Ti credo.

di Abuubu
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inizio di una nuova vita. ***
Capitolo 2: *** Vicini di... ***



Capitolo 1
*** L'inizio di una nuova vita. ***


                                                       Capitolo 1

 

 

In quel momento non potevo credere ai miei occhi. Il più bel ragazzo che avessi mai visto nei miei diciannove anni di vita si stava dirigendo con passo sicuro verso di me. Non sapevo chi fosse, ma subito desiderai fare la sua conoscenza, finché la voce della mia nuova amica Charlotte non mi costrinse a distogliere lo sguardo dalla figura del nuovo oggetto della mia fantasia.
<< Hey Cara, tutto a posto? >> mi disse con un tono proprio di chi la doveva sapere lunga. 
<< Beh diciamo che grazie allo spettacolo di poco fa, le fatiche della giornata si sono alleviate un bel po’… >>, feci l’occhiolino alla mia amica che ovviamente non ci mise più di un secondo a intendermi. 
<< Come ti capisco mia cara, alle nuove arrivate - ma più in generale a chi non è abituata a vederlo - fa questo effetto. Io lo chiamo “effetto-sbavo” >>, mi disse con un’aria seria per un momento e subito dopo cominciò a mimare lo sbavo delle ragazze poco distanti da noi che continuavano a fissarlo. Mi voltai anche io per vedere la sua figura che si allontanava e dissi a me stessa che Charlotte ci aveva preso: scatenava sicuramente un “ effetto-sbavo” degno di quel nome. Il suo fondoschiena come i muscoli delle spalle erano un opera d’arte. Sarebbe potuto essere il modello per una qualche scultura. Lo immaginai per un attimo nudo, in posa, pronto per essere osservato e riprodotto su un pezzo d’argilla, mmh… Oddio cosa stavo pensando? Ero forse una pervertita? Decisi di scrollarmi via dalla mente quei pensieri anche se la sua immagine non voleva scomparire del tutto. Cercai di cambiare argomento.
<< Allora che programmi abbiamo per stasera? >> chiesi a una Charlotte che in quel momento sgranò gli occhi come se in realtà le avessi chiesto di ballare la samba tutta nuda in mezzo al cortile del Campus.
<< Ma come… non mi chiedi nulla di lui? >>, mi chiese, con un tono come se in realtà non volesse altro che un mio “VIA!”, per partire in quarta con tutte le sue conoscenze sul ragazzo più bello della piccola cittadina di Chapelstown dove mi ero trasferita da una settimana. 
Io che me ne ero andata dalla mia città natale, per dimenticare il passato, per lasciarmi alle spalle la vecchia me stessa, adesso ero pronta a una nuova vita e il fatto che avessi già fatto la conoscenza di Charlotte, meglio conosciuta come Lottie, mi rincuorava. 
<< E va bene >>, dissi arrendendomi, anche se non mi dispiaceva poi tanto sapere di più su quel ragazzo, << mi arrendo. Chi era quel figo da paura? >> 
Lottie mi rivolse un sorriso d’intesa e cominciò a parlare.
<< Non vedevo l’ora che me lo chiedessi. Allooora… Si chiama Mason Mood ha vent’anni quasi ventuno ma frequenta il nostro stesso anno perché per problemi in famiglia è stato bocciato. Tutto il Campus sa che è un bel festaiolo e come di certo avrai notato tutte e dico TUTTE le ragazze gli sbavano dietro. Diciamo che non è conosciuto per mantenere una relazione con una ragazza per più di due settimane, ma a quanto pare a loro va bene così. Lui viene da queste parti come me quindi è conosciuto un po’ ovunque. Comunque non hai ancora visto il suo amico. Si chiama James - disse quel nome con un so che di sensuale -, molte dicono che non è all’altezza di Mason ma io ho una cotta per lui sin dalle medie>> 
