Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli: Capitolo 1: *** La preoccupazione di Anzai e Hanamichi Sakuragi *** Capitolo 2: *** Lo strano caso 'Rukawa' *** Capitolo 3: *** Il 'diverbio' tra Genio e Volpe *** Capitolo 4: *** Primo tentativo *** Capitolo 5: *** Il fallimento e l'idea *** Capitolo 6: *** Messa in atto *** Capitolo 7: *** Ciò che non funziona *** Capitolo 8: *** Modifica al piano ***
Capitolo 1 *** La preoccupazione di Anzai e Hanamichi Sakuragi ***
Capitolo completamente revisionato (23/04/2013); spero che risulti molto più scorrevole e interessante così, devo dire che è stato veramente difficile riprenderla in mano ma ci tengo moltissimo a finirla poiché ci sono molto affezionata.
Come sempre rammento che i personaggi utilizzati non sono miei ma di Takehiko Inoue che, anche senza permesso, me li ha ceduti gentilmente per questa follia.
Spero che possiate apprezzarlo come io mi sono divertita a scriverla e che i personaggi non mi siano usciti OOC, ho cercato in tutti i modi di non farli sfociare in comportamenti anomali per loro e spero di esserci riuscita. Ringrazio fin da ora chi leggerà/rileggerà e commenterà questa storia; buona lettura. By athenachan
La Soluzione di Anzai 01. La preoccupazione di Anzai e Hanamichi Sakuragi
Anzai aveva chiuso, come al solito, la porta del suo ufficio con un sospiro, prima di andarsi a sedere sulla poltrona davanti alla propria scrivania. Su di essa giaceva ancora una cartellina di colore giallo aperta, indice che l’avesse già letta o che, comunque, la stesse esaminando con pazienza e devozione, com’era solito fare nel proprio lavoro.
Aveva iniziato da poco a leggere i dati essenziali di un caso umano che gli era stato affidato da un ospedale della zona; il ragazzo in questione aveva perso i genitori in un incidente e sembrava non aver riscontrato particolari problemi. Sembrava appunto. Lui era certo che ci fosse qualcosa, aveva quel suo presentimento solito, molto professionale, quando osservava una scheda o dei dati. Sentiva quando un paziente aveva dei problemi, ancora prima di incontrarlo. Dono? Probabilmente era proprio un dono il suo. E, del resto, se non avesse avuto quel suo modo di rapportarsi con la gente, di capire con una sola occhiata come comportarsi con gli altri, di certo, non avrebbe potuto fare lo psicologo.
Aveva analizzato con dovizia e attenzione ogni piccolo dettaglio di quella scheda, arrivando alla conclusione che doveva vederlo al più presto dal vivo, per poter verificare alcune cose che, nel leggere la sua scheda, gli erano venute in mente. La cosa che più lo aveva colpito era il fatto che quello fosse, anche prima della perdita dei genitori, un ragazzo schivo e poco incline alle amicizie. Una persona chiusa, introversa e di poche parole. Ma, in qualche modo, aveva cominciato a sospettare che quello fosse dovuto a qualcos’altro e lo avrebbe potuto verificare solo dopo averlo analizzato di persona, quello era ovvio.
Stava ancora pensando quando la porta si aprì, rivelando la figura di una ragazza dai lunghi capelli castani, ricci, legati in una coda di cavallo; aveva una teglia tra le mani, sopra la quale vi era una tazza e un porta zucchero.
«Signor Anzai le ho portato il thé.» aveva detto con un sorriso, prima di posare la tazza e il recipiente di ceramica bianca, liscio, sulla scrivania dell’uomo che, quasi subito, aprì il recipiente e, con il cucchiaino all’interno, prese una piccola dose di zucchero per versarla dentro alla tazzina.
«Oh oh oh! Grazie Ayako. Dimmi… È già qui?» glielo aveva chiesto guardandola attraverso i suoi occhiali spessi, lievemente rettangolari, che nascondevano due occhietti sottili mentre teneva un sorriso bonario sul volto, prima che la ragazza annuisse nella sua direzione ricambiando lo sguardo e ridacchiando.
«Sta di nuovo sproloquiando sul fatto che non dovrebbe venire qui perché è un Genio…» rivelò poi la ragazza, ma sembrava più divertita che esasperata. Del resto quel ragazzo, in qualche modo, la divertiva molto, come era certa che divertisse anche il suo superiore. L’uomo, dopo qualche istante, le chiese di farlo accomodare, mentre lui, nel frattempo, prendeva a sorseggiare la propria tazza di thé.
Qualche secondo dopo, all’interno dell’ufficio, fece il suo ingresso un ragazzo molto alto, dai capelli rossi e gli occhi marroni. Aveva sulle spalle larghe una cartella di cuoio – o almeno così sembrava - probabilmente una cartella scolastica.
«Buon giorno Sakuragi.» fu il saluto di Anzai che, con in mano la propria tazza di thé lo aveva visto entrare non molto contento. Infatti il ragazzo aveva una faccia leggermente, ma solo leggermente, alterata. Il suddetto lo osservò per qualche secondo in silenzio, prima di sospirare e, dopo, guardare il proprio medico senza un’espressione particolare sul viso.
«Buon giorno Nonnetto. Noto, con dispiacere, che sei ancora vivo e vegeto.» un saluto alla Sakuragi, in qualche modo. Anzai non era il tipo da prendersela per così poco, sapeva bene quanto costasse al ragazzo andare da lui e quanto, allo stesso modo, odiasse le loro sedute. Non solo per il semplice fatto di andarci, quanto piuttosto al fatto che sua madre sborsasse una fortuna per mandarlo lì, nella speranza che qualcosa nel figlio cambiasse e migliorasse. L’uomo, quindi, lo fissò qualche istante da dietro gli occhiali, prima di riprendere a sorseggiare lentamente il proprio thé.
«Beh, che vuoi farci… Ci sono sempre quelli che mettono i bastoni tra le ruote ai Geni.» gli fece, quindi, notare in modo piuttosto sarcastico, mentre il ragazzo dai capelli rossi, ancora in piedi vicino alla porta, lo guardava con un sopracciglio appena arcuato verso l’alto, per poi dare segno di non apprezzare il commento.
«Vecchiaccio non fare certe battute… Le trasformi in terrificanti freddure!» gli sbottò, poi, contro il rossino, il viso leggermente violaceo e l’espressione decisamente contrariata, mentre guardava ancora l’uomo che, qualche istante dopo, gli propose di sedersi e, Hanamichi, con molta semplicità lo fece, prendendo posto sul divanetto colorato poco distante dalla scrivania, stravaccandosi sopra di esso perfettamente a suo agio.
«Ti va di raccontarmi che cosa hai fatto durante la settimana, magari?» gli chiese Anzai, un’espressione bonaria sul viso mentre, il proprio paziente dai capelli rossi, lo fissava piuttosto annoiato, in verità. Sembrava tenere una sorta di maschera su di sé, che gli permettesse di proteggersi e, del resto, lui sapeva benissimo che avrebbe dovuto, prima o poi, fargliela gettare; era ancora presto però.
«Ok ok. Lo so che tutti vorrebbero sapere come un vero Genio come me passa le sue giornate, non c’è bisogno di essere così discreti sai?» un modo retorico di approcciarsi a lui, molto da Sakuragi del resto; non avrebbe mai ammesso che, di fatto, il parlare con qualcuno senza inibizioni lo aiutasse molto, facendogli assimilare, lentamente, la perdita che gli aveva sconvolto l’esistenza qualche anno prima. Rideva sguaiatamente, il rossino, come soleva fare in momenti del genere.
«Allora… Martedì ho fatto a botte con un tizio, mi pare si chiamasse Tetsuo. Era una testa dura, quello lì! Pensa che è riuscito a farmi dare una testata contro un muro; ovviamente mi ha preso alla sprovvista perché ero distratto. Ma poi il grande Genio qui presente gliele ha date di santa ragione e il povero idiota se n’è andato con la coda tra le gambe! Non credo che si farà più vedere dalle mie parti.» raccontò Hanamichi, soddisfatto del ricordo appena narrato al proprio psicologo.
Anzai si ritrovò, suo malgrado, a sospirare.
«Hanamichi, perché non la smetti di fare a botte? Lo sai che danneggia la tua già precaria situazione; in fondo se ti hanno affidato a me è perché vogliono che diventi più calmo, no? Sakuragi, davvero, dovresti pensare a questa eventualità. Non lo dico per essere noioso ma…» il vecchio era davvero esasperato, per certi versi: quel ragazzo sembrava non capire il motivo in cui era stato affidato a lui; dopo che il padre del rossino era morto, i servizi sociali pur non togliendolo alla madre, l’avevano obbligato a farsi seguire da Anzai, con la speranza che Hanamichi smettesse, una volta per tutte, con la vita da teppista e si concentrasse davvero sul suo futuro.
«Si si, sempre la solita solfa. Lo so, vecchiaccio! Anche per me non è una pacchia venire tutte le settimane qui, che credi?! Pensi che sapere che vado da un vecchio strizzacervelli mi faccia sorridere, alla mattina? Non vedo l’ora di…» il rossino, come sempre, sembrava sul piede di guerra. Un po’ lo comprendeva, chiunque alla sua età non sarebbe stato entusiasta di vedersi portato via un giorno di libertà per vedere un uomo che cercava, in qualche modo, di farlo desistere da certe sue abitudini non proprio salutari; però era anche vero che se solo Hanamichi l’avesse voluto, quelle loro sedute si sarebbero tranquillamente potute interrompere. Bastava che lo volesse, che capisse i suoi errori. Anzai, a quel punto, gli sorrise bonario prima di parlare.
«E allora perché, figliolo, non cerchi di risolverlo, questo problema?» glielo chiese, guardandolo dritto negli occhi mentre Sakuragi sospirava; oh, sapeva bene cosa pensava e, di fatto, anche cosa stava per dirgli. Finiva sempre così, del resto quel tipo di discorso.
«Non sono ancora pronto per entrare nel mondo degli adulti, vorrei ancora vivere per qualche tempo come un ragazzino un po’ infantile, credendomi un fenomeno e un talento. Tutto qui. Quando sarò pronto sarai il primo a saperlo, ma per adesso… Lasciami ancora vivere questi momenti.» lo disse con un sorriso amaro che, ad Anzai, fece tenerezza e che, dunque, lo indusse a produrre la solita risata, giusto per smorzare un poco l’aria che si era fatta tesa, per così dire.
«Oh oh oh! E sia, Hanamichi. Ora però finisci di raccontarmi gli eventi della settimana.» concluse poi, attendendo e tornando l’uomo pacato e bonario che era stato fino a poco prima di assumere quell’espressione seria. Il rossino, dal canto suo, sorrise contento, prima di riprendere il proprio resoconto della settimana.
