Il Gioco delle Parti

di Isobel_Urquart
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CAPITOLO 1 ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO 2 ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 3 ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO 4 ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO 5 ***



Capitolo 1
*** CAPITOLO 1 ***


1

 

Minerva

 

Sono le due del mattino, una fitta al ventre mi sveglia, il letto è bagnato.

Chiamo mio marito, scuotendolo da suo sonno.

«Cosa... Cosa succede?»

«Il bambino» questa semplice parola lo fa scattare in piedi, i capelli arruffati in testa e le occhiaie profonde sotto gli occhi.

«Per Merlino!» esclama agitato, prendendo la borsa, che è pronta da giorni nell'armadio, e portandomi il soprabito «Pronta?»

Annuisco piano, senza troppa convinzione.

Diventerò mamma.

Posa le mani sulla mia vita e ci smaterializziamo al St. Mary's Hospital di Londra.

É uno dei pochi ospedali nel Regno Unito ad avere un reparto maternità per streghe in dolce attesa, celato agli occhi dei babbani.

Entriamo, la strega alla reception ci chiede di compilare un modulo e ci fa portare una carrozzina.

«Amore, mi porteresti dell'acqua?» gli chiedo, mentre ho un'altra contrazione.

Una medimaga arriva tutta sorridente, si presenta, si chiama Luise, e ci fa strada verso la sala parto.

Si informa sui dolori, tiene il conto delle contrazioni, ci dice di rimanere tranquilli, che andrà tutto bene. Controlla il battito, 132 al minuto.

Si informa sulla nostra situazione tra una contrazione e l'altra. Ci chiede se è il primo figlio, se siamo emozionati, se abbiamo già preparato tutto. Ma più passa il tempo, più aumentano le contrazioni e aumenta il dolore.

Luise mi propone una pozione anestetizzante e senza neanche pensarci le dico di si.

Mio marito mi stringe la mano, mi sorregge a ogni contrazione e mi sposta i capelli dal viso sempre più sudato.

Arriva un infermiere, mi porge una boccetta contenente una pozione bianchiccia e opaca. Nel momento in cui la porto alla bocca, il primo istinto è quello di sputarla, è disgustosa, ma poco a poco il dolore si allevia.

Trattengo le spinte per ore, la medimaga mi ha spiegato che che rischio di uccidere il bambino, è in una brutta posizione e una spinta potrebbe spezzargli il collo.

Panico.

Lui mi sta accanto, ripetendomi che andrà tutto bene, che sono forte, ma ho paura.

Arriva un uomo, si presenta, ma non lo ascolto, concentrata a respirare. Sarà lui a farlo nascere.

Mi dice di iniziare a spingere. Mi dice che si vede la testa e manca pochissimo. Mi dice che è una femmina, mentre uno strillo squarcia l'aria, e posa il corpicino umido sulla mia pancia, che subito si ammutolisce.

L'emozione nel guardare negli occhi la mia bambina, provare istantaneamente amore.

Piacere piccolina, sono la tua mamma.

Mi perdo nell'argento dei suoi occhi e le lacrime sfuggono dal mio controllo.

Rimaniamo soli nella stanza, noi tre.

«Come la chiamiamo?»

-

(trentaquattro anni dopo)

 

Vedo un'ombra sfrecciarmi accanto.

«Isobel! Non correre nei corridoi!»

Si ferma di colpo, voltandosi verso di me.

«Mamma! Ciao, non ti avevo vista» esclama sorridente.

«Dove stai andando tanto di fretta?»

«É tornato» mi spiega «Ho appena ricevuto il suo messaggio, è nell'ingresso che mi aspetta» dice esaltata.

«Salutamelo e non correre, rischi di...» comincio, vedendola poi scivolare a terra «... Cadere» mi avvicino per aiutarla ad alzarsi «Tutta intera?»

«Interissima!» scatta in piedi con un largo sorriso in viso «Ci vediamo dopo a cena!»

«A dopo... E non correre!» dico ad alta voce, ma, ignorandomi, scappa via. Sospiro esasperata.

Almeno è riuscito a tornare per il suo compleanno, non vedevo Isobel così contenta da quando è partito.

Scendo nel seminterrato e mi fermo davanti al dipinto della frutta. Con un dito solletico l'immagine della pera e afferro la maniglia che compare al suo posto.

Un piccolo elfo domestico mi accoglie all'ingresso.

«Buongiorno, professoressa McGranitt, desidera che Gwedh faccia qualcosa per lei?» mi domanda cordialmente.

«Sì, Gwedh, grazie» mormoro «Oggi è il compleanno di mia figlia, per stasera a cena potreste preparare una torta al cioccolato, per favore?»

«Per la signorina Isobel, intende?»

«Sì, la conosci?»

«La signorina Isobel viene spesso a farci compagnia da quando è finita la scuola. Gwedh preparerà la torta preferita dalla signorina e un'altra torta se qualcuno non gradisce» mi risponde allegramente.

«Grazie, molto gentile».

«Vuole anche le candeline, professoressa McGranitt?»

«Sì, grazie».

«Quattordici o trentaquattro candeline?» domanda incerto l'elfo.

Quattordici o trentaquattro? Questo è un bel problema, quante?

«Fai te, Gwedh».

Mi guarda confuso.

«Va bene, signora. Gwedh cercherà di fare il meglio che può».

«Grazie ancora».

-

Severus

 

Mi nascondo nell'ombra di una delle nicchie dell'ingresso, aspettando che arrivi.

«Sev!» compare dal corridoio nord, si guarda intorno, il sorriso che ha in volto si spegne lentamente, non trovandomi «Sev?» sbuffa.

Fa qualche passo verso il corridoio che porta ai sotterranei, ma si ferma a metà e annusa l'aria.

«Sev, sento il tuo profumo, vieni fuori» mormora senza nemmeno voltarsi verso di me.

«Ma io non indosso profumi» borbotto.

Si gira verso di me, correndomi incontro.

«Antipatico!» dice abbracciandomi «Mi stavo preoccupando».

«Sono qua, era solo uno scherzo» la stringo forte «Mi sei mancata scricciolo» le sussurro all'orecchio, sollevandola da terra «E tanti auguri, vecchietta».

«Vecchietta a chi, nonnetto?»

Alzo le spalle.

La guardo incantato. É diversa da come l'ho lasciata tre settimane fa, quando sono partito per conto di Silente, ha un qualcosa di surreale. Sembra più grande.

«Cos'hai, Sev?»

«Nulla» rispondo con un sorriso.

«Vuoi vedere un posto segreto?» mi domanda d'un tratto, esaltata.

«Va bene» acconsento, ritrovandomi quasi immediatamente una benda sugli occhi, mentre lei mormora un incantesimo di fissaggio «E questa perchè?»

«Perchè è un segreto» ridacchia, prendendomi la mano.

Mi trascina nei corridoi, su e giù per le scale, nel silenzio più completo. I nostri passi accompagnati dall'eco che rimbalza sulle pareti in pietra fredda. L'odore di polvere mi solletica le narici, insieme ai pollini che, furtivi, si sono introdotti nel castello. Odio non sapere dove sono, il buio mi disorienta.

Un paio di volte prendo dentro il corrimano di una scala o una statua sul suo piedistallo.

«Alohomora» la sento sussurrare.

«Isobel, dove mi stai portando?»

«Resisti ancora un attimo» ridacchia «Se ti dico di saltare, salti?»

«Dove devo saltare?» domando spaventato.

Un cigolio riempie la stanza.

«Isy...» comincio.

Il cigolio cessa.

«Salta» mi dice.

E io salto.

 

****

Nota dell'Autrice:
Spero vi piaccia, fatemi sapere :)

Link della prima parte della storia >>> http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3064342

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Capitolo 2
*** CAPITOLO 2 ***


«Salta» mi dice.

E io salto.

