Il diario 'segreto' di Jun Misugi

di Nono23
(/viewuser.php?uid=828090)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 01 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 02-Primi contatti ***
Capitolo 3: *** Capitolo 03-Primo bacio ***
Capitolo 4: *** Capitolo 04-Ti amo ***
Capitolo 5: *** Capitolo 05-Prima volta ***



Capitolo 1
*** Capitolo 01 ***


“Martedì 4 agosto 2015, Tokyo

Caro diario,
mi sei stato regalato da Yayoi tre anni fa, per il mio 15esimo compleanno e ho deciso di scriverti solo ora perché… non lo so. Non mi piace scrivere diari e non so neppure io perché lo stia facendo, perciò non chiedermelo. Sta di fatto che qualcosa ti dovrò pur raccontare, se non altro per riempire le tue pagine bianche. E per sminuire il mio senso di colpa. Sì, ogni volta che incontro la tua donatrice per strada, mi domanda se ti scrivo. E io mento, dicendogli che sì, ti aggiorno una volta alla settimana regolarmente. Invece oggi, martedì 4 agosto 2015, ti metto mano per la prima volta.
Dunque, io direi di iniziare… dall’inizio. Certo, potrebbe risultare più semplice partire dalla fine, ma… meglio raccontare uno per uno i fatti. Cioè, non tutti tutti. I principali della mia vita di diciottenne. E della mia storia con Ken.
Vediamo, siccome non mi puoi vedere e non mi conosci, ma neanche un po’, in questa prima pagina ti descriverò me medesimo e i fatti che hanno caratterizzato la mia infanzia, abbandonata oramai da anni. O forse mai vissuta veramente. Beh, non importa. Tu taci e ascolta.
Allora… sì… ecco potrei incominciare così.
Sono sempre stato un ragazzo forte, determinato e deciso, soprattutto sulle mie scelte. La mia vita è sempre stata il calcio. Sin da bambino ho sempre avuto una palla tra i piedi ed io correvo come un matto verso la porta avversaria per segnare quanti più goal riuscissi.
I miei genitori sono sempre stati orgogliosi di me e non mi hanno mai impedito di giocare a calcio. La mia vita era perfetta, ma incompleta. Come una tazza di thè senza il latte. Questo vuoto è nato e cresciuto con me, accentuandosi nell’adolescenza.
Nel frattempo, dopo essermi sentito male in campo durante un allenamento, mi avevano diagnosticato una malformazione al cuore. Ho sentito distintamente il rumore dei miei sogni e desideri cadere e frantumarsi in mille pezzi, soprattutto quando il medico mi diceva senza troppi fronzoli che non avrei mai più potuto calcare le scene calcistiche.
Ho passato un periodo di depressione chiuso in camera mia. Vi uscivo solo per mangiare -rigorosamente tutto prescritto dal dottore- e per andare in bagno. I miei genitori non sopportavano di vedermi in quello stato -pietoso- e, dopo un’accurata visita, il medico mi aveva concesso un quarto d’ora a partita.
Certo, era una quantità minima e a qualcuno avrebbe fatto fare grasse risate, ma non a me. Ho ripreso ad allenarmi costantemente per quindici minuti al giorno. In partita segnavo almeno un goal tutte le volte che scendevo in campo e il risultato finiva per ribaltarsi a nostro favore, “regalandoci” la vittoria. Solo contro Tsubasa Ozora ho perso, ma l’ho fatto col sorriso sulle labbra. Sì, uno dei miei sogni, che avevo ricostruito con pazienza, era poter sfidare un grande Campione come lui. Sono addirittura riuscito a strappare il permesso di giocare l’intera partita Musashi-Nankastu, salvo poi promettere che, al primo segno di stanchezza, sarei dovuto uscire immediatamente dal campo, avvisando l’allenatore.
Inutile dire che ho fatto di testa mia e, stringendo i denti - e una mano al petto all’altezza del cuore -, ho giocato tutti i novanta minuti. Nonostante sia stato in punto di morte, ho sorriso come non mi capitava da tempo immemore. Naturalmente sono stato costretto ad un riposo forzato di minimo una settimana. Tra un po’ non potevo più andare al bagno da solo! Certo, ora ci scherzo sopra, ma a quel tempo, che avevo solo 10 anni, ci stavo male veramente. Mi toccava montare sempre un sorrisino falso, di circostanza… aristocratico. Perché ero e sono comunque figlio di un’importantissima famiglia con antichissime origini nobili e blablabla.
Comunque, non perdiamoci troppo in chiacchiere. Dicevo, il periodo più nero della mia vita. È stato proprio in quel periodo che ho riflettuto, meditato e ponderato parecchio. Infatti, nonostante le visite di cortesia dei ragazzi, mi sentivo solo. I miei genitori lavoravano quasi tutto il giorno. L’unica presenza costante praticamente 24 ore su 24 era Yayoi Aoba.
Mi sono sempre domandato cosa la spingesse a starmi accanto da… moltissimi anni. Okay, ho perso il conto. Probabilmente da quando si era trasferita qui a Tokyo a 9 anni. Sì, deve essere così. Comunque, sono giunto alla conclusione che forse, e dico forse, provava qualcosa di più di una semplice amicizia nei miei confronti. Magari anche un po’ di pietà. Non saprei dirlo di preciso, non m’interessava a quel tempo. E io? Ricambiavo questi sentimenti? No, direi di no. certo, non nego che le volevo e tuttora le voglio molto bene, ma io la vedo solo come una carissima amica, al massimo una sorellina. Nulla di più, nulla di meno. Tra l’altro, in quel periodo, ho capito di non essere attratto – sia fisicamente che sentimentalmente –dalle ragazze, bensì dagli uomini. Sì, insomma, sono omosessuale. E, sinceramente, non mi dispiace per nulla. Anzi, sono felice e ho imparato da subito a convivere con questa nuova presa di coscienza.
Durante il riposo forzato, però, potevo guardare in televisione le partite delle squadre rimaste ad affrontarsi ai quarti di finale. È stato proprio in una di queste sfide, se non erro Furano-Meiwa, che ho visto il mio attuale fidanzato per la prima volta. È entrato gli ultimi minuti, giusto in tempo per parare la punizione, guadagnata per un intervento falloso di Hyuga, di Matsuyama e far vincere la propria squadra, il Meiwa.
Ora che hai assaporato parte delle mie emozioni di bambino e il mio primo amore crescere lentamente in me, posso anche salutarti. Vorrei dirti addio e che non ti scriverò mai più, ma ti ho promesso che ti racconterò del mio amore con Ken nelle prossime pagine. E io mantengo sempre le mie promesse.
Quindi ti dico ciao.
Jun Misugi.”
Jun chiuse il diario appena in tempo per nasconderlo sotto un cuscino del divano sul quale sedeva.
<< Jun! Insomma! Potresti anche rispondere quando ti chiamo!>> disse Ken nascondendo alla meglio la preoccupazione.
<< Non ti ho sentito, scusami, amore.>> rispose il fidanzato con tono pacato.
<< Cosa stavi facendo che ti assorbiva tanto da non percepire la mia voce che ti chiamava?>> chiese lui indagatorio.
<< Ma nulla…>> fece evasivo lui.
<< Perché hai in mano una penna?>>
<< Uff, sei diventato Sherlock Holmes? E comunque stavo rispondendo alle lettere delle fans.>>
<< Scusa, guarda che esistono le e-mail. Dovresti scriverle di aggiornarsi a questa qui!>> ridacchiò Ken divertito.
<< Eh eh… hai ragione! Ma non dovresti far la doccia? Sei appena tornato dall’allenamento e puzzi, amore.>>
<< Va bene, vado. Tu intanto cucina qualcosa di commestibile!>> si alzò dal divano, sul quale si era precedentemente seduto, e gli fece una linguaccia.
<< Senti chi parla! Quello che mi brucia una frittata!>> ma ormai Wakashimatsu non poteva più sentirlo.
“Sarà il caso che io trovi un altro posto per scrivere quel cavolo di diario!” pensò tirando un sospiro di sollievo. Già s’immaginava le prese in giro dei ragazzi e la preoccupazione di Ken.
Lo ripose in una cassetto della scrivania nella loro camera e lo chiuse a chiave.


