Amore♥Immortale

di Vagabonda
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. L'incontro ***
Capitolo 2: *** 2. Diversi ***
Capitolo 3: *** 3. La partita ***
Capitolo 4: *** 4. Il libro ***
Capitolo 5: *** 5. Carpe Diem ***
Capitolo 6: *** 6. Angie ***
Capitolo 7: *** 7. Un sogno gelato come la neve ***
Capitolo 8: *** 8. Aprimi il tuo cuore ***
Capitolo 9: *** 9. Come in una favola ***



Capitolo 1
*** 1. L'incontro ***






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Destro, sinistro, destro, sinistro…Stavo correndo sul selciato della strada, umido di pioggia. Ero in ritardo, tremendamente in ritardo. Assurdo, io che arrivo sempre in anticipo a qualsiasi appuntamento ero in ritardo per il primo giorno di scuola! Proprio quella mattina la maledetta sveglia aveva deciso di non suonare. Mi scappò una risata. Non vidi un sasso un po’ troppo sporgente e vi inciampai, cadendo. Fantastico, mi era bastato perdere la concentrazione per un secondo e già mi ritrovavo per terra, più fradicia di prima! Mi alzai barcollando e ripresi a correre. Arrivai in classe proprio sul suono della campanella. I miei compagni erano tutti li, sparsi per l’aula.
Stavano parlando animatamente: l’argomento, ovviamente, erano le vacanze estive appena finite. Ogni tanto mi intromettevo in qualche conversazione ma per lo più mi limitavo ad ascoltare da lontano.
Quando arrivò la prof. Ritornammo di corsa ai nostri posti. Dopo i saluti ci fu il solito discorso di inizio anno, dove si ripetono le vecchie regole a cui si aggiungono le ultime norme. Stavo per abbandonarmi a uno stato di semi-incoscienza quando si spalancò la porta. Sobbalzando notai il bidello che, entrando, si era avvicinato alla prof. Per bisbigliarle qualcosa. Lei annui e, schiarendosi la gola, annunciò –C’è una sorpresa-. Poi si spostò per lasciare entrare il ragazzo più bello che io avessi mai visto.
Era alto e slanciato, la semplice maglia bianca metteva in risalto gli addominali scolpiti mentre un paio di jeans fasciava le gambe muscolose. I capelli color bronzo incorniciavano il viso dove spiccavano due fantastici occhi, neri come il carbone, inquietanti. Mai mi sarei immaginata che potesse esistere creatura più bella. La sua espressione era indecifrabile. Con gli occhi stava percorrendo la classe, senza soffermarsi su nessun volto in particolare, anche se lo vidi indugiare per un attimo verso la mia fila. Fu allora che i nostri sguardi si incrociarono. Sulle prime parve perplesso, poi si irrigidì e si voltò, non senza prima avermi lanciato un’occhiata glaciale. Non potei evitare di rabbrividire.
La prof. Parlò ancora – Ragazzi, lui è Edward Cullen. Viene dallo Stato di Washington, è appena arrivato e non conosce nessuno perciò vi prego di essere carini con lui-. A quanto pare le mie compagne presero in parola tale richiesta dato che quando venne il momento di decidere dove si sarebbe seduto il nuovo ragazzo tutte cominciarono a sbracciarsi e a scacciare i vicini per fargli posto. Ma ovviamente la prof. Lo fece accomodare nell’unico banco libero al momento, ovvero quello alla mia sinistra. Molte ragazze furono deluse e qualcuna mi lanciò perfino un’occhiata invidiosa e carica di risentimento. Dopo che Edward si fu accomodato nel suo nuovo posto cominciò la lezione.
Non riuscii a stare attenta nemmeno un momento.
Sentivo il suo sguardo magnetico sulla schiena, tanto che a un certo punto mi costrinsi a voltarmi, giusto per controllare se fossi diventata paranoica. E invece avevo ragione, o quasi. Mi stava fissando, è vero, ma sul suo viso non c’era traccia di curiosità. Quello che vidi fu solo odio, un odio puro. Naturalmente avvampai e cercai di pensare ad altro, inutilmente. Passai cosi tutta la giornata, respirando momentaneamente durante l’intervallo.
All’uscita corsi subito a casa, troppo sconvolta per parlare con qualcuno.
Nella testa avevo un mare di domande: per quale motivo quel ragazzo ce l’aveva con me? Perché era chiaro che mi disprezzava, apparentemente senza un motivo valido. E come mai solo io ero risultata interessante alla sua ispezione? Erano questi gli interrogativi che mi ponevo dopo aver conosciuto Edward Cullen.
Non sapevo ancora che quell’incontro avrebbe cambiato la mia vita, per sempre.

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Capitolo 2
*** 2. Diversi ***






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Salve a tutti!..in questo capitolo la protagonista fa delle riflessioni su Edward..l'ho scritto sperando di trasmettervi le sue emozioni..poi fatemi sapere se ci sono riuscita!!..^^




Dopo il nostro primo incontro, per Edward fu come se non esistessi. Ogni mattina arrivava a scuola e si sedeva al suo posto, di fianco a me, apriva il libro sull’argomento del giorno e… mi ignorava. Tutto ciò non sarebbe stato un problema se non per un piccolo particolare: non riuscivo a togliermelo dalla testa. Da quando era entrato nella mia vita, Edward Cullen era al centro dei miei pensieri. La mattina mi svegliavo chiedendomi se quel giorno sarebbe stato diverso, se avrebbe finalmente deciso di rivolgermi la parola. Ma ogni volta venivo puntualmente delusa. Avrei fatto io il primo passo ma ero troppo timida. Quando mi convincevo a parlargli, anche solo a salutarlo, appena prima di aprir bocca lui mi squadrava, gelandomi con i suoi occhi tenebrosi, e allora stavo zitta.
Ma ciò non mi impediva di ammirarlo. Quando l’avevo visto per la prima volta ero convinta di aver analizzato ogni centimetro del suo corpo, dalla punta dei capelli ramati alle scarpe all’ultima moda. Bhe, mi sbagliavo completamente. Mano a mano che passavano i giorni mi accorgevo di tanti piccoli particolari che al momento mi erano sfuggiti: il secondo giorno notai la sua camminata, fluida e tremendamente sexy, poi la sua voce, profonda e un po’ roca, ma la cosa più bella che scoprii fu il suo sorriso, ampio e leggermente sghembo, che lo faceva sembrare se possibile ancora più bello. Quanto avrei voluto che quel sorriso fosse stato per me…
Edward era strano. Certo, con gli altri non si comportava come con me, ma non era nemmeno amichevole. Al suo arrivo non rivolse la parole a nessuno e a malapena rispose alle domande della prof. Ma mano a mano che i giorni passavano si faceva più socievole. In uno dei miei tanti momenti in sua contemplazione mi accorsi anche di un particolare. Contemporaneamente all’umore cambiava anche il colore degli occhi. Se all’inizio erano neri come la notte il giorno dopo erano un po’ più chiari. Dopo una settimana assunsero un colore ambrato, e fu allora che cominciò a parlare. Si rivolgeva soprattutto ai miei compagni maschi, ma solo per salutarli o scambiare due parole veloci. Per il resto lo vidi chiacchierare spesso con una ragazza all’intervallo.
A dire la verità trascorrevano ogni minuto libero insieme. Si appostavano vicino alla seconda finestra a sinistra della classe e stavano lì, apparentemente immobili. Nessuno si azzardava a disturbarli, intorno a loro risplendeva un’aura misteriosa. Lei era proprio come lui, perfetta sotto ogni aspetto.
Di statura minuta, dal modo di muoversi, quasi danzasse, pareva un folletto. I capelli corvini erano corti e spettinati, gli occhi ambrati come quelli di Edward. Non posso dire che non fossi gelosa, ma sapevo che non avrei mai potuto competere con lei, perciò soffrivo in silenzio. Non avevo confessato a nessuno la mia infatuazione per Edward e certo non avrei cominciato per un motivo così stupido. Certo, ero sicura che le mie compagne sospettassero qualcosa. Non che ci volesse molto per capirlo. Ogni volta che lui mi passava vicino, che quasi mi sfiorava, sussultavo; quando mi guardava, seppur con odio, avvampavo.
Ma ero un illusa. A lui non importava niente di me e mai gliene sarebbe importato. Era diverso. Insieme all’altra ragazza vivevano in un mondo tutto loro. E io avrei dato qualsiasi cosa per poterne far parte.

