Igladhash Chronicles

di AnnaB99
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** La mia vita ***
Capitolo 3: *** La mia paura ***
Capitolo 4: *** Voglio sapere la verità ***
Capitolo 5: *** La mia nuova vita ***
Capitolo 6: *** Storia di una principessa ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo
Quello che ricordo è sfocato e triste. Immensamente doloroso. Mi ricordo le fiamme, le grida, il fumo. La morte. E quelle persone che pensavano di fare tutto per una divinità crudele e sanguinaria. Mi ricordo le loro risate, le loro spade insanguinate. Mio padre cadere sul pavimento mentre una pozza di sangue gli si allargava attorno. Le grida di mia madre quando quel soldato le si avvicinò. Poi ricordo solo la rabbia e la disperazione che mi ha fatto uscire dal mio nascondiglio e prendere la spada che mio padre teneva in mano. La strinsi bene e colpii il soldato sul collo. Ma ormai era tardi. Potevo aver salvato una madre che poi non sarebbe più vissuta veramente. Non ero riuscito a salvare il mio coraggioso padre. Non ero riuscito a salvare il villaggio. Ma dopotutto avevo solo 5 anni. Non ero riuscito a fare nulla. Mi sentivo… era un guazzabuglio di sentimenti che non riuscivo a districare. Mia madre mi ha abbracciato sperando di ottenere una reazione nel figlio che aveva appena ucciso la sua prima persona. Ha tentato di riempire quel vuoto che la mia spensieratezza e ingenuità avevano lasciato. Sai quando sei piccolo e non vedi l’ora di diventare grande? Io lo sono diventato nei 15 minuti più tristi della mia vita. E maledissi le stelle per questo.

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Capitolo 2
*** La mia vita ***