«Mercoledì dichiarazione alla dolce Yoko, ma neppure lei ha visto le mie immense doti da Genio… Che disgrazia. Yohei e quei maledetti malati di mente del Guntai si sono messi a fare festa mentre mi disperavo; inutile dire che si sono beccati un pugno per uno.» dichiarò, gli occhi con due grosse gocce di lacrime sotto le ciglia, pronte a cadere; aveva sempre un che di comico, Hanamichi in quei momenti. Riusciva a sdrammatizzare in modo assurdo, benché fosse una situazione non proprio ottimale quella che aveva appena descritto.
«Siamo alle solite, eh? A che quota siamo, ragazzo mio?» domandò l’anziano, sorridendogli, senza cattiveria nella voce, piuttosto un ironico senso di complicità con il proprio paziente e le sue solite messe in scena. «Cinquanta, povero me… Nessuno mi vuoleeeee!» piagnucolò il ragazzo, mentre Anzai lo guardava ridendo, prima di parlare «Goditi questa libertà finché puoi, ragazzo mio… Quando finirai invischiato con qualcuno per tutta la vita sei fregato per sempre.» affermò lo psicologo, ancora ridendo. E lui, del resto, ne sapeva ben qualcosa dato che era sposato da parecchi anni.
«Seh, vabbé. Allora… Giovedì sono andato al Pachinko con Yohei e i ragazzi; poi ho fatto la spesa per la mamma e, appena arrivato a casa, le ho misurato la febbre. Ah già! Tu non lo sai ma si è presa l’influenza. Il Gori ha detto che è stato per la troppa tensione, dovuta al lavoro esagerato.» lo informò, pensieroso, mentre Anzai si alzava per riporre la cartella gialla che aveva analizzato poco prima che arrivasse Hanamichi che, sentendosi ignorato, richiamò l’attenzione del vecchio.
«Ohi, vecchio, mi ascolti? Di chi è quella cartella, a proposito? Non l’ho mai vista, una di quel colore intendo.» valutò, pensieroso, mentre il più anziano tornava a sedersi sulla propria poltrona e guardava il proprio paziente con espressione divertita, per via della curiosità del rossino.
«Non dovresti chiedermelo; comunque è un paziente che mi hanno appena assegnato. Lo vedrò non appena te ne sarai andato, spero solo che non sia grave come penso… Finisci pure il resoconto, forza.» affermò Anzai, continuando ad ascoltare il ragazzo che, dopo un’occhiata fintamente offesa per non aver avuto ulteriori dettagli sul “fantomatico paziente” ricominciava a raccontare.
«Venerdì gita con la scuola, inutile dire che ho pestato un tizio che ha provato a rubarmi la merenda. Mentre Sabato e Domenica ho poltrito tutto il giorno, tranne quando ho dovuto preparare il cibo alla mamma; deve guarire presto!» una dichiarazione, quella di Hanamichi, prima che Anzai lo guardasse esasperato da quel suo comportamento; del resto era così che era sempre stato, quel rossino scapestrato. «Bene, sono felice che ti prendi cura di tua madre e che questa settimana tu abbia fatto meno a botte del solito. Continua così e fai anche i tuoi compiti, che siamo sulla buona strada. A Lunedì.» non era una bugia, del resto Sakuragi aveva solo il problema di essere un po’ troppo violento con gli altri e di essere un po’ uno scansafatiche quando si trattava di impegni scolastici… Ma era una brava persona, in definitiva. Bisognava solo conoscerlo un po’, visto che ad una prima occhiata poteva sembrare tutto fuorché pacifico con quei suoi occhi infuocati di rabbia e i suoi capelli rosso fuoco.
Anzai vide, dalla porta dell’ufficio, Ayako che lo guardava ansiosa: che cos’era successo? Era strana vederla in quel modo; di solito sprizzava tutt’altro genere di sentimenti ma, in qualche modo, poteva intendere che c’entrasse il nuovo paziente che stava aspettando in sala d’attesa.
Le fece segno di avvicinarsi e la donna, con espressione preoccupata, gli espose un poco di perplessità riguardo al nuovo paziente che aspettava dall’altra parte da, a suo dire, oltre quaranta minuti; era un tipo in orario, tutto il contrario di Hanamichi.
«Mi pare molto silenzioso, non ha detto una parola.» era una prassi che Ayako cercasse di intavolare un discorso con i pazienti, specie se nuovi, per capire che tipi fossero, per informarne il proprio superiore ma, a quel punto, sarebbe toccato ad Anzai “scoprire” il tutto; sperava solo che gli parlasse.
«Bene. Hanamichi vai da Ryota, giusto?» domandò lo psicologo, tornando a dedicare la propria attenzione al rossino che, con un leggero assenso del capo, informandolo poi a parole che avrebbe dovuto prendere le medicine per sua madre, ancora malata.
«Digli che ci passo più tardi allora, sai, le medicine della strega.» lo informò il più anziano, sorridendogli: la chiamava così, ma voleva davvero molto bene a sua moglie e il rossino, con il tempo, aveva imparato che Anzai usava quel modo di chiamarla per dimostrarle affetto, malgrado tutto. Sakuragi si infilò la giacca, prima di sorridere a trentadue denti «Certamente! Il Genio le farà questo immenso favore!» urlò, uscendo dall’ufficio. Peccato che la sua uscita avesse attirato due occhi blu un po’ spenti, nei quali Hanamichi si specchiò per poco meno di un istante. Aveva la pelle pallida, i capelli nerissimi e un’espressione vagamente incolore. Non ci si soffermò più di tanto e, mentalmente, si disse che doveva essere il nuovo paziente, quello per cui il Nonnetto sembrava tanto preoccupato; non si era mai preoccupato di un nuovo paziente in quei tre anni in cui si erano visti per le visite. Chissà in che cosa quel ragazzo era diverso, perché doveva essere diverso per fare quell’effetto ad Anzai. Furono, però, pensieri sfuggevoli, prima che il rossino uscisse da quella porta bianca e rientrasse nel grande caos cittadino.
Ecco qui il secondo
capitolo… beh spero che vi piaccia, anche se probabilmente sarà
molto noioso… Buona lettura
La Soluzione di Anzai
02. Lo strano caso
“Rukawa”
Vide il nuovo paziente entrare
e lo osservò velocemente appuntandosi tutto quello che poteva dedurre
dalla sua analisi esteriore, o almeno ci provò. Era alto, forse
più di Hanamichi o forse no, aveva la pelle color alabastro e capelli
corvini che cadevano con la frangia su due occhi color notte, o forse neri non
avrebbe saputo dirlo, erano così spenti.
Il fisico magro e ben proporzionato, probabilmente svolgeva, o aveva svolto,
qualche attività fisica in maniera agonistica o semplicemente con
assiduità.
Si soffermò ancora
sugli occhi, anche se era rimasto fermo sulla porta, riusciva a vederli vuoti,
quasi non gli importasse nulla di quello che gli stava
accadendo e non trovasse interessante quella situazione, come se la cosa non lo
toccasse…
- Presumo che lei sia...
– il ragazzo non lo fece finire e continuò la frase – Kaede
Rukawa – una risposta veloce e secca, come se non volesse risultare
simpatico, come se volesse deliberatamente
rendersi antipatico, probabilmente per proteggersi, da cosa e perché
spettava a lui farglielo dire.
- Si sieda prego...
– ma lo sguardo seccato che ricevette in risposta gli fece dedurre
che probabilmente preferiva stare in piedi – Allora... perché non
mi parla un po’ di lei, giusto per conoscerci? – di
nuovo quegli occhi, stavolta color ghiaccio, lo guardarono come se fosse
stato detta una maledizione – Nh... non c’è niente da
dire... ho sedici anni, frequento le superiori allo Shohoku e gioco a Basket
– rispose prima di sedersi sul divanetto ma rimanendo rigido.
- Questo già lo
sapevo... che ne dici di parlarmi un po’ di
quello che è successo dopo l’incidente ferroviario? – gli
chiese abbozzando un sorriso comprensivo – Niente di particolare... morti
i miei genitori sono stato trasferito da mio zio – disse cercando di
tagliare il discorso, era palesemente chiaro che non voleva
parlare – E come ti trovi con tuo zio? – gli chiese ancora –
Bene – disse indifferente.
Anzai capì che
sicuramente suo zio era uno dei problemi, quindi decise di insistere su
quell’argomento, nella speranza di scoprire qualcosa di più
– E dimmi adesso dov’è? Parlate
spesso? – gli chiese – Dovrebbe essere in Europa per lavoro,
l’ho visto solamente quando è venuto a
prendermi dopo il funerale dei miei genitori – rispose ancora, era a
disagio – Lo sai che dopo quello che mi hai detto dovrei chiamare gli
assistenti sociali? Sei ancora minorenne e il fatto che tu sia sempre solo a
casa li farebbe arrivare di corsa – gli fece notare vedendo il ghiaccio
negli occhi del ragazzo diventare di vetro, totalmente privi di qualsiasi cosa,
come uno specchio che riflette quello che ha davanti, era odio... lo percepiva
chiaramente – Non voglio finire in uno schifo di Istituto... se per
questo non volevo venire nemmeno in questa merda di ufficio per matti. Sono
morti i miei genitori non sono impazzito. Mi piace stare da solo punto e stop
discorso chiuso – disse tagliente guardandolo freddamente.
- E ci stai bene solo? – gli domandò Anzai
guardandolo dritto negli occhi – Io ci sto benissimo da solo... e ora se
vuole scusarmi devo andare a fare i compiti per domani – sibilò
uscendo dall’ufficio sbattendo la porta, sapeva che sarebbe dovuto
tornare la settimana dopo... eccome se lo sapeva.
Anzai sospirò,
accidenti quel ragazzo era davvero difficile... come avrebbe fatto a risolvere
tutti quei problemi che aveva percepito anche solo sapendo il minimo necessario
di lui? Non lo sapeva ma sarebbe stato difficile,
molto difficile.
La porta si aprì mentre Ayako entrava con la quotidiana tazza di
the per il suo capo – Allora com’è andata? – gli
chiese curiosa di sapere – Male Ayako... molto male... quel ragazzo
è un problema unico, non so che pesci prendere. E ci ho parlato solo una
volta. Non è nemmeno disposto a farsi aiutare e la cosa peggiore
è che sa i
avere dei problemi – affermò sospirando di nuovo mentre Ayako
lo guardava preoccupata.
Intanto per strada Kaede camminava infuriato dentro di sé: lo
sapeva benissimo di avere dei problemi non ci voleva uno strizza cervelli per
scoprirlo accidenti! Sapeva di non stare bene sempre da solo e senza nessuno con cui parlare
ma non si sarebbe mai abbassato a parlare dei suoi problemi e dei suoi pensieri
con quel vecchio. Lui era Kaede Rukawa e ce l’avrebbe
fatta con le sue sole forze ad uscire da quel pasticcio.
