Non accade mai niente qui...

di Liioisjustchemical
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ch. 1 ***
Capitolo 2: *** Ch. 2 ***
Capitolo 3: *** Ch. 3 ***
Capitolo 4: *** Ch 4 ***
Capitolo 5: *** Ch 5 ***



Capitolo 1
*** Ch. 1 ***


I ragazzi si trovavano sul vialetto di casa intenti a posizionare i petardi sotto al sedile della bicicletta di quel vicino che continuava a gridare loro contro ogni volta che lasciavano gli skateboard o qualsiasi altra cosa in mezzo alla strada quando un van di colore beige a sette posti arrivò seguito da una macchina più piccola nera con dietro legata una motocicletta.
Le autovetture si fermarono proprio di fronte alla casa alla loro sinistra. I vicini che vi abitavano avevano traslocato un paio di mesi prima e la casa era stata messa in vendita. Nessuno di loro aveva fatto caso al fatto che da ormai tre settimane il cartello con su scritto “vendesi” era scomparso.
Fissarono le due auto senza proferir parola e osservarono attentamente la famigliola di tre persone che entrò nell’ingresso di quella piccola villetta.
Una madre dai capelli castani, non troppo alta e dall’aria eccitata, un padre dai capelli brizzolati con indosso una polo azzurra intento a portare dentro un paio di valigie ed una ragazza, avrà avuto più o meno diciassette anni: l’età di Malcolm, vestita di nero con dei jeans lunghi nonostante fosse già metà agosto e un chiodo di pelle.
“Wow” disse Reese seguendola con lo sguardo ed abbassando le mani dal sellino della bicicletta.
Lo stesso gesto fu imitato da Malcolm e il veicolo a due ruote cadde a terra cominciando a scoppiare e attirando l’attenzione della mora che si voltò in direzione dei tre ragazzi e sorrise loro.
“COSA DIAVOLO STATE FACENDO ALLA MIA BICICLETTA VOI TRE VANDALI!”
Sentendo le urla del vicino i tre ragazzi scapparono dentro casa più veloci della luce.
“Mamma chi sono i nuovi vicini?” chiese Malcolm seduto al tavolo della cucina mentre Lois preparava la cena.
“I Powers? Sono arrivati stamattina” rispose guardando fuori dalla finestra sopra al lavandino.
Proprio in quel momento suonò il campanello.
Lois si sciacquò velocemente le mani e se le asciugò nel grembiule da cucina mentre andava ad aprire alla porta.
 
POV MALCOLM
Mamma andò ad aprire la porta e dalle voci che sentii dedussi fossero proprio i nuovi vicini di cui le avevo appena chiesto.
“Mio marito è ancora al lavoro, entrate pure, accomodatevi, scusate per il disordine…”
Ecco che cominciava con le solite scuse da adulti, i soliti cliché.
“MALCOLM, REESE, DEEWE! VENITE A CONOSCERE I POWERS, SI SONO APPENA TRSFERITI NELLA CASA ACCANTO” urlò la donna. Fui costretto ad alzarmi prendendo in braccio Jamie che era eduto sul seggiolone al tavolo di cucina, accanto a me, mentre i miei due fratelli spegnevano la televisione e lasciavano il divano per raggiungermi all’ingresso.
Ora che li guardavo da vicino sembravano una famiglia piacevole, tranquilla, l’esatto opposto della mia.
Educatamente mi presentai e mentre mamma scortava il signore e la signora Powers, con la loro torta di mele di cortesia, in cucina, a me e ai miei fratelli fu ordinato di andare di sopra con Alyssa (così si chiamava la ragazza) e di ‘fare i bravi’.
Non ne potevo già più.
“Ah, io sono Malcolm, comunque” mi resi conto di non essermi ancora presentato alla ragazza che ricambiò con un sorriso dicendo di chiamarsi Alyssa Powers.
Mentre salivamo verso la camera che condividevo con Deewe mi sentii terribilmente in imbarazzo per ogni cosa che avrebbe potuto vedere in quella stanza.
Aprii la porta e la feci entrare.
“Questa è camera mia… e di Deewe” dissi imbarazzato.
“Mi piace” commentò lei dando un’occhiata ai poster dei Blink-182 appesi al muro.
“Sai sono stata ad un loro concerto questa primavera in Pennsylvania, e Tom Delonge mi ha chiamata sul palco a cantare All The Small Things
“Stai scherzando?” chiesi sgranando gli occhi, lei si limitò a sorridere.
“Wow, Pokemon oro e argento!” esclamò afferrando il piccolo dischetto per Game Boy.
“Se non avessi speso le ultime nove paghette in ruote per lo skateboard l’avrei voluto comprare. Non è che me lo presteresti?” chiese voltandosi e sempre tenendo il gioco in mano tra l’indice ed il pollice dalle unghie smaltate di nero.
“Si… certo…” dissi un po’ confuso.
In quel momento sentii la signora Powers urlare il nome di Alyssa ed invitarla a scendere per disfare gli scatoloni in camera sua.
Lei mi oltrepassò sempre reggendo la schedina e scese rapida le scale.
“Ragazzi forse sto sognando, ma ho appena visto una gran figa che gioca ai Pokemon” disse Reese continuando a fissare le scale.
“Già…” sospirai.
 
