo fresco di fabbrica. “Bene, quando sei pronto puoi cominciare.” Gli disse Yukio dalla sua postazione. Piccole gocce di sudore gli scesero lungo la spina dorsale facendolo tremare per un istante. Uno spiffero gli colpì il collo e si sentì stranamente osservato. Nel frattempo, il fratello prese fiato preparandosi a manovrare le sue fiamme in silenzio. “Aspetta!” lo fermò Yukio scollandosi dalla griglia. Come un razzo si precipitò alla porta avanzando a pugni stretti. Lamia vedendolo avvicinarsi scattò all’indietro appiattendosi al muro nella penombra. Il ragazzo afferrando la maniglia, tirò l’uscio con uno scatto sospirando. “Dannazione!” la donna schioccò la lingua incrociando le braccia. Che si fosse accorto di lei? “Eccomi, procedi pure.” Yukio tornò da Rin accomodandosi contro la solita parete, più serio che mai. “Allora io vado eh…” Rin allargando le dita creò una piccola fiammella che tentò di domare per accendere candela dopo candela. “Stupido Yukio.” Lamia arricciò il naso infastidita. Senza però demordere, appoggiò un orecchio alla porta continuando ad origliare. “Interessante…” commentò udendo i Rin sforzarsi per controllare il fuoco.
Lilith in stanza si mangiava le unghie dal nervoso. Era seduta a gambe incrociate sul letto col telefono tra le cosce. Fissava lo schermo nero dell’arnese a occhi sbarrati. “Devo scrivere a Mephisto…” sibilò allungando un dito per premere un bottone qualsiasi. “No!” ritrasse la mano strillando. “Lui ha detto di volere starmi lontano…” le tremò la voce. Stava parlando da sola. La cosa era grave. L’indecisione l’attanagliava. Voleva vederlo e al contempo aveva timore. Era passata una settimana dall’ultima volta e a una settimana dal bacio di una succube, la vittima rischia persino di arrivare alla follia se non ne riceve nessun altro e ha uno scarso autocontrollo. Confidava nell’uomo e nel suo essere imperturbabile. “Forse… Se lo chiamassi potrei sapere in che stato si trova…” tornò a tendere le dita verso il telefono. “No Lilith, no!” si picchiò il dorso della mano con l’altra arrossendo di rabbia.
“Bene Rin, ce la stai facendo.” Commentò Yukio fiero del fratello. “Visto?” Rin ribatté senza distogliere lo sguardo dalla fiammella fluttuante. Il fratello annuì serio ma nel farlo la vista gli si annebbiò per una frazione di secondo. Portandosi una mano alla tempie si massaggiò le palpebre gemendo sommessamente. Nonostante i frequenti pasti di Lamia sentiva sempre più pulsante un unico e solo desiderio. Stare con lei. Sfiorare di nuovo quelle labbra. L’ultima volta era stato nel bosco e ora persino in un momento importante come quello la scena gli riappariva davanti agli occhi vivida come un’allucinazione. “Che mi sta succedendo?” sibilò stringendo i denti. Qualcosa gli si accese nei meandri della mente. Questa sensazione non gli era nuova. Il giorno prima e quello ancora prima la sentiva sempre quando Lamia era vicina. Prima del morso e durante il morso finché dopo l’atto non era troppo stanco per pensarci. Sgranò gli occhi. Lamia era nei paraggi. Voltò la testa di scatto ignorando Rin fare progressi e guardò la porta serrata. Forse se lo stava solo immaginando. Ma non poteva farsi vedere così da Shura. “Rin…” mormorò. “Non sento più nulla.” Sospirò Lamia staccandosi dalla porta. Qualcosa sul fondo del corridoio attirò la sua attenzione. Le sue orecchie muovendosi come piccole parabole intercettarono un suono di passi e da brava demone sparì nell’ombra stando in agguato. Vide comparire in lontananza una sagoma femminile. Era Shura. Gli occhi di Lamia scintillarono. “Che c’è, Yukio?” Rin tenne a bada le fiamme a fatica, “Credo che andrò a prendere una boccata d’a…” la porta si spalancò con violenza, “Hey hey hey, paurosetto de glasses!” Shura fece irruzione vestita coi suoi soliti abiti succinti e il seno in bella vista. Per lo spavento Rin perse il controllo delle fiamme invadendo mezza palestra urlando come un cretino. “Come non detto…” sospirò Yukio aggiustandosi gli occhiali. Shura spinse la porta all’indietro con un gesto leggero avvicinandosi ai ragazzi. “Siete in anticipo.” Fischiettò allegra, “No, sei tu ad essere in ritardo.” Puntualizzò Yukio guardando l’orologio, “Di mezz’ora buona per di più.” Aggiunse esasperato. Prima che la porta potesse chiudersi, Lamia veloce come un fulmine ci mise in mezzo un piede lasciando aperto uno spiraglio. “Ottimo…” pensò compiaciuta. Ora aveva completo controllo della situazione, e di quella donna insopportabile. “Le donne non sono mai in ritardo~” Shura si appoggiò alla recinzione accanto a Yukio che non rispose limitandosi a roteare gli occhi. Rin aveva spento le fiamme con uno sforzo immane e stava ansimando stremato. “Hey voi due! Potevate anche aiutarmi!” “No.” Risposero in coro gli insegnanti tutti tranquilli facendo spallucce.
Lilith era ancora in camera, seduta nello stesso punto a pensare. Il cervello era arrivato a fumarle. “Potrei semplicemente scrivergli che Lamia ha dei sospetti…” mormorò impugnando finalmente il telefono. Scrisse il messaggio tremante ma quando fu il momento di inviarlo ci furono dei problemi. “Che accidenti significa assenza di rete!?” scossò l’arnese indignata. Le tacche della linea erano sotto lo zero e continuava a darle errore. “Proprio adesso!?” stizzita si alzò in piedi stringendo tra le dita il cellulare come a volerlo strangolare. “Maldetta tecnologia…” premette tasti a caso digitando lettere random finché ad un certo punto partì un flash che l’accecò per una manciata di secondi. Urlando cadde chiappe a terra sbattendo la testa contro al letto. La sua faccia da ebete comparve sullo schermo del telefono immortalata per sempre. Sbattendo le palpebre allucinata si alzò in piedi raccogliendo l’affare che le era caduto di mano nella botta. “Che faccio?” mugolò disperata guardando che le tacche non aumentavano. Seccata andò ad infilarsi le scarpe e uscì dal dormitorio tenendo il cellulare alto verso il cielo pronta a spedire il messaggio non appena ne avesse avuto occasione. Andare da Mephisto di persona era fuori discussione. Era già stato difficile convincersi a mandargli un sms, figuriamoci incontrarlo. Lilith deglutì al pensiero. Come si sarebbe comportata nel caso? Doveva reggere il gioco? Scappare? E Amaimon, che fine aveva fatto? Non si era affatto dimenticata di lui. “Bel casino…” pensò avanzando a larghe falcate lungo il sentiero. “E se invece di nascondere tutto dicessi le cose a Lamia come stanno?” si fermò strizzando le labbra. “No, mia sorella è imprevedibile.” Scossò la testa riprendendo a camminare. Quasi sul ciglio del bosco comparve finalmente una tacca sullo schermo del telefono. “Evvai!” gioì, ma non era tipo da accontentarsi. Le voleva tutte. “Se fingerò che tutto vada bene, andrà tutto bene.” Fischiettò cacciando indietro i drammi. Imboccò la stradina che tagliava in due il boschetto avanzando verso la sede centrale della scuola. Più si avvicinava e più le tacche aumentavano. “Eccole tutte e cinque!” arrestò il passo soddisfatta della sua conquista. “Dunque… Adesso come si fa..?” avvicinò il naso allo schermo cercando il tasto invia, perdutosi nei meandri del suo cliccare a destra e manca. “Indovina chi è tornato…” una voce calda ma inquietante le sussurrò all’orecchio facendola sobbalzare. “Am..!” Lilith si voltò di scatto facendo cadere il telefono, “Shhh…” Amaimon le tappò la bocca braccandola. “Ti cercavo.” Le disse senza enfasi. “Ho un déjà-vu…” biascicò la ragazza con la bocca tappata. “Parlo io.” Il demone premette il palmo con veemenza. Lilith sgranò gli occhi deglutendo. Si stava rendendo conto di chi effettivamente aveva di fronte. Guardandolo negli occhi notò che la sua espressione stava cambiando. Lo vedeva affannato, con lo sguardo fisso nel suo. Il respiro del ragazzo a tratti si rompeva lasciando posto a piccoli spasmi impercettibili. “Il fratellone continua a confinarmi di qua e di là e forse ho capito il perché.” Avvicinò il naso al volto di Lilith sgranando ancora di più gli occhi. “Ti vuole portare via da me. Vuole rubarmi il gioco. Ma tu sei mia, mia e solo mia. Mi ha fatto una promessa e deve mantenerla…” Sussurrò come un pazzo. “Ho avuto una settimana per riflettere…” sembrò calmarsi, “Ma non è stato facile. Non ero concentrato. Ti pensavo e non riuscivo a smettere. Voglio giocare con te…” alzò le sopracciglia con una faccia da ebete. La ragazza tese ogni muscolo del suo corpo. Ecco gli effetti di sette giorni di astinenza dal bacio su un demone potente come Amaimon. Non aveva fatto altro che peggiorare il suo istinto animale. “Sai…” continuò a parlare lui, “Ho avuto modo di pensare anche in quanti modi avrei potuto costringerti a rivelare la tua vera forma…” lasciò scivolare la mano sotto il mento di Lilith stringendolo tra gli artigli, “Ho analizzato fotogramma per fotogramma dei miei ricordi. Data la mia ossessione per te è stato un buon passatempo.” Si leccò il labbro inferiore. “Non sono del tutto certo della mia teoria. Ma…” si avvicinò sempre di più, “…Se non sarai tu per prima a trasformarti di tua spontanea volontà proverò ogni metodo pensato… Compresi i più sadici.” Tornò a sgranare gli occhi inquietando Lilith sempre di più. “Non puoi opporti a un Re di Gehenna. Piccola suddita impertinente.” Le leccò una guancia facendola rabbrividire.
“Rin, riprova, avanti.” Shura incrociò le braccia sotto i seni mettendoli ancora più in evidenza. “Facile a dirsi…” il ragazzo sudato e senza maglia si era legato la cravatta in testa. “Se non riuscirai a domarti alla perfezione, scordati che io ti insegni a usare la spada.” “E va bene…” sbuffò lui prendendo di nuovo fiato. Yukio non era concentrato. A tratti vedeva doppio e il collo gli bruciava un po’. Non aveva riposato abbastanza ma non era soltanto quello. Aveva la testa pesante. La voce di lamia riecheggiava dei suoi pensieri e non lo faceva stare attento al fratello. Avrebbe tanto desiderato uscire all’aperto e stare solo. Lamia dalla fessura della porta lo fissava col suo sguardo penetrante. Aveva notato la crisi che lo attanagliava ma non mosse un muscolo. Sembrava pensierosa. Ad un tratto, il cellulare di Yukio prese a vibrare. Deglutendo estrasse l’apparecchio dalla tasca del giaccone rispondendo mantenendo la calma, “Pronto, sono Okumura.” Disse freddo e distaccato.
Lilith riempì lentamente i poloni d’aria. Aveva il cervello in panne. Sapeva cosa doveva fare e non aspettò ulteriormente. “Vieni qui…” mormorò prendendo il viso di Amaimon tra le mani. Al tocco, il ragazzo s’immobilizzò iniziando a respirare affannosamente. “Che c’è? Vuoi ancora baci?” la canzonò bloccandola. “Io voglio altro.”
“Una convocazione d’emergenza.” Yukio chiuse il telefono avvicinandosi a Rin e Shura, intenti a parlare delle candele. “Pare che una zona residenziale della vecchia città nord sia infestata dai coal tar.” Disse tirando su col naso. “Ci sono feriti tra i civili. Uno di loro è stato vittima del Masho e i contaminati sono decine.” “E la causa dell’infestazione?” chiese Shura facendosi seria, “Ancora ignota.” Rispose Yukio, “hanno convocato tutti gli esorcisti con il meister di doctor, ce l’hai anche tu no?” “Sì… In effetti…” la donna si grattò la testa. “Doctor? Ho capito bene?” Lamia entrò nella sala spalancando la porta avanzando ancheggiante. “Lamia!?” Rin spalancò la bocca traducendo in parole i pensieri di tutti i presenti. “Passavo per di qua e ho sentito la parola magica…” ridacchiò recitando la parte, “Dato che sto studiando per quel meister potrebbe essermi di enorme spunto assistere alla missione!” fece gli occhi dolci a Yukio che deglutì a pugni stretti. In quel momento stava pensando a mille cose. E una di quelle era fuggire. “Assolutamente no.” Disse a denti stretti, “Andiamo paurosetto, hanno richiesto tutto l’aiuto disponibile, no?” fece spallucce Shura, “Ma…” “Avanti, professore…” Lamia si lasciò sfuggire un sorrisetto vedendo Shura collaborare. A quanto pare l’ostilità era solo da parte sua. “Pensa ai civili feriti…” “Proprio perché ci sto pensando, io…” “Lascia perdere questo inquadrato, accomodati pure signorina.” Shura la esortò ad avvicinarsi. Il suo sguardo però celava una punta di circospezione. Yukio trattenne un urlo guardando il pavimento. “Scusate, e io che faccio?” chiese Rin ancora a petto nudo. “Giusto… Non possiamo lasciarti solo…” la professoressa lo guardò con nonchalance, “Dovremo portare anche lui con noi.”. La faccia di Yukio divenne un enigma.
“Che significa che vuoi altro?” sussurrò Lilith. “I baci non mi bastano più…” “Io dico di sì…” “Io dico di no…” il demone si aggrappò a lei con le unghie tentando di spingerla per terra. “Fermo, no!” Lilith si ribellò opponendo resistenza, “Arrenditi a me.” Amaimon la fissava con gli occhi spalancati. “Mai!” La ragazza si sporse in avanti baciandolo con impeto. Il demone mollò a poco a poco la presa divenendo inerme. “Bacio dopo bacio sarai tu ad arrenderti a me.” Mormorò Lilith allontanandosi con uno scatto. “Tu dici?” Amaimon cominciò a ridere come un pazzo. “Stai solo facendo il mio gioco…” continuò a sganasciarsi con quel riso terrificante. Lilith sconvolta si morse un labbro chinandosi  per recuperare il telefono. In un lampo, corse via abbandonando il ragazzo in preda agli spasmi. Rideva maligno inginocchiato a terra con la testa all’indietro e lo sguardo perso nel vuoto. “Dove scappi Lilith?” la canzonò strillando senza freno, “Ormai sei mia!”. Lilith aveva il battito a mille. Correva a denti stretti come un razzo attraverso il bosco verso l’accademia. Non poteva andare da Mephisto. Non sapeva dove nascondersi. Amaimon aveva perso il controllo e non sapeva che fare. Si arrese all’idea di dire tutto alla sorella. Doveva trovare Lamia. 

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Capitolo 18
*** Capitolo XVIII ***


CAP 18

“Ah però… Pizzetto governa un vero e proprio impero…” Osservò Lamia camminando col naso all’insù lungo le vie del borgo nord dell’Accademia. Il territorio della scuola comprendeva anche un’intera città oltre le altre cose. Yukio marciava davanti a lei muto come un pesce e le sopracciglia corrucciate. Cercava di mantenere un respiro regolare nonostante si sentisse impazzire. “Sta calmo, paurosetto de glasses. Ai tuoi studenti non succederà nulla. È soltanto la prassi delle emergenze.” Shura lo affiancò con le mani dietro la testa tutta tranquilla. Al che Lamia vedendola avvicinarsi accelerò il passo accostandosi a Yukio dall’altro lato con nonchalance. Lanciò un’occhiata di sfida a Shura che la ricambiò alzando un sopracciglio. Il ragazzo si sentì soffocare. Era sull’orlo dell’implosione. Rin dietro di loro guardò la scena inebetito. Era talmente abituato a vedere le ragazze ronzare attorno al fratello che non ci dette la minima importanza. “Ragazzi… Fin dove dobbiamo arrivare?” chiese sbadigliando. “Non manca molto.” Gli rispose Shura incrociando le braccia allargando un po’ la scollatura. Lamia di tutta risposta si slacciò un po’ la camicetta sventolandosi con una mano fingendo di sentire caldo. Così facendo non fece che liberare ancora di più il suo profumo ammaliante. Shura non sembrava però prendere sul serio Lamia, considerandola una quindicenne come le altre. Quanto si sbagliava. Aveva tutt’altro che quindici anni. Yukio fissava un punto davanti a lui ignorando la faida femminile. “Ci siamo.” Disse allargando le falcate per distanziarsi dalle due donne avvicinandosi a una zona recintata gremita di persone ed esorcisti. “Sono il professore Okumura, ho portato rinforzi.” Disse al primo esorcista sul suo cammino. L’uomo che si trovò davanti aveva una guancia fasciata e sembrava non avere la minima idea di che stesse facendo lì. Era seduto per terra sul marciapiede. “Ah, meno male che siete arrivati…” disse sistemandosi gli spessi occhiali che portava, al suo fianco una donna esorcista lo stava finendo di medicare. “Aspettate, ma lui non è il ragazzo di cui si è sentito tanto parlare?” si alzò barcollando indicando Rin, “Stia attento a non sforzarsi troppo!” lo aiutò la collega. “Chi lui?” Shura guardò lo studente alzando le sopracciglia, “Non ci faccia troppo caso. È perfettamente sotto controllo. Ci penserò io stessa.” Tranquillizzò l’uomo che parve rasserenarsi. “Benone…” disse schiarendosi la voce. “Lei invece chi è?” guardò Lamia curioso. La donna sogghignando alzò una mano indicando Yukio col pollice, “La sua r…” “Un esquire aspirante Doctor.” Yukio le dette un cucciò scalzandola via interrompendola a metà frase. Sentendosi pervadere da un brivido violentissimo se ne pentì all’istante. Non doveva toccarla. Shura alzò un sopracciglio assistendo alla scena, non aveva capito che fosse successo ma studiava Lamia attonita. “Bene. Adesso vi spiego come stanno le cose…” il vecchio si ricompose, “Io sono Saburota Todo, esorcista di seconda categoria superiore a capo del dipartimento profondo.” Disse un po’ in preda al panico. “È iniziato tutto quando qualcuno ha rubato l’occhio sinistro del Re dell’Impurità… Che era conservato da noi al dipartimento.” Balbettò con la faccia da colpevole. “Com’è stato possibile!? Quel dipartimento è altamente sorvegliato con sistemi impenetrabili!” sbottò Shura incredula. Lamia sentendo quel nome sbiancò. Si guardò attorno senza darlo a vedere. “Non… Non sappiamo come abbia fatto ad introdursi…” confessò Todo toccandosi la guancia bendata. “Io e gli altri del dipartimento abbiamo seguito l’uomo mascherato che l’ha rubato fino a qui. Ci è sfuggito con un ostaggio a seguito dentro quell’edificio e ha liberato un miasma potentissimo.” Guardò alle sue spalle le decine di barelle e persone indaffarate a curare civili feriti, “I Doctor non sono però sufficienti.” “È per questo che siamo qui o sbaglio?” mormorò Shura. Qualcosa l’aveva agitata. Yukio dal canto suo non lo era di certo di meno. “Di che ostaggio si tratta?” chiese Rin che del discorso aveva recepito solo quello. “Di un bambino… è stato investito dal miasma a stretto contatto con la boccetta contenente l’occhio e dubito sia sopravvissuto…” il vecchio esorcista era sull’orlo del tracolo emotivo, “Vi prego di fare qualcosa per aiutarci… Mi sento così in colpa per tutto l’accaduto! Noi del dipartimento siamo stati disonorati oltre ogni misura.” Chinò il capo strizzando gli occhi disperato. “Si calmi, faremo tutto il possibile.” Disse Yukio trasformatosi in una statua di gesso. “Quest’uomo con la maschera… È forte?” chiese Shura serissima, “Non lo sappiamo. Ha continuato a scappare senza rispondere ai nostri attacchi.” “Dobbiamo fare in fretta.” Concluse Yukio guardando il campo pieno di feriti. Deglutì avvicinandosi alla recinzione allontanandosi da Lamia che non aveva più aperto bocca. La donna fissava l’edificio contaminato come se avesse visto un fantasma. “Io non devo stare qua.” Sussurrò.
“Lamia! Sei qui?” Lilith corse a perdifiato nell’aula di Yukio. Era completamente vuota. Al che provò ad andare a dare un’occhiata negli altri posti in cui lei e Yukio sarebbero potuti andare. “Avanti, Lilith… Pensa…” si massaggiò le tempie agitatissima. Trovare sua sorella era diventata veramente questione di vita o di morte. Da quando aveva lasciato Amaimon a contorcersi in preda alla follia non aveva smesso un attimo di correre temendo di venir messa di nuovo alle strette. Corse fuori dall’ala esorcisti attraversando il cortile di corsa giungendo al piazzale della fontana. Gli studenti che pullulavano la zona la tranquillizzarono. Se c’era gente, di sicuro Amaimon non sarebbe apparso. Sapeva bene che Mephisto non lo avrebbe mai permesso. Guardando in alto il cielo le cadde l’occhio sulla finestra dello studio del preside e deglutì rumorosamente. La stava osservando? Che stava facendo lui? Scossò il capo andando a lavarsi il viso con l’acqua gelida. L’estate torrida la stava facendo sudare in modo anomalo. O forse non era solo per quello? Le tremavano le mani. Schizzò acqua da tutte le parti sentendo però immediato sollievo portandola a contatto con la pelle. Bevve avidamente schiarendosi le idee. Poi allontanandosi dalla fontana non sollevò più lo sguardo correndo dentro l’edificio. Corse dribblando gli altri ragazzi in cerca di Yukio, perché dove c’era lui c’era sicuramente anche Lamia. “Permesso!” sibilò senza fiato scansando una ragazza. Possibile che non ci fosse nemmeno nessuno dei suoi amici? A pensarci bene però non sarebbero stati di nessuna utilità contro Amaimon. Potevano comunque servire ad altro, ad ogni modo. Come un razzo piombò nell’aula dove di solito frequentavano il corso comune trovandola deserta. A quell’ora ormai avevano finito tutti le lezioni. Era stata stupida. Per di più se ci fosse stata sarebbe dovuta andare anche lei perciò si sentì veramente un’idiota. A quest’ora erano tutti ai club. Si spettinò i capelli nel tentativo di riconnettere le sinapsi. Ma se non era orario di lezioni… Lamia e Yukio dove diavolo si erano cacciati? Le prese il panico. Si sentiva dentro un incubo. Uscì di nuovo all’aperto. Il sole illuminava ancora il tardo pomeriggio estivo. Guardò l’orizzonte esaminando ogni sagoma. Facendo lunghi respiri si tranquillizzò imboccando uno stradello che costeggiava la sede principale, verso il confine. I suoi occhi scorrevano su ogni passante che incontrava. “Mi scusi…” si morse la lingua approcciando quello che aveva tutta l’aria di essere un insegnante, giusto per non usare l’imperativo ed essere socialmente accettabile, “Saprebbe dirmi dove si trova Yukio Okumura?” “Il professore Okumura?” “Esattamente…” “No mi spiace… Prova a guardare nell’aula insegnanti della succursale.” Lilith facendo un cenno partì alla riscossa senza nemmeno ringraziare. Tornò da dove era venuta col fiatone. Mentre si avvicinava a una porta qualsiasi per usare la chiave magica, si sentì osservata. “Lilith!” una voce maschile la fece voltare all’istante col cuore in gola. In lontananza vide una persona conosciuta, dai capelli rosa. Shima. La ragazza tirò un sospiro di sollievo guardandolo avvicinarsi tutto tranquillo. Era vestito con abiti casual e aveva tutta l’aria di essere in pellegrinaggio. “Che combini?” le chiese sorridendo sornione. “Sto cercando Yukio Okumura.” Rispose lei secca. Nei momenti di crisi non c’era spazio per altro al di fuori delle priorità. Chiacchiere da ragazzini non facevano per lei. “Yukio eh…” si grattò il mento Shima, “Non ti facevo una sua ammiratrice… Pensavo avessi un debole per me…” si finse sconsolato asciugandosi una lacrima immaginaria. Lilith lo guardò con gli occhi a mezz’asta per nulla impressionata. “Scusami, sono un po’ di fretta.” “Hey, hey… Scusami non volevo innervosirti. Scherzavo!” Shima le accarezzò una spalla bloccandole la strada. “Ho sentito che c’è stata un’emergenza nella zona nord… Hanno radunato tutti i Doctor possibili quindi è probabile che sia là.” “Grazie.” La ragazza scostò la mano del ragazzo scivolando per la sua strada. “Dai aspetta, chiacchieriamo un po’, mi sento solo con Bon e Koneko ai club…” lui mise il broncio guardandola scappare via a tutta velocità. Ma non ottenne risposta.
“Come dobbiamo procedere?” Shura guardò Todo e la donna in sua compagnia, “Laggiù possiamo farci dare delle tute anti miasma ed entrare nell’edificio a ispezionare.” Indicò una postazione tra la folla, “Signor Saburota, è sicuro di tornare là dentro?” “Ho detto che sto bene… Devo rimediare ai miei errori.” Rispose all’infermiera scostandosi da lei. Le mani di Yukio cominciarono a tremare e se le infilò in tasca per nasconderlo. Lamia però se ne accorse. Nel silenzio cercò il suo sguardo ma lui evitava persino di guardarla. “Yukio.” Sibilò allora ottenendo la sua attenzione. “Non ho tempo per i tuoi giochi.” Rispose lui in un sussurro ma Lamia scossò la testa fulminandolo con lo sguardo. “Ti devo parlare.” Gli disse in labiale, “In privato.” “Non è il momento.” “Lo è.” Insistette e lui dovette arrendersi. Il tremore stava diventando incontenibile. Yukio fece un passo verso i suoi colleghi deglutendo, “Prima di entrare permettetemi di illustrare alla mia esquire il campo di soccorso.” “Fai presto.” Disse Shura e il ragazzo annuendo fece retro front portando Lamia in mezzo alla gente. Camminando a larghe falcate davanti a lei raggiunsero un punto appartato dietro un secondo edificio evacuato. “Lamia te lo dico in modo molto schietto, la tua presenza qui non è gradita e non so perché tu abbia deciso di intrometterti ma sono stanco di essere un tuo giocattolo. Sai benissimo l’effetto che mi fai dal battesimo.” Yukio parlò tutto d’un fiato non appena arrestarono il passo. Parlava con cadenza regolare come un automa. Forse per cercare di calmare i nervi. Lamia sgranò gli occhi per poi strizzare le labbra fulminandolo con lo sguardo. “E io che volevo farti un favore.” “Un favore? Pedinandomi e non facendo altro che indurmi alla pazzia?” “È proprio per questo che ho voluto parlarti in privato.” “Oh, non provare a chiedermi scusa perché non ci credo.” “No.” La donna si avvicinò a lui facendolo tremare a contatto col suo respiro e come in un lampo gli sfiorò le labbra con un lungo bacio. Yukio si sentì percorso da una scossa elettrica, tutte le sensazioni tremende che aveva provato negli ultimi giorni sparirono lasciando il posto alla pace. Quando il bacio si sciolse, il ragazzo si sentiva come un normalissimo essere umano. La presenza di Lamia non lo turbava più come prima, però la trovava ancora più attraente. “Non potevo permetterti di andare là dentro in quello stato.” Mormorò lei allontanandosi lentamente, “Che hai fatto?” Yukio si sfiorò le labbra sconvolto. “Ti ho baciato.”, Yukio alzò un sopracciglio come per dire grazie al cavolo. “Fin qui ci arrivo da solo. Non potevi farlo prima?” guardò altrove con la mandibola tesa. “Ho cercato di aspettare il più possibile per non renderti un mio burattino.” “Che significa?” il ragazzo alzò lo sguardo rapido incrociando quello di Lamia in un impeto di sconcerto misto a brutale curiosità, “Il bacio di una succube funziona così. Dopo il battesimo e dopo un certo numero di giorni, il soggetto comincia ad arrivare alla follia se il rito non viene rinnovato. L’uomo ha bisogno del contatto più puro con la succube. Di norma si infliggono subito numerosi baci alla vittima ma questo la porta alla schiavitù fisica ed emotiva.” Lamia parlò veloce mantenendo un tono piuttosto basso, “Se ti avessi baciato di nuovo a distanza di poco, la soglia della pazzia si sarebbe accorciata sempre di più rendendoti completamente soggiogato. Più tempo passa tra un bacio e l’altro più sarai in grado di domarti. Al contrario più breve sarà l’intervallo e più ne vorrai perdendo la cognizione di te stesso.” “Quindi hai quasi rischiato di farmi sbroccare per… Proteggermi?” Una specie. L’ho fatto solo perché non ho interesse nel manovrarti come un burattino.” “Ma potresti farlo.” Lamia non rispose. “Ho cercato di spostare il limite del desiderio il più in là possibile solo per te.” Non mi hai risposto.” “Sei ancora libero.”. Silenzio. “Ancora…” Yukio ripeté quella parola calcandola. “Sì, ancora.” Ribadì Lamia, “Sono i rischi dello stare a stretto contatto con una come me.” “Non che io l’abbia mai voluto.” Yukio incominciò a camminare sorpassando Lamia per tornare dagli altri. “Scusami ma ora ho una missione da svolgere.”. Lamia era rimasta immobile a fissare un punto vuoto. “Per me invece è un piacere.” Sogghignò infine maliziosa per poi voltarsi e seguire il ragazzo.
Lilith ormai non sentiva più le gambe. Il corpo umano aveva un suo limite e lei lo stava violando in ogni modo. Correva giù per la discesa del monte su sui sorgeva l’accademia verso la zona Nord. Aveva chiesto ad un altro paio di persone dove si trovasse e così seguiva le indicazioni ad istinto. Di sicuro se c’era un’emergenza tale da aver richiesto un gran numero di esorcisti, non sarebbe stato difficile trovare il punto giusto affollato come sarebbe stato. Arrivò alla prima zona residenziale continuando a ruzzolare giù per le ripide vie del borgo evitando panni stesi e persone. Aveva il cellulare ancora stretto in pugno ma non le passò nemmeno per l’anticamera del cervello di usarlo per chiamare Lamia o Yukio. Non era dell’umore adatto per ragionare. In quel momento aveva solo bisogno di correre ed allontanarsi il più possibile da Amaimon e tutti i suoi problemi.
“Sono qui, avete già preso le tute?” Yukio approcciò Shura e Rin al campo. “Eccovi! Dov’eravate finiti?” domandò il fratello grattandosi la testa. “Todo è andato a prendere l’occorrente.” Disse Shura con le mani sui fianchi. “Bene.” Yukio era rinato. Pronto per la missione. Lamia dietro di lui guardava l’edificio contaminato con una faccia indecifrabile. “Hey tu, esquire.” Shura chiamò Lamia con un fischio, “Che intendi fare? Entri o resti al campo?” “Resta al campo.” Rispose Yukio per lei e Lamia annuì sogghignando. “Era proprio quello che avevo intenzione di fare.” Fece l’occhiolino a Yukio che non la degnò neppure di uno sguardo. “Perfetto. Starò qui pure io alla fine.” Disse Shura ammiccando, “Testerò come il nostro paurosetto de glasses ti ha insegnato a procedere… Poi devo badare a Rin.” “Shura…” Yukio roteò gli occhi. Lamia non commentò limitandosi an incrociare le braccia e guardare la donna con aria di sfida. “Eccomi, sono qui.” Todo tornò con in braccio un paio di tute. “Chi viene con me?” “Io.” Risposero in coro Rin e Yukio. I fratelli si guardarono per una frazione di secondo. “Tu no, signorino.” Shura braccò Rin come dal piano e il vecchio caricò Yukio con l’attrezzatura sotto gli occhi delusi del mezzo demone.
Lilith era quasi sul posto. Aveva già incontrato i primi furgoni di pronto soccorso. Al che smise di correre per non dare nell’occhio. Camminava a piccoli passi rapidi ondeggiando le braccia. La zona sembrava un campo di battaglia. Barelle da ogni parte, recinzioni blande e nastri di pericolo limitavano la zona. L’occhio le cadde su una delle vittime invasa da bolle purulente. Sgranando gli occhi sembrò realizzare l’avverarsi del suo peggiore incubo. Quella era impurità. Scossando il capo accelerò il passo giungendo a un posto di blocco. Doveva assolutamente trovare Lamia e andarsene. La recinzione le impediva di avvicinarsi, “Alt!” un esorcista di categoria superiore la fece arrestare. “Non è permesso l’ingresso ai civili.” Le disse squadrandola da capo a piedi, “Sono anch’io un’esorcista!” ribadì lei con la voce tremante. L’uomo le rise in faccia credendo che fosse uno scherzo, “Non c’è tempo per gli scherzi, bimba.” Le disse tornando serio. “Sono serissima.” Lei lo fulminò con lo sguardo. L’uomo deglutì rumorosamente cogliendo qualcosa di spaventoso in quelle pupille assottigliatesi così d’improvviso. “Mi serve un documento.” Balbettò allora lui cercando di ricomporsi.
“Sono dentro da quasi venti minuti…” disse Shura guardando l’orologio mentre Lamia esaminava delle boccette di medicamento. “Che dovrei farci con queste?” “Mh? Ah quelle devi montarle su quelle siringhe. Contengono un siero anti miasma, lo stesso che i ragazzi hanno portato con loro.” “Bene.” Rispose Lamia senza entusiasmo. Con la coda dell’occhio guardò di nuovo il palazzo. Aveva una pessima sensazione. “Dammene un paio, vado a iniettarle a quei pazienti laggiù.” Senza dire nulla Lamia gliele lanciò in malo modo, “Fai attenzione!” Shura le afferrò per il rotto della cuffia, “Questo siero è molto prezioso!” “Sì, sì… Come vuoi.” Lamia la scialacquò con un gesto di mano senza nemmeno guardarla. Shura alzando un sopracciglio arricciò il naso guardandola con gli occhi a mezz’asta, “Bada un attimo a Rin al posto mio.” Disse, poi senza aggiungere altro si allontanò per andare a soccorrere i feriti. “Non ho bisogno di badanti.” Sbuffò Rin che fino a quel momento era rimasto zitto e buono in un angolino. Al che si alzò spostandosi di qualche metro. “Lamia!” la voce di Lilith la fece voltare di scatto. “Che ci fai tu qui!?” sgranò gli occhi vedendo la sorella correrle in contro. “Potrei farti la stessa domanda.” La ragazzina si fermò chinandosi con le mani sulle ginocchia per riprendere fiato. “Hai visto quelle bolle!?” sussurrò Lilith con un filo di voce tra un respiro e l’altro. “Ovvio. Sono qui per rimediarvi.” La sorella prendendo una fiala la montò con noncuranza su una siringa. “Dobbiamo andarcene.” “Non prima che Yukio sia tornato.” “Perché, dov’è?” la piccola drizzò la schiena guardandosi attorno. “Là dentro.” Rispose Lamia facendo un cenno all’edificio alle sue spalle. “Cosa!? Ma è impazzito!? Fiuto quel puzzo sin da qua.” “Non me ne parlare.” Sibilò Lamia. “Piuttosto perché sei venuta qui? Non è posto per te. Tanto più coi suoi emissari nei paraggi…” “È pericoloso per te esattamente come per me non credere.” “Credimi, lo è di più per te.” “Lamia, se ti riconoscessero troverebbero anche me. Sanno che viaggiamo in coppia.” Silenzio. “Ad ogni modo, finché il mio partner servente è segregato qui devo vigilarlo. Volente o nolente.” Lamia distolse lo sguardo tornando al suo lavoro. Lilith si guardò alle spalle agitata. “Tranquilla, lui non c’è.” Disse Lamia. La ragazzina si girò di scatto. C’erano tanti Lui nella sua testa a cui poteva riferirsi Lamia. “Si tratta solo di un miasma, siamo al sicuro.” Aggiunse e la sorella capì. “Oi, e tu che ci fai qui?” Shura era tornata, stupendosi della presenza di Lilith. “È esattamente quello che le chiedo da mezz’ora.” La guardò Lamia per nulla turbata. “Ecco io…” incespicò Lilith. “Sei anche tu un esquire o sbaglio?” “Sì…” “Quanta volontà di imparare nelle nuove generazioni.” Scossò il capo la donna facendo spallucce. “Ah!” Shura si guardò attorno con gli occhi sbarrati. “Dov’è finito Rin!?”. Lilith e Lamia si guardarono alzando le sopracciglia all’inverosimile.
“Rin!? Cosa ci fai tu qui!?” sbottò Yukio dentro la tuta anti contaminazione trovandosi all’improvviso il fratello davanti al muso nel corridoio buio e infestato. Non indossava nessuna protezione. “Sono scappato da Shura con tutte le mie forze. Voglio essere d’aiuto e salvare quel bambino.” Rispose risoluto. Yukio alzò gli occhi al cielo stringendo ancora di più il pugno attorno a una gabbietta per uccelli che era stato incaricato di portare. Al suo interno, un canarino cantava beato. Avrebbe smesso solo in presenza della fonte del miasma, ovvero l’uomo mascherato. “Va bene… Allora porta il canarino da miniera e non fare niente di avventato.” Disse il ragazzo esasperato allungandogli la gabbietta. “Uh?” non appena Rin prese l’affare, il volatile smise di cantare. “Ha smesso di cantare…” avvicinò il volto alle sbarre guardando l’uccellino muto. “Ecco l’uomo!” gridò Yukio vedendolo comparire in fondo al corridoio col bambino menomato in braccio. Todo alle loro spalle non disse niente. “Il bambino è grave ma è ancora vivo, presto!” il ragazzo gridò da dentro il casco protettivo. La figura incappucciata era immobile e fissava la squadra di soccorso senza muovere un muscolo. In mano recava una boccetta con dentro una strana sferetta piccola e scura. Doveva trattarsi dell’occhio. Rin deglutì immobilizzatosi e mollò la gabbia. Lo strano figuro fece per spostarsi ma Yukio estrasse la pistola tenendola salda tra le mani, “Fermo!” lo intimò minaccioso. “Se ti muovi di un passo sparo!” ma l’uomo scomparendo in una nuvola di fumo nero fece cadere la boccia di vetro contenente l’occhio frantumandola al suolo. “Non è possibile…” Yukio abbassando l’arma si avvicinò alla sfera per esaminarla. Raccogliendola si rese conto che si trattava di una comune pallina di plastica. “È un falso.” Disse un secondo prima di essere colpito da un calcio alle spalle. “Yukio!” gridò Rin assistendo alla scena. Il fratello era caduto sotto il colpo inflittogli a sorpresa da Todo. Il ragazzo guardò il vecchio togliersi la veste e sotto il casco comparvero due piccole corna di demone. “È giunto il momento di venire allo scoperto. Almeno guadagnerò un po’ di tempo” Sogghignò.
“Se è entrato nell’edificio giuro che lo strangolo con le mie stesse mani.” Shura guardò l’ingresso fiammeggiante. “Parla di Rin?” Lilith guardò Lamia accoccolata accanto a lei e la donna alzò un sopracciglio, “Di chi se no?” sbuffò seccata in risposta. “Aspettatemi qui.” Disse poi l’insegnante allontanandosi come una furia. Le ragazze la guardarono attonite andare via. “Oi, scollati. Sei soffocante.” Lamia ruotò la testa per guardare la sorella accucciata attaccata alla sua schiena. Sembrava un cucciolo ferito. “Che vuoi? Voglio stare qui con te.” “Come mai tutto questo amore fraterno?” “Zitta.” Lilith guardò altrove imbronciata. “Guarda che io e te abbiamo ancora un’interessante discussione in sospeso…” Lamia posò la fiala nel contenitore liberandosi le mani. Lilith s’irrigidì all’istante. “Non capisco a cosa ti stia riferendo…” bofonchiò incrociando le braccia chiudendosi ancora di più a ricciolo su se stessa. Un improvviso alone azzurrino provenne da una delle finestre ai piani alti distraendo Lamia. Assottigliando gli occhi fiutò l’aria ammutolendo. “Lo sai che non mi piace stare sola.” Lilith cambiò discorso approfittando del silenzio. “Come vuoi.” Rispose distratta Lamia alzandosi in piedi senza staccare gli occhi dal palazzo. “Oi!” Lilith barcollò perdendo l’equilibrio poggiando le mani a terra. “Sta succedendo qualcosa di interessante…” mormorò la donna incrociando le braccia col naso all’insù. “Che?” Lilith si alzò avvicinandosi alla sorella guardando verso la stessa direzione. “Pare che il figlioccio di Satana si stia scatenando…” mormorò sogghignando. I bagliori però erano cessati in fretta. “Non vedo niente…” disse Lilith arricciando le labbra. “Peccato.” Fece spallucce Lamia guardandola con la coda dell’occhio. “Vieni, andiamo ad accogliere il mio tesoruccio…” sogghignò cominciando ad avanzare verso la porta principale della costruzione fatiscente. Superarono il nastro giallo evidenziatore violando le misure di sicurezza giusto in tempo per vedere Rin e Yukio uscire soli, senza Todo, col bambino stabilizzato in braccio. La madre del piccolo corse loro in contro commossa riprendendosi il figlio tra mille ringraziamenti. “Bentornati…” disse Lamia approcciando i ragazzi. Yukio si stava togliendo la tuta tutto sudato, mentre Rin sembrava fresco come una rosa. “Che è successo, dov’è Todo?” la donna alzò un sopracciglio esaminando i ragazzi. “Lilith! Che ci fai anche tu qui?” Rin la interruppe squadrando la sorella minore che guardò altrove in imbarazzo prima di trovare il coraggio di rivolgergli le sue attenzioni. Nel mentre, Yukio incrociò lo sguardo di Lamia più serio che mai e lei gli lesse sentimenti contrastanti nelle iridi. “Davvero un eccellente lavoro.” Lilith sgranò gli occhi senza spostare lo sguardo da Rin. “Mephisto!” il ragazzo guardò alle spalle della ragazza paralizzatasi. L’uomo era al fianco di Shura che probabilmente lo era andato a chiamare ed era intento a gustarsi un ghiacciolo all’anice. “Siamo di fronte a un bel pasticcio.” Fischiettò avvicinandosi ai ragazzi. Lilith si voltò lentamente incrociando i suoi occhi per un istante. Mephisto non fece apparentemente una piega, “Pare che fosse tutto un depistaggio.” Continuò a parlare come se nulla fosse. Lamia lo guardò con un mezzo sorrisetto alternando sguardi curiosi prima a lui e poi alla sorella. Stava esaminando ogni loro minima reazione. E Lilith non era brava a tenere una faccia da poker. “Che intende dire?” Yukio si sistemò gli occhiali rivolgendosi al preside, “Hanno rubato il vero occhio sinistro.”, i ragazzi impallidirono alla notizia. “Il mio demone servitore sta seguendo le sue tracce.” Intervenne Shura, “Quando è successo?” sbottò Yukio, “Quel vecchietto mi sembrava sospetto, così ho fatto qualche ricerca e ci ho preso alla grande.” Mephisto dette un morso al suo gelato, “Inoltre non ne sappiamo ancora molto… ma pare che anche l’occhio destro abbia qualche problema. È una situazione oltremodo critica”, gustò il dolce con una faccia nera. “Comunque ora la priorità è radunare i nostri migliori combattenti al più presto e metterci a cercare l’occhio sinistro.” Aggiunse guardando Yukio. “Professore Okumura, gradirei che anche tu prendessi parte alle ricerche.” “Io?” sembrò sorpreso, e Lamia lo guardò penetrante prima di rivolgere la sua attenzione a pizzetto, per nulla contenta. Avrebbe dovuto seguirlo ovunque andava e lui lo sapeva bene. Era la sua fonte primaria di cibo. L’unica. “Non conosciamo ancora bene il nostro nemico e tu lo hai incontrato in prima persona oggi. Ci saresti di grande aiuto.” “Va bene.” Il ragazzo si convinse velocemente. Non appena Mephisto incrociò lo sguardo di lamia lei lo fulminò, “Vedi di non cacciarmi nei guai.” Gli disse in labiale. L’uomo fece finta di niente e senza pensarci finì col fissare Lilith. La ragazza era confusa. “Non capisco… Di che occhi stiamo parlando?” domandò distogliendo lo sguardo da Mephisto per rivolgersi ai ragazzi, “Gli occhi del Re dell’impurità.” Fu l’uomo però a risponderle sogghignando. La ragazza lo guardò allucinata sbarrando le palpebre. Lamia la vide sbiancare. “Astaroth...” bisbigliò poi con un filo di voce e Mephisto le rivolse uno sguardo intenso. “Andiamo via.” Lilith sibilò a Lamia prendendola per mano e strattonandola dietro di lei in una corsa folle. “Oi!” la sorella l’apostrofò, ma la ragazzina non si fermò. Sfilò accanto a Mephisto inebriandolo col suo profumo e trascinò via la sorella in un battibaleno. “Ma dove vanno?” Rin si sporse di lato per vederle sparire all’orizzonte. Mephisto si ricompose sbattendo le palpebre prendendo un altro morso di ghiacciolo. “Quelle due sono strane.” Osservò Shura stringendo la bocca a cuore, “Mai quanto te.” Le rispose Rin imbronciato. “Professor Okumura, stavamo dicendo?” il preside riaprì bocca recuperando l’attenzione.
“Sei forse impazzita a correre via in questo modo?” quando furono abbastanza lontane Lamia puntò i piedi a terra arrestando la corsa. “Non hai sentito che ha detto Mephisto!?” Lilith si voltò come una furia, “Sì! Ha detto che manderà Yukio chissà dove a cercare uno stupido occhio!” “Non è stupido, è l’occhio del Re dell’impurità. Lamia, IL RE DELL’IMPURITÀ! Lo sai chi viene dopo di lui, vero?” Silenzio. “Non ti scaldare. Stando qui siamo in una botte di ferro.” “Stando qui. Appunto.”.
“Or dunque, pattuito ciò, ora ho bisogno di radunare una squadra per cercare l’occhio destro…” sorrise Mephisto giocherellando con lo stecchino ripulito del ghiacciolo, “E forse ho già un’idea.” Disse guardando Shura tutto contento.
“Yukio sarà mandato chissà dove, lo hai detto tu stessa. E se vuoi cibarti devi seguirlo…” Lilith guardò Lamia col viso di marmo, “Ma se tu andrai con lui sarai esposta e io non posso seguirti.” La sorella la guardò col volto sempre più nero. “Mi stai chiedendo di digiunare?” “Se ci dividono siamo morte. Se ci spostiamo siamo morte.” Lilith continuò a parlare con il tono sempre più flebile. E con quello che era successo tra lei e Mephisto, era probabile che la volesse allontanare. “Non devono vederci. Non deve vederci.”.

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Capitolo 19
*** Capitolo XIX ***


CAP 19

“Rilassati, Lilith.” Lamia guardò la sorella negli occhi. “Mephisto è dalla nostra parte, dubito ci voglia mettere nei guai.” Fischiettò sogghignando maliziosa girando attorno alla ragazzina, “Sempre che tu non abbia fatto niente per cambiare le cose…” la punzecchiò. Lilith deglutì senza cedere. “Continui con questa storia? Ormai è vecchia.” Chiuse gli occhi camminando stizzita. Lamia la studiò sospettosa ma al contempo divertita. In ogni caso Lilith si sentiva più tranquilla con la sorella al fianco. Tornarono al dormitorio con tutta calma e ormai il sole era tramontato. “Domani abbiamo lezione…” sbadigliò Lamia lanciando le scarpe contro il muro come prassi. “Vedrò di mangiare a sazietà prima che il quattrocchi parta.” Sospirò buttandosi sul letto. “Tanto non penso starà via molto.” Fece spallucce rilassandosi. Lilith guardò fuori dalla finestra. La quiete della notte le stava facendo dimenticare della tensione della giornata. “Lamia… Posso dormire con te stanotte?” “Che schifo, no.” “Dai…” “Ho detto no, mi piacciono i maschi.” Lamia si voltò dandole le spalle. “Che scema, anche a me!” strillò stizzita Lilith andando a coricarsi nel suo letto. “Stupida Lamia.” Sbuffò arrotolandosi nelle coperte. Sentendo qualcosa di duro premerle contro la coscia si ricordò di avere ancora il telefono in tasca. Non si era nemmeno messa in pigiama. Estrasse l’apparecchio aprendolo per curiosità e vi trovò un messaggio nella casella postale. Lo aprì incuriosita e impallidì vedendo che il mittente era Mephisto. “Sogni d’oro.” diceva. Nient’altro.
Lamia si svegliò nel peggiore dei modi. Un raggio di sole la trivellò nel bel mezzo della faccia costringendola ad alzarsi con gli occhi iniettati di sangue. Aveva dimenticato di chiudere le tende. “Sveglia!” tirò una cuscinata al letto di sotto colpendo Lilith in malo modo. “Ahia!” strillò la ragazza “Perché!?” si svegliò di soprassalto, “Hai dimenticato di tirare le tende ieri, testina.” “Potevi benissimo farlo tu, a me il sole non dà nessunissimo fastidio!” “Ho dormito di merda!” ringhiò in risposta Lamia rigirandosi nel letto come una trottola. “Sono di pessimo umore.” Grugnì. “Lasciami dormire…” Lilith mugolò sbadigliando con le lacrime agli occhi per la stanchezza. Due secondi dopo la sveglia suonò. “Sono sempre più convinta che sia tutta un’enorme cospirazione.” Sibilò sbarrando gli occhi.
“Credi che oggi Yukio farà lezione?” Lamia si chiuse alle spalle la porta della camera, pronta per andare a lezione. Davanti a lei, la sorella si stava stiracchiando con la chiave in pugno. “Non lo so, perché?” “Mi chiedevo se pizzetto voleva farlo partire subito. Vorrei andare a parlare con lui prima che succeda.” “Con… Mephisto?” Lilith si voltò sbattendo rapidamente le palpebre, “Ci sono problemi?” la stuzzicò di nuovo Lamia. “No.” Rispose secca infilando la chiave nella serratura. “Dovresti parlarci anche tu.” Continuò la donna con un tono canzonatorio, la ragazzina aprì la porta con uno strattone approdando nel corridoio del corso per esorcisti. “Andiamo o arriveremo in ritardo.” Parlò come un automa accelerando il passo. “Mhh…” Lamia le saltellò dietro grattandosi il mento pensierosa. Prima ora lettura della Bibbia. “Suguro, come sta tuo padre?” “Shima, non ne voglio parlare.” “Perché, che è successo al venerabile?” s’intromise Koneko, “Si è sentito male l’altro giorno.” Rispose Shima ignorando l’occhiataccia di Bon. Lilith e Lamia entrarono in classe trovando già tutti presenti. “Buongiorno!” le salutò Shiemi con la Bibbia già aperta sul banco. “Ciao…” mormorò Lilith senza guardarla. Lamia senza dire nulla si limitò a fare cenni a destra e manca molto sensuale. Izumo era al suo posto intenta a ripassare la lezione precedente. “Stavamo dicendo…” bisbigliò Koneko agli amici. “Di che parlano?” chiese Lamia alla sorella sedutasi al suo posto. “Non lo so.” Rispose lei pescando le sacre scritture dalla cartella. “Allora, dopo quest’ora andiamo da pizzetto?” “Buongiorno ragazzi.” La professoressa entrò in aula prima che Lilith potesse rispondere. E facendo la finta dispiaciuta guardò Lamia alzando le spalle. “Facciamo l’appello…” l’insegnante recitò nome dopo nome dall’elenco. Sembrava di essere tornati ai comuni giorni di scuola. Eppure negli occhi di Lamia si accese una scintilla. “Bene, ci siete tutti. Ora andate al capitolo sulla genesi.” La professoressa inforcò gli occhialetti da topo mordicchiandosi un labbro. “Suguro, leggi tu per favore.” “Sì.” Il ragazzo si alzò in piedi schiarendosi la voce. Lamia all’improvviso scoppiò a ridere interrompendo la lezione. “Oh Lilith, che spasso!” starnazzò. “Che?” la sorella la guardò come se fosse impazzita. Non aveva detto assolutamente niente. Tutti i presenti si voltarono a guardarle. “Evangeline, che sta succedendo?” chiese seccata la vecchiaccia. Dopo l’episodio dello smalto ai piedi l’aveva inquadrata nei casi senza recupero. “Mia sorella sa essere molto divertente quando racconta le battute!” fece la linguaccia all’insegnante che arrossì di rabbia. “Evangeline…” calcò il nome con astio puro. “Filate immediatamente in presiden…“Mi scusi, mi permette di intervenire?” inaspettatamente Izumo alzò la mano attirando l’attenzione della professoressa. “Dicci, Kamiki…” tirò su col naso frenando l’urlo, “Lilith Evangeline non ha aperto bocca. L’avrei sentita altrimenti.” Lamia fulminò Izumo con uno sguardo inceneritore. Come osava mandare in fumo i suoi piani? “Ma bene, così Lamia Evangeline ha deciso che le mie lezioni non le piacciono. Se non vuoi seguire ti accontento subito. Fila in presidenza.” Lamia fu attraversata da un’ondata di tic nervosi ed alzandosi di scatto uscì stizzita senza nemmeno guardare l’insegnante. “Fottiti Kamiki.” Sibilò tra i denti passandole accanto. La ragazza sorrise compiaciuta, poi guardando Lilith con la coda dell’occhio tornò seria. “Perfetto. Scusami Suguro, continua pure.” “Sì.” Il ragazzo riprese a leggere con voce limpida. Lilith non aveva capito che fosse appena successo. Guardò Izumo darle le spalle e si sentì un po’ grata nei suoi confronti. Non si spiegava però il comportamento di Lamia. Sembrava quasi volerla trascinare a tutti i costi in presidenza…da Mephisto.
“Oibò che sorpresa. Erano già sette giorni consecutivi che non ti mandavano da me. Un record.” “Stai. Zitto.” “No sul serio, cominciavo a credere che fossi malata.” L’uomo alzò un sopracciglio sospirando. “Da che pulpito.” “Non sono malato.” “Ah no?” “Ci siamo visti ieri, mi credi uno sprovveduto?” “E dimmi, Lilith da quanto tempo era che non la vedevi, invece?” “Perché anzi non mi dici per quale motivo l’insegnante di letture sacre ti ha mandata qui? Hai cambiato colore di smalto?” “Ma come sei bravo a rigirare la frittata.” “È il mio lavoro.” “Fai il cuoco?” lo stuzzicò Lamia. Mephisto alzò gli occhi al cielo. “Facciamo presto, ho da fare.” Disse lui incrociando le mani sotto al mento. “Stai tenendo a bada il tuo fratellino?” “Si e no.” “In che senso?” “Nel senso che è un tantinello fuori controllo.” “Mephisto…” Lamia lo incenerì, “Gli ho fatto una promessa e lui sta abusando della sua libertà. Come uomo di parola posso farci poco.” “Perché? È successo qualcosa?” “A volte mi dimentico che sei la regina del bluff.” “Sputa il rospo. Lilith non mi ha detto nulla.” “Mi spiace, non mangio rane.” “Vogliamo fare a gara di battute tristi? Perché in camera ho un taccuino dove mi segno tutte le stronzate che dice mia sorella.” Si guardarono accigliati in silenzio. “Ti detesto.” Sibilò Lamia, “Come se la tua opinione mi importasse ⋆” sogghignò Mephisto ammiccando. “Torna a lezione adesso.” “Con piacere.” La donna si alzò impettita uscendo dallo studio.
“Lamia, si può sapere che ti è preso prima?” Lilith si sedette di nuovo accanto a lei nel cambio d’aula. Toccava a psicologia dei demoni. “Nulla, avrei giurato di sentirti dire una delle tue battute. Sarà la forza dell’abitudine o il poco sonno.” Fece spallucce lei. “Lo spero…” Lilith guardò altrove accomodandosi. “Piuttosto… Adesso ho un conto in sospeso con la sopraccigliona…” Lamia guardò con astio Izumo due file di fronte a loro. “Perché?” la sorella la guardò interdetta, “Oh, niente d’importante…” fece la gnorri sedendosi col libro aperto davanti al naso. L’insegnante arrivò con un leggero ritardo e saltando l’appello si mise a scribacchiare alla lavagna. Nel silenzio tombale Lamia fece un verso acutissimo facendo voltare tutti di scatto. “È stata lei!” Lamia indicò prontamente Lilith aggiustandosi gli occhiali con la faccia da poker. La sorella sbarrò gli occhi senza parole. “Non è vero, è stata Lamia. L’ho vista.” Izumo alzò la mano serissima. Il professore fissò la scena attonito con la stessa espressione degli altri ragazzi.
“Miserere di me… Lamia…” “Pizzetto, da quanto tempo.” La donna si accomodò per l’ennesima volta sulla poltrona davanti alla scrivania guardando l’uomo visibilmente stressato. “Che hai fatto sta volta?” “Il solito.”. Mephisto sospirò esasperato. “Dove avevamo interrotto il discorso? Ah sì…” Lamia si leccò le labbra, “Non ti manca Lilith? Tu le manchi molto…” “Torna in classe.”.
“Lamia, oggi sei strana.” Lilith aprì il suo pranzo a sacco sotto le fronde di uno degli alberi del cortile. Lo scrosciare della fontana faceva loro compagnia. “Mancanza di… Sonno.” La donna guardò fisso un punto vuoto. “Sicura che non vuoi niente da mangiare?” “No… devo trovare Yukio.” “Più tardi dovremmo avere lezione con lui.” Lilith leccò il coperchio del budino in allegato. “Bene.” “Sempre che non sia già partito alla ricerca di quella cosa.” La ragazzina si fece buia in volto. Lamia sussultò. La campanella suonò richiamando di nuovo a lezione i liceali. “Ben ritrovati…” Yukio entrò in classe con l’agenda nera in mano evitando di guardare gli studenti. “Yukio, sei ancora qui!” Rin gridò tra i banchi e il fratello lo zittì con un gesto. “Vedo che non manca nessuno. Aprite il libro al capitolo sulle erbe benefiche per i miasmi.” Posò il libricino sulla cattedra aprendo il libro di testo accanto. Lilith aggrottò impercettibilmente le sopracciglia mentre Lamia era intenta a fissare Yukio leccandosi il labbro superiore. Quando il ragazzo alzò lo sguardo sulla classe agganciò quello della donna divenendo tesissimo. “Evangeline.” Disse con voce rotta, “Sì professore?” sogghignò Lamia, “In presidenza.” “Ma perché!?” Lamia strabuzzò gli occhi, “Non ho fatto niente!” “Respiri.” La classe ammutolì mentre Lamia procedeva per la terza volta in un giorno lungo la walk of shame. “Bene, prendete appunti.” Yukio per nulla turbato si voltò scrivendo alla lavagna.
“Dimmi che stai scherzando.” “Giuro, sta volta non ho fatto proprio niente.” Lamia guardò con gli occhi a mezz’asta Mephisto. “Ero a lezione da Yukio e mi ha mandata via perché respiro.” “Ma guarda un po’.” Sogghignò l’uomo. “Non può tenermi lontana, abbiamo fatto un patto io e lui.” La donna incrociò le braccia stizzita, “E a proposito di questo…” guardò Mephisto di sbieco, “Dove hai intenzione di mandarlo?”. Seguì un lungo e pesante silenzio tombale. “Domani mattina partirà assieme a una squadra di eletti per cercare l’occhio sinistro del Re dell’Impurità. Di preciso non ti so dire.” “Non puoi portarlo via da me. Impazzirà. E io non posso digiunare.” “Mi pare che regga bene. Per quanto ti riguarda posso sempre farti recapitare un’altra delle mie bottiglie” “È diverso. Il legame che ormai ci lega è indissolubile.” “Si tratta di pochi giorni. Mettetevi alla prova.” Mephisto giocherellò picchiettando polpastrello contro polpastrello coi gomiti piegati sulla scrivania. “Facile a dirsi.” Lamia alzò un sopracciglio, “Oh ma anche a farsi.” “Che ne sai tu?” si guardarono intensamente. “Torna a lezione.” “Oh no. Ora esigo partire con lui.” “Non puoi.” “Devo.” “Vai in classe.”.
“Lamia ti prego, vai a fare un pisolino…” le sussurrò Lilith con la testa piegata dietro il libro alzato per nascondersi dal professore. Lamia non rispose sospirando seccata. Avevano cambiato di nuovo aula. Erano a lezione di cerchi magici. La donna guardò Lilith con la coda dell’occhio studiandola per bene. In tutto quel caos si era dimenticata del suo obiettivo. Rivolse le sue attenzioni alla lavagna esaminando il cerchio che vi era stato disegnato sopra. “Professore!” alzò la mano interrompendo la lezione.
“Vai. Via.” Mephisto non lasciò neppure che Lamia si accomodasse. “Subito.” La donna fece retro front tornando da dove veniva.
Era l’ultima ora di lezione. “Chi ha voglia di leggere?” chiese il professore di versetti fatali alla classe. Non volò una mosca. “E va bene… Evangeline… Lilith.” La malcapitata sospirò alzandosi in piedi. “O la va o la spacca.” Sibilò Lamia. Lo sguardo le scivolò sulla gonnellina della sorella. Arrotolata lì sotto c’era la sua coda, la parte più sensibile di ogni demone. Si morse la lingua per la tensione. Senza farsi notare allungò due dita verso l’orlo. “Il versetto fatale per i Chuuchi è…” Lilith lesse con un filo di voce l’inizio del capitolo mentre la mano di Lamia era sempre più vicina alla sua coscia. Con uno scatto afferrò un ciuffo di pelo della coda della ragazza strattonandolo con forza. Dalla bocca di Lilith uscì un verso tremendamente vicino all’orgasmo e non ci fu anima che desistette dall’arrossire. Suguro arrivò persino al soffocamento. “Finalmente!” Lamia si alzò trionfante strisciando rumorosamente la sedia mentre a Lilith cadde di mano il libro.
“Hey hey, pizzetto. Indovina chi ti ho portato.” Lamia fece irruzione nel suo studio trainandosi dietro Lilith rossa come un pomodoro. “Guai a te se gli dici come sei riuscita a portarmi qui.” “Che ti sta succedendo og…” Sospirò Mephisto voltandosi sulla poltrona girevole ma rimase basito incrociando lo sguardo oltraggiato di Lilith. “Non ci posso credere.” Gli mancò l’aria. “Ce l’hai fatta alla fine.” Chinò il capo reggendosi coi gomiti piegati e le mani strette in un unico pugno. Le ragazze si sedettero di fronte a lui. Non riusciva a staccare gli occhi da Lilith e fu la prima cosa di cui si accorse Lamia. Dal canto suo, la donna sghignazzava compiaciuta. “Che impresa titanica hai dovuto muovere per mettere nei guai anche lei?” “L’ho fatta orgasmare in pubblico durante la lezione.” Sia Lilith che Mephisto sgranarono gli occhi impallidendo. “Invidioso, eh?” “Traditrice! Non è vero!” sbottò la piccola infiammandosi, “Mi ha tirato la coda mentre leggevo un versetto.” Incrociò le braccia desiderando di morire. “Bene, ora che finalmente siamo tutti riuniti possiamo discutere della storia degli occhi del Re dell’Impurità.” Lamia cambiò argomento gridando allo scacco matto. “Che intendi fare con noi, in merito?” la donna guardò Mephisto incrociando le braccia. “Beh, vi avrei mandato una comunicazione ufficiale quanto prima…” disse abbandonandosi contro lo schienale della sua seduta, “Intendo mandarvi in missione assieme a tutti gli altri.” “Non possiamo.” Lilith lo guardò seria, “È troppo rischioso.” “Perché? Non vedo il problema, cara… La vostra categoria è oltremodo superiore rispetto al Re, non vedo di che preoccuparsi. Poi essendo ancora sigillato non c’è davvero nulla da temere.” “Lilith, a questo punto diglielo.” “Mai.” “Dirmi cosa?” “Perché non vuole avere niente a che fare con emissari di Astaroth.” “Sono affari miei Lamia, ti ho già detto di non dire niente.” “Adesso sono curioso…” sogghignò Mephisto. Le sorelle si guardarono finché Lamia non distolse lo sguardo. “Io me ne vado.” Lilith si alzò dalla sedia senza guardare nessuno in faccia. “Se vuoi la storia in breve, pare che Lilith si diverta a collezionare voi Re di Gehenna.” La voce di lamia suonò irriverente bloccando all’istante il passo di Lilith rimasta a metà sala. D’un tratto i presenti percepirono la pressione aumentare e il sangue ribollire nelle vene. Mephisto deglutì guardando fisso la ragazzina. “Non farneticare, sorella.” La voce di Lilith era mutata in qualcosa di demoniaco e terrificante. Acuta come un violino rotto e distorta come se provenisse da un’altra dimensione. Poi quando si voltò tornò tutto alla normalità. “Spero che ci siamo capiti.” Guardò prima l’uno poi l’altro. “Lilith cara… Non crucciarti. Non hai di che temere se seguirai i piani. Tutto ciò che dovete fare è sorvegliare un piccolo pezzettino. Se farete il vostro lavoro, nessuno risveglierà la bestia.” Mephisto si leccò le labbra guardandola uscire dalla stanza. “In quanto a te signorinella…” si rivolse a Lamia cambiando espressione, “Non pensi che per oggi ci siamo già visti abbastanza?”.
“Perdonate la convocazione improvvisa al termine delle lezioni ma abbiamo una questione abbastanza importante da discutere.” Shura parlò alla classe seduta a gambe incrociate sulla cattedra, erano tutti presenti comprese Lilith e Lamia. “Ieri pomeriggio è avvenuto l’impensabile al rinomato dipartimento profondo dei cavalieri della vera croce. L’occhio sinistro del Re dell’impurità è stato trafugato e pare che anche il destro sia nella stessa situazione.” La donna guardò uno ad uno i presenti. “Forse oggi vi sarà sembrato strano che tutte le lezioni si concentrassero su un particolare tipo di demone.” “Intende i demoni del marciume?” Alzò la mano Kamiki e Lamia la fulminò con lo sguardo. “Proprio loro.” Fece spallucce Shura annuendo tranquilla. “Bene, forse alcuni di voi non sanno che il Re dell’impurità è uno dei più potenti demoni appartenenti alla categoria del marciume… E proprio perché è così forte è stato richiesto l’aiuto di tutti gli esorcisti per debellarne la minaccia.” “Dobbiamo partecipare anche noi a una potenziale guerra contro di lui?” Suguro spalancò la bocca incredulo, “Esatto. Ma solo se per disgrazia venisse risvegliato. Con me a capo noi rappresentiamo la squadra di ricerca per l’occhio destro del Re dell’impurità. È richiesta la presenza di tutti voi.”. “Ma è esageratamente fuori dalla nostra portata…” impallidì Kamiki, “Non saremo soli. Ci uniremo alle squadre di Kyoto. Partiamo domani mattina per la spedizione.” Alla parola Kyoto, Ryuji sgranò gli occhi senza parole.
“Ancora non ci credo che partiamo domani mattina.” Shima camminava con le braccia dietro la testa e la schiena a pezzi, “Avrebbero potuto dircelo con un po’ più di preavviso.” “Si tratterà di un’emergenza.” Ribatté Koneko uscendo dal corridoio della succursale. “Torniamo a casa, ragazzi.” Sorrise Shima tutto contento. Bon invece era di umore nero e seguiva i compagni muto come un pesce. “Lamia…” Lilith camminava al fianco della sorella lungo il sentiero verso il dormitorio. Era il crepuscolo. “Dimmi.” “Hai capito tutto, vero?” la ragazza abbassò lo sguardo evitando quello della donna. “Ovvio.” “Sei arrabbiata?” “No. Doveva succedere prima o poi.” “Che?” Lilith la guardò confusa. “Siete peggio di due magneti, ogni volta che siamo assieme noi tre mi viene l’istinto di prendervi una stanza. Bah.” Disse schifata Lamia. “Ma smettila.” Sbuffò Lilith scossando la testa. “Non è come pensi.” “Perché allora lo avresti baciato?” “Diletto.” “Come vuoi… Sei fortunata che si tratta di pizzetto.”. La ragazzina fu percorsa da un brivido gelido. Quanto aveva ragione… “Lilith, Lamia!” una voce le chiamò alle spalle. “Rin…” Lilith si voltò vedendolo correre verso di loro. “Tornate anche voi al dormitorio?” “Sì.” Rispose Lamia continuando a camminare, “Posso unirmi a voi? Non mi va di fare la strada da solo.” “Va bene…” la minore si sforzò di fargli un mezzo sorriso poco convinta. La coda penzolante del ragazzo catturò la sua attenzione e per un attimo invidiò quella sua libertà. Nasconderla era così scomodo. “Allora domani tutti a Kyoto!” “Sei felice?” “Puoi scommetterci, non ci sono mai stato. Voi?”, le sorelle scossarono la testa pensando ad altro. Poco più avanti giunsero all’edificio continuando a parlare di aria fritta. “Lilith, posso farti una domanda?” chiese il ragazzo arrestando il passo davanti alle scale del portone principale. “Io intanto vado.” Lo interruppe Lamia avviandosi all’interno. Lilith guardò la sorella per poi rivolgersi a Rin, “Dimmi.” “Credo che tu sia una delle poche che nonostante abbia scoperto la mia vera natura non abbia cambiato comportamento nei miei confronti. Grazie.” A quelle parole la ragazza arrossì lievemente. “Non c’è di che.” Abbassò la voce chiudendosi in se stessa. Non era abituata a sentirsi ringraziare per qualcosa. “Poi un’altra cosa…” continuò a parlare Rin, “Ho notato solo io che mio fratello e Lamia… Sono spesso assieme?”.
Lamia bussò alla porta della stanza degli Okumura. Finché Rin era fuori con sua sorella poteva sperare di trovare solo il professorino. “Avanti.” La voce di Yukio le rispose assente al che la donna aprì la porta entrando senza tanti complimenti. “Si può sapere perché oggi mi hai mandata in presidenza?” riconoscendola dal tono, Yukio si voltò di scatto alla scrivania. “Lamia.” Si alzò rapido inforcando gli occhiali con un gesto fluido. “Non avevi motivo.” Lamia si chiuse la porta alle spalle con un tonfo. “Lo avevo eccome. La tua presenza mi destabilizza quindi ho preferito mandarti via. Tanto come demone le lezioni non ti interessano per davvero.” “Come sei presuntuoso.” Lamia gli si avvicinò ancheggiando. “Ho fame.” Disse poi guardandolo dritto negli occhi. “Domani parto per Kyoto, ho bisogno di essere in forze.” Ribatté Yukio stando a debita distanza. “Pure io.” Disse Lamia sogghignando. Il ragazzo spalancò gli occhi. “Non puoi lasciarmi a digiuno. Sto collaborando anche io per proteggere tutti voi.”, Yukio non rispose limitandosi a slacciarsi la cravatta.
“Tu dici?” Lilith tergiversò guardandosi intorno, “Sì, Yukio sale spesso al piano di sopra e penso venga da voi… Non mi dice mai niente.” “Oh sì… Mi aiuta coi compiti.” Mentì la ragazza. “Ora si spiega tutto!” gli occhi del ragazzo s’illuminarono. “Sai, nemmeno io sono una cima. Potremmo formare un gruppo di studio, che te ne pare?”. Lilith rise a disagio.
Lamia spinse Yukio sul letto con delicatezza. “Lo sai vero che ti odio per questo?” “Immagino…” sorrise amara la donna, “Fai in fretta, Rin sta sicuramente per tornare.” “Come desideri.” Disse affondando i canini nel suo tenero collo.
“Preferisco studiare da sola in realtà…” “Oh… Capisco…” “Però puoi salire anche tu quando vuoi…” “Dici davvero?” Rin la prese per le spalle raggiante, la ragazza sbarrò gli occhi in estremo imbarazzo. Non amava essere toccata da cani e porci. Guardò il cielo esasperata.
“E con questo sono soddisfatta…” sussurrò Lamia all’orecchio di Yukio con il capo abbandonato all’indietro sul cuscino. “Posso lasciarti riposare.” Guardò altrove con una punta di malinconia. “Bene.” Mormorò Yukio allacciandosi la camicia lentamente. “Prima di andare però ho bisogno di dirti un’ultima cosa.” Lamia si alzò con garbo, “Potrei non essere nei paraggio per un po’ ed avendoti baciato ieri non rischierai di impazzire almeno per i prossimi sette giorni. Spero tu riesca a gestirti.” Guardò fuori dalla finestra controllando che Rin e sua sorella fossero ancora intenti a parlare. Le loro ombre proiettate dalla luce dei lampioni le dettero la conferma. Yukio non trovò la forza di rispondere subito ma aveva capito. “Lo spero anche io.” Mormorò dopo un minuto. “Buona notte Yukio e… Buon viaggio.” Lamia prese la via della porta. “Anche a te.” Rispose lui guardando fisso il soffitto. Non appena sentì la porta sbattere deglutì rilassando i nervi.
“Bene allora… Buona notte.” Lilith salutò Rin rientrando rapida staccandosi dalla sua presa. “Notte!” le sorrise il ragazzo seguendo la sua scia dopo poco. In un angolo del cortile una sagoma aveva origliato attentamente. Amaimon, ora privo di ogni espressività fissava il portone del dormitorio in piedi su un ramo di albero. Mordendosi un unghia saltò all’indietro sparendo nella vegetazione. Mentre Lilith saliva in camera le squillò il cellulare. Approcciando la porta della stanza alla fine delle scale lo estrasse dalla tasca leggendo il messaggio prima di entrare. Il mittente era sempre Mephisto e il testo recitava: “Avrei desiderato salutarti come si deve prima della tua partenza. Ti auguro di fare buon viaggio.” Lilith deglutì ripensando al pericolo contro cui stava andando in contro poi notò un PS in fondo, “PS: Lieto di essere entrato nella tua collezione.”. Ebbe un tuffo al cuore ed entrò in camera infilando il cellulare di nuovo in tasca. 

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Capitolo 20
*** Capitolo XX ***


CAP 20

“Chiunque ha inventato le sei del mattino meriterebbe la fustigazione.” Lamia fissava le rotaie del treno con un accenno di occhiaie. “A braccetto con quello che ha inventato l’alba.” Le prese un tic nervoso all’occhio “…E le crocks.”. “Lamia, sbrigati è l’altro binario il nostro!” Lilith la richiamò all’ordine. “Palle.” La donna roteò gli occhi avvicinandosi al gruppo di ragazzini. “Buongiorno a tutti.” Shura accolse gli studenti masticando un chewingum. “Prego, salite sul vagone e prendete posto. Si parte tra dieci minuti.” Fece cenno di salire sullo scintillante Shinkansen alla sua destra. “Woah!” Rin spalancò la bocca per la meraviglia. Ad un tratto il cellulare della professoressa si mise a squillare. “Scusatemi…” si allontanò prendendo in mano il telefono rispondendo alla chiamata. Gli altri ragazzi entrarono velocemente lasciando Rin in disparte. Il ragazzo però non si perse d’animo e sorrise a Lamia e Lilith. “Dormito bene?” chiese mentre salivano a bordo. “Più o meno.” Bofonchiò Lamia superandoli e andando a cercarsi un posto. Il vagone era mezzo pieno ed erano tutti esorcisti. “Facciamo le cose proprio in grande…” commentò senza spirito. Mentre i tre cercavano dove sedersi, gli altri della combriccola guardavano Rin in modo strano impedendogli di stargli vicino. Lilith accorgendosene si rese conto che in fondo in fondo avevano timore di lui. Gli amici poi non lo avevano accettato del tutto. Deglutì. “Io mi piazzo qui.” Annunciò Lamia stravaccandosi sul sedile accanto al finestrino. Lilith in silenzio le si sedette accanto posando i bagagli dietro al sedile. Non si erano portate molte cose. Avevano giusto un paio di vestiti a testa e una spazzola. “Posso sedermi con voi?” Rin era rimasto in piedi di fronte al sedile vuoto accanto alle sorelle. Lilith annuì sorridendo velatamente e lui si accomodò fischiettando. In fondo al vagone fece poi capolino Izumo. “Oi Izumo!” Shima sventolò una mano per salutarla, “Vieni, siediti qui!” ma lei lo sorpassò senza nemmeno calcolarlo andando a sedersi accanto a Rin, Lilith e Lamia nel primo sedile vicino ai loro separato dal corridoio, “Buongiorno.” Disse in un sibilo seccato. Lamia la guardò storto. Shiemi intanto era rimasta sul fondo del treno entrata dopo di lei e guardava in direzione di Rin pensierosa. Alla fine si sedette assieme agli altri ragazzi rossa come un peperone. Lilith si guardò le gambe senza sapere che dire mentre la sorella si appoggiò al vetro del finestrino a guardare il paesaggio estraniandosi dal mondo. Il discorso che d’improvviso intavolarono Rin e Izumo le sembrava un eco lontano. Ed ecco che il treno partì in orario impeccabile. Shura mise piede nel vagone giusto in tempo per prendere l’ultimo posto libero. Si presentò a gran voce a tutti i presenti ma c’era chi come Lilith aveva altro per la testa. Guardandosi le ginocchia le venne in mente che non aveva risposto al messaggio di Mephisto. Prese in mano il cellulare e lo rilesse con più calma. “Kamiki… Ma tu non hai paura di me?” le chiese Rin ad un certo punto. “Io? Paura di te? Non direi.” La ragazza incrociò le braccia tranquilla. “Forse non lo sai…” Izumo alzò gli occhi guardando i tre in fila uno accanto all’altro, “Ma a questo mondo ci sono moltissime persone che hanno legami di sangue con demoni.”. Lilith alzò la testa di scatto sbirciando la compagna con la coda dell’occhio sudando freddo. Aveva l’impressione che stesse guardando proprio lei e Lamia, la quale sembrava aver sentito pur non avendo mosso un muscolo. “In particolare ce ne sono molte tra gli esorcisti.” Concluse il discorso Izumo. Rin disse qualcosa ma Lilith era tornata a fissare il cellulare immersa nei suoi pensieri. Aprì la casella postale piegando le gambe coi talloni sul sedile e pensò a cosa scrivere. Intanto al suo fianco stava scoppiando una lite tra Kamiki e Suguro come da prassi. “Mi manchi.” Digitò sulla tastiera. “Uhg, ho il diabete.” Disse Lamia schifata spiando la sorella. “Fatti i fatti tuoi!” Lilith chiuse il telefono tra le gambe serrando le cosce. Lamia ridacchiando tornò al suo finestrino con nonchalance e la ragazzina gonfiò d’aria le guance stizzita. “In senso amichevole, ovvio.” Bofonchiò guardando lo schermo di straforo. Premette invio senza più guardarlo. La risposta di Mephisto fu più che tempestiva. La campanella della suoneria di Lilith echeggiò per il vagone acuta come un sibilo. La ragazza aveva quasi paura di leggere il messaggio. Abbassò lo sguardo titubante e aprì la casella. “Il comune verbo umano non basta ad esprimere l’oblio in cui mi trovo sapendoti lontana. Abbiamo l’eternità ad ogni modo. Mi raccomando mangia.” Seguirono una decina di emoticon sbrilluccicanti. Lilith sospirò chiudendo il telefono e lo ripose con cura. Le guance presero colorito senza che nemmeno se ne accorgesse. Un secondo tintinnio attirò di nuovo la sua attenzione. Era un nuovo messaggio. Lo andò a leggere tremante e con sorpresa trovò un autoscatto provocante di Mephisto in Kimono casalingo. “Ma che gli passa per l’anticamera del cervello!?” sbottò Lilith con la faccia viola dall’imbarazzo. Lamia si voltò seccata per la confusione, “Che c’è!?” ringhiò facendo un mezzo sbadiglio. Doveva essersi quasi addormentata. “Niente!” Lilith strinse il telefono al petto fumando dalle orecchie. “Fa vedere…” la sorella alzò le sopracciglia maliziosa, “No.” “Che succede?” dall’altro lato anche Rin si sporse a curiosare. “Ho detto niente!” la poveretta si infossò nella poltrona scomparendo quasi nell’imbottitura facendosi piccina picciò. Il ragazzo guardò sconcertato Lamia, che invece era sempre più curiosa. “Dammi qua!” ghignò strappando il telefono alla sorella, “lamia, no!” la piccola si ribellò in vano. “CRISTO SANTISSIMO I MIEI OCCHI!” Lamia lanciò in grembo alla proprietaria il cellulare alzando gli occhiali con un gesto plateale, “PIANGO SANGUE!” si mise a strillare disturbando la quiete pubblica del treno. “Ma quello era...!?” Rin strabuzzò gli occhi tappandosi la bocca.
“Lamia, si può sapere perché è sempre per colpa tua se ci puniscono?” sibilò Lilith in ginocchio accanto alla sorella nell’atrio di transito tra un vagone e l’altro. Sulle loro ginocchia, Shura aveva posato dei demoni a forma di pietra che diventavano sempre più pesanti mano a mano che il tempo passava. Era la penitenza per i disturbatori. Poco prima era toccata anche ai ragazzi litigiosi. “È colpa tua e di pizzetto che vi mandate foto hot di nascosto.” “Ma quali foto hot!” “Per carità non farmici ripensare…” “Ehrm…” La faccia di Shura adirata fece capolino dalla porta scorrevole schiarendosi la voce minacciosa. “Ci scusi.” Lilith chinò immediatamente il capo sotto il suo sguardo vigile. Non appena l’insegnante si ritirò lasciandole di nuovo sole tirarono un sospiro di sollievo. “Almeno adesso avete ricominciato a parlarvi.” Mormorò Lamia. “Già…” “Sai vero che devi ringraziare la sottoscritta?” si pavoneggio Lamia, “Ma se hai combinato un macello…” “Come, come? Ripetilo se hai il coraggio…” “Touchè.”.
Dopo mezz’ora di punizione, le sorelle Evangeline furono lasciate di nuovo libere di tornare ai loro posti. “Tra un paio d’ore saremo arrivati, siete euforiche tanto quanto me?” Rin si rivolse a loro non appena posarono le chiappe sul sedile. “Guardate, ho pure comprato una guida turistica per l’occasione…” sorrise al settimo cielo. “Carina…” disse Lilith sbirciando le figure. “Ma guarda, un tempio tutto d’oro!” commentò poi meravigliata. Non appena arrivarono alla stazione di Kyoto, salirono tutti su un pullman diretto verso le campagne alla meta finale. La tensione si tagliava con la lama di un coltello. E il cuore del problema era il povero Rin, sedutosi nuovamente accanto a Lamia e Lilith. Ad un tratto la borsa del ragazzo cominciò ad agitarsi. Lamia lo guardò sconcertata ma cambiò espressione quando dalla sacca uscì Kuro, il Caith Sith divenuto servitore di Rin. “Ops, mi ero quasi dimenticato di averti messo qua dentro.” Ridacchiò lasciandolo appollaiare attorno al suo collo. “Mi hai sballottato da tutte le parti, incivile.” La voce del gatto echeggiò nella testa del ragazzo. “Scusa…” ridacchiò in imbarazzo. Lilith sorrise a Kuro che cominciò a fare le fusa. Non passò molto tempo prima che il veicolo giungesse a destinazione. Uno alla volta, gli esorcisti scesero toccando il suolo della periferia. Di fronte a loro un albergo tradizionale spiccava nel cielo limpido. “Finalmente…” Shima respirò a pieni polmoni. Shiemi si guardò attorno spaesata mentre Izumo superò altezzosa Ryuji e Koneko rimasti accanto al bus. Lilith scese aiutata da Rin, che le fece da cavaliere anche col borsone. La ragazza si sentì lusingata e accettò di buon grado quelle premure. Lamia la guardò scossando il capo. “Principessina…” alzò un sopracciglio caricandosi sulle spalle il suo bagaglio. Azzardò un passo e lo stomaco prese a brontolarle. “Non adesso…” digrignò i denti pensando a Yukio, chissà dove. Nel frattempo, il ragazzo si trovava in macchina con altri esorcisti. Stavano avanzando in una zona remota non troppo lontano da là, sulle tracce di Todo e dell’occhio sinistro. Yukio guardava davanti al suo naso la strada scorrere veloce. Era in compagnia di altre persone ma si sentiva solo. Si sfiorò il collo ben nascosto con due dita e sospirò sommessamente.
“Oh… Voi dovete essere il gruppo della sezione giapponese dei cavalieri della vera croce… Avete fatto molta strada.” Due donne responsabili della locanda accolsero per prima Shura poi il suo seguito facendo un inchino. “Io sono la proprietaria del Toraya, l’albergo che vedete. Durante il vostro soggiorno sarà a vostro completo servizio dal momento che sarete gli unici ospiti.” Una delle due prolungò l’inchino, “Prego, da questa parte.” Fece poi strada alla squadra. Quando Ryuji varcò la soglia, in parecchi dello staff sembrarono riconoscerlo. “Ben tornato, Bon.” Gli dissero un po’ tutti a turno e il ragazzo si sentì sempre di più in imbarazzo. Quella era casa sua. “Ryuji!?” La proprietaria si voltò di scatto sentendolo chiamare dagli altri membri. “Non avevi forse detto di non voler mai più tornare a casa e di voler studiare lontano!?” andò su tutte le furie cambiando drasticamente apparenza. “Infatti, madre. Si tratta soltanto di una missione. Ripartirò quanto prima.” Il ragazzo sbottò col medesimo tono davanti ai presenti attoniti, “Ma guardati con quei capelli tinti, e dire che ti avevo fatto così bello…” “Così mi metti in imbarazzo…” “Signora Suguro, che piacere rivederla.” Shima si fece avanti andando verso la donna, “Bentornato, Renzou…” lo salutò tornando la persona tranquilla che aveva accolto gli ospiti alla porta. “Ci sono anche io signora, sono Konekomaru non so se si ricorda di me.” “Ma certamente, ci mancherebbe… Bentornati ragazzi.” Sorrise materna. “Che emozione vedere che il mio bambino ha tanti amici.” Aggiunse guardando i restanti ragazzi stressando ancora di più il povero Suguro. “Signora, la ringrazio ancora per l’ospitalità.” Shura si avvicinò alla madre di Suguro porgendole una scatola di dolcetti di Tokyo come Omiyage, “Prego, lo accetti.” “Grazie, non dovevate… L’ordine degli esorcisti si prende sempre cura di noi… è il minimo.” “In cambio dell’ospitalità vi lasceremo anche metà dei Doctor per curare i feriti e guarirli dal Masho.” “Grazie infinite…” “Per quanto riguarda invece voi Shima e Miwa…” Shura si rivolse ai ragazzi facendo un breve inchino alla proprietaria,
“Dato che è da un po’ che non tornate al paesello, perché non ne approfittate per andare a trovare le vostre famiglie?”. I ragazzi si lanciarono rapide occhiate annuendo incerti. “Bene. Ho già parlato col capo della succursale e vado a rendermi subito operativa. Tutti gli altri, trovatevi un impiego e rendetevi utili.” Detto questo Shura s’inoltrò nei corridoi dell’ostello sparendo dalla loro vista. “Se volete posso portarvi da Yaozo Shima… Tuo padre…” la madre di Ryuji guardò Renzou amareggiata. “Anche lui è stato ferito?” chiese il ragazzo e la donna annuì conducendo lui, Koneko e il figlio nell’altra stanza.  “Lamia… Non trovi che sia un posto affascinante?” Lilith guardò il soffitto intarsiato con aria sognante. “Ricordati che non siamo qui come turiste.” Roteò gli occhi la sorella. Kamiki le guardò una frazione di secondo prima di avvicinarsi a Rin. Era evidente volesse dirgli qualcosa, ma ci ripensò e andò in un’altra stanza a trovare un impiego. I loro bagagli furono portati nelle stanze dagli impiegati dell’albergo, così che potessero tutti quanti andare subito a dare una mano. Le uniche veramente spaesate erano proprio le sorelle Evangeline. “Che si fa?” Lilith si guardava intorno confusa. “Ci distraiamo.” Rispose Lamia avanzando lungo un corridoio casuale. “Aspetta, Lamia!” la sorella le corse dietro. Meglio non perderla di vista. Nella stanza in cui giunsero, Shiemi e Izumo stavano combinando pasticci in mezzo ai feriti, tant’è che ad un certo punto furono mandate fuori a raccogliere erbe curative. “Hey voi altre.” Uno degli esorcisti del loro gruppo chiamò Lilith e Lamia a raccolta. “Sapete fare il tè?” le sorelle si guardarono arricciando il naso. Nel mentre Rin era stato lasciato senza impiego. Nessuno voleva avere a che fare con lui, al che uscì in giardino con Kuro a seguito. Si sedette sulla passerella di legno che costeggiava l’edificio sospirando. “Psst, hey…” il muso di un signore sulla mezza età apparve ad un tratto sbucando da una porta scorrevole di legno poco più in là del ragazzo. “Dice a me?” Rin si voltò indicandosi il petto. “Non è che ti andrebbe di aiutarmi?” “Volentieri!” il ragazzo scattò in piedi correndo dal tizio che aveva tutta l’aria di aver alzato un po’ il gomito. Era calvo e indossava l’uniforme dei monaci di Kyoto.
“Dunque… Secondo te dove va l’acqua?” Lilith alzò un’enorme teiera rossa terra bruciata esaminandola all’altezza del suo naso. “Nel coperchio, razza di genio.” “Non fa una piega.” La ragazza la posò sul fornello scoperchiandola. “Quanta se ne mette?” “Faccio io.” Lamia prese il suo posto portando una brocca colma di acqua fresca. Rovesciandola con violenza finì col schizzarla da tutte le parti bagnando mezzo cucinotto. “Dannazione!” strillò Lilith lamentandosi dei calzini fradici. “Attenta!” si scostò dalla pozzanghera spazzandosi la gonna. “E adesso?” la sorella mise da parte la brocca con nonchalance. “Credo vada fatta bollire…” “Che cosa complicata.” Alzò gli occhi al cielo Lamia.
“Delle…Angurie?” Rin si trovò di fronte due frutti succosi messi a bagno da quello strano tizio un po’ brillo. “Oh sì, potresti tagliarmele? In cambio puoi prenderne qualche fetta…” biascicò ridendo tutto contento. “Affare fatto!” il ragazzo ricambiò il sorriso chinandosi per prendere la prima. L’uomo si sedette tranquillo sul bordo della passerella di legno.
“Ecco fatto, sta bollendo.” Annunciò Lilith osservando il fumo uscire dal becco della teiera, “Mettiamo la miscela.” Disse a Lamia accennando al sacco ai suoi piedi. “Subito…” la donna nel prese una paletta ficcandola dentro sollevando il coperchio. “BRUCIA!” gridò ritraendo la mano soffiando come un gatto arrabbiato. “L’acqua sta bollendo, ci credo!” “Non quella, idiota. Le erbe bruciano…” “Oh.” Lilith abbassò lo sguardo scrutando il sacco. “Miscela anti demone…” fece una smorfia. “Che lavoro del cavolo.” Sospirò la sorella mescolando la tisana stando molto attenta a non schizzarsi. “Guardiamo il lato positivo… Se dobbiamo solo occuparci dei feriti e fare tisane Mephisto aveva ragione a dire che non ci dobbiamo preoccupare.” Lilith si rallegrò fischiettando tutta contenta. “Speriamo.” Scrollò le spalle Lamia, “Nel frattempo morirò di fame.” Sbuffò.
“A giudicare dalla tua uniforme, tu sei un ragazzo del corso speciale, giusto? Come ti chiami?” chiese il bonzo a Rin, “Rin Okumura.” Rispose lui intento a tagliare a fette le angurie. “Davvero?” l’uomo sgranò gli occhi meravigliato e notò la coda scodinzolante del ragazzo. “Ma allora tu…” “Lei piuttosto chi è?” “Eh? Io?” il vecchio cambiò espressione massaggiandosi la testa, “Sono il padre di Ryuji Suguro.” Sorrise sornione. “Sul serio!?” Rin lo guardò incredulo.
Dalla parte opposta del complesso, Izumo e Shiemi stavano raccogliendo le erbe nell’orto. “Shiemi, si può sapere perché continui a fissarmi? Fai il tuo lavoro.” “Eh? Ah… Sì scusami…” “Se vuoi dirmi qualcosa sbrigati.” Kamiki le dette le spalle chinandosi in mezzo agli alti arbusti ricchi di foglioline verdi. “È che… Mi sento sempre così inutile…” sospirò l’altra mettendo un paio di rametti nel cesto. “Sono pasticciona e faccio sempre casini. Vorrei essere come te a volte.” Guardò altrove in imbarazzo e Izumo si voltò sbigottita a guardarla. “Credo sia per questo che Rin e Yukio mi hanno sempre tenuto nascosto tutto!” scoppiò a piangere strillando. Gli occhi di Izumo le uscirono fuori dalle orbite assistendo a quella scena patetica.
“Dove dobbiamo portare la tisana?” Lilith con la teiera penzolante a carico si avvicinò a uno degli esorcisti responsabili, “Di là, date da bere ai feriti.” Le rispose e la ragazza annuì. Lamia sbucò dal cucinotto con un vassoio di bicchieri.
“Allora… Tu e Ryuji siete amici?” “Abbiamo litigato…” Rin ci mise un po’ a rispondere. “Anche tu?” ridacchiò l’uomo, “Sai, pure io ho litigato con lui…” disse bevendo un sorso di liquore da una fiaschetta senza smettere di ridere. “Davvero?” Rin lo guardò attonito, “È un tipo parecchio difficile ma sembra un bravo ragazzo… Vorrei rimettere a posto le cose con lui.” Disse finendo di sistemare le fette di anguria su un piatto. “Giusto…” il bonzo sorrise amareggiato. “Bene… Ora che hai finito di tagliare l’anguria perché non le vai anche a distribuire?” “Eh? Io?” “Sì…sì…” il vecchio si alzò in piedi strascinando l’abito da cerimonia. “Ci vediamo, ragazzo.” “Ehi, aspetti…” ma ormai era sparito all’orizzonte. Rin rimase inginocchiato tra le fette d’anguria sentendosi un po’ spaesato. Poi alzandosi in piedi cominciò a fare il corriere. Prese tutti e tre i piatti portandone uno per mano e l’ultimo sulla testa, sfidando il suo equilibrio. “Lamia, ho fatto altro t…” D’un tratto Lilith sbucò da dietro l’angolo, “Occhio!” Rin si scansò appena in tempo per evitare l’impatto. “Ah!” la piccola alzò la testa reggendo per il manico la pesante teiera con entrambe le mani. Un po’ di liquido schizzò a terra senza però colpirla. Rin resse i piatti tendendo i muscoli all’inverosimile deformandosi addirittura la faccia per lo sforzo. “Scusa…” la ragazza chinò il capo correndo via rapida. “Lilith!” lui la chiamò facendola voltare sull’uscio, “Si?” mormorò, “So che forse hai da fare ma ti andrebbe di portare uno dei miei vassoi?”.
Lamia si trovò da sola a distribuire tazze di tè a lei letale a decine di persone. Il pericolo di maneggiarle l’aiutava a distrarsi dalla fame. Avrebbe potuto sbranarli tutti ma si tratteneva. Mentre era intenta ad aiutare un poveretto a bere il caldo liquido, Izumo entrò dalla porta del giardino portando in braccio un cesto di erbe. I loro sguardi s’incrociarono e finirono col guardarsi in cagnesco per tutto il tragitto di Kamiki verso le cucine. Non si piacevano per niente. “Io e te abbiamo una questione in sospeso…” sibilò Lamia rovesciando inavvertitamente il tè in faccia al povero malato. Gli urli del tale echeggiarono fino alle orecchie di Lilith che reggeva saldamente il vassoio di fette di angurie seguendo a ruota Rin. “Cos’è stato?” si guardò alle spalle sconcertata pensando subito a Lamia. Rin non avendoci fatto nemmeno caso, aprì la porta del secondo stanzone comune con un piede per procedere con le consegne. “A starvi a sentire sembrate proprio degli imbecilli!” una donna gridò nella stanza, “Invece di fare tanti giri di parole perché non lo dite chiaro e tondo!?” rispose una voce maschile ringhiando. I due ragazzi si trovarono davanti l’ecatombe. Tre ragazze assurdamente identiche sembravano aver aperto una faida con due altri seduti nei futon di fronte ai loro. Erano ovviamente tutti convalescenti ma questo non li stava affatto fermando. “Ma che paura! Tu con le parole non ci sai fare quindi pensi subito alla rissa, non è vero? È per questo che la famiglia Shima mi sta così sullo stomaco, siete degli ignoranti!” sputò veleno la donna di mezzo. Nonostante fossero proprio uguali in tutto, occhi e pettinature compresi, si distingueva nel trio per il tatuaggio sulla guancia simile alla traccia che lasciano le serpi sul terreno strisciando. Lilith e Rin si guardarono ponderando l’idea di tornare più tardi. “COSA!?” uno dei ragazzi spalancò la bocca oltraggiato. Aveva degli scompigliati capelli ossigenati, fermati in qua e in là da mollette scure. “Quello che è successo è stato certamente per la mancanza di leadership di Yaozo Shima.” Continuò la donna canzonandoli. “E ancora adesso se ne sta a letto senza neanche riuscire a stare in piedi. Dovrebbe dimettersi dalla direzione della succursale.” “Ma che diavolo dite, serpentacci Hojo!?” sbraitò il giovane con gli occhi fiammeggianti, “E non chiamate nostro padre per nome, stupide!” “Kinzo, lascia perdere…” il fratello tentò di fare il diplomatico alle sue spalle. “State solo scaricando su nostro padre la responsabilità della vostra sconfitta!” “Come osi! Noi stiamo facendo un discorso sulle basi, le basi!!” “Ahah! Senti questa, le basi! E cosa sarebbe questo discorso? Spiegamelo con meno di duecento parole se ci riesci!”.
Lontano dal putiferio generale, Shura era giunta alla succursale di Kyoto accompagnata da una guida. “Questo è il dipartimento sotterraneo della nostra divisione.” Disse l’uomo facendole strada giù per una lunga scalinata verso le profondità del terreno. “L’occhio destro è custodito qui.” “Capisco.” La donna guardò le lanterne gettare luce sul loro cammino. Oltre a lei vi era un piccolo gruppo di esorcisti a farle compagnia nella discesa. “Le dimensioni di questo luogo sono molto ridotte rispetto al vostro sotterraneo di Tokyo, ma ovviamente le mura che lo difendono non vi sono in nessun modo inferiori. Però sono state entrambe violate.” “Lo sappiamo, signor Doi.” “Bene, proseguiamo.” Disse l’uomo sorridendo appena. “Mentre nel nostro caso, l’intruso era un interno, qui ancora non ne siete sicuri, giusto?” chiese Shura camminando accanto a Doi, “Quelli che hanno avuto a che fare con l’incidente sono stati tutti colpiti dal Masho, perciò le indagini non vanno avanti.” Rispose tranquillo, “Ma per come la penso io, la setta del serpente deve aver combinato qualcosa.” “Intende la setta composta in origine da monache che segue insegnamenti differenti da quelli di tutte le altre sette buddiste?” “Esattamente. Sono un gruppo di esorcisti specializzati apposta nello scacciare i demoni. È stato accorpato ai cavalieri della vera croce una decina di anni fa, dopo la notte delle fiamme blu. Quasi la metà degli operativi di Kyoto appartengono a questa setta. Perpetuano per tradizione il culto del sangue del guerriero, che per leggenda è incarnato in chi è a capo della setta e si tramanda di generazione in generazione.” “Il capo della setta chi sarebbe?” “Il venerabile Tatsuma Suguro.”. Shura alzò le sopracciglia facendo una smorfia. “Oh, non mi sorprende vedere quella faccia… Quell’uomo non è rispettato come dovrebbe perché non predica e si gode la bella vita coi soldi della moglie. Dovrebbero essergli tutti fedeli essendo a comando, eppure non è così.” Doi sorrise amaramente, “Ma anche se il capo sembra tanto in pace col mondo, Sotto di lui regna il caos. Litigano tutti. Ed è assai nota la rivalità tra le famiglie Shima e Hojo, le due stirpi più antiche di Bonzi che stanno cercando di tirare dalla loro parte quanti più seguaci possibili per fare dispetto all’altra.”.
“Siete voi Hojo ad occuparvi della sicurezza del dipartimento sotterraneo! Tutto sto casino è successo perché non siete in grado di fare in vostro lavoro!” anche il diplomatico aveva ceduto alle provocazioni. “Evvai, il fratellone è esploso! Vai così Juzo!!” il biondo esultava fomentando ancora di più la confusione. Lilith indietreggiò lentamente tentando la fuga ma Rin non si muoveva. “Rin…” lo chiamò sibilando tra i denti. “Ma stai zitto, la falla c’è stata prima di tutto nel sistema di sorveglianza centrale. Altrimenti come avrebbero fatto ad arrivare a quello sotterraneo?” La donna al centro sogghignò maligna con quel suo muso richiamante un rettile, “La sorellona Mamushi ha ragione, stolti!” un’altra delle tre le dette manforte. “Basta con questa logica da strapazzo, brutta faccia da serpente!” il ragazzo ossigenato evocò un bastone da esorcismo scagliandolo contro di loro con una formula magica. La situazione era sfuggita di mano. Nonostante fossero tutti costretti a letto in malattia erano riusciti a far scoppiare il putiferio. Mamushi recitando un versetto tramutò il suo braccio sinistro in una serpe rispondendo agli attacchi. “Smettetela voi altri, non siete rimasti vittima del Masho anche voi!?” uno degli esorcisti responsabili tentò di porre tregua alla faida che però continuò a imperversare. Lilith guardò ad occhi sgranati il serpente evocato, optando per la soluzione più drastica. Si dette alla fuga abbandonando Rin. D’un tratto un cerchio magico comparve in verticale al centro della stanza separando le due fazioni. Il demone scomparve in una nuvola di fumo e gli incantesimi furono tutti spezzati. “Adesso basta! Che state facendo voi altri? Siete tutti dalla stessa parte!” Ryuji comparve sulla soglia con le mani in preghiera. Era stato lui a salvare la situazione. Shima e Koneko lo avevano seguito sudando freddo. “Che roba…” commentò Rin indietreggiando, “Hai visto, Lilith?” si voltò ma della ragazza nessuna traccia. “Lilith?” la chiamò ancora, confuso. La ragazzina era scappata via appena in tempo. Posò il vassoio con le fette d’anguria sul legno del pavimento del portico. Era dovuta uscire in cortile per prendere aria. Quello era un covo di esorcisti. Non era l’accademia della vera croce, dove al massimo poteva trovare un paio di professori e uno studente dotato. Lì la gente faceva sul serio. Erano cacciatori. Si trovò a respirare affannosamente pensando al peggio. Si sedette accanto al vassoio e prese una fetta di anguria succosa mordendola con foga. Lo zucchero le andò al cervello tranquillizzandola un po’. “Oi.” La testa di Lamia fece capolino al suo fianco sfondando la parete mobile di carta. “Lamia!” strillò Lilith mollando la presa sulla fetta in preda al panico. “Sei impazzita!?” “Questi scemi hanno i muri di carta.” Ridacchiò la donna divertita. “Quella è una porta… Bastava aprirla…” “Tanto paga pizzetto.”. Lamia ritirò la capoccia uscendo in cortile come tutte le persone normali e si sedette con la sorella sospirando. Lilith intanto aveva recuperato la merenda continuando a gustarla. “Che hai fatto alla mano?” la ragazzina abbassando lo sguardo su Lamia notò che aveva il dorso fasciato. “Mi sono rovesciata del tè addosso…” digrignò i denti. “Grazie a dio hanno pensato fosse una scottatura per l’acqua bollente e non perché fosse un rimedio anti demone.”, Lilith tirò un sospiro di sollievo. “Dobbiamo stare in guardia…” disse mormorando, “Perché?” “Questi sanno il fatto loro… Se la nostra natura dovesse venire fuori in questo luogo ci ucciderebbero all’istante.” “Non finché sono costretti a letto.” “Prima o poi guariranno…” Silenzio. “Per quanto pensi ci toccherà stare qui?” “Non lo so. Ma spero di tornare indietro il più presto possibile.”.
Nei sotterranei della succursale Shura era finalmente arrivata al cospetto dell’occhio destro del Re dell’impurità. Era conservato in una brocca di vetro limpidissimo ed emanava fumi neri che si arricciavano tutto in torno a quella minuscola sfera fatiscente. “Così questo sarebbe la cosa da proteggere…” commentò deglutendo rumorosamente, “Proprio così.” “Per quanto tempo pensate sia necessario il nostro aiuto?” “Finchè almeno il sinistro non sarà recuperato e messo al sicuro…” “Lo sa vero che non abbiamo nemmeno idea di dove possa trovarsi?” la donna sgranò gli occhi guardando Doi senza fiato, “Lo so… Infatti penso che potranno volerci un paio di settimane…” la guardò con la coda dell’occhio, “O mesi.”.