Note dell’autrice:
Ehilà ragazze!
Come state? Io bene! Lo so, avevo promesso una one-shot sulla coppia Holly/Tom, ma… Jun e Ken scassavano i ‘cosiddetti’ e non ho potuto rifiutare di scrivere su di loro. Allora, da precisare che è la prima volta che scrivo su di loro, quindi non ho la benché minima idea di cosa possa risultare questa storia. Vi prego, siate clementi Kenniste e amanti della coppia. E soprattutto è la prima volta che pubblico una sorta di diario, quindi… beh, sì, insomma, spero di non fare grandi casini. E niente. Spero possa essere di vostro gradimento e che, nonostante tutto, possa strapparvi un sorriso. Vi avviso, sarà una cosa molto leggera e non molto introspettiva. Per il fandom di CT, tendo a scrivere comico/fluff. Quindi… fate voi!
A presto, ragazze!
Un saluto caloroso a tutte quante!
Nono23.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 02-Primi contatti ***


“Mercoledì 5 agosto 2015, Tokyo

Caro diario,
sì, ti sto scrivendo di nuovo. Sai, la promessa. Non perché io ne abbia voglia. Però devo aggiornarti regolarmente, come pensa la carissima Yayoi, alla quale sto gentilmente lanciando maledizioni e improperi vari e forbiti per avermi regalato te. Ma ora cominciamo, che non vedo l’ora di chiuderti e posare la penna.
Finalmente, ti scriverò della mia storia con Ken. La nostra storia. Okay, quando parlo di noi divento particolarmente romantico e smielato, quindi risparmiami ogni genere di commento. Lo dico per il tuo bene. Sia chiaro.
Allora, partiamo da… il prologo, l’introduzione o, più semplicemente, l’inizio del nostro rapporto.
Potrei dire che è stato amore a prima vista, ma non è andata esattamente così. Dopo averlo visto alla tivù parare la punizione di Matsuyama e aver perso due battiti, facendo preoccupare l’onnipresente Yayoi, ho capito di essermene innamorato al pensiero successivo.
‘Non ho mai visto tanta bellezza, agilità e grazia per parare un tiro. Devo conoscerlo. Voglio conoscerlo. Tra l’altro è bellissimo; dall’inquadratura della telecamera ho scorto di sfuggita i suoi tratti allungati, gli occhi antracite, le braccia muscolose, ma non troppo, le mani grandi che paravano la palla e quei meravigliosi ed insoliti capelli lunghi e lisci. Ribelli, ecco qual è l’aggettivo giusto.’
Comunque, il mio primo incontro face to face con lui è stato quando, dopo quella settimana di prigione forzata, mi sono fatto accompagnare da Yayoi al campo delle partite. Si disputava la finale Nankatsu-Meiwa. Direi che in quel momento poteva scoppiarmi il cuore. No, non preoccuparti. Se sono qui a scriverti, vuol dire che sono riuscito a mantenerlo a bada, no?
Bene, vedi di non interrompermi, più.
Dicevo, la finale. Meravigliosa, quasi come lui. Tsubasa e Misaki (dei quali già sospettavo qualcosa) si sono inventati di tutto per segnargli dei gol. E ci sono anche riusciti. Voglio dire, come si fa a dimenticare il famoso Twin Shoot? Come?! La palla ha preso un effetto particolare… mai visto prima. Persino Ken non l’ha vista. E così si è fatto frega… segnare un gol senza dubbio spettacolare. In effetti, non si è neppure mosso, il mio tesoruccio.
Tutte le volte che ho formulato un pensiero su di lui, immancabilmente ci aggiungevo ‘mio’. Cioè, è come inscindibile dal nome di Ken. Comunque, avrai già intuito a chi rivolgevo il mio regale tifo. Sì, al Meiwa. La manager accanto a me inneggiava la Nankatsu come se non ci fosse un domani, dando un bel filo da torcere alla povera Sanae. In tutti i sensi, fuorché quello monetario.
Purtroppo la partita finì con la vittoria della Nankatsu e mi sono ritrovato a pensare seriamente… più o meno…
‘Poverini hanno perso. Chissà come si sentirà Wakashimatsu… sicuramente non meglio di uno straccio. Beh, posso sempre consolarlo io…’
Okay, era uno dei pensieri più pervertiti che fino ad allora avevo fatto. Quindi non poteva essere serio. Chiaro?! …Ma si può? Sto sbraitando contro un diario. Scriverti mi fa male. Molto. E capisco molte cose, ora. Anche la cara ex Manager della Mambo ne tiene uno…
Comunque, sono sceso negli spogliatoi perché volevo congratularmi con Tsubasa, Misaki e gli altri. E, secondo te, con chi mi vado a scontrare? Ma con un avvilitissimo Wakashimatsu! Aveva un’espressione ‘orribile’. Cioè, era sempre meraviglioso, ma stavo male con lui. Vederlo con il volto afflitto e le spalle ricurve per la sconfitta, come se tutto il peso lo dovesse portare sulle spalle lui… avrei voluto abbracciarlo immediatamente, ma l’unica cosa che ho fatto è stato domandargli scusa. E approfittare di stringergli la mano, presentandomi. Mamma mia, è stato uno dei più bei contatti che io possa ricordare. Era così calda, così grande, così accogliente… quella stretta mi ha donato un brivido lungo la spina dorsale che non dimenticherò mai. Il mio primo brivido di piacere. Stavo letteralmente affogando nelle pozze scure che ha incastonate sul viso porcellano, quando lui ha ritirato la mano e si è congedato. Ha lanciato solo una breve occhiata alla Aoba, biascicando un ‘Salve.’ Incolore e piatto, come il suo umore in quel momento.