~~
Capitolo 1: La mia vita
Sono passati ormai 12 anni da quell’incursione in cui sono diventato un adulto. Odio il fatto che lo sia diventato così in fretta. Mi occupo di mia madre che da anni è caduta in una specie di depressione. Mio padre e lei erano molto legati. La sua morte l’ha distrutta, come una malattia che ti uccide da dentro, corrodendoti. Io sono Sigmund, o Sid, come mi chiama mia madre. Lavoro in una bottega di un mercante di stoffe, a Vicnus, una delle più importanti città della mia terra. La terra dove viviamo si chiama Igladhash, in onore della divinità che l’ha creata. Questa divinità si dice abbia sconfitto i demoni che la abitavano e che dalla terra mischiata con il sangue dei demoni e il suo abbia creato gli uomini, dalla corteccia delle betulle gli elfi, dalla pietra i nani e dalla sabbia i tritoni. Dopo questo Igladhash creò dall’acqua una giovane e bellissima donna, Zulina, che poi prese in sposa. La capitale, infatti, ha il suo stesso nome. Ma si dice che un demone sia sopravvissuto per appropriarsi delle anime degli uomini. Per questo scopo utilizzava il corpo di un umano qualsiasi. Tutto questo capita ogni 100 anni. E fatalità quest’anno dovrà capitare. Chissà che sembianze prenderà, quante persone ucciderà, si chiedono gli uomini del villaggio. Quando sentivo queste stupidate andavo in bestia: “Ma che sparate?!” mi esce di bocca. “Nessuno è mai vissuto abbastanza per raccontarlo. Chi ce lo dice che forse è un modo subdolo e cretino della Setta per ottenere più seguaci e vittime sacrificali??”. Esattamente. Io penso che sia tutto uno scherzo. Ma quando vedo le loro facce serie mi rabbuio. Possibile che ci credessero? Così mia madre ha deciso di mandarmi in un’accademia militare. Per 3 mesi, prima che quello scellerato anno arrivasse. Li mi sono allenato e sono diventato forte, tanto da essere rilasciato prima dei tre mesi. Quando tornai dalla capitale decisi di mettermi al lavoro per aiutare mia madre che nel frattempo peggiorava. Come prima ho detto, lavoro per un mercante. È stata la mia vicina di casa a consigliarmi quel posto. Dice che essendo un bel ragazzo, sicuramente le vendite sarebbero aumentate. Non avevo compreso le sue parole ma quando vedevo che le ragazze del posto (e addirittura del circondario) avevano una qualsiasi scusante per comprare un pezzo di stoffa o un ago, allora compresi. “Mi chiedo cosa trovino di bello in me quelle ragazze”, mi chiedevo spesso. Mi sono innamorato poche volte nella vita. Ma mi sono reso conto di quanto quegli amori fossero futili. Insensati. Alla fine amavano la voglia di essere amate e non me. Così finii per diventare freddo e distaccato, misterioso per certi lati e questo sembra far andare fuori di zucca le ragazze. Guardavano i miei pettorali scolpiti che si intravedevano dalla camicia sbottonata, speravano che io le aiutassi a prendere un rotolo di stoffa in alto o che mi chinassi per raccogliere qualcosa per osservare della mercanzia più interessante. Alcune fanno addirittura finta di svenire. Insomma, il mercante era così felice e ricco che un giorno mi diede una sacca di rune in più. Anch’io ero contento perché finalmente mia madre aveva ripreso il sorriso. Mi parlava e a volte rideva. Ma ho capito troppo tardi quello che stava succedendo. Mia madre aveva cominciato a sentire la morte al suo fianco, pronta a portarla da suo marito. Ecco perché era contenta. E quando si spense aveva un sorriso così raggiante che abbagliava. La mia vita non cambiò di una virgola. Le ragazze continuavano a farmi la corte, non avevo amici e i vecchi del villaggio continuavano a premere sul fatto che mi dovessi sposare. “E chi penserà poi alla mia famiglia se dovessi morire mentre proteggo il villaggio?? Verrà il momento adatto, che non è questo” rispondevo loro. Non sono mai stato un ragazzo bellicoso. Di certo non ero un santo ma nemmeno un vandalo. Aiutavo tutti, ero gentile ed introverso, cosa che alle donne del villaggio sembrava dare fastidio. Anele, una bassa e paffuta signora, mi adorava e spesso mi chiedeva se avessi già una fiamma. Quando scuotevo la testa, lei alzava lo sguardo al cielo mormorando:” Grande Zulina, aiutaci!” e allora scoppiavamo a ridere. Amavo quella dolce nonna. Mi arrivava allo stomaco, era tonda, con le guance rubiconde, gli occhi scuri e attenti, i capelli grigi e ricci, la pelle morbida e rugosa. La pelle, che in ogni umano è scura, cominciava a sbiadire. Gli uomini hanno la pelle color nocciola, in quanto creati dalla terra, gli elfi (che nessuno ha mai visto) si dice abbiano la pelle bianca come il latte, i nani hanno la pelle grigiastra e dura, i tritoni di quell’azzurrino che caratterizza la sabbia delle spiagge di Igladhash. Il nostro è un unico regno, dove però le popolazioni che lo abitano tendono a non creare villaggi misti. Gli elfi vivono sperduti nella grande foresta prima del mare, i nani sulle montagne a sud-ovest della capitale e noi umani abitavamo il territorio rimasto libero. Io sono sempre stato tentato di vedere un elfo, un nano… Ma questo, diciamo che mi è reso impossibile. Siamo governati da un gruppo di matti, che non ci stanno proprio di testa. Ogni volta che vedono qualcuno che non viaggia con carretto pieno di merci o con una famiglia a seguito è destinato a diventare un seguace di quella Setta. Adorano Igladhash, e sperano che venga di nuovo sulla terra per eliminare tutti e tutto. Tranne loro. Che razza di esaltati. Insomma, quel fatidico anno arrivò. Senza che accadesse nulla. Poi mentre tutti abbassano la guardia cominciarono le disgrazie. E io ascolto tutto con inquietudine… Com’era possibile? No, non sta succedendo. No. Non di nuovo. Parecchi villaggi erano stati distrutti da incendi dopo che le persone erano state brutalmente uccise e squartate. Spesso si vedeva una figura nera percorrere i dintorni. E non sembrava né un demone né un uomo. Chissà… Nel frattempo ero stato chiamato all’accademia per essere inserito nell’esercito che avrebbe difeso la città. Pian piano i racconti si sono fatti strada in me e devo ammetterlo… Ho paura. Credo che non ce la faremo. Se quell’uomo ha un demone in sé… Nemmeno uno stregone ce la farebbe. Mi sento stupido a dar corda alla mia paura. Secondo me sono tutte coincidenze. SPERO che lo siano.
 