Quella confessione mi intenerì e quando notai che era diventata paonazza anche solo a parlare per due secondi di questo James, mi si stampò un sorriso a trentadue denti in viso e l’abbracciai forte forte. Era troppo carina.
Quando ci staccammo dovetti sistemarmi i capelli ondulati e marroni nel berretto grigio di lana che portavo. Cavolo, in quella cittadina faceva davvero un freddo cane e non ci ero affatto abituata. Charlotte, capelli rossi e occhi azzurri era bellissima con la sua sciarpa verde intorno al collo. Era proprio su un’altro gradino rispetto a me e ai miei occhi e capelli marroni. Li consideravo troppo normali anche se in fondo avevo lavorato molto su me stessa per fare in modo che gli altri mi ritenessero normale e poter vivere una vita normale nel senso bello della parola. 
Arrivate alla mia macchina, una panda azzurrina, montammo sui sedili dirette verso il nostro appartamento, situato poco distante dal Campus dove praticamente la maggior parte delle stanze erano occupate da studenti della nostra stessa università. Lottie si era trasferita lì insieme a me proprio perché avevo bisogno di un coinquilino per dividere le spese e visto che lei voleva cominciare a rendersi più indipendente andando a vivere da sola, quando le proposi di venire a vivere con me, ne fu più che entusiasta; e anche io ne fui sollevata visto che essendo poco brava a socializzare, era un vero sollievo per me dividere la stanza con qualcuno che già conoscevo e con cui andavo d’accordo. 
<< Stasera finalmente riusciremo a stare un po’ calme a casa, eh?>> 
Quella sua affermazione mi fece notare che effettivamente da quando eravamo lì non eravamo riuscite a passare neanche una serata in modo tranquillo in casa. Con tutte le cose da fare - trovare un lavoretto per mantenerci, disfare i bagagli, svuotare gli scatoloni e altre cose di questo genere - non ci eravamo fermate un attimo. 
<< Già non vedo l’ora di rilassarmi sul divano con i nostri pigiamoni a guardare un film in tv con i nostri migliore amici… >> Ci scambiammo un’occhiata d’intesa e dopo due secondi gridammo all’unisona: << GELATO FRAGOLA E CIOCCOLATO YEEEE! >> 
Ci riguardammo e scoppiammo a ridere e cominciammo a cantare insieme la canzone che davano alla radio.
Arrivate a casa ci facemmo un doccia e come pianificato ci mettemmo i nostri pigiamoni: il mio era pieno di unicorni di tutti i colori e con su scritto “‘FANCULO LA REALTÀ, VOGLIO VIVERE UNA FAVOLA!”, mentre su quello di Lottie c’erano stampate tutte fette di pizza con la scritta al centro che diceva “ TI VA UNA PIZZA, SOLO IO E TE? ;)” . Ci sedemmo sul divano con la nostra amata vaschetta di gelato posata temporaneamente sul tavolino in legno situato di fronte al divano. Ci legammo i capelli appena lavati per non sporcarli di gelato. Io optai per delle trecce e Lottie per due codini alti. Ci guardammo. 
<< Siamo proprio due bambinone >> esordì Charlotte. 
Io feci spallucce << Che ci importa finché siamo noi due e poi non conosciamo ancora nessuno… >>
Lottie annuì col capo e i suoi codini si mossero insieme a lei. Con gli occhi chiusi disse << Sagge parole amica mia! >>.
In quel momento bussarono alla porta. << Tranquilla vado io. >> dissi alla mia amica che aveva già il suo cucchiaino in bocca. << Tu scegli il film >>. 
Andai alla porta e l’aprii tranquillamente senza pensarci nemmeno. Un grande, grandissimo errore da parte mia. Perché quando il mio cervello si rese conto di chi avevo davanti mi abbandonò lasciandomi praticamente senza l’uso della parola. Fissai quelle due figure statuarie che mi guardavano, anzi che guardavano i miei unicorni, ed io rimasi lì impalata con la bocca semiaperta. Finché uno dei due non parlò. 