Insomma, all’inizio, tra di noi, c’era solo indifferenza o, al massimo, fredda e formale cortesia. Come quella. Sto sospirando al ricordo, incredibile. Comunque, vediamo di muoverci che tra un po’ ritorna Ken dalla doccia e se mi trova come ieri si insospettisce troppo e mi tocca mentirgli. E non mi piace mentire nei suoi confronti. Tra l’altro manca ancora l’incontro a tu per tu nella caotica città di Tokyo. Quindi, siamo in ritardo sulla tabella di marcia.
Allora, quel giorno era un sabato. Sì, ricordo perfettamente che era un sabato soleggiato di fine Marzo, inizio aprile, o giù di lì.
Quel giorno avevo deciso di fare una passeggiata nel parco centrale della Capitale giapponese. L’ho visto da solo, con in mano una cartina geografica e un’espressione tra il corrucciato, il concentrato e il disperato stampata sul suo -meraviglioso-  viso dai tratti felini. I primi tra pensieri sono stati:
‘Awn, è adorabile con quel broncio!’
‘Quasi quasi mi avvicino a salutarlo!’
‘Mi sa che è meglio anche aiutarlo…’
Direi che l’ultimo è stato il più razionale di tutti… il punto è che tutte le volte che pensavo a lui, oltre al ‘mio’ attaccato al suo nome, finivo per ponderare pensieri poco adatti a un maschio calmo, riflessivo e, credono gli altri, pudico come me… fa tutto parte del pacchetto ‘l’effetto che mi fa Ken Wakashimatsu’.
Quindi, con passo deciso ed elegante, tipico del Baronetto del calcio, quale sono tornato ad essere,  mi sono diretto dinanzi a lui, dicendogli:
<< Ciao Wakashimatsu! Tutto bene?>>
<< Ciao Misugi… Ah… ehm… Sì! Tutto benissimo! ... O quasi…>>
<< Ti sei perso?>> gli ho chiesto con un sorriso luminoso. Lui è l’unico che sia in grado di tirarmi fuori un bel sorriso, non uno falso e distaccato che sono solito montare di fronte alla gente. Tutte le volte che lo vedo mi sembra di camminare quattro metri (sì, perché sono un aristocratico e quindi sto più in alto di voi!) sopra il cielo; se mi rivolge la parola, anche solo per chiedergli di passargli il sale durante le cene dei ritiri, sentivo distintamente lo sfarfallio nello stomaco. E, tra parentesi, non era il massimo delle sensazioni… hai idea del solletico che mi facevano?!
Anche per questo, mi sono innamorato di lui. Riesce sempre a tirar fuori la parte istintiva di me. Non è che sia sempre un bene, ma… chi se n’importa! In amore è bello ciò che piace, no? No?! …Sto cominciando a sbraitare ancora sulle tue pagine come un emerito cretino… vediamo di concludere alla svelta, va.
<< No! É che non riesco a trovare la pasticceria “Sweets&Cakes*”…>>
<< Ah, ma la conosco perfettamente! Mia madre mi ci ha sempre portato! Fanno i migliori wafer del mondo lì! Vieni, ti accompagno io.>> ho esclamato contento di poterlo aiutare. Ho notato un guizzo nei suoi occhi antracite, che li ha illuminati stupendamente, e io ho rischiato di affogarci ancora lì dentro. Così mi sono incamminato e lui mi ha seguito, tenendo il mio passo e portandosi di fianco a me. Averlo così vicino mi ha scombinato tutto! Il silenzio è calato tra di noi ma io prontamente l’ho spezzato, intavolando una discussione sul calcio.
Quando siamo entrati in pasticceria, lui si è fatto confezionare una torta al limone da portar via.
<< Grazie Misugi. …Ti va di bere qualcosa… insieme?>> mi ha domandato poi, osservandomi con un’aria lievemente preoccupata e imbarazzata. Mi sono accorto di avere un leggero fiatone. La cosa buffa è che non è stato solo affaticamento.
Ho annuito sorridendo rassicurante, vedendolo tranquillizzarsi un po’. Abbiamo ordinato due tazze di the verde con il supplemento di un piattino di wafer di cioccolato bianco. L’ho osservato mentre se li sbafava ad una velocità impressionante e non sono riuscito a trattenere un piccolo riso divertito.
<< Ti piacciono molto i wafer?>> gli ho chiesto retoricamente, nel frattempo che ho rialzato su di me il volto arrossato da un leggero imbarazzo, gli occhi vagamente colpevoli.
‘Kami, è splendido!’
Abbiamo trascorso una bella giornata insieme e l’ho condotto sino alla stazione dalla quale era venuto quella mattina. Chiaro che è stato un pretesto bello e buone per stare ancora con lui un paio di ore, mascherate da un finto senso del dovere.
<< Non vorrei che poi non riuscissi a trovare in tempo la stazione…>>
Tre mesi più tardi il nostro rapporto di amicizia si è consolidato parecchio, tanto da poterlo definire ‘caro amico’.
Bene, caro diario, anche oggi sono giunto alla fine… dell’inizio. Come vedi, stiamo diventando buoni amici… non preoccuparti, domani ti aggiornerò con un’altra parte. Ascolta, se devo essere regolare, tu mi sorbirai tutti i giorni. Tendo a liberarmi il più in fretta possibile degli… inconvenienti. Ormai devi aver capito che mi stai amabilmente sui cosiddetti, no? E allora di che ti stupisci?
Ora vado, sento i passi di Ken nel corridoio. Ti sto scrivendo nella nostra camera da letto. Matrimoniale. Immagina, puoi. A no, sei solo un pezzo di carta e plastica inanimato. Beh, vorrà dire che te lo spiegherò più avanti.
Ciao,
Jun Misugi.”
<< Amoree!>> ululò Wakashimatsu, facendo capolino dalla porta.
<< Dimmi, Ken.>> rispose Jun, che già immaginava cosa volesse. Perché lo voleva anche lui. Quindi si voltò con sguardo seducente e se lo ritrovò a venti centimetri dal viso.
<< Ti va di mangiare i wafer con me?>> chiese malizioso. Jun sapeva che avrebbe solo potuto immaginare il loro dolce sapore. Sì, perché Ken intervallava una sbocconcellata con un bacio. E non c’era mix più dolce per lui.