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Capitolo 3
*** La mia paura ***


~~Capitolo 2: La mia paura
Eccomi qui in questo paesino a pochi chilometri di distanza da Vicnus. Sono qui per proteggerlo. Ma secondo me abbiamo poche speranze. Sono quasi tentato di prendere tutto e di disertare. Sarebbe troppo facile. Aspetto che venga il momento.  Spero che venga presto. Mi sto allenando sotto la pioggia. Quando rientro mi sento male. L’agitazione e l’acqua mi hanno tirato un brutto tiro. Ho preso la febbre. E la notte dopo, mentre dormo, mi giungono le grida dei soldati e delle persone del villaggio. Mi alzo di scatto e prendo a correre verso il villaggio ma quando arrivo è troppo tardi. Ormai era tutto in fiamme, le persone distese a terra, sfigurate da degli artigli che devono essere più affilati di una spada. Negli occhi un’espressione di puro terrore. Mi aggiro per quelle strade che sanno di morte senza vedere niente. Senza sentire niente. Sembra che la morte abbia assorbito tutto lasciando lì solo l’ombra delle cose. All’improvviso sento un rumore. Prendo una spada che giace al suolo. Faccio un respiro profondo. Vedo un’ombra infondo al paese. Sento il terrore inchiodarmi sul posto. Sento freddo nonostante le fiamme che mi circondano. Per la prima volta sento la paura nella sua forma completa. Cerco di muovermi. Anche il minimo movimento mi farebbe bene, sapere che la paura non mi ha reso suo schiavo. Allora sbatto le palpebre. L’ombra non c’è più. Cado a terra. Il terrore mi aveva paralizzato. Cerco qualcuno che sia ancora vivo. Niente.
Il giorno dopo sono trasferito in un paesino lì vicino perché sanno che il mostro ha cambiato direzione. Sono l’unico sopravvissuto assieme agli ufficiali e alle cariche maggiori. Spero di non dover incontrare la bestia. Almeno non direttamente.
Sono all’esterno del villaggio quando sento le prime urla. Mi inchiodo come era successo il giorno prima. Le prime fiamme, sento ogni centimetro di pelle che viene squartato da quegli artigli. Poi un grido più acuto degli altri. E mi risveglio. Corro verso la fonte del grido. E quando vedo la persona che lo ha emesso rimango paralizzato.
È una ragazza bellissima. La pelle bianca e delicata, quella del viso è sporca di fuliggine e sangue, le guance striate dalle lacrime. Ha i polsi rossi di pelle viva e sangue, come le caviglie. Ha i capelli lunghi e ricci, blu oltremare. Gli occhi uno verde e uno azzurro.” Un e-elfo??”.
La guardo esterrefatto. “Che bella…”. Mi chino per aiutarla ad alzarsi, in quanto rannicchiata a terra. Lei mi guarda spaventata. < Non ti preoccupare…Non ti farò del male… >.
<  Sei tu quello che si deve preoccupare… >.
Credo di svenire…Che voce melodiosa e inebriante. < Il mostro è ancora qui? >.
< Non lo so… >.
< Ti ha fatto del male? > le chiedo prendendole una mano, che lei ritira.
< No. Perché ti preoccupi di me, scusa? >.
< Perché hai urlato… >. E che urlo.
< Scusa se era acuto sai! > mi dice indignata.
< Ma io… >.
< L’hai pensato! > dice spintonandomi.
< Ehi, calma! > le dico, afferrandole i polsi.
< MI FAI MALE LASCIAMI! > mi grida.
Le mollo i polsi per poi prenderla in braccio. “Che leggera…”.
< Lasciami cafone! > mi urla colpendomi il petto con dei pugni ben assestati.
< Ok! > e la lascio cadere. Lei si regge alle mie spalle, arpionando la camicia.
< Perché l’hai fatto? ... > sussurra affondando il viso sulla mia spalla. La stringo a me.
< Vieni con me… Ti posso guarire… >.
< Non posso… > mi dice stringendosi di più a me.
< Perché? >.
< Ti metterei in pericolo… >.
< Ma cosa…?! >.
E proprio in quel momento lei prende a correre velocissima. È inutile che io provi a seguirla. È troppo veloce. Poco dopo arrivano i miei superiori e vedono me. Lo sfacelo. Il sangue viola della giovane elfa che mi sporca la camicia. Mi portano alla caserma a fare i bagagli. Ormai ero diventato il Cacciatore di demoni.
 

