You're my angel

di fers94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I'll miss you [2x09] ***
Capitolo 2: *** Three-quarters [2x20] ***
Capitolo 3: *** Like I'm made of paper [3x04] ***
Capitolo 4: *** Find a way [3x09] ***
Capitolo 5: *** He's fine [3x12] ***
Capitolo 6: *** My light after darkness [3x19] ***
Capitolo 7: *** Keep you safe [4x10] ***
Capitolo 8: *** Fly away [4x12] ***
Capitolo 9: *** Flames [5x06] ***
Capitolo 10: *** I see you [5x07] ***
Capitolo 11: *** Happy ending [5x11] ***
Capitolo 12: *** My shield through the night [5x17] ***
Capitolo 13: *** Don't ever let me go [6x01] ***



Capitolo 1
*** I'll miss you [2x09] ***


 2x09; Dopo essersi salutati prima che Caleb parta per la California, Caleb e Hanna riflettono su quanto siano legati l'uno all'altra.




"I'll miss you"



Quanto mi mancherai, Hanna.
Non so quanto starò via, non so se con mia madre le cose andranno bene, non so come comportarmi, non so cosa voglio esattamente da lei. Spiegazioni, scuse, o cos'altro. Una cosa però la so: tornerò. E lo farò perché ho un'ottima ragione per tornare: tu. Te l'ho detto poco fa, ho guardato di nuovo quel tuo faccino da bambina ingenua e ho cercato di spiegarti la situazione in cui mi trovo.
Ora sono nella macchina che mia madre mi ha mandato per raggiungerla, e penso a te. Sì, penso a te anche se ci siamo salutati solo dieci minuti fa, e penso a te perché se non ci fossi stata tu a spronarmi a provare a dare una possibilità a mia madre, ora non sarei qui, in viaggio per andare da lei. Questa scelta mi porta a lasciarti un'altra volta e questo mi divora da dentro a partire dal cuore, ma te l'ho detto, Hanna, tornerò. Fa freddo, il finestrino è appannato e con l'indice traccio il tuo nome. Poi aspetto che si riappanni di nuovo tutto per riscriverlo ancora, ancora e ancora.
È strano, sai? Solo pochi giorni fa ti ho promesso che non sarei andato da nessuna parte per nessun motivo, che non mi avresti perso un'altra volta, ed ora eccomi qui, di nuovo lontano da te. Ma io so che tu puoi capirmi, io so che sei consapevole di quanto ci tenga a rivedere mia madre. È un momento che aspetto da così tanto tempo che mi ero rassegnato all'idea che non potesse arrivare mai. E invece è arrivato, ed è solo grazie a te, Hanna. Tu mi conosci meglio di me stesso nonostante stiamo insieme da non molto tempo.
Poco fa, con gli occhi gonfi di lacrime e un nodo strettissimo in gola, mi hai detto che mi ami. È la prima volta che me lo dici. Tremavi, avevi la faccia bagnata dal pianto e mi guardavi con il terrore negli occhi, terrore di non rivedermi mai più, ma non devi temere questo. È stato così strano sentirtelo dire. Ma è stato bellissimo.
Anch'io ti amo, Hanna. Tu sei il mio angelo.
Per la prima volta nella mia vita sento di potermi fidare di qualcuno. Mi hai sempre tirato fuori dai guai, ti sei sempre preoccupata per me, ed ora mi stai regalando quello che potrebbe essere il momento più bello della mia vita: rivedere mia madre. Non hai preteso che restassi, non hai provato a trattenermi, nonostante avessi il cuore spezzato a metà quando poco fa ti ho salutata. E l'hai fatto perché sai quanto è importante per me.
Come si fa a non amarti, piccolo angelo? Incontrare te è stato il primo bel regalo che la mia vita mi ha fatto. Ed è per questo che tornerò, te lo giuro. Di ragazze ne ho avute, ma tu sei diversa, tu mi sei entrata dentro nel profondo e credimi, mai nessuno ci era riuscito. Sei la prima ragazza di cui mi sia mai innamorato.
Mi mancherà bussare alla tua porta a qualsiasi ora del giorno, mi mancheranno i nostri piccoli screzi che ci fanno sembrare sposati da vent'anni, mi mancherà senitirti cantare a squarciagola, mi mancherà guardarti mentre ti trucchi e non capire che diavolo di aggeggi stai usando. E soprattutto, mi mancherà quando alla fine di un qualsiasi discorso ci guardiamo negli occhi e ci scambiamo l'anima. E poi facciamo a gara a chi strappa per primo un sorriso all'altro. Tu accenni a un sorriso alzando di poco le labbra, e ti spuntano le fossette, e mi guardi come se fossi la persona migliore del mondo, anche se io non mi ci sento affatto. Ed io provo a fare la stessa cosa, e a dirla tutta le fossette spuntano anche a me, ma di solito non faccio in tempo a sorridere perché prima che possa farlo mi trovo già nel mezzo di un tuo bacio, e credo che sia meglio che sorridere. Dentro ogni nostro bacio c'è tutta la mia felicità.
Quando vedrò le spiagge della California, cercherò te. La sabbia mi ricorderà i tuoi capelli biondi e il mare i tuoi occhi azzurri e profondi, sì, talmente profondi da non sembrare avere mai fine, proprio come il mare.
Mi mancherai così tanto. Come potrei non tornare da te? Sei la persona migliore che io abbia mai conosciuto, Hanna. E perdonami se ancora non riesco a spiegarti quanto ti amo. Sai che non sono troppo bravo a parlare di quello che provo. Già, mi conosci bene. E allora forse non dovrei preoccuparmi, perché probabilmente lo sai meglio tu quanto io ti ami.
Ciao, angelo mio. Torno presto.
 

Quanto mi mancherai, Caleb.
Non mi basterà sentire la tua voce al telefono. Avrei bisogno di sentire il tuo fiato sul mio collo, le tue mani sulla mia pelle, le tue labbra legate alla mia bocca. La tua voce che scalda casa quando chiedi se ho qualcosa da mangiare, o i tuoi occhi che mi parlano più di quanto tu riesca a fare con le tue parole. Sei via da una decina di minuti e già mi sento a pezzi. Mi fanno compagnia solo lacrime e singhiozzi, ma mi sento felice perché tu stai per rivedere tua madre, e se per te è una gioia, per me non può non esserlo.
Mi piacerebbe contare le ore che ci dividono, magari fare croci sul calendario per sapere quanto manca per poterti stringere di nuovo, ma purtroppo non posso farlo, perché il tempo che ci separa non lo conosciamo né io né tu. Ma non preoccuparti, quel che conta ora è che con tua madre vada tutto per il meglio. Avrei già voglia di sentirti al telefono, ma non mi sembra il caso, non voglio farti pressioni in un momento delicato come questo. Aspetterò che sia tu a chiamarmi e mi sforzerò di non crollare quando la tua voce mi arriverà solo tramite uno stupido cellulare. Resisterò.
Tu sei stato il primo a farmi sentire amata. Con Sean era diverso, lui era più come un amico bonaccione, una persona che mi voleva bene come un fratello maggiore, tu invece sei diverso. Sei speciale. Hai qualcosa negli occhi che deve valere più di tutto l'oro del mondo. Tu vali più di tutto l'oro del mondo. Sei un ragazzo ferito dentro, un ragazzo che se ama, ama con tutto se stesso, ed io lo sto provando sulla mia pelle. Sono fortunata ad averti al mio fianco.
Poi ogni tanto sparisci, prendi e te ne vai. Però sai, è per una buona causa. Per tua madre vale la pena tentare il tutto per tutto. È giusto che tu riprenda in mano la tua vita, quella che non ti è mai davvero appartenuta, e a me può soltanto far piacere se dovessi riuscirci. Te lo auguro con tutto il mio cuore.
Mi hai detto che tornerai ed io mi fido di te. Resterò qui ad aspettarti tutto il tempo che sarà necessario. Non sarà così facile liberarsi di Hanna Marin. Sono totalmente ed incondizionatamente innamorata di te, Caleb. Stasera te l'ho detto per la prima volta, ma ti amo almeno da quando avevi abusivamente occupato la mia cantina, se non da prima. Ero arrivata al punto di sperare di vederti arrivare nella mia stanza esattamente così come quel giorno ti avevo visto sotto la doccia.
Sarà dura starti lontana, mi mancherai e non farò altro che pensarti. Ripenserò al tuo sorriso da finto sbruffone, ai tuoi capelli sempre spettinati, al tuo pungente profumo. E ripenserò alla nostra nottata in tenda, quando non ci siamo spogliati solo dai vestiti, ma ci siamo spogliati anche dentro. Ci siamo detti i nostri segreti, confessati le nostre paure e per finire ci siamo amati. E sai, Caleb, non ho alcuna intenzione di permettere che tutto questo finisca. Io ti aspetterò. Dopotutto, questa è stata casa tua ed in un certo senso lo è sempre rimasta. Perciò, quando vorrai bussare di nuovo alla mia porta, io ti accoglierò a braccia aperte. E ti lascerò andare di nuovo solo se sarà davvero importante, ma davvero davvero importante, altrimenti dovrai restare con me e tenermi stretta stretta al tuo petto finché voglio. Io ho bisogno di te e, te lo ripeto ancora, non voglio perderti.
Ti amo, Caleb. E non vedo l'ora di aprire la porta e trovarmi la tua faccia da hacker con i capelli lunghi davanti. Da oggi, fino al giorno in cui non tornerai, aprirò sempre io, lo dirò alla mamma, così quando ti avrò davanti non perderò nemmeno un secondo per riabbracciarti più forte che posso. È giusto non perdere più tempo per stare insieme. Sono già pronta per il bentornato, Caleb. Ti aspetterò qui, anche se dovrebbero essere le ragazze a fare aspettare i ragazzi e non viceversa. Ma te l'ho detto, tu sei speciale. Non sei come tutti gli altri.
Ti amo, ragazzo speciale. Sai dove trovarmi.

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Capitolo 2
*** Three-quarters [2x20] ***


 2x20; Hanna, sotto gli occhi di Garrett, va a prendere Caleb davanti al commissariato (era stato ingiustamente accusato di essersi impossessato di files riservati e la stessa Hanna era riuscita a salvarlo).




"Three-quarters"



Stretti in quell'abbraccio, Caleb ed io ci sentimmo vivi, ancora vivi, scampati all'ennesimo pericolo che si andava a porre fra di noi. Ed era colpa di tutti i guai che mi portavo dietro io, guai che non dovevano avere a che fare con Caleb, e che invece perseguitavano anche lui, perché lui era parte della mia vita, parte integrante della mia vita, quella che -A voleva distruggere senza pietà. Come se Caleb non avesse già abbastanza problemi, ora si stava addossando anche i miei. Avevo paura per me stessa, per le mie amiche ed ora anche per lui; di certo non si meritava anche i miei guai. Quando dopo quel bacio mi ritrovai i suoi occhi scuri davanti, capii quanto fosse importante per me, quanto lo amassi, quanto volessi che non gli accadesse mai nulla di brutto.
- Ti amo... -gli sussurrai timidamente mentre lo accarezzavo.
- Io di più! -rigettò lui, scostandomi una ciocca di capelli dal viso e mettendomela dietro un orecchio.
- Stavolta è colpa mia, non avrei dovuto lasciare che ti occupassi di quei files, sapevo che sarebbe stato pericoloso... -mormorai scuotendo la testa.
- È andata bene anche stavolta, ed anche stavolta è stato merito tuo. Ora è tutto a posto.
Lo riabbracciai ancora una volta, pensando che almeno per ora le cose erano a posto, come diceva lui.
- Insomma, sei così romantico da inserire nella tua chilometrica password la data della nostra prima volta? -gli sussurrai poi, tenendogli le braccia allacciate dietro al collo.
- Dovresti esserne lusingata, con quella password si accede al mio computer e dentro quel computer c'è più o meno tutta la mia vita. Tutto quello che per me è importante, è in quella password: tutte le città dove ho vissuto e dove mi sono fatto le ossa, e... E poi sì, ci sei tu, ed ammetto che anche tu sei importante per me. Tanto.
Gli risposi con un altro dolce gioco tra le nostre labbra, non sapevo cos'altro fare dopo quelle parole.
Andammo a casa insieme, avevo bisogno di stare del tempo con lui, di tenermelo stretto e pensare che non me l'avrebbe portato via mai nessuno.
- A che pensi? -disse lui mentre ci accomodavamo sul divano, portandomi un braccio attorno alle spalle.
- A niente. -mentii io di tutta risposta, mentre la testa in realtà mi scoppiava di preoccupazioni.
- Hanna... Se stai ancora pensando al computer... -insistette lui, prima che io lo interrompessi.
- Pensavo a me. A come sono cambiate le cose nel corso degli ultimi anni. Sai, quando ero grassa e tentavo di dimagrire ero... Ero come... Chiusa in una sfera dalla quale non riuscivo ad uscire. Mi sentivo così sola. Di ragazzi neanche a parlarne, ma... Ma anche le mie amiche sembravano allontanarsi a poco a poco da me. Il problema non era l'essere grassa, il problema era in me, intendo dire dentro di me. Era tutta una questione psicologica. Mi stavo facendo terra bruciata attorno, Caleb. Mi chiudevo tutti i giorni in camera a piangere. Ascoltavo "She will be loved" dei Maroon 5 a ripetizione, chiedendomi quando sarebbe toccato a me, quando sarei stata amata, quando sarebbe stato il mio turno, semmai fosse arrivato quel momento... Quel momento in cui non mi sarei sentita più sola ma mi sarei sentita amata da qualcuno. E poi, piano piano ce l'ho fatta. Sono dimagrita, ma soprattutto tutti gli insani complessi che affollavano la mia testa se ne sono andati. Ed ora sto bene perché quel momento di cui ti parlavo prima è arrivato. Ora non sono più sola, ora c'è qualcuno che mi fa sentire amata, ora... Ci sei tu, Caleb. E se ci sei tu con me, non solo mi sento amata, ma sono anche felice. Tu sei parte di me, anzi... Sei molto di più. Sei almeno la metà di me. Intendo dire che se tu non ci fossi, sarei come mezza Hanna.
Caleb sorrise e mi guardò dubbioso.
- Che c'è? Ti sembra stupido quello che dico, non è così? -continuai rendendomi conto di aver probabilmente detto una sciocchezza.
- È la cosa più bella che mi abbiano mai detto. Intendo... Che io sia la metà di qualcuno. Sai, anche io mi sono sempre sentito molto solo, come accantonato e dimenticato in un angolo sperduto nel mondo. E mi chiedevo se mai qualcuno si sarebbe avvicinato a me, un ragazzo solo come un cane e senza un dollaro in tasca. Senza famiglia, senza persone che gli volessero bene. E poi un bel giorno è arrivata una ragazza bella come un angelo e ha trasformato tutto questo in realtà. Hanna, tu... Tu sei sempre al mio fianco a sostenermi, ad aiutarmi, mi tiri fuori dai casini ogni volta che mi ci caccio, mi ami ed io non avrei certo potuto chiedere di meglio. Io non so perché una ragazza splendida come te abbia scelto uno straccione come me, me lo chiedo ogni volta che ti guardo e capisco che non sto sognando. So solo che sono stato molto fortunato, che il destino, almeno una volta nella vita, mi ha voluto bene. Sai invece io che ti dico, Hanna? Che tu sei almeno i miei tre quarti.
- Ti amo, Caleb.
- Anch'io ti amo, Hanna. Più di quanto pensavo di poter essere capace di amare.
- E comunque non sei uno straccione! -conclusi ridendo.
Ed un altro bacio ci tirò via da quella difficile giornata.
 