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Capitolo 3
*** 3. La partita ***






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..in questo capitolo Sophie e Edward finalmente si parlano ma la loro prima conversazione non si svolge affatto come aveva previsto lei...non vi anticipo nient'altro, vi dico solo leggete e recensite!!...baci ^^





Successe durante l’ora di ginnastica.
Ogni mercoledì, alla terza ora, andavamo in palestra e, armati di palla e tanta buona volontà, cominciavamo la lezione.
Io odiavo ginnastica.
Se nei giorni normali facevo di tutto per celare i miei problemi di equilibrio, bastavano quei sessanta minuti per vanificare ogni mio sforzo. Ero negata per qualsiasi sport.
Quando giocavo a calcio finivo io in porta invece della palla, a tennis impiegavo mezz’ora per fare una battuta, e una volta, giocando a bagminghton, avevo mandato il volano dritto nell’occhio della prof.<
Quel giorno dovevamo giocare a pallavolo. Se avessi dovuto scegliere lo sport che odiavo di più, sarebbe stato quello. A tennis si giocava a coppie, a basket gli altri potevano evitarmi, ma a pallavolo no. Erano bloccati in campo, senza via di fuga. Quando arrivava la palla cercavo di schivarla ma se per sfortuna la colpivo, inevitabilmente qualcuno si ritrovava con un livido su un braccio o con un occhio nero. Se gli andava bene.
Ci era toccata la palestra piccola perché la grande era occupata dai ragazzini di prima. Ciò per i miei compagni significava meno spazio per scappare. La prof. Ci divise in quattro squadre, io ero nell’ultima che di regola giocava con la prima. Ovviamente ero contro Edward. Ci disponemmo in campo. Come al solito occupai il posto nell’angolo, a sinistra. Era il più sicuro perché, essendo in fondo, ero l’ultima a battere, così forse avrei fatto meno danni.
La battuta toccava alla nostra squadra. Udii il fischio di inizio e vidi la palla volare nel campo avversario. Un mio compagno la prese in bager e la passò a una altro che la alzò per Edward. Lui schiacciò. Che potenza! La palla schizzò verso di noi, dritta dalla mia parte. Sembrava una meteora impazzita. Nessuno avrebbe potuto fermarla. Mi colpì in pieno petto.
Mi mancò il fiato, i polmoni cercavano l’aria senza trovarla mentre, senza forze, mi lasciavo cadere. Stavo per schiantarmi a terra quando sentii due braccia afferrarmi e, prima di perdere i sensi, intravidi il suo volto chino sul mio. Il mio cuore ebbe un sussulto, poi divenne tutto nero.


Quando rinvenni non aprii subito gli occhi. Sentivo girare la testa e il respiro era irregolare. Ero stesa su un letto e c’era odore di ospedale perciò intuii che dovevo trovarmi nell’infermeria della scuola. Ne ebbi la conferma quando, socchiudendo le palpebre, vidi un’infermiera avvicinarsi. Mi stavo riprendendo ma mentre facevo per alzarmi una fitta al torace mi mozzò il respiro. Notai un movimento nell’angolo della stanza poi caddi sul letto, mentre l’infermiera correva a soccorrermi.
-Attenta cara! In palestra ti sei rotta una costola, devi aver fatto proprio una bella caduta!-
Non ricordavo bene quello che era successo quella mattina così decisi di non ribattere. Però mi sembrava che poco prima di toccare terra qualcuno mi avesse afferrata, qualcuno con due grandi occhi ambrati… quel pensiero mi fece alzare di scatto. Non badai a un’altra fitta, ero troppo occupata ad arrossire mentre incrociavo lo sguardo preoccupato di Edward. Quasi svenni un’altra volta quando si alzò e, avvicinandosi al letto chiese all’infermiera di lasciarci soli.
Lei uscì e la testa ricominciò a girarmi.
Cosa avrebbe fatto adesso? Mi avrebbe parlato?
Bhe, se non lo avesse fatto lui lo avrei fatto io.
Dopotutto, mi doveva delle spiegazioni! Com’era possibile che una palla si abbattesse con così tanta forza? E come aveva fatto in secondo ad essere al mio fianco se un attimo prima si trovava dall’altra parte della palestra? Stavo ancora formulando queste domande quando parlò.
-Ciao Sophie- disse semplicemente. Ma il mio nome pronunciato da lui bastò a mandarmi in iperventilazione tanto che impiegai qualche secondo per rispondergli, seppur con parole mozzate.
-Ccciao…-
-Come ti senti?- chiese lui con apprensione.
-Bene- mentii. Ma non ero mai stata brava a dire bugie, perciò non mi sorpresi quando mi lanciò un occhiata dubbiosa.
-Forse è meglio che chiami l’infermiera…-
-NO!!- strillai. Non volevo che nessuno ci disturbasse, non ora che finalmente potevo parlargli! Ero una stupida, stavo rovinando tutto con la mia solita timidezza.
-No ti prego, non andare…- aggiunsi in fretta.
Edward sembrò perplesso ma non si mosse. Sembrava che anche lui volesse continuare la nostra strana conversazione.
-Allora…sei stato forte in palestra- mi guardò storto –c’e, volevo dire che hai lanciato proprio una palla forte…-
-Guarda che sei tu ad essere delicata…-
-Nno…era davvero una bomba, mi avrebbe spiaccicata per terra se non ci fossi stato tu a prendermi al volo!- cominciavo a sentirmi infastidita. Possibile che mi fossi immaginata tutto?
-…No, ricordi male, hai fatto un volo…- sembrava a disagio. Ma non volevo darmi per vinta, ero certa di quello che avevo visto e glielo avrei dimostrato.
-Sono sicura che poco prima di cadere tu mi hai presa, ricordo tutto perfettamente- non era esattamente vero ma cercai di sembrare più convinta possibile. Mi guardò intensamente, mantenni il suo sguardo fino a quando divenne impossibile. I suoi occhi erano così intensi e magnetici che ci volle tutta la mia forza di volontà per ricordarmi di cosa stavamo parlando.
-Sophie, la palla ti ha colpito normalmente e tu, che già hai dei problemi di equilibrio, sei caduta male. È così che è successo, vero?- mentre parlava il suo sguardo divenne infuocato e la voce gli uscì dalle labbra dolce, persuasiva ma ferma. Non mi era sfuggito l’accenno al mio handicap. Normalmente mi sarei arrabbiata ma il mio nome pronunciato da lui mi aveva fatto andare letteralmente in brodo di giuggiole. Ma, non so come, resistetti.
-Ti sbagli.- mi impuntai, altrettanto decisa. Lui rimase spiazzato, intravidi un accenno di rabbia sul suo volto, poi l’espressione rimase impassibile.
-Come vuoi tu- disse, dopodichè di alzò e in un lampo uscì dalla stanza.
Rimasi immobile una manciata di secondi prima di accorgermi che delle lacrime mi rigavano il viso. Avevo rovinato tutto! Con la mia testardaggine lo avevo fatto scappare, mandando in fumo l’unica possibilità di conoscerlo. Che sciocca!! Cominciai a singhiozzare quando arrivò l’infermiera.

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Capitolo 4
*** 4. Il libro ***






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Questo capitolo era già pronto da un pò ma ho voluto aspettare a pubblicarlo il giorno di S.Valentino.....lo so,sono una romantica irrecuperabile XDXD!!
Comunque spero che vi piaccia...fatemelo sapere lasciando anche una piiiiccola recensione!!....grazie 1000 e....auguri a tutti!!! ^^
P.S. Dedico questo capitolo alla mia Compa, che mi sostiene sempre e mi consiglia...ti voglio bene!!!