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Capitolo 21
*** Capitolo XXI ***


CAP 21

“Grazie a tutti per la collaborazione, oggi avete fatto un lavoro stupendo.” Shura seduta alla scrivania porse il pranzo agli studenti del corso uno ad uno, “Ve lo meritate.” Sorrise sorniona guardando i bento. Gli insegnanti avevano colonizzato una delle stanze della direzione della locanda trasformandola in ufficio momentaneo. “Che roba c’è qua dentro?” Rin sbirciò nel sacchetto con la bava alla bocca, “Mangia e ringrazia, sciocchino.” La donna gli dette uno sberleffo mandandolo via. Shima prese la cena dopo di lui seguendolo assieme a Koneko e Ryuji fuori in giardino. Sembrava voler riportare la pace nel gruppo, nonostante si vedesse quanto fosse teso. “Voi due… Tutte bene oggi?” Lamia e Lilith si presentarono in coppia alla scrivania anche se tecnicamente la prima avrebbe certamente fatto a meno di quel cibo orrido al suo palato. Shura fissò Lamia con gli occhi a mezz’asta. “Certamente.” nascose la mano fasciata dietro la schiena. “Beh, ve la siete cavata. Ecco.” Ricevettero entrambe il pasto senza ulteriori cerimonie. Lilith riprese a respirare non appena ebbero girato l’angolo. “Oggi non è andato esattamente tutto bene.” Disse alla sorella mentre camminavano verso il cortile. “Meglio delle previsioni, in ogni caso.” Ribattè Lamia. Andarono a sedersi sotto la tettoia dalla parte opposta dei ragazzi. Lilith non perse tempo e scoperchiando il box annusò affamata il profumo della cena. “Buon appetito!” annunciò separando le bacchette. “Vediamo che c’è qui dentro…” disse la maggiore guardando schifata il contenuto della sporta. “Io questo non lo mangio.” Fece una smorfia scansando la scatola, “Lamia… Ci risiamo. Non puoi digiunare.” “Ho bevuto abbastanza ieri. Posso campare due o tre giorni.” “Appunto. Due o tre giorni.” “Non sei mia madre. Fatti gli affari tuoi.” Lamia lanciò seccata la cena a Lilith che si trovò col bis servito. “Io me ne vado a fare un bagno.” La donna fece per alzarsi, “Aspettami, voglio venire anche io!” la ragazzina strillò corrucciando le sopracciglia sputacchiando riso da tutte le parti. Shima dall’altro lato del giardino le guardava da lontano con un sopracciglio alzato. “Che il segreto per le tette grandi sia saltare i pasti?” domandò a se stesso. “Come dici?” Rin pur essendo seduto parecchio distante da lui lo aveva sentito. Masticava a bocca aperta senza ritegno. Shima lo guardò cominciando a sudare. Anche se all’inizio aveva preso le sue difese con Bon, essere al cospetto del figlio di satana lo metteva in soggezione. I suoi compari lo avevano per di più mollato lì da solo a costo di evitare Rin. Infatti aveva fatto in modo che un abisso di minimo cinque metri li separasse. “Che c’è? Anche tu non vuoi più mangiare la tua cena?” “Ecco…” il ragazzo si grattò una guancia. Lamia si era tornata a sedere scocciata. Aspettava che Lilith finisse di mangiare pregando perché lo stomaco non cominciasse a brontolarle. Non avrebbe retto l’ennesima paternale. Frugò sgarbatamente dentro il sacchetto notando che ancora qualcosa era rimasto e ne estrasse una lattina. “E questo?” la esaminò leggendo l’etichetta. “Birra? Ma Shura è davvero un’insegnate?” si mise a sghignazzare, “Che?” Lilith sollevò gli occhi distratta, poi abbassando lo sguardo sulla latta che aveva aperto lei serrò la bocca in una smorfia. “Ecco perché questa cosa faceva schifo.” “Oh, se è capitato anche agli altri ci sarà da divertirsi stanotte… L’alcool fa un effetto strano agli umani.”. Shima sorseggiava distratto la sua bibita senza inizialmente rendersi conto di niente. Lui e Rin si fissavano in silenzio dopo che il ragazzo gli aveva mostrato la sua graduatoria di persone fighe. E il povero Renzou non rientrava nemmeno in classifica. Il mezzo demone imitava ogni suo movimento bevendo senza freno. “Sento già puzza di sbronza.” Commentò Lamia guardandoli mentre assaggiava la birra. “Fa schifo.” Schioccò la lingua prendendone poi un altro sorso. Lilith la guardò scossando il capo masticando a bocca chiusa.
Non lontano dalla locanda, Yukio stava ancora viaggiando in macchina. Era digiuno e cominciava a sentire la stanchezza. Ma le ricerche dovevano procedere. D’un tratto, il demone guida ingabbiato sul cruscotto dette un segnale d’allarme. Percepiva l’occhio sinistro molto vicino. Più precisamente in un furgone come il loro sbandato a lato della carreggiata. “Possibile che sia là dentro?” disse uno degli esorcisti mentre il minivan si arrestava. Scesero per verificare ma quando aprirono il veicolo una puzza atroce fece quasi vomitare i presenti. Dentro la macchina non era sopravvissuto nessuno e il miasma la faceva da padrone. Dell’occhio nemmeno l’ombra. 
“Lamia, sei sicura che possiamo farci il bagno?” Lilith si guardò attorno con circospezione mentre mettevano piede nelle terme dell’albergo. Non c’era anima viva oltre loro. “Vedi qualcuno oltre noi?” le domandò retorica la sorella, “Coraggio, possiamo essere libere~” fischiettò denudandosi con una rapidità sovraumana. Lasciò la coda all’aria dopo settimane di castigo. “Beh, che aspetti?” si voltò verso la ragazzina prendendo un asciugamano e una tinozza. Lilith era incerta ma seguì la sorella spogliandosi con grazia. Si avvolse attorno al busto l’asciugamano tenendo celata la coda. Non si fidava del tutto a girare nuda come se niente fosse in un covo di esorcisti. Non appena sorpassarono la porta scorrevole e posarono i piedi sulle rocce umide del patio l’umidità le pervase. Il fumo bianco delle vasche accarezzò la loro pelle che si riempì di goccioline calde. “Bien.” Lamia, esattamente come mamma l’aveva fatta, entrò nella prima vasca rilassando le membra. “Oddio…” mormorò in estasi. Lilith entrò subito dopo gemendo di sollievo. “Ahh… Sembra quasi una vacanza nella vacanza.” Mormorò chiudendo gli occhi abbandonando la testa all’indietro. L’acqua le arrivava al mento e torbida com’era schermava tutte le sue grazie. “Brodo di demone…” sospirò Lamia soprappensiero. “Che?” “Che?” “Hai detto brodo di demone…” “Oh sì. Proprio strani sti giapponesi. Stanno ore e ore a bollire in questo genere di bagni bollenti… Ma devo dire che ci hanno azzeccato.” “L’idea del brodo di demone mi dà i brividi.” La sorella impallidì rimasta alla precedente affermazione della sorella. “Senti… Cambiando argomento…” continuò a parlare, “Alla fine gli amici non accettano proprio tutto tutto…” “Ma dai, ti sei accorta ora dell’ipocrisia degli esseri umani?” Lilith non rispose limitandosi a fare bollicine con la bocca immersa nell’acqua. “Sei ancora dell’idea di stringere alleanze con quei ragazzi?” “Forse… Vedremo…”. Lamia piegò la testa all’indietro inalando i vapori a pieni polmoni. “E pizzetto? Ti ha mandato il pezzo d’inquadratura mancante?” “LAMIA!” Lilith quasi si strangolò con l’acqua termale sputandola dalle narici in un impeto di imbarazzo. “Mamma mia, finalmente la giornata è finita.” Una terza voce provenne dagli spogliatoi. Le sorelle si guardarono sgranando gli occhi all’inverosimile. Shura. “Oh no.” Mormorò la minore ficcando la testa sott’acqua. “Che accidenti fai, idiota, non hai le branchie!” Lamia le tirò su la testa sibilando tra i denti. “Merda, è già qui.” “Nascondi la coda!” la intimò Lilith recuperando l’asciugamano. “Uff…” Shura spalancò la porta senza veli. “Ma guarda un po’ chi c’è.” Commentò sorpresa facendosi avanti. Lilith e Lamia le davano le spalle sudando freddo immerse nell’acqua fino al mento. “Non fare cagate.” Sussurrò la biondina. “Prof…” La maggiore si voltò verso la nuova arrivata posando un gomito sul bordo della vasca. “Non dovresti bagnare il bendaggio.” Rispose Shura entrando in acqua. Lamia alzò un sopracciglio. Avrebbe voluto risponderle che faceva quel cavolo che le pareva e che in ogni caso era già sicuramente guarita ma si trattenne. “Ops.” Si limitò a dire con tono irriverente. “Tu invece, piccoletta, che mi dici?” l’insegnante si rivolse a Lilith che la guardò offesa. “Sto bene.” Rispose a monosillabi dallo smacco. “Ottimo.” Shura spalancò braccia e gambe stravaccandosi come se ci fosse soltanto lei. Sembrava avesse appena messo le radici. Erano in trappola. Lamia si sentì fissare dalla sorella con occhi disperati. Il brodo di demone era servito.
“Quella maledetta p…” Lamia si asciugò i capelli con violenza usando le tende dello spogliatoio. “Non ha mosso quel suo culone per tre ore. TRE ORE. Mi stavo seriamente sciogliendo, Guarda la mia bellissima pelle!” “Non penso lo abbia fatto apposta.” Lilith la guardò sclerare con gli occhi a mezz’asta. “Comunque sbrighiamoci ad andare in stanza…” “Come mai tutta questa fretta?” la sorella andò a rivestirsi facendole compagnia, “Nulla…” la piccola distolse lo sguardo, “Nulla eh?” “Non voglio che torni Shura, così ti va bene!?”.
Misero piede in camera nel silenzio tombale. Posarono accanto ai loro letti il malloppo di vestiti sporchi e s’infilarono sotto le coperte senza fare rumore. La locanda aveva dato loro in dotazione degli Yukata per la notte e il tessuto fresco di cui erano fabbricati era l’ideale per le notti estive. Izumo e Shiemi erano in stanza con loro ma dormivano già. La camerata comune non aveva entusiasmato molto nessuna delle ragazze, Shiemi a parte che vedeva sempre tutto bello. “Notte, Lamia.” Nessuna risposta. La maggiore si era arrotolata nelle lenzuola e non dava più udienza a nessuno. Lilith sospirò ripensando al suo cellulare. Non si ricordava dove lo aveva lasciato. E nel dubbio si addormentò.
“Buongiorno ragazze!” Shima accolse le quattro compagne di stanza con un grosso sorriso. Era seduto assieme agli altri ai tavoli della mensa comune per la colazione. “Ciao.” Rispose Kamiki andando a prendere un vassoio con la colazione. “Aspetta, vengo anche io!” Shiemi le corse dietro agitata guardando Rin con la coda dell’occhio. Lilith e Lamia rimasero in piedi decidendo il da farsi. “Buongiorno.” Rispose la prima a Shima, “Che fate lì impalate? Non fate colazione?” domandò bevendo un sorso di succo di frutta. Rin seduto di fronte a lui le guardò assonnato. Quella vicinanza stupì parecchio i presenti. Che Shima avesse finalmente fiducia nel ragazzo? “Oi…” sbadigliò il mezzo demone, “Dormito bene?” domandò spazzandosi via una lacrima di sonno col pugno. “Giusto, com’è essere in camera tutte donne?” Gli occhi di Shima divennero sognanti. “Palloso.” Sbuffò Lamia andandosene. “Lamia!” Lilith si voltò imbronciata. “Scusatela…” abbassò la testa sedendosi in loro compagnia. “Di cosa? Le ragazze enigmatiche sono le migliori…” Renzou guardò la donna uscire dalla mensa. “Oh, non volevo mica offenderti, scusa!” si accorse dell’occhiataccia lanciatagli dalla piccola cercando di rimediare alla gaffe. Suguro e Koneko erano nel tavolo dietro in isolamento. Si vedeva che gli bruciava il fatto che Shima si fosse seduto con Rin e non con loro. Ad un certo punto si alzarono senza nemmeno salutare. Lilith li guardò uscire seguendoli con lo sguardo. “Non fare caso a loro… Hanno un meeting di famiglia.” Le disse Shima mangiando il suo riso. “Tu non vai?” chiese lei ma il ragazzo non fece in tempo a rispondere che fu colpito alle spalle da un calcio rotante. “Renzou!” sillabò Kinzo atterrando a piè pari accanto al fratello tramortito. Dietro di lui apparve Juzo sorridente. “Ma sei scemo!?” si voltò la povera vittima strillando come un ossesso, “Che vuoi che sia un calcetto?” fece spallucce il biondo. “E questi chi sono?” Lilith fece una faccia sconcertata rubando una fetta di pane dal vassoio di Shima mentre non guardava. “Oh, una ragazza!” Kinzo sorrise lascivo chinandosi per guardarla meglio, “Ciao, splendore…” fischiettò venendo colpito in testa da Juzo, “Perdonatelo. Kinzo è il quarto fratello della famiglia Shima. Ed è il più pervertito.” “Uh? Io pensavo che Shima non si potesse superare…” disse Rin parlando con la bocca piena, “Ma guarda, non ti avevo visto! Renzou, è amico tuo?” Kinzo si riprese velocemente dalla botta guardando Rin con un sorriso a trentadue denti. “Una specie…” rispose il diretto interessato ficcandosi in bocca una bacchettata di frittata. “Scusatemi, io non mi sono ancora presentato…” si fece avanti Juzo ricomponendosi, “Io mi chiamo Juzo e sono il secondo genito della famiglia Shima. Io e Kinzo siamo fratelli di Renzou.” Spettino i capelli rosa del fratellino, oltremodo seccato. “Piacere.” Disse Lilith finendo la fetta di pane imburrato. Senza Lamia si sentiva un po’ a disagio, chissà che stava facendo? “Voi siete?” il maggiore guardò prima la ragazzina e poi Rin sorridendo beato, “Io? Ah… Io sono Lilith Evangeline. Studentessa dell’accademia della vera croce.” Precisò. Più informazioni forniva e più si sentiva sicura. “Io mi chiamo Rin Okumura. Sono anche io studente dell’accademia.” Il ragazzo fece un cenno con la testa deglutendo il boccone. “Vi dispiace se ci uniamo a voi per la colazione?” Saltò su Kinzo e Shima roteò gli occhi dall’esasperazione.
Lamia si era persa nei meandri della locanda corridoio dopo corridoio pur di allontanarsi da tutti. L’aver interrotto così drasticamente i pasti non le stava giovando. Si sentiva più debole e sempre più affamata. Se Yukio non fosse tornato avrebbe di sicuro attaccato il primo che passava. Ad un tratto sentì bisbigliare in una stanza nelle vicinanze. “Il venerabile potrebbe aver tradito…” “Non è ancora il momento di discuterne. Aspettiamo che inizi ufficialmente il meeting.” Sentì un vociare sommesso. Incuriosita si avvicinò per origliare. Un rumore di passi provenne dal fondo del corridoio. Juzo e Kinzo raggiunsero la sala. Il maggiore stava aiutando a camminare un terzo uomo col volto tatuato. Sembrava molto debole e camminava a fatica. Senza accorgersi di Lamia, entrarono nella stanza prendendo parte all’incontro e la riunione poté iniziare. “Buongiorno a tutti…” disse entrando l’uomo ferito tossendo, “Grazie per essere venuti nonostante il poco preavviso.” “Yaozo!” un coro di stupore si levò dai presenti. Il responsabile della succursale di Kyoto si era palesato nonostante le gravi ferite inferte nell’attacco di pochi giorni prima. “Stai bene? Mi sembra che tu sia messo peggio di ieri.” La voce di Suguro si levò dalle file mentre Yaozo veniva fatto accomodare al tavolo. “Ryuji… Non avrei voluto farmi vedere in queste condizioni ma c’è una cosa che devo comunicarvi…” tossì di nuovo prendendo posto, “Oggi per motivi improrogabili, il venerabile non potrà partecipare alla riunione.” Ryuji fu percorso da un brivido di disappunto. “Anche senza di lui però la situazione non cambia… Perciò…” prese fiato, “Dichiaro aperta la riunione.”.
“Lilith, non ti andrebbe di venire in piscina con me e Rin oggi?” “P…Piscina!?” sgranò gli occhi. Dopo l’avventura della sera prima non voleva mai più fare il bagno con qualcuno. Il rischio era troppo. Poi in piscina avrebbero visto tutti la coda. “No grazie.” Si alzò di scatto da tavola, “E dai…” insistette Shima, “Oggi abbiamo giornata libera… Io, Rin e voi ragazze…” “Shima hai avuto un’idea brillante.” L’altro ragazzo era colmo di ammirazione. Già s’immaginava le sue compagne in costume da bagno. “Avete intenzione di invitare anche me?” Shura gli comparve alle spalle tirandogli un cuccio, “Ahia!” Rin si massaggiò la testa, “Che mi dici del tuo addestramento speciale?” “Eh… Ecco…” “Immaginavo che avresti procrastinato. Andiamo.” La donna lo prese di peso per le ascelle trascinandolo via. Lilith approfittando della confusione si fece di nebbia per non rischiare di essere persuasa ad andare in piscina. “Shura! Mollami!” le grida di Rin echeggiarono lontane nel corridoio.
“L’obiettivo del meeting di oggi è quello di far uscire allo scoperto il traditore.” Le parole di Yaozo echeggiarono nel silenzio carico di tensione. “Hey un momento. Hai qualche prova che ci possa essere un traditore tra di noi? Ti ricordo che fino a quattro giorni fa non sapevamo nemmeno dell’esistenza dell’occhio sinistro!” saltò su Mamushi iraconda scatenando un vociare sommesso, “Silenzio!” Yaozo richiamò tutti all’ordine, “Le persone presenti all’incidente dell’occhio destro erano tutti membri della setta del serpente.” Disse allo stremo delle forze. “Inoltre solo un appartenente alla setta avrebbe saputo come spezzare il sigillo protettivo…” “Padre, anche tu la pensi come Shima?” Mamushi guardò l’uomo che aveva appena parlato con un accenno di rancore. “Grazie Uwabami.” Tossì Yaozo. “Juzo per cortesia, potresti raccontarci l’accaduto?” si rivolse al figlio prendendo fiato. “Sì.” Il ragazzo annuì cominciando a raccogliere i ricordi.
Lamia se ne stava beata con l’orecchio attaccato a uno dei pannelli di carta del muro. Ascoltò il racconto molto interessata. “In altre parole… Le persone vicine all’occhio destro in quel momento erano le mie tre figlie…” Uwabami aprì di nuovo bocca, “Juzo, Il direttore Yaozo Shima arrivato per aiutare e… Il venerabile Tatsuma al momento assente.” “Esatto. Solo questi sei”. “Qui ci sono delle informazioni su Saburota Todo… L’ex responsabile del dipartimento profondo di Tokyo”, il padre di Mamushi allungò un plico al centro del tavolo. Ad un tratto scoppiò l’ennesima lite tra la ragazza e Juzo per il semplice fatto che continuavano a darsi la colpa a vicenda. Finirono di scannarsi soltanto quando un terzo nome uscì in dibattito. “E se fosse stato il venerabile?” scoppiò il putiferio generale. “Smettetela!” Yaozo sbattè con forza il pugno sul tavolo. “Io e Uwanabi discuteremo delle ipotesi questo pomeriggio e vi chiameremo di nuovo a raccolta. Per adesso andate. La riunione è conclusa”. Lamia sogghignando sparì nell’ombra.
Lilith si aggirava senza una meta in cerca della sorella. Era arrivato il pomeriggio tardo e ancora non l’aveva trovata. Aveva sprecato un giorno di libertà per recuperarla dai meandri della locanda. Mentre guardava per aria andò a sbattere senza preavviso contro qualcuno. “Ahh!” Shiemi fece cadere un cumulo di asciugamani. “Scusami piccola!” le disse raccattandoli tutta agitata. “Piccola?” Lilith gonfiò le guance stizzita, “Uff… Che fatica…” la compagna si asciugò il sudore dalla fronte con una mano, “È da stamattina che non mi fermo. Anche se oggi avrei potuto riposarmi, non ho tempo da perdere. Voglio diventare migliore di così!” strinse il pugno raccontando i fatti suoi senza che nessuno glielo avesse chiesto. Lilith infatti la guardò sconcertata e accennando a un sorriso passò oltre, “Buon lavoro allora…” disse con un filo di voce. “Grazie!!” strillò energica Shiemi correndo via con gli asciugamani. Un bagliore blu nel cielo attirò la sua attenzione. Lo aveva catturato con la coda dell’occhio passando accanto alla finestra. Avvicinandosi al vetro si accorse che proveniva dal tetto sopra di lei.
Nel mentre, Lamia non si era affatto persa come credeva la sorella. Aveva pedinato per tutto il giorno Ryuji. Percepiva qualcosa di anomalo in lui. Un odio radicato come pochi e affamata com’era non riusciva a resistere ai suoi impulsi. Senza nemmeno pensarci, il suo stomaco le chiedeva di morderlo ma a stento se lo impediva. Il patto con Yukio era l’unica cosa a impedirle di fare una strage per la fame. E mentre lei pedinava Ryuji, il ragazzo pedinava gli altri membri del congresso. Vedendo Juzo guardarsi attorno in modo sospetto si era nascosto dietro le scale per osservarlo meglio. Il ragazzo aveva appena liquidato un paio di coetanei esorcisti che chiedevano della riunione segreta ed estraendo una chiave dalla tasca si accingeva ad aprire una delle porte del corridoio. Era la chiave per la succursale e Bon lo aveva capito. “Che accidenti va a fare a quest’ora alla succursale?” si morse un labbro scattando su per le scale. Lamia assottigliando lo sguardo lo seguì fino in strada continuando a spiarlo. Sentiva che stava per succedere qualcosa di divertente.
“Ci devo riprovare!” gridò Rin alle prese con le solite candele. Lui e Shura erano andati sul tetto della locanda per provare a domare le fiamme blu indisturbati. “Hey.” La testa di Lilith fece capolino spaventando entrambi. “Evangeline, che ci fai tu qui? È una lezione privata.” L’ammonì Shura con un minimo di contegno. “Lilith!” Rin sorrise vedendola salire. “Ho perso mia sorella… L’avete vista?” chiese buttando indietro l’orgoglio. Sperava che da quella posizione sarebbe stato più facile sorvegliare i dintorni e beccarla. Cominciava davvero a preoccuparsi.
Ryuji fece irruzione nella succursale incrociando Kinzo nell’ingresso. “Hey Bon, che ci fai qui? Se è per la cena dovrebbero già avervela portata…” “Dov’è l’ascensore per scendere nei sotterranei?”.
“Spiacente, non vedo Lamia da ieri sera alle terme…” Shura arricciò le labbra spensierata. “Shura, sei la nostra insegnante non dovresti mai perderci di vista…” Rin la guardò alzando un sopracciglio. “E nemmeno darci alcolici…” aggiunse Lilith cavalcando l’onda. “Oi ma che volete da me?” la donna incrociò le braccia sbuffando quando il suo cellulare prese a squillare. “Pronto, professoressa Kirigakure.” Rispose e sbiancò. “Signori. Abbiamo un problema.” Chiuse quasi subito il telefono guardando i ragazzi, “Il dipartimento sotterraneo della succursale è sotto attacco.”. Lilith sgranò gli occhi cominciando a tremare. Se anche l’altro occhio fosse andato perso lei e Lamia sarebbero state in grossi guai. E sua sorella era al momento dispersa.
“Cosa stai facendo… Mamushi?” Juzo era arrivato alla sala sotterranea dove era custodito l’occhio. Di fronte a lui c’era Mamushi di spalle al cospetto della reliquia. Ryuji era arrivato giusto in tempo per assistere alla scena, nascosto dietro il muro. Lamia era nell’ombra assieme a lui e all’improvviso recuperò il senno. Che stava facendo? Quello era cacciare. Scossò rapidamente la testa accorgendosi di dove si trovava. Si tappò il naso per non sentire più l’odore di Suguro fissando l’ampolla con l’occhio destro e si ricordò di Lilith. La fame le aveva annebbiato la ragione. “Dì qualcosa!” Juzo gridò a Mamushi voltatasi inerme. “L’ho fatto affinché la setta aprisse gli occhi.” Rispose lei. “I veri traditori sono il venerabile Tatsuma Suguro e Mephisto Pheles.” “Di cosa stai parlando?” il ragazzo era scioccato, “Otto anni fa… Era studentessa di Todo. Lui mi rivelò tutto. All’inizio non gli credevo ma dopo la notizia del processo di Lord Pheles ebbi la conferma del tradimento. Quell’uomo ha allevato in segreto il figlio di Satana.” Fece una pausa, “E per farlo sta usando l’oggetto sacro, L’Honzon del nostro tempio.” Le sue mani divennero serpenti e si preparò ad attaccare. “Hai le prove!?” “Al momento non possiedo nulla di concreto ma un giorno le otterrò. Non poso più fidarmi della setta.” Sgranò gli occhi in preda alla follia scatenando le sue bestie, “Io e il professore Todo sigilleremo gli occhi del Re dell’impurità in un luogo più sicuro.” “Non farlo Mamushi!” gridò Juzo impugnando il suo bastone, “Salverò la setta del serpente!” strillò lei come una pazza.
“Muoviamo le chiappe.” Shura saltò giù dal tetto alla riscossa, “Seguitemi!” strillò intimando gli studenti. All’orizzonte videro alzarsi una colonna di fumo e la terra cominciò a tremare. Tutti i membri della setta erano in allarme. Persino il venerabile che era mancato all’incontro gridò all’emergenza e sembrò determinato a fare qualcosa in merito. L’uomo si trovava assieme a Uwabami Hojo nella sala di controllo. Non ci fu esorcista che non accorse sul posto.
“Ma cosa succede!?” Ryuji che era uscito allo scoperto si resse al corrimano del ponte sospeso del salone sotterraneo per non cadere vittima del terremoto. “Il soffitto sta marcendo!” Juzo alzò la testa osservando una crepa sempre più grande farsi strada nella pietra. “Mamushi!” Gridò mentre una frana potentissima la investiva assieme all’altare con l’occhio. “Ciao, da quanto tempo che non ci si vede, Shima.” Todo fece la sua comparsa dall’enorme cratere del soffitto. “Todo” il ragazzo era senza parole. Mamushi risorse dalle ceneri con in mano l’ampolla libera dal sigillo. “Mamushi, ti sta ingannando! Fermati!” gridò alla donna mentre si apprestava ad estrarre l’occhio dal contenitore. “Non farlo!” insistette ma ormai era troppo tardi. Afferrando la sferetta con due dita la liberò definitivamente e senza pensarci ulteriormente la sostituì a uno dei suoi occhi. Non fece la minima piega. Al contrario, Juzo era terrorizzato. Rimasto di pietra assistette inerme alla scomparsa dei due criminali in una nuvola di fumo. “È scomparsa!” gridò Ryuji incredulo correndo al fianco di Juzo rimasto a fissare il vuoto con gli occhi sbarrati e il respiro affannato. Una grande folla si radunò là sotto. Nessuno però era riuscito ad arrivare in tempo per impedire il disastro. “Che è successo!?” Lilith si era trovata al cospetto della devastazione trascinata da Rin e Shura. In mezzo alle teste vide inaspettatamente quella di Lamia, uscita dall’ombra. Sembrava disorientata più di lei. “Lamia!” corse a toccarle una spalla facendola voltare. “Lilith!” fece una faccia incomprensibile, “Che ci fai tu qui?” “Non… Chiedermelo.” Guardò altrove schiarendosi la voce. “Che è successo?” Shura si fece avanti trascinandosi dietro Rin. I due affiancarono le sorelle per avere una vista migliore sul macello. “Anche l’occhio destro…” balbettò Juzo cercando di ricordare come si parlava, Lilith sgranò sempre di più gli occhi mano a mano che parlava, “Anche l’occhio destro… È stato rubato.”. Lamia guardò la sorella con la medesima espressione. Ora che entrambi gli occhi erano in possesso dello stesso manipolo significava una cosa sola. Il Re dell’impurità sarebbe risorto di lì a poco. 

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Capitolo 22
*** Capitolo XXII ***


CAP 22

Lilith fissava il vuoto con l’espressione di uno che ha appena visto la morte in faccia. Come quando nei videogiochi di guerra pesti una mina e vedi tutto annebbiato per una manciata di secondi che sembrano durare una vita. Quel fischio che annulla ogni altro rumore tutto intorno appannando l’udito. Il sibilo era continuo, fastidioso e la paralizzava. Il suo incubo si stava avverando ed era inerme. Nel caos nessuno però fece caso a lei, tranne Lamia che sentì all’improvviso un peso in fondo allo stomaco. Avrebbe potuto fermare Mamushi se solo ci avesse pensato. Lei era lì. In un flash, senza neppure seguire la vicenda, vide Suguro correre in contro al padre, comparso tra le altre teste. Era su tutte le furie, mentre l’uomo pareva un cane bastonato. Era la prima volta che si vedevano da quando Ryuji era arrivato a Kyoto. “Tutto quanto è colpa tua!” gridò il ragazzo prendendolo per il collo della veste. L’udito di Lilith tornò con quella frase. Sbattendo le palpebre guardò Lamia terrorizzata. “Suguro?” Rin spalancò la bocca assistendo alla scena con in spalla Kuro. “Rin, non prendere iniziative.” Lo bloccò Shura al suo fianco. “Ryuji…” il venerabile mormorò qualcosa, “Papà, ha ragione Mamushi?” lo interruppe il figlio, “Ci hai traditi tutti!?” ringhiò. “Ma figurati…” ridacchiò l’uomo, “Se è così allora devi dire la verità! Avanti, racconta a tutti il motivo del tuo atteggiamento!” “La verità… Quella è un segreto.” Continuò a sorridere nonostante il tono minaccioso del ragazzo. “Non posso dirla nemmeno a te che sei mio figlio…” Ryuji mollò la presa deglutendo, “…La cosa migliore sarebbe che me la portassi nella tomba…” “Come puoi parlare così in un momento come questo?” “Non abbiamo molto tempo per chiacchierare… Devo seguire Mamushi.” Disse il vecchio facendo qualche passo, “Ryuji, devi ascoltare quello che ti dicono la mamma e gli insegnanti… E studiare sodo. Capito?” si voltò ridendo amaramente e a Suguro partì un embolo, “Non sognarti di cominciare a fare il padre proprio adesso!” gridò su tutte le furie stringendo i pugni. “Ryuji…” “Se te ne vuoi andare senza dirmi niente, in questo caso te lo dico chiaro e tondo. Non sei mai stato un padre per me. MAI!” l’eco del suo grido di rabbia giunse alle orecchie di Rin che sussultò ricordandosi di aver detto le stesse identiche parole una volta in un diverso contesto. “Allora io vado… Cerca di perdonarmi.” Il bonzo chinò il capo riprendendo a camminare. “Fermo qui.” Rin si catapultò ad afferrarlo per un lembo della veste bloccandolo. “Rin!” Shura lo guardò allucinata non capacitandosi di come avesse fatto a spostarsi così velocemente. “Anche tu!” il ragazzo afferrò pure Suguro per la camicia avvicinando i due litiganti con la forza. “Che sta succedendo?” Lamia aggrottò le sopracciglia. “Lamia… Dobbiamo andare via.” Lilith avvolse una mano attorno al suo braccio tremando. La calca era talmente fitta che però non avevano via di fuga. “Sta zitto! Non sono affari tuoi!” Suguro aveva preso di mira Rin, “E tu non tagliare i ponti con tuo padre come se fosse niente!” rispose strillando l’altro. “Proprio tu parli così? Tu che vuoi sconfiggere Satana!?” Ryuji alzò ancora di più il tono di voce e Rin non seppe rispondergli. “Rin…Ryuji… Coraggio facciamo tutti pace…” intervenne il venerabile senza perdersi di spirito, “Tu vai pure dove vuoi e non tornare mai più.” Gli rispose il figlio. Rin non ci vide più. “E io che ti credevo diverso…Ti avevo sopravvalutato.” Digrignò i denti e una piccola fiammella gli si accese in testa, seguita dalla gemella finché un vero e proprio incendio blu non scoppiò attorno al ragazzo in preda alla furia cieca. “Suguro!” gridò con una voce terrificante, “Io non ho scelto di essere il figlio di Satana, purtroppo ho il padre che ho, ma per te è diverso, no!?”. “Cos’è quello!?” “Fuoco blu!” un vociare si sollevò dal corteo di esorcisti. Le fiamme brillarono riflesse negli occhi di Lilith sempre più inerme agli eventi. Di fronte a loro il figlio di Satana stava perdendo il controllo. Ryuji evocò un cerchio magico che però venne spezzato e nel caos dovette intervenire Shura che con una formula attivò l’anello costrittivo alla base della coda di Rin facendogli perdere conoscenza in un ululato di dolore. Quella scena paralizzò definitivamente la ragazza. Senza nemmeno rendersene conto aveva piantato le unghie nel braccio di Lamia facendola sanguinare. L’insegnante portò via di peso Rin ridotto k.o. allontanandolo dalla folla. “Rin, hai dimenticato le condizioni che sono state decise durante l’interrogatorio!?” gli bisbigliò all’orecchio col cuore in gola, “Se avessi scatenato di nuovo le tue fiamme blu causando problemi a qualcuno saresti stato giustiziato.”. “Levati dalle palle racchia, stiamo facendo un discorso importante.” Bisbigliò Rin Faccia a terra. A Shura scoppiò un vena nel cervello e senza pensarci due volte recitò di nuovo la formula per l’anello tramortendolo definitivamente.  “Hey voi altri. Ormai è svenuto.” La donna si voltò verso gli esorcisti con le mani sui fianchi. “Aiutatemi a rinchiuderlo da qualche parte.”. “Capitano Kirigakure…” Yaozo Shima le venne in contro aiutato da Uwabami, “Più tardi ci spiegherà tutto… Vero?” “Certamente, ora aiutatemi a portarlo via.”. Il telefono di Shura squillò proprio sul più bello e senza esitare rispose alla chiamata. “Yukio, ci sono novità?” sentendo quel nome Lamia si voltò di scatto fulminandola. Lilith era ancora in trance da stress e non la mollava.  “Sul serio? Sei a Kyoto?” origliò la conversazione più che poteva finché la donna non riagganciò. Mentre Rin veniva raccolto come un sacco della spazzatura congedò il resto della squadra prendendo la via della superficie. Lamia non stette con le mani in mano e trascinandosi dietro la sorella caduta in un mutismo selettivo seguì l’insegnante verso l’ascensore.
Nell’imbarazzante musichetta di quest’ultima il silenzio stava cominciando a diventare pesante. Con una scusa, Lamia era riuscita ad intrufolarsi assieme a Lilith nello stesso viaggio di Shura così da poterla tenere d’occhio. Le aveva raccontato che la sorella soffriva di claustrofobia e aveva bisogno immediatamente di aria. Non era stato difficile crederle dato il suo pallore. “Come stai, Lilith?” chiese Shura vedendola fissare il vuoto. Nessuna risposta. L’imbarazzo aumentò esponenzialmente. “Sto bene.” Dopo un minuto Lilith aprì bocca mentendo. Mollò il braccio di Lamia respirando a pieni polmoni e si sistemò i capelli con le mani. Le porte si spalancarono arrivate a destinazione. “Uff. Bene, ci vediamo.” Disse Shura uscendo a grandi passi. Lamia alzò un sopracciglio senza perderla di vista. “Andiamo.” Disse a Lilith cominciando ad accelerare il passo. “Yukio!” “Shura.” Il ragazzo era all’ingresso assieme alla squadra a cui era stato assegnato. “Cosa ci fate qui?” “Scusa, non sono riuscito a dirti molto perché non c’era campo… piuttosto che intendevi con siamo nei casini?”. Prima che la donna potesse rispondergli, Lamia comparve sulla soglia dell’atrio. I loro sguardi s’incrociarono per quel tanto che bastò alla succube per perdere il nume della ragione. Scattò in avanti sotto gli occhi attoniti di Lilith che se la vide a rallentatore balzare verso il malcapitato. Nella sua testa partì il film della sorella che gli azzanna il collo davanti a tutti mandando all’aria la loro copertura. Invece successe l’impensabile. Lamia spiccò un salto atterrando a piovra addosso Yukio totalmente sbigottito. Il contatto con la donna lo mandò in visibilio e questa non sembrava dare cenno di volersi scollare. “Non ci credo. L’ha fatto sul serio.” Lilith impallidì ancora di più. Era forse impazzita? Lamia davanti a tutti stava abbracciando Yukio come un koala attaccato all’albero. Persino Shura non credeva ai suoi occhi. “Lamia. Staccati, subito.” Sibilò il ragazzo tenendo i nervi saldi. “Sto morendo di fame, sarà meglio che ti faccia perdonare in qualche modo. Idiota di un ragazzino.” Gli bisbigliò in risposta lei all’orecchio saltando giù. “Ops, ho sbagliato persona… Scherzavo.” ridacchiò la donna facendosi beffe di lui, “Signori…” salutò la truppa con un cenno di capo dandogli poi le spalle ancheggiando lentamente verso dove era arrivata come una furia. Yukio era paralizzato. Un po’ per l’imbarazzo e un po’ per l’ansia di cosa gli avrebbe fatto più tardi Lamia. Deglutendo a scatti si sistemò gli occhiali senza dare a vedere la sua preoccupazione. “Perdonate questo… Episodio. A quella studentessa piace molto mettermi in imbarazzo, vi prego di non farci caso.” Si schiarì la voce pregando internamente. “Professor Okumura…” mormorò uno degli esorcisti titubando, “Stavamo dicendo?” il ragazzo cambiò rapido discorso e i presenti tornarono chi più e chi meno tempestivamente a discutere la questione primaria. “Lamia, sei forse uscita di testa!?” Lilith aveva recuperato il suo verve bacchettando la sorella come solo lei sapeva fare. Tirandola per un orecchio la trascinò dietro l’angolo con la faccia paonazza. “Ci è mancato tanto così che scodinzolassi! Hai visto che fine hanno fatto fare a Rin!?” Lamia non rispose. “Ho fame.” Disse dopo un po’ serissima.
“Il problema si è fatto di portata gigantesca.” Yaozo Shima fu portato a cospetto della squadra di Yukio mentre discutevano il caso, “Siamo arrivati al punto in cui entrambi gli occhi sono stati trafugati e questo ahimè può portare a una sola cosa.” Tossì sommessamente faticando a reggersi in piedi, “Direttore Shima, mi spiace interromperla ma gradirei sapere che cosa sono in realtà gli occhi di cui stiamo parlando.” Yukio aprì bocca azzittendolo, “Ecco…” l’uomo si schiarì la voce abbassando lo sguardo, “La setta del serpente ha protetto per quasi centocinquant’anni dei segreti molto importanti.” Cominciò a raccontare con voce estremamente roca, “Anche noi dirigenti non siamo a conoscenza di cosa si tratti. E i semplici adepti non ne conoscono nemmeno l’esistenza. A sapere e proteggere questi segreti, è solo ed esclusivamente il venerabile Tatsuma Suguro, capo ereditario della setta.”. Gli esorcisti lo ascoltavano in silenzio, chi più chi meno sudando freddo. Lilith e Lamia si accorsero che il discorso stava prendendo una piega a loro ben conosciuta così non poterono che ascoltare stando in disparte. “Infine, secondo quanto tramandato nella setta, nell’istante in cui i due occhi venissero riuniti… Si sprigionerebbe un miasma di natura completamente nuova e ancora più devastante dell’originale.” Ci fu un momento di panico puro negli occhi di tutti. Yukio trattenne un singulto cercando di restare composto. “Non può essere… Sprigionare un miasma nuovo e devastante…” Shura era incredula. “Che sia di natura nuova è davvero un problema. L’ordine potrebbe non essere in grado di contrastarla.” Disse una seconda donna esorcista, “A ogni modo dobbiamo trovare al più presto Todo e Mamushi Hojo.” Intervenne un uomo dalla carnagione scura. “Stiamo pensando a dove potrebbero essere…” saltò su Yaozo massaggiandosi il mento pensieroso, “Ma sembrano svaniti nel nulla.”. “A questo punto dobbiamo prepararci al peggio. Avvertiamo tutti i Doctor e i vari dipartimenti Devono tenersi tutti pronti.” Ribatté l’uomo di colore. Yukio si era appoggiato alla parete assorto nei suoi pensieri. “Vogliono sprigionare un nuovo miasma?” ragionò con la sua mente da calcolatore tra sé e sé, “Che senso ha aspettare? Avrebbero potuto farlo subito e invece… Che stiano cercando il luogo adatto? No… Il loro obiettivo potrebbe essere altro.” Il suo sguardo si accese di dubbio. Lamia sbirciava in sua direzione da dietro il muro dal capo opposto del salone. Assottigliò lo sguardo studiandolo attentamente.
Nel frattempo le ragazze del corso si erano radunate in cucina a fare le pulizie dopo la cena. Ryuji entrò come una furia accompagnato da Shima e Koneko “Signora! Bon si è fatto male, serve del ghiaccio!” strillò il primo scostando la tenda con un braccio. Suguro Aveva una guancia gonfia e arrossata. Le botte di Rin avevano lasciato il segno.
“Ryuji, che è successo?” chiese Izumo stupita, dopo avergli fornito il medicamento. Si erano tutti fermati attorno a lui dalla curiosità. “Hanno rubato l’occhio destro dalla succursale.” “Non può essere, davvero!?” “Okumura è stato imprigionato.” Il ragazzo fissò il vuoto cercando di ricordare il trauma. “Che!?” stentavano tutti a crederci, “ha scatenato le sue fiamme blu e quelli della succursale lo hanno visto.” “E cosa gli succederà?” chiese timidamente Koneko, “Non lo so.”.
Nelle profondità dei sotterranei della succursale, Rin stava marcendo in una delle celle delle prigioni. L’umidità gocciolava dal soffitto e l’odore era tremendo. “Ti sei calmato?” Shura comparve davanti alle sbarre del suo cubicolo. “Shura…” il ragazzo strisciò vicino a lei sul pavimento lercio. “Fisicamente stai bene?” la donna s’inginocchiò per guardarlo in faccia, “Fisicamente sì ma sono senza forze…” “Allora riesci a leggere questa?” Shura gli porse una lettera e lui l’afferrò sgarbatamente, “Il padre di Suguro mi ha chiesto di dartela.” “Non… so leggerla.” Rin guardò attonito il foglio dispiegato pieno di caratteri in corsivo. “Quanto sei scemo, dammi qua.” La donna gliela strappò di mano con impeto. “Mh…” strabuzzò gli occhi di fronte all’evidenza. “Non ci riesco… nemmeno io.” Spalancò la bocca incredula.
“Lamia, grazie per avermi accompagnata.” Lilith guardava l’orizzonte tenendo le ginocchia al petto. Erano sedute sul tetto della succursale avvolte nel buio della notte. “Non appena occhialetti avrà finito di stare coi suoi amichetti ti dovrò lasciare.” “Lamia, non ti allontanare troppo. Potrebbe scoppiare da un momento all’altro.” “Ricevuto.” La sorella si alzò in piedi. “I miei sensi di ragno mi dicono che Yukio sta uscendo…” “Attenta, Spiderman…” “Ma che brava, per una volta hai azzeccato la citazione!” Lamia si lanciò giù dal tetto con una capriola. “A dopo!” la sua voce echeggiò nel silenzio. “Ti aspetto qui…” rispose amareggiata Lilith. Le montagne scure in lontananza avevano improvvisamente un aspetto minaccioso e cupo. Il cielo di Kyoto si stava annuvolando. Lamia era entrata da una delle finestre e camminava rapida verso la sala dove aveva lasciato il suo compagno. Yukio intanto aveva ricevuto una telefonata da Shura ed era uscito un attimo all’aperto per ricevere più segnale. “Santo cielo…” sospirò riagganciando. “Hey, professorino.” Gli sussurrò Lamia all’orecchio sbucandogli alle spalle. “Dannazione, Lamia!” strillò lui voltandosi di scatto. “Non è il momento per i tuoi scherzi. La situazione è critica.” “Shura che non sa leggere il corsivo è una situazione critica?” la donna incrociò le braccia beffarda. Aveva origliato la conversazione. Yukio fece una smorfia seguita da un lungo sospiro. “Certo che no. Mi riferivo ad altro…” “Il Re dell’impurità?” “Tutto quanto.” Scossò il capo asciugandosi una goccia di sudore. “Come stai?” “Stressato.” “Intendo fisicamente.” “Lamia, puoi capirlo anche da sola che non sono in vena di venir tartassato stasera.” “Io ho bisogno di nutrimento.” “Sei la donna più egoista che io abbia mai incontrato.” “Oh no, hai incontrato anche mia sorella mi pare.”. Il ragazzo la guardò di sbieco. Non c’era nessuno oltre loro e questo lo faceva stare più tranquillo. Anche se la presenza della succube non riusciva a non fargli nessun effetto. “Devo andare ora.” Yukio si allontanò a rapidi passi verso l’entrata. “Yukio!” Lamia lo chiamò piantando i piedi. “Sei impossibile.” Strinse i pugni dandole le spalle arrestando il passo. “Quello che sto per dirti non è una scusa. Se ti dico che ho bisogno di cibo non è per capriccio.” “Sentiamo.” Si voltò seccato, “Stanotte è molto probabile che una delle più potenti creature dell’impurità venga risvegliata.” “Appunto per questo devo andare.” “Fermo lì!” la voce di Lamia divenne per un istante spaventosa. Yukio cominciò a sudare freddo sentendo il sangue ribollirgli nelle vene. Deglutendo tornò a darle ascolto. “Questo genere di essere inghiotte ogni cosa al suo passaggio ed è imparentato con Astaroth, uno dei Re di Gehenna.” Yukio non disse una parola. “Perché mi guardi in quel modo? Non eri curioso di saperne di più?” “Arriva al punto.” Disse guardando l’orologio. “Bene. Se per qualche motivo quella cosa dovesse entrare in contatto con me o mia sorella… le conseguenze saranno estremamente gravi.” “Per voi.” Il tono di Yukio era estremamente freddo e distaccato. “Per tutti. Perché se succedesse ciò che ho appena detto scatenerebbe una serie di reazioni a catena che porterebbero in superficie un’altra creatura di gran lunga più potente.” “E chi sarebbe?” “Mia madre.”.
Lilith si era sdraiata per il lungo a guardare le poche stelle che s’intravedevano in mezzo alla coltre di nubi. Quel loro scorrere e avvilupparsi in giochi armoniosi la stava tranquillizzando. Il cielo la calmava. Era uno dei motivi per cui amava Assiah. A Gehenna poteva scordarselo. Aveva perso la cognizione del tempo e non aveva idea da quanto sua sorella fosse scesa da Yukio. Una suoneria acuta spezzò il silenzio. D’istinto si mise una mano in tasca e con sorpresa ci trovò il telefono che aveva creduto di aver smarrito. Era sempre stato in quella tasca. Lo estrasse per rispondere a quell’improvvisa chiamata e senza nemmeno guardare il mittente si portò la cornetta all’orecchio. “Pronto, sono Lilith.” Disse in un sussurro. “Non urlare.” Rispose una voce maschile molto profonda. “Pronto!?” ma la persona dall’altro capo aveva riagganciato. “Che…Acciden…” “Buonasera, cara.” “MEPHISTO!” strillò Lilith trovandosi a faccia a faccia col muso del demone comparso dal nulla. “Shh… Ti avevo avvertito.” Le tappò la bocca con un dito. "Adoro sentirti gridare il mio nome, ma non siamo nel contesto adatto…” Stiracchiò la schiena allontanando il volto da quello della ragazza rimasta attonita. “Sono qui in gran segreto.” Rieccolo davanti a lei come faceva di solito. Esattamente come se nulla fosse cambiato. “Cosa ci fai tu qui?” bisbigliò Lilith rimettendosi il telefono in tasca, “Sono giunto appena ho saputo…” allungò un braccio per aiutarla ad alzarsi. “Saputo cosa?” la ragazzina si mise in piedi di fronte a lui guardandolo negli occhi col naso all’insù per la vicinanza, “Che hanno trafugato anche il secondo occhio e il mio adorato fratellastro si è messo nei pasticci…” “Oh…Rin…” “Magari più tardi potrai descrivermi la scena…” “Come sai che ero presente?” “Oh, ormai dovresti aver intuito che io so molte cose.”. “Non sembri sapere nulla sul mio passato a Gehenna però…” “Ho detto che so molte cose, non tutte. Per alcune preferisco sentire i fatti dai diretti interessati…” si chinò su di lei per guardarla nelle fosche pupille sogghignando.
Yukio era rimasto in silenzio a guardare Lamia con un’espressione di marmo. “Spiegati meglio.” “Non posso. Meno ne sai e più sei al sicuro. Tutto quello che ti serve conoscere adesso è che se non sarò in forze fallirò nel compito di proteggere mia sorella”. “Ho capito.” Disse il ragazzo senza espressione. In silenzio frugò ai lati del cinturone dell’uniforme aprendo il marsupio. Estrasse un paio di fiale piene di liquido scuro. “Prendi.” Le Lanciò alla donna che le afferrò al volo esaminandole. “Sono le fiale del mio sangue che uso per le esercitazioni anti demone. Fattele bastare.” “Yukio…” “Lo so non è molto ma anche io ho un fratello da proteggere.” Detto questo se ne andò. La presenza di Lamia lo stava intaccando. Si era dovuto dileguare prima che la sua parte irrazionale prendesse di nuovo il sopravento. Andò a prendere l’ascensore per le prigioni e camminando per i corridoi bui e umidi delle catacombe giunse da Shura. La donna era rimasta con la lettera in mano. Vedendolo arrivare tirò un sospiro di sollievo. “Grazie a Dio, prendi e leggicela.” Gli lanciò il foglio in malo modo.
“Detto questo…” Mephisto tornò a drizzarsi sistemandosi il cilindro, “Ero solo di passaggio…Mi attendono in un certo luogo, sarà meglio che mi sbrighi ad andare…” “Mi lasci qui da sola?” Lilith mise il broncio e l’uomo guardò altrove premendo forte le labbra. “Non provocarmi.” La guardò sogghignando sparendo in una nuvola di fumo. “Aspetta…” tossì la ragazzina intossicata dai coriandoli. “Dannazione.” Si spazzò la bocca col cuore a mille. Lamia nel piazzale davanti alla sede della succursale aveva stappato e trangugiato la prima fiala. Frantumandola a terra avidamente passò alla seconda ma quando l’ebbe terminata era in frenesia alimentare. “Maledizione. Maledizione. Maledizione.” Si strinse la testa tra le mani. “Non sono sazia. Non posso tornare da Lilith in queste condizioni, non voglio farmi vedere in questo stato.”. Il digiuno l’aveva portata all’ingordigia. Quell’assaggio di sangue aveva aperto una diga esattamente come la volta precedente quando all’accademia non era più riuscita a fermarsi. Respirò affannosamente sparendo nella vegetazione con gli occhi iniettati di sangue.
“Incredibile, quindi nella spada Kurikara di Rin era racchiuso Karura, il demone del fuoco capace di debellare il marciume!” Shura spalancò la bocca. La lettera conteneva un lungo excursus sul passato di quella spada e la prima volta che Shiro Fujimoto vi entrò in contatto. Il tutto incorniciato dalla vita del padre di Suguro. Quella spada era in origine della loro famiglia. “Continua a leggere, sbrigati!” Shura cambiò espressione percependo il tempo agli sgoccioli.
Da qualche parte nella foresta in mezzo alle montagne, Mamushi e Todo stavano correndo verso le rovine di un tempio. “La cappella del male soggiogato è di qua.” Fece strada la donna spalancando il vecchio portone scricchiolante. “Cosa!?” sgranò gli occhi trovandovi un fuoco sacro acceso sul fondo. Quel luogo era in rovina da tempo. C’era qualcuno. Todo non ci dette peso e scovando una leva segreta aprì un passaggio segreto nel muro. Mamushi lo seguì meravigliata e approdarono in una sala in cui una massa informe scura e purulenta era legata al soffitto da corse e catene su cui numerosi sigilli erano apposti. Sotto di questa un fuoco ardeva perpetuo. “È il re dell’impurità.” Disse il vecchio voltandosi verso la ragazza. “Ora consegnami l’altro occhio così che possa risvegliarlo.”.
“Rin, questa lettera è indirizzata a te, tu che vuoi fare?” Shura prese il foglio di mano a Yukio non appena ebbe finito di leggere. “Io voglio aiutarlo. Voglio aiutare il padre di Ryuji a sconfiggere l’impurità.” “Rin, non è una cosa da poco, te ne rendi conto!?” per poco a Yukio non caddero gli occhiali. Shura sorridendo decisa estrasse la Katana di Rin dal petto tirandola fuori dal tatuaggio in cui se l’era sigillata. “Prendi.” La porse al ragazzo attraverso le sbarre. Sbigottito, Rin accettò indietro la sua arma. “Sguainala.” “Va bene…” rispose lui provandoci ma sembrava bloccata. Il fratello li guardava senza parole. “Vuoi che faccia io?” lo stuzzicò la donna, “No. Ce la posso fare.” E riprovò fallendo ancora. “Sai perché non riesci ad aprirla? Hai paura.” “Rin, ridalle la spada.” “Oh oh oh, eccovi!” una voce fuori dal coro provenne da una cella lì accanto. Un cagnolino bianco fece la sua comparsa e in un battito di ciglia Mephisto Pheles fece la sua apparizione ad effetto sprizzando stelline da tutti i pori. “Mephisto! Cosa sei venuto a fare!?” Shura non lo salutò nemmeno stando sulla difensiva. “Sono venuto a sollevarvi dalle vostre afflizioni…” rispose lui un po’ scocciato da quell’atteggiamento, “Eins, Zwei, Drei!” puntando l’ombrello contro una delle celle fece comparire una prigione arzigogolata presentandola come il carcere più sicuro del mondo. Con uno schiocco di dita, le inferiate si spalancarono lasciando libera la strada ad un braccio robotico che uscendo a tutta velocità agguantò Rin sbattendolo dentro quella cosa assurda. “Mi hanno appena contattato dal vaticano.” Parlò tranquillo Mephisto, “Dopo che hai pronunziato la formula d’immobilizzazione, la commissione d’inchiesta sotto l’autorità dei Grigori ha votato per la maggioranza sentenziando che Rin Okumura deve essere giustiziato.” Fece l’occhiolino a Shura. “Aspetta un attimo… Non…” la donna era in preda al panico. “Come mai tutta questa fretta? È vero quello che dici?” “Ti pare che l’esimio qui presente potrebbe scherzare in un momento d’emergenza come questo?”, Yukio s’irrigidì bandendo ogni emozione dal suo corpo. “Yukio… Stai bene?” nessuna risposta. “Piuttosto… Direi che ora la priorità è diventata fermare il Re dell’Impurità.” Mephisto prese in mano la spada di Rin esaminandola con cura. Arricciando il naso si lasciò sfuggire uno starnuto, “Che cafone, perdonatemi… Puoi tenermi un attimo questa?” mollò la spada in mano a Shura prendendo un fazzoletto da naso. “Ma… ma come fai a sapere pure di questo!?” biascicò lei incredula, “Se sai così tante cose allora dacci una mano!” s’infuriò, “Il sottoscritto? Inaccettabile. Non tollero le cose sporche, sono allergico. Sapeste come mi cola il naso…” “Prego!?” “Ora che il Re dell’impurità si è destato comincerà a crescere sempre di più…”.
Una specie il esplosione del folto delle colline lontane catturò l’attenzione di Lilith rimasta sul tetto in attesa. Ciò che vide era fuori dalla sua portata. Una colonna di bubboni e schifezza purulenta di sollevò verso il cielo espandendosi a vista d’occhio. La ragazza sgranò gli occhi all’inverosimile davanti a quello spettacolo. Era completamente sola e disarmata e Lamia era di nuovo sparita.
“…E quanto sarà giunto a completa maturazione, Kyoto si trasformerà in una città di morte.” Mephisto guardò fisso davanti a se.
“Quello… Quello è il Re dell’impurità.” Lilith rimase in piedi con le ginocchia che le tremavano davanti all’avverarsi dei suoi incubi. 

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Capitolo 23
*** Capitolo XXIII ***


CAP 23

Nelle catacombe i muri vibravano. Il gigantesco bestione dell’impurità si era risvegliato e a poco a poco stava prendendo la sua vera forma. Nonostante non fosse ancora del tutto maturo, in tutta Kyoto le persone stavano già cominciando a risentire della sua presenza. “Vi servirà tutto l’aiuto possibile per contrastare quel demone, vero?” Mephisto fece comparire dal nulla delle tuniche mollandole in braccio a Shura, “Spero che in qualche modo vi tornino utili.” Ammiccò schioccando una seconda volta le dita, “Vi auguro buona fortuna miei cari!” disse poi scomparendo in una nuvola di coriandoli e fumo. Shura era rimasta attonita, boccheggiava presa in contropiede senza neppure aver avuto modo di dire beo. Yukio al contrario non si mosse di una virgola. “Che cosa dovrei farci con… Oh…” la donna abbassò lo sguardo riconoscendo la natura di quelle vesti. Erano tuniche un po’ particolari, tuniche magiche. “Andiamo a dare una mano.” Disse l’altro senza entusiasmo come nulla fosse, “Credo che avranno anche bisogno di me per eliminare il Re dell’Impurità.” girò i tacchi freddamente ignorando Shura. “Yukio?” la donna lo guardò turbata prendere la via del campo di battaglia.
Lilith non sapeva assolutamente cosa fare. Ferma su quel tetto secolare non sapeva se saltare giù e andare a cercare lamia o mettersi ad urlare. La bocca le si era seccata di fronte a quella vista orrenda. Ora l’ammasso di putridume aveva raggiunto dimensioni colossali. A poco a poco stava prendendo una forma sempre più definita. Ma era ancora ben lontano dal fermarsi. “Lamia!!” gridò a pieni polmoni. La sua voce suonò rotta echeggiando nel silenzio. Si sporse fino all’ultima tegola per guardare di sotto ma della sorella nessuna traccia. Dentro di lei pregava affinché non fosse finita inghiottita per un motivo o per l’altro dentro quell’ammasso puzzolente. Era una cosa impossibile… Ma se avesse seguito Yukio? Di certo ora avevano radunato tutti per combattere la minaccia. Lamia non sarebbe però stata così stupida da unirsi alle file pur di stare con quel ragazzo. O…si? Si prese la testa tra le mani cercando di non impazzire. Un improvviso scoppio al suo fianco la fece sobbalzare. Alzando il naso di scatto una coltre candida le accarezzò le guance. I guanti di Mephisto comparvero dalla nube seguiti dall’uomo “Ti sono mancato?” le ammiccò. “Mephisto…” mormorò sollevata la ragazza indietreggiando di un passo, “La situazione parrebbe essere precipitata…Non credi?” “Lamia… Non è tornata. È precipitata eccome.” Lilith aggrottò le sopracciglia trattenendo il tremore alle ginocchia. “Per caso… Sai se è con Yukio?” chiese speranzosa, “Non mi pare… L’ho appena incontrato e di tua sorella nemmeno il tanfo, senza offesa.” Starnutì per l’ennesima volta “Oh, pardon.” chiese venia con un rapido gesto facendo comparire un fazzolettino a pois, “Oh no…No… Non doveva succedere. Dobbiamo trovarla.” Riprese a tremare la piccola. “Ho capito.” Mephisto si fece estremamente serio disfandosi della pezzuola. “Parola d’onore, la troverò per te.” Posandosi una mano sul cuore fece un inchino galante. Lei lo guardò sorpresa con un velo d’imbarazzo. “Però non posso assolutamente permettermi di lasciarti qui.” Disse poi con una strana luce negli occhi. Infine prima che potesse ribellarsi, la sollevò in braccio con presa salda sparendo di nuovo ma insieme.
“È appena arrivato un ordine di adunata dalla succursale!” gli esorcisti alla locanda erano in allarme. “Tutti quelli che riescono a reggersi in piedi vadano là!” uno dei responsabili portò la comunicazione nelle varie stanze. I ragazzi del corso sentirono all’improvviso la confusione nei corridoi e uscirono allo scoperto per capire che stesse succedendo. “È vero che hanno preso Mamushi?” “Sì, Juzo la sta riportando indietro!” Suguro origliò per caso la conversazione tra due suoi colleghi e mollando il ghiaccio corse all’ingresso come una furia.  Juzo era appena arrivato sulla soglia della locanda con la traditrice in braccio. L’occhio destro della ragazza era chiuso e sanguinava copioso. Dopo essersi estratta l’occhio impuro era rimasta ferita gravemente. Tutti i presenti si erano radunati intorno a loro. “Juzo! Stai bene!?” Yaozo accorse con le sue sole forze in preda all’adrenalina, “Padre…” “Ascoltate… Io vi ho traditi però voglio che mi stiate a sentire.” La donna si alzò a fatica in piedi aiutata dal ragazzo e tossì inalando le spore emanate dalle numerose pustole sul suo corpo, “Poco fa io e Saburota Todo abbiamo risvegliato il Re dell’Impurità. E il venerabile Tatsuma Suguro è rimasto lassù da solo ad affrontarlo…” perse l’equilibrio piangendo, “Ha cercato di fermarci ma… Vi prego andate ad aiutarlo. Salvate il venerabile.” Scoppiò a piangere disperata. Era pentita di ciò che aveva fatto. Ryuji assistendo alla scena, superò gli altri esorcisti mentre Yaozo intervenne per frenare le proteste che si stavano levando contro Mamushi. “Andate a combattere il Re dell’Impurità!” ordinò con voce tuonante il direttore. “Suguro…” mormorò la ragazza vedendoselo davanti, “Ti prego… Salva tuo padre.” Mugolò disperata.
“Ah! Ma come..!?” Lilith si trovò seduta su un divanetto fluttuante accanto a Mephisto. “Shh… Calma… E rilassati. Goditi il panorama, mia cara.” Lui, stravaccato su quel triclinio guardava al di sotto col gomito piegato sul bracciolo e le nocche piantate sotto al mento. Stavano fluttuando nella notte di Kyoto al di sopra del Re dell’impurità. Il demone aveva quasi raggiunto lo stadio finale. Cominciava a somigliare sempre di più ad un palazzo. Avevano una vista perfetta su tutto il campo. La ragazza guardò con terrore il miasma invadere la foresta. “Non vedo Lamia…” disse turbata. “Non ti crucciare… Arriverà…” “Come lo sai?” ma lui non rispose accarezzandole il mento con l’altra mano, “Se hai freddo stringiti a me.” Notò il suo tremore cambiando argomento. La ragazza lo guardò incerta. “Non ho freddo.” “Oh, non dirmi che hai timore? Non mordo mica, sai?” sogghignò ritirando il braccio, “Io invece sì...” Gli rispose Lilith guardandolo negli occhi, “Ohoh, sei assolutamente adorabile.” Mephisto ricambiò lo sguardo, compiaciuto. “Devo confessarti che la situazione rimembra meco della precedente scampagnata nelle selve. Più di preciso di quando mi avresti condannato.” La stuzzicò giocando con una ciocca dei suoi capelli. La ragazza non rispose fissandolo in silenzio. “Sono così lieto di riuscire di nuovo a starti così vicino senza perdere il senno. Ho aspettato questo momento per un’infinità di giorni.” Parlava di quelle due settimane scarse come se fossero state secoli. E forse per lui lo erano state per davvero. Dopotutto, il tempo è relativo.
Nel folto della foresta buia e contaminata un respiro affannato si faceva strada tra i fitti arbusti. Artigli possenti scalfirono la corteccia di un albero sul loro cammino rimanendovi impigliati. Lamia senza più controllo di se stessa si appoggiò a quel tronco respirando affannosamente. I lunghi canini sbucavano da quelle grosse labbra socchiuse. Le sue pupille si erano ridotte a due spilli e fissavano il terreno umido davanti a lei senza davvero guardare. Con l’ultimo briciolo di sanità che le rimaneva stava combattendo contro l’odore di umani che percepiva. L’istinto la stava portando verso il punto in cui ogni odore veniva neutralizzato. Cercava di allontanarsi da ogni forma di vita per non fare una strage. E questo suo andare contro agli istinti la stava portando verso l’autodistruzione. La sua parte demoniaca stava uscendo in protesta. Ignara di quale fosse realmente la meta, avanzava sempre di più verso il cuore dell’impurità.
“Bon… Non possiamo fare niente… Andiamo a riposare come ha detto Juzo.” Shima alzò le spalle alla proposta di andare a combattere. Lui, Suguro, Koneko e le ragazze si erano appartati dalla confusione per discutere. “E Rin? Dov’è?” chiese timorosa Shiemi, “Ah! Mancano anche Lamia e Lilith!” “Saranno sicuramente qui da qualche parte, avete visto che confusione!?” “Eccovi qui!” D’un tratto Shura corse loro in contro portando le tuniche appresso, “Professoressa Kirigakure…” Izumo si voltò verso di lei, “Che sta succedendo?” si fece avanti Koneko, “Visto che Rin ha usato le sue fiamme blu… Poco fa è stata sentenziata la sua esecuzione.” Annunciò la donna fermandosi di colpo. I ragazzi la fissarono sconvolti. “E la cosa peggiore è che essendo una scelta del vaticano, non cambieranno idea.” Silenzio. Avevano tutti perso la facoltà di parola dallo shock. “Suguro, questa tienila tu!” Shura porse la Katana di Rin al ragazzo assieme alla lettera del padre, “E prendi anche questa. L’ha scritta il venerabile indirizzandola a Rin. Dice che per sconfiggere l’Impurità sono necessari i suoi poteri.”, Ryuji prese gli oggetti fissandoli in silenzio. “Rin ci vuole aiutare.” La donna cominciò a bisbigliare. Shiemi si portò una mano alla bocca sconvolta. Shura aveva catturato i loro sguardi e la tensione si tagliava con la lama di un coltello. “Vi va di dargli una piccola mano ad evadere?” porse loro le tuniche con un mezzo sorrisetto.
In quello stesso istante, Yukio era sul campo di battaglia assieme a decine di altri. Aveva sfoderato la sua pistola e a capo chino seguiva gli spostamenti della squadriglia verso una radura del bosco abbastanza distante dal monte su cui era risorto il Re. “Fermiamoci qui!” disse uno dei capigruppo e i facchini depositarono gli approvvigionamenti ai lati dello spiazzo. L’erba alta gli arrivava alle ginocchia. Yukio si accovacciò respirando a brevi boccate irregolari. La pistola gli tremava tra le mani e non era solo per paura. Non era davvero spaventato dalla minaccia dell’impurità, nonostante l’aria stesse diventando irrespirabile. Pensava a Rin. Forse non lo avrebbe mai più rivisto. Era quasi sicuro. Poi pensava a Lamia. Quello era un chiodo fisso, costante e ossessionante. Le sensazioni assopite dal bacio stavano tornando a farsi strada nel suo essere.  Lievissime ma continue come un solletico quasi impercettibile alla bocca del palato. Impossibile da lenire. Impossibile da fermare. Estrasse dalla cintura una fiala di vaccino anti miasma e per distrarsi de la iniettò a sangue freddo nell’incavo del gomito preparandosi alla guerra.
 
“Ahh! Che roba è quella!?” strillò Shima vedendo che razza di ammasso sudicio stava diventando il Re dell’impurità. La squadra era tornata dalle catacombe vincitrice. Erano riusciti a liberare Rin e il loro legame era più forte di prima. Nessuno ormai dubitava più di lui. Le sue fiamme erano a disposizione degli alleati. “Come si fa a sconfiggere una cosa così grande? È la fine del mondo…” Renzou era disperato. Nonostante l’ansia e la paura erano tutti assieme pronti alla battaglia. Suguro guidava il gruppo alla ricerca del padre nella foresta. “Sembra un castello inespugnabile.” Mormorò inorridito. Shura li aveva lasciati per raggiungere Yukio sul fronte. Avendo più di una specializzazione era molto desiderata. “Capitano Kirigakure!” la chiamò uno degli esorcisti, “Arrivo!” la donna gli andò in contro salutando Yukio con un cenno. Non gli aveva detto nulla del fratello vedendolo già abbastanza teso. Il ragazzo la guardò andare verso la recluta con la coda dell’occhio, poi tornò a concentrarsi su se stesso. “Allora… Come pensate di procedere?” Shura avanzò verso un manipolo di Tamer intenti a preparare un grosso cerco per l’evocazione. In mezzo a loro vi era anche il padre di Shima a dirigere i lavori. “Evocheremo lo Uchishumaa, il Vajra anti-impurità.” L’uomo fece un passo avanti illustrandole il piano, “Per farlo servono più di dieci Tamer di categoria superiore. Vorremmo anche la sua collaborazione.” “Certo. D’altra parte i demoni del marciume sono vulnerabili alle fiamme.”. Mentre i Tamer evocavano il Vajra e un vero e proprio esercito di demoni di fuoco, Yukio si era alzato per sgranchirsi le gambe. Facendo un paio di passi verso il limite della radura calpestò qualcosa di duro che scricchiolò. Abbassando lo sguardo rapido sollevò la scarpa sgranando gli occhi. Sotto la sua suola si erano incrinati gli occhiali di Lamia.
“Lilith, Lilith… Oh cara Lilith…” Mephisto non smetteva di giocare coi capelli della ragazza percorrendo con le lunghe dita affusolate uno dei suoi boccoli biondi. “Non dovevi aiutarmi a trovare Lamia?” domandò la ragazza infossando la testa nelle spalle schiva, “Oh.” L’uomo mollò la ciocca sbattendo le palpebre. “Chiedo venia. Sei talmente bella che per un attimo ho dimenticato persino dove ci troviamo.” Sogghignò inclinando la testa all’indietro per sbirciare il Miasma sottostante. “Guarda guarda… Ho dovuto attendere parecchio ma finalmente ecco il palcoscenico ed ecco gli attori… Spero proprio che questa battaglia si riveli all’altezza delle mie aspettative.” “Che significa?” Lilith si sistemò meglio sul divanetto drizzandosi contro lo schienale, “Avvicinati, e lasciati intrattenere dallo spettacolo. Qui con me sei assolutamente al sicuro e nulla ti vieta di trarne diletto.” “Non dimenticarti di mia sorella.” la ragazza lo guardò storto e Mephisto le afferrò una mano sporgendosi in avanti, “Sono un uomo di parola, mia cara. Non dimenticarlo mai.” Le baciò il dorso malizioso.
“Papà!” Suguro vide il venerabile Tatsuya collassato a terra in un bagno di sangue e corse immediatamente da lui. Gli altri ragazzi lo seguirono trafelati arrivando giusto in tempo per poterlo trarre in salvo. Il vecchio era ancora vivo e aveva persino la forza di parlare. “Ryuji…” Sorrise al figlio trovandoselo davanti come in un sogno e collaborò per farsi alzare a sedere nonostante i colpi di tosse. “Bambini, cosa ci fate qui? Andate via!” tossì nuovamente resosi conto di quante persone erano giunte in suo soccorso. Una fiamma si sollevò all’improvviso dal suo corpo e comparve un demone dall’aspetto di una fenice. “Ma cosa!?” Suguro indietreggiò facendosi scudo con le braccia. “Il mio nome è Karura e sono al servizio del venerabile della setta del serpente.” Disse la creatura con una voce celestiale. “Karura!” mormorò Rin. Il demone fluttuava al fianco del venerabile inerme “Karura? Mio padre ha un demone Servitore?” Ryuji era ipnotizzato da quella fiamma parlante. “Servo i venerabili della setta del Serpente da generazioni. Visto che però ora i segreti sono stati corrotti, sono legato a Tatsuya Suguro con un contratto uomo-demone come tutti gli altri.” Karura studiò il ragazzo, “Percepisco in te il sangue che cerco… Non ti andrebbe di fare un patto con me?” “Ryuji, non farlo! Ho giurato a me stesso che avrei posto fine a questa storia terminando la maledizione con me.” Il venerabile scattò in avanti col busto gocciando sangue per la foga, “Karura, lui è solo un ragazzo… Lascialo stare.” “Padre…” mormorò Ryuji stringendo i pugni, “Non sono più un bambino. E se nella lettera hai scritto il vero, allora questa creatura ci può aiutare.”. Il vecchio sgranò gli occhi guardando prima lui e poi Rin, il quale si avvicinò all’uomo deglutendo per la tensione. “Rin! Hai letto la mia lettera?”, il ragazzo annuì. “L’ho letta tutta anche io.” Disse Suguro torvo in volto, “Quindi voglio che ora tu ci racconti ogni cosa, senza nasconderci nulla.” “E va bene…” si arrese il venerabile. “Vi dirò come sconfiggere il Re dell’impurità.”.
Yukio raccolse gli occhiali di Lamia con le mani che gli tremavano sempre più forte. Una delle lenti era scheggiata e l’asticella calpestata si era scardinata e penzolava malamente dalla montatura. Quel rosso vivo brillava alla luce dei fuochi evocati dai Tamer. Guardandosi alle spalle strinse forte quell’accessorio inconfondibile e concentrandosi sulla vegetazione davanti a se scattò a grandi passi verso il folto della foresta. Lamia doveva essere nei paraggi. Che ci faceva lì? Sempre più lontano dal campo fu assalito da mille dubbi e un po’ si sentì in colpa per come l’aveva trattata. Il suo buon senso però non gli dette corda. Quella donna lo aveva soggiogato e ora quel rimorso non era altro che un’illusione. Eppure non riusciva a non sentirsi a disagio. Non riusciva a pensare sul serio che lei potesse trovarsi nei paraggi per tendergli una trappola e succhiargli altro sangue. Doveva esserle successo qualcosa e forse era anche stata colpa della sua sconsideratezza nel darle quelle fiale. Con la coda dell’occhio catturò un bagliore rossastro nel folto delle fronde. Col cuore in gola vi corse in contro sperando di trovarla ma non appena sbucò fuori dal groviglio vide un ragazzo con addosso gli abiti di Todo.  Era avvolto da fiamme cremisi e respirava affannosamente. Sentendo la sua presenza, il tale si voltò ansimando e vedendolo in volto, Yukio sussultò. Quello era davvero Todo. Molto ringiovanito ma era lui. “Hey...” Gli disse il ragazzino con un ghigno beffardo rizzando la schiena, “Ci sei vero? Sei proprio lì…Lo so…” ridacchiò studiando le fitte foglie che facevano da nascondiglio a Yukio, “Vieni fuori, Yukio Okumura.”.
Rin e Suguro sfrecciavano attraverso la foresta a velocità della luce. Ryuji aveva stretto un patto con Karura e assieme al compagno stavano raggiungendo il cuore del Re dell’Impurità. Dovevano fare in fretta prima che il baccello esplodesse liberando la sua forma ultima. “Rin!” gridò a pieni polmoni sovrastando il rumore che facevano le foglie sbattendogli addosso, “Il tempo è agli sgoccioli!” “Lo vedo!” rispose il ragazzo. Erano ormai ai piedi del monte inglobato dall’essere immondo. Il puzzo era insopportabile e gli abiti dei ragazzi stavano già cominciando ad ospitare le prime spore purulente. Le tuniche di Mephisto li proteggevano a malapena. Le parole del padre rimbombarono nella testa di Ryuji. Ripeteva tra se e se la formula per debellare l’impurità e sentiva lo spirito di Karura forte in lui. Pregava affinché al suo ritorno ritrovasse il vecchio ancora in vita. Era letteralmente in mano di Izumo e Shiemi. Per quanto riguarda Shima e Koneko, avevano preso una strada differente cercando di fermare l’avanzata del miasma. Stavano cercando le compagne mancanti all’appello ma non riuscivano a vederle da nessuna parte. “Shima, Non le vedo!” “Già…” rispose il ragazzo con la faccia di chi sembrava volesse fuggire lontano. “È stato molto eroico da parte tua proporti per andare a cercarle…” commentò l’altro un po’ sorpreso per il gesto, “Ma magari sono assieme ad altri…” provò ad ipotizzare, “Sarà meglio trovarle.” Rispose secco Shima, “Sì…” l’amico lo guardò esitando e notò una strana forma di accanimento nella ricerca. “Andiamo di qua!” Koneko scostò una frasca trovandosi di fronte un tentacolo viscido e pieno di pustole. “Oh mio dio!!” strillò in preda al panico.
“Lilith, orsù adesso smettila di tremare.” Mephisto alzò un sopracciglio inclinando la testa di lato, “Sta filando tutto da programma.” Ammiccò. “Non posso non essere preoccupata.” Rispose la ragazza con un filo di voce, “Non puoi capire.” “Mh..? Ti preoccupa davvero così tanto il fatto che il Re dell’impurità sia uno dei quattro cagnolini del Re del Marciume?” si avvicinò alla ragazza guadagnando terreno. Lilith distolse lo sguardo mordendosi un labbro. “Non pensi che sia ora di dirmelo?”, ma lei continuò col suo mutismo. Mephisto sospirò tornando a sdraiarsi guardando altrove. “Se te lo dicessi, non mi guarderesti più in faccia.” “Come?” la curiosità dell’uomo fu di nuovo destata, “Mi fido di Lamia, non toccherà le spore. E qui in fondo mi sento al sicuro ma…” deglutì sommessamente cambiando rapida argomento, “Ho paura che se dovesse germogliare avrà occhi per vedere e orecchie per sentire.” “Ti sbagli… Non è dotato d’intelligenza ma i danni che è in grado di infliggere ad Assiah sono pari alle grandi catastrofi naturali.” Le rispose Mephisto svogliato, “Qualsiasi cosa tu mi stia nascondendo riguardo ad Astaroth non rischia di salire in superficie. Anche se…” ci pensò un po’, “Effettivamente non avrà occhi e orecchie ma il tatto gli resta…” si grattò il mento sbarrando gli occhi fissando un punto vuoto. Gli sfuggì un altro starnuto e asciugandosi il naso col fazzolettino se lo massaggiò per bene, “Credo di avere fatto male i miei calcoli.” Guardò Lilith con un mezzo sorriso e un briciolo di angoscia negli occhi.
Yukio spiava Todo da dietro i cespugli. Sudava in preda all’ansia e stava perdendo il sangue freddo. Quello che aveva davanti era un ibrido di cui non conosceva niente. D’un tratto alle sue spalle nacque dal nulla un incendio che lo obbligò ad avanzare. “Eccoti, finalmente!” la risata di Todo lo accolse quando uscì allo scoperto. Non appena uscì dal nascondiglio, Yukio sollevò la pistola carica pronto a sparare un colpo. Tremava nonostante la determinazione. “Sono contento che tu abbia deciso di combattere a volto scoperto…” sorrise il demone col viso di un ragazzino angelico. “Sei davvero Saburota Todo? Cosa ti è successo…?” “Ah… Capisco la tua perplessità… Ma sono sempre io, sì. Semplicemente il demone da cui traevo prima la forza era diventato troppo vecchio così ho deciso di cambiarlo.” “Ma… È cosa possibile?” sibilò Yukio sconvolto. “Ovviamente. L’ho fatto per diventare più forte.” “Chi sei in realtà? Parla!” il ragazzo gli puntò contro la pistola con ancora più prepotenza. “Piuttosto… Perché non giochiamo un po’ assieme? Ho voglia di testare questa nuova forma. Poi potremmo fare due chiacchiere.” Alzando un braccio, Todo scatenò un turbine infuocato, “Per esempio…” continuò a parlare tranquillo mentre Yukio si buttava a terra per evitare il colpo rotolando al riparo, “Come sta tuo fratello?”. Quella domanda lo colpì dritto allo stomaco e un’esplosione lo investì in pieno.
Ryuji aveva raggiunto il punto prestabilito per pronunciare la formula della salvezza. Rin lo aveva accompagnato fino al cuore del castello impuro. Il baccello alla sua estremità era quasi maturato. “Rin! Cerca di coprirmi le spalle!” gridò il ragazzo inginocchiandosi tra le spore. Quel luogo era all’interno di un labirinto tossico e i miasmi si creavano rapidi come grandi lingue di pustole purulente. “Suguro, coraggio!” rispose il compagno abbattendo una delle lingue con La spada nel fodero. “Vinceremo!”. Ryuji senza perdere tempo, cominciò a pronunciare il sutra a gran voce posizionando le mani in modo impeccabile. Ad un tratto Karura uscì dal corpo del ragazzo volando in cielo come una saetta. La formula aveva funzionato. Attorno al Re dell’Impurità comparve un’enorme bolla di fuoco visibile a chilometri di distanza. Persino Shura nel bel mezzo del combattimento la notò. “Una barriera magica di un demone di fuoco d’alto livello…” osservò senza parole chiedendosi chi la fosse riuscito ad evocare.
“Eccoci giunti ad una svolta davvero interessante…” “Mephisto… Che sta succedendo davvero? Di che calcoli stai parlando?” “Oh, beh… Ma come siamo pretenziosi, dolcezza… Vuoi conoscere tutto ma non sveli niente.” La stuzzicò l’uomo accavallando le gambe sopra quelle della ragazza. “Permetti?” la guardò di sottecchi con un ghigno malizioso. Lilith fece una faccia assurda guardandolo ammutolita. “Sei proprio comoda…” sogghignò accomodandosi con le braccia dietro la testa. La ragazza analizzò ogni centimetro di Mephisto arrossendo. Da quel punto di vista sembrava un cuscino Moe. Arrossì violentemente. Prima che Lilith potesse dire beo, una gocciolina d’acqua la colpì sul naso. “Uh?” alzò la testa al cielo. Le nubi avevano un aspetto strano. Un’altra goccia scivolò leggera sul ginocchio di Mephisto e a poco a poco una dopo l’altra cominciarono a piovere con sempre più frequenza. “Piove.” Disse la ragazza col naso all’insù. “Detto, fatto.” L’uomo si sedette composto liberandola dalle sue gambe e senza ulteriore indugio evocò uno strano demone pipistrello come ombrello. Le sue grandi Ali viola li riparavano dall’acqua. Lilith si accoccolò accanto a Mephisto aggrappandosi alla sua giacca per non bagnarsi. “Hey…” mormorò lui abbassando lo sguardo su di lei. La ragazza sorrise lievemente tornando poi ad assumere un’espressione corrucciata e pensierosa distogliendo lo sguardo. Lui le cinse le spalle con un braccio sospirando. “Sotto questa pioggia così poetica mi è venuta voglia di dedicare una poesia a questi valorosi esorcisti…” accavallò le gambe galante, “Chi lotta contro i mostri… Deve stare attento a non diventare così facendo un mostro. Perché… Se scruterai a lungo dentro l’abisso, anche l’abisso scruterà dentro di te.” Recitò con voce profonda. “Nietzche.” Mormorò Lilith. “Vedo che hai buon gusto.” “Io ho sempre buon gusto.” Sorrise amaramente la ragazza, “Ho notato...” Mephisto sogghignò malinconico guardandola con la coda dell’occhio.
All’improvviso Lamia arrestò il passo. Aveva sentito un urlo. Era una voce conosciuta e le si accapponò la pelle. Voltandosi di scatto cambiò drasticamente direzione correndo verso la fonte del richiamo. La radura in cui si trovavano Yukio e Todo era completamente infuocata. I proiettili del ragazzo avevano fallito contro al demone che stava avendo la meglio. Il ragazzo era ormai stanco e la mente gli si stava annebbiando. Si sentiva intorpidito come quando nei sogni ti trovi imprigionato in un limbo. Aveva la stessa sensazione di fallimento di quando temeva di non fare abbastanza per essere un modello per Rin. E Todo non lo aiutava. Il dolore per l’attacco appena infertogli dal ragazzino lo aveva fatto urlare straziato. Respirava affannosamente con la pistola saldamente stretta in pugno e contro ogni aspettativa si rialzò in piedi strisciando. “Sei tenace…” commentò Todo giocando un altro po’ con le sue fiamme rosse, “Maledizione…” mormorò Yukio sistemandosi gli occhiali, “È troppo forte… Se continua così mi ucciderà.” Pensò tremando. “Devo escogitare qualcosa.”. “Hey, mi ascolti?” il demone si scagliò ancora contro di lui colpendolo con un pugno potentissimo.
Lo sentiva. Era vicino. Le foglie scorrevano indistinte ai lati della sua visuale. Lamia sfilava tra gli alberi come una furia. Le pupille erano dilatate, il respiro affannato, la sete aumentava e quell’urlo continuava ad echeggiarle in testa. La sua parte razionale era sopravvissuta quel tanto che bastava per guidarla verso Yukio. Non era il momento di cibarsi ma di difendere la sua fonte di cibo. Qualsiasi cosa la minacciava andava eliminata. Un secondo urlo strangolato non fece altro che farle accelerare ancora di più il passo.
Yukio era intrappolato in un circolo vizioso di pensieri negativi. Era tornato in piedi e per l’ennesima volta Todo stava tornando a scagliarsi contro di lui. Doveva pensare in fretta una soluzione. Era al limite. “Mi ucciderà.” Era tutto quello che riusciva a pensare mentre lo vedeva avvicinarsi indemoniato. “No.” Sgranò gli occhi “Fermo.” Sentì che cominciavano a bruciargli, “Ho detto fermati!” gridò a pieni polmoni e la vista gli divenne completamente blu. Todo a mezz’aria si accorse che qualcosa nel suo sguardo era mutato. Erano occhi di fiamme azzurre. A rallentatore socchiuse la bocca esaminando quelle pupille fiammeggianti e ne era così preso che non si accorse della furia che aveva superato le sue fiamme come se fossero state semplici luci di Natale. A fauci spalancate, Lamia gli saltò al collo un istante prima che Todo infliggesse il colpo di grazia a Yukio. Il demone gridò di dolore ma venne soffocato dalle mascelle della succube intente a massacrargli la giugulare. La donna bevve tutto il sangue che poteva e lentamente le tornò la vista. Respirava affannosamente come se non riuscisse a staccarsi e stesse soffocando per questo. Yukio caduto a terra la fissava attonito dietro quegli occhi terrificanti. Il cuore gli pulsava nelle tempie e il panico puro si era impossessato di lui. Era confuso. Non capiva più assolutamente niente di quello che stava succedendo. Vedeva blu e non capiva il motivo. Poi vide Lamia alzarsi ricoperta di Sangue con quegli artigli e quelle fauci. Lo guardava stando immobile nelle fiamme mentre Todo a terra aveva già cominciato a rigenerarsi.
“Oh. Come non detto.” Mephisto si accorse di qualcosa in lontananza. Lilith lo fissava attonita. Non stava più capendo nulla, “Siamo stati fortunati… I calcoli non erano errati. Alla fine gli attori hanno rispettato il copione.” Fece un sorrisetto beffardo, “Il momento più propizio è giunto, mia diletta.” La guardò sogghignando. “Vado e torno.” Rapido, le sfiorò una guancia con la punta del naso sparendo in una nuvola di fumo. Lilith rimasta sola su quel divanetto ascoltava lo scrociare della pioggia al riparo sotto quel demone bizzarro. “Lamia…” deglutì guardando l’orizzonte ripensando a lei.
La gioia però durò poco. Il marciume stava avendo la meglio e prima che la cupola evocata da Suguro potesse completarsi, l’enorme baccello sulla cima si schiuse. Da questo uscì un gigantesco mostro dall’aspetto di larva putrida che si parò davanti agli occhi di Lilith rimasta sola e inerme nel cielo. Un verso mostruoso si sollevò dall’affare echeggiando per tutta la valle. Quella creatura terrificante era il vero aspetto del Re dell’Impurità.

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Capitolo 24
*** Capitolo XXIV ***


CAP 24

“Lamia!” Yukio trovò il coraggio di gridare. Era sconvolto, incredulo e si rialzò a fatica tremando come un pulcino. La donna ebbe un sussulto, poi un altro e si rese conto che stava ridendo. Scoppiò in una risata fragorosa senza nemmeno pulirsi il sangue che le gocciolava dalle labbra sulla camicia strappata. Era sazia. “Yukio… Yukio… Yukio…” la sua voce suadente risuonò nel crepitio del fuoco, “Non hai i dea di che cosa tu abbia fatto…” si leccò gli artigli insanguinati. “Oh oh oh… E tu chi saresti?” la voce rotta di Todo provenne dai suoi piedi. La rapidità con cui il suo collo si era ricostruito era impressionante. “Lamia, spostati! Che stai facendo!?” strillò Yukio impugnando la sua arma col cuore in gola, ma Lamia non si muoveva. Rideva ancora con lo sguardo perso nel vuoto. “Chi sei tu, e che vuoi dal mio umano?” inclinando la testa guardò Todo ridendo come una squilibrata. “Lamia, spostati!” la intimò di nuovo Yukio svuotando il caricatore sul demone ancora a terra. “Il tuo umano, eh..? Yukio, non mi dire che hai la fidanzatina…”  Per nulla scalfito, Todo si sollevò dal suolo col corpo mezzo deformato dai colpi, già in via di rigenerazione. Yukio ricaricò l’arma terrorizzato. Lo vide stipare le vampe nei pugni, “E dimmi… Come hai fatto a superare le mie fiamme?” sogghignò malvagio continuando a fomentare il suo attacco, “È stato molto semplice…” invece di allontanarsi, Lamia gli si avvicinò guardandolo dritto negli occhi, “Altrimenti che sarebbe servito fare un patto con Iblis?” ma non appena ebbe terminato la frase, fu investita da una fiammata esplosiva che la fece volare dall’altro capo della radura in mezzo ad altro fuoco. “LAMIA!!” Yukio gridò con tutto se stesso sparando a più non posso a Todo.
“Maledizione!!” Suguro si parò il volto mentre lo sgretolarsi della cupola investiva lui e Rin come una potentissima onda d’urto. L’impurità seguì lesta la medesima scia seminando spore ovunque. “Che puzza!” l’altro si tappò il naso tossendo. “Non ci voleva…” Ryuji fissò inerme quella gigantesca massa finalmente dotata di una forma propria. E contrariamente ad ogni altra aspettativa, aveva gli occhi. Il Re dell’impurità non sembrava però essere davvero in grado di vedere. Emetteva suoni sommessi, senza un senso apparente e svettava sulla valle immobile. Era saldamente ancorato al suolo tramite quelle sue radici marce e puzzolenti che si facevano sempre più strada in ogni dove. Lilith sul divanetto era attonita. Si vide specchiarsi in quei due giganteschi spiragli neri. Quelle fessure senza anima sembravano guardare proprio lei. Mephisto l’aveva di nuovo lasciata sola nel momento meno opportuno ma il terrore la paralizzava. Strinse con le unghie il cuscino della seduta guardando fisso davanti a lei. A quell’altezza saltare giù era fuori discussione. Era inerme davanti a quella cosa. Faccia a faccia con il mostro che nonostante la distanza la sovrastava. Su quel giaciglio, la ragazza non sembrava nient’altro che un’offerta al Re. D’un tratto un suono più forte degli altri provenne da quella creatura immonda. Nella testa di Lilith risuonò come il suo nome e le si accapponò la pelle all’inverosimile.
Yukio respirava a scatti con la pistola stretta tra le mani. Todo si era fermato a ridere di gusto dopo aver scagliato Lamia lontano. Il ragazzo l’aveva persa di vista. “Lamia!” gridò ancora, “Hey, hey… Ti vedo distratto…” Todo smise di ridere guardandolo con gli occhi sbarrati e un ghigno malsano, “Lascia che ti ricordi con chi stavi parlando fino a un minuto fa…” disse poi caricando un pugno. Le fiamme lambivano ogni centimetro della radura. Yukio schivò il colpo all’ultimo secondo continuando a buttare occhiate casuali ai lati del bosco. Credette che Lamia fosse morta. Ma la succube aveva la pellaccia bella dura. La donna alzò la testa sputando sangue e tossicchiando sommessamente alzò gli occhi oltre la coltre di lingue rosse. “Yukio…” mormorò digrignando i denti nello sforzo di rimettersi in piedi. Si mise in ginocchio giusto in tempo per vedere Todo colpirlo di nuovo con un colpo devastante. Spalancando la bocca si lasciò uscire un grido strozzato di dolore dalla gola, del tutto simile al verso di una creatura leggendaria. Qualcosa le scattò di nuovo nel profondo dell’inconscio. I suoi occhi divennero per la seconda volta quelli di un predatore, iniettati di sangue e con le pupille ridotte a due spilli taglienti. Piantando gli artigli sguainati nel terreno fece per alzarsi e scattare verso quel maledetto di Todo ma qualcosa fu più veloce di lei. “Andiamo, non vorrai farti trovare così impresentabile? Considera il tuo lavoro compiuto, per ora.” Le braccia di Mephisto comparvero in un flash trainando la donna all’interno di un buco dimensionale per poi sparire nel nulla in una manciata di coriandoli.
Le labbra di Lilith presero a tremare e guardando in basso la foresta sgranò gli occhi agghiacciata. Prese fiato ma prima che potesse mettersi ad urlare, Mephisto riapparve in una nuvola di fumo fluttuando al suo fianco. La ragazzina spalancando la bocca, voltò la testa di scatto incrociando prima gli occhi indemoniati della sorella e poi i suoi. Lamia ringhiava rabbiosa con la lingua a penzoloni fuori dalle fauci e sembrava non essere il lei. In una frazione di secondo, nemmeno il tempo di dire nulla, l’uomo afferrò deciso Lilith per un polso. “Opplà.” Dicendo questo trascinò entrambe chissà dove sparendo nel nulla.
“Ritirata!” Strillò Yaozo Shima travolto da un’ondata di tentacoli di miasma. Altri esorcisti travolti avevano perso i loro demoni combattenti cadendo sotto la potenza del Re. La battaglia sembrava volgere al termine e gli uomini stavano avendo la peggio.
Yukio stringendo i denti aveva resistito anche all’ultimo affondo di Todo. A terra senza più forze però stava capitolando. Era sull’orlo di gettare la spugna e di Lamia nemmeno una traccia. Il rimorso lo attanagliava. Che stava succedendo? Perché? “Yukio carissimo… perché non parliamo un po’ di quei tuoi bellissimi occhi?” il demone si avvicinò a lui sogghignando. Il ragazzo aveva smesso di vedere blu ma sentiva ancora qualcosa di strano addosso. Era senza fiato e fissava Todo sempre più vicino inerme. “Non erano i tuoi occhi… vero?” ridacchiò. Abbassando la guardia non si rese conto che qualcuno era giunto sul luogo armato fino ai denti e in un lampo uno scettro firmato Juzo Shima lo trafisse spedendolo tra gli alberi infuocati. Yukio strabuzzò gli occhi trovandosi davanti la cavalleria. Juzo assieme al fratello Kinzo e la loro squadra erano arrivati per il rotto della cuffia a salvargli le chiappe. “Oh, sei tu?” sorrise Todo sollevando il capo insanguinato, “Devi avere una specie di ossessione per me… Come hai fatto a trovarmi?” si rivolse al maggiore dei Shima. “Con tutto il fuoco che hai usato, ti avrebbe trovato chiunque, vecchio schifoso!” digrignò i denti il ragazzo brandendo con ancora più vigore il suo scettro. “Hai fatto male a tutto ciò che conta per me! Di te non resterà nemmeno l’ombra!” strillò in preda all’ira mentre piccole goccioline di pioggia cominciavano a farsi strada tra le spesse fronde in fiamme.
“Uh!” Lilith si trovò faccia a terra su una moquette che conosceva bene. Tossì sommessamente scollando la faccia dal pavimento e sollevando il naso si trovò nello studio di Mephisto. Sentì un forte trambusto molto vicino a lei così si voltò di scatto scorgendo Lamia rantolare al suolo in preda a una rabbia indescrivibile. Urlava come un drago ferito e Mephisto era in piedi poco distante dalla ragazzina intento a tenere la donna assatanata per un braccio. “Sta buona.” La intimò stringendo la presa sotto i suoi tentativi di divincolarsi. “Io ti ammazzo, lasciami subito tornare da Yukio!” rantolò con una voce indemoniata arricciando la lingua in lunghi ringhi minacciosi. “Lamia!” gridò Lilith alzandosi in piedi. “Oh, pardon Lilith cara… Ma non ho potuto farti atterrare in un miglior modo.” Mephisto la osservò ricomporsi trattenendo la sorella con forza. Ma la ragazzina lasciò passare in secondo piano quelle scuse. Era concentrata sull’aspetto demoniaco della donna. “Lamia, che accidenti è successo!?” sgranò gli occhi incredula, “L’ha vista qualcuno!?” domandò tremando a Mephisto serrando la mascella. “Nient’affatto…” dissentì lui strattonando Lamia che non sembrava calmarsi, “Cane bavoso, mollami. MOLLAMI.” Latrava divincolandosi con tutte le sue forze. Aveva artigli e canini sguainati, occhi rosso sangue e i vestiti strappati ricoperti di liquido scuro. Quella vista aveva oltremodo sconvolto Lilith. L’ultima volta l’aveva vista sul tetto della succursale di Kyoto. Era tranquilla e solo un po’ affamata, secondo quanto si ricordava. Non si capacitava di come si fosse riuscita a ridurre in quello stato. “Lamia…” mormorò azzardando un passo verso i due. “Lilith, sta lontano. È instabile.” Disse Mephisto serrando la bocca per concentrarsi. “Maledetto scarto di Gehenna come osi?” “Donna, vedi di abbassare la cresta. Non voglio essere costretto a prendere ulteriori provvedimenti.” “Coraggio, fatti sotto, merdina.” “Come vuoi.” Mephisto alzò un braccio per schioccare le dita, “Eins…Zwei…” “Mephisto, no! Ti prego non farle niente!” Lilith s’intromise aggrappandosi al suo braccio respirando affannosamente. Lui abbassò lo sguardo incrociando i suoi occhi disperati e si morse la lingua. “Ah! Debole, debole!” lo canzonò Lamia. L’uomo sospirò profondamente senza staccare gli occhi da Lilith, “Lo faccio solo perché sei tu a chiedermelo.” Ma in quel momento di distrazione, Lamia ne approfittò per divincolarsi scattando in qua e in là ribaltando tavolino e poltrone e spaccando vasi di terracotta in preda alla furia cieca. La coda liberatasi da sola sbatteva da tutte le parti creando ulteriore devastazione. Era diventata più grossa e vedendola, la sorella capì subito di quanto vicina alla trasformazione completa era arrivata. “Lamia!” strillò allargando le gambe stringendo i pugni, “Voglio Yukio!” la sorella ululò lanciando una poltrona contro il muro. “Santissimo cielo.” Mephisto strinse i denti guardandola distruggere il suo bellissimo studio finemente arredato. “Lamia!” ripeté Lilith con più autorità, “Vi ammazzo tutti!” inveì Lamia sventrando un cuscino sparpagliando piume in ogni dove. L’uomo si massaggiò le tempie inerme. “Lamia, adesso basta!” Lilith alzò il tono di voce all’inverosimile facendo tremare i muri e la donna si bloccò all’istante. Ci fu un lungo attimo di silenzio in cui si sentirono soltanto i loro respiri affaticati. Poi Lamia scoppiò a ridere malignamente. “Adesso basta Lamia, adesso basta, Lamia… Adesso basta… Lamia…” inclinò la testa all’indietro senza smettere di starnazzare. “Chiudi quel forno.” Si rivolse alla sorella con voce tetra e sguardo fisso nel suo poco prima di scattare in avanti a fauci sguainate. “Spostati.” la ragazzina si vide piombarle addosso la succube assatanata in una frazione di secondo e rimase immobile davanti all’inevitabile impatto. Mephisto accanto a lei la fissò scansandosi con eleganza. Alzando rapida un braccio, puntò la mano abbassata verso Lamia. A rallentatore la sollevò con uno scatto fermando il balzo della sorella a mezz’aria. La donna sgranò gli occhi investita da una forza invisibile e da ogni buco del suo corpo schizzò sangue a fiotti facendola cadere al suolo in preda a degli spasmi. "Non avrei voluto arrivare a tanto ma... Hai esagerato.". Lilith chiuse gli occhi e non appena la succube smise di divincolarsi abbassò il braccio ansimando. Riaprendoli si guardò le dita scorgendo piccole venature nere alle punte sparire rapide assieme a un accenno di artigli. D’istinto si toccò il capo e trovandovi solo i capelli sospirò beata. “Meno male…” mormorò poi guardando Lamia inerme al suolo. Mephisto non aveva alzato un dito, aveva fatto tutto da sola. Nel suo ufficio regnava il caos. Il sangue di Lamia aveva macchiato ogni cosa nel raggio di tre metri e la donna era immobile sul tappeto faccia a terra, ora con sembianze umane. “Scusami…” sussurrò Lilith abbassando le braccia davanti a quello spettacolo. “Dici a me?” l’uomo la guardò alzando un sopracciglio, “Anche…” “Oh beh, tanto prima o poi avrei dovuto ritinteggiare.” Commentò grattandosi il pizzetto. Lilith senza ascoltarlo avanzò verso la sorella accucciandosi davanti a lei. Con una mano le accarezzò la testa con grazia e ruotandole il capo le toccò il collo accarezzandola. “Respira.” Sorrise rasserenata. Mephisto era rimasto in piedi a guardarla con una punta di ammirazione. “Degno di te, madame.” Commentò incrociando le braccia, “Anche se io personalmente non avrei atteso sì tanto.” Inclinò la testa picchiettandosi la guancia con due dita. “Personalmente non avrei atteso così tanto nemmeno per andarla a riprendere.” “Oh...” L’uomo guardò altrove con un mezzo sorrisetto. “Ora che si è calmata…” continuò la ragazzina voltandosi verso di lui prendendo la testa di lamia tra le braccia con grazia, “Cosa le è successo?” chiese seria abbracciandola per cullarla. Mephisto deglutì leccandosi le labbra intento a pensare.
Nel frattempo a Kyoto la situazione era definitivamente precipitata nell’oblio. Shura aveva abbandonato il campo di battaglia per raggiungere Rin e Suguro all’interno del Re dell’impurità e gli stava dando manforte per non far crollare del tutto la barriera di fuoco di Karura mezza ceduta. Ryuji all’improvviso collassò tossendo violentemente. “Suguro!” gridò Rin e un terremoto attraversò le montagne facendolo sobbalzare di qua e di là. “Dannazione, Rin. Coprigli le spalle!” lo intimò Shura senza spostare le mani dalla posizione corretta per il mantenimento del sigillo.
Juzo stava combattendo contro Todo in uno scontro all’ultimo sangue e Yukio non poteva stare semplicemente a guardare. Recuperato un po’ di forze aveva ripreso la sua arma con ancora più foga. I suoi occhi però slittavano freneticamente da una parte all’altra in cerca di una sola cosa. Lamia. Deglutendo il groppo in gola però mantenne il sangue freddo. Fissando lo sguardo su Todo intento a deridere il compare giunto in suo soccorso, caricò la pistola tuffandosi nello scontro sotto la pioggia. L’acqua a poco a poco aveva indebolito il demone aprendo uno spiraglio di vittoria per gli esorcisti.
“Suppongo abbia perso il controllo per la fame.” Mephisto azzardò un passo verso Lilith intenta a coccolare la sorella svenuta. “Com’è possibile? Yukio era lì… Dovrebbe aver mangiato.” La ragazza abbasso lo sguardo sulla donna dormiente. “A quanto pare non abbastanza.” Sogghignò l’uomo, “Per esserne sicura dovresti chiedere al diretto interessato.” “Parli di Yukio?” “Di chi se no?”. Silenzio. “Sei proprio sicuro che nessuno l’abbia vista?" “Parola d'onore." Mephisto alzò un braccio fiero, “Come fai ad esserne certo?” le tremò un po’ la voce, “Semplice, la stavo osservando.” “L’hai osservata per tutto il tempo!?” Lilith sgranò gli occhi incredula, “E allora perché hai aspettato tanto per recuperarla!?”, l’uomo non rispose subito. La fissò con la bocca cucita e gli occhi sbarrati. Aveva un “Ops” grosso come una casa stampato in fronte. Però seppe dissimularlo con eleganza, “Vedi, mia adorata… Ho atteso il momento più propizio, tutto qui.” “Propizio in che senso?” “Lamia stava vagando come una furia nella foresta in cerca di sangue. Se l’avessi presa prima che avesse trovato pane per i suoi denti, dubito che saremmo riusciti a contenerla se non diventando noi stessi le prede.”. Lilith lo guardò deglutendo in silenzio. “Forse hai ragione.” Distolse lo sguardo. Poi un campanello le suonò in testa. “Di chi si è cibata allora?” si voltò di nuovo di scatto guardando Mephisto negli occhi. “Saburota Todo.” Rispose lui secco. “Il tale che ha trafugato gli occhi del Re dell’impurità e lo ha risvegliato.” Aggiunse per inciso. La ragazza non si capacitò delle sue orecchie. “Era un tuo piano anche questo immagino.” “Sì.” Ammise torvo. Lilith scossò il capo impercettibilmente guardando in basso. “Un tuo classico insomma.” Sorrise amaramente tornando a guardarlo. Lui non rispose mordendosi un labbro. “A che ti serviva precisamente Lamia?” “Oh, lo scoprirai cara. Oppure potremmo fare uno scambio di informazioni, se ti va.” Ammiccò l’uomo avvicinandosi ancora di qualche passo. “I miei piani per… Le tue ragioni di essere ad Assiah.” Le porse una mano per aiutarla ad alzarsi. Lilith lasciò la sorella riposare sul tappeto afferrando il guanto di Mephisto lasciandosi aiutare. Lo guardò riluttante e scossò il capo, “No.” Gli fece un mezzo sorriso. “Come desideri.” Mormorò con voce roca lui avvicinandola come per ballare un valzer. Si guardarono una manciata di secondi in silenzio mentre la luce della luna entrando dalle finestre illuminava i loro profili. “Sù, si è fatto il momento di tornare a Kyoto.” Sussurrò il demone senza lasciare Lilith, ora attraversata da un velo di panico. “No, io non…” “Coraggio, non vorrete perdervi il gran finale..?” “Mephisto, è pericoloso…” “Ormai è tutto finito, andiamo.” Senza ascoltare ulteriori opposizioni, l’uomo le strinse saldamente un polso e chinandosi su lamia afferrò anche lei. “Poi come potrei altrimenti giustificare la vostra improvvisa sparizione se non vi facessi tornare?” ammiccò a Lilith poco prima di sparire con loro in una nuvola di fumo e stelline.
I tre riapparvero alla locanda di Kyoto giusto in tempo per assistere ad una massiccia esplosione tra le montagne. Un lampo luminosissimo rischiarò a giorno la valle per una manciata di attimi pervadendo anche tutto il Toraya. Lilith si schermò gli occhi con un braccio acciecata dal bagliore. Erano ricomparsi in una delle stanze da letto dell’albergo, una delle poche rimaste vuote. Quando tornò il buio, l’orizzonte si fece rosa. Stava giungendo l’alba. “Oh…” la ragazzina si allontanò da Mephisto e Lamia per avvicinarsi a una finestra. “Il giorno…” sospirò dando loro le spalle. “Voi restate qui… Per favore accomodatevi a letto e fingetevi ferite. Beh, non che lei debba effettivamente fingere…” guardò Lamia svenuta ancora appesa al suo braccio. Con uno strattone la lanciò lontana vestendola con lo Yukata dell’albergo in uno schiocco di dita. La fece atterrare con grazia in uno dei futon coprendola fino al mento con la coperta. “Fatto.” Sospirò allargando il petto. “Mephisto…” lo chiamò Lilith voltatasi di tre quarti coi palmi delle mani appoggiati al vetro, “Grazie.” Mormorò sorridendo. Era tutto finito. Il Re dell’impurità era stato abbattuto da Rin forte del patto stipulato all’ultimo secondo con Ucchusuma. “Non c’è di che.” Rispose l’uomo a Lilith chinando il capo sotto la visiera del cilindro. “A dopo...Sarò qui in giro.” sogghignò, "Fate le brave.” Sistemandoselo con un gesto di classe scomparve dalla stanza lasciando le sorella in solitudine. “Lamia…” sussurrò Lilith andando ad accovacciarsi nel futon accanto alla sorella, “Ce l’abbiamo fatta…” sorrise rilassata stringendole una mano commossa.
“Suguro, ti sei svegliato!” Shura osservò il ragazzo riprendere conoscenza sdraiato ai suoi piedi, “Si ma… Cos’è successo?” mormorò massaggiandosi la testa. “Ce l’ho fatta!” Rin si voltò verso di loro con le lacrime agli occhi dalla gioia, “Ho controllato le fiamme!” squittì al settimo cielo. “Bon! Okumura! State tuti bene!” Shima e Konekomaru avevano trovato la squadra di Yaozo e assieme a loro anche gli altri due ragazzi. “Sì! Ho controllato le fiamme gente!” si sbracciò entusiasta Rin. “Rin!” Yukio emerse dietro il gruppo trovandosi di fronte il fratello. “Yukio!” lo salutò il ragazzo tutto contento, “Hai visto che bravo?” ridacchiò. Il ragazzo sconvolto lo fissò in silenzio. “Yo Yukio!” Shura gli andò in contro saltellando, “Hai visto? È sano e salvo! Scusa se non ti ho detto niente prima.” Fischiettò. Yukio incredulo non riusciva a scollare gli occhi dal fratello. “Ti ho lasciato a bocca aperta, vero?” continuò a parlargli Rin, “Il giorno in cui sarò bravo come te si avvicina!” “Non…” Yukio strinse i pugni digrignando i denti, “Non dire cazzate!” sbottò il fratello tirando un cazzotto in faccia al maggiore, “Ti rendi conto della situazione in cui ti trovi!?” “Finalmente ho capito…” mormorò Rin in risposa, “Io sono il figlio di Satana e non posso sfuggire a queste fiamme. Avevo solo paura di ammetterlo con me stesso. Ma ora so con che cosa devo fare i conti e ce la farò.” Sorrise sommessamente a Yukio rimasto senza parole. “Professor Okumura!” uno degli esorcisti del gruppo di Juzo gli si avvicinò. “Mi dica.” Si voltò verso chi lo cercava cercando di sembrare impassibile. “Non abbiamo trovato la studentessa che stava cercando sul luogo indicato.” Alla notizia, il ragazzo tornò a sembrare sull’orlo di un crollo nervoso. “Non è possibile…” mormorò sgranando gli occhi. Lamia era…morta? Era bruciata viva? Gli tremarono le mani. L’idea di non rivederla più gli dava alla testa. Si rese conto di quanto la dipendenza da lei stesse degenerando a vista d’occhio. “Ma… Ecco…” “Parli.” “Ho contattato il Toraya e pare che una ragazza che corrisponde alla descrizione, si trovi in una delle stanze assieme alla sorella.” “Hanno trovato Lilith e Lamia, meno male!” Koneko dette un cuccio a Shima che si voltò a guardare Yukio e l’altro esorcista confabulare. “Splendido.” Shima sorrise guardando lontano. “Ora andiamo a dormire, vi prego…” si voltò verso il compare con gli occhi rossi di stanchezza.
Quando Lilith riaprì gli occhi, la stanza dove si trovavano lei e Lamia si era popolata. Era il tramonto. Sollevando di scatto il busto tra le coperte, si accorse che i nuovi ospiti non erano altri che i suoi compagni di corso. Erano tutti lì, assieme e dormivano beati. Stavano bene. Tirò un lungo sospiro di sollievo e guardò Lamia per essere sicura che fosse ancora lì. La sorella dormiva ancora. Il colpo che le aveva inferto era stato potente ma sapeva che si sarebbe ripresa velocemente. Si morse un labbro un po’ in colpa ma non ci pensò più di tanto. Se non lo avesse fatto non si sarebbe mai calmata. Distolse lo sguardo lentamente ma qualcosa nei pressi della testa della donna attirò nuovamente la sua attenzione. Girandosi di nuovo vide al lato del cuscino del suo futon, un paio di occhiali. Riconobbe la montatura rossa di Lamia, nonostante le era parso che l’avesse perduta. Giacevano accanto alla donna e sembrava avessero ricevuto un qualche tipo di rammendo. Una delle asticelle era avvolta con dello scotch di carta momentaneo e una lente era leggermente diversa dall’altra e si vedeva che era stata limata. Facendo spallucce tornò a sdraiarsi guardando il soffitto a lungo. Aveva trovato il tempo di cambiarsi d’abito e la stoffa dello Yukata l’accarezzava leggera. Rigirandosi nel letto guardò il cumulo dei suoi vestiti piegati e allungando una mano prese il cellulare. “Sei ancora al Toraya?” digitò sulla tastiera e spedì il messaggio a Mephisto aspettando con ansia una risposta. 
“Ha conseguito davvero un risultato mirabile… Direttore Shima.” Il suo diletto era seduto a gambe incrociate sui tatami della sala dei congressi. Di fonte a lui Yaozo si era inginocchiato a capo chino con Shura accanto in vece di testimone. Il suo cellulare tintinnò ma lo ignorò date le circostanze. “È successo tutto per colpa mia e sono persino giunto da voi in ritardo per motivi personali…” l’uomo chiuse gli occhi mesto, “Tuttavia ha dato eccelsa prova di sé, come fosse il Paladin a capo della Angelic Legion.” Ribattè Mephisto, “No, noi abbiamo semplicemente continuato a combattere confidando nei rinforzi del vaticano. Abbiamo superato tutto grazie a lui.”. “A proposito…” Il demone incrociò le braccia guardandolo serio, “…Nel caso il Vaticano vi contattasse, gradirei che lei prestasse testimonianza in merito a quello che è successo.” “Certo.” Rispose secco Yaozo, “Dirò solo la verità.”. L’altro alzò un sopracciglio sogghignando compiaciuto. “A questo punto, con permesso…” il direttore si alzò in piedi titubante, “Vada pure, e mille grazie di tutto ⋆” lo salutò Mephisto. “Capitano Kirigakure, puoi andare a riposarti anche tu.” Disse poi afferrando una tazzina di liquore gentilmente offerto dalla casa annusandolo schizzinoso. Guardando il liquido traballare attese che la stanza si liberasse per poter rispondere al telefono, il suo sesto senso gli aveva fatto intuire chi potesse essere e stava fremendo senza darlo a vedere. Shura però non sembrava avere intenzione di andarsene. “Oh…” ridacchiò lei assumendo un improvviso comportamento anomalo per i suoi standard, “Finalmente siamo rimasti soli…” sogghignò avvicinandosi pericolosamente a lui con una bottiglia di Sakè. “Prego?” Mephisto mollò il bicchiere alzando un sopracciglio.
Lilith si era stancata di stare con le mani in mano. Non aveva ricevuto risposta al messaggio e così si era alzata da letto per verificare di persona. Scavalcò Lamia e nel farlo si accorse che si stava svegliando. La donna scossò il capo con un smorfia assurda e rigirandosi su se stessa si lasciò sfuggire un lamento sommesso. “Lamia!” bisbigliò Lilith stando attenta a non svegliare nessuno degli altri ragazzi. “Oi…” la sorella socchiuse un occhio guardandola di striscio e la piccola le si inginocchiò accanto, “Come… stai?” sorrise imbarazzata, “La prossima volta che decidi di farmi diventare un gavettone umano, avvertimi con un po’ di anticipo.” Sibilò seccata e Lilith si grattò una guancia guardando altrove. “Comunque… Mi sembra che ora tu stia bene.” “Oh, sono dura da ammazzare.” “Ma io non..!” la ragazzina sgranò gli occhi tappandosi la bocca soffocando uno squittio e Lamia ridacchiò tra sé e sé, “Rilassati.” La guardò di sbieco tornando quella di sempre. “Avevi perso il controllo, si può sapere che diamine è successo?” la rimbeccò Lilith ma un gemito proveniente da uno degli altri letti interruppe la conversazione. Senza volerlo aveva alzato un po’ troppo il tono di voce disturbando i presenti addormentati. “Ops…” si tappò nuovamente la bocca attendendo nel silenzio. Qualcuno si mosse, così Lamia sollevò il busto per guardarsi intorno. Uno dei ragazzi si era rigirato nel letto continuando però a dormire. “Che ne dici di continuare la conversazione altrove?” propose alla sorella tastandosi gli zigomi, i suoi occhi scivolarono ai lati del suo giaciglio in cerca di qualcosa e quando con la coda dell’occhio catturò il rosso dei suoi occhiali si stupì di trovarli effettivamente lì. “Ma guarda…” mormorò prendendoli tra le mani per inforcarli. Sogghignando si alzò in ginocchio mentre Lilith ancora molto cauta si avviò verso la porta per aspettarla con un piede già fuori. Non voleva disturbare ulteriormente col rischio che qualcuno finisse con l’origliare i loro discorsi privati.
“Essù, facciamoci un bicchierino!” squittì Shura lanciandosi sulle gambe di Mephisto sventolando la bottiglia di alcolico. L’uomo la guardò storto con una faccia di bronzo e accarezzando la tasca dove teneva il cellulare desistette dall’estrarlo, “Se non sbaglio sei una giapponese cha ha ereditato gli insegnamenti della scuola Kirigakure…” inclinò la testa di lato, “Non vorrei mai farmi cogliere di sorpresa ubriaco da una come te.” “Oh oh oh, un attacco a sorpesa? Io? No… Io sono per le cose semplici.” Ridacchiò Shura per poi mollare la bottiglia e saltare al collo del demone placcandolo a terra. “Ti sto tenendo sotto stretto controllo sin da quando ho messo piede nella tua accademia e ogni cosa successa sembra sempre che ci sia di mezzo il tuo zampino. Persino con questa storia del re dell’impurità, sei stato tu ad architettare tutto, vero?” “Interessante teoria.” Sogghignò Mephisto distogliendo lo sguardo mirando un punto vuoto oltre la donna, “Anche la scelta degli studenti del corso speciale non è stata un caso, non è così?” Shura lo fulminò con lo sguardo senza riuscire però a catturare il suo. “Ad esempio quelle due studentesse piombate a tre mesi dall’inizio del corso…” a quelle parole l’uomo la fissò riducendo gli occhi a due fessure sottilissime, “Hanno qualcosa di strano… Sono forse tue spie?” insinuò lei con tono provocatorio, “Hanno ben poco delle comuni studentesse… Partendo dal fatto che sono sempre nel tuo ufficio e i problemi sono cominciati col loro arrivo.”
“Lamia, ora mi puoi dire cosa ti era preso?” Lilith continuava a bisbigliare mentre camminavano per la locanda, “Ah… Vediamo…” arricciò il naso cercando di concentrarsi. La testa le pulsava un po’ e si grattò una tempia per placare la fitta, “L’ultima cosa che ricordo distintamente è Yukio che mi dà due fiale con il suo sangue. Erano piccole e non sufficienti a saziarmi.” Disse piano fissando un punto davanti a sé. “Poi ricordo di essere scappata in preda alla frenesia cercando di allontanarmi il più possibile da ogni essere umano. Dopodiché ho vaghi sprazzi di lucidità in cui rivedo alberi e fiamme.” “Capisco…” deglutì Lilith guardandola titubante. “Non ricordi di aver morso nessuno?” domandò. Lamia si bloccò sgranando gli occhi. Ricordava qualcosa vagamente, una risata sadica e il volto di Yukio disperato. Scossò il capo. “Non… lo so.” Ammise indurendo l’espressione. “Non ricordi nemmeno se ti ha vista qualcuno?” “No…” Lamia premette le labbra respirando profondamente. “Spero di essere passata inosservata.” “Lo spero anch’io.” Rispose la sorella riprendendo a camminare. “Dove vogliamo andare?” cambiò argomento la maggiore seguendola distratta. Stava ancora pensando alla notte prima. “Troviamo un posto tranquillo…” mormorò Lilith camminando lentamente “…E se capita, Yukio.”.
 “Sono stupito.” Si lasciò sfuggire di bocca Mephisto, con un tono però piuttosto sarcastico, “Non pensavo che il vaticano ti avesse mandata per sorvegliare dei ragazzini e farti viaggi mentali. Dev’essere proprio duro il tuo lavoro.” Shura aggrottò le sopracciglia offesa e distolse lo sguardo acida. “Come spendo il mio tempo non è affar tuo.” “Oh, con le accuse che mi stai muovendo contro, direi il contrario.” Sogghignò ironico, “Per di più… Non provare a toccare le mie studentesse o ne pagherai le conseguenze.” “Parli come se fosse una questione personale…”. Shura tornò a rivolgergli uno sguardo carico di risentimento aspettando una sua risposta. “Quanti anni hai ora?” quella domanda la spiazzò. “Ti conviene avere cara la vita… Mi dispiacerebbe alquanto che una donna giovane come te dovesse morire così presto.” Il volto di Mephisto si tramutò in qualcosa di spaventoso e terribilmente minaccioso. Quei suoi occhi divennero talmente agghiaccianti da far accapponare la pelle a Shura, rimasta immobile a sudare freddo. In quel momento dei passi giunsero alla soglia e delle ombre comparvero sul muro di carta. Una mano fece scorrere la porta e una montatura rossa comparve scintillando sul naso all’insù di Lamia, “Sei qui, professorino?” cinguettò la donna facendo irruzione nella stanza. Né Shura né Mephisto si mossero da quella posizione compromettente. Il demone sgranò gli occhi trattenendo l’istinto di tramortire Shura in modo molto poco signorile e dentro la sua testa una vocina pregava per lui. “Oh.” La quattrocchi arrestò il passo vedendo quella scena raccapricciante. “Che…Schifo.” Dalla sua espressione, pizzetto si rese conto che aveva equivocato il tutto. Alle spalle di lamia comparve anche una nuvola di riccioli biondi ma la donna aprendo le braccia arrestò la sua avanzata. “Lilith, no. Stanza sbagliata.” Rise nervosamente cercando di richiudere la porta. Ma la sorella era già oltre la soglia con il volto paralizzato dallo sgomento. Mephisto incrociò il suo sguardo. “Non è come sembra.” Disse con una massiccia dose di charme e Shura si alzò di scatto ricomponendosi. La sua espressione era di ghiaccio e studiava il comportamento delle studentesse attendendo di avere una riprova dei suoi dichiarati sospetti. L’uomo nonostante l’apparente impassibilità stava sperando con tutta l’anima che nessuno facesse niente di stupido. La luce nella stanza traballò e si sentì un impercettibile cambiamento nell’aria. Ma Lilith era rimasta immobile. “Scusate.” Dopo una manciata di secondi chiuse gli occhi e tornando a respirare si voltò uscendo con tutta calma. “Addio.” Aggiunse Lamia fulminando Mephisto con lo sguardo per poi seguirla richiudendo la porta. “Lilith.” corse dietro alla ragazzina cercando di capire che le stesse passando per la testa. “Che c’è?” disse lei distaccata, “Nulla… Sai gestire bene la gelosia.” fece spallucce Lamia cercando di sorvolare. La territorialità di una succube non andava sottovalutata e secondo gli standard era andato tutto a meraviglia. “Non sono affatto gelosa. Non è successo assolutamente nulla.” Sbuffò la ragazza accelerando il passo, “Come no…” la stuzzicò Lamia sogghignando, “Se ti può consolare, Shura sta sull’anima anche a me.” La donna aggrottò le sopracciglia guardando l’orizzonte con astio.
La suddetta uscì rapida dalla stanza delle conferenze lasciandosi Mephisto alle spalle. L’uomo approfittò di quel momento vuoto per guardare finalmente il cellulare. Trovandovi un sms di Lilith si morse un labbro e non rispose.