**
 
Quella sera dopo cena ero sdraiato sul letto mentre era il turno di Deewe di lavare i piatti.
Sentii bussare alla finestra e mi voltai sorpreso di ritrovarmi Alyssa sul davanzale esterno.
Mi alzai ad aprirle.
“Hei” disse lei entrando.
“Hei…”
“Non disturbo, vero?” chiese guardandomi dritto negli occhi.
Era leggermente più bassa di me e aveva i capelli di un biondo scuro, quasi castano, mossi e sciolti sulle spalle, gli occhi castani erano puntati nei miei, mentre le mani reggevano un Game Boy verde.
“Nono, accomodati” feci indicando il letto disfatto, lei si sedette.
“Sai, non riesco a proseguire da questo punto” disse porgendomi l’oggetto.
“Wow, come hai fatto ad arrivare qui in una sola giornata?” chiesi stupendomi di quanto avesse già fatto in quelle poche ore.
“Beh, non avevo molta voglia di disfare gli scatoloni” commentò ridacchiando.
Presi il Game Boy dalle sue mani e superai quell’ostacolo che lei non era riuscita ad oltrepassare.
“Ecco fatto” dissi porgendole di nuovo l’oggetto.
“Avrei dovuto portare il cavo… così li collegavamo” commentò storcendo le labbra in una smorfia.
Ne seguì in momento di silenzio che mi decisi a rompere ponendo quella domanda che mi facevo da quando era entrata in camera mia la prima volta.
“In che scuola andrai?” era quasi ovvio che venisse nella mia, ma stavo sperando di poter condividere qualche classe assieme a lei.
“Quella in fondo alla strada, non ricordo il nome… hai presente?” rispose lei assorta.
“Si, anche o vado lì”
“Anche Reese” aggiunsi dopo un attimo.
“Ho saputo che frequenti il corso avanzato di chimica, algebra e biologia” commentò probabilmente ricordando le parole di mia madre.
“Già…” risposi grattandomi la nuca. Se già mi considerava uno sfigato, le possibilità che avevo con lei sprofondavano sotto lo zero.
“Anche io! E la classe di francese, non mi piace troppo lo spagnolo”
Anche lei?
Non aveva affatto l’aria da secchiona…
“Già, nemmeno a me in realtà…”
In quel momento la porta si aprì e spuntò Deewe, ci fissò senza proferir parola rendendo la situazione imbarazzante oltre ogni limite.
“Beh…” cominciò lei leggermente rossa in volto e tesa “io vado… non ho ancora fatto il letto e sono stanca… ci vediamo domani a scuola Malcolm. E… ciao Deewe” detto ciò si infilò fuori dalla finestra e arrivò alla sua, proprio di fronte alla mia.
Lanciai un’occhiata infuriata a mio fratello che si limitò ad andare in bagno e mettersi il pigiama scollando le spalle.
Mi voltai a vedere la luce giallastra ancora accesa nella camera di Alyssa.
La vidi sfilarsi la maglietta rimanendo solo con un top addosso e degli shorts a coprire la biancheria intima, poi la luce si spense.
Mi sdraiai nuovamente sul letto, fissando il soffitto.