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Capitolo 3
*** Like I'm made of paper [3x04] ***


 3x04; Le riflessioni di Caleb e Hanna dopo che lui ha deciso di rompere la storia.




"Like I'm made of paper"



Basta, Hanna.
È finita. Faccio parte soltanto a metà della tua vita. E non è quello che voglio.
Io avrei voluto viverti a trecentosessanta gradi, aiutarti a superare ogni problema e ogni difficoltà proprio come tu hai sempre fatto con me, ma tu non me l'hai permesso ed io non capisco il perché. Ti ho chiesto spiegazioni e tu per l'ennesima volta hai tentato di sviare il discorso. Hai come innalzato un muro tra di noi, e per quanto io abbia provato a sfondarlo, sembra che sia troppo resistente per sgretolarsi. Per romperlo sarebbe stato necessario buttarlo giù insieme, ma tu non solo l'hai innalzato, hai anche fatto di tutto per mantenerlo in piedi. Ed è andata così. C'è ancora questa specie di barriera fra di noi, ed io non voglio stare con una persona che mi sfugge, che si nasconde dietro ad un muro e che non mi rende partecipe di quello che le succede.
Nel bene o nel male, Hanna, io avrei soltanto voluto starti accanto, ma tu non me l'hai concesso. Evidentemente non ti fidi abbastanza di me, non mi vuoi sempre e comunque al tuo fianco, quindi a volte preferisci accartocciarmi e buttarmi via come se fossi fatto di carta. Non capisco perché fai così. Pensavo che tra di noi ci fosse massima fiducia e che le bugie ce le fossimo lasciate alle spalle da tempo, ma è ovvio che mi sbagliavo.
Forse non hai avuto il coraggio di rinunciare a me del tutto, perché lo so che mi ami, Hanna. Ce l'hai scritto in faccia. Ed anch'io ti amo, e forse non smetterò mai di amarti, ma non posso andare avanti così. Io non voglio solo una parte di Hanna, perché è soltanto questo tutto quello che mi è rimasto. Non mi basta proprio perché sono innamorato di te. Preferisco non averti per niente, piuttosto che avere solo una parte di te, e vedere tutto il resto sfuggirmi dietro un muro invalicabile.
Mi fa male tutto questo, Hanna. Non sai quanto. È stato così difficile lasciarti, guardare i tuoi occhi grondare lacrime e dover resistere, dover fare a meno di stringerti e dirti che va tutto bene. Ancor più difficile è stato voltarmi ed uscire dalla tua stanza accompagnato dal rumore dei tuoi singhiozzi, senza tornare indietro, senza guardarti, senza fare niente se non andare via. Ma forse è meglio che mi levi di torno se non mi vuoi più nella tua vita. E allora, proprio come se fossi fatto di carta, mi sono accartocciato e buttato via da solo, ma stavolta una volta per tutte. Ti ho risparmiato di doverlo fare da te. Non ce l'avresti mai fatta.
Spero che senza di me, tu riesca a risolvere tutti questi problemi incatenati in questo fitto alone di mistero, dietro quel muro impossibile da buttar giù. Io starò male, inutile far finta che non sia così, ma davvero, spero che la nostra rottura almeno a te serva, Hanna, sebbene probabilmente ne soffrirai anche tu. Mi sento uno straccio, mi sento svuotato, mi sento un quarto di me stesso -perché tu eri gli altri tre quarti di me, ricordi?-, ma è evidentemente la cosa giusta da fare.
Io scendo dal treno e ti ringrazio di tutti i momenti passati insieme. Sono contento di averti incontrata sul cammino della mia vita. Mi hai insegnato ad amare e questo non lo dimenticherò mai.
Buona fortuna, amore mio.


Non ci sei più, Caleb.
Te ne sei andato. Mi hai lasciata e mi hai detto che non ti ho lasciato molta scelta. Non posso darti torto, hai ragione tu.
Una volta ti mentivo per proteggerti da Mona, ora ti mento per proteggerti da qualcun altro. Avrei voluto dirtelo, ma quando ho capito che la persona che mi tormenta non ha problemi a fare del male non solo a me, ma anche a te e alla tua famiglia, io non ce l'ho più fatta. -A può colpire chiunque. Preferisco perderti che farti soffrire, soprattutto per una madre che hai appena ritrovato. Non voglio che i miei problemi diventino i tuoi. Non voglio che anche tu ti faccia del male in questa faccenda. Io ti amo e non posso permetterlo.
Non ci sei, ma continuo a vedere la tua faccia colma di delusione e a sentire la tua voce tremante che mi dice che tra noi è finita. E non riesco a smettere di piangere. So che non puoi capire, ed è colpa mia, ma se porre fine alla nostra storia è il prezzo da pagare per proteggerti, allora lo accetto. Però fa male. Malissimo.
Tutto questo è così ingiusto. Tutto questo mi rovina la vita da troppo tempo. Tutto questo mi porta a perdere le persone che amo. A perdere te. Sarei voluta annegare nella vodka per provare a togliermi dalla testa l'immagine di te che te ne vai dalla mia stanza con gli occhi lucidi e i pugni stretti, ma alla fine ho trovato la forza solamente per chiamare Aria. Le sto sporcando tutto il vestito di mascara, mentre guardo il mio riflesso nel vetro della cornice che racchiude una nostra foto in cui siamo felici. E tu sei bello e sorridente come non ti vedo da ormai troppo tempo. E forse non ti ci vedrò mai più.
So che non è stato facile per te lasciarmi. Mi sento addosso non solo il dolore per averti perso, ma anche quello per averti ferito, perché anche tu stai male e per l'ennesima volta la colpa è mia. Sento pesare tutto questo dolore, tutte queste lacrime, tutti questi silenzi, tutte queste bugie, tutti questi segreti. Mi sento molto più pesante di quando ero "Hanna la grassona".
Ho appena perso la persona capace di rendermi felice solo con uno sguardo, una parola, un semplice gesto. Mi sento cadere a pezzi senza mai atterrare. Mi è così difficile immaginarmi senza di te. Pensavo davvero che mai nulla ci avrebbe separato, perché non mi ero mai sentita così bene accanto a qualcuno prima di incontrare te. Noi ci completavamo l'uno con l'altra, quello che c'era tra me e te era inspiegabile. E sembrava tanto forte da non potersi spezzare mai. Già, mai. Caleb, io spero che tutto questo non si sia spezzato. Spero che quella luce che abbiamo acceso un anno fa non si sia spenta. E spero che non si spenga mai.
Ti amo così tanto, Caleb. E se davvero non possiamo stare insieme, allora spero che tu sia felice e soprattutto che tu stia bene. Stare con me è troppo pericoloso ed io non voglio farti correre nessun rischio perché, insieme a mia madre, sei la persona che più amo al mondo.
Forse qui non ci sei più, ma nel mio cuore ci sarai sempre, e questo né -A né nessun altro potrà mai cambiarlo. E in cuor mio spero che per te sia lo stesso. E credo di sapere che è davvero così, ma devo lasciarti andare.
Buona fortuna, amore mio. 

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Capitolo 4
*** Find a way [3x09] ***


 3x09; I pensieri di Hanna relativi alla sera in cui chiarisce con Caleb, con un'ampia continuazione della scena.




"Find a way"



Stavolta hai scoperto la verità da solo. Mi hai messa alla prova, mi hai teso una specie di trappola, o forse farei meglio a dire che mi hai rapita, proprio come hai detto tu. Sta di fatto che hai capito tutto, e che ora le mie bugie non sono più necessarie. Quelle bugie erano necessarie per proteggerti, ma tu le hai smantellate ed io non sapevo più cosa inventarmi, così mi sono liberata e ti ho raccontato tutto quello che so. Non ho potuto fare diversamente. E appena hai saputo come stavano realmente le cose, non hai esitato a farmi capire che ora era tutto a posto e che saremmo potuti tornare insieme. Non hai pensato a niente; non hai pensato ai rischi, al fatto che -A può tranquillamente colpire anche te, o a tutto quello che esce fuori da questa brutta storia che sembra non finire mai. Tu hai pensato solo a me. A noi.
Ti sei lasciato sfuggire dalla bocca che hai rapito "la tua ragazza", sì, proprio così, ancora "la tua ragazza", come se non ci fossimo mai lasciati, come se quella luce non si fosse mai spenta. Probabilmente è così, probabilmente io e te non siamo capaci di perderci del tutto.
Quando mi hai preso il viso tra le mani e mi hai guardata con gli occhi di chi si sta scusando -e non vedo cosa avresti da farti perdonare-, ero come ipnotizzata, e l'unica cosa che avrei voluto fare in quel momento sarebbe stata baciarti e stringerti forte, ma mi è tornata in mente quella dannata foto dell'incidente di tua madre ed ho capito che non potevo spingermi oltre. Non volevo che corressi rischi così seri per stare con me. Non meriti tutti i casini della mia vita. Ho cercato di evitarti, di non cedere, mi sono spostata dall'altro lato della strada ed ho sperato con tutta me stessa che ce l'avrei fatta a non tornare indietro. Ma come si può guardare il ragazzo del quale si è innamorati e nel frattempo convincersi che bisogna voltare pagina? Non credo sia possibile, o almeno io non ne sono stata capace, malgrado tutti gli sforzi.
Io dovevo dirti che la sera in cui mi avevi lasciata stavo cercando di raccontarti tutto e che non l'ho fatto perché -A mi aveva fatto capire che tua madre era nelle sue mani. Dovevo dirti che quella maledetta sera ti avevo lasciato andare via soltanto perché non avevo scelta, perché non avevo nessuna alternativa. Dovevo dirti che mi mancavi da morire e che da quando ci eravamo lasciati mi comportavo da idiota. Già, da vera idiota. Cercavo il tuo riflesso negli occhi di Wren, convinta che la sua generosità potesse ridarmi un motivo per stare serena dopo averti perso. L'ho baciato di sfuggita in un momento di euforia, dopo che grazie al suo aiuto ero riuscita ad evitare il trasferimento di Mona dal Radley a chissà dove. E mi sono sentita la più stupida della terra. Non facevo altro che struggermi per te e poi baciavo il primo ragazzo che mi tendeva la mano? Che comportamento idiota. Lui non è te. Nessuno è te. E solo tu potevi farmi uscire dall'abisso in cui stavo sprofondando. Mi vestivo male, non andavo a scuola, mi sentivo come vuota. Quando ci siamo parlati per la prima volta dopo aver rotto, a scuola, ho capito che se non fossi tornata insieme a te, sarei rimasta così idiota per sempre. Mi comportavo in una maniera che neppure io riuscivo a controllare e lo facevo perché la tua mancanza stava compromettendo una parte di me. È per questo che quando ti sei avvicinato a me per la seconda volta e mi hai baciata, non sono riuscita a tirarmi indietro. Come avrei potuto rifiutare di riavere indietro un pezzo così prezioso di me?
Quando ci siamo baciati, quel profondo e incolmabile vuoto che avevo dentro si è riempito. Ho sentito il cuore come esplodere, le gambe hanno iniziato a tremare ed i muscoli si sono irrigiditi al primo contatto che ho avuto con te. Avevo il tuo sapore in bocca e sentivo il tuo profumo forte, era tutto così accentuato che sembrava che tu, Caleb, mi stessi scorrendo nelle vene. Ero piena di te ed era la sensazione più bella del mondo. Le tue mani vagavano impazienti sulla mia pelle, e le mie tastavano il tuo volto per convincermi che tutto quello che stava succedendo era reale, che eri lì con me, di nuovo, contro tutto e tutti. Non importava di -A, non importava dei segreti, non importava più di nulla. Quella sera ci stavamo buttando tutto alle spalle e l'unica cosa che davvero contava eravamo noi. Faceva freddo, ma non abbiamo resistito. Non abbiamo potuto mettere freni a quella folle serata. Con la dovuta delicatezza mi hai tolto la giacca, mi hai dunque presa per mano e riportata in macchina. Le cose sono andate in modo del tutto naturale; tu ed io sappiamo come prenderci, come fare sentire l'altro a proprio agio, come... Tu ed io sappiamo come amarci. Sentivo in me tutta la tua anima, e mentre i nostri corpi annullavano i confini tra di loro, mi piaceva perdermi nei tuoi occhi, in quello sguardo pieno di tutto l'amore del mondo. Amo il modo in cui mi guardi, Caleb.
Ogni volta che finiamo di fare l'amore, quando ci siamo amati talmente tanto da aver superato ogni limite e da non poter andare oltre, mi piace guardarti mentre sei disteso a riprendere fiato, perché sei così esausto da respirare con l'affanno. Non hai più forze perché ti sei dato tutto, corpo, anima e cuore, e ti sei dato a me. Anche quella sera sono rimasta al tuo fianco, appoggiando la fronte sulla tua spalla, e ti ho guardato respirare per tutto il tempo, senza aver bisogno di pronunciare una sola parola. Fino a quando non ti sei girato verso di me e mi hai sorriso come fai sempre. Tutte le volte che sorridi mi dai un motivo valido per stare insieme, seppure per farlo dobbiamo correre tutti i rischi possibili. Io ho ricambiato il sorriso, e tu in un sussurro hai aggiunto:
- Sei la cosa più bella che ho, Hanna. E non voglio rinunciare a te per niente al mondo. Niente.
Io mi sono sporta per lasciarti un bacio sulle labbra, e subito dopo ti ho risposto.
- -A non deve saperlo. Dobbiamo essere prudenti, così tu e la tua famiglia non sarete in pericolo. È l'unico modo, Caleb.
- Non devi preoccuparti per me! -mi hai ripresa tu, col sorriso in faccia e scuotendo la testa.
Io ho alzato gli occhi al cielo, poi ti ho stretto più che potevo la mano ed ho risposto nuovamente.
- Invece sì. Se ti succedesse qualcosa non solo non me lo perdonerei mai, ma non saprei come andare avanti. Io ho bisogno di te e non posso permettere che ti capiti niente di male. Non voglio perderti di nuovo, è già successo fin troppe volte.
È stato allora che hai annuito e mi hai stretta al tuo petto. E poi mi hai sussurrato "Ti amo". Il mio cuore allora ha ricominciato a battere in maniera sregolata. Ogni volta che mi ripeti quelle due parole mi sembra sempre la prima volta, e devo sempre aspettare qualche secondo per realizzare, prima di risponderti "Anch'io" e baciarti di nuovo. Non mi stancherei mai di baciarti, è come se non potessi farne a meno. Perciò sarà dura nascondere il nostro amore. Ma la verità è che né tu né io possiamo rinunciarci, e dobbiamo accettare determinate condizioni per poterlo portare avanti. Va bene così, Caleb. Troverei una strada che porti a te anche se tu fossi in un altro universo. Ti amerò sempre e comunque. Tutto quello che conta siamo solo noi, ed io farò di tutto per stare con te. Di tutto.
 