 

2

 

Dopo una caduta che sembra infinita, affondo in qualcosa di morbido e profumato.

Pochi istanti dopo sento atterrare accanto a me.

Cerco di togliermi dagli occhi la benda, ma è bloccata, come incollata alla mia testa. Sospiro esasperato. Dove mi sta portando? Abbiamo fatto un salto di almeno dieci metri!

L'aria è fresca e umida, un leggero sentore di muschio mi solletica il naso.

«Siamo nei sotterranei?»

«Più o meno» sento le sue labbra sulla mia guancia in un bacio leggero «Vieni, abbassa la testa».

«Isobel, dove siamo?» domando ancora.

«Ora, nella Stanza delle Chiavi».

«Chiavi?» ripeto.

«Chiavi, hai presente? Quelle cose in metallo che servono ad aprire le porte...»

La sento armeggiare, il rumore è effettivamente quello di una chiave che gira nella serratura. Passando attraverso la porta sfioro con le dita il legno rugoso.

La nuova stanza è grande, sento i passi rimbombare nell'aria. Isobel mi trascina attraverso quello che sembra un percorso piuttosto articolato, zigzagando tra gli ostacoli.

Un rumore ci giunge dalla Stanza delle Chiavi.

«Non ti muovere» mi ordina e la sento allontanarsi.

Tasto con le mani intorno a me. Ci sono delle enormi sculture in pietra fredda e liscia. Ne percorro la forma per provare a capire di cosa si tratti, ma sembrano sculture ritraenti persone o armature. Mi sposto a tentoni, andando a sbattere contro qualcosa che sporge, ritrovandomi disteso a terra, con la testa dolorante.

«Sev!» esclama Isobel, correndomi incontro «Ti avevo detto di non muoverti... Stai bene?» sento le sue dita fredde sulla mia pelle.

«Sì, non mi sono fatto troppo male, ma vorrei poter vedere dove vado» mi lamento rimettendomi in piedi. Prendo dentro nuovamente la sporgenza. Grido esasperato.

«Va bene, ti tolgo la benda» sento la punta della sua bacchetta toccarmi sulla nuca e la stoffa cadere.

Nell'aprire gli occhi, la prima cosa che noto è il pavimento bianco e nero. Con lo sguardo cerco contro cosa ho sbattuto.

É una zampa. Una zampa in marmo nero, la zampa di un cavallo rampante.

Intorno a noi due file di sculture in marmo nero.

«Isobel, come hai trovato questo posto?» domando, mentre lei mi porge la benda, completamente ghiacciata, da mettere sulla testa.

«Per caso» mormora sorridente «Non è stupendo?»

«Pensavo avessero chiuso quest'area».

«Ci ho messo due giorni a trovare un modo per aprire la porta della stanza della botola, infatti» mi spiega, alzando gli occhi al cielo.

Scoppio a ridere divertito «Be', alla fine ce l'hai fatta!»

Ci incamminiamo verso l'altro lato della sala, all'altra porta. La prendo per mano.

«Mi sono fatta aiutare da Gwedh, si è smaterializzato nella stanza e l'ha aperta dall'interno».

«Gwedh?» domando confuso.

«É uno degli elfi domestici della scuola, prepara la più buona torta che abbia mai assaggiato» dice con aria sognante.

«Non è che te ne sei innamorata, vero?» chiedo scettico.

«Ma no, Sev» ride «É un amico».

«Va bene» borbotto fingendomi sospettoso.

Entriamo nella stanza che, a suo tempo, ha ospitato un mostro alto nove metri, si sente ancora la puzza ferruginosa del sangue incrostato sulle pareti.

Percorriamo il corridoio che porta alla penultima stanza, quella dove due anni fa allestii il mio enigma di protezione alla Pietra Filosofale.

É più grande di come la ricordavo e c'è decisamente una porta in più.

«É quella da dove salta fuori?» domando indicandogliela.

«Era stata chiusa, un vero peccato visto quanto è carino quello che c'è dietro» sorride divertita.

La guardo sorpreso.

Lei mi fa cenno di andare, di entrare nella stanza.

Varcando l'ingresso rimango senza parole.

Davanti a me un'ampia corte con un corridoio aperto che segue il perimetro, il suolo ricoperto d'erba. Il soffitto è formato da un'alta cupola in acciaio e vetro che poggia sulla base quadrata. Dietro il vetro, l'acqua verde del lago lascia passare la luce calda del sole. Posso intravedere altre porte nel corridoio e sono tentato di spingermi più in là e scoprire a cosa portano, ma mi volto a vedere dove è rimasta Isobel.

Mi sorride e mi raggiunge.

«É un posto magico» mormora al mio fianco «Ho supposto varie cose su questo luogo, ma ho trovato delle cose nelle stanze interne... Devi vedere» mi spiega eccitata.

Mi prende per mano e mi trascina davanti alle porte indicandomele.

«Guarda quegli affreschi» mi indica i dipinti che ricoprono tutta la lunghezza delle pareti, rappresentanti rampicanti in alcuni punti e animaletti dall'estremo realismo nascosti nella vegetazione. Poi col dito mi mostra dei ghirigori dorati sugli stipiti delle porte. Sono scritte, sono incantesimi «Per ogni porta c'è una camera da letto. Ci sono libri, vestiti, giochi...»

Rimango a bocca aperta.

«E non è tutto» continua emozionata «C'è anche una cucina, una biblioteca, un bagno comune, un laboratorio e una specie di palestra. É come un enorme appartamento di lusso e ogni vetrata dà sul fondale del Lago Nero».

«Mi ripeti come diavolo hai trovato questo posto?»

«Ho trovato una porta chiusa ed ero curiosa di scoprire cosa ci fosse dietro».

«E quest'area? Come hai scoperto che c'era una porta?»

«Era diversa la pietra» spiega soddisfatta «É bastato dare un colpetto».

«Incredibile».

«C'è ancora una cosa» dice in un sussurro «E per questa devi chiudere gli occhi».

«Niente più benda?» domando scettico.

«No, mi fido di te, devi solo tenere gli occhi chiusi»

«Va bene, credo di potercela fare» sorrido e chiudo gli occhi.

Mi porta in una stanza, non so dove, poi ci fermiamo. L'odore è di rame e terra.

«Apri» mi sussurra a un orecchio.

La prima cosa che vedo sono io. É il mio riflesso, il mio riflesso in uno specchio.

É uno specchio meraviglioso, alto fino al soffitto, con una cornice d'oro riccamente decorata che si regge su due zampe di leone. In cima, un'iscrizione: “Erouc li amotlov li ottelfirnon”.

Mi rendo conto di che cos'è e, rapido, richiudo gli occhi, girandomi di schiena. Non voglio guardare, non voglio sapere che cosa mi manca, non voglio sapere cosa voglio, non voglio vedere come potrei vivere meglio, se tanto non posso averlo.

«Isobel, tu sai questo cos'è?»

«É uno specchio» mormora «Sev, ho fatto qualcosa di sbagliato? Non bisogna guardarlo?»

«No, tranquilla, si può guardare».

«E tu cosa stai... Facendo?» domanda confusa.

«Isobel, questo è uno specchio magico, si chiama Specchio delle Brame».

«E cosa succede se ti ci specchi dentro?»

«Ti mostra quello che brami più profondamente nel cuore».

«Davvero?» chiede stranita.

Annuisco, spostandomi da davanti al manufatto.

«E tu non vuoi vedere cosa brami più profondamente nel cuore?» dice con un sorriso, facendomi il verso.

«NO!» esclamo, allontanandomi ancora di più.

«Va bene, va bene, non sei obbligato» mormora confusa «Ma perchè?»

Scuoto la testa, sedendomi su uno dei gradini. Isobel si siede accanto a me.

«Tu cosa vedi?» le chiedo curioso.

Si alza, si mette davanti allo specchio, scrutando attentamente la superficie, sospira sconsolata chinando lo sguardo «Vedo solo me».