Angolo autrice:
*Nome di pura fantasia. Significa “Dolci&Torte” e qualunque riferimento alla realtà è puramente casuale.
Ehilà ragazze!
Grazie mille delle visite al primo capitolo! E un grazie particolare va a baby junior per avermi recensito, quella santa donna!
Allora, ecco il secondo capitolo fresco fresco di battitura! Spero vi possa divertire un po’. Credo che si sia capito il motivo del suo odio ‘cortese’ nei confronti dei diari… povero Jun! Ma adesso lasciamolo alla sua divertente attività, che è meglio!
Sperando di non aver fatto troppi casini, vi lascio salutandovi calorosamente!
A presto!
Nono23.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 03-Primo bacio ***


“Giovedì 6 agosto 2015, Tokyo

Caro diario,
come promesso ti scrivo tutti i giorni. Oggi è già il terzo giorno e sono particolarmente scocciato da te, da questa storia e che Ken non ne sappia nulla. Mi urta i nervi nascondergli qualcosa di… palese. Accidenti a te e a Yayoi!
Ma vediamo di cominciare subito, che, tanto per variare, non mi va di scriverti. Vorrei scriverti direttamente subito ‘ciao’, ma so già che il senso di colpa, che sta diminuendo, mi divorerebbe, perciò ti racconto del primo bacio con Ken.
Partiamo, dall’inizio, che è meglio… No, non sono il Puffo Quattrocchi. Maledetto diario del cavolo.
Il primo bacio lo ricordo perfettamente. Come dimenticarlo? Come?!
Quel pomeriggio era in corso un violento acquazzone estivo. Voglio dire chi con un briciolo di sale in testa sarebbe uscito, se non per strette necessità? Nessuno, appunto. Ma Ken è un tipo ribelle, che difficilmente si lascia comandare. E proprio per questo verso le quattro e mezza ha suonato alla mia meravigliosa porta blindata in pregiato legno di faggio dipinta di bianco. Sì, si è capito che mi piace quella porta. Sta di fatto che quando l’ho aperta, mi sono ritrovato davanti uno dei migliori spettacoli che avessi mai visto. Cioè, te lo immagini Ken bagnato fradicio, con i suoi lunghi capelli corvini appiccicati al volto ovale e i suoi profondi occhi antracite lanciavano saette ogni dove. Se ne avesse avuto la possibilità, sicuramente avrebbe sputato fuoco, incenerendomi metà del mobilio nel salotto. Tra l’altro, indossava una maglietta bianca che aderiva perfettamente al suo petto muscoloso. Ricordo di aver deglutito e pensato:
‘Semplicemente divino! Awn…!’
Mi sa che sono anche arrossito lievemente, per questo, riscotendomi dalla mia contemplazione, l’ho condotto in camera mia e, con un asciugamano, l’ho strofinato lungo tutto il suo corpo, in una sorta di massaggio riscaldante e rassicurante. Gli ho prestato dei miei vestiti, decisamente più caldi dei suoi, forse un pelo attillati. Beh, ben veniva!
<< Cos’è successo?>> gli ho domandato per spezzare il silenzio che ci ha avvolto sino a quel momento.
<< Ho litigato ancora con mio padre e sono venuto qui perché devo freddare i bollenti spiriti, giacché quattro gocce non sono state sufficienti…>>
<< Raccontami il motivo del tuo diverbio, anche se lo intuisco. Sono sicuro che se me lo spieghi, ti farà bene.>>
Ha iniziato così il racconto dell’accesa discussione col genitore e io sono stato lì ad ascoltarlo in silenzio. Mi ha detto che il padre non riteneva il calcio uno sport degno della famiglia quale sono, che correre dietro a un pallone, o, nel suo caso, aspettarlo in porta è uno cosa stupida, senza alcun senso. Il calcio è uno sport grezzo, incompleto e ignobile. Il Karatè è tutto il contrario. In una parola? La perfezione. Secondo me, invece, sbaglia a dare una così bassa reputazione a questo sport. Voglio dire, sono due attività completamenti differenti, eppure potrebbero completarsi tranquillamente attraverso un equilibrio che Wakashimatsu è riuscito a trovare. Non a caso è stato soprannominato Karate Keeper. Comunque, alla fine, tutto ciò che sono riuscito a dirgli è stato:
<< Ken, segui il tuo cuore.>> Neppure mi sono accorto di averlo chiamato per nome. Lui evidentemente sì. Mi ha osservato, poi si è soffermato sulle mie labbra, che si sono appena mosse, e senza che io riuscissi a connettere, lui mi ha posato le proprie sulle mie. È stato un contatto meraviglioso. Non me l’aspettavo, mi ha preso totalmente alla sprovvista. E forse è stata la migliore cosa che potesse accadermi, in quel momento. Non ricordo quanto sia durato, se due secondi, se un’eternità. Però rammento perfettamente cosa è successo dopo. Si è staccato da me lentamente, ho percepito che entrambi abbiamo avuto ancora gli occhi chiusi e un sorriso mi ha illuminato il viso. Sì, ne sono certo. Lui ha abbassato gli occhi sulle sue mani, che teneva in grembo, e ha mormorato:
<< Ho seguito il mio cuore…>>
<< … e hai fatto benissimo.>>
Mi ha guardato un po’ stupito, probabilmente aspettandosi un pugno o un ‘Non ti voglio rivedere mai più’ o qualche altro rifiuto. Invece io l’ho spiazzato, prendendogli una mano e poggiandogliela sul mio petto, all’altezza del cuore. L’ho visto sbiancare, quando ha sentito il ritmo piuttosto elevato con il quale batteva, ma io ho sorriso rassicurante.
<< Ken, mi sono innamorato di te parecchio tempo fa. Direi che era ora che te ne accorgessi…!>> lui è arrossito, e sussurrando semplicemente  un ‘Meglio tardi che mai, no?’.
Dopo qualche minuto di silenzio, direi pure imbarazzato, mi ha chiesto titubante, ma con una nota speranzosa negli occhi:
<< Stiamo assieme, ora?>>
<< Sì, direi che stiamo assieme.>> ho perso il conto di quante volte ho sorriso da quell’istante in poi. Ci siamo baciati ancora e come per magia l’acquazzone era svanito. Un po’ mi è dispiaciuto, perché con la scusa dell’acqua l’avrei potuto trattenere più a lungo, ma alla fine l’ho accompagnato alla stazione dalla quale era venuto, dicendogli di perdonare suo padre, di provare a dimostrargli la passione che provi quando sei tra i pali e di applicarsi costantemente, ma senza esagerare, anche col Karatè.
Sono stato sul punto di ritornare sui miei passi, dopo averlo salutato, quando lui mi ha afferrato per un polso e mi ha fatto voltare di scatto.
<< Grazie. Di tutto.>> poi mi ha sfiorato fugacemente le labbra ed è sparito. Mi sono portato come in trance le dita sulla mia bocca e ho sorriso ebete. È stato un contatto così rapido che a volte dubito mi abbia baciato anche lì.
Allora, contento? Ti ho raccontato come tutto ha avuto inizio. Il nostro primo bacio. Meraviglioso. La sensazione non riuscirò mai a esplicitarla con delle ‘semplici’ parole. Troppo intenso, troppo bello, perfettamente stupendo. Si dice? Non lo so e non mi interessa.
Adesso devo andare, il mio Ken mi sta informando con la sua soave voce che c’è pronta la cena.
Ciao.
Jun Misugi.”
Chiuse con lentezza quel quadernetto che il senso di colpa lo costringeva ad aggiornare quotidianamente. Sospirò, la mente rivolta ancora ai suoi quattordici anni. A quel pomeriggio. A quelle sensazioni.
<< Jun, amore, ci sei?>> domandò Wakashimatsu con un mestolo in mano. Indossava un grembiule… particolare. Era verde, come l’erba di uno stadio. Ma si vedeva distintamente una porta bianca stagliata sul petto muscoloso. Più in basso, più o meno sul ventre, c’era scritto ‘Fammi goal!’*.
Misugi lo guardò malizioso e notò che anche lo sguardo del fidanzato non variava molto dal proprio. Solo in quel momento si ricordò di essere ancora in accappatoio. Era andato a far la doccia, ma quando si era ritrovato in camera per vestirsi, come una calamita si era diretto al cassetto ‘incriminato’. L’aveva aperto e si era messo a scrivere. Forse, quel maledetto diario del cavolo non era così inutile.
<< Mi sa che la cena è rimandata di un paio d’ore, chef.>> fece Jun birichino, soffiandogli sulle labbra.