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Capitolo 5
*** He's fine [3x12] ***


3x12; Le reazioni di Hanna appena dopo che Caleb è stato ricoverato d'urgenza ferito da un colpo di pistola, ed il loro incontro in ospedale.




"He's fine"



Angosciante è l'unica parola che mi viene in mente per descrivere quella assurda nottata in ospedale ad aspettare notizie di Caleb.
Non facevo altro che ripensare a quando ci eravamo sentiti per telefono mentre stava andando da Emily per salvarla da quel folle che voleva solo farle del male esattamente come aveva fatto con Maya. Gli avevo chiesto di promettermi che sarebbe stato prudente, e la sua risposta era stata "Hanna, ti amo". Non me l'aveva promesso, anche perché con sé aveva quella maledetta pistola che gli avevo supplicato di far sparire, e che invece aveva testardamente tenuto con sé. Immaginavo che alla fine l'avrebbe portata, lo conosco troppo bene.
Non avevo ancora capito cosa esattamente fosse successo subito dopo con quel folle, sapevo solo che lui era morto accoltellato e che Caleb era stato ricoverato con una pallottola conficcata vicino alla milza. Dio solo sa come mi sono sentita quando l'ho visto su quella barella mentre lo caricavano in ambulanza. Credo di non aver mai avuto tanta paura in tutta la mia vita. Anzi, più che paura, quello era terrore allo stato puro. Perdere Caleb è sempre stata la mia più grande preoccupazione, da quando ci siamo conosciuti, e vederlo in quello stato mi ha fatto capire quanto davvero io sia impotente senza di lui. Ho pensato che avrei potuto perderlo per sempre e il solo pensiero mi ha dilaniato l'anima. E ho pensato anche che ci sarei dovuta essere io su quella barella anziché lui. I problemi miei e delle ragazze sono diventati i suoi guai. Vuole aiutarci perché mi ama, e per immischiarsi in simili faccende deve amarmi davvero molto, ma ho sempre temuto che un giorno o l'altro ci avrebbe rimesso lui, e non è giusto.
Come farei senza di Caleb? È nella mia vita da circa un anno, siamo molto giovani, ma il sentimento che ci unisce è qualcosa di ben più forte del semplice volersi bene. La verità è che lui ed io siamo diventati una cosa sola. Lo siamo diventati affrontando qualsiasi cosa insieme, aiutando l'altro nei momenti di bisogno e non, eliminando tutti i segreti che avrebbero potuto dividerci.
Quando l'ho visto su quella barella, ferito e non cosciente, mi sono sentita come una foglia secca che cade giù da un albero; fragile, incapace di reagire, vuota. Non riuscivo a muovermi, a parlare, ero come bloccata. Era una sensazione terribile, quasi come se il cuore mi fosse stato strappato dal petto. L'unica cosa che riuscivo a fare era piangere senza ritegno.
Seduta su quella scomoda seggiola d'ospedale, qualche ora dopo, aspettavo sue notizie. La mia mano era saldamente stretta in quella di Aria, e nonostante un medico fosse passato di lì a dire che Caleb non fosse in pericolo di vita perché la pallottola non aveva reciso organi vitali, non riuscivo a tranquillizzarmi. Dovevo guardarlo negli occhi per mettermi l'anima in pace e per convincermi che stesse davvero bene, non mi bastavano le parole di un medico. 
Dopo qualche minuto, arrivò anche mia madre. L'avevo avvertita ed era corsa in ospedale appena possibile. Alla fine anche lei si è affezionata a Caleb, nonostante gli inizi un po' ostici. Mi sono precipitata da lei e mi sono lasciata stringere forte, cercando consolazione.
- Come sta? -mi chiese lei, scioccata.
- È fuori pericolo... -mormorai con debolezza.
- Ma com'è successo, Hanna? -continuò, ad occhi sbarrati.
A quel punto intervenne Emily, alzandosi dalla sedia e raggiungendo me e mia madre.
- Signora Marin... Caleb mi ha praticamente salvata. Il ragazzo che diceva di essere il cugino di Maya, beh... Non era suo cugino, bensì il suo assassino, e stava per fare del male anche a me e Paige. Caleb è venuto ad aiutarmi, sembrava che quel pazzo fosse già morto, ma... Ma non era così. Improvvisamente è riuscito a prendere la pistola ed ha sparato un colpo. Sa, se non ci fosse stato Caleb, credo che quel colpo l'avrei preso io. È un ragazzo d'oro, Hanna è davvero fortunata, mi creda.
Mia madre annuì con un sorriso amaro, poi mi strinse di nuovo. Fu allora che un medico si avvicinò a noi.
- I parenti di Caleb Rivers? -chiese.
- Non c'è nessun parente, ma... La prego, mi dica come sta. -risposi io, ritrovando tutta la lucidità necessaria.
- D'accordo. Il ragazzo sta bene, ha perso parecchio sangue ma è tutto risolto. L'operazione è riuscita. Ora ha solo bisogno di riposo, non sembrano esserci complicazioni.
A quelle parole tirai un sospiro di sollievo, poi tentai il tutto per tutto; avevo bisogno di vedere Caleb.
- Posso vederlo? -chiesi con timidezza.
- Mi dispiace, mi ha detto che non è una parente... -rispose il medico.
- La prego... Sono la sua fidanzata. Sono la persona più vicina a lui tra tutti i presenti. Per favore, ho bisogno di vedere come sta. Non ci metterò molto, glielo prometto. -continuai, con più decisione.
Dietro di me, le ragazze, mia madre e la madre di Emily rimasero zitte, lasciandomi provare a convincere quel medico. Dopo qualche istante di silenzio, l'uomo mi fece un cenno con la testa, verso una porta socchiusa. Io gli sorrisi, lui non ricambiò, sospirò e sparì dietro un'altra porta. Mi precipitai verso la stanza che mi era stata indicata, poi aprii lentamente la porta.
Caleb era disteso su un letto, con la schiena rialzata grazie al supporto di un cuscino adeguatamente sistemato alle sue spalle. Chiusi la porta e tornai a guardarlo. Era sveglio, anche se sembrava piuttosto debole.
Incrociare il suo sguardo mi fece sentire molto meglio.
- Hanna... -sussurrò con un filo di voce.
- Caleb... -dissi io, avvicinandomi a lui.
Mi appoggiai al suo letto stando attenta a non dargli in alcun modo fastidio.
- Come stai? -gli chiesi abbozzando un sorriso.
- Sto bene. Sono solo un po'... Stanco. Voi come state? Non vi è successo niente, vero?
- No, sta' tranquillo. Noi stiamo tutte bene.
Lui si morse un labbro ed allungò la sua mano verso la mia, per poi stringerla.
- Davvero, è la verità. -continuai, lasciandomi però sfuggire una lacrima dagli occhi.
Caleb sospirò e mi guardò con tenerezza, come se si sentisse in qualche modo responsabile.
- E allora cos'hai? -chiese, stringendomi più forte la mano.
- Caleb, io ho paura. Stavolta -A non c'entrava niente, eppure il mio ragazzo è stato ricoverato d'urgenza e trasportato in ospedale con una ferita d'arma da fuoco. È assurdo, io non riesco a stare tranquilla un attimo che... Non lo so, sembra che il mondo ce l'abbia con me. Quando ti ho visto sulla barella, privo di sensi, mi sono sentita morire e... La verità è che vorrei avere una vita normale, Caleb. Vorrei stare con te a casa a divorare dvd, o magari a fare dolci o ancora a fare finta di studiare, non certo a girare la città per acciuffare degli assassini. Vorrei poter andare al cinema con le ragazze senza doverci guardare le spalle ogni dieci secondi, io... Io non voglio che la mia vita e quella delle persone che amo siano in costante pericolo. Non voglio, okay? Pretendo così tanto? -risposi sfogandomi, smettendola di provare a fermare le lacrime.
Caleb si leccò le labbra, roteando gli occhi, come se stesse cercando una risposta giusta. Dopo qualche istante, mi prese anche l'altra mano e provò a dirmi quello che voleva.
- Senti, Hanna... Tu hai perfettamente ragione. Né tu né le altre ragazze avete fatto niente di così brutto da meritare tutto questo male. Io non so perché le cose vadano in questo modo, non so perché le vostre vite siano diventate così pericolose, ma... Ma una cosa la so, e ne sono più che sicuro. Hanno provato a farmi sbattere in carcere, hanno provato a fare fuori mia madre, ora è successo anche questo, e...
- Ed è tutto a causa mia, Caleb. -lo interruppi.
Lui sorrise e continuò.
- Sì, tutte queste cose sono cominciate da quando tu sei entrata nella mia vita, è vero. E sai, è probabile che mi succedano ancora altre cose brutte, ma quella cosa che so e della quale sono più che sicuro è che niente sarebbe peggio che allontanarmi da te. Hanna, quello che sto cercando di dirti è che non rinuncerò a te perché la tua vita è incasinata. Quando ho deciso di stare con te, ho deciso che l'avrei fatto nel bene e nel male. Questa specie di battaglia che tu e le altre state combattendo con chissà chi è una cosa seria, ed io non ti lascerò sola. Io ti amo da morire, Hanna. E se fosse necessario darei la mia stessa vita per te. Non rinuncerò ad una cosa meravigliosa come stare con te solo perché è qualcosa di pericoloso. Io sono qui al tuo fianco e ci sarò sempre, qualunque cosa accada. Non ci perderemo mai, te lo giuro. Potrai sempre contare su di me. Sempre.
A quel punto il mio diventò un vero e proprio pianto. Non sono mai stata brava a controllare le mie emozioni, specialmente se così forti. Sentire Caleb dire che avrebbe dato la vita per me, mi diede come una scossa; secca, decisa, forte, nitida. Non avrei mai voluto offrirgli una vita così difficile, ma per una volta sentivo di dovermene scolpevolizzare. Tutti quei guai non me li ero mai andati a cercare. Mi dispiaceva dover condividere cose simili con la persona che amavo, ma forse era come diceva lui: nel bene o nel male, insieme. Non sapevo se il mio fosse un pianto di gioia, dolore, paura o cos'altro, so solo che sentivo talmente tante emozioni da sembrare che stessi per esplodere. Tra tutte quelle lacrime, riuscii a sorridere, a guardare Caleb sorridere a sua volta e a ricambiare la stretta delle sue mani.
- Ti amo da morire anch'io... -fu tutto quello che riuscii a dire.
Caleb mi lasciò le mani per far sì che le sue mi asciugassero tutte le lacrime che mi erano rocambolescamente scivolate sul volto.
- Mi dispiace per la pistola, ti avevo detto che non l'avrei portata, ma... -disse poi, prima che lo interrompessi.
- Sei un idiota, ma... Come posso arrabbiarmi con te adesso? -risposi sorridendo.
- Amo le tue fossette! -rigettò Caleb.
Il dottore, in quell'istante, si affacciò nella stanza e mi fece capire che la visita sarebbe dovuta finire lì.
- Devo andare. Tornerò non appena possibile. -sussurrai a Caleb.
- La prossima volta mi porti un Dong Po? -fece lui, con un sorriso malizioso.
Gli risposi con un altro sorriso, poi raggiunsi la porta. Mi voltai un'ultima volta e mi resi conto di dover fare ancora una cosa. Restai però ferma sul ciglio della porta per qualche istante senza fare nulla.
- Beh? -chiese Caleb, con aria interrogativa.
- Ho dimenticato una cosa. -risposi decisa.
Mi avvicinai nuovamente a lui e mi distesi quanto bastava sul letto per afferrare la sua testa e congiungere le mie labbra con le sue. Lo baciai con passione, lasciando che le nostre lingue si accarezzassero lentamente. Le sue labbra morbide erano talmente perfette che non avrei mai voluto separarmene. Purtroppo però, quel momento arrivò ben presto: il dottore si rifece vivo sul ciglio della porta e si schiarì la voce. Solo allora mollai la presa su Caleb, imbarazzata, dunque arrossii e mi alzai.
- Ti amo, Hanna. -disse lui, per salutarmi.
- Ti amo anch'io, Caleb. -conclusi io, per poi voltarmi ed uscire di lì evitando lo sguardo del dottore.

- Caleb sta bene. -fu quello che dissi alle altre, uscendo dalla sua stanza con il sorriso sulle labbra ed il mascara sbavato.

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Capitolo 6
*** My light after darkness [3x19] ***


3x19; Caleb capisce quanto sia grande l'amore di Hanna nei suoi confronti ed esprime tutta la sua gratitudine ed il suo amore, a sua volta, verso la ragazza.





"My light after darkness"