«Come?»

«Vedo solo me. A quanto pare non bramo nulla nel profondo del mio cuore...» alza le spalle, risedendosi sul gradino.

«Sai, si dice che solo la persona più felice della Terra riuscirebbe a usare lo Specchio delle Brame come un normale specchio, vedendoci dentro sè stesso esattamente com'è» spiego «Tu, Isobel Camille Urquart, sei la persona più felice del reame?»

«Be', credo di potermi ritenere soddisfatta della mia vita, più di quando non c'ero proprio. Diciamo che mi ritengo fortunata di essere tornata e non morta» borbotta «E poi ho te e la mamma, mi manca papà, ma sono sicura stia bene anche dove è ora».

La stringo forte.

«Torniamo di sopra?» le chiedo piano «Fuori di qua...»

«Andiamo» sorride debolmente, mettendosi in piedi.

Ripercorriamo il percorso attraverso le varie stanze a ritroso. La stanza che allestii io, quella dall'odore ferruginoso, la stanza degli Scacchi e quella delle chiavi. L'ultima, quella che era di responsabilità della professoressa Sprite, con il Tranello del Diavolo, dove abbiamo saltato, è vuota, se non per un cuscino, come quello che ho sul letto, con la differenza che è grande almeno cinquanta volte tanto.

«E questo?»

«L'ho ottenuto trasfigurando una piuma in un cuscino e utilizzando l'incantesimo Engorgio due o otto volte nel momento in cui l'ho portato qua. É molto più comodo della scaletta per scendere» alza le spalle.

«E come si torna su?»

Prende la bacchetta e la punta in alto, una scaletta in corda e legno si srotola dal buco della botola.

«Sembra una lunga salita» mormoro tra i denti, facendo il conto di quanti metri sono, da fare sulla scaletta traballante «Non c'è un altro modo per salire?»

«Al momento non ne ho trovati altri».

«Ci penserò io» dico fiducioso nella mia capacità strategica di trovare soluzioni.

«Nel frattempo ti tocca la scaletta» mi bacia sulla guancia e inizia ad arrampicarsi.

-

Isobel

 

Lo vedo tremante mentre si inespica verso la botola e, circa a metà, una mano gli scivola dalla presa, ritrovandosi a gambe all'aria, mezzo immerso nel cuscino di piume.

Scoppio a ridere, senza riuscire a trattenermi, ma ammutolendomi nell'incrociare il suo sguardo.

«Odio salire su 'sti cosi...» sibila, cercando di tirarsi in piedi, ma sprofondando nel morbido.

«Spostati, imbranato!» esclamo, preparandomi a scendere nuovamente.

Salto, librandomi nell'aria qualche istante «Ho un'idea» annuncio, atterrando accanto a lui.

«E che idea?» mi domanda, buttandosi all'indietro, cercando di mettersi seduto.

«Potremmo prendere un tappeto e sedendoci sopra, potremmo fare una cosa tipo tappeto volante» azzardo.

Mi guarda sorridente «Isy, questa è un'idea geniale, se non fosse che non ho visto tappeti nei paraggi».

«Allora potrei usare te come tappeto» propongo divertita.

Rotola verso di me, agguantandomi e tirandomi a sé.

«Che stai facendo, Sev?» ridacchio.

«Abbraccio uno scricciolo rompiscatole» mi sussurra, tenendomi stretta.

«É uno scricciolo rompiscatole che ti può tirare fuori di qui?»

«Sì, credo di sì» borbotta, facendomi rotolare «Anche se prima dobbiamo trovare un tappeto, oppure un cuscino gigante...»

-

Severus

 

«Credi di riuscire a far levitare il cuscino?» domanda con un sorriso.

«Ovvio che sì, signorina. Per chi mi ha preso, per un pivello del primo anno?»

«Perchè, non sei un pivello del primo anno con uno sviluppo precoce?» continua divertita.

«Non sono un pivello. E non ho uno sviluppo precoce. Sono un ragazzo...»

«Ragazzo, Sev?» mi riprende.

«Sono un uomo, con uno sviluppo perfettamente normale» concludo, fingendomi serio.

«Sei un ometto» mormora ridacchiando «Sei il mio ometto».

Mi sento arrossire.

«Dopo cena lo vuoi il mio regalo di compleanno?» dico, cambiando argomento.

«Un regalo?»

«In realtà sono due, con la speranza che ti piacciano» sorrido.

«A me bastava il fatto che fossi tornato in tempo» borbotta a bassa voce, arrossendo.

«Allora sarei dovuto arrivare con un fiocco in testa, avrei fatto più scena».

«Che scemo» scoppia a ridere «Però ti donerebbe molto» mormora, scompigliandomi i capelli «Un bel fiocco d'argento, metterebbe in risalto i tuoi occhi» continua.

«Ma anche no!» brontolo, mettendomi in piedi e aggrappandomi alla scaletta con una mano, mentre con l'altra prendo la bacchetta.

L'enorme cuscino dopo un leggero scossone, si alza lentamente, levitando, pressoché come un insolito ascensore, arrivando poco a poco fino al soffitto.

«Salta su».

-

Isobel

 

Siamo davanti alla porta dell'appartamento.

Io, nella mia forma adulta, in un abito elegante, come richiesto dalla mamma. Severus, in piedi accanto a me, in camicia bianca e jeans neri, i capelli pettinati e l'aria funerea.

«Che ore sono?» domando confusa.

«Sono le otto...» si guarda intorno con aria circospetta, annusando l'aria «Tua madre ha organizzato una cena coi parenti?»

«Non mi pare» mormoro «Perchè?»

«Perchè sento puzza di Alan McGranitt».

Lo guardo divertita «Ma smettila, Sev!» gli prendo il braccio «Vedrai che andrà tutto bene».

«E allora andiamo...!»


****

Nota dell'Autrice:
A venerdì prossimo con il prossimo capitolo :)

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Capitolo 3
*** CAPITOLO 3 ***


«Sono le otto...» si guarda intorno con aria circospetta, annusando l'aria «Tua madre ha organizzato una cena coi parenti?»

«Non mi pare» mormoro «Perchè?»

«Perchè sento puzza di Alan McGranitt».

Lo guardo divertita «Ma smettila, Sev!» gli prendo il braccio «Vedrai che andrà tutto bene».

«E allora andiamo...!»

 

3

 

«Buonasera!» esclama una vistosa zia Mary «Siete qui per la festa di Isobel?»

Sento Severus irrigidirsi accanto a me.

«Mary! Lascia, faccio io» interviene mia madre, comparendo alle sue spalle «Tesoro, ti sta benissimo quel vestito» dice raggiante, lasciandoci entrare.

«Mamma, non dovevamo essere solo noi?» domando in un sussurro, aprendo un largo sorriso di celato disagio nel vedere tutti gli zii e i cugini, comodamente seduti nel soggiorno.

Stringo la manica di Severus, mentre zio Malcom, zia Roslin e zio Robert si alzano per salutare.

«Piacere, siamo gli zii di Isobel» dicono con gentilezza «E lei è il professor Piton, ci siamo conosciuti il Natale scorso».

«E io sono Isobel» butto lì, mantenendo un sorriso tirato.

«Isobel?» domanda zia Mary «Ti ricordavo più... Giovane?»

«Sì, ogni tanto prendo una pozione che mi fa diventare grande per qualche ora» mormoro a denti stretti «Non mi aspettavo di vedervi tutti qui. E il nonno?»

«Il nonno è in vacanza» dice velocemente mia madre, invitando tutti a risedersi sui divani e sulle poltrone comparse per magia nella stanza, mentre lei sistema una cosa.

Vedo lo sguardo di Severus evitare forzatamente di incrociare quello di Alan, fisso, invece, su Sev. Johanne e Richard, i miei cugini più grandi, non ci sono, ma in compenso, gli altri ragazzi sono tutti presenti. Sento gli occhi degli zii fissi su di me, mentre noto la piccola Grace osservare sognante Severus.