Eccolo qui il capitolo numero uno di questa piccola long che si prospetta abbastanza breve, ma alla quale tengo particolarmente. La serie rappresenta la mia infanzia e, sebbene ora non sia altrettanto popolare, spero che qualcuno legga, recensica, segua o aggiunga ai preferiti. Vi saluto con un bacione.
Liio

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Capitolo 2
*** Ch. 2 ***


Il giorno dopo uscii di casa abbastanza presto e mi incamminai verso la scuola assieme a Reese.
Quando arrivammo al cortile era ancora presto e io entrai in classe, prima ora: inglese.
Aspettai paziente che l’aula si riempisse e la lezione cominciasse.
 
POV ALYSSA
Quella mattina ero in perfetto orario, anzi, anche in anticipo oserei dire!
Arrivai a scuola e vedendo che mancavano ancora venti minuti mi sedetti ad un tavolino a leggere il mio libro.
“Hei che cos’è questo?” chiese Reese con voce impertinente strappandomi il libro di mano.
Alzai lo sguardo guardandolo confusa.
“Reese, ridammi il mio libro!” protestai, ma lui lo teneva alto sulla testa e la mia statura mi impediva di raggiungerlo.
Provai a saltare aggrappandomi alle sue spalle, notai che quel contatto fisico lo disturbava, ma non lasciò il mio libro.
“Dovevo aspettarmelo che fossi una secchiona quando ho saputo che passi del tempo con mio fratello” commentò abbassando il libro.
Riuscii a strapparglielo e a riappropriarmene.
Scossi la testa, era invidia quella che avevo percepito?
Grazie a Dio la campanella suonò ed io mi diressi verso la mia classe di inglese, quando mi accorsi di Malcolm mi sedetti dietro di lui, visto che i posti ai suoi lati erano tutti occupati.
Essendo il mio primo giorno di scuola, il professore mi presentò alla classe e perdemmo una buona mezz’ora di lezione.
Non fu una giornata pesante considerato che era il primo giorno di scuola e che io ero nuova, ma quando tornai a casa subito dopo l’ultima lezione mi sentii stanchissima.
Decisi di mettermi il costume e fare un tuffo nella piscina che stava sul retro di casa nostra.
Rimasi in acqua non più di venti minuti perché poi cominciai a sentire freddo, erano circa le sei di sera ed era ora di cena.
Uscendo mi avvolsi nell’asciugamano grigio che avevo appoggiato al bordo vasca.
Entrai in casa ancora grondante d’acqua e salii al piano di sopra a cambiarmi. Tolsi il costume e infilai la biancheria ed una maglietta lunga abbastanza da farmi da vestito.
Scesi scalza in salotto e feci per uscire nel vialetto di casa per portare in garage il mio skateboard e la palla da basket prima che mia madre desse di matto quando mi accorsi di Reese che faceva acrobazie sulla sua bicicletta.
“Wow!” esclamai meravigliata dai trick che riusciva a fare “sei…sei…wow
Lui si voltò con un mezzo sorriso in volto e mi squadrò dalla testa ai piedi.
“Cos’era quello, un backflip?” chiesi entusiasta raggiungendolo.
“Te ne intendi di freeride?” mi chiese confuso.
“Solo perché sono una ragazza non significa che non possa intendermene di trick…” sospirai portandomi le mani ai fianchi.
Lui non sembrò essere d’accordo con la mia affermazione, ma in qualche modo riuscimmo a scambiare pacificamente due parole riguardo l’interesse comune.
Mi congedai non appena mia madre mi urlò che era pronta la cena.
Quella sera a tavola i miei mi chiesero della nuova scuola e se mi ero già fatta qualche amico, risposi positivamente. Mi piaceva quel posto e non sentivo nemmeno troppo la mancanza della mia vecchia vita in Michigan, sarà che in diciassette anni di vita avevo cambiato quattro scuole e tre stati.
Ero nata a Boston, in Massachussetts, poi all’età di tredici anni ci eravamo dovuti trasferire per il lavoro di mio padre ed eravamo andati a vivere a Sacramento in California, dalla parte opposta dello stato, ora ci eravamo trasferiti in Louisiana. Senza contare che da quando avessi memoria anni passavo le vacanze in Florida dai nonni materni o in Ohio dai nonni paterni, avevo anche frequentato un campo estivo di musica in Ontario due anni fa. Suonavo la chitarra all’epoca, ma ultimamente avevo preferito la batteria.
Ai miei piacevano i vicini, in particolare i genitori di Malcolm, Deewe, Reese e Jamie, parlammo un po’ anche di loro e trovai i miei contenti di sapere che mi trovavo bene con i due ragazzi più grandi.
Scoprii che avevano anche un quinto figlio, di ventidue anni, che sarebbe tornato a casa nel weekend.
Non potei fare a meno di meravigliarmi della differenza di età tra lui e il piccolo Jamie di soli due anni, ma sorvolai sull’argomento e diressi la conversazione di nuovo sulla scuola.

