DEATH NOTE-IL SEGUITO

di Gwen Chan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il quaderno piovuto dal cielo ***
Capitolo 2: *** Un dio ***
Capitolo 3: *** Lo shinigami ***
Capitolo 4: *** Umiliazione ***
Capitolo 5: *** Una strana gita ***
Capitolo 6: *** Ci sarà sempre qualcuno ***
Capitolo 7: *** Cambiamento ***
Capitolo 8: *** Confessione ***
Capitolo 9: *** Un Natale diverso ***
Capitolo 10: *** Faccia a faccia ***
Capitolo 11: *** Invidia ***
Capitolo 12: *** Ricordati di me ***



Capitolo 1
*** Il quaderno piovuto dal cielo ***


Perfetto….sì, era proprio perfetto.
Un ragazzo sui sedici anni avvicinò il naso alla vetrina gelata e, come un bambino, resto lì ad ammirare la meraviglia esposta: un trenino. Non un trenino qualsiasi, ma un’ottima riproduzione dell’Orient Express, dipinta a mano.
Sì, di sicuro, sarebbe stato un ottimo regalo di Natale per suo padre.
Mello, così si chiamava il ragazzo, si sporse per vedere il cartellone del prezzo. Sempre 500 dollari. La prima volta che aveva sentito quella somma, aveva rischiato l’infarto.
“ Per un trenino?!” aveva esclamato e il commesso gli aveva lanciato una certa occhiataccia… Era successo tutto circa un anno prima ; da allora Mello aveva iniziato a mettere da parte i soldi e, a furia di mance e paghette, era quasi riuscito a raggiungere la somma necessaria. Ancora qualche giorno …
Ogni pomeriggio Mello, dopo la scuola, correva al negozio di giocattoli, pregando che il trenino non fosse stato venduto. Una volta aveva provato a chiedere al commesso di tenerglielo da parte, ma quello lo aveva guardato malissimo e lo aveva quasi cacciato via. Il ragazzo ammirò per l’ultima volta il giocattolo, poi staccò le mani dalla vetrina e se le mise in tasca. Mentre camminava, pensò a quanto fosse strano che un uomo di quasi quarant’anni si divertisse ancora con i trenini, ma suo padre era fatto così. A scuola, molto ragazzi prendevano in giro Mello proprio per questo motivo, però lui non si vergognava. Anzi, era ben felice di avere un padre che riusciva ancora a trovare del tempo per giocare e parlare con lui.
“Sei davvero fortunato” gli ripeteva spesso il suo migliore amico Andrew, guardandolo con invidia.
Mello fu sottratto bruscamente ai suoi pensieri da un gorgoglio… caspita se aveva fame! La mattina era uscito senza fare colazione, poi la scuola e gli allenamenti… ormai il suo stomaco era arrivato al limite e reclamava un pasto caldo. Sognando un hot dog gigante, Mello si infilò in una viuccia dove, in fondo, si sbracciava una figurina.
“ ehi, Mello, c’mon”
Il ragazzo sorrise di piacere. Avrebbe riconosciuto quella voce ovunque.
“ ciao, Big Joe”, salutò, dando il cinque ad un omone nero, col grembiule macchiato di ketchup. Big Joe preparava gli hot dogs migliori di tutta New York.
“Allora, Mello, come va” aveva appena cominciato Joe, quando la pancia di Mello emise un gorgoglio piuttosto violento. Joe si accigliò, poi sorrise: “Fame, eh… il solito?”.
Mello annuì con vigore, pregustandosi un ottimo hot dog con maionese, ketchup e formaggi. Dopo pochi minuti, che al ragazzo parvero ore, Big Joe gli porse un sacchetto. Mello, però, le mani sepolte nelle tasche, non lo prese.
“ è caldo” gli assicurò Big Joe.
Rassicurato, il ragazzo tirò fuori le mani dalle tasche del giaccone (freddo, freddo) e prese il sacchetto, iniziando a divorare il panino. Big Joe non si smentiva mai.
“Sai ho pensato di andare al Sud, dai miei, durante le vacanze di Natale” cominciò Joe
mpf.. al momento Mello aveva altro per la testa e inizialmente non recepì il messaggio.
“Due settimane dalla mia famiglia non sarebbero male, non credi?” continuò l’omone, un po’ spazientito.
Improvvisamente, Mello realizzò il significato del messaggio, guardò Joe con gli occhi pieni di orrore e rischiò di strozzarsi perché l’ultimo boccone gli andò di traverso. Joe gli porse una lattina di Coca-Cola con un’aria a metà tra il divertito e l’arrabbiato.
“vedi di non morire… non sarebbe una buona cosa per i miei affari, non pensi?”
“ Due settimane? Vai via? Come faccio per tutto quel tempo senza i tuoi hot dogs. Mi vuoi far morire di fame? E se mentre sei via, qualcuno occupa il tuo posto? E se ti succede qualcosa…?”
“ Certo che sei un credulone! Ci sei cascato! Non abbandonerei mai i miei fedeli clienti. E poi Natale è vicino e guarda cosa ho comprato”. Big Joe si chinò e da sotto il chioschetto tirò fuori un minuscolo alberello di Natale.
“ Pensavo di addobbarlo, sai per ravvivare un po’ il “ negozio”.”
A Mello sembrò un’ottima idea. Finito di mangiare prese il portafoglio e chiese “ Un dollaro, vero?”. Joe fece un gesto spazientito, come per dire” lascia stare”. Mello lo ringraziò dal profondo del cuore. B.J aveva un’empatia particolare :infatti aveva capito subito che il ragazzo stava risparmiando e aveva rifiutato i soldi. Mello lo ringraziò ancora, poi si avviò verso il grattacielo, dove abitava, con la mente impegnata in complicati calcoli.

Era talmente preso dai suoi pensieri che non vide il lampione davanti a lui e ci andò a sbattere contro.

“Ehi, è arrivato lo scemo!”. Un gruppo di teppisti cominciò a ridere, additandolo. “ Ehi, sempre con la testa fra le nuvole? Pensi tanto al futuro, ma così non arriverai alla maturità. Ehi, bello, sveglia!”.
Li ignorò, mormorando tra i denti. In fondo avevano ragione. Aveva sempre la testa fra le nuvole, impegnato in chissà quali progetti. A scuola riceveva continui rimproveri perché restava per ore a fissare la lavagna con sguardo vacuo. “Il signor sto per” lo chiamavano i suoi compagni, da quanto il professore di Inglese aveva detto che in Greco antico il verbo mello indicava l’idea di futuro. Mello, però, non poteva fare a meno di sognare, di immaginare il giorno in cui sarebbe stato famoso, proprio come suo padre. In fondo suo padre era Nate River, il più famoso detective del mondo, meglio conosciuto come Near. Il detective che, ad appena diciannove anni, aveva risolto il caso Kira, il più complicato che l’INTERPOL avesse mai affrontato. Mello aveva ascoltato i complicati ragionamenti di L e di Light, di Near e di Mello, il migliore amico di suo padre, da cui il ragazzo aveva preso il nome, fin da quando era bambino. Near glieli aveva narrati ogni notte con la sua voce pacata e per Mello erano stati come fiabe. Anche adesso che era cresciuto, a volte, pregava suo padre di raccontargli ancora una volta della sconfitta di Kira.
Mello fu sottratto ai suoi pensieri da un tuono che squarciò il cielo, facendo presagire un temporale. Poi, improvvisamente, un oggetto gli sibilò davanti al naso e cadde a terra. Si trattava di un quaderno, con la copertina nera e sgualcita. In altre occasioni, Mello avrebbe pensato che un quaderno piovuto dal cielo non era normale e sarebbe corso via, lasciandolo sul marciapiede. Invece, spinto da una forza misteriosa, lo raccolse rapidamente e, quasi senza accorgersene, lo infilò sotto la giacca, mentre un dubbio si insinuava in lui come un tarlo. Il cuore cominciò a battergli all’impazzata. Continuò a battere mentre correva verso casa, mentre saliva le scale, mentre entrava in casa.
“ Mamma, papà, sono a casa” urlo, per avvisarli della sua presenza. Poi corse in camera, chiudendo a chiave la porta. Posò velocemente il quaderno sulla scrivania, fissandolo con un misto di paura, disgusto e curiosità. Sapeva cos’era. L’aveva capito nel momento in cui l’aveva raccolto. Improvvisamente si ricordò di quando era bambino.
“Papà, come faceva Kira ad uccidere la gente?”
“ aveva un quaderno…. Un quaderno magico.” rispondeva Near e Mello rimaneva a bocca aperta.
Sì, non c’erano dubbi. Quello era il quaderno magico. Quello era il Death Note.