Fu un periodo orribile.
Oltre al dolore perenne al torace c’era l’ancor più straziante rimpianto per non esser riuscita a stabilire un rapporto con Edward. Dopo la nostra conversazione infatti era tornato tutto come prima. Almeno per quanto riguardava lui.
Da parte mia, ogni volta che lo vedevo guardarmi di sottecchi, con la sua solita espressione indecifrabile, gli occhi mi pungevano e dovevo sforzarmi di trattenere le lacrime. Le mie compagne dovevano aver intuito che era successo qualcosa tra noi due perché tutto a un tratto le più pettegole della classe, che non mi avevano mai preso in considerazione, erano diventate tutte mie fan accanite.
Inizialmente la mattina, quando arrivavo a scuola, nessuno badava a me, tranne la mia compagna di banco nonché migliore amica Lucy.
Ci eravamo conosciute in prima e mi era subito stata simpatica. Era come me, riservata e taciturna, forse un po’ meno timida. La nostra amicizia era pura, senza sotterfugi. Quando una delle due aveva un problema l’altra se ne accorgeva subito, anche se non diceva niente. Se veniva fuori il discorso se ne parlava, altrimenti no. Non c’erano forzature, era un rapporto libero, disimpegnato. Arrivate a scuola ci salutavamo con un sorriso, poi, quando cominciava la lezione, non chiacchieravamo come le altre, stavamo attente e prendevamo appunti. Al di fuori dell’ambito scolastico ci vedevamo raramente, giusto per un uscita al cinema ogni tanto o alle feste di compleanno. Ma a noi andava bene così.
Ora appena entravo in classe venivo assalita da un coro di gridolini e le mie guance si erano consumate a forza di baci. All’intervallo poi ero circondata, costretta ad ascoltare discorsi insulsi su ricostruzione delle unghie o sul conto troppo salato del parrucchiere.
Così avevo preso l’abitudine, appena suonava la campanella, di sgattaiolare fuori dalla classe. In principio mi rifugiavo in bagno ma quello era un luogo troppo affollato perciò mi misi in cerca di un posto più appartato.
Durante la mia ricerca mi capitò di ritrovarmi in una piccola stanza, buia e umida.
Erano i magazzini della scuola.
Intorno a me vedevo vecchie lavagne, consumate per le troppe cancellature, banchi rotti e sedie senza un piede, e ancora scatoloni e cianfrusaglie varie. Il posto mi piacque subito. Era esattamente quello che cercavo, trascurato e insospettabile.
Da qual momento vi tornai ogni volta che potevo.
La mattina era più difficile perché la scuola si popolava lentamente ma all’intervallo, tra la confusione generale, nessuno si accorgeva di me.
Un giorno mi trovavo nel mio rifugio segreto e stavo leggendo un libro. Avevo deciso di portarlo con me per ingannare il tempo.
Era uno dei miei preferiti, Frankestein di Mary Shelly.
Lo avevo scoperto qualche anno addietro, quando la prof. D’italiano ce lo aveva assegnato da leggere per le vacanze.
La storia della creatura nata dalla mente dello scienziato mi affascinava.
Com’era venuta al mondo buona, ingenua, e che poi fosse stato l’egoismo e l’ignoranza dell’uomo a renderla un mostro crudele e senza cuore.
-Da che parti stai?- chiese all’improvviso.
Sussultai e trattenei a stento un grido.
Non mi sarei mai aspettata che qualcuno venisse lì, ne tanto meno che questo qualcuno fosse proprio lui.
Ma non potevo sbagliarmi, non avrei mai confuso la sua voce con nessun altra.
Lentamente mi voltai.
Era proprio Edward, bello come un dio. Se ne stava appoggiato alla parete, a un metro da me, e mi fissava divertito.
-Ma sei impazzito?!- mormorai.
Si fece serio.
-Vuoi che me ne vada?-
-No!- mi affrettai a rispondere.
Lui sorrise, sollevato, e ripetè la domanda di prima.
-Da che parte stai?-
-…Ehm, in che senso?-
-Pensi che abbia ragione il mostro o lo scienziato?- mi osservò attentamente.
Non dovetti pensarci molto, avevo già la risposta.
-Non so chi abbia ragione ma so chi ha torto. L’uomo con la sua prepotenza è stato capace di mutare una creatura da buona che era a malvagia.-
La mia risposta lo lasciò impassibile. Dopo un minuto disse:
-Perciò tu pensi che il mostro sia nato buono? Che se l’uomo non fosse intervenuto sarebbe rimasto incorrotto?-
-Sì-
Si staccò dal muro e lentamente venne verso di me. Mi sentii male. Assorto com’era nei suoi pensieri pareva ancora più bello. Le gambe non mi reggevano più. Facendo finta di niente mi sedetti su una scala dietro di me. Lui si mise al mio fianco.
-Non sono del tuo stesso parere, per me il mostro è nato già malvagio, è nella sua natura fare del male alle persone e anzi, penso che tragga anche piacere dal provocare dolore-
Corrucciai la fronte.
-Non penso sia così. Nessuno nasce cattivo, tutti possiamo scegliere la via da seguire-
Per un attimo alzò la testa e mi guardò intensamente, facendomi arrossire. Poi la riabbassò, tornando ad essere assorto.
Allora mi balenò un pensiero in testa.
-Ma stiamo ancora parlando della creatura di Frankestein? - chiesi esitante, guardandolo.
Edward mi scoccò un’occhiata scioccata, ma fu un secondo. Dopodichè scoppiò in una sonora risata.
Ah che suono sublime!
Lo osservai estasiata finche lui non se ne accorse. Allora si ricompose. Era tornato serio come prima. Temevo di avergli rovinato il buon umore.
-Certo che stiamo parlando del libro.- disse compunto, ma vidi gli angoli della bocca sollevarsi. Meno male! Automaticamente gli sorrisi anch’io.
Poi un suono acuto ci fece sobbalzare entrambi.
Era la campanella. Mi era sembrato che la conversazione fosse stata brevissima e invece era già finito l’intervallo. Edward si alzò e a malincuore lo imitai. Insieme tornammo in classe, senza scambiarci una parola. Ma non ce n’era bisogno. Sentivo che qualcosa era cambiato.
Tra noi non c’era più quel muro di imbarazzo a separarci. Quella nostra seconda chiacchierata aveva abbattuto ogni barriera.
La mattina quando arrivavo in classe mi salutava con un sorriso che ricambiavo sinceramente, all’intervallo spesso mi veniva a trovare nel mio nascondiglio e allora ci confidavamo.
In verità quella che parlava ero soprattutto io, ma Edward continuava a farmi domande sulla mia famiglia, i miei interessi, i miei amici. E io non potevo fare a meno di rispondere.
D’altra parte avrei fatto qualsiasi cosa per stare in sua compagnia.
Aspettavo quei momenti con ansia, pregando che anche qual giorno mi raggiungesse nel magazzino.
Ma ormai non ne avevo bisogno.
Veniva sempre, al suono della campanella ci lanciavamo uno sguardo complice e poco dopo ci ritrovavamo nell’ormai nostro nido privato.
Anch’io però ero curiosa.
Prima di tutto volli sapere chi era la moretta con cui si incontrava prima all’intervallo. Capii allora che la mia gelosia era del tutto infondata, infatti era sua sorella e si chiamava Alice. Non erano proprio fratelli di sangue, entrambi erano stati adottati insieme ad altri tre ragazzi.
Poi imparai a conoscerlo meglio, scoprii che suonava il piano e amava le macchine sportive, ma sulla sua vita non volle raccontarmi più niente. Ogni tanto difatti saltava fuori con un discorso strano.
-Tu non dovresti stare con me Sophie e io non dovrei permetterlo- diceva serio.
Io temevo allora che non sarebbe più venuto ai nostri incontri ma poi le mie paure rimanevano infondate.
Mi resi conto che oltre ad essere bellissimo era anche simpatico e affabile. Con lui non dovevo sforzarmi di parlare, mi veniva naturale, anzi, sentivo il bisogno di soddisfare la curiosità che leggevo nei suoi occhi.
In questo modo si rafforzò ancora di più la mia convinzione che fosse perfetto, sotto ogni punto di vista.
Ormai il mio bisogno di lui era incontenibile.
Desideravo la sua compagnia ad ogni ora del giorno, passavo la notte a sognarlo.
Una volta che ero soprappensiero scrissi una frase su un pezzo di carta:

Edward, ti amo
Dopo averla fissata per un secondo piegai il foglio e lo misi in un cassetto.
Perfino il mio subconscio lo stava urlando.
Tutti l’avevano capito, dalle mie compagne pettegole, alla mia migliore amica Lucy, a mia madre. Perfino papà mi guardava spaventato. Perché ormai era palese. Lampante.



Ero totalmente, incondizionatamente innamorata di lui.

(da Twilight, pag. 169)

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Capitolo 5
*** 5. Carpe Diem ***






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Oggi a scuola abbiamo visto "L'attimo fuggente", un film bellissimo da cui ho preso spunto per questo capitolo. Scusate se Edward non sarà molto fedele ai suoi principi ma dopotutto..bisogna si o no cogliere l’attimo??!!





Non ero mai stata fidanzata. Una volta, quando avevo 6 anni, avevo baciato in bocca un bambino durante una recita scolastica. Ma non penso che conti. Di fatto, non avevo mai dato il mio primo bacio. A 17 anni tutte le mie compagne l’avevano già sperimentato, alcune più di una volta o con ragazzi diversi. Dicevano che era un evento unico e irripetibile, che accadeva qualcosa di magico. Dopotutto, è risaputo che la prima volta non si scorderà mai. Pensavo fosse solo un detto, almeno fino al giorno dell’incidente.