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Capitolo 3
*** Ch. 3 ***


Era una mattina particolarmente calda così, dopo una rapida doccia rinfrescante, indossai degli shorts di jeans chiaro che mi arrivavano poco sopra la metà coscia e una maglietta a mezze maniche di colore nero con sopra il logo degli Offsprings.
Scesi a fare colazione ed infilai in fretta le mie scarpe prima di uscire e dirigermi in garage a prendere la mia moto. Mio padre mi aveva trasmesso la passione per le moto da quando ero bambina e mi portava in giro sulla sua vecchia moto da cross, da giovane era un campione nazionale, poi è invecchiato e si è dato alle moto più classiche, come la Harley Davidson che mi comprò per i miei sedici anni.
Adesso ne avevo diciassette e le avevo dato un nome, la usavo tutti i giorni per andare a scuola e spesso mi divertivo a lavorarci su da sola o con mio padre.
Montai in sella ed infilai il casco, dunque partii. Arrivai a scuola pochi minuti dopo, in anticipo come ero solita fare. Alla prima ora avremmo avuto chimica avanzata. Ero riuscita ad entrare nella classe avanzata in quasi tutte le materie e spesso, a lezione, ero assieme a Malcolm.
In poco tempo mi ero fatta qualche amico, ma continuavo a spostarmi da una classe all’altra con Malcolm o a passare del tempo con lui vicino a casa, era una buona compagnia: intelligente, sveglio, sembra un’enciclopedia vivente, ma è molto simpatico e divertente.
Stavamo appunto uscendo da chimica per dirigerci a storia, una materia insulsa che sapeva di stantio. Avevo sempre trovato la storia interessante fino a quando non cominciò a trasformarsi in una sfilza di date e nomi senza la più vaga vena di coinvolgimento.
Entrammo in classe e il professore cominciò a parlare, monotono e a mezza voce come sempre. Si fermò, tuttavia, quando mancavano dieci minuti, cosa alquanto strana e inusuale, da parte sua almeno.
Mi chiesi di cosa si trattasse, ma quando ricominciò ebbi chiaro che forse i continui sbadigli o le testate sul banco da parte dell’intera classe avevano reso l’idea e lui doveva aver capito che c’era bisogno di una svolta. La svolta non era però così interessante come credetti, sebbene fosse, credo, il meglio che un vecchio professore di storia potesse fare.
Di annunciò felice che avremmo pescare da un vecchio cappello a cilindro ammuffito un bigliettino sul quale ci sarebbe stato scritto il tema del nostro progetto e che le coppie si sarebbero formate a seconda del tema pescato.
Io andai quando fu il mio turno e pescai l’epoca romana, mi piaceva particolarmente, a differenza dei classici come la seconda guerra mondiale o la guerra d’indipendenza, triti e ritriti, questo era particolarmente interessante.
Nessuno l’aveva pescato ancora, così attesi un paio di persone. Quando fu il turno di Malcolm, lui si alzò con calma e pescò un bigliettino frugando dal fondo del vecchio cappello.
“Roma” annunciò guardando la classe, i suoi occhi blu incontrarono i miei e mi sorrise, ricambiato.
Ero felice di lavorare con Malcolm, sarebbe venuto fuori un progetto con i fiocchi e mi avrebbe fruttato una bella A.
Non appena la campanella suonò, lo affiancai mentre uscivamo per dirigersi alla mensa per pranzo.
“Bell’argomento, non credi?” dissi sorridendo.
Lui si voltò a guardarmi, ancora una volta quegli occhi blu si fissarono sui miei e le sue labbra si allargarono in un sorriso.
“Già. Verrà fuori un bel progetto” disse annuendo.
“Quando pensi di essere libero, per incontrarci e cominciare a lavorarci su?”
“Anche oggi pomeriggio! Mercoledì e giovedì lavoro al market da mia madre”
“Allora ci vediamo dopo scuola, hai bisogno di un passaggio a casa?”
“Io… no, ti ringrazio. Ci vediamo dopo scuola” disse quando entrammo in sala mensa e notò Brianna che sventolava la mano in alto per invitarmi a sedere accanto a lei.
La raggiunsi e mi sedetti sulla sedia di plastica azzurra.
“Passi molto tempo con Malcolm eh?” chiese alzando un sopracciglio con aria maliziosa.
Il latte al cioccolato che stavo bevendo mi andò di traverso.
Riuscii a rispondere tra i colpi di tosse e le lacrime mentre Anita, l’altra ragazza seduta accanto a me, mi batteva una mano sulla schiena.
“Dobbiamo lavorare assieme per il progetto del signor Ferawell” spiegai.
“Ah già” commentò la bionda alla mia sinistra, Anita, dando un morso al suo panino al burro di arachidi e gelatina alla fragola “ha fatto una cosa simile anche con noi e io sono finita con Reese” disse con aria schifata.
“Chi?” fece Bri guardandola accigliata.
“Hai capito bene…” commentò Anita atterrita.
“Dai non è così male” provai a suggerire per tirare su il morale alla mia amica.
La bionda mi guardò con tanto d’occhi, mentre la mora si voltò nella direzione del citato ragazzo che stava facendo scoppiare il cartone del latte addosso ad una matricola.
“Beh ha un bel fisico, almeno” commentò Brianna osservandolo.