Io non so come fai.
Non so come riesci a fare tutto questo per me. Per l'ennesima volta mi viene da pensare che se non ci fossi tu, io sarei una persona più povera. Più povera d'animo, più povera umanamente. Oserei dire anche più chiusa mentalmente.
Invece ci sei tu, Hanna. La mia luce.
Ho finalmente trovato la strada giusta da percorrere, ho finalmente capito da che parte andare in quest'enorme autostrada chiamata "vita". Quella strada sei tu. Grazie a te, ho trovato il coraggio per riallacciare i rapporti con mia madre. Ed ora, ancora una volta grazie a te, ho ritrovato anche mio padre.
Quando pensavo al mio passato, non vedevo altro che una grossa ombra, un'enorme macchia nera. Niente sorrisi, niente favole raccontate a letto. Nessuno che mi tenesse la mano quando avevo la febbre, nessuno che mi chiedesse se davvero stessi bene. Infatti non stavo bene. Mi sentivo come un pacchetto senza biglietto lasciato davanti una porta, abbandonato senza un apparente motivo, dimenticato dal mondo. Ero solo un bambino, ma ricordo tutto come se fosse ieri. Mi sono sentito il più piccolo ed insignificante puntino dell'intero universo, una briciola della quale nessuno si cura, perché tanto prima o poi andrà spazzata via e nessuno si preoccuperà della fine che ha fatto, anzi, nessuno si accorgerà nemmeno che sia esistita. Quella briciola ero io.
Tanti anni passati a ricordare quell'infanzia così, mandando giù talmente tanti rospi da aver perso il conto, arrivando a vent'anni senza risposte, avendo in testa soltanto una valanga di punti interrogativi.
Un bel giorno però, tutto è cambiato. Sei arrivata come arriva una giornata di sole nel bel mezzo dell'inverno più rigido, come arriva il ripieno morbido dopo aver schiacciato tra i denti la caramella più dura: inaspettata ma piacevole. I miei occhi, scuri come il mio passato, hanno trovato i tuoi, chiari e luminosi; la mia luce dopo il buio.
Se non mi fossi stata accanto quando mia madre si è rifatta viva con me, non credo che mi sarei deciso a darle una possibilità. Ma c'eri tu, e solo grazie a te sono riuscito a capire quanto fosse importante.
Ma non hai voluto fermarti lì. Oh, no. Sei voluta andare oltre, Hanna, anche se non ho idea di come tu abbia fatto a sopportare le mie insopportabili sfuriate. Ti rispondevo male, ero burbero e sgorbutico solo perché tu mi chiedevi di pensarci bene prima di chiudere la porta in faccia a zio Jamie, o meglio, a mio padre. Ti ho detto delle brutte cose, ti ho detto che non avresti dovuto immischiarti in determinate mie questioni, che non saresti dovuta entrare in zone della mia vita nelle quali non ti avevo invitata. La verità, Hanna, è che invece hai fatto bene. In passato, ti avevo accusata di rendermi partecipe solo di una metà della tua vita e che questo per me non era abbastanza. Stavo facendo la stessa cosa, ti stavo escludendo. E stavo sbagliando. Il fatto è che nemmeno io riuscivo ad accettare quelle questioni, perciò volevo allontanarmene e quindi blindare le porte anche a te. E te lo ripeto, stavo sbagliando.
Ma tu, quando ti metti in testa una cosa, la porti a termine. Hai combinato un appuntamento con mio padre. Un caffè, niente di più. E per l'ennesima volta io ho saputo solo arrabbiarmi e dire ancora una volta "no". Però poi ci ho riflettuto. Avevo ritrovato mia madre dandole un'altra opportunità, perché non avrei dovuto provare a fare lo stesso con mio padre? È vero, mi doveva un'infinità di risposte, come del resto me le doveva mia madre, ma io non avevo niente da perdere. Io dovevo provarci. E poi, se mi fermavo a ripensare al tuo sguardo quando mi hai chiesto di farlo per te, davvero non riuscivo a rifiutare. Non so dirti di no quando mi chiedi di fare qualcosa per te, non ci riesco. Ed ogni giorno che passa, capisco che le cose che mi chiedi di fare per te, sono quelle che poi fanno bene a me. Tu vuoi il mio bene, Hanna. Ti lasci trattare male, ti lasci apparire invadente e ficcanaso, ti fai ore di macchina per organizzare un appuntamento quando avresti altri milioni di problemi anche molto seri a cui pensare...e lo fai per me. Se questo non è amore, allora cos'è?
Sono tornato da te e ti ho detto che avrei concesso un'occasione a mio padre, che saremmo andati a berci quel caffè che tu avevi programmato. Ti ho stretto la mano e mi sono permesso di chiederti di starmi accanto, perché non sapevo se ce l'avrei fatta, specialmente se fossi stato da solo. E tu, con gli occhi colmi di speranza, mi hai detto "Sono con te". La tua mano nella mia e quelle tue parole mi hanno dato tutta la forza necessaria per affrontare mio padre.
La serata alla fine andò bene, sebbene se non ci fossi stata tu a chiedermi di aspettare "altri cinque minuti" davanti a quel dolce consumato solo a metà, me ne sarei andato molto prima e non avrei mai incontrato quel ritardatario di mio padre. Ancora una volta, "se non ci fossi stata tu".
Ma non ti sei fermata neppure qui. Sei andata ancora oltre. Con l'aiuto di tua madre, hai anche trovato un lavoretto per mio padre. Non ho neppure ben capito cosa, so solo che c'entra con la chiesa, con il campanile della chiesa.
Io e te siamo rimasti fuori dalla sagrestia nella quale il reverendo e papà stavano concordando cifre e condizioni per l'incarico. Tu eri così fiduciosa che hai trasmesso anche a me tutta quella speranza. Mi hai detto che probabilmente mio padre avrebbe pensato cose negative sul tuo conto, in quanto ti eri presentata da lui con l'irruenza di un uragano, facendo sì che mi incontrasse e che trovasse lavoro nel giro di un solo giorno. Ho dovuto però smentirti subito. Sì, Hanna, perché quello che lui pensa su di te è ben altro. Pensa che tu sia fantastica e che io sia davvero molto fortunato. Ed io non posso fare altro che aggiungere che ha perfettamente ragione. Io non ti ho chiesto niente, anzi, ho fatto di tutto per spegnere tutti i tuoi buoni propositi per farmi riappropriare del significato della parola "famiglia". E nonostante ciò, tu mi hai regalato tutto questo. Ora mi rendo conto di quanto io sia stato idiota ed insopportabile con te in tutta questa vicenda, perché ora mi sento felice di avere un padre ed una madre, di sapere che adesso loro per me ci sono. Ma me ne rendo conto soprattutto quando guardo i tuoi occhi grandi, pieni d'amore. Quando mi guardi mi sento così forte, così pieno di vita, quasi invincibile. Sì, invincibile, perché ho la certezza che qualsiasi cosa accada, io possa girarmi e trovarti al mio fianco pronta a tendermi la mano, ad aiutarmi, a sostenermi, ad accompagnarmi e ad aggirare insieme qualsiasi ostacolo io possa incontrare davanti a me. Non ho idea di come ringraziarti, Hanna. Posso solo dirti che io sarò sempre pronto a fare lo stesso per te, o a fare qualsiasi cosa per te, senza bisogno che tu me lo chieda.
Ti amo talmente tanto che mi sembra sempre di non fare abbastanza per dimostrartelo. Forse è per questo che quando le parole finiscono, rimango immobile davanti a quegli occhi che mi hanno dato la luce dopo il buio. Ne rimango stregato. Ci faccio l'amore solo a guardarli, ho quasi paura di consumarli. È allora che cerco le tue labbra, stando attento a non consumare nemmeno quelle, e nell'attimo di un bacio mi sento davvero invincibile.
Con te, Hanna.
La mia luce dopo il buio.

* * *

Senza nemmeno accorgermene, ti sto baciando in una chiesa. Per la prima volta, nella mia testa un pensiero forte prende il volo. Vorrei baciarti ancora, in quella chiesa. Magari tra qualche anno. Magari tutti e due vestiti eleganti. Magari con un prete davanti. Magari, chissà.
Sai, Hanna, il "Forse sto correndo troppo con la fantasia" non si fa sentire nemmeno a freddo. Non mi sembra di aver detto una sciocchezza. Non mi sembra affatto, anzi
.

 

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Capitolo 7
*** Keep you safe [4x10] ***


4x10; Le paure di Caleb e le sensazioni di Hanna nel momento in cui si incontrano davanti l'ufficio dell'avvocato Hastings, quando lui era pronto a raccontare tutta la verità.







"Keep you safe"




 

Perdonami, Hanna.
Perdonami se non sono in grado di proteggerti. Perdonami se non riesco a tenerti al sicuro.
Tu meriteresti tutto il bene del mondo, e invece ci sono sempre dei pericoli che incombono su di te. E meriteresti un ragazzo al tuo fianco capace di evitare tutto questo.
È l'unica cosa che mi sono ripromesso quando mi sono innamorato di te: proteggerti. Ho giurato a me stesso che avrei fatto qualsiasi cosa pur di difenderti. Ed ora sembra che io non sia più all'altezza di farlo. Ti giuro che lotto con tutte le mie forze, che faccio del mio meglio per provare a fermare -A, ma sembra non essere abbastanza. Ho provato ad indagare con Toby, a seguire piste con il computer, a fare di tutto, ma la verità è sempre così lontana. Più provo a cercarla, più si allontana. E nel frattempo i pericoli per te si moltiplicano.
Quanto vorrei poter vivere al posto tuo questo incubo. Quanto vorrei essere io ad essere perseguitato e non tu. Se servisse a salvarti, io non esiterei. Ma purtroppo con questo diavolo non si può scendere a patti. Purtroppo ce l'ha con te e le tue amiche, e sembra non voler smettere di tormentarvi. Dio solo sa quanto vorrei aiutarti, Hanna, e quanto mi fa male non riuscire a fare nulla, dover restare a guardare e sperare che non ti accada niente di male. Perché per quanto io possa provare a fare qualcosa, non ottengo mai alcun vero risultato. Ho tanta paura, troppa. Non potrei vivere sapendo di non aver fatto abbastanza per te.
Mi dispiace da morire non riuscire ad aiutarti.
Devi sempre guardarti le spalle e stare attenta a qualsiasi cosa, anche il minimo dettaglio, perché è come se ci fosse sempre un'ombra dietro di te. E per me è difficile vivere sapendoti perennemente sotto questa minaccia. Per questo avrei voluto parlare con Veronica Hastings e dirle che -A è ancora qui, che è sempre qui, che non se n'è mai andata. Ho pensato di non poter fare abbastanza per proteggerti, mi ero arreso e quindi ero pronto a cercare un aiuto esterno.
Forse mi avresti odiato se davvero avessi parlato con l'avvocato Hastings, ma per me tutto quello che conta è saperti al sicuro, anche a costo che tu ce l'abbia con me fino ad odiarmi. Perché preferirei di gran lunga che tu mi odiassi ma che fossi al sicuro, piuttosto che mi amassi ma che fossi in costante pericolo.
Sei la cosa più preziosa che ho, Hanna. Ti amo con tutto me stesso, e proprio per questo devo e voglio difenderti. Ad ogni costo.
Ma tu mi hai fermato. Mi hai chiesto di non dire nulla e mi hai detto che a te basto io per sentirti al sicuro. Ti ho voluto dare ascolto perché nei tuoi occhi ho visto sincerità. E ti ho voluto dare ascolto perché mi fido di te, ciecamente.
Continuerò a sforzarmi per tentare di fermare -A, continuerò a lottare perché devo farlo per te, e per te non devo gettare la spugna. Né ora, né mai. Non ti abbandonerò neanche stavolta, non l'ho mai fatto e non lo farò mai.
Non posso prometterti che riuscirò a fermare questa maledizione; darò davvero tutto me stesso, dedicherò ogni mio singolo respiro a questa sfida, combatterò fino a consumarmi se necessario, ma non posso garantirti che servirà. Posso però prometterti che qualsiasi cosa accada io sarò al tuo fianco, per quanto la situazione sia difficile, e sarò sempre pronto a sacrificarmi per te, qualunque sia il prezzo da pagare. 
Per ora non dirò nulla né all'avvocato Hastings né alla polizia, ma solo perché mi hai chiesto di aspettare, perché non ti senti ancora pronta a coinvolgere altre persone. Non so se sia la cosa giusta, ma voglio provare a darti ascolto perché, te l'ho detto, mi fido di te. E mi piacerebbe davvero se riuscissi a bastare io per tenerti fuori dai guai, perché è l'unico obiettivo che mi sono posto.
Comunque vada, Hanna, ricordati sempre che qualsiasi cosa farò, che ti sembri una sciocchezza o meno, l'avrò fatta per te.
Sei la persona più importante della mia vita.
Ti amo.



Grazie per esserci sempre, Caleb.
So che ti senti in colpa perché non riesci a fronteggiare -A, ma non devi, affatto. Non puoi pretendere da te stesso di riuscire a sottrarmi alla sua persecuzione. È una battaglia che combattiamo da anni, e non sono mai stata sola in questo. Ci sono sempre state le ragazze con me. E poi sei arrivato anche tu a darmi il tuo aiuto. Ma non siamo mai riusciti a fermare il nostro nemico.
Tu ti fai in quattro per proteggermi, e voglio che tu sappia che lo so e che te ne sono profondamente riconoscente, anche se magari non lo do a vedere. Mi dispiace se delle volte sono brusca con te, se ti tratto male. Non lo meriteresti. Il fatto è che non è facile avere sempre il sorriso in una situazione del genere.
Averti con me mi aiuta, e non sai quanto. Poter contare su di te è fondamentale per me.
Avresti così tanti motivi per voltarmi le spalle che mi chiedo come riesci a restare. Per te sarebbe stato molto più facile andartene, e lo sarebbe ancora. Allontanarti da me renderebbe la tua una vita normale. Non solo ti libereresti di me e del mio caratteraccio, ma ti libereresti di queste sfide contro la morte, di queste persecuzioni, di questa battaglia contro un nemico nel buio. Potresti avere una ragazza normale e la stabilità che un ragazzo come te merita.
Invece no. Sei qui a prenderti cura di me, sei sempre qui. Non te ne sei mai andato, nonostante avresti avuto ed avresti ancora mille motivi per farlo. 
Ci sei perché mi ami. Sai, mi basta guardarti per capire quanto mi ami, ed è la sensazione più bella che io abbia mai provato.
Se oggi avessi parlato con Veronica Hastings, l'avresti fatto per me. Sarebbe stato un tentativo estremo per provare a salvarmi. A me l'idea non sarebbe piaciuta, ma sarei stata cosciente che comunque l'avresti fatto per me.
Non ti senti in grado di tenermi al sicuro, ma la verità è che per me è impossibile essere al sicuro per come sono messe le cose e tu, Caleb, non ne hai colpe. Non mi piace il fatto che te ne colpevolizzi, non è giusto.
Probabilmente non sarò mai al sicuro, ma saperti al mio fianco è tutto quello che mi serve per andare avanti ed affrontare l'ennesima tempesta. Perché per quanto possa essere forte la tempesta, io so che tu mi terrai la mano, come sempre. Ed io potrò tenere stretta la tua, e questa consapevolezza è ciò che davvero mi rassicura, ciò che nonostante tutto mi fa stare serena. Grazie a te riesco a credere che la felicità possa esistere anche per me.
Sei stato accanto a me sempre, anche quando hanno portato mia madre in carcere. Mi hai asciugato ogni singola lacrima, mi hai rassicurata, mi hai aiutata a sostenere la situazione. Ti sei messo a cercare prove per scagionarla, mi hai impedito di fare sciocchezze come costituirmi, e quando bisognava pagare la cauzione non hai esitato a vendere la tua macchina per trovare i soldi necessari.
Come vedi, ci sei sempre per me, quindi non devi addossarti nessuna colpa, anzi, sono io a doverti ringraziare per tutto. Anche se credo che non ti ringrazierò mai abbastanza.
Grazie, Caleb.
Grazie perché ti romperesti le ossa per me.
Grazie perché mi accompagni anche nei momenti più bui.
Grazie perché sai come farmi sorridere, ma sorridere davvero, e non è per niente facile.
Grazie perché mi sopporti anche quando non avresti una sola ragione per farlo, e nemmeno questo è per niente facile.
E infine grazie perché sei capace di amarmi per quella che sono, e questa credo sia la cosa più difficile di tutte.
Ti amo anch'io, Caleb. Ti amo per la persona leale e coraggiosa che sei, per il cuore grande che hai, per tutte le attenzioni che mi dai. Per il fatto che non chiedi mai niente in cambio, per il modo in cui cerchi sempre di trovare una soluzione ai problemi, per la dedizione che hai verso tutto ciò in cui credi. Ed è un amore che sento provenire dal più profondo di me, un amore talmente forte che spesso non riesco a gestire come vorrei. Ma è un amore che mi rende viva. E quando nei tuoi occhi leggo lo stesso amore, davvero non mi serve nient'altro per andare avanti. Né polizia, né promesse, né niente.
Ecco perché mi basti tu per essere al sicuro, amore mio.

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Capitolo 8
*** Fly away [4x12] ***


os8 4x12; I pensieri di Hanna durante la nottata trascorsa in macchina con Caleb, sotto casa di Mona, accompagnati dalle note di una canzone.







"Fly away"


Era più di un'ora che eravamo in attesa di chissà cosa sotto casa di Mona. I sedili della macchina di Caleb sono comodi, per carità, ma stare seduti lì per così tanto tempo senza andare da nessuna parte non è il massimo. E pensare che se non fosse stato per lui ci sarei venuta da sola a fare la sentinella. Non vuole mai lasciarmi sola.