Era una mattina come le altre, fuori il cielo era plumbeo e rade gocce di pioggia cadevano sull’asfalto grigio. L’idea di abbandonare il caldo rifugio del mio piumone non era affatto allettante e fu solo grazie al pensiero che anche quel giorno avrei visto Edward che mi alzai, seppur di malavoglia. Quando arrivai a scuola pioveva a dirotto. Prima di uscire di casa avevo preso l’ombrello ma nonostante ciò ero bagnata fradicia. Entrai in classe tremando e, dopo essermi tolta il giubbotto inzuppato, mi appoggiai al termosifone. Pur essendomi alzata tardi ero arrivata in largo anticipo e avevo trovato la classe deserta.
Chiusi gli occhi.
Il rumore della pioggia mi rilassava e il calduccio del termo era piacevole.
Se solo ci fosse stato anche Edward …
Qualcuno al mio fianco si schiarì la voce, interrompendo le mie fantasticherie. Aprii gli occhi e mi persi in una mare di oro liquido. Lui era li, accanto a me. Sembrava che la pioggia non lo avesse nemmeno sfiorato, la camicia immacolata e il maglione blu aderente erano perfettamente asciutti, come i capelli e il viso. “Perfetto come al solito” pensai, con una punta di invidia. Invece io ero ancora gocciolante! Come a voler confermare le mie parole, starnutii violentemente.
-Ti senti bene?- chiese a quel punto Edward, preoccupato –Stai tremendo come una foglia-
Era vero, non mi ero nemmeno accorta di aver cominciato a battere i denti.
-Ssi, non ttti preocccupare…- risposi debolmente, poi starnutii ancora.
Lui sorrise, scuotendo la testa, e si avvicinò ancora di più. Poi, prima che potessi rendermene conto, mi ritrovai tra le sue braccia.
La reazione fu istantanea. Il battito del mio cuore accellerò e il respiro si fece smorzato. Poggiavo la testa sul suo petto scolpito, le mani raccolte in grembo. La mia testa era sgombra da ogni pensiero, avrei solo voluto che il tempo si fermasse, per rimanere stretta a lui per sempre. Mi stavo già abituando alla posizione quando mi prese il mento per guardarmi in faccia.
-Va meglio?- chiese dolcemente.
Non sapevo cosa rispondere. Effettivamente le sue braccia fredde non mi avevano scaldata ma l’abbraccio era risultato molto più efficace…
Perciò annuii, lui mi sorrise e io ricambiai.
Non so quel che mi prese, cosa mi passò per la mente.
Fu come se il mio corpo agisse per conto suo.
Mi alzai in punta di piedi e delicatamente poggiai le mie labbra sulle sue.
Al contatto il suo corpo si irrigidì ma, dopo un momento di indecisione, restituì il bacio.
Le nostre bocche si modellarono a vicenda, come se fossero fatte l’una per l’altra. Sentii una scarica di adrenalina scorrermi lungo tutto il corpo.
Mi avvinghiai stretta a lui, il respiro affannato. Edward strinse forte le mie braccia. Troppo forte. Mi stava facendo male, lacrime cominciarono a scendere dai miei occhi. Il dolore stava diventando acuto così, con uno sforzo sovraumano, mi staccai da lui.
-Edward, così mi fai male…- mormorai.
Lui mi fissò, lo sguardo folle, senza diminuire la presa.
-Edward ti prego…-
Non ce la facevo più. Cominciai a gemere.
Fu come se si svegliasse da un sogno. Un incubo, a giudicare dalla sua espressione.
Mi lasciò di scatto, allontanandosi di vari metri,e io mi accasciai sul termosifone. Osservai le mie braccia. Dove mi aveva stretto vi erano ora dei lividi violacei.
Lo guardai. Mi stava osservando con orrore, soffermandosi sulle contusioni, poi sul mio volto.
-Che cosa ho fatto?- sussurrò, sconvolto.
-Edward non è colpa tua, sono stata io che…- mentre parlavo feci per avvicinarmi a lui.
-No! Stai lontana!- disse, arretrando ulteriormente.
-Ma io…- provai a ribattere.
-No, sono stato uno sconsiderato, un folle! Come ho potuto permettere che accadesse?!- strinse i pugni e mi fissò con sguardo grave.
-Quello che ho fatto è stato terribile, non sarebbe mai dovuto accadere e non accadrà mai più. Sophie non ti preoccupare, ti prometto che d’ora in poi ti starò lontano-
Detto ciò, in una lampo uscì dall’aula. Rimasi immobile, non mi mossi nemmeno quando suonò la campanella e cominciarono ad arrivare i primi compagni.
Guardavo il muro davanti a me con sguardo vacuo. In realtà non vedevo niente.


Dal primo giorno di scuola la mia vita era cambiata.
Non ero più la stessa ragazza di prima, timida e statica, quando Edward era entrato nella mia vita avevo sperimentato l’amore, appassionato, vivo, intenso. Dopo averlo conosciuto poi mi ero illusa che forse un giorno lui mi avrebbe considerato più di un’amica. Ma adesso, nel giro di mezz’ora al massimo, ogni mia speranza era svanita.
Evaporata, come neve al sole.
Ogni mio castello in aria dissolto, il cuore ridotto in mille pezzi. No, peggio.
Il mio cuore non c’era più.
Se ne era andato.
Se l’era portato via Edward, mentre scappava da me.





P.S. Volevo ringraziare tutti coloro che hanno aggiunto questa ficci ai preferiti e la mia Compa, che mi sostiene sempre e comunque. GRAZIE 1000 A TUTTI!!!

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Capitolo 6
*** 6. Angie ***






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Allurs, per prima cosa rispondo alle recensioni...


keska: Grazie 1000 per la tua recensione e per i tuoi consigli! Sto cercando di migliorare il mio modo di scrivere e spero di aver fatto dei progressi (anche se non sono brava come te ^^), in questo capitolo poi spero di essere riuscita a trasmettere meglio le emozioni dei personaggi, personalmente mentre lo scrivevo mi sono commossa...Mi dispiace che la storia non risulti efficace ma era da un pò di tempo che volevo scrivere un'alternativa alla classica relazione tra Ed e Bella...Facciamo così: dopo che avrò terminato questa FF ne ho già in mente un altra da scrivere dove ti prometto che i personaggi saranno gli stessi del libro! Spero comunque che continuerai a seguirmi!
eka: Sono contenta che la ficcy ti piaccia! Tranquilla, questo capitolo così drammatico è solo passeggero...ma non voglio dirti altro! ^^
Sabri87: Scusa se sono un pò in ritardo con l'aggiornamento, spero comunque che questo capitolo sia di tuo gusto!
mione94: eeh la mia compa! Tu mi vizi troppo con tutto i tuoi complimenti... bhe, l'importante è che mi dici ciò che pensi davvero, sai che il tuo parere per me è molto importante...e se la ficcy ti piace sul serio sono contentissima!!


Grazie 1000 anche a chi ha aggiunto questa storia tra i preferiti,siete già in 15 O.O!!!
Un ultima cosa: scusate se in questo capitolo sono stata un pò melodrammatica ma volevo scrivere qualcosa di forte...bhe, ora buona lettura!!






Non era stato previsto. Fu improvviso e fulminante. Nessuno se lo sarebbe mai aspettato, la nostra non era mai stata zona sismica. E invece il terremoto arrivò, con una forza distruttiva, disarmante e inarrestabile.