<< Ah ma allora c’è qualcuno qui! Visto te l’avevo detto che non eravamo più soli. >> Disse rivolgendo l’ultima parte della frase al ragazzo al suo fianco.
<< Comunque piacere >>, continuò il ragazzo di fronte a me << io mi chiamo Mason, Mason Mood, molto piacere e lui è il mio coinquilino nonché migliore amico James Ross >>, terminò la sua presentazione facendomi l’occhiolino, e potei notare che aveva dei bellissimi occhi azzurri. 
<< Piacere. >> disse la voce profonda accanto a lui.
Mi ridestai distogliendo lo sguardo dai quei bellissimi occhi color cielo e mi sforzai di parlare << Ah, piacere mio io mi chiamo Cara Jones e mi sono trasferita qui da una settimana circa con la mia ami-… >> venni interrotta, << Hey Cara, ti sbrighi ho scelto il film ma il gelato si sta cominciando a sciogliere tutto quanto e lo sai che potrei finirmelo senza aspettarti… Ma chi è alla porta? >> 
All’improvviso mi si affiancò la mia amica dai capelli rossi guardando prima me e poi i nostri ospiti fermi sul ciglio della porta. Per un attimo riposò lo sguardo su di me, come se non si fosse resa conto di chi avevamo di fronte. Ma in meno di un nanosecondo rigirò la testa verso di loro rimanendo con il cucchiaino in mano all’altezza della bocca mezza aperta, e con il DVD di ‘The Avengers’ nell’altra. 
<< C-ciao io mi chiamo Char-… >>, << Charlotte Lane, lo sappiamo >> terminò James al posto suo con quei suoi ipnotizzanti occhi verdi. Ora capivo e non biasimavo Charlotte che aveva una cotta per lui sin dalle medie. << Hey amico, >> cominciò Mason << io sul cognome avevo qualche dubbio… >> finì rivolgendosi all’amico guardandolo di sottecchi con un sorrisino stampato in faccia. James a quelle parole arrossì leggermente in viso dando una gomitata nelle costole all’amico che dopo un << AHIA! >> cominciò a massaggiarsi il punto in cui era stato colpito, ma non doveva fargli davvero male perché smise due secondi dopo. Intanto Lottie era diventata paonazza e James per cambiare discorso cominciò a parlare.
<< M-m-mh >> si schiarì la voce, e non distogliendo neanche per un attimo lo sguardo dalla rossa accanto a me continuò << comunque bei pigiami, io adoro la pizza! >> e Mason continuò << Anche gli unicorni sono fantastici e vi assicuro che ci sono dei modi per far sembrare questa vita qualcosa di surreale, come una favola per il piacere che si può provare >> disse ammiccando verso di noi, riferendosi alla scritta sulla mia maglietta.
Sussultai a quelle parole e anch’io divenni rossa come un peperone. Si stava riferendo a quello vero? Al sesso. Oh, mio Dio. Non avevo ancora fatto nulla di quelle cose con un ragazzo ma spesso avevo pensato a come sarebbe stato e sentire una cosa del genere da un ragazzo come Mason, anche solo quello poteva ritenersi da favola. 
<< Bene ragazze adesso noi dobbiamo andare ma se vi serve qualcosa, qualsiasi cosa non preoccupatevi noi siamo nella stanza di fronte. Ci vediamo in giro. >> 
Detto questo ci salutarono e se ne tornarono nel loro appartamento. 
Quando chiudemmo la porta eravamo ancora senza parole, ci scambiammo uno sguardo, incredule.
<< Ma che cazz… >> se ne uscì Lottie.
<< Ci ho visto bene o è stato un sogno? >> dissi io.
Ci pizzicammo le guance a vicenda. << Ahia! >> gridammo e mettendoci le mani sulle nostre rispettive guance cominciammo a massaggiarle. << Oddio è tutto vero! >> 
Lottie salì in piedi sul divano e cominciò a saltarci sopra.
Io rimasi lì in piedi, impalata continuando a riflettere che come vicini avevamo due veri e propri adoni. Da lì sarebbe iniziata la nostra vita da studentesse universitarie.