Eccomi qui, prima di tutto vi chiedo scusa per l'assenza, ma non avevo davvero modo di connettermi ad internet ed è stata una sofferenza per me in prima persona, secondo sono davvero davvero felice di notare che la storia sta avendo way way more successo di quanto mi aspettassi.
Scusatemi i flash in inglese, ma sono stanca e non mi viene tutto in italiano, un bacio a tutti e buonanotte.
Leo

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Capitolo 4
*** Ch 4 ***


Quel pomeriggio arrivai a casa esausta, gettai lo zaino per terra accanto alla porta, il casco della moto sul tavolo e mi lasciai cadere a peso morto sul divano.
I miei non erano a casa.
Rimasi lì ferma a fissare il vuoto fino a quando gli occhi non mi si chiusero.
Mi risvegliai di scatto circa dieci minuti dopo quando mi ricordai di avere un appuntamento con Malcolm.
Riscossami da quel dormiveglia, mi tirai su e andai di sopra a prendere il mio computer e un blocco note con una penna.
Vidi Malcolm dalla finestra e decisi di passare per quella via più rapida.
Lo raggiunsi senza difficoltà e lui mi aprì prontamente la sua finestra.
“Lo sai che abbiamo anche una porta, vero?” mi chiese sorridendo e prendendo il mio laptop per farmi entrare più facilmente.
“Si, beh… questa via è più rapida” risposi.
Ci sistemammo alla sua scrivania e, dopo aver deciso di accompagnare delle slide esplicative ad un cartellone con una linea del tempo, ci mettemmo al lavoro e cominciammo a cercare le diverse nozioni che avremmo riportato durante l’esposizione orale.
“Secondo me dovremmo partire dalla parte mitologica, sai Enea eccetera” proposi.
“Non credo che sia quello che interessa a Mr. Ferawell…” rispose lui dopo averci pensato su per un momento.
“Come pensi di iniziarlo, allora? Voglio dire, da che punto si può parlare di romanità?” chiesi.
“Dovrebbero esserci delle date scelte dagli storici”
“Si, ma… insomma… dovremmo parlare poi anche della cultura romana, tanto vale partire proprio con il mito” insistetti.
“E’ una lezione di storia, Alyssa, non di letteratura. Partiamo dalla storia.”
“Che mentalità chiusa che hai!” borbottai tra i denti.
Sfortunatamente mi sentì.
“Mr. Ferawell ha una mentalità chiusa, sto solo cercando di fare qualcosa che lui sicuramente apprezzerà!” disse alzando la voce e spalancando gli occhi azzurri.
“Non possiamo comunque essere certi che lo apprezzerà”
“Perché non provarci intanto?”
“Stai tranquillo che tanto a te darà A come minimo sindacale” sbuffo.
Lui si accigliò ancor di più.
“Senti chi parla… inizio a credere che le voci su come ti guadagni i buoni voti non siano solo dicerie…” disse fissandomi dritto negli occhi.
Io rimasi di sasso, poi senza quasi rendermi conto delle mie azioni alzai la mano destra ed assestai un poderoso colpo a palmo aperto sulla sua guancia.
Presi il mio portatile e il libro di storia ed uscii da camera sua spalancando la porta e risbattendomela alle spalle.
Fortunatamente non incrociai nessuno fino a quando non uscii dall’abitazione, eccezion fatta per Reese che scoppiò a ridere e Deewe con un’espressione impassibile sul volto, come quasi sempre, dopotutto.
Sapevo delle voci che circolavano…
“Quella nuova… non è strano che sia diventata da subito così brava?”
“Credi che faccia sesso con il professore di matematica per avere tutte quelle A?”
“Io l’altro giorno l’ho vista parlare con Mr. Henderson di biologia e l’atteggiamento lasciava trapelare più del dovuto”
Tutte fandonie ovviamente, ma la gente crede a ciò che vuole credere.
Arrivai a passo di marcia fino alla porta di casa mia quando mi accorsi di non aver di fatto preso le chiavi quando ero andata da Malcolm.
Ciò non fece altro che aumentare la mia irritazione.
Per non rimanere chiusa fuori come una perfetta idiota, andai in garage.
Il portone si apriva con un codice, ma la porta per entrare in salotto era sempre chiusa a chiave.
Mi sedetti sulla poltrona da giardino anni 50 che mia mamma si ostina a ritenere utile ed accesi il portatile decisa a proseguire la ricerca da sola.
Fortunatamente non ci volle molto ai miei per ritornare a casa e devo essere loro grata per non aver fatto troppe domande quando mi trovarono in quelle condizioni chiusa in garage.
 