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Capitolo 2
*** Un dio ***


Due shinigami si trovavano su un dirupo. Uno, grosso e con corti capelli blu, continuava a svolazzare qua e là. L’altro, magro e triste, se ne stava seduto e fissava desolato il vasto deserto. Solo sabbia e silenzio a perdita d’occhio. Improvvisamente il primo shinigami ruppe la quiete.

“ Ehi, Light, che hai”

Quante volte gli aveva posto quella domanda? Quante volte aveva riso della risposta? Quante volte gli era svolazzato intorno, senza mai aiutarlo?

“ Sto pensando, Ryuk”.

Quante volte gli aveva dato quella risposta?

Lo shinigami che rispondeva al nome di Ryuk scoppiò in una risata metallica e malata, poi se ne andò. Con Light c’era sempre da divertirsi.

“ Finalmente se n’è andato” pensò Light, sollevato.

Ryuk, a volte, gli dava proprio sui nervi. Inoltre non lo aveva ancora perdonato per averlo ucciso. Anzi, non lo avrebbe mai perdonato. La prima volta che aveva incontrato Ryuk, dopo essere diventato uno shingami, quello aveva guardato la sua espressione corrucciata e aveva esclamato: “ Che hai, Light?”.

“Niente, Ryuk, sono solo morto e il mio mondo è andato in frantumi”.

Si ricordava bene di quel giorno, quando tutti i suoi sogni si erano infranti. Maledetto Near. Maledetto Ryuk. Maledetti tutti quanti. Eppure doveva essere felice. Era un dio, non era quello che aveva sempre desiderato? Doveva essere felice, eppure…

Si chiese quanto tempo fosse passato sulla Terra. Giorni? Mesi? Anni? Nel mondo degli Shinigami il tempo scorreva più lentamente. Ogni giorno si trascinava in una lenta agonia verso la sua fine, come un naufrago sulla spiaggia.

Light provò una fitta di nostalgia. Senza che se rendesse conto, una lacrima gli scivolò lungo la guancia. Buffo, ora che era morto, cominciava a provare sentimenti. Pensò a sua madre e a sua sorella. Le aveva viste il giorno del suo funerale. Le aveva viste piangere sulla sua tomba, nonostante fosse un assassino.

Preso da questi pensieri, Light raccolse un pugno di cenere. Poi la lasciò scorrere tra le dita e quella si disperse nel vento. Cenere, soltanto cenere…. Ecco cos’erano diventati i suoi sogni. Il suo mondo di luce.

Ma presto, presto tutto sarebbe cambiato. Un sorriso gli increspò le labbra e negli occhi ricomparve la scintilla malvagia che aveva quando era Kira. Poi tirò fuori un quaderno, un Death Note. Dopo numerosi tentativi era riuscito a rubarne uno. Bastava un gesto. Solo uno e tutto sarebbe tornato come prima. Solo un gesto e Kira sarebbe tornato.

Light guardò il baratro, si perse in esso e lasciò cadere il quaderno.

Ecco, ora doveva solo aspettare. Qualcuno lo avrebbe trovato. Improvvisamente sentì una risata e si voltò. Ryuk era tornato e lo guardava divertito.

“ Ecco a cosa stavi pensando. Quando torni, portami qualche mela… quelle umane sono così… succose”.

“ Pensi solo alle mele, vero Ryuk?” chiese Light, a metà tra il divertito e lo spazientito.

Ryuk sbuffò e cominciò a gironzolare, annoiato. Anche Light era annoiato. Tutti, nel mondo degli Shinigami erano annoiati. Ma presto quella noia sarebbe finita.

Mentre Light formulava questi pensieri, un fulmine squarciò il cielo.

UNA SETTIMANA DOPO

Era fatta. Qualcuno aveva raccolto il quaderno. Light sorrise e si gettò nel mondo degli umani.

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Capitolo 3
*** Lo shinigami ***


AVVISO AI LETTORI. Nell'anime di Death Note, quando i personaggi ragionano, il colore dei capelli e degli occhi cambia. Vi chiedo di fare uno sforzo di immaginazione e di pensare che in questa ff succede lo stesso. Il colore di Mello è il verde chiaro. ___________________________________________________________________________________________________

“ Signor River, in piedi!”.

La voce secca e tagliente del professore di matematica attraversò in un lampo la testa di Mello, perso, come sempre, nei suoi sogni. Il ragazzo scattò in piedi.

“ E’ così gentile da dirci il risultato dell’espressione?”.

Mello guardò la lavagna e la sequenza di numeri, di x e di y. Non sapeva assolutamente cosa significassero. Almeno non al momento. La matematica non era mai stata il suo forte; se studiava, capiva tutto, ma preso così alla sprovvista…

“ Mi dispiace, non lo so” mormorò, mortificato. Il professore gli lanciò un’occhiata severa, poi gli fece cenno di sedersi. Per tutto il resto della lezione, Mello cercò di rimanere attento e concentrato. Ma era davvero faticoso. Appena si distraeva, i pensieri gli affollavano la testa e la sua mente scivolava via. Il suono della campanella fu accolto da un boato. Era venerdì.

“ Ancora una settimana e poi VACANZE ” urlò Andrew, mimando sul banco il rullo dei tamburi. Per un po’ la classe lo imitò, d’altronde Andrew era molto popolare, poi si disperse. Nella classe restarono solo Mello, Andrew e la sua ragazza, Joanne.

“Allora, c’è qualcuna che ti piace, vero” gli chiese Andrew con fare malizioso.

“ Io? No, no.” balbettò il ragazzo, preso alla sprovvista.

“ Eddai, ti ho visto mentre sognavi a occhi aperti”.

Andrew aveva ragione. Mello era stato distratto per tutta l’ora, ma per ben altri motivi. Un problema lo perseguita da una settimana: il Death Note. Mello aveva davanti i suoi migliori amici. A chi altri confessare il suo orribile segreto? Ma non era certo facile. Il ragazzo cominciò a spostare il peso da un piede all’altro. E poi, usando tutto il coraggio che aveva, disse in un soffio: “Setrovasteundeathnotecosafareste?”.

“ Eh?” fecero in coro i due.

“ Se.. se trovaste un Death Note, cosa fareste” ripeté.

I due ebbero reazioni completamente diverse. Andrew fece una smorfia ed esclamò: “ Lo getterei via. Anzi lo brucerei, in modo che nessun’altro possa trovarlo.”

Joanne, invece, andò in visibilio. La ragazza aveva una vera e propria adorazione per Kira. “ Oh! Lo userei, di sicuro. Per me sarebbe un segno che Kira non si è dimenticato di noi e continua a proteggerci.”

“ Jo, ti amo da morire, ma quando fai così, non ti sopporto.” Intervenne Andrew.

La ragazza fece le spallucce e iniziò a trafficare col palmare, non prima di aver lanciato a Mello un’occhiataccia, che significava: “ Se non fosse stato per tuo padre…”. ___________________________________________________________________________________________________

Il resto della giornata passò tranquillamente, ma molto lentamente e Mello accolse con piacere l’arrivo della sera.

Dopo cena, Mello corse in camera. Appena fu entrato, accese la luce e urlò. Davanti a lui c’era uno shinigami. L’aspetto della creatura era, seppur vagamente umano, malato, oscuro. Il volto era magro e scavato e la pelle grigia.

“Near?!” urlò la creatura.

“Non sono Near. Sono suo figlio.” balbettò Mello.

“ Suo figlio?”. Lo shinigami sgranò gli occhi neri e il ragazzo annuì debolmente. Poi sussurrò, terrorizzato: “ Sei uno shinigami? Posso sapere il tuo nome?”.

“ Light. Light Yagami ”

“Light ?! Quel Light? Kira? ”.

Il farfugliare di Mello fu interrotto dall’aprirsi improvviso della porta. Le testa di un uomo, sui quarant’anni, fece capolino. Aveva i capelli grigi e gli occhi tristi; indossava un paio di vecchi jeans e una felpa cascante. Il cuore di Light sobbalzò. O meglio, sarebbe sobbalzato se ne avesse avuto ancora uno. “ Near” sussurrò.

“Mello, tutto bene? Ti ho sentito urlare.” chiese Near al figlio, visibilmente preoccupato.

“Non è niente. È solo che, che… mi ero dimenticato che domani avrò l’interrogazione di Inglese”.

