Lay Bell // Metà spirito

di edil
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1.1 ***
Capitolo 2: *** 1.2 ***



Capitolo 1
*** 1.1 ***


Era una delle case più fredde in cui fossero stati fino a quel momento.

Le pareti fatte di legno erano troppo sottili per la pioggia incombente di fine agosto, era una casa antica, fatta solo di un piano.

Il salone era la stanza principale, con un grande caminetto e un vecchio divano di fronte, vi era la cucina ma nessuna stanza da letto

-ho trovato queste- gridò Jared soddisfatto, continuando a tossire per la polvere.

Lay lo guardò uscire da una delle stanze sul retro, con alcune coperte tra le braccia, e i capelli neri coperti di polvere.

Si avvicinò alla sorella, seduta a terra davanti il cammino provando ad accendere il fuoco, Lay gli passò una mano tra i capelli corti guardando la polvere posarsi a terra.

Rise, aveva quasi perso tutti i suoi denti da latte, ed era rimasto con delle piccole ‘finestrelle’, come le chiamava Lay

-farà freddo stasera- affermò Jared preoccupato, stringendosi in quei vecchi vestiti, avvicinandosi all’unica finestra presente nella stanza.

I vetri erano precari, ogni volta che soffiava il vento li sentivano tremare e temevano sarebbero caduti durante la notte, fuori da quelle quattro mura il paesaggio si era tinto di nero.

Non lo ammettevano, ma entrambe avevano paura ad uscire durante la notte.

Le stelle erano coperte dalle nuvole, e in poco tempo avrebbe ricominciato a piovere.

‘Solo per una notte’ continuava a ripetersi Lay, cercando di sembrare rilassata agli occhi del fratello minore, mentre sentiva il vento entrare dalle piccole fessure che il tempo aveva scavato nella parete

-stavolta c’è qualcosa in cucina?- chiese al fratello mettendosi in piedi, rinunciando ad accendere il fuoco.

Jared alzò le spalle, e si spostarono insieme in cucina.

Era una stanza quadrata molto piccola: un tavolo, due sedie, un fornello arrangiato, qualche cassettone, un mini frigo e una sola padella

-dai, almeno stavolta abbiamo una padella- esclamò Jared prendendo tra le mani la padella con il manico rotto.

Lay annuì, pensando che era andata meglio dell’ultima volta

-sempre se ci ha lasciato del cibo- sussurrò, osservando il fratello aprire con curiosità i cassetti.

Le capitava spesso di chiedersi perché continuava a fare tutto ciò, a portarsi dietro un bambino di quasi undici anni in giro per l’Inghilterra.

Lasciò Jared in cucina, e tornò nel salone dove avevano lasciato i loro zaini.

Aprì il suo e nel fondo, nascosta in un paio di calzettoni, prese la lettera.

Era quasi un anno che lei e Jared camminavano seguendo quella lettera, fermandosi in ogni luogo, in ogni città, in ogni indirizzo e in ogni casa che il padre le aveva indicato sulla mappa.

Era morto lì, sul divano della casa dove erano cresciuti lei e Jared, ammazzato da ciò che amava.

Dalla sua condanna.

Guardato da quattro occhi allora ingenui, perché il tuo sguardo cambia quando incontri la morte.

Diventi meno sensibile, e allora l’idea di raggiungere l’Italia da Edimburgo non sembra più una follia per due controllatori orfani.

Per due ragazzini orfani.

Le aveva lasciato una mappa, segnando in rosso tutte le zone dove dovevano fermarsi e dove sarebbero stati aiutati per il loro percorso, e una lettera.

La leggeva ogni giorno, la carta era ingiallita e i viaggi l’avevano rovinata, alcune parole sbiadivano e Lay continuava a ricalcarle, la notte quando Jared dormiva, cercando di rimanere fedele alla scrittura del padre.

Non era un testamento, non vi erano scritte parole d’affetto, l’aveva trovata Jared quando avevano portato via il corpo del padre da quella casa.

Lay non voleva uscire dalla sua stanza, sarebbero finiti in un orfanotrofio umano oppure li avrebbero cercati, non voleva sapere nulla.

Fu la lettera che la risvegliò.

Le implorava, quasi fosse un ordine, di non farsi trovare.

Di non essere scoperti.

Non aveva idea di cosa potesse significare, ma capì che doveva pensare a Jared, e la disperazione che la morte ti porta è tale da farti partire.