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Salve a tutti! Ecco a voi il primo capitolo di "Ti credo.", ovvero la mia prima storia. Diciamo che sono molto inesperta come "scrittrice" per questo anche se è da un po' che sono qui EFP mi sono sempre limitata a leggere e mai a scrivere qualcosa. Per questa storia sia come genere e come scrittura mi sono inspirata a due scrittrici che adoro: J. Lynn e Jamie McGuire <3 Le adoro! Spero che questo primo capitolo non sia poi tanto penoso. Fatemi sapere cosa ne pensate lasciandomi un bel commento, con consigli e pareri e dicendomi se vale la pena scrivere il capitolo 2. 
Un bacio a tutti (^v^)/ <3

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Capitolo 2
*** Vicini di... ***


                                                                                CAPITOLO 2

 

 

 

*Cara&Mason*



Quando la mattina seguente mi svegliai, mi sentivo completamente calma e a mio agio nel mio bellissimo e caldissimo piumone. Questa calma paradisiaca durò fino al momento in cui non guardai il display del mio smartphone. << Cosa? >> Era più che tardi, era tardissimo, tra meno di trenta minuti mi sarei dovuta trovare in aula per la mia prima lezione dell’anno. Mi alzai e notai un post-it attaccato all’abat-jour poggiata sul mio comodino: “Io esco prima, ho delle faccende da sistemare in segreteria. Non fare tardi, per sicurezza ti ho impostato la sveglia sul cell, spero che tu la senta. Baci Lottie :*”  

Ma io ovviamente col cavolo che l’avevo sentita. Mi alzai di fretta e furia e imprecai mentalmente in tutte le lingue che conoscevo e che avevo studiato al liceo: italiano, inglese, francese e spagnolo. Più una, che sicuramente su la faccia di questa Terra non esisteva ancora, ma forse pensai avevo qualche specie di superpoteri e parlavo la lingua degli alieni. Ebbene sì io credevo negli alieni. Come è possibile mi ero sempre chiesta che noi che siamo qualcosa di così piccolo in qualcosa di così grande ed immenso, abbiamo la presunzione di pensare che siamo gli unici che esistano, i più intelligenti e così via. Pensavo che il genere umano fosse davvero sopravvalutato. Poi però pensai alla figura statuaria del ragazzo più bello del campus, nonché mio vicino di casa - OH YES! -, più che altro mi si stamparono nella mente quei suoi stupendi occhi azzurro cielo, contornati da delle stupende e folte ciglia marrone scuro quasi tendenti al nero e così anche i suoi capelli che davano l’idea di essere morbidi come la seta. Un po’ più corti ai lati e sul ciuffo un po’ più lunghi; la sera prima li portava abbassati sulla fronte in modo naturale e oserei dire divino. A scuola invece quel pomeriggio - quando lo avevo incrociato per la prima vota con Lottie -, li portava in modo più sbarazzino, spettinati come se qualcuno ci avesse infilato le mani dentro e li avesse arruffati tutti. Insomma come li chiamavamo io e Lottie: capelli da dopo-sesso

Non potevo dire lo stesso di miei di capelli… che più che da dopo sesso sembravano, come d’altronde anche il resto della mia faccia un aspetto da dopo-coma. Altro che sesso. - SIGH - 