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Capitolo 4
*** Voglio sapere la verità ***


~~Capitolo 3: Voglio sapere la verità
È da ormai 3 giorni che viaggio e che combatto e credo di avere buone possibilità contro il demone. Non si avvicina mai a me, a chi mi sta attorno. Proteggo le donne e i bambini e questo è sufficiente. Le ragazze dei villaggi salvati vengono spesso a trovarmi. So cosa vogliono, ma io le lascio andare pure come sono partite. Loro non ne sono contente, ma io ho solo occhi per la giovane elfa. Una volta ho spiegato a una ragazza i miei sentimenti per la fanciulla sanguinante e lei mi ha riso in faccia, dicendo che gli elfi sono delle creature bellissime e che è normale innamorarsi di loro e che è più difficile amare una donna umana. “Certo, perché loro sono intelligenti rispetto a voi oche…” penso leggermente arrabbiato. La vedo spesso in sogno. Con il viso pulito, un sorriso stupendo, i capelli al vento, una leggera tunica che le cinge il corpo minuto, una corona di fiori tra i capelli. Credo di essermene innamorato. Penso al suo viso mentre mi preparo al combattimento. Me ne sto in una stalla con gli anziani, i bambini e le donne. Gli uomini che riescono a tenere testa al mostro. La sua fuga. Tutti vanno incontro alla loro famiglia, io mi dirigo all’esterno del villaggio. E lì la vedo. Per terra, tremante. Alza lo sguardo. Incontra il mio. Corre verso di me e mi abbraccia. Io la stringo. Mi sento a casa finalmente.

Quando ho visto il ragazzo di 4 giorni prima il mio cuore ha ritrovato un po’ di speranza. Mi sono fiondata su di lui con trasporto. Sento che anche lui è felice di vedermi. Adoro quel giovane così premuroso. Magari fossero tutti così. Alzo il viso e gli sfioro la guancia. Ha la pelle scura, i capelli neri e lucidi, gli occhi grandi e stranamente chiari. Azzurro ghiaccio. Ha un fisico perfetto e massiccio ma mani delicate, grandi e morbide che sembrano fatte per accarezzare. Mi sento bene tra le sue braccia, riesco a dimenticarmi tutto e tutti. Mi guarda sorridente e mi accarezza la guancia per scendere lungo il collo. Mi metto a piangere, stringendo quella mano calda. Lui mi prende il viso tra le mani e mi asciuga le lacrime con i pollici.
< Basta piangere … > mi sussurra.
< Come ti chiami? ...  > gli chiedo, sospirando.
< Sigmund, tu?  >. Mi stringe di più. Prendo coraggio. Non sono abituata a venir chiamata così.
< Zaila… > sussurro. < Proprio un bel nome… Zaila > mi dice sorridendo. Mi sento sciogliere. Arrossisco. Lui pure.
< È ancora valida l’offerta dell’altra volta? > gli chiedo. Lui si illumina, aprendo un sorriso enorme. < Ma certo! > mi dice, prendendomi in braccio. Quel ragazzo silenzioso e dal cuore d’ oro ha qualcosa di speciale. Ce ne vuole prima che io m’innamori ma lui…

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Capitolo 5
*** La mia nuova vita ***