“ Ah, OK. Non fare troppo tardi. Buonanotte.” Disse Near, chiudendo piano la porta. Prima, però, i suoi occhi si posarono per qualche secondo proprio sul punto in cui si trovava Light. Sembrava quasi che riuscisse a vederlo.

“ ‘Notte, pa’ ”.

Appena il padre se ne fu andato, Mello si girò verso Light e disse: “ Scusa per l’interruzione”. Poi si alzò.

Light lo osservò. Era identico a Near. Stessi capelli chiari, forse solo un po’ più ricci; stessi grandi occhi da bambino. Mello, però, era più alto del padre e aveva le spalle larghe, da nuotatore.

“ Ecco.” Fece Mello, porgendogli il Death Note.

Light lo aprì, curioso di sapere quanti nome ci fossero scritti sopra. Guardò la prima pagina: niente. Passò alla seconda: ancora niente. Sfogliò tutto il quaderno, prima con calma, poi sempre più velocemente. Infine guardò il ragazzo con fare interrogativo.

“ Non l’ho usato, se è questo che vuoi sapere.” spiegò il ragazzo.

“Neanche un nome di prova.” Pensò Light.

“ Non avevo bisogno di provarlo.” aggiunse Mello, come se gli avesse letto nel pensiero, con un tono e uno sguardo che significavano “ Ovvio, no?”.

La rabbia e l’odio invasero Light, ma cercò di controllarsi.

“ Non ho intenzione di usare il quaderno.” continuò Mello “ perché se lo facessi, verrei corrotto dal suo potere.”

Light si sentì punto sul vivo. Chi diavolo era quello? Chi si credeva di essere? Cercando di moderare il tono, rispose: “ Rinuncerai alla proprietà, dunque?”, con il quaderno in mano e metà corpo già fuori dalla porta. “ Ho fretta, sai.” aggiunse.

Mello sorrise, si alzò e gli tolse gentilmente il Death Note dalle mani. “ Non ci penso neanche.”

“ Vuoi tenere il Death Note senza usarlo?’” esclamò Light, colto alla sprovvista. “ Sì. Sempre che non ci sia una regola che lo vieti.”

No, no, ma…” balbettò lo shinigami, sempre più in difficoltà.

“ Allora è deciso. Sarà divertente avere uno shinigami come amico!” concluse il ragazzo, sorridendo.

Light si sentì indifeso e umiliato. Quel dannato ragazzino in pochi minuti era riuscito a distruggere il suo piano. Light lo odiò. Tra tutti gli abitanti della Terra, proprio il figlio di Near doveva raccogliere il quaderno? Mello guardò l’orologio e, dopo avere esclamato: “ E’ tardi!”, lo mandò cortesemente via e s’infilò sotto le coperte.

Dannato ragazzino.

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Capitolo 4
*** Umiliazione ***


Un urlo si perse nella notte. Salì fino alle stelle.

Light urlò così forte che, se non fosse stato uno shinigami, l’avrebbe sentito tutto il mondo. Dannazione. Dannazione. Si sentiva furioso. Sconfitto. Umiliato. In un attimo Mello era riuscito a far crollare il suo piano. Proprio come Near. Doveva essere un vizio di famiglia. Eppure gli sembrava così ben organizzato; non poteva fallire. Invece si era dimenticato di considerare un avariabile. Nella sua previsione o qualcuno avrebbe usato il quaderno o avrebbe rinunciato alla proprietà. E invece no! Quel ragazzino, sorridendo, aveva risposto: “No no, non userò il quaderno, ma lo voglio tenere.”

Dannazione. Per un attimo la mente di Light tornò a quel giorno di tanti anni prima. Quando L era ancora vivo e lui era ancora Kira.

“Light-kun, guarda un po’ questi tre fogli e dimmi un po’cosa ne pensi.” gli aveva detto L. Light li aveva guardati. Li conosceva bene. Li aveva fatti lui. Dopo un po’, il tempo di fingere di ragionare, aveva risposto: “ C’è un messaggio nascosto che dice- L, lo sai che gli shinigami mangiano solo mele?”.

“ La stessa cosa che ho pensato io. Però, c’è un altro foglio”

Un altro foglio?! Light non aveva preparato nessun quarto foglio. L se lo era inventato.

“ Aggiungendo quest’ultimo, il messaggio diventa- L, lo sai che gli shinigami mangiano solo mele… shinigami? aveva concluso L.

“ Mi sono sbagliato” aveva ammesso Light, cercando di controllare la rabbia.

“ Non hai pensato che ci fosse un altro foglio. Sei partito dal presupposto che ce ne fossero solo tre e perciò hai sbagliato.”

Anche dopo tanti anni, quell’ultima frase continuava a risuonargli nelle orecchie.

E ora si ritrovava bloccato sulla terra.

Pensò a Ryuk. Se fosse toccato a lui, di sicuro avrebbe esclamato: “ Gli uomini sono uno spasso!”. Ma Light non riteneva gli uomini divertenti, forse perché era stato uno di loro.

Già, per lui non c’era proprio da divertirsi.

Umiliazione.
Quella parola risuonava nella testa di Mello, mentre fissava il soffitto, con le mani intrecciate dietro la schiena.

Sì, aveva appena inflitto a Light una bella umiliazione. Non che lo volesse. Semplicemente era successo.

Fin da bambino Mello aveva imparato il valore del rispetto e, per quanto qualcuno potesse essergli antipatico, non lo aveva mai umiliato. Invece poco prima aveva visto il viso dello shinigami contrarsi in una smorfia di rabbia repressa.

Con due parole aveva legato per sempre il suo destino a quello di un dio della morte. Inizialmente, non ne aveva intenzione. Era talmente disgustato dal quaderno, che avrebbe voluto riconsegnarlo subito al suo legittimo proprietario. Lo avrebbe dato via e tanti saluti. Man mano che i giorni passavano, il peso del quaderno aumentava. Così, quando poco prima aveva visto lo shnigami, Mello aveva già pronta la risposta: “ Il Death Note è tuo. Prendilo e vattene.”

Poi, però, la creatura aveva rivelato la sua identità. Non era uno shinigami qualunque ma Light Yagami. Era Kira. E tutto era cambiato. Mello non credeva nelle coincidenze, ma il fatto che lui, il figlio di Near, trovasse proprio il Death Note di Light era leggermente sospetto. Anzi, non sospetto. Semplicemente strano. Forse se il quaderno aveva scelto proprio, c’era un motivo. Forse il fatto che Light aveva avuto la possibilità di tornare sulla terra significava qualcosa.

Aveva umiliato Kira. Come aveva fatto suo padre. Doveva essere una caratteristica di famiglia. Quando era bambino, l’episodio al molo era stato il suo preferito. Gli piaceva sentire la fine di Kira. E, come ciascun bambino, considerava suo padre un eroe. Near, inizialmente, era sempre un po’ riluttante ma Mello insisteva tanto, che alla fine cedeva. Il ragazzo amava in particolare una frase che Near ripeteva spesso.

“ Sai, Mello, la mia vera vittoria non è stata smascherare Light Yagami, ma vederlo umiliato. Non fraintendermi, ritengo che nessuno debba mai essere umiliato, però, vedi, Kira è stato un caso particolare. Lui ormai si considerava un dio. Ma credimi, quando ha gettato la maschera, non sembrava per niente un dio. Quando ha capito che stava per morire, ha pianto e urlato, come tutti quelli che aveva sempre disprezzato. Light Yagami era intelligente, bello, di buona famiglia e con un forte senso di giustizia, ma per la sua superbia ha perso tutto. Anzi, come direste voi, ha gettato tutto alle ortiche.”.

Dopo quell’ultima affermazione, Near taceva per qualche minuto, come se ripensasse a quel giorno. E non andava più avanti. Guardava l’orologio, esclamava che si era fatto tardi e se ne andava.

Per un attimo Mello rimase a fissare tristemente il soffitto. Poi pensò alle luci, ai negozi e alla festa. E tornò allegro. Pensò che il giorno dopo avrebbe trascinato Light, volente o nolente, in una fantastica passeggiata per le vie di Manahttan e sorrise all’idea. Sì, sarebbe stato davvero divertente.

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Capitolo 5
*** Una strana gita ***


Il mattino seguente Mello si svegliò leggermente intontito, come quando, tra i fumi del sonno, si ha la vaga idea che il giorno prima sia accaduto qualcosa d’importante. Poi, come una doccia fredda, gli ritornarono alla memoria tutti gli avvenimenti del giorno prima e, ancora con maggiore prepotenza, i progetti per la giornata. Balzò a sedere sul letto e si guardò intorno. Non c’era traccia di Light. Probabilmente era da qualche parte a sbollire la rabbia. Mello alzò le spalle, s’infilò un maglione sopra il pigiama e corse in cucina.