La prima scossa avvenne durante l’ora di matematica. La lezione quel giorno era particolarmente noiosa così, dopo un primo tentativo penosamente fallito, abbandonai del tutto l’idea di stare attenta e mi accasciai sul banco, mento sulle braccia, a osservare la mia ragione di vita.
Dopo il nostro disastroso bacio, io ed Edward non ci eravamo più rivolti la parola, anzi, dava l'impressione che per lui non esistessi. A pallavolo era come se il mio posto in campo fosse vuoto e nei lavori di gruppo io non contavo niente. Non mi guardava più di sottecchi, il suono della mia voce gli era indifferente.
In principio il suo distacco non fece che peggiorare la mia situazione psico-fisica. Caddi in depressione, non mangiavo più ne dormivo, passavo le notti a rimuginare su ciò che era accaduto, cercando di capire cosa esattamente avesse fatto arrabbiare Edward. Non mi era sembrato un brutto bacio, per me era stato come toccare il paradiso con un dito…ma dopo quel giorno sapevo che il paradiso non l’avrei mai raggiunto. La collera di Edward non accennava a diminuire e io non sarei mai potuta essere felice lontana di lui.
Dopo la disperazione iniziale però, era subentrata l’irritazione. Se non mi parlava più, che almeno mi desse una spiegazione! Così un giorno, sorprendendo perfino me stessa, presi in mano la situazione. Al cambio d’ora mi voltai verso di lui e, con tono che non ammetteva repliche, gli chiesi cosa c’era che non andava. Non mi guardò nemmeno in faccia mentre mi rivolgeva una risposta laconica e del tutto irrilevante. Dopo quella manovra infruttuosa mi rassegnai e non riprovai più a chiarire, certa che sarebbe stato impossibile cavargli fuori una risposta soddisfacente.
Stavo ripensando a quella situazione disperata quando tutto cominciò a tramare.
Le pareti, i banchi, le persone: tutto perse i suoi contorni. Frammenti di calcinaccio cominciarono a cadere dal soffitto seguiti dalla rottura dei vetri delle finestre. In breve tempo fu il panico. I miei compagni si accalcavano verso l’uscita, tra urli e imprecazioni, mentre la prof. Strillava isterica di mantenere la calma. Poi qualcuno si ricordò che in casi come quello bisognava mettersi al riparo sotto i banchi, per proteggersi da eventuali pericoli. Proprio in quel momento il muro si spaccò e pezzi di cemento piovvero su alunni e insegnanti.
La situazione degenerò rapidamente. Tutti correvano spasmodicamente, chi da una parte chi da quella opposta, senza curarsi degli altri ma spintonandosi tra loro per raggiungere le uscite di sicurezza più vicine.
In mezzo a quella confusione avevo perso di vista Edward e Lucy. Non avrei mai potuto permettere che gli accadesse qualcosa, anche se sapevo di non poter fare molto per proteggerli. Così, pur essendo terrorizzata, cominciai a cercarli, chiamandoli a gran voce. La scuola si stava svuotando lentamente. Le operazioni di soccorso però erano rallentate perché alla prima scossa ne era seguita una seconda ancora più forte. Le successive poi, invece di diminuire di intensità aumentavano vertiginosamente.
I corridoi erano deserti, le uscite intasate. Mi aggiravo tra un’aula e l’altra, cercando freneticamente.
A un certo punto notai un movimento. Mi avvicinai col cuore in gola, nell’angolo di una classe una ragazza minuta, probabilmente di prima, giaceva rannicchiata al muro, le gambe al petto, abbracciate dalle esili braccia. Quando le fui dinanzi alzò lo sguardo e mi fissò. Su quel piccolo volto lessi paura, orrore e altre emozioni che sicuramente anche lei stava vedendo riflesse sul mio. Senza pronunciare una parola, abbracciai quella piccola sconosciuta e insieme scoppiammo in lacrime. Rimanemmo così per qualche minuto poi ci alzammo e, mano nella mano, la condussi verso l’uscita di sicurezza più vicina. quando ritenetti di essere abbastanza vicino alla porta le dissi di andare dritto, poi di girare a destra e proseguire. Ma quando cercai di lasciarle la mano lei la strinse debolmente.
-Tu non vieni con me?- mi chiese allarmata.
Io sospirai.
-Come ti chiami?-
-Angie-
-Vedi Angie, non ti è mai capitato di sentirti inutile? Di voler essere d’aiuto a chi vuoi più bene?-
Annuì con aria triste.
-Ecco, io sto cercando due miei amici che devo rintracciare assolutamente e senza dei quali non posso andarmene. Sarebbe come se li abbandonassi, capisci? Tu vai avanti, ci vedremo quando li avrò trovati.-
-Promesso?- domandò, scrutandomi con un paio di enormi occhi azzurri.
-Promesso- risposi io, sorridendole. Sapevo che, con molta probabilità, non avrei potuto mantenere la parola data, ma con che coraggio avrei potuto deludere quegli occhioni?
Angie ricambiò il sorriso.
-Allora ti aspetterò- disse con enfasi.
-Certo-
Mi abbracciò e la strinsi forte a me. Ci salutammo tra i singhiozzi seppur un po’ più felici, contente di aver trovato una nuova amica ma con la silenziosa consapevolezza che probabilmente non ci saremmo mai più riviste.

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Capitolo 7
*** 7. Un sogno gelato come la neve ***






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Le scosse continuavano. Ma che razza di terremoto era??!! In prima avevamo studiato i fenomeni sismici e da quel poco che ricordavo c’erano due tipi di movimenti del terreno, quello sussultorio cioè in verticale e quello ondulatorio in orizzontale. Inoltre dopo le prime scosse il terremoto andava scemando fino agli ultimi sobbalzi, detti “scosse di assestamento”. Quel giorno invece i movimenti erano stati da subito bruschi e improvvisi, non accennando a diminuire nemmeno a distanza di minuti. E poi piuttosto che dirigersi verticalmente o orizzontalmente ti facevano girare la testa, dandoti l’impressione di star facendo un giro sulle montagne russe del Luna Park!
La mia ricerca di Edward e Lucy era sembrata da subito disperata.
Oltre ai delicati scossoni che mi mandavano puntualmente a terra dovevo anche fare ginnastica, allenandomi nella corsa ad ostacoli a saltare tra un pezzo di soffitto e l’altro. Così avevo passato in rassegna le mie conoscenza di geografia, cercando qualcosa che mi potesse aiutare contro le voci “forti e improvvise scosse” o “rottami di cemento che piovono dal cielo”. Purtroppo la mia indagine non aveva prodotto frutti perciò mi ero limitata a maledire madre natura.
“Bhe, almeno non sono ancora caduta…” pensai per distrarmi. Non vidi un blocco davanti a me e inciampandovi volai dritta addosso a un armadietto che a sua volta si abbattè su un altro, causando una reazione a catena.
-Oh cavolo! – mugugnai. Quando l’ultimo armadietto fu colpito cadde su una colonna di cemento che, già danneggiata, si ruppe definitivamente. Proprio in quel momento un’altra scosse fece tremare il soffitto, rimasto ora senza sostentamenti. Un grosso pezzo si staccò e mi piovve dritto in testa. Non feci in tempo a vederlo che già mi aveva colpito e tramortita crollai a terra.
Poco prima di perdere i sensi sentii dei passi avvicinarsi e qualcuno chinarsi su di me, poi fui preda del buio.


Ero tornata indietro nel tempo, prima del terremoto.
L’ora era quella di matematica, proprio come quella mattina, la classe però era deserta.
Guarda caso c’eravamo solo io ed Edward, seduti agli angoli opposti dell’aula. Lui si alzava dal banco e lentamente si dirigeva verso la mia direzione. La calma con cui si muoveva era esasperante! Cadenzava ogni passo, metteva un piede perfettamente davanti all’altro, ogni suo gesto scandiva un secondo… una cosa insopportabile! Stavo cominciando a spazientirmi, era gia da diversi minuti che camminava eppure sembrava che non si fosse avvicinato di un passo! Poi, mentre mi tiravo su per raggiungerlo più velocemente, inciampavo nel mio candido vestito da sposa. Cosa?!? Un vestito da SPOSA?!?? Cadendo ero finita addosso al cavallo color bronzo che mi si trovava innanzi. Reprimendo l’idea che prima non ci fosse nessun cavallo , con un agile scatto improbabile da parte mia, gli balzavo in sella. Lui usciva dalla classe e ci trovavamo a correre per un campo innevato.
Gelidi fiocchi di neve mi sfioravano il viso, sciogliendosi a contatto con il calore del mio corpo. Mi protendevo per stringere le redini quando invece mi trovavo tra le mani una morbida pelliccia. Allora il lupo si fermava, i splendidi occhi ambrati fissi su di me. I SUOI occhi. E infatti pochi istanti dopo Edward era al posto dell’animale, nell’atto di chinarsi. Pensavo mi volesse prendere così protendevo speranzosa le braccia. Ma lui si acquattava come si può veder fare un leone nell’atto di attaccare la propria preda.
Mostrava i denti, i canini affilati come rasoi. I muscoli tesi, gonfi, gli occhi fissi sull’obbiettivo: IO. Volevo scappare, allontanarmi da lui. Ma le mani, mezze congelate, erano prigioniere della neve, come il resto del corpo. Rimanevo terrorizzata a guardare in faccia la morte. Una morte dagli occhi neri come la notte.