«Auguri Isobel!» esclama zia Ros, come ricordandosi all'improvviso essere il mio compleanno e, insieme a lei, gli altri.

La conversazione finisce lì, fino a che non torna la mamma e con un gran sorriso, ci chiede se vogliamo sapere una cosa speciale.

Nascosta tra le pieghe della gonna del mio vestito stringo la mano di Severus, lieta che sia accanto a me, sapendo quanto gli costi essere presente a incontri di famiglia tipo questi.

«Quest'anno Hogwarts ospiterà il Torneo Tre Maghi» annuncia mia madre, rompendo il ghiaccio.

I ragazzi, che fino a pochi istanti fa, erano con la testa altrove si voltano verso di lei.

«Cos'è?» domanda Alan incuriosito.

«Il Torneo Tre Maghi è una competizione che si tiene tra gli studenti di tre diverse scuole di magia: Hogwarts, Durmstrang e Beauxbatons» interviene lo zio Robert «Ma credevo l'avessero abolita a causa delle morti...» continua.

«Morti?» chiede incerta la piccola Annie.

«Sì, le prove del Torneo sono molto difficili e pericolose. Molti partecipanti ci lasciano la vita» spiega la zia Roslin.

«Sì, ma per qualche sconosciuto motivo, quest'anno si terrà nuovamente. Ospiteremo per alcuni mesi studenti delle due scuole straniere che abbiano raggiunto la maggiore età» dice piano la mamma.

«Come Luis!» esclama Alan.

«Come me!» esclama Luis.

«Ma anche Simòn e Brian» aggiunge un sorridente cugino.

«Sarebbe splendido!»

«Immagino» sibila Severus, talmente piano da poterlo sentire solo io.

«É il motivo per cui sulle lettere è stato richiesto di portare un abito elegante?» domanda zia Mary.

«Sì, si terrà un ballo».

Sorrido immaginando Sev in smoking mentre danza su una pista da ballo. Mi rifila un'occhiataccia disperata.

«Ma non avete fame?» domando, cambiando argomento.

-

Severus

 

Le luci si spengono all'improvviso.

Prendo la bacchetta.

«Isobel, tutto bene?» le chiedo in un sussurro.

«Sev, non credo ci sia da preoccuparsi» mi tira la manica, facendomi sedere.

I presenti intonano una canzoncina di auguri, mentre le luci delle candeline su una torta si illuminano in mezzo alla stanza.

Incontro lo sguardo di Isobel che mi sorride allegra.

Si accendono le luci, tra le mani della professoressa McGranitt una torta ricoperta di cioccolato e panna, alta almeno una spanna. La posa davanti alla festeggiata e noto la sua sorpresa contando le candeline.

«Ti facevo più giovane» le dico un un sibilo.

Scoppia a ridere.

«Esprimi un desiderio!»

Chiude gli occhi, pochi istanti e prova a spegnerle tutte, finendo il fiato.

«Mamma, capisco quattordici, capisco anche trentaquattro, ma...» finisce di contare «Quarantotto!» sorride.

«Se guardi bene, sono di colore diverso» le fa notare «Quattordici rosse e trentaquattro dorate. Un'idea di un elfo domestico giù nelle cucine».

-

Usciamo finalmente dall'appartamento, mi sento più leggero.

«Sai che l'anno prossimo, Annie frequenterà Hogwarts?»

«Vuoi dire che avrò un'altra McGranitt a cui badare?» domando impassibile mentre scendiamo verso i sotterranei.

«Non farne un dramma, Annie è simpatica» sorride «E non sei mica obbligato a vederla al di fuori delle lezioni...»

«Come chi?» chiedo con nonchalance.

«Stai forse insinuando qualcosa?»

«Tipo cosa? Che c'è una ragazzina della scuola con cui passo la maggior parte, se non quasi tutto, il mio tempo libero» dico con malizia.

«Mica ti obbligo» borbotta arricciando il naso «Se preferisci, non appena inizia la scuola, non ti vengo più a trovare».

Non sia mai.

«Fai pure...» mormoro.

«Va bene» dice seria.

«No, aspetta, sto scherzando!»

«Oramai è detto» continua, entrando nei miei alloggi e lanciandomi il soprabito.

Richiudo il ritratto alle mie spalle.

«Dai, Isy... Stavo scherzando» ripeto, seguendola in camera e buttandomi sul letto, mentre lei entra in bagno, lasciando la porta socchiusa.

«Tranquillo, Sev» apre l'acqua, bagnandosi il viso e sciogliendosi i capelli «Comunque è andata bene, nonostante la sorpresa».

Sorrido, osservandola dallo spiraglio della porta, fino a che non le dà un colpo con un piede. Rimane comunque leggermente aperta.

«Sì, senza tener conto di come tuo cugino mi ha mandato maledizioni tutta la sera» borbotto, mentre la vedo slacciarsi il vestito nel riflesso dello specchio, girata di schiena, seguendo la linea morbida della schiena.

Mi costringo a distogliere lo sguardo. Apre l'acqua della doccia.

Mi alzo rapido e in soggiorno prendo lo scatolone con il regalo di Isobel, per poi tornare in camera e nasconderlo sotto il letto.

«Isy, posso entrare un attimo per lavarmi la faccia? Non guardo» dico affacciandomi alla porta.

«Sì, Sev» ridacchia «Il bagno è il tuo».

«Ma finchè ci sei dentro te, meglio chiedere» le rispondo pacato.

«Mi passi l'accappatoio, per favore?»

Prendo il mio accappatoio e glielo porgo.

«Se ti sistemi, c'è il tuo regalo che ti aspetta».

«Regalo?» domanda, mettendo la testa fuori dalla tenda.

«Te ne eri già dimenticata?» incontro il suo sguardo «Isobel, mi stai allagando il bagno con i tuoi capelli gocciolanti».

«Veramente ricordavo fossero due...» sibila sorridente.

«Be', uno erano i biglietti per i posti privilegiati per la Finale della Coppa del Mondo di Quidditch» butto lì.

«Posti privilegiati?» domanda, uscendo dalla doccia, fradicia e gocciolante, lasciando impronte d'acqua sul pavimento «Come li hai avuti?»

«Caramell mi doveva un favore».

«Un favore dal Primo Ministro, che... Onore?» sorride divertita «Cos'hai fatto per ottenere un favore da Caramell?» domanda, strofinandosi la testa con un asciugamano.

«Sembri un barboncino bagnato» le faccio notare divertito.

«Uhm... Mi piacciono i barboncini!»

Si fionda in camera, buttandosi sul letto.

«Isobel, un po' di contegno» borbotto, distogliendo lo sguardo e arrossendo.

«Dai, piantala Sev! Fammi vedere il regalo» dice emozionata.

«Cos'è tutta questa fretta?»

«Sono curiosa» mormora divertita «L'ultima volta che mi hai fatto un regalo mi hai quasi avvelenata».

«Ma non è stata colpa mia» replico «Potter e Black mi hanno compromesso la pozione, sarebbe funzionata sicuramente se non avessero aggiunto chissà cosa» sospiro.

«L'idea era buona, ci hai più riprovato?»

Una Pozione Levitante modificata per avere un effetto prolungato, controllato e da poter utilizzare anche all'aperto. L'intento era quello di regalare la possibilità a Is e me – Lily soffriva di vertigini - di volare sopra le nuvole senza l'uso di scope o animali volanti. La possibilità di galleggiare nell'aria, liberi.

«No, non ci ho più riprovato» dico a mezza voce «Ci proverò... Ma non prima di essermi riscattato per quel disastro!» prendo da sotto il letto lo scatolone e glielo metto davanti delicatamente.

«Non è impacchettato benissimo, forse, ma sono certo che ti piacerà».