Non ci credeva manco lui ma cercava in qualche modo di non mortificare il suo
orgoglio, già abbastanza provato dal fatto di non essere riuscito a
salvare i suoi genitori, di essere stato l’unico a sopravvivere in quell’incidente. I primi tempi era stato male
come un cane, certo non l’aveva dato a vedere ma
si sentiva in colpa con sua madre, con suo padre e con gli altri passeggeri di
quel dannato treno. Ora i sensi di colpa si erano leggermente affievoliti ma restava comunque l’amaro in bocca di
essere totalmente solo, lui non ci stava bene solo, o almeno, non sempre e
comunque, certo gli piaceva la solitudine ma amava anche stare con le persone a
cui voleva bene... avrebbe voluto suo zio al fianco dopo il funerale ma quello
era partito subito dopo dicendogli che non sarebbe tornato per minimo sei mesi
e ogni iniziativa di parlare, di confessarsi con qualcuno era sfumata con la
partenza di quell’uomo.
Sua madre era una donna
splendida, pelle bianca e capelli corvini con due stupendi occhi verde
smeraldo, mentre suo padre era castano con gli occhi azzurri... due persone che
non rimanevano nell’anonimato data la loro particolare
bellezza e la loro ricchezza... non che a lui o a loro fosse mai importato ma
alla gente piaceva che fossero così... delle figure quasi da venerare. E
quando erano morti si era ritrovato a stringere la mano a tanta gente che si diceva dispiaciuta per la morte dei suoi
genitori quando invece dentro aveva un ghigno
soddisfatto perché erano spariti finalmente quelle persone perfette...
probabilmente il pensiero che lui fosse scampato a quel destino li infastidiva
ma si accontentavano.
Non sopportava quegli sguardi
compassionevoli e quelle persone false che lo guardavano dispiaciute solo
perché era un Rukawa, o perché era un povero orfanello che si
divertiva a fare l’asociale secondo il loro punto di vista. Che cavolo
poteva farci se non riusciva a
intrattenere un rapporto con gli altri? Se era un fottuto
disadattato? Niente era così, punto e basta non c’era niente da
fare. Non gli serviva certo uno psicologo. Se poi il suddetto avesse scoperto
la sua inclinazione di sicuro si
sarebbe divertito sadicamente a rompergli le palle sul fatto che fosse anormale o malato perché gli
piacevano i ragazzi come lui... cazzate. Odiava le ragazzine che gli andavano
dietro perché erano solo delle false, adoravano solo il suo aspetto
fisico e non il suo carattere, già difficile da apprezzare dato che era
antipatico e chiuso, il fatto era che almeno i ragazzi erano sinceri, o almeno
così aveva sempre creduto, non ne aveva la prova dato che non aveva mai
avuto amici... solo li preferiva alle femmine, se questo voleva dire gay... beh
allora era gay. Ma la cosa non lo infastidiva più di tanto, era solo un
suo modo di essere, faceva parte di lui e di certo non l’avrebbe cambiato
solo perché a qualcuno non piaceva, come il suo carattere
d’altronde. Aspettava solo che qualcuno lo apprezzasse per quello che
era, ma le possibilità di trovarlo, dopo sedici anni, gli sembravano molto poche... ma non perdeva la speranza.
- Mitchy!
Quattrocchi! – una voce sguaiata e acuta lo distolse dai suoi pensieri e
allora vide un ragazzo che si stava sbracciando davanti alla farmacia che aveva
davanti. L’aveva già visto quel tipo... ne era certo, quella
capigliatura rossa non passava inosservata e lui l’aveva già vista.
- Che vuoi Hanamichi?! Sempre a rompere qui devi venire! – esclamò
un ragazzo moro che fulminava con lo sguardo il rossino – Mitchy lo sai che devo venire a prendere le medicine per
mia madre no?! Ah il vecchio strizza cervelli vi
saluta – esclamò il ragazzo dalla pelle abbronzata, ecco dove
l’aveva già visto... da quel grassone – Non insultare il
Signor Anzai stupido bamboccio! – rispose seccato il moro –
Bamboccio a chi Bacia piselli?! Io sono il Tensai!
– rispose l’altro.
Kaede sbuffò... il
solito idiota che si incontra sempre almeno una volta al
giorno, il rosso sembrò accorgersi di lui – Ah ma tu sei quello di
prima! – esclamò indicandolo mentre
Rukawa lo fulminava, che cavolo voleva adesso quel tizio?!
Continua...
Secondo capitolo...
beh che posso dire, si vede che mi piace il personaggio di Rukawa? Ahah lo
adoro *___* spero di non avervi annoiato troppo... RingrazioToru85 e GGG che hanno commentato ma anche chi ha solo letto^^
Capitolo 3 *** Il 'diverbio' tra Genio e Volpe ***
Ed ecco il terzo
capitolo! Lo so sono noiosa con sta cosa... ma che ci
faccio se mi piace scriverla? xD
Vi auguro buona lettura!
La Soluzione di Anzai
03. Il
“diverbio” tra Genio e Volpe
- Si sei proprio la Volpe di
prima! – esclamò il rosso indicandolo e avvicinandosi a lui... Volpe?! Da dove
arrivava sto assurdo soprannome?! E poi manco lo
conosceva che era questa confidenza?! Oddio non poteva
aspettarsi molto dato che aveva di fronte un idiota completo...
- Nh... Do’aho –
sibilò cercando di riprendere la sua strada, ma
quel tizio sembrava intenzionato a rompergli le scatole ancora per un bel
po’ – Ehi Do’aho a
chi?! Dannatissimo... – ma che cavolo voleva?! Già
era incavolato nero per via di quel vecchio pazzo, ci mancava solo un idiota a
fargli passare del tutto la pazienza... – Certo
non puoi competere con il mitico Tensai è per questo che lo insulti! E
poi deve essere anche colpa del vecchiaccio! Sai quello rompe sempre a tutti le prime volte, te lo dice uno che... –
disattivò l’audio perché gli stava venendo mal di testa,
bene... ci mancava solo che quello fosse pure megalomane... ma tutte a lui?!
Lo fulminò con lo sguardo,
stavolta voleva davvero andarsene,
cavolo chi voleva ascoltarlo quello! Già lui che odiava, anzi no, detestava le parole, quello sembrava una
mitraglietta di parole inutili e stupide.
L’altro rispose con il
medesimo sguardo quando si accorse che non lo stava
minimamente ascoltando, si sa i geni sono sempre
incompresi, e quella Volpe indifferente e asociale non poteva certo capirlo
– Come ti chiami? – glielo chiese di getto, non ci ragionò
neppure, forse semplicemente voleva dare un nome a quel ragazzo che
l’aveva tanto colpito con la sua indifferenza.
- Affari miei – rispose
seccato l’altro – E daiiiiiii! –
guaì Hanamichi mentre gli prendeva la mano
– Io sono Hanamichi Sakuragi, il Genio – esclamò aspettando
– Do’aho... io sono Kaede Rukawa – si presentò il moro
per poi continuare per la sua strada – Volpaccia antipatica!!!! –
urlò il rossino per poi entrare in farmacia, finalmente.
Non poteva averlo fatto
davvero! Gli aveva detto il nome accidenti... ma cosa
diavolo gli era preso? “Probabilmente
l’ho fatto per non sentirlo più cianciare...”si disse nella mente annuendo soddisfatto della
spiegazione. La verità era che l’aveva colpito quel ragazzo, non
sembrava il tipo che ha dei problemi così
gravi da dover andare dallo psicologo... “Tanto probabilmente ci incontreremo ancora da quel pazzo...”valutò il moro
tornando verso casa.
Fu distolto dai suoi pensieri quando qualcuno lo urtò, probabilmente era
di fretta – Mi scusi! – esclamò una voce femminile
mentre Rukawa faceva il solito “Nh” indifferente, certo la
sua povera spalla era un dolore ma non poteva di certo essere scortese con
un... “Che è?!” davanti
aveva il volto in fiamme di una ragazza che
lo fissava colpevole e dispiaciuta poi quella, per fortuna, si dileguò.
Quello era il giorno degli incontri, per lui che odiava incontrare persone
nuove non era certo una pacchia... meglio se tornava di corsa a casa,
così si mise a camminare velocemente e ben presto fu al sicuro, almeno
dal mondo esterno, ma per ora gli bastava.
Hanamichi salutò
Miyaghi con un cenno della mano prima di correre con il sorriso sulle labbra
verso casa, adorava i suoi amici! Quando era arrivato alla farmacia era
così depresso per quello che gli aveva detto Anzai...
mentre adesso era al settimo cielo! L’avevano tirato su di morale quelle
scene zuccherose tra Mitsui e Kogure, erano così teneri
insieme! E Ryota era troppo divertente quando
chiamava tutto preoccupato la sua Ayako ogni venti secondi nell’ufficio
di Anzai per sapere se stava bene e se nessuno l’aveva importunata...
Aveva visto tante persone
quel giorno e aveva anche conosciuto la sua amata Harukina! Oh com’era
bella!! Una creatura eterea, così sublime da
oscurare il Sole con quel suo largo sorriso! Era una così brava ragazza,
per questo i bambini con cui lavorava l’adoravano, non avrebbe mai potuto
fare altro che la pediatra... peccato che suo fratello, e collega, fosse
così manesco! Era un vero e proprio Gorilla! Tutto il contrario di
Harukina.... ah già si sognava una splendida
famiglia con lei...
La cosa che più lo preoccupava però era che Haruko aveva l’aria
frastornata quando era giunta in farmacia... sembrava che avesse appena visto
un Dio sceso in terra... e quando il Tappo glielo aveva fatto notare lei aveva
esclamato che aveva visto un angelo della pelle lattea e i capelli neri
talmente bello da far invidia a tutti gli Dei. La cosa gli era puzzata
parecchio, assomigliava troppo alla sua nuova conoscenza, dubbio che poi si era
rivelato fondato non appena aveva anche aggiunto, estasiata, che aveva due splendidi occhi cobalto. Ma aveva presto smesso di
pensarci e aveva cominciato a decantare le sue lodi e, cosa peggiore, era che
la cara harukina non se ne era accorta! Però avrebbe presto elaborato
una strategia per conquistarla! Parola di Tensai!
- Hana, sei tornato? – la
voce dolce di sua madre lo accolse in casa e presto dimenticò tutto
quello a cui stava pensando per dedicarsi, totalmente,
alla sua dolce e amata mamma – Si mamma! Ti ho portato le medicine...
– le annunciò sorridendo mentre quella
faceva una faccia schifata e Hanamichi terminava la frase - ... e anche il
tiramisù – annunciò sorridendo e sua madre fece un sorriso
dolce per poi abbracciarlo dolcemente – Ah tesoro! Tu si
che mi capisci...! – esclamò per poi ingoiare le pastiglie e dire
al figlio di portare il tiramisù in frigo per poi mangiarlo più
tardi.
Dopo cena madre e figlio si
sedettero sul divano e la donna, sorridendo, gli chiese di raccontargli la sua
giornata. Hanamichi si dilungò parecchio a insultare Anzai
mentre la donna sorridendo comprensiva gli diceva che era una persona
buona e che lo faceva per aiutarlo e il rossino annuiva. Si mise anche a
raccontarle l’incontro con Harukina cara e la madre rideva tutte le volte
che il figlio imbronciato ricordava che la ragazza l’aveva ignorato quasi
per tutto il tempo pensando a un ragazzo appena incontrato...
