A Love Like War

di soulofthemusic
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I. You Want A Battle? (Here's A War) ***
Capitolo 2: *** II. Now / The Pretender ***



Capitolo 1
*** I. You Want A Battle? (Here's A War) ***


|| Salve lettori! Magari c'è qualcuno che già mi conosce per l'altra storia che stavo scrivendo -Chrysalis Of Pain - perciò mi scuso di essere mancata così tanto tempo e non aver più aggiornato, chiedo perdono ç.ç
Per quanto riguarda questa storia dovrei riuscire a aggiornare ogni 2 settimane se tutto va bene, ma prima voglio vedere se piace perciò fatemi sapere cosa ne pensate perfavore!! :D Ogni capitolo inoltre sarà intitolato con il titolo di una canzone che rispecchia la tematica o l'atmosfera del capitolo, se vorrete ascoltarle mentre leggete e dirmi cosa ne pensate ne sarei lieta :D Ok, non mi dilungo oltre, buona lettura e al prossimo capitolo :*
Maddy ||


 
I.
You want a battle? (Here’s a war!) - Bullet for my Valentine.

 
Gli occhi sono lo specchio dell’anima, questo aveva letto in migliaia di libri, aveva sentito dire da migliaia di adolescenti rintronati dalle favole che avevano sentito fin da piccoli. Eppure lui si chiedeva, se quella frase era considerata così reale, perché nessuno aveva mai capito tutto l’odio, la frustrazione, il degrado che aveva dentro. 
Nonostante lui sentisse il germe maligno crescere dentro di sé nessun altro sembrava notarlo, chi gli passava accanto non si soffermava neppure a guardarlo, era sempre stato considerato un essere indegno di attenzioni e lui pian piano ci si era abituato.
Non aveva un padre, non aveva una madre, nessuno in tutta la sua vita gli aveva voluto bene, ma era riuscito ad andare avanti senza mai esplodere, accumulando tutto ciò che considerava incontrollabile dentro di sé. 
Aveva una teoria a proposito; sentiva che il suo cuore non era come tutti gli altri, che non era né rosso né della stessa misura del suo pugno: ogni giorno che passava lo sentiva annerirsi e rimpicciolirsi. Era diventato un granello in quel corpo così muscoloso.
Arrivato in quella che la società definiva “casa” e che lui considerava un semplice edificio di tortura psicologica salì le scale ricoperte debolmente da alcuni fasci di luce scappati al tramonto. Il cielo in quell’abitazione era difficile da scorgere: le finestre erano scarse e quelle che c’erano facevano penetrare solo piccole quantità di sole per via delle dimensioni. Non era sua quella casa, niente all’interno gli apparteneva, non sentiva affetto per niente e nessuno che avesse a che fare con quell’edificio buio. Aprì piano la porta della “sua” camera per non far rumore, ma quando entrò trovò l’uomo che più odiava al mondo steso sul suo letto, a braccia conserte.
«Sei arrivato, bene.» No, non era preoccupazione la sua, era semplice stizza. Si alzò in piedi, gli fremevano le mani. «Voglio i miei soldi.» 
Ogni giorno, ogni maledetto giorno le stesse parole che si trasformavano in una banale e comune scusa per menare le mani. Suo padre l’aveva lasciato nelle mani di quell’uomo quando aveva circa 12 anni, un’età a cui poteva già lavorare in alcuni ristoranti svolgendo lavoretti manuali. L’obiettivo era procurarsi il minimo indispensabile per poter restare nel luogo in cui suo padre l’aveva abbandonato. “Il Tiranno”, così aveva soprannominato l’uomo che aveva preteso di aver cura di lui e che invece lo picchiava almeno cinque volte a settimana perché non aveva soldi da dargli. Lavorava in un’officina nell’ultimo periodo, ritagliandosi poi il tempo per servire ai tavoli di una tavola calda aperta solo di sera. I soldi erano pochi nonostante venisse pagato alla settimana in entrambi i suoi impieghi e le ripercosse del Tiranno sempre affamato di denaro non si facevano attendere. Era paradossale la situazione: Connor era muscoloso, aveva passato anni ad allenarsi per poter resistere meglio ai colpi del suo aguzzino quotidiano, ma nonostante la sua determinazione non era mai riuscito a trovare la forza di reagire. 