Sua madre era già in piedi e stava preparando le frittelle; indossava una vestaglia e i suoi riccioli ribelli erano tenuti a bada da una fascia di lana. Sorrideva. Sua madre, Hellen Crisen, sorrideva sempre.

“ Ciao, già alzato a quest’ora?” gli chiese, mettendo a scaldare il latte nel microonde. Mello annuì, cominciando a versarsi i cereali. Però, per sicurezza, gettò un’occhiata all’orologio digitale appeso alla parete. Erano le otto in punto.

“Fai piano, tuo padre sta ancora dormendo. Ieri è stato alzato fino alle tre.” disse, portandosi un dito alla bocca. “ Comunque, che piani hai?” aggiunse, mentre il figlio s’ingozzava di cereali. “ Pensavo di fare un giretto in centro. Magari nel pomeriggio telefono ad Andrew. Non aspettatemi per pranzo.”

Hellen fece un cenno di assenso. Mello finì di mangiare e corse in camera. Lì trovò Light. Lo shinigami era vicino alla finestra e guardava fuori. Fissava la neve che cadeva piano, il sole che brillava freddo nel cielo azzurro. Fissava tutto, quasi con nostalgia. Quando Mello entrò in camera, alzò leggermente le spalle, come per far segno di averlo visto, ma non si voltò.

“ Ciao, Light! Posso chiamarti così? Shinigami mi sembra un po’ offensivo.” Lo shinigami emise un lungo sospiro che il ragazzo prese per un sì.

“Per quanto tempo hai intenzione di tenere il quaderno?” chiese tutto a un tratto Light, con un tono che sembrava quasi rassegnato.

“ Il tempo necessario.” rispose Mello, leggermente seccato. “ Uffa” esclamò, guardandosi allo specchio “ Mi hai fatto andar via il buon umore.”. Poi si batté una mano sulla fronte. “ Accidenti, non te l’ho ancora detto. Oggi usciamo!”.

“Usciamo?” esclamò Light, continuando a guardare la neve.

“ Sì. Sarà divertente, vedrai. Luci, negozi pieni e tante leccornie da mangiare.”.

Light sospirò di nuovo e, quando Mello annunciò di essere pronto, si staccò di malavoglia dalla finestra. Quasi senza accorgersene, iniziò a ridere: il ragazzo, tutto imbacuccato, era davvero buffo. Ma, un attimo, stava ridendo? Spaventato, si portò una mano alla bocca.

“ Fa freddo sai” sbottò, Mello. Si guardarono e sorrisero entrambi. Qualcosa stava cominciando a cambiare.

Mello scese la metropolitana che faceva il giro più lungo, perché, come ammise lui stesso, gli piaceva viaggiare col metrò. I vagoni erano quasi vuoti, d'altronde era sabato mattina. I pochi passeggeri erano come clienti abituali e si conoscevano tutti. Il ragazzo, dopo aver scambiato un paio di auguri, si sedette e tirò fuori dalla borsa un quaderno. Light lo riconobbe subito: era il Death Note. Mello lo aveva infilato in una copertina per quaderni colorata, per camuffarlo, e ora lo teneva aperto sulle ginocchia, masticando l’estremità di una vecchia matita. Fissava intensamente una vecchia signora seduta di fronte a lui, poi premeva forte la punta della matita su una pagina, infine la ritirava su, scuotendo la testa. Dopo due o tre volte di quella strana operazione, si girò verso Light e chiese: “ Se faccio un ritratto a una persona sul Death Note, questa muore?”. Lo shinigami scosse la testa, chiedendosi che cosa avesse in mente quel ragazzino. Sollevato, Mello cominciò a tracciare i contorni di un viso, con tratti puliti e precisi. Light lo osservò da sopra la spalla. Disegnava davvero bene. Mello passò tutto il viaggio a disegnare, usando le pagine del Death note. Light era indignato e ammirato al tempo stesso. Quando una voce registrata annunciò il capolinea, il giovane ripose il quaderno nello zaino e gli fece cenno di scendere.

Per prima cosa, Mello, andò dritto dritto a un negozio, una pasticceria, per la precisione. “Vedrai, ti piacerà” gli aveva assicurato, sorridendo. E a Light piacque, tantissimo. La vetrina era piena di torte, cioccolatini a biscotti. Mello entrò nel negozio e uscì con un sacchetto da cui proveniva un profumino delizioso. Il ragazzo cominciò a mangiare un cornetto coperto di cioccolato, offrendone un secondo a Light. Lo shinigami rifiutò, ma Mello era talmente insistente che alla fine dovette prendere la brioche. “ Non pensare di potermi intenerire così.” fece.

“ Eddai, lo so che ti piace.”. Light non rispose, ma quel ragazzo aveva ragione. Forse solo un pochino. Forse quella giornata poteva anche essere piacevole. Purtroppo si sbagliava. Certo, non era sua intenzione ma Mello era davvero noioso. Si fermava, ogni due per tre, a guardare una vetrina, a indicare una luminaria nuova, ad augurare Buone Feste a questo e a quell’altro.

“ Non potresti andare più veloce?” gli chiese Light esasperato. Mello si voltò e, appena furono in un posto poco affollato, gli rispose.

“ Rilassati. Siamo qui per passeggiare. Non abbiamo fretta.”

“ Forse tu no, ma io..”

“ Anche tu non hai fretta, fidati”.

Light sospirò e continuò a seguire quel ragazzino sorridente, cercando di divertirsi e di rilassarsi. Peccato che la sua testa fosse piena di piani atti ad eliminare Near o Mello o chiunque altro. Alla fine, dopo un’altra mezzora che gli parve un’eternità, Mello decise di fermarsi. “È ora di pranzo” spiegò tranquillamente il ragazzo, sedendosi su una panchina e cominciando a mangiare un panino. “L’ho comprato poco fa al fast food giù all’angolo. Nel sacchetto ce n’è uno anche per te”. Light lo prese, sebbene di malavoglia, perché con quel moccioso non c‘era da discutere.

“ Eh, non mangi?” esclamò Mello, ingozzandosi.

“ Sarebbe un po’ strano vedere un panino che sparisce nel nulla, non credi” ribatté Light, piccato.

“ Fai come vuoi, ma la gente va troppo di fretta per farci caso”.

Ma che ci faccio qui? Perché non ho già ucciso questo moccioso? Posso farlo, no, e allora perché non ho ancora scritto il suo nome sul Death Note? Che in fondo io sia contento? Contento di essere di nuovo sulla Terra? No, mai!

Tutti questi pensieri, che affollavano la testa dello shinigami, furono interrotti dal fastidioso squillare del cellulare di Mello.

“ Era Andrew, ci aspetta al Palazzetto del nuoto tra un’ora” annunciò, chiudendo la chiamata. “ Andrew?”

“ Sì. E' il mio migliore amico, ti piacerà, vedrai” continuò, incamminandosi.

“ Sarà…” sospirò Light, seguendolo. Chissà che non avesse ragione.

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Capitolo 6
*** Ci sarà sempre qualcuno ***


“ Allora, Campione, come va?” esclamò Andrew, prendendo il ragazzo sotto un braccio e scompigliandogli i capelli, già abbastanza disordinati. “ Ti vedo bene, però tu non me la racconti giusta-“ aggiunse, prendendolo per le spalle e scrutandolo, quasi come fa un dottore con un paziente. “ Già, già… secondo me c’è di mezzo una ragazza”.

“ Una ragazza?!” balbettò Mello “ No, no!”

“ Sì, sì invece. Come si chiama quella ragazza al corso di nuoto, quella che è un anno avanti a noi? Eliza, Lisa, qualcosa del genere.”

“ Liza!” esclamò Mello, diventando scarlatto “ Non c’è niente tra noi e poi ho sentito che si è appena fidanzata.”

“ Certo. Non conquisterai mai una ragazza se contini ad andare in giro così” lo rimproverò, additando il suo giubbotto sgualcito “ Lana, andiamo, nel 2030 la lana è superata”

“ Ha ragione” sussurrò Light alle orecchie di Mello.

“ Non tutti sono ricchi come te” sbottò il ragazzo, imbronciato, ficcandosi rabbiosamente le mani in tasca.

“ Non ti sarai offeso? Scusami... Campione” rise Andrew, dandogli una manata sulla schiena “ Comunque” continuò, diventando improvvisamente serio “ comunque, ho sentito che Fort è morto in un incidente stradale ieri sera.”