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Capitolo 25
*** Capitolo XXV ***


CAP 25

A Kyoto era calata di nuovo la notte. Dopo aver assistito a quello spiacevole episodio ambiguo, a Lilith era passata la voglia di cercare Yukio. Capitando per caso di fronte alla stanza comune da cui lei e la sorella erano partite, arrestò il passo. “Beh, che fai? Non dovevamo trovare Yukio?” “Pensaci da sola… Io gli parlerò domani.” Mormorò posando una mano sulla porta, “Io credo che andrò a farmi un bagno.” Aggiunse deglutendo. “Andiamo, non dirmi che ci sei rimasta male?” “Non so a cosa tu ti riferisca.” Rispose la ragazza entrando in stanza. Alcuni degli altri ragazzi si erano svegliati dopo quasi dodici ore di sonno ristoratore. I loro letti vuoti attirarono l’attenzione di Lilith che però filò come se niente fosse al suo giaciglio per recuperare i suoi oggetti personali. “Ma guarda te.” Lamia, rimasta fuori alzò gli occhi al cielo. “Meglio così, più privacy per noi…” alzò le spalle girando i tacchi. Il suo stomaco brontolante le fece rivivere un déjà-vu ma scossando la testa cercò di scacciarlo. “Lilith, hey.” La ragazza sentì un bisbiglio provenire da uno dei letti. Si voltò sulla soglia con in braccio i suoi indumenti e vide che Shima era sveglio e la stava osservando nella penombra. “Ciao…” mormorò avvicinandosi timorosa. “Avanti, avvicinati. Sono contento che tu stia bene.” Il ragazzo sporse un braccio dalla coperta invitandola ad accorciare le distanze. “Sai, io e Koneko abbiamo cercato te e Lamia per tutta la notte.” disse con un mezzo sorriso e Lilith sussultò impercettibilmente tornando a posare i vestiti sul suo futon inginocchiandosi. “Che fine avevate fatto?” chiese infine il ragazzo assottigliando gli occhi.
Lamia era arrivata nella hall del Toraya. Aveva incrociato Rin per i corridoi e vedendolo con in mano una lattina di succo di frutta le era venuta una sete pazzesca. Non che prima già non l’avesse. Ignorandolo magistralmente gli era passata accanto in cerca di suo fratello. Si erano giusto salutati e anche da parte di Rin sembrava esserci una certa remora nell’avere rapporti amichevoli con lei. D'altronde a Lamia non interessava stringere rapporti con nessuno se non con il suo partner servente. Come mise piede nella stanza andò dritta davanti alle macchinette con gli occhi a mezz’asta, ignorando ogni altra cosa. Le era stranamente venuta voglia di provare una delle tante bibite umane. Ma non lo avrebbe mai ammesso con Lilith. Si fermò davanti al distributore con le meni sui fianchi e osservò le lattine scintillare al neon. Piccole goccioline di condensa ricoprivano la loro superficie liscia e percepiva il fresco del frigorifero di quella macchina misteriosa. Esaminò i tasti a lato del vetro alzando un sopracciglio. “Come cavolo devo fare per avere uno di sti affari?” chiese a se stessa senza rendersi conto di star parlando da sola. Grattandosi una guancia premette bottoni a caso ma non successe niente. “Mi prendi per il culo?” si stava irritando. “Ho sete, maledizione!” schiacciò i pulsanti con più vigore. “Stupido… Affare…” insistette fino a far andare la macchinetta in errore. “Introdurre… Monete?” si fermò attonita leggendo la scritta che comparve sullo schermo. “Cioè, devo pure pagare per bere sta merda?” tirò su col naso infastidita. “Che idiozia.” Tirò un colpo al vetro facendo traballare la macchinetta. “Quanti francesismi…” Qualcosa mugugnò alle sue spalle e la donna si voltò di scatto verso le poltrone della hall. Su una di quelle giaceva niente popò di meno che Yukio, collassato per non aver dormito la bellezza di due giorni di seguito. Il fracasso aveva disturbato lievemente il suo sonno ma non si era svegliato, in coma com’era. Stava parlando nel mondo dei sogni. “Yukio.” Sussurrò Lamia alzando le sopracciglia sorpresa. Non si era nemmeno accorta della sua presenza e non era da lei. Si leccò le labbra. “Lui è gratis.” Sogghignò.
“Dove eravamo?” Lilith ripeté la domanda per guadagnare il tempo utile a pensare a una risposta intelligente.  Shima annuì a rapidi scatti fissandola curioso, “Dunque…” la ragazzina distolse lo sguardo prendendo fiato, “Non saprei.” Fece spallucce. Il ragazzo spalancò gli occhi interdetto. “Sai, c’era talmente tanto caos che non saprei dirtelo di preciso. So solo che stavo cercando di non morire.” Ridacchiò alzandosi in piedi con i suoi vestiti stretti al petto. Rapidamente raggiunse l’uscio, “Ora se non ti dispiace, vado a rifocillarmi.” Congedò Shima rimasto senza parole sparendo nella luce gialla del corridoio. Il giovane si morse un labbro continuando a guardare in direzione dello spiraglio di luce. “Capisco…” guardandosi intorno prese il suo cellulare cominciando a digitare qualcosa sulla tastiera probabilmente per distrarsi. Lilith camminava a larghi passi verso i bagni. Non si spiegava il motivo ma quella breve chiacchierata l’aveva fatta agitare. Uscì in giardino per prendere una scorciatoia ma alzando gli occhi al cielo rimase incantata dal panorama. Le nuvole della sera prima erano sparite ed erano tornate le sue amate stelle. Posò i vestiti su un sasso e si sedette accanto col naso all’insù, tenendo stretto lo spacco dello Yukata con una mano. Si sentì improvvisamente meglio.
Lamia si avvicinò alla poltrona di Yukio ancheggiando sinuosa. Senza dire nulla si fermò davanti al ragazzo addormentato guardandolo fisso. Osservò quel suo viso angelico a lungo, perdendo la cognizione del tempo. Sembrava così beato, non lo aveva mai visto in quel modo e un po’ ne fu sorpresa. Mordendosi un labbro piegò il busto avvicinando il naso a quello del ragazzo. Respirò a pieni polmoni il suo profumo e la tentazione di morderlo fu forte. Eppure non riusciva a farlo trovandoselo davanti tanto indifeso. Non c’era nessuno ed era l’occasione perfetta. Socchiuse gli occhi respirando intensamente l’odore fresco di Yukio per la seconda volta, spostandosi nella zona del collo. Con la coda dell’occhio controllò di nuovo che non arrivasse qualcuno di scomodo, poi passò all’attacco. Ma contrariamente a ogni previsione si avvicinò con grazia a una delle sue guance baciandolo delicatamente. “Sogni d’oro…” mormorò allontanandosi lentamente.
Lilith si sentì osservata. Abbassò lo sguardo sul giardino ma non vi era anima viva. Solo lucciole e grilli. Si voltò di scatto per guardarsi le spalle ma tutto taceva. Fece una faccia strana e tornò a guardare il cielo, anche se la sensazione di essere osservata non passava. Sbattendo rapidamente le palpebre si trovò di nuovo a pensare a Mephisto e Shura soli in quella stanza. Scossando la testa scacciò quell’immagine raccapricciante convincendosi che doveva essersi trattato di un semplice equivoco. Chissà se però lui era rimasto ancora al Toraya?
 
“Buon giorno ragazzi, coraggio in piedi!” Shura fece irruzione al mattino nella camerata dove gli studenti avevano riposato per un intero giorno. Dopo quella lotta era stata dura riprendersi. C’era addirittura chi come Shiemi era riuscito a dormire per tutto il tempo. “Avanti, non volevate fare un po’ i turisti in giro per Kyoto? Chi dorme non piglia pesci!” urlò in una sottospecie di megafono fatto con la carta svegliando i poveretti in malo modo. “Io quella l’ammazzo. Giuro.” Lamia digrignando i denti sgranò gli occhi al soffitto pervasa dai soliti tic nervosi dovuti all’improvvisa luce solare. “Lamia, calmati…” gemette Lilith col medesimo sguardo allucinato della sorella. Erano andate a dormire piuttosto tardi la sera prima. Dopo aver dormito un intero giorno non erano per nulla stanche allora. Pessima idea. “Ragazzi! Siamo a Kyoto!!” Rin si tirò su a sedere sul futon sbalzando via le coperte alzando i pugni al cielo. “Ci siamo da quattro giorni ormai…” sbadigliò Shima esasperato. “Buongiorno!” Shiemi si era finalmente svegliata, fresca come una rosa. Izumo la guardò di sottecchi appena sveglia. “Voglio morire.” Sospirò Lamia piantando le unghie nel materasso. I ragazzi si prepararono per uscire e andarono a fare colazione in massa, chiacchierando animatamente. La vittoria li aveva messi tutti chi più e chi meno di buon umore. “Allora, dopo mangiato troviamoci tutti all’entrata, d’accordo?” disse Koneko prendendo un vassoio per la colazione, “Andata.” Rispose Shima superandolo flemmatico. “Dobbiamo andare anche noi?” bisbigliò Lamia all’orecchio di Lilith. Le due erano state trascinate nel gruppo quasi a forza e non sapevano come uscirne. La sorella si voltò verso di lei guardandola con gli occhi che brillavano. “Non dirmelo. Vuoi davvero fare la turista.” La donna alzò un sopracciglio sbuffando incredula, “Ecco…” Lilith guardò altrove arrossendo. “Lamia, Lilith!” Rin si avvicinò alle sorella sventolando la sua famosa guida, “Avete qualche posto in mente che vi piacerebbe visitare?”. Prima che potessero rispondere, Yukio entrò nella mensa guardando il gruppetto di sfuggita. Lamia gli rivolse uno sguardo prolungato e Rin accorgendosene si voltò verso il fratello. “Yukio!” lo chiamò sbracciandosi. “Rin…” il ragazzo gli fece un cenno e prese un vassoio raccattando anche una ciotola di riso e della zuppa di miso. “Oi, non è che verresti anche tu a fare un giro della città?” l’altro gli andò in contro abbandonando momentaneamente le sorelle Evangeline. Lilith sbirciò con la coda dell’occhio Lamia e la vide fissare il professore con un velo di prepotenza. “Ecco…” Yukio alzò lo sguardo intercettando quello della donna e lo distolse velocemente tornando alla sua colazione. Sollevò il vassoio avanzando verso i tavoli. “Devo vedere come sono messo col lavoro.” Disse distratto andando a cercare un posto dove consumare il suo pasto, “Ti saprò dire.” Aggiunse secco lasciando indietro il fratello. “Va bene… Capito.” Sembrò un po’ deluso. “Sentite, ragazze!” tornò pimpante rivolgendosi alle due malcapitate, “Allora, vi è venuto in mente niente?”. Mentre le ragazze pensavano a cosa rispondere, Izumo dal tavolo le fissava masticando in silenzio.
Gli studenti si trovarono dove stabilito pronti per il giro turistico. Le sorelle Evangeline furono le ultime a raggiungere il posto, solo perché Lilith aveva perso tempo a pettinarsi i capelli. Voleva domarli per una volta tanto. Ma non era servito a molto. “Scusate il ritardo…” mormorò affiancando gli altri. “Ci siamo tutti?” saltò su Shiemi per fare la conta. Contò otto teste, no! Nove. “Yukio! Lo sapevo che saresti stato dei nostri!” Rin si sbracciò verso il fratello in arrivo, finalmente vestito come un ragazzo normale senza la divisa da esorcista. A Lamia scintillarono gli occhiali. “Sì…” rispose il ragazzo serio, “A quanto pare era richiesto un supervisore.” “La tettona non viene?” domandò Rin, “No. Shura aveva altro da fare.” Rispose l’altro sistemandosi gli occhiali onde a evitare lo sguardo di Lamia. “Oh, ma che peccato…” bisbigliò quest’ultima posando una mano sul fianco. “Bene allora, qual è la prima tappa?” Yukio prese di mano la guida a Rin leggendo l’elenco evidenziato dai ragazzi. Le mani gli avevano ricominciato a tremare. Era al quinto giorno dal bacio e cominciava a risentirne. Lamia questo lo sapeva bene ma non fece una piega. Si limitava a fissarlo, soddisfatta più che mai per avere l’occasione di stargli così ravvicinata. Stuzzicarlo la divertiva, anche perché fino ad allora era stato l’unico a desisterle così insistentemente. Si leccò le labbra mentre lo guardava fare piani coi suoi compagni di classe. Lilith invece fece una faccia strana. Aveva ancora un discorso in sospeso da fare con lui dalla sera prima.
 
“Stupendo! Ma è davvero tutto d’oro!” Lilith corse dalla staccionata in riva al lago per ammirare il Kinkaku-ji, famoso per essere un tempio ricoperto d’oro vero. “Calmati, riccioli d’oro. Non vorrai mica scodinzolare…” le sussurrò la sorella ad un orecchio sogghignando. “Lamia!” la ragazzina posò i piedi a terra ricomponendosi rossa in volto. Le scocciava venir ripresa dalla sorella. “Oi, Shima… Che c’è?” Ryuji si avvicinò all’amico risvegliandolo come da un coma. Era rimasto a fissare un punto lontano in direzione delle ragazze col telefono in mano. “Bon… Oi…” sbattè le palpebre più volte, “Ragazzi, non è che ci potete fare una foto?” Shiemi prendendo per mano Izumo si avvicinò a loro saltellando e dette a Shima la sua fotocamera, “Hey, lasciami! Non la voglio una foto con te!” protestò Kamiki rossa come un peperone. “Preferiresti una foto con me?” il ragazzo s’indicò la punta del naso sorridendo sornione rimettendo il cellulare in tasca. “Giammai!” la ragazza incrociò le braccia stizzita. “Oh…” Renzou fece spallucce noncurante, “E con Bon, invece?” mosse le sopracciglia sorridendo ammiccante. “Ma scherziamo!?” I due chiamati in causa risposero all’unisono arrossendo di rabbia. Mentre il gruppetto schiamazzava, con il povero Koneko di nuovo messo in disparte dalla confusione, Rin aveva trascinato Yukio dalla staccionata col telefonino sfoderato. “Dai, facciamoci una foto!” “Rin…” sospirò il fratello esasperato. Fece un paio di autoscatti mossi prima che Yukio riuscisse a liberarsi dalla presa tutto spettinato. “Santo cielo…” recuperò la cartina studiandola di nuovo sistemandosi gli occhiali. “Yukio, fallo un sorriso ogni tanto!” Rin alzò il telefono in aria scattando l’ennesima foto a casaccio prendendo di striscio il fratello nell’inquadratura. “Che buffi questi umani…” commentò Lamia appoggiandosi allo steccato di schiena, “Si affannano tanto per fare foto ad edifici che sicuramente vivranno più di loro.” Alzò le sopracciglia osservando i fratelli Okumura alle prese con i selfie brutti. “A me affascinano un po’…” ammise Lilith socchiudendo la bocca di stupore. “Sono esseri così semplici.” Aggiunse con un mezzo sorriso. “Lilith, Lamia! Sorridete!” Rin puntò il cellulare verso di loro includendosi nella foto mossa. “Rifacciamo! Cheese!” questa volta ebbero il tempo di sorridere per quello scatto rubato. “Oh…” Lamia strizzò le labbra attonita, “Il figlio di Satana è proprio euforico oggi.”. Poi guardando Yukio così rigido e composto le sfuggì un ghigno provocante. “Vediamo di dargli una mano a ravvivare l’atmosfera…” “Che?” Lilith la guardò distratta andare verso i gemelli poco più in là accanto alla staccionata. “Andiamo, Rin… basta foto.” “L’ultima, l’ultima! Sorridi per davvero sta volta!” il fratello si preparò per l’ennesimo autoscatto tenendo alto il cellulare, “Dì cheese…” “Cheese.” Sibilò Lamia irrompendo nella foto col fiato sul collo del povero Yukio. Il ragazzo venne immortalato con una faccia terrificata oltre ogni immaginazione. Il suo grido da scolaretta arrivò fino alle orecchie di Izumo, ormai dall’altro lato del lago. Fiutando l’aria guardò in loro direzione con un punto interrogativo stampato in faccia. “Yukio?” Rin si voltò verso il fratello abbassando le braccia senza parole, “Scusate.” Disse l’altro sistemandosi gli occhiali sotto lo sghignazzare di Lamia, “Non dirmi che ti ho fatto così paura?” lo stuzzicò e lui la fulminò con la coda dell’occhio. Sapeva bene che il contatto con lei annullava ogni suo raziocinio. “Non ti ho mai visto urlare così!” si mise a ridere Rin a scoppio ritardato, “Sciogliti un po’!” gli batté una mano sulla spalla continuando a ridere. Lilith in piedi a una decina di metri da loro li guardava con un sopracciglio alzato.
La tappa seguente fu il tempio Inari, per volere di Kamiki. Lamia seguiva Yukio a debita distanza aspettando il momento più propizio per fargli perdere le staffe. Il ragazzo era in testa al gruppo coi pugni stretti. Sentiva gli occhi della succube puntati addosso. “Sapevo che sarebbe stata una pessima idea…” sibilò tra i denti. “Come? Hai detto qualcosa, Yuki?” Shiemi lo aveva sentito borbottare e si era avvicinata innocente, “No. Nulla.” La scialacquò il professore accelerando il passo. Lamia ridacchiò davanti alla misera reazione della ragazza, sull’orlo del pianto per essere stata così brutalmente messa da parte. Lilith era persa nei suoi pensieri in fondo alla fila. Guardava col naso per aria la serie interminabile di archi rosso vivo del sentiero per il tempio. Anche in quell’occasione, Rin non riuscì a trattenersi da fare foto. “Lilith, guarda qui!” disse andandole alle spalle col telefono alzato. Rubò uno scatto della ragazza voltatasi con un’espressione da ebete in volto. “Ah! Cancellala, non so che faccia ho fatto!” la ragazzina abbassò lo sguardo avvicinandosi al ragazzo per sbirciare il telefono tutta agitata. “Sei venuta benissimo, tranquilla!” ribatté lui tutto contento. “Non è giusto…” Shima si era voltato a guardarli con un muso da cane bastonato, “Anche io voglio una foto di Lilith!” disse saltellando sorridente avvicinandosi alla ragazza. “Eh, ecco… No.” Lilith scossò la testa premendo forte le labbra. Ne aveva avuto abbastanza e non poteva rischiare che qualcosa di sconveniente venisse immortalato su telefoni altrui. Per esempio la sua coda, nel malaugurato caso di un’angolatura sbagliata. “Dai… Ti prego, sei così carina…” Shima insistette guardandola facendo il finto imbronciato. Al che la ragazzina sentendosi lusingata non riuscì più a rifiutare. “Oh beh… Se la metti così…” Le adulazioni la mandavano in visibilio e la sua intelligenza ne risentiva parecchio. Si lasciò scattare una foto stando impettita come un manichino al centro del viale. “Oh, sì! Perfetta!” sorrise gaio Shima facendo una piroetta tutto contento, “E ora Lamiaa~” saltellò via chiamando sua sorella. Lilith sgranò gli occhi oltraggiata. “Stammi alla larga.” Sbuffò la donna sentendolo arrivare di corsa, “Ti prego, ti prego, ti prego!” la supplicò in vano Renzou senza ottenere la grazia. “Spiacente ma non sono civettuola come mia sorella.” Sbirciò verso Lilith con la coda dell’occhio facendole gonfiare le guance d’aria. “Che delusione…” sospirò il ragazzo decelerando il passo tornando accanto ai compagni. “Che succede, Shima?” Koneko lo guardò in quegli occhi abbattuti, “Ecco io…” sospirò il ragazzo, “Volevo un bel primo piano di quelle tette giganti.” “Santo cielo, siamo in un luogo sacro!” sbottò Koneko arrossendo violentemente mentre Ryuji accanto a loro alzò gli occhi al cielo. Izumo guardò il trio di sbieco e quando Suguro incrociò per caso il suo sguardo, tornò a guardare davanti a sé drizzando il sedere.
All’ora di pranzo, trovarono un ristorantino tipico in cui pranzare. Tutti seduti al tavolo con le fotocamere o cellulari posati a lato del piatto trasudavano l’essenza di turisti da tutti i pori. Yukio sospirò guardando il fratello al suo fianco. Si stava impendendo di guardare davanti a sé e il motivo era molto semplice. Lamia si era seduta di fronte a lui e sorrideva maliziosa senza staccargli gli occhi di dosso. “Che prendete, ragazzi?” chiese Shima aprendo il menù davanti al naso, “Cos’è il mochi?” arricciò il naso Lilith e Lamia le tirò un calcio sotto al tavolo. “Non fare domande stupide.” Sibilò la donna tra i denti. La ragazzina trattenne un urlo a fatica. “Non sai cos’è il mochi?” Rin si voltò a guardarla con gli occhi sgranati. “Eh? Ah no, certo che lo so. Ne prendo tre.” Disse velocemente Lilith mangiandosi le parole mentre richiudeva il menù. “Pranzi con solo… Quello?” Rin era ancora incredulo ma la ragazza non aggiunse altro sudando freddo. Lamia fece solo finta di leggere la carta e non ordinò niente. Nessuno osò obiettare, trattandosi di lei. Anche se ci furono degli sguardi sospettosi in zona Kamiki. Quando arrivarono le pietanze, Lilith capì subito il perché dello sgomento dei ragazzi. Il mochi era un ammasso molliccio non ben definito. Dolcissimo. Ficcandosene una manciata in bocca provò sensazioni contrastanti. Rimase col boccone in bocca un minuto buono cercando di capire se le piacesse o meno. In ogni caso ne doveva finire tre piatti. Pianse internamente. Lamia la guardò di sottecchi sorseggiando un bicchiere di acqua fresca per poi tornare a guardare Yukio intendo a mangiare. Il ragazzo non sollevava gli occhi dal piatto nemmeno per partecipare alle conversazioni. Cercò di attirare le sue attenzioni leccando il bordo del bicchiere molto lentamente ma non ottenne risposta. Cominciava ad annoiarsi di quel tour. “Dopo cosa vediamo?” chiese Shiemi prendendo un boccone da una delle ciotoline del suo pranzo, “Voglio visitare il tempio dei Mille Buddah.” Disse Suguro abbuffandosi di riso, “Suguro, sei nato e cresciuto qui, tu non conti.” “Come no!? Amo quel posto, voglio tornarci già che ci sono!” sbottò rispondendo in malo modo alle obiezioni di Izumo. “Ragazzi, non litigate…” sospirò Yukio continuando a mangiare, “Abbiamo tutto il tempo di visitare…” la frase gli morì in gola. Serrò la bocca sgranando gli occhi e alzò il capo fissando Lamia. Sotto al tavolo stava succedendo qualcosa. La donna alzò un sopracciglio sogghignando sensuale. Gli stava facendo piedino con accurata insistenza. Quel contatto stava dando i brividi a Yukio che ebbe bisogno di bere un intero bicchier d’acqua tutto d’un fiato per non soffocarsi col cibo. Lilith era ancora alle prese col suo Mochi che a forza di mangiare stava addirittura piacendole. Non si stava rendendo contro di nulla. Finalmente il signorino Okumura stava dando attenzioni a Lamia. Anche se la sua faccia sembrava imporle di fermarsi. Provò a scostare la gamba ma la succube trovò il modo di continuare a infastidirlo. Un brivido violento lo agguantò dietro la nuca facendolo balzare sul posto. Dette una botta al tavolo facendo rimbalzare le ciotole di tutti. “Yukio?” Rin lo guardò biascicando con la bocca piena. Al che il ragazzo si alzò in piedi di scatto strisciando la sedia all’indietro. “Vado a pagare. Offro io. Vi aspetto fuori. Mangiate con calma.” Parlò a macchinetta prendendo la sua tracolla rapido avviandosi verso la cassa. I ragazzi smisero un attimo di masticare guardando attoniti il professore fuggire. “Grande prof!” nel silenzio, Shima alzò la scodella di riso come per brindare in suo onore.
L’ultima tappa del pomeriggio fu la famosa torre di Kyoto. Arrivarono in cima prendendo l’ascensore e una volta giunti al piano panoramico, i ragazzi si sparpagliarono per vedere la bellissima Kyoto dall’alto. “Il Toraya deve essere laggiù!” squittì Shiemi indicando un punto lontano premendo un dito sul vetro. “È esattamente dalla parte opposta.” Izumo mandò in frantumi l’entusiasmo della ragazza con una semplice frase. I grandi finestroni circondavano tutto il perimetro aprendo una vista a tutto tondo sul panorama. L’orizzonte si scioglieva nel blu del cielo limpido. Yukio stava alla larga da Lamia come se temesse il contagio dalla peste. Cominciava a non riuscire più a nascondere il tremore. A soli due giorni dal limite era tornato a sentir mancare l’aria in sua presenza. "Lamia, smettila di giocare con lui.” Lilith si fermò al suo fianco guardando il paesaggio con le mani poggiate al vetro. “Giocare? E chi gioca?” la donna incrociò le braccia fissando il riflesso nel vetro di Yukio girato di spalle all’altro capo della sala. “Lamia…” la sorella la ammonì guardandola di sbieco e la donna sbuffò roteando gli occhi. “Se solo lui si sciogliesse un po’ non mi verrebbe tutta questa voglia di molestarlo.” “Lamia!” questa volta Lilith si voltò a occhi sbarrati. “Che c’è? Non ho mica detto sessualmente.” “LAMIA!” urlò la sorella facendo voltare i presenti verso di loro. “Ops.” Si ricompose tornando a guardare il cielo. “Anche se…” Lamia si grattò il mento pensierosa. La ragazzina trattenne un sibilo stringendo fortissimo le labbra. Kamiki si era avvicinata a uno dei binocoli a gettoni con l’intento di provarlo ma senza volerlo aveva intercettato lo stesso mirato da Ryuji. Misero contemporaneamente la mano sulla bocchetta e si guardarono con gli occhi sgranati e il viso viola. Ovviamente non poterono che finire a urla. Gli schiamazzi coprirono la voce delle sorelle Evangeline che ora poterono parlare di certi argomenti con più tranquillità. Col centro dell’attenzione occupato da altri, la minore riprese in mano il discorso. “Lamia… Dovresti baciarlo.” “Non ancora. Devo aspettare il settimo giorno.” “Ma… No niente…” “Ma?” “Ho detto niente…” “Non fare l’idiota.” La donna la guardò storto. “Ecco… Non è strano che Yukio non dimostri alcun desiderio nei tuoi confronti?” non ci fu risposta. Lamia guardò i palazzi sotto di loro masticandosi un labbro. “Voglio dire… Ormai dovrebbe saltarti addosso.” “È la prima volta che mi succede.” Ammise la sorella aggrottando le sopracciglia. “Non te lo so spiegare.” Aggiunse facendo spallucce. “Comunque è meglio così. Mi piace giocare un po’ con le mie prede.” Sogghignò guardando Lilith improvvisamente sbiancata. “Che c’è?” Lamia alzò un sopracciglio studiandola a fondo, “Nulla… Pensavo.” “Amaimon?” alla ragazza si accapponò la pelle. “Mi leggi nel pensiero!?” sbottò la piccola guardandola sconvolta. Lamia ridacchiò maligna facendo spallucce, “Oh, per me sei come un libro aperto.” Disse tutta tranquilla. “Credo mi stia aspettando.” “Beh, direi.” “Lui vuole già di più.” “Che vuoi che ti dica? Daglielo.” “Lo sai che non posso!” strinse i pugni Lilith e Lamia la guardò con la coda dell’occhio serrando la bocca. “Non devi frenarti per la vecchiaccia.” “Devo.”. Silenzio. La donna sospirò scossando lievemente il capo, “In ogni caso… Sai con chi dovresti parlarne.” “Che casino.” La ragazzina chinò il capo sconsolata. “Sai se torniamo a Tokyo domani?” “Forse.” “Devo essere pronta.” Sospirò. “Vuoi sapere una cosa?” Lamia dette le spalle al paesaggio poggiandosi alla finestra a braccia incrociate, “Ieri sera mentre tornavo in stanza mi sono imbattuta proprio nel nostro simpatico amico.” “Mephisto?” “Già…” le parole di Lamia accesero l’interesse di Lilith che la guardò intensamente. “E non immaginerai mai che stava facendo.” “Se era con Shura non lo voglio sapere.” “Oh no, niente affatto.” Schioccò la lingua la sorella, “Era tutto solo e ti guardava.”. La piccola spalancò gli occhi sbigottita. “Esatto… Ti osservava tutto cupo mentre te ne stavi in giardino. Non penso che abbia ancora lasciato il Toraya.” Lilith non rispose guardando in basso. “E forse so anche il perché.” Continuò a parlare Lamia sorridendo maliziosa, “Penso proprio che tu non sia l’unica ad avere qualcosa da dire.”.

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Capitolo 26
*** Capitolo XXVI ***


CAP 26

Verso le sei di sera, l’allegro gruppo di turisti per caso era quasi giunto alla locanda. Yukio guidava i ragazzi come una chioccia coi pulcini e sembrava determinato a stare in testa a tutti in solitudine pur di non rischiare di nuovo qualche scherzetto da parte di Lamia. Per oggi lo aveva messo abbastanza in imbarazzo. Quel piccolo ritorno alla normalità lo aveva in un certo senso fatto sentire meglio. Rin non era morto, e sembrava filare tutto per il meglio. Non si aspettava di certo che Lilith lo stesse fissando per fare un certo discorsetto proprio sulla sorella. La ragazza attendeva pazientemente il momento più adatto. Camminava dietro a Yukio in silenzio, mentre Lamia era rimasta in fondo alla fila pensierosa. Stava ponderando se avvicinarsi o no di nuovo al ragazzo. Vedendo la sorella approcciarlo era intenta a studiarli da lontano. Gli altri invece chiacchieravano a gran voce schiamazzando come tutti i ragazzini della loro età. Il fulcro delle sciocchezze erano Shima e Rin, come da prassi. “Yukio.” Mormorò Lilith facendolo rabbrividire. Lui la guardò con la coda dell’occhio deglutendo. “Appena puoi, ti devo parlare.” Disse in un sussurro per poi indietreggiare. I muscoli del ragazzo tornarono a irrigidirsi ma con una perfetta faccia da poker non disse beo annuendo rapido. “Quindi domani si torna a Tokyo?” domandò Shiemi camminando accanto ai ragazzi, “Credo di sì.” Rispose Ryuji guardando dove metteva i piedi, “Oh no, che peccato!” sbuffò Shima, “Dovevamo ancora andare in piscina!”. Lilith sentendo la parola piscina sussultò guardando fisso davanti a sé dando loro le spalle. L’ultima cosa che le serviva era farsi vedere in costume da bagno. Sarebbe stata la sua rovina. Arrivati al Toraya, i giovani entrarono uno per uno al suo interno, scortati da Yukio rimasto all’entrata per far la conta. Non che in realtà servisse ma Lilith ne approfittò per accodarsi a Lamia e restare ultima. La donna la guardò di striscio un po’ sospettosa e quando sfilò accanto a Yukio gli rivolse la medesima occhiata senza però risparmiare un occhiolino accattivante. Il ragazzo si lasciò sfuggire un grosso sospiro cercando di mantenere i nervi saldi. Intanto la sorella avanzava a testa china lentamente, attendendo che nessuno oltre Yukio fosse nei paraggi. Quindi, non appena pestò la linea della porta, con una mano agguantò la maglia di Lamia davanti a lei e con l’altra il colletto di Yukio trascinandoli in disparte. “Oi!” protestò il professore sgomento, “Urge una riunione.” Disse Lilith fissando entrambi negli occhi troncando ogni lamentela.
“Ci voleva proprio un giro turistico!” sospirò Shima soddisfatto lanciandosi sul suo futon. “Shima, metti un po’ in ordine per favore.” Lo ammonì Konekomaru scrollando il suo lenzuolo, “Ogni cosa a suo tempo…” fischiettò il compare prendendo una rivista osé da sotto il cuscino, “E quella da dove sbuca!?” “Un vero uomo non svela mai i propri segreti.” Sorrise sornione Renzou voltando pagina. “Ehh! Fa vedere anche a me!” Rin si buttò accanto a lui con gli occhi che brillavano. “I soliti bambini.” Commentò Izumo sporgendosi dal paravento che aveva messo come divisione tra il suo e il loro mondo. Era intenta a sistemare le sue cose in valigia in previsione dell’imminente partenza. Ryuji entrò nella camerata dopo un po’ e aveva un’aria estremamente serena. “Oi, Bon!” lo salutò Shima alzando gli occhi dalla rivista, “Bon…” Koneko lo guardò avvicinarsi ai loro letti, “Ho parlato con mio padre.” Disse il ragazzo guardando altrove. “Apriti cielo!” alzò le braccia Rin entusiasta. Suguro cambiò espressione innervosendosi ma senza dire nulla arrossì in imbarazzo. Izumo lo guardò in silenzio nascosta dietro il divisorio. “Izumo, è tuo lo shampoo?” Shiemi interruppe la sua concentrazione porgendole una boccetta azzurra, “Sì, dammelo.”, la ragazza glielo strappò di mano arrossendo violentemente.
“L’altra notte. Cos’è successo?” Lilith squadrò Yukio da capo a piedi accennando a Lamia. “Lilith, come sei perversa!” la donna si portò una mano alla guancia fingendosi imbarazzata. Il ragazzo però non cedendo a quel doppio senso la guardò di sbieco stringendo le labbra. “Allora?” insistette la ragazza sempre più seria. “Ti prego di precisare il contesto.” Rispose Yukio in modo fin troppo distaccato. Al che Lilith guardò sua sorella deglutendo sommessamente. “Eri presente quando Lamia ha perso il controllo?”, a quella domanda Yukio strabuzzò gli occhi ricordandosi della lotta contro Todo e del terrore che aveva provato per Lamia in quelle condizioni. “Sì.” Rispose secco sistemandosi gli occhiali sudando freddo. “Lamia non ricorda nulla di cosa sia successo. Per quello ho voluto prendere entrambi in disparte…” la ragazzina tentò di alleggerire l’atmosfera girandoci un po’ intorno. Ma ottenne l’effetto contrario. Yukio infatti era teso come una corda di violino. “Sei forse a conoscenza del motivo della sua perdita di controllo? Chi altro l’ha vista in quelle condizioni?” le domande di Lilith suonarono come un campanello d’allarme nella testa del ragazzo che si allargò il colletto della camicia boccheggiando. Lamia lo fissava in silenzio. Era curiosa anche lei di sapere. “Credo sia stata tutta colpa mia.” Ammise infine il professore abbassando lo sguardo. “Ho rifiutato di darle il mio collo per nutrirsi, scambiandolo con sue misere fiale del mio sangue. Non potevo però immaginare che sarebbe sfociato in questo.” Continuò a parlare torvo. Lilith ascoltava in silenzio cercando di non perdere le staffe. Il quadro stava prendendo forma a poco a poco. Pezzo dopo pezzo cominciava ad esserci chiarezza logica. “Mi dispiace.” Concluse senza guardare le ragazze negli occhi. “Visto? Impara ad ascoltarmi, bambolo.” “Lamia!” l’ammonì la sorella tirandole un cuccio. “No ha ragione. Per quanto l’essere a suo servizio sia ahimè una condizione obbligata dovevo capirlo prima che scherzare con le esigenze di un demone porta alle sue conseguenze.” Sospirò Yukio guardando in basso. “Come ho già detto un volta, mi avete proprio incastrato per bene.” Fulminò prima l’una poi l’altra. “Però voglio che sia chiara una cosa. Io non ho intenzione di prestarmi al vostro gioco per sempre.” Aggrottò le sopracciglia facendo sussultare Lilith. “Oh beh, mi spiace ma al battesimo non ci si ribella…” “Se tu morissi però il patto verrebbe sciolto.” La guardò incredibilmente serio. Lamia sgranò gli occhi ammutolita. “Yukio, non dirai sul serio!” la minore spalancò la bocca incredula. Aveva il cuore a mille. “Sparami allora. Avanti. Uccidimi se ci riesci.” Lo provocò la donna incrociando le braccia. Il ragazzo perse la sua faccia di bronzo spalancando le palpebre interdetto. “Vediamo chi muore per primo, ti va?” continuò Lamia, “Lamia, Yukio. Calmiamoci. Non ho cominciato il discorso per finirlo in questo modo…” Lilith provò a recuperare la situazione ponendosi tra i due. “Non è così che dev’essere. Yukio ti prego… Aiutaci! E tu Lamia… Smettila di giocare con lui e rispetta anche i suoi bisogni.” “Ti ho già detto che non gioco!” “Ti prego!” “Silenzio.” La voce di Yukio le zittì entrambe. “Lilith, se non hai altre domande vorrei andare.” “Non hai ancora risposto a una delle due.” La ragazza si ricompose prendendo fiato, “C’è qualcun altro che l’ha vista?”. Silenzio. Yukio si morse un labbro ricordando la radura in fiamme. “Saburota Todo.” Confermò ciò che Mephisto le aveva già detto. “Questo Todo è ancora vivo per… raccontarlo?” “Non lo so. È scomparso nel nulla… Credo sia morto.”. Le sorelle si guardarono a vicenda titubando. “Grazie…” disse poi Lilith chinando il capo. “Bene io…” “Yukio, un’ultima cosa.” Lo fermò la ragazza, “Anche se Lamia è quella che è… Il partner di una succube per quanto possa significare è sempre in una botte di ferro. Ti proteggerà anche a costo della vita quindi… Non scherzare. È un bene per tutti.” Le parole di Lilith riaprirono un frammento di ricordo nella testa del ragazzo. Rivide in un flash la donna saltare al collo di Todo per salvarlo. “Lilith, ma che d…” la ragazza tappò la bocca alla sorella arrossita di colpo. Yukio era rimasto immobile coi pugni serrati a rimuginare in silenzio. “Ho capito.” Disse poi serio. “Anche voi per quanto mi riguarda siete al sicuro. E dubito che Lord Pheles mi lascerebbe farvi del male, anche se volessi.” Con un mezzo sorriso tornò sui suoi passi entrando nella locanda. “Che accidenti voleva dire?” Lamia alzò un sopracciglio mentre Lilith si abbandonò a un sospiro di sollievo. “Che grazie a questa chiacchierata forse gli verrà meno voglia di opporsi.” Disse confortata. 
La mattina seguente, Lilith si svegliò prima di chiunque altro. Era a malapena l’alba ma gli occhi le si erano spalancati all’improvviso. Aveva fatto un sogno assurdo, per certi versi un incubo. Una croce raffinata apparsa in una coltre di nebbia l’aveva terrorizzata. “Era solo un sogno…” si tranquillizzò asciugandosi il sudore. Intorno a lei russavano tutti della grossa, anche Lamia. La donna aveva il cuscino sulla faccia onde evitare la letale luce solare che di lì a poco avrebbe invaso la stanza. Com’era previdente… “Lam…” Lilith si morse la lingua trattenendosi dallo svegliarla. Non l’aveva più sentita lamentarsi per la fame ma non toccava il sangue di Yukio da un pezzo. Sapeva solo che aveva attaccato quel Todo due giorni prima e ancora doveva fare chiarezza su di lui. Era scomparso ma non erano sicuri che fosse morto. Yukio le era sembrato molto incerto. Al che si alzò dal letto con molto garbo per prendere una boccata d’aria. Sistemò alla meglio le lenzuola e vestendosi nella penombra uscì quatta quatta. Chiuse la porta alla sue spalle con le mani della festa e in punta di piedi raggiunse la hall. Non c’era anima viva. Si prese del latte alla fragola alle macchinette senza fare il macello della sorella e uscì in giardino sorseggiando la bevanda. Osservò il sole sorgere seduta sotto il porticato. “Ultimo giorno a Kyoto, mh?” una voce famigliare la destò dai suoi pensieri. “Mephisto!” la ragazzina si voltò sgranando gli occhi trovandoselo davanti. Lui se ne stava appoggiato al muro a braccia conserte e la guardava sogghignando. “Sei ancora qui?” balbettò lei alzandosi in piedi. “Oh, ti prego… Non volevo disturbarti. Accomodati pure.” L’uomo alzò una mano pregandola di sedersi di nuovo. “Non pensavo ci fosse qualcuno sveglio a quest’ora…” Lilith abbassò lo sguardò tornando a sedersi con grazia. “Già, nemmeno io lo pensavo…” Mephisto fece qualche passo andando ad accomodarsi accanto alla ragazza. Ci fu un lungo silenzio e l’aria si fece un po’ tesa. “Beh?” disse ad un certo punto Lilith guardandolo. “Beh?” la guardò lui alzando un sopracciglio divertito, “Tu perché sei qui?” domandò innocentemente lei guardando il prato, “Qui… in cortile?” l’uomo premette le labbra tra loro un po’ sconcertato dalla domanda, “No… Perché sei rimasto alla locanda fino ad oggi?” “Oh… Oibò, domanda interessante.” Schioccò la lingua fissando l’orizzonte. “Perché invece non mi dici cosa ti ha portato a destarti a questa ora grama della mattinata?” “Cambi sempre discorso, eh?” lei lo guardò di sottecchi con un mezzo sorrisetto. “Avanti, so bene che tu e tua sorella apprezzate dormire a lungo… Atteggiamento insolito ma affascinante per uno come me.” “Perché? Cosa ci trovi di affascinante nel dormire ore e ore?” “Semplice, il guardare.”. Lilith si voltò di scatto arrossendo, “Co…Come? Stai dicendo che…” balbettò cercando di creare una frase di senso compiuto, “Che… Ecco…” “Se ti ho mai guardata dormire?” chiese Mephisto intuendo il succo del discorso, la sua espressione era alquanto deliziata, di tutta risposta Lilith annuì a scatti rossa come un pomodoro, “Non come vorrei in realtà.” Ammise l’altro facendo spallucce con un mezzo ghigno stampato in faccia. La ragazza si morse un labbro fissandolo senza parole. “Io credo… Beh credo che guardare dormire le persone sia la cosa più inquietante di tutte.” Disse finalmente mangiandosi qualche parola per l’imbarazzo. “E perché mai? Se si tratta di un gioiello di ragazza come te è tutt’altro che inquietante.” Ammiccò l’uomo compiaciuto non facendo altro che peggiorare il rossore delle gote della diretta interessata. “Intendevo inquietante per chi viene guardato, insomma… Non sai mai che faccia puoi fare quando dormi.” “Mh?” “Ma sì… Ad esempio quando fai un incubo non oso immaginare… Lamia a volte fa dei certi musi su cui è meglio sorvolare.” A quelle parole uscì un verso di velato disgusto dalla bocca di Mephisto. “Ops, pardon. Che Maleducato che sono… Continua…” “Dicevo…” deglutì Lilith, “Non deve essere un bello spettacolo. Proprio no.” “Come ti sbagli, mia cara…” l’uomo le prese delicatamente una ciocca di capelli. Doveva avere una fissazione coi suoi riccioli in quanto toccarli sembrava essere il suo passatempo preferito quando le era abbastanza vicino per farlo. “Si può sapere perché mi tocchi sempre i capelli?” chiese un po’ infastidita Lilith scostandosi impercettibilmente, “Chi lo sa? Attrazione forse…”. Ogni cosa che le diceva lui le facevano girare la testa. “Come fai a dire certe cose senza imbarazzarti?” si riprese la ciocca di capelli con due dita, “Credo venga naturale in certe circostanze. Poi sono un ottimo attore.” “Ah si? Quindi fingevi anche con Shura...” “In che senso anche?” “Se stai giocando nel tuo ruolo di attore in questo momento, lo hai fatto anche con lei?” “Oh, non mi dire… Hai davvero frainteso allora…” “Che avrei frainteso?” Lilith lo guardò inclinando la testa di lato incrociando le braccia. “Semplice…” mormorò il demone con voce molto profonda avvicinandosi drasticamente, “Se con la professoressa Kirigakure non ho mosso un muscolo è perché stavo ottenendo informazioni molto importanti… Per la cronaca ha iniziato lei per finta.” “Quali informazioni?” sussurrò la ragazza tra i denti, “Pare che abbia dei sospetti su di voi.” Il sangue di Lilith le si gelò nelle vene. “Cosa!?” sibilò con voce strozzata. “Già… È anche per questo che sono rimasto.” Lei non rispose. “Che dobbiamo fare io e Lamia?” balbettò dopo un minuto di silenzio. “Di base nulla. Non ha alcuna prova ergo vedete di non dargliela.” Rispose a bassa voce, “E se nel caso doveste venire allo scoperto, ci penserò io. Ma potrebbe essere un guaio per tutti.” Socchiuse gli occhi sempre più vicino alla ragazza. “Capito…” mormorò Lilith guardandolo dritto negli occhi. “Ci sono altri motivi per cui sei rimasto?” chiese con un filo di voce, “Certamente… Ma se prima vogliamo tornare al discorso di poco fa…” studiò i suoi grandi occhi dorati, “Con te mi è molto difficile fare finta. Solo perché tu lo sappia e ti tolga ogni futile dubbio.” La sua voce roca la fece rabbrividire. “Seconda cosa… Dovevo assolutamente avvertirvi di ciò che ha in mente di fare la professoressa Kirigakure in giornata…” si allontanò lentamente dal volto di Lilith senza smettere di guardarla. “Cosa sai?” la ragazza socchiuse la bocca cominciando a grattarsi le pellicine delle unghie. “Ecco…” “Lilith? Lord Pheles, che ci fa lei qui?” Ryuji in tuta da corsa era comparso sulla soglia del cortile con un asciugamano attorno al collo. “Oh! Giovane cadetto!” Mephisto saltò immediatamente in piedi salutandolo con una piroetta, “Vedo con piacere che ti stai tenendo in forma.” “Eh… Ah, certo signore. Ogni mattina mi dedico alla corsa per cominciare la giornata nel pieno delle forze.” “Eccellente, continua così. Buon proseguimento!” facendo l’occhiolino a entrambi sparì in una coltre di fumo. Lilith era rimasta attonita. Fissava a occhi sgranati la nuvola dipanarsi senza fiato. Per un attimo maledisse Suguro dentro la sua testa. Che cosa avrebbe fatto Shura in giornata di tanto pericoloso per loro!? Si voltò lentamente a guardare il ragazzo asciugarsi il sudore dalla fronte con la pezza. “Oi.” Le disse lui vedendola sbiancata, “Tutto bene? Spero di non… Avere interrotto niente.” Arrossì lievemente al pensiero mollando l’asciugamano. Lei scossò la testa senza dire nulla ma dentro di sé aveva una tempesta. “Ecco…” Ryuji poté quasi tastare l’imbarazzo con mano e trovandosi in quella situazione non seppe come defilarsi. L’impulsività ce l’aveva cacciato ahimè. “Tu e il preside siete cosa..? Amici?” “Una specie.” Lilith si voltò rapida verso il giardino sudando freddo. “Vi vedo spesso assieme ed è un pensiero naturale da fare. Suppongo.” “Supponi bene.” Rispose come un automa. Ci fu un attimo di silenzio tombale e immobilità assoluta da parte di entrambi. “Sei mattiniera a quanto vedo.” “Già, anche tu.” “Sì.”. Altro silenzio incolmabile. “Bene. Credo che andrò a lavarmi prima che si sveglino gli altri. A dopo.” Suguro finalmente si defilò sudando per l’imbarazzo della situazione agghiacciante lasciando Lilith sola soletta. “Accidenti.” Digrignò lei i denti sbuffando.
“Lamia, svegliati dobbiamo andare!” la sorella la scossò violentemente cercando di toglierle il cuscino dalla faccia. Era l’unica ancora addormentata e sembrava non voler mollare la presa dal mondo dei sogni. “Lamia!” “Non rompere!” strillò la succube arrotolandosi nelle coperte. I compagni di stanza le guardavano attoniti ormai tutti pronti per partire. “Lamia, che figura mi fai fare!?” sibilò Lilith ficcando la testa tra le lenzuola della donna per ripescarla a fatica. Ci vollero dieci minuti buoni per convincerla ma quando finalmente uscirono in strada, erano tutti impegnati nel congedarsi da amici e famiglie del Toraya. La stessa Shura era occupata a ringraziare la madre di Ryuji per l’ospitalità mentre altri esorcisti si stavano organizzando in squadre per il ritorno. “Che bordello.” Commentò Lamia sistemandosi gli occhiali. “Stamattina non c’era tutto questo caos…” osservò Lilith camminando al suo fianco. “Perché? Che hai fatto stamattina?” “Guten morgen! ⋆” Mephisto si materializzò davanti a loro facendole saltare. “Cristo santissimo, pizzetto! Che diavolo ci fai ancora al Toraya!?” sbottò Lamia che aveva quasi perso gli occhiali nel balzo. “Lilith, ti chiedo venia con tutto il cuore.” “Senti coso, non ignorarmi, chiaro?” “Mephisto…” mormorò la sorella e Lamia sentendosi il terzo incomodo sbuffò roteando gli occhi. “Lamia…” l’uomo la salutò con un cenno di capo ma lei lo guardò storto. “Sei sicuro di poter stare qui davanti a tutta sta gente?” chiese agitata Lilith, “Shh… Abbassate la voce… Certamente che posso, sono l’unico e il sommo Lord Pheles. E poi sapete com’è, a mali estremi rimedi estremi.” “Di che sta parlando?” Lamia si rivolse direttamente alla sorella pagando l’uomo con la sua stessa moneta ignorandolo. “Che ha intenzione di fare Shura?” domandò allora serissima la ragazza, “La racchia!?” saltò su Lamia strabuzzando gli occhi. “Da quando in qua parliamo di lei!?” “Lamia, non è il momento…” “Lamia non è il momento, oh! Come se fosse mai il momento per Lamia.” “Non fare la bambina.” “Ma guarda! Il bue che da de cornuto all’asino!” “Ragazze.” Mephisto le richiamò all’ordine, “State urlando.” “Scusaci!” Lilith fece un inchino rapido ammutolendo. “Purtroppo è inevitabile, ma non temete non smetterò di sorvegliarvi nemmeno per un secondo.” “Che?” le sorelle si guardarono confuse, “Che sta succedendo, pizzetto?” Lamia alzò un sopracciglio fulminandolo. “Beh, il punto è che…” “Signori, ascoltatemi tutti!” Shura si sbracciò tra gli esorcisti attirando l’attenzione dei presenti. Mephisto smise di parlare serrando la bocca pietrificato, “Ora saliremo tutti sui pullman diretti alla stazione dove prenderemo il treno per l’accademia…” sogghignò la donna con uno sguardo furbetto, “E invece no! Se è quello che pensate vi sbagliate di grosso!” batté le mani entusiasta, Lilith e Lamia si guardarono buttando poi l’occhio verso Mephisto irrigiditosi accanto a loro, “Partiamo per il mare!”.
“Pizzetto, sei morto.” Lamia fissò il negozio di costumi davanti al quale Shura aveva mollato gli studenti. Pizzi e merletti da tutte le parti, tinte pastello e bikini da scolarette la stavano rivoltando. Lilith accanto a lei aveva gli occhi sgranati e fissava attonita quel panorama come una visione psichedelica dovuta a dei funghi allucinogeni. Mephisto invece non sembrava turbato più di tanto, si limitava a sudare freddo per la situazione che ne sarebbe derivata. Spiaggia, costumi da bagno e code in bella vista. “Hey, ma voi avete idea del perché ci sia anche il preside con noi?” bisbigliò Shima all’orecchio degli altri ragazzi nascosti dietro al reparto uomini. Si erano un po’ tutti dispersi nel negozio per comprarsi un costume da bagno. “Non lo so. L’ho visto anche stamattina molto presto.” Rispose Ryuji prendendo un costume dallo stock. “Sta sempre con quelle due… Avete notato?” “Non sei stato proprio tu stesso a dire una volta che con tutta la presidenza che si sono fatte ormai dovevano essere diventati amici?” “Si ma… comprare costumi da bagno assieme non vi sembra… Eccessivo?” “Quel tizio è strano.” Saltò su Rin con gli occhi a mezz’asta, “Ignoriamolo per favore.” “Sì, forse è meglio.” I ragazzi si guardarono sconcertati. Intanto le ragazze si erano addentrate tra i meandri dell’universo dei bikini e non riuscivano più ad uscirne. Kamiki aveva trovato tutte taglie troppo grandi mentre Shiemi l’esatto opposto. La prima stava odiando l’altra nel profondo dell’anima. “Izumo! Dove sono Lilith e Lamia?” “Non lo so e non lo voglio sapere.” Rispose lei prendendo l’ennesimo costume da provare. In quel momento vide passare le sorelle scortate da Mephisto qualche scaffale più lontano. “Eh? Il preside le sta aiutando?” osservò Shiemi sorpresa, “Non facciamoci domande.” Rispose secca Izumo sconcertata. “Mephisto… Come facciamo con… Beh, quella cosa?” “Che schifo, volete farlo nei camerini?” i due si voltarono di scatto verso Lamia disgustata. “Ma perché non capisci mai niente?” alzò gli occhi al cielo Lilith sotto lo sguardo attonito di Mephisto. “Yukio! Oi!” Rin si sbracciò per chiamare il fratello arrivato al negozio. “Rin…” il ragazzo ci mise piede titubante avvicinandosi ai ragazzi. “Shura ha incastrato anche te, eh?” “Già…” sospirò. Con la coda dell’occhio vide Lamia aggirarsi nel reparto femminile e deglutì cercando di ignorarla. Sesto giorno dal bacio. “Pizzetto, qui fa tutto schifo.” “Degustibus.” Rispose l’uomo prendendo un paio di costumi fru-fru da far provare a Lilith. Si stava sbizzarrendo. “Mephisto, non posso provarli tutti…” si lamentò la ragazza con già una montagna di costumi in braccio. “Sono tutti rosa poi…” “Orsù non disdegnare, ho sempre desiderato una bambolina da vestire.” “L’ho sempre detto che avevi tendenze strane.” Commentò Lamia trovando un due pezzi molto provocante. “Te l’ho mai detto che sei irritante?” “Forse, una volta me lo hai accennato.” “Allora ribadisco.” I due si guardarono in cagnesco aspettando Lilith di ritorno dai camerini. “Sono pronta…” la ragazza uscì dallo stanzino con indosso il primo costume della serie. Sembrava un confetto ma non si sporse più di tanto nascondendo la coda dietro la schiena appoggiandosi alla tenda. “Ahhh! Ti prego ballami lo schiaccia noci!” Lamia non appena la vide scoppiò a ridere senza ogni contengo cadendo quasi per terra. Mephisto invece la pensava all’esatto opposto e la guardava con gli occhi che brillavano. “Oh sì! Moe al punto giusto! Avanti il prossimo!”, Lilith arrossendo tornò in camerino per cercare nella montagna datale dall’uomo qualcosa di più sobrio. Lamia intanto aveva trovato il suo costume. Un bel due pezzi nero con un intreccio nel perizoma, sensuale come piaceva a lei. “Ho trovato il mio!” annunciò a Mephisto sventolandogli l’indumento davanti al naso. Lui alzò un sopracciglio davanti alla proposta astenendosi dal commentare. “Immagino che la coda la coprirai con del nastro adesivo, colorato magari.” La criticò cinico in un bisbiglio, “Prova ad essere più creativo, avanti.” Lo provocò Lamia incenerendolo con lo sguardo, “Pardon, non pensavo volessi infilartela su per il…” “Come sto con questo?” Lilith uscì dal camerino con un due pezzi bianco a frappe. “Splendido.” Disse secca Lamia senza emozione. “Eccellente!” batté le mani l’altro quasi commosso. “Per quanto riguarda la coda…” Mephisto si grattò il pizzetto abbandonando gli scherzi, “Ecco qua!” prese da uno scaffale due parei variopinti. “Per voi!” li porse alle ragazze velocemente. “Et voilà, che stilista che sono!” si pavoneggiò compiaciuto. “Immagino che allora pagherà il signor stilista queste cose.” Lamia alzò un sopracciglio sbirciando il cartellino col prezzo. Lilith impallidì rendendosi conto della cifra. “Avete fatto?” Shura comparve alla porta del negozio guardandosi intorno. “Presto!” Lilith si legò il pareo in vita sudando freddo prima che potesse entrare. “Andata, paghiamo. Coraggio!” balbettò sparendo di nuovo in camerino. In una frazione di secondo tornò allo scoperto di nuovo coi vestiti addosso e mollando gli indumenti da mare in braccio a Mephisto si avviò rapida all’entrata. “Grazie, Mephisto!” disse in un turbine. “Grazie, pizzetto.” Anche Lamia mollando i suoi acquisti in braccio a lui se ne uscì di tutta fretta. Mephisto abbassando lo sguardo strabuzzò gli occhi. “Devo sul serio pagare io!?” disse trafelato.
Il grande cartello della stazione a cui approdarono diceva “Atami” a caratteri cubitali stagliandosi sul mare azzurro. “Gente, è davvero il mare!” a Shima brillarono gli occhi. “Ragazzi, forza. Muoviamo le chiappe e andiamo in Hotel a cambiarci. Vi ricordo che siamo qui in missione.” Shura si affrettò a passare in testa a tutti sbracciandosi. I ragazzi la guardarono entusiasti e caricandosi i borsoni in spalla cominciarono ad incamminarsi. Tutti tranne Lilith e Lamia rimaste ferme in disparte. La prima teneva Mephisto cane in braccio con la borsa a tracolla e una faccia da cadavere. “Non avete sentito? Orsù, fanciulle.” Disse l’animale guardando la ragazza alzando il musetto all’indietro. “Senti tu, perché hai deciso di diventare un cane proprio adesso?” Lamia lo guardò storto distogliendo lo sguardo dalla spiaggia accecante. “Mi pare ovvio, carissima.” “Se è per stare sotto copertura avresti dovuto farlo anche prima al negozio.” Sbottò lei alzando un sopracciglio. “Spiacente ma allo shopping non si dice mai di no.” Il cane la guardò con occhi spenti scodinzolando, “E poi non volevo pagare il biglietto del treno.”. La donna guardò il cielo sbuffando. Lilith fissava le onde infrangersi sul bagnasciuga con il cuore in gola. “Andiamo…” mormorò accodandosi alla fila di esorcisti seguita da Lamia muta come un pesce. Lungo la via per l’alloggio, le ragazze raggiunsero i loro compagni di classe. “Che carino, dove l’hai trovato?” Shiemi si avvicinò a Lilith accennando all’animaletto. “In giro.” Rispose la ragazza chinando il capo e superandola di corsa. “Uh?” la compagna fece una faccia sconsolata guardandola scappare a tutta velocità. Lamia le passò accanto fulminandola con lo sguardo e la poveretta si decise a starsene in disparte con la coda tra le gambe. La succube passò oltre ancheggiando e quando sfilò accanto ai ragazzi superandoli a grandi falcate, Shima non poté che squadrarla da capo a piedi con una faccia da pervertito. “Signori. Oggi è un gran giorno.” Annunciò agli amici con un sorrisetto malizioso. “Che dici?” Koneko alzò lo sguardo curioso, “Vedremo Lamia in costume da bagno.” Al ragazzo brillarono gli occhi. Il compagno sospirò rassegnato mentre invece Ryuji lo guardò storto. “Shima, sei un monaco. E poi non hai sentito Shura? Siamo in missione.” “Uffa… Non facciamo altro che questo…” “Vuoi o no diventare un esorcista?” “Ovvio ma… Insomma rilassatevi un po’!” il ragazzo sbuffò imbronciato. “Secondo voi di che missione si tratta?” Rin sbucò alle loro spalle sprizzando energia da tutti i pori. “Spero qualcosa che includa tette.” “Shima! Ancora!?”. Yukio era in testa alla fila assieme a Shura in veste di professore. “Hey paurosetto, ti vedo pallido. Ti farà bene un po’ di sole~” lo stuzzicò lei ma non ottenne alcuna reazione. “Come no…” rispose assente nascondendo il tremore delle mani infilandosele in tasca. Sentiva il fiato di Lamia sul collo. La donna camminava dietro di lui sogghignando e al suo fianco Lilith teneva ancora Mephisto in braccio come se fosse un bambolotto. Shura sbirciò in sua direzione con la coda dell’occhio fulminando l’animale aggrottando le sopracciglia.
“Eccoci qua!” la professoressa Kirigakure alzò le braccia al cielo fermandosi davanti al vialetto dell’hotel. Un coro di stupore si levò dai ragazzi davanti alla struttura. Sembrava un albergo di lusso. “Siete fortunati, questo è di proprietà dell’accademia della vera croce.” Disse la donna con una punta di irritazione. “Pizzetto, ripetimi ancora che non vuoi pagare il biglietto del treno…” sibilò Lamia vicino a Lilith. Lui sgranò gli occhi senza dire beo. Anche perché di norma gli animali non parlano. “Il preside ci ha gentilmente offerto alcune delle stanze.” Shura calcò la parola preside con astio. “Sbaglio o sembra che ce l’abbia con te?” mormorò Lilith abbassando lo sguardo su Mephisto che smise di scodinzolare. “Wow! Mi sento un miliardario!” Shima spalancò la bocca con gli occhi lucidi. “Ora forse si spiega perché prima ci fosse anche lui…” bisbigliò Ryuji, “Parli di Lord Pheles?” domandò Koneko. “Già. Strano però che non lo veda in giro…” “Se la starà spassando…”. “Bene.” Shura si voltò con le mani sui fianchi. “Chissà perché il Signor Pheles non è venuto a darci il benvenuto…” schioccò la lingua la donna per poi voltarsi e guardare di sottecchi il cane in braccio a Lilith. Yukio la guardò di sbieco per poi seguire la scia del suo sguardo e approdare alle sorelle Evangeline con un sussulto. “Ad ogni modo la missione di oggi è esorcizzare un Kraken.” Disse la professoressa con un mezzo ghigno guardando i suoi studenti pervasi da un’ondata di sgomento. “Perciò salite nelle vostre stanze e cambiatevi. Il professore Okumura vi distribuirà le chiavi.” Guardò Yukio con un cenno del capo, “Vi aspetto alla spiaggia e mi raccomando…” tornò a rivolgersi ai ragazzi guardando fisso Lilith e Lamia, “Vi voglio tutti in costume, nessuno escluso.”.

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Capitolo 27
*** Capitolo XXVII ***


CAP 27

“Finalmente posso dire che è arrivata l’estate!” Shima sorrise commosso guardando la spiaggia gremita di persone con gli occhi lucidi. “Shima, non dirmi che stai piangendo…” Ryuji sbucò alle sue spalle con addosso solo il costume da bagno. I ragazzi furono i primi a piombare sulla sabbia, la loro velocità nel cambiarsi era stata da record. “Guardate come brilla il mare!” Rin saltellò sulla rena bollente zompando verso il bagnasciuga. Kuro era tornato a stargli sulla spalle e anche lui ammirava il luccichio dell'oceano impressionato dalla sua bellezza. “Dio benedica il mare!” Shima si era sul serio inginocchiato a terra in lacrime per la troppa gioia. La vista di uno stormo di ragazze in bikini lo aveva fatto crollare. “Shima…” Koneko si fermò al suo fianco attonito. Ryuji scossò il capo sospirando e con la coda dell’occhio vide che anche Izumo era approdata alla spiaggia. La ragazza si era fermata sulla passerella guardando l’orizzonte. Il vento le scompigliava i capelli corvini e quel costume che si era comprata le calzava come un guanto. Suguro la squadrò da capo a piedi senza nemmeno rendersene conto e un velo di colore fece capolino sulle sue guance. “Oi Bon, che guardi?” Renzou si era di nuovo alzato in piedi scrollandosi dalla sabbia, “Nulla.” Ryuji distolse lo sguardo da Kamiki un po’ irritato, ma Shima aveva visto la ragazza ed era tornato a inginocchiarsi in adorazione, “Oh Gesù, grazie, grazie!” strillò alzando le braccia al cielo. Izumo stava fissando il trio con un sopracciglio alzato ma quando incrociò lo sguardo di Bon che era tornato per caso a guardarla, girò la testa di scatto continuando per la sua strada. “Che viscidi…” digrignò i denti stringendo i pugni attorno all’attrezzatura fornitale per la missione. Alle sue spalle, anche Shiemi era giunta sul posto. La ragazza era stata praticamente obbligata da Shura ad indossare il costume ed era imbarazzatissima. Lo era così tanto da avanzare a capo chino lungo la passerella nascondendosi nell’ombra delle altre persone. “Pare che ci siamo quasi tutti…” Koneko alzò la testa vedendo Shiemi sgattaiolare a destra e sinistra, “Shima, per favore alzati.” Sospirò abbassando il capo per guardarlo rotolarsi nella sabbia in preda alla gioia. “Che? È arrivata Lamia?” il compagno si alzò di scatto estremamente vigile ma impanato come una cotoletta da friggere. “No…” Ryuji lo guardò di sbieco, “Ma in compenso il preside è laggiù…” accennò a Mephisto accomodato su una sdraio sotto il suo ombrellone personalizzato. Si era piazzato bellamente in bermuda, camicia tamarra aperta e occhiali da sole griffati con un cocktail all’ananas tra le dita al limite della spiaggia, vicino all’entrata secondaria alla passerella. Guardava il paradiso terrestre al suo cospetto con totale nonchalance. “Avevo ragione a dire che se la stava spassando…” sospirò Koneko invidiando quella sua aria di totale relax. Lui per l’ansia si era addirittura stretto più del dovuto il giubbotto di salvataggio ottenendo quasi l’effetto di un corpetto per signore. “Che dici..? Sembra un poveraccio…” Shima osservò sconcertato l’abbigliamento stravagante di Mephisto. “Yo! Che guardate?” Rin era tornato da loro dopo essersi inzuppato fino alle ginocchia nell’acqua salmastra. I ragazzi si lanciarono occhiate stranite accennando al preside sotto l’ombrellone con estrema remora. “Che!?” il ragazzo per poco non sputò un polmone, “Perché lui è qui!?” l’urlo del mezzo demone raggiunse le orecchie di Mephisto che guardò i ragazzini sistemandosi gli occhiali da sole con un colpetto. “Di che ti stupisci? Era anche al negozio…” mormorò Ryuji tra i denti, “Ve l’ho detto. È un tizio strambo…” Rin guardò il preside che si era messo a salutarli gaio con una mano, “Ignoriamolo per favore.” Distolse lo sguardo con gli occhi a mezz’asta rigido come una statua di marmo. D’un tratto Yukio apparve accanto al gruppetto intento a inforcare un paio di specialissimi occhiali da vista per la spiaggia. Era l’unico a non portare il costume, bardato com’era con attrezzature miste per l’esorcismo. Sulla schiena aveva persino un fucile da cecchino. “Ma cosa!?” Shima si voltò di scatto sgranando gli occhi, “Ditemi se si veste così uno che viene al mare!?” fissava attonito il professore. “Yukio!” lo chiamò Rin, il ragazzo si voltò un istante per poi ignorarlo totalmente con una faccia di bronzo. “Ah!? Mi ignora!?” il fratello si sentì mancare la terra sotto i piedi. “Assurdo… Anche durante il giro turistico di Kyoto è stato freddo e distaccato… Che gli starà succedendo?” “Credo sia normale… In fondo lui non è un Esquire come noi. Essere già un esorcista comporta le proprie responsabilità.” Disse Ryuji incrociando le braccia “Già, potrebbe essere solo stanco.” Gli dette manforte Koneko guardando Yukio ormai distante in riva al mare. “Sempre che sia dovuto a quello…” Shima si grattò il mento pensieroso osservando l’infrangersi delle onde. “A proposito! Dove sono Lilith e Lamia?” il ragazzo si voltò verso i compagni con gli occhi sbrilluccicanti. “Cosa c’entrano loro con Yukio!?” sbottò Ryuji arrossendo senza motivo.
“Lilith, esci da quel cespuglio per favore.” “No!” "Andiamo..." "No! Se staremo nascoste tutto il giorno avremo meno possibilità di essere scoperte." “Lilith, non abbiamo tempo per i tuoi complessi d’inferiorità.” “Chi sarebbe l’inferiore!?” la ragazza furibonda uscì dal suo nascondiglio mostrando al sole le sue grazie. Il top del suo costume incorniciava alla perfezione il suo giovane petto delicato ma come mise fuori il naso, il fato le sbattè praticamente in faccia l’enorme seno della sorella. Lo schiaffo morale le fece gonfiare le guance d’aria facendola sembrare un pesce palla. “Che c’è?” chiese Lamia incrociando le braccia sotto il bendidio tanto invidiato non facendo altro che metterlo ancora più in evidenza. “Sei volgare.” “Ah! Grazie, tesoro. Lo prendo come un complimento.” Si pavoneggiò la donna scostandosi una ciocca di capelli. “Coraggio, andiamo a prendere un po’ di sole.” Fischiettò Lamia girando i tacchi ancheggiando. Il suo lungo pareo ondeggiava di qua e di là nascondendo perfettamente la sua coda. Lilith guardandosi i piedi si sistemò il suo con uno strattone stringendolo per bene e in silenzio seguì la sorella. “Odio Shura. Nel profondo.” “Che bello essere d’accordo su qualcosa una volta tanto… Anche se ammetto che un po’ mi sta facendo un favore… Nessuno è immune al mio fascino maturo.” “Lamia, non cambierai mai…”. Si lasciarono l’hotel alle spalle procedendo verso l’oceano non molto lontano. Distava infatti un centinaio di metri. La ragazza, mano a mano che avanzava respirava a pieni polmoni l’aria carica di salsedine cercando di far uscire la bestia sensuale che era in lei. In confronto a Lamia però era più che una dilettante. Per la donna era fin troppo naturale. “Avanti, principessa... Stanno aspettando solo te.” la esortò a velocizzare il passo Lamia prendendola in giro, Lilith non rispose limitandosi a guardarla storto. “Ormai starà arrivando!” Shima fremeva guardando il limite della spiaggia carico di speranze. “Di chi parli?” Ryuji lo guardò di sbieco stanco delle sue stronzate, “Di Lamia, mi sembra ovvio.” Rispose Renzou serissimo, “Santo cielo.” Suguro alzò gli occhi al cielo esasperato. “Finché non sappiamo che cosa fare, perché non ci avviciniamo un po’ alla passerella?” “Che? Dici là da quello strambo!?” “Vi prego voglio essere il primo a vederla!” il ragazzo unì le mani in preghiera facendo gli occhioni da cane bastonato. Al che gli altri si guardarono reciprocamente visibilmente stressati. Mephisto scrutò il gruppetto in avvicinamento seduto tranquillamente nello stesso posto di prima. A parte Shima che sprizzava energia da tutti i pori, gli altri strisciavano i piedi con la faccia nera come la pece. “Oibò, la gioventù moderna è assai deludente…” osservò l’uomo sorseggiando il suo cocktail. “Aloha!” alzò una mano accogliendo il quartetto. “Dobbiamo rispondere?” Suguro guardò accigliato gli altri, “Shima, perché ci fai questo?” Rin guardò l’amico disperato. “Lord Pheles, buon giorno!” Renzou fu l’unico a salutarlo come si deve. Mephisto sogghignò alzando il calice con eleganza, “Che programmi avete, fanciulli?” domandò curioso, “Guardare le ragazze.” Rispose Shima facendo un sorrisone. “Shima sei un cretino.” Sibilò tra i denti Ryuji massaggiandosi gli occhi snervato. “Eccellente programma!” schioccò la lingua Mephisto bevendo ancora per nulla turbato, “Se magari ti capita, contribuisci anche alla missione magari.” Brindò a lui con finissimo sarcasmo. “Certo…” Renzou cominciò a sudare freddo trasformando la sua gioia in un sorriso imbarazzato. “Quindi..?” mormorò Koneko guardando Ryuji timidamente. “Voi invece, che mi dite? Orsù tutto solo mi stavo un po’ annoiando.” Mephisto si tolse gli occhiali da sole per carineria, prima che i ragazzi potessero rispondere un sussulto di Shima attirò la loro attenzione. “Eccole…” gli brillarono gli occhi e i presenti seguirono il suo sguardo curiosi, Mephisto compreso che rimise gli occhiali abbagliato dalla luce del sole. In cima alla passerella, Lamia fu la prima a fare la sua comparsa. Il vento la accarezzava dolcemente e la donna intenta a scrutare l’orizzonte, era assolutamente mozzafiato. Ma quando dietro di lei comparve Lilith, lo spettacolo non fu da meno. Il suo costume bianco brillava alla luce come un pezzo di stella. I baldi giovani erano rimasti tutti senza parole. I riccioli biondi di Lilith sventolando delicati la facevano sembrare una piccola dea. Mephisto abbassò le lenti per vederla in tutto il suo splendore senza però dire niente. “Lamia è davvero una benedizione.” Shima spezzò il silenzio mormorando in adorazione. Le sorelle dopo un primo attimo di sperdimento, videro con la coda dell’occhio il gruppo orientandosi. Lilith incrociò lo sguardo di Mephisto per un istante e la sua intensità le fece dimenticare di sorridere. “Oh però… Anche Lilith in fondo non è da buttare via.” Il ragazzo continuò il suo monologo vedendole arrivare verso di loro. “Già, proprio per niente…” mormorò assottigliando lo sguardo. Nel frattempo Mephisto si era definitivamente tolto gli occhiali riponendoli nel taschino della camicia. “Heilà.” Lamia salutò i ragazzi fermandosi al loro cospetto. “Ciao…” sussurrò Lilith guardandoli di sfuggita. “Dio vi benedica, mie Dee.” Le accolse Shima spalancando le braccia commosso. “Shima, per favore.” Ryuji lo richiamò all’ordine arrossendo. “Benvenute…” Mephisto si alzò in piedi sogghignando. Lilith lo guardò studiandolo da capo a piedi. “Bei completi…” aggiunse l’uomo ammiccando. I ragazzi guardarono la scenetta con un certo disgusto. “Mamma mia…” sussurrò Rin senza parole. “Hey voi altri, ascoltate tutti!” la voce di Shura tuonò per tutta la spiaggia facendoli voltare di soprassalto. La donna aveva trovato un megafono con cui parlare alle squadre e se ne stava sul bagnasciuga in bikini. “Che vuole adesso?” Lamia alzò un sopracciglio seccata, senza volerlo le stava fissando il seno. “Dato che l’obiettivo di questa missione è un Kraken, prima di tutto faremo evacuare la zona dai bagnanti, e poi porteremo a termine la missione qui sulla Atami Sunrise Beach.” Continuò a urlare incredibilmente autorevole, “Per attirarlo qui stiamo irrorando l’acqua della baia con sangue umano gentilmente donato.” Disse indicando gli elicotteri in lontananza, “Non abbiamo una strategia precisa, comunque gli esorcisti di seconda categoria superiore si occuperanno del pezzo grosso, mentre gli studenti dei demoni minori come gli Squid e simili. Chiaro?” la sua domanda retorica echeggiò per tutto il golfo. “Fino a quel momento, fate pur finta di essere in vacanza! Siete liberi!” Shura fece l’occhiolino chiudendo le comunicazioni. Ci fu un’ondata di euforia generale. “Evvai!” Shima batté il cinque al povero Koneko inerme, “Sentito?” si girò verso le ragazze rimaste immobili a guardare Shura, “Avete qualche programma?” chiese loro tutto pimpante. “Ehrm…” Lilith guardò altrove fissando l’ombra dell’ombrellone di Mephisto, intento a guardarla a braccia conserte. “Prendere il sole.” Rispose invece Lamia guardando un punto alle spalle dei ragazzi. Aveva localizzato Yukio in lontananza. Il ragazzo si era avvicinato a Shura per studiare un piano di cattura. La donna si leccò le labbra intensificando lo sguardo. A distrarla dalla preda però, arrivò Shiemi che trovandosi a passare per di là attirò l’attenzione di Rin, “Shiemi!” gridò il ragazzo andandole in contro, “Ti sei davvero messa il costume!” disse contento, “Sì… Mi hanno obbligata…” rispose lei in imbarazzo. “Come la capisco.” Disse tra i denti Lilith guardandola di sottecchi. “Perché non andiamo a fare il bagno?” propose timidamente Shiemi guardando alche il resto del gruppo. “Sì, perché no?” Rin pareva entusiasta, “Ci sto!” saltò su Shima al settimo cielo, “Bon, Koneko, venite vero?” si rivolse agli amici che sembrarono titubanti. “Voi, ragazze?” Lilith scossò rapidamente il capo avvicinandosi all’ombrellone “Sei sordo? Ho detto che voglio prendere il sole.” “Uffa…” Shima chinò il capo sconsolato, “Se cambiate idea venite!” non si perse d’animo voltandosi un istante prima di correre dietro a Rin e Shiemi. “Shima, aspettami!” Koneko sembrò convincersi dal nulla scattando dietro di lui. Ryuji rimasto da solo, memore della situazione imbarazzante della mattina, si congedò farfugliando qualcosa con un inchino e se ne andò da tutt’altra parte in solitudine. “Oh, è stato facile.” Disse Lamia incrociando le braccia, “Parla per te…” Lilith sbuffando andò a sedersi su un telo steso accanto alla sdraio di Mephisto. “Io credo non mi muoverò da qui.” Disse poi stringendo le ginocchia al petto. “Oh…” lui la guardò alzando le sopracciglia, “Sicura di non volerti godere di più la spiaggia?” domandò ma l’occhiataccia che ricevette in risposta lo zittì. “Bene… Vi lascio soli.” Annunciò Lamia alzando un sopracciglio, “Ho di meglio da fare…” guardò i due con la coda dell’occhio. “Lamia! Fa attenzione!” l’ammonì la sorella irritata, “Certo, certo…” sospirò l’altra alzando gli occhi al cielo, “A dopo.” Li salutò con un cenno della mano ancheggiando verso l’acqua. “Così siamo rimasti soli soletti…” dopo qualche attimo di silenzio, Mephisto tornò ad accomodarsi al suo posto guardando Lilith con un ghigno malizioso stampato in faccia, “Gradisci una bibita?” domandò facendo comparire un cocktail alla fragola con uno schiocco di dita. “Grazie…” Lilith prese il bicchiere un po’ titubante ma assaggiando il liquido colorato ne fu deliziata. Beveva dalla cannuccia in silenzio guardando le persone divertirsi sulla sabbia. Provò un filo d’invidia in fondo in fondo. Mephisto guardandola con la coda dell’occhio la studiava in silenzio.
“Che meraviglia! L’acqua è tiepida!” disse Shiemi stupita mettendo i piedi a mollo, “Temperatura perfetta!” Rin schizzò acqua ovunque saltando contro un’onda a piè pari. “Rin!” strillò Koneko quando una cascata di goccioline gli arrivò in pieno nella schiena. “Ops, scusa Koneko!” ridacchiò il ragazzo grattandosi la testa. “Che bello che c’è anche Moriyama…” Shima guardando la ragazza in costume sorrise commosso mormorando alle spalle di Konekomaru, “Shima, almeno concentrati su un unico obiettivo…” sospirò l’amico sentendolo. Rin per poter fare il bagno aveva lasciato Kuro sotto uno degli ombrelloni. Il Caith Sith guardava il padrone da lontano scossando la coda. All’improvviso un’ondata di sabbia lo travolse in pieno facendolo miagolare come un ossesso. Lamia gli era appena passata accanto come una furia. La donna infatti avanzava a grandi falcate verso il suo target. Poco più avanti, anche Izumo si era seduta su un salvagente sotto uno degli ombrelloni fissando imbronciata il mare. Non appena scorse con la coda dell’occhio Lamia passare, le due si scambiarono un’occhiata fulminante carica d’odio represso. Kamiki digrignò i denti osservando la donna sfilare con charme da passerella verso il bagnasciuga. Accorgendosi di quanto però fosse disinvolta e impossibile da frenare, si lasciò sfuggire un sospiro. Non fu tuttavia l’unica a lasciarselo scappare. Accanto a lei infatti si era fermato Ryuji in piedi con le mani sui fianchi. Il ragazzo guardava i loro amici divertirsi in silenzio. Izumo si voltò di scatto guardandolo in cagnesco. “Che c’è?” Suguro si accorse dell’occhiata ricambiandola seccato, “Non mi va di sospirare assieme a un gorilla.” Rispose lei accigliata, facendolo andare su tutte le furie. Il ragazzo in un impeto d’impulsività, scivolò alle spalle della compagna di classe afferrando il salvagente su cui era seduta e con tutta la sua forza bruta sollevò da terra il pacchetto completo scattando verso il mare. “Ma cosa!? Che stai facendo!?” strillò terrorizzata Izumo reggendosi al gonfiabile con le unghie in preda alle vertigini. Ma in una frazione di secondo venne scaraventata in mare ritrovandosi piantata a testa in giù in acqua tra mille schizzi e urli. Suguro si abbandonò a un grido liberatorio nell’atto e guardò tutto soddisfatto la povera vittima riaffiorare in superficie col volto viola dall’ira. “Sei davvero un gorilla!” gridò Kamiki guardandolo infuriata, “Izumo, tutto bene?” Shiemi trovatasi per caso abbastanza vicino per assistere alla scena, la guardò alquanto preoccupata. “Che bello… Essere giovani…” Shura sdraiata su un telo al sole commentò la vicenda con un velato rossore sulle gote. Si era accomodata come un pascià e l’occhio le cadde su Yukio, rimasto impettito a un metro da lei con gli occhi fissi sull’orizzonte. “Sei proprio scemo tu. Hai quindici anni, vai a divertirti.” “Shura, ti stai rilassando troppo.” Yukio la guardò di sbieco dietro quei bizzarri occhiali che portava, “Su mio fratello pende ancora la sentenza di morte… E anche se Pheles lo protegge non so ancora quanto possiamo fidarci di lui.” Shura sentendo quel nome sbirciò alle sue spalle verso il demone accomodato sotto il suo ombrellone. Fulminandolo con lo sguardo, tornò poi a guardare Yukio con un sorrisetto beffardo, “Poi… Ah, lascia perdere.” Il ragazzo scossò il capo pensando anche agli altri suoi problemi. Al primo posto c’era quel tormento senza fine della succube che persino in quel momento lo stava facendo tremare come una foglia.  “Stai ancora pensando a queste cose?” “Certo che ci penso.” Sospirò Yukio convincendosi a sedersi sulla sabbia. “E va bene. Allora ti do un ordine!” disse la donna sdraiandosi sulla pancia. “Spalmami la crema solare!” si slacciò il top con un gesto fluido. “Che!?” Yukio la guardò come se fosse impazzita. “Non avrai paura del corpo femminile? Bah… Sei ancora un bambino.” Lo prese in giro Shura arricciando le labbra. “Eh, Yukio? Hai paura?” la voce di Lamia provenne alla destra del ragazzo che voltandosi di scatto, si ritrovò la succube sdraiata nella medesima posa di Shura come se fossero la stessa persona allo specchio. “Lamia!?” Il professorino tra i due fuochi non seppe dove guardare. Le due donne in compenso si incenerirono con lo sguardo. Lamia però sogghignava beffarda. A Yukio cominciarono a tremare anche le gambe.
“Che sta facendo mia sorella!?” Lilith fissava il trio esasperata. “Difende il suo territorio, presumo…” rispose Mephisto divertito alzando gli occhi dal manga che aveva iniziato a leggere. “Così facendo ci manderà nei casini.” Scossò il capo la ragazza cercando di trattenere l’impulso di andare laggiù e picchiarla. “Rilassati, splendore…” sospirò l’uomo guardandola con un mezzo ghigno, “Finché si tratta di un’innocente contesa non c’è niente di male…” ridacchiò tornando a sfogliare le pagine del fumetto, “Se fossi in Yukio sarei lusingato, non è da tutti i ragazzini della sua età essere contesi da due donne mature.”. Lilith lo guardò storto e lui accorgendosene le fece la linguaccia malizioso.
“Allora, paurosetto?” Shura non demorse continuando imperterrita a provocarlo anche sotto lo sguardo fiammeggiante di Lamia, territoriale più che mai. “Allora, Yuki chan?” lo chiamò l’altra con voce estremamente accattivante prendendo in prestito il soprannome appioppatogli da Shiemi. Il ragazzo si era inginocchiato a pugni stretti grondando sudore per lo stress. “Non ne posso più.” Sibilò a denti stretti strizzando gli occhi. “Avanti, sono pur sempre una tua compagna di classe~” fischiettò Lamia, “Non ci vedo niente di strano tra quindicenni…” a quelle parole, Shura digrignò i denti seccata. “Io invece sono un tuo pari a livello professionale, coraggio è un ordine.” “Che schifo, hai quasi trent’anni non ti senti sporca?” “Ha parlato la studentessa che brucia le tappe, eh?” “Io non brucio mia sorella.” “Eh?” “Basta…” disse un po’ più forte il povero Yukio attirando finalmente l’attenzione delle due. “Mi avete stancato.” Il ragazzo si alzò di scatto tremante e per evitare che Shura potesse accorgersene si allontanò quasi correndo verso la baracchina del bar. “Ops…” sussurrò Shura riponendo la crema solare con nonchalance. Lamia la guardò storto per poi alzarsi in piedi spazzandosi la sabbia dal pareo. “Carino…” lo commentò Shura facendosi improvvisamente sospettosa. Lamia non rispose guardandola dritta in quegli occhi taglienti, “Ti dona molto ma sbaglio o avevo detto tutti in costume.” “Ho il ciclo, racchia.” Freddandola con una semplice frase, Lamia girò i tacchi andando alla ricerca di Yukio.
“Visto? Non è accaduto alcun misfatto.” Mephisto chiuse il manga riponendolo nella sua personalissima borsa da mare. Lilith non aveva però smesso di scrutare la spiaggia in direzione del capanno del bar. Voleva vedere fin dove sarebbe arrivata Lamia e se Shura aveva intenzione di tenderle qualche trappola. “Lilith?” la voce calda del demone la destò dalla concentrazione. Rannicchiata nella fresca ombra dell’ombrellone alzò lo sguardo mordendosi un labbro. “Mi dai l’impressione di avere una pelle così delicata da non poterti godere la spiaggia per paura di scottarti…” Mephisto si leccò i canini studiando la ragazza attonita, “Ti dispiace se ti metto un po’ di crema solare?” l’uomo tirò fuori da dietro la schiena un tubetto variopinto guardandola con malizia. “Eh?” Lilith sgranò gli occhi arrossendo. Il sole era quasi giunto a lambirle le punte dei piedi e in effetti un po’ di protezione le sarebbe servita. “Allora?” l’uomo le si avvicinò brandendo la crema tenendola vicino al suo viso perfetto, “D-Dammi qua, faccio da sola.” Per l’imbarazzo finì con lo strappargli di mano il tubetto molto bruscamente. Senza riuscire a scusarsi si spruzzò un po’ di crema sul palmo di una mano cominciando a mettersela con la bocca serrata. Mephisto alzando un sopracciglio per la sorpresa non ne fu però offeso e si limitò a osservarla con un ghigno furbetto.
“Yukio, non fare lo stupido.” Lamia lo aveva trovato nascosto dietro il casotto delle tavole da surf. “Lamia, sono già sei giorni. Li ho contati.” Yukio le rivolse uno sguardo da folle respirando affannosamente. “Ma che bravo matematico.” “Non prendermi in giro, sto impazzendo. E tu lo sai benissimo.” Il ragazzo deglutì per ricomporsi cercando il più possibile di aggrapparsi alla sua razionalità. “Credi di poter resistere fino al settimo giorno?” “Non se tu continui a provocarmi come stai facendo.” Oh.” “Sì, proprio Oh.” Yukio scossò la testa massaggiandosi il collo serrando gli occhi come in una morsa di dolore. “Dovresti ascoltare Lilith ogni tanto.” “Fidati, la maggior parte delle volte è meglio di no.” “Sei impossibile.” “Me lo hanno già detto…”. I due si guardarono per una manciata di secondi in completo silenzio. Il professore inspirò a lungo guardando il cielo e ritrovò la calma perduta. “Dimmi, perché mi hai seguito?” “Volevo vedere come stavi.” “Hai fame, non è vero?” “Un po’.”. Il ragazzo sospirò guardando altrove, “Se io resisterò fino al settimo giorno, per par condicio tu dovrai resistere fino alla cattura del Kraken. Mi servono le forze.” “Andata.” La rapidità della risposta lo lasciò di stucco. “Su serio?” le chiese perplesso, “I compromessi sono spesso la cosa migliore…” rispose la donna sogghignando.
Lilith era ancora alle prese con la crema solare. Se la stava mettendo con estrema delicatezza e Mephisto sembrava rapito dai suoi movimenti. Cercava di non farle capire che la stava guardando nascondendo la faccia dietro a una rivista moe. La ragazza si scostò i capelli da un lato per spalmarsi l’unguento dietro il collo ma quando provò a stenderlo sulla schiena trovò qualche difficoltà. Orgogliosa com’era però si morse la lingua pur di non chiedere aiuto. Mephisto allora abbandonando la rivista la guardandò scossando il capo divertito dai suoi bizzarri tentativi. Ad un certo punto, la ragazza si raccolse i capelli che le erano d’impiccio ma nel ritentare, l’occhio le scivolò in direzione dell’uomo agganciando il suo sguardo assorto. Lilith fece una faccia strana un po’ per l’imbarazzo di essere osservata e un po’ perché sapeva che non ce l’avrebbe mai fatta. “Vuoi una mano?” domandò sarcastico Mephisto alzando un sopracciglio. Al che lei, seppur in un primo momento sembrasse rifiutare, si arrese all’evidenza annuendo rassegnata. Gli mollò il tubetto in mano con garbo e dandogli le spalle inclinò il lungo collo da una parte per lasciargli campo libero. Mephisto non fece apparentemente una piega, entrando nel ruolo di massaggiatore provetto. Lilith sotto il suo tocco delicato spalancò gli occhi per lo stupore. Quel contatto la fece rabbrividire ma non di ribrezzo. Era una sensazione strana ma non le dispiaceva. Non era da lei però sentirsi in quel modo. “Così va bene?” mormorò Mephisto accarezzandola dalle spalle verso il collo, “Sì…” rispose in un sussurro la ragazza. Chiuse gli occhi in estasi. “Non dovevi solo mettermi la crema?” “È ciò che sto facendo, cara.” “Splendido…”. “Potrei vomitare.” La voce disgustata di Lamia ruppe l’idillio facendo balzare entrambi. “Lamia!” strillò la ragazza e Mephisto ritrasse immediatamente le mani alzandole innocente, “Non capisco tutto questo sdegno, le stavo semplicemente facendo un favore con la crema solare.” Disse alla donna giustificandosi con il suo solito charme. “Come no..?” Lamia non ci cascò guardandolo come se ne avesse abbastanza. “Comunque… Ho appena parlato con Yukio.” “E che ha detto?” saltò su Lilith tornata a raggomitolarsi al suo posto, “Abbiamo trovato un compromesso… Non sto a scendere nei dettagli ma il succo della faccenda è che potrò di nuovo nutrirmi dopo la cattura di questo fantomatico Kraken.” “Cosa? Ma ne sei sicura? Starai morendo di fame!” la sorella spalancò gli occhi turbata, “Già.” Rispose secca la donna, “Pizzetto, spero proprio che Okumura sia davvero resistente come hai detto tu.” Schioccò la lingua guardandolo in faccia, “Perché per la fame che ho adesso, la prossima vota che poserò i miei canini su di lui potrei rischiare di ucciderlo.”.

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Capitolo 28
*** Capitolo XXVIII ***


CAP 28

“Uff, tanto affanno e poi del Kraken nemmeno l’ombra.” “Shima, parli tu che non hai fatto niente…” Koneko sospirò esasperato camminando accanto all’amico sulla via del ritorno. “Arriverà, la baia è ricolma di sangue.” Ryuji accanto a loro chiuse gli occhi pensieroso, “Come fai ad esserne così sicuro?” “Lo hanno avvistato a una trentina di chilometri dalla costa, è già in avvicinamento.” “Che!? E tu dove le hai sentite tutte queste cose?” Shima lo fissò a occhi spalancati. “A differenza vostra, invece di giocare ho dato una mano alle squadre per la localizzazione.” “Bon, tu davvero sei incapace di goderti la vita…” “Come, prego!?” il ragazzo scattò verso Renzou a pugno alzato e Koneko per fermalo ci si appese come una scimmia. Gli schiamazzi dei ragazzi giunsero alle orecchie di Izumo che più avanti camminava in disparte e a Shura, in testa al gruppo. “Beata gioventù.” Sospirò la donna per poi sbirciare Yukio con la coda dell’occhio. “Nemmeno sulla strada dell’hotel vuoi stare coi tuoi coetanei?” ma il ragazzo non rispose. Camminava impettito guardando dritto davanti a sé cercando di ignorare l’ambiente circostante. “Guardalo com’è teso…” Lilith sussurrò a Lamia guardando il professore. Le sorelle seguivano il gruppo tenendosi un po’ a distanza, per via del compromesso di Lamia. Lei infatti stava stranamente tenendo fede alle promesse fatte a Yukio. Mephisto le aveva lasciate per andare a imbellettarsi per la cena, chissà che cosa avrebbe architettato… “Devo stargli alla larga, ricordi?” schioccò la lingua guardando la sorella, “Anche se questo non farà che peggiorare le cose.” Ridacchiò maligna. “Sei senza speranza…” sbuffò Lilith. “Tu non vedi l’ora che crolli.” “Sai com’è, si tratta pur sempre del mio orgoglio di succube.” Ammiccò Lamia facendo spallucce. “Che giornata…” Rin sbucò alle loro spalle tutto soddisfatto. Kuro svettava sulla sua testa e guardava malissimo Lamia per lo scherzetto del pomeriggio. La donna fece finta di niente mentre Lilith guardò il ragazzo un po’ sorpresa. “Vi siete divertite oggi?” “Il solito.” Rispose la maggiore con noncuranza. “Diciamo di sì…” L’altra fece un mezzo sorriso evitando il suo sguardo. “Effettivamente… Ora che ci penso non so quanto ci si possa divertire stando in compagnia di quello strambo di Mephisto…” Rin guardò altrove sconcertato. Lilith ebbe un sussulto guardandolo storto e Lamia intervenne a fermare la sorella prima che potesse prendere le sue difese in modo poco opportuno. “Mephisto non è…” la bocca della ragazza fu tappata di colpo, “Hai ragione, purtroppo con tutti i guai che abbiamo combinato di recente vuole tenere sotto controllo la situazione.” “Ah, ho capito! Quindi è per quello che vi ronza sempre attorno.” “Già.” La donna mollò la bocca della sorella con uno scatto incrociando le braccia dietro la schiena. Lilith la guardò colpita dalla sua prontezza. Per la prima volta provò una sorta di ammirazione per lei. Ma ben presto l’idea che fosse stata la più furba la irritò talmente tanto da ripugnarla. “Non siamo proprio studentesse modello.” Continuò Lamia sarcastica, “Parla per te…” sibilò la piccola mettendo il broncio e la donna roteò gli occhi sbuffando. “Ringraziami.” Rispose secca in labiale per non farsi sentire da Rin. Il ragazzo però si era distratto a guardare Yukio in testa assieme a Shura, “Cambiando argomento… Non pensate che Yukio stia diventando sempre più strano?” “No!” risposero a bruciapelo in coro le due che finirono col guardarsi a occhi sgranati. “Che rapidità…” Rin si voltò esterrefatto, “Forse allora è solo una mia impressione…” tornò pensieroso. “O ha solo fame!” scoppiò a ridere. “A proposito, chissà che ci serviranno per cena!” batté le mani con l’acquolina in bocca.
“Prego, accomodatevi miei adorati scolari.” Mephisto seduto a capo di una lunghissima tavolata lussuosa, accolse il gruppo di studenti appena entrato nel salone principale dell’hotel. Avevano a malapena avuto il tempo di spazzarsi dalla sabbia e mettersi vestiti puliti per la cena e in confronto a quello sfarzo sembravano il gruppo della Caritas. All’appello mancava solo Yukio, assentatosi con la scusa del monitoraggio del Kraken. “Che…Accidenti…?” Rin guardò con orrore i candelabri luccicanti quasi quanto il ghigno da depravato del preside che stava ostentando tutta la sua ricchezza. “Non fate i timidi, coraggio. Prendete posto!” li esortò ad avvicinarsi e lentamente uno dopo l’altro si andarono ad accomodare a tavola. “Che sciccheria…” A Kamiki brillarono gli occhi quando toccò le posate d’argento. “Stasera per voi ho pensato di organizzare una cena occidentale. Quindi niente bacchette…Ahimè.” Si asciugò una lacrimuccia colpito nel suo orgoglio di sostenitore Nipponico. “Non è che deve farsi perdonare qualcosa?” Lamia sussurrò all’orecchio di Lilith seduta alla sua sinistra e la ragazza rabbrividì, “Non saprei…”. Guardò Shura seduta di fronte a loro qualche posto più in là intenta a guardare in cagnesco Mephisto e deglutì rumorosamente. “Forse vuole calmare le acque…” disse allora la piccola all’orecchio della sorella. “Se siete tutti pronti, inizierei con la prima portata.” Annunciò il preside alzandosi in piedi. “Avanti gli antipasti!” batté le mani con riverenza chiamando i camerieri. Giunsero al salone un paio di uomini in divisa portando dei carrelli scintillanti carichi di cibo. “E questi sarebbero solo antipasti?” A Rin colò quasi la bava dalla bocca. Mephisto si gustò lo stupore dei ragazzi grattandosi il pizzetto compiaciuto. “Bon Apetì!” mormorò fissando Shura con uno sguardo tagliente. “Lamia, sicura che non mangi?” “Sicurissima, la roba di pizzetto non la tocco manco morta.” Lamia spinse lontano il suo piatto avvicinandolo a Lilith che si leccò i baffi con in mano uno spiedino. “Non è affatto male invece.” “Per quanto ne so potrebbe averci messo il veleno.” Sbuffò la sorella stravaccandosi sulla sua sedia raffinata. Alle loro spalle, grandi finestroni incorniciati da tende massicce offrivano agli ospiti una splendida vista sulla notte della baia cristallina. Quel paesaggio era lo scenario perfetto per una cena così di lusso. “Sicuri che non dobbiamo pagare niente di quello che mangiamo?” Chiese Shima prendendo un boccone di bistecca titubante, “Per stasera offro io, non ti preoccupare.” Mephisto, che non aveva toccato cibo lo guardò con la testa posata sui pugni chiusi, “Anche perché tecnicamente è tutto pagato dalle vostre tasse scolastiche.” Tossicchiò girando la testa di lato guardando altrove per non farsi sentire. “Vedi? Nemmeno lui sta toccando cibo. Lilith non mangiare, è sospetto.” “Lamia, piantala è tutto buonissimo.” La ragazza non smetteva di ingerire cibo di gusto. Avevano appena servito l’aragosta ed era spettacolare. “Cerca di sforzarti, Shura non fa che fissarci…” mormorò con la bocca nascosta dietro a una chela arrostita. L’altra guardando la professoressa con la coda dell’occhio incrociò il suo sguardo che divenne duro come la pietra. Voltando di scatto la testa, cercò di ignorarla ma si sentì puntare come se Shura avesse un fucile in mano. “E va bene.” Digrignò i denti afferrando un pezzo di crostaceo con decisione, aprì le fauci ficcandocelo dentro come se fosse una medicina e masticò a bocca aperta in maniera molto poco signorile. Lilith la guardò schifata mentre sputacchiava pezzettini su tutta la tovaglia, “Gnam, proprio buona questa cosa che sa di sabbia, deliziosa!” strillò sarcastica per farsi sentire bene da tutti i presenti. Mephisto alzò gli occhi al cielo inspirando profondamente. Shura invece assistette allo spettacolino ripugnante accigliata ma non si scompose più di tanto. La sceneggiata però aveva fatto in modo da farle allentare la cinghia e ora le sorelle Evangeline non erano più al centro dei suoi pensieri. Il cibo stava davvero mettendo tutti d’accordo, in apparenza. “Lamia, ora non esagerare…” Lilith guardò la sorella con gli occhi a mezz’asta facendo per prendere un sorso dal calice di vino che si era versata poco prima. “Oi, tu, signorinella!” La voce di Shura la fece arrestare di colpo. “I quindicenni non bevono.” La guardò malissimo facendola rabbrividire. In silenzio la ragazzina abbassò il calice mordendosi la lingua per non risponderle a tono. “Oh, oh…” sussurrò lamia sfottendola.  “Ma se a Kyoto…” Shiemi provò ad aprire bocca tuttavia venendo fulminata dalla professoressa ammutolì. “E ora passami il bicchiere, sono costretta a requisirtelo.” Tornò a rivolgersi a Lilith con un mezzo sorriso. La ragazza guardò Mephisto accigliata mentre le passava il calice, “Sei proprio furba, non ti avevo nemmeno visto versartelo…” commentò Shura prendendoglielo di mano con un rapido gesto. “Alla salute!” disse facendo un brindisi a se stessa scolandoselo alla goccia sotto gli occhi attoniti dei commensali. “Bene, stavamo dicendo?” le sfuggì un singhiozzo per la fretta e a rilento, i presenti ripresero le conversazioni da dove erano state interrotte. Quando poi la professoressa Kirigakure trovò il resto della bottiglia di vino, non ci fu più per nessuno. La donna tracannava alcool come se fosse acqua di rubinetto e con la faccia bordeaux cominciò ad importunare gli studenti facendo battutine sconce sulla giornata in spiaggia. “Ryuji, certo che tu hai dei begli addominali!” ridacchiò con lo sguardo assente, “Ti piacciono, eh Kamiki?” dette una gomitata alla sua vicina di posto facendole rovesciare un po’ d’acqua sulla tovaglia. “L’abbiamo persa…” sussurrò sconcertata la stessa Izumo appoggiando il bicchiere a lato del piatto per asciugarsi col tovagliolo. Ryuji di fronte a lei le aveva lanciato occhiate occasionali per tutta la serata senza riuscire a litigarci nemmeno una volta. Però le molestie verbali di Shura lo avevano fatto diventare viola dall’imbarazzo. “Yo! Ottima annata questo vino!” Shura alzò il calice per la sesta volta ripetendo la medesima frase singhiozzando brilla. “Dov’è Yukio quando serve?” Rin la guardò esasperato abbandonandosi all’indietro sulla sedia con la pancia piena. Nonostante il caos, Mephisto pareva molto soddisfatto di quegli esiti. Guardò di sottecchi le sorelle Evangeline in fondo alla tavola. Lilith gli rivolse uno sguardo neutro, senza emozioni particolari. Era soddisfatta del pasto e si chiedeva soltanto quando se ne sarebbero andati tutti. Prendendo in mano l’altro bicchiere fissò il tavolo davanti al suo naso bevendo piccoli sorsi d’acqua pazientemente. Lamia stava invece continuando il suo teatrino cominciando a sparare gusci d’ostrica vuoti con la forchetta. In mancanza di Yukio doveva pur riempire il tempo in qualche modo. D’un tratto, Mephisto batté la forchetta sulla coppa di champagne che avevano appena servito in conclusione. Ai minorenni era stata sostituita con della gazzosa all’uva. “Un momento di attenzione, vorrei brindare a voi e al vostro prezioso contributo per l’Accademia. Le giovani menti sono il pane del futuro.” Disse solenne alzandosi in piedi tenendo alto il bicchiere. Finiti i gusci, Lamia passò ai tappi di bottiglia. Caricò il colpo con precisione balistica e il tappo schizzando a tutta velocità sfiorò una guancia dell’ubriaca Shura e andò a centrare in pieno il calice del preside a capo tavola. “Evvai! NBA signori! Ma chi sono!??” la succube fece per dare il doppio cinque a Lilith tutta contenta. Volo da record ma quando la donna tornò a guardare il fulcro del brindisi dopo aver esultato per il canestro, l’uomo le rivolse una faccia talmente inquietante da farle perdere ogni entusiasmo. “Cin.” Tagliò corto lo sproloquio tornando a sedersi irritato. “Cin cin!” brindarono i ragazzi felici e contenti mentre Mephisto cercava di togliere il tappo usando il coltello d’argento senza farsi vedere. Per lui il galateo era molto importante. Finiti i festeggiamenti, arrivò l’ora di riposarsi. “La cena è stata di vostro gradimento?” domandò il preside prima dell’imminente congedo, gli studenti annuirono esausti al che l’uomo battendo le mani sogghignò soddisfatto, “Eccellente, siete liberi di andare a coricarvi. Sogni d’oro miei cari! E in bocca al lupo per domani.” si alzò in piedi per primo facendo cenno verso la porta. “Era ora!” Lamia si alzò da tavola strisciando la sedia. Mephisto sospirò cercando di ignorarla e continuò a sorridere agli altri ragazzi come se niente fosse. “Benone gente, chi mi dà una mano ad andare in…” Shura barcollò rischiando di ribaltarsi alzandosi dalla sedia, “In bagno?” si aggrappò alla seduta reggendosi in piedi a fatica con un sorrisone stampato in faccia e le guance viola. “Uh…” Rin la osservò schifato, mentre Izumo sospirando si avvicinò alla professoressa aiutandola a ricomporsi, “Andiamo, la porto io.” Disse la ragazza con estremo sangue freddo, “Grazie Kamiki, mi ricorderò di te agli esami.” Sorrise sorniona Shura venendo scortata via. “Buona notte e sogni d’oro bei maschioni!” biascicò tutta rossa in viso. “Come ce la vedrei bene Izumo badante… Intenta ad imboccarmi tutta premurosa” sorrise Shima con gli occhi sognanti, “Tu hai delle strane fissazioni…” Koneko lo guardò inorridendo, “Poi come fai a parlare di cibo dopo tutto questo…” la loro voce sciamò nell’oscurità del corridoio uscendo dal salone. Si congedarono da Mephisto con un inchino, mentre questo era intento a sorvegliare l’entrata impettito come un soldato. Da bravo ospite stava attendendo che i commensali fossero tornati tutti alle loro stanze prima di sparire dal palcoscenico.  “Arrivederci, signor Pheles.” Shiemi gli passò accanto accennando a un inchino tutta timida, “Buona notte.” rispose lui contraccambiando il gesto e la ragazza uscì seguita da Ryuji e Rin. Quest’ultimo evitò il più possibile Mephisto nascondendosi dietro gli altri due. “Buona notte, ragazze.” Si voltò un istante a salutare Lilith e Lamia rimaste per ultime. “Ciao.” Lilith alzò una mano incerta. Senza più nessuno oltre loro, il silenzio piombò nella stanza. “Or dunque, che fate ancora qui? Non andate a riposare?” il demone guardò le due leccandosi un labbro. “Avati non fate quelle facce, oggi mi pare sia andata splendidamente…” nessuna risposta. “Bah, non so te ma io non vedo l’ora di tornare a Tokyo.” Dopo qualche istante, Lamia sbuffò sorpassando Lilith andando verso la porta. L’altra ebbe un fremito attraversata da un bruttissimo presentimento. “Io me ne vado in camera.” disse poi freddamente la donna uscendo senza aspettare ulteriormente. “Oh…” Mephisto la guardò con la coda dell’occhio sparire dietro l’angolo. “Sbaglio o sembra un po’ sotto pressione?” chiese a Lilith rimasta immobile, “Credo sia per via di Yukio…” “Interessante… Non pensavo che mettendoli così alla prova sarebbero durati tanto.” “Che vuoi dire?” la ragazza scossò la testa sbigottita, “Beh…” Mephisto sfiorando l’interruttore della corrente con una mano, spense la luce del salone con un dito facendoli piombare nell’oscurità della notte. La luce della luna filtrò dalle finestre illuminando i profili della mobilia e i loro volti nella penombra. “Si stanno dimostrando entrambi molto testardi e tenaci. È un legame affascinante…” l’uomo cominciò a camminare verso i grandi finestroni sull’oceano con le mani dietro la schiena. “Il fatto che entrambi stiano cercando di domare i propri istinti non farà che fortificarlo… Presumo.” Si fermò a guardare il panorama sotto lo sguardo attento di Lilith che aveva seguito ogni suo spostamento in silenzio. “Ti diverte?” “Alquanto.” L’uomo si voltò verso di lei sogghignando. “Ti ricordo che è di mia sorella che si sta parlando… Non farmi arrabbiare.” “Dio me ne scampi, non è assolutamente mia intenzione e lo sai.” Mephisto si posò una mano sul cuore solenne. Al che la ragazza si avvicinò lentamente a lui fermandosi a guardare il cielo fuori dalla finestra. “Sai, non riesco a non pensare a una cosa ultimamente.” Disse lei sfiorando il vetro, “Quali sono i tuoi turbamenti?” “Continuo a ripensare all’ultima volta che sono stata qui.” “Con qui, intendi ad Assiah in generale?” indagò Mephisto guardandola di sottecchi, “Sì… Ti ricordi Monaco?” “Come poterla dimenticare?”. Lilith ridacchiò sommessamente alla domanda retorica guardando il mare in silenzio. “Ricordi anche quando lei è arrivata?” “Certamente…” la voce del demone si fece tagliente. “Mephisto, a Tokyo c’è ancora Amaimon?” “Come mai questa domanda brucia pelo?” lui alzò un sopracciglio rivolgendole un mezzo ghigno, “Rispondi per favore.” “Oh…” si fece pensieroso grattandosi il pizzetto, “Potrebbe sì, ma dal momento che per scopi strategici gli avevo donato la chiave dell’ubiquità potrebbe essere ovunque. Persino qui.” “Che cosa!?” Lilith si voltò di scatto strabuzzando gli occhi. Il cuore le andò in gola martellandole violentemente. “Rilassati, principessa.” Mephisto le si avvicinò sogghignando toccandole la punta del naso con un dito, “Non c’è. Gli ho espressamente fatto divieto di avvicinarsi in questo arco di tempo. Mi sembrava inopportuno con tutti presenti.” “Non capisco… Perché non farlo tornare a Gehenna e basta? Ha perso il senno ed è andato troppo oltre! …Ma questo immagino tu lo sappia già.” “Ovviamente… Ma sai…” le accarezzò il viso candido lentamente, “Non ci sarebbe gusto senza di lui partecipe ai giochi.”.
Nel frattempo, gli altri erano arrivati alle loro Camere. Erano stati divisi in doppie per ordine alfabetico e Lamia si era trovata in stanza con la sorella, per il momento assente. La donna si sdraiò di traverso sul letto con lo stomaco che brontolava. La sua pancia entrata in contatto con le pietanze umane stava cominciando a fare le bizze. “Dannato crostaceo alla terra…” si lamentò premendosi il ventre con una smorfia. Shura, nel bagno in fondo al corridoio stava cercando di non rimettere anche l’anima. Kamiki le teneva la testa con fermezza. “Senti, non è che avresti un fazzolettino?” biascicò la donna tirando su col naso scollando un attimo la faccia dalla tazza, “Sì…” rispose la ragazza facendo per prenderlo dalla borsa quando si accorse di non averla con sé. “Accidenti, ho dimenticato la borsa in sala da pranzo.” Disse alla professoressa in stato catatonico. “Professoressa Kirigakure?” provò a chiamarla ottenendo solo un sorriso sornione. “Santo cielo, perché si è sbronzata tanto?”.
Lilith sgranò gli occhi spaventata. “Mephisto.” Disse seria, “Così non va.” “Lasciati trasportare… Mio fratello è un giocherellone, sono certo che adesso essendoti stato alla larga così tanto tempo sia già tornato in sé e si stia distraendo con altro.” “Ne dubito fortemente.” Al che l’uomo sospirò lasciando andare il viso della ragazza. “Questa tua coscienza di te mi è sempre piaciuta.” Le disse con un mezzo sorriso, “Per quanto non sia il momento adatto per dirlo, sono estremamente convinta che sia difficile dimenticarmi.” “Non posso che esserne d’accordo.”. Si guardarono negli occhi per una manciata di secondi. “Quindi?” mormorò la ragazza, “Quindi?” “Sei davvero convinto che Amaimon stia desistendo?” “A dire il vero no.” “Ah! Lo sapevo!” gli puntò il dito contro lei vittoriosa, “Sono la donna più bella di Gehenna, era ovvio!” si scostò i capelli orgogliosa. “Sbaglio o fino a un minuto fa eri terrorizzata all’idea di averlo qui?” a quelle parole, Lilith tornò a rabbuiarsi. “Di sicuro non mi sento in una botte di ferro.” Guardò altrove crucciata, “Però posso provare a tenerlo a bada. Sempre che tu mi dia una mano.” “Tecnicamente non potrei…” “Che significa? Mi sembrava avessimo fatto un patto?” “Eh… Ecco… Storia lunga…” “Mephisto…” “I legami di sangue, nel galateo dei demoni, come ben sai hanno la precedenza.” “Spiegati meglio.” “Ho fatto una promessa anche a lui.” Silenzio. “Sei sleale!” Lilith indietreggiò di scatto di un passo guardandolo sconvolta. “Shh…” Mephisto le afferrò i polsi con delicatezza, “Alla fine la promessa che gli ho fatto non comprendeva il tuo libero arbitrio…” si avvicinò di nuovo a lei guardandola dritto negli occhi, “Quando sarai posta davanti a una scelta, prendi quella giusta.” “Non parlarmi come un oracolo… Stiamo discutendo di cose serie.” mormorò la ragazza esitando. Passarono alcuni attimi di silenzio tombale prima che Lilith si decidesse ad aprire di nuovo bocca. “Mephisto…” si liberò dalla sua presa scossando il capo sospirando. “Se le cose dovessero andare storto…” guardò l’orizzonte brumoso immerso nella notte, “Sarei costretta ad andarmene…”. Il demone premette le labbra una contro l’altra osservandola in silenzio. “Ma questa volta sarebbe per sempre.” Si voltò a guardarlo. Nei suoi grandi occhi balenò un sentore di rassegnazione misto a sconforto. L’uomo respirò a scatti dissimulando un sussulto. “Non te ne andrai. Parola mia.” Disse serissimo. “Non lo permetterò.” “E allora tieni a bada Amaimon.”. Mephisto si morse un labbro. All’improvviso si accesero le luci. Kamiki era tornata nel salone e aveva premuto l’interruttore pietrificandosi alla vista dei due davanti alla finestra. “Ah!” Lilith si voltò rimanendo anche lei di sasso. “Lilith… Lord Pheles…” Izumo deglutì in imbarazzo avanzando a capo chino verso i suo posto a tavola, “Scusatemi, ho dimenticato la borsa.” Disse in un sussurro andando a recuperarla. Sotto gli occhi dei due demoni, la ragazza dette loro le spalle tornando verso l’uscita. Lilith cominciò a sudare freddo. Non sapeva se avesse origliato o meno e l’idea la fece tremare. “Comunque…” Izumo si fermò a metà strada voltandosi col volto in fiamme, “Signor preside, ha quindici anni.” “Eh?” Mephisto sgranò gli occhi serrando la bocca. Lilith impallidì ma vedendo la faccia dell’uomo scoppiò a ridere di gusto. “Bella questa!” ridacchiò coprendosi la bocca con una mano. “Ancora questi quindici anni…” smise di ridere sussurrando tra i denti guardando Mephisto socchiudendo gli occhi. “La qui presente signorina Evangeline ed il sottoscritto, stavano discutendo della cattura di domani. Nessun discorso futile, in vero.” Mephisto schiarendosi la voce tentò di recuperare la situazione, “Capito.” Kamiki li guardò stranita per poi tornare sui suoi passi, “Che faccio con la luce, la spengo?”.
“Non so se ridere o prenderti a sberle.” Lamia che aveva appena finito di ascoltare il racconto di Lilith la guardava a braccia conserte mentre camminavano verso la spiaggia. “Ma se alla fine sono filata a letto e nessuno ne ha più riparlato!” si lamentò la piccola mettendo il broncio, “Poi ti lamenti se non ti voglio mai dire niente.”. “Come no, chissà adesso che cosa frulla nella testa di quella piccola mitomane.” “Non mi sembra tipo da andare a sbandierare le cose ai quattro venti.” “Io e lei non ci sopportiamo, pensi che si lasci sfuggire l’occasione di metterci nei casini?” “Beh, io per quanto ne so potrei persino starle simpatica…” guardò altrove la sorella sbuffando. “Come no…” rispose sarcastica Lamia scossando la testa. “Comunque sto morendo di fame, se non impazzisce prima Yukio lo farò io.” “Oh, e che fine ha fatto l’orgoglio di succube?” “Fottiti.”. Furono di nuovo le ultime ad arrivare alla baia. La spiaggia era già stata completamente evacuata in previsione dell’arrivo del Kraken. Yukio era appostato con un megafono in riva al mare e dava indicazioni alle squadre comunicando ogni quarto d’ora la posizione del mostro. Ora distava solo una quindicina di chilometri dalla costa, secondo le stime. “Ci siamo, sta arrivando!” Shura, senza ombra di dopo sbornia era già in prima fila a dare ordini. L’abitudine l’aveva resa parecchio resistente. “Bene, noi che facciamo?” Lamia alzò un sopracciglio guardando Lilith intenta a fissare il trambusto di esorcisti in fermento. Con la coda dell’occhio scorsero Mephisto intento a salutarle con una mano da sotto il suo ombrellone. “Ah già…” la donna sospirò seccata incurvando le spalle. “Buon giorno, stelline!” le accolse a braccia aperte sotto la sua ombra. “Buon giorno…” Lilith accennò a un sorriso inginocchiandosi accanto a lui. Lamia si sedette poco più in là sospirando guardando verso l’oceano. Yukio si stava dando da fare e non poteva che fissarlo con la bava alla bocca. “Non farci caso, ha fame.” Bisbigliò Lilith all’orecchio di Mephisto giustificando l’ipersalivazione della sorella. Sul bagnasciuga, il resto degli studenti si stava godendo il mare esattamente come il giorno prima. Fino all’arrivo della bestia avrebbero finto di essere comuni vacanzieri e la cosa sembrava non dispiacergli. Mephisto togliendosi gli occhiali da sole prese in mano il numero successivo del manga del giorno prima cominciando a sfogliarlo. Lilith lo guardò incuriosita e sbirciò un paio di vignette senza però capirci niente. “Che relax… La spiaggia è davvero qualcosa di adorabile, non trovate?” sospirò L’uomo lanciandole un’occhiatina. “Oi! Ben svegliate!” Shima vide le sorelle Evangeline passando accanto al loro ombrellone e si fermò a salutarle con un’anguria sotto al braccio. “Yo.” Lo salutò Lamia svogliata, il ragazzo col suo corpo le stava schermando la visuale da Yukio e questo era palese la infastidisse. “Che fai con quell’anguria?” chiese Lilith, “Ne volete una fetta? Stavo andando a tagliarla.” “Oh sì… magari…” alla ragazza brillarono gli occhi. “Shima! Sbrigati con quella cosa!” Ryuji lo chiamò a gran voce agitando un braccio in lontananza. “Arrivo!” rispose l’altro strillando. “Sentite…” Renzou si voltò poi verso di loro con una smorfia guardando di sfuggita Mephisto di nuovo immerso nella lettura, “Perché non venite sotto il nostro ombrellone? Ci farebbe piacere.” Si sforzò di sorridere sentendosi minacciato dalla presenza del preside. “Ecco…” la minore cercò gli occhi di Mephisto un po’ agitata, “Fanciullo, come procedono le ricerche?” domandò allora lui sollevando gli occhi dal manga, “Direi benone, Lord Pheles…” Shima si grattò la testa ingenuamente. “Splendido, allora direi che non ci sono problemi se vi divertite ancora per un po’.” Voltò pagina con nonchalance. Lilith sgranò gli occhi impotente. “Quindi, volete venire?” ripeté la domanda il ragazzo improvvisamente più sereno. “No. Levati.” Lamia rifiutò l’offerta allontanandolo con un gesto scocciato. “Scusala, ha il ciclo.” Disse la sorella giochicchiando col pareo. Lamia non rispose ignorandola. “Oh…” Renzou la guardò stranito ma non ci dette troppo peso. “Tu Lilith, vuoi venire?” “Non credo di voler lasciare sola lamia… Ecco…” la donna d’un tratto perse Yukio di vista. Il ragazzo si era spostato in un punto cieco e non riusciva più a trovarlo. Mordendosi un labbro si alzò in piedi come una furia. “Andiamo.” “Che!?” la ragazzina la guardò sconvolta mentre camminava impettita verso l’ombrellone dei ragazzi. “Lamia!?” “Magnifico!” ridacchiò Shima al settimo cielo dondolando l’anguria tra le braccia. Fu così che le sorelle Evangeline si trovarono sedute in mezzo ai loro compagni di classe con una fetta d’anguria in mano ad ascoltare in silenzio le loro chiacchiere da adolescenti. “Certo che questo posto ora sembra proprio una di quelle spiagge private dei film!” disse Shiemi battendo le mani contenta, “Che meraviglia!” non la smetteva di sorridere con gli occhi che le brillavano. “Si vede che non sei mai uscita da casa tua.” Come sempre, Izumo la smorzò con la sua acidità. La ragazza lasciò poi cadere lo sguardo su Lamia, rimasta immobile con l’anguria colante tra le mani. Non ne aveva assaggiato nemmeno un morso, intenta com’era a fissare Yukio in lontananza. Sembrava un cane da caccia. “Lamia, cominci ad essere inquietante…” le sussurrò Lilith nascondendo la bocca dietro la sua fetta mezza smangiucchiata, l’altra fece finta di non averla sentita intensificando lo sguardo. Fortunatamente, i loro compagni erano talmente presi nelle loro chiacchiere da non fare caso al suo comportamento bizzarro. Contando poi il fatto che la donna non era mai stata interessata a parlarci, era tutto nella norma. “Non avete un po’ caldo con quei parei?” chiese innocentemente Shima ad un certo punto posando a terra la buccia spolpata del suo pezzo d’anguria, “N…No.” Rispose incespicando Lilith riempendosi la bocca col cocomero per non dover dare ulteriori spiegazioni. “Ah! Magari ci avessi pensato pure io a comprarlo…” Shiemi si prese le guance tra le mani. “Sono così eleganti e di certo non mi sarei sentita tanto in imbarazzo.” “Si ma sono scomodi per una missione come quella che ci attende.” Izumo fulminò le sorelle con sguardo indagatorio. Lilith deglutì rumorosamente il boccone cercando un appoggio in Lamia che però era come se non esistesse. “Io penso siano molto belli!” intervenne Rin sorridendo a trentadue denti con la bocca piena. “Già, non state scomode?” Ryuji seguì la scia di Kamiki incrociando le braccia pensieroso, “Ryuji, non dirmi che anche tu sei curioso di vederle senza!” Shima lo guardò sognante, “ma che dici, pervertito!? Mi riferivo a un fattore puramente pratico!” sbottò Suguro imbarazzato. “Come no…” lo continuò a stuzzicare l’amico ammiccandogli, non facendo altro che peggiorare il suo rossore. “Ehrm… Io ho dimenticato una cosa sotto l’altro ombrellone. Torno subito.” Lilith, tentando la fuga, si alzò di scatto tenendo ben stretto il tanto discusso pareo per non farlo cadere. Lasciò la fetta d’anguria da parte spazzandosi dalla sabbia, “Lamia, mi accompagneresti?” le tirò un calcetto facendola tornare al presente. “Che vuoi?” le chiese seccata sistemandosi gli occhiali, “Coraggio, ho dimenticato una cosa…” “Ah?” la testardaggine della sorella stava cominciando a far spazientire Lilith che si sentiva gli occhi di tutti puntati addosso. Al che lo sguardo iniettato di sangue che rivolse alla donna, le recapitò il messaggio forte e chiaro. “Oh.” Lamia si alzò lentamente facendo finta di niente. “Se vuoi ti accompagno io, Lilith!” si offrì Shima alzandosi a sua volta. “No no, tranquillo… C’è già Lamia.” Sorrise nervosamente la ragazzina. Izumo la guardava con un’espressione indecifrabile e anche gli altri non sembravano ben capire il bisogno della scorta. “Dai, che vuoi che sia? Ho voglia di sgranchirmi le gambe…” “Non serve, davvero. Cose da donne.” Lilith s’inventò una scusa lampo facendolo titubare. Shiemi e Izumo furono le uniche ad avere un sussulto capendo l’apparente motivo di tutta quella segretezza. “Cose da donne?” chiese Rin stupidamente ma fu zittito da un’occhiataccia di Kamiki. La ragazza sembrava aver abbandonato quell’aria da inquisitrice spagnola. “Oh caspita, allora Lamia non era l’unica!” Shima batté il pugno sul palmo in preda a un’illuminazione. Lilith lo guardò un po’ riluttante annuendo non capendo bene nemmeno lei che cosa avesse scatenato. “A maggior ragione, il sole è molto pericoloso per voi fanciulle nel vostro periodo delicato! Vengo con voi!” il ragazzo si batté il petto autoproclamandosi paladino delle donne col ciclo, “Se doveste svenire, io vi prenderei al volo svegliandovi con un bacio.” Si pavoneggiò mettendosi in posa plastica. “Shima, non te ne approfittare.” Suguro lo sguardò storto. “Ti prego non farlo.” Sussurrò sudando freddo Lilith. Nessuno oltre Lamia la sentì e la donna scossò la testa sottolineando la richiesta. “Forza, andiamo!” “Shima, non fare l’appiccicoso. Sono cose private!” Izumo cercò di riprenderlo ma sembrava imbarazzatissima dall’argomento. “Lasciamo perdere. Andiamo.” Sospirò Lilith cominciando a camminare verso Mephisto. Voleva allontanarsi da lì il più velocemente possibile, Shima o non Shima. Lamia la seguì svogliata probabilmente desiderando solo un po’ di pace. “Aspettatemi!” Renzou si precipitò dietro di loro saltellando. “Mi raccomando, se vi sentite mancare, ditelo!” sprizzò stelline luccicanti da tutti i pori. “Che esaltato.” Commentò esasperato Koneko. Mephisto si vide arrivare in contro le due succubi intente a marciare alla velocità della luce con il buon Renzou attaccato al fondoschiena. Abbandonò il manga studiando interessato la scena, la faccia di Lilith la diceva lunga. “Shima… Ora puoi andare, ci vorrà un po’.” Cercò di scollarselo la ragazza approdando all’ombrellone. Il preside alzò lo sguardo in silenzio inforcando di nuovo gli occhiali scuri. Lamia si era fermata sotto il sole a braccia incrociate a guardare il ragazzo importunare la sorella senza muovere un dito. La fame la stava rendendo inutile. “Aspetterò.” Disse lui convinto. Lilith inginocchiandosi dandogli le spalle, cercò in vano di dire qualcosa a Mephisto ma trovandosi alle strette sospirò prendendo la sua borsa da spiaggia con un velo di disperazione. L’unica opzione era la fuga definitiva. “Sono costretta a tornare un attimo in hotel.” Disse alzandosi a tutta velocità scattando verso la passerella. Mephisto allora abbassò gli occhiali non capendo che stesse succedendo. “No problem, ti ci porto io!” si offrì il volenteroso Shima seguendola a ruota. Nel farlo però pestò inavvertitamente un lembo del pareo di Lilith. Con uno strattone, il nodo si sciolse facendolo svolazzare a terra in un turbine di veli. Il tempo si fermò di colpo. La ragazza smise di respirare. A rallentatore, Mephisto sgranò gli occhi spalancando la bocca, Lamia voltò la testa guardando il panneggio piroettare attorno al piede di Shima e il ragazzo che aveva chiuso gli occhi per sbattere le palpebre stava per riaprirli e trovarsi davanti la coda srotolata di Lilith.