Quella sera era diverso, tutta la tensione accumulata a causa degli ordini del meccanico che lo considerava un inetto e delle lamentele ricevute dai clienti l'avevano portato al limite della sopportazione. Il suo viso era una maschera impenetrabile ma sentiva il tutto ribollirgli nelle vene e senza rendersene conto strinse i pugni finchè le unghie non si conficcarono nella carne e il sangue non cominciò a scorrere a gocce lungo le sue dita.
« Cosa pensi di fare ragazzino? Commuovermi? » esclamò il Tiranno furente. Connor lo dava per scontato: non conosceva nemmeno il suo nome, l'aveva sempre chiamato "ragazzino" e d'altronde cosa potrebbe importare a una persona come lui di chiedere il nome a chi usava per sfogare tutti i suoi problemi con l'alcol? Nulla, era sempre stato considerato come un cuscino che attutisce tutti i colpi senza mai deturparsi e si era abituato all'idea. Nonostante ciò in quel preciso momento sentiva una forza che gli era estranea crescere dentro di sè e non si sentiva di certo in grado di poterla controllare, non lo voleva nemmeno.
In nome di tutto ciò che stava provando quando l'uomo che aveva di fronte a sè scattò in avanti caricando il colpo che avrebbe dovuto arrivare alla sua mascella, lui si mosse repentinamente in laterale uscendo dalla sua traiettoria e lo colpì allo stomaco con la stessa mano che stava sanguinando.
Il suo avversario cadde a terra con un lamento, coprendosi con le mani il punto in cui Connor aveva sferrato il pugno. Quando poi i suoi occhi ricaddero sul ragazzo l'aria di vendetta del Tiranno si spense immediatamente lasciando il posto al terrore, quello che si prova quando la consapevolezza di non avere via d'uscita afferra per la gola impedendo qualsiasi movimento. Un animale in trappola di fronte al cacciatore.
Connor sentì un leggero odore d'incenso, fatto strano poichè nella sua camera non ce n'era mai stato, né acceso né spento. Guardo in giù, sul pavimento. Le sue gocce di sangue continuavano a scendere e ogni volta che una di esse entrava a contatto con la moquette del pavimento avveniva una piccola combustione. A quanto pare la sostanza rossa che gli scorreva nelle vene era diventata acido e il suo organismo una lega resistente alla corrosione.
Il corpo del Tiranno si stava corrodendo, ecco perchè era così spaventato! Aveva ucciso il suo aguzzino nel più cruento dei modi e senza premeditare nulla. La paura strisciò dal corpo in fin di vita riverso a terra per arrivare avida verso il ragazzo in piedi. Che cosa aveva fatto? Come aveva fatto a realizzarlo?!? 
Si voltò e andò a posizionarsi davanti allo specchio, studiò il suo aspetto. Sembrava che fosse tutto nella norma, tutto tranne i suoi occhi che erano diventati rosso rubino. Più il cadavere della sua vittima veniva divorato dal suo sangue, più i suoi occhi splendevano. Era uno spettacolo cruento, ma non poteva fare a meno di provare un senso di soddisfazione: era libero.
Un problema era risolto, ma mille si presentavano sul sipario che si apriva davanti al giovane: come diavolo aveva fatto? Che cos'era diventato, o meglio, cos'era sempre stato? Cosa avrebbe fatto?
In quel momento non era più legato a nulla, perciò cominciò a mettere alcune cose sul lenzuolo che copriva il letto: in maggior parte vestiti e alcuni utensili per ciò che aveva in mente. Unì i 4 angoli del tessuto e si mise il tutto in spalla.
Passando per la cucina prese dal ceppo il coltello più grande e quello più piccolo che inserì nel suo zaino improvvisato.
Uscito dalla casa Connor diresse lo sguardo verso quella che sarebbe stata la sua nuova abitazione: avrebbe vissuto nella natura, avrebbe imparato a sopravvivere tra gli animali così come aveva fatto tra gli uomini e nessuno avrebbe mai più cercato di incatenarlo. Aveva la possibilità di fare ciò che agognava da tanto tempo, era giunto il suo momento.
La sua nuova casa lo aspettava.