Mello, colto di sorpresa, mormorò un “mi dispiace” e si sedette, preso da una nausea improvvisa. Mike Fort non era certo quello che si poteva definire un bravo ragazzo, anzi era un delinquente della peggior specie. Le volte in cui si era presentato a scuola si contavano sulle dita di una mano e nessuno aveva un bel ricordo di quei giorni. Ad appena diciotto anni la sua fedina penale era nerissima, piena di malefatte che andavano dall’oltraggio alla quiete pubblica ai furti. Di sicuro la notte prima doveva essersi ubriacato o peggio. Però, però era pur sempre una persona e di sicuro ci sarebbe stata almeno una persona a piangere la sua morte. Sì, per quanto qualcuno potesse essere malvagio, ci sarebbe stato sempre qualcuno. Mello, senza volerlo, pronunciò ad alta voce quella frase, ma, per fortuna, Andrew non se ne accorse. Giunse, però, alle orecchie di Light che, distratto fino a quel momento, sobbalzò. Quella frase, quel “ ci sarà sempre qualcuno” era indirizzata a lui, ne era sicuro. Se fossero stati soli, Mello avrebbe detto di sicuro: “ Ci sarà sempre qualcuno che si ricorderà di Kira, anzi di Light Yagami”. Lo shinigami fu sottratto ai suoi pensieri da un fastidioso cicalio: i due amici adolescenti avevano cominciato di nuovo a chiacchierare di cose futili, interrompendo la pace. Strano. Silenzioso, Mello sembrava molto più adulto, forse per via dei suoi capelli bianchi o degli occhi seri. Era incredibile la velocità con cui cambiava umore: un attimo prima rideva e un momento dopo si faceva serio e cominciava a filosofeggiare. Light vide che Mello e il suo amico si erano già avviati e si affrettò a seguirli.

“ Allora, che si fa?” stava chiedendo Andrew, allegro come sempre “ Aspetta, non dire niente, ho una proposta che non potrai rifiutare: due Hot dogs da Big Joe”.

Gli occhi di Mello s’illuminarono. “ Certo, ma prima avrei una commissione da fare.”

“ Il negozio di giocattoli?” chiese Andrew, ma la domanda era retorica. Il bel giovane scosse la testa: “ Mello, ma perché non chiedi di tenerti da parte quel maledetto trenino?” sbottò, esasperato.

“ Ci ho provato, ma…”

“ Ma sei troppo timido.” concluse Andrew “ Lascia fare a me.”. Mello annuì debolmente, in fondo Andrew era ricco, forse avrebbe avuto più fortuna. Purtroppo si sbagliava; il commesso antipatico cacciò fuori dal negozio anche Andrew, ancora prima che il ragazzo avesse tempo di aprir bocca. Forse il trenino era già stato prenotato… Mello sperò con tutte le sue forze che non fosse così.

“ Comunque, quanto di manca? Per raggiungere il prezzo?” gli chiese improvvisamente l’amico, piuttosto contrariato.

“ Venti dollari, circa”

“ Allora è meglio che ti sbrighi.” disse Andrew con un tono leggermente acido. Poi sorrise, si scusò per la maleducazione e lo trascinò nel metrò. Al chiosco di B.J, Mello trovò una piacevole sorpresa, un piccolo alberello di Natale, addobbato a festa. Dopo essersi scambiati i soliti saluti, i due ordinarono i loro panini. Mello ne prese due, attirandosi così numerose battute sul suo appetito. Alla vista del panino, lo stomaco di Light si contrasse. Di sicuro era destinato a lui, peccato che odiasse gli hot dog. Per fortuna, quando Mello glielo offrì, dopo essersi separato da Andrew, poté rifiutare senza problemi.

“ Scusami, ti sarai annoiato?” si scusò Mello, dondolandosi sulla porta di casa.

“ Fa niente” rispose lo shinigami, leggermente a disagio, poi continuò “ Senti, so che dovrei starti sempre vicino, ma….”

“ Vuoi stare un po’ da solo? Non c’è problema, vai pure. So badare a me stesso.” gli concesse Mello, aprendo la porta. Light mormorò un “grazie” e volo via, verso un luogo solitario in cui pensare tranquillamente e far ordine nel caos di sensazioni che affollavano la sua mente.

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Capitolo 7
*** Cambiamento ***


Light non sapeva descrivere il sentimento che gli attanagliava il cuore, ma la cosa che si avvicinava di più a ciò che provava era proprio la paura. Paura di qualcosa cui non sapeva attribuire un nome. Paura di cambiare. Si guardò attorno. Era seduto su una panchina, a Central Park, che era deserto e illuminato dalla luce lunare.

Lo shinigami si chinò leggermente, sporgendosi finché non vide il suo volto riflesso nel laghetto. “Dove è finito Kira? Dove sei finito tu?” si chiese. Pensò a Mello. Possibile che quel ragazzo riuscisse a metterlo così in difficoltà, che in appena un giorno fosse riuscito a ridurlo in quello stato. E perché non lo aveva ancora ucciso? Poteva farlo, nessuna legge lo vietava. Avrebbe potuto farlo sin dal primo momento in cui aveva incontrato quel giovane, quando aveva letto sul suo volto il suo nome e la sua vita. Eppure non lo aveva fatto. Perché? Che uccidere gli fosse venuto a noia? Che cominciasse ad avere dei sensi di colpa, ora che era diventato uno shinigami? Ora che non aveva limiti? Proprio lui che non si era fatto scrupoli a eliminare chiunque gli si parasse davanti. Le sue armi erano una penna e un quaderno. Con esse poteva giudicare tutti, essere un dio. E ora stava soccombendo contro un ragazzino. Anzi, no, non stava soccombendo. Qualcuno soccombe contro qualcun altro in un duello, invece Mello non sembrava per niente interessato a combattere.

Lo trattava come, come… un amico. Quella consapevolezza colpì Light come un’onda gelata. A Mello non importava che lui fosse un dio della morte e lo considerava come uno dei suoi amici adolescenti, come se non ci fosse nessuna differenza tra di loro. A quel pensiero, Light provò rabbia e indignazione, ma anche felicità. Felicità? “ Che cosa mi sta succedendo?” pensò spaventato. Non si era mai sentito così; era come se avesse perso ogni controllo della sua vita. Non riusciva a ragionare con freddezza, proprio lui, Light Yagami, che era riuscito a mantenere, almeno per un po’, il sangue freddo anche davanti alla Morte. Sospirando, si alzò e, alla luce della luna, volò nel cielo stellato fino alla camera di Mello. Il ragazzo dormiva, girato su un fianco e una parte della coperta era scivolata sul pavimento. Strano, mentre dormiva, sembrava così innocuo. “ Che cosa hai in mente Mello?” gli sussurrò in un orecchio. Il ragazzo mugugnò qualcosa nel sonno e si girò dall’altra parte, facendo cadere ancora di più il piumone. Ancora prima che potesse accorgersene, Light aveva ricoperto Mello. Dannazione, persino dormendo riusciva a metterlo in difficoltà. Lui, uno shinigami, aveva appena rimboccato le coperte a un ragazzino. Insomma, era ridicolo. Spaventato, uscì, ma mentre si avviava verso la finestra, vide il suo riflesso nello specchio.

“ Che cosa sei diventato?” chiese al suo doppio, avvicinandosi lentamente fino a sfiorare il vetro con la punta delle dita e ritraendole subito come se si fosse scottato. Il suo volto era così triste e spaventato da non sembrare neanche il suo. Inorridito, corse via, lontano da una consapevolezza che piano piano cresceva dentro di lui.

“ Maledizione” urlò nella notte. E poi, tra tutta quella confusione, c’era qualcos’altro. Qualcosa che lo spingeva a restare sulla Terra. Che cos’era?

La risposta arrivò improvvisa: nostalgia. Non avrebbe mai voluto ammetterlo, ma in fondo al suo cuore provava nostalgia. Nostalgia del mondo e della sua vita, cui, in fondo, era molto legato. Il mondo degli dei della morte era un posto così triste e noioso che qualsiasi altro luogo era migliore. Non era forse normale che preferisse restare sulla Terra, piuttosto che tornare indietro? Con questi pensieri che si agitavano nella sua testa, Light alzò gli occhi al cielo e si accorse che ormai stava albeggiando; guardando il sole che, freddo e grande, si alzava all’orizzonte, sospirò e si avviò verso la casa di Mello, chiedendosi che cosa gli avrebbe riservato la giornata.