- E il peggio è che
quel ragazzo è la Volpaccia mamma! Accidenti speriamo che alla mia Harukina passi! Quella Volpe la porterà
sulla cattiva strada data la sua poca socialità! Come faccio a debellare
un pericolo simile? L’unica soluzione è dichiararmi subito... ma
il Gorilla mi ucciderààààà!
– concluse il ragazzo sospirando affranto – Davvero è
così splendido questo ragazzo? – gli chiese sua madre dimostrando
un certo interesse – Si... ed è il nuovo paziente che preoccupa il
vecchio... si chiama Kaede Rukawa – disse Hanamichi
mentre sua madre tirava fuori un giornale da sotto il divano e gli
indicava un articolo.
- Capisco perché lo
preoccupi tanto... quel ragazzo è l’unico superstite di un
incidente ferroviario dove sono morti tutti i passeggeri... se poi dici che non
parla probabilmente vorrà farlo parlare e sfogare, sono curiosa di
sapere quale tecnica utilizzerà Anzai... – espose sua madre
– Mah... sempre che ci riesca... – constatò Hanamichi
– Anzai riesce sempre nel suo lavoro! – lo ammonì sua madre
dandogli una carezza sulla testa.
- Spero solo che quello non
si innamori di Harukina cara! Anche se mi è sembrato
un tipo freddo e tutto sommato che odia relazionarsi con gli altri... avresti
dovuto vedere che faccia ha fatto quando gli ho preso la mano per presentarmi!
Sembrava un cadavere! Già di suo la pelle è pallida
ma sembrava più morto che vivo! –disse Hanamichi pensieroso
– Sarà che non ha mai avuto una vita
sociale attiva... magari non ha amici... perché non diventi suo amico
Hana? – gli chiese sua madre guardandolo con gli occhi dolcemente lucidi
di speranza... l’aveva sempre detto che sua madre era troppo altruista,
accidenti! E adesso gli avrebbe anche fatto fare quello che voleva! “Ecco lo sapevo... e tutto questo
perché le ho detto che è un ragazzo solo e lei già sapendo
che non ha famiglia, aveva già calcolato tutto,
dannazione! In questi momenti la odio!” pensò Hanamichi mentre sbuffando annuiva, non poteva dire di no al
sorriso che sapeva sarebbe spuntato sul volto della madre dopo il suo assenso.
Continua...
Piccolo avviso: ODIO
Haruko quindi ho quasi vomitato scrivendo i pensieri di Hana verso di lei...
per il resto vi avviso che deve ancora entrare il scena
l’odiato Porcospino... (ma c’è qualcuno che non odi?
Ndfrancy) Probabilmente si... ma ora lasciami lavorare! (Seeee Ndfrancy) Ecco brava.
Ci sentiamo al
prossimo capitolo, spero che non sia risultato troppo noioso... grazie a Toru85 che ha commentato e anche a chi
ha solo letto!
Eccomi con il 4^
capitolo! Beh non so da dove mi sia uscito il titolo dato che è
orrendo... ma non è del tutto fuori tema^^
La Soluzione di Anzai
04. Primo tentativo
Ed eccolo di nuovo lì
davanti a quel vecchio pazzo... ma che aveva fatto di male?! Era già la
seconda settimana di fila che ci andava, anche se si era ripromesso di non
farlo... ma in fondo, molto in fondo, gli piaceva come persona
quell’uomo... aveva un modo tutto suo per cercare di metterlo a suo agio
e per farlo parlare anche se non era ancora riuscito nell’intento.
- Vecchiaccio! – eccolo...
dimenticava che ultimamente Anzai aveva deciso di chiudere lui e il
Do’aho insieme nel suo ufficio per fare una specie di doppia seduta, che
poi a che serviva? Quello parlava come una mitragliatrice mentre lui stava
zitto... bah capirlo... – Oh Oh Oh... ciao Hanamichi! Oggi ho deciso di
invitare un collega che tu conosci molto bene... – gli annunciò il
vecchio mentre Hanamichi impallidiva, che cosa voleva dire? Il Do’aho di
solito non impallidiva a quel modo, nemmeno quando gli aveva detto della nuova
‘terapia’ condivisa aveva fatto quella faccia.
- No... tutto... accetto
tutto ma lui no! –
sussurrò il rossino al suo fianco sempre più pallido – Che
hai idiota? – gli chiese mascherando la sua curiosità se
così la si poteva chiamare – Io odio quel dannatissimo Porcospino! Lo odioooooooo –
urlò Hanamichi prima che la porta si aprisse e facesse la sua entrata un
ragazzo dai capelli neri tirati verso l’alto e un sorrisone a quarantatre
denti – Hana-chaaaaaaaaaaaaaaaaaaaan è un secolo che non ci
vediamo! Fatti abbracciareeeee – Rukawa fece un salto indietro quando
vide il rossino diventare bianco quasi quanto lui e nascondersi, che cavolo
stava facendo?! – Rukawa salvami! È l’unico favore che ti
chiederò in tutta la vita! – disse serio mentre correva verso la
porta ma Ayako sorridendo gli mostrò la chiave e lo chiuse dentro
– NOOOOOOOOOOOO FATEMI USCIREEEEEEE –urlava Sakuragi mentre il
‘Porcospino’ lo soffocava in un abbraccio stritolante.
- Signore ma... quel tizio
chi è? – si decise a chiedere Rukawa mentre Hanamichi piangeva tra
le braccia di quello psicopatico – Akira Sendoh... è uno dei
migliori psicologi in circolazione – affermò Anzai e Rukawa si
fece forza per non strabuzzare gli occhi: quello
uno psicologo?! E uno dei migliori?! Oddio che mondo schifo! Per non
parlare del fatto che sembrava uno con le rotelle fuori posto! Anzai si salvava
ma quello... quello no!
- Oh... ma abbiamo un nuovo compagno qui allora! Chi sei dolce
angelo? – gli chiese quel... “La
mia anima si ribella... la mia anima si ribella!!!” era il pensiero
del povero Kaede mentre quel... Sendoh cercava di baciargli una mano,
ovviamente beccandosi un pugno dal moretto che si sfregò la mano sul
fianco dei pantaloni – Ma tutti gli asociali e antipatici devono venire
qui? – chiese il Porcospino sedendosi di fianco ad Anzai con le lacrime
agli occhi – Si vede che ispiriamo così Akira – gli rispose
Ayako da fuori dell’ufficio. - Ehi io
non sono asociale dannatissimo Porcospino!! – sbottò Hanamichi
in qualche modo risorto dal suo stato di morto per strangolamento – Oh lo
so tesoro... ma vedi non capisci il mio affetto... – gli
fece notare con gli occhi lucidi – Pazzo... – disse Hanamichi
– Do’aho – concluse Rukawa.
L’ora successiva non
concluse nulla dato che Sendoh continuava a fare l’idiota con Hanamichi e
Rukawa mentre Anzai rideva con in mano sempre una nuova tazza di the tirata
fuori da chissà dove e sembrava soddisfatto, forse per il fatto che
Rukawa continuava a rispondere ai richiami di Sakuragi e poi, nuovissima, i due
si pestavano mentre Akira sospirava affranto.
- Dannatissima Kitsune la
prossima settimana facciamo i conti! – lo avvertì il rossino
lanciando fiamme dallo sguardo mentre Rukawa sbuffando lo guardava con sfida
– Credici – gli rispose prima di cercare di uscire dalla stanza
– Non mi ignorareeeeeee – urlò il rossino mentre Akira li
salutava stringendoli tutti e due insieme – Mollami mollami
mollamiiiiiiiiiiiiiiii! – urlò Hanamichi fracassando i timpani al
moro al suo fianco stritolato insieme a lui – Do’aho non credo che
lo psicopatico sia sordo... e nemmeno io sono sordo! – lo riprese
cercando di sfuggire alla stretta dell’altro mentre Hanamichi sbuffava
esasperato.
Quando finalmente il tempo
dei saluti del tenero psicopatico fu
finito i due ragazzi salutarono Anzai con un grugnito per poi correre di corsa
fuori e salutare Ayako uscendo dal palazzo. Hanamichi corse verso destra mentre
Kaede rallentò e si mise a camminare nella direzione opposta... tanto si
sarebbero rivisti tra una settimana, se erano fortunati, altrimenti molto
prima.
Kaede arrivò a casa
sbuffando: era possibile che lui che
amava la solitudine, il silenzio, la tranquillità, la pace... in
quell’ultimo periodo fosse circondato non solo da pazzi furiosi,
Do’aho, psicopatici... ma anche da odiosissime gallinacce! Aveva visto
distintamente, fuori dal portone del palazzo da dove era uscito il rossino,
quella pazza scatenata che l’aveva scontrato giorni prima... e aveva la
bava alla bocca! Per fortuna che il Do’aho non l’aveva vista,
altrimenti chissà che caos. Oh aveva capito perfettamente chi era quella
gallina sclerotica! Era la sorella di quel pediatra... quello che lavorava
nello stesso palazzo di Anzai... Akagi gli pareva si chiamasse, e si ricordava
dei due solo perché l’idiota chiamava il suddetto
‘Gorilla’ e la gallinaccia ‘Harukina cara’ e di solito
quando la chiamava così lui veniva fulminato e si scatenava la rissa.
Probabilmente il Do’aho si era preso una cotta per quella stupida... era
proprio un Do’aho... non aveva gusto e tra le altre cose non sapeva
valutare quello che si meritava, va bene che era un idiota ma non era brutto e
si meritava di più di quella... quella... quella che, per inciso, non lo cagava nemmeno. Bah che roba, peggio
di una telenovela di pessimo gusto.
Si preparò la cena,
per così dire, era il solito piatto precotto dato che non aveva ancora
imparato a cucinare, forse ancora troppo attaccato alla cucina di sua madre...
beh ma la vita andava avanti anche senza il suo dolce sorriso. Anche se forse
non si sarebbe mai abituato a tornare a casa senza ricevere un bacio sulla
fronte e quel largo sorriso amorevole che lei gli aveva sempre regalato.
Scosse la testa, era solo
stupidi ricordi che non servivano a niente e a nessuno, lei non c’era
più e non sarebbe tornata, punto e basta, la vita andava avanti, con o
senza la sua adorata mamma. Sbuffò di nuovo e, dopo essersi
stiracchiato, si sedette sul divano prendendo una rivista di Basket che aveva
comprato il giorno stesso mentre tornava a casa. Quello era l’unica cosa
che aveva mai amato, gli piaceva quello sport, gli era sempre piaciuto ed era
anche diventato bravo, molto bravo. Per non parlare del fatto che tremava di
rabbia al solo pensare che per andare a quelle dannatissime visite da Anzai
doveva saltare il pomeriggio del Lunedì... beh poco male, si rifaceva i
giorni seguenti impegnandosi il triplo del normale.