Anche quella notte, in macchina, Caleb era lì, al mio fianco. E teneva gli occhi ben aperti, nonostante non fosse convinto che quell'appostamento potesse dare i suoi frutti.
Mi disse che non era colpa mia se Mona in quel momento si trovava nei guai, che non avevo mai fatto nulla di concreto che la spingesse a costituirsi per salvare mia madre. Non sapevo se credergli, poiché Caleb è sempre dalla mia parte e mi difenderebbe in qualsiasi situazione, ma i suoi atteggiamenti così amorevoli mi riempiono sempre il cuore.
Le mie palpebre iniziarono lentamente a dare segni di cedimento al sonno che mi vibrava in testa, ma quel dannato sedile non mi dava la possibilità di riposare nemmeno la schiena. In realtà non avrei dovuto assopirmi; non ero certo andata sotto casa di Mona per uno sleepover, però pretendevo un minimo di comfort. Cominciai a sbuffare e a contorcermi per tentare di stare più comoda, ma niente. Sentii un ghigno e mi voltai, cogliendo Caleb che mi guardava divertito.
- Che c'è da ridere? -domandai, permalosa.
Caleb scosse la testa, tenendosi quel sorriso perfetto disegnato sulle labbra. Mise una mano sulla tastiera dell'autoradio e con l'indice premette il pulsante d'accensione. Partì "Angel" di Sarah McLachlan. A quel punto, Caleb protese il braccio destro verso di me, continuando a sorridere. A quel gesto, non riuscii a fare a meno di sorridergli anch'io.
Tirai in su le ginocchia, mi appoggiai su di un fianco e mi accucciai sul busto di Caleb, lasciandomi avvolgere dal suo braccio. Appoggiai la testa sul suo petto e gli cinsi la vita con un braccio, tenendomi stretta al suo corpo forte.


"Spend all your time waiting for that second chance, for that break that would make you okay
There's always one reason to feel not good enough, and it's hard at the end of the day
I need some distraction, oh, beautiful release
Memories seep from my veins, let me be empty and weightless
and maybe I'll find some peace tonight..."
///
"Passi tutto il tuo tempo aspettando quella seconda opportunità, quell'interruzione che metterebbe tutto a posto
C'è sempre un motivo per non sentirsi abbastanza bene, ed è difficile alla fine della giornata
Ho bisogno di una qualche distrazione, oh, di una bella liberazione
I ricordi colano dalle mie vene, permettendomi di essere vuota e senza peso
e forse troverò un po' di pace stasera..."


C'è un motivo per il quale non posso mai sentirmi davvero bene, ed è -A.
Ed è quello stesso motivo che mi fa passare tutto il tempo a sperare che ci sia una seconda possibilità per la mia felicità perché a causa sua mi è negata, quello stesso motivo che quando vado a letto alla fine della giornata non riesce a farmi dormire, perché tutt'al più dormo male ed avendo incubi a ripetizione. Per questo ho davvero bisogno di una distrazione, di una liberazione dalla mia prigione di sofferenza. Una liberazione che riesca a svuotarmi di tutte queste brutte sensazioni, che mi faccia sentire leggera, che mi dia un po' di pace, che mi regali una boccata di serenità.
Sentii che quella sera avrei potuto trovare tutto questo.

Caleb, con la mano con cui mi teneva stretta a sé, mi passò lentamente le dita dalla spalla lungo tutto il braccio, accompagnato da quella musica celestiale. Unì la sua mano libera alla mia, per poi baciarmi la fronte.


"In the arms of the angel
fly away from here,
from this dark cold hotel room and the endlessness that you fear
You are pulled from the wreckage of your silent reverie
You're in the arms of the angel,
may you find some comfort there..."
///
"Tra le braccia dell'angelo
vola via da qui,
da questa camera d'albergo fredda ed oscura e dall'infinito che temi
Sei stata estratta dalle macerie della tua silenziosa fantasticheria
Sei tra le braccia dell'angelo,
che tu possa trovare un po' di conforto lì..."


Quella sera potevo avere quella distrazione, quella liberazione. Potevo averla semplicemente perché era lì con me. Quel qualcosa di cui avevo bisogno era in realtà un qualcuno.
Caleb.
Caleb, la mia isola felice.
Caleb, il mio angelo.
Ero tra le sue braccia, e tra le sue braccia qualsiasi pericolo, qualsiasi brutta sensazione, qualsiasi sofferenza sparisce. Tra le sue braccia non esiste nemmeno -A. Spesso provo a tenermi tutto il dolore dentro, e spesso lo escludo perché voglio proteggerlo, perché non voglio condividere cose talmente brutte con lui, perché lo amo, ma la verità è che ho bisogno di lui. E lui non si tira mai indietro quando ho bisogno di lui, anzi, mi accoglie tra le sue braccia, e lo fa in tutti i sensi, non solo in quello fisico.

Presi un profondo respiro sul suo maglioncino, catturando tutto il suo profumo e conservandomelo a mezzo respiro.
- Sei tu il mio angelo... -sussurrai, passandogli lentamente il pollice sul dorso della mano.


"So tired of the straight line
and everywhere you turn there's vultures and thieves at your back, and the storm keeps on twisting
You keep on building the lies that you make up for all that you lack
It don't make no difference escaping one last time
It's easier to believe in this sweet madness,
oh, this glorious sadness that brings me to my knees..."
///
"Così stanca della linea retta
ed ovunque ti volti ci sono avvoltoi e ladri alle tue spalle, e la tempesta continua ad infuriare
Continui a costruire le bugie che inventi per tutto ciò che ti manca
Non fa differenza scappare un'ultima volta
È più facile credere in questa dolce pazzia,
oh, in questa gloriosa tristezza che mi mette in ginocchio..."


A causa di -A devo stare attenta a tutti coloro che mi circondano. Ho sempre paura di chi mi sta intorno, paura che mi facciano del male o che se ne approfittino. Fortunatamente di Caleb posso fidarmi ciecamente. Metterei la mia vita nelle sue mani. Lui conosce tutta la situazione in cui mi trovo, quindi probabilmente la mia vita nelle sue mani ce l'ho già messa. Ma a tutti coloro che non sanno di -A, anche a coloro che amo, mi trovo costretta a dover mentire continuamente. Inventare bugie è diventata una cosa che so fare benissimo, e a dire il vero non ne vado per niente fiera. Ho la nausea a pensarci, a pensare che anch'io devo ingannare le persone, soprattutto che devo ingannare quelle che amo. E Caleb lo sa, sa che questo non mi fa stare bene, ed un sacco di volte mi ha consigliato di togliermi il peso di queste bugie confessando di -A, ma non posso, non ancora. Nonostante tutto, però, lui è qui con me e continua ad appoggiarmi in tutte le mie decisioni. Non potrei chiedere persona migliore con la quale trascorrere un momento della mia vita così complicato.
Caleb è la miglior cosa che potesse capitarmi.

Caleb mi accarezzò i capelli, con estrema delicatezza. Ricambiò la stretta della mia mano e mi cullò con le sue braccia. Ora ero davvero comoda, stavo divinamente. Mi sentivo protetta da qualsiasi male, lì, stretta a lui. Non riuscii ad evitare che le mie palpebre cedessero a quel sonno troppo pesante da sostenere. Si abbassarono inesorabilmente, mentre sentii le labbra di Caleb poggiarsi e schiudersi con dolcezza tra i miei capelli. Le mie orecchie agguantarono l'ultima pennellata di quella meravigliosa melodia che aveva accompagnato i miei pensieri, e poi mi lasciai portare via dal sonno, tra le braccia di Caleb.
Tra le braccia del mio angelo.
Volai via da tutti i problemi grazie a lui.
E dal nulla, mi sembrò di essere in paradiso.


"In the arms of the angel
fly away from here,
from this dark cold hotel room and the endlessness that you fear
You are pulled from the wreckage of your silent reverie
You're in the arms of the angel,
may you find some comfort here

You're in the arms of the angel,
may you find some comfort here..."
///
"Tra le braccia dell'angelo
vola via da qui,
da questa camera d'albergo fredda ed oscura e dall'infinito che temi
Sei stata estratta dalle macerie della tua silenziosa fantasticheria
Sei tra le braccia dell'angelo,
che tu possa trovare un po' di conforto qui

Sei tra le braccia dell'angelo,
che tu possa trovare un po' di conforto qui..."


...


Aprii gli occhi a fatica, infastidita da una fioca luce che bussava sulle mie palpebre abbassate. Non riuscivo a vedere bene, avevo ancora la vista annebbiata, ma capii che era sorto il sole, che mi trovavo ancora nell'auto, ancora tra le braccia di Caleb. E realizzai di aver dormito quando invece non avrei dovuto. La mia testa era cullata dal petto di Caleb che si alzava ed abbassava a ritmo del suo respiro, mentre le sue mani continuavano ad accarezzarmi, proprio come stavano facendo prima che io mi arrendessi al sonno. Sospirai profondamente e mi stiracchiai, strizzando le palpebre e liberando uno sbadiglio.
- Buongiorno... -soffiò Caleb tra i miei capelli.
Io affondai il mio volto nel suo petto e strinsi di più la presa sui suoi fianchi.
- Buongiorno... -mugugnai con voce rauca.
Caleb rise e mi baciò sulla testa.
- Potrei sapere cosa c'è di tanto divertente? -chiesi dunque.
- La tua voce da appena sveglia è una delle cose più sexy che esistano. -rispose ironico.
Mi lasciai sfuggire anch'io una risata.
- Quanto ho dormito? -soggiunsi.
- Quattro ore, più o meno.
Guardai l'orologio dell'autoradio che segnava le sette del mattino e sbuffai.
- Scusami, l'idea è stata mia, sarei quantomeno dovuta rimanere sveglia... -aggiunsi.
- Non scusarti, tanto di Mona non si è vista neanche l'ombra. -sorrise lui.
- Tu non hai dormito per niente? -chiesi, tirandomi su.
- No... Ma sto bene, davvero.
- Dovresti andare a casa a riposarti. -ripresi, passandogli una carezza sulla guancia.
- No, sei tu che dovresti andare a casa. Ma prima...
Caleb a quel punto si voltò, prendendo un pacchetto di carta dai sedili posteriori. Me lo porse, ed un afrodisiaco profumo di crema mi inondò il viso.
- È da tanto che non facciamo colazione insieme, come ai vecchi tempi. Certo, non sono appena sfornati, a dire il vero li ho comprati ieri, ma provengono dal miglior posto della zona. So anche che avresti preferito che te li avessi portati a letto con l'aggiunta di una rosa, magari dopo una nottata migliore di questa, ma per stavolta dovrai accontentarti. -aggiunse sorridente.
Io scossi la testa incredula, poi lo baciai sulle labbra.
- Grazie. -soggiunsi, estraendo un cupcake dalla busta.
- Non devi ringraziarmi per tutto quello che faccio. -rispose lui, afferrandone un altro.
- Invece io credo di sì. Prendi mia madre, ad esempio. Dice che è tranquilla quando sono con te. Lei è una che ci mette tempo a fidarsi, specialmente se si tratta della persona che è al mio fianco, e... Beh, se si fida di te vuol dire davvero che te lo meriti. Ed io so bene quanto tu te la sia sudata la sua fiducia, forse quasi quanto la mia... Hai fatto tanto sia per me che per lei... Ringraziarti per il mio dolce preferito mi sembra il minimo!
Caleb mi portò una mano dietro la schiena, accarezzandomi con dolcezza, poi mi sorrise.
- Tua madre ti ha parlato della nostra conversazione di ieri alla stazione di polizia? -chiese dunque.
- Sì. Ti ama come un figlio, Caleb. Ti sarà sempre grata per tutto quello che hai fatto. E per me ovviamente vale lo stesso.
Lui annuì.
- Comunque, davvero, non ringraziarmi. Tutto quello che faccio, lo faccio perché ti amo. -aggiunse.
- Lo so. E ti amo anch'io. -risposi, per poi sporgermi e baciarlo ancora una volta.
Mi riaccucciai nuovamente sul suo petto e ce ne stammo così, abbracciati, a mangiare i nostri cupcakes alla crema. A coccolarci mentre facevamo colazione. A viverci un momento di quotidianità al quale rinunciavamo da ormai troppo tempo, malgrado la cornice non fosse delle più quotidiane. Ma quel che contava è che ero lì, con lui, tra le sue braccia.

Davvero tra le sue braccia non c'è niente che possa spaventarmi. Non c'è paura, sofferenza, dolore.
È come se potessi sovrastare tutta l'oscurità che mi circonda.
Come se potessi riemergere dal più profondo degli abissi.
Come se fossi avvolta dall'ala di un angelo.
Ho trovato quello che ho sempre cercato, quello che ho sempre voluto, quello di cui ho davvero bisogno.
Perché Caleb ed io insieme possiamo volare.


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Capitolo 9
*** Flames [5x06] ***


5x06; I pensieri di Caleb mentre Hanna si confida con lui davanti al camino, con una continuazione della scena.







"Flames"