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Capitolo 8
*** Confessione ***


Un’altra settimana era passata e per gli studenti questo significava solo una cosa: erano iniziate le vacanze natalizie. Per l’occasione, Mello aveva organizzato una grande partita a palle di neve con i suoi amici a Central Park. Light era certo che il ragazzo avrebbe coinvolto anche lui e non si sbagliava. Mentre i due camminavano in direzione del parco, Mello raccolse una palla di neve e la puntò contro lo shinigami.

“ Non ci provare” sibilò Light. Mello fece spallucce e cambiò leggermente la traiettoria, lanciando il proiettile contro un albero.

Ad aspettarli, trovarono i due migliori amici di Mello, Andrew e Jo, e una ragazza sconosciuta. Andrew era elegante come sempre col suo giubbotto in goretex; Jo indossava un paio di pantaloni di velluto e un delizioso cappotto rosa. La ragazza misteriosa se ne stava in disparte.

“ Questa è mia cugina Sarah” la presentò Andrew. Mello la guardò. Sarah indossava solo un maglione e sembrava parecchio accaldata, nonostante ci fossero almeno dieci gradi sotto lo zero. “ Viene dall’Alaska” aggiunse Andrew e questo spiegò tutto.

“ Allora, vogliamo giocare?” chiese Jo, saltellando sul posto per scaldarsi.

Tutti annuirono con vigore. Impiegarono un po’ per formare le squadre che, alla fine, furono: Andrew e Jo contro Mello e Sarah. I primi due erano molto affiatati. Tuttavia Sarah era davvero brava e Mello possedeva quella che lui chiamava “ intelligenza militare”, che lo rendeva un ottimo stratega, così i vincitori furono loro due.

“ Siete stati bravi” sbuffò Jo, sedendosi su una panchina e accoccolandosi vicino ad Andrew. Il giovane la cinse in un abbraccio e l’atmosfera cominciò a farsi pesante.

“Noi andremmo” dissero in coro Mello e Sarah, ma i due innamorati ormai erano troppo occupati per ascoltarli. Pertanto i due si salutarono e Mello si avviò verso casa.

Il palazzo dove viveva il ragazzo distava qualche isolato da Central Park e, di solito, il ragazzo prendeva il metrò, specialmente in inverno. Tuttavia quella volta scelse di tornare a piedi.

“ Com’è il Mu?” chiese improvvisamente.

“ Il Mu?” fece Light, colto alla sprovvista.

“ Sì, sai, il nulla… il luogo, dove vanno tutti quelli che hanno usato il Death Note.” spiegò il ragazzo.

“ Il Nulla... ” mormorò Light. Poi, prima che potesse rendersene conto, la sua voce continuò, come se fosse dotata di volontà propria: “ Il Nulla è un posto orribile. Non saprei come spiegarlo, ma somiglia a una fitta e fredda nebbia. Nel Nulla sei solo, non vedi niente, non senti niente. È come se avessi dell’ovatta nelle orecchie e una benda sugli occhi. Il Nulla è noia pura; qualsiasi luogo è preferibile, persino L’Inferno. Chi vive nel Nulla non fa niente, semplicemente resta lì, per l’eternità. Nel Nulla non ci sono elementi per capire lo scorrere dei giorni, ma forse non servirebbero, perché la punizione è destinata a durare per sempre. Non è concesso nemmeno il beneficio del sonno per sfuggire un po’ al tedio”

“ Tu, però, sei riuscito a scappare. Come?” domandò Mello.

Ancora una volta, Light si ritrovò a muovere le labbra, quasi contro la sua stessa volontà.

“ Sì, sono riuscito a sfuggire al Nulla, perché il Re degli shinigami ha voluto rendermi un dio della morte.”. Per un attimo tra i due calò il silenzio, poi Light continuò: “ Non so perché lo abbia fatto. Magari forse perché sono stato l’umano che più di tutti si è servito del Death Note. Persino Ryuk una volta mi disse che ero più shinigami io di un vero dio della morte. Comunque, un giorno mi sono svegliato ed ero diventato così.”.

Mentre parlava, Light ascoltava con orrore le parole che gli uscivano dalla bocca come una cascata. Non si era mai messo così a nudo di fronte a nessuno. Avrebbe voluto smettere di confessarsi, ma fu costretto a continuare.

“ Quando fui diventato uno shinigami, all’inizio, utilizzai la mia posizione per continuare la missione che avevo sulla Terra, ma presto capii che era tutto inutile. D'altronde, a differenza degli altri dei della morte, io non ho bisogno di uccidere gli uomini per sopravvivere. Forse perché sono stato un uomo.” concluse, sorridendo.

Mello lo fissò con i suoi grandi occhi blu e per un po’ i due restarono lì, immobili, nella fredda notte New yorkese. Poi il ragazzo raccolse una palla di neve e, dopo aver controllato che non ci fosse nessuno nei paraggi, la puntò contro Light.

“ Non ci provare…” lo minacciò lo shinigami ma Mello fece un sorrisetto e gli lanciò contro il proiettile ghiacciato.

“ Strano. Avrebbe dovuto attraversati” mormorò Mello “ Ma forse questo non succede perché non sei uno shinigami comune” aggiunse.

“ Già può darsi.” rispose Light, con una palla di neve in mano. Quando l’aveva raccolta? Lo shinigami la fece saltellare nella mano, poi la scagliò contro Mello. Prima che Light potesse rendersene conto, la partita a palle di neve era cominciata. Alla fine Mello si accasciò contro un muro, tutto rosso in viso.

“ È stato divertente, vero?” ansimò.

“ Sì, è stato proprio divertente” concordò Light, per la prima volta sincero.

Lì, nella notte, entrambi espressero il tacito desiderio che l’amicizia che stava nascendo tra di loro durasse per sempre. Purtroppo nessuno dei due sapeva, o forse non voleva ammettere, che gli eventi presto sarebbero precipitati.

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Capitolo 9
*** Un Natale diverso ***


“ E’ Natale!” urlò Mello rivolto a Light che, fino ad un momento prima, se ne stava tranquillo ad occhi chiusi, con la testa appoggiata allo schienale della sedia.

“ E’ Natale.” ripeté Mello, leggermente indispettito della mancanza di qualsiasi reazione da parte dell’altro.

“ Ah, bene.” mormorò Light, socchiudendo gli occhi.

Mello sbuffò e dopo avere espresso ancora una volta la sua meraviglia alla totale indifferenza di Light, corse via, in salotto, a scartare i regali. Appena il ragazzo se ne fu andato, Light si alzò e guardò fuori dalla finestra. Nevicava ancora ed era Natale. Natale. Erano passati vent’anni dall’ultima volta che ne aveva festeggiato uno. Chissà, forse quella avrebbe potuto essere la buona occasione per ricominciare. Lo shinigami ripensò al rimprovero di Mello; già, aveva ragione, non doveva essere triste. Doveva cercare di sorridere, almeno per quel giorno. Preso da questo nuovo proposito, Light si guardò attorno finché il suo sguardo non si posò su un oggettivo che brillava sulla scrivania. Lo shinigami si avvicinò e lo prese in mano. Era una penna, alla quale era attaccato un biglietto, che recitava: “ A Light”. Light la rigirò tra le dita. Non era bellissima, ma era il primo regalo che riceveva dopo tanto tempo. “ Oh, Mello” sussurrò, leggendo la dedica che recitava: “Perché tu possa ricordarti di me”. Confuso e anche un po’ commosso, Light si sedette ad aspettare Mello. Il ragazzo arrivò poco dopo, con un sorriso a trentadue denti, che si allargò ancora di più quando si accorse della scintilla di gioia che brillava negli occhi di Light.

“ Allora non terrai il broncio tutto il giorno?” chiese, leggermente stupito, mentre si avviava di nuovo alla volta del salotto.

“ A quanto pare, no” rispose Light, seguendolo.

Il salotto, come il resto della casa, era addobbato a festa e l’atmosfera gioiosa aveva contagiato tutti. Hellen, già allegra nella vita quotidiana, era euforica e correva in continuazione da una parte all’altra, come una trottola impazzita. Near, di solito serio e silenzioso, giocava beato col trenino, che Mello era riuscito alla fine a comprare, e, ogni tanto, rideva delle battute del figlio. Le risate dei due ben presto contagiarono anche Light che, invisibile, si avvicinò e si sedette sul tappeto. Nella sua testa c’era ancora una fastidiosa vocina che continuava a ripetergli: “ Tu sei Kira!”, ma Light la ignorò. Mello, accortosi dello shinigami seduto dietro di lui, si voltò e gli sorrise.