Forse era vero che non aveva
una vera e propria vita, la sua girava totalmente intorno a quello sport, prima
e dopo la morte dei genitori, forse il prima era stato perché era troppo
spaventato dal relazionarsi con gli altri, lo riconosceva anche lui, adesso
però... perché lo faceva? Forse per cercare di cancellare
quell’opprimente senso di colpa nei confronti dei suoi genitori che non
era riuscito a salvare? Non lo credeva possibile... ma Anzai l’avrebbe
aiutato a capire no? Era uno psicologo serviva a risolvere i problemi giusto?
Allora avrebbe risolto anche i suoi, forse ci sarebbe voluto più tempo
ma ci sarebbe riuscito, anche se lui non gli avrebbe affatto facilitato il
compito. E il vecchio lo sapeva.
Continua...
Fine del capitolo
4... beh non è così terribile come pensavo! O forse si? Beh fa
niente sono abbastanza soddisfatta dato che si è scritto da sé...
era da un po’ che non mi capitava... di solito devo scriverli a
più riprese... spero solo che duri.
Finalmente il
capitolo 5... beh sperando di non perdere l’idea della storia continuo a
scrivere, aspettando ispirazione per l’altra... -.- buona lettura!
La Soluzione di Anzai
05. Il fallimento e
l’idea
Che rottura... quella
giornata era cominciata già male, con una dolorosissima zuccata contro
la sponda del letto e minacciava di continuare anche peggio! Non solo aveva
incontrato per strada la dannata Kitsune, ma aveva anche visto la sua Harukina cara sbavare sul suddetto
moretto! Che giornata schifosa... il Tensai oggi era proprio sfortunato! Ma d’altronde
appena aveva aperto gli occhi l’aveva capito.
Si preparò ad
affrontare il resto della giornata con almeno un po' di entusiasmo, ma dopo che
Harukina non lo aveva minimamente calcolato, e tutto per andare dietro
all'orrido volpino, la giornata sembrava poter solo peggiorare.
Dato che quel giorno la
scuola aveva organizzato un orribile pomeriggio all'insegna dello sport, che
lui tra l'altro detestava, dovevano recarsi tutti al campo sportivo li vicino e, inutile da dire, aveva rivisto pure la Kitsune.
Ovvio dato che partecipavano tutte le scuole superiori
della città, ma aveva sperato, fino all'ultimo, di scamparsi quella
tortura.
Ma quel giorno Kami
probabilmente voleva accanirsi su di lui, e lo dimostrò il fatto che,
mentre si facevano lo squadre miste tra tutte le scuole e lui parlava con Yohei
e il Guntai, quella stronza dell'organizzatrice di
tutto quel casino lo chiamò a giocare a Basket... ma
fosse stato solo quello! Doveva giocare nella stessa squadra di Rukawa!
"Povero me..."pensò
affranto mentre si dirigeva lentamente verso il moretto che non accennava
minimamente a parlare con qualcuno.
Unica nota positiva era che
insieme a lui c'era anche Yohei e la cosa sarebbe
stata un po' più divertente, almeno non avrebbero preso in giro solo lui
per la sua incapacità nello sport... ora che ci pensava: a Takamiya era
toccato il Judo! Ohhh lo avrebbe preso in giro per un
bel pezzo!!
- Ciao - lo salutò
più per cortesia che per altro, e il moretto lo osservò appena
dilatando gli occhi: sembrava che si fosse accorto della sua presenza solo in
quel momento... che razza di Volpe addormentata.
- Nh... - ricambiò 'a
modo suo' il moretto mentre
Yohei osservava il ragazzo come a chiedergli spiegazioni - Ti spiego dopo Yo... - gli disse prima di aspettare che chiamassero la
loro 'squadra'. Dopo che la vecchiaccia richiamò la squadra rossa, che
era la loro, Hanamichi depresso entrò in campo
subito dato che era uno dei più alti insieme a Rukawa, mentre Yohei
rimase in panchina.
- Ohi Volpaccia ma tu sai
giocare? – gli chiese mentre, richiamato
dall’arbitro si metteva di fronte ad un uomo altissimo “Ma siamo
sicuri che sia in terza liceo?”, l’altro guardandolo appena
annuì – Do’aho devi saltare e cercare di prendere possesso
di palla – gli spiegò e il rossino lo fulminava – Non sono
un Idiota! E poi questo lo sapevo pure io! – si infervorò.
L’arbitro fischiò e Hanamichi saltò schiacciando la palla
verso il punto contrario dal quale lo spediva il suo avversario, che ovviamente
ebbe la meglio.
- Idiota non siamo a pallavolo
– lo riprese il Volpino prima di correre dietro
ad un ragazzo con i capelli lunghi e non tanto alto che frecciava
verso il canestro. Hanamichi scattò come una molla verso il moretto che
aveva bloccato la piccola scimmietta capelluta che
inveiva contro di lui – Dannatissimo lasciami passare! – ma Rukawa
sembrava… oddio che era quella luce nei suoi occhi apatici?! Era… era brillante, bruciava letteralmente. Stava
guardando la palla attentamente, come se fosse l’unica cosa esistente al
mondo, poi, improvvisamente, con una mossa fulminea recuperò la palla e
sfrecciò dalla parte opposta, verso il canestro.
E mentre lo vedeva schivare
gli avversari che cercavano di bloccarlo, mentre lo vedeva schiacciare dentro
il canestro la palla Hanamichi realizzò che
quel ragazzo era bravo… dannatamente bravo in quello sport “Sembra
che gli piaccia giocare… come se quella palla lo smuovesse dalla sua
totale apatia di sempre”.
Per fortuna la giornata
finì in fretta anche se era finito in squadra
con Rukawa in tutte, ma proprio tutte, le divisioni che quella pazza aveva
fatto… beh non era stato tanto male in fondo e,tra l’altro, tra
pochi giorni avrebbe rivisto il moretto dal vecchiaccio. Sperava solo che non
ci fosse di nuovo il Porcospino, gli venivano i brividi solo a pensare a quel
dannatissimo essere.
Ed ecco finalmente, see come no, il Lunedì “Non ne ho vogliaaaaaaa” si diceva il rossino
mentre si dirigeva, lentamente, verso l’ufficio di Anzai. Varcata
la soglia vide Ayako preparare il the per il vecchiaccio
mentre la Volpe appariva dal bagno facendo un ‘Nh’ di saluto
– Buon Lunedì anche a te eh Volpe! – lo salutò per
rimanere beneducato, sia mai che il Tensai non lo sia anche
se era con la Volpe. Entrarono nell’ufficio e, per somma gioia del
rossino, il Porcospino era andato in letargo, ovvero aveva un caso a Tokyo,
quindi non sarebbe venuto fino al mese prossimo
“Evvivaaaaa Kami allora esisti! Ora, per darmi
la prova della tua esistenza dovresti liberarmi dalla piaga della Volpe il
Lunedì!” pensò Hanamichi entusiasta mentre
Anzai li fissava facendo il solito ‘Oh Oh Oh’.
- Ragazzi, ho una notizia per
voi. Ho deciso di sospendere queste doppie sedute del Lunedì…
d’ora in poi dovrete però passare almeno un paio d’ore
insieme a parlare qui dentro. Insomma, per dirvela in parole povere, farete uno
lo psicologo dell’altro. Ho deciso questo perché mi sembrate
troppo restii a parlare apertamente con me, magari tra di
voi potreste aiutarvi di più – Hanamichi rimase con la bocca
spalancata dallo stupore “COOOOOSA?! Kami io ti ammazzo! Va bene che non
ho specificato cosa volevo di preciso ma… questo
è un colpo basso!!!” e notò appena l’espressione
appena accigliata del moretto – Come scusi? – aveva domandato
Rukawa, dal suo viso Hanamichi non aveva dedotto niente, o quasi, ma quel tono
era alquanto infastidito – Rukawa ascolta… questo l’ho deciso
soprattutto per la tua situazione. Sai bene che non puoi continuare a fare
scena muta con chiunque – gli spiegò il vecchio. Il rossino era
esterrefatto: voleva punire lui perché quel ghiacciolo non parlava?! Eh no non ci stava! Prima ancora di riuscire a ribattere
Anzai si rivolse a lui – Però anche tu Sakuragi avrai
senz’altro dei miglioramenti da questa esperienza. Non lo faccio per
punirti, semplicemente mi piacerebbe usare la tua parlantina superficiale per
far aprire Rukawa… e usare Rukawa per farti dire quello che sei davvero
– rivelò a lui lasciandolo scombussolato.
Pensava che Anzai non se ne
fosse accorto che il suo parlare sempre fosse solo una facciata di
sé… credeva di aver ingannato anche lui. Ma adesso, adesso si
sentiva scoperto. Una parte di sé sapeva benissimo che era il lavoro di
Anzai scoprire queste cose, ma la sua parte ferita, quella che lo aveva
comunque portato in quel posto nonostante tutto, quella si rifiutava di accettare
che qualcun altro si immischiasse nei suoi problemi.
- Ma che dici vecchietto! Io,
il grande Tensai, con questi problemi? Ma va’! – suonavano false
anche a lui quelle parole, ma non poteva farci niente, era uno spettacolo
programmato quello, un Hanamichi falso che cercava l’appoggio degli altri
in questo modo, non facendosi vedere per quello che era davvero. Ma adesso,
adesso che Anzai voleva fare quel nuovo esperimento… assurdamente sentiva
che non sarebbe riuscito a fingere ancora a lungo. E questa consapevolezza lo
spaventava oltre ogni limite. La paura di non essere accettato, la paura di
essere diverso perché aveva dei problemi che da solo non riusciva a
risolvere. Era questo che Hanamichi Sakuragi aveva sempre nascosto. E adesso
sarebbe venuto fuori.
Continua...
E anche il 5^
capitolo è andato! Oddio sta diventando un po’ pesante trovare
l’ispirazione, non riesco sempre a scrivere quello che vorrei
perché prendo una strada per poi finire dalla parte opposta… bah
vediamo come evolve. Ringrazio cainhx per il commento e anche chi continua a leggere la
storia.
Ed ecco il capitolo
6! Non ci credo che sto ancora scrivendo sta cosa assurda… bah, se
nessuno mi ha ancora internato lo farà molto presto xD vabbè vi lascio alla lettura va’.
La Soluzione di Anzai
06. Messa in atto
-… - era senza parole, letteralmente
senza parole, cosa Diavolo si era fumato quello psicologo da strapazzo? Tutta
la Jamaica?! Cioè... lui e quel Do’aho
d’ora in avanti dovevano parlare dei loro problemi?!
Cazzo ma quello era pazzo! Era fuori come un poggiolo! - Ma... non si può!
– esclamò il Do’aho dando voce anche ai suoi pensieri,
adesso sembrava abbastanza spaventato all’idea... chissà
perché. Che c’entrasse quello che aveva detto Anzai poco prima?