Le fiamme del camino e l'alcool che scivola giù per la gola scalda entrambi.
Me e lei, come una volta.
Le ho passato la tequila perché ho visto un'ombra anche nei suoi occhi, e lei, ovviamente, l'ha accettata e ne ha buttato giù qualche sorso.
Alison le sta incasinando la vita, di nuovo. Non sa più chi è. Un po' come me.
Dice che è venuta qui perché voleva vedermi. Ed anch'io volevo vederla. Ma non riesco a dirglielo. Non riesco a dirle niente. Mi sento un imbecille. L'ho lasciata sola quando aveva bisogno di me, ed ora che sono qui è troppo tardi. Lei ha qualcun altro ed io non ho il diritto di interferire in nessun modo. Ravenswood mi ha cambiato la vita, mi ha rovinato la vita. Perché non so più cos'è reale e cosa no, non guardo più il mondo con gli stessi occhi, non sento più nulla. Ma la cosa peggiore che quest'esperienza mi ha causato è stata la perdita di Hanna.
Lei è qui, ora, accanto a me. Ma è diversa. E non solo per quelle ciocche scure o il suo nuovo modo di vestire. I suoi occhi sono diversi. La sua anima è diversa. Ma anch'io sono diverso. E non solo per questo pizzetto che non tolgo per pigrizia o il drastico taglio di capelli. I miei occhi sono diversi. La mia anima è diversa.
Gli eventi ti cambiano, ti lasciano segni che non se ne vanno. Il tempo forse aiuta ad affievolire il dolore, ma so bene che le cicatrici restano. Hanna ed io siamo sulla stessa barca. Forse il fuoco di un camino ed un po' di alcool non riusciranno a riportarci in quell'isola felice dov'eravamo una volta, insieme e felici, ma per stasera può aiutare. Entrambi abbiamo probabilmente sbagliato qualcosa, dentro e fuori dalla nostra relazione, ma la colpa non è solo nostra. Forse è solo fatalità.
Ad ogni modo, non riesco a fare a meno di essere felice che lei sia qui con me stasera, e con nessun altro. Né Travis, né le sue amiche, né sua madre. Lei è venuta da me, e mi ha detto anche che spera che io resti a Rosewood. Malgrado tutto, siamo ancora legati. C'è qualcosa che non ci permetterà mai di separarci davvero. Né Ravenswood, né Alison, né Travis, né -A, niente e nessuno. Lo sento, lo percepisco. Ho la certezza che qualsiasi cosa accada, qualsiasi sia il nostro rapporto, potremo sempre contare l'uno sull'altra. Potrà cambiare tutto, noi stessi potremo cambiare e questo è già successo, ma Hanna sarà l'unica cosa che non cambierà mai per me, e lo stesso vale per lei.
Non riesco a smettere di guardarla. I suoi occhi rivolti alla fiamme ardenti nel camino, le labbra premute l'una sull'altra, entrambe le mani strette alla fiaschetta. E poi il suo solito buffo modo di dondolare nervosamente le gambe.
Forse non è cambiata poi tanto, in fondo.
D'un tratto, si accorge che la sto fissando e mi rivolge lo sguardo, ma è solo questione di istanti prima che lo giri di nuovo altrove. È come se non riuscisse a guardarmi negli occhi. Riesce a confessarsi, a parlarmi, ma non riesce a sostenere il mio sguardo per troppo tempo.
- Qualche giorno fa sono andata in un negozio di abbigliamento, e... E ho rubato una maglietta. -dice poi, prima di fare un altro sorso di tequila.
Io sospiro.
- Perché l'hai fatto? -chiedo, mentre lei mi dà indietro la fiaschetta.
- Non lo so. Ne ho come sentito il bisogno. -risponde lei, stringendosi leggermente nelle spalle.
Io annuisco e ingoio un altro sorso. Ce ne stiamo entrambi in silenzio per i successivi due minuti, finché lei non allunga la mano verso la fiaschetta ora poggiata sul tavolino.
- È vuota. -dico.
- L'hai bevuta tutta? -risponde lei, alzando le sopracciglia in segno di stupore.
Sorrido. Non lo facevo da mesi.
- Si dà il caso che tu ne abbia bevuta almeno la metà. -rispondo, le mie labbra ancora leggermente incurvate verso l'alto.
Sorride. Potrei giurare che neanche lei si sia lasciata andare ad un vero sorriso per mesi.
Ci guardiamo, ed è in quegli istanti che capisco: sarà cambiato tutto, ma quello che c'è tra di noi non è cambiato.
Lei non riesce però a guardarmi per molto, perciò, dopo pochi secondi, si morde il labbro e guarda a terra.
- Si è fatto tardi. Forse dovrei andare. -annuncia.
Io premo le mie labbra l'una contro l'altra, poi mi giro verso di lei.
- Non è poi così tardi. -dico, impulsivamente.
Vorrei dirle che in realtà non voglio che se ne vada, ma non ce la faccio.
Hanna mi guarda di nuovo.
- Hai qualcos'altro da bere? -chiede, stendendo un timido sorriso.
Io non rispondo ma ricambio quel sorriso, dirigendomi immediatamente verso l'armadietto dove c'è da bere. Torno con una bottiglia di whisky e due bicchieri, poggiando il tutto sul tavolo.
- Non voglio che esageri, però. -puntualizzo, mentre le riempio il bicchiere.
Hanna mi sorride di nuovo.
- Grazie. -mormora.
- Potrebbe non essere buono, non so da quanto è lì dentro, perciò io aspetterei per ringraziare. -rispondo, riempiendo un bicchiere anche per me.
- Io... Non intendevo per il whisky. -dice.
Quella frase mi coglie alla sprovvista. Rialzo piano lo sguardo dal bicchiere fino a raggiungere i suoi occhi, quindi deglutisco. Le mani iniziano a sudarmi, poi in un secondo mi do dello stupido mentalmente. Lei sta con un altro, non devo sentirmi così.
Mi sento in colpa ad amarla, ancora. Ma non posso fare finta di niente.
- Grazie per... Per avermi ascoltata. Nonostante tutto. -dice ancora, e stavolta mi guarda negli occhi più a lungo.
Ora sono io quello che non regge il suo sguardo, perciò sposto nuovamente gli occhi sul fondo del mio bicchiere. Mi limito a fare spallucce, portando poi il bicchiere alla bocca, tastando il gusto del whisky sulle labbra. Hanna fa lo stesso al mio fianco.
- Ti dà fastidio che io sia qui? -rilancia poi, riappoggiando il bicchiere sul tavolino, facendo ticchettare il vetro sul legno.
Io tengo il bicchiere in mano e le lancio un'occhiata.
- Cosa te lo fa pensare? -replico.
- Niente, solo che... Per come stanno le cose, ecco... Non mi devi tutta questa attenzione. -balbetta, grattandosi lo smalto via dalle unghie.
So bene che lo fa quando è nervosa. Anch'io, a questo punto, riappoggio il bicchiere e sospiro. Mi pulisco le labbra col dorso della mano e torno a guardarla. Devo farcela a dirglielo.
- Mi fa piacere averti qui, a prescindere da come stiano le cose. -ammetto, sinceramente come poche volte in tutta la mia vita.
Lei mi sorride timidamente, forse con una punta d'amarezza, forse perché magari anche lei si rende conto che preferirebbe che le cose stessero diversamente.
- Non è poi così male, in fondo. -dice dopo qualche istante.
- Cosa? -chiedo confuso.
- Il whisky. -replica lei, alzando di nuovo il bicchiere per buttarne giù un altro sorso.
Sorrido ancora. Mi è mancata come mai mi era mancato niente o nessuno.
- Già. -mormoro, prendendo il bicchiere a mia volta.
Una volta prosciugato il suo bicchiere e riappoggiatolo sul tavolino, Hanna si accascia sullo schienale della poltrona. Rivolge nuovamente lo sguardo al camino, mentre io continuo a fare qualche sorso. Con la coda dell'occhio la guardo. È rannicchiata su se stessa e le sue palpebre stanno lentamente cedendo al sonno. Il tempo di finire il mio bicchiere, e lei già dorme. Sorrido ancora. Appoggio anch'io il mio bicchiere vuoto sul tavolino e mi alzo. Raggiungo l'altra parte della stanza e mi procuro una coperta, quindi torno indietro. La avvolgo lentamente attorno al suo corpo e non resisto alla tentazione di poggiarle un bacio sulla fronte. Il familiare odore della sua pelle mi invade le narici e mi rende ancora più difficile staccarmi da lei, ma alla fine lo faccio.
Torno sulla mia poltrona stando attento a non fare rumore. E la guardo, anzi, la osservo. Dorme come un angelo, per quanto quelle ciocche nere le diano un aspetto poco angelico.
Io però so chi è davvero.
Resto così forse per un'ora o qualcosa di più, guardando il suo viso e facendomi un mucchio di domande.
Tutto quello che riesco a dirmi con certezza però, è che non sarei mai dovuto andarmene e lasciarla. Mai.
Ma ormai è tardi.
D'improvviso, Hanna si stiracchia, torcendo il collo verso di me. Solleva lentamente le palpebre, ancora un po' stordita dall'alcool ed il sonno.
- Caleb? -mugugna, faticando a tenere gli occhi aperti.
- Sì? -rispondo.
- Che ore sono?
Francamente non ne ho idea, non mi interessa neppure sapere l'ora del giorno ormai. Butto un occhio sull'orologio a muro.
- È quasi mezzanotte. -dico, tornando a guardare Hanna.
- È tardissimo, devo andare... Mia madre mi ucciderà... -borbotta, alzandosi dalla poltrona a fatica.
Ma non appena i suoi piedi toccano il pavimento, si sbilancia. Faccio appena in tempo ad alzarmi e ad afferrarla per la vita prima che cada.
- Hey, fa' attenzione... -dico, fingendo di non essere per niente influenzato dal fatto che le mie mani siano ancora salde sui suoi fianchi.
Le guance di Hanna si colorano di una leggera sfumatura di rosso.
- Scusa. -balbetta, abbassando lo sguardo.
Lascio lentamente la presa e annuisco casualmente.
- Perché non mi hai svegliata? -mi chiede lei, lanciando un'occhiata alla coperta che le avevo portato non molto tempo fa.
Mi stringo nelle spalle ed infilo le mani nelle tasche dei jeans, muovendo la testa per spostarmi qualche ciocca di capelli via dal viso, ma non ricordo che in realtà non ho nessuna ciocca di capelli davanti al viso grazie al mio nuovo taglio.
- Te l'ho detto, mi fa piacere averti qui. -dico, mordendomi l'interno della guancia.
Hanna sospira ed accenna ad un altro sorriso.
- Grazie ancora, Caleb. Di tutto. -dice poi.
- Non c'è di che. -replico, spostando il mio peso da una gamba all'altra.
- Ci vediamo, allora... Non te ne vai, no? -continua, con una scintilla di speranza negli occhi.
Non potrei mai andarmene. È lei che mi fa sentire così legato a questo posto. È lei che profuma di casa. È lei l'unica ragione che mi fa restare. Mi limito a stringermi nuovamente nelle spalle.
- Te lo ripeto, spero che tu decida di restare. Io... Ho bisogno di te. -dice di nuovo, stavolta senza abbassare lo sguardo.
Quell'ultima frase mi riecheggia in testa e sento il mio cuore spingere prepotentemente e ritmicamente contro le costole. Sono certo che possa uscirmi dal petto in questo stesso istante. È allora che lascio uscire le mani dalle mie tasche ed allargo le braccia.
- Resterò. -dico semplicemente, lasciando andare un piccolo sorriso che non riesco a trattenere.
Hanna sorride di nuovo, ed io mi sento meglio nel vedere quella scintilla di speranza nei suoi occhi trasformarsi in tranquillità, sollievo. Annuisce e prende la sua borsa dal tavolino.
- Buonanotte, Caleb. -dice infine, aprendo la porta.
- Buonanotte, Hanna. -rispondo, abbracciandola con il solo sguardo.
Hanna mi guarda un'ultima volta prima di chiudersi la porta alle spalle e sparire nel buio della notte. Io sospiro e mi getto nuovamente sulla poltrona, il profumo della sua pelle ancora che punge l'aria attorno a me.
Resterò, questo è poco ma sicuro.

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Capitolo 10
*** I see you [5x07] ***


5x07; Le sensazioni di Hanna durante la sua riconciliazione con Caleb.



 


"I see you"



Lo sapevi dal momento in cui l'avevi rivisto. Lì, in quello stesso bar. Lo sapevi dal momento in cui, dopo mesi, avevi incrociato di nuovo il suo sguardo.
Ne eri consapevole quando sei andata a cercarlo, di notte, fino alle altalene di quel desolato parco giochi, posto che probabilmente conoscete solo tu e lui, convinta di trovarlo proprio lì. Ne eri consapevole quando lo hai letteralmente trascinato con te a casa di Emily perché con lui ti sentivi più sicura, e ne eri consapevole anche quando, nel momento in cui lui si era accorto che eri terrorizzata davanti a quel televisore, ti ha preso la mano e l'ha stretta forte nella sua, come per dirti "io ci sono", come per dirti "non me ne sono mai davvero andato".
Sapevi che non ci sarebbe stato bisogno di tempo per pensare. Che non ci sarebbe stato bisogno di sentirsi dire "scusa" e poi perdonarlo.
Sapevi che l'unica cosa della quale avevi bisogno era che lui tornasse e che riprendesse così quel posto al tuo fianco che aveva lasciato tempo fa, ma che aveva lasciato soltanto perché troppo altruista.
Non c'era nulla di cui discutere.
Ti era bastato rivederlo per capire che non era cambiato niente.
Non volevi neppure fingere di aver bisogno che lui facesse qualcosa per te, che ti dimostrasse che ti amava ancora come sempre.
Perché tu lo sapevi.
Ti bastava guardarlo. Ti bastava sentire la sua voce tremare quando scambiava due parole con te, quando diceva che che non era tornato per rovinare la festa a nessuno, perché Travis era un bravo ragazzo e lui non si sarebbe permesso di pretendere un bel niente da te.
Già, perché Caleb è un ragazzo che ha lottato tanto nella sua vita, ma che purtroppo gran parte delle battaglie le ha perse senza poter fare nulla per evitarlo. E ora no, non ce l'avrebbe fatta a lottare ancora, a sentire il dolore più forte, quello dell'amore, premergli sul cuore. Si sarebbe fatto da parte e ti avrebbe semplicemente lasciata andare.
Tutto quello che voleva era vederti felice, e non contava se fosse con lui o con qualcun altro. Ti avrebbe amata in silenzio, ti avrebbe guardata da lontano, in un angolo, avrebbe vegliato su di te e si sarebbe fatto anche uccidere per proteggerti. Se tu fossi stata bene senza di lui, lui avrebbe fatto tutto questo senza chiedere niente in cambio, come un angelo custode. Avrebbe fatto di te la sua ragione di vita, ma non ti avrebbe mai chiesto di fare lo stesso.
Ma la verità è che Caleb non doveva lottare. Non c'era nessun ragazzo con il quale competere. E tu non eri il premio di nessuna competizione, di nessun confronto, di nessuna sfida, di nulla. Tu eri solo una ragazza innamorata.
Caleb era tornato. Ed era tutto ciò di cui avevi bisogno.
 