«É pericoloso?»

«Più che altro peloso e coccoloso».

Mi guarda stranita.

«Mi hai regalato un cucciolo?» domanda incerta.

«Aprilo» la incito.

Solleva il coperchio. Sul volto le si dipinge un'espressione di stupore e subito mette le mani nella scatola per prendere la palla di pelo che dorme ancora come un ghiro.

«Ma è... É un Puffskein!» esclama con gli occhi che brillano.

«Ti piace?» le chiedo, sapendo già la risposta.

«Sì!» posa l'animaletto nella scatola e mi salta al collo, abbracciandomi «Grazie, Sev».

«Prego, scricciolo».

«Ha già un nome?» domanda, guardando con dolcezza l'animaletto.

Scuoto la testa «Però secondo me ci starebbe bene Dark Fener» mormoro ridendo.

«Dark Fener?»

«Sì, come quello dei film babbani!»

«Sev, ma che stai dicendo?» mi chiede incerta scoppiando a ridere.

«Dark Fener, quello che fa: “Luke, io sono tuo padre”» dico, con voce gracchiante, mettendo la mano davanti alla bocca.

Continua a ridere, incerta e divertita.

«Prima dell'inizio della scuola ti porto a vedere un film in un cinema babbano».

«Sì!» esclama lasciandosi cadere su di me «Come quando siamo andati a vedere “La Fabbrica di Cioccolato”!»

«É stato bello» ricordo con piacere.

Era la sera di ferragosto e nel quartiere avevano allestito un cinema all'aperto. Quanti anni avevamo? Dieci forse? Ed eravamo senza i soldi per il biglietto.

Ci siamo arrampicati sull'albero più alto, accomodandoci sui grossi rami e rimanendo a chiacchierare fino a tarda notte una volta finito il film.

Rimane tutt'ora il più bel film tra i pochi – purtroppo – che abbia visto in vita mia, tra una missione e l'altra, negli ultimi vent'anni.

Non che un emissario del Signore Oscuro e una spia del grande Albus Silente abbia molto tempo libero per lo svago personale, soprattutto ora che ho pure il compito di fare da balia al moccioso.

«E Dark Fener sia!» sorride.

 

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Capitolo 4
*** CAPITOLO 4 ***


«E Dark Fener sia!» sorride.

 

4

 

Isobel

 

É il giorno della Finale.

La sveglia è alle sei, ma io non sono riuscita a dormire ed è ancora presto.

Fener è accoccolato sulla mia gamba col pelo arruffato, il movimento dei polmoni che si gonfiano è accompagnato da un leggerissimo sibilo.

Accanto a me Severus dorme accoccolato al mio cuscino, che nella notte mi ha molto gentilmente sottratto e, invano, ho cercato di riprendermi, per poi venir intrappolata dal braccio pesante intorno alla mia vita, senza via di fuga.

Osservo il suo viso da vicino, ne assaporo il profumo dei capelli, sanno dello shampoo alle erbe che mi piace tanto. Gli occhi che si muovono sotto le palpebre abbassate, le labbra un poco dischiuse e la ricrescita della barba sul mento e sulle guance.

La mia mano è appoggiata sul suo collo, le dita immerse nei capelli scompigliati.

Mi avvicino per baciarlo sulla punta del naso.

Lo sento trasalire, le labbra che si muovono, farfugliando parole incomprensibili.

La sua mano che mi tira a sé, stretta insieme al mio cuscino.

«Isobel...» mormora a mezza voce.

«Sev?»

«Isobel vieni qua».

«Sono qua con te» gli rispondo piano.

«Qua» ripete, stringendomi ancora.

Sorrido contenta, lasciandomi coccolare.

-

Severus

 

Con un occhio a coccodrillo nei ricci neri, mi sveglio con il suono persistente e martellante, la luce tenue della candela.

«Sev, spegnila...» dice in un sussurro, con il viso sprofondato nel mio petto.

«Dobbiamo alzarci, Isy» le rispondo, tastando con la mano sul comodino.

«Cinque minuti».

«Dai, pigrona» la scuoto dolcemente, rotolando giù dal letto e scivolando nel bagno.

-

Isobel

 

Mi ritrovo da sola nel letto e un brivido mi percorre lungo la schiena, nonostante sia estate, nei sotterranei la temperatura resta bassa tutto l'anno.

Mi schiaffeggio piano la faccia, cercando di svegliarmi un po'. Fener rotola tra le coperte, brontolando per essere stato svegliato.

«Sev, posso entrare?» domando a mezza voce.

«Se non ti imbarazza...» mormora «Non abbiamo molto tempo, alle otto in punto abbiamo la passaporta a Hogsmead».

Apro la porta. É in piedi davanti al lavandino, indossando solo un paio di boxer, mentre con attenzione si fa la barba, con gli occhi fissi nei suoi nello specchio.

«Sai che ti starebbe bene un po' di barba?» dico, pucciando il dito nella schiuma da barba che ha sul viso e mettendogliela sulla punta del naso «Molto meglio» sorrido compiaciuta.

Lo vedo alzare un sopracciglio, perplesso, un secondo prima di voltarmi e sfilarmi il pigiama, rimanendo in canottiera e mutande.

«Sai che starebbe bene un po' di barba pure a te?» sibila alle mie spalle. Mi si piazza davanti con la mano colma di schiuma bianca.

«Non farlo...» mormoro a denti stretti, arretrando «Non farlo, dai».

«Perchè no?» domanda con un sorriso smagliante.

«Perchè poi mi sporchi tutta».

«Ma dovresti farti la barba. Tipo qua...» continua, spalmandomela in viso «E qua...» e sulle braccia «E qua!» riempiendomene i capelli. Scoppia a ridere, mentre cerco il mio riflesso, completamente imbrattato, nello specchio.

«Peccato che ora io abbia questo impulso irrefrenabile di abbracciarti» sibilo divertita, allargando le braccia ricoperte di schiuma e stringendolo forte.

«Antipatica» dice serio, pochi istanti, per poi spalmando meglio la schiuma un po' su di me e un po' su di sè, ridendo divertito.

«Perderemo la passaporta» gli faccio notare allegramente.

«La prenderemo, tranquilla».

-

Severus

 

Scendiamo fino al villaggio a passo sostenuto. Isobel, nella sua forma adulta, saltella come una capretta sui grossi sassi a bordo del sentiero, con la sua borsa in spalla.

Al nostro arrivo, davanti a “I Tre Manici di Scopa”, vi troviamo un signore con la moglie e due bambini di otto o nove anni al massimo, che indossano una divisa da Quidditch sui toni verdi e bianchi, in onore della squadra irlandese, in attesa davanti a una caffettiera posata a terra.

Il mio orologio segna le sette e cinquantasette.

«Sev, vieni qua» mormora, ridacchiando.

«Che c'è?»

«Hai ancora un po' di schiuma».

Ancora? Non è possibile...

Sorrido ripensando alla battaglia di schiuma nel bagno.

Con le dita scivola delicatamente dietro il mio orecchio, pulendomi dei rimasugli.

«Fatto».

«Andiamo ora» mormoro, avvicinandomi alla caffettiera. I signori con i figli sono già in postazione, ci mettiamo tutti intorno all'oggetto.

«Salve!» esclama la donna allegra, guardandoci «Noi siamo i Bismarck e voi chi siete?»

L'uomo nel frattempo tiene gli occhi puntati sul suo orologio da taschino, con un dito che tocca la passaporta.

«Anche voi a vedere la Finale della Coppa del Mondo?» domanda ancora.

«Sì» rispondo tetro. Troppo impicciona per quanto mi riguarda.

«Bene, bene, dove alloggerete? Di dove siete? Chi pensate che vincerà? Per chi fate il tifo? Siete sposati? Siete fidanzati? O siete solo amici?» domanda senza prendere fiato con uno sguardo allucinato.