--
Il giorno seguente e anche quello dopo io e Malcolm ci ignorammo alla grande.
Quando arrivò il lunedì seguente, Anita tornò a casa con me dato che quel pomeriggio si sarebbe dovuta vedere con Reese per il progetto che avrebbero svolto assieme.
“Tu e Malcolm lo avete già finito?” mi chiese guardandomi dal posto del passeggero, nell’auto di mia madre.
Cambiai la marcia dalla seconda alla terza bruscamente.
“Io e Malcolm non lo finiremo mai” risposi.
“Oh… cos’è…?”
“Cos’è successo, vuoi sapere? Te lo dico subito! È successo che Malcolm è uno stupido bambino prodigio leccaculo e dalla mentalità più ottusa di quella di mio nonno!”
“Capisco… beh, se ti consola, Reese è un’idiota e dovrò fare tutto il progetto da sola”
“Vorrei tanto fare a cambio” confessai con il morale a terra.
“Se fosse possibile, credimi, ti cederei il mio posto con gli onori”
Quando arrivammo a casa, lei scese con fare lento e tristo dall’auto e io la imitai, salutandola ed augurandole buona fortuna, lei fece lo stesso con me.



Mi rendo conto che i capitoli sono alquanto brevi, ma io non ho mai scritto storie con capitoli lunghi, non è il mio stile.
Sono anche convinta di aver detto all'inizio che sarebbe stata una storia breve, quindi diciamo che in questo racconto tutto è tirato al piccolo.
Spero comunque che vi piaccia e che coloro che la stanno seguendo continuino ad apprezzarla.
A proposito, ringrazio vivamente wolf gill che ha aggiunto ai seguiti e ha recensito il secondo capitolo.
Un bacione a tutti quanti.
Leo