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Capitolo 29
*** Capitolo XXVIV ***


CAP 29

In un flash, un boato provenne dalla riva facendo voltare tutti di scatto. Renzou non aveva avuto nemmeno il tempo di guardare Lilith che il Kraken aveva fatto la sua comparsa all’orizzonte scatenando onde altissime. “Il Kraken!” gridò il ragazzo incredulo voltandosi di scatto. Lilith ne approfittò per recuperare alla velocità della luce il pareo e avvolgerselo attorno alla vita. Poi senza indugiare ulteriormente, corse via fuggendo in direzione dell’hotel. Mephisto si alzò dalla sdraio guardando prima lei poi il Kraken e dandogli le spalle, schioccò le dita sparendo in una nuvola di stelline. “Che facciamo!?” Shima si voltò verso Lamia rimasta immobile. D’istinto la donna guardò il bagnasciuga cercando Yukio ma non vedendolo cominciò a respirare affannosamente. “Lamia?” tentò di chiamarla di nuovo il ragazzo, non ottenendo però risposta. “Lilith… Tu che proponi?” Renzou si rivolse allora all’altra nel panico, “Ah!?” voltandosi si accorse della sua improvvisa assenza strabuzzando gli occhi, “È sparita!” strillò incredulo. Lamia, senza dire nulla, scattò in avanti correndo verso il mare in tempesta. Il cielo sopra le loro teste stava cominciando a diventare scuro e nuvoloso. “Aspetta!” Shima indeciso sul da farsi era rimasto intrappolato in un limbo di panico. Farfugliando qualcosa corse qualche metro verso la riva cercando in vano aiuto. Guardando prima a destra poi a sinistra era del tutto intenzionato a darsi alla fuga. “Tutti ai propri posti!” la voce tonante di Shura al megafono lo fece bloccare di colpo, “Gli esorcisti di categoria intermedia, inferiore e gli studenti prendano i lanciafiamme!” ordinò, “Fino a quando il nemico non si sarà avvicinato non entrate in mare!” aggiunse categorica. “Shima!” Koneko aveva visto l’amico correndo al suo fianco. Renzou in trappola era sull’orlo di un crollo di nervi. Lamia nel frattempo camminava a passo rapido scansando le folle di esorcisti in cerca di Yukio. L’istinto le stava facendo seguire la scia della voce di Shura convinta che lo avrebbe trovato lì vicino. Buttava l’occhio freneticamente a destra e sinistra dimenticando completamente la sorella fuggita chissà dove. Il suo sesto senso in fondo non aveva tutti i torti. Yukio era infatti a riva intento ad esaminare la situazione. D’un tratto però il Kraken smise di avanzare. Era rimasto immobile con uno degli elicotteri delle squadre a ronzargli intorno. “Ah!? Ha smesso di avanzare verso di noi?” Shura spalancò la bocca presa in contro piede abbassando il megafono. “Si è inabissato?” Rin era a pochi metri da lei coi piedi sulla sabbia umida a guardare l’orizzonte, “Non raggiunge la spiaggia!?” il ragazzo stava cominciando a perdere le staffe stringendo il pugno attorno alla cordella del fodero della sua spada. “Shura..?” Yukio sbucò alle spalle della professoressa Kirigakure cercando una qualche delucidazione dalla collega, rimasta però di sasso. Anche gli altri esorcisti guardavano inermi la bestia sparire sotto il livello del mare tra mille bolle. Poi nella quiete, un inaspettato colpo di tentacolo avvolse in una potente morsa l’elicottero senza che nessuno potesse intervenire. “Ha attaccato l’elicottero!!” gridò qualcuno incredulo, “ma che vuole fare!?”. Rin strabuzzò gli occhi scattando in avanti, “Dobbiamo salvare l’equipaggio!” strillò mettendo piede in acqua. “Fermo lì!” Shura imbracciando di nuovo il megafono lo fece retrocedere, “Finché il corpo del Kraken sarà in mare non dovete assolutamente entrare in acqua! Se richiama un Mael Strom sarà la fine per tutti!” gridò autoritaria respirando affannosamente. Al che il ragazzo digrignò i denti fissando immobile quell’unico tentacolo emerso del mostro arricciarsi in lontananza. “Se ne sta lì a squadrarci con calma…” ringhiò pensando alle povere persone a bordo del velivolo. E non fu più capace di ragionare. Lamia nel frattempo, vedendo i famigliari capelli rossi di Shura in lontananza, aveva cambiato traiettoria incrociando con immenso sollievo anche il profilo di spalle di Yukio. Lo aveva trovato. Accelerò il passo fregandosene di chi le stava davanti. Il suo tempismo fu però pessimo per certi versi. Prima che qualcuno potesse fermarlo, infatti, Rin scattò come una furia verso una delle scialuppe a motore ormeggiate a riva.  “Rin!” Shiemi che lo aveva visto precipitarsi verso la barca gli era corsa dietro d’istinto. “Rin, dove vai!?” la ragazza gli si aggrappò a un braccio quando lui ormai già a bordo stava armeggiando col motore, “Shiemi ma che fai!?” “Capisco cosa vuoi fare ma hanno detto di non anda…” d’un tratto il motore ingranò la marcia sbalzando Shiemi dentro la scialuppa con uno strattone.  La barca partì a razzo coi due ragazzi a bordo senza alcun freno.
Mephisto ricomparve all’inizio del viale dell’hotel. Il sole stava tramontando alle sue spalle e con nonchalance si mise a camminare ancora in infradito verso il cortile. “Lilith, lo so che sei qui.” “No!” la vocina della ragazza provenne da un gruppo di cespugli lì vicino. L’uomo sospirò alzando impercettibilmente gli occhi al cielo. “Lilith…” si avvicinò alla vegetazione scostando qualche fronda rimboccandosi le maniche, “Coraggio, non farmi avventurare in queste selve. Lasciami un minimo di decoro.” “Disse colui che gira in infradito.” “Oh… Mi vedi i piedi eh…” ridacchiò lui fermandosi di colpo. “Andiamo, non fare Lamia.” Si abbassò di scatto trovandosi a faccia a faccia con la ragazza facendola sobbalzare per la sorpresa “Ah!!”. “Trovata.” Mormorò Mephisto soddisfatto osservando da vicino quella pallottola di riccioli biondi che aveva alzato il naso per pura cortesia. “Ho un déjà-vu.”  Sogghignò lui inclinando la testa di lato, “Il deserto del Sahara, mi pare.” “Il nostro primissimo incontro…” sospirò Lilith guardando altrove chiudendosi ancora di più a ricciolo, “Il lupo perde il pelo ma non il vizio…” “Che ci posso fare se quando mi sento minacciata mi nascondo?” “Nulla.” “Mi sei molto d’aiuto. Si può sapere perché mi sei venuto a cercare?” alzò lo sguardo incrociando il suo mentre era intento a studiarla stando in piedi con le mani in tasca, “C’è mancato molto poco ma direi che te la sei cavata egregiamente.” “Appunto, ho rischiato. Non uscirò più da qui fino alla fine della vacanza.” “Tu puoi stare nascosta quanto ti pare ma…” Mephisto la guardò accennando a un sorrisetto da birbante, “Hai lasciato là da sola Lamia…” la sua voce si fece improvvisamente roca e Lilith sgranò gli occhi fissandolo come se stesse avendo un’apparizione.
Lamia era sempre più vicina a Yukio. Mancavano solo una decina di metri. Allungò lentamente una mano per toccargli una spalla non appena sarebbe giunta da lui. “Ma che diavolo sta combinando Rin!?” il rombo della barca a motore era arrivato alle orecchie di Shura che si era girata trovandosi davanti quella scena inconcepibile. “Io tuo fratello lo strangolo!” strinse le unghie attorno al megafono rivolgendosi a Yukio voltatosi come lei. Il ragazzo deglutendo si rimboccò le maniche scattando in avanti. Lamia stava per sfiorarlo quando sfuggendo alle sue grinfie, aveva raggiunto una seconda imbarcazione saltandoci sopra senza perdere tempo. Shura si vide Lamia sprintare a tutta velocità al suo fianco strabuzzando gli occhi. La succube con un balzo da olimpiadi saltò sulla barca di Yukio in partenza facendolo sobbalzare per lo spavento. “Lamia!” gridò lui voltandosi in preda al panico mollando gli ormeggi, “Scendi immediatamente!” le intimò con tono minaccioso.  La donna era a carponi col viso nascosto dai capelli arruffati e si reggeva saldamente alle assi del fondo con le unghie. La sua vicinanza lo stava facendo tremare di nuovo. Ma ormai erano lontani dalla spiaggia. “Vorrei ma…” Lamia ricomponendosi lo guardò col vento che le scompigliava i capelli. Accennò rapida alle onde tutte intorno a loro lasciando che fosse l’oceano a finire la frase. “Dannazione, mi sembrava che avessimo fatto un patto.” Yukio scossando la testa, si arrese nonostante la rabbia. Tornò lesto alla guida dell’imbarcazione lasciata per un attimo allo sbaraglio e riprese la rotta con sangue freddo. “Per lo meno cerca di non intralciarmi.” disse distaccato guardando il mare scuro in cerca di qualcosa. “Aspetta ma… Che stiamo facendo!?” Lamia si rese conto che si stavano dirigendo sempre di più verso il Kraken e sbiancò. “Porca miseria.” Digrignò i denti maledicendo la sua impulsività. “Se non mi ammazza lui, lo farà Lilith.” Sibilò mettendosi in ginocchio a poppa.
“Mephisto, corri dobbiamo tornare subito alla spiaggia!” Lilith era scattata fuori dai cespugli come un razzo voltandosi verso di lui col pareo stretto tra i pugni. Per la foga si era stretta ancora di più il nodo tremando come una foglia. “Oh. Ma bene…” il demone tornò sul sentiero con tutta calma, “Che brava ragazza che sei.” La canzonò tutto sereno. “Come fai ad essere tanto tranquillo!?” “Domanda interessante…” “Mephisto.” “Sì va bene, va bene, mi muovo.” Sospirò vedendo respinto il suo tentato monologo teatrale accelerando un po’ il passo sotto lo sguardo fulminante della ragazzina. “Non c’è tempo da perdere…” disse Lilith avanzando a passi larghi, “Un momento soltanto!” Mephisto la afferrò per un lembo di pareo fermandola all’istante. Lei si voltò di scatto a bocca aperta, “Tanto per inciso, io non mi sposto mai a piedi.” Mormorò incredibilmente vicino al suo naso schioccando le dita e i due scomparvero nel nulla.
Yukio scattò d’improvviso a Prua sbracciandosi verso la scialuppa di Rin che sfrecciava poco più avanti. “Rin!” lo chiamò il fratello su tutte le furie. “Cosa cavolo hai in mente!? Devi seguire gli ordini!” prese fiato, “Non ti permetterò di fare quello che vuoi stavolta!” si sgolò avvicinandosi alla sua barca. Ma il ragazzo senza nemmeno ascoltarlo, balzò sguainando la katana verso il tentacolo alzato della bestia tranciandolo di netto con un colpo. Yukio intanto, senza parole, aveva ammarato l’altra imbarcazione aiutando Shiemi a salire sulla sua. Lamia la guardò storto mentre si accomodava accanto a lei nel completo imbarazzo. Rin con un tonfo ricadde in mare schizzando da tutte le parti. “Non ci posso credere.” Yukio era tornato a guardarlo sporgendosi verso di lui in ginocchio sulla barca. “Tiratemi su!” sputacchiò il fratello nuotando verso di loro in tutto il suo aspetto demoniaco. Lamia lo fissava in silenzio studiandolo nei minimi particolari. “Rin, ti è andato forse di volta il cervello? Hai sguainato la spada come se nulla fosse.” “Che ti prende? L’ho fatto per salvare delle vite!” “Hey, voi due…” la voce tremolante di Shiemi li fece voltare entrambi, “Sotto di noi…” aggiunse in un sussurro impanicandosi. Lamia si sporse dal parapetto guardando le onde blu incresparsi con una strana ombra nera “Oh no.” disse arricciando le labbra. Rin ancora in acqua abbassò gli occhi continuando a stare a mollo seppur pervaso da un brivido di terrore. Senza che potessero prevederlo, un enorme tentacolo sbalzò l’imbarcazione in aria in una frazione di secondo sbriciolandola nell’atterraggio. I ragazzi furono scagliati nelle profondità dell’oceano senza nemmeno avere il tempo di sbattere le palpebre. “Yukio! Shiemi! Lamia!!” Rin, l’unico ad essere rimasto a galla gridò a perdifiato cercando i compagni con lo sguardo. Il fratello, previdente com’era aveva già indossato le bombole d’ossigeno e stava nuotando verso Shiemi afferrandola poco prima che s’inabissasse per sempre. Riaffiorò in superficie con lei nuotando rapido verso Rin. “Yukio, Shiemi!” il ragazzo si avvicinò a grandi bracciate aggrappandosi a Shiemi inerme, “Dobbiamo sbrigarci a tornare a terra!” gridò il professore lasciandogli in braccio la ragazza stremato. “Dov’è Lamia!?” Rin faticò a tenere la testa in superficie scalciando potente per far respirare aria almeno all’amica. “Che cosa?” Yukio sgranò gli occhi cercando di opporre resistenza alle onde possenti. “Non è qui?” “No!” il ragazzo ebbe un principio di attacco di panico e senza dire altro si rimise il boccaglio ficcando di nuovo la testa sott’acqua.
“Lamia!!” Lilith era arrivata alla spiaggia trafelata. Il brevissimo viaggio intra dimensionale non l’aveva aiutata a calmarsi. “Non la vedo.” Si voltò in preda al panico verso Mephisto rientrato nel suo mood da spiaggia nonostante la tarda ora e lo stato di emergenza generale. Lui la guardò in silenzio riducendo la bocca a un puntino. “Vado a cercarla.” Annunciò allora Lilith cominciando ad avanzare verso il bagnasciuga. “Per qualsiasi cosa io sono qui ⋆” le fece un cenno Mephisto e lei si voltò interdetta, “Non vieni con me?” balbettò, “Chiedo venia ma ho un biglietto in tribuna d’onore per la prima di stasera. Non vorrei mai perdermi la battaglia contro il Kraken.” Disse portandosi una mano al petto con un gesto emblematico, “Però se vuoi venire anche tu, avevo tenuto conto di un biglietto di riserva anche per te.” Le ammiccò malizioso. Lilith rimase a fissarlo in silenzio con la testa che le frullava. “Lamia ora ha la precedenza.” Rispose secca tornando sui suoi passi. “Come desideri…” sogghignò Mephisto assottigliando lo sguardo studiandola a fondo mentre si allontanava. “La strategia d’attacco è sospesa!” Shura strillò alle squadre usando il megafono, “…E fino a quando il Kraken non si allontanerà da questo specchio d’acqua non posso mandare né le truppe di salvataggio né quelle di perlustrazione.” Aggiunse spegnendo il microfono parlando con uno dei suoi colleghi alle sue spalle. “Intanto che la situazione si sblocca, vai a fare delle ricerche su questo mare, Sato.” Gli ordinò poi senza perdere tempo, “Sì, certo!” rispose l’altro scattando sull’attenti. Mentre l’esorcista se ne andava a svolgere l’incarico, Shura tornò a guardare l’oceano in direzione delle barche dilaniate digrignando i denti. “Quello stupido…” sibilò su tutte le furie. “Yo Lilith! Rieccoti qui!” Shima fermò la ragazza incrociandola sulla via della baracchina dei gelati, “Dov’eri finita?”. “Hai visto lamia!?” la piccola gli mangiò quasi la faccia per la foga. Era tesa come una corda di violino e si chiedeva che fosse successo in sua assenza. Trovandosi davanti poi Renzou fu pervasa da un’ondata di brividi. “Eh, Lamia?” il ragazzo si agitò improvvisamente. “Lilith!” Koneko e Ryuji sbucarono da dietro Shima accerchiandola “Che succede? Sembri sconvolta…” “Shima, che le hai detto?” “Io? Ah!? Niente!!”. Lei sentendosi un po’ minacciata cominciò a balbettare qualcosa guardandosi intorno. Andandone però della sua incolumità, trovò la forza per parlare. “Avete visto Lamia?” chiese dunque imbracciando tutta la sua sicurezza. “Lamia?” Koneko alzò le sopracciglia meravigliato, “Ma come… non hai visto cos’è successo?” disse lui con quanto più tatto possibile, “È saltata sull’imbarcazione del professor Okumura e…” guardò il mare “Il Kraken li ha affondati…” aggiunse titubante, “Credo che ora siano… Dispersi.”. Lilith lo guardò sgranando gli occhi e trattenendo il fiato squadrò l’oceano sentendosi sprofondare in un abisso.
Yukio nuotava come se ne fosse della sua stessa vita. Cercava Lamia disperatamente ovunque in mezzo a quel profondo blu. Dentro di lui pensava continuamente che era un demone e che non poteva morire. O almeno così sperava. Il suo corpo però era pur sempre umano. Contrariato dalla sua tanto amica logica, stava cominciando a perdere le speranze di ritrovarla. Sarebbe impazzito. L’ossigeno delle sue bombole gli sarebbe bastato di sicuro per nuotare per almeno un altro paio d’ore, ma di certo a Lamia non sarebbe bastato il suo solo per sopravvivere. Stava per tornare a galla quand’ecco che scorse con la coda dell’occhio una sagoma adagiata su uno sperone di barriera corallina. La raggiunse in una frazione di secondi e riconobbe Lamia priva di sensi sdraiata tra i coralli. Fortunatamente era atterrata solo a qualche metro dalla superficie ma aveva perso il pareo. La sua coda di demone fluttuava libera tra i pesci di scogliera. 

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Capitolo 30
*** Capitolo XXX ***


CAP 30

Yukio riemerse dalle profondità dell’oceano trascinandosi dietro Lamia. Le onde scure celavano i loro corpi attorcigliati nascondendo la coda della succube. “Merda… Non ci voleva.” Digrignò i denti il ragazzo nuotando verso Rin e Shiemi. “Yukio!” il fratello trovò il fiato per chiamarlo non appena lo vide in lontananza. L’altro d’un tratto si fermò stando a galla mentre stringeva forte Lamia titubando. “Come sta Lamia?” strillò Rin con le orecchie immerse nell’acqua, al che Yukio abbassò lo sguardo sulla donna stringendo le labbra, “È svenuta… Ma non ti avvicinare!” rispose gridando, “Come? Non ti sento!” “Ho detto di stare lontano!” alzò il volume annaspando con la coda di Lamia che gli si stava attorcigliando attorno alle gambe. Rin non doveva assolutamente vederla. E così neppure Shiemi. “Yukio! Aspettami vengo lì!” “Ho detto no! Come sta Shiemi?” cambiò argomento per fermalo, “Eh? Shiemi?” prese fiato, “…Respira!” “Bene, dobbiamo tornare subito sulla terra fer…” un improvviso innalzamento del livello del mare bloccò Yukio a metà frase. Una gigantesca onda sollevò i ragazzi in alto ma quando si abbassò, toccarono terra coi piedi. “Woah!” Rin perse l’equilibrio cercando di reggere Shiemi e cascò a carponi sull’agglomerato di coralli che era magicamente apparso sotto di loro. “Ma che!?” Yukio stringendo i denti si guardò intorno con Lamia ancora tra le braccia. Il fratello era una decina di metri più avanti lungo quello che aveva tutta l’aria di essere un sentiero verso un’isola apparsa come d’incanto. “Oi Yukio! Credi che sia opera del Kraken?” Rin si alzò in piedi guardando in sua direzione. “Credo di no…” il ragazzo si affrettò a ricomporsi avvolgendosi lesto la coda di lamia attorno a un braccio così da nasconderla sotto lo stesso corpo della donna. Ancora un po’ confuso camminò lungo la scia allontanandosi quanto prima dall’oscuro mare minaccioso, temendo una qualche reazione del demone marino. La donna aveva ancora gli occhi chiusi ma sembrava viva. Yukio con un colpetto di spalla le fece accomodare meglio il capo sballottato di qua e di là dalla sua camminata frenetica allo stremo delle forze. “Che facciamo?” disse trafelato Rin, ora che i gemelli erano faccia a faccia non avevano più bisogno di urlare, “Allontaniamoci da qui, presto.” Tagliò corto Yukio avanzando verso la grotta solitaria “Se vogliamo tornare a riva dobbiamo probabilmente raggiungere l’altro lato dell’isolotto laggiù.”, dette le spalle a Rin velocemente senza neppure controllare la salute di Shiemi. Se avesse lasciato Lamia, di sicuro suo fratello avrebbe visto la coda e così si stava appellando alle forze celesti per non abbandonarlo in quel momento. Con le braccia ormai ridotte all’insensibilità, si affacciò sull’antro oscuro annusando l’aria che odorava di molluschi al sole. “Non è esattamente un luogo profumato…” si lasciò sfuggire un commento restando però impassibile. “Oi, che faccio con Shiemi?” Rin lo aveva raggiunto portandosela in braccio imitando Yukio con Lamia e lo guardava intontito da tutta l’acqua salata che aveva evidentemente ingurgitato. “Continua a fare esattamente quello che stai facendo. Portala in braccio finché non si riprende.” “Oh, acuta osservazione.” “Rin… Io e te dobbiamo fare una bella chiacchierata.” Sospirò il fratello avanzando un passo all’interno della grotta. “Che? Aspetta, vado io per primo! Potrebbe essere pericoloso!” Rin scattò davanti a Yukio sballottando Shiemi in qua e in là, “Fermo lì, hai una ragazza a cui badare non fare lo stupido e contieniti.” Lo riprese Yukio giungendo sull’orlo di un acquitrino. “E adesso?” Rin non lo aveva nemmeno ascoltato, intento com’era a specchiarsi in quell’abisso nero. “Sembrerebbe non esserci altra via d’uscita oltre quella da cui siamo venuti.” L’altro si sporse stringendo la presa attorno a Lamia. “Dobbiamo tuffarci.” Concluse poi scrutando l’oblio. “E tutto quel bel discorso sul proteggere le fanciulle indifese?” “Direi che con un’analisi a dir poco scontata, passi in secondo piano rispetto al raggiungere i soccorsi. Non credi?” “Parli troppo da quattr’occhi, non ti capisco.” Rin lo guardò storto e Yukio alzò gli occhi al cielo sospirando, “Avvicinati e prendi la mia bomboletta d’ossigeno.” “Che!? Sei sicuro? E tu come farai?” “Non è per te, mettila a Shiemi.” “Ah…” Rin posando un istante la compagna sulla roccia, si avvicinò a Yukio sfilandogli la bombola portatile dal collo. I muscoli del fratello s’irrigidirono mentre tentava con tutte le forze di non fargli notare la coda di Lamia. Tornò poi a rilassarsi solo quando Rin dandogli le spalle per imbragare Shiemi, gli permise di allontanarsi e senza aggiungere ulteriori spiegazioni si tuffò per primo. Il piano era quello di raggiungere l’altra parte molto prima del fratello così da poter nascondere Lamia da qualche parte, o per lo meno trovarle un nuovo travestimento. “Yukio, com’è che si mette questa cosa..?” Rin alle prese con la mascherina stava cercando di farla indossare a Shiemi con scarso successo. “Yukio?” si voltò ma del fratello nessuna traccia. “Maledetto, è già andato!” strillò stringendo le unghie attorno alla bombola cercando poi di sbrigarsi. Il professore Okumura riemerse dopo due minuti di apnea. La vista gli si era annebbiata ma riuscì comunque a far rotolare Lamia fuori per prima. Tossendo sommessamente, si tirò fuori dalla pozza subito dopo rimanendo una manciata di secondi ad ansimare rannicchiato accanto allo specchio profondo. Deglutendo, non indugiò ulteriormente alzando rapido lo sguardo sull’ambiente circostante. Si trovava in una grotta spoglia, di pietra dura. Da un grande buco nel soffitto, entravano spiragli di luce lunare che illuminavano fiocamente un lungo tunnel verso chissà quale altro luogo mentre in basso piccoli agglomerati di corallo scintillavano azzurri come se fossero pietre preziose. Non c’era però tempo per ammirare il panorama, così alzandosi a carponi si avvicinò a Lamia voltandola a pancia in su. Si avvicinò con un orecchio al suo naso e sentì il suo respiro regolare. Un brivido gli percorse la schiena e si sentì travolgere di un fortissimo desiderio di contatto. Desistette però dallo sfiorarla allontanandosi di scatto facendo grandi respiri per recuperare la razionalità. Gli occhi gli caddero sulla coda della succube, ancora lasciata libera e così cercò un qualche mezzo per nasconderla. Nulla però in quella grotta poteva fare al caso suo, nulla tranne i suoi stessi vestiti. Si tastò gli indumenti fradici scossando il capo. Sarebbe stato troppo sconveniente farla trovare dagli altri con addosso i suoi pantaloni, anche perché lui sarebbe rimasto in mutande. La desolazione tutta intorno non fece che aggravargli l’ansia sempre più crescente. Ormai Rin sarebbe arrivato a momenti e doveva pensare a una soluzione. Abbassò di nuovo lo sguardo su Lamia ma sentendosi di nuovo vittima degli impulsi lo distolse ancora fissando il vuoto. Questa volta non c’era via di fuga, certo sarebbe potuto fuggire con lei raggiungendo l’altro lato dell’isola per primo ma anche in quel caso come avrebbe spiegato ai soccorsi che la sua studentessa era una succube? Ci sarebbero sicuramente state delle conseguenze. E si sa, dal momento che una cosa tira l’altra, sarebbero venuti anche a scoprire del suo legame con la donna. Questo lo avrebbe certamente portato davanti ai Grigori, ne sarebbe stato disonorato sia come esorcista che come professore per essersi riuscito a far soggiogare da un demone per di più sua studentessa. Lo scandalo che poi ne sarebbe dilagato lo avrebbe certamente condotto al licenziarsi e al ritirarsi come eremita sulle montagne. Per di più la sola vicinanza con la donna lo stava mettendo seriamente alla prova. Mentre la sua testa frullava di tutte queste supposizioni catastrofiche sull’imminente futuro, Lamia aprì gli occhi lentamente. Dopo un paio di colpi di tosse, sputacchiò l’acqua che aveva inavvertitamente respirato recuperando la voce. “Oi, che fine hanno fatto i miei occhiali?” il suo squittio rimbombando nella caverna fece sobbalzare Yukio. La donna si tastò il naso irritata, “Maledetta seppia ti infilo in una casseruola a fuoco lento poi ti scarico giù per il gabinetto dell’autogrill più sudicio di tutto il Giappone. Ci tenevo a quei cosi.” si tirò su a sedere digrignando i denti farfugliando imprecazioni contro il Kraken. “Sei quasi morta e tu pensi agli occhiali?” fu la prima cosa che Yukio riuscì a dire guardandola. “Sei un demone, non ti servono.” “Stai scherzando, spero. Erano il mio marchio distintivo!” lo guardò storto lei incrociando le braccia. Yukio la guardo in silenzio contando lentamente da 1 a 10 nella sua testa per tenersi aggrappato almeno alla logica della matematica. “Comunque vedo che ti sei ripresa. Eri priva di sensi.” Disse poi freddamente. “Ah davvero? Non me ne ero accorta…” sbuffò sarcastica Lamia ricambiando il suo sguardo cinico, “Per curiosità, dove mi hai portata?” “Storia lunga. La priorità adesso va alla tua coda.” Il ragazzo indicò il batuffolo di pelo nascosto sotto la coscia della succube, “Rin è anche lui qui assieme a Shiemi e stanno arrivando. Il tempo stringe.” “Porca paletta! Lilith mi ammazza per davvero!” ci mancò poco che la mandibola di Lamia si dislocasse, “Ho perso pure il pareo!” “Già.” “Che faccio!?” “Sto cercando di ragionare ma mi è difficile…” Yukio distolse lo sguardo serrando i pugni. Respirava a scatti e sudava freddo. Lamia rimase per un attimo in silenzio ammorbidendo lo sguardo. “Settimo giorno mi pare.” Mormorò con un mezzo sogghigno. Il ragazzo non rispose deglutendo rumorosamente. “Se vuoi posso baciarti ora.” Disse con tono ammaliatore. Yukio inspirando profondamente ci pensò su per poi scossare il capo buttando fuori tutta l’aria con rammarico. “Non abbiamo catturato il Kraken, non sarebbe leale.” Scossando il capo si alzò in piedi allontanandosi di qualche passo. Lamia lo guardò sorpresa, ammutolita. “Preferiresti impazzire piuttosto che rinunciare alla tua integrità!?” la donna si alzò in piedi a sua volta squadrandolo sconvolta. “Sì.” Rispose secco lui cominciando a camminare, “Allontaniamoci un po’ e cerchiamo qualcosa con cui coprirti. Presto.” Disse atono dandole le spalle. Lamia era incredula. “Non ho intenzione di cibarmi subito dopo il bacio se è questo che ti turba!” gli corse dietro rapida. “Non è per questo motivo. Sono uno che tiene fede alle sue promesse e ci tengo che vadano rispettate.” Yukio fermò il passo voltandosi verso di lei. “Guardati, se continui così non riuscirai nemmeno a pensarlo un piano per far fuori quella bestia.” Lamia lo guardò seria aggrottando le sopracciglia. Davanti a lei, Yukio sgranò impercettibilmente gli occhi rimasto di sasso davanti all’evidenza. Aveva lo sguardo scavato, era pallido e faticava a stare concentrato perdendosi negli occhi della succube. “Forse hai ragione.” Chinò il capo stringendo occhi e bocca. Alzò le testa lentamente guardando altrove pensieroso. “Tu ormai mi hai avvelenato.” Mormorò stringendo i pungi. “Dunque…” Lamia gli si avvicinò ancheggiando sinuosa e lui non si mosse di una virgola. “Me lo permetti?” la donna gli prese il volto tra le mani con delicatezza. La sua coda si arricciò attorno alle loro gambe legandoli insieme. Yukio non rispose limitandosi a fissarla con una faccia scolpita nella pietra. Quindi, la succube lasciandosi sfuggire un ghigno malizioso gli sfiorò una guancia con la punta del naso e molto elegantemente scivolò sulle sue labbra baciandolo di gusto. Nonostante Yukio sentì un improvviso sollievo accompagnato dal ritorno del suo raziocinio, cominciò a sentirsi sempre più arrabbiato e nervoso. Lamia gli aveva fatto tradire se stesso. Lo stava cambiando e lo aveva già cambiato. Non appena il bacio si sciolse, lei lo guardò negli occhi soddisfatta ma lui era assolutamente impassibile da quanto era infuriato. “Io ti odio.” Sibilò nel silenzio pietrificandola. Lamia rimase a fissarlo inerme sentendosi rifiutata per la prima volta in tutta la sua esistenza e un qualche meccanismo masochista scattò in lei facendole avere un tuffo al cuore. La stava ripudiando eppure non si era mai sentita così bene. Quello sguardo carico di odio rivoto a lei da un ragazzo era talmente raro che era rimasta a scrutarlo in ogni minimo dettaglio. Ma in quel momento Rin emerse dalla pozza annaspando trascinandosi dietro Shiemi ancora priva di sensi con la maschera per l’ossigeno infilata alla bell’e meglio. “Grazie per avermi aspettato!” tossì il ragazzo sarcastico trascinando Shiemi fuori dall’acqua respirando affannosamente. Yukio s’irrigidì all’istante. Lamia di spalle non mosse un muscolo mentre Rin alzando gli occhi distratto, notò quasi subito la sua coda. “Ma…” il ragazzo socchiuse la bocca sbattendo più volte le palpebre, “Quella è… Una coda!?” disse trafelato e il cellulare di Yukio prese improvvisamente a squillare.
“Razza di deficienti! Se volete fare di testa vostra, almeno fatelo quando il responsabile non sono io!” Shura strillava dall’altro capo del telefono incazzata come una biscia. “Oh, pare che la professoressa Kirigakure sia riuscita a contattarli al cellulare!” Shima alzò le antenne seduto sulle scale della passerella accanto a Ryuji, Koneko e Lilith chiusasi a ricciolo dall’ansia. “Cosa? Stanno tutti bene!?” la ragazza alzò la testa di scatto con gli occhi a palla, “Non lo so, ma direi di sì se hanno risposto alla chiamata…” disse Ryuji guardando Shura strillare in riva al mare rivolta verso l’ombra dell’isolotto lontano sulla linea dell’orizzonte. “Sono contenta che stiate tutti bene, così posso accopparvi io con le mie stesse mani!” continuò a urlare cercando poi di contenersi un minimo. Yukio col telefono a debita distanza dall’orecchio la ascoltava grondando sudore. Rin non aveva ancora detto una parola e Lamia era lì davanti a loro con la coda sempre in bella vista. Gli venne un improvviso terrore che il fratello potesse dirle qualcosa di scomodo così si affrettò a chiudere la chiamata. “Ci dispiace, Shura. Ma ora dobbiamo trovare il modo di tornare da voi. Temo di doverti salutare.” Disse guardando Rin col cuore in gola, “Fermo lì signorino, dove siete?” “Sull’isola davanti alla spiaggia, sulla sinistra.” “Oh, bene allora!” la voce della donna ora era molto più serena, quasi gaudente. “Secondo le nostre ricerche, in questa zona ci sono tracce di un culto rivolto a un Wadatsumi, un Dio del mare. Si parla di un millennio e mezzo fa e nonostante questa religione non venga più praticata, pare che la creatura si trovi proprio sull’isola su cui siete capitati.” “E tu credi che sia ancora vivo dopo tutto questo tempo?” “Probabilmente. Il motivo per cui il Kraken non è entrato in questo specchio d’acqua è proprio lui.”. Yukio annuì al telefono senza perdere di vista Lamia e il fratello. “Mentre siete lì cercatelo e quando lo avete trovato richiamatemi.” “Aspetta, Shura!” Rin d’un tratto aprì bocca facendo impallidire Yukio. La professoressa non riattaccò per il rotto della cuffia ma lui interruppe la chiamata per primo tempestivamente. “Perché l’hai fatto!?” il fratello troncato a metà frase, aggrottò le sopracciglia facendosi avanti, “Volevo chiederle dell’elicottero e se le persone erano sane e sal…” ma l’altro aveva rapidamente tirato fuori una delle sue pistole puntandogliela contro davanti a Lamia rimasta in silenzio per tutto il tempo. La succube non sapeva come comportarsi e la sua espressione era mutata in qualcosa di statico per il troppo sforzo mentale. Riputava Rin uno scemo ma rappresentava comunque un rischio ora che l’aveva vista in quelle condizioni. Vedendo Yukio puntargli contro la sua arma era indietreggiata bruscamente guardando entrambi con la testa nel pallone. “Yukio… Che fai!?” il ragazzo sgranò gli occhi davanti alla minaccia. “Ma guarda che delizioso teatrino…” Mephisto aveva visto tutto e applaudiva sommessamente dall’alto dei cieli. Sulla sua poltrona fluttuante era pari a Dio. Sogghignava compiaciuto sbirciando Yukio puntare la pistola contro il suo stesso fratello e nonostante questo avesse scoperto la vera identità di Lamia non sembrava affatto turbato. “Orsù fanciulli, dopo tutto non importava realmente che restasse strettamente segreto… L’importante è che nessuno ora faccia la spia ai piani alti.” Ridacchiò gustandosi a fondo lo spettacolo. “In ogni caso la carissima Lamia si merita un regalino…” d’un tratto pensò a Lilith rimasta sulla spiaggia all’oscuro di tutto e pregustando la sua futura reazione in merito, schioccò le dita una prima volta lasciando cadere qualcosa sotto di lui, poi una seconda scomparendo. “Non fare lo stupido. Tu hai visto tutto e non posso permetterti di fare la spia.” “Di che parli!? Io fare la spia? Perché dovrei?” “Rin, giura che non dirai mai a nessuno di quella coda o sarò costretto a spararti.” Yukio guardava Rin con uno sguardo tagliente come una lama. “Yukio… Non posso credere che tu mi stia dicendo una cosa simile… Sei mio fratello.” Sussurrò l’altro incredulo, “Su di te pende già la pena di morte.”  “D’accordo, ho visto che Lamia ha… Beh una coda e sono… Sorpreso. Però per quale motivo dovrei dirlo a qualcuno?” “Forse non intenzionalmente ma potrebbe scapparti detto. Giurami che non succederà.” “Aspetta, perché per te è così importante? Insomma…” Rin guardò di nuovo Lamia da capo a piedi e la donna s’irrigidì sotto il suo sguardo, “Sei davvero un… demone?” cambiò momentaneamente argomento rivolgendosi alla succube e lei annuì in silenzio. “Rin, conto fino a tre.” “Fermo! Va bene lo prometto ma non ci sto sinceramente capendo niente!” il ragazzo guardò il fratello agitatissimo, “Com’è possibile che lei sia… Un demone? Da quando? Perché la difendi? Tu lo sapevi?” farfugliò mille domande in preda allo shock. “Non sono affari tuoi, l’importante è che nessuno oltre noi lo venga a sapere.” “Un momento e… Lilith? È un demone anche lei?”.
“Tieni, la cena a sacco.” Shima, che era andato a prendere da mangiare per tutti, porse un vassoio anche a Lilith che lo prese seppur riluttante. Lo stomaco le si era chiuso completamente. “Ah certo che i fratelli Okumura con Moriyama e Lamia…” ridacchiò sornione aprendo una lattina di tè tornando a sedersi con lei e gli altri, “Chissà cosa stanno facendo quei quattro sull’isola deserta…” insinuò immediatamente i pensieri più disparati nella testa già frullante della ragazza che fissò la striscia di sabbia ai piedi della scalinata cominciando a tremare. Già, chissà cosa stavano facendo sua sorella e gli altri tre della compagnia? Sua sorella succube, in costume da bagno. Così esposta in un posto così sperduto. Con tre esseri umani. Dotati di occhi e intelletto. Cominciarono a tremarle le ginocchia e dentro di sé pregava affinché non combinasse nessun casino. D’istinto controllò che il suo pareo la coprisse per bene cercando di stare tranquilla. “Certo che Shima sei proprio spensierato.” Osservò Koneko inforcando le bacchette con la cena scoperchiata sulla cosce, Suguro invece non disse nulla mangiando in silenzio. “Che c’è Bon? Qualcosa non va? Sei taciturno stasera…” Shima ignorò Konekomaru alzando gli occhi su Ryuji, “Sto mangiando, è normale che stia zitto.” “Oh già… Tu invece Lilith, perché non mangi?” il ragazzo allora si rivolse alla ragazzina rimasta sulle sue seppur in mezzo al trio di giovincelli. Lilith lo guardò con la coda dell’occhio fissando poi il pasto sigillato sul suo grembo, “Certo che in confronto alla cena di ieri questo è beh… Però faresti bene a mangiare qualcosa…” “Shima, da quand’è che sei diventato sua madre?” la voce di Izumo provenne da qualche gradino più in alto, dove lei in disparte li aveva ascoltati fino ad allora senza commentare. Lilith tremò alla parola madre ma non lo dette troppo a vedere. “Oh, Kamiki! Non mi ero accorto che fossi lassù, dai avvicinati!” Shima ruotò il busto facendole cenno di scendere ma lei scossando il capo lo ignorò bellamente. Ryuji la guardò di sottecchi masticando a bocca chiusa un boccone di riso. 
“Sì, siamo due succubi.” Lamia intervenne mettendosi in mezzo alla faida tra fratelli. “Lamia, spostati o sparerò anche a te.” “Abbassa la cresta, bimbo.” La donna si voltò verso di lui fulminandolo con lo sguardo. “Ormai mi ha vista, c’è poco da fare. Meglio che sappia tutta la storia così da non fare più domande e accantonare la questione.” A quelle parole, lo sguardo di Yukio sembrò vacillare e ammutolendo rinfoderò la pistola guardando altrove. “Bene…” Lamia volteggiando la sua lunga coda si rivolse nuovamente a Rin in ascolto. Il ragazzo seguì i movimenti della succube molto attentamente, ancora visibilmente incredulo davanti alla scena. “Il succo della storia è che io e Lilith siamo scappate di casa e ci stiamo rifugiando qui. Non siamo cattive e penso che tu possa in fondo capirci meglio di chiunque altro.” La donna accennò al suo essere un mezzo sangue e il ragazzo sussultò. “Certo…” mormorò deglutendo pensieroso, “Immagino anche che tu non voglia che io e Lilith facciamo una brutta fine… Mi pare che mia sorella ti stia simpatica.” “È mia… Amica… Ed è la prima che non ha cambiato opinione su di me… Ora ho capito il motivo…” ammise Rin sempre più convinto dalle parole di Lamia, “Splendido. Allora non ti costerà nulla mantenere il segreto. In fondo glielo… Ce lo devi.” Sogghignò soddisfatta. “Visto, non serviva nessuna minaccia…” Lamia si voltò verso Yukio pavoneggiandosi, “Ah, un’altra cosa…” tornò a guardare Rin indietreggiando al fianco del suo gemello sfiorandogli una spalla, “Lamia, no.” “Io e lui siamo legati da…” “Lamia stai zitta!” il ragazzo si scostò bruscamente fulminandola con lo sguardo. “Yukio… falla finire. Per favore…” Rin li guardava accigliato ma sempre più curioso, “Yukio, sbaglio o è tuo fratello? Pensi di poterglielo tenere nascosto per sempre? Già che ci siamo…” “…Fa come ti pare.” sibilò Yukio stringendo i pugni per contenere i suoi istinti omicidi. “Bene. Io e il tuo fratellino abbiamo stipulato un patto. Tale patto implica il mio cibarmi del suo sangue saltuariamente. Me lo ha concesso perché io non attaccassi altri studenti per mangiare.” “Tu… succhi il sangue di… Yukio? Cioè, voi succubi succhiate il sangue!?” Rin sgranò gli occhi incredulo, “Già.” “Quindi tu e Lilith siete delle specie di… Dracula?”. Lamia roteò gli occhi sospirando, “Non proprio… Per il momento soltanto io. Mia sorella si fa bastare il vostro cibo schifoso. Ma questa è un’altra storia.” Tagliò corto la donna incrociando le braccia. “Quindi, abbiamo il tuo silenzio?” fece dunque la domanda fatale. “Direi di sì ma… Se io che sono il figlio di Satana sono venuto allo scoperto perché voi non dovreste? Insomma… non per farmi gli affari vostri ma mi sembra assurdo…” “Sbaglio o sei finito davanti al tribunale del Vaticano e come ha detto Yukio, su di te pende una pena di morte?” gli rispose Lamia con un’altra domanda e lui ammutolì. “Sono i Grigori che temete?” “Non solo.” La voce della donna si fece greve. “Visto che mi sembri un tipo che ci tiene molto a proteggere i suoi cari… Oltre a giurare silenzio potresti anche aiutarci a stare nascoste. Non pensi che ti dispiacerebbe se fossimo costrette ad andarcene di punto in bianco?” Le sue parole lasciarono Rin di sasso. Yukio li scrutava teso come una corda di violino tenendo una mano sul fodero della pistola pronto a sfoderarla in caso gli fosse servito. “Va bene, vi aiuterò.” Rin sospirando, finì con l’alzare il pollice all’insù sorridendo deciso, “Chi sono io per giudicarvi?” si grattò la testa sorridendo ancora di più. Yukio sgranò gli occhi da quell’inaspettato responso. Era convinto che la stupidità del fratello lo avrebbe condotto a fargli del male. Invece vedendolo così ben disposto ad accettare la situazione lo fece sentire un po’ in colpa per non essere ancora riuscito ad accettarlo pienamente come figlio di Satana. Si morse un labbro distogliendo lo sguardo. “Ma quindi ora…” Rin abbassò il braccio grattandosi una guancia con l’altra mano, “Come facciamo a nasconderti la coda?” chiese riportandoli al punto di partenza.
Nel frattempo sulla spiaggia la situazione non si era mossa. Le squadre monitoravano il Kraken rimasto negli abissi in prossimità del golfo mentre Shura attendeva la chiamata di Yukio completamente allo scuro di cosa stesse accadendo sull’isola in quel momento. La pila di vassoi vuoti dei ragazzi giaceva a lato della scalinata e il gruppetto a pancia piena stavano aspettando che qualcosa finalmente cominciasse a muoversi. Tutti tranne Shima che ovviamente in quella gamma piatta si sentiva di nuovo in vacanza. La paura del Kraken gli era passata non vedendolo più all’orizzonte. “Vi va una partita a carte?” “Shima, la missione non è ancora finita.” “E dai… Una partitella a Shichi Narabe non ce la toglie nessuno…” “Non possiamo giocarci in cinque.” “Tranquilli io ne faccio volentieri a meno.” Izumo dall’alto troncò immediatamente l’idea chiamandosi fuori dai giochi, ancora non era chiaro che volesse starsene per i fatti suoi. “Avanti Kamiki, almeno una partita a carte vieni a fartela…” la guardò sconsolato Shima. “Shima, non puoi semplicemente ignorarla? Non si merita le nostre attenzioni.” Disse Ryuji infossando le testa nelle spalle incrociando le braccia. “Come se non avessi notato che continui a guardarmi!” “Cerchi botte, donna!?” il ragazzo alzò la testa sfidandola. “Oi, non ricominciamo a litigare, stavate andando così bene…” intervenne Renzou alzando le braccia come un arbitro. “Guten Abend, fanciulli. Ancora niente Kraken?” Mephisto d’un tratto comparve ai piedi della scalinata guardandoli con le mani sui fianchi. Lilith sobbalzò rivedendoselo davanti e serrando la mandibola rimase a fissarlo come uno stoccafisso. Dentro di lei sapeva bene che se c’era qualcuno che poteva dirle cosa stesse succedendo sull’isola, quello era proprio lui. Il demone la guardò negli occhi arricciando le labbra aspettando una risposta dagli studenti. “Lord Pheles… È ancora qui?” “Mi pare ovvio, figliolo.” Rispose a Koneko con non curanza, “Allora? Novità?” “Non direi…” il ragazzetto scossò la testa senza sapere che dire. “Oh. Che noia.” Mephisto si voltò verso il mare sospirando. Però non sembrava davvero annoiato. Lilith guardandolo darle le spalle ponderò se avvicinarsi o meno. Ma finché lui non dava cenno di allontanarsi, sarebbe rimasta immobile in quel punto. La curiosità l’attanagliava ma allo stesso tempo alzarsi e andargli a parlare davanti a tutti era l’opzione meno indicata. Così travagliata dai suoi stessi pensieri si isolò dal mondo esterno restando in attesa. 

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Capitolo 31
*** Capitolo XXI ***


CAP 31

 
“Senti, e se ricoprissimo la tua coda di coralli?” “Oh sì, geniale. Così sarebbe molto più carina… Ma non invisibile.” Lamia guardò esasperata Rin, che stava di nuovo sfoggiando la sua imbecillità. “Andiamo, ci sarà qualcosa in questa cavolo di grotta per coprirti!” mentre lui e la succube rovistavano tra le alghe, Yukio si era chinato accanto a Shiemi per controllare le sue condizioni di salute. Respirava normalmente ma non aveva ancora aperto gli occhi. Questo per il momento era a loro vantaggio ma dovevano trovare un sostituto del pareo di Lamia prima che anche la poveretta priva di sensi diventasse un ulteriore testimone scomodo. “Yukio, come sta Shiemi?” “Bene.” Rispose secco. Il professorino non era ancora riuscito a scollarsi di dosso il nervoso di poco prima e stava cercando di concentrarsi su altro per non esplodere. Il bacio di Lamia gli era servito a tornare in forze ma non era di certo più sereno. Le nuove informazioni che ora erano a disposizione di Rin lo minacciavano come una pistola puntata alle tempie. Altri problemi a cui pensare. “Lamia, qui c’è un biglietto per te.” Rin d’un tratto si trovò per le mani un pezzetto di carta decorato con la calligrafia da scuole elementari di Mephisto. La donna guardò l’affarino capendo tutto all’istante. “Pizzetto io ti uccido.” Sibilò tra i denti strappandoglielo di mano. “Che razza di… Ma insomma… Non è assurdo averlo trovato su un’isola deserta!?” Rin continuò a rimuginare sulla busta come se stesse cercando di risolvere una complicata equazione matematica. Ma Lamia subito dopo aver letto il messaggio, accartocciò il biglietto con violenza e sbattendolo via girò i tacchi stizzita guardandosi freneticamente intorno. “Eh? Che c’era scritto?” “Non ho parole!” l’urlo della succube echeggiò per tutta la grotta e la donna riemerse con un nuovo pareo avvolto in vita, diverso però da quello che aveva prima. “Che tempismo di merda.” Digrignò i denti con le mani sui fianchi guardando parecchio infastidita il lungo velo volteggiarle attorno le gambe. Rin spalancò la bocca squadrando il nuovo indumento apparso dal nulla. “E quello dove lo hai trovato!?” Yukio sentendo strillare il fratello si voltò verso Lamia e vedendola con addosso quel pezzo di stoffa variopinto sgranò gli occhi esterrefatto. Sarebbe bastato averlo mezz’ora prima per evitare il macello. “Non. Fate. Domande.” Lamia scandì parola per parola cacciando indietro l’ira funesta nei confronti di Mephisto. Mordendosi un labbro si rese conto che molto probabilmente era tutto un suo piano. Ma perché proprio Rin? “Ragazzi…” Shiemi riaprì lentamente gli occhi tossicchiando un po’ d’acqua. “Shiemi!” Rin rivolse a lei le sue attenzioni precipitandosi al suo capezzale. Yukio si scostò standogli alla larga aiutando però la compagna a mettersi seduta. “Grazie al cielo… Stai bene?” “Sì… Grazie Yuki…” la ragazza un po’ intontita si toccò i capelli bagnati un po’ timorosa. Lamia alzò un sopracciglio osservando i ragazzi aiutarla ad alzarsi in piedi e non disse nulla. Yukio buttando per caso l’occhio in sua direzione si sentì fulminare ma non era dell’umore per poterle dare corda. Il ragazzo ora non era solo in collera con lei ma a poco a poco lo era anche sempre di più con suo fratello che li aveva fatti cacciare nei pasticci. Il montare di pensieri sempre più negativi lo fece scattare a debita distanza a pugni stretti. Shiemi lo guardò confusa, mentre Rin invece era intento a rivolgerle un sorriso da idiota, “Meno male che hai scelto questo momento per svegliarti!” si grattò la testa ridacchiando sotto lo sguardo stranito dell’amica, voltatasi verso di lui attonita. Al che, Yukio girandosi come una furia lo guardò come se gli avesse appena ucciso la famiglia. L’altro accorgendosi di cosa aveva appena detto, saltò sull’attenti col cuore che gli martellava nel petto. Lamia trattenne il fiato roteando gli occhi all’indietro. “Ci risiamo…” pensò esasperata. “Yukio io non…” balbettò Rin vedendoselo piombare addosso. “Ragazzi?” Shiemi guardò i due senza parole capendoci sempre di meno mentre Lamia pensando di intromettersi, vedendo che però nessuna pistola era stata sfoderata, optò per il restare in disparte. Yukio non avrebbe mai fatto mosse avventate davanti a quella sprovveduta di Moriyama e lei ne era quasi certa avendo intuito la sua personalità. Il ragazzo afferrò il gemello per il giubbotto di salvataggio strattonandolo molto vicino al suo grugno furibondo, “Cuciti quel forno.” Gli sibilò in un mezzo ringhio mollando quasi subito la presa. “E chiedi scusa a Shiemi per averla trascinata qui.” Aggiunse guardando la ragazza deviando il discorso. “Eh? N…Non deve! Sono stata io a seguirlo!” saltò su la bionda agitando le mani. “Piuttosto… Dove siamo?” domandò guardandosi intorno. “Ecco…” Gli Okumura si ricomposero ma il minore fulminando il maggiore che stava per rispondere, lo obbligò al silenzio. Lamia li guardò scossando il capo lievemente e pensò a sua sorella. Sentiva già il dolore delle mazzate che avrebbe ricevuto. “Siamo in una grotta poco distante dalla spiaggia.” Yukio fu l’unico a prendersi il lusso di spiccicare parola. Aveva preso ufficialmente le redini del comando. Il fratello lo guardò in silenzio con un’espressione di velato sconforto. “Abbiamo ricevuto l’ordine di cercare il santuario del dio del mare che protegge queste acque.” “Il Dio di queste acque?” domandò Shiemi innocentemente, “Sì, un Wadatsumi…” “Oh… capito…” la ragazza fu distratta da qualcosa alle sue spalle. “Ditemi… è possibile che sia lui?” una sagoma scura comparve dietro di lei e un gigantesco Sea Monk fece capolino dall’ombra. I ragazzi sussultarono alla vista di quell’enorme ammasso di alghe e coralli e in un primo momento, Rin prese in mano il fodero della sua spada preparandosi all’attacco. “Shiemi, allontanati, è pericoloso!” strillò il giovane ma lei non sembrava per niente turbata. Lamia si era precipitata a una decina di metri di distanza reggendo saldamente il suo nuovo pareo evitando ogni possibile scontro. “No! Aspettate! Non è pericoloso!” disse Shiemi tutta agitata e il piccolo Green man che era solita evocare nelle situazioni critiche, le comparve su una spalla. “Lui è parente di Nii-chan! Dice che è stato lui a salvarci!” disse tutta contenta guardando i compagni. “Quel coso è stato nascosto qui dentro tutto questo tempo e non l’abbiamo visto!?” si lasciò sfuggire Lamia sconcertata. “Ma certo… Un Sea Monk…” Yukio guardò la creatura annuendo, seppur alquanto meravigliato. “Sono in grado di produrre coralli dal nulla… Ora si spiega quella bizzarra stradina in mezzo al mare…” commentò grattandosi il mento. Rin lo guardò mordendosi la lingua per stare zitto e non dire scemenze. D’un tratto, il grosso demone girò i tacchi flemmatico imbucando di nuovo il cunicolo da cui era venuto. “Eh? Dove vai?” Shiemi prese a seguirlo allarmata, “Dice di seguirlo.” Rin si concesse di aprire bocca solo per tradurre i pensieri della bestia, Yukio e Lamia guardandosi di sottecchi senza nemmeno farlo apposta, partirono al suo inseguimento. Lentamente giunsero a un secondo atrio della cava molto ampio e arioso. “Guardate, qua la grotta si allarga!” strillò Shiemi ora tutta pimpante. Non sembrava nemmeno che avesse rischiato di affogare. La succube non poté che sospirare seccata da tutta quell’energia inopportuna. Faticava a sopportare la sua presenza superflua. Era già stanca di stare là sotto, specialmente ora con Yukio di quell’umore nero. Il ragazzo non la degnava più nemmeno di uno sguardo, concentrato com’era su se stesso. Teneva poi d’occhio Rin come se ne andasse della sua stessa vita. “Oh.” Shiemi ad un certo punto arrestò il passo spalancando la bocca davanti all’inaspettato. “Una balena?” rimase di sasso scrutando l’immensa creatura cornuta. Non era un cetaceo comune, sembrava persino che le sue pinne fossero in realtà veri e propri arti ma era infossata in un acquitrino stagnante non molto profondo per la sua stazza. “Il Wadatsumi.” Annunciò Yukio senza spirito. Non si capiva se era contento o meno di averlo trovato. Rin squadrò la bestia con una faccia attonita mentre Lamia incrociando le braccia non sembrava per nulla impressionata. “Ne ho visti di più grandi.” Sbuffò per poi venir fulminata dal professore. La donna roteò gli occhi facendo cenno a quella scema di Shiemi che non la stava minimamente ascoltando. “Rilassati, signorino…” mormorò alzando un sopracciglio, ma il ragazzo non dette cenno di cedimento. Nel silenzio tombale, la gigantesca balena sembrò emanare un lamento sommesso e lentamente socchiuse gli occhi fino ad allora rimasti serrati. Lo avevano disturbato. “Ma allora è vivo!” Rin spalancò la bocca indietreggiando. “Certo che sono vivo. Mi chiamo Amatsumihiko… Sono stato io a condurvi qui.” Il dio aprì bocca parlando perfettamente la loro lingua. I ragazzi sbalorditi, ammutolirono all’istante. “Percepisco un grande potere… E desidero che colui che è in grado di usarlo protegga questo specchio d’acqua al mio posto…” continuò a parlare con una voce così spettrale e profonda da far vibrare i loro diaframmi, “Il mio corpo è diventato ormai vecchio e debole… Ho bisogno che qualcuno mi dia il cambio per poter liberare il mio mare da quella bestia immonda… Anche se dubito di avere ancora abbastanza forza.”. Shiemi guardò gli Okumura un po’ spaesata e Rin guardando il fratello si indicò la punta del naso un po’ dubbioso. Yukio però estrasse in silenzio il suo cellulare e mandò un messaggio a Shura come richiestogli. Come professore era tenuto a farlo, e per adempiere al suo incarico accantonò in un angolo in suo stato d’animo.
Intanto Shura sulla spiaggia aveva ricevuto la mail. Finito di leggerne il contenuto non perse tempo e telefonò per prima al ragazzo. “Oi. Avevo detto di chiamarmi.” Disse seccata non appena lui sollevò la cornetta. Dall’altro capo del telefono però non giunse che un breve lamento. “Sì.” Fu poi tutto quello che riuscì a dire Yukio mormorando. Dissimulò il più possibile ciò che stava pensando, ormai sicuro del fatto che Rin avrebbe tenuto la bocca cucita. “E per inciso, non si butta giù il telefono in faccia alle signore!” gli strilli di Shura arrivarono fino alle orecchie di Mephisto, rimasto davanti alla passerella di spalle. Alzando un sopracciglio guardò la donna agitarsi in lontananza e si mise ad origliare senza alcun pudore. “Semplice. Dovete fargli delle offerte.” La professoressa Kirigakure rispose alle domande di Yukio recuperando un po’ di calma, “Poi dovrete anche recitare le formule adatte per celebrarlo. In questo modo diverrà abbastanza potente da abbattere il Kraken.” Si lasciò sfuggire un sorrisetto. “Ottimo lavoro. Mh… Sì, ovvio. Vi manderò tutto l’occorrente.” Continuò a parlare rivolgendosi all’isolotto in lontananza. “Bene.” Disse a se stessa chiudendo la telefonata con un breve sospiro. “E bravi i miei bambini…” Mephisto sogghignò distogliendo lo sguardo da Shura incrociando le braccia soddisfatto. Pensando poi ad altro, si grattò il mento scrutando l’orizzonte con un mezzo sorriso. “Coraggio… quand’è che comincia il vero spettacolo?” mormorò tra sé e sé. Lilith non gli staccava gli occhi di dosso. “Lilith, non serve che tu stia così in ansia.” Ryuji provò a distrarla fallendo miseramente. Ovviamente non aveva capito cosa o chi stesse fissando così incessantemente. “Lilith?” la chiamò Koneko dando manforte al compagno. “Sembra che abbiano trovato la soluzione per sbarazzarci del Kraken… Presto saranno tutti di nuovo qui e anche tua sorella.” Aggiunse logico e razionale. “Koneko ha ragione, possiamo considerarli gli eroi di questa follia.” Fece spallucce Shima abbandonandosi all’indietro coi gomiti poggiati sui gradini. La ragazzina li guardò titubante. Non poteva fare a meno che sentire lo stesso puzza di bruciato. Ad un certo punto però, si alzò in piedi andando a prendere gli avanzi della cena. “Vado a buttare via questi.” Disse senza entusiasmo guardando i ragazzi di sfuggita. “Oh… Ok, grazie…” Renzou la osservò prendere su e andarsene con in mano la pila di piatti sporchi. “Almeno fa qualcosa per distrarsi…” “Già, cominciavo a preoccuparmi.” Gli rispose Ryuji arricciando il naso. Izumo lo trafisse con un’occhiataccia immotivata facendolo innervosire di nuovo. Lilith passò dietro a Mephisto cercando di attirare la sua attenzione ma non volendolo dare troppo a vedere, si limitò a tossicchiare avanzando verso il bidone dell’immondizia dietro il chiosco del bar. Si sentì osservata e andando effettivamente a buttare la spazzatura, seppur sentendosi oltremodo umiliata, quando tornò indietro notò con soddisfazione che l’uomo la guardava avvicinarsi di sottecchi. La ragazza fermandosi in un punto ceco ai ragazzi, gli fece allora un cenno distratto di avvicinarsi e lui con nonchalance, scivolò verso di lei quatto quatto. “Mi dica, madame.” Sibilò guardando il mare, “Tu sai qualcosa, non è così?” “Oh! So molte cose!” squittì Mephisto portandosi una mano al petto buttando l’occhio verso la ragazza, “Che sta succedendo su quell’isola?” mormorò Lilith guardandolo storto, “Lo scoprirai presto, anzi… prestissimo.” Lui le fece l’occhiolino sogghignando raggiante.
Nella grotta, Rin era alle prese con tonnellate e tonnellate di pesce fresco da cucinare e donare al dio del mare. Aveva per le mani due enormi wok che ardevano sulla fiamma viva di un falò e il profumo era talmente invitante che anche altri demoni marini erano accorsi alla baia nella speranza di rimediare un boccone. “Wow… Certo che Rin è proprio bravo a cucinare…” Shiemi lo osservava armeggiare con le padelle piena di ammirazione. Lei e Lamia si erano sedute vicino la riva, sotto il promontorio su cui il cuoco stava lavorando. Yukio un po’ più in disparte aveva sentito il commento di Shiemi senza però aver voluto ribattere. Si guardava intorno con circospezione a braccia conserte, appoggiato alla parete rocciosa. “Sentite che odorino…” la ragazza chiuse gli occhi in estasi. “Che schifo.” Schioccò la lingua Lamia tornando ad osservare l’acqua cristallina. Shiemi allora presa in contro piede, le rivolse un’occhiata un po’ delusa. La succube con le ginocchia strette al petto non aggiunse altro divenendo pensierosa. “Ah! Attenzione!” d’un tratto Shiemi prese a trillare scansando un lungo demone gambero peloso che stava per travolgerla dalla foga di salire sullo sperone di roccia da cui proveniva il profumino. “Stai attenta.” L’ammonì severo Yukio da lontano. Lamia, voltatasi di scatto, guardò la compagna agitarsi per il rimprovero ma il suo sguardo fu attirato da qualcosa di rosso scintillante che era caduto dal dorso del demone. “Oh! Non ci credo!” spalancò la bocca piena di stupore strisciando a carponi verso l’oggetto misterioso. “Rieccovi qui!” strillò tirando fuori da una pozzanghera di acqua salmastra e melma il suo tanto amato paio di occhiali perduto. “Ah! Ma quelli sono i tuoi occhiali!” li additò Shiemi sconvolta, “Mi accorgo solo ora che non li stavi indossando…” aggiunse picchiandosi la fronte dandosi da sola della scema. Lamia però era troppo contenta per farle caso. Yukio sgranò impercettibilmente gli occhi osservandola inforcarsi le sue specialissime lenti tutta contenta. “Sìì!” la donna si lasciò scappare uno squittio di pura gioia. “Oh… Ci tenevi davvero tanto eh?” Shiemi, fattasi seria la guardò con gli occhi di un bambino. “Già… Non puoi immaginare.” “Come mai?” Storia lunga. Affari miei.” Tagliò corto Lamia tornando a trattarla male come sempre. La ragazza strinse le labbra un po’ risentita e in silenzio rivolse lo sguardo altrove. “Vado ad aiutare Rin…” disse infine alzandosi e andando per la sua strada. Yukio, guardando Shiemi imboccare la salita, ne approfittò per avvicinarsi con cautela a Lamia, rimasta sola in mezzo ai coralli. “Sei strana.” Disse appoggiandosi al promontorio con la schiena. “Ma guarda un po’ chi è tornato a rivolgermi la parola.” Osservò sarcastica la donna guardandolo con la coda dell’occhio. “Se vuoi torno a ignorarti.” “No.” La sua risposta fulminea lo lasciò di stucco. “In ogni caso, anche se ti parlo non vuol dire che non ce l’abbia più con te.” “Perché allora mi sei venuto a parlare?” “Ero solo curioso di sapere perché tenessi ai tuoi occhiali più che alla tua stessa vita.” Nessuna risposta. “Te lo dirò solo se prometti che smetterai di guardarmi come se fossi un mostro.” Disse Lamia dopo un breve silenzio, ma Yukio stette zitto. “Chi tace acconsente.” La donna fece spallucce rivolgendosi alla baia scintillante. “La prima volta che salii ad Assiah li vidi in una vetrina.” Guardò distratta il Wadatsumi cibarsi tentando però di ricordare quelle immagini ormai sbiadite dal tempo. “Ti parlo di duecento o trecento anni fa ormai…” Yukio la ascoltava in silenzio, tornato a serrare la bocca nervoso, “All’epoca ero ancora una succube incompleta, dall’aspetto quindi di una ragazzina. Ne rimasi affascinata.” “Stiamo sempre parlando di un paio di… occhiali?” “Sì.”. Lamia si lasciò sfuggire un sospiro, “Che vuoi che ti dica? Sono aggeggi bizzarri, non li vedi spesso a Gehenna, anzi… Mai.” La donna si levò un attimo la montatura per studiarla con attenzione, “Quando vidi le persone portarli, notai che ognuno aveva un proprio modo singolare di indossarli… C’era chi li colorava, chi portava una sola lente… Chi addirittura li comprava solo per moda e li teneva nel taschino.” Ridacchiò scossando il capo rinforcandoseli, “Per me erano il colore degli esseri umani.”. Yukio spalancò gli occhi impercettibilmente guardando poi altrove con un velato imbarazzo. “Sarà per quello che trovo così attraente chi li indossa?” ridacchiò maliziosa accavallando le gambe sotto lo spesso pareo. Il ragazzo non disse nulla limitandosi a deglutire avvolto da mille pensieri. “Comunque questi sono il mio colore. La mia anima, rossa fuoco e sbarazzina. Fattene una ragione, bambolo.” Lo guardò ammiccando e lui aggrottò le sopracciglia cercando di mantenere una faccia da poker, “Chi lo sa…” Lamia scossando il capo tornò a scrutare le profondità della pozza davanti a loro, “Magari ho scelto di indossarli proprio per invidia nei confronti di voi esseri umani.” Mormorò soprappensiero. Yukio alzò le sopracciglia sentendosi pervadere da una strana sensazione nostalgica, come se stesse avendo un déjà-vu ma non comprendendone il motivo cercò di ignorare quel blocco alla bocca dello stomaco. Intanto, Shiemi allontanatasi anche da Rin, troppo indaffarato per poter chiacchierare, si era andata a sedere lontana contro le rocce con in mano una ciotola con la sua cena. Da lì osservava il ragazzo buttare nella bocca del Wadatsumi grandi quantità di cibo, lo stesso che un po’ le aveva gentilmente donato. Mangiando in silenzio sembrava però malinconica. Osservava Yukio avvicinatosi a Lamia e si chiedeva di che cosa stessero parlando. Un po’ invidiava la donna che sembrava essere molto più vicina a lui di quanto non fosse lei in quel momento. Le parve addirittura che fossero diventati intimi ma scossando il capo si convinse che fosse solo una sua impressione. Yukio era pur sempre diventato il loro professore, il suo comportamento doveva essere certamente dettato dalla sua professione. Doveva per forza trattarsi di una coincidenza il loro essersi appartati. Mentre guardava la scena muta, Il suo piccolo green man saltellava sulla sua testa spensierato aspettando che finisse il pasto. D’un tratto un rumore provenne alla sua sinistra ma non dandoci troppo peso continuò a fissare la cena masticando. Qualcosa le afferrò improvvisamente le caviglie ma non ebbe nemmeno il tempo di gridare aiuto che il wadatsumi sollevò il capo sgranando gli occhi, “Sento la presenza di quello là!” ruggì cercando di arrampicarsi su per il promontorio rovesciando le pentole di Rin sparpagliando le offerte ovunque. “Cosa!?” il ragazzo si scostò rapido, anche Yukio e Lamia scattarono indietro allarmati per poi sentire l’urlo di Shiemi echeggiare lontano. “Dannazione! Shiemi è una mia responsabilità!” sbottò il professore Okumura correndo avanti per primo. In realtà pensava solo a se stesso. Lamia lo guardò torva fuggire verso l’oscurità restando al fianco di Rin, sconvolto più del fratello.
Il lamento straziato della ragazza risuonò per tutta la baia. Shiemi era stata trascinata fuori dal Kraken che riemerso con tre tentacoli stava attaccando l’isola del Wadatsumi. Brandendo la poveretta per una caviglia, la sballottava a testa in giù in qua e in là nel cielo. Shura, che finalmente stava mangiando un boccone a gambe incrociate sulla sabbia, sputò il gamberetto che stava masticando sgranando gli occhi. “Eccolo finalmente!” mollò la cena alzandosi in tutta fretta graffiando la sabbia con le unghie. “Quello era l’urlo di Moriyama!?” Shima saltò sull’attenti correndo giù per le scale seguito dagli altri ragazzi in allarme. “Cosa stanno combinando!?” persino Izumo aveva raggiunto la combriccola strillando incredula davanti alla scena. “Sbaglio o quella appesa al tentacolo è proprio lei!?” Ryuji spalancò la bocca senza parole. “Ah!?” Lilith si voltò verso il mare col cuore in gola. “Oh… Finalmente stiamo per iniziare…” disse Mephisto guardandola eccitato infilandosi le mani in tasca. La ragazza gli rivolse un’occhiata di totale sgomento non sapendo come ribattere. Lamia era laggiù, che cosa stava combinando? Cominciò a venir sopraffatta dall’agitazione. Un boato fragoroso spaccò l’isolotto in due sotto i suoi occhi sconvolti. Vide il Wadatsumi comparire dalle macerie ruggendo minaccioso verso il Kraken, ora completamente fuori dall’acqua, e scorse la piccolissima sagoma di Shiemi liberarsi dalla morsa della bestia cadendo nel vuoto. “No!” Shima si tappò la bocca terrorizzato. Ma la compagna si salvò per il rotto della cuffia evocando delle radici col suo green man. I ragazzi tirarono un sospiro di sollievo però la calma durò poco. Infatti ora, trovandosi davanti il calamaro gigante senza alcun ostaggio, il dio del mare si tuffò addosso a lui dilaniandolo con un potente morso ben assestato. Lilith si aggrappò d’istinto al braccio di Mephisto terrificata da quello scontro tra titani. Sua sorella era laggiù e non poteva che pensare alla sua incolumità. La cosa certa era che se fosse sopravvissuta, ci avrebbe pensato lei stessa a strangolarla con le sue mani. Credeva di impazzire dall’ansia. L’uomo la guardò con la coda dell’occhio lasciandosi sfuggire un sorrisetto sghembo senza però togliere le mani dalle tasche dei bermuda. “Com’è romantico…” sospirò ammirando lo scontro sotto il cielo stellato. La ragazza si voltò verso di lui attonita sperando che quello fosse soltanto sarcasmo. Dall’espressione enigmatica di Mephisto però non si poteva affatto dire che stesse scherzando. Quello era il genere d’intrattenimento che amava di più. Era pur sempre un demone parecchio contorto. Sembrava tuttavia che si stesse rivolgendo a qualcuno al di là dell’orizzonte. La lotta delle due creature millenarie si protrasse per un paio di minuti buoni senza alcuna pausa. I loro lamenti risuonavano potenti facendo tremare la baia. Il Wadatsumi a forza di cucci e spintoni stava riuscendo a portare il Kraken verso riva. Il corpo del calamaro era ormai completamente esposto all’aria e i suoi occhi iniettati di sangue guardavano la spiaggia gremita di esorcisti. Con uno scatto feroce, il Kraken afferrò coi tentacoli il corpo possente della balena lanciandolo lontano. Il dio del mare rotolando nella bassa marea si arenò sotto gli occhi increduli di Shura, che corse via evitando l’impatto. “Oh no! E adesso?” Lo sconforto generale si levò tra le squadre d’azione, erano tutti increduli. Anche la loro ultima speranza sembrava ormai spazzata via. “Dannazione non ce l’ha fatta!” la professoressa Kirigakure guardò la bestia inerme e il Kraken trionfante poco più avanti, “Non importa… È riuscito comunque ad avvicinare il Kraken!” le rispose un suo sottoposto travolto da un forte vento levatosi dal nulla. “No… Il Kraken ferito è ancora più pericoloso!” ribatté la donna mettendosi sulla difensiva. In fatti aveva ragione. Il calamaro si agitò come un budino molliccio stiracchiando le sue profonde ferite e da queste emise una fitta coltre di fumo che invase l’intero golfo. “Cos’è questo fumo!?” gli esorcisti si tapparono la bocca confusi brandendo le loro armi. “Che sta succedendo!?” tossì Shima coprendosi il volto con un braccio, “È un fumo mimetico emesso dal Kraken!” Gli rispose Koneko schiarendosi la voce, “Lo plasma e crea delle…” mentre stava finendo di parlare, dalla coltre presero forma numerosi cloni del Kraken, del tutto identici e imponenti. Gli studenti rimasero senza fiato spalancando la bocca paralizzati. “Prendete, presto!” Ryuji, recuperando lucidità, afferrò i fucili lanciafiamme dati loro in dotazione che avevano lasciato ai piedi della passerella lanciandoli ai compagni. Ne porse uno a che a Izumo che senza farsi pregare accettò l’arma in silenzio. “Aspettate, dov’è Lilith?” gridò agitato trovandosi per le mani due fucili rendendosi conto dell’assenza della ragazza. La piccola era dietro la scalinata nello stesso punto di prima, con le unghie piantate nel braccio di Mephisto. “Che si fa!?” gli chiese saltando per l’agitazione. “Ma quanti sono!?” sbottò Shima non facendosela sotto per poco. “State calmi! A parte il corpo originario, sono tutte brutte copie! Basta colpirli in fronte per eliminarli!” Shura aveva recuperato il suo megafono cercando di riportare ordine nel caos. “Ovviamente se uccidete il corpo originario spariranno tutte!” aggiunse guardando proprio in direzione di Shima ripiombato in un limbo di panico. “Cercate l’originale!” la professoressa interruppe le comunicazioni brandendo la sua Katana tagliando il primo dei sosia a metà. “Occupatevi degli squid!” gridò agli studenti scattando verso il prossimo obiettivo. I ragazzi interdetti imbracciarono i fucili come di dovere e cominciarono a prendere di mira i piccoli calamaretti impertinenti che iniziarono a sorgere dai flutti. “Ma questi sono più scassamaroni del Re dell’Impurità!” Renzou ne mancò un paio che presero a rotolare per tutta la spiaggia. Subito un’altra decina di quegli affarini comparve davanti al suo naso mandandolo fuori dai gangheri. “Shima calmati, cerca di prendere la mira!” gli gridò Ryuji cominciando a sparare fiamme con un fucile per braccio, abbandonando l’idea di trovare Lilith in quelle condizioni critiche. “Woah Bon, sei un figo!” Renzou guardò il compagno abbattere gli Squid come se fossero castelli di carte. Izumo gli rivolse un’occhiata sbigottita arrossendo lievemente ma non si permise ulteriori distrazione tornando a inondare col fuoco quei piccoli demoni fastidiosi. “Ah!” Lilith scavalcò uno dei piccoli calamaretti con un saltello mentre questo andava dritto a nascondersi sotto la passerella. “Non temere… Quelli hanno paura dei demoni illustri come noi…” la rassicurò Mephisto sentendola parecchio in tensione, “Lo so benissimo.” Rispose lei seccata, “Non volevo farmi toccare, sono viscidi.” Aggiunse poi allontanandosi da lui mollando la presa. “Cosa stiamo qui impalati a fare?” domandò muovendo qualche passo in avanti per degnare di attenzioni il caos infernale che si era scatenato tutto intorno a loro, “Non dirmi che vuoi sporcarti anche tu le mani…” “Dipende che fine ha fatto Lamia, perché non vuoi dirmelo?” la ragazza gli dette le spalle voltandosi di tre quarti, “Non riesci proprio ad avere pazienza…eh?” sogghignò Mephisto incrociando le braccia, “Orsù, assapora il momento…”. Una fiammata improvvisa per poco non la travolse, convincendola a tornare di corsa al fianco di Mephisto, “Che piacere riaverti qui, vicina vicina…” la schernì l’uomo ridacchiando ma lei non rispose fissando accigliata la sabbia ai suoi piedi. Nel trambusto, Shura mirò alla fronte di un quarto calamaro ma questo si coprì la testa rapido con un tentacolo. “Ah!? L’ha parato!” digrignò i denti confusa, “Pare che abbia un briciolo di intelligenza allora!” ma mentre la bestia abbassava la guardia, un colpo partito in lontananza la centrò in mezzo agli occhi facendola scomparire in un ringhio di dolore. Yukio, dall’alto dell sperone roccioso dell’isola si era acquattato col suo fucile da cecchino in pugno e stava coprendo le spalle alle squadre. “Fuori uno.” Disse privo di tono. “Vai così Yuki!” saltò su Shiemi, di nuovo al sicuro accanto a Rin con la Katana in pugno. Non aveva ancora liberato le sue fiamme però. Lamia era rimasta in disparte guardando la spiaggia sotto attacco. Cercava di trovare sua sorella tra le teste confuse ma non vedendola non seppe come reagire. “Fuori due…” disse Yukio continuando a sparare ai calamari lontani. Mentre stava per annunciare un fuori tre, Un tentacolo sbucò all’improvviso da sotto l’isola sovrastando i ragazzi con la sua ombra minacciosa. A tutta velocità si schiantò sulla roccia sbalzandoli via. Dalle onde partirono un centinaio di piccoli squid intenti a planare verso di loro e Yukio rimasto ancorato al suo posto con le unghie, si alzò di nuovo in piedi sfilandosi dalla cintura una bomba all’acqua santa. “Yukio!” Rin, vedendolo in difficoltà, fece per scagliarsi contro i calamaretti “Non venire!” gridò il fratello sparando alla capsula a mezz’aria facendola esplodere eliminando la minaccia incombente. “Voi tre, state indietro! Andate a nascondervi!” continuò a urlare agli altri senza nemmeno voltarsi. Lamia e Shiemi erano già al riparo dietro i frammenti di rocce mentre Rin sembrava non volersene andare. “Non dire stupidaggini! Ci penso io a quelli!” strillò il ragazzo avvicinandosi ulteriormente. Shiemi guardava i ragazzi tenendo stretto tra le mani il suo piccolo demone servitore, mentre Lamia si morse un labbro evitando per un soffio gli schizzi s’acqua santa. “Rin, stai indietro! Non possiamo sapere le conseguenze a cui l’abuso delle tue fiamme potrebbe portare! Ho fatto un giuramento e devo rispettarlo!” Yukio caricò il colpo abbattendo un’altra manciata di squid, “Stai indietro, anche se ora come ora vorrei strangolarti per la tua sconsideratezza, ho promesso di proteggerti! Vedi di non farmi cambiare idea.” Ringhiò il professore sparando con ancora più foga. Rin di tutta risposta ridacchiò scossando il capo. “Anche se non posso impedirti di pensarla così… Siamo sempre fratelli. E in questi casi piuttosto che litigare dobbiamo aiutarci a vicenda.” Rin sguainò la sua spada liberando le tanto temute fiamme blu, “Voglio che impari a fidarti di me. Incominciando con Lamia.” Sogghignò balzando sullo sperone di roccia davanti a Yukio, rimasto di sasso. “Perché?” fu tutto quello che riuscì a dire, “Come perché? Non dovresti nemmeno chiederlo!” Rin si voltò a guardarlo deciso, “Perché sei mio fratello!” rispose sicuro. Yukio ebbe un momento di vacillamento ma non perse la concentrazione. “D’accordo. Ma se lascerai passare anche solo uno squid, me la prenderò con te. Intesi? Ho bisogno di concentrarmi.” “Ricevuto!” il gemello scattò contro i demoni minori facendo una strage. Lamia osservò i due collaborare e le si accese una lampadina nel retro del cervello. Le parve quasi di vedere chiaramente il piano di Lord Pheles attuarsi. Mephisto stava cercando di portare dalla loro parte alleati. Persone che custodissero il loro segreto e non le esponessero alla corte, come di certo avrebbe fatto Rin. Alleati importanti, persone non comuni in grado di combattere e collaborare. Sembrava quasi volersi preparare a una guerra… Ma con chi? E perché? E Lilith? Sapeva qualcosa in merito? Con questi dubbi si alzò in piedi cercando di nuovo di individuarla sulla spiaggia. Poi in un flash rivide il volto di quella donna maligna da cui stavano fuggendo e sussultò. “Lamia, sta giù!” Shiemi provò a chiamarla ma in quel momento, un enorme Kraken sbucò alle loro spalle facendo tremare la terra. “Oh no! Si è arrampicato!” strillò la ragazza buttandosi a terra. Yukio voltandosi velocemente, caricò il colpo centrando in piena fronte la bestia, la quale però non scomparve. “È l’originale!” urlò Yukio spalancando occhi e bocca. “State indietro, ci penso io!” Rin arrivò di corsa preparandosi a sferrare un poderoso fendente infuocato. “Ti userò per cucinare un delizioso Calamaro arrosto!” disse spiccando un balzo altissimo sotto gli occhi increduli di Shiemi. Le fiamme blu lo avvolsero completamente e non appena sferrò il colpo, abbattè con successo il Kraken ponendo fine alla lotta. Non appena il demone cessò di esistere, tutte le sue copie scomparvero nello stesso fumo da cui erano state generate e tornò la pace. “Eh!? Che fine hanno fatto?” Ryuji mollò i fucili sbigottito, “Alleluja…” Shima abbassò il lanciafiamme con le guance rigate di lacrime e sudore per l’immenso sollievo. Lilith strabuzzò gli occhi guardando tornare la gamma piatta e Mephisto cominciò a battere le mani deliziato dallo spettacolo “Splendido.” Disse euforico. Vedendo Shura in lontananza, si fece poi serio cominciando a camminare. “Non ci credo… Sono stati loro…” la donna abbassò la spada rivolta verso l’orizzonte brumoso, “E ora che racconto ai piani alti?” si grattò la testa. “Assolutamente niente, mia cara.” Mephisto aveva azzardato un paio di passi in avanti seguito da Lilith avvolta dal silenzio tombale. “Pheles, compari sempre dopo il trambusto…” “Sono fatto così, apprezzo la pace…” la stuzzicò malizioso. “Come no. Si dà comunque il caso che debba fare rapporto…” “Ne sei proprio sicura?” quelle parole la lasciarono interdetta. “Capitano Kirigakure! Stiamo andando a recuperare il professore Okumura e i suoi studenti, vuole unirsi a noi?”, Shura fu chiamata dai suoi sottoposti distraendola dai discorsi di Mephisto, “No, andate voi. Io li aspetterò qui.” Rispose secca rinfoderando la katana nel tatuaggio sul suo petto. Lilith si accese di una velata gioia capendo che Lamia stava per tornare sana e salva sotto il suo sguardo vigile ma non disse niente. “Qualsiasi cosa tu abbia in mente, Pheles. Non sperare che io segua i tuoi piani.” Ruppe il silenzio Shura allontanandosi. “Ah, quasi dimenticavo…” arrestò il passo voltandosi verso la ragazzina, rimasta in disparte, “Tu, signorinella…” la ragazza rabbrividì all’istante, “Vedi di tenere sott’occhio tua sorella. Ne abbiamo abbastanza di persone impulsive e irrazionali.”. Lilith annuì in silenzio e la donna riprese a camminare verso il Wadatsumi, ancora arenato. Lentamente la creatura si stava sciogliendo nell’aria, portato a termine il suo compito poteva ora raggiungere la pace eterna. “Mephisto…” la ragazza aprì finalmente bocca, “Dimmi.” Rispose lui voltandosi con tutta calma, “Ho avuto abbastanza pazienza, che sta succedendo?”.

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Capitolo 32
*** Capitolo XXXII ***


CAP 32

 
“Mephisto…” Lilith lo fissava in attesa di delucidazioni ma lui sembrava tergiversare guardandola con aria saccente. “Credo proprio di starti facendo un grosso favore. O perlomeno risulterà tale alla fin fine.” Le disse infine sogghignando. “Un… favore?” la ragazza non capì minimamente a che cosa si stesse riferendo. “Capirai… Aspetta solo un altro po’.” Le dette un pizzicotto a una guancia ridacchiando perfido facendo lo gnorri. “Tu non me la racconti giusta.” “Mi spiace, ma fare spoiler è proprio una cosa che odio ⋆” ammiccò Mephisto, “Poi capita spesso che i piani cambino in corso d’opera.” cinguettò. “Che significa?” Lilith corrucciò le sopracciglia sentendosi vagamente presa per i fondelli, ma la sensazione durò assai poco. “Eccoli, finalmente!” la loro conversazione fu bruscamente interrotta sul più bello. Shima era arrivato sulla riva a un metro da loro acclamando il ritorno del professor Okumura e compagnia. Il ragazzo aveva trascinato Koneko per un braccio saltando sulla sabbia. “Alleluia.” Ryuji li seguì incrociando le braccia. Izumo stette in disparte come al solito, senza però staccare gli occhi dall’orizzonte. Il gruppetto nascondeva a Lilith la visuale, tant’è che fu costretta ad azzardare qualche passo di lato sfilando accanto a Mephisto. L’uomo non la ostacolò di certo, sollevato da quella fortuita distrazione. Sporgendosi in avanti, la ragazza vide a poco a poco comparire la testa di Yukio affiancata da quelle dei soccorritori e dietro di loro in successione: Rin, Shiemi e Lamia. Cominciò a iperventilare scrutando attentamente la sorella avvicinarsi. Sembrava tutto al posto giusto, gli occhiali, il pareo e il suo ghigno beffardo. Era sana e salva, per di più pareva anche che fosse filato tutto liscio. “Ma guardali, sembrano di ritorno da una scampagnata.” Commentò un po’ seccato Suguro sbuffando, “Non direi… Yukio ha una faccia parecchio stressata…” ribatté Koneko sistemandosi gli occhiali, “Io non vedo niente… Se non… Quelle tette.” Gli altri ragazzi alzarono tutti gli occhi al cielo, Izumo compresa, esasperati dall’ostinazione di Renzou nell’essere sempre così fuori luogo. D’un tratto, Lilith sgranando gli occhi in direzione del gruppo di superstiti, prese a correre a perdifiato verso la sorella, “Lamia!” gridò ansimando. I suoi compagni di classe se la videro partire a razzo coi capelli che le svolazzavano nel naso per la foga.  Mephisto la guardò un po’ sorpreso, arricciando le labbra divertito quando sfrecciando accanto a Shura, poco più avanti, le fece venire le vertigini per quanto andava veloce. “Oi, rallenta!” la professoressa si aggiustò i capelli freneticamente scansandosi dalla sua traiettoria, “Ma che fa?” disse Kamiki stranita, “Che scena toccante…” rispose Shima sorridendo beato mentre osservava Lilith fiondarsi verso Lamia a grandi falcate. Il suo pareo svolazzava a ogni passo, illuminato dalla luce giallastra dei fari della baia. “Ah!” Yukio si scostò appena in tempo per non essere travolto, la piccola ora a pochi passi da Lamia ebbe quindi l’opportunità di vederla meglio. Tutto regolare se non fosse stato per un piccolo particolare. Ebbe un sussulto ma ormai era troppo tardi per frenare. “Lilith!” Rin si spostò guardandola con gli occhi sgranati, ricordandosi in un flash dei discorsi nella grotta. Trattenne Shiemi con un braccio sudando freddo, ma la ragazza non disse nulla scombussolata dalla rapidità degli eventi. Lilith dribblando i due si buttò al collo della sorella avvinghiandosi a lei come una piovra. “Ah!?” la voce della donna uscì dalla sua bocca strozzata sotto quella morsa e tese tutti i muscoli cercando di non cadere all’indietro. Yukio si voltò di scatto trovandosi davanti quell’abbraccio inaspettato e deglutendo, non si scompose più di tanto tirando dritto. In quellìattimo sospeso di imbarazzo e silenzio, Rin vedendo il fratello andare per la sua strada si decise a seguire il suo esempio cercando di non fissare le due succubi impegnate in quel momento intimo. “Che carine…” sorrise Shiemi seguendo il ragazzo distogliendo lo sguardo, “Lilith doveva essere proprio preoccupata per lei…” aggiunse mormorando e Rin la guardò sorridendo tesissimo. “Sono commosso da cotanto affetto…” commentò Mephisto con aria sognante, battendo lievemente le mani. “Paurosetto, ottimo lavoro.” Shura accolse Yukio arrivato per primo ma il ragazzo si limitò a guardarla male. “In quanto a te, signorino…” la donna si rivolse a Rin in arrivo cominciando a farlo sudare freddo. Intanto le sorelle Evangeline erano ancora avvinghiate in riva al mare lontane da tutti. Erano rimaste immobili in quella posizione per tutto il minuto buono in cui gli altri si erano riuniti e ora per via della ramanzina che Shura stava per fare a Rin, gli altri avevano optato per ignorarle e dare loro un po’ di privacy. “Ho capito che ti sono mancata ma…” disse Lamia con tono sarcastico, “Che fine ha fatto l’altro pareo?” il sussurro di Lilith le trafisse l’orecchio facendola rabbrividire. “Oh merda.” La donna strinse i denti sentendo la stretta dell’altra farsi sempre più soffocante. “La prossima volta che hai intenzione di mandare in malora la strategia e fare di testa tua…” Shura strattonò Rin per un lobo facendolo chinare, Yukio dietro di lei sembrava non poterne più ma la ascoltava in silenzio respirando con la bocca contorta in una smorfia. “Giuro non ho fatto apposta, è stato un incidente. Il mare, il Kraken… Insomma l’ho perso… E Rin… Beh mentre stavo cercando un modo alternativo di coprirmi… Mi ha vista…Terrà il segreto lo giuro.” sussurrò come un razzo Lamia cercando di muovere pietà nel cuore della sorella che emanava ira funesta da ogni poro. Shiemi nel frattempo incassava anche lei la paternale a capo chino per la vergogna. “Poverini…” bisbigliò Shima sporgendosi verso Bon e Koneko continuando però a guardare la sgridata in diretta. Mephisto ascoltava svogliato il ciarlare infuriato di Shura pregando perché finisse presto. L’occhio gli scivolò di nuovo verso le succubi per svagarsi ma pareva alquanto assonnato da quella situazione scomoda. Lamia aspettava immobilizzata una qualche reazione da parte della ragazza, ancorata a lei saldamente. “Io ti…” Lilith mormorò facendo scivolare lentamente le mani attorno al collo della donna, tenendosi stretta con le gambe “AMMAZZO!” strillò cominciando a strangolarla con gli occhi fuori dalle orbite. Il suo urlo e l’annaspare impotente della sorella attirarono l’attenzione di Suguro che si voltò restando di sasso, “Ma… Si stanno picchiando?” sgranò gli occhi inerme. Mephisto sbattè rapidamente le palpebre strabuzzando gli occhi e Shura sentendo baccano smise di professare disciplina voltandosi sbigottita. “Ma che..!?” spalancò la bocca incredula. “Giuro su Dio che finirò la tua esistenza con le mie stesse mani!” Lilith tirava ripetutamente pugni in testa alla sorella che aveva preso a correre in tondo tentando di liberarsi, “Mi fai malissimo, basta!” strillò la donna disperata “Smettila ho detto che mi dispiace!” “Taci e muori in silenzio!”. Rin seguendo il movimento di Shura era rimasto allibito quasi quanto lei mentre gli altri ragazzi non sapevano come comportarsi. “Io non…” bisbigliò Shima sconvolto senza riuscire a finire la frase. “Per oggi ne ho seriamente avuto abbastanza.” Sibilò Yukio voltandosi all’indietro per non guardale calcandosi gli occhiali sul naso. Mephisto lo guardò con aria di sufficienza ridacchiando sommessamente. “Soffoca!” Lilith aveva ripreso a strangolare Lamia, la quale però questa volta cadendo all’indietro si liberò dalla stretta mortale sbalzando via la sorella con una ginocchiata. Lilith atterrò di schiena sulla sabbia graffiandosi la pelle delicata. “Ah! Non puoi picchiarmi, ho gli occhia..!” Lamia si tirò su coi gomiti ringhiando ma una pedata in faccia di Lilith la interruppe in malo modo facendola cadere di nuovo col naso che schizzava sangue. “Allora vuoi la guerra.” La donna a carponi sulla sabbia umida si spazzò il volto digrignando i denti e partì all’attacco atterrando sulla ragazzina ribaltatasi a terra per il rinculo del colpo. Le dette due sberle in faccia per poi tirarle i capelli forzandola ad alzarsi in piedi. Continuando a tirarglieli facendola strillare come un’oca impazzita le pestò lesta un piede bloccandole poi un braccio con una mano prima che potesse tirarle uno schiaffo. “Professoressa Kirigakure, faccia qualcosa!” sbottò Kamiki riportando Shura alla realtà. La donna scossò velocemente il capo come destata da un letargo. Lamia intanto aveva caricato un pugno pronta ad assestarlo sul naso della sorella intrappolata in quella presa senza via di fuga. “Voi due! Piantatela subito!” la voce di Shura giunse alle loro orecchie e le due si voltarono un istante ansimando con l’adrenalina a mille. Lilith guardò Mephisto per una frazione di secondo restando immobile mentre la professoressa incrociò lo sguardo di Lamia e la situazione sembrò stabilizzarsi. Ma la succube ignorando il richiamo, dette un potentissimo cazzotto in piena faccia a Lilith facendola schiantare sul bagnasciuga. La piccola sollevò il capo ricoperto di sangue e sabbia grigia parendo indemoniata e scattò di nuovo all’attacco. “Vedo che ha funzionato molto…” Ryuji le guardava con gli occhi a mezz’asta, “Ah… L’amore fraterno…” Mephisto si posò una mano sulla guancia sospirando. I ragazzi si voltarono a guardarlo sconcertati. Intanto, Lilith ripresasi dallo smacco colpì Lamia con una gomitata in pieno stomaco piegandola in due dal dolore. Afferrandola poi per un braccio la fece girare su se stessa lanciandola in ginocchio nella bassa marea facendole respirare l’acqua salmastra. Approfittando della situazione, la piccola indietreggiò rapida e prendendo la rincorsa spiccò un salto, poi un altro e facendo una capriola atterrò come una saetta su Lamia piantandole i talloni nei reni. La donna venne spalmata in acqua faccia a terra e quando la sorella saltò giù dalla sua schiena, non si mosse. “Oddio… L’ha uccisa sul serio.” Koneko rabbrividì. Nessuno osava muovere un dito. Fissavano Lilith rimasta in piedi a capo chino coi pugni stretti accanto a Lamia immobile nell’acqua bassa. “Professoressa…” bisbigliò Kamiki con un filo di voce. Mephisto era attonito. “Non…” Shura balbettò qualcosa senza sapere che fare mentre Yukio guardava la scena accigliato. Lamia non dava segno di ripresa. Lilith prendendola infine per una gamba, la trascinò fuori dall’acqua portandosela via facendo una stradina di sangue e umidità sulla sabbia asciutta. Buttando casualmente occhio verso il gruppo, si rese conto che avevano assistito alla scena e sgranando gli occhi si fermò di colpo. “Ecco…” aprì bocca sentendosi improvvisamente a disagio, “Credo che ora Io e mia sorella andremo a finire la chiacchierata altrove.” Disse agitata. In quel momento, il braccio di Lamia si sollevò a fatica e con la mano si aggrappò salda al lembo di pareo di Lilith. La ragazza sussultò guardando in basso e capendo l’intenzione della sorella s’immobilizzò. “Non osare…” sussurrò tra i denti irrigidendosi. “Ragazze. Orsù ora basta!” Mephisto prese in mano la situazione uscendo dalle retrovie avanzando rapido verso le due litiganti. “Pizzetto… Sempre in vena di giochetti tu…” Lamia scollò la faccia dal suolo alzando gli occhi su di lui dietro le lenti frantumate dei suoi preziosi occhiali. L’uomo la guardò accigliato per poi rivolgersi a Lilith, “Fate le brave adesso.” Mormorò con tono autoritario. La ragazza sbattè rapida le palpebre alle parole della sorella e lo guardò torva stringendo le labbra. “È stata una tua idea…” cambiò espressione realizzando di chi fosse in realtà la colpa mollando all’istante la gamba dell’altra. Lamia fece lo stesso col lembo del suo pareo sghignazzando, “Visto? …Se solo avessi finito di ascoltarmi…” tossicchiò sputando un dente, “Cazzo.” Guardò il canino caduto a terra. “Lo sai meglio di me che ricrescerà in nottata.” Mephisto richiamò la sua attenzione vagamente esasperato, “Ora alzatevi e andate. Troppi spettatori.” Aggiunse torvo convincendo le ragazze a obbedirgli. “Che sta dicendo il preside?” chiese Izumo fallendo il suo tentato origliare, “Non lo so, ma qualsiasi cosa sia, sta funzionando meglio del suo tentativo.” Ryuji accennò a Shura che lo guardò seccata, “Hey, bada a come ti rivolgi a me! Sono pur sempre la tua insegnante!” sbottò. Rin era ancora immobile con la faccia sbigottita. Con la coda dell’occhio scorse Yukio sospirare e girare i tacchi. “Yuki?” Shiemi si voltò verso di lui vedendolo allontanarsi. “Yukio!” anche Rin lo chiamò ancora un po’ confuso, “Vado a riposare.” Tagliò corto il fratello avviandosi verso l’hotel. “Oh?” anche Shura si voltò a guardarlo lasciare la spiaggia ma non disse nulla. “Signori…” Mephisto era tornato dal gruppo, ora molto più rilassato e baldanzoso, “Anche oggi splendido lavoro. Siete liberi di andare a coricarvi!” batté le mani giulivo. “Mi scusi… Che ne è stato delle sorelle Evangeline?” si fece avanti Kamiki corrucciando le sopracciglia, “Sono tornate in hotel. Ho pensato io stesso a somministrarle un adeguato rimprovero, quindi non ci sarà bisogno di un ulteriore provvedimento, professoressa Kirigakure.” La donna lo guardò adirata studiandolo sospettosa. “Stanno… Bene?” chiese titubante Koneko ancora sconvolto da quella rissa improvvisa, “Certamente. Detto questo, vogliate scusarmi. Buon proseguimento di serata!” facendogli un occhiolino, Mephisto schioccando le dita scomparve davanti ai loro occhi senza tante altre moine. I ragazzi rimasero attoniti. “E…” Shima si guardò attorno dubbioso studiando gli sconvolti e scarmigliati presenti, “Che si fa? Andiamo a dormire?”.
“Lamia, l’hai fatta grossa.” Lilith dava le spalle alla sorella intenta a guardare fuori dalla finestra della loro camera. L’altra era sdraiata di traverso sul letto a guardare il soffitto con un asciugamano bagnato posato su una guancia. “E tu mi hai fatto malissimo.” “Te lo sei meritato.” “Sembri la mamma quando fai così.” Quella frase fece voltare di scatto la ragazza con uno sguardo attonito. “Non dirlo neanche per scherzo.” Ribatté poi tornando a guardare l’orizzonte seria. Lamia stette un po’ in silenzio a massaggiarsi la faccia, infine si voltò a pancia in giù per osservare la sorella. “Che guardi?” domandò posando l’asciugamano, “Nulla, sto pensando…” “Tu pensi!?” Lamia spalancò la bocca e la sorella si voltò di nuovo guardandola storto. “Quindi…” cambiò argomento la minore dandole nuovamente le spalle, “Ora anche Rin lo sa.” “Già…” “E sembrerebbe essere stata un’idea di Mephisto…” “Già.” “Sai dire altro oltre che già!?” Lilith si voltò infuriata, “Senti bella, stai già dicendo tutto tu!” Lamia le rispose con la stessa moneta. “Non è il momento di litigare.” Tagliò corto l’altra scossando il capo cominciando ad avanzare verso la porta della camera, “Dove vai?” “Ho bisogno di prendere una boccata d’aria.” Disse in un sussurro spingendo la maniglia. “Vai a cercare pizzetto?” La maggiore la guardò alzando un sopracciglio sogghignando maliziosa, ma l’altra non rispose limitandosi a uscire, “Oh! Credi davvero che ti dirà le cose come stanno?” ridacchiò allora Lamia mentre la porta si richiudeva con un tonfo. “Qualsiasi cosa abbia in mente ora…” la donna si sdraiò con la testa sul cuscino riprendendo in mano l’asciugamano umido, “Puoi stare certa che è diverso dal piano iniziale…” ridacchiò massaggiandosi una guancia, “A quanto pare ora gli fa comodo che il segreto non resti più un segreto.” Socchiuse gli occhi guardando di sbieco i suoi occhiali rovinati che la fissavano dal comodino. Ad un tratto qualcuno bussò alla porta. “Avanti.” Rispose svogliatamente e questa si aprì lentamente.
Lilith aveva trovato facilmente la via per il tetto dell’hotel. Salendo le scale era giunta alla vetta indisturbata, cullata dal silenzio della notte. Aprendo l’ultima porta uscì all’aria aperta col naso per aria. Respirò a pieni polmoni avanzando verso il bordo più lontano dello spiazzo, ammirando la volta celeste sopra la sua testa. Non sapeva come sentirsi a riguardo dell’accaduto. Doveva avere paura? Gioirne? Non ne aveva idea ed era giunta in quel luogo proprio per fare chiarezza. Sedendosi sul bordo del tetto con le gambe a penzoloni nel vuoto si mise ad analizzare i pro e i contro della vicenda. La brezza lambiva le sue gambe nude, lasciate libere dai braghini corti del suo pigiama mentre la canottiera svolazzava attorno alla sua pancia scoperta. Un brivido la percorse da parte a parte e pensò che avrebbe fatto meglio a portarsi una felpa lassù. Sospirando, tornò però a rivolgere lo sguardo verso l’orizzonte, sull’oceano nero come la pece in lontananza. Sotto di lei, gli alberi e i pochi altri palazzi erano tutti più bassi e si sentiva sulla vetta del mondo, al sicuro da qualsiasi cosa. Incrociò le braccia per farsi calore ma non riusciva a smettere di tremare. Quand’ecco qualcosa posarsi sulle sue spalle nude. Alzando la testa di scatto si trovò avvolta da un mantello bianco e il suo proprietario, che glielo aveva appena posato addosso, le rivolse un sorrisetto beffardo. “Ti vedevo infreddolita…” “Mephisto…” la ragazza serrò la bocca tesa guardandolo fisso.
“Oh…Chi si vede…” Lamia voltatasi verso l’uscio si trovò davanti Yukio con addosso vestiti puliti. Il ragazzo la guardava con la mascella tesa e gli occhi di ghiaccio. “Tua sorella non c’è?” chiese in modo molto distaccato, “Come puoi vedere, no.” La donna si tirò su a sedere incrociando le gambe, “Coraggio, avvicinati… Non avrai mica paura…” lo provocò sogghignando. Yukio si chiuse la porta alle spalle avanzando di un passo. “Per quanto mi diano fastidio le tue provocazioni…” disse lui fermandosi a un metro da lei slacciandosi il primo bottone della camicia, “Un patto è sempre un patto. Poi non voglio che si ripeta l’episodio dell’altro giorno.” “Oh…” Lamia sgranò gli occhi meravigliata dalla sua integrità. “Allora, accomodati…” disse infine leccandosi le labbra.
Mephisto aiutò Lilith ad alzarsi e ad allontanarsi dal ciglio del tetto. Il suo mantello l’avvolse sospinto dal vento e la ragazza si fece condurre al centro dello spiazzo dove i venti tiravano più lievi. “Qual buon vento ti porta qui?” chiese l’uomo sogghignando alla sua stessa battuta, se così si può definire. “Immaginavo saresti comparso.” Rispose lei lasciando la sua mano, “Mi hai beccato, ahimè non riesco proprio a starmene con le mani in mano quando vedo fanciulle bisognose.” Mephisto si toccò il cuore con un gesto galante, “Anche se la fanciulla in questione sta per sottoporti a un interrogatorio?” “Ho detto a mio rischio e pericolo, infatti…” lo sguardo del demone mutò divenendo sottile come uno spillo.
Yukio si era abbandonato sul cuscino accanto a Lamia con la testa pesante. La camicia ancora sbottonata si era macchiata un po’ del suo sangue ma respirando con tutta calma stava cercando di radunare le forze per rivestirsi e andarsene. Lamia era rimasta ad assaporare il dolce nettare con lo sguardo perso nel vuoto. “Era da troppo tempo che non lo bevevo…” mormorò in estasi. “Sei comunque riuscita a non uccidermi, non so però se dovrei ringraziarti.” Disse freddamente Yukio, “Oh, dovresti eccome…” Lamia si girò su un fianco solleticandogli il petto scoperto con un dito, “No.” Il ragazzo le afferrò la mano scansandola via. “Non mi toccare.” La donna ritrasse la mano in silenzio guardandolo innervosita. “E così mi odi…” disse lei sorridendo amaramente tornando a posare la testa sul cuscino. “Non farmelo ripetere, è solo uno spreco di energie.” “Eppure… Sei appena venuto a donarti.” “Lo faccio solo per i miei studenti.” “A chi vuoi darla a bere?” ridacchiò Lamia, “Tu lo fai solo per te stesso.”. Yukio strabuzzò gli occhi senza però riuscire a muoversi, “Ed è per lo stesso motivo che te la sei presa tanto con tuo fratello. Non ti sei arrabbiato perché io e mia sorella abbiamo rischiato la condanna a morte, ma perché temevi uno scandalo per te stesso. Sei il più ipocrita degli esseri umani.” Le parole di Lamia sembrarono trafiggerlo da parte a parte come una spada affilata. “Però, a me tu piaci lo stesso.” Sogghignò la donna guardandolo con la coda dell’occhio. “Questo è troppo.” Yukio stringendo i pugni si alzò a fatica dal letto barcollando verso la porta, “Non credere di essere meglio di me… Succube che non sei altro.” Tossì appoggiandosi al muro per richiudersi la camicia. “Oh…” la donna si mise a sedere contro la spalliera del letto, “Ma io lo sono.” Sogghignò beffarda. “Io ti accetto per quello che sei. Perché sei il mio umano.” Lo guardò intensamente facendolo tremare. Yukio cercava in tutti i modi di non guardarla distraendosi coi bottoni, “Quindi, puoi immaginare come mi comporto con chi mi è fratello…” sapendo bene di avere una sorella, non aveva usato quella parola per errore ma in maniera ben studiata. Al che il ragazzo sgranando gli occhi smise di allacciarsi i bottoni avanzando a tentoni verso l’uscita con la mascella serrata. “Ti sbagli.” Yukio posò una mano tremolante sulla maniglia. La sua testa era affollata di pensieri e non riusciva a concentrarsi su nulla che non fosse l’idea di fuggire. Era in torno marcio e non ammettere sconfitta. Quella donna lo stava possedendo in anima e corpo, non sapeva nemmeno come ma lo capiva ancora meglio di se stesso e lui non poteva accettare l’idea che avesse ragione. “Allora dimostramelo.” Il ghigno di Lamia fu la goccia che fece traboccare il vaso, così il ragazzo senza più guardarla uscì di scatto dalla camera sparendo nell’oscurità.
“Confesso che speravo venissi da me per continuare il discorso interrotto sulla spiaggia…” Lilith dette le spalle a Mephisto allontanandosi di qualche passo, “Ti prego, ho bisogno di essere rassicurata.” Si voltò guardandolo con la faccia da cane bastonato. Il demone strinse le labbra inspirando profondamente. “Devi solo fidarti di me.” Rispose facendo un mezzo sorriso. “Che cos’hai in mente?” la ragazza avanzò di un solo passo verso di lui, mantenendo le distanze. L’uomo distolse lo sguardo lasciandosi sfuggire un brevissimo sospiro. “Come ben sai… La vita è imprevedibile.” Cominciò prendendo le cose alla larga. “Non avevo previsto una certa cosa che però adesso ho trovato modo di integrare alla perfezione nella mia idea di lieto fine.” Lilith lo fissava in silenzio cercando di trovare un significato a quelle parole così vaghe, “Come ti ho già detto, devi avere pazienza.” “Perché hai voluto che Rin Okumura sapesse di noi?” la domanda diretta della ragazza lo spiazzò. Pettinandosi il pizzetto, recuperò il suo charme apparentemente contento di quel cambio di argomento, “Fa parte del nuovo piano per il nostro lieto fine.” “Nostro?” “Di tutti.”. Rimasero a studiarsi in silenzio per una manciata di secondi. “Presto, sarai libera da ogni giogo.” Sogghignò Mephisto e alle sue spalle, la porta del tetto si aprì cigolando. “Oi, fratellone… Ho usato la chiave come mi hai chiesto.” Una voce famigliare provenne alle spalle di Mephisto e Lilith, sentendo una strana sensazione, si sporse per vedere chi stesse arrivando. Sgranò progressivamente gli occhi sempre di più mano a mano che osservava quel tale avanzare imperterrito verso di loro. Mephisto senza voltarsi continuava a guardare Lilith cambiare espressione con un ghigno malizioso. “Benvenuto, Amaimon.”.