Note dell’autrice:
*Importante e doverosa citazione, in quanto quel meraviglioso e simpatico grembiule è ‘una perla di saggezza’ della mia carissima amica baby junior. A lei vanno tutti i diritti.
Ehilà ragazze!
Come va? Qui benissimo! Ma concentriamoci sulla storia, che è meglio! No, non sono Quattrocchi, anche se porto gli occhiali. Accidenti a quel Puffo!
Allora, che ve n’è parso come terzo capitolo? Beh, il primo bacio era d’obbligo. Quale miglior contatto iniziale d’un bacio può esser raccontato? Mamma, che poetessa! Dedico questo capitolo a baby junior e gratia, alle quali vanno i miei ringraziamenti per il supporto che mi danno con le loro recensioni. Thank you, girls!!!
Un saluto a tutte quanti!
Nono23.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 04-Ti amo ***


“Martedì 18 agosto 2015, Tokyo

Caro diario,
ritorno alla carica con… il primo ‘Ti amo’. Sì, sto cercando di diventare più diretto e di non perdermi troppo in chiacchere fasulle con te, perché, come sai, mi stai cortesemente sui co… siddetti. Sui cosiddetti. Sono una persona educata con un linguaggio verecondo*. Tanto per sottolineare le mie origini nobili…
Comunque, cominciamo, altrimenti mi mandi in fumo tutti i miei buoni propositi di essere immediato.
Dal pomeriggio in cui ci siamo messi assieme, ci siamo visti più o meno costantemente tutti i week-end. I miei genitori si sono accorti di questo cambiamento repentino in me, perciò una sera, a cena, mi hanno domandato:
<< Tesoro, perché non ci fai conoscere questo amico con cui esci?>> mia madre l’ha detto con naturalezza, ma in realtà ho distinto nella sua richiesta un mezzo ordine.
Ho dovuto fare un enorme sforzo per non strozzarmi con l’acqua che stavo bevendo. Ho acconsentito per presentarglielo quella domenica stessa. Entrambi si sono dimostrati entusiasti e quasi rilassati nel scoprire che fosse Ken il misterioso amico. Che credevano? Che frequentassi cattive compagnie? Mah, non gliel’ho mai chiesto…
È stato proprio durante uno di quei pomeriggi che Ken mi ha domandato quand’è il mio compleanno. Ho riso e gli ho detto che è il 23 giugno.
<< Potevi dirmelo prima! Ti avrei fatto gli auguri!>> la mia risata gli è risuonata nelle orecchie gioconda.
<< Beh, puoi sempre farmeli adesso! Non eri tu quello che diceva ‘Meglio tardi che mai’?>>
<< Beh… auguri in ritardo, allora.>> mi ha detto un po’ mogio.
<< C’è una cosa nella vita che ti piacerebbe fare o visitare? Non so, qualche posto in particolare…>> mi ha domandato dopo qualche secondo, come se si fosse ripreso del tutto. Ci ho pensato su per degli istanti lunghissimi, poi ho sorriso imbarazzato e ho ammesso:
<< Non sono mai stato al Luna Park… Mi piacerebbe vederlo per una volta nella vita.>>
<< Io ci sono stato una volta con i miei fratelli… E’ stato divertente!>> non ho dato molto peso a quelle parole, semplicemente le ho immagazzinate nella memoria.
Sono passate esattamente due settimane da quella conversazione. Ci siamo visti e sentiti come sempre. Un sabato si è presentato a casa mia molto presto, anche se fortunatamente i miei erano già usciti al lavoro.
<< Ehi, come siamo mattinieri!>>
<< A differenza di te, dormiglione!>> ha ridacchiato accennando al mio look. Mi sono dato un’occhiata e ho preso colore di botto. Accidenti, mi ero completamente scordato che ero in canottiera e boxer!
<< Cinque minuti e sono pronto! Lo giuro!>> mi sono involato sulle scale e poco dopo sono ridisceso vestito e profumato. Sì, lo ammetto, mi piace mettermi quattro gocce di colonia quando esco con Ken. Problemi?
Ci siamo incamminati per le strade affollate di Tokyo e quando stavo per svoltare a destra, dove ci rechiamo sempre in pasticceria, lui mi ha bloccato con la voce:
<< No, stavolta giriamo a sinistra!>> l’ho guardato incuriosito e lui mi ha sorriso furbo. Mi sono fidato e lasciato guidare. Quando ci siamo fermati, credo di non aver mai spalancato così tanto gli occhi.
<< M-M… C-C… S-S… Eh?>> okay, non ho mai balbettato così tanto nella mia vita e la mia faccia doveva essere molto comica, a giudicare dalla risata che si è fatto.
Ho guardato di nuovo l’insegna e ho sinceramente creduto di sognare. Ero al Luna Park! Ed è stato Ken a portarmi! In quel momento l’ho osservato con la bocca aperta e mi sono trattenuto a stento dall’abbracciarlo.
<< Beh? Non entri?>> mi ha domandato tirandomi per una mano. La prima attrazione è stato il tiro al bersaglio. Mi sono rivelato un ottimo tiratore. Forse sarà perché sono un calciatore. Dopo un’accanita sfida tra noi, in cui l’ho spuntata io, ho regalato il peluche a forma di gatto al mio accompagnatore. Secondo me è proprio azzeccato, il peluche. Cioè, Ken è Ken. Ribelle fino al midollo, elegante, astuto, sinuoso e coccoloso, quando vuole. Ed è proprio per questo che lo amo.
Amare. È un verbo così bello, quasi irraggiungibile. Non avrei mai pensato di innamorarmi così in fretta di qualcuno. In realtà non so neppure cosa significhi di preciso, amare. È solo un atto fisico di cui molti se ne vantano o qualcosa di più profondo? E io? Sino a che punto tengo a Wakashimatsu? Posso dire senza esitazioni di volerlo accanto a me in qualunque momento della mia vita? Sì. Posso dirlo.
Ken ha interrotto la mia scia di pensieri e io l’ho lasciata in sospeso. Sapevo che l’avrei ripresa più avanti. In quel momento dovevo solo lasciare libera la mente da qualunque riflessione e godermi al massimo quella giornata inaspettata!
Al tiro al bersaglio sono seguiti il martello, il tunnel della paura, la sala degli specchi e naturalmente le montagne russe. Abbiamo avuto giusto mezzoretta per pranzare che poi siamo partiti subito all’attacco delle numerose attrazioni presenti! Per ultimo, verso le 17.45, abbiamo lasciato la ruota panoramica. Abbiamo dovuto attendere un buon quarto d’ora in fila, ma ne è valsa davvero la pena. Le cabine erano a due posti, così siamo stati soli noi due. Ken sedeva tranquillo al suo posto di fronte a me, mentre io ero emozionatissimo e quasi non riuscivo a star seduto. Il paesaggio era meraviglioso, la luce aranciata che colorava il cielo estivo mi irradiava e mi scaldava il cuore. Non riuscivo a staccare gli occhi dal finestrino. Siamo arrivati al culmine dell’altezza della ruota quando mi sono ricordato che non ero solo in cabina. Il panorama, oltre che avermi incantato, mi ha fatto scordare di essere insieme al mio ragazzo e d’istinto ho iniziato a parlare:
<< Ken… non ci sono parole per descrivere la bellezza della natura vista da qua sopra. Il tramonto illumina e riscalda tutto con i suoi colori vivaci ma tenui. Lo so, è un controsenso, eppure è così. Però, c’è una cosa ancora più bella, ancora più strabiliante, ancora più sorprendente del panorama che si staglia ai nostri occhi. Beh, quella cosa… sei tu. Tu con il tuo sorriso appena accennato mi riscaldi dall’ultimo capello sino alla punta del piede. Non sono abituato a parlare così apertamente di ciò che provo, perciò sarò diretto. Ken… io ti amo. E ti ringrazio per questa giornata assolutamente indimenticabile.>> solo alle parole ‘Ti amo’ gli ho permesso di osservare il mio sguardo, poi l’ho riabbassato subito, interessandomi particolarmente ai piedi. Raramente mi vergogno o provo imbarazzo, però ammetto che in quell’occasione un lieve rossore mi ha imporporato le guance.
Ho sentito un mano posarsi sulla mia spalla, risalire fino alla testa e farmela voltare delicatamente. Ho incontrato subito le sue labbra incurvate verso l’alto, poco dopo il suo sguardo incredibilmente dolce. Alla fine ho messo a fuoco ogni singolo dettaglio del suo viso, ma è durato pochissimo. In un soffio mi ha letteralmente agguantato la bocca, regalandomi il bacio più tenero e passionale che ci fossimo mai scambiati. Ammetto che avrei voluto andare oltre, ma sapevo, me lo sentivo, che non era ancora pronto. Quando si è staccato, mi ha mormorato due delle frasi più belle che io abbia mai udito.
<< Il paesaggio senza di te è spento, incompleto, grigio. Anch’io ti amo, tantissimo.>> in quel momento sentivo un gran caldo, fortuna che eravamo quasi a terra e presto saremmo usciti da quello spazio minuscolo. Ero semplicemente quattro metri dal cielo e gli rubai un ultimo bacio prima di scendere definitivamente dalla ruota panoramica, teatro del nostro primo ‘Ti amo’. Sembra strano, ma durante il tragitto alla stazione, abbiamo sentito una melodia italiana provenire da un bar. La riconobbi immediatamente, perché è una delle canzoni preferite di mia madre. I miei genitori la scoprirono per il loro viaggio di nozze in Italia e se ne innamorarono subito. Non so di preciso cosa significhino le parole, ma di sicuro possono essere solo belle e d’amore. Credo, anzi, sono sicuro che fosse ‘Ti amo’ di un certo Umberto Tozzi. Ha un ritmo vivace e allegro. Mi è piaciuta sin dal primo ascolto e in quel momento mi è sembrata la perfetta colonna sonora della nostra giornata, oltre che della nostra storia, ovviamente.
Allora? Soddisfatto? Ho dissetato un po’ della tua sete di curiosità? Dopo tutto non sei così malaccio, se scrivendoti evochi questi meravigliosi ricordi lontani… ma ancora non mi piaci. Non del tutto.
A presto,
Jun Misugi."

Ripose il diario nel solito cassetto e si involò per le scale. Trovò Wakashimatsu seduto col giornale in mano.
<< Buongiorno amore!>>
<< Buongiorno Ken. Andiamo al Luna Park?>> lui lo fissò stupito da quell’insolita richiesta, ma come un fulmine gli attraversò il ricordo di loro due sulla ruota panoramica al tramonto.
<< Volentieri.>> acconsentì scorgendo nello sguardo vivace ma maturo di Jun lo stesso lampo che poco prima illuminò i suoi.