– Sakuragi non farmi
ripetere ciò che ho detto un attimo fa... sai bene anche tu che ho
ragione... e poi prendetela come una sorta di esperienza di maturazione, magari
dopo questo diventerete ottimi amici – concluse
il vecchio mentre ora Rukawa era disperato. Ma se non riusciva nemmeno ad
aprirsi con lui come accidenti poteva
dire i suoi problemi a quell’idiota? Quell’uomo ragionava con la
segatura!
- Signore... –
cercò di parlare allora il moretto ma ancora il
vecchio lo guardò comprensivo – Rukawa lo so che non ti piace come
idea e che la reputi inutile... ma dato che non ho alternative, per adesso,
perché non ci provi? – cercò di convincerlo. E c’era
anche riuscito cavolo! Non aveva più avuto parole per replicare!
Così non andava! Anzai li salutò e uscì dalla stanza mentre ancora Kaede riordinava i pensieri... il
Do’aho sembrava nella sua stessa situazione, probabilmente non avrebbero
nemmeno parlato in quel tempo rimasto.
La previsione di Kaede si
avverò infatti erano rimasti per un tempo
indefinito ad osservarsi e a leggere nell’altro la stessa preoccupazione
di un eventuale dialogo: a cosa li avrebbe portati? A cosa avrebbe portato lo scoprirsi delle loro debolezze se non a
umiliarsi? Era questo principalmente quello che pensava Kaede, non voleva essere aiutato, ma soprattutto
non voleva essere aiutato da un altro ragazzo.
Principalmente il suo era un
problema di rapporti sociali, dato che odiava parlare con il prossimo, aprirsi.
Non l’aveva mai fatto e questo non gli era mai pesato. Poi c’era da
aggiungere il fatto che odiava le
altre persone perché giudicavano senza
sapere. Quello a cui non aveva dato peso era che si
contraddiceva da solo. Se non dava informazioni su di
sé e il perché fosse così come poteva pretendere che gli altri potessero aiutarlo? Ma lui questo lo
sapeva in fondo a se stesso. Anche se faceva di tutto per non pensarlo.
Altro suo problema era il
fatto di essere irrimediabilmente gay, forse questo era il problema minore ma
odiando le donne, tranne sua madre chiaro, aveva
capito che era attratto dai maschi. Beh nessun problema tanto non aveva mai
dato a vedere chi gli piaceva, era troppo bravo a fingersi indifferente e alla
gente andava bene questa sua maschera. Non si chiedeva certo cosa avesse
dentro. E poi in fondo manco importava.
Sbuffando decise di chiedere
ad Ayako un the... sempre che Anzai non avesse esaurito le scorte. La donna
tornò con il suo the e un'altra bevanda per il rossino che sembrava
essersi quasi convinto a iniziare un discorso “Dimmi che mi sbaglio ti prego!” pregò Rukawa a
qualche entità superiore che forse neppure esisteva.
- Senti Kitsune dobbiamo
parlare di qualcosa sennò il nonnino verrà sicuramente a rompere
– disse il Do’aho. Beh sotto un certo punto di vista aveva ragione,
probabilmente se Anzai non stava sentendo tracce acustiche di un loro dialogo presto se lo sarebbero ritrovato
lì a riprendere il discorso di poco prima.
- Nh... comincia pure –
rispose lui sedendosi più composto pronto a fare da psicologo al ragazzo che aveva di fronte che però non
sembrava molto d’accordo. – No Volpe... semmai è
il Tensai a lasciarti l’immenso onore
di cominciare a sfogarti – replicò Sakuragi – Neanche morto
– concluse lui per poi stravaccarsi di nuovo sul divanetto di fronte al
rossino. – Facciamo così... giochiamo a morra. Chi perde comincia
ok? – propose il Do’aho... beh si poteva fare, avrebbero avuto
tutti e due le stesse probabilità di vincere – Nh... e sta per si – gli disse vedendolo sorridere appena.
Chiusero entrambi una mano in
pugno per poi agitarle e aprirle sull’oggetto che volevano
rappresentare... unico punto debole era che entrambi fecero le forbici al primo
tentativo. Riprovarono: di nuovo due sassi. Ancora una
volta e di nuovo parità con la carta. Non era
possibile! – Non è possibile! Come fai a leggere le mie mosse dannatissima Kitsune dei miei stivali?! –
sbottò il rossino mentre Rukawa pensava la
stessa cosa solo che imprecava contro un certo Do’aho.
- Direi di cambiare strategia
Do’aho – disse mentre il Do’aho
stava ancora imprecando – Non chiamarmi Do’aho! Comunque cosa
proponi tu? – gli chiese il rossino sbuffando sonoramente – Che ne dici di una sfida a pari o dispari? Lì dovrà
vincere per forza uno dei due – propose allora mentre
l’altro annuiva soddisfatto dell’idea – Io pari e tu dispari
ok? – propose ancora ma stavolta il rossino
brontolò – No io pari e tu
dispari! – concluse mentre Rukawa brontolava: avrebbe voluto replicare ma sospettava che se l’avesse fatto la cosa
non sarebbe più finita.
Di nuovo strinsero una mano a
pugno e le agitarono pensando velocemente a che numero. Lui mise un dito solo
mentre il Do’aho due. Aveva vinto! Bene per fortuna non sarebbe toccato a
lui parlare.
Sospirò di sollievo
sedendosi aspettando che l’altro facesse altrettanto, ma proprio mentre
quello si stava sedendo la figura di Anzai apparve dalla porta. – Ragazzi
tempo scaduto... continuerete la prossima volta ok? – disse il vecchio mentre i due annuivano per poi scambiarsi
un’occhiata abbastanza tesa: Rukawa capì subito che il rossino
doveva prepararsi psicologicamente a parlare, come lui d’altronde. Non
era per niente facile parlare con qualcuno dei propri problemi, se poi si
faceva così a bruciapelo e non di tua volontà poi...
Sbuffò per poi uscire
dalla stanza ma rifugiarsi nel bagno: che ci faceva lì quella
psicopatica della Akagi? Oddio adesso Sakuragi sarebbe entrato nel suo
personaggio innamorato-pazzo-di-Harukina-cara
e lui avrebbe visto i sorci verdi... brrr.
Sentì la voce dell’idiota trapanargli i timpani – Harukina miaaaa che ci fai qui? –
chiese quello con la sua soave vocina
– Niente passavo di qui... – rispose vaga quella là. Oh ma
lui sapeva che non era lì per caso, di sicuro era lì
perché aveva scoperto da qualcuno che il suo turno di visita era il Lunedì! Che sfiga accidenti!
Imprecò sottovoce per poi decidere di uscire velocemente dal suo
nascondiglio e fare un accenno di saluto ad Anzai e Ayako... all’idiota
manco ci provava dato che non sapeva nemmeno dove fosse presumeva.
Aprì come al solito la porta di casa sospirando, per fortuna adesso
non andava più là il Lunedì e quindi quella cosa non sarebbe entrata più di
soppiatto nell’ufficio del vecchio Anzai. Ma la cosa lo preoccupava
marginalmente, quello che lo lasciava abbastanza agitato era che gli rimanevano
ancora due settimane per cercare di inventarsi dei problemi da propinare
all’idiota. Non gli avrebbe di certo detto la verità, figurarsi!
Per cosa poi? Essere deriso e magari guardato con compassione e disprezzo? No
grazie ne faceva tranquillamente a meno!
Si stravaccò sul
divano accendendo la televisione: davano una partita dell’NBA bene! Si
sarebbe rilassato e non avrebbe pensato al problema fino al
giorno dopo... o almeno così sperava, magari ci avrebbe pensato il
giorno dopo che il rossino si sarebbe messo a parlare dei suoi di problemi...
avrebbe potuto prendere spunto no? Oppure magari romanzarci sopra. Come se la sua
di vita non sembrasse un romanzo già di suo... bah sperava solo che il
Do’aho avesse tanto da dire così da coprire tutto il tempo della
seduta del Mercoledì, si perché si era
votato per quel giorno dove nessuno faceva niente: persino lui non aveva allenamento.
Decise di smettere di pensare
e, dopo essersi stiracchiato, si mise a guardare la partita per poi
addormentarsi profondamente.
Continua...
Fine del 6^
capitolo... povero Kaede con la babbuina che adesso appare dal nulla, ma dato che non c’era Sendino caro non potevo
non distruggere l’‘armonia’ del momento ahah. Ringrazio chi
ha letto e cainhx per aver commentato... Basta sclerale vah, ci si sente al prossimo capitolo.
Eccomi con il settimo
capitolo... lo so pensavate che fossi morta neh? E invece no! (ma ci sono ancora vicina dato che a scuola ci bombardano di
verifiche... bah psicotici così ci rovinano proprio alla fine -___-).
Tornando al
capitolo...beh il titolo è
idiota (come gli altri del resto) vi lascio alla lettura che è meglio. E
tanto per ricordarmelo i personaggi di questa ff non sono miei ma di Takehiko
Inoue e io non ci guadagno niente a scrivere.
La Soluzione di Anzai
07. Ciò che non
funziona
- Ma non è possibile
la sfiga mi perseguita! – esclamò Hanamichi esasperato
mentre si chiudeva la porta di casa alle spalle: come, come, aveva fatto a perdere contro la
Kitsune?! Adesso avrebbe dovuto parlare dei suoi problemi! Accidentaccio, per
fortuna quel giorno si era salvato dato che il tempo della seduta era finito giusto
in tempo. Ma la prossima volta? Oddio poteva fingersi malato? “Non credo... mia madre mi ucciderebbe
di sicuro” pensò sospirando affranto.
Era terribilmente
preoccupato: come avrebbe fatto alla prossima seduta a raccontare una palla
credibile per non farsi compatire da quel dannato Rukawa? Non lo sapeva ma aveva una settimana di tempo per pensarci.
Il fatto che avesse dei
problemi e si affidasse a quel nonnino non era una
scusa valida per costringerlo a parlarne anche con un estraneo dei suoi problemi!
- Dannato nonnino! E
dannatissima Kitsune musona! - urlò nella sua stanza rivolto al nulla
apparentemente. - Hana-chan sono le cinque di mattina! - gli fece notare la sua
mamma sbuffando mentre nella stanza si diffondeva un
piacevolissimo odore di brioches e caffè appena sfornati. - Si scusa
mamma! - si scusò per poi scendere in cucina come un turbine e divorare
la sua colazione.
- Anzai ha deciso qualcosa
per quelle sedute condivise? - chiese la madre al rossino
mentre quello si faceva andare per traverso il thé per poi
iniziare a spiegargli la nuova
situazione. - Davvero? Ma è meraviglioso Hana-chan!- esclamò la
donna sorridendo felice mentre Hanamichi la guardava
allucinato - COSA?! Ma sei matta?! Io lo odio quello lì! Come potrei anche solo pensare di
raccontargli i miei problemi?! - la
donna scosse bonaria la testa - Non importa Hana-chan... la fiducia
verrà da sé... e poi Kae-chan è
tanto solo no? Non è una buona occasione per conoscerlo e capire
perchè? - disse la donna mentre Hanamichi
sbuffava non pensando seriamente alle sue parole.