Scambio un'occhiata perplessa con Isobel, che ricambiando, mi prende la mano e la stringe forte.

Prima di poter rispondere, fortunatamente, l'uomo comincia con il conto alla rovescia «Tre...» mi avvicino a lei «Due...» con il braccio le cingo la vita «Uno...» si volta verso di me, incontrando i miei occhi ed è l'ultima cosa che vedo prima di sentirmi arpionato per l'ombelico e l'abituale disorientamento della smaterializzazione mi assale.

Mi ritrovo stretto a Isobel, in piedi, in una stradina deserta che si inoltra appena in un boschetto sul ciglio della strada principale, nascosto dalla nebbia fitta, mentre noto i due bambini barcollare a terra con la madre e l'uomo restare dritto e in equilibrio con espressione seria.

«Passaporta delle otto dal villaggio di Hogsmead!» dice uno dei due uomini davanti a noi, entrambi camuffati malamente da babbani.

«Bismarck e Piton?» domanda l'altro uomo, prendendo la caffettiera e buttandola in uno scatolone lì accanto.

«Sì» dice il signor Bismarck, mentre io mi limito ad annuire.

«Allora, famiglia Bismarck... A destra, sempre dritto, il primo campeggio, chiedete di Michael McKlaren» il primo uomo controlla la lunga pergamena su cui legge il suddivisione e posizionamento degli arrivi «Piton, voi siete nel terzo campeggio a sinistra, il direttore si chiama Roberts, è a circa un chilometro da qua».

-

Isobel

 

Camminiamo da mezz'ora ormai, ma del terzo campeggio non c'è traccia.

«Isy, tutto bene?» mi domanda.

«Sì, Sev, ma non è che l'abbiamo già passato e dalla tanta nebbia non l'abbiamo visto?»

«Non so, mi sembra strano, ma potrebbe anche essere, se hanno messo incantesimi di protezione...» mormora «Camminiamo ancora un po', se poi proprio non troviamo nulla, mi smaterializzo e poi torno a prenderti».

Continuiamo a camminare, quasi non lo vedo per la nebbia, ma so che c'è e mi stringe la mano.

Dopo quasi quarantacinque minuti intravediamo una piccola casa vicino a un cancello, oltre il quale, centinaia sagome spettrali e altrettante tende sono erette sul fianco di un grande campo che sale dolcemente verso un fitto bosco all'orizzonte.

Sull'ingresso c'è un uomo in custodia dell'accampamento.

«Buongiorno» dice Severus educato.

«Buongiorno, sono John Roberts, avete prenotato?»

«Sì, a nome Piton, per una notte, in una delle vostre casette di legno».

«Ah, sì, signor Piton! Seguitemi, da questa parte».

«Fermo, ci penso io, signor Roberts» interviene un uomo in kilt, con una spessa canottiera di lana rossa a pois blu, in testa, un elmo romano in ferro con il pennacchio.

«Sono Raspinio, un organizzatore dell'evento e vi accompagnerò al vostro bungalow, se avete bisogno di qualcosa, sono a vostra disposizione».

Camminiamo attraverso una distesa di tende particolarmente singolari. Si vede il tentativo di farsi credere babbani, ma alcuni tradiscono il loro essere maghi con alti camini fumanti, giardini fioriti, fontane con uccellini o tende grandi come case.

Arriviamo davanti a una delle casette in legno. Non è molto grande, sarà una stanza appena, forse senza nemmeno il bagno.

«Questa è la chiave e questa è la mappa del campeggio, vi auguro un buon soggiorno» fa un piccolo inchino e saltella via.

«Staremo un po' stretti...» mormoro.

«Avrò una scusa in più per starti appiccicata» dice in un sussurro, facendomi arrossire.

Aprendo la porta, davanti a noi, un piccolo appartamentino creato con la magia.

Una camera da letto, un bagno e un piccolo soggiorno con cucina e tavolo da pranzo.

«Uffa» la sento sbuffare.

«Cosa?»

«Niente più scusa» dice con disappunto.

Sorrido, stringendola a me.

«Non ti servono scuse, scricciolo...»

Un aeroplanino di carta si scontra con la mia testa, cadendo nelle mie mani. Dispiegando la carta vi trovo un messaggio del Primo Ministro che ci invita a bere un té nella sua “casetta da babbani”.

-

«Professor Piton!» esclama una voce alle nostre spalle «Che piacere vederla. Venga, venga, si accomodi! Desidera del tè?» Caramell ci sta venendo in contro con un grande sorriso.

«Buongiorno Ministro» dico tranquillo, stringendo con la mia mano la mano di Isobel, nascosta dietro di me.

Ci accomodiamo su un divanetto, mentre un vassoio fluttuante ci porta due tazze di té fumante.

«Che signorina incantevole, è la sua fidanzata?»

-

Isobel

 

Mi sento arrossire e la presa di Sev sulla mia mano si fa più forte.

Dopo qualche istante di silenzio, il volto dell'uomo tradisce la sua perplessità.

«Sì, lo sono» dico con un largo sorriso.

«Davvero?» domanda il Ministro incredulo.

«Lo sei?» domanda Severus più incredulo «Certo che lo sei» concorda con un sorriso.

Prendo tra le mani la tazza bollente.

«E quando vi sposate?» chiede allegro.

Severus mi guarda per un istante esasperato.

«L'anno prossimo, signor Ministro».

«Non so nemmeno il vostro nome...»

«Isobel Urquart, signore».

«Parente del grande Elphistone Urquart, per caso?»

«Era mio padre».

«Era?» domanda confuso l'uomo «Gli è successo qualcosa?»

«É morto, signor Ministro» risponde Sev, anticipandomi.

«E cos'è successo? Mi sembrava perfettamente in forma l'ultima volta che l'ho visto...»

-

Severus

 

Negli occhi di lei leggo lo sconforto.

«Signore, è morto circa vent'anni fa» mormoro piano.

«No, impossibile!» scoppia a ridere «Questo è uno scherzo, vero? L'ho visto appena tre giorni fa! É anche grazie a lui che possiamo tenere la Coppa del Mondo di Quidditch senza preoccuparci dei troppo babbani...» spiega «Un gran lavoratore, ma non sapevo avesse una figlia».

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Capitolo 5
*** CAPITOLO 5 ***


«Signore, è morto circa vent'anni fa» mormoro piano.

«No, impossibile!» scoppia a ridere «Questo è uno scherzo, vero? L'ho visto appena tre giorni fa! É anche grazie a lui che possiamo tenere la Coppa del Mondo di Quidditch senza preoccuparci dei troppo babbani...» spiega «Un gran lavoratore, ma non sapevo avesse una figlia».

 

5

 

Isobel trema accanto a me, la tazza, con uno schianto, cadendole dalle mani è ridotta in mille pezzi sul pavimento.

«Signorina Urquart tutto bene?» domanda.

«Signor Ministro, con tutto rispetto, ma la mia fidanzata» mi fa effetto dirlo, mi suona strano «Ha sempre pensato che suo padre fosse morto, non crede che possa essere un po' uno shock per lei?»

«Non credevo facesse sul serio, professor Piton» risponde scandalizzato «Ma il Elphistone Urquart lo conosco di persona e posso assicurarvi che è decisamente vivo».

«Potrebbe metterci in contatto con lui?» domanda Isobel, come risvegliandosi.

«Certo, ma non prima che finisca la Coppa del Mondo, c'è moltissimo lavoro da fare» spiega.

«Va benissimo» dice seria «Ora, se non le dispiace, avrei bisogno di riposare qualche ora prima della partita».

«Ovviamente» mormora «Ci incontriamo più tardi, allora».

«A più tardi» biascico, uscendo dalla porta.

-

Isobel è sdraiata sul letto a fissare il muro da un paio d'ore ormai. Dice di non aver fame, nonostante l'ora di pranzo sia già passata da un pezzo.