Note dell’autrice:
Ehilà boys&girls!
Innanzitutto mi dispiace moltissimo, ma a causa di vari avvenimenti non mi è più possibile aggiornare quotidianamente, come per i primi tre capitoli. Prometto che m’impegnerò a postare con un di regolarità, ma non avendocela scritta completa, mi risulterà piuttosto difficile. Ma è proprio quando il gioco si fa duro che i duri iniziano a giocare! XDXPXS!
Spero che questo capitolo possa piacervi e che vi trasmetta parte delle emozioni che ho provato io nel scriverlo. Non è proprio la solita dichiarazione, vero? Però è romantica uguale, no?
Dedico il capitolo a BJ e a gratia! Grazie di tutto ragazze!
Non credo di aver commesso errori catastrofici, altrimenti avvisatemi! Thanks to all, guys!
Alla prossima!
Nono23.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 05-Prima volta ***


“Venerdì 25 settembre 2015, Tokyo

Caro diario,
evita di farmi la predica perché si avvicina l’inverno e potrei buttarti sotto al camino da un momento all’altro. Sì, è passato molto… moltissimo tempo dall’ultima volta che ti ho aggiornato, ma ci sono stati tantissimi impegni calcistici e non, che mi hanno tenuto lontano da te. Non hai idea di come gioissi fino a un quarto d’ora fa. Purtroppo la mia coscienza ha iniziato a rompermi l’anima e così ho preso in mano la situazione: oggi ti racconto la nostra prima volta. Dopo il primo bacio e il primo ti amo questa ci vuole. Non scandalizzarti, non scenderò nei dettagli. Pezzo di carta insensibile.
Non interrompermi altrimenti avvero la mia minaccia. Fammi radunare le idee…
Ah sì, avevamo sedici anni ed eravamo in ritiro. Io ero ancora aiuto allenatore, ma il mio quarto d’ora a partita lo detenevo nonostante tutto e tutti, così un paio d’azioni ogni tanto me le facevano fare. Inutile dire che ogni volta era guerra aperta tra me e Ken. Io cercavo di segnare, lui me le parava tutte. Negli spogliatoi eravamo sempre casualmente seduti vicini sulle panchine e facevamo di tutto pur di scontrare le nostre mani in fugaci carezze invisibili. Senza che ci sgamassero, gli regalavo anche qualche sorriso vero. Non avrei mai pensato che io, Baronetto del Calcio o, come preferiscono chiamarmi sui giornali, il Principe dal Cuore di Cristallo, potessi sorridere in quel modo. Da quando stiamo insieme io e Wakashimatsu, vedo la mia vita rifiorire lentamente dalla cenere del passato. Proprio come una fenice, sono morto per risorgere. E Ken è la dolce brezza che mi sospinge aiutandomi a imparare per la prima volta a volare davvero. Sì, perché, anche prima della scoperta della mia malattia, sentivo di vivere un po’ troppo protetto. Mi sentivo soffocato dalle attenzioni della servitù e, quando potevano, dei miei genitori. Per questo, solo per far preoccupare meno i miei cari e per avere più libertà possibile, aveva imparato a sorridere falsamente. Indossavo una maschera e tutti ci credevano. Era stata forgiata così a fondo, così perfettamente che a volte persino io mi perdevo e non sapevo più dire come mi sentivo veramente. Poi è arrivato il mio portiere-karateka e ha mandato in frantumi la porcellana con cui avevo costruito pazientemente la mia maschera e ho iniziato a vivere. Per questo non lo ringrazierò mai abbastanza.
Comunque, dicevo, facevamo di tutto per toccarci senza che nessuno si accorgesse di noi. Il punto era che in quel periodo si hanno gli ormoni impazziti (anche adesso, in realtà) e i pensieri poco casti sono all’ordine del giorno, proprio come le mie medicine. E più passavano i giorni, più assumevano la forma di me avvinghiato a Ken come mai. Noi uniti come mai. Insomma, stavo prendendo la consapevolezza di volerlo fare MIO del tutto. La parte più difficile era che la nostra intesa, per quanto potessimo essere innamorati, non era esemplare come quella di Misaki e il suo fidanzato (come se non ci fossimo accorti che stavano insieme lui e il nostro svitato Capitano…!), perciò capire se anche lui volesse andare oltre al casto bacio non era un’impresa tanto semplice. Strano a dirsi, in mio aiuto venne la cara buona vecchia Yayoi che, con la sua adorabile sbadataggine, si era dimenticata sulla panchina del campo da calcio una di quelle riviste femminili che tanto le piacciono, qualcosa come “TOPGIRL”. Stavo per riportarglielo, quando il mio occhi cade su una parola in particolare “Starters”. Avevo già sentito dire qualcosa in tv, ma non avevo mai capito a cosa si riferisse di preciso. Aprii la pagina e lessi avidamente quelle righe. I miei occhi s’illuminarono nell’esatto momento in cui finii di leggere l’articolo. Con gli “Starters” avrei capito se era pronto o meno per uno dei grandi passi della vita: il sesso.
Fu così che con una scusa lo isolai dal gruppo e lo portai in camera mia, che dividevo con Matsuyama. Mi sentii particolarmente fortunato quando, incrociandolo nel corridoio, mi disse che quella sera avrebbe fatto tardi, perché stava con la fidanzata. Ricordo che esultai di gioia dentro di me. Avevo tutto il tempo di scoprire i suoi gusti e, perché no, forse anche concludere qualcosa.
Arrivati in camera, chiusi la porta a chiave per precauzione senza farmi notare dal mio ragazzo. Lui si sedette sul letto e candido mi chiese:
« Di che schemi di gioco volevi parlarmi?» sorrisi malizioso e mi accomodai accanto a lui.
« Beh, ecco, se ti dicessi che era solo una scusa per stare insieme un po’… cosa mi risponderesti?»