Tale da farti preparare uno zaino e scappare via da Edimburgo, scappare via dalla realtà, come se quel segno rosso fatto su Firenze potesse riportarle indietro Peter.

Lo sognava, qualche volta, vedeva l’Italia come la sua salvezza.

Arrivare e trovare il padre, ma sapeva che nemmeno uno dei maghi più potenti di Occulta glielo avrebbe riportato indietro.

Chiuse la mappa, nascondendola nei calzini, ed estrasse quella vecchia scatola nera trovata qualche mese prima.

La aprì, estraendo la bacchetta di legno lasciatagli dal padre.

La osservò, era vecchia, probabilmente nessun mago avrebbe potuto lanciarvi un incantesimo decente.

Ma per un controllatore andava bene, non per lei, certo.

Aveva studiato privatamente per anni come controllare il proprio elemento, era brava, non aveva bisogno di un aiuto da parte della bacchetta per controllare l’aria.

Non capì quando la trovò a cosa potesse servirle, ma in quel momento le fu abbastanza chiaro.

-Jared- lo chiamò, alzando la voce, continuando a guardare la bacchetta

-le solite cose- rispose il ragazzo da lontanto, andando verso il salone -le bottiglie d’acqua, del latte, il pane, del cibo per stasera e da portare, qualche cerotto, un sacchetto con delle monete umane e le coperte che ho trovato prima- continuò senza sollevare lo sguardo, contando sulle punte delle dita se aveva dimenticato qualcosa.

Lay dovette richiamarlo, per fargli notare la bacchetta che aveva tra le mani.

A Jared brillarono gli occhi, non era permesso ai bambini sotto gli undici anni poter esercitare il loro elemento, e Lay cercava di insegnare al fratello le leggi di Occulta anche nel loro caso.

Ma la notte si avvicinava e il freddo anche, e Jared era un controllatore del fuoco, come la madre.

Scansò quel pensiero, felice della reazione di Jared alla vista della bacchetta.

Non sapeva bene come utilizzarla, figuriamoci insegnare come utilizzarla, ma se avesse lasciato Jared libero l’intera casa si sarebbe trasformata il legna da ardere

-bisogna accendere il fuoco- si giustificò, facendo avvicinare Jared a lei.

Si sedettero a terra, mise la bacchetta tra le mani del fratello insegnadogli come tenerla in mano

-concentrati- gli ordinò in tono serio, mettendo la sua mano sopra quella del fratello -sai che succede se non equilibri il tuo elemento-

-moriamo- cercò di riassumere Jared, voltandosi a guardarla.

A Lay venne da ridere, ma si trattenne, gli occhi azzurri del fratello erano così seri eppure così ironici quando aveva pronunciato quelle ultime parole.

-cerchiamo di non diventare cibo per animali, eh?- continuò, facendogli l’occhiolino.

Sentì Jared prendere un lungo respiro, e alzare la bacchetta verso la legna che avevano già trovato lì

-pensa a ciò che vuoi bruciare, punta il tuo obbiettivo e…-

-Lay- la interruppe -se mi lasci fare magari ci riesco-

Lay annuì, prendendo un respiro profondo, cercando di rilassarsi.

La prima volta che le avevano messo in mano una bacchetta aveva quasi staccato la testa alla sua insegnante, sollevandola per più di trenta metri da terra per poi lasciarla ricadere, ma Peter che controllava il suo stesso elemento riuscì a salvare Miss Savior, che si licenziò subito dopo.

I bambini alle prime armi riescono a essere molto più potenti degli adulti, ma molto meno precisi

-però lasciami- continuò Jared, stringendo le labbra

-oh- esclamò Lay, rendendosi conto che gli stava bloccando le braccia -scusa- continuò alzandosi, e allontanandosi.

Guardò Jared rilassare le spalle, e alzare la bacchetta verso la legna.

Desiderava che ci fosse il padre a vederlo, sarebbe stato così fiero di lui.

Quel bambino seduto sul pavimento che bruciava le sue bambole e i fiori del giardino, in quel momento aveva una bacchetta in mano, una bacchetta da cui uscirono poche scintille che si posarono sulla legna accendendola all’istante.

Jared abbassò la bacchetta, soddisfatto, ed una scintilla colpì una delle coperte che aveva trovato pochi minuti sopra.

Lay corse verso le coperte, sentendo un nodo stringerle lo stomaco, saltò sulle coperte spegnendo il fuoco.