Mentre mi lavavo il viso e cercavo di aggiustare quei capelli indomabili dove ogni tanto si presentava qualche boccolo tra i capelli marroni ondulati mi rivenne da pensare a Mason, ai suoi zigomi alti, le labbra carnose - Oh, cosa avrei fatto a quelle labbra… -, alla mascella squadrata e mascolina che su di lui era perfetta. Poi la mia mente scese come se la sua figura in ogni centimetro del suo corpo si fosse impressa a fuoco nella mia memoria,  pensando ai suoi pettorali e addominali scolpiti mi sentii avvampare come se il fuoco fosse anche in ogni parte del mio corpo. Uscita dal bagno, dopo essermi giusto truccata lievemente, afferrai nell’armadio la prima cosa che trovai: pescai un paio di skinny jeans e una maglioncino più largo di circa due taglie rispetto a quella che portavo, di un grigio chiaro ma morbidoso come un cucciolo di panda. Io adoravo due cose nei maglioni e nelle felpe. La larghezza e la morbidezza. Insomma mi ci dovevo accoccolare dentro. Anche per questo adoravo l’inverno perché potevo passare tutte le notti con il mio amore: il PIUMONE. Io non è che mi infilavo sotto le coperte, sin da piccola mi ci arrotolavo, tanto che i miei genitori dicevano che al mattino sembravo un salame.Un sorrisino mi spuntò sul viso al ricordo della mia infanzia, che per me finì a cinque anni: quando i miei divorziarono. All’inizio era stata dura da accettare anzi, diciamo che non ci riuscii affatto. La mia unica consolazione in quel periodo era il cibo. E così fu anche per gli anni successivi, insomma appena si presentava un problema mi rifugiavo nelle prelibatezze della cucina. Da lì, iniziai ad ingrassare e la mia vita non fu più la stessa. Diventai obesa, mi sentivo diversa, non mi trovavo più a mio agio con le mie amiche, che erano tutte magre e non importava cosa o quanto mangiassero erano sempre perfette. Per questo motivo e per le continue litigate tra i miei genitori, cadevo in depressione e allora mangiavo, così facendo però, ingrassavo ancora di più e quindi mi sentivo ancora più triste e da lì ripartiva questo orribile circolo vizioso. Gli anni passavano, le mie amiche diventavano più belle, cominciavano ad avere i loro primi fidanzati e a fare le prime esperienze, ma io non facevo parte di quel gruppo. Ogni anno che passava ero sempre più insicura, pensavo a quel che le persone potessero pensare di me, anche solo parlare con un ragazzo mi metteva in soggezione, odiavo tutto ciò, che tra l’altro mi creava un sacco di problemi anche a scuola, visto che anche durante le interrogazioni non riuscivo a parlare, tanto che mi venivano degli attacchi di panico. Andai da diversi psicologi ma niente, non facevano per me: non riuscivo ad aprirmi con nessuno. 

Decisi di scacciare quei pensieri dalla mente, perché non mi andava di rovinarmi la giornata appena iniziata, con dei brutti ricordi.

Arrivata all’università, trovai subito o quasi parcheggio - Oddio e come mai questa botta di fortuna, quando sotto l’aggettivo “sfigata", tra parentesi potevi leggere “meglio conosciuta come: Cara Jones.”?

Ma non volevo complicarmi più di tanto la vita, quindi ringraziai mentalmente la buonasorte e proseguii per la mia strada, pregandola di tenermi in considerazione un po’ più spesso.

Quando mi avvicinai all’aula, da lontano notai due figure in piedi che parlavano tra di loro a pochi passi dalla porta. Riconobbi subito la figura che mi dava le spalle: spalle larghe, scapole muscolose, fianchi stretti e gambe da paura, che quel suo stile da curato-trasandato era un piacere per gli occhi. Aveva il fisico di un vero sportivo e mi chiesi se Mason Mood praticasse qualche sport. Dentro di me sentii l’impulso di volerlo conoscere meglio, e tutto ciò si intensificò quando posai il mio sguardo sul suo fondoschiena. Diamine, ora capivo cosa intendessero i ragazzi quando dicevano di una ragazza che aveva un culo che parlava. Ebbene sì, anche il sedere del Signor Mood parlava, e diceva chiaro e tondo: “ Ragazze sbavatemi dietro perché so di avere un sedere più bello di molte di voi ;)” 

E aveva ragione santo cielo, era a forma di mela, da prendere a morsi, tutta la notte.

Mi ridestai da quei pensieri sconci, e passai accanto a Mason e al professore. Mentre entravo in aula, riuscii a captare un pezzetto della loro conversazione. Sì, senza tanti giri di parole: origliai. So che era scortese, ma ero troppo curiosa, non riuscii a trattenermi.

<< …Bentornato, Mason. Sono felice che tu sia di nuovo qui, e mi dispiace che tu l’anno scorso abbia perso l’anno, anche perché andavi bene, il problema erano le troppe assenze. Non potevamo fare altrimenti…>> disse il professore con aria dispiaciuta.

<< Ne sono consapevole, Prof. Bailey. Ma come lei saprà non avevo altra scelta, mia madre stava davvero troppo male, e aveva bisogno di me…>> , continuò Mason. 

Quelle parole mi rattristarono e sperai per lui che adesso la madre stesse bene.