Gli ritornarono in mente a
scuola, durante una lezione di fisica, e allora capì che forse sua madre non aveva poi tutti i torti: magari Rukawa era solo perchè non
voleva gli altri intorno... magari soffriva terribilmente per la perdita dei
genitori ed era per quello che non permetteva a nessuno di avvicinarsi. "Magari vorrebbe un amico
ma pensa che nessuno possa capirlo senza considerarlo un pezzo di
ghiaccio o un ragazzo bellissimo..."pensò
stupendosi egli stesso dei suoi pensieri: aveva pensato che la Volpe era bella?
Beh effettivamente lo era... ma lui, ovviamente, quale
Genio lo era molto di più!
Finalmente la giornata
finì e Hanamichi poté tornare verso casa ma,
purtroppo per lui, per strada intercettò la Volpe che dormicchiava sul
tram - Ohi Volpe! Non ti hanno mai detto che non devi dormire sui mezzi
pubblici? - il moro aprì, svogliatamente, un occhio per poi fissarlo
contrariato - E ha te non avevo ancora detto che non
devi mai svegliare le Volpi che
dormono? - lo provocò dandogli un pugno a tradimento
mentre Hanamichi si rialzava - Ero rimasto al cane... - e giù un
altro cazzotto mentre Kaede "Da
quando lo chiamo per nome?!" sembrava più pallido del solito.
- Ngh...
- un gemito di dolore uscì dalle labbra del moro e adesso che gli era
preso? Si era piegato in due tenendosi lo stomaco, manco lo aveva colpito nello
stomaco! - Ehi che hai? - chiese lasciando trapelare la sua preoccupazione. -
Niente... devo aver mangiato qualcosa che mi ha fatto male - rispose la Volpe
guardandolo con gli occhi socchiusi - Dovevo aspettarmelo da lui... - lo
sentì sussurrare per poi sedersi.
- Tu non stai bene... e poi
perché... – ma non riuscì a finire la frase che il moretto
lo interruppe, prima con un’occhiataccia del tipo ‘fatti-i-cavolacci-tuoi’ e
poi con le parole – Do’aho non te ne deve fregare niente dei miei problemi – ma Hanamichi lo colse in fallo –
Kitsune dannata lo sai vero che tra
poco più di una settimana purtroppo
dovrò farti da ascoltatore neh? – lo provocò.
Rukawa però fece un
ghigno guardandolo appena – Ma prima dovrai
farlo tu... tra due giorni ti ricordo
– Hanamichi sobbalzò: cavolo se ne era quasi dimenticato, era
così concentrato nell’attaccare briga con Kaede “Di nuovo?!” che non se ne
era neppure accorto.
- Dettagli Kitsune,
dettagli... io sono un Tensai non ho problemi! – esclamò sicuro di
sé mentre vedeva Rukawa osservarlo dubbioso
– Se come no... e allora per quale ragione vai da Anzai? – chiese
il moretto – Dovrai aspettare per saperlo carino – gli rispose sorridendo
sinistro per poi sparire fuori dalla porta del mezzo
mentre vedeva appena l’espressione dell’altro mutare in una
confusa.
“Che cacchio mi è saltato in mente?! Chiamarlo ‘carino’ ma sono impazzito?! Devo aver mangiato pesante non c’è altra
soluzione!” si disse dandosi un
calcio mentale mentre entrava in casa. Era così
concentrato nell’insultarsi e nell’insultare Rukawa che
inciampò sullo scalino di casa e diede una facciata per terra – Ma porca.... – si raddrizzò
notando che sua madre doveva essere uscita a fare spese. Meglio, avrebbe avuto
più tempo per inveire contro le Volpi dell’universo.
Inutile dire che due giorni
dopo il povero Hanamichi era nero:
non solo non aveva idee per mentire a Rukawa ma aveva
anche pensato di dirgli la verità... doveva essere proprio impazzito!
Arrivò da Anzai
incavolato con il mondo – Ehi ciao Hana! – lo salutò Ayako
che, ovviamente, stava portando il the al nonnino – Nh – fece
uscire un mugugno alterato mentre guardava la porta
dell’ufficio del vecchio come se avesse voluto dargli fuoco.
- Oh OhOh ciao Sakuragi!
– lo salutò allegro il nonnino ignorando palesemente lo sguardo-che-uccide
del Tensai che sembrava non aver effetto – Rukawa è già
dentro... se vuoi accomodarti – gli disse il vecchio, desideroso
probabilmente di morire. Hanamichi si alzò e, sbuffando, entrò in
quella che sarebbe stata la sua tomba, ne era certo.
- Nh – fu il cordiale
saluto di quella dannatissima Kitsune, sembrava che gli volesse far pesare la
situazione più di quanto già non gli pesasse a lui. Sbuffò
guardandolo contrariato, molto contrariato,
e poi si sedette sulla sedia posta, manco a farlo apposta, di fronte a quella
del moretto.
- Allora Do’aho hai
intenzione di rimanere in silenzio per molto? Ti ricordo che hai perso – ecco che gli ricordava il perché si trovasse in quella
dannatissima situazione! Ma dopo lo avrebbe ucciso,
parola di Tensai! Quando avrebbe saputo da Rukawa i suoi problemi... oh come si
sarebbe divertito ad ucciderlo lentamente! Molto, molto lentamente!
- Silenzio Volpe demente! Il
tensai deve preparasi il discorso! – esclamò con una sicurezza che
non era la propria. Non l’avrebbe mai ammesso ma
aveva una dannatissima paura di quello che avrebbe pensato Kaede “Ecco che ci ricasco” di
tutti i suoi sensi di colpa, i suoi sentimenti e problemi.
- Da dove cominciare? Forse
dall’inizio... allora devi sapere che sono orfano da parte di padre per
colpa mia – iniziò guardando a terra, non voleva vedere lo sguardo
dell’altro. – Ebbene si, ho ucciso mio padre... oh non certo
volontariamente. Semplicemente per colpa della mia propensione a risse dei tizi
che volevano vendetta mi hanno bloccato mentre stavo
correndo all’ospedale perché avevo trovato mio padre riverso per
terra, probabilmente stava avendo un infarto – continuò, era terribilmente
difficile parlarne, non gli piaceva dirlo ad altre persone.
- Ma questo è solo
l’inizio... mia madre era caduta in depressione, strano
a dirsi per una come lei eppure è successo. Io mi sono rifugiato
semplicemente nelle scazzottate giornaliere, nelle dichiarazioni da Genio e
nelle ragazzine immature che in fondo sapevo mi avrebbero rifiutato. È
stato un meccanismo di difesa credo, per non pensare a quello che era successo. Ho deciso di fare il ragazzo
infantile e megalomane per coprire i sensi di colpa e il disagio che provavo
– prese fiato e osservò la finestra
evitando lo sguardo blu del moretto.
- Poi mia madre è
uscita dalla depressione dopo essersi confidata con Anzai... e così ha
visto il mio disagio e ha deciso di spedirmi qui... che fortuna neh? – si
derise da solo. sapeva che non era una grande storia
da raccontare e che probabilmente c’era gente che stava peggio ma, in
fondo, quello era il suo piccolo dramma.
Trovò finalmente il
coraggio di guardare l’altro e lo vide con lo sguardo un po’ perso
come se, in un certo senso, lo comprendesse... il pensiero che forse anche lui
avesse indossato la facciata indifferente per difesa lo sfiorò appena
prima di essere riportato alla realtà dalla voce dell’altro.
- Sei proprio un
Do’aho... credere di essere colpevole solo perché ti hanno impedito di salvare tuo padre... poi il
coprirti con questa stupida facciata... io su questo non posso dirti niente ma avresti dovuto aiutare di più tua madre...
ma come ho già detto non posso giudicarti dato che anche io... –
l’altro lasciò la frase in sospeso e Hanamichi divenne curioso...
peccato che proprio quando stava per chiedergli di continuare la porta si
aprì e...
- NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO
– inutile dire che l’urlo era stato il suo al vedere il dannato Porcospino – Ma non dovevi essere in Perù te?!
– sbottò mentre cercava di staccarselo di
dosso. Notò distrattamente il Volpino che si alzava e prendeva la giacca
– Io vado... – disse rivolto ad Ayako e Anzai – Oh OhOh...
ci vediamo la prossima settimana – lo salutò Anzai mentre la
ragazza versava, come al solito, del thé per il vecchio.
Mollò un pugno sul
grugno all’istrice e, dopo essersi liberato, prese la giacca e si dileguò mentre sentiva Sendoh – Hana-chaaaaaaaaaaaaaaaaaaan torna quiiiiii
– “ma mai nella vita!” rispose
mentalmente chiudendo la porta dietro di sé.
Arrivato a casa valutò
che in fondo aveva pensato che la Volpe si sarebbe
divertita a sguazzare nei suoi problemi... e invece aveva anche cercato di
aiutarlo. Certo a modo suo, ma ci aveva provato.
Si sdraiò sul letto
pensando che tra una settimana sarebbe toccato a lui
sentire Kaede... e, assurdamente, pensò che sarebbe stato bello aiutarlo
con i suoi problemi, l’avrebbe aiutato a conoscerlo meglio.
Continua...
Chiedo ancora scusa
per l’immenso ritardo. Colpa della scuola -.- dal 13 dovrei tornare
attiva (si spera) quindi se sparisco di nuovo prima o poi tornerò!
Immensissimo ritardo lo so, ne sono consapevole... Sono
terribile =_=
In questo abbiamo
Kaede che si mette a parlare con Hana veramente (era ora!). Come sempre i
personaggi che utilizzo sono di Inoue (tranne la madre di Hana ma la sua presenza
è marginale) e io non scrivo a fini di lucro.
La Soluzione di Anzai
08. Modifica al piano
- Nh… Vorrei un
thé - come al solito Kaede si stava facendo i fatti suoi: era andato in
un bar solo per rilassarsi, o meglio per non pensare ad una certa faccenda.
Era impossibile…
Perché doveva rivelare al Do’aho quello che lo faceva stare male
da quando erano morti i suoi genitori? Oh… Certo, aveva visto che anche
Hanamichi “Argh!
Che cavolo! Comincio a chiamarlo per nome nella mia testa?!” si era
fatto dei problemi a dirgli quelle cose. Ma a suo parere quelle
dell’Idiota erano paranoie… Cosa gli faceva credere che fosse colpa
sua se suo padre era morto? Di certo comunque non sarebbe arrivato in tempo per
salvarlo! E adesso perché continuava a ripensarci? Era meglio se pensava
a come avrebbe parlato a quello psicotico tra meno di una settimana…
Vide la ragazza a cui aveva
ordinato il suo thé tornare, manco a dirlo, sorridendo
imbarazzata… Ma che Diavolo faceva alle donne?! Bleah! Era terrificante
il modo in cui si sentiva osservato in quel momento, ma non solo.