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Capitolo 33
*** Capitolo XXXIII ***


CAP 33

 
“Amaimon…” sussurrò Lilith in un filo di voce come davanti a un incubo. “Fratellone, perché mi hai chiamato in questo posto sperduto?” Mephisto allora cedette il passo al fratello, facendosi da parte così che lui potesse vedere la ragazza interamente. Al che il ragazzo arrestò improvvisamente il passo trovandosi davanti l’oggetto del desiderio. L’altro lo guardava fisso con una faccia da poker attendendo con pazienza gli sviluppi. “Che cosa ci fa lui qui!?” Lilith si voltò di scatto verso Mephisto farfugliando in preda all’agitazione, “Lilith…” Amaimon riprese a camminare col volto sempre più contorto in un’espressione sadica e vendicativa. “Vieni qui e abbracciami.” Sguainò gli artigli avanzando minaccioso. “Mi stavo giusto chiedendo dove fossi finita...” Accelerò il passo e la ragazza in preda al panico indietreggiò guardandolo avvicinarsi precipitosamente. “Mephisto!” ripeté lei cercando una via di fuga. “Fermo tu.” L’uomo intervenne all’ultimo secondo per braccare il fratello fermando la sua avanzata. Piantandogli il volto in un orecchio gli sussurrò qualcosa e sembrò calmarsi “Non erano questi gli accordi.” Sibilò impercettibilmente. Lilith era paralizzata. Vide Mephisto lasciare di nuovo Amaimon libero stando però al suo fianco in allerta. Incrociò le braccia dietro la schiena gonfiando il petto guardandolo con aria di sufficienza. “Sono venuto a… Scusarmi.” Disse infine il Re della terra rimanendo fermo sul posto facendo una faccia da pesce lesso. “Che sta succedendo?” la ragazza era attonita. Un minuto prima sembrava volerle saltarle alla gola mentre adesso pareva il più innocente dei demoni. Cosa stava tramando Mephisto? “Vuoi…Scusarti?” “Già.” Rispose atono, “Prometto di fare il bravo.” Aggiunse guardando il fratello maggiore con la coda dell’occhio. “Mephisto!?” Lilith squadrò l’uomo accigliata e lui guardando altrove alzò le spalle facendo lo gnorri. “Prometto anche di non spaventarti più.” Il ragazzo sembrava recitare un copione. La ragazza lo studiò attentamente ma da quella sua espressione vuota non riusciva a capire se stesse bluffando o dicendo sul serio. Nemmeno affidandosi a quella di Mephisto riusciva a venirne fuori così seppur titubante annuì in silenzio. “Io non capisco ma… Va bene.” Disse stranita. “Non c’è niente da capire.” Amaimon azzardò un passo molto tranquillamente verso di lei, “Il fratellone mi ha soltanto chiesto di non demolirgli l’accademia...” Parlava piano avvicinandosi sempre di più. La ragazza percepì delle vibrazioni da far accapponare la pelle ma deglutendo stette immobile. Con lo sguardo cercò Mephisto per capire se dovesse fuggire o meno però l’uomo non sembrava turbato. Arrivato al suo cospetto, il giovane demone le sfiorò il naso con la punta del suo respirando profondamente. “Però…” inclinò la testa di lato socchiudendo gli occhi, “Ti aspetto a Tokyo per giocare ancora insieme.” Bisbigliò lasciando che le sue parole aleggiassero nell’aria. Lilith lo fissava senza parole aspettandosi di venir strattonata a terra come l’ultima volta ma con sua sorpresa non accadde niente del genere. E non ci fu nemmeno un bacio. Infatti, Amaimon si allontanò lentamente evitando di sfiorarle le labbra e tornò sui suoi passi raggiungendo il bordo del tetto. Salì sul ciglio lasciando che il vento facesse svolazzare la sua lunga giacca frastagliata e voltandosi verso di lei le regalò un sorrisetto beffardo, “A presto.” Disse saltando all’indietro nel vuoto. “Che…Accidenti!?” la ragazza si voltò sconvolta verso Mephisto, rimasto immobile a braccia conserte. “Volevi che ti rassicurassi? Detto fatto.” “Ma… Era serio? Non mi ha attaccata! Non mi ha... Baciata…” “Gli ho detto essere il modo migliore per disintossicarsi e tornare lucidi.” “Però mi ha anche detto che…” lo sguardo che le lanciò Mephisto la bloccò a metà frase, “Lo so che ti ha detto…” disse malizioso, “Non posso impedirgli di svagarsi… Sta però di fatto che adesso ti tratterà con più riguardo.” “Che gli avresti detto di preciso?” Lilith si fece seria fiutando un tranello, “Niente di che… Di fare il bravo per l’appunto.” “Solo questo?” “Sì, madame.” “Ma allora…” Lilith aggrottò le sopracciglia mordendosi un labbro, “Continuerà a tentare di farmi trasformare.” Disse in un sussurro sgranando gli occhi ma Mephisto non rispose assottigliando lo sguardo.
“Oi, già di ritorno?” Lamia riaccolse Lilith in stanza con la solita noncuranza, la ragazza non rispondendo chiuse la porta con un tonfo strisciando i piedi fino al letto. Il suo atteggiamento insolito attirò l’attenzione della sorella che si alzò sui gomiti per studiarla meglio nella penombra. “Successo qualcosa?” domandò, “Dormi.” Si limitò a dire la piccola lanciandosi a letto senza nemmeno coprirsi con le coperte. “Mah…” sbuffò Lamia dandole allora le spalle. “Problemi con pizzetto?” chiese poi con un sorrisetto sornione avendo un lampo di genio, ma non ottenne risposta.
“Ma che… porcile.” Lamia fu la prima a rimettere piede nel dormitorio abbandonato dove lei, la sorella e i gemelli Okumura alloggiavano. I quattro si erano trovati tutti assieme davanti all’entrata dell’edificio nel silenzio imbarazzante. Erano partiti la mattina ed erano arrivati per l’ora di pranzo, poi salutando i compagni di classe si erano avviati verso le loro stanze. L’unica pecca del viaggio di ritorno era stato appunto il velo pietoso steso su ogni tentata conversazione. Lamia era rimasta bloccata sulla soglia con ancora la mano stretta attorno alla maniglia, cercando di non calpestare i mezzo metro approssimativo di polvere accumulatasi durante la loro assenza. “Ma nessuno pulisce qui!?” si voltò di scatto verso Rin e Yukio dietro di lei. Lilith li guardava muta come un pesce cercando di evitare i loro sguardi da quando avevano messo piede in treno. “Spiacente. Essendo una struttura in disuso ci occupavamo io e mio fratello delle pulizie. Come puoi notare, la nostra assenza si è fatta sentire.” Disse Yukio senza spirito. La tensione era palpabile. Nessuno aveva ancora affrontato apertamente il fatto che tutti e quattro sapevano la verità sulle sorelle. Rin si sentiva minacciato dal fratello, Yukio si sentiva sul ciglio di un rasoio, Lilith dopo la notte precedente si sentiva più confusa di prima mentre Lamia sembrava essere l’unica a fregarsene apertamente della questione. Il suo problema primario in quel momento era la polvere. “Beh, allora fate qualcosa!” starnazzò la donna gesticolando verso il pavimento. “Dal momento che ora anche voi siete inquiline di questo posto…” Yukio fece un passo verso l’ingresso sistemandosi gli occhiali, “Penso proprio che sia giunta l’ora di darci una mano.”. A quelle parole, Lilith sembrò finalmente connettere le sinapsi e sussultò strabuzzando gli occhi. “Che!?” lei e Lamia si guardarono stranite. Fu così che al vecchio dormitorio, fu inaugurata la giornata delle pulizie primaverili nonostante fosse piena estate. “Yukio! Dov’è lo straccio?” la voce di Rin echeggiò nel corridoio rimbombando per tutto il piano terra. “Ce l’hai in mano.” Lamia gli passò accanto guardandolo con aria di sufficienza. “Ah!?” Il ragazzo guardandosi i guanti si sentì incredibilmente stupido. “Com’è possibile che non me ne fossi accorto!?” “Hai detto qualcosa?” la testa di Yukio fece capolino da una delle porte ma il ragazzo si nascose imbarazzato dietro l’anta della finestra che voleva pulire. Si erano tutti legati un fazzoletto in testa e sembravano vere e proprie casalinghe. C’era chi poi come Yukio si era persino messo grembiule e i guanti fino al gomito, maniaco dell’igiene com’era. “Non ti sembra di esagerare?” Lamia tornando indietro con un secchio pieno d’acqua pulita, incrociò per caso il professorino. “Dimentichi che sono un Doctor.” Tagliò corto lui facendo una smorfia allontanandosi tempestivamente portandosi dietro una scopa. “Fa ancora la primadonna…” sibilò Lamia guardandolo sparire dietro l’angolo con la coda dell’occhio. “Lamia, hai il secchio?” la voce della sorella la destò dai suoi pensieri convincendola a proseguire per la sua strada. Lilith era dall’altro capo del corridoio con lo spazzolone tra le braccia. “Eccoti!” accolse la sorella trascinandoselo dietro lasciando una scia umida sul parquet ormai rovinato dal tempo. “Ci hai messo un secolo.” “Grazie Lamia per essermelo andata a prendere.” La sorella imitò la sua voce mettendole in bocca altre parole facendola immusonire. “Ovviamente. Grazie.” Disse imbronciata la ragazzina afferrando il manico della tinozza. Posandola a terra ci inzuppò subito lo straccio bagnandolo per bene. “Uff…” Lamia si sciugò il sudore dalla fronte col polso voltandosi verso l’androne principale dove gli altri ragazzi stavano lavorando sodo. “Oi!” gridò facendo un cenno a Rin, ancora alle prese con le finestre, “Sì?” il ragazzo si sporse da dietro il vetro posando momentaneamente la spugna, “Fin dove dobbiamo pulire?” strillò Lamia e proprio in quel momento, Yukio fece di nuovo la sua comparsa con in braccio le tende da lavare, “Ovunque.” Disse secco tornando a sparire. “Che!?” la donna spalancò la bocca stiracchiando la schiena scricchiolante. “Di che ti lamenti? Sto facendo tutto io.” Sbuffò Lilith riprendendo a dare lo straccio. “Come no, e il secchio chi lo è andato a prendere?” la donna la guardò posando le mani sui fianchi a petto gonfio, “Ah-ah.” La ragazzina le dette momentaneamente le spalle avanzando all’indietro per pulire meglio il pavimento. “Certo che… Pulire…” sbuffò la maggiore scossando il capo. “Come dici?” Lilith si fermò con lo spazzone tra le mani guardandola sbattendo le palpebre, “Niente.” Fece spallucce l’altra sorridendo amaramente. “In fondo, pulire è una bella distrazione.” Avanzò ancheggiando afferrando da terra una pezza per spolverare le mensole. “Concordo.” Disse Lilith riprendendo il lavoro da dove lo aveva interrotto mentre Lamia avanzava verso l’ingresso accarezzando superficie per superficie con la pezzuola. Sembrava però che stesse filando tutto liscio. Rin non aveva cambiato più di tanto atteggiamento e a poco a poco Lilith stava cominciando ad abituarsi all’idea che tutti in quel dormitorio conoscessero il segreto. Quello ora sarebbe diventato territorio franco. Rimmerse il mocio nel secchio strizzandolo bene e premendo le labbra guardò prima l’acqua sporca e poi Rin in lontananza con la coda lasciata al vento. “Guarda che così prenderà fuoco.” Lamia le passò di nuovo accanto spolverando con nonchalance la mobilia dell’altro lato del corridoio. “Doveva essere una battuta?” la ragazzina scossò rapida il capo tornando a lavare il pavimento. “L’hai capita? Fiamme, Satana… Ohohoh” la sorella le fece un gesto con le dita sorridendole a bocca aperta come un’idiota. “Per cortesia…” sbuffò l’altra roteando gli occhi. “Ma guarda, vedo che siete migliorate con lo straccio.” Yukio venne in contro alle sorelle reggendo di nuovo la scopa, “Con tutte le volte che ci è toccato pulire l’aula…” Lilith lo guardò di sbieco mentre entrava nella stanza successiva fingendo di non sentire. Lamia era rimasta in silenzio a guardarlo fuggire via per l’ennesima volta e la sorella arricciò impercettibilmente il naso accorgendosene. “Avete litigato, che non ti guarda?” chiese studiando la succube, “Un specie.” Rispose lei come se non le importasse, lanciando lo straccio nel secchio di Lilith. “Hey, ma che fai? Quello è per i pavimenti!” l’ammonì la minore strillando acida, “È sempre acqua e detersivo.” Sbuffò Lamia ripescandolo lesta tornando ai suoi lavori di fino. “Lilith, appena puoi vieni di qua con il secchio!” la voce di Yukio rimbombò da dietro l’angolo. “Ok!” rispose lei afferrando la tinozza per il manico tirandosela dietro con lo spazzone sotto l’altro braccio. Interruppe l’ormai morta conversazione con la sorella andando dove il professorino aveva richiesto. Si trovò di fronte a un arco che dava su quella che aveva tutta l’aria di essere una piccola mensa adiacente a una cucina. La ragazza rimase spiazzata alla vista dei tavoli, del frigo e dei fornelli. “Ma questa è… Una cucina!?” spalancò la bocca di fronte a quel miraggio, “Abbiamo sempre avuto una cucina con del cibo, qui!?” d’istinto si voltò di scatto verso Rin, poco distante da lei sempre in piedi accanto alle finestre. “Come? Non lo sapevi?” Il ragazzo interruppe le pulizie per guardarla con la sua stessa espressione di sgomento. “No!” Lilith scossò il capo meravigliata, “È una manna dal cielo!” le brillarono gli occhi tornando a guardare la sala attrezzata. “Che hai tanto da urlare?” Lamia sentendola squittire era giunta da lei guardandola accigliata, “Lamia, abbiamo la mensa!” l’altra si girò in un impeto di estasi, “E con ciò?” la maggiore alzò un sopracciglio per nulla impressionata. “Lilith, coraggio entra e lava il pavimento per favore.” Yukio richiamò all’ordine la ragazza che senza rispondere al menefreghismo della sorella entrò nella stanza a piccoli passi sbuffando. “Se ti stai chiedendo della mensa…” Yukio era intento a raccogliere lo sporco che aveva appena spazzato da terra usando la paletta della scopa, “Io e mio fratello la usiamo più o meno da quando siamo arrivati. Alla mattina un demone servitore ci cucina la colazione e a dirla tutta ha sempre servito quattro vassoi da che siete arrivate anche voi.” Si alzò in piedi andando a posare l’immondizia dentro un sacco di plastica. Lilith lo fissò a bocca aperta sconvolta da quella notizia. Avrebbe potuto mangiare gratis, se solo qualcuno glielo avesse detto. “Mi stupisco che il preside non ve l’abbia accennato.” Disse poi portando via il sacco lasciandola sola. La ragazza ancora di stucco non si capacitava della cosa. Avrebbe potuto benissimo dirglielo anche lui. “Beh… vorrà dire che d’ora in poi ne usufruiremo anche noi!” strillò rispondendo in ritardo a Yukio ormai andato, prendendo a lavare le mattonelle con incredibile foga. “Ah, dimenticavo.” La testa del quattrocchi tornò a fare capolino mentre la ragazza era alle prese con la sua opera, “Non entrare nel cucinotto. Semplicemente, non farlo.” “E perché?” “Non hai il premesso.” Tagliò corto lui dileguandosi nuovamente. Intanto, Rin stava lucidando di gran lena ogni singolo vetro del corridoio e la luce del sole filtrando dagli alberi pervadeva tutto il piano terra vibrando di bianco e verde pisello. “Yo.” Lamia gli si avvicinò di soppiatto per spolverare il mobile a cassettoni sotto la finestra che stava lavando, “Lamia!” il ragazzo balzò all’indietro trovandosela sotto d’improvviso. La tensione era uscita allo scoperto e la succube se ne accorse benissimo. “Non serve che tu sia così teso, bimbo.” Gli disse lei alzando lo sguardo, Rin non rispose limitandosi a sorridere teso tornando a posare lo straccio umido sul vetro. “Sai, qualsiasi cosa stia succedendo con tuo fratello, anche io adesso ho problemi a relazionarmi con lui.” Continuò allora a parlare la donna, “Già… Posso immaginare.” Rise nervosamente tendendo l’orecchio a ogni minimo rumore. Aveva probabilmente il terrore che qualcuno sbucando alle loro spalle potesse sorprenderli in discorsi privati. “In ogni caso…” Lamia si alzò squadrandolo da capo a piedi incrociando le braccia, “Pensi che adesso che in questo dormitorio sappiamo tutti della questione, possa tenere anch’io la mia coda libera almeno qui?” “Che? Io non rischierei!” serrò i denti il mezzo demone guardandola con gli occhi a palla. “Avanti, non serve che tu sia tanto agitato, Yukio non ti sparerà sul serio.” Sbuffò la donna lanciando lo straccio sul mobile appena spolverato, “Ma io infatti lo dico per voi, non si sa chi potrebbe arrivare all’improvviso.” Il ragazzo guardò altrove grattandosi una guancia. “Oh. Che palle.” Fece allora spallucce Lamia. “Piuttosto, hai già fatto una chiacchierata con mia sorella?” “No ma… pensavo di farla.” “Ah sì? E che vorresti dirle?” “Beh… Che io so…” “Questo penso proprio che lo sappia già.” “Glielo hai detto tu?” “Sì… Sai no, quando mi ha quasi ammazzata sulla spiaggia? Gliel’ho detto in quel frangente.” “Oh… Capisco…” Rin sembrò più rilassato, seppur sconcertato. “Allora, secondo te che dovrei dirle?” “E io che ne so? Sei tu che ci vuoi parlare!” sbuffò la succube girando i tacchi lasciandolo col fiato sospeso. Rin, di sasso, cercò di farsene una ragione e immergendo la pezza nel suo secchio, la lavò per bene nell’acqua ormai torbida. In quel momento, Lilith era di ritorno dalla cucina col pesante secchio pieno d’acqua lercia appeso all’estremità delle braccia. Avanzava faticando e sbuffando. “Hey Lilith!” vedendola, il ragazzo la chiamò sorridendo il più serenamente possibile. La ragazza alzò lo sguardo titubante. “Stai andando a cambiare l’acqua?” “Sì…” “Sai, anche io dovrei cambiarla… Vengo con te!” a quella proposta, che più che una richiesta sembrava un’affermazione, Lilith non si oppose limitandosi a camminare seguita dal ragazzo e il suo secchio. Lamia li osservò con la coda dell’occhio allontanarsi dall’altro capo del corridoio, diretti verso il cortile interno coi lavabi. Ora che i due erano spariti all’orizzonte, al piano terra del dormitorio era piombato un silenzio spettrale. “Allora, Lilith… Te la stai cavando bene con le pulizie!” il rumore dell’acqua corrente accompagnò l’osservazione pimpante di Rin, intento a rovesciare nel secchiaio l’acqua sporca del suo secchio per cambiarla. Lilith aveva appena fatto lo stesso e ora stava aspettando che la sua bacinella fosse di nuovo piena. “Rin… Non serve girarci intorno.” Sospirò lei guardando il rubinetto aperto, “È vero, io sono un demone come te.” “Oh, beh… Se vuoi parlare di questo…” si grattò la testa imbarazzato da quella schiettezza, “Ti posso assicurare che da quando l’ho saputo non ho fatto che pensare a un modo per farti capire che le cose per me non cambieranno. Non ho intenzione di cambiare atteggiamento nei tuoi confronti. In fondo, anche tu hai fatto lo stesso per me.” Rise un po’ in agitazione. “Oh…” la ragazza lo guardò serrando le labbra, “Un po’ lo immaginavo.” Sorrise poi velatamente chiudendo gli occhi tornando ad abbassare il capo. “Meno male.” Aggiunse in un sussurro. “Però ecco… Non parliamone all’aperto. Ho fatto una promessa ed è quella di impedire a chiunque altro di scoprirlo.” Si batté una mano sul petto come a fare un giuramento, Lilith alzò di nuovo lo sguardo su di lui sbattendo le palpebre un paio di volte. “Allora posso sentirmi al sicuro…” gli disse, ma non sembrava molto convinta, “Al cento percento!” ribatté Rin senza nemmeno pensarci. La ragazza tirò un piccolissimo sospiro di sollievo, muovendo un po’ il secchio per raccogliere più acqua. A poco a poco però una trana sensazione la fece rabbrividire. “Rin…” guardò il compagno posare le mani sul suo secchio emulandola, “Che c’è?” “Non ti senti un po’… osservato?” si mise a guardarsi intorno con un pessimo presentimento. Si ricordò delle parole di Amaimon della sera prima e del brusco modo in cui se ne era andata dopo quella breve chiacchierata. “Ma che! Saranno gli uccelli!” ridacchiò il ragazzo facendo echeggiare la sua voce per tutto il cortile. Mentre Lilith non sembrava del tutto tranquilla, all’interno del dormitorio, Lamia aveva gettato la spugna andandosi ad accomodare a uno dei tavoli della cucina. Si era seduta sbuffando e con una manata si era tolta il fazzoletto dalla testa asciugandovisi il sudore dalla fronte. “Che fai, batti la fiacca?” la dura voce di Yukio provenne alle sue spalle, al che lei abbandonò la testa all’indietro per guardare il signorino, “Ho fatto la mia parte.”, gli rispose sbadigliando, “Non direi. Mancano ancora le camere al piano di sopra.” Continuò perentorio il ragazzo ma la succube sogghignò a malapena, “Ma io non mi riferivo alle pulizie.”. Rin chiuse il rubinetto con una doppia mandata, e attese che smettesse di gocciolare prima di togliere il secchio. Lilith aveva appena appoggiato a terra il suo con uno sforzo sovraumano, data la sua altezza e si era allontanata di un metro per sgranchirsi i muscoli faccia a faccia con la boscaglia. Continuava a sentire una strana presenza. Ma non capiva chi fosse. “Fai stretching?” Rin l’affiancò sorridente e lei si voltò distrattamente annuendo continuando ad allungare le braccia. “Non c’è niente di meglio, dopo così tanta attività fisica!” ridacchiò il ragazzo allargando le gambe. Alle loro spalle, si sentì come un qualcosa di piccolissimo cadere nell’acqua di uno dei secchi. Le orecchie di Lilith si rizzarono sull’attenti. “Sbrighiamoci a rientrare…” disse poi abbassando le braccia facendo per voltarsi, quando all’improvviso da una delle bacinelle cominciò ad uscire un getto di fumo giallo all’impazzata. “Ma che!?” la ragazza saltò all’indietro in allerta. La nuvola travolse Rin che cadendo sulle ginocchia cominciò a tossire senza controllo. “Rin!” gridò lei avvicinandosi. Dietro uno degli alberi, niente popò di meno che Amaimon stava giochicchiando con una capsula facendosela saltare tra le mani, Lilith avrebbe dovuto ascoltare il suo istinto e scappare finché poteva. Il demone guardava la pastiglia masticando un lecca lecca e aspettava che facesse effetto. “Vediamo se il giocattolino funziona…” bisbigliò tra sé e sé smettendo di giocarci infilandosela in tasca coprendosi il volto con la manica della giacca. “Che accidenti è!?” tossicchiò Lilith tappandosi il naso. “Ferormoni!” sgranò gli occhi riconoscendone l’odore. “Rin, non respirarli! Fanno andare i demoni maschi in frenesia!” cercò di trascinarlo via temendo il peggio. Chiunque fosse stato l’artefice di quello scherzo non sembrava stesse mirando direttamente a lei. Ma a Rin. “Hop.” Amaimon fece la sua comparsa saltando in piedi sul lavabo del cortile, sopra la coltre di fumo. “Amaimon!” strillò la ragazza alzando la testa, “Ti piace il giallo?” chiese lui tirando nuovamente fuori la capsula colorata, “Che accidenti hai in mente!?” “Ti ho detto che ti avrei aspettata per giocare…” rispose con nonchalance facendola sussultare. Glielo aveva detto, certo, ma non si aspettava che sarebbe successo immediatamente appena rimesso piede in accademia. “Ma avevi anche promesso che avresti fatto il bravo!” “Oh… Certo, certo…” Amaimon sgranò lievemente gli occhi sputando lo stecchino consumato, “Io sto facendo il bravo. È di lui che ti devi preoccupare.” Disse senza spirito indicando Rin, che a poco a poco si stava contornando di piccole fiammelle blu. “Oh no!” la ragazza strinse ancora più forte la presa attorno alla maglia di Rin trascinandolo il più lontano possibile ma il ragazzo aveva spalancato occhi e fauci divenendo indemoniato. Come vide Lilith, le saltò al collo braccandola. La risata malsana di Amaimon accompagnò il colpo basso di Rin, ora trasformato mentre cercava di rendere Lilith inoffensiva. La ragazza si difendeva come poteva graffiandolo con le unghie e i denti. “Rin! Mollami!” cercava di farlo tornare in sé, fallendo. “Sembra proprio che qualcuno qui dovrà trasformarsi…” ridacchiò Amaimon spiccando un balzo in aria, “Ti saluto.” Disse infine sparendo tra gli alberi. “Dannazione!” digrignò i denti la piccola ma non voleva arrendersi. Teneva il volto mostruoso di Rin a debita distanza, onde impedirgli di fare mosse azzardate e con un calcio ben piazzato nello stomaco trovò il modo di allontanarlo a sufficienza per alzarsi in piedi. Il mezzo demone scattò allora all’indietro aprendo le braccia sfoderando gli artigli. Le sue fiamme blu lo pervasero e la ragazza guardò quel fuoco con gli occhi di un cervo impaurito. Prima che potesse attaccarla, cercò qualcosa che potesse aiutarla in mezzo al fumo, che ormai si stava dipanando. “Avanti Lilith, pensa, pensa!” ripeteva a se stessa col cuore in gola. “Fuoco… Fuoco… Acqua batte fuoco. Acqua!” giunse a quella conclusione logica fomentata dal terrore e l’occhio le cadde sul suo secchio rimasto accanto a quello di Rin infettato dai ferormoni. “Via!” scattò in avanti evitando Rin che tentò di placcarla e lesta afferrò il catino ricolmo rovesciandoglielo addosso. “Quello che ti serve è una doccia fredda per calmare i bollenti spiriti!” L’onda ghiacciata fece strabuzzare gli occhi al ragazzo che come destato da un incubo, spense le fiamme cadendo a terra di faccia. Lilith abbandonandosi a un lungo sospiro, mollò il secchio svuotato cascando sulle ginocchia cedute per il troppo sollievo. “Grazie…” chiuse gli occhi guardando il cielo. Amaimon che aveva assistito alla scena, si morse un dito per il nervoso. Nemmeno il figlio di Satana era bastato per farla capitolare. Era ancora troppo poco sviluppato, probabilmente. Balzando all’indietro se la dette allora a gambe incassando il colpo. Lilith trovò di nuovo il coraggio di avvicinarsi a Rin per vedere come stava. Lo girò a pancia in su e dandogli rapidi colpetti al volto gli fece aprire lentamente gli occhi. “Ci sei?” gli chiese accigliata, “Lilith!” il ragazzo si alzò di scatto a sedere massaggiandosi la testa, “Che è successo? Mi sembra di aver sognato.” Al che, la ragazza non seppe se raccontargli la verità o inventarsi una scusa. “Ecco… Devi aver avuto un calo di pressione.” “Assurdo…” disse lui confuso quanto prima, “Te come stai?” “Eh? Io?” Lilith si puntò un dito al naso facendo ridacchiare Rin, “Ahh…Torniamo dentro.” sbuffò poi alzandosi in piedi guardando altrove, “Oh!” il ragazzo alzatosi anch’egli barcollando vide i secchi ribaltati restando di sasso, “Mannaggia, dobbiamo riempirli di nuovo!” si lamentò incurvando le spalle sotto lo sguardo imbarazzato di Lilith, sollevata ma incredula davanti al fatto che avesse davvero mangiato la foglia. “Amaimon…” una voce profonda lo accolse nello studio di Mephisto. “Fratellone… Ho fallito.” “Orsù, non era soltanto il metodo giusto…” l’uomo si alzò dal divano sistemandosi i guanti, “E poi lasciamo stare il nostro fratellastro, penso proprio che ne abbia già avute abbastanza…Per ora.” si avvicinò ad Amaimon e con uno schiocco di dita si fece comparire un qualcosa in mano, “Prova con questa.” Disse porgendogli infine una grossa e succosa mela rossa.

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Capitolo 34
*** Capitolo XXXIV ***


CAP 34

La sera, in camera, Lilith fissava il soffitto stesa sul letto. Lamia era appena tornata dall’ultimo giro di pattume e si era accasciata sul pavimento, ora lindo e splendente. “Giuro che se quello non fosse il mio partner servente, gliel’avrei fatta mangiare tutta quella immondizia.” Lilith la guardò taciturna. “Potevi dare una mano, signorina.” La sorella cambiò poi tono guardandola storto, “Lamia oggi ho avuto un problema.” “Oh, sai che novità.” “Non scherzo… Amaimon è tornato alla carica.” “Ah sì?” “Lamia, sono seria.” “Piacere seria, sono L…” “L’hai già fatta questa battuta, sei ripetitiva!” “Da che pulpito, miss non fare sciocchezze, Lamia.”. Lilith in risposta, sbuffò roteando gli occhi. “E dimmi…” Lamia allora ammorbidì i toni incrociando le braccia senza muoversi da terra, “Che cosa avrebbe fatto sta volta?” “Tanto per cominciare non mi ha baciata.” “Oh santo cielo e io che pensavo fosse una cosa grave!” sbuffò la succube alzandosi a sedere per guardarla esasperata. “Non prendermi in giro!” Lilith si girò su un fianco fulminandola. “Non capisci… È come se d’un tratto, qualcuno avesse preso le redini delle sue azioni.” Tornò a sdraiarsi guardando il soffitto. “Ieri notte… Ho incontrato Mephisto sul tetto.” Continuò il monologo, “E dopo un po’ è arrivato anche lui…” “Pizzetto eh?” Lamia cominciò a fare piccoli segni con le unghie sulle travi del parquet, “Sì… Mephis…” Lilith sgranò gli occhi troncando la frase a metà. “Amaimon sta cercando di farmi cedere e questa volta opponendosi agli istinti del battesimo avrà anche la lucidità per farlo a regola d’arte!” Lilith sembrò come venire a capo della questione. “Non è che… Mephisto vuole che ci riesca e lo sta pure… Aiutando?” “Ma andiamo, non scherzare!” Lamia scoppiò a ridere lanciando via le scarpe dimenandosi come un’anguilla, “Pizzetto non vorrebbe mai rispedirti all’inferno da quella strega. Figuriamoci…”, Lilith ammutolì rimuginando in silenzio. “Però…” aprì poi bocca titubante, “Fidati, è troppo ossessionato da te per farlo. Semmai… No, no… È stupido.” “Semmai?” “No… Niente.” “E dai! Che volevi dire!?” “Semmai… Se fossi in lui… Vorrei piuttosto sbarazzarmi di nostra madre per eliminare il problema alla radice. Ma è una follia considerando che metterebbe a repentaglio la sua carissima accademia e i suoi carissimi studenti.” La donna fece il verso al preside mimando la sua bocca con una mano. “Vuoi forse dire che vorrebbe riportare Eva in superficie!?” “Te l’ho detto che era un’idea stupida.” Lamia alzò gli occhi al cielo. “Avanti, per adesso dormi… Domani se vuoi puoi anche andare da Pizzetto in persona a discuterne…” sbadigliò animatamente alzandosi da terra per andare ad arrampicarsi sul suo giaciglio. “Io sono serena.” Aggiunse biascicando rotolando nel letto. Lilith la guardò con gli occhi a mezz’asta sospirando. “Grazie al cavolo.” Scossò il capo.
“Ahh… Che sonno!” Rin si accasciò su una delle sedie della cucina guardando Yukio finire di mettere in ordine. “Non credere che sia ancora finita…” sbuffò il fratello drizzando la schiena sciugandosi il sudore dalla fronte, “Che!? Sono quasi le due di notte… E le ragazze sono già andate…” biascicò Rin con la guancia incollata al tavolo, “Manca poco.” Ribatté Yukio appendendo lo straccio al chiodo, “Mancano solo i secchi da sciacquare.” Guardò l’altro per poi sospirare, “Tranquillo, faccio io.” Sembrò rassegnarsi afferrando il primo per metterlo nel secchiaio. “Dove sono quelli che avete usato tu e Lilith?” chiese iniziando a sgurarlo con la spugna, “Non lo so… Forse in giardino.” “Non li avete riportati dentro!?” Yukio si voltò allibito dall’incompetenza del fratello. “Non so il perché ma non li abbiamo più usati.” “Che seccatura.” Scossò il capo l’altro gettando la spugna nel lavello girando i tacchi, “Vado e torno.” Aggiunse privo di spirito. “Grazie, fratellino.” Rin alzò una mano assonnato guardandolo uscire dalla mensa di tutta fretta. Yukio camminò rapido lungo il corridoio buio uscendo nel giardinetto posteriore in cerca dei secchi abbandonati. Ne trovò uno ribaltato e l’altro ancora pieno fino all’orlo. Lasciandosi sfuggire un lamento si avvicinò a questi nella pallida luce del faro d’emergenza attaccato al muro alle sue spalle cercando di ignorare le sagome minacciose degli alberi neri. “Vediamo…” prese quello ricolmo sollevandolo faticosamente appoggiandolo sul bordo del secchiaio di servizio, e mentre lo svuotava con veemenza notò un qualcosa di piccolissimo uscirne cavalcando l’onda per poi andare a incastrarsi nella retina di sicurezza del sifone. Mollando un istante il secchio tornando a raddrizzarlo, strabuzzò gli occhi per cercare di vedere nella penombra avvicinando il naso a quel misterioso oggetto e sollevandolo titubante con due dita lo portò alla luce del faro studiandolo con circospezione. Sgranò gli occhi accorgendosi della sua natura. Era l’involucro di una capsula di un qualche cosa. Lo annusò per istinto ma non riuscì a riconoscerne l’odore. Piuttosto scettico, se lo infilò poi in tasca con l’intento di studiarlo in un secondo momento. Gli unici ad essere entrati in contatto con i secchi di quel cortile erano stati suo fratello e Lilith. Qualunque cosa fosse, probabilmente erano loro gli unici a potergli dare delle risposte e non fidandosi dell’attinenza del fratello, optò per chiedere spiegazioni all’altra. Di questo però se ne sarebbe parlato il giorno dopo.
Nel frattempo, dall’altra parte del globo, il Paladin Arthur August Angel era stato convocato nello Yemen per una questione piuttosto puntigliosa. Lui e il suo assistente stavano camminando nel deserto sotto il sole cocente verso una roccaforte imboscata in mezzo al nulla. “Voi siete gli esorcisti?” gli chiese un signore anziano con un turbante avvolto in testa vedendoli arrivare, “Sì vecchio.” Rispose Angel fermando il passo. Il signore aveva il volto coperto da pustole di miasma. Altri due uomini lo affiancarono e non erano in condizioni migliori, “In città cominciano ad esserci dei morti.” Disse uno dei due abbassando lo sguardo verso l’orizzonte. Sotto quell’altissima duna di sabbia e rocce si stagliava la città murata a cui erano giunti a prestare soccorso. “La maggior parte delle persone non riesce a vedere quel mostro… Ma potrei giurare che è tutta colpa sua.” Tossì il primo vecchio venendo sorretto dagli altri, “Ormai potete stare tranquilli.” Sorrise il Paladin imbracciando la sua spada, “Il sottoscritto provvederà ad eliminare la minaccia.” Si batté il petto per poi lanciare un’occhiata al compagno di viaggio. L’uomo con addosso una buffa palandrana e un bizzarro cappello calcato sulla nuca sorrise in silenzio. I capelli gli coprivano gli occhi quasi fino alla punta del naso impedendo di scorgere il suo sguardo. “Grande Angel. A vederti lavorare manca poco che mi abbagli.” Disse poi tutto tranquillo seguendo il capo lontano da quegli uomini. Avevano imboccato la via per il cuore del deserto. Un paio di guide però li precedevano badando ai fatti loro. “Oh mio fedele Lightning, un giorno riuscirai a brillare anche tu!” si pavoneggiò Angel ridendo come un ebete dandogli una pacca sulla spalla, “Ma io non voglio brillare. Comunque grazie.” Ribatté l’altro serenissimo. “Sentir parlare quei due mi dà sui nervi…” bisbigliò una guida all’altra. “Ma ora non abbiamo tempo per le ciance.” Il Paladin avanzò per primo sul ciglio dell’ultima duna che dava sull’orizzonte. “La principessa dell’impurità si è risvegliata.” Disse osservando l’ammasso di lerciume in lontananza che si protraeva verso l’alto baciato dal sole. “Bella grossa eh?” Lightning si sporse al fianco del suo superiore senza smettere di sorridere beato. “Da quel che so il suo cuore era stato diviso in due proprio qui nello Yemen. Come ha fatto a risvegliarsi?” “Circa cinque ore fa le due metà sono state rubate e in concomitanza con questo spiacevole evento, il suo castello ha cominciato a formarsi.” Rispose una delle guide. “Capisco.” S’intromise Angel facendosi torvo, “È successa una cosa Analoga anche in Giappone la settimana scorsa. Sembra che il marciume stia dilagando ovunque ma ancora non ne sappiamo il motivo.” Disse serio. “Solo che invece che chiamare il Paladin hanno lasciato sbrigare il lavoro a quel figlio di Satana.” Aggrottò le sopracciglia. “Lightning!” chiamò poi all’ordine il compagno, “Sì?” “Lo so che hanno chiamato entrambi per questa missione ma ti prego di lasciare a me la principessa. Devo ristabilire il mio ruolo di salvatore dell’umanità.” “Come? Ah sì… Beh, se ci tieni tanto.” Fece spallucce l’altro. “Perfetto.” Sogghignò allora Angel risvegliando la sua Calibur e tagliandosi una ciocca di capelli per rispettare il contratto stipulato col demone che la abitava, sferrò un unico colpo a distanza annientando ogni briciola di impurità. “Fatto.” Rinfoderò la lama davanti alle guide attonite. Per il Re dell’impurità erano serviti 200 uomini mentre per la principessa uno e uno soltanto: Il Paladin. D’un tratto però dal fumo venne sparata in aria una sagoma nera e una donna incappucciata ricoperta di pustole si schiantò nella sabbia poco al di sotto di loro. “Eccola! È lei che ha risvegliato la Principessa!” l’additò uno degli uomini. La donna tossì sommessamente per poi farfugliare qualcosa di insensato e lasciarsi sopraffare dal miasma letale. “La giusta punizione.” Angel non si sbilanciò più di tanto, “E ora andiamo a riferire del successo al Vaticano.” Dette le spalle al punto dove prima sorgeva la bestia con tutta calma, “Non vedo l’ora di vedere che faccia farà quel millantatore di Lord Pheles.” Si leccò le labbra pieno di sé.
“Buongiorno.” Lilith mise per prima il naso in cucina per la colazione. Rin e Yukio alzarono gli occhi stupiti di vederla lì a quell’ora e non lo furono di meno quando anche Lamia le comparve alle spalle. Dopotutto ora sapevano dell’esistenza del cibo gratis la mattina. “Yo.” “Che sorpresa!” Rin aprì un po’ di più gli occhi seppur alquanto assonnato. Yukio invece sembrò trattenere il fiato per una manciata di secondi fissando prima l’una poi l’altra tornando però a concentrarsi il silenzio sulla sua colazione. Si limitò a salutarle con un cenno avendo la bocca piena. “Che fate lì impalate? I vassoi sono lì.” Sbadigliò Rin tornando a chiudere gli occhi in dormiveglia mentre mangiava per inerzia. Indicò la fessura nel muro accanto a loro dove due bei pasti fumanti le attendevano. Lilith si leccò i baffi con gli occhi che le brillavano mentre invece Lamia fece una faccia schifata. “Io passo.” Disse andando a sedersi schizzinosa al tavolo dei ragazzi. Si accomodò accuratamente in diagonale rispetto a Yukio che alzò distratto lo sguardo su di lei masticando torvo. Intanto Lilith aveva preso il suo vassoio con delicatezza portandoselo al posto. “Sembra delizioso!” si lasciò sfuggire un sorrisetto accomodandosi invece di fronte al professore. “Lamia, tu non hai fame?” Rin posò la ciotola di riso spazzolata pulendosi la bocca con la manica del pigiama, “Scherzi?” la donna fece una faccia disgustata. “Lamia non mangia cibo umano.” Tradusse Lilith sorseggiando la sua zuppa di miso a occhi chiusi, “Oh… Dimenticavo…” il ragazzo si grattò la punta del naso distrattamente, “Allora il tuo posso mangiarlo io?” “Rin, non hai fatto altro che spazzolarti tre porzioni ogni mattina per non offenderlo, dubito che ora tu debba chiedere il permesso a lei per essere cortese.” Yukio sembrò seccato. In realtà fremeva di avere risposte sentendo l’involucro di plastica stuzzicarlo dalla tasca. “Offenderlo?” Lamia alzò un sopracciglio e anche Lilith smise un attimo di mangiare guardandolo stranita. “Il demone servitore che vive in cucina. Non importa che sappiate il resto.” Tagliò corto il ragazzo mentre Rin alzandosi saltellando andò a prendersi il bis. “Gnam!” disse tornando al tavolo azzannando la prima fetta di pane con sopra un uovo all’occhio di bue. Lilith riprese a gustarsi il pasto nel silenzio un po’ imbarazzante che era calato. “Tra un quarto d’ora dobbiamo essere in classe, Rin sei l’unico ancora in pigiama vatti a cambiare.” Yukio riaprì bocca solo dopo aver dato un’occhiata al suo orologio da polso. Sotto al tavolo aveva cominciato a prendergli la tremarella a una gamba forse per l’impazienza. “Dammi un secondo!” si affannò allora il fratello trangugiando il riso a velocità della luce. Lamia a braccia conserte lo guardava rabbrividendo mentre Lilith aveva quasi finito la sua colazione coi suoi tempi giurassici. “Fatto!” strillò Rin alzandosi di scatto, “Vado e torno!” scattò verso la porta con la coda che sbatteva da tutte le parti. “Santa pazienza… Nonostante i miei rimproveri arriva sempre in ritardo.” Sospirò Yukio prendendo un sorso d’acqua. “Bene.” Disse poi rabbuiandosi posando il bicchiere sul suo vassoio. Lanciò un’occhiata a Lamia che la ricambiò un po’ stupita e poi a Lilith e stava finendo la zuppa tutta tranquilla. La ragazza sentendosi quegli occhi di ghiaccio puntati addosso posò la ciotola guardandolo muta come un pesce. “Sì?” chiese timidamente sentendo la tensione salire. “Cos’è questo?” Avendo attirato la loro attenzione e approfittando dell’assenza di Rin, Yukio estrasse dalla tasta l’involucro posandolo sul tavolo davanti al naso delle ragazze. “L’involucro di una supposta?” Lamia alzò un sopracciglio arricciando il naso, “L’ho trovato in giardino dentro uno dei secchi.” “Che schifo! Ma chi è che si mette le supposte in cortile!? Per poi farla dove? Nel prato!?” “Non è una supposta, per diana!” sbraitò lui afferrando l’affarino tra le dita sventolandolo nervoso. Lilith era sbiancata e non riusciva a spiccicare parola. “Lilith, tu ne sai qualcosa?” il ragazzo tentò di tranquillizzarsi tornando a posarlo sul tavolo sistemandosi gli occhiali. La ragazza scossò il capo a scatti deglutendo rumorosamente. “Lilith, sono abbastanza ferrato per capire che stai mentendo.” “No!” disse lei in falsetto alzandosi da tavola, “Si è fatto tardi devo andare in classe.” Aggiunse rigida come una statua dileguandosi in un battito di ciglia. Yukio e Lamia rimasero nel silenzio glaciale a fissarsi. “Pensi che mia sorella si faccia di supposte in giardino?” “Ancora con ste supposte!?” il poveretto divenne paonazzo sbattendo le mani sul tavolo. “Calmati, occhialetti…” ridacchiò maliziosa Lamia abbassando poi lo sguardo sulla conchiglia di plastica. Prendendolo in mano un po’ schizzinosa lo annusò a malapena ributtandolo via facendo una smorfia. “Sono ferormoni per demoni.” Guardò Yukio saccente, “O almeno, la cosa conteneva ciò.” Aggiunse facendo spallucce. “Ferormoni per demoni? E come ci sarebbero finiti nel secchio delle pulizie?” il professorino alzò le sopracciglia scioccato. Stava ottenendo le risposte che desiderava anche se a dargliele era quella donna che aveva dichiarato di odiare. Si morse la lingua abbandonandosi sulla sedia cercando di contenere la curiosità. “E io che ne so?” allargò le braccia la succube quando invece poteva intuirlo benissimo. Amaimon ci covava ma Yukio non sapendo niente di tutta quella storia era meglio che continuasse a restarne allo scuro. “Magari non c’entra mia sorella. Ma infondo non importa che tu lo sappia.” Gli fece il verso citando le sue stesse parole quando prima aveva tagliato corto con la storia del demone delle cucine. Yukio aggrottò le sopracciglia davanti a tutta quella spavalderia incassando il colpo in silenzio. “Oh, guarda sono le nove e un quarto.” Lamia alzò gli occhi sull’orologio da parete, e il ragazzo balzò sulla sedia agitato “Non è possibile!”. “Yukio Yukio, eccomi! Scusami, siamo in ritardo!” Rin si affacciò sulla porta tutto sudato e scarmigliato mentre il fratello boccheggiava in preda al panico. Non era mai successo che tardasse. L’unica a essere tranquilla era proprio Lamia, intenta a godersi lo spettacolo.
A lezione, Lilith mordicchiava la matita fissando il quaderno. La giornata non era iniziata nei migliori dei modi e questo l’aveva lasciata con un’agitazione non da poco. “Psst, hey.” Le bisbigliò Lamia dal banco accanto al suo, e la ragazza si voltò deglutendo, “Che hai?” “Niente.” “Non me la bevo.” “Signorine, laggiù.” Shura le richiamò acida mentre aveva appena finito di scarabocchiare un cerchio alchemico alla lavagna. “Che avete da bisbigliare?” “Niente prof. Gran bel disegno.” Rispose Lamia svogliata. “Oh! Davvero!?” la professoressa abboccò al complimento guardando di nuovo la sua opera con gli occhi di un bambino a Natale. “Idiota.” Sibilò allora la succube facendo un mezzo sorriso dimenticandosi della sorella. A ricreazione, mentre gli altri erano presi dalle chiacchiere, Lilith mollò a metà il riordinare il proprio banco per prendere per mano Lamia e portarla in corridoio. “Oi, che c’è?” si lamentò la donna mentre passarono accanto a Shura intenta a cancellare la lavagna. La professoressa lanciò loro un’occhiata fulminante mentre sparirono dietro la porta richiudendola immediatamente. “Ah! Lo sapevo che c’era qualcosa!” la sorella maggiore trotterellò dietro alla minore che si fermò poco più lontano. “Lamia sono preoccupata.” Disse infine la piccola mollando la presa. “Ma va…” Lamia incrociò le braccia appoggiando la schiena al muro. “Che ha detto Yukio quando me ne sono andata?” “Voleva sapere perché dei ferormoni per demoni erano finiti in un secchio pieno di acqua.” “E tu non gli hai detto niente di Amaimon, vero?” “No, sta calma!” la donna le fece cenno di abbassare la voce, “Mi credi forse idiota? Yukio è curioso come una scimmia, non potevo lasciare che iniziasse anche lui a indagare su cose che non gli riguardano. Così ho tagliato corto con stile.” “Oh… Ottimo.” Lilith fece un sospiro di sollievo. “L’ultima cosa che ci vuole è anche il tuo partner servente a intromettersi. È già bastato Rin.” Disse amareggiata, “Credo proprio di doverne parlare con Mephisto.” “Saggia decisione.” “Da quando in qua sei d’accordo con me?” “Di solito mai, ma vedi… È della salvaguardia del mio partner che si sta parlando. Anzi, sai che ti dico? Che anche io voglio ascoltare che ha da dire Pizzetto.” “Vuoi venire con me a parlargli?” “Ovvio. All’ora di pranzo andiamo a stanarlo.” “Pensi che se ci sei anche tu parlerà?” “Ci puoi scommettere! Dopotutto siamo le sue protet…” Shura uscendo dall’aula interruppe il discorso di Lamia che senza rendersene conto aveva cominciato a parlare ad alta voce. La professoressa le guardò sospettosa avvicinandosi a loro con i libri di testo stretti al petto, “Buon proseguimento.” Disse diffidente superandole a piccoli passi. “Mi mette i brividi.” Mormorò Lilith voltandosi lentamente guardandola andarsene via. “Ecco, lei. Soprattutto lei, non dovrà mai sapere niente di niente.” Disse poi in un sussurro. “Hai paura di quella smorfiosa?” la schernì Lamia posando le mani sui fianchi, “No ma… A quanto pare ha contatti col Vaticano.” “Sai che terrore… Oh si salvi chi può, la mantella del papa è così paurosamente fuori moda…” “Lamia, io mi riferivo al Paladin.” “Oh, andiamo… è lontano anni luce da noi!” scoppiò a ridere sonoramente riprendendo la via della classe. Al termine dell’ora successiva, le ragazze attesero che i loro compagni prendessero la via della mensa per staccarsi dal gruppo e andare a cercare Mephisto. “Noi… Andiamo un secondo in bagno.” Disse Lilith prendendo per mano Lamia non appena uscirono dall’aula. “Oh, ok…” Shiemi fu la prima a sentirla e si voltò titubante guardandole andare via. “Dove vanno quelle due?” Shima sembrò deluso tornando ad avvicinarsi, “Ma saranno anche un po’ affari loro!?” Kamiki uscì per ultima superandolo scontrosa col pranzo tra le mani. Ryuji la guardò senza espressione mentre Rin ridendo come uno scemo cercò di distrarre Shima dalle sorelle Evangeline. Le ragazze avevano raggiunto la fine del corridoio ed erano uscite in giardino. “Dove pensi possa essere Mephisto?” domandò la minore avanzando per prima guardandosi intorno con circospezione, “Di certo non nel suo studio.” Disse Lamia con gli occhi a mezz’asta, “E tu come ne sei sicura!?” Lilith si voltò sbigottita e l’altra le fece cenno di guardare davanti al suo naso. Il preside in tutto il suo splendore canino stava scorrazzando beato sul vialetto venendo loro in contro senza nemmeno essersene reso conto. “Bingo.” Disse Lilith mordendosi un labbro. Era la prima volta che lei e Lamia si trovavano a collaborare tanto bene. Sembravano vere e proprie partners in crime. “Come procediamo?” “Arraffa e scappa.” “Eh?” “Vai!” Lamia le dette una spinta e la ragazza prese a correre in automatico verso l’animaletto che vedendosela arrivare addosso di corsa non seppe che fare. Sgranò gli occhi inerme davanti all’imminente impatto. In un lampo, Mephisto venne afferrato saldamente dalle braccine di Lilith che come una furia seguita da Lamia partì a razzo verso il primo luogo appartato sulla via. “Ehrm, ra…Ragazze!” balbettò il cane sballottato in qua e in là, “Sono certo che vi era un modo più ortodosso per farlo!” disse col vento che gli lambiva il musetto delicato facendogli scoprire le gengive rosee, “Ti dobbiamo parlare, subito!” ribatté Lilith sudando freddo. “Sì pizzetto, hai capito bene! Tutte e due.” L’affiancò Lamia e l’animale sembrò sbiancare ancora più di quanto già non lo fosse. “Andiamo, perché cotanto affanno?” Mephisto ora tornato in forma umana si era appoggiato a un albero per riprendere fiato dopo la corsa. L’essere sballottato a destra e manca lo aveva affaticato comunque. “Mephisto…” ansimò Lilith reggendosi a un altro tronco faticando a parlare per il fiatone. “Che cazzo stai architettando, eh!?” Lamia passò dritta al sodo seppur faticando anche lei a respirare. “Io? Ma Lamia, non sono mica un architetto.” L’uomo si portò una mano al petto tutto innocente. “Andiamo, anche davanti a Lilith fai ste battute? Non hai paura di ledere il tuo sex appeal?” la donna alzò un sopracciglio riprendendo fiato deglutendo e la sorella la guardò stranita. “Mephisto…” ripeté dunque l’altra schiarendosi la voce, “Ieri Amaimon mi ha attaccata ma per farlo ha usato Rin. Per fortuna l’ho fermato prima che scatenasse le sue fiamme a pieno regime altrimenti…” scossò il capo, “No, non ci voglio nemmeno pensare.”. Calò un velo di silenzio, rotto soltanto dallo scrociare della fontana a una ventina di metri verso il piazzale della mensa. Si erano fermati al limite del bosco schermati dagli alberi. Gli studenti lontani erano intenti a mangiare e nessuno aveva fatto caso a loro. “Oh sì… Amaimon…” Mephisto si grattò il pizzetto chiudendo gli occhi in un brevissimo sospiro, “Per prima cosa ci tengo a dire che ecco… È sì, libero ma al contempo è assolutamente innocuo.” “Innocuo!? Il mio corpo ha rischiato di venir estinto per sempre!” Lilith sgranò gli occhi alzando un po’ troppo la voce, “Lo so, perdonami per questo… Non vorrei mai, credimi.” Mephisto si sporse in avanti facendole un rapido bacia mano schifando Lamia. “Innocuo nel senso che ha promesso di non ucciderti o farti del male lui stesso… Se poi abbia trovato modo di raggirare tali promesse a me fatte è un altro conto.” “Ed è proprio per questo che ti volevamo parlare. Mettigli una stramaledetta museruola e incatenalo a un palo.” Saltò su Lamia, “Stamane Yukio ha quasi rischiato di ficcare il naso dove non doveva. Non voglio che s’impicci con Amaimon, lo gradirei vivo e vegeto.” “Non temere, Lamia.” Il demone lasciò la mano di Lilith guardandola per nulla turbato, “Amaimon non gli torcerà neppure un capello. Né io permetterò che ce ne sia il rischio.” “Bene.”. “Tornando a me…” Lilith si mise in mezzo richiamando la loro attenzione, “Dimmi se sbaglio ma ieri notte sono giunta alla conclusione che tu stia in realtà aiutando Amaimon a farmi rivelare. Perchè vorresti farlo se così fosse?” “Lilith… Mi stupisci…” Mephisto socchiuse la bocca sembrando ferito da quelle parole, “Anche tu sospetti di me? Non bastava il Vaticano?” si asciugò una lacrimuccia immaginaria. “N..No… Io semplicemente…” “Sì bello, ripeto, che vai tramando?” s’intromise Lamia, “Assolutamente nien…” non fece nemmeno in tempo a finire la frase che un frusciare proveniente da sopra le loro teste attirò la loro attenzione. “Hey, Lilith! Dì AAAA!” Amaimon piombando giù a tutta velocità con una mela stretta negli artigli si precipitò a braccio teso verso la ragazza pietrificatasi. In una frazione di secondo le piantò il frutto del peccato in bocca conficcandoglielo tra i denti. Mephisto non mosse un muscolo guardando il fratello con gli occhi spalancati mentre invece Lamia con la medesima espressione si riempì i polmoni d’aria forse per urlare. Gli occhi di Lilith si fecero sempre più ambrati e le pupille sempre più sottili ma la ragazza sputando all’istante la mela non si mosse con la testa completamente nel pallone. “Lilith, la fontana!! CORRI!!” strillò allora Lamia con gli occhi fuori dalle orbite e a rallentatore la ragazzina si voltò verso la fontana sotto lo sguardo magnetico di Amaimon rimasto immobile a fissarla pregustando la sua trasformazione. Mephisto seguì la ragazza con gli occhi precipitarsi verso la l’acqua e con una capriola vi si lanciò dentro tra mille schizzi gelati. Lamia respirando affannosamente fissava la fonte col cuore in gola mentre gli altri due demoni, seppur con la medesima espressione sembravano in attesa di qualcosa. Chi sarebbe riemersa dall’acqua? Un’umana o una demone fatta e finita?

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Capitolo 35
*** Capitolo XXXV ***


CAP 35

Il cuore di Lamia si era come fermato mentre cercava di mantenere il sangue freddo. Succedeva di rado che si agitasse e quella era una delle poche volte in cui si stava sentendo mancare. Lilith non era ancora riemersa dall’acqua e i secondi passavano lentissimi. Mephisto ad occhi spalancati aveva lanciato un’occhiata fulminea ad Amaimon, e non sembrava affatto contento della cosa. Mentre invece il ragazzo pareva sulle spine con una faccia che lasciava trasparire tutta la sua gioia malsana. I suoi muscoli facciali erano miracolosamente riusciti a muoversi per cambiargli espressione. Alcuni studenti erano rimasti a guardare la scena, dopo aver visto il tuffo magistrale di Lilith che adesso sembrava non accennare a riemergere. Era completamente scomparsa sotto la superficie cristallina mossa soltanto da piccole ondine di riverbero degli schizzi della colonna principale della fontana. Il corpicino della ragazza era totalmente sommerso e non accennava a riapparire. Lamia si accorse del fatto che quel gesto avventato avesse attirato l’attenzione di molti, al che digrignò i denti incrociando le dita. Con la coda dell’occhio sbirciò il muso attonito di Mephisto e pensò che gli sarebbe stato bene se Lilith avesse richiamato Eva in quell’istante demolendogli la scuola. Poi però si rese conto che non sembrava affatto contento e rimase interdetta di fronte alla dimostrazione della sua apparente innocenza. D’un tratto però, l’acqua tornò a muoversi. Molto lentamente, il capo di Lilith riaffiorò dalla superficie col volto coperto dai capelli grondanti ma tutti poterono intuire che la sua espressione rasentava la furia cieca. Non vi era però ombra di corna di alcun genere. “Grazie al cielo lo shock termico ha bloccato appena in tempo la mutazione.” Lamia tirò un sospiro di sollievo ma come se lo lasciò sfuggire, l’aria parve cambiare. La pressione aumentò a dismisura mano a mano che anche il busto della ragazza tornava a galla e quando i suoi pugni stretti in una morsa fecero la loro comparsa, i presenti si sentirono come schiacciati in una pressa. “Non vorrei proprio essere nei vostri panni.” Sibilò Lamia sbirciando Amaimon e Mephisto rimasti assolutamente immobili. Dalle loro facce si capiva che avevano percepito quel repentino cambio atmosferico, “L’avete fatta proprio incazzare.” Aggiunse la donna lavandosene le mani. “Non… Non si è trasformata.” Amaimon si morse l’unghia del pollice arrivando a spezzarla per la delusione e pareva incredulo. Mephisto allora si chinò rapido raccogliendo la mela morsa facendola sparire in uno schiocco di dita come se nulla fosse successo. “Oh beh, io me ne vado.” Lamia vedendo la piega che stavano prendendo gli eventi alzò le mani facendo per girare i tacchi ma la voce di Lilith la fermò. “Lamia!” ringhiò la ragazzina mettendo un piede fuori dalla fontana con ancora i capelli incollati alla faccia. La donna si voltò sudando freddo piuttosto confusa. “Ce l’hai con me!?” spalancò la bocca congelandosi. Mephisto deglutì rumorosamente sistemandosi i guanti nervoso e lanciò un’occhiataccia ad Amaimon facendogli cenno di andare. “Fermo lì.” Lilith aveva posato entrambi i piedi a terra e con un gesto deciso si scostò l’ammasso di capelli bagnati dalla faccia respirando affannosamente. I suoi occhi erano fiammeggianti. “Non provarci mai più.” Incenerì Amaimon con lo sguardo. Le tremavano le labbra. Non si capiva però se per il freddo. La rabbia o la paura. Amaimon la guardò rimasto di stucco e Mephisto smettendo di respirare non disse beo. “Lamia!” la ragazzina tornò a rivolgersi alla sorella che rizzò le orecchie guardandola, “Andiamo.” Disse in un soffio dandole le spalle. A passo lento e moderato si allontanò dal gruppo cercando di fuggire il più lontano possibile. Lamia serrò la bocca sbattendo un paio di volte le palpebre per poi riacquisire la facoltà di pensiero. “Spero che abbiate un’ottima scusa da darle.” Guardò di sottecchi gli altri due azzardando un passo seguendo la sorella, “Soprattutto tu, pizzetto.” Voltò il capo evitando di guardarlo sbiancare.
“Che delusione… E io che speravo che l’avrei finalmente vista trasformata…” Amaimon mise piede nell’ufficio privato del preside, quello che si trovava nella sua dimora personale, subito prima del legittimo proprietario. “Tu. Siediti, immediatamente.” Mephisto ordinò al fratello di sedersi in poltrona di fronte a lui. Non aveva sfoderato né tè né biscotti e questo suggeriva si trattasse di un discorso serio. “Sì, fratellone.” Il demone obbedì senza scomporsi accucciandosi coi tacchi degli stivali piantati nell’imbottitura della seduta. “Ti avevo dato quella mela solo per mostrargliela e indurla a cedere col passare del tempo. Il tuo essere troppo precipitoso ci è quasi costato molto caro.” L’uomo gli rivolse un’occhiata nerissima e parlò con un timbro di voce alquanto greve, viste le circostanze.  “Credevo che potessi usarla da subito.” “Nient’affatto, non ti ho mai detto di farlo immediatamente.” Mephisto lo guardò mordendosi un labbro “Ma tu ovviamente non ascolti mai.” Alzò gli occhi al cielo abbandonandosi contro lo schienale del divano. “Devi cercare di domarti, e dopotutto ormai ci dovresti riuscire con giogo del battesimo allentato.” “Credi che abbia rovinato i tuoi piani?” Al che Amaimon socchiuse la bocca senza alcuna espressione in volto, “No, non direi. Per tua fortuna…” il fratello schioccando le dita fece ricomparire la mela morsa da Lilith rigirandosela rapito tra le mani, “Ma, dobbiamo andarci con calma… Senza spaventarla…” disse sogghignando osservando intensamente il frutto, “Più sarà determinata lei a farlo e più avremo possibilità di successo.” Aggiunse posandola sul tavolino di fronte a lui, “E renderla definitivamente libera.”.
“Lilith, rallenta.” Lamia l’aveva raggiunta sulla via del dormitorio seguendo la scia di gocce d’acqua che si era lasciata alle spalle. Era ancora completamente fradicia e di umore nero. “Sei proprio su tutte le furie eh? Non te l’aspettavi…” “Non ti conviene sfottere adesso.” Rispose secca Lilith alle provocazioni della donna. Lamia ammutolì limitandosi a seguirla in silenzio, seppur trattenendo a stento un ghigno trovandosela davanti in quello stato vergognoso. Sembrava un cane bagnato. “Ti sento che stai ridendo.” “Scusami è più forte di me!” scoppiò la succube tappandosi la bocca e la ragazza frenò di botto. “Ti sembra forse il momento di scherzare!?” la piccola le si avvicinò come una furia alzando il braccio piantandole due dita davanti al naso, “Ci è mancato tanto così all’ecatombe.” Disse enfatizzando la frase con un gesto concitato. “Per di più non immagini quanto mi senta umiliata in questo momento!” aggiunse ringhiando tra i denti abbassando di scatto la mano tornando sui suoi passi. Lamia senza sbilanciarsi riprese a seguirla. “Se solo potessi vederti coi miei occhi…” continuò a sghignazzare sommessamente Lamia “Posso immaginare che aspetto pessimo devo avere ed è uno dei motivi per cui mi sento così incazzata. Che affronto! Così, alle spalle. Un colpo basso! Inaccettabile!” rizzò il sedere sempre più inasprita, “E Mephisto non ha mosso un dito!” strillò facendo echeggiare la sua voce lungo il sentiero. “A proposito di lui…” Lamia non abbandono quel suo sorrisetto irritante, “Non sembrava affatto contento della cosa.” “Ah, davvero?” la ragazza la guardò di sfuggita cercando di calmare i nervi, “Eh già. Penso che non sia intervenuto perché rimasto spiazzato. Credo che nemmeno lui se l’aspettasse. Dovevi vedere che faccia ha fatto.” “Quindi…” Lilith rimuginò ora con più giudizio grattandosi distratta le labbra con una mano, “Pensi che lui non c’entri niente con tutto questo?” si fermò guardandola senza più ombra di ira funesta negli occhi, “A quanto pare…” fece spallucce Lamia affiancandola, “Meno male…” sospirò la ragazzina rincuorata. Un accenno di sorriso comparve sul suo volto rilassato, “Sapevo che di lui potevo fidarmi… Anche se ultimamente è stato parecchio ambiguo… Ma è pur sempre Samael.” Guardò in basso sospirando, “Magari adesso che ha visto fino a che punto Amaimon si è spinto si deciderà a fare qualcosa…” disse poi alzando la testa ricominciando a camminare. “Resta però un dubbio…” aprì bocca Lamia incrociando le braccia, “Come avrà fatto a capire il tuo punto debole?”. Al che Lilith si ricordò di quella chiacchierata fatta con Amaimon prima di partire per Kyoto, quando era in preda alla follia e deglutì rumorosamente. “Penso ci sia arrivato da solo…” disse a voce bassissima. Ma non sembrava del tutto convinta. “In ogni caso ora ho assoluto bisogno di un asciugamano.” Cambiò argomento cominciando a tremare nonostante il caldo. “Oh, già.” Ribattè Lamia senza battere ciglio. Mentre le sorelle avevano quasi raggiunto il loro alloggio, dalla parte opposta dell’accademia, Mephisto si era appena alzato in piedi dal divano del suo ufficio dopo una brevissima telefonata. “Amaimon, spero che ora sia tutto chiaro.” “Sì fratellone.” Rispose il ragazzo dondolando avanti e indietro, “Però posso mangiarmela io la mela, intanto?” alla domanda, Mephisto alzò gli occhi al cielo per poi annuire “Fa come ti pare. Io per il momento devo congedarmi un paio d’ore.” Gli disse poi frugandosi in tasca mentre lo guardò afferrare il frutto e azzannarlo con tutta calma. Estrasse una chiave che posò sul tavolo dove prima vi era la mela. “Ti restituisco la tua chiave dell’ubiquità. Fatti un giro nel frattempo. E sta alla larga dai pasticci per cortesia. Tieniti impegnato” “Sarà fatto.” Rispose Amaimon leccandosi la punta delle dita buttandosi alle spalle il torsolo spolpato. Mephisto trattenendo un sospiro di fronte a quell’esibizione di maleducazione, andò a indossare il suo completo per le convocazioni ufficiali e schioccando le dita scomparve dallo studio terminando la conversazione col fratello. Riapparve magicamente nei sotterranei del vaticano dove stava per cominciare una riunione molto importante. “Allora… Mi state dicendo che quella donna si è trasformata in un demone spontaneamente mangiando la principessa dell’impurità?” la voce di uno dei Grigori echeggiò nella sala del congresso. Attorno a un lungo tavolo ovale al centro di una bizzarra isola in mezzo a un abisso nero, erano accomodati i principali esponenti delle succursali e gli esorcisti di categoria più alta ammessi a discutere gli argomenti più delicati. E Mephisto era uno di loro. “Esatto.” Il Paladin Arthur Angel aprì bocca seduto accanto al suo collega Lightning, “Mi pare che abbia farfugliato qualcosa come non sono stata accettata e infine è morta.” “I rapporti ci dicono che anche durante la vicenda di Kyoto, Saburota Todo abbia mangiato un demone, non è così?” “Sì. Ed è stato spiccato un mandato di cattura a livello internazionale nei suoi confronti.” Parlò uno degli altri esorcisti del tavolo, “Chissà, forse Todo è riuscito a fondersi in armonia con questo demone… Sarei proprio curioso di sapere se ci è riuscito.” Disse Lightning sorridendo, “Ci sono dei punti in comune con entrambe le vicende e uno di questi è che tutti e due i soggetti coinvolti hanno ingerito un demone con un alto potere di rigenerazione cellulare.” Continuò a parlare senza mutare espressione, “I due casi sono collegati. Faremmo meglio a controllare tutti i demoni conosciuti della famiglia dell’impurità e quelli immortali.” Propose infine e uno sguardo inquietante s’intravvide dietro i folti capelli che gli coprivano gli occhi. Mephisto gli lanciò una rapida occhiata sembrando pensieroso. “Potrebbe manifestarsi un demon eater.” Disse un altro rompendo il silenzio, “Un demon eater… Dobbiamo prendere provvedimenti al più presto.” Parlarono i Grigori. “Bisogna battere a tappeto tutti gli ordini religiosi demoniaci, i gruppi contro gli esseri umani e le associazioni segrete, ogni organizzazione sospetta insomma.” Continuò un altro di loro, “Va tenuto sotto controllo qualunque demone risponda alle condizioni di cui ha parlato Ruin Rite, alias Lighting.”. Mephisto sembrò cominciare ad avere carenza d’ossigeno ma dissimulò con grazia. La sua faccia da poker non lo tradì. Però non poté fare a meno che alzare un dito per ottenere la parola: “Ehrm… Scusate.” Disse schiarendosi la voce, “Come dobbiamo procedere con il trattamento da riservare a Rin Okumura?” sviò il discorso su altro tempestivamente facendo calare il gelo. “Per il momento la decisione in merito è sospesa. La questione del demon eater ha la precedenza. Limitatevi a continuare a sorvegliarlo e tenerlo tranquillo.” “Nice choice, sarà fatto! ⋆” Mephisto strizzò l’occhio soddisfatto. Angel lo incenerì con lo sguardo fiutando probabilmente qualcosa di strano in quel suo repentino cambio di discorso. “Splendido. Potete andare.” Il terzo Grigorio sciolse la riunione a conti fatti e ognuno si alzò dalla propria postazione imboccando la stretta via alle spalle di quest’ultime, giusto per non cascare nel burrone. I Grigori furono i primi a congedarsi e lentamente ciascuno raggiunse la porta che conduceva ai propri domini. Mephisto con molta tranquillità si avviò verso quella per la sua accademia senza badare alle occhiate di Angel. “Pheles.” Lo chiamò quest’ultimo fermandosi accanto alla propria sedia. Il demone si voltò con garbo restando imperturbabile, “Desideri?” domandò sprezzante, “Mi è giunta voce di due tue studentesse non molto promettenti…” a quelle parole, l’uomo sgranò impercettibilmente gli occhi, “In che senso? Mi spiace contraddirti ma i miei studenti sono tutti molto dotati.” “Oh, eppure così non pare.” Sorrise beffardo Angel sotto lo sguardo di pietra di Mephisto. Persino Ruin Rite lo guardava immobile. “Un uccellino mi ha detto che sono state promosse da Page a Esquire senza un vero e proprio esame e che partecipano alle missioni dell’Accademia pur non avendo apparentemente superato il test finale. Strano, non credi? Sembrerebbe anche che non abbiano ancora sfoggiato le loro doti da esorcisti in alcun modo.” “Interessante teoria, illustre collega.” Rispose secco Mephisto, “Ho però intenzione di risponderti per punti. Punto uno, ho incaricato io stesso uno dei miei più promettenti professori affinché le valutasse privatamente avendo già effettuato la prova d’esame in forma ufficiale con gli altri cadetti. Ho fatto tale scelta per non interferire ulteriormente con l’andamento delle lezioni e dal momento che le esaminande erano soltanto due, sarebbe stato uno spreco di tempo e materiali organizzare una cosa in grande solo per loro, che tra l’altro giungendo a corso già iniziato dovevano recuperare alcune materie base.” Prese fiato osservando con soddisfazione che Angel aveva cambiato espressione, “Punto due… L’incidente accaduto nella foresta durante la prova ha tecnicamente invalidato tale impresa e onde evitare di impedire ai miei valorosi scolari di imparare sul campo di battaglia ho preferito dare a tutti indistintamente l’opportunità di fare pratica con le missioni. Le studentesse in questione si sono dimostrate degne di questa scelta, per cui non vedo il problema. In una situazione di emergenza come questa, poi, tutto l’aiuto possibile è richiesto. Non vedo come due esorcisti attivi in più possano nuocere.” Angel stava lentamente incassando lo smacco. “Terzo punto…” “Va bene, ho capito. Non serve dilungarti oltre.” Il Paladin gli fece sciò con una mano interrompendo il discorso. “Padroneggi fin troppo bene l’arte del parlare, ma non finisce qui.” Dandogli le spalle si avviò verso la sua porta. “Andiamo, Lightning.” Chiamò il compagno che facendo un sorrisone a Lord Pheles s’incamminò in silenzio. Mephisto li osservò torvo sparire nell’ombra e rimasto solo nel silenzio pressante schioccò le dita sparendo in una nuvola di fumo.
“Fammi indovinare, sei tu quella che si è lanciata dentro alla fontana questo pomeriggio.” Yukio si trovò per caso a passare davanti alla porta del bagno al piano di sopra trovandola spalancata. Di fronte a lui, Lilith aveva posato i vestiti fradici nel lavandino e stava tentando di districarsi i capelli annodati, da ore. Quasi completamente asciutti erano diventati un groviglio indistricabile. “Yukio!” si voltò di scatto mollando la spazzola che cadde a terra. Anche Lamia alzò il naso intenta ad asciugarle le scarpe con un phon che aveva rubato dalla camera dei ragazzi. “E quello è il mio phon.” “Tranquillo, non te lo consumo.” La donna lo spense un istante per rispondergli. “Che ci fai tu qui?” Lilith si coprì reggiseno e mutandine con le braccia in imbarazzo, “Stavo venendo a chiamarvi per la cena e passando di qua ho semplicemente trovato la porta aperta. Sai, non siete le sole inquiline di questo posto, ma ormai dovreste saperlo.” “Non mi guardare!” “Oh… Scusa.” Il ragazzo accorgendosi in che condizioni l’aveva affettivamente sorpresa si voltò grattandosi una guancia lievemente arrossito. Lamia lo guardò con gli occhi a mezz’asta riaccendendo il phon. “Bene, allora vi lascio alle vostre cose.” Disse poi schiarendosi la voce cercando di coprire il rumore dell’asciuga capelli, “Aspetta!” balbettò Lilith afferrando un asciugamano legandoselo addosso, “Hai detto cena?” fece un passo verso di lui camminando a piedi scalzi sulle mattonelle sbeccate del bagno, “Sì… Rin si è messo in testa di voler cucinare anche per voi stasera.” Yukio fermò il passo senza però voltarsi. “Non fateci l’abitudine.” Guardò di sfuggita Lamia per poi incamminarsi nuovamente. “Bah.” Sbuffò la donna girando una scarpa per asciugarla dall’altro lato.
“Dai, dimmi! Com’è stato?” Rin si sedette di fronte a Lilith non appena le ebbe servito la cena. Tutti e quattro si erano radunati alla mensa del dormitorio come una specie di famigliola felice. Rin aveva tutto l’aspetto della massaia, con ancora addosso il grembiule da cucina. “Com’è stato, cosa?” domandò la ragazza guardando altrove prendendo la prima ciotola che componeva la sua cena. A Lamia era stato semplicemente servito un bicchiere d’acqua e la succube non poteva che esserne più felice. “Tuffarsi dentro alla fontana!” Rin la guardò sorridendo tutto eccitato e lei non poté che mezza strangolarsi col primo boccone. Voleva dimenticarsi di quel triste episodio. “Oh, attenta!” il ragazzo si sporse rapido verso di lei battendole una spalla con una mano. Yukio accanto a Lilith la guardò alzando un sopracciglio senza muovere un dito. Lamia d’altra parte sorseggiava dal suo bicchiere fissandolo. Stava cercando di agganciare il suo sguardo per comunicargli che più tardi avrebbe gradito mangiare qualcosa anche lei ma lui non cadde in tentazione evitando i suoi occhi magnetici. “Ecco…” Lilith riuscì a mandare giù il cibo aiutandosi con un sorso d’acqua, “Folle, diciamo.” “La domanda non è com’è stato, ma perché…?” Yukio aprì bocca vagamente sconcertato, “Avevo caldo.” S’inventò prontamente la ragazza guardando Lamia. “Capisco…” Yukio chiuse gli occhi prendendo un grosso sorso della sua zuppa appannandosi gli occhiali. Sospirando posò la ciotola togliendoseli un attimo per pulirli con la maglietta. “Piuttosto… Grazie per la cena, Rin.” Lilith cambiò argomento sforzandosi di sorridere. “Non c’è di che! Anzi… È un piacere avervi come ospiti… Insomma, più si è meglio è!” ridacchiò grattandosi la testa, “Poi così posso farvi… Beh, farti assaggiare un sacco di piatti di Assiah che non hai mai provato.”. A Lilith s’illuminarono gli occhi. “Davvero?” “Stipendio permettendo…” S’intromise Yukio guardando male il fratello. “Ops… Sì, certo…” si ricompose Rin tornando a mangiare. “Non avrei mai pensato che un giorno mi sarei trovata a un tavolo di esseri umani… Più o meno… A mangiare.” Disse dal nulla Lamia studiando il bicchiere vuoto tra le sue mani. Lo alzò alla luce della lampada alogena facendolo scintillare e lo guardò sognante con una guancia appoggiata al palmo della mano. Attirando l’attenzione dei presenti riuscì finalmente ad agganciare lo sguardo di Yukio che non proferì parola in merito. “Che dici, Yukio… Dopo mi faresti il favore di concedermi un pasto?” “Vedremo.” Rispose lui prendendo l’ennesimo boccone. La donna allora posò il bicchiere guardando intensamente il ragazzo che aveva nuovamente abbassato lo sguardo sulla sua cena. “Andiamo Yukio, non si dice mai di no a una signora!” disse Rin ridacchiando ormai alla fine del suo pasto, il fratello lo incenerì con lo sguardo facendolo sudare freddo. “Come non detto, sono affari tuoi.” Continuando a ridere posò le bacchette stiracchiandosi. Lilith che aveva osservato la scena in silenzio non proferì parola limitandosi a masticare in silenzio.
“Bentornato signore.” Il maggiordomo di Mephisto lo accolse alla porta della sua dimora prendendogli il cappotto, “Riferisci quanto detto alla riunione a tutti i reparti.” Gli disse avanzando verso le profondità della villa, “Subito signore.” L’uomo baffuto accennò a una reverenza obbedendo. Mephisto giunse al suo studio privato e non vi trovò ombra di Amaimon. La chiave sul tavolino era sparita. Abbandonandosi sulla sedia alla scrivania si lasciò sfuggire un lungo sospiro chiudendo un istante gli occhi. Fuori dall’enorme finestra alle sue spalle, il sole stava tramontando. Davanti a lui un monitor di computer lo guardava immerso nella luce del crepuscolo. “Assiah parrebbe essere in costante pericolo… In fondo da sempre ma adesso più che mai.” Posò un gomito sul bracciolo della poltrona voltato verso la finestra intento ad ammirare il paesaggio, “Quelle due non potevano scegliere un momento peggiore per tornare… O migliore. Dipende un po’ dai punti di vista. Dato che con molta probabilità sono loro l’origine di tutto quanto.” Assottigliò lo sguardo pensieroso. “Sarà meglio pensare alla prossima mossa.”.

 

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Capitolo 36
*** Capitolo XXXVI ***


CAP 36

“Mh… Angelic Legion…” Yukio lesse distrattamente ad alta voce la lettera che si era ritrovato per le mani. Si trattava di una comunicazione emanata dall’ufficio presidenziale e l’aveva aperta in classe poco prima di iniziare la lezione. “Salve.” Kamiki fu la prima ad arrivare in aula e salutandolo con garbo si era andata ad accomodare al suo posto a testa bassa. “Oh, buon giorno Kamiki.” Yukio mise da parte il foglio tornando a infilarlo nella sua busta, poi voltandosi guardò l’orologio da parete sopra la sua testa. La ragazza era lievemente in anticipo così si tranquillizzò all’idea di avere ancora un po’ di tempo per organizzarsi. Nascondendo la lettera sotto la pila di libri rimandò a più tardi la questione afferrando poi la sua agenda nera per fare il punto della situazione. “Mi scusi, professore.” Izumo alzò la mano nel silenzio, pur essendo sola a faccia a faccia col ragazzo non aveva abbandonato il buon costume. “Sì? Dimmi.” Yukio le dette un istante le spalle per scrivere la data alla lavagna. “Avrei una domanda da farle…” Yukio posò il gesso percependo una punta di gelo nel suo tono di voce. Sistemandosi gli occhiali si voltò in silenzio guardando la sua espressione di marmo. “Riguarda farmacologia anti demone o altro? Se è una domanda di tipo personale gradirei attendessi il termine delle lezioni.” Il ragazzo non si sbilanciò sistemandosi con un rapido gesto il nodo al cravattino, Kamiki deglutì senza abbassare lo sguardo. “Sono arrivata un po’ in anticipo proprio per non interferire con l’orario di studio. Dato che siamo soltanto io e lei non credo ci siano problemi…” “Ripeto, ti chiedo la cortesia di attendere. Ora la priorità va al corso. Se sei arrivata in anticipo approfitta per ripassare il capitolo della volta scorsa. Farò qualche domanda.” A quelle parole, la ragazza sussultò tirando fuori all’istante il suo sussidiario. Yukio sentendosi improvvisamente sul ciglio di un rasoio le dette le spalle scrivendo rapido i punti principali della lezione del mattino cercando di scacciare l’ansia e la curiosità di sapere che cosa dovesse chiedergli di così personale. “Professore. Chi sono in realtà Lilith e Lamia?” la voce di Izumo ruppe il silenzio e subito dopo la campanella riecheggiò nella stanza. A Yukio cadde di mano il gessetto che rotolando sulle travi del pavimento lasciò una lunga scia di polvere bianca. Kamiki non aveva aspettato. Il ragazzo evitando di guardare la studentessa, si chinò per raccoglierlo poi alzandosi le rivolse finalmente lo sguardo sfoggiando un sorriso pacato con l’espressione più serena che potesse fare. “Non le conosco molto bene, ma parrebbero essere due comuni liceali, proprio come te.” Mentì spudoratamente ad Izumo, rimasta spiazzata da quella sua faccia da schiaffi. “Che poi s’impegnino poco nello studio, è un'altra storia.” Aggiunse il ragazzo posando il gesso sulla cattedra. “Oi, ci sono! E nemmeno troppo in ritardo!” Rin entrò in classe di corsa interrompendo la conversazione. Kamiki serrò la bocca abbassando di nuovo lo sguardo sul suo libro. “Buongiorno Kamiki!” la salutò lui seguito da Shima, Bon e Koneko. Lei però non rispose. Ma quando dopo di loro arrivarono anche le sorelle Evangeline, alzò la testa osservandole andare al posto. Yukio aveva ancora incollato alla faccia quel sorriso accomodante che un po’ aveva destato l’attenzione di Lamia. Percepiva una strana tensione. Ma non dandoci troppo peso, distolse lo sguardo seguendo Lilith. La ragazzina posò la cartella sul banco sospirando. “Eccomi eccomi!” Shiemi fu l’ultima a varcare la soglia, dopo Tanaka il marionettista detto il muto e ora che erano tutti presenti, Yukio incominciò la lezione col classico appello. “Che meraviglia, nessuno assente.” Disse poi il professore dando loro le spalle. “Aprite il manuale a pagina 64, oggi ripassiamo le echinacee.” Disse, ma Il suo tono risultò un po’ forzato. “Chi mi sa elencare tutti i tipi utilizzabili in medicina e quali demoni combattono?”. Tutto tacque. Yukio allora perdendo il sorrisetto cercò con lo sguardo chi potesse sapere la risposta. Incrociò gli occhi con Lamia che lo guardava con un sopracciglio alzato, Lilith era distratta dal cellulare mentre i ragazzi guardavano altrove, intenti a contemplare l’aria. L’unica a guardarlo fisso, era proprio Kamiki, che non aveva reagito bene alla risposta che aveva ottenuto. Lui sapeva bene che secchiona com’era sapeva la risposta ma stava tacendo solo per fargli dispetto. “Nessuno? Devo chiamare io qualcuno?” disse dunque il professore lievemente esasperato dalla loro ignoranza. “I…Io!” Shiemi alzò timidamente la mano sorridendo imbarazzata. Yukio tirò un sospiro di sollievo, vedendo risollevarsi la situazione. Al termine dell’ora, trascorsa in un silenzio quasi anomalo per via della totale assenza d’interventi da parte della sopraccigliona, i ragazzi lentamente raccolsero i loro stracci per cambiare aula. “Gente, qualcuno ha 500¥ da prestarmi? Muoio di fame…” “Shima sono solo le dieci…” “Lo so ma…” il brontolo dello stomaco del ragazzo zittì Koenko. “Ecco, visto?” Renzou chiuse gli occhi sconsolato, “Ahhh Tieni. Ma hai almeno fatto colazione?” Gli chiese scocciato Ryuji mollandogli in mano quanto richiesto. Lilith chiuse la cartella guardandoli chiacchierare da lontano e con uno strattone se la mise in spalla. “Lamia… A proposito, ieri sera hai poi mangiato?” “Sì, non ti preoccupare.” Sbuffò la donna strisciando la sedia sotto al banco. “Benone.” Sorrise Lilith senza rendersi conto che Izumo stava origliando tutto come se avesse parabole al posto delle orecchie. “Yo Izumo! Vieni con noi a prendere qualcosa alle macchinette?” la voce di Shima la distrasse dall’obiettivo facendola balzare. “Come devo dirtelo che non voglio interagire con te!?” sbottò alzandosi di scatto per poi uscire in tutta fretta raccogliendo le sue cose. “Shima… Sei proprio un masochista…” osservò Koneko sospirando, Ryuji invece guardava la porta un po’ seccato. “Che le è preso?” le due succubi avevano guardato la compagna strillare e fuggire senza apparente motivo interrompendo un istante i loro discorsi. Yukio si era voltato anche lui restando però impassibile. “Lilith, Lamia! Andiamo?” Rin era rimasto sulla soglia ad aspettarle, così le ragazze si spicciarono ad andargli in contro. “Aspettate.” Yukio approfittando del fatto che fossero rimasti solo loro quattro, estrasse di nuovo il comunicato del preside esponendolo ai ragazzi. “Oggi mi è arrivato questo.” Disse torvo aprendo la busta. “Pare che dopo la vicenda del Re dell’impurità, anche la principessa dell’impurità si sia risvegliata per mano di una donna che ne ha ingerito il cuore.” Le ragazze si lanciarono una rapida occhiata facendosi serie, mentre Rin squadrò il fratello muto come un pesce, “Hanno emanato l’ordine di piantonare ogni organizzazione religiosa e simili in cerca di possibili demon eater, mentre il Paladin ha pensato bene di indire uno scouting per formare la cosiddetta Angelic Legion per la ricerca sul campo.” “Che significa? Non siamo al sicuro?” Lilith sembrò sbiancare, “Non so dirti se l’accademia sarà presa di mira da questa Angelic Legion, ma per l’incolumità di tutti noi…” guardò uno ad uno negli occhi, “Dobbiamo stare molto attenti a come ci comportiamo. Non vorrei mai che qualcuno facesse la spia.” Fece una pausa per riprendere fiato. Rin annuì rapido restando in silenzio. “Ti preoccupi per noi o per te stesso?” lo stuzzicò Lamia sogghignando maligna. Il ragazzo la guardò serrando la bocca per poi cambiare argomento, “Stamattina Izumo Kamiki mi ha fatto una domanda parecchio scomoda.” “Che voleva la racchia?” la succube incrociò le braccia, “Mi ha chiesto chi foste in realtà tu e lei.”. Lilith per poco non si sentì mancare. “Oi, occhio!” Rin la sorresse scossandola per le spalle. “Maledizione…” sussurrò la piccola, “State calme, credo di aver sistemato la cosa ma dobbiamo avere ancora più prudenza. Cercate di non parlare di cose private al di fuori del nostro dormitorio, persino ora farei meglio a stare in silenzio.” “Ok… Va bene.” Rispose allora Lilith massaggiandosi le tempie. La ragazza guardò Lamia con la coda dell’occhio ma la donna pareva tranquilla. Dal momento che le cose stavano prendendo davvero una brutta piega si chiese come facesse ad essere così serena. “Andiamo, io non mi preoccuperei di una ragazzina.” La donna schiaffeggiò l’aria con una mano facendo spallucce, “E poi a mio parere dubito che mandino controlli in un’accademia di esorcisti ergo direi che non ci dobbiamo preoccupare… Dopotutto…” si avviò verso la porta, “Qui non c’è nessun demone, oltre a Rin.” Sogghignò recitando la sua parte. “Ma quindi il succo della questione sarebbe..?” proprio Rin guardò prima lei poi Lilith e infine Yukio grattandosi una guancia, “L’impurità ha cominciato a risvegliarsi senza apparente motivo e il Paladin in persona vuole indagare sulla faccenda.” A quelle parole, la minore delle Evangeline indietreggiò verso la maggiore fissando il pavimento. “Astaroth…” mormorò e Lamia fu l’unica a sentirla. “State in guardia.” Fu l’ultima cosa che disse loro Yukio prima di lasciarle andare alla lezione successiva. Il ragazzo guardò il trio lasciare l’aula e dando le spalle alla porta sospirò cominciando a radunare i suoi libri. Si fermò un istante soltanto per massaggiarsi il collo allentando un po’ in nodo della cravatta. La sera prima aveva ceduto al morso di Lamia e ripensando a quella domanda che gli aveva rivolto poco prima solo per infastidirlo, si sentì bruciare. Gli riaffiorò alla mente la litigata in albergo e strinse le labbra di fronte a quella sua incapacità di non pensare effettivamente soltanto a sé. La sua ramanzina era davvero dettata da egoismo, ma era troppo orgoglioso per ammetterlo con se stesso.
“Certo che Yuki mette ansia.” Rin camminava al fianco delle sorelle con le braccia dietro la testa, “No… Ha ragione.” Rispose Lilith facendo una smorfia. “Bah, per me esagera.” Disse Lamia ancheggiando. Arrivarono per ultimi in classe, dove Shura aveva già iniziato a fare l’appello. “Oh, ma chi si vede!” disse sorniona guardandoli entrare comodamente seduta a gambe incrociate sulla cattedra. Teneva il registro in mano con la bocca a cuore. I ragazzi ammutolirono andando al proprio posto. Rin fu l’unico a mostrare un briciolo di cordialità salutando l’insegnante con un gesto. “Eh eh eh, scusa il ritardo.” Ridacchiò un po’ sulle spine. “Come se fosse una novità.” Rispose la donna segnandoli presenti con nonchalance. “Benone, qualcuno si ricorda dov’eravamo rimasti la volta scorsa?” la domanda aleggiò nell’aria, “No, seriamente… Aiutatemi.” Prese una risma di fogli alla rinfusa spulciandola con la bocca contorta in una smorfia. Fare l’insegnante non era proprio il suo forte. Lamia si lasciò sfuggire una risatina sommessa guardandola armeggiare con quelle carte. “Non vedo proprio di che vi preoccupiate tutti quanti.” Mormorò alla sorella scossando il capo di fronte a quella totale mancanza di serietà. “Oh, ecco ecco…” Shura finalmente saltò giù dalla cattedra con un foglio in mano, “Oggi studieremo questo…” disegnò un rettangolo lungo e stretto scrivendoci dentro alcuni caratteri in sanscrito, “Si tratta di un sigillo utilizzato negli esorcismi di piccoli luoghi, come potrebbe ad esempio essere quest’aula.” Si voltò studiando la classe, “Basta disegnarlo o applicarlo in una stanza dotata di porta che renderà a ogni demone impossibile la fuga.” Pronunciò quella frase con una punta di malignità, fissando Lilith e Lamia in ultima fila. “Perché guarda noi?” La più piccola serrò la bocca spalancando gli occhi per poi nascondere la faccia dietro al quaderno onde evitare che la professoressa potesse accorgersene. “Mi scusi.” Izumo alzò con sorpresa la mano, “Sì?” rispose la donna posando il gesso, “Il sigillo ha validità anche se disegnato sulla lavagna?” “Ovviamente, anche se in realtà essendo gesso è incredibilmente facile da sciogliere e in battaglia è poco raccomandabile.” Ridacchiò lei riprendendo poi in mano il foglio da cui l’aveva copiato. “Stampato avrebbe più effetto.” Aggiunse distratta leggendo la descrizione dalla fotocopia. “Lamia, ho paura…” bisbigliò Lilith con la bocca nascosta dalle pagine del libro. L’altra la guardò alzando le sopracciglia mordendosi un labbro. “Bene…” Shura si lanciò alle spalle il foglio che volteggiò andando a incastrarsi sotto i piedi della stessa Izumo in prima fila. “Ci sono altre domande?” “Funziona con tutti i demoni?” alzò la mano Suguro pronto a prendere appunti. Accanto a lui, Shima stava ancora cercando di ricopiare il sanscrito. “Ottima domanda!” La professoressa batté le mani entusiasta, “Certo che sì!” “Fermi tutti, non è che allora sono in pericolo di morte!?” sbottò Rin alzandosi in piedi strisciando la sedia. “Sta calmo e torna seduto, bimbo.” Shura gli fece cenno di tranquillizzarsi, “Funziona solo sui demoni purosangue, i mezzi demoni non dovrebbero risentirne. In più fa soltanto in modo che non siano in grado di fuggire.” Tornò a guardare le sorelle Evangeline, rimaste incredibilmente statuarie onde evitare di insospettirla. “Quindi non è di natura offensiva.” Alzò la mano Koneko puntualizzando la situazione. “Esattamente.” Shura annuì chinando il capo. “Ora andiamo avanti.” Tornò a sedersi a gambe incrociate sulla cattedra prendendo un altro foglio. Alle sue spalle, il sigillo spiccava bianco su nero sulla lavagna e Lilith non poteva fare a meno di fissarlo. Shura non sembrava avere alcuna intenzione di cancellarlo. “Aprite i quaderni e scrivete quanto vi sto per dettare. Prestate attenzione perché è una formula complessa.” “Prof, non farebbe prima a cancellare la lavagna e scriverla?” chiese Shima alzando la penna, ancora a metà della ricopiatura del disegno, “Nah, aprite bene le orecchie.” Lo scialacquò lei schiarendosi la voce. Lamia lanciò una rapida occhiata a Lilith che era rimasta completamente immobile col cellulare tra le cosce. Stava probabilmente cercando di distrarsi. Al che le venne in mente che Mephisto sembrava non essersi più fatto sentire dopo il giorno prima. O magari stavano messaggiando proprio in quel momento, chi poteva saperlo? In fin dei conti, a Lamia non interessava. Quando Shura ebbe finito di dettare la formula, sogghignò posando il foglio sul tavolo. “E con questo, il sigillo è ufficialmente attivo.” Ridacchiò guardando i suoi studenti con la faccia da pesce lesso. Lilith sussultò impercettibilmente ma Kamiki evidentemente avendola sentita, si voltò di soppiatto guardando le sorelle per un brevissimo istante. “Dunque, ora invece pensiamo a che compiti darvi per la prossima volta…” arricciando le labbra, Shura procedette con lo sfogliare il manuale ufficiale in dotazione e a sparare numeri di pagine puramente a caso solo perché magari li trovava orecchiabili. Mentre stava per finire la sua bizzarra tombola, la campanella tuonò sopra le loro teste interrompendola. “Quante pagine!” strabuzzò gli occhi Shima guardando la sfilza di numeri che aveva scritto. “Come se tu le studiassi…” Koneko lo guardò alzando un sopracciglio. “Ah… Coraggio andiamo. Abbiamo ginnastica.” Ryuji si alzò dal banco flemmatico. Kamiki era già in piedi intenta a rimettere le proprie cose nella borsa mentre Shiemi stava cercando di recuperare la gomma caduta a terra. Rin si voltò verso Lilith e Lamia, che erano rimaste sedute a fissare Shura sgomberare a sua volta. La lavagna era ancora immutata. Il ragazzo, seguendo la scia del loro sguardo si rese conto del problema. Il sigillo era ancora lì a guardarle ed era attivo. Non sarebbero riuscite a lasciare l’aula. Lilith si alzò lentamente deglutendo e finse di fare ordine per temporeggiare. Lamia invece aveva già imbracciato la sua cartella, guardando Rin. Intanto, i loro compagni stavano uscendo uno alla volta dall’aula. L’ansia di Lilith crebbe a dismisura. In classe erano rimasti solo lei, la sorella, Rin, Shura e Kamiki, ancora al banco. La ragazza si alzò con calma e guardandole con la coda dell’occhio si avvicinò a Shura per restituirle il foglio che era caduto ai suoi piedi. Al che, le sorelle Evangeline, si avvicinarono a Rin che le aspettava in silenzio sulla soglia, guardando preoccupato come loro il disegno alle spalle di Shura. Sapeva di dover fare qualcosa ma non sapeva cosa ed era troppo poco intelligente per pensare a un piano sul momento. La testa la sapeva usare solo per dare le botte. Approfittando della distrazione di Shura, intenta a radunare le sue fotocopie, Lilith camminò tra i banchi seguita dalla sorella senza staccare gli occhi da Rin. Ma più si avvicinava alla porta e più si sentiva respingere. Un po’ in agitazione allora, controllò che lei non le stesse guardando. “Professoressa, prima le è caduto questo.” Izumo allungò il foglio alla donna che alzando gli occhi lo prese distratta, “Grazie cara.” Disse mandandole un bacetto. La ragazza sbirciando in direzione delle succubi, fece un sorrisetto e senza farsi notare, si appoggiò con una spalla alla lavagna rovinando il sigillo. “Allora, arrivederci.” Disse accennando a un inchino. “Oh sì, ciao.” Rispose Shura ficcando i fogli in un cassetto. Quando Kamiki scese dall’alzata su sui era posta la cattedra e uscì dalla porta, Shura alzò finalmente la testa convinta di trovare la risposta ai suoi sospetti. E invece non vide nessuno. Tutti gli studenti erano riusciti ad uscire e questo la fece restare di stucco. Evidentemente non c’erano demoni tra di loro. Si era sbagliata. Facendo spallucce, scossò il capo prendendo in braccio i libri e uscendo dalla classe non notò che il disegno era stato deturpato.
“Ve lo dico io, miss sopracciglia lo sa.” Lamia, seduta a gambe incrociate appoggiata all’albero sotto cui stavano pranzando Lilith e Rin, li guardò entrambi con aria di sufficienza. “Impossibile!” sbottò Lilith sputacchiando riso da tutte le parti, “Ops, scusate.” Si pulì rapida la bocca. Rin strabuzzò gli occhi mollando le bacchette. “E come avrebbe fatto a capirlo?” “Non lo so… Magari mia sorella le ha dato modo di sospettare qualcosa.” Lamia incenerì Lilith che sbiancò. “Non staremo mica parlando di quella volta che ho provato a farci amicizia!” “E di quale volta se no!?” le rispose la succube sbuffando. “Ragazze state calme…” il ragazzo cercò di intervenire facendole abbassare il tono di voce. “Rin, dimmi che hai notato anche tu che per tutte le due ore di ginnastica non ha fatto altro che fissarci.” La donna lo guardò facendo una smorfia, “Ecco… Veramente non saprei…” ridacchiò lui scrocchiandosi le dita delle mani. “Evidentemente eri troppo preso dalle tette ballonzolanti di Shiemi per notarlo.” Lamia si batté il palmo della mano sulla fronte, “Oi! Mi hai forse preso per Shima!?” strillò Rin col volto rosso fiammeggiante. I suoi schiamazzi attirarono l’attenzione di Izumo e Paku che stavano passando sulla stradina a una decina di metri da loro. Lilith incrociò gli occhi della compagna pietrificandosi, ma questa tornò a voltarsi badando ai fatti suoi senza smettere di camminare. “Io… Credo che se anche dovesse saperlo… Non ha dimostrato di volerci far uscire allo scoperto.” La ragazza tornò in sé sbattendo le palpebre, “Anzi, ci ha fatto un favore con Shura.” Guardò la sorella senza alcuna espressione. Lamia ammutolì riducendo la bocca a un puntino. “In effetti…” Rin guardò entrambe riprendendo a mangiare. “Sarà…” sbuffò Lamia scostandosi una ciocca di capelli dalle spalle, “Tu, piuttosto...” alzò gli occhi su Rin intento a masticare, “Perché ci stai sempre attaccato? Faresti meglio ad andare a pranzo con gli altri ragazzi.” Disse senza spirito. “Oh… Per proteggervi ovviamente…” deglutì il ragazzo riempendosi i polmoni d’aria. “Rin, ti ringraziamo ma non serve…” Lilith guardò altrove scrutando l’orizzonte, “È meglio che continuiamo a comportarci come abbiamo sempre fatto. Per non insospettire nessuno.” “Afferrato!” rispose lesto Rin annuendo. “Però a me piacete molto!” sorrise a trentadue denti guardandole solare, “Non ci vedo niente di strano a stare un po’ assieme!” rise lasciandosi baciare il volto dal caldo sole estivo. Mentre tutti erano occupati ad accaparrarsi un pasto, Yukio aveva appena concluso una telefonata e stava avanzando lungo il sentiero che costeggiava l’accademia con dei libri in braccio. “Yukio!” “Oh, Shura…” la donna gli andò in contro fischiettando beata, “Stai per unirti all’Angelic Legion?” il ragazzo non perse tempo indagando sulle intenzioni della collega, “Non dire quel nome… È mortalmente imbarazzante, non trovi?” gli rispose lei facendo una faccia grigia arrestando il passo, “Pare che in un laboratorio abbandonato si siano radunati un’infinità di demoni…” continuò a parlare distogliendo lo sguardo, “Non sappiamo ancora se tutto questo ha a che fare col Demon Eater o altro, chissà. Comunque sì… Sto andando lì.” Fece spallucce. “Anche tu comunque sembri molto impegnato.” “Già…” Yukio si sistemò gli occhiali. “Negli ultimi giorni sono arrivate molte segnalazioni all’ordine dei cavalieri.” Disse sudando freddo, poi pensò alle succubi che stava nascondendo ingoiando il rospo. Era al cospetto di una delle potenziali spie del Vaticano e doveva avere cautela, anche se si trattava di una persona che conosceva da una vita. E forse proprio per quello doveva andarci delicatissimo. “Ho un brutto presentimento, stai attento.” Lo congedò Shura facendogli accapponare la pelle. “Anche tu.” Fu tutto quello che riuscì a dirle. “Ah.” La donna si bloccò di scatto, “Ho sentito che hai saltato l’esame medico periodico!” si voltò aggrottando le sopracciglia e il ragazzo si sentì mancare. Dissimulò l’ansia sfoggiando il suo solito sorriso pacato. “Ho avuto da fare.” Tagliò corto con tutta la beatitudine che aveva in corpo. “Beh, vedi di andarci! Quelli sono degli scassa palle!” disse allora la collega riprendendo a camminare allontanandosi fischiettando. “Sì!” gridò Yukio fingendosi allegro. Poi tornando sui suoi passi riaprì gli occhi con uno sguardo di ghiaccio. Si sfiorò i buchi lasciatigli da Lamia sul collo con due dita e li nascose immediatamente dietro al colletto della camicia. Shura intanto aveva estratto una chiave dalla tasca andando ad aprirvi la prima porta utile. Angel l’aveva convocata per partecipare alla prima missione della sua legione ed era costretta ad andare. Girandola nella serratura, attraversando il varco giunse sul luogo dell’appuntamento situato ai confini con la Russia. “Capitano Kirigakure, sempre all’ultimo secondo.” “Angel…” la donna si fece fredda e distaccata al cospetto dell’uomo. “Buon pomeriggio, signori.” Salutò gli altri esorcisti con nonchalance salendo su uno dei mezzi attrezzati. “Quanto ci vorrà a raggiungere il laboratorio?” chiese a Lightning, sedutosi per caso accanto a lei, “Non lo so proprio!” rise quest’ultimo tutto contento e la donna distolse lo sguardo sbuffando. Raggiunsero un luogo imprecisato nel bel mezzo della tundra nel giro di un’ora. “Ma che… diavolo!?” Angel spalancò la bocca scendendo dal furgone. Davanti all’entrata del laboratorio pullulavano i Coal tar, in grossi ammassi che si perdevano nel cielo. “Entriamo, presto.” Il Paladin non perse tempo guidando il gruppo attonito all’interno del luogo abbandonato. Shura sfoderò la Katana attaccando il primo branco di demoni che venne loro in contro. Erano più grossi e molesti dei Coal tar. “Non finiscono più!” si lamentò uno degli esorcisti dopo averne abbattuto una decina, “Perché ci sono tutti questi schifosissimi demoni!?” Angel ne schiacciò uno con la sua Calibur piagnucolando come una donnetta. Nel frattempo, gli Aria alle sue spalle recitavano versetti fatali. “Oh… Che meraviglia… Questo un tempo doveva essere un laboratorio per gli esperimenti sui demoni provvisto di un acceleratore.” Disse l’uomo estasiato osservando i macchinari, “Lightning, vieni a combattere piuttosto!” lo richiamò il leader tagliando a metà l’ennesima creatura mostruosa. Ma l’uomo non si mosse continuando a studiare l’ambiente. “Oi!” la voce di Shura provenne da sopra la sua testa da un pontile di rete metallica, “Quassù c’è una roba che non mi piace proprio per niente.” Disse indicando col pollice un qualcosa alle sue spalle. I suoi colleghi allora lasciarono perdere le creature cambiando velocemente luogo seminandole al pian terreno. Giunsero col Paladin in prima fila accanto alla donna sul ponte. Davanti a loro si stagliavano come due grossi reattori, posti l’uno di fronte all’altro con al centro un ammasso scuro in continua evoluzione. “Ugh… Ma questo…” Angel si tappò il naso disgustato strabuzzando gli occhi. “Che figata! Ora sì che mi diverto!” Ruin Rite saltò sul posto sporgendosi oltre il parapetto per indicare quella cosa inquietante. “Lightning, spiegati!” gli ordinò allora il collega stappandosi il naso per gridare, “Questo secondo me…” l’altro non smise di sorridere cominciando un po’ a raccapricciare Shura che lo guardava darle le spalle esaltato, “È il Gehenna Gate, la porta per l’inferno.”. “Che cosa!? Solo Satana dovrebbe essere in grado di aprirne uno!” tuonò Angel incredulo, “Significa forse che qui, in questo luogo ha fatto la sua apparizione!?” “No no…” Lightning scossò il capo senza distogliere gli occhi da quel portale demoniaco, “Questo è… Artificiale.”. “È assurdo!” Saltò su Shura, “Poi non vi sembra che si stia ingrandendo!?” “Anche i demoni sono sempre più numerosi!” uno dei suoi colleghi guardò il piano di sotto gremito di esseri orrendi, “Angel, non è pericoloso stare qui?” chiese dunque la donna in allarme, “Non posiamo chiudere questa porta?” “Noi di sicuro no. Facciamo prima a chiedere a uno specialista.” Le rispose Ruin. Angel a quella parola sussultò, “Mephisto!?” sibilò digrignando i denti, “So che sei riluttante a chiedere favori a lui… Ma noi da soli…” “Lo so!” strillò interrompendo il compagno, “Angelic Legion, ritirata!” annunciò poi a gran voce. Gli esorcisti si sbrigarono a raggiungere l’uscita correndo in formazione, “Sapevo di dover ascoltare il mio sesto senso…” disse Shura col fiatone stando dietro al Paladin, “Sono rimasto davvero a bocca aperta!” Lightning le saltellava accanto sempre sorridente, “Non avrei mai pensato che con le attuali conoscenze scientifiche fosse possibile costruirne uno artificiale!” disse senza perdere il passo, “Sarebbe molto interessante scoprire chi l’ha voluto creare…” prese fiato, “E perché.”.