Quando lo vedi entrare, di nuovo nel solito bar, continui ad osservarlo mentre chiede qualcosa al ragazzo dietro al bancone, e speri con tutto il cuore che si accorga di te senza che tu debba fare qualcosa. E poi, quasi come se avesse percepito i tuoi occhi posarsi su di lui, si volta. E devi ammettere che il tuo cuore si ferma quando, per un istante, sembra prendere la via per uscire dal locale, ma poi ricomincia a battere quando si volta e si decide a raggiungerti al tavolino, con il fare goffo di chi vorrebbe parlare ma non sa cosa dire.
Alla fine si siede, comincia a scusarsi per come si è comportato con te durante la giornata, ma a te non interessa. Tu vuoi solo mettere le cose a posto.
Hai bisogno di lui, non delle sue scuse.
Si è seduto vicino ma al contempo lontano da te, evitando che le vostre ginocchia possano sfiorarsi in qualsiasi modo, evitando anche il minimo contatto. Forse un po' perché non vuole rischiare di infastidirti, ma forse anche un po' perché ha paura di starti troppo vicino quando sa che tu stai con qualcun altro.
E quando tu gli fai capire di voler parlare di voi due, lui si irrigidisce e subito menziona Travis, ma a quel punto devi dirgli chiaro e tondo quella che tu vedi come la cosa più ovvia del mondo.
Che da quando lui è tornato, non esiste nessun altro.
Anzi, non è mai esistito nessun altro.
Caleb, allora, si irrigidisce ancora di più, e quando tu gli chiedi cosa davvero voglia, lui appare confuso. Ti dice quanto le cose gli sembrino cambiate ora che è tornato dopo aver passato del tempo in una città che di certo non l'ha fatto rilassare. Ti dice che quando si guarda intorno non riesce più a vedere quello che vedeva prima.
Ed è a quel punto che tu gli chiedi se riesca ancora a vedere te.
Era apparso rigido e confuso per tutto il tempo, ma la decisione e la sicurezza con cui risponde "sì" a quella tua domanda, ti fanno capire che non c'è davvero più niente da risolvere.
È tutto a posto.
E finalmente puoi sigillare con un bacio la vostra nuova promessa d'amore.
Ma sebbene tu voglia dargli il più affamato e voglioso dei baci per colmare tutto il tempo aspettato per darlo, ti trattieni e ti limiti ad un bacio timido. Un bacio che si avvicina lento e calmo e che si posa piano sulle sue labbra chiuse, e che poi finisce subito, quasi come se quelle labbra avesse paura di scottarle. Perché magari non sembra, ma tu sai quanto Caleb sia fragile.
E lui rimane immobile mentre le tue labbra si premono sulle sue. Forse perché gli sembra irreale. Forse perché non riesce a credere che per una volta nella sua vita sia così facile. Che la persona che ama lo riaccolga a braccia aperte senza che abbia bisogno di tempo, di parole, di dimostrazioni o di scuse. Che non si aspetti nulla da lui.
Ma è la verità, tu non ne hai bisogno.
Tu sai chi è, non hai bisogno di niente.
Hai solo bisogno di lui.
Vi guardate e non serve dire più nulla.
Timidamente, ti avvicini a lui nuovamente e gli sfiori il ginocchio, facendo poi risalire la tua mano fino a toccare la sua. E lui, senza staccare gli occhi dai tuoi, la prende e la stringe nella sua.
Ancora una volta, come per dirti "io ci sono", come per dirti "non me ne sono mai davvero andato".
E quando trova il coraggio di baciarti a sua volta, finalmente, tu senti dentro tutto quello che da tanto tempo non sentivi più. Il cuore che batte più forte, lo stomaco che si chiude, le gambe che tremano.
L'amore.
Ti piace sentire di nuovo le sue mani calde sfiorarti il viso, quelle mani, ti piace percepire sotto i polpastrelli la leggera peluria delle sue guance, quelle guance, ti piace riappropriarti del sapore delle sue labbra, quelle labbra.
Questo è anche meglio del bacio affamato che per tutto quel tempo avevi immaginato di dargli.
E quando lentamente ti separi dalla sua bocca e lo guardi, capisci che sì, Caleb riesce a vederti, e riesce a vederti come nessun altro ti vede.
Caleb ti vede, ma ti vede davvero. Senza maschere, senza scudi.
Ti eri sentita smarrita per settimane, avevi cercato te stessa ma non eri riuscita a trovarti. Non sapevi più chi fossi, avevi perso il tuo posto nel mondo. Ma poi, quando dopo quel bacio hai guardato negli occhi di Caleb ed hai visto il suo modo di guardarti, di vederti, ed il modo in cui il tuo riflesso risplendeva nel suo sguardo, hai sentito di nuovo di sapere chi sei. E ti dai anche della stupida mentalmente per essertene dimenticata per tutto quel tempo, perché guardare nei suoi occhi rende tutto così ridicolosamente semplice. Ma ti congratuli anche con te stessa, perché mai come in quell'istante senti di aver detto ad Alison la cosa giusta, poche ore prima.
Caleb non è un errore. Caleb è la cosa meno sbagliata della tua vita.
Caleb è una parte di te, una parte così importante che riesce a farti riprendere coscienza di quella che sei davvero. Probabilmente perché è anche grazie a lui se sei l'Hanna Marin schietta, insolente, ma anche insicura e generosa che tanti amano ed altrettanti detestano.
È così. Caleb riesce a vederti come ha sempre fatto, e tu ne sei così felice da non riuscire a trattenere l'armonico sorriso che ti si disegna sulle labbra, ancora vicine alle sue.
E quando lo vedi sorriderti di rimando, capisci che non importa quanto tu sia cambiata o quanto lui si senta perseguitato, sai che adesso vi siete ritrovati e che questo riuscirà a vincere qualsiasi ombra.
Ti senti pronta a tutto adesso. Lui è con te, e sai che insieme non c'è niente e nessuno che possa fermarvi.
Gli passi poi una mano sugli occhi, piano, e lui li chiude sotto il tuo tocco, ma apre di più il suo sorriso.
- Mi vedi? -chiedi a voce bassa, ritraendo poi la mano, lentamente.
Caleb mantiene gli occhi chiusi ed il sorriso disteso sulle labbra, annuendo piano.
- Ti vedo. -risponde in un sussurro, confermando quello che aveva già ammesso poco prima, aprendo piano gli occhi ed attraversandoti con lo sguardo.
Ti scava con gli occhi, delicatamente, entrando dentro di te e toccando il tuo cuore puro, la parte più intima della tua anima.
L'ha toccato solo lui, e continua a saperlo fare solo lui.
Voi due potete fare l'amore anche solo specchiandovi l'uno negli occhi dell'altra.
Ti getti allora sul suo corpo, d'impulso, e lo stringi più forte che puoi, sebbene le tue braccia esili non abbiano chissà quanta potenza. Ma ti è mancato tutto di lui e vuoi dirglielo così, senza blaterare troppo, perché sai che non sei poi così brava con le parole e che magari finiresti per fare pasticci, e rovinare quel momento è decisamente l'ultima cosa che vuoi ora. Lui contraccambia l'abbraccio, ed in un istante ti senti al sicuro, protetta e scaldata fino al cuore, circondata dal suo profumo che tu consideri il profumo di casa.
- Vuoi riprovarci? -chiede Caleb, perché vuole esserne sicuro, perché non vuole rischiare di fraintendere neppure il più chiaro dei segnali, senza sciogliere quello che sembra solo un semplice abbraccio ma che per voi è molto di più.
- È tutto quello che voglio. -sussurri tu al limite del comprensibile, visto che hai le labbra premute da qualche parte contro la sua giacca, ma sei certa che lui ti abbia capita.
Caleb infatti annuisce piano, finalmente sentendosi sicuro, quindi ti stringe più forte, ed entrambi ve ne infischiate del fatto che siete in un bar affollato e che tutti vi stanno guardando.
Non potrebbero mai capire. Loro vi guardano, non vi vedono.

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Capitolo 11
*** Happy ending [5x11] ***


5x11; Le riflessioni di Caleb quando finalmente si apre con Hanna riguardo Ravenswood.







"Happy ending"

 
Stavo scappando. Di nuovo.
Non volevo essere aiutato e non volevo che le persone pensassero che avessi davvero bisogno di aiuto. Era così, in realtà, ma io non riuscivo ad accettarlo.
Nella mia vita ce l'avevo sempre fatta da solo, perciò mi dicevo che no, non dovevo essere aiutato. Ce la potevo fare da solo.
Ma allora perché scappavo?
Forse semplicemente perché ero ferito. O forse perché c'era una piccola parte in me che in fondo sapeva che Toby, Spencer e soprattutto Hanna avessero ragione.
Ma non ero pronto per essere aiutato. Per essere guardato come si guarda un malato, un bisognoso.
Io non ero alcolizzato, io ero solo spaventato. Ma non ce la facevo ad ammetterlo.
Perciò, mi sembrava più facile scappare che tentare di spiegare qualcosa di inspiegabile come la mia permanenza a Ravenswood e tutto quello che mi aveva lasciato dentro.
Scappare è sempre la soluzione più facile.
Anche il bere era un modo per scappare. Bevendo scappavo dalla realtà, ma anche dai miei stessi sogni, che mi terrorizzavano forse anche più della realtà. L'alcool riusciva ad annullarmi, completamente, e annullarmi mi sembrava l'unico modo per poter andare avanti.
E mentre facevo i bagagli, sapevo che scappando mi sarei trovato di nuovo senza nessuno, ma forse sarebbe stato meglio così. Nessuno da preoccupare, nessuno da deludere, nessuno da ferire. Magari tornare a Rosewood era stato sbagliato. Magari avrei dovuto solo lasciare che Hanna si rifacesse una vita senza di me, piuttosto che riapparire dal nulla e incasinarle di nuovo tutto, come se non avesse già abbastanza casini per sé.
Lei sì che si preoccupava per me. L'aveva sempre fatto. Era stata la prima persona in assoluto a preoccuparsi per me. Fin da quando, pur conoscendomi a malapena, mi aveva dato un tetto sotto cui stare ed un piatto su cui mangiare. Eppure io non mi ero mai davvero abituato al fatto che tenesse davvero a me.
Lei mi amava.
Ed io stavo di nuovo scappando da lei, come un vigliacco, solo perché lei si preoccupava per me.
Solo perché mi amava.
"Forse è meglio così", mi ripetevo. E giuravo a me stesso di non tornare più, perché tornare avrebbe di nuovo interferito con la vita della persona che amavo di più al mondo, ed io dovevo smetterla di fare così. Dovevo lasciarla stare, togliermi di mezzo una volta per tutte, perché Hanna meritava di meglio di un ragazzo che beveva e che scappava da tutto; dalla realtà, dai suoi sogni, dai problemi e anche dalle persone che lo amavano.
Un vigliacco.
 
Ma avrei dovuto immaginare che lei era lì, ad aspettarmi.
Per parlarmi, per farmi calmare, per farmi ragionare. Addirittura per chiedermi scusa, come se fosse stata lei ad aver sbagliato. E il tutto con tutta la pazienza e la comprensione del mondo, nonostante mi fossi comportato da idiota durante la serata che aveva organizzato per me, mandando al diavolo tutti solo perché mi volevano bene e tornando "a casa" solo per fare i bagagli e scappare, come al solito.
Lei invece era lì. E non mi urlò contro. Non mi disse che fossi un idiota o cose simili, nonostante me lo sarei decisamente meritato.
Mi guardò semplicemente negli occhi e mi disse che era disposta a lottare per me. A patto che io mi fossi fidato di lei. Altrimenti, avrebbe rispettato la mia scelta di fuggire. Mi disse che mi avrebbe addirittura aiutato a fare i bagagli, se quella fosse davvero stata la mia decisione definitiva.
E quando la guardai, capii.
Se fossi scappato, avrei continuato a farlo per sempre. Sarei arrivato non solo a scappare dal mondo, ma anche da me stesso.
Io non dovevo scappare, o almeno non più. Perché ero proprio nell'esatto posto in cui sarei dovuto essere.
E non parlavo di Rosewood.
Parlavo di lei.
Con lei.
E solo con il suo aiuto l'avrei fatta finita con l'alcool e con i miei timori. Solo lei avrebbe potuto aiutarmi, non scappare.
Finalmente mi decisi ad aprirmi. Le raccontai tutto. Dall'inizio alla fine. Ed Hanna mi credette, mi capì, mi rassicurò. Come forse nessun altro al posto suo avrebbe fatto.
Ed io sentii finalmente il mio cuore alleggerirsi.
È facile condividere le gioie con le persone care, ma non lo è condividere i dolori.
Quella sera dovetti scegliere tra condividere il mio dolore con Hanna, la scelta più difficile, oppure scappare senza voltarmi indietro, la scelta più facile.
Io scelsi di fare la cosa più difficile perché, quando guardai negli occhi Hanna e la vidi preoccupata per me come non l'avevo vista mai, realizzai di aver davvero bisogno di aiuto. E sapevo che di lei potevo fidarmi, che non mi avrebbe giudicato, che non me ne sarei dovuto vergognare.
Da lei non avrei dovuto nascondermi.
Hanna mi ricordò che ero un essere umano, un uomo che aveva passato un periodo tremendo e che aveva semplicemente bisogno di essere aiutato. E come uomo, ero in dovere di affrontare il problema, e non di scappare come un vigliacco.
Avevo Hanna nella mia vita, l'unica fortuna che mi fosse mai capitata, e non avrei mai potuto permettere che i miei tormenti me la portassero via.
Magari non eravamo più le persone di una volta, ma sapevamo di amarci come sempre. Certe cose non cambiano solo perché tutto quello che le circonda cambia o perché il tempo passa.
Ancora una volta, però, fu Hanna a farmi capire che stavo sbagliando. Forse sarei scappato se lei non fosse venuta a cercarmi, e questo mi faceva sentire un idiota, ma mi ricordava anche che avrei sempre avuto bisogno di lei.
Ed avere bisogno di lei non era una debolezza. Era la mia forza. Sarebbe sempre stata la mia forza.
Per questo quella notte scelsi di impegnarmi a cambiare. Avrei smesso di bere, di isolarmi dal resto del mondo, di annullarmi, e l'avrei fatto per lei. Sarei diventato migliore per lei, perché Hanna amava me, aveva scelto me, non so perché ma l'aveva fatto, perciò io dovevo essere l'uomo che lei meritava, e non lasciarla per l'ennesima volta.
 
"Non sono arrivata a tanto per non avere un lieto fine" mi disse.
Hanna meritava un lieto fine ed io le avrei dato il suo lieto fine, fosse stata anche l'ultima cosa che avrei fatto nella mia vita.
Lei voleva che fossi io il suo lieto fine, perciò io sarei stato il suo lieto fine.
Ne avevamo passate tante insieme, aveva ragione. Questa era solo l'ultima di una lunga serie, ed il nostro amore era più forte. Era sempre stato più forte di qualsiasi cosa, sarebbe stato sicuramente più forte anche di qualche goccia d'alcool, di qualche incubo e dei miei stupidi comportamenti da vigliacco.
Hanna ed io non avevamo lottato contro -A per tutto quel tempo perché tutto si concludesse con una mia stupida fuga. Non eravamo rimasti insieme malgrado tutto perché tra noi andasse a finire così. Io non ero tornato da lei solo per vederla un'altra volta e poi di scappare di nuovo.
Non doveva andare così. Aveva ragione lei.
Se quel giorno eravamo ancora lì, ancora insieme, ancora innamorati, era giusto che ci prendessimo quel lieto fine che Hanna reclamava.
Ci meritavamo un futuro sereno, felice e tranquillo, sempre insieme, sempre l'uno al fianco dell'altra. Semplicemente senza -A, senza maledizioni, senza persecuzioni. Quello era ciò che ci meritavamo, che il nostro amore meritava, e noi ce lo saremmo preso.
Ecco perché avrei smesso di scappare.
Sarei rimasto per continuare a lottare per me ed Hanna, insieme a lei, per sconfiggere tutte le ombre che ci circondavano e poi, finalmente, per dedicarci al nostro futuro. L'avrei sposata, avremmo creato la nostra famiglia e saremmo andati a vivere con i nostri bambini in una casa magnifica, con un giardino enorme ed un cagnolino affettuoso.
Anch'io volevo quel lieto fine, lo volevo tanto quanto Hanna, ed insieme, lo sapevo, lei ed io ce lo saremmo presi. Magari non sarebbe stato facile, ma stavolta valeva la pena scegliere la strada più difficile. Eccome se ne valeva la pena.
Pensai a tutto questo ma non riuscii a dire nulla dopo quella sua frase, comunque ad Hanna non servì nessuna risposta. Preferì baciarmi, facendomi capire che non le servivano parole, e che mi sarebbe restata accanto se gliel'avessi concesso.
Ed io gliel'avrei concesso, perché finalmente avevo ammesso a me stesso che avevo bisogno di lei, che senza di lei non ero nulla.
Hanna era la mia forza, la mia famiglia, la mia casa.
 