«Isy, tesoro, mangia qualcosa...» le sussurro, sdraiandomi accanto a lei sul letto e avvolgendola con le braccia.

«Non ho fame, Sev».

«Allora, alzati che andiamo a fare una passeggiata» propongo.

«Così magari lo incontro pure...» mormora sconsolata.

«Isy, non ti preoccupare, vieni con me» dico tranquillo «Si chiarirà tutto».

Si volta verso di me «Credi che se gli inviassi un gufo, la lettera gli arrivi?»

«Credo di si, ma Caramell ha detto che è molto impegnato, potrebbe volerci un po'».

«Non importa» dice in un soffio, voltandosi verso di me «Cosa dirà la mamma? Come la prenderà? Non tornerà a stare male?» domanda con le lacrime agli occhi.

«Isobel, non ti preoccupare, tua madre è forte e anche tu lo sei, andrà tutto bene».

Un gong rimbomba nell'aria.

«É ora di andare» le sussurro «Ti va di fare una cosa?»

«Cosa?»

«Lo stadio è dall'altra parte del bosco, dall'altra parte del campeggio... Tu tecnicamente sei maggiorenne quindi possiamo smaterializzarci direttamente allo stadio, senza ritrovarci in mezzo alla folla. Ti va?»

Annuisce piano, accennando un sorrisino timido.

«Allora prendi qualcosa per coprirti, io cerco qualcosa da mangiare da portarci dietro. E fammi un bel sorriso, che il fatto che tuo padre sia vivo è una bella cosa!»

«Hai ragione» mormora, col viso che le si illumina.

-

Isobel

 

Siamo in fila all'ingresso, nonostante la smaterializzazione siamo stati preceduti.

«Professore!» esclama Caramell alle nostre spalle, raggiungendoci «Cosa fate in fila? Per la tribuna d'onore si va da questa parte!»

«Oh, grazie» mormora Severus.

«E lei, signorina Urquart, sta meglio?» mi domanda, cingendomi le spalle con un braccio. Severus diventa paonazzo, stringendomi la mano.

«Sì, signore. Mi scuso per prima, ma la notizia mi ha lasciata... Perplessa».

«Ma si figuri, mi scuso io per averla turbata, non pensavo che, vede, un bravo mago come Elphistone, non credevo nascondesse un segreto di così grande importanza».

Saliamo le scale all'interno dello stadio, ricoperte da centinaia di tappeti viola, saliamo, saliamo quasi fino in cima. Caramell mi tiene la mano sulla schiena accompagnandomi nella salita, mentre Severus, in un silenzio tombale, mi tiene la mano, subito dietro di noi.

Prima dell'ultimo pino c'è un piccolo bar con tavolini alti e sgabelli, tutti sui toni del viola e dell'oro.

«Primo Ministro, la signorina Urquart e io pensavamo di prendere qualcosa da mangiare prima della partita, vi raggiungiamo quando comincia».

«Certo, certo, più che logico! Be', vi auguro buon appetito, allora» alza il cappello «Signorina, professor Piton» e sale l'ultima rampa di scale.

«Sev, tutto bene?» domando preoccupata, voltandomi verso di lui. Rosso in viso, annuisce senza troppa convinzione.

«Vuoi qualcosa dal bar?» chiede.

«Non so, guardo cosa c'è, tu vuoi qualcosa?»

«No...» mi porge qualche moneta, sedendosi a uno dei tavolini.

Mi avvicino al bancone, dietro di esso un uomo vestito di tutto punto sta asciugando un bicchiere con uno strofinaccio.

«Buonasera signorina, cosa desidera?»

«Buonasera, cosa vendete?»

«Non vendiamo nulla, per i maghi della tribuna d'onore è già tutto pagato».

«Oh, allora, avete un pacchetto di Api Frizzole e del succo di zucca?» domando, sentendo alle mie spalle una voce fin troppo conosciuta.

«Professor Piton» mormora preso alla sprovvista il biondino Serpeverde, che risponde al nome di Draco Malfoy.

Mi spingo verso l'angolo del bancone, dove una grossa pianta dai fiori viola dà i primi segni di sofferenza e mi ci nascondo dietro, spiando la scena.

Insieme al Malfoy ci sono un uomo, che riconosco come Lucius Malfoy, quasi per niente diverso da quando frequentava la scuola, e una donna, biondissima come il marito e il figlio, alta e sottile, potrebbe essere particolarmente affascinante se non fosse per l'espressione corrucciata che ha in viso, di sdegno e superiorità.

«Severus, che sorpresa trovarti alla tribuna d'onore» sibila Malfoy Senior.

«Non è una sorpresa invece trovare voi» risponde gelido, con un sorriso rigido.

«Sei qua da solo?» domanda divertito l'uomo, con tono sarcastico.

«Io...» comincia incerto.

Odio come gli parla, non ha nessun rispetto per lui. Ma ho un'idea.

Agisco rapida con la bacchetta.

«Severus, chi sono questi signori?»

-

Severus

 

Isobel, i ricci neri ora castani e i suoi begli occhi d'argento tramutati in blu.

«Severus?»

I Malfoy sono senza parole, la osservano incerti.

«Sono qui con lei» rispondo a Lucius.

Sorride molto cordiale, porgendo loro la mano «Sono Is...Iside, la fidanzata di Severus».

L'uomo dischiude appena la bocca, incredulo, mentre il figlio sgrana gli occhi, guardando prima me e poi lei.

«Esattamente» annuisco «Is, loro sono Lucius e Narcissa Malfoy e loro figlio Draco».

«Piacere di conoscervi» dice allegra.

«Piacere nostro» risponde la donna, stringendo la mano a Isobel, accennando un sorriso.

«Be', noi andiamo a sederci. A dopo...» ci salutano tranquillamente, salendo poi le scale fino alla tribuna.

«Tu mi farai morire prima o poi» mormoro a mezza voce, abbracciandola.

«Non prima di avermi sposato, professore» sorride divertita, accarezzandomi la guancia.

Prendo la bacchetta e la faccio tornare con i capelli neri e i suoi bellissimo occhi.

Voglio baciarla. Posso farlo?

Le labbra morbide, le lunghe ciglia.

Sono sempre più vicino. Forse posso...

Il profumo dolce.

«Signorina» la chiama il mago dietro il bancone «Quello che ha richiesto».

Sospiro, mentre si allontana, prendendo dal barista una bottiglietta di vetro colma di succo arancione e una scatolette ermetica, anch'essa in vetro, con dentro un paio di manciate di Api Frizzole.

«Saliamo anche noi?» domanda.

«Va bene» mormoro con tono di arresa, con un sorriso.

Prima di salire le scale trasfigura nuovamente il suo aspetto, i capelli castani, ma più scuri, per non confondere troppo anche Caramell.

«Sono fortunato ad averti come fidanzata in prestito» le sussurro all'orecchio, un attimo prima di raggiungere il piano di tribuna. Fortunatamente non c'è molta luce e nessuno, Draco Malfoy a parte, si volta a guardare. Raggiungiamo gli ultimi due posti liberi di testa della seconda fila, nella penombra.

La vista è meravigliosa da qua.

Con orrore, all'improvviso, noto una serie di teste rosse sedute nella fila davanti alla nostra. E ovviamente, dove ci sono i Weasley, ci sono anche Potter e Granger. Dovremo filarcela in fretta alla fine della partita, meglio non rischiare.

Uno degli uomini seduti vicino a Caramell prende parola nello stadio utilizzando un Sonorus «Signore e signori... Benvenuti! Benvenuti alla finale della quattrocentoventiduesima Coppa del Mondo di Quidditch!»

Un boato si leva dalla folla.

«E ora, senza altri indugi, permettetemi di presentarvi... Le Mascotte della Nazionale Bulgara!»

Il frastuono copre i miei pensieri.