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Capitolo 37
*** Capitolo XXXVII ***


CAP 37

 
“Lamia… Come va con Yukio?” Lilith strizzò lo straccio nel secchio per le pulizie. Alla fine delle lezioni, era arrivato il loro turno di sistemare una delle aule del corso speciale come ormai consuetudine. La donna non rispose avvicinandosi alla lavagna. “Ah… Mai stata più felice di lavare qualcosa.” Disse dando il colpo di grazia al sigillo di Shura, rimasto ancora in parte leggibile. “Lamia, ti ho fatto una domanda.” Lilith mollò lo straccio sedendosi sulla cattedra, “E Yukio ci ha detto che se non finivamo entro un’ora ci avrebbe fatto sistemare anche le altre aule.” “Da quando in qua segui gli ordini?” ma non ottenne risposta. “Tu piuttosto, hai sentito Mephisto?”, Lilith si rabbuiò abbassando la testa torva in volto stando zitta, “Ecco, non fare domande allora.” Sbuffò la sorella sistemando i gessetti al loro posto. “Non si è ancora fatto vivo.” La ragazza scese dalla cattedra con un saltello andando a sbirciare il suo cellulare. Non trovando nessun messaggio, sospirò sommessamente infilandolo di nuovo nella cartella. “Oh, non farci troppo caso. Sarà impegnato…” Lamia, vedendo che in qualche modo aveva fatto deprimere la sorella, fece spallucce lanciandole un sorrisetto beffardo. “Sarà…” Disse Lilith rimboccandosi le mani prendendo la scopa.  “Anche Yukio ultimamente non fa che correre di qua e di là.” Cominciò a spazzare senza guardare l’altra. “Avrà anche lui il suo da fare.” La donna fece finta di niente lavando lo straccio dandole le spalle. “Grazie per la collaborazione. Buona notte.” Yukio uscì sospirando dagli uffici dello sportello d’ascolto dell’accademia. Era da quando erano tornati da Kyoto che sembrava preso d’assalto dai civili. Aveva passato un altro pomeriggio a sentire le lamentele di tutti, in merito a presunte apparizioni di demoni in bagno o cortile, aveva persino ascoltato per telefono il racconto di una vittima del masho impaurita e dato quanti più consigli potesse dispensare. A quell’ora però non ne poteva più. Avendo finito il turno si sbrigò ad uscire da quel posto ben consapevole che la mattina dopo ci sarebbe ahimè dovuto tornare. Stava succedendo qualcosa in giro per il mondo che aveva mandato in frenesia sia persone che demoni. E il preside dal giorno prima era come sparito nel nulla. Aveva ricevuto semplici comunicazioni scritte e si chiedeva dove fosse finito Mephisto Pheles. “Yuki!” una voce lo chiamò da in fondo alle scale, “Shiemi… Che ci fai in giro a quest’ora? Sta per venire buio.” “Lo so, infatti stavo rientrando.” Le sorrise lei guardandolo scendere le scale, “Volevo solo sapere come stavi, è da un po’ che ti vedo nervoso…” guardò altrove porgendogli un fagottino, “Quindi ti ho portato delle erbe vitaminiche per tirarti un po’ su di spirito.” “Oh… Grazie.” Yukio prese il malloppo con un po’ di imbarazzo, “Ma non serve che ti preoccupi per me. Sto benissimo.” Mentiva, non stava affatto bene. Il dubbio che gli aveva insinuato Shura non faceva che attanagliarlo dal pomeriggio. Doveva fare quei controlli medici ma per farli non avrebbe dovuto vedere Lamia per un po’ e già sentiva gli effetti del battesimo. L’indomani sarebbero stati quattro giorni dal bacio. “Sei… Ecco, mio amico e voglio che tu sia felice.” “Te l’ho detto, non devi preoccuparti.” Si ripeté il ragazzo sfoggiando un sorriso pacato, “Sono solo molto preso dal lavoro, al call center sono come impazziti.” “Davvero? Che sta succedendo?” “Non lo so, ma ci sono sempre più casi di persone che cominciano a vedere demoni dal giorno alla notte… Comunque non devi pensarci. Sarà il periodo dell’anno.” Ipotizzò per non darle ulteriori pensieri, “Oh sì, forse hai ragione…” si grattò il mento lei convinta dalle sue parole, “Cerca di riguardarti però!” “Lo farò.” Yukio la congedò con un breve inchino senza smettere di sorridere. “Un momento…” tornò a voltarsi con calma, “Domani mattina la lezione di farmacologia anti demone sarà purtroppo soppressa, ci pensi tu ad avvertire i tuoi compagni di classe?” “Eh? Oh! Sissignore!” scattò sull’attenti Shiemi un po’ tremante dall’emozione. “Bene, grazie infinite.” La salutò infine senza più voltarsi.  
“Tu. Quando pensavi di dirmi che domani saresti stato assente?” “Si bussa.” Yukio si voltò verso Lamia che aveva fatto irruzione in camera sua e di Rin, intento a leggere un fumetto sul suo letto. L’altro era invece seduto alla scrivania con la luce puntata su una pila di documenti dello sportello d’ascolto. “Cosa!? Dove vai domani?” saltò su Rin mollando il fumetto, “Rin, non ti ci mettere anche tu.” Sospirò Yukio esasperato guardandolo sistemandosi gli occhiali, “Già. Mi è arrivato un sms da quella bambinetta di Shiemi, avresti potuto dirmelo dal momento che viviamo insieme.” Incrociò le braccia Lamia appoggiandosi alla parete, “Noi non viviamo assieme e tu non sei mia madre.” “Sei il mio partner ed io esigo sapere che cosa combinerai domani.” “Da quando in qua sei così possessiva?” “Da quando in qua sparisci senza lasciare traccia?” “Oh, potrei dire lo stesso del preside. Mi ha mollato all’ufficio dei rapporti col pubblico come se non avessi abbastanza incarichi tra l’insegnamento, mio fratello, te e tua sorella!” sbottò Yukio perdendo il suo contegno. Calò il gelo. “Ok… Io… Esco…” Rin si avviò lentamente verso l’uscio chiudendoselo alle spalle per dare loro un po’ di privacy. “Senti…” la voce di Yukio, più tranquillo ruppe di nuovo il silenzio, “Ho già abbastanza pensieri per la testa senza di te che ti comporti come una moglie gelosa. Per favore, lasciami lavorare.” “Hai detto moglie?” Lamia strabuzzò gli occhi di stucco, “So quello che ho detto e non approfittartene! Non ti sposerei mai. Dimenticatelo.” Yukio le dette le spalle col volto contorto in un ringhio. “Ho fame.” Rispose allora Lamia con la stessa freddezza, “Vai a farti un panino.” “Fammelo tu.” “No.” “Ok.” La donna uscì dalla camera sbattendo la porta con violenza. Yukio rimasto a fissare i fogli davanti al suo naso aveva la testa completamente annebbiata. Ma stringendo i pugni contò fino a dieci tornando a respirare normalmente. “L…Lamia!” la chiamò Rin vedendosela passare accanto a larghe falcate, parecchio minacciosa. “Togliti.” Rispose lei con gli occhi di fuoco. “Ok ok va bene!” balbettò lui alzando le mani innocente. “Ah…” si allargò il colletto della maglia, “Non oso rientrare in stanza…” sospirò sconsolato guardando la porta alle sue spalle con un lamento strozzato. Lamia varcò la soglia della cucina con una tempesta dentro al corpo. Oltrepassò la linea di confine posta da Yukio il giorno delle pulizie e andò ad aprire il frigo con uno scatto. Era nella zona vietata. Ma non le importava un fico secco. “E panino sia.” Ringhiò prendendo del prosciutto a caso, della marmellata, un uovo e quanto riuscì a trovare di commestibile. Lanciò tutto sul tavolo al buio combinando un macello. Trovò delle fette di pane in dispensa e compose il suo sandwich in silenzio, lasciandosi sfuggire di tanto in tanto dei gorgoglii d’odio. “Fanculo!” strillò prendendo in mano la sua creazione addentandola con forza. Lacrimando per lo schifo, però, lo finì fino all’ultimo morso e lasciando tutto in disordine tornò a salire nella sua stanza. “L…Lamia?” Lilith si voltò vedendola entrare di umore nerissimo. “Hai… parlato con Yu…” “SÌ!” strillò l’altra lanciando le scarpe contro al muro con tutta la potenza che aveva in corpo. “Ok…” Lilith tornò ad immergere il naso nel libro che stava leggendo seduta sul letto. “Ma… Hai mangiato del …Cibo vero?” la ragazza si rese conto della maglia di lamia ricoperta di briciole e salse miste. “Che sfrontato!” La succube, ignorandola, cominciò a camminare avanti e indietro per la camera liberandosi la coda ora tutta arruffata dalla rabbia. “Non mi sono mai sentita tanto incazzata!” ringhiò fissando un punto vuoto mentre camminava impetuosa. “Non sei mia moglie… Bla bla!” sputacchiò, “Non ti interessa dove vado, BLA BLA!” imitò Yukio incollandosi gli occhiali agli occhi per somigliargli, “Sono la sua partner e sta cominciando a ribellarmisi!” si fermò al centro della stanza guardando finalmente Lilith, infossatasi nelle spalle di fronte alla sua manifestazione d’ira. “Mi… Fai paura.” Sussurrò con solo gli occhi che sbucavano dal libro. “Oh, a lui invece parrebbe di no!” spalancò le braccia Lamia col fiatone. “Per prima cosa… Siediti.” Provò a farla ragionare la piccola, “Come vuoi, padrona.” La canzonò l’altra col suo solito sarcasmo sedendosi sgarbatamente sulla sedia della scrivania, “Quindi?” incrociò le braccia sbuffando. “Ti stai comportando in modo strano.” Le disse allora la sorella senza mollare il libro, “Togliti quel diamine di libro dalla faccia che non sento!” “Ho detto che ti comporti in modo strano!” la ragazza se lo abbassò sollo il mento un po’ riluttante. “Come se non avessi il diritto d’incazzarmi!” la succube la guardò spalancando la bocca irritata, “No, non è questo…” Lilith si sedette più composta appoggiandosi con le spalle contro la spalliera del letto, “Sembri quasi tu la vittima del battesimo e non lui…” quell’osservazione di Lilith la fece capitolare. “Che?” la rabbia scomparve dal suo volto lasciandola di sasso. “D’accordo che le succubi diventano protettive nei confronti dei loro partner ma arrivare al punto di arrabbiarsi se qualcosa viene loro taciuto… Insomma… Di solito la nostra specie è molto vivi e lascia vivere, non so se mi spiego. L’importante dovrebbe essere cibarsi, senza altro di mezzo.”. Lamia la fissò inerme socchiudendo la bocca. “Oh no.” Disse poi sbattendo le palpebre. “Non dirmelo.” Si coprì la bocca con le mani. “Che succede?” Lilith si allarmò scattando sull’attenti, “No no no no no no no no no…” “Lamia?” “NO!” “LAMIA!?” “L’IMPRNTING MALEDIZIONE! L’IMPRINTING CON UNO STUPIDO UMANO!” “Oh.” Rimasero a fissarsi entrambe con gli occhi a palla. “Credi che…” “Riesce a ribellarsi al mio battesimo perché ho avuto l’imprinting con lui. Lo sto lasciando inconsapevolmente sempre più libero perché annebbiata da questa cosa ASSURDA  E INUTILE CHE È L’IMPRINTING.” Sussurrò la succube senza fiato, “Io… Ho avuto l’imprinting con un essere umano. Non ci credo.” Si prese la testa tra le mani senza parole. “Ahahah Impossibile!” per la prima volta fu il turno di Lilith di scoppiare a ridere, “Guai a te se lo dici ad anima viva! È un disonore per una succube legarsi in questo modo a un mortale!” “Tu che crei legami con qualcuno!” continuò a ridere la piccola spanciandosi, “Senti tu, non dovresti parlare.” “Che?” “Quanto sei scema… Non riesci proprio a vedere al di là del tuo naso.” La guardò Lamia incrociando le braccia, “In ogni caso, non dirglielo per nessun motivo. È pur sempre una lama a doppio taglio.”.
“Che… è successo qua sotto?” La mattina seguente, Rin si trovò al cospetto del macello lasciato da Lamia in cucina. “Oh no… non di nuovo.” Yukio entrò nella mensa notando l’assenza dei vassoi per la colazione e Rin in piedi di fronte a quello scempio. Poi si ricordò della litigata con Lamia e capì tutto. “Quell’idiota…” sbuffò avvicinandosi al fratello. “Dici a me?” “No… Ieri visto che Lamia aveva fame le ho detto per scherzare di andare a farsi un panino ma lei deve avermi preso sul serio…” “Che!? Ma sei impazzito? Ti sei forse dimenticato che cosa ha combinato Ukobach l’ultima volta!?” “Sh… Non urlare.” Lo zittì il fratello. Strinse le labbra cercando di mantenere la calma. “Credi che Mephisto tornerà a…” “Ragazzi… Che succede?” “Ne parliamo più tardi.” Sibilò Yukio all’orecchio di Rin voltandosi verso Lilith, comparsa sulla soglia. Il suo stomaco brontolante parlò da solo. “Dov’è la colazione?” la ragazza si guardò attorno spaesata. “Oggi non c’è. Devo andare a lavoro.” Le rispose Yukio superandola e uscendo prima che potesse arrivare Lamia. Della donna però non c’era la minima traccia. “Eheheh… Lilith…” Rin la guardò ridacchiando imbarazzato, “Che sta succedendo?” chiese allora lei avvicinandosi di qualche passo, “Ah! Che confusione!” si tappò la bocca di fronte al macello di avanzi sparsi per tutto il cucinotto e al loro odore nauseante. “Che volete? Avevo fame.” Lamia varcò finalmente la soglia con i suoi soliti modi incuranti. Non vedendo Yukio però si fece meno sbruffona. “Ecco… fareste meglio ad andare… Ci penso io qui…” sorrise imbarazzato Rin, “Perché?” “Su, su… Andate…” il ragazzo molto in imbarazzo le spinse fuori dalla cucina ridendo nervosamente. “Bah, che modi!” mise il broncio la più piccola imbracciando la sua cartella, “Dai Lamia, andiamo!” disse alla donna che la seguì in silenzio. Yukio era appena arrivato in ufficio e con molta rassegnazione si era seduto alla scrivania rispondendo alla prima telefonata in arrivo. Il risolvere problemi altrui era un’ottima distrazione dal suo subbuglio interiore. La litigata con Lamia aveva in un certo senso aggravato i sintomi del suo bacio, rendendola un pensiero fisso nella sua testa. “Buon giorno, Sono Yukio Okumura, esorcista di prima categoria intermedia come posso aiutarla?” dall’altra parte della cornetta rispose la voce gracchiante di una vecchia che cominciò a raccontargli vita morte e miracoli della sua misera vita prima di arrivare al sodo della questione. Perdendo il filo del discorso, il poveretto staccò un attimo l’orecchio dalla cornetta per gemere disperato. Approfittando della mattinata libera, Lilith e Lamia erano andate a fare colazione alla mensa della scuola con tutta calma. O per lo meno Lilith era l’unica beneficiaria della cosa. “Con il gruzzoletto messo da parte finalmente mi sono potuta permettere una colazione da regina!” rise entusiasta ammirando il suo cibo, “Bah…” cacciò fuori la lingua Lamia evitando di guardarla. Si erano sedute a uno dei tavoli laccati dell’interno dell’enorme salone adibito per la consumazione dei pasti e si stavano godendo tutta l’atmosfera lussuosa che me derivava. Enormi finestroni mosaicati proiettavano una cristallina luce variopinta su ogni superficie mentre dall’alto i grandi candelabri rischiaravano di un velato strato dorato il soffitto.  “Senti…” ad un certo punto, la donna tornò a posare gli occhi sulla ragazzina intenta a mangiare, “Dimmi…” rispose lei mandando giù il boccone, “Vado a farmi un giro.” “Eh? Perché?” “Perché mi sto annoiando a morte a vederti mangiare, ecco perché.” si alzò flemmatica la succube sotto gli occhi allibiti della sorella, “Fa come ti pare, ti aspetto qui.” La ragazza bevve un sorso di tè mettendo il broncio. Lamia si allontanò velocemente lasciando Lilith sola al tavolo dandole le spalle. Uscì in giardino e prese una bella boccata d’aria, poi stiracchiandosi riprese a camminare spedita guardandosi attorno freneticamente. Sperava di incontrare Yukio per caso ma non lo vedeva da nessuna parte. Poi di colpo arrestò il passo. “Devo smetterla.” Si dette uno schiaffo da sola facendo voltare parecchie teste. “Hey voi! Che avete da guardare!?” ringhiò ai curiosi che tornarono alle loro mansioni. Infine facendo lunghi respiri ritrovò il suo equilibrio sentendosi molto meglio. Senza farlo apposta sollevò gli occhi sulla parte più alta dell’accademia e alzò un sopracciglio recuperando la sua espressione strafottente. “Toc Toc, non ho voglia di bussare sul serio.” Lamia aprì la porta dello studio di Mephisto senza invito. Ma dentro non c’era nessuno. “Che diamine..?” rimase basita davanti a quel deserto di silenzio. “Oh, ma guarda… Mi assento dieci minuti dal mio ufficio e già si riempie di randagi.” Mephisto comparve alle sue spalle entrando dalla porta, “Ah, ah, ah… Faresti meglio a non essere così spavaldo. Dove ti eri cacciato in sti giorni?” La donna incrociò le braccia osservandolo fermarsi impettito accanto al divano, “Coraggio non fissarmi lì impalata, accomodati.” Le indicò la poltrona con molta eleganza. “Te la stai forse facendo sotto dopo l’altro giorno visto che non ti sei fatto più vivo?” Lamia non si mosse di un metro squadrandolo da capo a piedi, “Come? Io?” l’uomo s’indicò il petto sorpreso, “Già, immagino che sia perché non sai che giustificazione dare a mia sorella.” “Al contrario... Ho solo avuto parecchio da fare.” Rispose lui sedendosi a gambe accavallate guardandola fisso. “E poi l’attesa aumenta il piacere.” “Lo sai vero che quando dici queste cose sei inquietante?”, lui non rispose sogghignando. “Avanti, perché non mi dici qual buon vento ti porta qui?” accavallò le gambe nell’altro verso battendo i polpastrelli gli uni contro gli altri, “No… Parliamo ancora un po’ di mia sorella.” “Ohh… Così è per questo che sei venuta.” “Non proprio.” “E allora per cosa?” “Non fare i tuoi giochetti con me, lo sai che non funzionano.” Al che Mephisto sospirò abbassando la guardia. “Siediti, di grazia. Mi stai facendo venire il torcicollo.” Disse infine seccato. Lamia allora si avvicino studiandolo con circospezione sedendosi sul divano di fronte a lui. “Dì la verità… È stata un’idea tua la faccenda della mela? Lo sai meglio di me che Eva non è da prendere sotto gamba. Bada a ciò che fai o finirai per pentirtene.” non perse poi tempo andando dritta al punto. “No madame, non è stata una mia idea. Amaimon ha esagerato e ho provveduto ad allontanarlo per l’ennesima volta. Per quanto riguarda Eva, lo so bene…” “Splendido. Se è vero.” La donna assottigliò lo sguardo sospettosa, “Hai altre domande? Sai, avrei da fare…” “Mi chiedo che cosa tu abbia di tanto importante da sbrigare per non avere nemmeno il tempo di venire a darci spiegazioni.” “Quanto la fai lunga… Rilassati un po’ signorinella.” Allargò le braccia sornione, “Goditi il tuo soggiorno su Assiah come farebbe ogni demone. Poi per discutere di certi argomenti ci vogliono luogo e tempo adatto.” Aggiunse ammiccando. “Oh, ma è quello che sto facendo.” Rispose lei incrociando le braccia. “Qui l’unica in ansia è proprio Lilith e penso tu sappia benissimo il perché.” “Posso immaginarlo, ma le ho dato la mia più completa fedeltà.” “Per quanto tu mantenga le promesse date.” “Su questo non ci sono dubbi, io se fossi in te mi preoccuperei di più del tuo umano, se così possiamo chiamarlo.”, Lamia sussultò presa in contro piede ma si ricompose immediatamente dietro quella sua maschera da sfottò. “Sono affari miei, pizzetto.” “E come mi comporto con Lilith è affar mio or dunque.” “Non proprio dal momento che è mia sorella.”, piombò un silenzio tombale colmato dai loro sguardi elettrici. “Dimmi tesoro, sei in vena di litigare?” “All’inizio non lo ero ma dal momento che sembra che tu ti stia approfittando di me e Lilith per qualcosa di losco, mi stai facendo innervosire.” Confessò la succube arricciando il naso, “Dovremmo essere tutti sulla stessa barca.” “E lo siamo mia cara, lo siamo eccome.” Disse Mephisto guardandola di sottecchi, “A dirla tutta vi sto aiutando.” “Vedo vedo, a mia sorella serviva proprio un bagno, cominciava a puzzare.” Lo stuzzicò Lamia facendogli alzare un sopracciglio. “Fidati di me. E per quanto riguarda la cara Lilith sono davvero spiacente per l’accaduto e solo gli dei sanno quanto fremo per rivederla. Ma ahimè ho davvero avuto da fare, non è una banale scusa per mancare alle mie responsabilità, credimi.” “Come vuoi.” Lamia si alzò in piedi sistemandosi la gonna, “A questo proposito ti pregherei di mandarle le mie più sincere scuse. Dille che mi farò vivo quanto prima.”, “Roger. Ci si vede.” Lamia lo guardò senza espressione dandogli poi le spalle per avviarsi verso la porta, “Sai com’è, certe questioni è meglio affrontarle faccia a faccia piuttosto che per messaggio.” Sogghignò l’uomo e il suo telefono prese a squillare. Lamia si voltò sulla soglia a guardarlo rispondere, “Oh, pardon.” Disse lui estraendo il cellulare dalla tasca, “Come vedi, il lavoro mi chiama.” Strizzò l’occhio “Proooonto, parla Mephisto Pheles!” squittì portandosi la cornetta all’orecchio e la donna ne approfittò per uscire. “Per risolvere il suo problema, tutto ciò che deve fare è versare l’acqua santa nello scarico e pulire bene il gabinetto. Se dovesse ripresentarsi il disagio, torni pure da noi.” Yukio sfoggiò il suo sorrisone tranquillo e radioso a una signora giunta di persona all’ufficio per l’assistenza al pubblico. “Oh, ma che gentile, grazie!” la donna se ne andò soddisfatta del servizio con la boccetta datale dal ragazzo. Lui la guardò uscire spedita e una volta solo poté tornare a rilassare il volto. “Che fatica.” Sospirò massaggiandosi il collo. Era quasi ora di pranzo e non aveva ancora fatto una pausa. Sfiorandosi il punto in cui di solito Lamia lo mordeva, sentì che i solchi erano più lievi e quasi del tutto scomparsi. “Devo assolutamente andare a fare l’esame medico…” pensò deglutendo rumorosamente all’idea. La scrupolosità dei medici lo rendevano un obbligo irrimandabile ma avrebbe aspettato ancora un giorno, tempo che i morsi sparissero totalmente. Mentre era assorto nei suoi pensieri, la suoneria del suo cellulare lo fece balzare e rispose con rapidità esemplare, per via della cosiddetta deformazione professionale. “Pronto, parla Okumura.” “Professor Okumura, sarai impegnatissimo eh?” la voce di Mephisto risuonò dall’altro capo del telefono. “Lord Pheles… Finalmente.” Rispose Yukio meravigliato da quella chiamata, “Mi dica…” aggiunse facendosi serio, “Innanzitutto, mi dispiace per averti sommerso di incarichi, ma so che un ragazzo abile come te non avrà problemi a portare a termine ogni compito assegnato!” squittì ilare il preside lusingandolo, “E a proposito di incarichi avrei proprio bisogno di un altro paio di favori…” “Signore… Io…” “Oh, sapevo che saresti stato entusiasta!” Mephisto non lo fece nemmeno finire di parlare interrompendolo con la sua voce appositamente in finto falsetto, “Ma non temere, sono cose in fondo a tuo favore. In qualità di direttore ti ordino di tornare subito a fare lezione, agli uffici possono andare altri tuoi colleghi esorcisti. Non sei contento? Si tratta già di un lavoro in meno!” Yukio sgranò gli occhi piacevolmente sorpreso “Altra cosa…” Mephisto abbandonò quel suo tono giocherellone per farsi serio, “Avrei bisogno che facessi una certa cosa per me quando sarà il momento…”.
“Una convocazione notturna, quale gioia.” Sbadigliò Shima camminando al fianco di Koneko intento a guardare dove metteva i piedi. Giunsero sul luogo richiesto in perfetto orario. Yukio era in piedi sulla terrazza adibita a osservatorio divenuta punto d’incontro simbolico per la squadra. Sul posto erano già arrivati Rin, Kamiki, Suguro e Tanaka. “Buonasera…” li salutò Yukio sorridendo sommessamente, “Vediamo… Chi manca…” “Yukio sono qui!” Shiemi arrivò correndo e dietro di lei, Lilith e Lamia avanzavano con tutta calma. “Eccolo lì.” Sibilò la donna cercando di dissimulare le sue emozioni al che la sorella la guardò mordendosi un labbro. “Ci siamo tutti.” Yukio ignorò con maestria le succubi guardando tutti fuorché loro. “Perdonatemi per aver annullato la lezioni di stamattina ma vi annuncio con gioia che abbiamo ricevuto un incarico direttamente dalla presidenza questa sera.” Disse pacato. Lilith sbattè rapidamente le palpebre alla parola presidenza e guardò Lamia con la coda dell’occhio. La donna non si mosse di una virgola. “La questione consiste nel risolvere il primo dei sette misteri di questa accademia.” “Sette misteri?” Kamiki socchiuse la bocca sorpresa, “Figata!” disse Shima dimenticandosi della stanchezza. “Era necessario venire qui alle undici di sera?” si stiracchiò Rin con le occhiaie. “Seguitemi.” Lo ignorò Yukio cominciando a camminare lungo la passerella verso una sorta di ponte costruito in maniera del tutto simile a un acquedotto romano. “Misteri dell’accademia, eh?” Lamia guardò Lilith alzando le sopracciglia mentre si accodavano alla fila indiana restando per ultime. Kamiki questa volta sembrava badasse ai fatti propri, e anzi non le aveva guardate nemmeno di striscio. “Almeno oggi Izumo ci ignora…” disse Lilith rilassata, “Comunque sono curiosa…” disse stringendosi nelle spalle. “Allora, qualcuno conosce questi misteri di cui vi ho accennato?” Yukio si fermò in un punto in cui era ben visibile quel bizzarro ponte, mantenendo le distanze, “Oh sì, le ragazze ne vanno matte.” Annuì Shima, dimostratosi già entusiasta in merito, “In effetti ne ho sentito molto parlare…” disse Koneko sbucando davanti a lui, “Bene, tra poco combatteremo con uno dei demoni che sta alla base di questi misteri.” Disse Yukio porgendo loro dei fogli, “Su questa lista sono elencati tutti quanti e in che cosa consistono. Sono creature notturne e mi è stato ordinato di lasciarli risolvere a voi.”, i ragazzi si distribuirono le fotocopie in silenzio. “In ordine questi sono: Una donna vestita in Kimono bianco che si aggira di notte per l’accademia, Durante la notte la statua di Lord Pheles si muove, Mayuko il fantasma notturno del bagno del dormitorio femminile, Nella gallerie del liceo un ritratto riflette se stessi da morti quando lo si guarda, Di notte corre un tram senza conducente, Di notte nel laboratorio di chimica del liceo compare una stanza delle meraviglie e ultimo… Una villa a cui non si riesce assolutamente ad arrivare.” Yukio elencò uno ad uno i misteri soffermandosi con lo sguardo sull’ultimo parendo pensieroso. Quando il foglietto capitò per le mani di Lilith, questa la iniziò a leggere accigliata. “Una donna vestita in Kimono bianco che si aggira di notte per l’accademia?” lesse ad alta voce il primo mistero e tutti riuscirono a sentirla. “Esatto. Oggi ci occuperemo proprio di questo.” Disse Yukio sistemandosi gli occhiali. Evitò lo sguardo penetrante di Lamia con una perfetta faccia da poker. La donna dal canto suo stava anche lei cercando di ignorarlo, con scarsi esiti. “Le informazioni che abbiamo su questo fantasma sono che è vestito con un Kimono cerimoniale bianco, pare sia una donna e segua gli uomini che si accorgono di lei. In più se ci sono presenze femminili non compare.” Il professore continuò a parlare per tenere il cervello impegnato, “Ma bene, quindi noi che serviamo?” Incrociò le braccia Lamia stizzita. Le altre tre ragazze la guardarono un po’ sorprese, “Già…” disse Lilith turbata. “Ma è ovvio, no? Starete a guardare!” rise Rin sollevando il pollice. Ma lo sguardo inceneritore di Kamiki gli spense l’entusiasmo. “Non c’è altra scelta.” Disse Suguro guardando le compagne, “Eccolo!” D un tratto, Koneko strillando richiamò la loro attenzione indicando un puntino bianco comparso sul ciglio del ponte in lontananza. “Perfetto, ricordate ciò che ci siamo detti e andate.” Yukio si fece serio guardando il fantasma. “Bah. Io me ne vado.” Disse Lamia girando i tacchi. “A… Aspetta.” Lilith le andò dietro non sapendo che fare. Le succubi si lasciarono i compagni alle spalle abbandonando il campo sotto lo sguardo freddo di Yukio. “Arriva il direttore della sezione Giapponese, Lord Pheles!” In quell’esatto lasso di tempo, Mephisto attraversando un passaggio dimensionale era giunto sul luogo del Gate Artificiale convocato da Angel in persona. “Uhm… Che nostalgia il profumo della campagna di Gehenna…” commentò fiutando l’aria, “Certo che è successa proprio una cosetta incredibile, eh?” domandò poi retorico al Paladin andandogli in contro. L’uomo lo stava aspettando con la Calibur piantata nel terreno, al suo fianco il fido Lightning sorrideva come suo solito. Angel però sembrava distratto dai commenti di stupore degli altri esorcisti abbagliati dall’apparizione del demone ormai divenuto una leggenda nell’ordine dei cavalieri della vera croce. In pochi avevano avuto l’onore di vederlo dal vivo. Al che, l’uomo sembrò non essersi nemmeno accorto del repentino avvicinarsi di Mephisto evitando addirittura di guardarlo. “Che c’è?” domandò allora Lord Pheles con un mezzo ghigno, “Non ci faccia caso, è imbarazzato.” Disse Lightning allegro riferendosi al suo capo, “Non sono imbarazzato!” sbottò allora il Paladin rivolgendo finalmente lo sguardo al nuovo arrivato incenerendolo. “Sei sempre il solito, Angel… Non capisci gli scherzi.” “Allora, puoi risolvere il problema?” l’altro senza ulteriore indugio, cambiò rapido argomento incrociando le braccia. Alle loro spalle si stagliava ciò che rimaneva del laboratorio abbandonato, “Sono dolente di dirvi questo dopo che vi siete presi il disturbo di chiamarmi ma… Non sono in grado di chiudere una porta di Gehenna una volta che è stata aperta.” “Che cosa!?” Angel sbiancò, “La porta diventerà sempre più grande fino a inglobare tutta Assiah… Poco a poco” “Spero tu stia scherzando.” “Purtroppo no. Tutto ciò che posso fare è fermare il tempo attorno ad essa per rallentarla.” Mephisto si avvicinò al laboratorio dando le spalle a Angel e gli altri esorcisti grattandosi il pizzetto. “L’inevitabilità di questa catastrofe è ormai chiara.” Mormorò a se stesso osservando la scia di Coal tar disperdersi nel cielo, “Eva sta per risorgere ma non mi farò cogliere impreparato”. 

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Capitolo 38
*** Capitolo XXXVIII ***


CAP 38

“Professore, qui le cose si stanno mettendo male!” la voce di Shima destò Yukio dai suoi pensieri e il ragazzo voltandosi di scatto vide che il fantasma della presunta donna defunta non era altri che il fantasma di un travestito “Sei forse tu la mia anima gemella!? Baciami!” la bizzarra voce di quest’ultimo echeggiò nell’aria facendo rabbrividire il poveretto in fuga. “Buon Dio…” il ragazzo sistemandosi gli occhiali sgranò gli occhi davanti a quello spettacolo. Lo spettro aveva preso a seguire il povero Shima gridandogli di donargli il suo cuore e Rin stava cercando di restare serio nonostante sembrasse starsi per pisciare addosso dal ridere. “PROFESSORE!” Renzou gridò con più forza correndo con tutte le sue forze. Ryuji e Koneko erano attoniti mentre sia Shiemi che Izumo sembravano parecchio sconcertate. “Non so te ma io non li sto invidiando per niente…” disse la seconda alzando un sopracciglio. “Shima, fermati subito e fatti baciare!” Yukio riuscì finalmente a gridare mantenendo tutto il suo autocontrollo. “Che cosa!?” lo studente divenne paonazzo scossando il capo freneticamente, “È forse impazzito!?” “Nient’affatto! I fantasmi si esorcizzano risolvendo i loro rimpianti, te lo voglio ricordare!” “Ma certo… Il rimpianto di questo potrebbe essere non aver mai trovato la sua anima gemella…” Koneko si battè il pugno sulla mano, “Pensi che baciarlo potrebbe sistemare le cose?” Ryuji lo guardò stando in guardia. “Sì, potrebbe.” “Neanche morto!” Shima sfrecciò loro davanti strillando come una ragazzina impaurita. L’unico che ancora non aveva mosso un dito era il marionettista Tanaka, rimasto immobile da Yukio e le ragazze. “Non ce la faccio più.” Disse ad un certo punto muovendo la sua marionetta flemmatico e lentamente prese ad avvicinarsi al fantasma. “E questo che vuole fare?” Ryuji corrucciò le sopracciglia vedendolo intromettersi. “Non impicciatevi.” Rispose l’altro facendogli digrignare i denti per l’affronto, poi con un gesto fluido e una formula evocò un burattino dalle sembianze di sposo grandezza 1:1 parandolo tra lo spettro e il povero Shima allo stremo delle forze. Il fantasma sbattendo contro l’ostacolo e rendendosi conto di cosa fosse cominciò a piangere commosso abbracciandolo mentre Renzou si catapultò a terra spompato. “Grazie Buddha…” biascicò con la faccia incollata al pavimento lacrimando di gioia. Lo spettro alle sue spalle sbaciucchiandosi il manichino aveva già cominciato a svanire per la felicità degli altri studenti e non appena scomparve del tutto poterono tirare un sospiro di sollievo. “E anche questa è andata…” sospirò Yukio rilassando i nervi. “Ma come… Tutta questa fatica per mettersi la cravatta e voi avete già finito?” la voce seccata di Lamia ruppe il silenzio facendo voltare i presenti verso lei e la sorelle, ricomparse sulla soglia del terrazzone vestite di tutto punto come dei damerini impettiti. Avevano persino indossato delle parrucche e sembravano in tutto e per tutto dei ragazzi. “Lilith!? Lamia!?” Rin spalancò la bocca incredulo, “Ditemi che quelli non sono i completi eleganti mio e di mio fratello.” Disse Yukio esasperato ma le succubi non risposero mettendosi in mostra. “Lamia!? Dove sono le tet…” Shima ruotò il capo senza alzarsi da terra restando di stucco mentre nessun altro osò commentare. “Allora, nemmeno un applauso?” incrociò le braccia Lamia, “E per cosa? Non avete fatto niente.” Kamiki la squadrò da capo a piedi, “Da che pulpito.” La stuzzicò la donna facendole rimangiare la frase, “Almeno noi ci abbiamo provato.” Girò i tacchi facendo per scostarsi i capelli non trovando che il vuoto, “Ah già…” si tastò la parrucca indossata alla meglio ammutolendo. “Siamo arrivate tardi… Fa niente.” Lilith fece spallucce e senza incrociare lo sguardo dei suoi compagni si defilò nuovamente dietro a Lamia. “Che novità è mai questa?” Ryuji si sporse verso i suoi amici guardando le due tornare da dove erano venute, “Le sorelle Evangeline che collaborano a una missione?” “Già… Effettivamente non le avevo mai viste nemmeno provarci… Neanche a Kyoto…” disse Koneko rimuginando ma Yukio non poté che intervenire, “Non ci pensate e apprezzate il tentativo. Per quanto riguarda voi, ottimo lavoro.” Disse segnando qualcosa sulla sua agenda, “Ah, per cortesia, qualcuno stacchi Shima dal pavimento, ci serve vivo.”. “Lamia… Ancora non mi hai detto perché ti è saltato in mente di travestirci…” Lilith si tolse la parrucca titubante sulla via del ritorno allo studentato rigirandosela tra le mani, dove fossero riuscite a trovarle era un mistero, “Ovvio, no?” “No…” “Volevo dimostrare a tutti che sono mozzafiato anche vestita da uomo.” Le fece l’occhiolino e la sorella sospirò seccata, “Dì la verità, volevi attirare l’attenzione di Yukio.” Ma Lamia non l’ascoltò minimamente, “Un po’ devo dire che ti invidio, per te è stato facile sembrare maschio… Piatta come sei...” Ridacchiò la donna schernendola e Lilith gonfiò le guance buttando via la parrucca in un raptus muto.
“Sechs, Fünf, vier, drei, zwei… Eins… Null.” In quello stesso instante, Mephisto in piedi su una sorta di orologio gigante sospeso nel cielo sopra al Gate artificiale pronunciò un conto alla rovescia culminandolo con uno schiocco di dita e un ordine perentorio: “Fermati tempo.”. In men che non si dica, una barriera comparve sotto i suoi piedi avvolgendo tutto il territorio inglobato dalla porta dell’inferno arrestandovi il tempo al suo interno. Quando toccò di nuovo terra planando col suo bizzarro ombrello, fu accolto da un sommesso coro di stupore e dallo sguardo inceneritore di Angel. “Ho creato una barriera magica attorno alla porta fermando il tempo in quella zona circoscritta.” Annunciò ai presenti Mephisto pavoneggiandosi, “In questo modo riusciremo a rallentare l’ingrandimento del Gate.” Aggiunse ricomponendosi sotto lo sguardo vigile del Paladin e il suo fido braccio destro Ruin, “Tuttavia non sono in grado di fermare il tempo per sempre.” “E per quanto?” “Credo quattro o cinque mesi.” Rispose all’esorcista reggendosi al manico del suo ombrello, “Oltretutto temo che i numerosi incidenti che stanno avvenendo in giro per il mondo siano causati proprio da questo spiraglio aperto su Gehenna. Posso solo dirvi che se dovesse ingrandirsi la situazione non potrà che peggiorare.” “Dobbiamo assolutamente capire chi c’è dietro tutto questo.” Una delle voci dei Grigori provenne da un portatile aperto in braccio a uno degli esorcisti, “Ancora con questa storia?” Ruin Rite s’intromise nel discorso fischiettando, “Esiste una sola organizzazione in grado di avere conoscenze scientifiche e soldi necessari alla costruzione di un’opera tanto massiccia e complessa…”, Angel gli rivolse uno sguardo attonito, mentre Mephisto non disse beo guardando l’orizzonte pensieroso, “Sto parlando degli illuminati, la società di Venere.”.
“Aprite.” La voce secca di Yukio buttò giù dal letto Lilith che tra un colpo e l’altro dell’incessante bussare del ragazzo, riuscì a raggiungere la porta della loro stanza e ad aprirla. Spettinata e in pigiama se lo trovò davanti già lavato e vestito ma di umore più che discutibile. “Yu…Yukio?” si sforzò di tenere gli occhi aperti, “Che ore sono?” “Mattino.” “Cioè?” “È presto!” rantolò Lamia con la faccia sotto il cuscino. Yukio la ignorò sapientemente senza staccare gli occhi da Lilith, “Che succede?” chiese allora la piccola arricciando il naso, “Vogliamo parlare dello spettacolino di ieri notte?” “No!” gli rispose nuovamente Lamia mugugnando. “Ecco… Perché?” “Ah… Lasciamo stare, ormai non avrebbe neppure senso discuterne.” Sospirò Yukio rassegnandosi, “Sono venuto solo a riprendermi i vestiti.” “Oh.” Lilith fece un passo indietro lasciandolo accomodare. Lamia gli dette le spalle rigirandosi tra le coperte e lui con nonchalance raccolse gli abiti accartocciati dal pavimento. “Tanto per inciso, quando prendete le cose in prestito siete pregate di trattarle bene e… Restituircele.” Disse guardando male Lilith che deglutì guardando altrove. “Bene. Buona giornata.” Yukio senza ulteriori moine si fiondò in corridoio sbattendosi la porta alle spalle. In quel momento Lamia tirò fuori la testa dalle coperte mordendosi un labbro, “Ho fame.” Disse mettendo il broncio. Non passò molto prima che ormai sveglie, si decidessero a scendere in cucina. Lilith senza essersi minimamente pettinata camminava davanti a Lamia ancora un po’ nel mondo dei sogni, intenta a pulirsi un orecchio con un mignolo. “Lamia da quant’è che non mordi Yukio?” “Boh…” “Sei di molte parole…” ma l’unica risposta della sorella fu il suo pulirsi il dito sulla sua spalla “Che schifo, Lamia!” strillò Lilith facendo echeggiare la sua voce per tutto il corridoio. Dalla cucina proveniva uno strano odore di cibo come se qualcuno stesse cucinando carne condita con petrolio. Le ragazze arricciarono il naso girando l’angolo e più si avvicinavano alla mensa e più l’odore si faceva intenso. Finché non notarono la coda di Rin fare capolino dallo stipite della porta. “Non di nuovo…” lo sentirono lamentarsi nel pieno dello sconforto. “Rin?” mormorò Lilith accodandosi a lui ma essendo molto più alto non riuscì a vedere che stesse succedendo. Lamia invece aveva alzato un sopracciglio riuscendo a scorgere la fonte dei suoi turbamenti. “Oh oh oh, buon giorno!” la voce che provenne dai fornelli rese tutto molto più chiaro all’altra che sgranando gli occhi ne riconobbe all’istante il proprietario. Trattenne il fiato mentre Lamia spintonando Rin mise piede per seconda in cucina fermandosi a fissare inorridita Mephisto in tenuta da massaia col grembiule e il cappello da cuoco intento a mescolare una brodaglia dai dubbi colori in un pentolone enorme. “Ma che sorpresa, non pensavo che anche tu facessi colazione al mattino!” commentò l’uomo vedendola di striscio, “E benvenuto Rin caro!” cinguettò tutto contento cominciando a fare le porzioni. “Dov’è mio fratello?” il ragazzo era sbiancato, “Orsù non fare complimenti e serviti pure.” “No grazie.” Rispose il ragazzo rabbrividendo, “Non ci cascherò di nuovo.” “Oh… Ma come, e io che mi sono impegnato tanto!” Mephisto si voltò deluso dal suo atteggiamento schivo e Lamia aveva le lacrime agli occhi un po’ per il puzzo e un po’ per la fragorosa risata che stava trattenendo. Mephisto era ridicolo. “Avanti, accomodatevi, non state lì impalati!” agitò il mestolo e Lamia non ce la fece più, “Ma come cavolo ti sei conciato!” lo additò starnazzando “Lilith, ti prego vieni a vederlo!” strillò e il demone strabuzzò gli occhi, “Lilith è qui?” disse serrando la bocca, “E certo ciccio, dimentichi che ci hai sbattute qua dentro entrambe?” “Oh oh oh ma chi pensava che faceste colazione tutti insieme…” l’altro si tappò la bocca con una mano restando un po’ sulle spine. Mentre la stanza veniva invasa dagli schiamazzi, Lilith immobile dietro lo stipite si era come pietrificata. Mephisto era lì dopo giorni di completo silenzio. Mentre era indecisa sul da farsi, Yukio le sfilò accanto flemmatico per poi arrestarsi di colpo vedendo il preside alle prese con la colazione. “Lord Pheles…” disse abbassando il tablet che stava reggendo tra le mani, “Professor Okumura, buon giorno! Caffè?” ma Yukio lo fulminò con lo sguardo, “Andiamo, ti ho già detto che mi dispiace per essere sparito nel nulla!” ridacchiò Mephisto prendendo la caffettiera, “Anzi, ieri al telefono potevi dirlo subito che Ukobach ha di nuovo fatto le bizze… Invece di farmi scomodare di persona.” Si voltò verso di lui con una bella tazza piena fumante. “Non berlo…” gli bisbigliò Rin all’orecchio e il fratello non mosse un muscolo. “Già. A proposito di questo come dobbiamo comportarci?” “Bella domanda, chi è stato a farlo arrabbiare?” a quella questione, Lilith mise piede in cucina a capo chino e fermandosi accanto a Lamia ancora con la ridarella, alzò gli occhi su Mephisto immobilizzandosi. Il demone stiracchiò il volto in un sorrisone oltremodo colpevole e posando la tazza sul piano di lavoro tentò di sembrare completamente padrone di se stesso: “Buon giorno, Lilith cara.” Disse guardandola fisso. La ragazza immobile si stava massacrando un labbro coi denti ma non per rabbia, bensì per il disagio. “Hai fame?” le chiese quasi in falsetto e lei si avvicinò a larghe falcate al cucinotto a pugni serrati. “Oh. Calma, posso spiegare!” l’uomo alzò le mani in alto arrendevole e la ragazza si fermò a un metro da lui. Lamia aveva smesso di ridere e fischiettando si era seduta a tavola godendosi la scena col mento tra i palmi delle mani e un sorrisetto beffardo. Mephisto notando la sua faccia da schiaffi si leccò il labbro inferiore impassibile. “Devo andare.” Esordì Yukio nel silenzio facendo retrofronte e la succube lo guardò con la coda dell’occhio andarsene senza che nessuno fiatasse. “Che fine avevi fatto?” domandò infine Lilith a Mephisto guardandolo dritto negli occhi un pelo irritata. “Mi aspettavo per lo meno un messaggio con dei chiarimenti, insomma! Possibile che per giorni non ti fai sentire e poi di punto in bianco ti trovo a fare la perfetta casalinga nel mio dormitorio!?” sbottò impuntando i piedi. Rin non sapendo che fare in quella situazione si era seduto di fianco a Lamia a guardare gli sviluppi pregando affinché alla fine non dovesse mangiare niente di quello che Mephisto aveva preparato. “Ecco… Ne sono veramente affranto, ti scongiuro di credermi… Ma ho dovuto lavorare incessantemente.” L’uomo chinò il capo melodrammatico come suo solito ma Lilith non abboccando lo guardò seria incrociando le braccia. “Lo giuro e spergiuro, fanciulla. Poi ero convinto che Lamia ti avesse portato le mie scuse.” A quelle parole entrambe le succubi sussultarono. La più piccola si voltò di scatto verso la maggiore che con gli occhi a palla aveva distolto lo sguardo rivolgendolo al vuoto sudando freddo. “Lamia?” disse interrogativa la ragazza confusa più che mai, “Vi siete incontrati in questi giorni?” guardò prima l’uno poi l’altro senza sapere dove fermare lo sguardo e mentre la piccola non le prestava attenzione, la donna fece un gesto molto chiaro a Mephisto mimando con un pollice l’azione del tagliare la testa passandoselo in silenzio sulla gola. Il demone alzò un sopracciglio per nulla intimidito ma poi realizzò che il vero pericolo poteva essere la rabbia di Lilith quindi si spicciò a prendere la tazza di caffè che aveva offerto a Yukio riciclandola per la ragazza, “Ecco qui, prendi questo come ulteriori scuse!” le disse recuperando quel suo ghigno che destabilizzò la ragazza rimasta a fissare il liquido scuro traballare davanti al suo naso. “Ci sono delle mele per caso qua dentro?” fiutò il contenuto guardando Mephisto sospettosa ma lui tramutando il ghigno in un sorriso teso scossò la testa lievemente buttando l’occhio a Rin in ascolto.  “Ok…” Lilith allora prese la tazza e lentamente gli dette le spalle andando a sedersi a tavola di fronte al ragazzo. Mephisto sembrò rilassare i muscoli e lesto riprese a spadellare l’amorevole pasto che aveva preparato per loro. Lilith in silenzio lanciò un’occhiata a Lamia che ricambiò il suo sguardo facendo la gnorri per poi rivolgerlo a Mephisto di schiena avvicinando con garbo le labbra al bordo della tazza di caffè. “Non lo bere. Non farlo.” Rin la fermò a metà strada teso come una corda di violino. “Perché?” la ragazza allora posò la tazza sconcertata e lui sottolineò il concetto scossando il capo, “L’ultima volta che ho assaggiato del cibo cucinato da quello…” accennò al cuoco improvvisato dietro al bancone, “Sono quasi passato a miglior vita.” Sussurrò tra i denti pallido più che mai. “Oh.” Lilith guardò titubante il caffè traballare alle vibrazioni della stanza e mordendosi un labbro non seppe come comportarsi. Lamia intanto vedendo Lilith tranquilla poté rilassarsi a sua volta. Anche se immaginava che non sarebbe finita lì. Si era genuinamente dimenticata di portarle il messaggio di Mephisto ma non le avrebbe mai creduto. Fece spallucce rassegnandosi alle botte che avrebbe ricevuto. Di nuovo. “Eccomi qua!” d’un tratto Lord Pheles comparve al tavolo con in mano un vassoio coi loro piatti colmi di minestra. “Oh no.” Rin si sentì percorrere da un brivido ma l’occhiataccia dell’uomo lo immobilizzò. Posando il vassoio sul tavolo, cominciò a distribuire pacatamente le scodelle e quando anche Lamia ne ricevette una alzò gli occhi sul demone sconcertata, “Pizzetto, lo sai benissimo che non mangio cibo umano.” “Sciocchezze, questo è una vera chicca! Assaggia.” lui le fece l’occhiolino saltellando di nuovo in cucina per riporre il portavivande. “Orsù, bon apetì!” cinguettò ilare ma nessuno sembrava avere appetito. Persino Lilith che di norma era ben disposta a provare nuovi sapori fissava il suo riflesso in quel liquido fucsia ribollente. Lamia fiutandone il pessimo odore arricciò il naso facendo per alzarsi disgustata ma Mephisto tornato da loro vigilava il tavolo con le mani dietro la schiena in attesa di commenti positivi sul suo cucinato. La succube sentendosi quello sguardo terrificante addosso tornò a sedersi afferrando il cucchiaio. “E va bene.” Digrignò i denti e tuffandocelo dentro ne prese una cucchiaiata. “Al mio tre.” Guardò gli altri ragazzi che titubanti la imitarono. “Uno…” cominciarono ad avvicinare il boccone fumante alle loro labbra, “Due…” toccarono il metallo incandescente trattenendo le lacrime, “Tre!” contemporaneamente si ficcarono il cucchiaio in bocca e dopo un attimo di silenzio lugubre ci furono le reazione più disparate. Sotto lo sguardo attento di Mephisto, Rin cominciò a tossire sentendosi come strangolare reclamando acqua, “CRISTO SANTISSIMO!” Lamia sputò tutto sul tavolo mentre Lilith diventata viola in volto cadde all’indietro collassando priva di sensi sulla sedia. Il preside attonito fissò i ragazzi con una faccia quasi mortificata. “Andiamo… non può essere tanto male…” Avvicinandosi al piatto abbandonato da Rin, corso al rubinetto, assaggiò un po’ della sua zuppa con un dito ma se ne pentì all’istante.
“Professor Okumura, lei è sano come un pesce.” “Eh? Davvero? Cioè… Bene.” Yukio seduto su uno sgabello davanti al medico dell’accademia si sistemò gli occhiali per poi abbottonarsi nuovamente la camicia dopo la visita. “Sì, i valori sono nella norma, non ha davvero niente che non vada. È libero di andare.” “Capito…” Yukio alzandosi un po’ confuso approfittò del fatto che il dottore gli stesse ora dando le spalle per toccarsi il collo. I fori erano scomparsi ma continuava a chiedersi come fosse possibile che fosse tutto nella norma. Le succubi non lasciavano un qualche tipo di liquido in circolazione dopo il morso? E quegli occhi demoniaci che avevano fatto la loro comparsa nello scontro con Todo che fine avevano fatto? Per la prima domanda ipotizzò immediatamente che i giorni di pausa che si era preso fossero stati sufficienti a sfuggire al primo problema mentre per il secondo non riusciva a darsi una spiegazione. Prendendo la fotocopia dei risultati datagli dall’uomo, la studiò con cura ma di fronte alla sua evidente sanità non poté che divenire ancora più dubbioso. La visita obbligatoria era andata ma non riusciva a gioire di questo. Rimettendosi l’uniforme da esorcista uscì dallo studio facendo un rapido inchino e salutando il medico uscì in corridoio chiudendosi la porta alle spalle con un sospiro.
“Rivoglio Ukobach!” piagnucolò Rin dopo una ventina di gargarismi con acqua gelida. “Lilith… Lilith rispondi…” Lamia era intenta a scossare la sorella collassata per le spalle mentre Mephisto aveva raggiunto il ragazzo alla fonte per bere acqua a fiumi. Appena finito di abbeverarsi, si girò appoggiandosi al lavabo col fondoschiena spazzandosi la bocca con la manica del grembiule, “Mh… Devo avere esagerato col sale.” Si ricompose infine grattandosi il pizzetto pensieroso, “DIREI CHE NON ERA SOLO QUELLO IL PROBLEMA!” strillò Rin divenendo paonazzo. L’uomo decise di ignorare quel suo commento poco elegante cambiando argomento, “Comunque Ukobach non tornerà a cucinare per voi finché chi l’ha fatto arrabbiare non implorerà il suo perdono.” Alzò un po’ il tono di voce per farsi sentire da Lamia al tavolo. La donna sentendosi chiamare in causa alzò la testa abbandonando la sorella al suo destino. Lilith con la schiuma alla bocca avrebbe dormito per un bel pezzo. “Magari più tardi. Mi hai quasi ucciso la sorella.” “Eh? Lilith!? Sta male?” saltò su Rin un po’ agitato e Mephisto strizzò le labbra spalancando gli occhi. “No scemo, sta benissimo. Deve solo riprendersi dallo shock.” Roteò gli occhi la succube avvicinandosi a loro ancheggiando. “Allora? Dove sarebbe sto Ukobach di cui parlate?” “Non lo so… di solito stava qui.” Rin s’infilò un dito nel naso per pensare. “Quindi sei stata tu a farlo alterare…” Mephisto la guardò con aria di sufficienza ricevendo un’occhiata seccata in risposta. “Ora che abbiamo appurato di chi è la colpa possiamo sbrigarci? Si dà il caso che abbiamo lezione.” Incrociò le braccia la donna. “Oh ma certamente… Anche se dubito che oggi riuscirete ad andarci.” Rispose il preside slacciandosi il grembiule, “Dovete assolutamente risolvere la questione.” “Dovete? Senti tu, vedi di collaborare.” “Oh, ma mica è mia la colpa.” L’uomo si tolse anche il cappello da cuoco e i guanti da cucina andandosi a sedere al tavolo di fronte a Lilith guardandola rapito con la testa tra le mani. “E non fissare mia sorella in quel modo, maniaco.” “Sciò sciò, trovate Ukobach voi.”, Lamia inorridì al suo atteggiamento e così fece Rin ma in maniera molto più manifesta. “Se non vi sbrigate comincerò a dire frasi sdolcinate.” Mephisto li guardò con la coda dell’occhio per poi tornare a rivolgersi alla ragazzina addormentata, “Oh Lilith… Mi sei mancat…” “UKOBACH DOVE SEI!??” Lamia prese a fare un baccano infernale sbattendo sue coperchi gli uni contro gli altri per coprire la voce suadente del demone e stanare la bestiaccia. Rin basito aveva assistito al teatrino raccapricciante in silenzio scegliendo accuratamente di non farsi domande e per tenere occupato il cervello aveva incominciato ad aprire sportello dopo sportello guardandoci dentro schioccando la lingua come per chiamare un gatto. Mephisto ridendo sotto i baffi li osservò spulciare la cucina incrociando le gambe sotto al tavolo poi prendendo una ciocca di capelli di Lilith cominciò a giochicchiarci assorto nei suoi pensieri. La ricerca sembrò non dare esiti se non quando Rin aprendo il frigo si trovò finalmente davanti al naso il muso del tanto cercato Ukobach. La bestiolina sembrava oltraggiata. “Eccoti qua!” strillò il ragazzo ma il piccolo demone uscì di corsa dal frigo balzandogli sulla faccia. Lamia voltandosi di scatto mollò pentole e coperchi saltando all’indietro per evitare quel bolide cornuto che si stava scagliando contro di lei fallendo però il suo intento. Balzandole in testa facendola cascare come una pera cotta, il mostro si defilò in corridoio facendo bizzarri versi di rimprovero. “Dannazione.” Lamia si soffiò via dalla faccia una ciocca di capelli restando a terra appoggiata sui gomiti. “Dobbiamo seguirlo!” Rin barcollando la raggiunse aiutandola a rialzarsi. “Mephisto! Dacci una mano per carità!” sbottò Lamia paonazza vedendolo armeggiare con un boccolo della sorella fischiettando, “Buona fortuna!” le rispose ignorandola. La succube ringhiò seccata e prendendo Rin per la collottola se lo trascinò in corridoio seguendo la scia di Ukobach. Sul più bello, Lilith socchiuse gli occhi nel ritrovato silenzio. Trovandosi a stretto contatto con Mephisto, scivolò all’indietro strisciando la sedia per allontanarsi stando sulla difensiva. “Scusa, ti ho svegliata.” Disse lui ritraendo la mano un po’ sorpreso, “Che è successo?” la piccola si agitò guardandosi intorno freneticamente. L’ultima cosa che ricordava era di aver bevuto quell’intruglio disgustoso. “Niente di che.” In quel momento Ukobach sfrecciò davanti alla porta aperta della stanza con alle calcagna Lamia e Rin armati di mestoli e mattarelli. Passandole davanti con un fracasso inimmaginabile, come lo portarono se lo tirarono dietro in una parentesi di caos durata un istante. Lilith sgranò gli occhi ammutolendo per poi guardare Mephisto sbattendo più volte le palpebre in cerca di risposte. “Ah… mettiti comoda.” L’uomo vedendo la sua reazione si stiracchiò le dita preparandosi a raccontarle la natura del problema di quella mattinata. Intanto al secondo piano, Rin e Lamia stavano continuando la disperata caccia al demone cercando di fare gioco di squadra fallendo miseramente. “Ti avevo detto di aspettare di sotto!” strillò Lamia al ragazzo che continuava a correrle dietro, “No ci sono quasi!” rispose lui scattando al primo posto. Ukobach gli stava però facendo mangiare la polvere, “Ah… Non lo prenderemo mai.” Sospirò Lamia cercando di risparmiare fiato per la corsa. Il demone saltava da tutte le parti facendo versi indescrivibili e il dormitorio sembrava un campo di battaglia. Il demone infatti aveva seminato ovunque brandelli di cibo che si era inavvertitamente portato dietro fuggendo dal frigo. “Che macello!” Lama evitò per un pelo una banana caduta a terra, scesero le scale per il piano terra col fiatone ma quando girarono l’angolo, Ukobach si trovò faccia a faccia con una nuvola di riccioli biondi, “Fermo!” lo intimò Lilith in tutto il suo metro e mezzo scarso. Ma la bestia lanciata a velocità troppo elevata per frenare la travolse in pieno ruzzolando assieme per una decina di metri. Mephisto fece capolino sulla soglia con una faccia di stucco. Lilith si ritrovò seduta a terra nel corridoio aggrovigliata al demone e nell’impatto il suo pigiama si era sollevato liberano la coda che adagiata sul pavimento aveva formato un disegno arricciato contribuendo a ingarbugliarli ancora di più. “Merda…” si massaggiò le testa dolorante. Ukobach era riverso faccia a terra col fiatone e non si muoveva. Rin si arrestò col fiato grosso a fissare la ragazza seduta sul pavimento e Lamia fece lo stesso fermandosi accanto a lui e Mephisto sulla soglia. “Nice catch!” l’uomo sfoggiò allora un sorrisone alzando verso di loro il pollice ma venne guardato immediatamente storto dagli altri due. “È permesso?” Ad un tratto una voce familiare li fece voltare tutti verso la porta d’ingresso alla loro sinistra. La testa di Shiemi fece capolino timidamente, “Yuki-chan ti ho portato altre erbe…” disse per poi azzardare un passo dentro l’edificio. I pensieri dei presenti vennero quasi immediatamente convogliati a Lilith, con la coda in bella vista proprio dietro l’angolo. La situazione si era improvvisamente fatta critica.

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Capitolo 39
*** Capitolo XXXVIV ***


CAP 39

“Merda.” Lamia scattò verso Lilith controllando di avere la propria coda al posto giusto. “S…Shiemi!” Rin intuendo al volo la situazione corse alla porta per accogliere l’amica, “Rin, ciao!” lei lo salutò cordialmente ma lui si parò davanti al suo naso grattandosi la testa sotto pressione, “Yukio non è in casa…” ridacchiò nervosamente e la ragazza cambiò espressione. “Ah… va bene… Posso entrare?” “No! Ah… cioè, sono ancora in pigiama, mi vergogno…” “Ah! Oddio, scusami!” la ragazza accorgendosi di come le si era presentato il ragazzo, si tappò la bocca con le mani facendo ondeggiare il sacchetto che pendeva dal suo braccio arrossendo violentemente. “Scusami, scusami!” ribadì per poi allungargli la sportina, “Ecco, prendi… Dallo a Yukio da parte mia per favore!” disse inchinandosi e sparì dietro l’uscio esattamente com’era arrivata. Rin rilassò le membra abbandonandosi a un lungo sospiro poi dando le spalle alla porta tornò dalle ragazze che erano riuscite a placcare definitivamente Ukobach. Lilith, liberata dal groviglio si era alzata in piedi e guardando Rin sembrò chiedergli se avesse risolto con Shiemi. Al che il ragazzo annuendo la tranquillizzò. “Uh… Bene…” anche Lamia sospirò asciugandosi il sudore. “E ora che si fa?” guardò il demone ansimante seduto con le spalle al muro. “Chiedigli scusa.” Bisbigliò Rin suggerendole. Ukobach mosse le orecchie lievemente così il ragazzo ammutolì indietreggiando. “E va bene…” Lamia si inginocchiò decisa davanti alla bestiola sotto lo sguardo piacevolmente sorpreso di Mephisto. “Scusami se mi sono fatta un panino l’altra sera.” La donna chinò il capo sentendosi incredibilmente stupida. Lilith vedendola in quelle condizioni, spettinata e in pigiama fare la reverenza a un demone di basso rango cercò di trattenere le risate. Ukobach alzando gli occhi sulla succube la studiò a fondo e infine alzandosi sulle sue zampe, le andò a toccate la testa in silenzio. Avevano fatto pace. “Meno male!” Rin sembrò incredibilmente sollevato. Lilith guardò Mephisto grattandosi un braccio distrattamente e lui accennò a un sorrisetto assottigliando lo sguardo. “Bien, felicitazioni per la pace ritrovata!” infine, chiudendo gli occhi, l’uomo applaudì al gruppetto per il successo della loro impresa. “Ora, se non vi dispiace torno ai miei doveri.” Fece un breve inchino rivolgendo nuovamente gli occhi alla ragazza, “A presto.” Disse in un sussurro e schioccando le dita scomparve. I tre rimasti soli si guardarono gli uni con gli altri mentre Ukobach si avviò tranquillamente in cucina. Quando fu scomparso però, guardandosi attorno si accorsero del macello infernale causato dalla bestia. “Ma che… macello!” Lilith strabuzzò gli occhi sussultando di fronte agli avanzi sparsi da tutte le parti. Rin e Lamia dal canto loro si guardarono sospirando.
“Sono tornato. Perché non vi ho visti a lezione oggi?” Yukio mise piede al dormitorio posando la cartella accanto alla porta. Poi alzando un sopracciglio si dette da solo la risposta trovando il trio dell’ave o Maria armato di scope e stracci a ripulire la scia di schifezze lasciata da Ukobach. “Bentornato…” biascicò Rin esausto aggrappandosi al manico di scopa. “Avete risolto con Ukobach vedo.” “Già.” Rispose il fratello raccogliendo un mandarino spiaccicato da sotto un mobile. “Ottimo.” Yukio tagliò corto passandogli accanto per salire al piano di sopra. “Yukio!” sentì la voce di Lilith chiamarlo e si voltò a metà delle scale, “Shiemi ti ha portato delle erbe oggi…” “Ah, grazie per avermelo detto.” Disse freddamente riprendendo la salita. Lilith facendo spallucce tornò alle pulizie senza remore. Al piano di sopra, Yukio avanzando nella penombra trovò Lamia chinata su un cumulo di rifiuti. Trovando quell’ostacolo sul suo passaggio smise un istante di avanzare pensando a come comportarsi, ma non fece in tempo a ponderare la fuga che la donna si alzò in piedi voltandosi a guardarlo. “Oh. Tu…” disse un po’ distaccata senza però risparmiargli un ghigno sensuale. “Non fare quella faccia, abbiamo litigato.” “Andiamo, sembra che il tema di oggi sia la pace…” la succube mollando la ramazza si avvicinò ancheggiando al ragazzo che non si mosse di una virgola. “Sai, ho conquistato io Ukobach.” “Eri stata tu a farlo arrabbiare, era tuo dovere.” Rispose l’altro scacciandola con una mano riprendendo a camminare, “Oi! Vorrei ricordarti che se non fosse stato per il signorino, non sarebbe mai successo…” Lamia gli sgattaiolò dietro ignorando i suoi modi bruschi. Il ragazzo strinse i pugni senza risponderle. “Andiamo… Non fare così…” La donna mise un finto muso per impietosirlo ma non sembrò efficace. “Lamia, lasciami solo.” “No.” Si fermarono sulla soglia della stanza degli Okumura fissandosi in cagnesco. Lei incrociò le braccia stizzita studiandolo a fondo mentre lui non lasciò trasparire la benché minima emozione. “Non mangio da giorni.” “Lo so.” “Vuoi continuare a fare l’offeso lasciandomi morire di fame.” Non ottenne risposta. “Oggi ho fatto l’esame medico obbligatorio.” “E..?” “Sono sano.” “E per questo ce l’hai con me?” “Certo che no.” Scossò il capo esasperato, “lasciamo perdere.” Sbuffò aprendo la porta della camera ma le mani cominciarono a tremargli. Era al quinto giorno dal bacio e non poteva nasconderlo. Lamia lo fissò in silenzio entrare in stanza ma prima che potesse chiudersi la porta alle spalle, ce lo buttò dentro lei con una spinta mettendo piede in camera a sua volta. “Che accidenti combini!?” sbottò Yukio voltandosi di scatto rantolando nel buio. Lamia gli bloccava l’unica via di fuga con la schiena premuta e le braccia aperte contro la porta ansimando in preda all’istinto animale. “Stammi bene a sentire. Sono arrivata al limite.” “Lamia?” Yukio indietreggiò mantenendo il sangue freddo più che poté. Ma le parole furono messe da parte non appena la donna scattando in avanti lo spinse sul letto con un bacio prorompente. Il ragazzo spalancando gli occhi non si era reso nemmeno conto di cosa stesse succedendo per la rapidità con cui gli eventi avevano cambiato rotta. Dopo un primo bacio, Lamia gliene dette un secondo ancora più possessivo e Yukio non riusciva a ribellarsi. Ma prima che ne ricevesse anche un terzo, fu la stessa succube a fermarsi guardandolo dritto negli occhi nella penombra. Il silenzio era spezzato solo dal loro fiato rotto e il ragazzo attonito si stava a poco a poco accorgendo di cosa Lamia avesse appena fatto. Aveva appena accorciato il suo guinzaglio. Da sette giorni a cinque probabilmente per ripicca ma lui non riusciva ad esserne arrabbiato. Si sentiva stranamente in pace e la cosa gli stava creando non poca preoccupazione. Si aggrappò con tutte le forze alla sua razionalità e afferrandola per le spalle tentò di allontanarla badando bene a non essere troppo brusco temendo ritorsioni. Lamia tuttavia opponendo resistenza tornò ad abbassare il capo sfiorandogli ancora le labbra senza però baciarle. Nel più completo silenzio, scivolò lungo la sua mandibola annusandogli il collo e prima che potesse protestare lo morse avidamente mettendo fine alla questione.
“Ra…Ragazze, credo che Yukio sia morto…” “CHE COSA!?” Lilith scattò in piedi sbattendo violentemente il bacino contro al tavolo della cucina trattenendo un urlo per il dolore mordendosi un labbro con gli occhi lucidi. Lamia alzò lo sguardo su Rin per nulla turbata, sorseggiando una tazza di caffè. A quanto pare sembrava aver trovato una bevanda di suo gusto. “Sono le undici di Sabato mattina e lui non dorme mai fino così tardi… Era immobile…” disse il ragazzo pallido in volto, ancora in pigiama, “Lamia!?” la sorella richiamò la sua attenzione facendole posare la tazza sul tavolo, “State calmi, sta solo dormendo.” Sospirò la donna assonnata, “Ieri ho finalmente potuto mangiare.” Riprese a bere guardando l’orizzonte, “E ci sei andata giù pesante a quanto pare.” Lilith la guardò storto, “Che vuoi? Se l’è meritato. Non si gioca col fuoco.” Lamia arricciò il naso seccata. “Quindi… sta bene?” Rin sembrò rilassarsi e vedendo le sorelle annuire, seppur non troppo convinte, trovò la forza per sorridere e andare flemmatico a prendere la sua colazione al bancone, “Meno male…” ridacchiò afferrando il vassoio, “Allora non mi preoccupo.”. Lilith lo guardò accigliata per poi sospirare e tornare seduta. Di fronte a lei non erano rimaste che ciotole spolpate. La ragazza dunque fissò la sorella lanciandole strane occhiate. Lamia incrociò il suo sguardo alzando un sopracciglio, “Che c’è?” ma Rin sedendosi a tavola interruppe le comunicazioni. “Gente… Servirebbe che qualcuno andasse a fare la spesa… Dopo ieri siamo a secco…” sbadigliò il ragazzo additando il frigorifero svogliatamente, “Ukobach ha svuotato il frigo in giro per il dormitorio, se ricordate…” “Vacci tu, no?” Lamia si abbandonò contro lo schienale della sedia mollando definitivamente il caffè, “Io?” Rin sbadigliò vigorosamente, “Ci andrei ma vista l’ora credo che preparerò qualcosa per pranzo con quello che è rimasto.” Disse prendendo un boccone di riso, “Ma Ukobach non si offenderà di nuovo se cucini?” Lilith tese i muscoli facciali memore delle massacranti pulizie della sera prima “Nah, ho il suo permesso!” sorrise l’altro mangiando con foga, “Piuttosto, bisognerebbe sbrigarsi… Mi fareste questo favore?” “Bello, e con che soldi paghiamo?” Lamia incrociò le braccia squadrandolo e lui smise un istante di ingozzarsi, “Beh…”.
“Lamia… Avete fatto pace o l’hai obbligato a farsi mordere?” “Domanda di riserva?” Le succubi passeggiavano per le strade dell’accademia dirette al supermercato.  Lilith teneva in mano la lista della spesa scritta da Rin e il portafoglio di Yukio nell’altra. Rin glielo era andato a rubare mentre dormiva mandando le sorelle in missione. Il suo sguardo fisso fece sentire Lamia a poco a poco sempre più a disagio finché stringendo stressata la borsa da shopping attorno al braccio, non si decise a parlare. “Diciamo che abbiamo fatto pace… A forza.” “Gli hai parlato dell’imprinting?” “Ma sei matta!?” sbottò la donna arrestando il passo arrossendo di colpo. “Non glielo dirò mai, tsk!” schioccò la lingua riprendendo a camminare impettita, “Ah… E allora come lo hai convinto?” “L’ho baciato… Più volte…” “Lamia, non si fa!” “Che vuoi!? Mi ha costretta… Poi con questa storia dell’imprinting non volevo lasciarmelo sfuggire per mancanza di fegato e… Ho placato la sua rabbia con la forza.” A quelle parole, Lilith scossò il capo sospirando, “Quando si sveglierà credi che si ricorderà qualcosa?” “Probabilmente… ma sarà sicuramente molto più predisposto nei miei confronti.” Si pavoneggiò l’altra sculettando, “Se lo dici tu…”. Giunsero di fronte al supermercato sudando per il caldo cocente del mezzogiorno. Lilith stava usando addirittura la lista per farsi aria mentre Lamia boccheggiava assonnata. “Così questo è un supermercato.” Osservò la donna alzando un sopracciglio, “Così pare…” L’altra si guardò attorno osservando il comportamento delle altre persone, “Entriamo?” domandò poi e senza ulteriore indugio avanzarono verso la porta automatica che spalancandosi le inebriò con l’aria condizionata. “Ohh grazie al cielo.” Sospirò Lamia chiudendo gli occhi restando impalata sotto il getto rinfrescante. “Ehrm.” Una signora si schiarì la voce trovandosi il passaggio sbarrato. “Lamia, spostati, blocchi la strada…” Lilith si voltò di scatto un po’ in imbarazzo e la succube svogliatamente si fece da parte lasciando passare la vecchia e il suo carrello. “Che palle.” La donna affiancò la sorella rimasta a guardare le casse, “Quindi, da dove cominciamo?” le chiese posando una mano sul fianco, “Per di là!” disse la piccola indicando il varco per accedere al primo reparto, “Andiamo…” cominciò ad avviarsi fermandosi soltanto per raccogliere un cestino verdastro vedendo che tutti ne avevano preso uno. “A quanto pare le cose che si comprano vanno qua dentro.” Disse a Lamia guardando il bizzarro cesto di plastica, “Come vuoi.” Sbuffò l’altra, “Cosa dobbiamo comprare in sintesi?” “Aspetta, ci guardo…” mentre attraversarono le sbarre automatiche, Lilith lesse pensierosa la lista punto per punto con gli occhi, “Qui dice come prima cosa carne di manzo…” quando però alzò gli occhi si trovò davanti una fila di cassette ricolme di mele di ogni colore. La ragazzina smise di parlare con gli occhi sbarrati e un rigolo di bava che le usciva a lato della bocca, “Allontaniamoci immediatamente da questo fottuto reparto.” Lamia la prese per le spalle spingendola lontano dalla zona ortofrutticola. “Hai detto carne di Maiale?” la donna cercò di distrarla facendola tornare in sé, “Ah… sì…” “Eccoci qua.” Disse allora la maggiore senza entusiasmo fermandosi davanti a una fila interminabile di frigoriferi colmi di carni crude e sanguinolente di ogni genere. “Splendido.” Alzò un sopracciglio fiutando l’aria, “E che profumino…” fu il suo turno di sbavare. “Lamia, no!” Lilith la tirò per un braccio cercando con lo sguardo il pezzo giusto da mettere nel cestino, “Dici che si possono assaggiare?” “Non lo so… Le altre persone non lo fanno…” ma mentre le parlava tirandosela dietro, la donna aveva agguantato con le unghie una confezione aprendola ancor prima di ricevere una risposta. Sentendo opporre resistenza, Lilith si voltò a guardarla accorgendosi della fila di braciole e petti di pollo dilaniati che si erano lasciate alle spalle, “Lamia! A te non dovrebbe interessare il cibo umano!” strillò la ragazza vedendola leccarsi le dita sporche di sangue, “Beh?” “Vieni, andiamo via!” Lilith, nel pallone, si sbrigò a trovare quanto richiesto per poi fuggire lontano dal banco carni pregando che nessuno si fosse accorto di loro. “Prossimo punto?” domandò Lamia quando furono al sicuro in una corsia neutrale di detersivi. “Sedano…” lesse l’altra deglutendo rumorosamente, “Dobbiamo tornare in quella zona maledetta?” alzò gli occhi incrociando quelli della sorella che strinse le labbra inebetita. “Ho un’idea: dividiamoci i compiti.” Se ne uscì con una proposta piuttosto intelligente che spiazzò Lilith. “Oh… Va bene!” saltellò sul posto guardandola con un sorriso, “Allora… Aspetta…” con uno strattone spezzò il foglio a metà dando alla sorella la parte vegetale, “Tieni.” Gliela porse con delicatezza e la donna la prese facendo una smorfia, “Bene. Troviamoci qua una volta finito.” “Perfetto.” Si dettero le spalle l’una con l’altra andando per la loro strada. Lamia camminando per nulla invogliata dallo svolgere quell’incarico, passò per le casse raccattando un altro cesto verde per poi tornare al reparto frutta e verdura venendo sommersa da vegetali di ogni genere. Con una smorfia di disgusto, sbirciò la lista per ricordarsi cosa dovesse prendere e cominciò a buttare dentro al cesto cose a caso in quantità discutibili. “Tanto paga Yukio.” Pensò facendo spallucce. Nel frattempo, Lilith camminava col naso per aria in cerca dei cereali. Vide quasi per caso quelli che voleva Rin stagliarsi sullo scaffale più alto e avvicinandosi notò che non ci sarebbe mai arrivata. “Perché!?” sospirò seccata fissando la scatola con la testa all’indietro. “E anche questa è fatta…” Lamia pensò ad alta voce inserendo l’ultimo tassello in quel cesto di verdure pieno fino all’orlo. C’era giusto stato l’ultimo porro piantato di traverso. Avviandosi verso la sezione detersivi dove aveva appuntamento con Lilith, si trovò però a passare di nuovo per la zona frigoriferi. Passato un primo scomparto dedicato al tofu e al natto, il suo naso tornò a guizzare sentendo profumo di sangue. Le vaschette che aveva aperto erano rimaste tali irradiando l’aria con un intenso odore di macello. Immobilizzandosi di colpo, il cesto le cadde di mano ribaltandosi sul pavimento mentre lei inerme fissava il rosso di quei grossi e succosi cosciotti invitanti. “Porca… Miseria…” Lilith in bilico sul cestino ribaltato e un altro paio di scatole prese in prestito per fare una scala, stava tendendo in vano un braccio allo stremo per afferrare i cereali, “Ci sono… quas…” toccando il cartone trattenendo il fiato però, le scatole sotto lei cedettero facendola cadere all’indietro. Atterrò di schiena urlando contro lo scaffare alle sue spalle sbalzando via i prodotti che vi erano stati impilati facendo crollare l’intera fila sul pavimento con un fracasso infernale. Il baccano fece sollevare di scatto la testa a Lamia intenta a succhiare un pezzo di bistecca al sangue. Si era accovacciata dentro al frigorifero con gli occhi da rettile e l’atteggiamento da bestia selvatica, mentre un commesso accortosi di lei non sapeva che fare. Il tizio addetto alle pulizie, la fissava a bocca spalancata con in mano lo spazzone per pavimenti. La donna, percependo il pericolo, saltò allora fuori dal refrigeratore con un salto a piè pari e recuperando il suo cesto con in bocca ancora il pezzo di carne corse verso la fonte del rumore. Il commesso vedendola scappare via, si avvicinò allora alle confezioni dilaniate mettendosi le mani nei capelli. “Lilith?” Lamia sputò il boccone divenuto bianco per la totale assenza di sangue trovandosi davanti la sorella sommersa da scatole e lattine varie. Sotto quell’ammasso colorato, la ragazza mosse una gamba lamentandosi con un lungo gemito. “Che succede qui?” Una donna con degli occhialetti da topo comparve accanto a Lamia sconvolta dallo spettacolo, doveva trattarsi della responsabile del supermercato. Accanto a lei, la succube riconobbe il commesso che l’aveva vista e sbiancò. “Ops…” le sfuggì di bocca un sussurro.
“Rin…” Yukio, rientrato in possesso del suo portafoglio vide che non vi era rimasto più nemmeno un centesimo. Erano le cinque del pomeriggio e le sorelle Evangeline erano tornate piuttosto provate dall’esperienza al supermercato. Loro e Rin erano in quel momento in camera dei ragazzi a testa china e sudavano freddo, “…Ti ammazzo.” Yukio chiuse gli occhi ancora steso nel letto, pronunciando quelle parole con un filo di voce. Il fratello sorrise sgranando gli occhi terrorizzato per poi guardare le ragazze con molto imbarazzo, “Sta scherzando…” ridacchiò sommessamente seppur tesissimo. “Yukio, ci dispiace…” Lilith guardò altrove troppo orgogliosa per scusarsi guardandolo in faccia, “Ma è successo un incidente te lo abbiamo raccontato…” “Già.” Lamia ripensò al fatto che oltre alla loro spesa, avessero dovuto rimborsare il supermercato di tutte le confezioni di carne martoriate e le scatole danneggiate dalla caduta di Lilith. In più la proprietaria aveva insistito affinché fossero loro stesse a rimettere tutto in ordine obbligandole a restare al negozio fino al tardo pomeriggio. “Siamo senza un soldo?” Rin girò involontariamente il coltello nella piaga facendo sospirare Yukio, “No…” disse prendendo fiato per poi alzarsi a sedere dopo un’intera giornata di riposo. Ora sembrava essere alquanto lucido, “Ma presenterò un conto con le spese extra a Lord Pheles per un rimborso.” A quella frase, Lilith rabbrividì. “Ora…” Yukio schiarendosi la voce buttò l’occhio all’orologio vedendo che ore fossero, “Conviene che le ragazze si vadano a preparare.” “Eh? Per cosa?” Lamia fece una smorfia stranita, “Oggi ci occuperemo del terzo punto della lista, saltando momentaneamente il secondo…” Il professorino si alzò in piedi sgranchendosi, “E quindi?” “La missione comprende l’esorcizzare un fantasma nel bagno del dormitorio femminile che compare solo in presenza di donne… Perciò…” sfilò loro accanto andando a mettersi la casacca, “Oggi tocca a voi.”.
“Buon pomeriggio a tutti.” Yukio accolse anche il resto degli studenti davanti al dormitorio femminile dell’accademia. “Oggi svolgeremo il terzo incarico della lista, approfittando dell’assenza delle studentesse. Perciò cerchiamo di concludere tutto entro sera.” “Ma come… E io che pensavo ci saremmo intrufolati di notte…” “Shima!” Koneko gli dette una gomitata arrossendo. “Bene…” Yukio si sistemò gli occhiali impassibile per poi rivolgersi a Shiemi e Kamiki. “Questa missione, visto che la scorsa è stata androcentrica, sarà svolta dalle nostre ragazze.” Il professore lasciò scivolare gli occhi anche su Lilith e Lamia. La più piccola sembrava alquanto turbata. Non le sembrava il caso di partecipare sul serio a questi incarichi. Venir scoperte sarebbe stato assai facile. “Ci sono domande?”. Notando che nessuno osava fiatare, il ragazzo proseguì col dare le direttive: “Dunque, innanzitutto voi quattro…” accennò alle ragazze, “Andrete al secondo piano fermandovi di fronte alla porta dei bagni nord.” “E voi che farete?” Izumo squadrò i ragazzi uno ad uno, “Noi vi raggiungeremo, non temete.” “D’accordo!” sorrise Shiemi tutta contenta. Lilith sbirciò verso Lamia preoccupata ma la donna era come suo solito molto menefreghista. “Se non ci sono dubbi, andate.” “Sì.” Kamiki si avviò per prima tenendo stretti tra le dita i talismani per l’evocazione delle sue volpi, mentre Ryuji la osservava intensamente senza apparente motivo mentre si allontanava. “Andiamo.” sbuffò Lamia girando i tacchi e Lilith buttando l’occhio verso Rin, non disse niente limitandosi a seguirla. “Yuki, ti vedo molto meglio!” Shiemi si fermò un attimo davanti a lui sorridendo raggiante, prima di seguire le compagne, “Oh…” il ragazzo alzò le sopracciglia sorpreso da quell’affermazione, “Le mie erbe devono aver funzionato!” ma la ragazza lo congedò rapida saltellando via soddisfatta. Il sorriso pacato di Yukio si tramutò all’istante in serietà e mentre gli altri ragazzi chiacchieravano alle sue spalle, si toccò i fori sul collo nascosti dietro al colletto aggrottando le sopracciglia. “Che silenzio…” Shiemi si era accodata alle sue amiche guardandosi intorno un po’ preoccupata, “A quest’ora saranno tutte ai club.” Rispose Izumo dalla testa della fila. In mezzo a quel sandwich, Lamia camminava flemmatica subito dietro a Lilith, intenta ad esaminare il corridoio. Notò con la coda dell’occhio i foglietti di Kamiki e si sentì attanagliare da una morsa allo stomaco. Aveva detto a Yukio di voler aspirare a diventare una Tamer solo perché sapeva di avere un certo controllo sui demoni minori ma esercitare tale controllo l’avrebbe portata a rivelare la sua vera forma e doveva assolutamente evitarlo. Quella era stata una pessima mossa. Non pensava che si sarebbe mai dovuta mettere in mostra. “Ehrm… Ecco…” la vocina di Shiemi ruppe di nuovo il silenzio mentre le quattro rallentarono il passo sempre più vicine ai bagni, “Voi…” si rivolse alle sorelle Evangeline affiancandole, “Cosa aspirate diventare?” “Che?” Lamia le rivolse un’occhiata sconcertata mentre Lilith rabbrividì sentendosi leggere il pensiero, “Sì ecco… Io col mio Nii-chan sto studiando per il meister di Tamer, così anche Izumo… Ma di voi non so ancora niente…” sorrise pacata la ragazza sforzandosi di non rompere il contatto visivo con la maggiore. Kamiki si voltò di sfuggita aggrottando le sopracciglia. “Bella domanda!” sghignazzò maliziosa Lamia incrociando le braccia, “Io a quanto pare studio per diventare Doctor.” “Come sarebbe a dire a quanto pare?” Izumo si voltò completamente posando le mani sui fianchi, “Parrebbe essere la cosa a cui sono più portata.” Tagliò corto Lamia fulminandola, la ragazza non disse altro facendo spallucce. “E tu… Lilith?” continuò Shiemi, la piccola sobbalzò evitando di guardarla, “Al test ho scelto… Tamer ma non ne sono molto sicura.” “Come non ne sei sicura? Hai mai evocato qualcosa?” “Deve averlo fatto. Altrimenti il professore non le avrebbe dato il via libera.” Kamiki tornò ad aprire bocca facendola rabbuiare. All’epoca avevano convinto Yukio con dei giri di parola ma non avevano mai dovuto svolgere dimostrazioni pratiche. “Ora che mi ci fai pensare, non ti ho mai vista evocare niente… Hai almeno i foglietti con te?” si preoccupò Shiemi, genuinamente interessata al suo andamento scolastico più che sospettosa di qualcosa. Prima che Lilith potesse risponderle, Lamia si fermò di colpo davanti a una porta, “Eccoci.” Disse secca facendo dimenticare alle ragazze di che si stesse parlando. “Oh… Il bagno nord.” Moriyama si avvicinò all’uscio estraendo dal taschino dell’uniforme il foglietto per evocare il suo piccolo green man. Pungendosi il dito in silenzio procedette col chiamarlo e la creaturina comparve sulla sua spalla saltellando, “Sono pronta!” annunciò la ragazza. Izumo in disparte, guardò i suoi sigilli infilandoseli in tasca, “Io aspetto.” Disse guardando Lilith. “Quindi, come ci muoviamo?” chiese Lamia guardando le altre, “Dobbiamo aspettare il professore Okumura se non sbaglio.” Le rispose Kamiki incrociando le braccia, “Cazzate, io entro. Prima finiamo e prima posso andare a fare i fatti miei.” La succube avanzò decisa verso la porta aprendola con uno strattone, “Ah!! Ferma, ma che fai!?” squittì Shiemi, mentre Izumo non sembrò in fin dei conti dispiaciuta di quella mossa. “Bene.” Disse infatti avanzando, “Se ci faremo male, Lamia penserà a noi.” Disse seguendo la donna, “Mentre tu, Lilith…” si voltò un istante a guardare la biondina rimasta immobile col volto pallido, “Cerca di non essere d’intralcio.”. Lilith sussultò sentendosi colpita nell’orgoglio e le fu alquanto difficile trattenersi dall’evocare seduta stante un bestione da combattimento come solo lei sapeva fare. Ma non era il caso, né il luogo o il tempo adatto. Sarebbe stato sconveniente trasformarsi in quell’occasione e avrebbe significato non solo darla vinta a lei ma anche a Eva. Così si atteggiò a superiore, entrando nel bagno ancor prima di Shiemi, rimasta a boccheggiare per l’agitazione. Avrebbe trovato un modo alternativo per combattere il fantasma. “Inari, dea delle messi io ti evoco con rispetto!” Izumo si decise ad evocare le volpi mentre si addentrava sempre di più in quel bagno inquietante. Il silenzio era pressante e stranamente anomalo. Sembrava che persino le gocce d’acqua che colavano dai rubinetti non emettessero suono. “Che bagno splendido…” si lasciò sfuggire Shiemi entrando. Si trattava di una stanza molto ampia, finemente decorata e arredata con incredibile classe che non soltanto comprendeva una fontana di lavabi centrale, ma anche un circondario di stazioni per il trucco e un accesso alla sala da bagno e toilette. Piccoli coal tar fecero capolino proprio dal fondo di quel corridoio destando la loro attenzione. I numerosi specchi rifletterono le sagome guardinghe delle ragazze frammentando lo spazio in decine di cornici. Lilith si fermò per ultima fiutando l’aria e inorridì vedendo i piccoli pulviscoli neri volteggiare tutti intorno a loro. “Lamia…” bisbigliò chiamando a sé la sorella senza farsi sentire dalle altre, “Che c’è?” la succube indietreggiò con nonchalance e si fermarono dietro i lavabi mentre le altre due proseguirono verso i gabinetti, “Come faccio a dimostrare di essere una brava Tamer senza evocare nulla?” mormorò la piccola guardando la sorella agitatissima, “Lo sai vero che mi stai chiedendo di calcolare la massa solare con due arance?” “Lamia, aiutami…” “Oh, no… Sei stata tu a voler insistere per segnarti Tamer, mica io.” “Ma chi ha insistito? Mica pensavo di doverlo dimostrare a tutti!” “Questo è un problema tuo.” Fischiettò Lamia facendole l’occhiolino, “Lamia, devo ripeterti per l’ennesima volta che se mi succede qualcosa, nostra madre…” “Psst, hey!” la voce di Yukio le interruppe. Le due si voltarono verso la porta e lo videro fare capolino ben nascosto dietro l’uscio, “Ci siamo anche noi, ditelo alle vostre compagne che per ogni emergenza siamo pronti a intervenire…” ma non fece in tempo a finire la frase che un urlo provenne dalla fine del corridoio allarmando tutti i presenti.
“Amaimon, sono io…” Mephisto seduto in poltrona guardava l’orizzonte da una delle grandi finestre del suo studio, teneva ben saldo all’orecchio il suo telefono cellulare con una mano e nel frattempo giochicchiava con un pezzo di scacchi dondolandolo tra le dita dell’altra. “No… no… Non ce n’è bisogno… Ho capito la prossima mossa da fare…” girò su se stesso spingendo la sedia per affacciarsi alla scrivania, dove una scacchiera era diventata teatro di un solitario agguerrito. “Non serve che tu faccia niente, vedi solo di tornare dopodomani sera…” con il pezzo che aveva in mano mangiò un cavallo dichiarando scacco matto, “…Se non vuoi perderti lo spettacolo.”.

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Capitolo 40
*** Capitolo XXXX ***


CAP 40

“Cos’è stato?” Lamia si girò di scatto aggrottando le sopracciglia, “Che facciamo?” Lilith sobbalzò cercando conforto in Yukio che però era sparito, “A quanto pare dobbiamo sbrigarcela da sole…” l’altra schioccò la lingua stiracchiandosi, “Benone.” Disse senza spirito cominciando a camminare, “Aspettami!” Lilith le corse dietro. “Crepa… racchia…” Lo spettro si era fatto vivo e non era altro che una marionetta con un ammasso catramoso sul volto, capace però di sputare le peggiori cattiverie mirando ai punti deboli delle giovani esorciste. Shiemi era stata afferrata da quelli che dovevano essere i suoi capelli, più simili a tentacoli d’inchiostro e altri occhi stavano facendo capolino nelle tenebre. Strangolandola sempre più forte la fece gemere di dolore e davanti agli occhi impietriti di Kamiki, il suo green man scomparve in quanto la ragazza era diventata troppo debole per mantenere l’evocazione. “Dannazione!” l’altra digrignò i denti guardando con la coda dell’occhio le sue volpi preparando una strategia. “Oi!” Lilith e Lamia arrivarono fermandosi a debita distanza, “Alla buon ora!” Izumo si voltò verso di loro iraconda, “Fate qualcosa!” strillò indicando Shiemi intrappolata. Lamia alzò le braccia come per dire di non aver voce in capitolo mentre Lilith sbiancò, “Avanti, tu… Dammi una mano!” Izumo le lanciò un foglietto per poi darle le spalle. “Non posso.” Sibilò la piccola senza fiato spalancando gli occhi ma Kamiki non la sentì. Battendo le mani cominciò a recitare una formula ponendosi tra le sue due volpi servitrici, “Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette…” contò fino dieci e Lamia alzò un sopracciglio davanti a quella bizzarra formula, “Cento e Mille, Dall’oltretomba tu vieni chiamato…” continuò a pregare congiungendo le mani. Lilith fissava il foglietto spiegazzarsi nella sua mano tremante ma non osò nemmeno provare ad evocare qualcosa. Anche perché quando alzò di nuovo lo sguardo, Izumo sembrò avercela fatta da sola e in un flash, lo spettro scomparve liberando Shiemi. Il silenzio e la tranquillità tornarono a calare su di loro mettendo in evidenza il fiatone di Izumo inginocchiatasi per la fatica. Rilasciò le sue creature guardando la compagna stesa a terra per poi voltarsi verso Lamia con uno sguardo inceneritore, “Oh, è il mio turno.” La succube si avvicinò alla compagna svenuta, ma prima che potesse sfoggiare chissà quale talento, Shiemi aprì gli occhi mettendosi a sedere da sola. “Oplà!” allargò le braccia la donna fingendo che fosse stato merito suo ma né Izumo né Lilith se la bevvero. Quest’ultima era rimasta immobile col pezzo di carta tra le mani e Kamiki voltandosi verso di lei lo notò cambiando espressione. Ogni suo pensiero fu però ostacolato dall’entrata in scena di Yukio, seguito dagli altri ragazzi intenti ad applaudire. “Complimenti, ce l’avete fatta.” Disse con quel suo solito sorrisetto finto. Ma a Lamia per poco non partì un polmone. Gli studenti infatti si erano tutti travestiti come ragazze, persino Ryuji che però non si era voluto fare la barba. Yukio dal canto suo, sembrava una Lamia mascolina e la donna scoppiò a ridere additandolo “Ma come vi siete conciati!?” starnazzò con le lacrime agli occhi, “Ci avete rubato l’idea…” Lilith intascandosi il sigillo, affiancò la sorella un po’ sconcertata ma con un principio di ridarella in volto mentre anche le altre due faticavano a restare serie. Persino Rin si era messo una parrucca e guardando Yukio in linea d’aria comparandolo a Lamia scoppiò a ridere indicandolo, “Sembri Lamia!” si spanciò frenando bruscamente la ridarella della donna, che sussultò presa contro piede, “Ha parlato il travestito!” rispose a tono incrociando le braccia stizzita. “Nah, Yukio non avrà mai quelle tette…” Shima, con vestitino fru-fru e codini arricciati si toccò il petto massaggiandoselo sognante e Koneko lo guardò di striscio facendo una faccia disgustata, “Shima, fai proprio schifo…”, Ryuji accanto a loro non si mosse di una virgola arrossendo come una scolaretta non appena si rese conto di come dovesse sembrare conciato in quel modo. L’unico davvero impassibile rimase Takara, che aveva messo una parrucca persino alla sua marionetta.
“Odio il lunedì.” “Ahh.. a chi lo dici… La domenica passa sempre troppo in fretta.” Sospirò Koneko camminando accanto a Shima e Ryuji. I tre si stavano avviando verso l’ala del corso comune dell’accademia per la prima ora del mattino. “Piuttosto, mi ci è voluta un’intera nottata per togliermi quel trucco appiccicoso dalla faccia.” Borbottò Ryuji tornando ad arrossire al pensiero. “E alla fine non è servito a niente…” “Come non è servito a niente? Io mi sentivo proprio DI-VI-NA.” Shima fece una piroetta seguita da un saltello parlando in falsetto. “Vedo che la tristezza del lunedì ti è passata in fretta.” “Stavo scherzando.” Il ragazzo tornò a incurvare le spalle appesantite dalla cartella. “Ragazzi… non pensate anche voi che nella nostra classe ci siano parecchie persone misteriose?” Koneko s’intromise nel discorso cambiando drasticamente argomento, “Eh? Come mai te ne esci con una domanda del genere dal nulla?” Shima lo guardò sgranando gli occhi, “Non so… stavo pensando a quel Takara…Chissà chi è veramente…” “So che il suo nome completo è Nemu Takara… Figlio del presidente della ditta di giocattoli Takara Hobby, ma non so altro.” Gli rispose Ryuji serissimo, “Ah, per la cronaca… È più grande di noi e frequenta il secondo anno.” “Che!?” entrambi i ragazzi sobbalzarono a quella rivelazione, “Ma se sembra un bimbetto!” balbettò Renzou incredulo. “E a proposito di sembrare dei bimbetti…” Koneko si grattò il mento pensieroso, “Anche Lilith Evangeline dimostra tutt’altro che 15 anni. Ammesso che abbia 15 anni.”.
“Che palle, pizzetto non poteva darci una chiave anche per le aule comuni?” sbadigliò Lamia camminando dietro a Lilith con le braccia incrociate dietro la testa. La sua cartella le penzolava dalle mani sbattendole ripetutamente sulla nuca per tenerla sveglia. “Dai, ogni tanto è bello fare due passi…” “Lo dici solo perché Amaimon è sparito di nuovo.”, Lilith si bloccò all’istante voltandosi verso la sorella, “Già…” mormorò come se avesse realizzato il senso della vita. “Di solito quando sparisce significa che non sta per succedere niente di buono…” deglutì per poi dare di nuovo le spalle a Lamia continuando a camminare. “Speriamo che sta volta non torni più.” Sbuffò allora la succube cominciando a fischiettare. Giunsero all’ingresso della scuola in concomitanza col suono della campanella ma non ci dettero troppo peso. “Uff… Che stress doversi sempre cambiare le scarpe.” Si lamentò Lamia fermandosi di fronte al suo armadietto. Lilith raggiunse il suo con tranquillità e prima di aprirlo si tolse le scarpe con garbo posando a terra la cartella. “Dai, sbrigati.” La sorella chiuse lo sportello lanciando a terra le scarpe da interno cominciando a infilarsele usando la punta del piede. “Sì, sì…” Lilith si chinò per raccogliere le sue da esterno strisciando i piedi scalzi sulla pedana per aprire la sua celletta quand’ecco che si trovò davanti una busta rosa caramella infilata tra le calzature pulite. Si alzò in punta di piedi per afferrarla mollando le scarpe a terra e se la rigirò tra le dita. “Ma che…?” “Che roba è?” Lamia allungò l’occhio sconcertata riconoscendo la scrittura di Mephisto “Oh? Un ammiratore segreto!?” Rin, in ritardo cronico sbucò alle loro spalle con in bocca una fetta di pane imburrato con una scarpa sì e una no infilata nei piedi per la foga di cambiarsi. “Rin!” la ragazza si voltò verso di lui sobbalzando, “N..No.. Ecco… Parrebbe essere da parte di… Mephisto.” Lilith lesse quel nome col batticuore. “Dal preside!? Gh… Che schifo…” Rin sputò inavvertitamente il pane pentendosene immediatamente, “Accidenti, la colazione!” la raccolse rapido soffiandoci sopra per poi trangugiarla, “Regola dei 5 secondi, ci vediamo!” sputacchiando briciole si defilò davanti allo sguardo attonito delle ragazze. Lilith tornò a guardare la busta ancora scalza ma Lamia prendendo le scarpine da interno della sorella gliele lanciò accanto ai piedi intimandola di sbrigarsi, “Muoviti.” Le passò accanto recuperando la sua cartella evitando di guardare la lettera misteriosa. Lilith rimasta sola, titubò sul da farsi ma in fine s’infilò le scarpe alla belle meglio e senza leggere il messaggio, mise la busta tra i denti prendendo la borsa e correndo in classe. 
“Allora, che voleva pizzetto?” Lamia guardò la sorella mentre si rilassavano all’ombra degli alberi sedute sul prato. “Oh, me ne stavo quasi dimenticando!” la ragazza frugò nella cartella mollando il sandwich che stava mangiando e ne estrasse la busta variopinta. “Non l’ho ancora letta…” si fermò a fissare quell’unico “A Lilith da Mephisto” scritto in grassetto e incorniciato da cuori e lustrini. “E allora? Che aspetti?” la succube alzò un sopracciglio mascherando la sua curiosità. “È che ho come la sensazione che sia una cosa seria… Altrimenti mi avrebbe scritto un sms…” “Bah, lo sai meglio di me che a lui piace giocare.” Fece spallucce Lamia guardando per aria. “Sarà… Allora la apro.” Disse col cuore in gola. Con le dita sollevò il lembo della busta incollato stando attenta a non strapparlo e quando l’ebbe aperta del tutto, prese il foglietto con delicatezza dispiegandolo con estrema cura. Trattenendo il fiato cominciò a leggere tra sé e sé scorrendo rapida parola per parola con gli occhi mordendosi un labbro per l’ansia. Il messaggio recitava:
Cara Lilith, o per meglio dire mia diletta Lilith. Spero che questa mia lettera che ti giunge al calar dell’estate ti trovi in salute. Io sto bene. L’altro giorno ti ho vista un po’ deperita, ti stai nutrendo a sufficienza? Potrei sembrare assillante in vero, ma la mia preoccupazione per te è del tutto sincera. Siccome vorrei che tu sapessi che non ho affatto accantonato quanto avvenuto nei giorni passati, riguardo l’incidente che ben sai, ci terrei a discuterne di persona in un tête-à-tête esclusivo alla mia dimora. Non sono questioni risolvibili né per messaggio né per telefono. Ho bisogno di godere del tuo sguardo solo per me. E dal momento che si tratta di un invito ufficiale, ho convenuto fosse opportuno scriverlo su carta di mio pugno. Questa sera sono lieto di invitarti alla mia residenza al livello più alto dell’accademia, ti basterà suonare al campanello col mio nome e il mio fedele servitore verrà ad aprirti. Ti aspetto per l’ora di cena e mi raccomando non fare tardi! Ho in mente per te qualcosa di sfizioso. PS: Si richiede l’abito elegante, possibilmente con scollatura ⋆”
Lilith strabuzzò gli occhi divenendo paonazza. “Un…Appuntamento...?” biascicò incredula. “Che!?” lamia le strappò sgarbatamente il foglio di mano per leggerlo lei stessa e la ragazza non si mosse di una virgola lasciando le mani a galleggiare a mezz’aria. Lamia lesse con foga parendo sempre più schifata e il disgusto culminò in quel PS indecente, “Terrificante!” la donna le restituì il foglio sbattendoglielo praticamente in faccia ma la ragazza era ancora troppo scioccata per reagire. “Vuoi andarci sul serio!?” la sorella fece una smorfia rabbrividendo ma Lilith annuì lentamente a scatti sempre più rossa in volto. “Ah, ma con chi credo di parlare? Certo che ci andrai!” sbuffò la succube buttandosi all’indietro sull’erba, “Io ci rinuncio!”.
“Mh? Le senti anche tu?” Rin alzò gli occhi dal fumetto che stava leggendo sul letto del fratello guardando il soffitto. Continuavano a sentirsi rumori di passi frenetici misti a mobili striscianti e tonfi sordi provenire dal piano di sopra. “Staranno riordinando.” Yukio smise un istante di scrivere sul suo taccuino alla luce della lampada da scrivania. Fuori era quasi il crepuscolo. “Mah…” Rin tornò a sdraiarsi voltando pagina ma un altro rumore secco lo fece destare di nuovo. “Sentito?” “Sì, Rin, ce le ho le orecchie.” Sospirò l’altro togliendosi gli occhiali per massaggiarsi le tempie. “Sto cercando di ignorarle per potermi concentrare.” Rinforcò le lenti riprendendo ad appuntarsi nomi di piante dal libro di testo. “Sai che oggi Lilith a ricevuto una lettera da Mephisto?” “Quale parte di sto cercando di ignorarle per potermi concentrare non hai capito?” “Ok, scusa…” Rin si immerse nuovamente nella lettura cucendosi la bocca. “Lamia non ho niente da mettermi!” strillò Lilith in lacrime con addosso un prendisole inadatto all’occasione. Aveva ribaltato mezza camera nella disperata ricerca di qualcosa di elegante, sapendo benissimo di non averlo e ora piagnucolava seduta sul pavimento di fronte al casino che aveva fatto. “Oh, dopo metti a posto eh?” Lamia la stava ignorando leggendo una rivista osé infossata nel letto della ragazzina. “Aiutami ti prego!” la ragazza si voltò a guardarla disperata ma la sorella di tutta risposta voltò pagina senza degnarla della minima attenzione. “Lamia!” “Che vuoi!?” spazientita abbassò il giornale arricciando il naso, “Non so cosa mettermi!” “Senti, non abbiamo niente che corrisponda alla descrizione e personalmente credo che come ti vesti debba essere affar tuo e basta. Io ci andrei in uniforme.” “Dici?” “Sì, dico. E datti una mossa che sono le sette.” “Merda!” Lilith si tirò in piedi lanciando via anche quell’abito aggiungendolo al mucchio, “Vada per l’uniforme!”. “Ancora non capisco perché ti stia agitando tanto…” “Lamia è… È un appuntamento…” Lilith s’infilò la camicetta prendendosi poi il viso tra le mani, “Sogna, sogna.” Lamia aveva ripreso in mano la rivista per nulla interessata, “Sono un po’ agitata tutto qui.” Sbuffò la piccola mettendosi la gonna e il suo look era completo. Guardandosi poi attorno si rese conto del marasma che imperversava nella loro camera e deglutì rumorosamente. “Rilassati e comportati come faresti di solito. Dopotutto vai lì per parlare dei tuoi problemi.” Fece spallucce la succube rompendo il silenzio. “D’accordo.” Lilith trovò la forza di sorridere e prendendo la borsetta col cellulare se la appese alla spalla facendo una piroetta. “Allora io vado!” “Eh? Ferma lì devi mettere a pos…” ma la ragazza si era già defilata correndo giù per le scale a tutta velocità. “…To…” Lamia sospirò lasciandosi cadere la rivista sulla pancia. “Fanculo.” Sussurrò fissando il caos primordiale che aveva lasciato. “I rumori hanno smesso…” Rin non riusciva proprio a darsi pace, e Yukio si riempì i polmoni d’aria per non esplodere. “Yo.” In quel momento, Lamia entrò spalancando la porta e il ragazzo si lasciò sfuggire un urlo isterico chiedendo il perché a Dio. La donna si fermò sulla soglia con un sopracciglio alzato ma poi ignorandolo si chiuse l’uscio alle spalle entrando in stanza, “Lamia, hey…” Rin mollò il fumetto ricomponendosi, “Perché sei qui?” sorrise un po’ teso, “Rilassati, mia sorella è andata alla villa di Mephisto lasciandomi tutta sola così ho pensato a voi.” “Che onore…” disse Yukio senza voltarsi continuando a scrivere come poteva. “Cosa? Lilith è andata fin là da sola? Perché?” Rin si mise a sedere a gambe incrociate seguendo con lo sguardo Lamia sedersi accanto a lui, “Hai visto anche tu che stamattina ha ricevuto una lettera da parte di pizzetto…” “Pizzetto?” “Mephisto.” “Ah… Sì, quindi?” “A quanto pare l’ha invitata a un appuntamento galante…” pronunciò le ultime due parole con dichiarato ribrezzo. “Cosa!? Un appuntamento con quello!? Vomito!” Rin si sentì male tappandosi la bocca, “E poi che razza di lolicon è Mephisto!? Schifo…” “Per quanto anche io non apprezzi pizzetto, non è come pensi.” “In che senso?” Yukio finalmente le dette udienza voltandosi sulla sedia, “Vedete, tra lui e mia sorella tecnicamente non c’è poi tanta differenza d’età. Si sta parlando in sostanza di migliaia di anni. Centinaio più centinaio meno cosa volete che sia?” “Mille anni!?” “Che hai da guardare così? Per noi è perfettamente normale.” Lamia guardò Rin seccata, “Quindi capite quanto questo appuntamento sia in fondo del tutto consono e legale se così la vogliamo mettere. Il corpo che poi si è scelta mia sorella è un’altra storia.” “Già…” il ragazzo rabbrividì, “Piuttosto… Non credevo che tra lei e il preside ci fosse qualcosa…” “Diciamo che è complicato… Avete mai sentito parlare di imprinting?”.
Lilith era immobile davanti al portone d’ingresso della villa, di un bianco sgargiante. Il sole alle sue spalle era tramontato del tutto e il cielo cobalto cominciava ad avvolgere tutto nella sua oscurità. D’un tratto guardandosi i piedi si sentì in enorme imbarazzo per come si stava presentando a quella sontuosa dimora. Poi prendendo fiato si convinse di essere perfetta e con coraggio suonò il campanello restando in attesa. Dopo neanche una manciata di secondi, un maggiordomo le aprì la porta accennando a un inchino, “Madame Lilith, il mio padrone vi sta aspettando.” Disse dilungando la reverenza facendosi da parte. “Prego, accomodatevi.” “Oh… Sì… Grazie…” “Potete chiamarmi Belial, sarò al vostro servizio questa sera.” “D’accordo… Grazie, Belial.” La ragazza mise piede all’interno dell’edificio un po’ insicura venendo abbagliata dallo sfarzo. In alto un enorme lampadario di cristallo svettava su una scalinata ricoperta da un tappeto pregiato. Alle pareti quadri e decori raffinati riempivano l’atmosfera rendendola quasi soffocante. “Da questa parte.” L’uomo la esortò a seguirlo mentre lei gli si accodò col naso per aria per ammirare quel luogo magico. Percorsero un centinaio di metri, o forse duecento prima di svoltare l’angolo e proseguire lungo un altro corridoio. Quel posto era immenso. Quando finalmente giunsero davanti all’ultima porta, il distinto signore si fermò impettito contro il muro facendola avanzare per prima, “Il padrone si trova oltre questa porta, siete arrivata.” Fece l’ennesima reverenza restando poi immobile. Lilith squadrandolo da capo a piedi deglutì per poi avanzare, “Solo un istante.” Belial la fermò sfilandole la borsa, “Permettetemi di prendermi cura dei vostri effetti personali.” Detto questo, la ragazza fu finalmente libera di andare per la sua strada. Senza più costrizioni, bussò delicatamente sulla porta e la aprì con garbo attraversandola. “Mephisto… È permes..?” ma la frase le si bloccò a metà trovandosi immersa in una pittoresca stanza circolare, dalle pareti altissime culminanti in una volta arzigogolata. Decorazioni spiccavano in ogni dove, compresi numerosissimi scaffali di action figures, manga, statuette varie, ninnoli, videogiochi, console di ogni genere, un televisore al plasma mastodontico, pouf, cuscini impilati di diverse misure e pupazzi sparsi anche sul pavimento. L’ammasso di oggetti in quella singola stanza era stupefacente. In più di fronte a lei si stagliava un sontuoso letto a baldacchino addobbato dalle lenzuola più improbabili.  “Ti stavo aspettando.” Mephisto si votò a guardarla mollando il controller della playstation sul pavimento. Era seduto in mezzo a quella pila di cuscini davanti alla tv con in bocca un ghiacciolo azzurro e indossava quel provocante kimono casalingo delle famose foto. Lilith deglutì notandolo ma cercò di non farsi intimorire. Rendendosi conto che però erano entrambi molto casual si rilassò ulteriormente. “Belial, alla cena penso io. Ritirati.” L’uomo, posando il gelato su un vassoio, parlò rivolto alle spalle di Lilith immobilizzatasi e il maggiordomo rispose pacatamente dileguandosi. “Pazzesco…” mormorò la ragazza percorrendo la volta partendo da un punto dietro di lei fino a Mephisto, rimasto a guardarla in silenzio. “Ti piace?” “Sì… Ci sono così tante cose…” “Si tratta della mia collezione, cara.” Il demone si alzò in piedi avvicinandosi a lei, “Coraggio, avvicinati…” le porse una mano ma il suo sguardo scivolando alle sue spalle incrociò quell’enorme letto facendola arrossire. Possibile che la stesse invitando a… No, no… Scossò la testa impercettibilmente e afferrò la sua mano titubante. Lui scivolando verso di lei le baciò il dorso guardandola negli occhi. “Da quanto tempo…” “Un giorno…” la ragazza distolse lo sguardo riprendendosi la mano imbarazzata, “Un’eternità.” Mephisto continuava a fissarla non facendo che metterla ancora più a disagio. “Mh… Ti vedo molto spartana…” L’uomo poi la squadrò da capo a piedi lisciandosi il pizzetto pensieroso, “Vediamo che posso fare…” leccandosi un labbro schioccò le dita cambiando abito a entrambi. “Molto meglio.” Sogghignò studiando l’abito da sera che fasciava Lilith come un guanto. La scollatura era piuttosto generosa ma perfetta per il suo fisico. Lunghi guanti scuri la coprivano fino al gomito dandole l’aspetto di una donna dell’alta società, in più aveva provveduto a raccoglierle gli scompigliati riccioli biondi in una crocchia elegante facendole addirittura dono di un paio di orecchini di diamanti. “Oh…” la ragazza si guardò il seno meravigliata. Anche Mephisto ora indossava un completo elegante che lo rendeva dannatamente affascinante. “Immagino sarai affamata…” aggiunse l’uomo preparandosi a schioccare le dita una seconda volta, “Eins, zwei… Drei.” La stanza mutò, trasformandosi in una sala da pranzo con una ricca tavolata imbandita, “Permetti?” Lilith se lo trovò alle spalle pronto a farla accomodare sulla sedia e lei non se lo fece ripetere due volte sedendosi però un po’ impacciata. Mephisto comparve poi all’altro capo del tavolo seduto composto davanti al suo piatto. Con tutti quei metri a separarli, era tutt’altro che una cenetta intima. Però le luci, abbassandosi, dettero spazio a quel lume di candela di classe che cambiò drasticamente atmosfera facendo battere il cuore a Lilith. “Non sei di molte parole, stasera…” l’uomo prese un sorso dal calice di vino comparso davanti ai loro nasi, “Sono… Ecco… Un po’ sconvolta…” confessò la ragazza prendendo il suo bicchiere. Era successo tutto in un battito di ciglia, letteralmente. “Oh, chiedo venia… Avrei dovuto avvertirti…” “No, no… Avrei dovuto saperlo…Samael.” scossò il capo lei assaggiando il vino. “Or dunque, che mi racconti di bello? È da tanto che non ci si vedeva con cotanta privacy.” “Ultimamente sei stato molto preso dal lavoro, mi pare.” “Sì, è così e me ne duole. Infatti ho approfittato della prima sera di libertà per invitarti. Fremevo in attesa di questo giorno.” “Di che mi volevi parlare?” “Dritta al sodo, eh? Mi piace…” Mephisto la guardò attraverso il calice di cristallo. “So che riguarda… L’incidente…” “Proprio così. Una materia tanto delicata poteva essere discussa solo in un’occasione come questa.” Posò il bicchiere stiracchiandosi le dita le uno contro le altre. “Ma parliamone davanti alla cena.” Disse schioccando le dita. Due ciotole di Ramen istantaneo apparvero sulla tavola e una teiera fluttuante versò acqua bollente prima in una e poi nell’altra. “Bene, mentre aspettiamo che sia pronto…” “Ramen istantaneo?” alzò un sopracciglio Lilith fiutando il prodotto, “Della migliore qualità.” Ribatté l’altro impostando il timer con un altro schiocco. “Sarà pronto in cinque minuti.” La guardò rapito. “Quindi… Che succede?” “Come, prego?” “Non giriamoci attorno, cosa vuoi dirmi?” “Oh… Vedi…” Mephisto guardò altrove pensieroso, “Da dove incominciare..?” chiese all’aria grattandosi il mento. “Oh sì. Prima di tutto sono davvero lieto che tu abbia accettato il mio invito seppur con così poco preavviso. Poi ci tengo a ribadire le mie più sincere e concitate scuse per l’accaduto. Come hai ben potuto notare, Amaimon non si è più fatto vivo da allora ma ti posso assicurare che le scuse sono anche da parte sua.” “Amaimon?” “Sì, era oltremodo dispiaciuto anche lui.” “Difficile da credere…” Lilith aggrottò le sopracciglia un po’ dubbiosa, “So che per te è difficile crederlo essendo stato lui l’artefice di tutto ma l’ha fatto per il puro piacere della curiosità. Resosi conto di cosa effettivamente avrebbe comportato si è sentito affranto e per tale motivo ha scelto di non farsi vedere per l’imbarazzo.”. Ancora un po’ dubbiosa, Lilith lo guardò stranita ma scelse di credergli sospirando, “Se è come dici tu, mi piacerebbe incontrarlo per sentire le sue scuse di persona.” “Se è ciò che vuoi, ti sarà dato.” Sogghignò l’uomo. “C’è altro?” “Quanta fretta mia cara… Avanti, gustiamoci questo lauto pasto.” Disse scoperchiando la coppa di Ramen liberando vapore profumato. Lilith lo imitò prendendo poi le bacchette. L’odore era tutto sommato invitante. Così prendendone una boccata ne rimase deliziata. “Sono di tuo gusto?” domandò Mephisto studiando la sua reazione, e lei annuì in estasi, “Me ne compiaccio…” mormorò prendendone a sua volta un boccone. “Quindi?” Lilith si pulì la bocca tamponandola col tovagliolo, “Quindi… Mettendo un attimo da parte il discorso Amaimon…” il demone posò le bacchette un istante inalando i fumi delicati della sua porzione bollente, “Vorrei parlarti nel dettaglio di cosa mi ha tenuto impegnato così a lungo.” “Ti ascolto…” Lilith posò a sua volta le bacchette a lato del piatto con lo stomaco chiusosi dall’ansia. “Devi sapere che… In giro per il globo hanno iniziato ad avvenire manifestazioni sempre più irruente di impurità, anche più potenti di quella che hai visto a Kyoto.” A quelle parole Lilith sbiancò. “E non è tutto…” Mephisto scrutò ogni mutamento della sua espressione moderando i toni, “I fenomeni stanno aumentando con sempre più frequenza. Parrebbe che Astaroth stia disperatamente cercando qualcosa o… Qualcuno.”, Lilith abbassò lo sguardo in silenzio, “La mia domanda in questo caso sarebbe perché mai? Ma non è il tempo di porsi quesiti. Bensì una seconda scoperta ha destato il mio interesse o per meglio dire sono stato obbligato a destarne.”. L’eco della sua voce si depositò nelle pareti lasciando Lilith col fiato sospeso, “Va avanti…” “Coraggio, non tutto in una volta…” Mephisto inclinò la testa di lato sogghignando. “Mi concederesti un ballo, prima?” “Un ballo?” a quella domanda, l’uomo chiuse gli occhi e senza bisogno che schioccasse le dita, si udì una melodia potente crescere tutta intorno a loro. Come si alzò da tavola, questa scomparve assieme alla loro cena e Lilith si trovò in piedi davanti a lui su una pista da ballo dorata. “Tra le quattro stagioni di Vivaldi ho scelto per te l’estate… In onore di questa stagione agli sgoccioli…” mormorò lui prendendole le mani. Una musica di soli violini pervase il salone, ma questa invece di essere soave e cullante era quasi violenta. Avvicinandola a lui la sospinse poi lontano facendole fare una piroetta. Recuperandola con eleganza la guidò in un Valzer energico trasportandola con veemenza a tempo di musica. Quella melodia era un crescendo di tensione, così come Lilith sempre più sulle spine. “Su queste note cariche di pathos sto per comunicarti una notizia a dir poco sconvolgente.” Annunciò Mephisto avvicinandola ulteriormente a lui, “Devi sapere che… Qualcuno è riuscito ad aprire un Gehenna Gate artificiale e a collegare il nostro mondo ad Assiah.” Lilith sgranò gli occhi pietrificandosi continuando però a venir costretta a danzare. “Ciò significa che chiunque può passare indisturbato…Senza bisogno di espedienti come la tua trasformazione…” “Sta arrivando…” sussurrò la ragazza senza fiato. Mephisto la guardò negli occhi lasciando che fossero loro a parlare e la vide cedere. “Non possiamo fare niente?” Mephisto le fece fare una piroetta, “Ahimè no, ho provveduto a sigillarlo momentaneamente ma durerà poco e mi costa incredibile fatica.” Si fermò un istante mostrandole parte della clavicola pervasa da piccole chiazze nere e lei sussultò. “Stai corrompendo il tuo corpo per proteggermi?” ripresero a ballare, “Sì.” La guardò fisso. “Oh… Non… Non va assolutamente bene.” La ragazza distolse lo sguardo agitata, “A questo punto sarebbe meglio che io mi rivelassi fermando questa follia.” “Ed è qui che entra in gioco la mia idea.” Lilith tornò a guardarlo negli occhi spaesata, “Avevi previsto tutto?” “Calma… Come nel gioco degli scacchi vi sono mosse e contro mosse… Io ho semplicemente pensato a una contro mossa.” Scivolarono guidati dai violini, “Dato che l’arrivo di Eva è imminente e inevitabile, e che tutto il mondo ne pagherà le conseguenze se stiamo a guardare…”, Lilith si sentì sempre più nel pallone, “Il mio piano sarebbe di precederla attirandola in una trappola qui in accademia.” “Una trappola? Stiamo parlando di mia madre, non abboccherebbe mai.” “Oh, al contrario… Non si tratta infatti di un attacco a volto scoperto ma un sotterfugio… Devi solo fidarti di me.” “Mephisto io…” “Arriverà comunque, meglio premunirsi.” Insistette e lei cedette sospirando. “Va bene… Che devo fare?” capitolò e l’uomo interrompendo le danze, si allontanò da lei sfilandole un guanto per baciarle di nuovo la mano. “Speravo lo dicessi.” Accarezzandole le dita mollò la presa per poi darle le spalle. “Amaimon.” Chiamò l’uomo paralizzandola. I violini cessarono lasciando spazio ai pesanti passi del giovane demone che giunse loro in contro tagliando a metà il salone. “Lilith, felice di rivederti.” Disse guardandola mentre si avvicinava nascondendo un braccio dietro la schiena. Poi quando le fu abbastanza vicino arrestò il passo rivelando ciò che stava nascondendo. Una succosa mela rosa si parò davanti al viso della giovane che capì all’istane i loro intenti. Mephisto sogghignò accarezzandole il viso, “Tutto ciò che dovrai fare è mordere questa mela stanotte.”.