~~Capitolo 4: La mia nuova vita
Da quando Zaila è entrata nella mia vita… Mi sembra di essere un altro. La sua è una presenza silenziosa che si mantiene nelle sue camere. Dopotutto è ancora ferita ed è meglio per lei se si riposa. Le porto i pasti a letto e rimango in camera con lei. Gli ufficiali continuano a spostarmi. E lei mi segue. Sembra contenta di questa situazione ma non posso dirlo visto che lei non mi parla mai. Spero solo però che non se ne vada. MAI.
Quel ragazzo mi fa sentire un po’ a disagio. Sarà perché non sono abituata a simile trattamento. Dopotutto la mia è stata un’infanzia difficile e poi… oh, è inutile starsene qui a piangersi addosso. È stata dolorosa e basta. Punto e fine. È tutto passato. Insomma lui mi viene sempre a trovare, si prende cura di me… e il minimo che riesco a fare è restituirgli ogni tanto un mezzo sorriso. Non sono abituata a questa vita ma posso giurarci: se non fosse per Sigmund io non sarei viva.
Questa sera non c’è stato nessun attacco. Quando torno nelle mie stanze la trovo seduta su una sedia della cucina. Sta leggendo. Lei alza lo sguardo e mi sorride. Arrossisco. < Allora niente sangue oggi? > mi dice alzandosi e prendendomi la spada e il mantello dalle mani. Rimango allibito. Mi siedo a tavola mentre lei mi pone davanti una grossa bistecca e delle verdure. Osservo il piatto senza capire. < Su mangia…Non crederai mica che lo abbia avvelenato vero? > mi dice con un leggero risolino. Mio dio cosa sta succedendo qui?! < Ti devo parlare… > mi sussurra con apprensione. < Scusami se in questi giorni non ti ho parlato ma non ci riuscivo… >.
< Eri ferita posso capire… >
< Non c’entra quello… >
< Cosa è successo?! > le chiedo allarmato.
Lei sobbalza e si rannicchia su sé stessa.
< Beh… ecco, volevo scusarmi per il mio comportamento… Diciamo che non volevo parlare, non me la sentito di affrontare tematiche tanto delicate… perché mi fanno male… > dice tutto d’un fiato.
< Non devi scusarti… > le sussurro, prendendole le mani abbandonate sulla tavola davanti a lei. Lei alza lo sguardo. Le sorrido e gliele stringo. Poi lei si sporge e mi abbraccia. Singhiozza. < Su, non piangere… >. < È tutto troppo bello… e sbagliato… >. Quell’ultimo aggettivo mi lascia basito. La sento inzuppare la mia camicia di lacrime. < Basta piangere per favore… Ti prego… Mi fa male… >. Lei si stringe di più a me. Io mi alzo e vado dal suo lato del tavolo. Mi siedo al suo posto e lei mi si siede in braccio. < Va meglio? >. Lei annuisce e si asciuga gli occhi. Le bacio le guance umide mentre queste diventano rosse e calde. Si lascia coccolare, accarezzare le braccia, i fianchi, le cosce lasciate dolcemente scoperte dalla camicia da notte. Lei freme sotto il mio tocco caldo. Mi ferma la mano. La stringe. Mi guarda con occhi tristi ma un morbido sorriso le illumina il volto. < Mi sembra di conoscerti da una vita… >. Si è chinata su di me o sbaglio? < Mi fai sentire a mio agio in posti in cui io non mi sarei mai sognata di entrare… Mi fai ridere dentro, gioire, ogni volta che ti vedo sono attraversata da brividi di contentezza… Non vorrei mai andarmene… >. Inclina la testa di lato e… mi guarda. I suoi occhi si riempiono di lacrime. Leggo nel loro profondo un desiderio. Sembra lo sguardo degli schiavi e dei condannati a morte… Si alza e si chiude in camera. Se prima mi piaceva avere al mio fianco quella discreta presenza… Adesso mi piace ancora di più. Non pensatemi come un pervertito. Io ho solo bisogno di qualcuno di fragile e veramente bisognoso d’aiuto. Ho bisogno di lei. Ho bisogno di Zaila.

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Capitolo 6
*** Storia di una principessa ***


Capitolo 6: Storia di una principessa
“Circa 17 anni fa è nata una dolce creatura in quel bosco dove gli elfi vivono ormai da secoli. Questa si chiama Zaila, la principessa dalla pelle di neve. Quando è nata, difatti, la sua pelle era fredda e nivea come la neve che ricopriva il paesaggio circostante. Infatti ogni elfo che nasce (cosa molto rara) ha caratteristiche che dipendono dalla stagione in cui nascono. Quindi non tutti gli elfi hanno la pelle chiara e i tratti allungati ma li prendono dalla vegetazione e dalla stagione in cui sono nati. Per citare un esempio, il fratello della piccola, nato nella stagione calda, ha i capelli biondo grano e la pelle abbronzata, gli occhi verdi. La sua pelle è sempre calda, qualsiasi sia il tempo e la stagione. Il padre invece è nato nella stagione delle nebbie. I suoi occhi sono grigi, marroni e verdi, i capelli neri con riflessi verde smeraldo. La madre, invece, è nata nella stagione della fioritura. I suoi capelli lunghi e lisci sono verdognoli, gli occhi di un rosa acceso, la pelle rosea e morbida. La famiglia reale deve necessariamente essere composta da almeno 4 membri, per la divisione equa dell’eredità nel caso il re morisse o abdicasse in favore del/la figlio/a. Meglio se i figli sono un maschio e una femmina, in modo da dare in sposa la giovine e vederla sistemata. La piccola è nata sotto una strana costellazione, che prevede anni di dolore per poi arrivare finalmente alla pace (matrimonio? MORTE??). La piccola è cresciuta in intelligenza e bellezza, ma spesso è triste come se le mancasse qualcosa. Spesso le chiedevo a cosa stesse agognando con tanto fervore e lei mi guardava con occhi vuoti. Spesso mi rispondeva che non lo sapeva o che non poteva dirlo. Avrei tanto voluto saperlo così da aiutarla. È una persona molto distratta nello studio, ma particolarmente attenta agli stati d’animo delle persone che la circondano. Interessata alla lettura, al disegno e alla scrittura, se ne infischia della storia, che parla solo di guerra, alla geografia in quanto sanno tutti come è fatta la nostra terra. Incuriosita dalla poetica e dalla letteratura, alla scherma, che ha imparato grazie al fratello. Al suo 15° compleanno le fu presentato un principe. Ma niente. Lei non lo reputò idoneo ai suoi standard e se ne andò in camera. E andò avanti così per un mese. Niente che le piacesse. È andata avanti così per altri due anni fin quando lei non è scomparsa.”
È così che finisce il diario del dottore che si preoccupava della salute della giovane. Quella creatura che aveva suscitato in lui tanta curiosità. Se ne era andata. Alcuni dicevano che era scappata con qualche ragazzo dei villaggi vicini. Altri dicono che sia stata rapita.
 