Il sogno divenne sempre più sfocato, fino a scomparire del tutto. Piombai nel buio, protetta da una calma e comoda oscurità. Tuttavia sentivo ancora la neve posarsi sul volto. Socchiusi leggermente gli occhi.
Una mano mi stava accarezzando il viso, sfiorandolo delicatamente. Era una sensazione bellissima e mi rilassava a tal punto che da li a poco mi sarei addormentata se le mie guance non mi avessero tradito, imporporandosi. Le carezze si interruppero all’istante e, riluttante, spalancai gli occhi.
Ero in una stanza angusta, poco illuminata e piena zeppa di cianfrusaglie. La riconobbi subito, e come dimenticarla??! Lì avevo passato i più bei momenti in compagnia del mio Edward…
Mi tirai su ma subito fui colta da un capogiro. Tutto cominciò a ruotare e ricaddi indietro. Prima di sfracellarmi a terra però fui prontamente afferrata da due braccia possenti.
-Mi sembra di aver già vissuto questa scena…- mormorai sorridendo.
La bocca perfetta di Edward ricambiò il sorriso.
-In effetti pare anche a me…-
Riprovai ad alzarmi ma la sua mano mi bloccò.
-Non devi più fare movimenti bruschi, per fortuna il masso ti ha solo sfiorata, provocandoti un leggero taglio che però continua a sanguinare copiosamente-
Effettivamente ora percepivo una qualche parte della testa che mi pulsava…ma la gioia di essere tra le braccia di Edward non mi faceva sentire alcun male. Purtroppo come se avesse ascoltato i miei pensieri mi poggiò delicatamente al muro. Da seduta stavo meglio, anche perché potevo vederlo con più chiarezza.
Sembrava che il terremoto non avesse avuto effetto su di lui. A parte i vestiti che avevano qualche strappo qua e la, non aveva riportato nessun graffio. Al contrario, io ero in condizioni pietose. Oltre alla testa avevo numerose ferite su mani e ginocchia, usate entrambe per proteggermi dalle cadute. La camicetta bianca lavata il giorno prima era nera di polvere e da uno strappo sul petto si intravedeva il reggiseno… imbarazzata incrociai le braccia. Sfortunatamente anche Edward doveva essersene accorto perché, a disagio, si era tolto il cardigan, rimanendo soltanto con una leggera camicia di flanella.
-Devi avere freddo, tieni, metti questa- disse, distogliendo lo sguardo.
Presi il maglione e lo indossai sopra la mia maglia sbrindellata. Non potei evitare di annusarne l’odore. Profumava di buono, di fresco, di Edward. Quante volte, quando mi era passato vicino, mi ero fermata ad apprezzarne il profumo delizioso? Ma quella pareva un’altra vita…
Ora, dopo il terremoto, la scuola era crollata e chissà quanti ragazzi si trovavano in condizioni ben peggiori delle mie… la piccola Angie…e Lucy!! Chissà come stava…
Lacrime spontanee mi salirono agli occhi e cominciai a tremare.
In un lampo Edward mi fu accanto.
-Cos’hai Sophie? Perché piangi? Ti senti male?-
Lo guardai, disperata. Almeno lui era con me, così vicino che avrei potuto toccarlo solo allungando il braccio. Ma tra noi avvertivo l’antica tensione, rinata dopo l’episodio del bacio. Stupido bacio! Perché aveva rovinato tutto?? Volevo dirgli quanto era importante per me, fondamentale, quanto gli volevo bene, il mio amore per lui… ma riuscii solo a pronunciare il suo nome, “Edward…” e, senza più la forza di riflettere, mi gettai su di lui, tra i singhiozzi.
Rimase rigido come una statua di marmo e goffamente mi ricomposi. Avevo smesso di piangere e mi sentivo spossata, come capita sempre dopo aver pianto.
-Scusa, io…non so cosa mi abbia preso…- dissi abbassando lo sguardo.
-Tranquilla, è comprensibile che tu sia sconvolta- ribattè con voce piatta.
“Ecco, brava Sophie, con il tuo comportamento da stupida ragazzina infantile non fai altro che allontanarlo di più…” pensai arrabbiata.
C’era un silenzio imbarazzante. Fu lui, inaspettatamente, a romperlo.
-Ti devo delle spiegazioni, il mio comportamento con te è stato imperdonabile, dal primo giorno che ci siamo conosciuti. Se mi prometti che mi presterai attenzione senza interrompermi sono pronto a spiegarti tutto. Poi sarai libera di urlare, scappare e anche picchiarmi se vorrai, non te lo impedirò. Dopotutto, me lo merito…allora, desideri ascoltarmi?-
Ero tutt’orecchie.
-Va bene, allora cominciamo- disse Edward, rivolgendosi più a se stesso che a me. Poi trasse un profondo respiro e cominciò la sua storia.





Scusate se questo capitolo è cosi lungo ma ho dovuto dilungarmi altrimenti non avrei più finito la FF...XDXD comunque spero vi sia piaciuto!!...una recensione,anche piccolina,e sempre gradita!! grazie e baci!!

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Capitolo 8
*** 8. Aprimi il tuo cuore ***






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Un grazie ENORME a chi ha recensito!



mery123: grazie per i complimenti! Sono davvero contenta che la FF ti piaccia!! Spero continuerai a seguirmi...baci!
bella95: eh sì, il nostro Eddino finalmente le dirà tutto...spero che questo chappy ti piaccia!kiss ^^
eka: grazie!! Il sogno servirà per spiegare alcune cose più avanti...ma non ti anticipo nient'altro!baci!
Noemi91: sono davvero contenta che tu abbia recensito, hai ragione, un commento fa sempre piacere soprattutto se dettagliato come il tuo! Il nostro amato Ed in questo capitolo si confesserà...ma quale sarà la reazione di Sophie?? Niente spoiler XDXD leggere per scoprire!! kissoli
mione94: niente anticipazioni compa! Devi aspettare come tutti gli altri XD comunque spero che anche questo capitolo t piaccia...baci amore!!


Scusate se ci ho messo un pò per aggiornare ma questo capitolo è stato difficile da scrivere, ho preso un pò di frasi dal libro per rendere meglio l'idea(sono quelle in corsivo)...spero che vi piaccia!!^^