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Capitolo 41
*** Capitolo XXXXI ***


CAP 41

“Imprinting?” Rin guardò Lamia sbattendo rapidamente le palpebre mentre Yukio cercò di non far trasparire la sua curiosità seppur mettendosi più comodo sulla sedia per poterla fissare in silenzio. “Già, è una cosa da demoni. Vedo che non siete molto informati, pazienza.” Fece spallucce la succube scivolando con la schiena contro al muro sistemandosi sul materasso. “Di che si tratta?” Yukio aprì bocca perentorio facendola sogghignare. “Già e cosa c’entra col fatto che Lilith sia da Mephisto?” aggiunse Rin sempre più confuso. “Oh… Vediamo…” la donna si leccò le labbra pensandoci un po’, “Mettetevi comodi, è una storia lunga.” Batté il pugno contro il palmo della mano catturando i loro sguardi. “Credo che sia iniziato tutto… Cinque o Seicento anni fa… Non mi ricordo di preciso ma fu la prima volta che io e mia sorella scappammo di casa.” “Assurdo…” Rin impallidì cercando di figurarsi un arco di tempo superiore ai 10 anni, Yukio invece sembrava impassibile, “All’epoca nemmeno io ero ancora una succube completa, nel senso che non ero ancora stata deflorata e quindi potevo possedere solo corpi di bambine o adolescenti.” “Che? Quindi tu, insomma… E Lilith? Ohh…” il mezzo demone farfugliò qualcosa un po’ in imbarazzo mentre l’altro alzò le sopracciglia sistemandosi gli occhiali muto come un pesce. “Sì, Lilith non ha ancora compiuto quel balzo ma per ragioni ovvie. Nostra madre ci tiene d’occhio, ma è una storia ancor più lunga dell’imprinting.” “Ecco, torniamo a quello.” Il professorino la scrutò a fondo in preda alla sete di sapere. “Giusto… Stavo dicendo? Ah sì… Seicento anni fa scappammo di casa e fu la prima volta che incontrammo Mephisto.” Lamia guardò l’orizzonte per cercare di afferrare il ricordo, “Eravamo nel deserto del Sahara e non essendo mai state su Assiah da sole per noi era tutto nuovo, un’avventura. Io e Lilith ci eravamo trovate a seminare zizzania tra le dune, apparentemente indisturbate ma evidentemente avevamo attirato l’attenzione della Chiesa che mandò proprio pizzetto a vedere di cosa si trattasse il misterioso fenomeno. A quel tempo i viaggi erano lunghi e dispendiosi e le voci non erano chissà che attendibili, quindi lui col suo dono avrebbe potuto sistemare alla svelta la questione. Così giunse a cercare quella chimera di cui era giunta voce sino allo Stato Pontificio finendo col trovare noi.” Ridacchiò sotto i baffi al pensiero, “Io e mia sorella ci eravamo nascoste vedendolo arrivare. Percepivamo che non fosse umano e lo credevamo un emissario di nostra madre. Ma Lilith no, lei uscì dal nascondiglio andandogli in contro e fu allora che notai lo sguardo di Mephisto cambiare. Non è una sciocchezza, l’imprinting è quasi impercettibile ma quando nasce, si nota se stai attento.” “Come una sorta di amore a prima vista?” “Molto peggio. Per voi umani l’amore è un concetto volatile, addirittura noi demoni lo crediamo una semplice illusione. Ma all’imprinting non si può scappare. È viscerale e assolutamente categorico, non puoi scegliere con chi averlo ma accade. È sì quanto di più simile a quello che voi umani chiamate Amore, ma assoluto e incorruttibile. E come tale, un demone non può fare in modo che esso venga ricambiato. Porta all’ossessione e all’attaccamento sopra ogni cosa e diventa punto debole dello stesso. Se poi si considera la possibilità che accada nei confronti di un essere umano e che questo ha vita breve, per un demone rappresenta una vera e propria tortura.” “E a te è mai successo?” Rin la osservò con la bocca socchiusa, e la donna guardò involontariamente Yukio per poi fare spallucce e scossare la testa dissimulando con una risatina, “No... L’imprinting non è passeggero e accade una volta sola. È un attaccamento ossessionante e dura per l’eternità. Avviene quando si percepisce il partner perfetto ed è molto raro trovarlo.”, pronunciò quelle parole come un sussurro cercando di non guardare il ragazzo. “Tornando a Mephisto, fu evidente che subì tale sortilegio guardando mia sorella. Solo lei è così stupida da non essersene accorta, accecata com’è dal professarsi la donna più bella di tutta Gehenna. È abituata che tutti la rincorrano e perdano la testa per lei ma non sa distinguere il puro desiderio carnale dall’imprinting.” “Quindi il preside…” Rin spalancò la bocca incredulo, “Avanti, pensaci bene… Non hai mai notato comportamenti bizzarri da parte sua nei confronti di Lilith?” “Oh… Ora che mi ci fai pensare…” il ragazzo spalancò gli occhi, “Le passeggiate in giardino, le continue gite in presidenza, il suo apparirle sempre sotto il naso, Kyoto e la spiaggia…” elencò Yukio realizzando l’ormai ovvio. “Esatto.” Lamia guardò prima l’uno poi l’altro soddisfatta. “Era quindi inevitabile che prima o poi… Si vedessero in privato.” Guardò altrove inorridendo. “Anche se non sono sicura che Lilith ricambi.” “Come non ne sei sicura?” Rin inclinò la testa confuso, “Pur essendo mia sorella, l’imprinting è difficile da notare se non nel momento in cui avviene. Di solito i demoni lo fanno passare per altro o lo nascondono perché rappresenta un punto debole. Una creatura senza cuore non può permettersi di legarsi a qualcuno in quella maniera. Come già detto, non porta che a sofferenza e struggimento nel caso non venisse ricambiato.” La donna strinse le labbra come se la sapesse lunga. “Pizzetto è un caso a parte, pur il suo atteggiamento, essendo sempre tanto enigmatico non si sarebbe mai detto ne fosse soggetto se non avessi assistito io stessa alla nascita dell’ossessione.” Incrociò poi le braccia buttandosi all’indietro sul letto spaparanzandosi. “Poteva benissimo passare tutto per un gioco ma non lo è.” Sbuffò guardando Rin e Yukio. Quest’ultimo assottigliò lo sguardo con la testa affollata di pensieri. “Bah…” si voltò dandole le spalle tornando alle sue carte, “Se è come dici, che succederebbe se Lilith ricambiasse?” Rin si sedette più composto cambiando posizione, “Probabilmente se entrambi ne fossero soggetti e lo venissero a sapere, niente li fermerebbe dallo stare insieme per sempre e procreare. Un po’ come fate voi col matrimonio diciamo.” Fece spallucce Lamia piegando le braccia dietro la testa. “C’è però da dire che spesso e volentieri i demoni sono poligami e se ne fregano. Anche se dubito sia il caso di pizzetto e mia sorella.” Ridacchiò divertita, “Specialmente parlando di imprinting.”. Lo stomaco brontolante di Rin interruppe la conversazione e il ragazzo si guardò la pancia sorridendo imbarazzato, “Eh… Credo sia ora di cena…” ridacchiò.
Lilith fissava quella mela inerme alle carezze di Mephisto. “Devo farlo… Qui e subito?” mormorò alzando gli occhi su di lui tremando. Amaimon si rigirò il frutto tra le dita facendolo rotare come una palla da basket guardando la ragazza con un mezzo sorrisetto. “No, mia cara… Ho predisposto un luogo adatto all’impresa… Seguimi.” L’uomo le porse una mano allontanandosi di qualche passo con lentezza ed eleganza, “E lasciatelo dire, questo vestito ti sta davvero d’incanto. Non potevi essere più splendida per quello che ci attende.” Lilith abbindolata dal complimento, gli afferrò la mano un po’ riluttante e lui la prese a braccetto cominciando a camminare verso l’uscita della sua dimora. “Amaimon, andiamo.” Chiamò il fratello che li seguì a ruota affiancando Lilith che lo guardò con la coda dell’occhio col braccio intrappolato dalla presa dell’altro. “Ogni volta che sparisci torni con una sorpresa...” Gli sussurrò e lui fece un mezzo ghigno sollevando la mela poggiandosela contro la guancia, “Finalmente ti rivelerai per ciò che sei… Non potevo non assistere…” le rispose leccando il frutto, “Delizioso.” Aggiunse guardandola dritta negli occhi. 
“Uffa ma quanto ci mette a tornare?” Lamia si era spaparanzata sul letto di Yukio come se avesse messo le radici e si stava annoiando a morte. Dopo cena, dove ovviamente non aveva toccato cibo, erano tornati in camera a non far nulla. Erano tutti intenti a rigirarsi i pollici tranne Yukio, ancora all’opera. Ad un tratto però il suo telefono squillò rompendo il silenzio. La donna lo osservò sollevare la cornetta portandosi l’aggeggio all’orecchio mentre Rin invece era tornato al suo fumetto, “Pronto, parla Okumura.” Disse mollando la penna, “Lord Pheles…” a quel nome, entrambi i ragazzi gli rivolsero le loro attenzioni, “Va bene, ho capito. Raduno subito i miei studenti. Sì, sì… No. Non ancora. Esatto, allora procedo. Buona serata.” Riagganciò restando in silenzio a fissare un punto vuoto davanti a lui. “Che voleva pizzetto?” Lamia aggrottò le sopracciglia, “E dov’è mia sorella?” si fece sempre più seria. “Mi ha appena comunicato di procedere col settimo punto della lista. La villa impossibile da raggiungere. Credo che tua sorella sia ancora con lui, ha detto di starsi godendo la serata.”, Lamia fece una smorfia disgustata guardando altrove, “Immagino che allora lei non parteciperà a questa missione…” disse schifata. “Direi proprio di no.” Yukio si sistemò gli occhiali girandosi verso di loro strisciando la sedia, “Ma se è impossibile da raggiungere come ci arriviamo?” Rin era piuttosto confuso e si grattava la testa come per stimolare le sinapsi, “Tranquillo, Lord Pheles mi ha spiegato come trovarla. Pare sia impossibile da raggiungere a chi non conosce la strada esatta in quanto sia situata in una dimensione parallela ad Assiah, ma so la via.” “La cosa mi puzza.” Lamia si tirò in piedi con uno slancio cominciando a camminare avanti e indietro pensierosa. “Considerando come gira il mondo negli ultimi tempi, io non mi stupisco più di tanto. È probabile che la villa sia diventata una priorità puramente per caso. In fondo la lista non era da seguire strettamente in ordine. E adesso preparatevi, io avverto gli altri.” Il ragazzo si alzò a sua volta uscendo dalla stanza per telefonare alla ciurma. “Uffa… Un’altra missione notturna…” sbadigliò Rin già mezzo in pigiama. Ma Lamia non gli dette corda, guardando fuori dalla finestra la luna stagliarsi nel cielo.
“Prof… Buona sera…” Shima sbadigliò vigorosamente stiracchiandosi, “Contieniti per favore.” Kamiki lo guardò storto mentre Ryuji dall’altra parte scossò la testa cercando di stare composto. “Perdonate di nuovo l’ora e il pochissimo preavviso ma credo si tratti di un’emergenza.” Yukio, vestito di tutto punto, guardò uno ad uno i ragazzi facendo la conta. “Hey ma… manca Takara…” Koneko si rese conto della sua assenza guardando i compagni, “Stasera è scusato per cause di forza maggiore. Sarà assente.” Gli rispose Yukio serio. “Beato lui.” Bisbigliò Ryuji all’orecchio di Shima sospirando. “Professore!” Shiemi alzò la mano sbracciandosi, “Sì?” “Manca anche Lilith!” “Lo so, si trova in compagnia del preside in questo momento. Affari privati.” “Che!?” gli altri sobbalzarono facendo una faccia assurda. Lamia lo guardò storto. “Perciò stasera saremo solo noi otto. Siamo comunque sufficienti.” Tagliò corto Yukio dando loro le spalle, “Prendete tutti una torcia e avviamoci.” Indicò gli strumenti posati a terra in un ordine maniacale. “Lilith è con Lord Pheles?” Koneko bisbigliò incredulo ai suoi amici, “Lo avevo detto io che c’era qualcosa sotto.” Rispose Ryuji ma Izumo si voltò di scatto verso di loro guardandoli male, “Sono affari suoi.” Sembrò quasi minacciarli, “Pensar male è da maleducati.” Aggiunse incrociando le braccia, “Izumo ha ragione… Lei è nostra amica… Forse il preside la sta sgridando perché non va molto bene a scuola o sta prendendo provvedimenti… Sono un po’ preoccupata a dire la verità.” Si voltò anche Shiemi un po’ turbata. Izumo la guardò con la coda dell’occhio con un’espressione indecifrabile in volto, “A quest’ora?” Ryuji alzò un sopracciglio poco convinto, “Il preside è un tipo strano, ricordate?” intervenne Shima alzando le mani in segno di resa, “In ogni caso concentriamoci sulla missione…” “Detto da te poi…” Suguro non sembrò per nulla convinto. Rin, sentendo tutto si morse la lingua per non intervenire nel discorso per difendere l’amica e si limitò a sbirciare Lamia che aveva stranamente una faccia impassibile, seppur apparentemente irritata. Yukio in testa guidava il gruppo in silenzio ma si respirava aria di tensione. Abbandonarono la piazza per camminare lungo un sentiero immerso nel bosco. Lamia riconobbe la via che conduceva alle rovine in cui era incappata la volta che perse il controllo mesi prima e si sentì stranamente tesa. “Questo posto mi è familiare…” si lasciò sfuggire di bocca Rin guardandosi intorno, “Già, anche a me!” gli saltellò accanto Shiemi e passarono accanto a un masso ricoperto di muschio in una radura a cielo aperto. Il bosco si era diradato lasciando posto a una strada ciottolata invasa dall’erba. “Professore, dove stiamo andando?” chiese Ryuji dal fondo del gruppo, “Oh, certo… Che sbadato.” Yukio arrestò il passo voltandosi verso i ragazzi, “Stasera ci occuperemo della Villa impossibile da raggiungere.” Disse battendo le mani in uno schiocco sordo infilandosi la torcia sotto braccio abbagliandoli. Calò il silenzio interrotto solo dai rumori lontani delle creature notturne. “E come ci arriviamo, scusi!?” sbottò lo stesso Suguro arrossendo preso in contro piede. “Non è che stiamo girando in tondo!?” saltò su Shima con una faccia simile all’urlo di Munch. “No, state tranquilli. Se non sapessi dove andare non vi starei guidando.” Rispose il professore mantenendo la calma riprendendo a camminare dando loro le spalle con la torcia in mano. Il cono di luce illuminò il sentiero sempre più coperto dal verde. Yukio si rese conto di non sentirsi per nulla a suo agio. Percepì il fiato di lamia sul suo collo iniziando a tremare impercettibilmente. Più si avvicinavano alla villa e più aveva un pessimo presentimento. “Ma questa è la zona abbandonata dell’accademia!” notò Kamiki scorgendo l’ombra delle rovine in lontananza e Lamia ebbe un tuffo al cuore. Fiutava l’odore di sua sorella. “Yukio, c’è qualcosa che non va.” Gli si avvicinò torva, il ragazzo impettito non la guardò ma annuì statuario. Le ultime lucciole della stagione stavano a poco a poco cominciando a popolare la loro via, volteggiando attorno ai fasci di luce dei fari. “Che carine!” si lasciò sfuggire Shiemi smorzando la tensione. “Uffa ma quanto ci vuole ancora?” sbadigliò Shima una seconda volta cercando di non addormentarsi in piedi. “Manca poco.” Gli rispose secco Yukio deglutendo rumorosamente. Lamia lo aveva praticamente affiancato ed entrambi non sembravano per nulla tranquilli. Rin appena dietro di loro percepiva i loro muscoli tesi e grattandosi un braccio distratto volteggiò la sua coda all’aria nervosamente. “Ragazzi, tutto bene?” “Sì.” La risposta di entrambi fu immediata ma anomala e per nulla sentita. I due si guardarono di sfuggita e la succube mascherò i suoi sentimenti sogghignando seppur con poca convinzione. “Ti vedo teso, professor Okumura…” “Da che pulpito.” Si stuzzicarono ma convenirono entrambi che in quelle circostanze non era il caso. “Andiamo, sarà una missione come le altre!” ridacchiò Rin cercando di sollevare il morale ma il suo intervento non fu molto efficace. “Continuo a fiutare l’odore di Lilith.” Disse allora Lamia guardandolo, “Come? Impossibile, lei dovrebbe essere con Mephisto.” “Appunto.”.
“Dove siamo?” Lilith alzò gli occhi sul soffitto bucato di un’enorme atrio di un edificio secolare. Il fumo del teletrasporto di Mephisto si dipanò a poco a poco rendendo visibile il fascio di luce lunare che entrava da quel cratere. Tutto intorno, le lucciole illuminavano perfettamente l’atrio danzando sopra rocchi di colonna crollati e montagne di lastricato sollevate dalle grosse radici di alberi caduti a loro volta. “Ho l’impressione di esserci già stata.” Aggiunse la ragazza facendo un passo in avanti sentendo i suoi passetti rimbombare tutto intorno a lei. Amaimon era rimasto fermo accanto al fratello facendosi saltare la mela su una mano. Intanto non le toglieva gli occhi di dosso come se fosse in attesa di qualcosa. “Siamo nella zona in rovina dell’accademia, il primo embrione che creai moltissimi anni fa e che ho abbandonato in quanto non mi servisse più abitare in una dimensione alterna.” Parlò Mephisto avanzando lentamente verso di lei, “Un tempo abitavo questa villa…” sospirò in balia dei dolci ricordi dei bei vecchi tempi. “Perché siamo qui?” “Ho pensato fosse il luogo adatto per lasciarti sfogare. Lontano da occhi indiscreti e in una sorta di limbo così da non temere gli effetti che sortirai.” Alzò lo sguardo sulla luna piena alta nel cielo. “Volendo potrei riportare la residenza al suo antico splendore con uno schiocco di dita… Ma a che servirebbe se poi verrebbe di nuovo distrutta?” tornò a guardarla regalandole un sorrisetto sghembo. Lilith distolse lo sguardo scrutando di nuovo l’orizzonte. Quella sala avrà avuto un diametro di trecento metri, era davvero immensa. “Ora ricordo…” si voltò di scatto verso di lui, “È qui che rincorsi Lamia quando perse le staffe!” sgranò gli occhi, “No… Ma molto simile. Il luogo in cui approdasti non era altro che la via per giungere a questo luogo ma per vostra fortuna, all’epoca non ci siete arrivate. Sarebbe stato un problema uscirne senza il mio aiuto.” Ridacchiò il demone accarezzandole il mento. “Questa villa è tanto difficile da trovare quanto uscirne. Per farlo, serve che io dia l’autorizzazione… Per questo ho chiesto al professore Okumura un piccolo favore.” “Come?” Lilith sussultò perdendosi nei suoi occhi, “Gli ho chiesto di portare qui la cavalleria… In tre avremmo combinato ben poco contro Eva.”.
“Per di qua.” Yukio sfilò accanto al primo ammasso di pietre e colone sbriciolate inforcando una viuzza in discesa. “Che posto inquietante…” disse Shima scendendo riluttante dietro ai compagni. “Non fare il bambino.” Lo rimbeccò di nuovo Izumo, più seria che mai. “Finché non ci sono insetti va tutto bene.” Gli rispose l’altro facendosi coraggio. Lamia fiutando l’aria sentì sempre più forte l’odore di Lilith tentando in tutti i modi di non farci caso. “Ci siamo quasi.” Yukio superò un arco di pietra pericolante ed entrò in un lungo antro buio illuminando con la torcia dove metteva i piedi. Mano a mano che avanzavano i rumori cessavano lasciando posto solo a quello dei loro passi decisi. “Ma cosa dobbiamo esorcizzare di preciso? Un fantasma? Un Ghoul?” chiese Koneko, molto pratico come al solito. “Niente di tutto questo.” Disse il professore destando sempre di più la loro curiosità. “C’è almeno qualcosa da esorcizzare?” “Direi di sì.” “Prof, potrebbe essere un po’ meno vago?” “Lo scoprirete presto.” Tagliò corto facendo piombare i ragazzi in un sottile mormorio confabulante. “Yukio, tu sai qualcosa.” Lamia lo guardò storto ma lui impassibile continuò a badare a dove metteva i piedi.
“I ragazzi stanno venendo qui!?” Lilith indietreggiò nel panico, “Anche Lamia!?” cominciò a iperventilare, “Shh… Va tutto bene…” Mephisto le prese il viso tra le mani obbligandola a guardarlo. Amaimon fece un verso smettendo di giocare con la mela. “Fratellone, sento dei passi.” Disse voltandosi verso la bocca del salone avvolta nelle tenebre. “Lilith, è il momento.” Mephisto mollò la presa accarezzandole i capelli un istante prima di allontanarsi. “Mephisto, che cosa racconterò a mia sorella!?” la ragazza non si era affatto calmata. “A questo ci penserò io… Tu limitati a seguire il piano. Vedrai, andrà tutto bene.” La tranquillizzò tornando ad affiancare Amaimon, ora di nuovo intento a fissare Lilith. La succube deglutì guardandosi i piedi e chiuse gli occhi sospirando. “Scopriranno la nostra identità, non è così?” Silenzio. “Sì. Ma ciò servirà affinché ci aiutino.” “Va bene.”, la ragazza si convinse e con un gesto si sciolse la crocchia liberando i suoi folti boccoli che le ricaddero a cascata prima sulle spalle e poi sulla schiena scoperta.  Procedette poi in silenzio a slacciarsi gli orecchini e li porse a Mephisto allungando un braccio, “Tieni… Non vorrei perderli.” Si avvicinò e l’uomo li prese in silenzio. Poi la piccola si slacciò il vestito facendolo accartocciare ai suoi piedi. La sua coda libera le si srotolò dall’addome volteggiando attorno ai suoi polpacci attirando l’attenzione degli uomini. Con garbo, rimasta in intimo si chinò a raccoglierlo sotto lo sguardo attento dei due demoni e piegandolo come si deve, dette anche l’abito al suo legittimo proprietario con le labbra che le tremavano. “Anche questo… Temo si straccerebbe…”. Infine si tolse i tacchi lasciandoli dove li aveva levati. Mephisto con uno schiocco di dita, fece sparire gli indumenti senza indugiare ulteriormente. Amaimon aveva smesso persino di respirare studiando a fondo quel corpicino e lei andandogli in contro gli fece cenno di darle la mela. Lui obbedì all’istante posandogliela lentamente sul palmo. Si scambiarono un lungo sguardo poi la ragazza gli dette le spalle avanzando verso il centro del salone, fermandosi a qualche metro dai due catturando il loro sguardo arricciando suadente la coda. Sospirando si voltò a guardarli con in mano la mela e i suoi occhi incrociarono quelli di Mephisto rimasto a studiarla da lontano. “Sono pronta.” La vocina di Lilith echeggiò nel salone. I due demoni presero fiato all’unisono pregustando il momento della verità. Lilith dunque guardò la mela tremante e a rallentatore se la avvicinò alle labbra chiudendo gli occhi. La sfiorò a malapena assaporandone l’aroma. In quel momento un vociare sommesso provenne dal punto in cui Amaimon aveva rivolto precedentemente le sue attenzioni, frenandola dal morderla. “Eccoli qua…” Mephisto si grattò il pizzetto mentre la succube alzò lo sguardo giusto in tempo per vedere Lamia entrare nella sala ancor prima di Yukio, seguiti dagli altri ragazzi. “Ma…che!?” La donna vide per prima cosa il demone osservarli entrare in scena compiaciuto, poi Amaimon e infine Lilith in mutande con la mela in mano. “Benvenuti.” La voce di Mephisto accolse il gruppo che si fermò impietrito davanti a quello spettacolo. “Non… Non è possibile…” Ryuji sgranò gli occhi accorgendosi di Lilith. “Quella… è…” Koneko sbiancò notando la coda della ragazza toccare terra, “Lilith…” Lamia si sentì cadere la terra sotto i piedi. Stava per avverarsi il loro peggior incubo.

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Capitolo 42
*** Capitolo XXXXII ***


CAP 42

“Lilith…” Lamia era attonita. Si trovò davanti la sorella mezza nuda in compagnia di Mephisto ed Amaimon e in reazione allo shock, il suo volto si corrucciò in un’espressione strafottente all’ennesima potenza. “Così hai deciso di farlo.” La canzonò sbuffando incrociando le braccia. Poi con la coda dell’occhio sbirciò Yukio fermatosi accanto a lei sulla difensiva. Lilith scrutava il gruppo con rassegnazione e ormai allo scoperto si sforzò di sorridergli. “Ciao…” mormorò beata muovendo la sua coda. “Ma sei un demone!” l’additò Ryuji divenendo paonazzo, forse per la vista del suo corpo con così pochi veli. Tutti molto confusi non poterono che guardare prima la ragazza e poi i due loschi demoni, in particolar modo Mephisto che battendo le mani fece un saltello verso di loro spalancando le braccia. “Sorpresaaa!” accennò a una reverenza davanti ai ragazzi confusi. “Che sta succedendo!?” sbottò Izumo, “Immagino di dovervi delle spiegazioni…” l’uomo si grattò il pizzetto facendo due passi in sua direzione, “Prima cosa, in qualità di preside vi comunico che le qui presenti Lilith e Lamia Evangeline sono mie protette e che appartengono alla classe più alta delle succubi di Gehenna.” Ci furono reazioni contrastanti a quella notizia. “Succubi!?” I poveri mortali si trovarono in preda a un limbo di occhiate in sequenza prima a Lilith e poi a Lamia non sapendo cosa dire. “Proprio così. Sorpresa...” La donna si scostò i capelli chiudendo gli occhi e voltandosi verso di loro sospirò gonfiando il petto fiera di se stessa. Di fronte a quell’obbligo di smascherarsi, finse di essere sempre stata d’accordo con quel piano. Yukio sudò freddo guardando ogni suo movimento temendo che potesse spiattellare altro come fece con Rin ma non successe. Lamia era rimasta a godersi gli sguardi attoniti dei suoi compagni. “Seconda cosa…” riprese a parlare Mephisto scrutandoli con un velo di malizia, “Le missioni speciali a cui ho chiesto al professor Okumura di sottoporvi erano in parte una scusa per condurvi qui.” Disse sogghignando maligno. Lamia lo scrutò assottigliando lo sguardo, “Tu… Avevi già pianificato tutto non è vero..?” “Certamente…” si voltò a guardarla ma ammorbidì i toni non appena l’occhio gli scivolò su Lilith, rimasta immobile a fissarli con la mela in mano, “Con questa nuova alleanza riuscirò a liberarti. È una promessa.”. La ragazza non riuscì a distogliere lo sguardo da lui senza però riuscire a dimostrare alcuna emozione. “Ah! Io l’ho sempre saputo.” Schioccò la lingua Kamiki posando le mani sui fianchi atteggiandosi a saccente e Koneko avanzando di un passo si sistemò gli occhiali annuendo. “A dire il vero… Ci avevo pensato pure io.” Disse mesto. “Eh!?” Shima invece aveva la mascella dislocata con una faccia da pesce lesso e la fissava inebetito. “Incredibile…” Shiemi si portò le mani alla bocca sgranando gli occhi. “E la mela? A che serve?” Rin aprì bocca a sua volta parecchio scosso dalle circostanze, nonostante sapesse già tutto. Dentro di lui si sentì vagamente deluso per non aver saputo impedire che quel segreto tanto importante venisse svelato e si chiedeva cosa stesse passando per la testa di Yukio, immobile al suo fianco. Il ragazzo guardava il preside torvo in volto. “La mela è il suo punto debole.” Esordì Amaimon uscendo dall’ombra. “Ma io ti conosco!” lo additò Rin sobbalzando, “Ciao ciao fratellino…” “Fratellino?” Ryuji alzò un sopracciglio ma Mephisto recuperò rapido la loro attenzione, “Sciò sciò, non fateci caso… Ora è il momento che vi concentriate sulla missione.” Ammiccò l’uomo facendo retrofront per tornare nei pressi del Re della terra. “La mela non è altro che l’interruttore per liberare i poteri della vostra cara amica Lilith e risvegliare la leggendaria Eva degli inferi.” A quel nome, la ragazzina deglutì rumorosamente. “Vi ho convocati qui per un semplice motivo.” Tornò a voltarsi verso il suo pubblico sogghignando, “Aiutarci a debellarla.”. Nessuno osò fiatare. “Eva degli inferi?” si fece avanti Koneko prendendo coraggio. “Nostra madre.” Gli rispose Lamia allontanandosi da loro di qualche passo, “Lei è la regina delle succubi.” Si voltò di tre quarti per guardare i ragazzi serissima. “La donna più potente di tutta Gehenna.” “E noi come speri possiamo essere d’aiuto!?” sussultò Ryuji scioccato, “Oh Dio perché ho accettato questo incarico!?” piagnucolò Shima con la testa tra le mani, “Almeno è gnocca?” “Shima non è il momento!” Koneko gli dette un pugno in testa facendolo inginocchiare sui sassi. “Pentiti!” strillò il ragazzetto imbarazzatissimo. “State calmi.” Yukio sembrò ritrovare la parola voltandosi a braccia aperte, “Con noi resteranno il preside e Amaimon, il Re della terra.” “Anche tu lo sapevi… Avevo ragione.” Lamia lo guardò di sbieco ma lui non si lasciò intimidire. “Quindi che si fa?” Kamiki era l’unica a mantenere un buon autocontrollo, pronta a combattere, nonostante fosse in presenza di alcuni dei demoni più potenti dell’inferno. Guardò Lilith impassibile e la ragazzina distolse lo sguardo vergognandosi di essere davanti a loro in quelle condizioni. “Deve mordere la mela.” Amaimon s’intromise ancora nel discorso col suo solito fare disinteressato. Anche se era evidente che non vedesse l’ora succedesse. “Aspettate ma… Non abbiamo nessun piano d’attacco?” balbettò Shiemi agitatissima, “Non ce ne sarà bisogno. Per il momento dobbiamo solo assistere alla sua venuta. Dopo farò in modo di comunicarvi la prossima mossa.” Rispose Mephisto sistemandosi il cilindro. “Mephisto…” Lilith finalmente parlò facendo cessare il brusio, il demone si voltò verso di lei dandole completa udienza, “Non dovrebbero essere qui, è pericoloso.” “Ecco, visto? L’ha detto anche lei!” strillò Shima indicandola con una mano ma venne di nuovo zittito con una pacca sulla testa. “Non temere, ho tutto sotto controllo. Ho bisogno che vedano di che pasta è fatta Eva per poterla combattere.” “Io… Non mi riferivo solo a Eva…” Lilith abbassò lo sguardo sui suoi piedi e prendendo fiato tornò ad alzarlo, “Quando rivelo la mia vera forma, gli uomini faticano a trattenersi. Sono così irresistibile da rischiare di corrompervi tutti se non sarete abbastanza forti mentalmente.” “Ed è proprio questo tuo lato che voglio verificare. L’ho voluto sin dall’inizio. Mostrami di cosa sei capace.” Si leccò le labbra Amaimon ricevendo parecchie occhiate stranite. Yukio sgranò impercettibilmente gli occhi realizzando che probabilmente avevano avuto a che fare l’una con l’altro anche in passato, soprattutto nei momenti in cui Lilith era stata ambigua con lui e in particolar modo, quella volta dei secchi in cortile. Aggrottò le sopracciglia componendo l’intricato disegno che lo avrebbe portato alla verità. “Amaimon, orsù non spaventarli.” Lo rimbeccò Mephisto con tono scherzoso, “Questi ragazzi sono più che pronti, Lilith…” si rivolse poi alla ragazza che deglutì in silenzio. “Fermi tutti, ha detto irresistibile?” un campanello si accese nella testa di Shima facendolo saltare in prima fila, “Sì, non ti conviene avvicinarti.” Lamia lo guardò con aria di sufficienza, “Tu mi sembri il più debole di tutti a livello mentale.” Aggiunse. “Che? Io?” sembrò sorpreso ma tutti gli altri annuirono, “Ragazzi!” disse sconsolato sentendosi tradito. “Questa storia rasenta l’impossibile.” Ryuji parlò trafelato una volta che fu riuscito a incasellare tutta quella mole di informazioni nel suo cervello. Era semplicemente attonito, con un velo di rossore rimastogli sulle guance. In tilt. “Avanti, che aspettiamo? Vogliamo chiamarla sì o no questa Eva?” sbuffò Kamiki tirando fuori dalle tasche i suoi talismani. “Sì, fratellone, quand’è che Lilith si trasforma?” insistette Amaimon facendo alzare gli occhi al cielo a Mephisto, “Non avere così tanta fretta, dipende solo da Lilith.” Placò per l’ennesima volta gli animi guardando la ragazza, “Quando sei pronta, cara.” Le disse addolcendo i toni e lei annuì turbata. “Quello che state per vedere…” aprì bocca timorosa, “Potrebbe sconvolgervi.” “Tranquilla, ormai sono assuefatto all’essere sconvolto.” Le rispose Yukio sardonico. “Penso che sia difficile fare peggio di così…” Koneko si grattò una guancia imbarazzato. “Fidatevi di me…” Lilith fece un sorrisetto chiudendo gli occhi inspirando profondamente. “Allora io vado…” disse riaprendo le palpebre senza abbandonare quel sorriso velato. “State indietro... E cercate di non parlare se non venite interpellati.” Mephisto con voce roca intimò gli studenti di addossarsi alla parete alle loro spalle, notando però che Rin aveva già stretto il pugno attorno alla sua spada, batté un paio di colpetti sulla spalla del gemello facendogli segno di trattenerlo nel caso ce ne fosse stato bisogno. Quando poi tutti furono ai ripari, il demone annuì alla ragazza ricambiando a modo suo il sorriso. “Finalmente ci siamo…” Amaimon spalancò gli occhi eccitato. Lilith guardando i suoi compagni sollevò di nuovo la mela serrando le palpebre con grazia. Poi avvicinandola alle labbra socchiuse la bocca e a canini sguainati la morse senza più trattenersi. Non volò una mosca. Col fiato sospeso, la succube deglutì il boccone in estasi per poi sentirsi pervadere da una forza che conosceva bene. Il braccio le scivolò accanto al bacino e la mano come morta si lasciò sfuggire il frutto morsicato dalle dita facendolo rimbalzare a terra e rotolare poco lontano. Ansimò lievemente poco prima di abbandonare la testa all’indietro mentre una coltre di fiori e arbusti faceva la sua comparsa tra le rovine, accompagnata da un diramarsi di fili d’erba verdissimi che a poco a poco invase l’intero salone arrivando a toccare le punte dei piedi dei ragazzi. “Wow…Aveva ragione…” uno di loro si lasciò sfuggire un gemito di stupore, “Sembra l’Eden…” Shiemi ammirò quel crescere di vegetazione variopinta con gli occhi che brillavano, “Quello è l’Eden…” le confermò Lamia per nulla in vena di meraviglia, “Eva ne rubò un pezzo quando venne cacciata dal Paradiso e da allora non la lascia mai.”. Mephisto guardava rapito la sagoma di Lilith allungarsi a poco a poco mentre Amaimon a occhi spalancati fremeva come un bambino a Natale. La ragazza trattenne il fiato piegandosi sempre più all’indietro, la sua chioma crebbe a dismisura e boccoli dorati ricaddero sul suolo arricciandosi in ogni anfratto mentre persino il suo corpo mutò le forme. La biancheria si strappò lasciando posto a un seno prosperoso e due glutei perfetti. La coda biondiccia a poco a poco si fece di un verde intenso culminando nella punta che germogliò come grossa un foglia di Ginkgo Biloba decorata da due cerchi rossi che sembravano donarle un volto. Come un ventaglio le coprì le parti intime ondeggiando. Le sue mani ingrigirono partendo dalle punte delle dita fino a metà avambraccio e dieci artigli neri come la pece fecero la loro comparsa agghindandola con quelle affilate armi letali. Non riuscivano però a vederle ancora il volto. Non appena il giardino smise di crescere, con estrema grazia, sollevò il busto per tornare dritta. I capelli le ricaddero a cascata sulle spalle lasciando spazio a due coppie di corna, la prima lunghissima tendente alla luna e l’altra arricciata a lato delle lunghe orecchie appuntite che avevano fatto la loro comparsa tra le sue ciocche bionde. Ma il punto forte era quel visto perfetto. Occhi grandi, ciglia folte, labbra morbide e delicate come un bocciolo di rosa e iridi del colore dell’oro. Quelle pupille da rettile osservarono intensamente il gruppo col fiato sospeso, senza espressione se non lo stupore di tutti riflessovi dentro. Lilith era davanti a loro, completamente spoglia e assolutamente mozza fiato. Una visione del genere non era possibile da concepire per la mente umana e nessuno trovò la forza di distogliere lo sguardo, se non Lamia. La donna chiuse gli occhi rassegnata. La forma demoniaca della sorella aveva lasciato alle sue spalle le spoglie di bambina rivelando il suo vero aspetto. “Magnifico.” Gli occhi di Mephisto brillarono. Amaimon aveva spalancato la bocca pienamente estasiato da quella visione. “Che…GNOCCA!” Gridò Shima strabuzzando gli occhi. L’eco della sua voce arrivò alle orecchie di Lilith che lo guardò sorridendo compiaciuta. Sbattendo le palpebre ammaliante rivolse poi lo sguardo a Mephisto e Amaimon pavoneggiandosi. “Aveva ragione. Sono sconvolto.” Ryuji non credette ai suoi occhi. Izumo gli rivolse un’occhiataccia distogliendo lo sguardo sentendosi colpita nell’autostima. Lamia in silenzio osservò la reazione di Yukio. La sua integrità trasparì dal fatto che fosse l’unico degli uomini a non aver palesato il suo interesse. Anzi, non sembrava colpito ma innervosito. Rin boccheggiò stringendo ancora di più la presa attorno alla sua spada percependo strane vibrazioni. Mephisto se ne accorse lanciando una seconda occhiata a Yukio che deglutì statuario. Lilith dunque inclinò leggermente il capo studiando uno ad uno i suoi spettatori e si godette ogni singola attenzione, sempre più appagata. “Chi credete che abbia ispirato la Venere di Botticelli?” domandò retorica aprendo le braccia beata. Poi ad un tratto smise di sorridere. “È qui.” Disse in un tono di voce velato come un sussurro lasciandosi ricadere le braccia accanto i fianchi. Il terreno cominciò a tremare e distratti da quella fonte di meraviglia, gli esorcisti scattarono sulla difensiva temendo il peggio. Suguro guardò Koneko di sfuggita e capendosi all’istante, crearono pregando all’unisono una barriera benedetta che avvolse il gruppo come un velo luminoso. Lamia trattenne il fiato impallidendo mentre Mephisto abbassò il capo guardando fisso l’orizzonte. Amaimon non capì bene cosa stesse per succedere ma non staccò gli occhi da Lilith nonostante il pericolo incombente. “Ho un pessimo presentimento.” Yukio sfoderò la sua pistola puntandola contro il pavimento per ogni evenienza. Ma ecco in fondo al salone aprirsi una crepa nel terreno. Con un boato fragoroso, un gigantesco serpente uscì spaccando a metà la sala sparando pezzi di rocce e piante sotto di lui come una cascata di detriti. “Lilith!” Un’acuta voce femminile riecheggiò ovunque nella stanza. Una risata maligna accompagnò la bestia nella sua scesa al cielo e in cima a quel bestione, una donna alta e formosa era in piedi sul suo muso da rettile con le briglie di questa strette in pugno. Bellissima, non c’è che dire ma con uno sguardo che gelava il sangue. Eva. Come vide di avere una piccola platea ai suoi piedi soffocò il riso atteggiandosi a gran diva mostrando a tutti le sue grazie ben fasciate nel suo abito nero come la pece. Il decolté lasciava strabordare i suoi seni abbondanti e come la figlia minore, aveva lunghissimi capelli biondi che re ricadevano sulle spalle. Lunghi guanti le coprivano le braccia e alle estremità unghielli affilati come lame sembravano essere uno dei suoi tanti vanti. Ogni singolo centimetro del suo corpo emanava un’aura di dominio e sensualità, mista a pura intimidazione. Non per nulla era la regina delle succubi. “Alla fine hai ceduto…” dischiuse le sue sensuali labbra borgogna stuzzicando Lilith che di spalle, abbassò il capo chiudendo gli occhi. “E ci hai messo persino meno dell’ultima volta.” Ridacchiò facendosi beffe di lei. La grossa croce scura che aveva appesa al collo traballò sulla sua cassa toracica in preda agli spasmi della risata. Il gioiello scintillò alla luce lunare e al suo interno s’intravide come una piccola fialetta piena di liquido scuro. Come ogni demone che si rispetti aveva poi le corna. Un unico paio, ma lunghissimo e nero proiettato verso l’alto per slanciare ulteriormente la sua figura longilinea. Le vibrazioni negative emanate da quella donna immobilizzarono i ragazzi che inermi la fissavano sfoggiare le sue movenze accattivanti. “Eva, che piacere rivederti…” Mephisto, togliendosi il cilindro, fece qualche passo verso Lilith fermandosi a guardarla col naso per aria subito dopo averle fatto un inchino galante. “Samael… Come mai non mi stupisce vederti in compagnia delle mie figlie?” lo stuzzicò la donna ordinando alla sua cavalcatura con uno strattone di abbassarsi.  “Ti stavamo aspettando…” “Lo vedo…” Eva smontò dal muso della creatura cominciando ad avanzare ancheggiando verso Lilith, rimasta di spalle zitta e muta. Lamia osservò con orrore la madre avvicinarsi alla sorella ma non si mosse, sperando di passare inosservata. “Oh, ma guardate la mia bambina…” la succube, una volta raggiunta, le prese il viso con una delle sue mani artigliate forzandola a guardarla negli occhi, “Non trovate che sia splendida?” la guardò superba avvicinando pericolosamente il volto al suo. Lilith non proferì parola guardando inerme la madre negli occhi mentre le esaminava il viso alla luce. “E che brava…” fiutò l’aria sogghignando maliziosa, “Ti sei conservata intatta per il matrimonio.”. Mephisto sgranò impercettibilmente gli occhi mentre Lamia abbassò la testa già ben consapevole. “Matrimonio?” Nel più completo silenzio, Suguro ripeté interrogativo il concetto tappandosi subito la bocca temendo il peggio “Bon, la barriera!” bisbigliò Koneko invitandolo a rimettere le mani in posizione, “Ah..sì!!”. Amaimon aggrottò le sopracciglia sembrando sempre più infastidito da quella presenza. “Oh… Proprio così.” Eva mollò la presa liberando Lilith e posando le mani sui fianchi guardò Mephisto con aria di sfida, “Sarà il matrimonio del secolo… Ma che dico? Dell’era!” scoppiò di nuovo a ridere con quel tono capace di perforare il cemento, “Udite udite, presto si celebrerà l’unione della mia secondo genita Lilith con Astaroth, il Re del marciume!” alzò le braccia al cielo con un ghigno malato stampato in faccia. Mephisto dissimulò ogni cosa gli stesse passando per l’anticamera del cervello restando impassibile. Yukio guardò immediatamente Lamia fissare il pavimento mentre Izumo rivolse un’occhiata lampante a Ryuji e Shima alle sue spalle. Ognuno cercava appoggio in qualcuno per la confusione sempre più crescente che si stava andando a creare e tra loro anche Lilith che guardò con un velo di sconforto Mephisto, lievemente sbiancato alla notizia. “Astaroth!?” Amaimon strinse i pugni digrignando i denti ma il fratello lo placò posandogli una mano sul petto intimandolo di non fare pazzie. Ora era tutto più chiaro. L’impurità, le fughe dal marciume, Lilith e Lamia di nuovo scappate di casa. Il demone riprese a respirare mantenendo un perfetta faccia da poker. “Le mie congratulazioni.” Chinò il capo sogghignando. Ma Lilith non sembrò lieta di quella reazione. “Grazie, non mi servono i tuoi auguri.” Schioccò la lingua Eva, “Ma visto che sarà una cosa in grande se vuoi sei invitato, anzi siete tutti invitati!” la donna ridacchiò spalancando le braccia rivolgendo le sue attenzioni anche al gruppo di giovani esorcisti, “Oh…Ma cosa abbiamo qui…” si accorse della loro fragile natura umana leccandosi le labbra. “Madre, no!” Lilith trovando coraggio si ribellò alla madre afferrandola per un braccio. “Io… Io ti ho voluta chiamare per dirti che non ho intenzione di sposarmi. Ho deciso.” “Osi forse contraddirmi?” la donna cambiò espressione congelandola col suo sguardo, “Oh… È forse sembrato anche a voi un affronto, per caso?” si rivolse al suo pubblico atteggiandosi a diva del melodramma, ma non ottenne alcuna reazione se non terrore misto a silenzio stampa “Quale dolore al petto, mia figlia ha osato ribellarmisi…” si nascose il volto dietro un braccio fingendosi disperata, dando le spalle a Lilith piegandosi su se stessa, “L’ho sentita… Ha detto proprio…” tradì la sua recita lasciando intravedere un ghigno terrificante, “No!” in un battito di ciglia, colpì Lilith in pieno volto con il pungo caricato in quel teatrino fasullo facendola rotolare tra le rocce per una ventina di metri. Rimase immobile a fissare la figlia ruzzolare sgranchendosi le dita della mano producendo un rumore metallico facendo battere i suoi artigli gli uni contro gli altri. Lamia aggrottò le sopracciglia scossando la testa mentre c’era chi come Rin spalancò la bocca incredulo dalla potenza di quel cazzotto. Nessuno osò fiatare.  La mano di Yukio cominciò a tremare rischiando quasi di perdere la presa sulla pistola ed Eva parve accorgersene. “Ragazzo, ma che bel portamento che hai… Però ti vedo nervoso, posso aiutarti in qualche modo? Oh… Ma ci sei anche tu, Lamia… che piacere rivederti…” li studiò entrambi inclinando il capo beffarda, “E voi altri piccoli esseri umani che mi raccontate? Avete forse paura? Non dovete…” in quel momento Lilith riuscì a tirarsi di nuovo in piedi sulle sue gambe nonostante il colpo della madre sembrasse averla massacrata più del dovuto. Mephisto rimase immobile a guardarla avanzare di nuovo verso la madre a pungi stretti col volto contorto in una smorfia di rabbia. “Lilith, Lilith Lilith… è di nuovo disubbidienza quella che vedo?” Eva la guardò con la coda dell’occhio e provvedette con eleganza e sfiorare la fiala incastonata nel suo pendente graffiandola con gli unghielli. “Molto male…” mormorò. Immediatamente la ragazza si piegò in due dal dolore urlando straziata stringendosi la testa nelle mani mentre Eva rise beandosi della sua sofferenza senza interrompere il contatto con quell’oggetto misterioso. Lamia cominciava a non vederci più ma si morse la lingua per non intervenire. “Soffri, maledetta ingrata!” strillò la regina della succubi con una voce terrificante. Infine interrompendo il contatto, lasciò che la figlia cadesse in ginocchio stremata. “Coraggio, torniamo a Gehenna, abbiamo un matrimonio da sbrigare. Astaroth stava cominciando a spazientirsi.” Sbuffò la donna spazzandosi polvere invisibile dalle spalle. “Lamia, avanti, dalle una sistemata. Non abbiamo tutta la notte.” Guardò la donna intimandola ad avvicinarsi e questa in silenzio prese fiato superando la barriera avanzando rapida verso Lilith, crollata sul pavimento col volto riverso a terra. Mephisto aveva uno sguardo assolutamente terrificante. Stava incenerendo Eva da lontano ma da gran signore non si sbilanciò in nessunissima reazione esagerata. Anzi, con fermezza badò che nemmeno Amaimon cadesse in tentazione assicurandosi che restasse al suo fianco seppur ringhiando. Eva gli stava rovinando il giocattolo. Lamia giunse sotto lo sguardo dei suoi compagni di classe dalla sorella e chinandosi la voltò sulla schiena vedendola respirare affannosamente ricoperta ditumefazioni, fango e sangue. “Lamia… Mi dispiace…” mormorò impercettibilmente la ragazza faticando anche a parlare ma la donna non le rispose, tendendo la mascella. Eva sogghignò guardando la figlia maggiore eseguire alla lettera i suoi ordini, compiacendosene. Lamia infatti, dando le spalle ai ragazzi, spalancò le braccia indirizzando i palmi su Lilith cominciando ad emanare fiammelle color smeraldo contornate da una nebbiolina del medesimo colore. Il fuoco attecchì al corpo della succube moribonda e in un attimo, le ferite erano scomparse lasciando posto alla sua pelle levigata, ancora più morbida e vellutata di prima. Come nuova, Lilith si fece aiutare a rialzare da Lamia e torva lanciò un’occhiataccia alla madre caricandola di astio. “Oh… Guardati… Sei ancora più bella di prima.” Ridacchiò Eva studiandola a fondo. Yukio aveva socchiuso la bocca di fronte a quello strano fuoco emanato da Lamia, ora apparentemente indebolita dallo sforzo e dentro di lui cominciò a sentire una strana sensazione, come se la sua vicinanza alla madre lo disturbasse più del dovuto. “Che cos’era quello?” mormorò Koneko attonito ma nessuno seppe dargli una risposta. Sapevano solo che ora Lilith era di nuovo intatta come se non fosse mai stata sfiorata. Eppure lei ricordava perfettamente il dolore appena provato. “Lilith… Lo sai che non mi piace quando mi guardi in quel modo…” Eva inclinò la testa mettendo un finto broncio, “Per quanto riguarda te, Lamia. Puoi andare.”, la donna guardò la sorella con la coda dell’occhio e senza proferire parola restò immobile. “Lamia, spostati. A quanto pare tua sorella e io abbiamo ancora qualcosa da dirci.” “Madre…Ho detto che non mi voglio sposare!” “Ah… Recidiva eh?” Eva alzò gli occhi al cielo alzando un braccio e dei riccioli di fumo nero si materializzarono dal terreno formando una lunga scia veloce come il tuono. Lilith se la vide arrivare contro a tutta velocità e sbalzando via Lamia ne divenne il suo unico bersaglio venendo scalzata dal terreno e afferrata per una caviglia. Il tentacolo di fumo sbattè Lilith da tutte le parti con violenza inaudita vanificando l’intervento della sorella. “No!” Shiemi si tappò la bocca terrorizzata. Izumo, molto codardamente distolse lo sguardo per non assistere e solo pochi ebbero il fegato di resistere a quello scempio. Lamia sussultò e digrignando i denti indietreggiò impotente buttando l’occhio verso Mephisto, che però non poteva fare assolutamente niente per impedire quegli attacchi spietati. Eva sbattè di qua e di là la figlia tenendola stretta per una caviglia e la ragazza non riuscì neppure a strillare tant’era forte il dolore che provava. “Baltazar, è tua!” schioccando le dita, infine, fece volatilizzare la treccia di fumo scagliando in aria la sua vittima e il serpente la afferrò prontamente nelle sue fauci piegandole il busto all’indietro così che tutti potessero vedere il suo volto straziato. I suoi lunghissimi capelli dondolavano dalla sua nuca pieni di foglie e rametti. Lilith gemendo aprì gli occhi con uno sforzo immane. Le zanne del rettile le perforavano il corpo in più punti passandola da parte a parte e faticava a respirare. Era martoriata, con un rivolo di sangue che le sgorgava a lato della bocca e guardò impotente i suoi amici sentendosi umiliata più che mai. Ma contro Eva non aveva molte speranze. Non finché era in possesso di quella croce maledetta. Non finché aveva totale controllo su di lei, nonostante fosse sangue del suo sangue. “Lilith…” Rin cominciò a tremare sentendo le fiamme di Satana spingere per uscire ma Yukio prontamente lo afferrò per un braccio. “Non ora.” Lo intimò con un sussurro. Eva era troppo concentrata a ridere e torturare la figlia per badare a loro, ed era preferibile continuare a passare inosservati. “Io… Ti strapperò il cuore…” bisbigliò Lilith sorridendo amaramente rivolgendosi alla madre. Di tutta risposta, la donna scoppiò a ridere fragorosamente di fronte alla sua impotenza. “Come vuoi…” sogghignò, “Intanto ti riporterò a Gehenna seduta stante.” Il suo tono di voce suonò come una minaccia, perdendo ogni alone di gioco. “Baltazar, mollala.” Ordinò al serpente e questo aprendo le fauci fece precipitare Lilith in mezzo ai sassi lasciandola schiantare di faccia. “Lamia. Ancora.” Schioccò poi le dita richiamando a sé gli occhi della figlia, e questa chinò il capo come un bravo soldato avanzando di nuovo verso Lilith, ora in fin di vita. Lamia procedette al rituale di poco prima ma era evidente che si stesse spingendo oltre le proprie capacità sforzandosi ai massimi livelli. Rigenerò la ragazza finendo l’opera con un velo di fiatone e sudore sulla fronte. Lilith questa volta si alzò da sola, vedendola in difficoltà. “Bene, salutate i vostri amici. Ce ne andiamo.” Eva batté un piede nervosamente mentre Lamia avanzò a piccoli e incerti passi verso i ragazzi senza lasciar trasparire i suoi pensieri. Fissava Yukio col volto di pietra. “Lamia…” mormorò Lilith deglutendo poi di nuovo si sentì pervadere dall’ira funesta accorgendosi di non potere nulla contro la madre. “Non stare lì impalata, vuoi altre punizioni?” la donna posò le mani sui fianchi stuzzicandola ma lei non riusciva a concentrarsi. “Come desideri…” sollevò gli artigli per richiamare altro fumo cinereo ma a quella vista, Lilith tornò in sé accorgendosi che questa volta Lamia non sarebbe riuscita a ricostituirla se la madre si fosse di nuovo divertita con lei, quindi scossando la testa azzardò un passo verso la sua carnefice. Ma quest’ultima l’afferrò per il collo con un tentacolo di fumo trascinandola davanti al suo naso nera di rabbia. Mephisto fissò la mossa della Regina scuro in volto ma parve improvvisamente avere un barlume di genio. “Vostra maestà Eva degli Inferi…” bloccò la donna dallo sfogare nuovamente le sue frustrazioni sulla ragazza. Nel frattempo, Lamia si era fermata di fronte ai ragazzi, pallida e debole. Tutte le sue energie le aveva trasferite alla sorella. Questo era il suo ruolo, lo era sempre stato. E adesso tutti lo avevano visto. Anche Yukio. Lamia era nata per servirla. La succube strinse i pugni pervasa da un’ondata di rabbia e sconforto che soffocò a fatica. “E adesso che c’è, Samael?” Eva si voltò a guardarlo muovere un passo verso di lei e Lilith col suo fare da galantuomo. “Mi era sembrato avessi invitato anche me e i miei gentili studenti alle nozze…” “E con ciò?” “Nel caso venissero celebrate a Gehenna, essi non vi potrebbero partecipare e non convieni con me che sia un pessimo comportamento per una signora come te rimangiarsi la parola data? Sono poi sempre conoscenti di tua figlia… Quale orrore non renderli partecipi.”. Eva serrò la bocca interdetta scrutandolo con sospetto. “Oh…” batté poi più volte le ciglia rendendosi conto della figura mediocre che avrebbe fatto, “Se la metti così, cosa proponi?” “Ho un’offerta allettante da farti.” “Sentiamola.”. “Concedi a tua figlia una notte in più su Assiah e io ti darò a disposizione un’ala della mia accademia per il matrimonio più sfarzoso che possa immaginarti. Baderò a tutto io, promesso.” “Una notte in più?” “Sì… Consideralo un addio al nubilato…” “Come se il suo soggiorno qui non lo fosse già stato.” “Andiamo, illustrissima Eva… Ti prometto una cerimonia coi fiocchi e addirittura prima del tramonto di domani. Giurin giurello. Parola di demone” l’uomo incrociò le dita dietro la schiena senza farsi vedere mascherando il gesto con un inchino. I ragazzi sussultarono voltandosi a guardarlo e con loro anche Lilith, sconvolta da quell’uscita. Lamia recuperate un po’ di forze, si voltò aggrottando le sopracciglia. Amaimon invece sembrava fremere di riavere la sua bambolina tra le grinfie. “D’accordo… Giusto per farti un dispetto.” Schioccò la lingua Eva mollando la presa su Lilith sogghignando. “Ma se per caso dovesse sparire di nuovo…” la guardò seria, “Ora che so dove si trova la tua preziosa Accademia non esiterò a raderla al suolo, con tutti i suoi abitanti.” Minacciò Mephisto fulminandolo con lo sguardo. “Perciò ti conviene restare trasformata, mia cara.” Ancheggiando, accarezzò la figlia minore poi girando i tacchi tornò dalla sua mastodontica cavalcatura afferrandovi le briglie. “Ci vediamo domani al tramonto…” salì sul muso dell’animale con eleganza mentre questo sollevando in aria la testa si apprestò a tornare da dove era venuto con un tuffo, “Godetevi queste ultime ore di libertà… Figliole.”.

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Capitolo 43
*** Capitolo XXXXIII ***


CAP 43

 
Eva si era inabissata nel terreno in groppa al suo serpente sparendo esattamente com’era arrivata. Tutto tacque. Il conto alla rovescia per il matrimonio era appena iniziato e Lilith non aveva idea di che cosa stesse tramando Mephisto. Gli lanciò una rapida occhiata prima di sospirare e chiudere gli occhi. “Come avete visto…” ruppe il silenzio potendo di nuovo parlare senza temere ritorsioni tornando a guardarli, “Questa sono io e quella era… Mia madre.” Abbassò il capo sconfortata. “Ah! Non provare a fare quella faccia perché è tutta colpa tua!” Lamia incrociò le braccia acida e la sua voce gracchiante echeggiò in tutto il salone. “Adesso sono tutti affari tuoi!” aggiunse col broncio. Lilith la guardò immusonita fulminandola con gli occhi. “Mi spiace dirtelo ma sono anche affari tuoi.” Le rispose a tono. “Ragazze…” Mephisto provò a mettersi in mezzo ma per poco Lamia non gli mangiò la faccia, “Come non detto…” alzò le mani facendosi da parte. Le succubi si guardarono in cagnesco sotto lo sguardo degli altri ragazzi. Suguro e Koneko avevano sciolto lo scudo e stavano cercando di riperdere le forze mentre Yukio si era allontanato da Lamia per portare loro delle vitamine in capsula. “Ottimo lavoro.” Mormorò il ragazzo. “Assolutamente no, io ho già dato. Sei stata tu a scegliere di fidarti di pizzetto, io me ne lavo le mani!” la maggiore delle sorelle indicò malamente il demone che sentendosi chiamato in causa fece una faccia allucinata. “Calme…” le intimò venendo ignorato. Rin guardò il fratello controllare che i suoi compagni di classe stessero bene con un groppo in gola. Sentiva il bisogno di fare qualcosa per aiutare le sue amiche ma non sapeva che cosa. Così rimase in silenzio a rimuginare. “Veramente credi che non subirai nessuna conseguenza dopo il matrimonio?” “Perché dovrei? Sei tu che hai deciso di buttarti in pasto ad Astaroth. Ti guarderò marcire ridendo, puoi starne certa. Poi mi godrò la mia libertà!” “Lamia, qual è il tuo dovere!?” “No Lilith, non tirare in ballo il mio dovere perché sono stufa! Ho consumato tutte le mie energie stasera per un tuo capriccio e ne ho abbastanza. Arrenditi, hai toppato!” “Lamia, qual è il tuo ruolo!?” “Allora insisti! Che accidenti vuoi che c’entri il mio ruolo!?” “Dimmi qual è il tuo compito. Dillo ad alta voce!” “Servirti e riverirti forse!? Volevi che mi umiliassi davanti a tutti e va bene io sono al tuo servizio! Quando ti rompi io ti aggiusto e così nei secoli dei secoli come una balia senza stipendio! Sei felice adesso!??” Seguì un lungo silenzio in cui le sorelle lasciarono che le loro urla si depositassero al suolo mentre nessuno aveva osato fiatare. Yukio si voltò attonito a guardare le litiganti con ancora in mano l’astuccio delle pastiglie. “Dovresti avere la risposta ora…” mormorò Lilith amareggiata smettendo di strillare. Lamia la guardò interdetta sforzandosi di giungere a una conclusione. “Ci sei arrivata?” le chiese allora Lilith guardandola pentita. “Mi prendi in giro? Non ha senso… Quando tu sarai maritata a quella cosa io sarò finalmente libera, tutto qui.” “No… Ti sbagli. Nostra madre ti ha creata per un motivo e quando io non avrò più bisogno di te sai cosa succederà?” “Me ne farò una ragione.” “Credi forse che nostra madre ti lascerà in vita quando non le servirai più?”. A quelle parole Lamia sbiancò, perdendo tutta la sua grinta. Mephisto inspirò profondamente restando impassibile mentre Amaimon alle sue spalle era ancora tenuto a bada dal suo braccio. “Stai farneticando! Qui l’unica nella merda sei tu e lo sei sempre stata!” ringhiò Lamia arrivando quasi a piangere dalla rabbia, “Lamia ragiona, è di Eva che stiamo parlando! Non ha scrupoli e tu lo sai bene! Devo ricordarti che cosa ci ha fatto? Che cosa ti… Ha fatto!?” Lamia sgranò gli occhi respirando affannosamente, “No! No no e ancora no! Non ci credo, come osi dirmi certe cose!?” “È la verità, L’ho sentita io stessa dirlo ed è per questo che ho insistito tanto per trascinare anche te in superficie!” “E perché me lo stai dicendo ora!?” “Perché TI VOGLIO BENE!!” il grido infuriato di Lilith colpì Lamia come la palla di un cannone facendola capitolare. La ragazza chinò il capo con gli occhi lucidi e le lacrime sgorgarono da sole sulle sue guance. Poi crollò in ginocchio singhiozzando in silenzio. Si strinse nelle spalle tremando sotto gli occhi sbarrati della sorella che come in un limbo la fissava inerme. Deglutendo, si spazzò gli occhi umidi con la manica della camicia e sorrise amaramente guardando in basso, “Così… A quanto pare ci sono dentro fino al collo…” disse ironica, “Credevo di poterla fare franca e invece… Mi tocca aiutarti ancora.” Scossò il capo rassegnata. “Yukio la guardò impassibile ma i suoi occhi tradirono un barlume di compassione. “E va bene. Vediamo di spaccare il culo a quella zoccola allora.” Sogghignò infine la succube con decisione indirizzando tutto il suo astio verso il vero nemico: Eva. Lilith alzò il capo sorpresa, seppur ancora in lacrime ma prima che potesse parlare, Mephisto comparve alle sue spalle coprendola con il suo mantello bianco, “Op! Non vorrei prendessi freddo…” le disse con un mezzo sorrisetto. Poi aiutandola a rialzarsi le posò le mani sulle spalle avvicinandola a se e si fermò impettito dietro di lei, “Propongo di cambiare loco e radunarci tutti nel mio ufficio per una più agiata chiacchierata.” Guardò i ragazzi col suo fare da oratore. Amaimon fissò entrambi intensamente mentre i ragazzi guardandosi tra di loro annuirono in balia della stanchezza. Lilith sollevò gli occhi per guardare il suo salvatore per poi abbassarli di nuovo su Lamia che ora la guardava con occhi diversi. Non ce l’aveva più con lei e aveva il su solito ghigno beffardo stampato in faccia.
Lilith si era appollaiata su una poltrona attaccata alla finestra più lontana dalla cattedra di Mephisto.  Dando le spalle ai ragazzi, seduti per terra in cerchio di fronte a questa, teneva ben stretto il mantello per coprirsi lasciando scoperta solo la sua bizzarra coda che ondeggiava lentamente come un ventaglio. Scrutava il cielo stellato in silenzio non degnando della minima attenzione i presenti. La luce della luna le illuminava il volto rendendolo candido come la neve. “Hey signorinella, stiamo parlando di come salvarti, potresti almeno partecipare.” Lamia la chiamò scocciata ruotando il busto per guardarla. Ma la ragazza non si voltò limitandosi a battere le palpebre, “Sto pensando.” Rispose dopo poco. Mephisto, appoggiato contro la scrivania la fissò intensamente mentre Amaimon sedutovi sopra con i piedi a penzoloni era intento a succhiare un lecca lecca assorto nei suoi pensieri. “Puoi benissimo venire a pensare qui con noi.” Continuò Lamia sbuffando e la sorella finalmente la degnò di uno sguardo seppur scossando il capo, “No… Non mi piace come mi guarda Shima.” Indicò il ragazzo con una faccia paonazza riversa a terra. Sembrava si stesse trattenendo dall’urlare o fare qualche pazzia. Lamia si voltò a guardarlo, era seduto tra Izumo e Ryuji che a loro volta osservarono il compagno sofferente. La donna alzò un sopracciglio intuendo qualcosa e sospirò. “Lo avevo detto io…” fece spallucce rassegnata, “Shima… Tutto bene?” Koneko si sporse a guardarlo dal fianco di Suguro, parendo molto preoccupato e Shiemi si nascose la bocca dietro una mano in ansia. Renzou annuì a scatti cercando di non staccare gli occhi dal pavimento. “Che gli prende?” Rin posò involontariamente una mano sul fodero della sua Katana percependo una strana sensazione e Yukio divenne un pezzo di ghiaccio sistemandosi gli occhiali. “Credo siano gli effetti di una Succube.” Disse atteggiandosi a professore e guardò Lamia di sfuggita per ottenere conferma, ma chi meglio di lui poteva saperlo? La donna lo guardò in silenzio cambiando posa per sedersi. “È l’effetto che faccio io.”, fu però Lilith ad aprir bocca e Mephisto sogghignò. Alzando lo sguardo incrociò i suoi occhi scrutarlo da lontano. Amaimon sputò lo stecchino del lecca lecca guardandola a sua volta con occhi da cacciatore. “Sono naturalmente predisposta per istigare gli uomini ad avere contatti con me. Mi bramano e desiderano e perdono controllo di loro stessi.” Sospirò, “Per colpa mia sono anche scoppiate guerre…” la ragazza tornò a guardare fuori dalla finestra, “Mai sentito parlare di Troia?” tornò a guardarli ma involontariamente incrociò di nuovo lo sguardo di Mephisto. “Oh sì, nostra madre è abbastanza famosa.” Le rispose sarcastica Lamia. Lilith la guardò con un velo di esasperazione per poi scrutare i ragazzi negli occhi uno ad uno, “Quindi… Cercate di guardarmi il meno possibile… Almeno finché mi siete così vicini o impazzirete.” “Come sta facendo Shima?” Rin lo indicò con un pollice con nonchalance e il ragazzo iniziò a tremare, “Già… Cercate di tenerlo fermo.” Lilith chiuse gli occhi voltandosi verso la finestra. “Non ce la faccio più…” digrignò i denti il poveretto grondando sudore. “Shima!?” Kamiki sobbalzò a quella voce inquietante e Ryuji gli afferrò un braccio prontamente, “Oh… Sta per esplodere.” Lo guardò anche Lamia, “Non letteralmente spero!” sbottò il ragazzo paonazzo. “State calmi, basta non fargli guardar Lilith, giusto?” aprì bocca Yukio che aveva evitato di darle attenzioni tutta la sera, “Per lui è troppo tardi.” Rispose la donna senza entusiasmo. “Se magari lo ignoriamo gli passa…” provò a proporre Koneko un po’ incerto ma nessuno ebbe da obiettare. “Allora, che idee abbiamo per salvarci le chiappe?” Lamia inclinò il busto all’indietro reggendosi con le braccia, “Lilith, avanti partecipa.” Aggiunse poi guardando la sorella tornata nel suo mondo. “Finché Shima è in quelle condizioni è meglio che non mi avvicini.” Rispose con voce velata, “E poi potrebbe essere l’ultima volta che vedo il cielo… Lasciamelo godere.” Mormorò. “Come sei tragica…” alzò gli occhi al cielo l’altra e si rivolse ai suoi compagni, “Bene, ci sono idee?” fulminò Mephisto che per primo le aveva cacciate in quella situazione e molti seguirono il suo esempio. Il demone alzò le sopracciglia sentendosi un po’ osservato e dissimulò chiudendo gli occhi grattandosi il pizzetto, “Ci sto pensando.” Rispose con charme. “Fratellone, perché non uccidiamo Eva e basta?” aprì bocca Amaimon con lo sguardo fisso su Lilith, “Deve morire.” “Amaimon, non è così facile… Usa la testa.” “Effettivamente con il ciuffo che si ritrova potrebbe infilzarla a morte.” Osservò Rin sarcastico ma l’occhiataccia che gli rivolse il demone gli fece rimangiare tutto e badare agli affari suoi. Yukio guardò Lamia e lei alzò un sopracciglio chiedendosi a che stesse pensando. “Ora che ci penso, le informazioni di cui disponiamo sono un po’ poche per pensare a un piano che abbia successo…” Koneko si grattò il mento pensieroso, “Koneko ha ragione, dobbiamo sapere di più su di voi per aiutarvi…” gli dette man forte Ryuji ancora rosso in volto. “E…Ecco Suguro… Sei rossissimo in volto, sicuro di stare bene?” si preoccupò Shiemi vedendolo accanto a Shima, ora con le unghie piantate nel pavimento. “Sto benissimo!” le rispose agitato l’accusato cercando di calmarsi. Izumo aggrottò le sopracciglia e gli occhi le scivolarono su Amaimon in disparte, “Posso chiedere perché anche lui è qui?” lo indicò acida, “Chi? Io?” Amaimon si puntò un dito al naso sentendosi vagamente infastidito da quell’atteggiamento, “Porta rispetto, Sono uno degli otto Re di Gehenna.” “Appunto, che ci fa lui qui?” ripeté la domanda e Mephisto intervenne prima che Amaimon perdesse la pazienza, “Amaimon è qui per aiutarci a sconfiggere Eva, come immagino sapete… I Re di Gehenna sono figli di Satana e come tali sono fratellastri dei nostri cari gemelli Okumura.” Guardò i due seduti l’uno accanto all’altro a gambe incrociate, “Sappiamo anche che lei è Samael adesso. Un altro Re.” Lo guardò Koneko ruotando il busto verso di lui, “Oh… già… Ma avreste già dovuto saperlo visto che nel volantino illustrativo dell’accademia me ne vanto. Quindi… Questo dovrebbe portarvi alla conclusione che..?” l’uomo cercò di guidarli alla soluzione con occhiate insistenti ma non volò una mosca. Ricevette solo occhiate storte. “Sei un megalomane?” lo canzonò Lamia, “Santa pace…” alzò gli occhi al cielo, “I giovani d’oggi non hanno proprio un briciolo di logica.” “Che questa è tutta un’enorme riunione di famiglia?” alzò un sopracciglio Yukio sarcastico. “Esatto! Più o meno…” gli alzò il pollice il preside, “E questo è un modo per dirvi che la nostra è tutta una grande alleanza per salvare le vostre amiche. Ergo, Amaimon è qui per questo motivo.” “In più lei è la mia donna.” Il citato fissò Lilith intensamente. Mephisto deglutì serrando la bocca guardandolo con la coda dell’occhio mentre i ragazzi sobbalzarono, “Che!?” saltò su Rin. Lamia guardò accigliata Mephisto facendo poi un mezzo ghigno vedendolo preso in contropiede. “Orsù, non è il momento di reclamare il territorio.” Fece sciò all’aria come se stesse scacciando le parole del fratello. Lilith in tutto questo si era voltata a guardare Amaimon senza alcuna espressione. “Qui ora siamo tutti di tutti.” Fischiettò con nonchalance, “Che schifo, non vorrà mica dare inizio a una mega orgia!?” bisbigliò Rin all’orecchio di Yukio, “Ti ho sentito.” Mephisto lo guardò con gli occhi a mezz’asta, “E comunque no. Non mi sembra il caso.” Sospirò. “Devo…Toccarla…” la voce strozzata di Shima interruppe il discorso attirando a sé le attenzioni. “Shima, no!” Ryuji rinforzò la stretta ma il compagno si tirò in piedi lo stesso con le unghie e liberandosi scattò a tutta velocità contro Lilith, “Dannazione!” Kamiki digrignò i denti cercando i suoi foglietti per l’evocazione ma Lilith fu più rapida di lei. La ragazza si voltò impassibile e sospirando alzò un braccio tenendo stretto il mantello con l’altro. “Mia!” strillò il posseduto in preda ai bollenti spiriti saltando la gamba di Lamia facendo per buttarsi addosso alla fonte dei suoi desideri malati. Ma muovendo un dito verso Shima in repentino avvicinamento, in una frazione di secondo la succube arrestò la sua corsa facendogli schizzare sangue da ogni orifizio. Il ragazzo cadde a terra in un lago borgogna boccheggiando privo di sensi. I ragazzi spalancarono la bocca a attoniti davanti a quello spettacolo macabro. “L’ha ucciso!” strillò terrorizzato Koneko col viso tra le mani, “Shima!” gridò Ryuji attonito. Lamia guardò la sorella con aria di sufficienza sospirando, “Deve sempre dare spettacolo…” sibilò impercettibilmente. “Tranquilli non è morto…” disse Lilith tutta tranquilla, “Gli ho semplicemente alleggerito la pressione sanguigna… Il sangue stava andando in punti in cui non doveva.” Aggiunse scendendo dalla poltrona e avanzando di qualche passo verso di loro leccandosi uno schizzo di sangue a lato della bocca, “Non abbiate paura.” Sorrise velatamente continuando ad avanzare lasciando che i lunghi capelli strisciassero sul pavimento sporcandosi le punte di rosso. Mephisto sogghignò lievemente guardando la giovane succube atteggiarsi. “Lilith è… Cattiva?” mormorò Shiemi terrorizzata ma Lamia la guardò ridacchiando, “Fidati, quello per un demone è essere buono… Avrebbe potuto ucciderlo ma ha scelto di salvarlo dalla follia.” Disse con poco entusiasmo. Yukio la guardò storto assottigliando lo sguardo. Si ricordò di quel bacio anticipato sentendosi stringere alla bocca dello stomaco. Ora mancavano solo tre giorni al limite e lo sentiva. Ma si sforzò di dissimulare, non voleva assolutamente che quella storia uscisse pubblicamente e cercò di comunicarlo con lo sguardo al preside. “Assolutamente… Divino…” Amaimon sogghignò ammirando Lilith dopo che aveva sfoggiato i suoi poteri. L’interesse era evidente nei suoi occhi. Sembrava in brodo di giuggiole. “Ora posso sedermi con voi.” La ragazza si fermò nel posto vuoto tra Lamia e Kamiki inginocchiandosi. Si sistemò con grazia il mantello in modo che le coprisse le grazie lasciandole comunque intravedere. Stava godendo appieno di quel corpo provocante. Tutti i presenti la fissarono senza riuscire a evitarlo e Mephisto incrociò le braccia sogghignando soddisfatto da quella vista. “Finalmente ci degni della tua presenza.” Disse sarcastica la sorella guardandola di sottecchi. Kamiki però non riusciva proprio a non sentirsi strana in sua presenza. La guardò aggrottando le sopracciglia sentendosi sotto pressione. A differenza che ai ragazzi, a lei e Shiemi l’aspetto di Lilith non creava ammirazione ma timore. Si sentivano inferiori e minacciate. “Mi sento a disagio…” mormorò Shiemi facendosi piccola piccola incrociando per un istante gli occhi d’oro della succube intenta a scrutarli in silenzio. Quelle pupille sottilissime la inquietavano. “Noi succubi siamo fatte per repellere il sesso femminile e attrarre quello maschile...” Disse Lilith con tutta calma, “Proprio così…” annuì Lamia con un ghigno beffardo guardando Izumo con aria di superiorità. “Ma la cosa fastidiosa è che mia sorella è così pur non essendo una succube completa.” “Succube completa?” alzò un sopracciglio Ryuji, e Lilith guardò accigliata Lamia, “Già… Lilith non si è ancora sviluppata, diciamo…” Lamia guardò Mephisto dritto negli occhi. “È tutto merito della mia genetica. Eva mi ha creata così irresistibile per potermi usare come merce di scambio e ottenere ciò che vuole.” Gli rispose la diretta interessata, “Ti ha… Creata!?” Yukio la guardò interrogativo, “Aspetta, ma quindi… Il matrimonio con Astaroth è…” Koneko sussultò, “Sì esatto, è un baratto.” Gli rispose Lamia ignorando Yukio. “Ma la vera domanda è perché a Eva interessi qualcosa in cambio da Astaroth.” Il ragazzo la guardò serio, “Io un’idea ce l’avrei…” Lilith guardò Yukio sorridendo amaramente, “Eva è la più spietata delle macchine calcolatrici di tutto l’inferno, lei è la regina delle Succubi.” Guardò altrove.  “Dovete sapere che noi succubi rientriamo nella categoria dei demoni del sangue.” Guardò i ragazzi uno alla volta studiando i loro volti rapiti, “Nel libro di testo non ci sono granché informazioni su di voi.” Disse Kamiki, “Infatti… Come sapete, i demoni di solito si dividono in otto categorie: Fuoco, Acqua, Terra, Aria, Marciume, insetti, Luce e Tempo; Ma le principali e più diffuse sono le prime cinque. Noi ci poniamo all’esterno del cerchio venendo spesso sottovalutate o totalmente ignorate.”, “Ma i demoni del sangue sono quanto di più pericoloso possa esserci.” Continuò il discorso Lamia leccandosi le labbra, “Apparteniamo alle tenebre, ci mimetizziamo e siamo in grado di sortire dominio su tutto ciò che contenga sangue. Pensateci bene cosa questo significhi… Sangue è vita e se qualcosa è vivo… Ha sangue.” La stanza piombò nel silenzio più tetro. “Perciò…” la voce di Lilith spezzò il silenzio, “Non è difficile immaginare del perché Eva voglia avere controllo su Astaroth, il Re del marciume…” “Astaroth…” ripeté Koneko rimuginando a lungo, “Il marciume comprende anche Ghoul, zombie e putrefazione… In sostanza tutto ciò che è morto.” Disse sgranando gli occhi vedendo accendersi una lampadina. “Eva vuole avere dominio sia sulla vita che sulla morte.” Ryuji sgranò gli occhi a sua volta realizzando quanto tutto ciò fosse allarmante. Mephisto divenne serissimo guardando le sorelle coi muscoli in tensione. “Se nostra madre riuscisse nel suo intento, nessuno potrebbe più fermarla.” Concluse Lamia. “Ma perché vorrebbe così tanto potere? Insomma… L’abbiamo vista poco fa, non ne ha bisogno…” saltò su Shiemi balbettando, “Non lo sappiamo.” Ammise amareggiata Lilith, “So solo che se domani andrò in sposa a quel mostro, di me non rimarranno che funghi.” Rabbrividì. “Oh sì… Immagina la prima notte di nozze con Astaroth…” Lamia le si avvicinò all’orecchio sussurrandole qualcosa, “E poi dovrai…” continuò sempre più divertita mentre la sorella sbiancava sbarrando progressivamente gli occhi, “E infine lui…” Lilith non ce la fece più e alzandosi di scatto coi conati, si precipitò a vomitare nel porta ombrelli. Lamia prese a sghignazzare senza contegno spanciandosi davanti allo sguardo attonito dei ragazzi. Lilith sollevò la testa abbracciata al vaso guardandola storto. “Che spasso, potrei raccontarti qualsiasi cosa sul sesso!” ridacchiò animatamente la sorella senza accorgersi che l’altra si era alzata in piedi con in braccio quell’affare. Con molta calma, senza essere minimamente notata, si avvicinò a lei e le rovesciò il portaombrelli in testa facendola agitare come uno scarabeo ribaltato, “CRISTO SANTO CHE SCHIFO!” la voce orripilata della succube rimbombò da dentro il contenitore. Con uno scatto se lo tolse buttandolo lontano respirando affannosamente in preda ai brividi con gli occhi a palla. “Sei fortunata che oggi ho mangiato soltanto una mela.” Lilith tornò a sedersi con garbo accanto a lei, che aveva appena qualche pezzetto di buccia nei capelli. Mephisto aveva assistito alla scena con un ghigno di sorpresa mista a puro divertimento e Amaimon aveva su per giù la medesima espressione. Solo i loro compagni di classe sembrarono vagamente schifati. “Ben ti sta. Adesso chi è che prende in giro chi?” Incrociò le braccia Lilith mettendo il broncio. “I…In che senso potresti raccontarle di tutto sul…” balbettò Ryuji di nuovo paonazzo, “Voi demoni non… Insomma…” guardò le sorelle nel panico. “Com’è possibile che esista una succube vergine? Sulla Wiki dice che siete conosciute anche come demoni del sesso!” Kamiki aveva estratto il cellulare per fare una ricerca ancor prima che intavolassero il discorso e sembrava paonazza tanto quanto Ryuji. Mephisto alzò un sopracciglio smettendo di ridere studiando il viso imbarazzato di Lilith. “Che c’è di strano? Non hai mai sentito parlare di demoni vergini?” la ragazza lo guardò gonfiando le guance dalla vergogna, “Vergine!?” Shima rinvenne alla parola. Lilith si voltò impassibile a guardarlo, “Credo che abbia bisogno di un altro giro.” Sollevò una mano ma venne tempestivamente fermata. “Stavamo dicendo…?” Koneko cercò di recuperare la situazione facendo da mediatore. “Se ecco… Lilith è così attraente e potente… Perché Eva vorrebbe disfarsi di lei in cambio del potere sulla morte?” domandò a Lamia, intenta a pulirsi i capelli schifata. “Semplice…” la succube alzò la testa sogghignando maliziosa, “Perché si sente minacciata.” Disse con tono irriverente. “Ed è lo stesso motivo per cui ha voluto che Lilith restasse illibata fino al matrimonio combinato.” “Non capisco…” “La verginità la rende oltre che incompleta, il frutto proibito di tutti gli inferi. Ogni demone brama di corromperla e… Non avete idea di quanti siano passati da me nella speranza di arrivare a lei.” Sospirò Lamia e Yukio la guardò di sfuggita, “In più, Lilith ora come ora pur essendo acerba…” sbirciò di sottecchi la sorella sembrando un po’ seccata, “È la seconda donna più potente di tutta Gehenna.” Fece una pausa per riprendere fiato, “Ma in potenza, potrebbe benissimo essere la prima.”. I ragazzi sussultarono fissando la compagna col fiato sospeso. Mephisto si leccò le labbra restando impassibile, si vedeva però che era intento ad architettare qualcosa. “Eva ha paura che se Lilith divenisse una succube completa potrebbe annientarla e prendere il suo posto. L’ha creata fin troppo bene…” Lamia rise amaramente accennando alla sorella, “Credo voglia fare in modo che Astaroth la corrompa prima che possa sviluppare i suoi poteri rendendola un ammasso di marciume innocuo.” “Se il vanto di Lilith è proprio questa sua bellezza ultraterrena perché Astaroth vorrebbe deturparla? A che scopo? Non la desidera proprio per questo?” s’intromise Yukio con le sue domande, “Ad Astaroth interessa Lilith soprattutto per i suoi geni. Gli serve solo per figliare creature incredibilmente potenti generate dalla loro unione ed Eva glielo lascerebbe fare in quanto poi lui le ha promesso di metterle anche a sua disposizione. Nascerebbero ibridi dotati di sangue, per capirci. Anche se impuro.” Rispose la donna, “Ma quindi non si potrebbe ecco… Fare in modo che Lilith divenga una succube completa prima del matrimonio e lasciare che sconfigga Eva?” “Se fosse stato possibile lo avremmo già fatto da un pezzo, non credi?” alzò un sopracciglio Lamia. “Nostra madre la tiene in pugno.” “E come?” “Mi ha rubato il cuore.” Parlò Lilith guardandolo sconsolata, “E il cuore di un demone è la cosa più importante da difendere. Ha letteralmente in mano la mia vita.” Ammise seppur a fatica. “Me lo prese la prima volta che tentai la fuga, onde evitare che lo facessi ancora. Avete visto la croce che pende al suo collo?” “Quell’enorme affare di metallo?” chiese Rin con poco tatto, “Sì…” lo guardò lei, “Al suo interno vi è il mio cuore, ridotto in un fluido all’interno di una fiala. Se questa dovesse spezzarsi, morirei.” Calò il gelo. “È in questo modo che mi ha trovata. Quando mi trasformo, il cuore di demone si attiva indicandole la mia esatta ubicazione e percepisce ogni mia mossa. Se dovessi tramutarmi in succube completa, lei lo saprebbe e distruggerebbe il cuore. Avete visto che effetto mi fa anche solo se lo graffia.” Rabbrividì. “Quindi che vogliamo fare domani? Il tempo è agli sgoccioli.” Lamia guardò Mephisto seccata, “Davvero brillante l’idea del matrimonio lampo, comunque. Complimentoni.” Disse con estremo sarcasmo. “Grazie, lo so ⋆” “Ero ironica.” Lo guardò storto. “La mia idea…” si scollò dalla scrivania cominciando a passeggiare avanti e indietro molto lentamente, “È quella di celebrare il matrimonio in una zona protetta dell’Accademia. In pompa magna e con molti molti ospiti.”, Lilith sussultò. “In che senso vuoi celebrarlo? Noi stiamo cercando un modo per evitarlo!” sbottò Lamia, “Calma…” la quietò Mephisto fermandosi, “Credevo volessi aiutarmi…” mormorò Lilith socchiudendo la bocca sentendosi la terra cadere sotto i piedi, “Ed è così, ma non posso farlo apertamente… Rischierei di incrinare i rapporti con mio fratello e guai mai…” si riferì ad Astaroth, “Però… Provate a ragionare su come funzionano i matrimoni a Gehenna.” La guardò sogghignando. “Esattamente come quelli di qua, idiota.” Lamia lo guardò di sbieco, “Niente affatto! Una parte della cerimonia comprende che gli sposi bevano un calice del sangue l’uno dell’altro per sugellare l’eterna unione.” “Gh… Immagina quanto debba fare schifo il sangue di quel mostro… Come minimo sarà corrosivo.” disse schifata la succube incrociando le braccia guardando altrove ma Lilith fissava Mephisto immobile, cercando di cogliere il messaggio tra le righe. “Chi celebra di solito i matrimoni? O per meglio dire, chi celebrerà questo matrimonio?” domandò Koneko molto intelligentemente, “Eva.” Sussurrò Lilith sgranando gli occhi. Poi alzandosi in piedi dette loro le spalle avvicinandosi di qualche passo alla finestra. In silenzio tese una mano verso il vetro senza però toccarlo. “Ho capito.” Si voltò poi sorridendo raggiante. “Eh?” Lamia alzò un sopracciglio ruotando il busto verso di lei. “Eva sarà a distanza estremamente ravvicinata, giusto?” “E con ciò?”, Lilith non rispose limitandosi a sorriderle soddisfatta spostando infine gli occhi su quelli di Mephisto, intento a guardarla compiaciuto. “So come fare.” Annunciò facendo piombare i presenti nello sgomento, “Ma ho bisogno che qualcuno mi copra le spalle.” “A quello ci penso io.” Amaimon scese dalla scrivania avanzando rapido verso di lei, “Ho intenzione di radunare un po’ di demoni che mi devono un favore… Compreso il mio fratellino Iblis.” Il suo volto impassibile lasciava trasparire determinazione. Si fermò a dieci centimetri dalla ragazza restando a fissarla negli occhi in silenzio. “Non permetterò che Astaroth ti porti via da me.” Bisbigliò infine il demone prendendola per i fianchi ribaltandola all’indietro in un improvviso casquè. I loro nasi si sfiorarono e Lilith immobile si limitò a respirare moderatamente persa in quelle pupille senz’anima. Mephisto distolse lo sguardo spostandolo sui suoi studenti, straniti dalla scena. Poi però, Amaimon limitandosi a sfiorarle una guancia con la punta del naso, non la baciò tornando a distendere la schiena. “Vado e torno.” Annunciò e guardando Lilith negli occhi fino all’ultimo, estrasse una chiave dalla tasca aprendo un varco dimensionale nella porta, sparendovi dietro chiudendola con foga. “Perfetto.” La voce di Mephisto tornò al centro della loro attenzione attirando i loro sguardi, “Per quanto riguarda voi, sarete ugualmente d’aiuto. Tutto ciò che dovrete fare è assicurarvi che l’impurità non raggiunga Lilith.” Sogghignò, “Dopotutto, ormai dovreste essere pratici in materia.” Guardò Rin ammiccando e il ragazzo alzò gli occhi al cielo. “Non di nuovo…” piagnucolò Shima provando questa volta ad alzarsi, era rimasto a terra privo di forze fino a quel momento. “Shima, stai bene?” Koneko finalmente gli rivolse le sue attenzioni andando ad aiutarlo. Lilith si scansò allontanandosi di qualche passo, temendo una recidiva e osservò il ragazzino reggere il compagno. “Se il piano è tutto qui, propongo di andare a riposare…” disse il piccolo guardando l’orologio da parete, “Sono ormai le tre del mattino e Shima è piuttosto debole…” “Concordo, domani sarà una giornata difficile.” Ryuji si alzò e con sorpresa di Kamiki, le tese una mano per aiutarla a mettersi in piedi. Lei arrossendo lievemente accettò quell’aiuto seppur riluttante e a poco a poco anche gli altri si alzarono. “Spero per te che funzioni questo piano… Non che abbia esattamente capito in che cosa consista.” Lamia si spazzò il sedere fulminando Mephisto, “L’importante è che lo sappia tu, Lilith.” Si rivolse poi alla sorella sbuffando. Yukio le sfilò accanto tendendo la mascella e fu il primo ad andare alla porta. Aprendola stette immobile ad aspettare che tutti uscissero ordinatamente. “Buona notte fanciulli, e sogni d’oro!” Mephisto li congedò passeggiando appresso la cattedra con le mani dietro la schiena, “Buona notte Lord Pheles…” s’inchinarono a turno i ragazzi uscendo. Rin prese la sua Katana in silenzio ma prima che potesse avviarsi verso il dormitorio, Mephisto lo fermò, “Rin…” sussurrò mentre nella stanza rimanevano solo loro due, Yukio e le succubi, “Domani le tue fiamme saranno l’asso nella manica. Ma vedi di tenere sempre stretto il tuo cuore di demone… Non come tuo solito. In bocca al lupo.” Si fece serissimo accennando alla Katana e il ragazzo deglutì annuendo a scatti. “Buona notte Lord Pheles.” Disse Yukio vedendo arrivare Rin e sbirciando Lamia con la coda dell’occhio uscì dietro al fratello, “Io vado. Ci vediamo in stanza.” Lamia non volendo fare da terzo incomodo uscì seguendoli a ruota lasciando però la porta aperta. Mephisto e Lilith rimasti soli si fissarono per un po’ in silenzio. Lui si fermò impettito accanto alla scrivania con un mezzo ghigno stampato in faccia mentre lei reggeva il mantello guardandolo senza espressione. Quegli occhi tremendi lo trafissero attirandolo come un magnete ma non si mosse. Fu bensì lei ad azzardare un primo passo verso di lui togliendosi lentamente l’indumento che le aveva gentilmente prestato, “Grazie.” Gli disse porgendoglielo ora completamente spoglia, coperta solo dai capelli. “Non c’è di che…” sogghignò lui prendendo il suo mantello posandolo sul tavolo e si guardarono ancora in silenzio. Erano a una trentina di centimetri l’uno dall’altra e senza accorgersene, Il demone si sporse verso di lei avvicinandosi tremendamente alle sue labbra ma si fermò appena in tempo. “Ci vediamo domani.” Mormorò Lilith sorridendo maliziosa senza staccare gli occhi dai suoi e lui, mascherando il suo essersi piegato in quel modo con un accenno d’inchino, la vide girare i tacchi e avviarsi ancheggiando verso l’uscita. La sua coda volteggiava libera e le corna scintillavano alla luce della luna. “Sogni d’oro, Lilith.” Sussurrò infine mordendosi un labbro sogghignando.

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Capitolo 44
*** Capitolo XXXXIV ***


CAP 44

“Ragazzi… Non pensate che tutto questo sia… Assurdo?” Koneko aprì bocca rivolgendosi ai suoi compagni mentre si stavano avviando verso i dormitori dopo la chiacchierata con Mephisto. “Che mi sono perso?” Shima lo guardò confuso riuscendo a rammentare solo alcune parti di quanto avvenuto, essendo stato quasi dissanguato per un eccesso ormonale. Izumo guardò altrove stringendo i pugni arrossendo lievemente mentre Shiemi sembrava più seria del solito evitando comunque di guardarlo. “Lilith e Lamia sono due… Succubi.” Disse cupo Ryuji guardando l’orizzonte a braccia conserte, “E non due qualsiasi… Bensì sono figlie della regina a quanto pare.” “Fin qui ci ero arrivato pure io…” sospirò Shima, “Solo che poi ho avuto come una sorta di black out…” “Hai fatto il zozzone come tuo solito.” Kamiki evitò di guardarlo arrossendo ancora di più per il nervoso, “CHE COSA MI SONO PERSO!?” ripeté il ragazzo saltando sull’attenti mollando le spalle di Koneko riuscendo a camminare da solo per l’adrenalina. “Oh, vedo che ti sei ripreso…” disse il compagno per nulla sorpreso, “Hai cercato di saltare addosso a Lilith.” Gli rispose Shiemi con un velo di imbarazzo grattandosi una guancia distogliendo lo sguardo. “Davvero!? E lei?” “Ti ha quasi ucciso.” “Oh. Ora capisco perché mi gira la testa…” Shima si fermò massaggiandosi le tempie e Koneko tornò a dargli il suo appoggio. “Cerca di non agitarti… Hai perso molto sangue…” “Ma quindi che stavamo dicendo?” il poveretto alzò gli occhi su Ryuji, Izumo e Shiemi fermatisi anche loro alla luce di un lampione. “Non lo so… Per me la scoperta è stata così scioccante che… Non so nemmeno cosa pensare. Sono sempre state tra di noi e nonostante sentissi che qualcosa non andava, non mi sarei mai aspettato niente del genere.” Disse il primo guardandosi alle spalle scrutando le tenebre, “Insomma, se ci pensate il preside è sempre stato al corrente di tutto e forse anche Yukio Okumura.” “Non penso che Yuki centrasse qualcosa… Lui è mio amico da tempo, me lo avrebbe detto… Credo…” Shiemi abbassò la testa un po’ sconfortata, “Riguardo il preside ha detto che loro sono sotto la sua protezione, ergo… Mi chiedo che legame abbiano in realtà. Non penso che un demone autorevole come lui offrirebbe asilo a chiunque passasse. Anzi, le barriere poste attorno a questa Accademia avrebbero addirittura averle tenute lontano, potenti come dicono di essere.” Izumo incrociò le braccia torva, “Dubito poi che abbiano la nostra età.” Aggiunse seria. “Per me quelle due e Lord Pheles si conoscevano ben prima che arrivassero qua…” ribatté Ryuji guardandola negli occhi, stavano incredibilmente avendo un dibattito senza sbranarsi. “Ovvio, altrimenti non avrebbero potuto superare le misure di sicurezza. Deve aver sempre lasciato uno spiraglio aperto per loro… Ma perché? Perché le vuole aiutare a tutti i costi? Affari? Amore? Ne dubito…” s’intromise Koneko con ancora più dubbi per la testa, “E oltretutto domani dobbiamo addirittura partecipare a un matrimonio tra demoni, così all’improvviso… Non mi sento psicologicamente pronto…” “Matrimonio!?” “Shima non fare lo scemo, eri ancora cosciente quando ne hanno accennato…” Ryuji lo guardò storto, “Oh sì… Forse… Probabilmente pensavo alle tette di Lilith…” “Ci risiamo…” “Ma avete visto che le sono cresciute!?” “Shima per cortesia sii serio!” sbottò Izumo paonazza. “Ehrm ragazzi…” Shiemi alzò una mano titubante come se fossero tra i banchi di scuola, “Dicci, Moriyama.” Suguro le dette il nullaosta e lei guardandosi le mani scrollò le spalle, “Mi madre mi sta aspettando a casa… Dovrei andare, si è fatto molto tardi e non vorrei si preoccupasse…” “Oh, certo… Ti accompagniamo.” “No, non serve… Mi basta trovare una porta…” “Veniamo con te.” Tagliò corto Kamiki sorprendendo tutti. “Che c’è? È pur sempre di una ragazza sola nel cuore della notte. Si tratta di semplice solidarietà femminile, non siamo amiche.” Sbuffò riprendendo a camminare per prima e gli altri la seguirono lanciandosi rapide occhiatine. “Stavamo dicendo?” rintavolò il discorso Koneko, rimasto col fiato sospeso, “Oh sì… Il matrimonio… Ma voi avete capito che dobbiamo fare?” domandò guardando gli altri, “Non proprio… So solo che con molta probabilità ci arriverà un messaggio dal professore Okumura o direttamente dal preside con istruzioni più dettagliate sul da farsi.” Rispose Ryuji grattandosi il mento, “Dobbiamo tenerci pronti a qualsiasi cosa. Per quanto ne sappiamo potrebbe essere un esame.” Aprì bocca Izumo senza voltarsi. “Che!? Un esame!?” sobbalzò Renzou che era tutt’altro che pronto ad essere esaminato, “Sì, non si può mai dire considerando l’imprevedibilità di questa scuola. Cerchiamo di dare il nostro meglio.” “Da quello che ho capito io… Lilith e Lamia sono nei guai… Per me la priorità dovrebbe essere aiutarle…” s’intromise Shiemi timidamente, “Sarà, ma essendo successo tutto così all’improvviso sono un po’ perplesso.” Confessò Koneko, “Possiamo davvero fidarci di loro?” “Non lo so ma se sono riuscito a fidarmi del figlio di Satana posso fare uno sforzo anche con quelle due.” Deglutì Ryuji aggrottando le sopracciglia. “E se il preside ha richiesto il nostro aiuto si vede che abbiamo un ruolo essenziale. Tanto vale far vedere quanto valiamo.” “Sì.” Rispose secca Izumo guardandolo di sfuggita. Il ragazzo arrossì lievemente guardando altrove vedendola così decisa. “Di sicuro impareremo molto da questa esperienza.” Aggiunse Koneko con un mezzo sospiro. “Puoi dirlo forte… Io credo di aver imparato a tenere le mani in tasca.” Ridacchiò Renzou colpito dall’ennesimo giramento di testa. “Eccomi, io sono arrivata” Shiemi si fermò davanti alla prima porta che incontrarono estraendo una chiave dalla tasca. “Buona notte ragazzi… Ci vediamo domani…” si voltò sorridendo pacata. “Buona notte.” risposero quasi in coro gli altri guardandola aprire l’uscio. “Mi raccomando riposatevi… Domani ci dobbiamo impegnare!” vi sparì dietro sorridendo con più decisione lasciandoli con un palmo di naso. “Invidio la sua grinta.” Sbuffò Shima. “Comunque ora che non c’è posso dire la mia in proposito di Okumura.” Kamiki si voltò a guardare i ragazzi mantenendo le distanze, “Per me lui sapeva tutto sin dall’inizio.” “Eh? Come fai a dirlo?” spalancò la bocca l’altro, “Sesto senso…” restò vaga guardando l’orizzonte, “Bene, io vado.” Girò i tacchi tagliando corto, “Aspetta, ti accompagniamo.” Si fece avanti Ryuji bloccandola, “Non serve.” Rispose lei restando di spalle, “E la solidarietà femminile?” chiese Shima innocentemente, “Voi non siete donne!” sbottò Izumo arrossendo e prese a correre nel buio sparendo dietro l’angolo. “A..Aspetta!” scattò avanti Suguro ma ormai l’aveva persa di vista. “Che tipa…” commentò Koneko sistemandosi gli occhiali, “Pazienza… Andiamo a dormire…” digrignò i denti l’altro facendo retro front. “In ogni caso, il discorso su Yukio mi sta confondendo parecchio…” disse Shima mentre il trio con molta calma era tornato a muoversi verso i loro alloggi, “Se il professore sapeva già tutto perché non ci ha detto niente per prepararci?” “Appunto… Per me è sempre stato estraneo alla questione…” incrociò le braccia Suguro, “Eppure… Ricordo che Lord Pheles ci ha detto di averlo incaricato della lista proprio per condurci da loro…” rimuginò Koneko, “Possibile ma ciò non implica che lui ne fosse davvero al corrente.” “Ragazzi… Sono quasi le quattro del mattino, non è un po’ tardi… O presto per fare questi discorsi? Non capisco più niente…” si lamentò Renzou assonnato. Il vociare sommesso dei ragazzi, sempre più lontano smise di giungere alle orecchie di Izumo, rimasta dietro l’angolo a origliare. Nutriva grossi sospetti su Yukio e immersa nei suoi pensieri prese a mangiarsi le unghie staccandosi dal muro. Era quasi sicura che il professore sapesse già tutto ma ancora non si spiegava il perché avesse taciuto e ora che aveva messo la pulce nell’orecchio ai ragazzi doveva solo aspettare di ottenere indizi. Con questo dubbio, sparì definitivamente nell’ombra.
“Rin, smettila di fissare la porta, mi sembri un cane da guardia… Lilith arriverà.” Lamia si buttò sul letto di Yukio nonostante nessuno le avesse dato il permesso di seguirli in camera. Dopotutto non aveva fatto altro fino a poco prima quindi si sentiva in un certo senso autorizzata. Yukio si era fermato alla finestra ignorando completamente il fatto che il suo letto era stato occupato, ma d’altra parte chi sarebbe davvero riuscito a dormire quella notte? Si vedeva stesse pensando intensamente a qualcosa e per il solo fatto che si tanto in tanto buttava occhiatine a Lamia con la coda dell’occhio era evidente che centrasse lei. Si tolse la casacca buttandola sulla sedia. “Sono preoccupato… Non sono riuscito a dire praticamente niente e mi sento male per voi… Non doveva venire fuori così tutto in una volta, mi sono sentito inutile.” Confessò Rin abbandonandosi sul bordo del letto del fratello, rivolgendogli lo sguardo, “Per lo meno non è stata colpa mia…” sorrise imbarazzato grattandosi il naso. “Eccomi.” Lilith fece la sua comparsa sulla soglia completamente nuda facendo piombare i ragazzi nel più completo caos ormonale. “Lilith!” strillò Rin frenando un principio di sangue dal naso. Era talmente vicina che era impossibile non guardarla al che Lamia sbuffò scossando la testa sdraiata come se niente fosse. “L…L…Lilith… Stavamo parlando di… Te…” balbettò Rin cercando di guardarla negli occhi ma il suo sguardo continuava a caderle sul seno. “Che succede?” la ragazza inclinò la testa di lato confusa e lui divenendo paonazzo prese fiato alzando gli occhi sul soffitto. “N…Niente è solo che… credo mi distraggano le corna…” ridacchio, “Solo le corna?” Yukio alzò un sopracciglio lievemente arrossito. Lamia guardandolo storto si mise a sedere e prendendo il copriletto da sotto le chiappe di Rin, lo lanciò alla sorella, “Copriti.” La intimò seccata. “Oh… Capisco…” Lilith si avvolse nella coperta facendo un mezzo sorriso. “Hai fatto presto.” La studiò Lamia con una punta di malizia, “In che senso?” “Lasciamo perdere. Meno so di pizzetto e meglio è.” “Frena, frena, frena, non è successo niente! Altrimenti non sarei qui in questo momento…” arrossì Lilith mettendo il broncio. “Giusto, perché siete qui entrambe?” aprì bocca Yukio guardando prima l’una poi l’altra, “Io vi ho seguiti.” Rispose Lamia, “E io non volevo stare sola…” confessò la sorella. “Però… Capisco che vista l’ora vogliate dormire, quindi…” “No, non ti preoccupare. Personalmente ho troppi pensieri per la testa.” La fermò il ragazzo scossando il capo e lei si tranquillizzò. Involontariamente incrociò gli occhi di Lamia e deglutì sommessamente. La donna distolse lo sguardo fissando sorniona la sorella. “Rin…” Lilith si rivolse al ragazzo e scattò sull’attenti, “Sì?” “Non ti agitare… Ho visto che ci sei rimasto male ma era così che dovevano andare le cose…” chiuse gli occhi con un velo di rassegnazione, “Tu hai fatto tutto il possibile per aiutarci e ti ringrazio.” “Mia sorella che ringrazia qualcuno!?” “Lamia, per favore.” Si scambiarono rapide occhiatacce. “Io… In realtà avrei voluto fare di più.” Disse Rin guardando il fratello. “Volendo puoi… Domani.” Gli rispose lui, “Poi ti ricordo che una parte del segreto non è ancora stata svelata e ci terrei rimanesse tale.” Aggiunse incrociando le braccia appoggiandosi alla finestra. “Intendi forse il tuo patto con Lamia?” “Esatto.”. Rin deglutì rumorosamente per poi buttare l’occhio sulla sua Katana. La prese in mano giochicchiando col cordino della cerniera e sospirò. “Mephisto mi ha detto che domani il mio intervento sarà molto importante ma ancora non so che dovrò fare di preciso oltre tenervi alla larga dall’impurità.” “Credo che invece il tuo compito sia ben preciso.” Alzò un sopracciglio Lamia, “Devi appunto tenerci alla larga dall’impurità. Il come non importa. Poi ci saranno anche i tuoi amichetti ad aiutarti.” “Ma certo! È il lavoro di squadra che conta… Come all’ultima esercitazione!” gli occhi del giovane s’illuminarono, “Hey Yukio! Non è che anche questo è un esame per caso!?” si voltò di scatto verso il gemello che alzò le mani. “Ne dubito…” si schiarì la voce Lilith, “Fatto sta che comunque dobbiamo prepararci…” disse amareggiata. Rin di tutta risposta sbadigliò apertamente asciugandosi una lacrima di sonno col palmo della mano, “Scusate…” biascicò a stento. Yukio lo guardò serio per poi sbirciare ancora fuori dalla finestra le tenebre del cortile. “Propongo di tentare di dormire.” Disse infine sciogliendo le braccia. “Io… Credo che andrò a godermi ancora un po’ il cielo…” Lilith dette loro le spalle avvicinandosi alla porta, “Voi intanto riposatevi pure… A dopo.” “Lilith…” Lamia provò a chiamarla ma lei sparì dietro l’uscio. “Ah… è proprio depressa.” Sbuffò cascando all’indietro con la testa sul cuscino. Yukio la guardò ammutolito rubargli il posto letto ma non commentò. Rin in silenzio si alzò e stringendo i pugni uscì dalla stanza seguendo la ragazza. “E adesso dove va?” sbuffò Lamia alzando gli occhi al cielo, “Farebbe meglio a dormire.” Si rotolò su se stessa dando le spalle a Yukio che schiarendosi la voce attirò la sua attenzione, “Già, e così pure io.” Accennò al fatto di avere il letto occupato. “Oh… Certo…” Lamia lo guardò di sbieco sogghignando per poi girarsi a pancia in su. “Accomodati.” Lo stuzzicò ma lui contro ogni previsione non rispose alle provocazione bensì spegnendo la luce della lampada da scrivania, si sedette sul bordo del letto guardando il pavimento buio. Lamia si sollevò sui gomiti sbigottita da quella mossa per poi leccarsi i baffi, “Che ti prende? Ti vedo diverso dal solito…” inclinò la testa di lato studiandolo a fondo, “Stavo pensando a prima.” La voce del ragazzo ruppe la quiete suonando cupa nella notte. “È dura da ammettere ma hai sempre avuto ragione su tutto. Sono un egoista.” Sorrise amaramente. La succube strabuzzò gli occhi incerta di averlo sentito dire quelle cose per davvero ma non osò commentare in alcun modo. “Ti credevo un demone concentrato solo sul soddisfare i propri desideri ma a quanto pare non è così. La tua vita è votata a tua sorella e in questo ho notato che ci somigliamo molto. Per altro invece credo che dovrei imparare.” Yukio non sentendola intromettere nel discorso, continuò da solo fissando un punto vuoto nel buio. “Ma non sperare che io lo ripeta due volte, sia chiaro.” Serrò la mandibola. “Ammetto di non riuscire ancora ad accettare pienamente il nostro patto né tanto meno di volere che si sappia in giro. Anche perché gli effetti di cui risento sono a volte insopportabili ed è vero che ti odio ma ti ammiro anche.” Si sforzò di guardarla negli occhi, completamente spalancati e attoniti. “Non fare quella faccia o mi rimangio tutto.” A quelle parole, Lamia chiuse gli occhi cercando di mantenere una perfetta cera inespressiva una volta riaperti. “Dunque questo è quello a cui ho pensato dal momento in cui ti ho visto chinare il capo a tua madre.” Si slacciò il cravattino buttandolo per terra, “E in previsione del domani suppongo tu abbia bisogno di riprenderti.” Lamia lo fissò sbottonarsi la camicia a poco a poco sempre più sulle spine, “Coraggio, mordimi.”. Nel frattempo, Lilith aveva raggiunto il tetto del dormitorio e seduta in bilico sulle tegole avvolta nella coperta guardava le stelle in silenzio. Si mise a contarle una ad una, immaginando forme e disegni collegandole con la fantasia. Cercò con tutta sé stessa di memorizzare la loro brillantezza e il nero del cielo, per non rischiare di dimenticarseli. “Li… Lilith!” Rin annaspando riuscì ad inerpicarsi sul tetto interrompendola. La ragazza lo guardò ergersi in piedi sfidando il suo equilibrio per poi sorriderle. Portava la Katana legata sulle spalle e si era quasi strangolato col cordello mentre si arrampicava. “Rin… Che ci fai tu qui? È tardi, dovresti riposare.” “Anche tu! Non vorrai avere le occhiaie domani!” si sforzò di essere simpatico nonostante la stanchezza. La succube accennò a un sorriso per poi tornare a scrutare l’orizzonte, “Vorrei, ma non ci riesco… Sono troppo agitata…” sospirò e il ragazzo in silenzio le si accucciò accanto prendendo in mano il fodero della sua spada. “Sono venuto qui per questo. Voglio farti una promessa.” “Una promessa?” lei alzò la testa per guardarlo confusa al che lui strinse ancora più forte la Katana facendola tremare, “Sì, io prometto di salvarti. Non importa come ma ce la metterò tutta. Lo giuro sulla mia spada che poi sarebbe… Il mio cuore di demone…” “Oh Rin… Non devi.” “Devo eccome, mi sono sentito troppo in colpa per non aver mosso un dito mentre quella Eva ti… trattava in quel modo… E non posso perdonarmelo. Lasciami almeno provare a rimediare.” Seguì un lungo silenzio. Lilith sfiorò il fodero senza dire una parola e solleticando con i suoi artigli le dita del ragazzo lo fece rabbrividire. “Se la metti così… Grazie.” Fu tutto quello che disse guardandolo dritto negli occhi prima di ritrarre il braccio sotto la coperta. Chiuse gli occhi sorridendo beata e in un certo senso si sentì più tranquilla. “Ora va un po’ meglio.” Sorrise al cielo, “Eh? D…Davvero?” Rin era lievemente arrossito per quell’improvviso contatto, però scossando la testa tenne i piedi per terra alzando il pollice facendosi serio, “Puoi contare su di me.” Sorrise con determinazione, facendola di nuovo voltare. “Lo so.” Sospirò lei sommessamente osservando il paesaggio sotto di loro prendendo tempo, “Adesso però vai a dormire, dico davvero.” Lilith lo guardò con la coda dell’occhio al che lui si alzò di scatto tendendole la mano, “Concordo, andiamo!”. La succube inclinò leggermente la testa studiando il profilo di quelle dita pallide che le venivano offerte e senza esitare oltre le afferrò saldamente tirandosi in piedi a sua volta. “Grazie per la chiacchierata.” Accennò a un inchino e con molta eleganza, scese per prima dal tetto infilandosi nella finestra lasciata aperta. Intanto Lamia, tre piani più in basso, interruppe il contatto con Yukio finalmente sazia. Alla fine aveva ceduto e lo aveva morso. Gli leccò i fori sul collo con delicatezza come se fosse un cucciolo ferito e non contenta, gli lasciò anche un piccolissimo bacio lì accanto. Non si udì nemmeno lo schiocco da quanto era leggero ma il ragazzo lo aveva sentito benissimo. Si lasciò cadere all’indietro sul cuscino storgendosi gli occhiali esausto. Ma poco gli importava in quel frangente di riuscire a vedere dal momento che la vista gli si stava annebbiando. I suoi pensieri non erano che un insieme di cotone ovattato e tra le ciglia scorse la sagoma scura di Lamia come in un sogno. Dopodiché sentì un improvviso calore su una guancia ma ormai lontano non aprì nemmeno gli occhi per vedere cosa fosse. La succube si era chinata su di lui per dargli un secondo bacio nel silenzio. Vedendolo sulla via del sonno, si fermò qualche istante a guardarlo addormentarsi sistemandogli le coperte fino al petto. Infine si alzò con tutta calma e uscì dalla stanza senza aggiungere altro. Si chiuse l’uscio alle spalle stando attentissima a non sbatterlo mordendosi un labbro per la concentrazione. “Oh. Lamia.” Non appena alzò il capo, si trovò davanti la sorella di ritorno ma la donna posandosi un dito sulle labbra la intimò di stare in silenzio. “Shhh…” sibilò guardandola negli occhi. “Lamia?” Rin sbucò alle spalle della ragazza e lei ripeté il gesto scollandosi dalla porta in punta di piedi. Si avvicinò a Lilith prendendola per mano poi facendo un cenno di capo al ragazzo gli dette la buona notte portandosela via sotto il suo naso. “Buona notte…” bisbigliò lui un po’ confuso e Lilith voltata verso di lui lo fissò senza rispondere finché non scomparvero nel buio. “Lamia, che è successo? Ti vedo… Incredibilmente in serena…” Lilith aprì bocca solo quando furono nella loro stanza ma ammutolì immediatamente. Il caos che aveva lasciato prima di partire era ancora lì e la ragazza si sentì un groppo in gola. Aveva lasciato quella camera per un appuntamento galante e ne era ritornata per andare in contro al suo destino. Buffa la sorte. Lamia scavalcando i vestiti accartocciati andò verso i loro letti ancheggiando e si fermò lì davanti posando una mano sul legno del mobile dando le spalle alla sorella. “Non è successo niente.” Disse calma voltandosi con un mezzo ghigno. Lilith in piedi in mezzo al marasma si strinse nella coperta guardandosi intorno e deglutì di nuovo turbata. “Lilith… Coraggio… Vieni qui.” “Eh?” “Ho detto vieni.” La succube allungò un braccio verso di lei con una pace in volto che non le aveva mai visto prima. Senza farsi domande, vista la stanchezza cominciò allora ad avanzare evitando ostacolo per ostacolo finché non arrivò a prenderle la mano. “Domani, vinceremo noi.” Le disse non appena furono vicine. “Lamia… Posso dormire con te stanotte?” le chiese Lilith timidamente. L’altra alzò un sopracciglio per poi ridacchiare sommessamente. Senza rispondere a parole, si sedette sul letto della ragazza tirandola per il braccio al suo fianco finché non trovarono il giusto incastro raggomitolandosi come due gatti. La coperta di Lilith era impregnata dell’odore di Yukio e del calore del suo corpicino, al che Lamia la strinse forte annusandola a pieni polmoni. Lilith senza farci caso, assorbì tutte le energie positive di quell’abbraccio cercando di rasserenarsi. A poco a poco il torpore si fece largo nei meandri della sua mente. “Lamia…” “Che c’è?” “Me la canti una ninna nanna?” “Adesso chiedi troppo.” “Dai…” “No.” “Ti prego…” “Guarda che ti butto per terra.”. Silenzio. “Nemmeno se ti pago?” “Cosa mi dai?” “Ecco vedi, sei sempre la solita!” strillò la ragazzina ma la sorella stritolandola con più vigore la zittì. “Dormi.” “Ma…” “Dormi…” Lamia addolcì i toni accarezzandole la testa. “E pensa a una frase ad effetto che dirai a nostra madre quando avremo la meglio. Però per il momento…”. La donna sospirò col naso premuto tra la coperta e i capelli di Lilith chiudendo gli occhi, “Dormi.”.  In quell’esatto frangente, Mephisto era di tutt’altra idea rispetto al riposarsi. Era ricurvo sulla scrivania del suo studio intento a scrivere vagonate di mail ed sms in preparazione del matrimonio. Doveva pianificare tutto nei minimi dettagli e non tralasciare nemmeno il particolare più insulso. Schioccando le dita fece comparire numerose buste con le partecipazioni e senza indugio chiamò il suo servitore affinché le spedisse. “Belial.” Tuonò e l’uomo comparve sulla soglia, “Per cortesia, manda queste in quel lì di Gehenna.” “Subito, signore.” “E contatta Amaimon da parte mia dandogli questo messaggio: Fratello, non appena avrai sbrigato la tua parte raggiungimi alla residenza. Firmato Samael.” “Sissignore, desiderate altro?” “No, per il momento può bastare.” Belial fece un mezzo inchino uscendo con le buste in braccio mentre il demone alzandosi dalla scrivania sospirò sistemandosi i polsini, “Ahh… Spero che il caro papà non se la prenda per non essere stato invitato…”. Infine con uno schiocco di dita scomparve in una nube per poi riapparire nel bel mezzo dei resti della sua antica dimora, dove Lilith aveva morso la mela. Il frutto giaceva ancora a terra, dov’era caduto. In completa solitudine raggiunse il centro del salone in rovina e spalancando le braccia prese una grossa boccata d’aria cominciando a tramutarla in una sfarzosissima cappella. Il pavimento polveroso lasciò spazio a una distesa di marmo lucidissimo e pregiato che scintillò d’oro non appena il soffitto fu percorso da riccioli dorati che si snodarono attorno ad affreschi delicati. Le colonne tornarono al loro antico splendore, ornate da capitelli rococò. In fondo al salone comparve l’altare rialzato e un lungo tappeto lo collegò all’ingresso scivolando lungo la navata principale. Vi era un portone imponente come nuova entrata primaria e altre due porte alle pareti ai lati come secondarie. Sopra alla prima porta si stagliava una vetrata raffinata arricchita con vetro colorato che rispecchiava quella tripartita dietro l’altare. Infine invece di disporre le panche in modo tradizionale, creò due sorte di platee ai lati della stanza, rivolte verso il corridoio così da non essere d’intralcio ai suoi piani. Ogni demone sarebbe stato incastonato lì dentro con apparentemente poco margine d’azione. Nella sua testa aveva già preso tutto forma, quell’ambiente era stato plasmato esattamente come immaginava. In alto il foro circolare sul soffitto era rimasto ben evidente mentre dietro l’altare spiccavano croci e orpelli barocchi. Sogghignò alla vista dell’opera compiuta e con tutta calma giunse le scale che portavano all’edicola facendovi comparire sopra una tovaglia di pizzo candida come la neve. Sfiorandone la superficie coi guanti con un ultimo sforzo creò due calici d’argento arzigogolati che vi posò sopra con eleganza. Sospirando alzò poi il capo alla luce della luna e spalancando le braccia rivolto verso il fondo del salone scoppiò a ridere. “Benvenuti, benvenuti… Al matrimonio dell’era.” Citò la frase di Eva con un ghigno malvagio, facendo le prove per l’indomani.