 

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Capitolo 2
*** II. Now / The Pretender ***


II.
Now - Paramore


Respirò l'aria a pieni polmoni, era fresca, pulita, non c'era più odore di stantio e chiuso, di ruggine e ferro nei suoi polmoni. Era scappato dalla gabbia, aveva perso così tante battaglie nella vita che si era quasi arreso, ma adesso aveva vinto una guerra. O almeno era così che si sentiva.
Il territorio che si stagliava davanti a lui era colmo di alberi, un bosco sconfinato che prometteva libertà con ogni sua foglia. Tutto quello che per il momento quegli alberi avevano da offrire a Connor era il verde della speranza, la rinascita a una nuova vita in cui ambientarsi. Sentiva ogni cellula del suo corpo ridestarsi dall'intorpidimento in cui era caduto negli ultimi diciannove anni, la determinazione era qualcosa che non aveva mai provato, ma adesso che questa si stava impossessando di lui gli piaceva. Aveva uno scopo, qualcosa per cui combattere veramente, la sua esistenza era più piena che mai.
Camminava con calma, non aveva più nulla per cui affrettarsi, avrebbe potuto rispettare i suoi tempi da quel momento e il gusto degli anni a venire era così dolce che bastava a dargli nuova energia per altri passi verso l'ignoto.
Quando mancava poco al calare del sole si fermò in un piccolo spazio tra gli alberi, mangiò il panino che si era portato appresso e riflettè: avrebbe dovuto dormire su un albero o sarebbe stato meglio accendere un fuoco e giacere sul terreno? Optò per la seconda ipotesi poichè sugli alberi non era abituato a stare e aveva paura di cadere nella notte venendo assalito dagli animali selvatici.
Era stato difficile prendere sonno, i rumori degli animali, di rami che si spezzavano e il fischio del vento non gli facevano incontrare le braccia di Morfeo. Era abituato a una pace relativa, ma quella continua guerra per la sopravvivenza era la sua nuova famiglia e si sarebbe abituato in fretta.
Il giorno dopo Connor cominciò a perlustrare la zona intorno a dove si era insediato, voleva controllare se c'era acqua, un posto più sicuro per dormire o semplicemente un nido d'uccelli con delle uova succulente.
Fece molta attenzione a non far rumore, cercò di istaurare un'affinità con quella natura che l'aveva adottato. 
Ad un tratto sentì un guaito.
Non era qualcosa che incuteva timore, ma anzi muoveva a compassione. Doveva esserci un animale ferito nei dintorni e il ragazzo avrebbe potuto approfittarne per avere qualcosa da mettere sotto i denti. Cautamente, senza muovere troppi rami arrivò alla fonte dei rumori e l'orrore gli gelò il cuore.
I guaiti che aveva sentito non erano di un animale ferito, erano di un cucciolo. Vicino a lui il corpo di sua madre giaceva esanime, la lupa aveva il corpo stremato, ricoperto di ferite. Il cucciolo le mordeva le orecchie, spingeva il corpo senza vita con la sua testolina cercando di svegliare la madre. Aveva speranza, quello che Connor aveva perso da molto tempo.
Il ragazzo all'inizio non seppe come comportarsi, non riusciva a decidere qual'era la cosa giusta da fare. Tuttavia dopo il momento di indecisione cominciò a scavare a mani nude una buca nel terreno con il lupacchiotto al suo fianco che muoveva piccole quantità di terra nell'intento, forse, di aiutarlo.
Connor prese il corpo del lupo tra le braccia e con delicatezza lo posò nella madre Terra. Lei dava la vita ed era pronta a riaccogliere ogni suo figlio al momento della morte. Lei era l'inizio e la fine, crudele e giusta. 
Il ragazzo e il cucciolo restarono a contemplare il corpo, quasi a glorificarlo, il primo chiedendosi cosa fosse successo e il secondo perdendo ogni speranza di vedere sua madre muoversi. Dopo alcuni minuti che sembrarono un'eternità i due cominciarono a coprire il corpo con la terra. Con il gusto del dolore in bocca e l'odore della mancanza nell'aria Connor iniziò ad allontarsi mentre tra i suoi piedi un piccolo cucciolo aveva ritrovato la speranza di un'infanzia al sicuro.