E scoppiò a ridere.

Jared lasciò cadere la bacchetta a terra, e si fece abbracciare dalla sorella maggiore, era cresciuto in quegli ultimi mesi.

Abbracciandolo Lay si rese conto che la testa del fratello le copriva tutta la pancia, lo strinse a se

-diventerai molto bravo- gli sussurro, lasciandolo subito dopo per raccogliere la bacchetta e chiuderla di nuovo nella scatola.

Lo guardò mentre esaminava le coperte, solo una si era bruciata, e si chiese a cosa tutto quello li avrebbe portati.

Se Jared avrebbe mai studiato, e imparato come controllare il suo elemento.

 

Ed eccoci a fine capitolo.

Ringrazio tutti quelli che sono arrivati fino alla fine e spero commenterete in molti :)

Potete trovare la mia storia anche su wattpad, con lo stesso nome, mentre lì il mio è 'icanflywithmywings'

 

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Capitolo 2
*** 1.2 ***


Erano passate ormai le nove, Lay aveva cucinato il cibo che erano riusciti a trovare in cucina, levato ciò che avevano preso dall’ultima casa dagli zaini e conservato le bottiglie d’acqua per ripartire il giorno dopo.

Più il tempo passava più il freddo aumentava, la pioggia batteva violentamente sul vetro della finestra e la porta scossa dal vento continuava a stridere.

Vide Jared sedersi sul pavimento vicino al fuoco, tirandosi le gambe al petto per riscaldarsi più velocemente.

Qualche volta nelle varie case abbandonate segnate sulla mappa trovavano dei vestiti, spesso le case erano preparate per ospitarli per più notti nel periodo invernale, ma quella casa non lo era.

Probabilmente il padre pensava potessero arrivarci prima, avevano superato da poche settimane Londra e Lay sapeva che avrebbero presto lasciato l’Inghilterra, anche se non aveva idea di come Peter avesse preparato quel genere di viaggio.

Tirò fuori dai loro zaini una felpa e dei calzettoni che lanciò a Jared, vestito di un semplice pantalone e una maglia di lino vecchia

-grazie- esclamò, infilandoseli velocemente -dormiremo sul divano?-

-vuoi dormire sul tavolo della cucina?- chiese Lay, sorridendo.

Jared scosse la testa, mentre la sorella cercava qualcosa per coprirsi.

Si aspettava di trovare dei vestiti e una casa migliore di quella, non aveva portato altre felpe o indumenti caldi.

Afferrò le coperte posate vicino al fuoco per lasciarle riscaldare, erano logore e puzzavano come se fossero rimaste chiuse per anni.

Spostò il divano più vicino al fuoco, sperando di non sentire il freddo, e si mise una coperta sulle spalle

-però- esclamò -sei stato bravo, le fiamme sono ancora qui-

Jared sorrise soddisfatto, incantato dal caminetto, mentre Lay si sedeva sul divano.

Aveva visto molte volte la sorella maneggiare il suo elemento, quando era bambino lo usava per calmarlo quando piangeva o per farlo divertire.

Spesso organizzavano anche scherzi ben riusciti al padre, in quell’ultimo periodo l’aveva vista difenderlo contro creature che avevano tentato di ucciderli o di catturarli: orchi, troll, stupidi folletti che avevano tentato di derubarli, ma per di più troll.

Era loro il compito di rintracciare i maghi o i controllatori in giro per il mondo, ma sua sorella era più furba e i troll troppo stupidi.

Le bastava qualche parola che loro iniziavano a parlare come se fossero amici da sempre, o fargli vedere che era capace di gestire il suo elemento senza il bisogno della bacchetta e si spaventavano.

Di solito i controllatori imparano da adulti come non essere aiutati dalle bacchette, per Lay era diverso, e più venivano minacciati più diventava forte.

Era molto fiero di lei, quasi incantato, quindi vedere come anche lui riuscisse ad utilizzare il suo elemento lo rincuorò.

Un lampo squarciò il cielo illuminando la fattoria abbandonata che circondava la casa, e un tuono fece tremare persino le pareti.

Lay vide Jared sussultare, e aprì le braccia per farlo sedere vicino a lei e coprirlo con le coperte.

Facevano un gioco, da quando era iniziato questo loro viaggio, nei momenti come questi.

Dove non ti sembra di impazzire solo perché non sei da solo

-secondo te chi abitava questa casa?- le chiese Jared, stringendosi a lei.