Dopo il mio 15° compleanno la mia solitudine aveva ormai raggiunto il culmine. Tutti quei principi… palloni gonfiati. Io cercavo un uomo vero. Giravo per i boschi come un’anima in pena. Cercavo sempre un giovane uomo che accettasse di finire nei guai per amare la giovane principessa Zaila, promessa sposa di un povero fallito… Spesso uscivo la notte, vestita di nero, con il cuore in tumulto e l’adrenalina in corpo. Andavo in quelle bettole dove gli uomini si ritrovano per parlare di caccia e delle donne che avevano visto al mercato. E fu lì che, piano a piano, uscii dalla campana di vetro sotto cui i miei genitori mi avevano rinchiuso per tutti questi anni. Cominciai a sentir parlare della Setta scarlatta. “Che nome originale…” ho pensato la prima volta. Ma alla fine scoprii che era veramente azzeccato. Sentivo quegli umani discutere sulle stragi che compivano in nome del dio benefico e magnanimo che mi avevano insegnato ad adorare. Non potevano parlare di Igladhash. Oppure sentivo che devastavano villaggi per poi rapire giovani forzuti e fresche fanciulle. Poi o non si vedevano più, o li si vedeva dimezzo a quegli assassini. Però erano diversi. Lo sguardo, il corpo, il modo di fare. Tutto. In quel villaggio al limitare con la nostra foresta conobbi la realtà come sta, fatta di fatica e lavoro, dove le donne lavoravano e si prendevano cura dei figli; dove gli uomini avevano la pelle ruvida e abbronzata dal sole; dove gli anziani sono dolci e raccontano le favole ai bambini, che giocano per strada, prendono gli insetti e si rotolano nel fango; dove non si studiano tomi su guerre e trattati, armistizi e referendum, ma basta saper leggere e scrivere, far di calcolo se necessario. Dove poi ci si crogiola nella più totale ignoranza e indifferenza. Io cercavo quella vita fatta di semplicità e lavoro, dove vai a letto con le membra stanche, ma con il sorriso sulle labbra, perché finalmente puoi riposarti e perché sai che domani sarà un altro giorno di duro lavoro, che verrà ripagato equamente. Magari fossi nata contadina, mi dico a volte. Ma poi penso che allora avrei pensato che sarebbe stata migliore la vita di una principessa. Le persone sono incontentabili… Cercavo anche l’amore. L’amore di un uomo che non mi sposi solo per i soldi ma anche perché… Perché sono semplicemente io. E mentre cercavo l’amore fui rapita. Stavo tornando a casa, una di quelle sere spericolate, percorrendo la via principale. Un uomo completamente vestito di nero mi affianca. Poi mi afferra per un braccio, mentre con la mano mi serra la bocca. Mi infila in un sacco e mi trascina per tutto il bosco. E poi buio.


NOTE DELL'AUTRICE♪
Ciao ragazzi, scusatemi se non ho scritto molto in questi ultimi mesi, ma la scuola ha la precedenza in tutto! Spero che questo capitolo vi piaccia, che vi appassioni, che riesca a farvi sentire come se foste dentro la storia... e ditemi se qualcosa non va o semplicemente non vi è chiaro! Sarò più che contenta di rispondere alle vostre recensioni e richieste! 
Al prossimo capitolo, 
-Anna

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