Isobel mi stringe la mano, gli occhi puntati sul campo, dove centinaia di donne bellissime si riversano sul prato. Veela.

-

Isobel

 

Severus ha un'espressione strana.

Le donne stanno danzando e tutti gli uomini ne sono incantati e affascinati.

Vedo Potter cercare di spingersi oltre il muretto della tribuna e Weasley tentare un salto acrobatico in piedi sulla sua poltrona. La Granger e la giovane Weasley cercano di fermarli anche gli altri ragazzi seduti con loro. Noto Caramell invaghito dalla musica, con le braccia spalancate, approssimandosi al volo. Severus, accanto a me, libera la sua mano dalla mia, cercando di uscire dal suo posto, scavalcandomi.

«Fermati Sev!» esclamo, afferrandolo per le braccia, cercando di trattenerlo. Cerco il suo sguardo, prendendogli il viso, ma è come assente.

Mi assale il panico. Cosa sta succedendo?

«Severus, guardami!»

«Devo andare...»

«No! Ora ti siedi e ti riprendi o ti faccio rinvenire a modo mio!» lo minaccio.

La musica si ferma all'improvviso.

Urla adirate riempiono lo stadio.

«Che è successo?» domanda spaesato.

«Sei tornato in te?» chiedo diffidente, rifilandogli un'occhiataccia.

«Tornato in me? Cos'è successo?»

«Siediti, per Merlino, questa me la devi spiegare» mormoro esasperata, tirandogli la manica.

«E ora... Gentilmente puntate in aria le bacchette... Per le Mascotte della Nazionale Irlandese!»

«Non lo so, Is, stavo soltanto guardando e ho avuto l'impulso di buttarmi e saltare giù» borbotta confuso «Credo sia stato a causa delle Veela, comunque».

«Mi hai fatto prendere un infarto! Non farlo mai più!» gli butto lo braccia intorno al collo, abbracciandolo forte.

Lo sento inspirare profondamente con il naso, il viso immerso nei miei capelli.

«Sai, qual'è il problema?» mi domanda all'orecchio.

-

Severus

 

«No, quale problema?»

Che tu sei un po' come una Veela per me... Ogni volta che ti vedo o sei con me, tutto il resto non conta più.

«Nessuno» rispondo, non riuscendo a dire nulla.

«E ora, signore e signori, vogliate dare il benvenuto alla Nazionale Bulgara di Quidditch! Ecco a voi... Dimitrov! Zograf! Levski! Vulchanov! Eeeee... Krum!»

Sospiro e la bacio sulla fronte.

«E ora, vi prego di salutare la Nazionale Irlandese di Quidditch! Ecco a voi... Connoly! Ryan! Troy! Mullet! Moran! Quigley! Eeeee... Lynch!»

-

In poco più di un paio d'ore, tra mille colpi di scena e fortissimi scontri, la partita si conclude centosettanta a centosessanta per l'Irlanda, ma il boccino è stato preso dal cacciatore bulgaro.

Finita la premiazione, prima che i Weasley & Co. si possano rendere conto della nostra presenza, scivoliamo fuori dalle nostre comode poltrone e scendiamo l'infinita scalinata, smaterializzandoci alla casetta di legno non appena fuori dallo stadio, accompagnati dai canti di vittoria dei tifosi Irlandesi.

Una volta dentro, Isobel si trasfigura, tornando sè stessa. Sul viso, un largo sorriso, mentre cerca di preparare qualcosa di caldo da bere.

«Ti è piaciuta?» domando, lasciandomi cadere sul divanetto della cucina.

«É stato emozionante!» esclama «Il Quidditch non è una mia passione, ma finchè vedo giocare i ragazzi della scuola... Le Nazionali sono una cosa, non so, sono “WOW”!»

Ridacchio divertito.

Passiamo la serata a chiacchierare e commentare la partita, fino ad addormentarci.

-

Mi sveglio, è ancora notte.

Completamente intorpidito mi alzo e faccio quattro passi.

Esco e percorro tutta la stradina delle casette di legno. In molti sono ancora svegli e in molti ancora festeggiano. Ma qualcosa non va.

Questi non sono festeggiamenti, queste sono grida terrorizzate, urla strazianti.

Nell'accampamento, lampi di luce verde illuminano la notte. Tende a terra, distrutte, alcune in fiamme. Altri lampi di incantesimi si scagliano contro persone e oggetti. In lontananza noto quattro figure galleggiare per aria, roteare su se stesse come trottole, venir spostate a piacimento come fossero manichini. Esplosioni in tutto il campo. Rimango paralizzato a guardare la scena, mentre .

Mangiamorte.

-

Isobel

 

«Isy, alzati, dobbiamo andare!» mi chiama terrorizzato. Non l'ho mai visto così.

Mi sveglio di soprassalto «Cosa succede?» domando assonnata.

«Dobbiamo andarcene subito!»

Mi alzo barcollante, prendendo la mia borsa e il cappotto.

Usciamo dalla porta e per quei pochi secondi sento la gente che urla, che piange, vedo il fuoco, le esplosioni e nel cielo, verde e lucente, un enorme teschio con un lungo serpente che gli esce dalla bocca, contorcendosi su se stesso. É lo stesso simbolo che Severus ha tatuato sul braccio.

La sensazione di venire agganciata per l'ombelico e veder girare tutto intorno a me e sotto i piedi il terreno vortica. Quando tutto si ferma, c'è completo silenzio e siamo immersi nel buio più completo.

Per un istante, tutto ciò che sento è il battito accelerato del suo cuore nel petto sotto il mio orecchio e il suo respiro affannato. Le sue braccia mi stringono forte contro il suo petto.

«Isobel, tutto bene?» mi domanda in un soffio, accendendo con Lumos la punta della bacchetta.

«Sì, ma cos'è successo?»

«I seguaci di Voldemort» mormora «Hanno approfittato del clima confusionario per divertirsi un po'... Quello nel cielo era il Marchio Nero».

Con un gemito si ritrova piegato in due, accasciato a terra, stringendosi il braccio in grembo, la bacchetta illuminata al suo fianco nell'erba.

«Sev!» lo chiamo, inginocchiandomi accanto a lui «Cos'hai?»

Trattiene il fiato, il volto nascosto dai capelli. Si sporge a gattoni lontano da me, vomitando dal dolore.

Mi avvicino, tenendogli i capelli sollevati dal viso e carezzandogli la schiena.

Senza più forze si lascia cadere all'indietro.

«Sev?»

Non mi risponde.

«Sev? Sev!» lo chiamo, scuotendolo.

«Is...»

«Sev, riesci ad alzarti?»

«Sì, credo di sì».

Lo aiuto a rimettersi in piedi e, facendogli da sostegno, percorriamo piano piano la lunga stradina in salita fino al castello, fermandoci di tanto in tanto per riposare.

Arriviamo al castello e lentamente scendiamo nei sotterranei.

Si ferma all'improvviso.

«Sev? Siamo quasi arrivati, resisti ancora un attimo».

Entriamo nell'appartamento e lo faccio sedere sul letto.

«Togliti i vestiti, sono tutti sporchi, ti porto il pigiama» dico dolcemente, cercando di capire come sta.

Noto, con orrore, il Marchio Nero contorcersi e risaltare sulla sua pelle pallida mentre si toglie la camicia.

«Ti fa ancora male?» domando.

Alza le spalle «Non molto ora».

«Va bene, tranquillo, ora metti il pigiama».

«Va bene... Mamma» mormora senza voce, con un sorriso.

«Piantala e metti il pigiama» gli faccio una linguaccia, andando in bagno a prendere un asciugamano bagnato e glielo porgo per potersi pulire il viso «Vuoi un té?»

«No, non preoccuparti, faccio da solo» sorride, cercando di mettersi seduto «Non ero più abituato, ma sto bene».

«Ma cos'è successo?»

«Il Signore Oscuro è tornato».

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