Non ci fu nulla da fare per farle cambiare idea quando mi riferì la sua intenzione di restare lì con me almeno finché non mi fossi addormentato. Non servì dirle che non ce ne fosse bisogno. Lei mi disse semplicemente che avrei dovuto lasciare che si prendesse cura di me. E a questo, ancora una volta, non seppi replicare. La abbracciai forte, semplicemente. Poi lasciai che Hanna mi condusse lentamente verso il divano, dove mi fece stendere, dunque prese una coperta dalla poltrona e mi coprì. Si appoggiò quindi sul bracciolo del divano, proprio accanto alla mia testa, e mi accarezzò il viso.
L'ultima immagine che vidi prima di chiudere gli occhi fu il viso di Hanna, e l'ultima cosa che pensai prima di addormentarmi col sorriso, sotto il morbido tocco delle sue carezze, fu che ero finalmente a casa.
Non feci nessun brutto sogno. Né quella notte né le successive.
Non dovevo scappare più.
Non volevo scappare più.
Hanna ed io eravamo tornati a correre sulla nostra strada, mano nella mano, e quella strada ci avrebbe portato al nostro lieto fine.

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Capitolo 12
*** My shield through the night [5x17] ***


5x17; I pensieri di Caleb e Hanna una volta tornati dal magazzino.







"My shield through the night"



- Allora andremo entrambi dietro alle sbarre. Magari non nello stesso carcere...
- Sono seria, Caleb.
- Anch'io.
Hanna aveva gli occhi lucidi, tratteneva le lacrime. Vederla piangere mi distruggeva, ed Hanna piangeva fin troppo spesso. Eppure era talmente altruista che al posto di cercare conforto nelle persone che amava, lei preferiva allontanarle per non coinvolgerle nelle sue sventure. Ma io no, non ci stavo. Io non mi sarei allontanato da lei. Io la amavo e le sarei stato accanto, e se questo avesse significato andare in carcere, allora sarei andato in carcere. Non avrei mai e poi mai rinunciato a lei. Ci eravamo già divisi troppe volte, sapevo quanto facesse male, perciò avevo giurato a me stesso che non sarebbe successo mai più.
La abbracciai e lei crollò. Smise finalmente di trattenere le lacrime e pianse sulla mia spalla, tremando ed aggrappandosi a me come se fossi uno scoglio in mare aperto. Voleva sempre mostrarsi forte, ma ormai io avevo imparato a capire quando avesse bisogno di lasciarsi andare e di sfogarsi.
Hanna era spaventata, arrabbiata, stanca, stufa, frustrata.
Lasciai che piangesse e singhiozzasse, lasciai che vuotasse tutto il sovraccarico di emozioni che aveva dentro attraverso quelle lacrime, lasciai che si sfogasse, semplicemente. Senza mai sciogliere quel nostro abbraccio, così semplice ma anche così intimo.
Quando mi accorsi che si fosse calmata un po', mi tirai indietro, piano, e la guardai negli occhi. Erano ancora gonfi e arrossati, ed il suo trucco era tutto sbavato, ma le lacrime avevano smesso di scendere.
Ed era sempre così bella, malgrado tutto.
Mi offrì un timido sorriso, appena accennato, ma per me fu già un passo avanti.
- Grazie. -sussurrò fiocamente.
Io ricambiai il suo sorriso e le tolsi un po' di trucco dalle guance con i pollici, scostandole una ciocca di capelli dal viso. Poi la baciai, lentamente, lasciando che si rilassasse ancora un po'.
- Resta qui stanotte. Così, se proprio devono arrestarci, almeno ci arresteranno insieme. -le dissi quando la sentii più tranquilla.
Hanna sorrise e mi baciò di nuovo, e stavolta era un bacio di quelli potenti, di quelli che ti annebbiano la mente e ti fanno dimenticare come si respira. A malapena mi resi conto che aveva iniziato a sfilarmi la giacca, ma non appena me ne accorsi la aiutai, e la giacca finì a terra. Presi Hanna tra le mie braccia e cademmo goffamente sul mio letto. Lei rise.
La sua risata era la mia canzone preferita.
Era come se improvvisamente ci fossimo dimenticati della storia della prigione. In quel momento c'eravamo solo io e lei. Delle lacrime di Hanna restava solo il trucco sbavato, ora sul suo viso non c'era più dolore. E mi rendeva felicissimo poterle regalare anche solo un attimo di serenità nelle sue giornate buie.
Spogliai Hanna lentamente, delicatamente, un po' per volta, come se avessi paura che potesse spezzarsi da un momento all'altro. E la aiutai anche quando spogliò me, perché non avrebbe dovuto preoccuparsi neanche di quello.
Tra un bacio e l'altro finalmente ci lasciammo andare, senza pensare a nulla se non ad amarci come sapevamo fare solo io e lei.

...

Fare l'amore con Caleb era magico.
Adoravo il modo in cui mi stringeva, adoravo la sensazione delle nostre pelli nude premute l'una contro l'altra, adoravo il profumo che si creava mescolando i nostri odori, adoravo come si confondevano i nostri sospiri, adoravo come le sue dita si incastravano perfettamente tra le mie.
E poi adoravo come mi guardava. Anche quando era tutto finito. Si sdraiava, dall'alto posava i suoi occhi sui miei e poi allungava un braccio, invitandomi ad abbracciarlo, ed io lo facevo sempre, usando il suo petto nudo come cuscino. Era comodissimo.
Quella volta non fu diverso.
Mi appoggiai su di lui e lasciai che il suo respiro mi cullasse e che le sue carezze mi calmassero. Avevo dimenticato che quello, in fondo, era nato come un modo alternativo di aspettare che la polizia venisse a prenderci.
Alzai una mano e la appoggiai sul suo viso. Passai le dita sulle sue sopracciglia folte. Le spettinai e poi le riordinai sotto il mio tocco, quasi una alla volta. Mi piaceva sentirle sotto i polpastrelli. Poi scesi lungo il naso e scivolai sulle guance. Mi piaceva sentire sotto i polpastrelli anche la leggera barba che da poco aveva imparato a farsi crescere. La adoravo, gli donava. E alla fine arrivai sulle sue labbra. E tutte le volte che le sfioravo, a lui scappava sempre un sorriso. Più volte mi aveva detto che gli facevo il solletico, ma mi aveva anche detto che gli piaceva troppo quando gli toccavo il viso.
E anche a me piaceva toccargli il viso, memorizzando la sensazione della sua pelle sotto le dita. Era bello, non solo agli occhi ma anche al tatto. E nell'anima, beh, lì era ancora più bello.
Caleb mi baciò le due dita che erano rimaste premute contro le sue labbra, mentre le dita della sua mano, invece, scesero dalla mia spalla e camminarono lungo tutto il mio braccio nudo, facendomi avvertire un brivido lungo la schiena.
- Aspetta. -sussurrò dunque.
Si sporse dal letto ed afferrò la sua maglietta dal pavimento, quindi me la porse. Probabilmente aveva percepito che avessi avuto un brivido. Sorrisi ed ovviamente la accettai, anche perché amavo starmene con i suoi vestiti addosso.
Mi arrivò poi un pensiero in testa, d'improvviso, e mi alzai di scatto dal letto, sgusciando controvoglia dalle forti braccia di Caleb e gettando le coperte ad un lato del letto.
- Che succede? -esclamò lui, confuso.
- Mia madre si starà chiedendo dove mi sono cacciata... Devo avvertirla che stanotte dormo qui. -risposi, trovando il cellulare nella tasca dei miei jeans.
- Le dirai che dormi da me?
Mi voltai e trovai Caleb a guardarmi con un'aria confusa adorabile. Gli sorrisi e feci spallucce.
- Da quando hai un appartamento tutto tuo non serve dirle che dormo da Aria, Spencer o Emily... Sa dove sono in realtà. Non serve più mentirle. -replicai.
- E non si oppone?
Mandai un messaggio a mia madre e sgattaiolai di nuovo nel letto di Caleb, posando il cellulare sul comodino soltanto dopo averlo spento, così da evitare disturbi. 
- Ha smesso da tempo, si è rassegnata.  -gli risposi poi in un sussurro, rannicchiandomi contro il suo corpo mentre lui sistemava le coperte, di nuovo.
- Non è che adesso viene a prenderci lei anziché la polizia? -ridacchiò poi, chiudendo il mio corpo nelle sue braccia.
Fui sorpresa da quanto mi fece ridere in quel momento. Se prima pensare alla polizia mi terrorizzava e mi faceva piangere, ora ero lì a riderne con Caleb. Era incredibile.
Non avrei saputo come fare senza di lui.
- Vuoi che spenga la luce? -mi chiese poi.
Sapeva perfettamente che avevo bisogno del buio più assoluto per dormire, ma a lui piaceva chiedermelo lo stesso. E a me piaceva ricevere tutte quelle attenzioni.
- Sì. -sussurrai in risposta.
Caleb sollevò un braccio dal mio corpo per poter spegnere l'abajour accesa sul suo comodino, ed io avvertii immediatamente la mancanza del contatto con il suo braccio. Fortunatamente fece subito e dunque tornò ad abbracciarmi, baciandomi sulla fronte.
- Ti amo. -gli sussurrai quindi.
Percepii le sue labbra formare un sorriso contro la mia pelle, poi mi stampò un altro bacio in fronte.
- Ti amo anch'io. Cerca di dormire adesso, okay? -mi rispose, a bassa voce, come se non fossimo le uniche persone all'interno dell'appartamento.
- D'accordo. Svegliami quando vengono a prenderci.
Capii che Caleb trattenne una risata a quella mia richiesta, ma alla fine annuì.
- Buonanotte. -mormorò poi, semplicemente. 
Alzai il viso e gli diedi un bacio sulla bocca.
- Buonanotte. -ripetei.
Caleb sorrise e lasciò che mi mettessi comoda, raggomitolandosi poi attorno a me come a farmi da scudo.
Ero felice di dormire lì con lui. Le lenzuola odoravano di lui, il materasso del suo letto era morbidissimo, e poi stare al caldo delle sue braccia era la cosa più bella.
Entrambi sapevamo che, almeno per quella notte, la polizia non sarebbe venuta a prenderci, ma ci era piaciuto usarla come scusa per poter stare insieme.
Mi addormentai sorridendo.
Il suo respiro era la mia ninnananna preferita.
Probabilmente non sarei riuscita a dormire se fossi stata da sola, nella mia stanza. Ma ero lì con Caleb.
E se eravamo insieme, eravamo al sicuro.

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Capitolo 13
*** Don't ever let me go [6x01] ***


6x01; Le emozioni di Hanna quando finalmente riabbraccia Caleb dopo essere stata rinchiusa nel bunker per settimane.






"Don't ever let me go" 



Finalmente uno spiraglio di luce. È fioca, probabilmente lì fuori è sera, ma quel piccolo insignificante fascio di luce è più luminoso che mai agli occhi di Hanna. Occhi ormai abituati al buio, alla sofferenza, alla paura, alla tristezza. Quello spiraglio di luce è però più di un semplice spiraglio di luce: è possibilità, è forza, è speranza. Speranza di riuscire a mettere la parola fine ad una sofferenza che dura ormai da settimane, probabilmente, perché Hanna non sa neppure quanto tempo sia davvero passato da quando è stata rinchiusa in quel posto da incubo con le sue amiche.
 
Vuole tornare a casa, disperatamente. Non avrebbe mai immaginato che sarebbe potuta mancarle così tanto. L'arresto, il carcere, e poi, come se non bastasse, tutto questo. Ha bisogno di tornare a casa, ma soprattutto di riabbracciare sua madre e Caleb. Non ha mai smesso di pensare a loro, neanche per un istante. E forse è stata proprio la speranza di poterli riabbracciare a farla andare avanti per tutti quei giorni. Quella stessa speranza che ora vede dietro quella porta chiusa, da quel piccolo spiraglio di luce che trapela dalla fessura.
 
È lei la prima a farsi avanti. Va per prima davanti alla porta, con le ragazze alle sue spalle, e spinge con tutte le sue forte contro il freddo metallo, guidata sempre dalla speranza che dall'altro lato ci sia qualcuno che possa sentirla e che possa tirarla fuori di lì.
 
Non può smettere di crederci, non può smettere di sperare. Non adesso che sente di essere ad un passo dall'uscire di lì, non adesso che sente di essere anche solo un po' più vicina alle persone che sono lì fuori ad aspettarla.
 
E crede di essere impazzita quando le sembra di sentire la voce di Caleb gridare il suo nome a gran voce.
 
Caleb è lì dietro, proprio dietro quella maledetta porta. O forse no? È allora che anche lei inizia a gridare il suo nome, e sente di nuovo la voce di Caleb. È troppo reale per essere immaginaria. E quando finalmente distingue anche la voce di Ezra urlare disperatamente il nome di Aria, capisce che la speranza che l'ha guidata fino a quel momento non è stata vana.
 
Allora spinge più forte, dà pugni più potenti contro la porta, e improvvisamente la porta si apre. Ed Hanna corre, anche se non sa dove sta andando esattamente, perché c'è talmente tanto fumo che non riesce a distinguere i contorni dell'ambiente che la circonda. Ma ancora una volta, segue la speranza, segue il suo cuore. Corre, corre per non sa quanto tempo, finché la prima cosa che riesce a distinguere in mezzo a quella nuvola di fumo è l'inconfondibile sagoma di Caleb.
 
Lui è lì, è venuto a salvarla, è venuto a prenderla. E dopo qualche istante, Caleb non è più solo una confusa sagoma nel fumo, ma è proprio lui, in carne ed ossa. Ed Hanna può smettere di correre, perché è già tra le sue braccia. Finalmente.
 
Si aggrappa a lui con tutta la forza che ha nel corpo, anche se in realtà non ne ha affatto. Si aggrappa a lui come se non volesse staccarsi mai più, il che è probabilmente vero. Pian piano percepisce il familiare profumo della sua pelle, la morbidezza delle sue mani e, ancora una volta, questa volta più chiara, la sua voce che bisbiglia ripetutamente il nome "Hanna" come se fosse l'unica cosa che riesce a dire al momento.
 
Hanna non sa per quanto tempo rimane così, al sicuro tra le braccia del suo angelo custode, ma sa che trova la forza di staccarsi dal suo corpo quanto basta per guardarlo negli occhi, perché ne avverte il bisogno. E Caleb ha un aspetto stremato tanto quanto il suo: gli occhi lucidi, arrossati e gonfi, delle occhiaie piuttosto evidenti, le labbra secche, le guance scavate, la barba incolta, il viso pallido... Probabilmente come lei non dorme da giorni e giorni, e sembra aver anche perso qualche chilo. Hanna gli tocca il viso e vorrebbe chiedergli se sta bene, da quanto non dorme, da quanto non mangia, vorrebbe chiedergli di sua madre e di un sacco di altre cose, ma non ci riesce. E sa che anche lui vorrebbe chiederle mille cose, ma che neanche lui ci riesce. Ed il motivo è lo stesso per entrambi: ora sono di nuovo insieme, ed è questo tutto quello che conta.
 
- Non lasciarmi andare. -è l'unica frase che Hanna riesce a formulare, l'unica cosa che le sue labbra riescono a balbettare, e non c'è cosa più vera: non vuole separarsi mai più da lui.
 
- Mai. -risponde lui, scuotendo la testa per sottolineare quanto voglia mantenere la sua promessa, e non c'è cosa più vera neanche per lui: non vuole separarsi mai più da lei.
 
E quell'abbraccio che dura tutta la notte non può che essere la conferma di quanto la loro promessa sia seria.

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