Sorseggiò,
velocemente, la sua bevanda per poi, dopo aver pagato, dileguarsi alla
velocità della luce. Non aveva assolutamente voglia di sentire ancora
quegli sguardi. Stava giusto tornando a casa quando qualcuno lo investì
in piano. Cadde all’indietro per poi risollevarsi e fulminare la persona
che aveva interrotto il suo viaggio di ritorno.
– Dovevo
immaginarlo… Do’aho! Ma la strada la guardi quando cammini?!
– borbottò contro il suddetto rossino che si sollevò
guardandolo male per poi, ovviamente, rispondere – Io dovevo stare
attento? Non eri tu quello con la testa fra le nuvole?! – Kaede
sbuffò: era mai possibile che doveva sempre, sempre, finire a cazzotti?
Hanamichi, ed ecco che lo chiamava di nuovo per nome, si divertiva così
tanto a fare a botte? Bah…
Si accasciò al fianco
del Do’aho cercando di riprendere fiato e non fargli capire che era un
tantino dolorante. Per fortuna il posto dove si erano messi a menarsi non era
vicino alla strada: almeno il buon senso di nascondersi ce l’aveva avuto
l’Idiota.
– Baka Kitsune dimmi
sei pronto per le rivelazioni? – lo provocò il rossino mentre si
rialzavano tutti e due. Ma ci godeva a provocarlo? Non era possibile!
Annuì sbuffando: ne avrebbe volentieri fatto a meno, ma già aveva
vinto per essere l’ultimo non poteva pretendere che, chiunque ci fosse
lassù, sempre che ci fosse, gli mandasse un miracolo uccidendo o il
Do’aho o Anzai o, perché no, magari Sendoh.
- Wahahahah
non vedo l’ora di sentire i complessi che ti sei fatto! –
commentò di nuovo Sakuragi… Oddio si era rimesso, se mai aveva
smesso, a fare il cretino. Ma che diamine aveva fatto di male?! Si passò
una mano sugli occhi esasperato per poi dirgli che doveva andarsene…
Quello commentò con un – Fuggi fuggi ma
tanto Mercoledì sarai tra le grinfie del Genio sublime! – inutile
dire che Kaede lo aveva chiamato di nuovo Do’aho mentre se ne andava.
Erano state giornate
infernali: era stato tormentato da incubi terribili sull’incidente
ferroviario in cui erano morti i suoi. E, giustamente, era arrivato il giorno. Quello in cui si sarebbe
dovuto aprire con qualcuno. Non che
volesse scappare: avevano giocato pulito e Hanamichi la settimana prima era
stato sincero ma... Ma... Non era pronto!
Sbuffando si diresse verso il
solito, vecchio, ufficio di Anzai. Era di pessimo umore ovviamente e fulminava
ogni persona per strada che cominciava ad additarlo. Perché non si
facevano i fatti loro e non lo lasciavano in pace? Andassero tutti al Diavolo!
- Anzai-san?
Sono io... - informò mentre entrava e vedeva Ayako alle prese con il
thé: che novità! – Oh Kaede! Ciao entra pure dentro, Anzai
è nella sala d’aspetto a parlare con una vecchia conoscenza e
dovrebbe già esserci... – non le lasciò finire la frase
annuendo – L’idiota? – chiese retorico mentre quella annuiva.
Uffa, non poteva arrivare
più tardi quel Do’aho? Di solito era sempre in ritardo...
Perché proprio quel giorno
doveva essere in orario, anzi no in anticipo?
Prese un bel respiro prima di
entrare senza nemmeno bussare: tanto che avrebbe dovuto fare Hanamichi “E di nuovo...” per essere
disturbato? Lo trovò seduto al posto di Anzai che si dondolava avanti e
indietro come un idiota quale era.
- Oh ecco la Volpaccia... Ti
stavo giusto aspettando sai? Sei in ritardo di... Vediamo... Due minuti –
lo apostrofò facendogli un sorrisone da cretino – Non dire
cretinate. Sono in perfetto orario... Sei tu che sei un Do’aho e hai un
orologio maffo – ribatté lui sedendosi
di fronte al rossino che lo stava fulminando.
Lo osservò mentre si
metteva dritto e con le mani a triangolo con un’espressione che non
prometteva niente di buono. Stava per
chiedere probabilmente.
- Allora... Ka-chan vogliamo cominciare? – “Ka-chan?! Ma io lo pesto quello
lì!” lo fulminò in un nano secondo mentre Hanamichi se
la rideva, probabilmente per la faccia semi-allibita che si era lasciato
scappare poco prima.
- Scherzo scherzo.
Ad ogni modo quando te la senti puoi parlare – gli disse il rossino
tornando serio, probabilmente voleva farlo sentire a suo agio. Per fortuna,
almeno quella delicatezza ce l’aveva avuta!
- Primo: se lo racconti ad
anima viva ti uccido lentamente. Secondo: dopo questo se osi fare
dell’ironia sei morto. Terzo: ... Sei morto comunque – lo
‘informò’ amichevolmente prendendo un bel respiro: avrebbe
dovuto parlare e la cosa non lo
esaltava più di tanto, soprattutto se pensava che erano affari suoi
quelli.
- I miei sono morti qualche
anno fa, in un incidente ferroviario in cui io
sono stato l’unico superstite.
Mi sono sempre dato la colpa di tutto, soprattutto perché ero io quello vivo e non loro che invece
meritavano di vivere più di me – disse cercando di tenere lo
sguardo alto e piuttosto neutro anche se, probabilmente, non ci stava riuscendo
per niente. La faccia di Hanamichi era cambiata completamente: sembrava
comprensione e dispiacere quello che aveva negli occhi. Scosse la testa per
riprendere a raccontare, doveva farlo.
- Mi sono rinchiuso in me
stesso da quel momento, già non ero uno chiacchierone quindi... beh sono
diventato così, per non parlare di quando ho scoperto di... – si
fermò appena in tempo: dirgli che era gay? Ma era totalmente impazzito?
Cavolo se lo era lasciato sfuggire e adesso chi lo avrebbe sentito il rossino?
Avrebbe voluto sicuramente scoprire quello a cui stava alludendo! Accidenti a
lui!
- Mh?
Cosa? – chiese Hanamichi guardandolo interrogativo. Ecco, appunto! Non
poteva certo dire “Niente” come
minimo gli avrebbe rinfacciato che lui era
stato sincero. Cosa vera tra l’altro, ma perché il rossino non era
capace di mentire, l’aveva capito subito. Oh, non che lui fosse
così bravo a mentire, semplicemente evitava
il problema facendo finta di nulla.
- Io sono... Gay –
ammise dopo un immane sforzo sulla sua parte riservata, quella che gli diceva
che adesso, dopo quella confessione, sarebbe cambiato tutto. Non osò
guardare l’altro: sapeva cosa sarebbe successo adesso. Invece quello che
sentì dall’altro fu qualcosa di inaspettato.
- Embé?
Che problema c’è? – l’aveva detto davvero? Niente
scenate omofobiche o urla terrorizzate? Lo aveva
davvero sottovalutato? Lo guardò, stavolta non mascherando il suo
stupore.
- Come ‘embé’ Do’aho! Io ti ho appena detto che
mi piacciono gli uomini e tu non fai una piega? – gli chiese ormai sicuro
che la scenata non ci sarebbe stata e che non sarebbe cambiato niente. Il
cambiamento lo spaventava a volte, ma non l’avrebbe mai ammesso.
- Kitsune... Il mondo
è pieno di gay. Solo perché lo sei anche tu non è che il
mio modo di vederli è cambiato. Anche se, magari, un po’ di rabbia
ce l’ho. Ti corrono tutte dietro e tu sei gay... Ma guarda che rabbia! Se
te lo scrivessi in fronte ci sarebbero più pollastre per il sottoscritto
accidenti! – sproloquiò. Ok,
decisamente adesso era la normalità.
- Do’aho... Anche se me
lo scrivessi in fronte le ragazzine sono stupide: mi verrebbero dietro comunque
– lo informò. Era risaputo che molte ragazze erano attirate dalla
figura del ragazzo gay e lui, probabilmente, non avrebbe fatto eccezione.
- E questa è la cosa
peggiore! – annuì il rossino per poi tornare serio e guardarlo
dubbioso – Dunque... Ricapitolando: la tua situazione familiare è
simile alla mia, quindi avrai capito che non
serve colpevolizzarsi per qualcosa che era al di fuori della nostra
portata. Giusto? Per quanto riguarda l’essere gay... Beh non so come
aiutarti dato che, per ora, non ci sono passato. Non si può mai dire
nella vita -concluse Hanamichi,
ormai non ci faceva nemmeno più caso se nella mente lo chiamava per nome
– Ciò non toglie che il Tensai ama troppo la sua harukina per
andare dietro ai ragazzi – aggiunse infine. Ovvio, la babbuina doveva sempre comparire nei discorsi del
Do’aho. Che palle! Tuttavia annuì: effettivamente avevano problemi
simili e Anzai aveva fatto proprio un bel lavoro a metterli in coppia per una
terapia tra loro.
Si era incominciato ad
instaurare un rapporto più profondo tra loro, forse dovuto alla
consapevolezza che avevano problemi simili, non avrebbe saputo dirlo e, anche
quando forse stava per giungere ad una risposta più vicina alla verità, il suo pensiero fu interrotto
dall’entrata di Anzai.
- Ah Vecchiaccio! Sei giusto
arrivato alla fine della nostra terapia –
sentì il rossino informarlo mentre quello rideva con il solito ‘Oh
Oh Oh’. Ma che diamine di risata era? E che
aveva da ridere soprattutto? Mah.
- Sono felice che vi siate
parlati tutti e due... Perché, vedete, ho deciso di fare un’altra
prova con voi due... – iniziò l’uomo prendendo una tazza di
thé che Ayako gli stava porgendo.
- Che genere di prova? – chiese Hanamichi, se non
l’avesse fatto prima il rossino l’avrebbe chiesto senz’altro
lui, anche perché le idee di quell’uomo erano pericolose.
- Voglio che viviate insieme
– rielaborò l’informazione prima di alzarsi di scatto e
guardare prima Anzai che rideva, poi Ayako che sembrava divertita, infine
cercò lo sguardo di Hanamichi: era attonito quanto lui. Beh, almeno non
era il solo!
- COSA?! – chiese infine Kaede in coro con il rossino
aspettando la spiegazione che, probabilmente, non avrebbe tardato ad arrivare.
Continua...
Sperando che non ci
voglia un altro secolo e mezzo per aggiornare... Beh spero che sia piaciuto.
Ringrazio chi legge e chi ha commentato sto robo che sta degenerando, si sta davvero scrivendo da solo e i personaggi
stanno, secondo il mio punto di vista, diventando decisamente troppo OOC.