 
II.I
The Pretender - Foo Fighters 

Respirava a fatica tra i cuscini che ormai, a causa delle sue lacrime, erano diventati freddi e bagnati. Purtroppo il suo corpo non sentiva più nessun tipo di calore, tutta la vita che aveva dentro se n'era andata, o per meglio dire le era stata strappata da quella che era sempre stata la sua famiglia. 
Ambrosia era una ragazza bellissima, e forse era proprio questo il suo difetto più grande. Quando in una famiglia dell'alta nobiltà scozzese nasceva una bambina con i capelli biondissimi, quasi bianchi e gli occhi verdi tutti avevano delle grandi aspettative da lei. Naturalmente prima fra tutti coloro che si aspettavano una certa crescita e portamento consono dalla ragazza c'era la sua famiglia, peccato che questa non avessei mai usato il senso dell'udito per ascoltare una sola parola di ciò che la figlia diceva. Tutto quello che Ambrosia aveva sempre bramato era stata un po' di attenzione, nulla di più, ma aveva chiesto troppo perchè il suo desiderio non era mai stato ascoltato da nessuno.
Nemmeno la scelta del suo compagno non le era spettata, i suoi genitori insieme a suo fratello avevano scelto per lei un ragazzo ricco e snob che non aveva mai visto prima, discendente di non si sa quale casata. Peccato che quel giovane aitante le avesse strappato ciò che lei aveva di più prezioso da offrire ad un uomo: la sua veriginità.
Era stato il loro primo incontro. Non si erano mai incontrati prima, ma questo non aveva impedito a lui di prenderla contro la sua volontà, tappandole la bocca con una cravatta rossa di cui non avrebbe mai dimenticato l'orribile odore. Era stato crudele, malvagio, doloroso. Eppure, quando aveva cercato di parlarne con la sua famiglia nessuno l'aveva creduta, le avevano dato della bugiarda e insultata nonostante lei fosse arrivata da loro con il cuore in mano e la vergogna dipinta sul viso. Pensavano fosse solo un suo capriccio, che fingesse perchè Lewis non le piaceva. A nessuno era saltato in testa che lei stesse dicendo la verità, che Lewis fosse un moccioso viziato  che andava in giro a stuprare tutte le donne che conosceva. Lui la faceva franca per il suo sesso e il suo lignaggio.
Mentre piangeva lacrime amare Ambrosia sentì la porta della sua camera aprirsi, vide uno dei servitori della casa procedere verso di lei con un lungo coltello nella mano.
«Perché?» chiese la ragazza con voce rotta. «Perchè?» ripetè. Non ottenne risposta, l'uomo non sembrava nemmeno valutare l'idea di fermarsi. Volevano punirla, non le credevano, pensavano avesse mentito. 
Non appena il coltello si mosse verso il suo petto lei lo fermò con le mani nude, sentì la lama trafiggere la pelle mordiba e delicata, il sangue cominciare a sgorgare. Era concentrata sul coltello, lo tratteneva con tutta la forza di cui era capace, il suo senso di sopravvivenza comandava il suo corpo.
Spostò lo sguardo sull'uomo che non appena incontrò i suoi occhi si spaventò. La sua bocca era spalancata, sembrava avesse visto un fantasma o un mostro. Il coltello gli sfuggì dalle mani, rimase nelle mani di Ambrosia mentre lui camminava lentamente all'indietro ancora nel panico, e non appena fu vicino alla porta si voltò e con uno scatto felino si allontanò dalla camera.
Ambrosia non capiva cosa stesse succedendo, se quella era davvero una punizione il servitore sarebbe dovuto arrivare fino in fondo senza fermarsi. Lei avrebbe dovuto portare il segno del suo errore per ricordarsene ogni volta l'avesse visto.
Si voltò verso lo specchio, era la stessa ragazza di sempre: capelli lunghi e biondi, bocca piccola con labbra carnose, naso all'insù, ma gli occhi.. i suoi occhi non erano più del colore dello smeraldo. Erano ametista, profondi e privi di qualsiasi emozione. Non leggeva nulla sul suo volto, nemmeno un po' di sorpresa o shock, non tradiva nemmeno le lacrime che aveva versato poco prima o la paura del coltello che in quel momento era a terra. Si guardò le mani: non sanguinavano più, anche se la ferita che si era procurata sembrava che non si sarebbe rimarginata nemmeno in una settimana. Non c'era nessun segno sulla sua pelle, nessuna punizione, nessun ricordo. Qualcuno le aveva concesso una grazia che lei sentiva di meritare.

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Angolo scrittrice:
Questo capitolo avrebbe dovuto uscire ieri, assieme al nuovo di Chrysalis Of Pain. Vi chiedo immensamente scusa ma sono in ballo con i test di ammissione per l'università e sto completamente perdendo la ragione ç.ç Questo capitolo l'ho scritto ieri notte per poter  pubblicare. Quello di Chrysalis Of Pain arriva domani (se sto su anche questa notte a finirlo) o altrimenti dopo l'esame ( 4 Settembre). Scusatemi ancora, ma faccio tutto il possibile.
Grazie mille a chi ha letto e recensito il capitolo precedente, fatemi sapere cosa ne pensate di questo, mi farebbe enormemente piacere. Mi scuso in caso non abbia risposto ad alcuni messaggi ma sono mooolto impegnata.
Grazie a tutti, al prossimo  capitolo (15 Settembre).

 
Maddy

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