Lo fissavo impaziente, in attesa che iniziasse a parlare.
-Prima di cominciare permettimi di medicarti quel brutto taglio che hai dietro alla testa- disse preoccupato –non mi piace per niente e poi continua a sanguinare…-
In verità mi ero quasi dimenticata della ferita, la sentivo solo pulsare leggermente. Effettivamente tutto quello accaduto prima del mio risveglio appariva sfocato: la mia ricerca frenetica, l’incidente in corridoio, perfino lo strano sogno che avevo fatto…
-Sì si certo- risposi comunque. Speravo solamente che si sbrigasse, primo perché non vedevo l’ora di sentire la sua storia e secondo…odiavo le medicazioni!!!
Edward si avvicinò a me e, sussurrandomi all’orecchio disse –Vado a prendere la cassetta del pronto soccorso, aspettami qui, tornerò subito da te- poi mi guardò un istante e scomparve, velocissimo.
Il cuore mi batteva ancora fortissimo, la vicinanza delle sue labbra alla mia faccia mi aveva fatto avvampare. Possibile che quel ragazzo mi facesse sempre uscire di testa??!!
Improvvisamente mi sentii abbandonata. E se se ne fosse andato?? Se mi avesse lasciata?? No, mi aveva detto che sarebbe tornato subito…
-Eccomi qui- esclamò, sbucando dalla porta del magazzino.
“Cavolo che velocità” pensai sollevata. Ma la cosa importante è che era ancora con me.
-Bene, ora è importante che tu stia ferma- disse serio.
Deglutii. Dovevo stare calma, dopotutto era solo un taglio no?
Si avvicinò e aprì la cassetta. Dopo una rapida occhiata tirò fuori della garza bianca, cerotti, dell’ovatta e il disinfettante. Mentre apriva il contenitore avevo intravisto anche siringhe e flebo. Cominciai a sudare.
Edward se n’era accorto.
-Stai calma- disse divertito –non sentirai niente-
Mi sembrava di essere tornata indietro nel tempo, quand’ero piccola e mia madre mi portava a fare le vaccinazioni.
“Stai tranquilla piccina, non ti farà male!” diceva la simpatica infermiera. Poi mi conficcava con forza l’ago dentro la carne e io mi sforzavo per trattenere le urla.
Sapevo che non sarebbe stato come allora, ma ero comunque terrorizzata.
Fortunatamente questa volta al posto dell’infermiera c’era Edward.
Mentre lui mi curava la ferita io fissavo i suoi splendidi occhi ambrati, nei quali si scorgeva un’ombra nera. Con un sussulto ripensai al mio sogno.
-Shh da brava- mi rabbonì –stai ferma, ho quasi finito-
Terminò di tamponare il taglio e vi applicò sopra l’ovatta fermata da garza e cerotto.
-Così dovrebbe andare, almeno fino a quando usciremo da qui-
Quindi lui era convinto che saremmo usciti sani e salvi. Bene, se non altro uno dei due ci sperava ancora. Come a voler sottolineare le mie parole un’altra scossa fece tremare il pavimento sotto di noi.
Istintivamente mi aggrappai a Edward. Lui mi strinse a se. “Bhe, una cosa buona il terremoto l’ha fatta…” pensai abbracciata a lui. Ora non aveva più scuse, avrebbe dovuto dirmi tutto.
-Allora…non mi dovevi delle spiegazioni?- gli ricordai sfacciata.
La scossa era finita. Edward, con mio grande disappunto, mi allontanò da lui e sospirando ammise –La verità è che non so da dove cominciare…-
-Potresti partire dall’inizio- gli suggerii.
-Già ma vedi Sophie…la mia storia non ha un inizio- disse tristemente, voltandosi verso di me.
Non capivo.
-Non ti sei mai chiesta perché io sia così diverso da voi altri?- chiese amaro.
Arrossii violentemente. In effetti fin dal primo giorno in cui l’avevi visto mi ero accorta che era TROPPO perfetto, bellissimo, super-intelligente, inavvicinabile… e avevo desiderato essere come lui, di passare il resto della mia esistenza insieme. Ma questo forse era meglio non dirlo.
-Sì l’ho notato…- balbettai.
Sghignazzò, poi tornò serio.
-Tutto, di me, ti attrae: la voce, il viso, persino l’odore. Come se ce ne fosse bisogno!- in un istante era sparito –come se tu potessi fuggire- ricomparve al mio fianco.
Afferrò un enorme masso vicino a me che sarà pesato una dozzina di chili e lo sollevò senza sforzo apparente, lanciandolo dall’altra parte della stanza, dove si frantumò contro il muro con un boato.
-Come se tu potessi combattere ad armi pari- disse bisbigliando.
Ero immobilizzata dal terrore. Le insignificanti paure di poco prima sembravano nulla in confronto a quello che provavo ora. Sapevo che avrei dovuto fuggire da lui, ma ne le gambe ne le braccia, nessuna parte del corpo mi obbediva più. Improvvisamente mi accorsi che non VOLEVO scappare, non desideravo allontanarmi da lui.
Edward mi fissava col fiato sospeso, aspettando una mia qualsiasi reazione, possibilmente un urlo atterrito o qualcosa del genere. Ricambiai lo sguardo. In quel momento era spaventoso e…terribilmente bello. Non era mai stato più attraente di così.
-Non avere paura- disse improvvisamente.
Si avvicinò lentamente, pronto a fermarsi a un mio cenno. Rimasi immobile. Mi si chinò di fronte, guardandomi negli occhi.
-Non potrei mai farti del male-
Parlò dolcemente, come non l’avevo mai sentito fare. Osservai il suo viso. L’espressione era supplichevole, gli occhi tristi, la bocca contratta in una smorfia. Lo stavo facendo soffrire.
-Scusami…- sussurrai.
Era confuso.
-Sophie, ho appena fatto il giro completo della scuola, alzato e distrutto un masso di 12 kg e l’unica cosa che sai dire è chiedermi scusa??- chiese sconvolto.
-Stai soffrendo- risposi semplicemente –e non voglio che tu stia male…- abbassai lo sguardo.
Una mano gelida mi tirò su il mento delicatamente. Edward aveva il volto a pochi centimetri dal mio.
-Sei in assoluto la persona più stravagante che io abbia mai conosciuto, Sophie Hudge.- poi sfiorò le mie labbra con le sue. Fu un bacio casto ma dolcissimo. Il nostro vero primo bacio.
Purtroppo si staccò troppo presto. Gli lanciai un’occhiataccia e lui si mise a ridere.
Poi tornò a osservarmi pensieroso.
-Non sei nemmeno un po’ spaventata da quello che ti ho appena mostrato?- chiese.
Riflettei bene sulla risposta, non potevo dirgli QUANTO fossi stata terrorizzata, così minimizzai.
-Certo che ho avuto paura ma non mi importa cosa sei, i miei sentimenti per te rimangono gli stessi…- aggiunsi sincera.
Edward scosse la testa –La situazione è peggiore di quanto avessi immaginato-<
Altra occhiataccia da parte mia. Stavolta però non rise.
-Sophie, quanti anni hai?- chiese invece.
-17-
-Chiedimi quanti anni ho-
-Quanti anni hai?- obbedii.
-17-
Mi fissò, aspettando che continuassi. Poi un pensiero assurdo mi passò per la testa.
-Da quanto tempo hai 17 anni?- domandai titubante.
Sogghignò –Da un po’-
Silenzio.
-Sono nato a Chicago nel 1901. Il mio padre adottivo, Carlisle, mi trovò in un ospedale nel 1918. Avevo diciassette anni e stavo morendo di spagnola- sussultai impercettibilmente, ciò nonostante parve accorgersene.
-Non avevo più speranze, i miei genitori erano morti entrambi e anche se per miracolo fossi sopravvissuto sarei rimasto solo al mondo. Perciò decise di trasformarmi-
-E in che cosa ti trasformò?- chiesi in un sussurrò.
Fece un respiro profondo -Sophie, io sono un vampiro-

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Capitolo 9
*** 9. Come in una favola ***






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Eccoci qua! Come sempre un grazie enorme a chi ha aggiunto questa ficcy ai preferiti e a coloro che mi hanno recensita!


Noemi91: ^^ scusa se vi ho lasciati così...ma l'importante è che ora sia qui con un nuovo capitolo! Sì, erano ancora chiusi nella scuola...ma ora Ed la porterà fuori e...basta, non ti dico +niente! Leggi e vedrai! baci!
mione94: amorino mio!! Sono contenta che la storia ti piaccia e grazie per tutti i complimenti che mi fai sempre...sei la mia compa fantastica! Spero che anche questo chappy ti piaccia...ti amooo
mery123: grazie grazie grazie! Ecco il nuovo cap.! kiss!
Sabry87: Semplicemente grazie! kissoli
eka: Effetivamente mi piaceva l'idea di prendere frasi dal mitico libro...sono felice che tu abbia gradito! Eh, ora Eddino si darà una mossa, vedrai...^^ baci!
bella95: Che bello! Sono davvero contenta che la ficcy ti piaccia! Grazie per i complimenti! Kissoli!


Capitolo dedicato a tutti gli amanti dei fantasy...BUONA LETTURA!






Adoravo leggere. Fin da quando ero piccola ero subito stata attratta da quelle strane figure colorate e dai piccoli segni che le accompagnavano, quando ero cresciuta poi avevo imparato a padroneggiare quella meravigliosa magia chiamata scrittura. Già all’età di 6 anni amavo perdermi dentro mondi fantastici, popolati da creature bellissime come gli elfi e i centauri o bizzarre quali gnomi e folletti. Tuttavia le mie storie preferite erano sempre state quelle su streghe che cavalcavano scope incantate o inquietanti presenze che si aggiravano per castelli abbandonati. Ma non avrei mai immaginato che un giorno avrei finito per innamorarmi di un vampiro.