« Ti risponderei che era ora!» esclamò piegando le sue labbra all’insù. Mi incantai qualche secondo e mi risvegliai solo quando sentii le sue labbra posarsi sulle mie con delicatezza, mentre la mano mi accarezzava la guancia con dolcezza. Ricambiai, cercando di approfondire sempre più il bacio, mentre le mie dita scorrevano lente a partire dai suoi capelli intricatissimi e si snodavano sul viso ovale, sul collo lungo, sul petto muscoloso. In un guizzo di lucidità, mi ricordai che dovevo ascoltare il suo corpo, come rispondeva a questi “Starter”. Direi che rispondeva bene, molto bene. La carezza sulla guancia era scesa sul mio collo fino alla mia schiena. Mi attirò più vicino a sé, facendomi salire a cavalcioni su di lui. Mi persi nelle sensazioni che quel contatto mi regalava. Capii che voleva fare sul serio quando le sue lastre antracite mi incatenarono lo sguardo e mi sentii sorreggere per le natiche. Lo abbracciai forte annuendo alla sua tacita domanda. Certo che volevo fare l’amore con lui!
Cominciai a far scivolare lentamente le mani sotto il maglione che aveva indossato, captando i brividi che lo percuotevano. Lui non era da meno. Era risalito dai fianchi fino al mio torace e mi stava sfilando la maglia gialla a maniche lunghe che indossavo. Perlustrò il petto, stuzzicandomi cautamente. Ripetei i suoi gesti istintivi e lo liberai dei vestiti. Il fiato mi stava diventando corto e non ero mai stato più contento di quel momento. Eravamo rimasti in intimo. Le sue spalle larghe era invitanti tanto quanto un Dorayaki appena sfornato. Irresistibili. I suoi capelli scompigliati in un modo particolare, così belli. Perfetti. Gli occhi erano diventati come un caffè caldo. Liquidi. Sentii la sua voce dopo molto tempo, appena ci staccammo del centesimo bacio che ci eravamo scambiati in quegli attimi sospesi di puro piacere.
« J-Jun… il tuo… il tuo cuore…» sospirò il MIO portiere assuefatto dalle emozioni. Ci misi qualche secondo a mettere insieme la frase, ma la risposta mi venne direttamente dall’organo che mi batteva all’impazzata.
« Ken, io voglio fare l’amore con te perché ti amo davvero. E tu?»
« Non sai da quanto… Ti amo tanto anche io…»
« Allora non potrà accadermi nulla. Perché l’amore è caldo e guarisce, fa stare bene. Il sesso è freddo e mi fa morire. Facciamo l’amore stasera e sarò in perfetta forma. Credimi, amore.» gli risposi guardandolo intensamente. Sapevo che quando lo chiamavo così si scioglieva subito, come gelato al sole. Per questo mi sorrise e mi baciò, togliendomi i boxer. Io ripetei il gesto e ci fondemmo in una sola anima. Sentivo l’eccitazione salire, così come le spinte e il caldo che provavo. Alla fine, mi distesi accanto a lui con un po’ di fiatone. Feci di tutto per controllarlo il più possibile. Sapevo che non era proprio vero come gliel’avevo messa giù per convincerlo, ma il fatto che eravamo stati insieme per la prima volta, suppongo anche prima per entrambi, mi faceva sentire appagato e in pace con me stesso.
Ammetto di avergli mentito volontariamente, ma solo due mesi più tardi molto probabilmente mi sarei dovuto sottoporre ad un intervento le cui probabilità di successo erano pari al 20% e non avrei sopportato l’idea di non provare una delle gioie della vita più vicine a me proprio grazie a Ken. Ma questa è un’altra storia. Te la racconterò più in dettaglio la prossima volta, promesso. Quando? Non lo so. Tempo al tempo, si dice, no? E allora accontentati di quest’episodio per oggi. Tra l’altro, non ho ancora finito, quindi taci e ascolta.
Dicevo… ah, sì, eravamo nel letto felici ed appagati. Ci addormentammo così, finché non mi svegliai per un insistente brontolio allo stomaco. Scossi Ken e gli sussurrai con voce assonnata:
« Ken… Mangiamo qualcosa?»
« Mmmh… Panino…» mugugnò lui in risposta.
« Vieni con me in cucina? Niente panino, se no!»
« Arrivo…» ricordo che sbadigliò così tanto che credetti si fosse slogato la mascella.
Andammo in cucina senza far rumore. In fondo era la una di notte… prendemmo il necessario per un panino degno di nota: pane, formaggio, insalata, pomodori, prosciutto, ketchup e cipolle.
Per scendere in cucina ci vestimmo ancora con gli abiti raccattati dal pavimento, quindi io con la mia maglia gialla. Stavo cercando di far scendere il ketchup, quando mi si avvicinò, sussurrandomi:
« Dammi, faccio io. Una mossa di karatè ed è fatta.» colpì il barattolo con un po’ troppa forza, tanto che schizzò dappertutto. Compreso sulla mia maglia. In quel momento no sapevo se avevo più voglia di strozzarlo o mettermi a ridere. Scelsi la seconda perché ero di buonumore.
« Amore… capita anche ai migliori di fare dei pasticci!» ridacchiai e addentai il panino. Era molto buono! Lui me lo strappò di mano, accusandomi di finirglielo tutto. Prima di rientrare in camera, passai dalla lavanderia a mettere nel cesto dei panni sporchi la maglia gialla macchiata.
E così si conclude la mia prima volta. Allora? Hai visto? Non sono sceso nei dettagli, pudico foglio del cavolo.
Per il momento è tutto. Ti saluto.
Jun Misugi.”
Il Principe ripose il famigerato regalo nel solito cassetto, indossò una maglia e andò in cucina a preparare uno spuntino.
Dopo una decina di minuti venne raggiunto dal suo compagno, con addosso una maglione che lo proteggesse dal freddo. Misugi lo osservò attentamente, poi guardò ciò che aveva finito di preparare e guardò com’era vestito. Le coincidenze della vita…
« Amore, che fai?» cinguettò Wakashimatsu allegro.
« Preparo un panino.»
« Formaggio, cipolle, pomodori, prosciutto e insalata. Ho dimenticato qualcosa?» elencò con un sorriso Ken.
« Sì, il ketchup.»
« Oh, beh, quello era scontato. Ce l’hai sulla maglia!»
« Eh?»
« Ma come? Non te ne sei mai accorto? La macchia non è mai andata via da quella notte!»
« Quella notte rimane indelebile in tutti i sensi!» scoppiarono a ridere e addentarono i panini del Baronetto.