Lay si guardò intorno, provando ad immaginare

-io dico una coppia di maghi- azzardò Lay -una coppia molto vecchia, con una casa così piccola perché i figli sono andati via, e i mobili li facevano apparire solo quando ne avevano bisogno-

Jared rise per quella ipotesi, e si finse mago agitato un dito

-puff, lì mettiamo il letto- esclamò indicando il lato opposto alla finestra

-puff, accanto un armadio di acero pieno di vestiti- continuò Lay

-e lì una libreria grande grande-

-nella cucina talmente tanto cibo da scoppiare-

-e in giardino aveva un orto grandissimo- inventò Jared -lui lo coltivava ogni giorno, e lei si occupava invece degli animali che tenevano nel recinto-

-così quando venivano a trovarli i figli portavano i nipoti e li facevano giocare con gli animali-

-si- affermò Jared -avevano le mucche, le galline..-

-i galli- lo interruppe Lay

-e i draghi, quelli blu che piacevano a papà, e persino un grifone- continuò il fratello, ricordando le foto che il padre conservava di un suo vecchio viaggio in Svizzera.

-anche i choiron piacevano a papà, quindi avevano anche quelli- esclamò Lay ridendo della loro immaginazione

-i choiron?- chiese Jared, confuso.

Lay lo guardò con aria seria, alzando le sopracciglia.

-ne portò anche uno a casa- gli suggerì, guardandolo concentrarsi per ricordare.

Aspettò qualche altro secondo, finché gli occhi azzurri del fratello non si posarono su di lei in cerca di un suggerimento

-i maiali con le ali- esclamò, con fare ovvio

Jared saltò sul divano, con la testa tra le mani

-è vero- continuò -quando ti volevamo fare una sorpresa ma ci scappò e poi…-

-..l’ho ritrovato nel bagno- continuò Lay

Jared rise del ricordo, e per un po’ dimenticarono il freddo

-è un po’ che non ti faccio uno scherzetto- attestò Lay, portandosi il mento tra le mani con fare serio, sentendo Jared ridere preoccupato -attento a te, Jared Bell, potrei scatenare la mia furia-

Continuarono a scherzare, finché Lay decise che dovevano dormire, allora abbracciò il fratello per non farlo cadere giù dal divano, e la casa piombò nel silenzio mentre il vento soffiava forte, la porta strideva, i vetri minacciavano di rompersi e il cielo sembrava facesse un indigestione con i suoi tuoni.

-se noi..- cominciò il bambino, stringendo la mano della sorella -..fossimo normali, cosa faremmo? I bambini che hanno una mamma e un papà cosa fanno?-

Lay strinse i denti a quel pensiero, era solo un bambino, e la normalità era avere due genitori.

-ma noi non siamo normali- esclamò Lay facendogli il solletico -noi siamo controllatori - continuò muovendo l’indice in circolo davanti ai suoi occhi, provocando un piccolissimo tornado che lasciò morire nell’aria.

Jared rise di quel vecchio giochetto, ma poi la fermò

-e i bambini controllatori con una mamma e un papà?- continuò.

Lay gli afferrò la mano, e tentò di rispondergli

-loro studiano nelle scuole di Occulta, la capitale della magia e degli elementi, e ogni paese ha una sua Occulta- gli spiegò, esattamente come lo avevano spiegato a lei anni prima -l’Americana si trova vicino New York, quella italiana vicino Firenze e quella inglese tra Londra e Coventry-

-e perché noi non siamo lì? Perché noi non ci facciamo aiutare da quelli come noi?-

-è tardi- lo interruppe Lay, stringendolo nelle coperte -cerca di dormire-

Jared non obbiettò, e in pochi minuti si addormentò con la mano tra le dita della sorella.

Lay si lasciò sfuggire una piccola lacrima, solo perché lui non poteva vederla, allora durante la notte poteva liberare la sedicenne che era in realtà.

Anche lei le voleva delle risposte.

Voleva chiedere perché non l’avevano mandata alla scuola di Occulta invece che farla studiare privatamente, ma il padre era morto e la madre era scappata via.

Molto prima che le potesse anche solo comporle queste domande.

Anche lei voleva sapere perché stavano scappando dalle persone come loro, cosa c’era a Firenze di così importante?

Ma non aveva nessuno a cui chiederlo, così rimase in silenzio, a si addormentò.








 

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