Osservavo Edward con occhi sbarrati.
Non sapevo cosa pensare. Non volevo più pensare. Mi sarei accontentata di rimanere a guardarlo per sempre. Anche lui mi fissava, lo sguardo attento e circospetto. Sapevo che stava aspettando una risposta alla clamorosa confessione che mi aveva fatto poco prima.
Edward era un vampiro. Non potevo crederci. Era impossibile! Queste creature mi avevano sempre affascinata, nei libri che avevo letto erano descritte in vari modi, c’era il terribile conte Dracula affiancato dall’orrendo Nosferatu. Edward non assomigliava a nessuno dei due.
Bello come un dio, dalla pelle diafana, velocissimo e con una forza soprannaturale, ok, ma proprio non ce lo vedevo a dormire in una bara!
Continuava a guardarmi. Non avrei potuto reggere quello sguardo nero un attimo di più. Così sparai la prima cavolata che mi passò per la testa.
-Ma…c’è, quindi ti sciogli al sole?- chiesi timida.
Era scioccato.
-Ehm…n-no, è solo una stupida leggenda…-
-E l’aglio non ti fa ribrezzo? E le croci? Dormi davvero in una bara?!-
-No, sono tutte dicerie…-
Va bene, lo ammetto, ero un po’ delusa. Possibile che tutto quello che avessi letto sui vampiri che conoscevo fossero assurdità superstiziose?
-Non hai paura?-
Mi riscossi dai miei pensieri. Cosa??
-Paura?- chiesi perplessa.
-Bhe, ho appena ammesso di essere un mostro terribile e l’unica cosa che riesci a fare è chiedermi se posso cucinare l’aglio o andare a messa!- disse scocciato.
Non capivo. Perché avrei dovuto essere spaventata da lui? Certo, quando mi aveva mostrato i suoi poteri un po’ di timore l’avevo avuto…ma restava comunque il mio Edward!
-No, non ho paura di te, so che non mi faresti mai del male- risposi tranquilla.
La sua espressione era indecifrabile. Si avvicinò lentamente a me, ancora rannicchiata al muro. Quando il suo volto fu a pochi centimetri dal mio bisbigliò –E come fai ad esserne così sicura?-
Non riuscivo a parlare. Il suo alito mi sfiorava il viso e vedevo i canini luccicare. Solo ora mi accorgevo di quanto fossero appuntiti.
-Io n-non…- mormorai, poi mi mancò la voce.
Allora si scostò, sorridendo. Poi senza preavviso mi prese in braccio.
-Usciamo di qui Sophie- gli sentii dire, un attimo prima che cominciasse a correre.
Non esistono parole per descrivere ciò che provai.
Sulle prime stetti immobile, troppo terrorizzata perfino per chiudere gli occhi. Si potrebbe dire che fu come cavalcare il vento.
Edward mi portò fuori dalla scuola. Ma non andammo dagli altri, quando si fermò ci trovavamo in un boschetto vicino al fiume. Nonostante ciò non dovevamo essere molto lontani perché si sentivano ancora le sirene delle ambulanze. Il terremoto era finito, le ultime scosse si erano concluse e i primi soccorritori cominciavano a penetrare tra le macerie della scuola per cercare eventuali dispersi.
Edward mi poggiò delicatamente a terra. Avevo la nausea, non mi ero accorta di quanto mi girasse la testa durante la corsa. Aspettò che mi passasse il malore, poi parlò.
-Sophie, noi non siamo come i vampiri a cui sei abituata. Ci nutriamo di sangue come loro e non possiamo esporci alla luce, è vero, ma a parte questo non abbiamo nient’altro in comune. La mia famiglia è particolare, potremmo definirci “vegetariani”, infatti ci nutriamo solamente di sangue animale. Ma esso non ci soddisfa mai pienamente, solo quello umano ha il potere di calmare del tutto la nostra sete- tacque, aspettando una mia reazione.
-Hai detto che non ti sciogli al sole ma che comunque non ti ci puoi esporre…come mai?-
Mi guardò, imperturbabile.
-Seguimi-
Obbedii e camminammo fino in riva al fiume. Una spiazzo di luce si allungava per qualche metro. Edward si slacciò la camicia e, dopo avermi lanciato un’ultima fugace occhiata, avanzò fino al centro della radura.
Quando l’indumento cadde a terra, rimasi senza fiato.
La sua pelle bianca brillava come fosse ricoperta da tanti piccoli diamanti, il petto marmoreo sembrava rilucesse di luce propria, il volto poi era di una bellezza sconvolgente. Nel complesso era in assoluto lo spettacolo più incantevole a cui avessi mai assistito.
-Chiudi la bocca Sophie- disse Edward divertito.
-Ops- serrai le labbra, arrossendo.
Mi fece cenno di raggiungerlo.
-Posso farti una domanda?- chiesi una volta seduta di fianco a lui.
A un suo cenno affermativo continuai –I vampiri hanno nemici?-
Mi fissò sorpreso –Solo uno…ma come mai me lo chiedi?-
-Niente è che…quando ero priva di sensi ho fatto un sogno…-
-Ti va di raccontarmelo?-
Ero imbarazzata ma ormai non potevo più tornare indietro.
-Risaliva a questa mattina, ero in classe e a un certo punto mi trovavo davanti un cavallo ramato, gli salivo in groppa e correvamo per un campo innevato. Poi l’animale si tramutava in un lupo che voleva attaccarmi. Ero spaventata e non riuscivo a muovermi e certamente mi avrebbe uccisa se in quel momento…- mi fermai, indecisa.
-Se in quel momento…?-
-…se non mi fossi svegliata- non so perché ma qualcosa mi diceva che era meglio non dirgli che non era il lupo quello che avrebbe voluto aggredirmi ma LUI.
Edward era pensieroso.
-Qual è il vostro unico nemico?- chiesi allora.
Si voltò –I licantropi-
-Ah, certo…- dissi sconvolta.
Scoppiò a ridere.
-Hai ragione, già non deve essere facile accettare l’idea che i vampiri esistano per davvero, figurati i lupi mannari!-
-No no ma io ti credo…-
Mi fissò divertito.
-Posso chiederti un’altra cosa?-
-Dimmi-
-Fin dalla prima settimana di scuola ho notato che i tuoi occhi cambiano colore…anche questa è una vostra caratteristica?- ero davvero interessata, quel mistero mi incuriosiva da tempo.
-In realtà la tonalità cambia a seconda della…sete.-
-Quindi quando hai bevuto gli occhi sono ambrati mentre quando sei assetato diventano neri, come ora?-
Sorrise –Sei un’attenta osservatrice-
Ricambiai il sorriso.
-Perciò adesso…-
Il sorriso si allargò –Tranquilla, come hai detto tu prima non potrei mai farti del male.-
Arrossii a una sua occhiata.
-…C’è dell’altro, vero?- chiese perspicace.
-Sì ma è una curiosità…-
-Vediamo se riesco a soddisfarla- disse gentile.
-Mi chiedevi se…sei mai stato…ATTRATTO…dal mio sangue?-
Silenzio.
-Sophie, il tuo sangue mi attrae come non fa nient’altro. Non ho mai desiderato tanto bere del sangue umano. Tu non lo sapevi ma il primo giorno di scuola sei stata molto vicina a morire. Anche ora, nonostante la fasciatura, sento l’odore del tuo sangue, più forte che mai.- vide la mia espressione terrorizzata. –Tuttavia non potrei mai, MAI procurarti dolore. Sei una ragazza fantastica, timida ma anche grintosa, sempre pronta ad aiutare gli altri. In breve tempo mi sono accorto che ancor più del tuo sangue desideravo te, stare insieme, averti per sempre al mio fianco. Ho cercato di starti lontano ma non ho avuto abbastanza forza di volontà. Quando poi mi sono reso conto di quello che provavi per me, ero disperato. È stato allora che ho deciso di lasciarti.- si stava riferendo al nostro primo disastroso bacio, gli leggevo l’imbarazzo e il rimorso sul volto. –Ma quando oggi è arrivato il terremoto la prima cosa che ho fatto è stato cercati. Sentivo che dovevo proteggerti a tutti i costi. Quando ti ho trovata, ferita e sanguinante, non sai quanto mi sono maledetto per non essere riuscito a salvarti. Poi ti sei svegliata e appena mi hai visto ti si sono illuminati gli occhi: allora ho capito che non avrei mai più potuto allontanarmi da te, perché tu eri tutto per me. Ti avrei amata per sempre e anche se avessi voluto dimenticarti non ci sarei mai riuscito.- tacque, costernato.
Non sapevo cosa fare, non sapevo cosa dire. Non sapevo più niente. Solo una cosa: Edward mi amava e voleva passare la vita con me. Ero troppo felice, così felice che avrei voluto urlare, saltare al collo del mio amore e dirgli quanto fosse importante e indispensabile per me. Ma non feci niente di tutto ciò, sapendo che lo avrei messo a disagio. In questo momento era assetato e ogni contatto fisico con me lo avrebbe fatto soffrire. E io volevo che non stesse male, mai più. Così mi limitai a prendere la sua fredda mano tra le mie. Un gesto semplice ma più significativo di qualsiasi altro.
Edward mi guardò e rafforzò la presa, delicatamente.
Poi mi si avvicinò e in un sussurro disse –Ora sei tutta la mia vita-
E mentre calde lacrime mi bagnavano il viso, il mio principe mi baciò e nascosta tra le sue braccia fui certa che la nostra storia non avrebbe avuto una fine ma che sarebbe stato un amore eterno, immortale come la meravigliosa creatura che mi stava stringendo dolcemente a se.





...SCUSATE SCUSATE SCUSATE! Questo doveva essere il penultimo capitolo ma ieri sera mi sono messa a scrivere e mi è venuto di getto... i nostri amici sono arrivati alla fine della loro storia ma questo per loro è solo l'inizio di un grande amore che durerà...per sempre!
Spero vivamente che la ficcy vi sia piaciuta, personalmente mi sono divertita a scriverla e vorrei ringraziare tutti coloro che mi hanno seguita, recensita e messa tra i preferiti: siete stati voi che mi avete incoraggiato a continuare, con i vostri preziosi consigli e bellissimi complimenti! *piange disperata* Perciò grazie 1000 a tutti, spero che continuerete a seguirmi!!!

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