Quando tutti fummo in classe, il professore e Mason entrarono in classe. Il Sig. Bailey, professore di lettere si diresse deciso verso la sua postazione. Mason invece restò per qualche secondo fermo sul ciglio della porta per scrutare i posti liberi, poi d’un tratto i nostri sguardi si incrociarono e un bellissimo sorriso gli si stampò sul viso, e alzò la mano in segno di saluto. Intanto con pochi passi aveva raggiunto il banco accanto al mio, << È libero? >>, guardai prima lui e poi il posto libero accanto al mio. << Sìsì, certo accomodati pure >> dissi un po’ impacciata, liberando la sedia al mio fianco dalla mia borsa. Arrossii e lui sembrò accorgersene perché si mise a ridere e disse << Tranquilla non ti mangio mica >>, << Tranquillo, non avevo dubbi >> pensai, con aria un po’ delusa guardandomi le mani appoggiate sulle ginocchia… Ma aspettate, io quella frase l’avevo pensata, giusto? E allora perché l’avevo sentita con le mie orecchie? No, non è possibile, avevo “pensato” ad alta voce? Perfetto, inventate il Premio Nobel per la figura di merda dell’anno e consegnatemelo, grazie. 

Mi portai le mani alla bocca, come per tapparla, diamine mi sarei messa un pezzo di adesivo sulla bocca e un sacchetto in testa per la vergogna. Avevo gli occhi strabuzzati e Mason mi guardò un attimo incredulo, subito dopo però la sua espressione cambiò, gli si alzò un angolo della bocca e il suo sguardo si fece seducente. Si piegò avvicinando la sua bocca al mio orecchio destro e mi sussurrò con voce suadente << Hey tesoro, se tu me lo permettessi io non avrei nessun problema a divorarti, fammi sapere solo quando >> sentii il suo fiato caldo sul collo e quando si alzò mi fece l’occhiolino con ancora quel suo sorrisino seducente stampato in faccia. Le mie mani caddero dal mio viso, mostrando la bocca che molto probabilmente formava una “O” perfetta… Appena rientrai in possesso delle mie facoltà mentali e motorie, chiusi la bocca e appoggiai le mani sul tavolo anche se dovevo essere rossa come un pomodoro. In tutto ciò Mason-divoratoredidonne-Mood accanto a me continuava a fissarmi e ad avere quello stupendo mezzo sorriso. << Quindi oltre che vicini di casa, anche vicini di banco eh? Chissà se non diventeremo vicini anche di qualcos’altro, no? >> rimasi incredula per la terza volta. Ogni volta che diceva qualcosa io rimanevo senza parole. Ma come faceva a dire quelle cose senza la minima vergogna? << Scusa? >> dissi, << Beh ci stiamo incontrando spesso ultimamente e a quanto pare ci vedremo spesso anche in futuro. >> 

<< Ah, sì >> non fui capace di dire altro.

<< Allora, come mai se qui? Studi per diventare…? >>, senza timore cominciò a chiedermi di me. Io fui abbastanza vaga nel rispondere, dissi solo che volevo allontanarmi un po’ da casa e provare a cavarmela da sola. Stavo studiando per diventare una maestra di scuole elementari, mi piacevano i bambini ma soprattutto volevo cercare di aiutare dei bambini ancora innocenti cercando di poter essere qualcuno d’aiuto per loro in un età in cui erano ancora fragili e semmai avessero avuto qualche problema come quando ero piccola io, avrei cercato di aiutarli.

<< È molto bello quello che hai detto e i tuoi progetti mi fanno intenerire come d’altronde m’intenerisci tu. Sai, sono davvero felice che una persona buona come te voglia fare l’educatrice. >> mi disse lui.

<< Come fai a sapere se sono una persona buona o meno? >>, gli chiesi curiosa.

<< Beh vedi, sono una persona molto perspicace e il 90% delle volte ci prendo. Diciamo che ho una specie di sesto senso: riesco a capire le persone a pelle. >> Il modo in cui disse quelle parole, mi fece correre un brivido lungo la schiena, ma fu piacevole.