Pian piano cominciarono ad arrivare anche gli ospiti. I primi furono i tre membri dell’ormai sciolto SPK, Gevanni, il comandante Rester e Halle Lidner, seguiti a ruota da Yazawa, accompagnato dalla moglie e dai due figli. Alla loro vista, Light cominciò a digrignare i denti, ma smise all’istante quando incrociò lo sguardo di Mello. Il ragazzo lo tranquillizzo dicendogli che non sarebbero arrivati altri poliziotti. E fu così. Uno per volta, i posti in tavola furono occupati e, mentre Hellen cucinava, gli adulti cominciarono a chiacchierare. Light ascoltava le loro conversazioni, per lo più di argomento poliziesco, e si rammaricava di non poter intervenire. Sconsolato, cercò Mello, ma questi era impegnato in una fitta conversazione con un cugino californiano. Improvvisamente suonò il campanello. “Deve essere Sayu” gridò Hellen dalla cucina. Al suono di quel nome l’attenzione di Light si accese e lo shinigami si voltò. Non poteva essere sua sorella Sayu. Eppure eccola lì, sulla soglia, intenta a scrollarsi la neve dai capelli. Eccola lì, ormai adulta, ben diversa dalla ragazzina che gli chiedeva aiuto per i compiti di matematica.

“ Sayu-chan sei arrivata, finalmente.” la salutò Hellen, correndole incontro.

“ Già. E’ stato un suicidio prendere l’aereo la notte della Vigilia.” rispose Sayu, lasciandosi cadere sulla sedia. “ Sono distrutta. Sapete… il jet-lag… mi perdonerete se mi addormenterò a tavola.”.

Tutti scoppiarono a ridere e il pranzo continuò senza intoppi. Light, cercando di restare allegro, svollazzava da una parte all’altra, prendendo di tanto in tanto dei salatini che Mello gli passava di nascosto. “Non devo essere triste” continuò a ripetersi per tutta la giornata che, ora dopo ora, si avviò verso il suo termine. Uno per volta, così com’erano arrivati, gli ospiti se ne andarono. Appena il salotto fu vuoto, Light ne approfittò per chiedere a Mello notizie di Sayu e perché conoscesse sua madre. Il ragazzo spiegò che le due donne si erano conosciute all’università durante uno scambio culturale U.S.A- Giappone e che da quel momento erano state ottime amiche.

“ Sai, mi sono divertito molto oggi.” disse Mello, quella sera, mentre sistemava i regali ricevuti. Light annuì, poi esordì: “ Mello, c’è una cosa che dovrei dirti…”.

Il ragazzo lo guardò incuriosito e gli fece cenno di continuare.

“ Tra un mese sarà l’anniversario della mia morte ed io non riesco a restare allegro. Oggi ci ho provato, ma non penso di poter continuare. Forse se ti avessi incontrato in un altro periodo le cose sarebbero andate diversamente.” recitò Light, fissando il vuoto.

“ Perché mi dici tutto questo?”

“ Per ringraziarti di avermi cambiato, almeno un po’, e per scusarmi del comportamento che avrò nei prossimi giorni. Vorrei che non succedesse, ma presto tornerò ad essere quello di prima.”

“ Tu sei cambiato e non sarai mai più Kira.” affermò Mello, fingendo sicurezza, ma la sua, in fondo, era solo una supplica.

“ Vorrei che tu avessi ragione. Vorrei tanto che tu avessi ragione.”.

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Capitolo 10
*** Faccia a faccia ***


Dicembre passò, velocemente, troppo velocemente lasciando il posto a gennaio. Un anno era finito e un altro si apriva.
Come predetto, Light divenne sempre più scontroso ogni giorno che passava. Più il ventotto gennaio si avvicinava più la sua rabbia aumentava. E si vedeva. A volte sbuffava. Altre digrignava i denti. Altre ancora cominciava a parlare senza sosta, declamando il suo “ Mondo di luce”. Mello alzava le spalle e faceva finta di ascoltarlo. Oppure infilava nelle orecchie le cuffie dell’MP3 e lo ignorava. Sperava che, passato gennaio, Light si sarebbe calmato e che tutto sarebbe tornato come prima. Nel frattempo, doveva solo armarsi di pazienza e andare avanti. Sopportare i sempre più frequenti “ Se tu usassi il quaderno”. Light poteva chiederglielo anche ogni secondo, Mello non avrebbe cambiato idea. Non avrebbe usato il Death Note. Non per uccidere, è chiaro. Aveva scoperto che il quaderno poteva essere utilizzato benissimo anche come album da disegno, quindi perché non approfittarne? All’inizio Light aveva sopportato, ma poco dopo Natale la sua tolleranza era diminuita. E da allora era stato un continuo sbuffare: “ Che spreco!”. Mello annuiva, sorrideva e si voltava dall’altra parte. Presto tutto sarebbe finito. Nel frattempo bisognava arrangiarsi e andare avanti. Purtroppo man mano che la fatidica data si avvicinava, sopportare Light diventava sempre più complicato. Sempre più spesso aveva delle crisi isteriche e cominciava ad imprecare contro Near, oltre che contro il mondo intero. Mello stringeva i denti e cercava di andare avanti, ma la sua pazienza diminuiva di giorno in giorno. E una sera ci fu la classica goccia che fece traboccare il vaso.

Mello stava lavorando al computer, le cuffie sulle orecchie per non sentire le continue lamentele di Light. Gironzolando nelle Rete, aprì per un attimo la pagina dei notiziari. Se ne pentì subito. Come un fulmine, Light piombò su di lui e cominciò la solita tiritera. “ Se ci fossi ancora io. Se usassi il Death Note. Se ci fosse ancora Kira eccetera eccetera.” Era troppo anche per Mello. Dopotutto era pur sempre il figlio di Near. L’amicizia che nutriva per Light non gli aveva certo fatto dimenticare sedici anni d’insegnamenti. Spense il computer e si voltò, la fronte aggrottata.

“ Se ci fosse ancora Kira cosa? Cosa? “ urlò.

Light lo fissò, spaventato. Non aveva mai visto Mello arrabbiato. Faceva davvero paura.

“ Pensi che uccidendo qualche criminale il mondo cambierebbe. Pensi che un mondo governato dal terrore possa definirsi luminoso? Non importa quante persone cattive elimini, ce ne saranno sempre altre. Quindi basta! Basta! Sono stufo marcio!”. Mello era spaventoso. Tremava di rabbia, il volto rosso e contratto. Le persone calme quando si arrabbiano diventano doppiamente terribili. E Mello faceva parte di quella categoria.

“Ma che parlo a fare? Se non ti ha cambiato neanche la morte, non ci riuscirò certo io.” sbuffò, schiaffando il Death Note sulla scrivania. Poi uscì a grandi passi, sbattendo la porta. Light rimase per un attimo intontito, poi balbettò: “ Mello, io…”. Non riusciva a capire più niente. Ma anche nella sua rabbia, qualcosa sentiva. Sentiva che si stava giocando un’amicizia importante. Stupido. Stupido. Inoltre Mello aveva lasciato il quaderno in bella vista sulla scrivania, chiunque avrebbe potuto prenderlo. Aveva appena finito di formulare questo pensiero, che la porta sì aprì.

“ Ti prego, fa che sia Mello!”

Non era Mello, ma Near. Light si appiattì contro il muro. Sapeva bene che Near non poteva vederlo, allora perché si sentiva perforare da quegli occhi? Near si guardò attorno, poi notò il quaderno.

“ Non ti avvicinare” pregò Light, ma inutilmente. Prima che potesse fare nulla, Near aveva già preso il quaderno e alzato lo sguardo.

“ Light Yagami, quanto tempo.” sussurrò.

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Capitolo 11
*** Invidia ***


“Light Yagami. E’ una sorpresa vederti.”

“Non prendermi in giro. Tu non sei mai sorpreso.” Light era molto seccato.

Near rise. Light non lo aveva mai sentito ridere. “Davvero. Sono sorpreso.

Allora, sei tornato dal mondo dei morti per vendicarti?”.

“all’inizio sì… no hai paura che ti uccida?”

“Se non lo hai già fatto… comunque perché sei qui?”

“ Mi stai prendendo in giro? Elabora una delle tue teorie.”

Light incrociò le braccia e fissò Near con occhi torvi. Era strano vederlo da adulto. Aveva i capelli bianchi e dimostrava molti più anni dei suoi quaranta. Light si chiese se fosse mai stato veramente giovane. Mentre formulava questi pensieri, Near si accucciò sul pavimento, nella stessa identica posizione che Lght gli aveva visto assumere quel giorno. Sembrava che non fosse cambiato nulla da allora.