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Capitolo 5
*** Ch 5 ***


Mancavano due giorni alla presentazione del compito di storia e non avevo la più pallida idea di che cosa fare…
Malcolm aveva cercato qualche volta di avvicinarmi, ma uno dei miei peggiori difetti era l’essere permalosa ed ogni volta avevo fatto di tutto per evitarlo.
Ora che era rimasto così poco tempo mi ero pentita di essermi comportata in quel modo e lo stavo cercando come una forsennata per tutta la scuola.
Non trovai lui, trovai invece Reese… e BRIANNA?!?!
Che diavolo ci facevano le mani di quel bullo sul sedere della mia amica…?
E la lingua di quella ragazza nella bocca di Reese…???
Ero senza parole, shoccata, sconvolta, non riuscivo a credere ai miei occhi.
Anita, mi si affiancò in silenzio.
Io la guardai con tanto d’occhi.
“Tu ne sapevi qu…?”
“No…”
Aveva la mia stessa espressione in volto e non riusciva a staccare gli occhi da quella scena orripilante.
Bri si accorse di noi e si staccò dal ragazzo, lo prese per mano e ci venne incontro raggiante.
“Ciao ragazze!”
Nessuna risposta.
“Io e Reese stiamo insieme” disse alzando le loro mani unite per marcare la cosa.
Come se non li avessimo visti scambiarsi la saliva per cinque minuti buoni appena un attimo fa.
“Dov’è Malcolm?” riuscii solo a dire.
Lei sembrò per un momento confusa, ma era davvero troppo felice per farsi delle domande, così mi rispose che era a casa con la varicella.
Magnifico, pensai.
Adesso non restava che aspettare la fine della scuola.
Il piano era:
  1. Tornare a casa
  2. Andare da Malcolm
  3. Dirgli che visto che stava male avrei finito io il progetto per entrambi
  4. Finire il progetto a modo mio
  5. Possibilmente prendere una A
Il punto 5 era ancora in bilico, ma tutto il resto reggeva bene.
--
Tornata a casa, dopo scuola, ero pronta a mettere in scena la parte principale del mio piano.
Andai a bussare alla porta di casa di Malcolm e mi rispose sua madre.
“Ciao Alyssa, che piacere!”
“Piacere mio, davvero. Ehm… c’è Malcolm per caso, ho saputo che oggi non era a scuola”
“Oh, sì cara, ha la varicella”
“Mi dispiace” e qui feci la mia faccia tremendamente dispiaciuta.
Mi sentivo un tantino ipocrita, in effetti. Mi dispiaceva che Malcolm fosse malato, su questo non c’era dubbio!
“Posso vederlo, sarebbe una questione di due soli minuti, dobbiamo metterci d’accordo per un compito di storia e…”
“Mamma” sentii chiamare da dentro casa.
Porca miseria era lui!
Lois si voltò pronta a rispondere al figlio.
“Alyssa puoi entrare, cara, ma non vorrei che ti ammalassi!”
“Non si preoccupi, ho già avuto la varicella da bambina” mentii, non era affatto vero.
Malcolm chiese a sua madre dove avesse messo non ho capito bene cosa e poi si fermò a fissarmi.
“Ciao” esordii non appena Lois se ne andò a cercare qualunque cosa servisse a suo figlio.
“Ciao” rispose lui rimanendo immobile.
Decisi di prendere in mano la situazione.
“Allora, per quel che riguarda il progetto… non disturbarti, sei malato, lo posso fare io”
“A dire il vero ci stavo lavorando su proprio ora… sai cos’è, mi annoiavo”
“Ah” questo mandava praticamente in fumo il mio piano.
“Io… mi dispiace. Non avrei mai voluto litigare con te. Non pensavo veramente tutte le cose che ti ho detto”
Ammisi guardandomi le scarpe.
“Vale lo stesso per me” sospirò lui.
“Malcolm… vuoi ancora lavorare al progetto con me?”
“Certo! Solo se tu lo vuoi”
“Assolutamente”
Risposi.
Mi accorsi che avevo fatto un passo in avanti o lui aveva fatto un passo in avanti.
Fatto sta che eravamo terribilmente vicini.
Il suo volto a pochi centimetri dal mio.
I suoi occhi azzurri che mi guardavano.
La sua figura che mi sovrastava in altezza.
Trattenni in fiato mentre lo vidi avvicinarmisi, annullare le distanze e posare le sue labbra sulle mie.
Lo avevo desiderato dalla prima volta in cui ci eravamo incontrati, ma lo avevo capito solo dopo la nostra discussione.
Io amavo Malcolm.


Così, l'ultimo capitolo di questa breve storia è arrivato.
Spero che sia piaciuta a tutti coloro che hanno recensito, seguito o preferito o solamente letto.
Mando un ultimo bacione a tutti e spero di ritrovarvi, magari in un'altra storia!
Un bacione grande grande.
Leo

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