Fine.

Note dell’autrice:

Good evening guys!

IO.IMPLORO.IL.VOSTRO.PERDONO.

Vi prego davvero di scusare per il ritardo megagalattico, ma non avendo scritto tutto il testo mi è difficile pubblicare con costanza. L’ispirazione e il tempo sono i miei nemici in questo periodo… Vi giuro che le storie NON saranno abbandonate, perché ce le ho tutte in mente in modo abbastanza preciso. Solo non sarò puntuale come desidererei… Ci terrei informarvi che, di conseguenza, ci saranno due , tre capitoletti al massimo ancora. Quindi, non vi annoierò ancora per molto col ‘Diario’! ☺☻☺
Detto questo, passiamo alla storia. Allora, che ne avete pensato? Non so voi, ma le parole che il Principe rivolge al karateka prima dell’atto fisico, “Il sesso mi uccide. L’amore no.”, sono bellissime. Non trovate? Spero di sapere le risposte tramite una recensione, altrimenti potete scrivermi anche in privato, no problem! Spero di non aver commesso gravi errori, altrimenti segnalatemeli che provvederò a correggerli. Grazie a tutti i lettori silenziosi, a chi l’ha guardata di sfuggita e un doppio grazie va a chi l’ha recensita e inserita tra le preferite/ricordate/seguite! Thanks to all guys ♥♥!
Dedico il capitolo a BJ e Gratia, una amante dello Shonen-ai ♥, l’altra appassionata del Baronetto ♥.
A presto (per quanto possa esserlo!),
Nono23.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3214956