“ Conoscendoti, devi essere tornato sulla terra nella speranza che qualcuno trovasse il Death Note e diventasse il tuo successore. Ma qualcosa è andato storto, dico bene?”

“Perfetto. Continua.” Sbuffò Light. Accidenti, Near ci provava proprio gusto a giocare con lui.

“ Mello ha trovato il quaderno e non l’ha usato. Sono fiero di lui.”

Near alzò lo sguardo. Aveva grandi occhi grigi, imperscrutabili. La prima e unica volta che lo aveva visto, Light lo aveva considerato un povero fallito. Certo, molto intelligente, ma praticamente incapace di relazionarsi con gli altri. E di sicuro non si sarebbe mai meritato la stessa ammirazione che Light nutriva per L. Quella ammirazione che sono soliti provare due rivale nei confronti l’uno dell’altro. Near era tutto l’opposto di Light, che era bello, intelligente e aveva una vita sociale perfetta. Ma il destino è crudele. Light Yagami, Kira, quello che migliaia di fedeli chiamavano dio, era morto a ventitré anni. Near, invece, aveva trovato una donna, si era fatto una famiglia. Aveva un figlio stupendo. Light sentì il sangue ribollirgli nelle vene e per la prima volta provò invidia nei confronti di qualcuno. Fu davvero strano. Di solito erano gi altri a invidiare lui.

“Light, vuoi qualcosa da bere” l’inopportuna richiesta ruppe il filo dei pensieri di Light.

“Una tazza di tè, grazie.” si ritrovò a rispondere, quasi contro la sua volontà. Anche Mello era riuscito a fargli confessare i suoi segreti più reconditi o fargli pronunciare parole che in altre occasioni non avrebbe mai pronunciato. Doveva essere una caratteristica di famiglia.

“Sai Light, io ti ho sempre invidiato. Eri così perfetto. Hai avuto una vita perfetta. Una famiglia perfetta.” disse Near, dopo essere tornato con due tazze fumanti.

“ E io ora invidio te. Buffo, vero. L’uomo non è mai contento.” rise Light, sorseggiando il tè. “ Ti invidio perché tu continui a vivere. Hai una bella vita e un figlio meraviglioso. Mello è davvero un caro ragazzo. Mi dispiace di aver litigato con lui.”.

Light sorrise e posò la tazza. Guardò il calendario. Era il ventisei gennaio, eppure ciò non gli provocò la benché minima reazione. Si sentiva calmo, come non lo era mai stato in vita sua. Non provava più né odio né rancore nei confronti di nessuno. Nemmeno di Near. E il fatto che stesse lì a sorseggiare tranquillamente il tè ne era la prova. E il merito andava tutto a Mello.

“ Non pensavo che l’avrei mai detto, ma è stato bello parlare con te. Ora devo andare a scusarmi con Mello. Voglio dirli che ho finalmente imparato la lezione.”.

Mentre Light usciva, Near sorrise. E poi c’era ancora gente che non credeva ai miracoli!

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Capitolo 12
*** Ricordati di me ***


“Certo, certo, scuse accettate.”

Mello aveva appena finito si ascoltare le scuse di Light e ora stava ridendo. All’inizio aveva finto di essere offeso, aveva tenuto le braccia incrociate e mantenuto un’espressione torva. Poi, alla fine, era scoppiato a ridere. Light era davvero felice. Una parte di se continuava a ripetergli che si stava comportando da sciocco, ma ormai era solo una voce flebile, una goccia in mezzo al mare. Pian piano, quasi senza accorgersene era tornato la persona ottimista e fiduciosa che era stata prima di trovare il Death Note. Ora era felice che Mello non lo avesse usato, così la sua anima non era stata corrotta.

“Allora, cosa vuoi fare?” chiese, abbozzando un sorriso. “Usciamo?”

“Ti va una partita a scacchi?”

“Ti avviso che sono un genio.”

“Non quanto me.” Si vantò Mello, prendendo la scacchiera. “Dunque, dove andrai ora?” gli chiese, spostando avanti un pedone.

“Da nessuna parte… aspetta, vuoi dire che?”

“Esatto, tra poco ti restituirò il quaderno. Ho raggiunto il mio scopo.”

“Trasformarmi in una persona normale?”

“Quasi. Non penso che tu sia mai stato normale. Volevo solo riportare a galla il vero Light. Quello che amava la giustizia, la vera giustizia. Quello che eri prima di diventare Kira.”

“Quello che ero quando ho perso la memoria.”

“Sì. Scacco matto!”

“Accidenti, mi hai battuto.”.

Light piegò leggermente la testa di lato. In altre occasioni, si sarebbe infuriato. Lui non era un tipo che accettava facilmente le sconfitte. In altre occasioni, avrebbe fatto di tutto per vincere e avrebbe vinto. Ma quel Light ormai apparteneva a un'altra vita.

Alla fine arrivò il ventotto gennaio, ma quella data ormai a Light non faceva né caldo né freddo. Sapeva solo che quello era l’ultimo giorno che passava con Mello. Gli ultimi due giorni erano stati i più belli della sua vita. Aveva anche provato a convincere Mello a cambiare idea.

“Davvero, preferisco stare qui ancora un po’.”

Ma Mello aveva scosso la testa, continuando a ripetere che gli avrebbe restituito il quaderno. Come sempre gli aveva letto dentro il cuore. E così quel giorno si sarebbero separati. Un mese prima Light aveva atteso con ansia quel giorno. Ora avrebbe voluto che non fosse mai arrivato.

Si trovava nella stanza di Mello. Light era seduto sul letto, mentre i ragazzo stava armeggiando col Death Note,

“Ho quasi finito… fatto.” disse, stringendo nelle mani un foglio e porgendogli il quaderno.

“Terrai quel foglio per…”

“Per non dimenticare. Non voglio dimenticare.” Gridò Mello e, prima che Light potesse fare qualcosa, lo abbracciò.

“Ehi, non è successo niente. E anche se tu mi dimenticherai, io ti ricorderò sempre.”

Mello alzò gli occhi. “Davvero? È una promessa?”

“Promessa!”. rise Light.

“Quando sarai tornato nel tuo mondo voglio che tu mi uccida!” chiese all’improvviso Mello. Light lo guardò inorridito.

“Stai scherzando, vero?”

“No. Mi sono espresso male. Quando sarà arrivata la mia ora, voglio che tu ponga fine alla mia vita. Stringo con te questo patto, così sono certo che non mi dimenticherai.”.

Pronunciando quelle ultime parole, Mello si accucciò sul pavimento. Dio, come somigliava a suo padre. Per un attimo Light ricordò il giorno della sua morte. Sentì tutte la voci di quel fatidico giorno. “Ho vinto!” “Light hai perso” “Io sono un dio” “ Kira è un pazzo” “Posso ancora vincere” “E’ la fine, Light.” E tutto era diventato nero. “Light, tutto bene?”. Gli chiese Mello con voce preoccupata. Light annuì. Mello sorrise.

“Allora addio. Rinuncio a questo Deah Note. È stato bello incontrarti.” sussurrò Mello, mentre Light volava via nella notte stellata.

Appena Light se ne fu andato, Mello si sedette sul pavimento, gli occhi che bruciavano. Dalla cucina sua madre lo chiamò per la cena. Il ragazzo cercò di ricomporre la voce, poi scese. A tavola suo padre gli lanciò un’occhiata d’intesa.

“Se n’è andato?” sussurrò.

Mello annuì, stringendo convulsamente la pagina strappata del Death Note. Near gli scompigliò i capelli. Mello continuò a fissare la tovaglia e ad un tratto la vista gli si annebbiò. Stava piangendo. Grosse lacrime scivolavano lungo le guancie. Stava piangendo la perdita di un amico.

“A marzo devo andare a Tokyo, vuoi venire?”

“Certo.” Singhiozzò Mello.

TOKYO

Light Yagami

28-2-1986 28-1-2010

Mello fissò la tomba di Light. Era una tomba semplice, senza nessuna iscrizione. Sopra c’era adagiata una rosa ormai appassita. Mello si inginocchiò. Sinceramente, non sapeva cosa fare. Pregare, forse? Lasciare i fiori e andarsene. In fondo aveva perso un amico. Era una bella giornata primaverile e i ciliegi erano in fiore. Mello mormorò una preghiera, poi posò il mazzo di fiori sulla lapide.

“Ricordati di me!” mormorò.

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