Riuscii a rispondere solo con un << Capisco. >>

Il resto della lezione passò tranquilla, ogni tanto io e Mason scambiavamo qualche parola o lui faceva qualche schizzo sul suo block notes e mi strappava qualche risata. Ad un certo punto scrisse qualcosa “Sapevi di avere un sorriso stupendo?” , quando lo lessi guardai il mio compagno di banco e arrossii. Poi risposi: “Il mio sorriso potrebbe anche non essere malaccio, ma il tuo è davvero stupendo” leggendo quelle parole il suo sorriso si allargò ancora di più e mi disse sotto voce << Lo so >>, << Complimenti per la modestia Sig. Mood >> . Mason riprese a scrivere “Non sarò modesto ma non sopporto quelle persone che si nascondono dietro la modestia per ricevere ancora più complimenti per alterare il loro ego” , “Capisco cosa intendi Mason, allora mettiamola così: so di avere un bel viso ma sono anche cosciente del fatto di non avere nulla di particolare che possa far pensare che sono una bellezza mozzafiato”, e lui “Sai, c’è chi dice che la vera bellezza risieda nella semplicità, e io sono d’accordo ;)” a quelle parole fui capace di rispondere solo con un misero “Grazie.” ero troppo felice e quando lessi quelle parole il mio cuore mancò un battito per l’emozione. Mai nessuno mi aveva detto o scritto parole del genere.

Parlare con Mason era divertente: aveva un carattere spensierato e mi piaceva il suo modo di ragionare. Alla fine dell’ora scoprii che era figlio unico di una famiglia che da sempre aveva qualche problema finanziario ma dove l’amore nonostante le avversità non era mai mancato. La madre di Mason era di salute cagionevole ma quell’anno stava meglio, dopo una terapia a cui era stata sottoposta l’anno precedente (l’anno in Mason era stato bocciato) quando era stata molto male, ma fortunatamente adesso stava facendo effetto e i progressi si notavano. Il padre di lui era un gran lavoratore e se si trattava di lavori manuali non c’era niente che lui non sapesse fare. In quel momento mi venne in mente mio padre, anche lui molto bravo in quel tipo di lavori. Mi mancava. Quella sera avrei dovuto chiamare lui e anche la mamma.

Mi sorprese il fatto che Mason si aprì tanto facilmente con me raccontandomi di lui e della sua famiglia ma decisi di non farci troppo caso. 

Quando la lezione terminò e quasi tutti gli studenti erano già fuori dall’aula il professore bloccò me e Mason dicendoci: << Signorina Jones, so che lei è nuova da queste parti se ha bisogno di qualsiasi cosa non esiti a farmelo sapere, mi raccomando. >>, << La ringrazio Sig. Bailey. >> risposi. Era davvero gentile da parte sua.

<<  Ah, giusto. Ho notato che lei e Mason siete amici giusto? Quindi sono sicuro che può chiedere anche a Mason in caso di necessità. Giusto Mason? >> finì la frase guardando il ragazzo al mio fianco, il quale si voltò verso di me sorridendo. << Ovviamente, non farti scrupoli, dolcezza. Per qualsiasi cosa sono a due passi da casa tua. Letteralmente. >> , << Ah sì, ti ringrazio, davvero. >> 

Non potevo crederci mi aveva chiamata “dolcezza”? E per di più di fronte al nostro professore? Oh, mio Dio. L’autostima e la sicurezza di questo ragazzo mi avrebbe uccisa molto presto. Ma a dire il vero ne fui felice e quando ce ne andammo io avevo un sorriso stampato in faccia. Adoravo quel ragazzo, e poi a quanto pare eravamo amici. Chissà cosa mi aspettava in futuro… 

 

 

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Salve a tutti! <3 Eccoci con il capitolo 2. Il primo capitolo è decisamente più facile da scrivere rispetto a quelli che lo seguono. Spero che non sia tanto malaccio anche se mi sono resa conto che era praticamente impossibile dedicarmi ogni capitolo a tutti e quattro i protagonisti contemporaneamente... Quindi nel capitolo 3 (se lo vorrete) mi concentrerò su Lottie e James. Fatemi sapere cosa ne pensate con un bel commento! E se avete qualche consiglio da darmi fatevi avanti. Un bacione a presto :* 

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