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Capitolo 45
*** Capitolo XXXXV ***


CAP 45

 
“Lilith, Lamia… Lord Pheles ci ha mandate per i preparativi.” Izumo bussò violentemente alla porta della loro stanza la mattina seguente. Sembrava seccata da quell’onere e dietro di lei, Shiemi reggeva un vestito impacchettato come appena uscito dalla lavanderia e una serie di borse, simili a quelle che aveva anche Izumo a tracolla. Il team di truccatrici era arrivato. Lilith spalancò gli occhi venendo abbagliata dalla luce del sole e trovandosi avvinghiata a Lamia la spinse via cascando sul pavimento di schiena, “Ahia!” strillò svegliando la sorella, “Che c’è!?” Lamia si rotolò incrociando il raggio di sole sparato dritto sulla sua fronte strillando per il bruciore agli occhi, “La luce!!!” soffiò come un gatto nascondendo la testa sotto il cuscino. “Lilith!” Izumo bussò con ancora più vigore sempre più scocciata. “Forse non ci sono…” ipotizzò Shiemi molto timorosa cercando di placare la compagna, “Impossible, ho sentito Lamia urlare.” Sbuffò l’altra senza smettere di dare colpi alla porta. “Eccomi, eccomi…” Lilith si alzò a fatica perdendo per strada la coperta sbadigliando. Quando aprì l’uscio, Izumo si bloccò col pugno alzato e trovandosela davanti conciata in quel modo divenne paonazza balzando all’indietro sbattendo contro Shiemi, anche lei imbarazzatissima. “LILITH CHE CI FAI ANCORA COSÌ!?” farfugliò agitatissima la ragazza cercando di non guardarla e di tutta risposta, l’assonnata Lilith si grattò la testa ridacchiando nervosa distogliendo lo sguardo. Al piano di sotto, Yukio era stato il primo a svegliarsi e sentendo dei rumori provenire dalla stanza delle sorelle aveva buttato l’occhio all’orologio controllando l’ora. “Sono in anticipo.” Mormorò facendosi il nodo alla cravatta. Poi guardò Rin, stravaccato sul letto ancora nel mondo dei sogni in una posa alquanto bizzarra e sospirò. D’un tratto alcune immagini della notte precedente si fecero strada nei suoi pensieri. Non riusciva a capire se si fosse trattato della realtà o di un sogno ma i fori sul collo che si sfiorò gli dettero la conferma che non si trattava di fantasia. Era stato davvero lui a concedersi in quel modo? Sentiva una strana sensazione. L’indomani sarebbe stato il giorno limite dopo l’ultimo bacio e si sentiva il tremore. Non ci voleva. Vestito e lavato, inforcò gli occhiali sistemandoseli bene sul naso e prendendo il cellulare, scorse i messaggi mandatigli da Mephisto durante la notte. Gli aveva scritto dettagliatamente punto per punto come avrebbero proceduto con i preparativi. Alle ore dieci in punto, Izumo e Shiemi si sarebbero occupate di truccare, pettinare e vestire Lilith direttamente nella sua stanza. Non erano ammessi uomini. Lui avrebbe dovuto occuparsi di radunare i ragazzi nella sua camera per dare le ultime istruzioni su come muoversi contro Astaroth. Il preside aveva addirittura allegato uno schizzo della pianta della chiesa, fatto molto a modo suo coi pastelli e nonostante si capisse poco, era comunque utile al piano. Aveva evidenziato la zona in cui si sarebbero dovuti posizionare: All’inizio della platea di destra, vicino alla porta d’ingresso. “Rin.” Yukio rimettendosi il telefono in tasca si avvicinò al fratello per svegliarlo. “Apri gli occhi, stanno arrivando gli altri.” Lo scossò per le spalle ma tutto ciò che ottenne fu un grugnito.
“Andate via…” Lamia si rigirò nel letto sentendo il fracasso che facevano le altre ragazze. Lilith con di nuovo la coperta sulle spalle si era seduta sulla scrivania mentre Shiemi e Izumo, poggiati i bagagli stavano sistemando la camera al posto suo. “Non fateci caso, non è una persona mattiniera.” Disse la succube accennando alla sorella, “Lo avevo capito.” Sbuffò Izumo, “Certo che però potresti darci una mano, è pur sempre la tua stanza.” “Vorrei ma dovrei togliermi la coperta per farlo e voi sembrate molto suscettibili…” a quelle parole entrambe le ragazze rabbrividirono. “Come non detto.” Tagliò corto Izumo finendo di impilare i vestiti ripiegati sul pavimento. “Dove li metto?” domandò Shiemi con in braccio parte di quella montagna, “Nell’armadio, lì.” Indicò Lilith dall’alto del suo trono. “Oh, grazie…” l’altra allora si sbrigò a riporli un po’ in agitazione. La coda della succube si muoveva flemmatica accompagnando il loro riordinare frenetico e nel trambusto delle pulizie, gli occhi le caddero sull’abito stritolato nell’apposita custodia che Shiemi aveva posato sul mobile accanto assieme alle borse. All’improvviso si sentì di nuovo in preda al panico. Era il giorno del matrimonio. Con il risveglio di questa consapevolezza, prese ad agitare la coda con più vigore e Izumo se ne accorse, “Che succede?” si voltò stiracchiandosi la schiena sentendola sbattere contro la scrivania, “Quello…” Lilith continuava a fissare il vestito, “È ciò che penso sia?”. L’altra fece una breve pausa premendo le labbra le une contro le altre, “Lord Pheles me lo ha lasciato stamattina davanti alla porta della mia stanza con una nota. È il tuo vestito da sposa.”. Anche Shiemi alzò la testa per controllare la reazione di Lilith ma questa non si mosse restando a fiutare l’aria. “Lo posso vedere?” “Dopo, dopo. Prima il trucco.” Gli occhi di Kamiki scintillarono maligni mentre prese in mano la trousse con un rapido gesto facendo sobbalzare Shiemi per lo spavento. “Avanti, entrate.” Yukio aprì la porta della sua stanza ai ragazzi mancanti all’appello. Ryuji entrò per primo un po’ titubante seguito da Shima e Koneko che si guardarono attorno con circospezione, “Con permesso…” mormorò l’ultimo incrociando gli occhi di Rin, “Yo! Ciao ragazzi!” li salutò incredibilmente non in pigiama. “La vostra stanza è fighissima, non penso di esserci mai stato.” Renzou guardò la fila di scaffali e alambicchi di Yukio ornati di erbe messe a essiccare. “Accomodatevi.” Tagliò corto il ragazzo sedendosi alla scrivania girando la sedia per non dare le spalle ai suoi ospiti. “Lord Pheles mi ha chiesto di radunarvi qui prima del matrimonio per le ultime direttive.” Aggiunse facendosi serio osservandoli prendere posto in stanza. “Non manca qualcuno?” chiese Ryuji incrociando le braccia trovandosi in quell’androceo seduto di fronte al professorino, “Se ti riferisci alle ragazze, sono al piano di sopra da Lilith per aiutarla a prepararsi.” “Che!? Possiamo andare a dare una sbirciatina?” saltò su Shima eccitato, “Assolutamente no, Mephisto ha detto niente uomini.” “Avanti, una piccola piccola…” “Shima, non hai imparato niente da ieri sera?” lo riprese Koneko sbuffando. “Capisco… Ma io mi riferivo a Takara.” “Oh, è lì.” Yukio indicò il letto di Rin su cui il ragazzino si era accomodato con la sua solita espressione e la marionetta infilata nel braccio. “Ahhh Oddio!” sobbalzò Shima accorgendosi di quella presenza ostile, “Sono sempre stato qui, idioti.” Disse pacatamente il loro compagno lasciando parlare il burattino senza muovere la bocca. “Ma cosa!? Lui non c’era ieri, perché è qui?” Koneko strabuzzò gli occhi e Yukio schiarendosi la voce recuperò le loro attenzioni, “Il preside ha fatto in modo di metterlo al corrente di tutto, per quanto mi ha detto. Takara è pur sempre un vostro compagno di classe.” Disse serio sistemandosi gli occhiali. “Bene, procediamo con il prossimo punto dopo l’accoglienza.” Come un robot, prese il suo cellulare riaprendo la mail di Mephisto.
“Ehrm… Izumo…” Shiemi interruppe la compagna all’opera col lucida labbra di Lilith facendola voltare con il pennello ancora posato sulla sua bocca chiusa a bocciolo di rosa. Si erano sedute al centro della camera in ginocchio sul pavimento. Kamiki le aveva legato i capelli in modo che non le fossero d’intralcio per la sua opera e la ragazza doveva solo preoccuparsi di reggere la coperta sulle sue grazie. Con le corna di mezzo era stata una vera impresa. “E questo?” la biondina sollevò un completo intimo molto provocante, bianco con pizzi e fiocchetti a formare un unico blocco tra reggiseno, bustino e perizoma con tanto di reggi calze a balze. Lo aveva trovato in mezzo alle borse datele da Mephisto con un bigliettino scritto di suo pugno attaccato, “Credo… beh… C’è scritto: Per Lilith: indossami…”. “Che!?” starnazzò Izumo arrossendo violentemente strisciando il lucida labbra sul viso di Lilith lasciandovi un rigone rosso lungo la guancia. “Ah!” la succube sussultò sbarrando gli occhi, un po’ per la vista di quel completo e un po’ per il trucco mandato a quel paese. Izumo voltandosi di scatto vide che aveva appena fatto e ringhiò guardando il soffitto, “Maledizione, devo ricominciare da capo!” urlò facendo mugolare Lamia ancora a letto. “Avete sentito?” Shima alzò gli occhi verso il piano di sopra sentendo la voce delle ragazze interrompendo Yukio. “Sembra che si stiano divertendo…” sogghignò beato sotto i sospiri esasperati di Koneko e Ryuji. “Lilith, avanti prima che ti sistemi la faccia, metti questo! Sbrigati!” Izumo spazientita aveva strappato di mano a Shiemi l’intimo da farle indossare e cominciava ad agitarsi dal momento che doveva rifarle il trucco da capo. “Non abbiamo tempo!” strillò tirandole le coperte, “Eh? Aspetta, aspetta!” pigolò la succube vedendosela piombare addosso con tutta quell’aggressività, “Faccio da sola!” cadde all’indietro sbattendo la testa con il completo tra le grinfie e fu la volta buona che Lamia allucinata tirò su la testa dalle coperte. I tonfi e gli urletti del gruppetto passarono il pavimento distraendo ancora i ragazzi. Rin si sentì sudare freddo percependo che Yukio stava un po’ spazientendosi. “Ehrm… Siamo sicuri che ce la facciano da sole?” domandò grattandosi una guancia imbarazzato stringendo la Katana tra le cosce. Non la lasciava dalla sera prima. “Va tutto bene, se la caveranno.” Gli rispose il fratello sistemandosi gli occhiali, “Stavo dicendo…” tossicchiò, “Noi ci disporremo in questa zona e copriremo le spalle a Lilith nel caso che…” l’ennesimo tonfo lo interruppe facendolo scattare in piedi. “Professor Okumura?” Ryuji spalancò gli occhi sorpreso, “Non riesco a concentrarmi.” “Vuol dire che andiamo a dare un’occhiata?” saltò su Shima lascivo e frivolo come al solito. “ALLORA, Tu… Siediti! Tu… Pulisci quel casino e Tu… Truccala!” Lamia aveva preso in mano la situazione destata in malo modo. Non era dell’umore adatto per sentir piagnucolare delle ragazzine. “Senti tu…” “Niente obiezioni.” Izumo corrucciò le sopracciglia e sbuffando tornò a inginocchiarsi di fronte a Lilith, ora con addosso quell’intimo provocante. Shiemi aveva chinato il capo e Lamia la fissò con le mani sui fianchi mentre raccoglieva gli oggetti che le altre due avevano fatto cadere rincorrendosi. “Devo dire che in fondo… Non mi dispiace questo abbigliamento…” disse Lilith ridacchiando, “Non ti muovere!” la riprese Izumo con in mano il mascara. L’altra succube pur essendo ancora in pigiama trasudava autorità da tutti i pori e sembrava che grazie a lei, la stanza avesse recuperato il suo equilibrio. Al che, sbadigliando si ributtò nel letto emettendo un gorgoglio soffocato. “Odio la mattina.” “È mezzo giorno passato.” Kamiki la guardò con gli occhi a mezz’asta. Shiemi rimesso in ordine, si andò ad accucciare alle spalle di Lilith con una spazzola, “Mentre la trucchi io penso ai capelli!” disse alla compagna sorridendo. Sembrava essere l’unica a divertirsi almeno un po’. Con delicatezza, slacciò la crocchia fatta dall’altra lasciando che i lunghissimi capelli biondi della succube le ricadessero sulle spalle. “Cerca di non farglieli cascare sul viso.” La rimproverò Izumo prendendo un altro po’ di cipria, “Sì!” le rispose Shiemi cominciando a districarglieli con molto garbo. Per prima cosa sistemò le ciocche che si erano impigliate nelle corna cercando di domare quei boccoli selvaggi. Lilith in balia di quel trucco e parrucco fissava un punto vuoto vagamente esasperata. “Avete fatto?” “No.” Rispose secca la truccatrice, “Andiamo, mi sembra assurdo truccarmi per un matrimonio che intendo mandare a monte…” “Non parlare! Questi sono gli ordini di Lord Pheles.” strillò la sopraccigliona minacciandola col rossetto e lei ammutolì soffocando un lamento. “Vi avevo detto di rimanere in stanza.” Yukio guardò con la coda dell’occhio il seguito di giovani che lo stava accompagnando al piano di sopra, “Scusa, ma sono troppo curioso!” disse Shima con gli occhi che gli brillavano, “Io sto ecco… Seguendo Shima per tenerlo d’occhio.” Disse Ryuji, “Idem.” Distolse lo sguardo Koneko ma il trio era vagamente rosso in viso. Dietro di loro Takara non accennava ad aprir bocca, estraneo a tutto e tutti. “Capisco.” Il professore si voltò sarcastico guardandoli con aria di sufficienza, “E tu Rin, che scusa hai?” “Eh? Io?” il ragazzo ridacchiò nervosamente anche lui in imbarazzo, “Sempre per tenere d’occhio Shima, che domande…” “Certo.” Yukio si sistemò gli occhiali continuando per la sua strada imperterrito, “Mi affaccerò solo un istante per chiedere di abbassare i toni e poi torneremo di filata in camera. Pheles è stato alquanto chiaro nella mail. Ne va della nostra sicurezza.” “Capito!” si sbracciò Rin pimpante, ma il fratello sapeva bene che non lo aveva affatto. “Ecco fatto!” Kamiki si alzò in piedi posandosi le mani sui fianchi soddisfatta per ammirare la sua opera. Lilith era ancora più bella di prima e i suoi occhi di rettile erano messi ancora più in risalto con quel trucco. Quello sguardo demoniaco la inquietava un po’ ma cercò di non pensarci. “E ora il vestito!” Shiemi corse energica a prendere il malloppo sotto lo sguardo della succube. “A…Aspettate.” Si alzò in piedi titubante, “Prima di vederlo avrei bisogno di andare in bagno…” fece una smorfia lasciandole di stucco.  “Ci siamo. Mi raccomando state indietro.” Yukio si avvicinò alla porta per bussare ma non appena alzò il pugno, questa si spalancò e Lilith in lingerie fece la sua comparsa sulla soglia. “DIO SIA LODATO!” Shima cominciò a piangere commosso ma la succube incrociando gli occhi di Yukio li spalancò sbattendogli immediatamente la porta in faccia. “Sono qui… Non dovrebbero essere qui… Che faccio? Impazziranno…” strinse i denti respirando affannosamente addossandosi a questa di nuovo al sicuro nella camera. “Che? Non ti scappa più?” Izumo e Shiemi la guardarono stranite mentre Lamia disturbata dal tonfo tornò a rinvenire tirandosi su a sedere sul bordo del letto. “A quanto pare non c’è verso di dormire.” Sbuffò seccata. “E adesso che si fa?” chiese Rin paonazzo. Yukio era rimasto immobile col braccio alzato e sudava tantissimo. “Non lo so. Ma non sono riuscito a dirle di fare meno casino.” Disse in tono meccanico. “Era… In… Biancheria…” balbettò Suguro asciugandosi le goccioline dalla fronte rosso come non mai, “A…Andiamo, l’abbiamo vista… Ehrm nuda, ieri… Che vuoi che sia?” incespicò Koneko seppur poco convinto, visto l’imbarazzo che provava a sua volta. Ma l’influenza di una succube come Lilith non era da prendere sotto gamba. Rin si sventolò il viso con una mano cercando di pensare a cose innocenti e Yukio lo fulminò con lo sguardo scossando il capo davanti a quello spettacolo di scarso autocontrollo generale. “Credo di aver visto la strada per il Nirvana…” continuò a piangere di commozione Shima, dando una pacca a Koneko che si nascose il viso paonazzo tra le mani, “Cercate di darvi una calmata, non potete reagire sempre in questo modo davanti a lei altrimenti come sperate di essere utile alla missione?” sbottò il professore esasperato contenendo le sue emozioni il più possibile, “Andiamo prof, l’hai guardata anche tu o sbaglio?” lo stuzzicò lo stesso Shima sorridendo sornione. “Non è come pensi, non l’ho cercato è stato un incidente.” “Come no…” “Oibò, che sorpresa trovarvi qui nella zona proibita.” La voce di Mephisto echeggiò alle loro spalle e Yukio trattenne i brividi di terrore. Beccati. “Lord Pheles…” disse a denti stretti voltandosi e lo vide giungere lungo il corridoio seguito da Amaimon. “Ero passato a controllare come procedevano i preparativi ed eccovi a spiare il sesso opposto dal buco della serratura…” “Mephisto, noi stavamo solo…” il ragazzo tentò in tutti i modi di restare professionale ma l’espressione ambigua del demone lo distraeva, “Sì, sì, non importa… è naturale siate curiosi.” Strizzò l’occhio sogghignando tutto contento, facendo piombare il gruppo nel più assoluto disagio e straniamento. “Ma io non… Ecco… Volevo soltanto chiedere di fare meno rumore. Stavano disturbando la riunione.” Disse Yukio impettito. “Fermi.” Amaimon uscì dall’ombra di Mephisto squadrando l’orizzonte, “Lilith è lì dentro?” fiutando l’aria, drizzò le antenne studiando la porta alle spalle del ragazzo. I ragazzi sentendolo incombere, si scostarono per far avvicinare i due demoni restando in silenzio a sudar freddo. Yukio serrò la bocca annuendo lievemente. “Oh sì… Prima è uscita per una manciata di secondi ed era… Ahhh…” Shima non riuscì a tenere la bocca chiusa per l’estasi ma Amaimon voltandosi di scatto verso di lui lo incenerì con lo sguardo. “L’avete vista!?” domandò insistente, “Com’era? Che faceva? Come avete osato posare i vostri occhi su di lei prima di me!?” “Eh? Ecco…” “La voglio vedere pure io!” con uno scatto fece per andare a bussare la porta con impeto, “Lilith, esci! Mostrati a me!” le ordinò riuscendo soltanto a graffiare la porta con le unghie. “Su, su… basta fare i capricci… Lasciala stare, si sta vestendo…” Mephisto lo sollevò di peso per le ascelle appena in tempo trascinandolo lontano sotto lo sguardo attonito degli studenti. “Orsù lasciamo le ragazze ai loro affa…” prima che potesse finire la frase, la porta si aprì di nuovo e una Lilith più attonita di prima comparve sull’uscio con lo stesso identico abbigliamento. Doveva assolutamente andare in bagno e non l’avrebbe fermata un nugolo di maschi arrapati. Ma si sbagliava, come incrociò lo sguardo assatanato di Amaimon e la faccia esterrefatta di Mephisto si bloccò all’istante tornando immediatamente da dove era venuta sbattendo per la seconda volta la porta in faccia ai ragazzi. Calò un silenzio imbarazzante carico di rossore sulle guance e fiato sospeso. “Deliziosa…” si leccò un labbro Mephisto dopo una manciata di secondi di elaborazione del pensiero, tenendo ben stretto Amaimon rimasto con un palmo di naso. “Ahh… Lilith, di nuovo!?” alzò gli occhi al cielo Lamia vedendola ancora buttata addosso all’uscio in quel modo. Anche Izumo e Shiemi erano sconcertate ma non mossero un muscolo. “Credo… Che me la terrò.” Balbettò la succube sospirando esasperata. “Avanti, seguitemi… Come spero abbiate capito, questo non è il posto adatto per concentrarsi…” approfittando del silenzio generale, Lord Pheles sogghignò trascinando via il fratello facendo strada ai suoi studenti. Yukio sistemandosi gli occhiali e asciugandosi una goccia di sudore dalla fronte, aprì la fila guardando con aria di rimprovero i ragazzi, specialmente Shima che sembrava essere la causa principale dello scompiglio dopo Lilith. Questo ridacchiava tutto contento, apparentemente soddisfatto dalla piega che avevano preso gli eventi. “Fratellone, ce la faccio a camminare da solo.” Ad un certo punto, Amaimon si dimenò finché non toccò terra lievemente seccato. “Scusate se mi intrometto…” Yukio si avvicinò a loro mentre camminavano lungo il corridoio, “Ma siamo a posto con la cavalleria?” “Certamente, Amaimon ha già pensato a tutto ieri notte.” rispose Mephisto al posto del fratello che si limitò a fissare Yukio senza spirito. “Secondo voi dove stiamo andando?” bisbigliò allora Rin all’orecchio dei suoi compagni, “Andiamo ai posti di combattimento, figlioli.” Fu di nuovo il preside a rispondere alle domande grazie al suo udito finissimo. “Cioè? Andiamo già alla cappella?” balbettò Koneko e Mephisto fermò il passo voltandosi con un ghigno stampato in faccia, “Già, proprio così.” Schioccò le dita sparendo con tutto il gruppo. “Oh… Finalmente ce l’hai fatta ad andare in bagno.” Schioccò la lingua Lamia vedendo rientrare Lilith molto più serena. La ragazza non rispose limitandosi ad alzare gli occhi al cielo. L’altra nel frattempo aveva avuto il tempo di vestirsi e darsi una sistemata, seppur indossasse sempre l’uniforme. Notando che anche le altre ragazze non accennavano a un cambio d’abito, Lilith le squadrò da capo a piedi facendo una smorfia, “Ma come… Voi non vi mettete un po’ in ghingheri?” “No.” Izumo scossò il capo chiudendo la borsa dei trucchi finendo di mettere in ordine, “Il preside ci ha detto di vestirci comodi. Non sarà una passeggiata.” Aggiunse cupa. “Capisco…” la succube guardò altrove per poi lasciare che lo sguardo le cadesse sul vestito pronto per essere indossato. “Credo che allora sia giunto il momento di vederlo…” disse senza entusiasmo fissando l’unico lembo di pizzo bianco che sbucava dalla custodia. “Questo posto è… Incredibile.” Rin spalancò la bocca guardando il soffitto della chiesa costruita da Mephisto in quattro e quattr’otto. “Perché siamo già qui?” Yukio mantenne il sangue freddo di fronte a quello scenario vestendo i panni del professore giudizioso, “Semplice, mio caro…” Mephisto si voltò verso di loro sventolando il suo mantello, lo stesso che aveva prestato a Lilith la notte precedente e che ancora era impregnato della sua essenza, “Tutti ai vostri posti… Per le prove generali…”. “Che? Ma è prestissimo!” sobbalzò Koneko, “Lo so bene, ma Eva non è una ritardataria e non vorrete rischiare di farvi trovare impreparati…”. Amaimon guardò il tessuto svolazzargli attorno in silenzio e senza dire beo si avviò a schiena ricurva verso l’altare per studiare i due calici d’argento. “Non ha tutti i torti…” disse Ryuji serio, alle sue spalle Shima non sembrava un gran che entusiasta ma si adeguò alla massa. “Bene, uno di voi si occuperà dell’accoglienza e del congedo ospiti alle porte secondarie. Fate sasso carta forbice per decidere a chi toccherà.”, Mephisto raggiunse l’apice della brevissima scalinata di fronte all’edicola, spalancando le braccia al cospetto dei giovani cominciando a distribuire ordini sul da farsi mentre alle sue spalle, il fratello aveva impugnato una delle coppe annusandola curioso. Stava per leccarla quando l’uomo accorgendosene riuscì a fermarlo per il rotto della cuffia con un gesto elegante, “Non si tocca…” sibilò bloccandolo all’istante. “Come vuoi.” Sbuffò Amaimon scendendo le scale con un paio di saltelli svogliati andando a raggiungere il fondo della sala. Intanto il fortunato vincitori della morra fu Takara che andò ad esaminare le porte con il suo fantoccio infilato nel braccio. Con un gesto sputò dalla bocca della marionetta due bambole a grandezza umana con le sembianze di camerieri che si disposero ai lati di queste pronti a spalancarle e richiuderle se necessario. “Ottimo, adesso disponetevi all’interno della platea e ditemi se le panche sono comode!” “Eh?” Rin alzò un sopracciglio voltandosi per guardarlo storto, “Suvvia, non vorrete che ai nostri ospiti venga il mal di schiena!” “Ma sentitelo…” alzò gli occhi al cielo dandogli le spalle per fare come richiesto seppur controvoglia. Strinse saldamente la sua Katana sulle spalle senza mollare mail il cordino. Tutto stava procedendo liscio come l’olio. I ragazzi stavano prendendo confidenza con l’ambiente memorizzando ogni singolo anfratto e Lord Pheles non poteva che compiacersene. Eva sarebbe giunta a momenti e il piano avrebbe potuto cominciare ad attuarsi. D’un tratto le porte si aprirono ed entrarono le ragazze, senza però Lilith. Per rispettare lo schema del preside, era rimasta fuori in attesa, come una vera sposa. “Oi.” La voce di Lama echeggiò lungo la navata deserta facendo voltare di scatto Yukio. Deglutì incrociando il suo sguardo cercando di comportarsi come se nulla fosse. “Siete arrivate!” sorrise Shima a trentadue denti per poi perdere l’entusiasmo non appena si rese conto che mancava Lilith. “Uffa, dov’è la sposa?” chiese un po’ amareggiato, “Shima sei impossibile.” Sospirò Koneko, “Ma come, non basto io?” si pavoneggiò Lamia guardandolo maliziosa e il cuore del ragazzo riprese a palpitare, “Ma certo, Lamia!” cinguettò facendo una piroetta. Yukio alzò gli occhi al cielo smettendo di dar loro corda e tornò alle sue faccende. Izumo guardò i ragazzi alle prese con gli ultimi preparativi e si avvicinò a loro con fare indagatorio mentre Shiemi sfilando accanto ad Amaimon ebbe i brividi. Il demone fissava la porta in attesa e non accennava a staccarsi dall’ombra. “Allora, che dobbiamo fare?” Lamia tuonò un po’ scocciata posando le mani sui fianchi guardando Mephisto in lontananza. “Per ora non serve che facciate altro, accomodatevi pure e tenete la mente libera… Tua madre fiuta la paura…” ridacchiò facendole fare una smorfia. Vedendo il gruppo eseguire il suo ultimo ordine, infine sogghignò lievemente e sistemandosi il cilindro sulla nuca girò i tacchi trovandosi faccia a faccia con il gigantesco crocefisso dorato dietro l’altare. “È tutto pronto... Carissima Eva.”.

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Capitolo 46
*** Capitolo XXXXVI ***


CAP 46

La chiesa era ormai affollata. I giovani esorcisti, segregati nelle prime panche della platea di destra si erano trovati attorniati da demoni delle più disparate categorie, seppur tutte molto alte e rinomate. “Guardate… Quello deve essere Iblis…” bisbigliò Koneko all’orecchio dei compagni. Il demone infuocato era negli spalti di fronte al loro, dalla parte opposta della navata, in piedi impettito e fissava Amaimon, dal loro lato. Doveva essere andato a contrattare con lui la notte prima. Mephisto, in smoking bianco, era anche lui in piedi con le mani dietro la schiena e sogghignava velatamente accanto al fratello. Erano rimasti al fianco dei giovani umani probabilmente per isolarli dagli altri demoni, soltanto per pura precauzione. La gigantesca vetrata colorata alla loro sinistra proiettava giochi di luce sul pavimento brillando di bianco. Lamia fissava il tappeto rosso del corridoio a braccia conserte, in piedi di fronte a Mephisto, attaccata alla staccionata che la divideva dalla zona in cui Lilith avrebbe dovuto avanzare a ritmo di marcia nuziale. Poi sollevando gli occhi, scrutò torva Iblis pensando ai fatti suoi. Yukio si era ritrovato accanto a lei senza farlo apposta e continuava a sbirciare Rin lì di fianco con la Katana ben salda tra le mani, celata dietro il recinto di legno scuro, ben nascosta da occhi indiscreti. Kamiki notando la vicinanza del professore alla succube non disse nulla ma nella sua testa le teorie viaggiavano incontrollabili. Era ormai il tramonto ma la luce del sole filtrando dall’enorme buco sul soffitto illuminava la chiesa di candore. Nonostante fosse un ambiente arioso, la pesantezza che si respirava lo rendeva angusto e soffocante. Izumo ora si mordicchiava un labbro impettita davanti a Ryuji, Shima e Koneko e cercava di evitare di guardare Shiemi alla sua sinistra, più in ansia di lei. Era visibilmente tesa. Si sentivano lo sguardo di tutti i demoni puntato addosso e attorno a loro un brusio sommesso aveva annullato il silenzio tombale che regnava fino a poco tempo prima, durante le prove. “Fratellone, quand’è che arriva quella?” Amaimon si morse un unghia spezzandosela per la noia e Mephisto lo guardò con sufficienza, “Ormai dovrebbe essere qui.” Gli rispose con garbo guardando l’altare deserto. Gli ospiti erano già tutti arrivati e nel palco di fronte al loro, verso l’edicola spiccavano tra le panche i demoni del marciume servitori di Astaroth, tenuti ben appartati nei loro spazi. Takara era impettito a lato del portone principale e teneva sotto controllo i suoi burattini con una faccia di marmo. “E Lilith?” “Amaimon…” “Non l’ho ancora vista a sufficienza…” “Avrai tutto il tempo per vederla più tardi, per adesso non fare gesti avventati o te ne pentirai.” Sibilò l’uomo guardandolo di sbieco, “Come vuoi. Farò il bravo.” Rispose seccato l’altro tornando a fissare Iblis, “Spero che il fratellino faccia quanto accordato.” “Lo farà…” sogghignò Mephisto guardandolo a sua volta e anche Iblis sembrò sorridere lievemente. “Yukio… Mi sento osservato…” Rin si avvicinò al fratello senza smettere di guardarsi intorno, “Credo sia normale… Penso sappiano che sei figlio di Satana. Lo percepiscono. Tu cerca di ignorarli, siamo sotto tutela di Lord Pheles e ha giurato di coprirci le spalle.” “Se lo dici tu…” “Quella strega è in ritardo.” Digrignò i denti Lamia sibilando. Guardò intensamente le coppe d’argento scintillare e cominciò ad agitarsi. Yukio la guardò a malapena sentendo di nuovo il tremore alle estremità del corpo. Non era il momento per farselo venire così guardò in alto pensando ad altro. Ma era piuttosto difficile data l’estrema vicinanza con la succube. Quand’ecco che una pianta rampicante sbocciò candida davanti ai loro occhi, attorcigliandosi attorno al corrimano. Yukio abbassò lo sguardo d’istinto mordendosi un labbro attraversato da brividi gelidi lungo la spina dorsale. Altri arbusti come quello a poco a poco germogliarono invadendo gli spalti e le scale di fronte all’altare trasformando quella parte di chiesa in una sorta di giungla colorata, molto più rada e delicata di quanto ci si potesse immaginare ma dai sapori esotici. L’Eden era giunto e voleva dire solo e soltanto una cosa. Un boato provenne di fronte alla croce dell’abside squarciando il terreno e sbucò di nuovo l’enorme serpente di Eva con in groppa la sua padrona seguita da Astaroth, il Re del Marciume in tutta la sua mostruosa stazza. Ci mancò poco che travolsero l’altare ma in quel fragore calò un silenzio glaciale. La creatura lasciando infine la padrona, strisciò dietro le panche in silenzio studiando gli ospiti coi suoi occhi inquietanti. “Perdonate l’attesa!” annunciò a gran voce la succube scivolando con eleganza dalla groppa della sua cavalcatura mastodontica. Astaroth si lanciò atterrando davanti alla scalinata a carponi creando un piccolo cratere sotto il suo peso. Il suo corpo era robusto e del colore della terra bruciata, per non parlare delle sue dimensioni colossali. Il suo grugno era terrificante, quasi quanto quelli spilli rossi al posto degli occhi e le corna minacciose puntavano ricurve verso il cielo. Il marciume lì accanto reagì in suo presenza tremolando ed emettendo spore tossiche che volarono verso il buco del soffitto. La sua risata malvagia echeggiò in tutto il salone facendo rabbrividire Lamia. La donna assottigliò lo sguardo caricandolo d’odio. Mephisto si grattò il pizzetto osservando Eva ancheggiare verso l’altare spalancando le braccia. Si era cambiata d’abito e per l’occasione si era anche raccolta i capelli in un crocchia elegante. Il vestito che indossava era completamente di pizzo ricamato, bianco candido come se fosse lei a doversi sposare ma comunque le sue grazie erano messe ben in evidenza, assieme alla grossa croce contenente il cuore di Lilith che le spiccava sul petto. “Questo tramonto non è la fine di una giornata ma bensì l’inizio di una nuova era che vedrà uniti nel cuore e nello spirito due demoni di estremo rilievo in tutta Gehenna…” disse ridendo maligna, “Benvenuti dunque illustri demoni e coraggiosi… Umani…” guardò il gruppetto di esorcisti sul fondo della cappella, “Alla sacra unione di Lilith figlia degli Inferi e Astaroth, Re del marciume!” si sollevò un coro di applausi e versi inquietanti dalle panche. Persino Mephisto seppur vagamente seccato, batteva le mani con grazia guardando Eva in cagnesco. Mascherava il tutto alla perfezione dietro a un sorrisetto falso quasi quanto quello che aveva Yukio stampato in faccia dal nervoso. “Devo dirtelo, Samael… Davvero i miei complimenti per questa location…” non appena il fragore cessò, Eva si sbilanciò in inutili smancerie tanto per sottolineare il fatto che avesse in pugno la situazione, “E ora… iniziamo.” Sogghignò maligna guardandolo negli occhi. Il demone accennò a un inchino senza fare una piega e con uno schiocco di dita, fece partire una musica di organo, archi e violini che riecheggiò in ogni angolo della chiesa sulle note della marcia nuziale. Lilith nel frattempo moriva di ansia. Era appena fuori dal salone, nel piccolo atrio che precedeva il portone principale, con in braccio un bouquet di fiori delicati e una nota di Mephisto tra le mani. Aveva letto e riletto quel foglietto almeno una decina di volte per tranquillizzarsi. Sarebbe dovuta entrare non appena sentita partire la musica e il silenzio non faceva che peggiorare la tensione. Voleva soltanto che tutto finisse in fretta. Abbassò per l’ennesima volta lo sguardo sulla calligrafia strampalata del demone leggendo quel messaggio che ormai poteva recitare a memoria: “Lilith…” cominciava così, insolitamente freddo senza appellativi vezzosi come invece era solito mettere, “Sai quello che devi fare, confido nella Dea bendata affinché ti guidi al cospetto di Eva. Noi saremo alla tua destra, vigili e in allerta. Non dimenticarti a cosa devi puntare. Sincere congratulazioni per questo lieto giorno, spero che i fiori siano di tuo gradimento così come il vestito che ho scelto io stesso. Trionfa. A dopo, Samael.”. D’istinto si guardò l’abito finemente ricamato e decorato con mille pizzi e merletti. Non aveva spalline e metteva ben in risalto il suo decolté con una scollatura a cuore. La gonna le si stringeva a tubino fino a poco sotto il bacino esplodendo in una cascata di trina bianchissima e il velo che portava sul capo toccava quasi terra assieme allo strascico e ai suoi lunghi capelli ora domati. I guanti bianchi di raso fino al gomito erano l’immancabile tocco di classe. Fu in quel preciso momento che la melodia di archi giunse alle sue orecchie facendole cadere il post-it dalle dita. Era arrivato il momento. Deglutì e stringendo il Bouquet con entrambe le mani, avanzò un passo calciando l’ampio vestito di pizzo che indossava, verso la porta che si spalancò grazie a Takara, svelandole le platee gremite e la sfarzosa chiesa invasa dall’Eden. Il velo le ricadde in parte sugli occhi facendole intravedere quello scenario carico di tensione e la grossa croce contro luce in fondo alla sala che l’abbagliò col suo forte contrasto. Si scostò il lembo di tulle con un delicato gesto del capo trattenendo il fiato mentre cercava di mettere a fuoco l’orizzonte. Al termine della navata incrociò dapprima gli occhi mostruosi di Astaroth intento a ridere di quella dolce attesa, poi lo sguardo altezzoso della madre che sogghignava con malizia fissandola a mento alzato. Senza indugiare, avanzò dunque sul tappeto rosso tenendo gli occhi fissi in quelli di Eva. A ogni passo sentiva montare sempre di più rabbia e determinazione e la sua camminata ne risentì positivamente. Ogni falcata era sempre più decisa. Con la coda dell’occhio notò poi i ragazzi capeggiati da Mephisto che la guardava con un’espressione piuttosto ambigua, celando i suoi pensieri dietro a un sogghigno e uno sguardo intenso. Amaimon aveva invece socchiuso la bocca in ammirazione e seppur anche gli altri non sembrassero meno sorpresi di vederla così maestosa, Lamia era nerissima in volto. Questo a parte, avevano scelto il luogo decisamente più adatto per attenderla. Erano infatti abbastanza vicini per essere se non la prima almeno la seconda cosa che avrebbe notato entrando e Mephisto lo sapeva bene. Vederli l’avrebbe certamente rassicurata e così fu. In più, ora nella testa della succube balenò un’idea che non esitò a mettere in atto vedendo Lamia in quello stato. Senza fermarsi, strinse la morsa attorno al mazzo di fiori e scrutando la sorella, glielo lanciò con un gesto fluido disfandosene definitivamente. Lei lo afferrò con maestria senza però capire il perché di quel gesto e Yukio la guardò con la coda dell’occhio più stupito di lei. “Ha bisogno di avere le mani libere…” mormorò Mephisto sogghignando e i ragazzi gli lanciarono un’occhiatina di sfuggita. La sposa continuò la sua avanzata ancheggiando senza avere ripensamenti e il demone la seguì con gli occhi gonfiando il petto. Eva nel frattempo sembrava non curarsi di qualsiasi azione compisse la figlia al di fuori del camminare, convinta di avere la situazione in pugno. Aveva attaccato la croce sul suo petto a uno spesso collare di pizzo e risultando un netto segno nero su bianco era sicura di intimidirla sin da lontano. Nella sua testa aveva ormai vinto. Astaroth dal canto suo seguì la ragazza con lo sguardo finché non giunse all’altare con un volto imperturbabile. Non lo degnò nemmeno di uno sguardo intenta com’era a incenerire la sua acerrima nemica. La musica cessò non appena Lilith arrestò il passo di fronte alla madre e ai calici d’argento scintillanti. Nessuno osò fiatare, nemmeno il più indisciplinato dei demoni. Takara chiuse il portone con un tonfo rimanendovi di fronte immobile. “Finalmente ti vedo vestita di bianco… Potrei commuovermi.” Sogghignò Eva squadrando divertita la figlia, “Quale dono più prezioso avrei potuto fare a te, Astaroth? Il frutto proibito di Gehenna è qui perché tu ne faccia il migliore degli usi!” alzò le mani al cielo ridendo malvagia. Il demone ricambiò la risata studiando Lilith da vicino e si leccò i baffi, “Vedo che mantieni le promesse…” la sua voce suonò cavernosa e tremendamente profonda. La ragazza deglutì senza farsi notare. Non alzò gli occhi su di lui nemmeno in quell’occasione fissando i calici in silenzio. La madre interpretando quel mutismo come rispetto e rassegnazione non perse tempo continuando con la cerimonia, “Carissimi… Mi rivolgo a voi, Lilith e Astaroth. Siete al cospetto di Eva la Regina di tutte le succubi per siglare un patto di sangue. Una sacra unione inconfutabile nel corpo… Nel cuore e nell’anima.” La voce della donna echeggiò nel silenzio cadendo su Lamia come un sacco pieno di sassi. La succube strinse talmente tanto il bouquet di Lilith da spezzare i gambi dei fiori inesorabilmente. “Questo rito non è altro che un decoro a ciò che sta per venire e si sa, a noi illustri figuri di Gehenna l’intrattenimento piace molto…” Eva fece una piccola pausa guardando Mephisto con aria di sfida e l’uomo ricambiò l’occhiata senza scomporsi, “Per tanto ora vi esorto a versare il vostro sangue dentro le coppe qui di fronte a voi.” Disse infine alzando il dito indice mostrando il suo artiglio più affilato per praticare un’incisione nel palmo della mano di ciascuno degli sposi. “Prima le signore…”, Alla vista di quella lama, Lilith ebbe un sussulto che tentò in tutti i modi di dissimulare. “Oddio non posso guardare…” Shima si nascose la faccia dietro una mano mentre la ragazza allungava la mano sinistra, quella della fede, alla madre. Persino la stessa Lilith distolse lo sguardo dal suo palmo ben disteso quando l’artiglio di Eva le aprì un profondo solco da pollice a mignolo lasciando cadere una generosa quantità di sangue dentro il primo calice. La ragazza fece una smorfia e quando la madre ebbe finito di versare, le fasciò la mano con una pezza candida per evitare di sporcare il vestito. La ragazza infine la ritrasse lasciandosela ricadere al suo fianco voltandosi appena verso i ragazzi alle sue spalle sbirciandoli con la coda dell’occhio. Ryuji a occhi spalancati era diventato una sorta di catalizzatore per ansie immolandosi per i compagni cercando di infondere loro stabilità con il semplice contatto umano. Persino Koneko si era attaccato a lui per un lembo della camicia tremando. Shima era sul punto di rimettere mentre Izumo, hardcore com’era, non aveva fatto una piega. Delle ragazze soltanto Shiemi sembrava in sintonia con Renzou, ora divenuto pallido. “Deve fare male…” sibilò la poveretta facendosi piccola piccola. Yukio guardò il fratello per controllare la sua reazione e questo aveva le mani che gli tremavano strette attorno alla Katana. Lui e Lamia erano pressappoco dello stesso umore. Eva sollevò il calice colmo alla luce della vetrata alle sue spalle mostrandolo ad Astaroth, vista la sua stazza fuori dal comune. “Sei tu disposto a seguire la via dell’eterna unione bevendo questo sangue?” “Sì.” Rispose trepidante, “Vuoi tu dunque unirti a Lilith figlia degli Inferi?” domandò ulteriormente lasciando che prendesse il calice tra gli artigli per berne il contenuto, “Lo voglio.” Disse il mostro tracannando il liquido scuro in estasi. Una volta finito buttò molto sgraziatamente il calice per terra lasciandolo rotolare ai piedi della scalinata schizzando il poco sangue rimasto sullo strascico di Lilith. Eva sorrise compiaciuta per poi alzare l’altro indice per incidere il palmo dello sposo inebriato dal sangue della giovane futura consorte, “E ora lascia che tracci la linea del destino sulla tua mano affinché s’intrecci per sempre con quella del tuo dono nuziale.” Non disse nemmeno il nome della figlia trattandola come mera merce di scambio fino alla fine. Astaroth non se lo fece ripetere due volte allungando il braccio e senza staccare gli occhi dalla sua mano guardò la lama di Eva squarciarglielo profondamente e versare un liquido nero e ribollente dentro la seconda coppa d’argento. Esattamente come per la prima, la donna la prese in mano sollevandola però davanti agli occhi della ragazza scrutandola nelle pupille con lo sguardo di chi sta per trionfare, “E tu sei disposta a seguire la via dell’eterna unione bevendo questo sangue?”, senza rispondere, Lilith prese il calice in silenzio annuendo inespressiva. Eva si leccò le labbra lasciandosi sfuggire l’ennesima risata di vittoria. La sua cassa toracica muovendosi a scatti fece traballare la grossa croce al suo collo attirando l’attenzione della sposa. Le sembrò di vivere quel momento a rallentatore. Eva che rideva di gusto, la croce a un palmo dal suo naso e il sangue di Astaroth che ribolliva tra le sue mani. Abbassando lo sguardo notò che da quelle bolle putrescenti usciva del vapore nauseabondo e l’argento della coppa si stava progressivamente intaccando. Se avesse bevuto quel liquido sarebbe stata corrotta per sempre. Le parole di Lamia echeggiarono nella sua testa come se le stesse sentendo di nuovo per la prima volta. Che schifo, di sicuro è corrosivo… spalancò impercettibilmente le palpebre con il bordo del calice sempre più vicino alla bocca. Eva continuava a ridere e ora Astaroth con lei. La croce traballava, il sangue ribolliva, le risate divennero un eco soffocante. “Che sta facendo!?” sibilò Lamia accorgendosi che la sorella era in procinto di bere il sangue di quella bestia, “Che stai facendo, pizzetto!?” cambiò soggetto fulminando il demone che non sembrava affatto turbato, “Mephisto, devi fermarla non stare lì impalato! Non avevi un piano!?” ringhiò un po’ più forte ma lui la zittì con un gesto elegante posandosi un dito sulla bocca. Lamia digrignando i denti si sentì impazzire e Yukio se ne accorse all’istante perdendosi in un ping pong di occhiate prima a lei, poi al preside e infine a Lilith, e anche gli altri ragazzi finirono per fare lo stesso fiutando discordie e panico. “Lilith… NO!” serrò le fauci Amaimon sibilando e Mephisto lo trattenne per un polso senza scomporsi. “Allora vuoi tu dunque unirti ad Astaroth Re del marciume?” Eva smise di ridere ponendo la fatidica domanda. La ragazza era immobile con il calice tra le mani e i bordo sempre più vicino alla bocca. Astaroth la fissava col fiato sospeso aspettando soltanto che prendesse un sorso. Ma Lilith abbandonando la sua inespressività sogghignò guardando la madre in faccia senza più alcun timore. “No.” Disse e lasciandolo aleggiare in aria, con un gesto deciso strattonò il calice addosso a Eva schizzando tutto il sangue putrido in faccia alla sua carnefice. Come dentro una moviola vede l’espressione della madre mutare corrotta da puro terrore e prima che potesse opporsi presa com’era in contro piede, la cascata corrosiva la investì in pieno volto facendola urlare di dolore in modo assolutamente terrificante. Lesta, mentre la donna si piegava all’indietro con mezzo volto sciolto come cera al sole, ancor prima che persino Astaroth potesse realizzare l’accaduto, allungò l’altro braccio strappandole la croce dal collo mollando la coppa al suolo lasciandola rotolare lontana come l’altra. Si voltò in una nuvola di pizzi e riccioli e sotto gli sguardi increduli degli ospiti, scattò in avanti a tutta velocità brandendo il suo cuore di demone trionfante. I suoi occhi incrociarono quelli di Mephisto per un istante scambiandosi una scintilla di pura euforia. Lamia spalancò la bocca mollando il mazzo di fiori sorridendo a trentadue denti incredula da quella mossa. Scacco matto. Baltazar, il gigantesco serpente della Regina, ruggì disperato da dietro gli spalti strisciando dalla sua padrona come una furia ma Takara evocando un gigantesco modellino sagomato ad aeroplano lo rincorse trafiggendo il suo corpo sinuoso col suo muso aguzzo appendendolo al muro. La coda della bestia agitandosi violenta in un ringhio di dolore, fece tremare il pavimento facendo piombare nel caos primordiale le platee. Il marionettista senza indugio spalancò poi le porte lasciando che il marasma di demoni fuori controllo scampasse allo scontro liberando il campo. Eva nel frattempo era caduta all’indietro, in preda agli spasmi per il dolore atroce per quella colata di acido e Astaroth ruggendo con lei aveva già richiamato la sua impurità per inseguire il frutto proibito in fuga. “Oh sì!” Amaimon rise sguaiatamente con lo sguardo da folle battendo le mani e buttando un’occhiata ad Iblis gli fece un cenno rapido saltando sulla ringhiera di legno mentre scoppiava il putiferio generale. “Ora sì che ci si diverte!” sogghignò accucciandosi prendendo possesso delle piante dell’Eden scatenando un nuovo terremoto. Lilith nel trambusto aveva quasi raggiunto il fondo della sala sfrecciando di fronte ai suoi compagni di classe spaesati e sotto shock generale quando all’improvviso la potente scossa le fece perdere l’equilibrio. In quell’istante, dei tentacoli d’impurità evocati da Astaroth con un colpo che frantumò il terreno, vennero scagliati contro di lei a tutta velocità approfittando del momento. “Rin, tocca a te!” strillò rapido Yukio prendendo in mano la sua pistola cominciando a sparare i primi colpi contro il marciume incombente, il fratello annuì prontamente ma non fece in tempo a sguainare la Katana che uno stridio provenne dall’alto anticipando l’ingresso di un grosso uccello di fuoco che fece irruzione nella chiesa piombando dall’alto del buco sul soffitto. Come una furia superò l’impurità polverizzandola e sbalzando via Lilith se la caricò in groppa volando come un razzo contro la vetrata sopra l’ingresso sfondandola brutalmente. “Cazzo, sì!” esultò Lamia sempre più euforica e lanciò un’occhiata ad un Iblis soddisfatto ma in ritirata dietro ai suoi servitori e alla folla di ospiti confusi e disorientati. Aveva adempiuto al suo compito come pattuito ed era libero di andare. Quella era una delle sue bestie, per essere più precisi la leggendaria Fenice. Col suo fuoco puro aveva fatto da scudo a Lilith che con la croce in pugno aveva abbandonato per sempre quel salone caotico librandosi nel cielo di Assiah libera come il vento. Il velo sbatacchiandole in faccia per la velocità la obbligò a voltarsi all’indietro verso la chiesa ma non vide altro che la vetrata sfondata e puro caos. “Dannazione!” ululò Eva aggrappandosi all’altare alzandosi riuscendo ad aprire un solo occhio respirando affannosamente. Davanti a lei vide i suoi piani andare ufficialmente in fumo. Rin aveva sguainato la sua spada liberando le fiamme blu contro Astaroth mentre Ryuji e Koneko recitavano formule per proteggere i compagni. Izumo con le sue volpi li proteggeva e Shiemi si stava occupando di raccogliere quante più erbe mediche possibili contro l’impurità. Amaimon si era nel frattempo ripreso ciò che era di sua proprietà strappando quel pezzo di Eden alla ladra e ora le piante obbedivano solo e soltanto a lui, vittorioso in cima a uno degli spalti più alti con un ghigno beffardo stampato in faccia. Aveva invaso le gradinate con grosse radici creando un labirinto contro l’impurità sempre più confinata. Lamia la guardava in fondo al tappeto ridendo a braccia conserte facendosi beffe di lei da lontano mentre non si staccava dal fianco di Yukio intento a sparare proiettili purificanti ai baccelli infetti che stavano invadendo il corridoio. La donna infine abbassò il capo coprendo le spalle al suo compagno divertendosi a spaccare qualche testa di zombie. Il resto dei demoni aveva battuto la ritirata evitando qualsiasi scontro e solo gli affiliati del marciume stavano resistendo per difendere il loro Re, sull’orlo del crollo. “No!” gridò Eva allungando una mano verso il suo alleato sopraffatto da un branco di esorcisti, “Eva, Eva, Eva… Hai davvero un aspetto orribile…” Mephisto le comparve davanti al naso impettito e con le braccia incrociate dietro la schiena, la canzonò con una prepotente faccia da schiaffi. Era tranquillo e spavaldo nonostante alle sue spalle stesse avvenendo il finimondo. “Samael… Tu… Dovevo immaginarlo che tramassi qualcosa…” tossì ringhiando di rabbia la succube.  Aveva perso la sensibilità a metà del suo viso perfetto, ora orribilmente deturpato in tutto il lato che aveva bagnato il sangue di Astaroth compresa parte della clavicola e della spalla. “Il mio… IL MIO VISO! LA MIA BELLEZZA!” gridò di terrore vedendosi riflessa per un istante nei suoi occhi furbetti, “Che cosa mi ha fatto quell’ingrata!? Me la pagherà, me la PAGHERETE TUTTI QUANTI!” tuonò cercando di alzarsi in piedi per raccogliere un briciolo di dignità e forze facendo per stringere la croce con cui minacciava Lilith trovando però solo il vuoto. “Cosa!?” abbassò lo sguardo sentendosi mancare, “NO!” spalancò la bocca tremando, “Ve… Ve ne pentirete… Raderò al suolo la tua Accademia.” digrignò i denti fulminando Mephisto scoprendo i canini, indietreggiando impotente, “Io non credo…” il demone scavalcando l’altare la spinse sempre di più all’angolo avvicinandosi pericolosamente a lei, “Tu prova anche soltanto a fare vedere il tuo brutto muso alle porte del mio territorio e ti sguinzaglio contro lui.” Accennò per nulla intimorito a Rin alle sue spalle che colpendo Astaroth con una fiammata blu lo neutralizzò rispendendolo da dove era venuto con tutta la sua impurità. “Satan Bomb!” gridò il ragazzo euforico controllando l’incendio esplosivo con incredibile sangue freddo. Amaimon scansò appena in tempo il colpo evitando che intaccasse il suo giardino e Yukio si precipitò dal resto degli studenti finendo gli ultimi ghoul con rapidi colpi di pistola. “Fine dei giochi.” Svuotò il caricatore col fiatone. Eva sgranò gli occhi ammutolendo e sfiorandosi la metà di viso massacrata trattenne un grido di disperazione ingoiando l’affronto. Poi inaspettatamente guardando il soffitto scoppiò a ridere sguaiatamente, “Quelle… Sono forse le fiamme di Satana?” stuzzicò Mephisto altezzosa nonostante il suo aspetto orrendo, “Che strano non averlo visto oggi al matrimonio… Credo che non gli farebbe piacere sapere che i suoi figli hanno organizzato tutto senza di lui…” “Non ci provare.” Gli occhi del demone fiammeggiarono facendola ammutolire e cogliendo di nuovo uno sprazzo di fiamme blue di Rin la donna rise di nuovo come un pazza. “Non finisce qui. Avrete lo stesso la mia vendetta.” Sibilò e lanciando un’occhiata al suo Baltazar appeso al muro gli si avvicinò sciogliendosi in fumo nero. Tramutando anch’esso in una nuvola s’infilò nelle fessure del pavimento portandoselo via sparendo dalla sua vista ma l’eco della sua risata aleggiò perpetuo tra quelle quattro mura. “Grande Rin!” Shima corse a battergli il cinque col fiatone. Avevano incredibilmente avuto la meglio e gli studenti avevano finalmente riacquisito l’umore per sorridere. “Non ci credo… Siamo stati incredibili…” disse stupefatto Koneko prendendosi anche lui il suo cinque alzato. “Ottimo lavoro, a tutti quanti!” Yukio si fece avanti rimettendo la pistola nel fodero asciugandosi il sudore dalla fronte. Takara in dispare fissava il gruppo come una sentinella richiamando i suoi pupazzi a raccolta. Erano rimasti solo loro, Amaimon e l’Eden ed era tornata la pace. Il demone batteva le mani piacevolmente divertito pavoneggiandosi col suo nuovo acquisto. Mentre invece Mephisto era rimasto a fissare il punto in cui Eva era scomparsa con un’espressione indecifrabile. Non sarebbe finita lì e lui lo sapeva. Voltandosi a guardare i suoi studenti però notò con piacere che ogni cosa era andata come previsto. Un passo alla volta. Approfittando della loro distrazione in quel momento di contentezza, schioccò le dita sparendo nel nulla. Non restava che andare a recuperare Lilith per festeggiare.

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Capitolo 47
*** Capitolo XXXXVII ***


CAP 47

 
Lilith in groppa alla fenice era ancora immersa nel blu del cielo e puntava dritta verso il tramonto. Ancora stentava a crederci, quella era aria di libertà, la vera libertà. Respirò a pieni polmoni ridendo di gioia. Abbassò lo sguardo sul suo pugno trovandovi la croce che per millenni era stata la sua tortura, di nuovo in suo possesso. Il suo cuore di demone era tornato a casa. All’interno della fiala, il liquido scuro ribolliva a contatto con le reali spoglie della sua padrona fremendo in visibilio. Vedendolo ribollire così ardentemente si ricordò allora del matrimonio e un pensiero si fece strada nei meandri della sua coscienza. Che fine avevano fatto gli altri? Si sentì rabbrividire, lei era sana e salva ma i suoi amici avevano avuto la sua stessa fortuna? E Lamia? Sentendosi vagamente in preda al panico si guardò attorno freneticamente ma sul più bello, il demone infuocato si slanciò ancora più verso l’alto impennandosi bruscamente. Al che in una frazione di secondo, la succube perse la presa dalle sue piume scivolando dalla sua groppa vedendolo allontanarsi sempre di più in contrasto con la luce abbagliante del sole. Poi senza preavviso, il demone esplose davanti al suo naso sparendo in un fuoco d’artificio disperdendosi in tante piccole fiammelle scintillanti. “Ah!” le sfuggì un gridolino mentre si sentì precipitare nel vuoto alla velocità della luce. Non ebbe però il tempo di urlare per davvero che strizzando gli occhi si sentì afferrare da qualcosa di caldo e morbido. “Boo.” Il viso di Mephisto le comparve davanti non appena li riaprì e la ragazza si trovò seduta tra le sue braccia, aggrovigliati sulla sua famosa poltrona fluttuante. “Mephisto!” strillò di gioia aggrappandosi al suo collo stritolandolo con vigore, “Ce l’abbiamo fatta!” aggiunse eccitata schiacciando il seno contro il suo petto. Il demone strabuzzò gli occhi riducendo la bocca a un puntino tentando di respirare. Ma Lilith si scollò immediatamente sciogliendo in parte quella morsa energica, “Come stanno gli altri?” disse poi vagamente agitata guardandolo dritto negli occhi ma lui ancora sconvolto la fissava immobile sbattendo soltanto le palpebre. Col suo viso a quella distanza così ravvicinata, sembrava fosse difficile anche a lui pensare. “Mephisto?” sentendosi chiamare, l’uomo ritrovò per fortuna il suo charme tossicchiando molto elegantemente con la bocca coperta dal pugno chiuso, “Ehrm…” si schiarì la voce, “Tutto è andato secondo i piani… Eva ha battuto la ritirata.” La rassicurò con un mezzo ghigno. “Dici davvero?” esultò lei con gli occhi che le brillavano, “Quindi stanno tutti bene?” “Proprio così.”. Lilith tirò un sospiro di sollievo abbandonandosi completamente alla presa di Mephisto rilassando ogni singolo muscolo con un sorriso velato. Allontanandosi dal suo viso, si sporse leggermente al di fuori della poltrona guardando in basso. Poi la sua espressione cambiò acquisendo un non so che di malinconico distraendosi a guardare il panorama sotto di loro. In lontananza scorse il monte su cui sorgeva l’accademia stagliarsi contro il cielo sempre più aranciato. Tutto intorno il fitto bosco regnava nascondendo i resti delle rovine e la chiesa che aveva definitivamente perso di vista. “Come siamo in alto…” disse con una punta d’amarezza e la testa affollata di pensieri. Lei e Mephisto erano lì da soli e ora che era libera niente era già stato scritto. Avrebbe potuto fare qualsiasi cosa d’ora in avanti, persino una scorpacciata di mele ogni giorno. Era talmente felice che avrebbe potuto piangere ma non lo fece, il suo orgoglio glielo impediva. “Il tramonto è sempre un momento magico, specialmente con la giusta compagnia…” il demone richiamò la sua attenzione sogghignando. Lilith lo guardò ricambiando in parte quel sorriso studiando il suo volto soprappensiero. “Ora che hai di nuovo il tuo cuore che intendi fare?” lui vedendola così spaesata, la tenne sul pezzo accennando alla croce poggiata sulle sue cosce. Il suo vestito ondeggiava leggiadro sollevandosi sotto le sue mani intente ad accarezzare distrattamente il metallo di quel gingillo. “Oh… Giusto…” mormorò ma Il velo, svolazzando in balia del forte vento la infastidì a tal punto che prima di rispondere, con una mano se lo sganciò dai capelli lasciandolo volteggiare verso l’infinito. Ridacchiando lo seguì con la coda dell’occhio sparire lontano inghiottito dal sole sulla linea dell’orizzonte. “Ecco…” tornò a guardare la fiala incastonata all’interno di quel prezioso oggetto con aria sognante, “Penso proprio che tornerò ad assorbirlo.” Disse rivolgendosi a Mephisto intento a studiarla in silenzio. Poi sollevando la croce la girò da un lato e dall’altro analizzandola in ogni suo profilo stagliandola al tramonto. Sorrise velatamente all’uomo avvicinandosela al viso e percorrendone i bracci con un dito trovò l’apertura sulla cima svitandola con garbo stando molto attenta a non farla cascare di sotto. Non appena tolse il tappo, respirò la sua essenza lasciando involontariamente che questa arrivasse anche al naso di Mephisto che chiuse momentaneamente gli occhi aggrappandosi al bracciolo della poltrona col braccio libero. Era un profumo talmente invitante da mettere in difficoltà persino un demone come lui ma il suo lato da gentiluomo ebbe la meglio come sempre. Deglutendo riaprì le palpebre giusto in tempo per vedere la ragazza avvicinarsi la bizzarra fiala alle labbra socchiudendo gli occhi in procinto di bere. Lilith senza ulteriore indugio bevve dunque il liquido fino all’ultima goccia sotto lo sguardo intenso di Mephisto che non le staccò più gli occhi di dosso nemmeno per un secondo. Quando la fiala fu completamente svuotata, raccolse l’ultima lacrima con la lingua leccando il bordo e chiudendo gli occhi abbandonò la testa all’indietro facendo un verso di piacere. E quando riaprì gli occhi, brillarono di luce nuova. Si sentiva potente. “Mi sei mancato…” mormorò parlando al suo cuore tornato al proprio posto e tornando composta abbassò la mano guardando la boccetta di vetro dentro la croce completamente pulita. “Non voglio più che quest’affare causi problemi a nessuno.” Disse infine afferrando le estremità più lontane stringendo i pugni e con uno strattone la spezzò a metà neutralizzando lo strumento di tortura. Il vetro della fiala le ricadde sulle ginocchia mentre il metallo spezzato fu lanciato lontano nel vuoto del cielo lasciato al suo destino. Le due metà piombarono a velocità della luce verso la foresta perdendosi per sempre tra le fronde degli alberi. “Ecco fatto.” Guardò Mephisto facendogli la linguaccia. Si sentiva piena di energie e questa sua sicurezza in sé non poté che colpirlo. “Non mi stancherei mai di guardarti.” Mormorò incrociando il suo sguardo e lei lo distolse guardando l’orizzonte arrossendo lievemente. Il vento li accarezzò dolcemente in quel momento idilliaco. “Io e Lamia… Potremo restare ancora all’accademia?” la voce preoccupata di Lilith spezzò il silenzio e ora la ragazza non era più serena come qualche attimo prima, “Siete ufficialmente iscritte al corso… Non sarebbe un peccato abbandonare così di punto in bianco gli studi?” “Dici davvero?” “Assolutamente sì, perché le cose dovrebbero cambiare? In fondo la mia permanenza su Assiah è divenuta assai più divertente col vostro arrivo.”, la succube scoppiò a ridere scossando la testa, “Hai ragione…” abbassò il tono di voce tornando a guardare l’accademia lontana. “Ma forse adesso le cose saranno più tranquille, chi può dirlo… Anche se Eva è ancora viva.” Disse aggrottando le sopracciglia sul finire della frase e il demone non rispose premendo le labbra in una sottile linea. “Una cosa alla volta, mia cara. Per il momento goditi la tua libertà.” “Se potrò contare ancora su di te lo farò.” Lilith lo guardò sorridendo vagamente crucciata e lui annuì assottigliando lo sguardo. “Oggi è davvero un giorno da ricordare…” sospirò allora lei accucciandosi contro in petto dell’uomo giochicchiando distratta con i suoi unghielli. Mephisto la cullò in silenzio ridacchiando sotto i baffi. “Quando sei pronta, ci sarebbero delle persone ansiose di rivederti…” “Oh… Possiamo stare qui un altro po’?” la succube alzò la testa sbattendo le palpebre, e rizzando la schiena si sistemò con grazia per tornare a guardare il panorama, “Qui è tutto così bello.” Sussurrò. “Avevi ragione… è un momento magico con la giusta compagnia.” Scrutò il sole ormai sparito dietro la curva della terra lasciandosi abbagliare per gli ultimi istanti. Mephisto sgranò impercettibilmente gli occhi. In silenzio si leccò le labbra senza farsi notare e inclinando la testa di lato accarezzò una guancia di Lilith facendola voltare verso di lui. Si fissarono per un lungo istante e gli occhi di Lilith rimbalzarono dai suoi alle sue labbra tremolando freneticamente. “A proposito, non ti ho ancora ringraziato…” mormorò infine lei sempre più vicina. Il demone lasciando scivolare la mano dietro la sua nuca le lisciò i capelli assaporando il suo respiro. E molto lentamente le loro labbra s’incontrarono senza staccarsi nemmeno per prendere fiato in una lunga e appassionata serie di baci, desiderata da probabilmente così a lungo da non parere nemmeno reale tant’era l’intensità che l’accompagnò.
“Uff… Ci siamo scatenati eh?” si massaggiò il collo Lamia con ancora qualche sprazzo di euforia nelle vene. Vedere sua madre in quello stato l’aveva fatta sentire potente e incontrastabile con la conseguenza di averle fatto sfogare tutte le sue frustrazioni contro i tirapiedi di Astaroth. Yukio poco più avanti si voltò di sfuggita a guardarla massaggiandosi i polsi affaticati dal rinculo dei colpi. Attorno a lui si erano radunati anche gli altri, chi più chi meno distratto dall’ambiente circostante. Gli spalti erano devastati e pezzi di calce erano crollati in qua e in là e in generale la chiesa non aveva più l’aspetto mirabolante di prima. La lotta aveva demolito gran parte del salone lasciando devastazione e piante variopinte in ogni dove. “Non posso dire di essermi divertito… Ma almeno abbiamo vinto.” Sospirò Koneko affaticato guardando anche lui la succube, “Piuttosto…” Ryuji si avvicinò a loro seguito da Kamiki, “Lui… Che sta facendo?” accennò ad Amaimon intento a ridere seduto sull’altare impegnato a giocare con le piante del suo nuovo giardino mobile. “Io…” Yukio si sistemò gli occhiali studiandolo da lontano cercando una qualche spiegazione da dare, “Non lo so.” Si arrese sospirando. Rin al suo fianco alzò un sopracciglio davanti a quel bizzarro spettacolo. “Siete tutte mie, mie, mie!” fischiettò Amaimon facendo germogliare gli arbusti che lo attorniavano, “E questo ripagherà il debito che Iblis aveva con me!” aggiunse battendo le mani. “Hey tu, stramboide, di che parli?” saltò su Lamia gridandogli dal fondo della sala. I ragazzi s’irrigidirono sentendola tuonare temendo una qualche reazione esagerata da parte del demone, “Io non lo prenderei in giro se fossi in te…” disse Shima tra i denti ricordandosi di quella volta nella foresta in cui le prese di santa ragione. “Dici a me?” Il volto di Amaimon tornò imperturbabile scrutandola senza emozione alcuna, “Sì, che combini?” la donna moderò i toni avvicinandosi con nonchalance, “Mi godo la mia conquista, perché?” “Nulla… Mi era solo parso di sentirti parlare di Iblis.” “Ahh… Già. Il fratellino era in debito con me per avermi bruciato una foresta e così abbiamo pareggiato i conti.” “Fratellino? Ma se lui è Amaimon non dovrebbe essere il più piccolo tra i Re?” bisbigliò Koneko rimembrando quanto studiato, “Oh, e lo sono. Soltanto che lui ha perso il mio rispetto facendomi continui dispetti.” Amaimon lo sentì ugualmente rispondendogli, “Io e lui ci stuzzichiamo spesso.” Aggiunse afferrando un bizzarro frutto da un rampicante ficcandoselo in bocca, “Mh! Buono!” sputacchiò pezzi di buccia molto poco elegantemente. “Bleah…” Kamiki si lasciò sfuggire un commento distogliendo lo sguardo. “Così vi fate gli scherzi, eh…” Lamia si posò le mani sui fianchi allargando le gambe fermandosi a debita distanza, il suo tono sembrava scherzoso, “Che vuoi? Siamo fratelli.” Fece spallucce Amaimon poi con la coda dell’occhio sbirciò i gemelli, “Senza rancore, va bene?”, Rin fece una smorfia mentre Yukio nemmeno un piega. “Quella volta nella foresta ci hai massacrati… E grazie al tuo intervento ho una pena di morte sospesa sulla mia testa…” il primo guardò altrove seccato. “Rin…” gli mormorò incisivo il fratello guardandolo con rimprovero. Nemmeno lui sembrava aver dimenticato ed aveva parecchio timore che il demone al suo cospetto potesse perdere quel suo fare mansueto da un momento all’altro. Era imprevedibile. “Ma come… Non vi siete divertiti? Per me è stato uno spasso.” L’altro lo studiò inclinando la testa di lato come una civetta, “Per niente…” sospirò Ryuji esasperato alle loro spalle intromettendosi nel discorso. Amaimon rimase però assolutamente imperturbabile continuando ad assaggiare i bizzarri frutti dell’Eden. “Piuttosto… Che fine ha fatto Lord Pheles?” balbettò Shiemi guardandosi intorno, “Non ho idea di come uscire da qui senza di lui.” Aggiunse accorata. Sentendo quelle parole, nella testa del demone si accese un campanello e alzò la testa di scatto facendosi serio. “Molto probabilmente è andato a recuperare mia sorella…” rispose Lamia vagamente schifata, “Sicuri che tornerà?” si grattò la testa Shima imbarazzato, “Non vorrei dover restare in compagnia di quello per il resto dei miei giorni…” abbassando la voce bisbigliò vicino ai suoi compagni indicando Amaimon con il pollice dandogli le spalle. Ma questo sembrava non badare ai loro discorsi fiutando l’aria. “Lamia potrebbe non avere tutti i torti… Poi sono sicuro che non si dimenticherà di noi.” Ryuji parlò con un tono di voce moderato tenendo d’occhio il Re della terra. “In ogni caso io mi preoccuperei di più di tenere a bada il signorino…” aggiunse cupo senza smettere di guardarlo. “Hai ragione… Non deve assolutamente accorgersi che manca Lilith… Sembra che dia di matto quando si parla di lei…” bisbigliò Koneko sottovalutando il suo udito. “Lilith!” il demone tornò ad aprir bocca guardandosi intorno con più frenesia rigirandosi a carponi sull’altare pestando le sue amate piante, “Dov’è Lilith?” spalancò le palpebre accorgendosi soltanto in quel momento della sua mancanza e i ragazzi si lanciarono rapide occhiate tra di loro, “Oh no… Che cosa ho detto…” Koneko si tappò la bocca tremando, “Ahh…Non di nuovo…” sospirò Yukio massaggiandosi le tempie mentre i ragazzi saltavano sull’attenti indietreggiando ai ripari. Lilith riaprì gli occhi interrompendo delicatamente il contatto con le labbra di Mephisto riprendendo a respirare seppur a scatti. Anche l’altro fece lo stesso e rimasero a fissarsi per un po’, vicinissimi e immobili, col vento che li accarezzava insistente. Il petto della ragazza si muoveva su e giù accompagnando il suo ansimare per la tensione del momento. Nessuno dei due riuscì inizialmente a esprimere verbalmente cosa stessero pensando. L’ultima volta che era successo era stato mesi prima e il modo con cui era capitato di nuovo era del tutto differente. Era stato un gesto talmente naturale e coinvolgente da lasciare entrambi senza parole. “Sei pronta a tornare?” la voce roca di Mephisto ruppe il ghiaccio accompagnata da un sorrisetto dai toni più morbidi del solito. “Sì.” Lilith annuì in un sussurro ricambiando quell’espressione come meglio poté non trovando al contempo la forza per distogliere lo sguardo da lui. Il demone mordendosi un labbro, la studiò con fare pensoso e senza ulteriore indugio, schioccando le dita eclissò entrambi dai cieli in una nuvola candida.
“Buono… Buono… Sta arrivando… Tornerà a momenti…” Yukio aveva alzato le mani per placare Amaimon che cominciava a fremere a tal punto da essere dovuto mettersi in piedi, gli studenti si erano radunati dietro il professore imbracciando le armi per ogni evenienza. L’unica che sembrava non avere né caldo né freddo era Lamia: la più vicina al demone. “Ci stanno mettendo troppo, dove sono? Che sta combinando il fratellone?” strinse i pugni calciando un cespuglio dilaniandolo. “Che noia!” ringhiò infilandosi le mani in tasca. “Oi. Quietati.” Lamia con una perfetta faccia da schiaffi si raddrizzò gli occhiali incrociando le braccia. “Tu non mi dai ordini, chiaro?” Amaimon la guardò inespressivo calpestando uno dei frutti caduti dalla siepe spappolandolo. Si respirava aria di tensione. “Lamia non fare la… Lamia.” Sibilò Yukio fulminandola con lo sguardo. Kamiki alle sue spalle studiò attentamente la sua reazione prendendo appunti nel cervello. Sembravano conoscersi molto bene… “Senti, mia sorella non è un giocattolo. Non fare i capricci.” “Lei è una mia proprietà. Lo ha detto il fratellone.” “Che? Pizzetto? Ne dubito… Se solo sapessi…” “Cosa?” “Mah… Nulla…” la vaghezza della succube aveva destato l’interesse di Amaimon, ora completamente immobile come un cane che punta l’osso. “Lascia perdere, sono discorsi troppo complicati… Non capiresti.” “Mi stai dando dello stupido!?” il demone s’infervorò mostrando i denti. “Lamia, per carità.” Yukio sibilò con più prepotenza indietreggiando spalancando le braccia per fare scudo ai ragazzi come farebbe mamma chioccia coi pulcini, “Era tranquillo fino a due minuti fa… Scusate è tutta colpa mia.” Koneko si nascose la testa fra le mani. “Oh oh oh darti dello stupido sarebbe un complimento.” “Mi hai stufato, ora ti ammazzo.” Amaimon fece per liberare il suo potere demoniaco quando vedendo qualcosa comparire alle spalle degli studenti s’immobilizzò di nuovo. “Davvero i miei complimenti per la serata fanciulli. Vi ho riportato la vostra carissima amica sana e salva.” “Lilith!” il demone fermò ogni azione stesse per compiere, e assieme ai ragazzi alzò lo sguardo verso quella voce. I suoi occhi incrociarono quelli della ragazza che ricambiò in silenzio. “È tornata…” si sollevò un coro sommesso di piacevole stupore da parte degli esorcisti, “Meno male…”. “Amaimon orsù, non capisci proprio gli scherzi…” continuò Mephisto, ricomparso sul bordo della vetrata frantumata con Lilith al suo fianco. La ragazza guardò i suoi amici voltati verso di loro con un flebile sorriso. “Fratellone, quella donna mi ha provocato.” Gli rispose Amaimon impassibile, “E io quante volte ti ho già detto che non devi uccidere nessuno dei miei studenti?” “Ha iniziato lei.” “Suvvia non darle ascolto… Le piace esagerare e seminare zizzania.” Il preside guardò storto Lamia che alzò un sopracciglio beffandosi di lui. “Sapete, nessuno di voi due mi va veramente a genio... Mi viene naturale darvi fastidio.” Li stuzzicò ridacchiando maliziosa.  “Uff, come se fosse un problema.” Fece spallucce Mephisto per poi cingere i fianchi di Lilith spiccando un balzo planando assieme sul tappeto rosso, “Perdonate la scenetta pietosa e il leggero ritardo, fanciulli.” Si rivolse infine ai ragazzi rimasti in silenzio, “Allora, siete contenti dell’esito finale?” “Direi.” Disse Yukio abbassando le braccia, “È stata una grande prova per tutti e suppongo sia stata una bella soddisfazione il trionfo.” Concluse in modo molto professionale. “Yukio mi fai un po’ paura quando parli così…” bisbigliò Rin facendo una faccia strana. “Lamia…” mormorò Lilith guardando la sorella e questa sbuffò incrociando le braccia, “Beh, come va?” le chiese col suo solito fare strafottente ma invece di arrabbiarsi come avrebbe fatto, la sorella lasciando il fianco di Mephisto si precipitò ad abbracciarla. “Indovina chi è libero?” sciolse la morsa sorridendole a trentadue denti ma la donna non sembrava partecipare al cento per cento alla sua gioia. “Non cantar vittoria, la strega è ancora viva.” “Lo so ma per ora godiamoci l’attimo! Carpe diem!” “Da quando in qua sai il latino?” “Lilith.” Amaimon s’intromise nella conversazione avvicinandosi bruscamente. “Spostati.” Scostò in malo modo Lamia sbattendola da parte. La donna alzando gli occhi al cielo indietreggiò stizzita sotto lo sguardo colpevole della sorella. “Guardami.” Il demone le prese il volto tra le mani scrutandola intensamente. “Oh sì…” mormorò con le pupille che gli brillavano. “Quello è pazzo. Pazzo…” mormorò Shima facendo il segno della croce pur non essendo cattolico. “Shima, parli tu che non hai fatto altro che guardarle le tette da quando ha rimesso piede qua dentro.” Lo ammonì Rin storcendo la bocca, “Rin, amico… Pensavo fossimo sulla stessa onda…” Renzou gli rivolse un’occhiata disperata sentendosi pugnalato alle spalle. “A proposito, cercate di non guardarla o finirete per rincretinirvi come stamattina.” Ryuji sbucò alle loro spalle incrociando le braccia serissimo, “Beh allora non farlo anche tu!” “Non lo sto facendo di certo!” “Come no…”. Il bisbigliare dei ragazzi fece da sottofondo a quell’assurdo e perpetuo contatto visivo che Amaimon voleva a tutti i costi mantenere con Lilith. “Sai, è da quella sera al ponte che ho aspettato questo giorno e devo dire di essere più che soddisfatto… Non mentivi.” aprì bocca inclinando con delicatezza il viso della succube per ammirarlo da ogni angolazione, “Non penso di aver mai visto niente di simile.” Socchiuse la bocca spalancando gli occhi come per immagazzinare più immagini del suo volto possibili. Mephisto prese una boccata d’aria facendo il disinvolto mentre Lamia lo stava incenerendo con lo sguardo. Yukio aveva messo le mani in tasca per mascherare il tremolio e Shiemi gli si era affiancata reggendo tra le braccia le erbe che aveva raccolto. Stava probabilmente aspettando il momento più propizio per dividerle con lui da buoni amici. Kamiki invece fissava l’atteggiamento di tutti in disparte a braccia serrate. L’unico a non aver avuto ancora niente da dire era Takara, immobile come uno dei suoi burattini. “Io non mento mai.” Lilith trovò le parole per rispondergli e Amaimon le sfiorò la punta del naso con il suo. “Bene, adesso possiamo andare a casa?” Lamia lo ricambiò con la sua stessa moneta mettendosi in mezzo spazientita. Il demone la guardò malissimo senza mollare la presa sul viso della sorella e Mephisto azzardò qualche passo verso di loro inebriando gli studenti col suo charme, “Orsù la signorina ha ragione… Siamo tutti molto stanchi e questo luogo ormai è divenuto poco sollazzevole.” Gesticolò frivolo posando una mano sulla spalla del fratello, “Non convieni con me, Amaimon?” lo guardò vagamente intimidatorio, “Anche Lilith è alquanto provata dalla giornata.” Aggiunse rivolgendo a lei le sue attenzione addolcendo i toni. Lei evitò di guardarlo e regalando un sorrisetto ad Amaimon, e posando le mani su quelle del demone ancora premute sul suo viso, cercò di abbassarle delicatamente riuscendo finalmente a muovere la testa da sola. Lui si fece guidare inerme davanti a quegli occhi predatori. L’istinto che aveva in quel momento era chiaro ma il tocco della succube lo stava placando. “Ehrm… Scusate…” La voce di Koneko ruppe la loro concentrazione facendoli voltare, “Shima sta di nuovo male…” “Non è vero!” sbraitò l’accusato paonazzo ma le sue gambe tremanti non mentivano. “Oh santa pace…” alzò gli occhi al cielo Lamia sbuffando. Yukio scossò il capo parandosi davanti allo studente in difficoltà schermandolo dalla fonte delle sue turbe. “Perché gliel’avete lasciata guardare?” si rivolse a Rin e Ryuji lì accanto ma questi erano rossi quasi quanto lui, “Tranquilli… Ci penso io.” Lilith si voltò staccandosi definitivamente da Amaimon ma nessuno sembrava rassicurato dal suo intervento, “No grazie, va tutto bene!” balbettò Renzou spaventato dal racconto che gli avevano fatto sull’ultima volta che aveva perso le staffe, ma la succube aveva alzato le mani accarezzandosi le corna. A poco a poco queste si ritirarono nel suo cranio, assieme ai capelli che tornarono di una lunghezza accettabile e il suo corpo tornò alle fattezze minute di quello di una liceale poco sviluppata. Anche la coda nascosta sotto lo strascico mutò tornando un leonino batuffolo di pelo biondo. Gli artigli lasciarono posto alle manine delicate di una ragazzina umana qualsiasi e ora Lilith era tornata quella di sempre, col sex appeal ridotto ai minimi termini. “Ecco fatto… Ora sono libera di tornare quella di sempre.” Posò le mani sui fianchi soddisfatta alzando il mento all’insù. I ragazzi si sporsero alle spalle di Yukio per guardarla e persero il rossore sulle guance. Il vestito da sposa divenuto all’improvvisamente troppo largo per le sue forme le cadeva malamente su quel corpicino spigoloso e la succube era divenuta quasi ridicola. Lamia trattenne una risata soffocandola nelle narici e i ragazzi per evitare di essere scortesi non si pronunciarono in materia, sicuri soltanto del fatto che adesso non facesse più sangue a nessuno dei presenti. Persino Amaimon era tornato amorfo, per nulla in frenesia come poco prima seppure sapesse bene chi avesse di fronte. Ma quella natura così farlocca della giovane non rappresentava più una minaccia per nessuno.  Una succube incompleta non era di principio attraente in forma umana e questo oltre ad essere una sfortuna per l’autostima della povera Lilith era però un punto a favore in quella situazione. “Sembra impossibile che fosse lei…” osservò Koneko pragmatico facendole riaprire gli occhi di scatto, “Che stai insinuando!?” gonfiò le guance paonazza, “Eh? Oh… Nulla, nulla… Ero soprappensiero.” “Che maleducato!! Non dovreste prendermi in giro avendo visto il mio aspetto reale!!” gli fece la linguaccia fuori dai gangheri. “E rieccola…” sospirò la sorella alzando gli occhi al cielo. “Mia.” Amaimon si pronunciò in sua difesa avvinghiandosi a lei alle spalle mentre gli altri la fissavano attoniti. “Suvvia, non litighiamo e andiamo a festeggiare con una bella razione di Sukiyaki!” Mephisto prontamente come suo solito si buttò addosso al fratello abbracciando Lilith a sua volta placando lo scompiglio e inglobando anche Lamia, schioccò le dita facendo sparire tutti quanti in un battito di ciglia. Atterrarono in un ristorantino tipico giapponese attorno a una piastra per preparare i tanto amati Sukiyaki. “Woah, effettivamente morivo di fame!” si lasciò sfuggire Shima in estasi alla vista del cibo. Mephisto fiero di quella mossa si era già messo in kimono osservandoli in piedi con le mani sui fianchi. “Coraggio, mangiate e dimenticatevi le inutili quisquiglie!” cinguettò accomodandosi a sua volta rovesciando la ciotola col preparato sulla piastra rovente. Il vapore profumato invase la scolaresca che respirò a pieni polmoni. Lilith, di nuovo magicamente in uniforme accanto a Lamia, la guardò con la coda dell’occhio studiare Yukio seduto dall’altro capo del tavolo mentre Amaimon accucciato accanto a lei aveva spostato le sue attenzioni sulla frittata in via di cottura davanti al suo naso. Sembrava essere tornato tutto alla normalità con la piccola eccezione che adesso i loro compagni sapevano di loro e le avevano addirittura aiutate. “Nella prossima metteteci i gamberetti!” “No, io preferisco quella al formaggio!” “E dai… fate un misto!” i ragazzi schiamazzavano come se nulla fosse successo, talmente provati dalle passate missioni da non farci nemmeno più caso alle stranezze che capitavano. Lilith li osservò prendendo un boccone dal suo piattino assaporando quel gusto nuovo e delizioso. “Buono!” esclamò leccandosi i baffi mentre Amaimon si era già scofanato mezza piastra assieme a Rin. Sembrava stessero facendo una gara ma in realtà erano soltanto due pozzi senza fondo. “Noo.. Mi avete finito il mio preferito!” piagnucolò Mephisto cercando di salvare i resti del Sukiyaki devastato dai due demoni. Lamia alzò gli occhi al cielo per l’ennesima volta nella giornata bevendo la sua acqua e sotto le risatine e le chiacchiere dei suoi compagni notò che Yukio non stava per niente bene. Il tremore alle mani gli stava rendendo difficile persino mangiare con le bacchette ma lui dissimulando tutto alla perfezione faceva finta di niente. “Lilith, tu e Lamia starete ancora con noi?” Shiemi si sporse in avanti per guardarla timidamente e quella domanda parve spiazzarla. “Eh? Ah… Certo…” “Che bello! Sono così contenta!” sorrise la biondina e la ragazza non seppe come reagire. “Oh sì e adesso potremmo anche andare tutti in piscina!” saltò su Shima pimpante, “Ma se è ormai autunno, fa freddo!” “Fermi! Mi raccomando tutto quello che è successo non dovrà mai uscire dalle vostre bocche, tanto meno la verità su di noi!” s’impuntò la succube agitandosi, “Esatto!” strillò Rin a bocca piena agitando le bacchette dal capo della tavola. “No… Che peccato…” “Vi prego è importante! Non sappiamo come potrebbero prenderla ai piani alti…” nell’interdizione della ragazza, Mephisto che non le aveva staccato gli occhi di dosso nemmeno per un secondo, facendo un cenno ad Amaimon si alzò da tavola portandolo in disparte abbandonandoli ai loro discorsi. Nessuno si era accorto della loro assenza, talmente erano intenti a parlare e ridere. Sembrava però che il messaggio fosse arrivato forte e chiaro. “Che succede fratellone?” il ragazzo si mise le mani in tasca giochicchiando con una bacchetta tra i denti come se fosse un lecca lecca, “Amaimon… Che intenzioni hai con Lilith?” “Uh?” entrambi guardarono la ragazza da dietro l’angolo, “Credo di volere un figlio da lei.” Disse senza spirito. “Oh… Capisco…” l’altro non lasciò trasparire cosa stesse pensando. “Ma prima…” gli si accostò repentinamente, “Dal momento che ti ho concesso di vederla trasformata come volevi… Il tuo fratellone avrebbe un piccolo favore da chiederti…” si avvicinò a lui ulteriormente sussurrandogli qualcosa all’orecchio. 

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Capitolo 48
*** Capitolo XXXXVIII ***


CAP 48

“Ehrm…Ragazzi…” Koneko bisbigliò tra i banchi dei suoi amici con la voce più bassa possibile, “Non vi sentite un po’ strani a ricominciare le lezioni così come se niente fosse?” si guardò attorno fermando con un dito gli occhiali che gli stavano scivolando dal naso, “Mh? Pensavo di essere l’unico a esserlo…” Ryuji si rigirò la matita tra le dita abbandonando per un istante l’esercizio che Shura aveva appena assegnato da fare. La donna nel frattempo se ne stava a gambe incrociate sulla cattedra intenta a leggere un romanzo piccante. Invece del suo solito abbigliamento si era messa l’uniforme del liceo senza alcun apparente motivo e la cosa aveva destabilizzato un po’ i ragazzi. “Sto cominciando soltanto ora a metabolizzare il fatto di avere certi soggetti nella nostra classe…” guardandola, buttò poi l’occhio a Lilith e Lamia sedute ai soliti banchi in fondo all’aula. Le succubi sembravano intente a svolgere il compito assegnato, seppur la maggiore sbuffasse per nulla esaltata dalla cosa. “Ma dai, sono così carine, di che ti preoccupi?” Shima si dondolò all’indietro sulla sedia roteando la matita tra le dita guardandole tutto tranquillo, “Ragazzi… Shh…” bisbigliò Rin voltandosi impercettibilmente verso di loro accennando alla presenza di Shura. Tutta la sera prima l’avevano passata a disquisire sul fatto che la loro identità dovesse continuare a restare un segreto per lo meno ai piani alti e ora ne stavano farfugliando proprio in classe davanti a colei che meno di tutti doveva venirlo a sapere. “Hey voi, la smettiamo di bisbigliare? Questo compito è da fare in solitario…” arricciò le labbra Shura voltando pagina senza staccare gli occhi dal libro e ciò che lesse la fece arrossire come una scolaretta. “Oh! Ci scusi!” Ryuji abbassò il capo all’istante tornando indaffarato e gli altri tre seguirono il suo esempio sudando freddo. Sentendo scompiglio, Lilith alzò la testa dalla fotocopia arricciando il naso scrutando le prime file. Lamia in quell’istante si sporse verso il suo banco di soppiatto sbirciando l’esercizio che stava svolgendo per copiarlo. “Che stai facendo!? Non si bara!” la ragazza accorgendosene sobbalzò sgridandola quasi in labiale per non farsi beccare da Shura ma l’altra schioccò la lingua ignorando quel rimprovero, “Andiamo, fammi questo favore… Non ci capisco niente di sigilli… Che nervi.” Sbuffò cercando di ricopiare gli stessi simboli scritti dalla sorella incastrandoli in quel groviglio insensato che aveva scarabocchiato dentro al suo cerchio, “Dannazione, odio questa merda.” Alzò gli occhi al cielo prendendo la gomma per cancellare quel casualissimo unire di punti random finendo però col bucare il foglio dalla foga, “Porco schifo!” strillò sbattendola per terra e la prof alzò gli occhi dal libro guardandola sconcertata mentre il resto della classe cercò di non voltarsi tremando al pensiero che potessero contribuire in qualche modo a smascherarle involontariamente. “Evangeline, perché non vai a farti un giro? Ti vedo agitata.” Shura molto tranquillamente indicò la porta con una mano gonfiando un pallone con la gomma che stava masticando lasciandolo scoppiare nel silenzio. La succube non se lo fece ripetere due volte e strisciando la sedia si alzò sbuffando avviandosi verso l’uscita sotto lo sguardo attonito della sorella. “Oh sì, sembrerebbe proprio essere tornato tutto alla normalità... Lezioni noiose… Lamia che finisce in presidenza… Io che non faccio niente…” Shima sussurrando, si resse il viso con una mano spalmato sul suo banco continuando a roteare distrattamente la matita con l’altra mentre seguì con lo sguardo Lamia sbattersi la porta alle spalle. Lilith sospirò abbassando gli occhi sul foglio martoriato della sorella e scossando la testa tornò al suo facendo spallucce. “Quella ragazza, quanti problemi che da…” sospirò Shura tra sé e sé girando pagina con la solita nonchalance e i ragazzi si lanciarono occhiatine sfuggenti. La ragazzina spalancò gli occhi con la faccia riversa sul foglio mentre Kamiki alzò la testa mordicchiando la penna guardandola storto ma la professoressa era talmente presa dal suo libro da non essersene minimamente accorta.  Shiemi invece guardò Rin mordendosi un labbro pensierosa ma il ragazzo si tuffò nei compiti mordendosi la lingua per non intervenire come la sua impulsività gli suggeriva di fare. Intanto Lamia, invece di andare in presidenza come le era stato suggerito in modo molto implicito, si era messa a vagare per i corridoi dell’accademia per nulla turbata. Era uscita come se nulla fosse dall’ala del corso speciale piombando nella lussuosa sede centrale baciata dalla luce del sole. Uscendo in cortile si andò a sedere su una panchina sospirando e afferrandosi una gamba se la piegò sotto al sedere fregandosene di indossare una gonna. “Che palle… E adesso che faccio per un’ora?” parlò da sola dondolandosi avanti e indietro guardando il cielo. “Oh, ma certo…” si frugò in tasca tirando fuori il cellulare. Non lo usava mai nonostante lo avesse sempre con sé ma le era venuto un lampo di genio. Lo aprì con uno scatto e armeggiandoci per un po’ riuscì a trovare la rubrica e il numero che stava cercando. Premendo il tasto verde se lo portò poi all’orecchio arricciando le labbra in ascolto. Dopo un paio di squilli sentì sollevarsi la cornetta. “Hey, Yukio…” “Risponde la segreteria telefonica di Okumura Yukio, al momento non sono raggiungibile provate più tardi.” Un eco di martellanti segnali acustici trivellò il cranio di Lamia lasciandola di sasso. “Ma guarda te!” chiuse il telefono con il nervoso mettendo il muso, “Figuriamoci se rispondeva al telefono… Idiota.” Sbuffò facendo per rimetterselo in tasca quando un trio di liceali comuni passò davanti a lei lungo lo stradello chiacchierando animatamente, “Ragazze, non siete eccitate? Il festival scolastico è il mese prossimo, ormai ci siamo!” “Oh sì, non vedo l’ora… Dicono che sia formidabile!” “E in più avremo la possibilità di invitare i ragazzi con noi!” “Onoka non dirmi che tu sai già chi invitare…” “Oh, eccome! Non è difficile da indovinare!” “Non è giusto, se è chi penso io voglio anche io una possibilità…” ridacchiarono andando per la loro strada e la succube alzò un sopracciglio studiandole allontanarsi. Dovevano essere della matricole e la loro frivolezza la disgustò. Al che tornando ad abbassare lo sguardo sul suo telefono digrignò i denti seccata, “Stupido Yukio…”. Stette in giardino fino al suono della campanella, nella più completa solitudine e noia e non accennò a tornare in classe nemmeno per recuperare le sue cose. Quel giorno aveva completamente staccato la spina. “Lamia, ma insomma, eri qui!” la vocina starnazzante di Lilith la fece voltare verso di lei, fermatasi accanto alla panchina con addosso anche la sua tracolla. Sembrava avesse appena spostato una montagna e i capelli spettinati le ricadevano sulla faccia contorta dal fiatone. “Yo.” La salutò senza fare una piega e la piccola buttò per terra le borse puntando i piedi, “Non guardarmi con quella faccia beata, ti ho cercata ovunque trascinandomi dietro questi macigni! Perché non sei tornata in classe?” “Non mi andava.” Fece spallucce. “Ahh…” a quel suo inesorabile menefreghismo, la sorella si arrese lasciandosi sfuggire un lamento abbandonandosi nel posto accanto a lei, “Sono esausta.” Si stravaccò all’indietro liberandosi il volto sudato dall’impiccio dei capelli. Il suo stomaco brontolante fu poi la ciliegina sulla torta. “La pausa pranzo è tra un’ora… Morirò.” Continuò a parlare da sola mentre Lamia scivolò sempre più contro lo schienale infossandosi come lei. “Io invece credo che morirò dalla noia.” “Ahh, andiamo… Finalmente un po’ di pace.” “Questa non è pace, è pura noia te lo dico io. È tornato tutto esattamente come prima. Nessuno sa niente, tutto tace e Yukio non risponde alle mie chiamate.” “Oh… Allora è questo il problema...” “Va a quel paese.” Alzò gli occhi al cielo ignorando il tono da so tutto io della sorella. “Yukio è un professore, è ovvio che a quest’ora sia impegnato.” “Un partner più noioso non potevo sceglierlo.” “Disse colei che ha avuto l’imprinting con lui…” “Shhh sei impazzita!?” Lamia si precipitò a tapparle la bocca e Lilith scoppiò a ridere, “Sembra che ora quella da sfottere sia tu!” continuò a sghignazzare divertita, “Ti rompo il muso, sta attenta…” mentre la minacciava, il suo cellulare prese improvvisamente a squillare, “è lui!” la maggiore saltò sull’attenti rispondendo lesta alla chiamata, “Pronto?” moderò i toni cercando di essere seducente e Lilith la guardò scossando il capo con un sopracciglio alzato e la ridarella stampata in faccia, “Sì… Ti cercavo per… Oh… Va bene…” Lamia si sedette di nuovo contro lo schienale della panca accavallando le gambe. “Al momento sono alla galleria d’arte dell’Accademia, prima non ho risposto perché stavo facendo lezione. Ti aspetto qui. A dopo.” Yukio dall’altro capo della scuola, riattaccò il telefono in faccia alla succube tornando a studiare i quadri grattandosi il mento con l’incessante tremore alle mani che non lo abbandonava da giorni. Lamia rimase un po’ interdetta col telefono ancora attaccato all’orecchio. “Beh, che c’è?” le chiese Lilith inclinando la testa di lato, “Ha riattaccato.” Sbuffò l’altra chiudendo le trasmissioni infilandosi il cellulare di nuovo in tasca, “Ma… Vuole vedermi di persona!” saltò in piedi pavoneggiandosi sfoggiando un ghigno beffardo.
Yukio aveva lo sguardo perso mentre osservava dipinto per dipinto con le mani in tasca. “Mi sto logorando…” pensò stringendo i pugni tremanti nascosti nei pantaloni, “Nessuno se ne accorge, ma ciò che mi divora si sta allargando di giorno in giorno…” assottigliò lo sguardo deglutendo sentendo bruciale leggermente i fori sul collo dietro il colletto della camicia, “E, quando se ne accorgeranno forse sarà troppo tardi.” Serrò le labbra. Aveva fame ma Rin quella mattina non aveva fatto in tempo a cucinare nessun obento per il pranzo perché doveva frequentare lezioni extra dato il suo scarso rendimento scolastico. Era a bocca asciutta in una galleria d’arte con foglietto delle missioni del preside nel taschino della camicia. Aveva ricevuto l’ordine di portare ugualmente a termine la lista e così si stava occupando di verificare uno dei punti ancora mancanti. “Ora che ci penso, con tutti questi ritratti come farò a capire qual è quello che da problemi?” sospirò interiormente perdendosi in quel groviglio di volti. “Yukio!” una voce familiare lo chiamò alle spalle. Il ragazzo si voltò alzando un sopracciglio trovandosi di fronte Shura vestita come una liceale della sua scuola. “È da un pezzo che non ci si vede! Ho sentito che per una delle ultime missioni ti sei dovuto travestire da donna…” se la rideva con le braccia dietro la testa, “Senti chi parla, non ti vergogni a conciarti in quel modo alla tua età?” al che la donna cambiò repentinamente espressione e in una frazione di secondo gli tirò offesa una scarpa in testa. “Ti sembra il modo di comportarti?” domandò seccato ragazzo con la pazienza di un santo mentre la calzatura rimbalzava a terra ma l’altra mise il broncio, “Piuttosto, che ci fai tu qui?” chiese ancora vagamente innervosita mentre recuperava la sua scarpa sotto lo sguardo alterato di Yukio che non aveva fatto una piega dopo la botta. “I ragazzi del corso speciale devono occuparsi dei sette misteri dell’Accademia e uno di questi è un po’ strano… Quindi sono venuto a controllare.” “Capisco… Di che mistero si tratta?” Shura si grattò il mento guardando in alto la sfilza di quadri, “Pare che uno di questi ritratti prenda le sembianze da morto di chi lo guarda ma ogni studente che l’ha visto racconta cose diverse.” “Oh… Quello che ho sentito io invece è di un quadro che appare diverso a seconda di chi lo guarda…” i suoi occhi scintillarono, “Eccolo, è quello!” indicò un ritratto raffigurante una bella donna, “Pare che rifletta la parte più oscura dello spettatore.” Si fece seria e con la coda dell’occhio guardò il ragazzo sogghignando, “Tu che cosa vedi?” “Io…” Yukio studiò i lineamenti di quella donna e il volto di Lamia gli comparve nell’anticamera del cervello facendogli sgranare gli occhi. Aveva il suo ghigno beffardo e la cosa lo fece sprofondare nella più totale confusione. Ficcò con più insistenza le mani nelle tasche deglutendo senza farsi notare da Shura. Doveva essere solo autosuggestione così aprì bocca dissimulando, “Io vedo una bella donna.” Tagliò corto freddamente, “Tu, invece?” cambiò rapido discorso, “Non te lo dico!” ridacchiò lei, “Eh? Non è giusto, io te l’ho detto.” “Sopportare le ingiustizie dei superiori è il lavoro degli impiegati, giusto?” lo schernì lei facendogli la linguaccia, “Avrai sicuramente visto cose orribili.” Il ragazzo allora la guardò di sbieco facendo un smorfia, “Non te lo dico…” la donna continuò il suo teatrino. Yukio abbassò lo sguardo sbirciandosi l’orologio da polso. Aveva detto a Lamia per telefono che l’avrebbe aspettata lì ma con Shura di mezzo sarebbe stato un problema. “Se non hai niente da dirmi… Dovresti lasciarmi stare visto che sto lavorando.” Le disse freddamente cercando di liberarsi di lei con una scusa. “Come siamo permalosi… Certo che ho qualcosa da dirti. Sei stato convocato in Vaticano.” A quelle parole il ragazzo parve sprofondare. “Eh!?” si pietrificò all’istante. Perché mai il Vaticano avrebbe voluto convocarlo? Che centrassero Lilith e Lamia? Avevano scoperto tutto per via del matrimonio? Era nel panico più totale. “Domani ci sarà una riunione straordinaria degli esorcisti di categoria superiore per concordare una strategia e tu dovrai parlare di Saburota Todo.” “Todo!? L’hanno trovato?” sviò le sue ansie puntando a quel nome sentendosi improvvisamente sollevato, “No… è che la situazione si è fatta più seria. I dettagli potrai leggerli sui documenti che ti darò domani.” “Capisco…” “A proposito, hai fatto la visita?” “Oh… Sì… Non hanno trovato nessun problema.” Le sorrise in quel suo modo forzato e meccanico, ma nella sua testa erano tornati ad ammassarsi pensieri su pensieri. La rimessa in ballo di Todo gli aveva fatto ricordare di quella notte e di quegli occhi iniettati di fiamme blu. L’eco delle parole di quel demone aleggiò nell’aria ma soltanto lui poté sentirlo. “Oh, benone.” Shura non fece una piega sembrando però un po’ delusa dalla cosa. “Allora ti vengo a prendere domani mattina alle sette in dormitorio.” Fece per andarsene ma Yukio si voltò di scatto, “N… No non serve che tu venga in dormitorio.” Parlò senza pensarci, ma gli venne automatico pensando alla presenza delle succubi al piano di sopra. “Mh? Non dirmi che ti vergogni…” “Yo.” Lamia comparve alle loro spalle con le mani sui fianchi e il muso accigliato fulminando Shura con lo sguardo. Il ragazzo desiderò urlare ma si trattenne. “Evangeline, che piacere trovarti qui! Come mai prima non sei tornata in classe?” fischiettò la professoressa tutta tranquilla tornando a incrociare le braccia dietro la testa, “Sono cose che capitano.” Rispose la succube incrociando le braccia spavalda, “Piuttosto, bell’uniforme prof.” La squadrò prendendosi gioco di lei, “Anche la tua.” Le rispose l’altra senza scomporsi. Yukio in mezzo a quelle due chiuse gli occhi sospirando sommessamente percependo giungere il mal di testa. “Qual buon vento ti porta qui, piuttosto…” Shura arricciò le labbra alzando un sopracciglio, “Potrei farti la stessa domanda.” Sogghignò Lamia inclinando la testa di lato, “Oi, porta rispetto agli adulti.” “Vestita così potrebbe quasi sembrare che tu non lo sia.” “Tsk, ma sentila. Ci vediamo domani, Yukio.” Gli ammiccò e con la coda dell’occhio studiò la reazione dell’altra andando per la sua strada vittoriosa. “Un giorno l’ammazzerò. Oh, quanto l’ammazzerò.” Sibilò Lamia guardandola di sbieco sparire all’orizzonte. “Che voleva?” si rivolse poi a Yukio come se ne avesse abbastanza, il ragazzo si massaggiò le tempie prendendo tempo. “Era venuta a dirmi che sono stato convocato in Vaticano.” “Che?” “Abbassa la voce. Niente, tutto qui.” “Per cosa ti hanno convocato?” Lamia lo guardò serissima, “Tranquilla, nulla che vi riguardi. E se per favore evitiamo certe scene di gelosia davanti a Shura è meglio per tutti.” “Gelo-cosa? Sto solo difendendo il territorio.” Sbuffò la succube mormorando, “Appunto, non farlo davanti a lei. Quando mi ha detto della convocazione ho perso dieci anni di vita, vedi di non metterci anche del tuo.” Scossò il capo il ragazzo. “Cambiando argomento, posso chiederti che ci fai qui?” la donna si guardò attorno distratta da quella miriade di occhi puntati addosso a loro. Si sentiva i dipinti osservarla. “Mi stavo documentando per le prossime missioni.” “Eh? Ancora quella stupida lista?” “Non chiamarla stupida, sono incarichi importanti a cui anche tu e tua sorella dovete partecipare.” “Per forza?” “Sì. Specialmente con questo clima di sospetto.” La guardò impettito con la coda dell’occhio. “Sarà anche un clima di sospetto ma sei tu quello che al telefono mi ha chiesto di vederci di persona…” lo stuzzicò sporgendosi in avanti sogghignando beffarda, lui la guardò serrando le labbra e sfilando lentamene le mani dalle tasche le mostrò il tremore incontrollabile. “Quinto giorno.” Disse in un sussurro. “E se ti chiedessi di provare a resistere fino al sesto?” “Sei impazzita? Domani sono convocato in Vaticano, come glielo spiego!? Parlerò davanti ai Grigori e al Paladin in persona, e non sono sprovveduti.” Yukio parve perdere le staffe in preda all’agitazione. “Sta calmo, scherzavo…” la succube ridacchiò guardandolo in modo molto sensuale e provocatorio, “Piuttosto questo atrio è un luogo fin troppo pubblico… Non potremmo andare in un posto un po’ più appartato?” si avvicinò repentinamente a lui al che indietreggiò di qualche passo ficcandosi le mani in tasca. “Sì…” abbassò la voce guardandosi intorno vagamente imbarazzato, “Ma prima… Posso chiederti che cosa vedi in quel quadro lassù?” accennò al dipinto maledetto e la succube lo studiò inclinando la testa di lato. D’un tratto spalancò le palpebre immobilizzandosi. Yukio accorgendosene la guardò trattenendo il fiato e questa sbattendo rapidamente le palpebre tornò ad abbassare lo sguardo. “Haha non è possibile che qualcuno abbia ritratto una cosa del genere…” ridacchiò nervosamente la donna evitando di guardarlo, “Cos’hai visto?” “Niente, niente… Andiamo.” Gli afferrò un braccio con decisione trascinandolo via. Intanto Lilith era ancora spalmata sulla panchina in attesa della campanella. Il sole di inizio autunno era tiepido come quello estivo ma a differenza di questo, non la faceva sudare. Non le sembrava vero di essere tornata a scuola come se niente fosse. Soltanto il giorno prima a quell’ora era in balia di Kamiki e al suo trucco e parrucco. Al pensiero rabbrividì. Era stata una sorta di tortura in previsione di una ancora più grande che aveva scampato per un pelo. Abbandonò la testa all’indietro chiudendo gli occhi sollevata e sentì un peso posarsi accanto a lei percependo la panchina traballare. Riaprì le palpebre per trovarsi Rin spaparanzato lì di fianco pallido come un cadavere. “Rin?” “Ho preso di nuovo zero al compito d’inglese.” Disse morente, “Stamattina ho fallito anche il recupero.” “Oh… Capisco.” “Lilith!” strillò poi di tirandosi su di nuovo energico facendola sobbalzare, “Eh?” “Tu lo sai l’inglese?” “Come mai questa domanda bruciapelo?” “Dovrebbe saperlo, ha detto lei stessa di venire dall’Inghilterra.” Izumo comparve davanti a loro a braccia conserte e la ragazzina strabuzzò gli occhi allucinata. “Sto scherzando…” per la prima volta Kamiki ridacchiò distogliendo lo sguardo, e si andò a sedere accanto a lei nell’ultimo posto rimasto. “Wow Kamiki, è la prima volta che ti vedo ridere…” disse Rin rimasto di stucco quasi quanto Lilith, e questa si fece di nuovo seria, “Dimenticatevelo.” Disse acida mollando per terra la cartella. “Come mai anche tu qui?” Lilith le rivolse la parola storcendo la bocca, “Sono capitata qui per caso.” Sbuffò evitando di guardarla. “Beh, in ogni caso sta per suonare, vi va di tornare assieme in classe?” la voce di Rin però suonò lontana nella testa di Izumo che voltata dall’altra parte notò Lamia in lontananza trascinare Yukio per mano. “Kamiki?” la voce di Lilith la fece girare di scatto. “Sì.” Disse secca alzandosi in fretta ma con la coda dell’occhio sbirciò di nuovo in direzione dei due, ora scomparsi nel nulla. Per un momento credette soltanto di esserselo immaginato. “Lamia, rallenta. E mollami la mano, c’è gente!” le disse Yukio agitato cercando di divincolarsi, “Andiamo, è orario di lezioni, chi vuoi che ci sia?” gli rispose la succube seccata. “Lamia, sono serio.” “Piacere serio, son…” “Non provarci nemmeno a fare una battuta tanto squallida.” “Senti chi parla, il re dell’umorismo!” “Mi sta passando la voglia di stare in tua compagnia.” “Andiamo, lo so che ti piaccio… Hai detto di ammirarmi…” “Ritiro tutto quello che ho detto.” Ma Lamia di tutta risposta ridacchiò fermandosi dietro alle siepi. “Ti sembra un luogo abbastanza appartato questo?” abbassò la voce voltandosi verso di lui trascinandoselo a pochi centimetri di distanza. Yukio s’irrigidì a quel contatto e deglutì rumorosamente. “Lo prendo come un sì…” si sporse in avanti leccandosi le labbra ma prima che potesse baciarlo, una voce li interruppe. “Professor Okumura.” Izumo era dietro di loro con la cartella a tracolla e respirava affannosamente. Doveva aver fatto una corsa. Lamia si bloccò all’istante e come lei Yukio sudò freddo più che mai. “Le è caduto questo.” Izumo sollevò la lista che aveva probabilmente perso mentre Lamia lo trainava insistentemente. “Oh… Grazie.” Voltandosi, si sistemò gli occhiali andandosi a riprendere il suo prezioso foglietto. “Tra un minuto abbiamo lezione con lei, se lo ricorda vero?” Kamiki sbirciò involontariamente verso Lamia ma la succube era scomparsa. La ragazza allora sbattè più volte le palpebre sentendosi alquanto confusa per la seconda volta. “Sì, certo. Andiamo.” Yukio preso quanto di sua proprietà le sfilò accanto a testa china, “Un momento, ma Evangeline non era qui con lei?” balbettò guardando freneticamente prima lui e poi le siepi, “Non capisco di cosa tu stia parlando, ero solo.” Sorrise lui pacatamente voltandosi di sfuggita e la ragazza rimase di sasso. Corrucciando le sopracciglia, non si mosse e scrutando il praticello alle sue spalle analizzò filo d’erba per filo d’erba senza trovare alcun indizio. Avere la conferma che Lamia era una succube non le era bastato. Ora voleva completare il puzzle e il comportamento bizzarro di Yukio non la stava che aiutando. Aveva fiutato qualcosa e la sua curiosità non poté che essere fomentata. Che legame c’era tra la donna e il professore? Era forse una minaccia? Con questi pensieri girò i tacchi e guardinga si avviò verso le aule del corso speciale. Di qualsiasi cosa si trattasse, lei doveva saperlo ma non per cattiveria, bensì per una mera questione personale.
 

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