Simon Grace e il Grande Gelo

di soldierofmymind
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 01 ***
Capitolo 3: *** 02 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


~~13 ANNI PRIMA

Madre e figlio erano in spiaggia, con la brezza che accarezzava il volto di entrambi. Il sole splendeva alto nel cielo... Ma chi vogliamo prendere in giro? Certo, era una bella giornata, ma la Ice non era dell'umore adatto per le smancerie mattutine; si limitava soltanto a stringere la mano del figloletto, come se ne andasse della sua stessa vita.

- Mamma, poi lo prendiamo il gelato? -

La voce del bambino era così dolce, che la ragazza ebbe una fitta al cuore. Socchiuse gli occhi, per evitare che le lacrime le inondassero il volto. Suo figlio era così simile a lui... così simile da far male.

- Certo, piccolo mio. -

Disse, senza che la sua voce fosse fredda. Gli strinse la mano, per poi prenderlo in braccio: suo figlio era così leggero, così delicato. No, quel bambino non era così. Maria lo sapeva benissimo, ne era consapevole. Lo strinse forte a sè, bagnando leggeremente la maglietta del bambino con le sue lacrime.Il bambino si allontanò leggermente da lei, guardandola.

- Perchè piangi mamma? -

La ragazza si perse negli occhioni grigi del figlio, grigi come i suoi, con la mano pallida gli accarezzò i riccioli biondi, poi sfregò il naso con il suo.

- Perchè piangi, Fiocco? -

Fiocco. La ragazza digrignò i denti: non sentiva quel soprannome da quasi cinque anni, il soprannome che aveva inventato lui. Quasi come se fosse uno scherzo del destino, le sue lacrime presero a scorrere più velocemente sulle sue guance. Mise il bambino a terra, asciugandosi le lacrime. Si era promessa, molti anni addietro, di non piangere mai più, eppure le capitava di versare qualche lacrima solo per suo figlio, il suo piccolo Ghiacciolino. Sorrise al bambino.

- Vai a giocare, amore -

- Mamma... - il bambino indicò col ditino il ragazzo dietro di lei - chi è? -

- Sono un amico di mamma, piccolo. - rispose il ragazzo per lei, sorridendo al bambino - non hai sentito quello che ti ha detto la mamma? Dai, sei al mare, il sole splende... Perchè non raccogli un paio di conchiglie per la mamma? -

Maria chiuse gli occhi. Sentiva la sua presenza dietro di lei, appena dietro le sue spalle. La mano di lui le afferrò il polso, ma dato che lei non regiva pensò bene di stringerla in un abbraccio. Quel gesto mandò la figlia di Chione nell' Elisio, ma fu anche abbastanza per mandarla nei Campi della Pena. Le bruciavano le braccia quando lui la strinse. Appena il bambino fu sul bagnasciuga, la ragazza scoppiò a piangere.

- Perchè sei qui? Non sei tornato per restare vero, Jason? Quanto ancora mi farai soffrire? -

- Qualcuno mi ha detto che ho un figlio. Perchè non me ne hai mai parlato? -Disse, come suo solito in tono forse distaccato in contrasto con il suo abbraccio, stringendola forte. Mille piccoli brividi di piacere colpirono la ragazza.

- Avevo paura che tu me lo portassi via.. Non sai niente di lui, non metterti a fare il padre proprio ora! - sbottò lei, allontanandosi.

- Maria... - Jason fece una pausa,con il sole che picchiava sui capelli biondi - non me lo voglio portar via - disse stancamente - ho già due figlie...

Fu interrotto bruscamente da Maria che si voltò repentinamente: i suoi capelli biondi, chiarissimi, le ricadevano in ciocche scomposte sulle guance; gli occhi grigi come la neve sporca che sembravano mandar lampi - Piper? - chiese digrgnando i denti. Ma la sua più che una domanda, era una semplice costatazione e Jason non potè far altro che annuire.

- Vattene. - sibilò lei - esci dalla mia vita! -

- Simon è la mia copia.. - sussurrò lui

- Può darsi. - disse la ragazza rivolgendo uno sguardo al figlio che stava giocando con le conchiglie e canticchiava una canzoncina - ma non lo saprai mai con certezza.. Ti prego, non portarmelo via... - la ragazza scoppiò in un pianto disperato.

- Non te lo porterò via - Jason si passò una mano frai capelli - ma quando sarà più grande, voglio che... Deve andare al campo mezzosangue, deve conoscermi... Deve. lo capisci? -

Maria annuì in risposta; poi andò dal suo bambino. Il piccolo Simon le corse incontro e dalla sua altezza dei cinque anni le mostrò le mani piene di conchiglie bianche.

- Sono bellissime, amore! - disse lei sorridendo dolcemente.

- La mamma ha ragione - annuì Jason - però... - e qui sorrise con curiosità, inginocchiandosi alla sua altezza - come ti chiami?

Il bambino sorrise, mostrando la finestralla tra gli incisivi.- Mi chiamo Simon, Simon Grace. -

Jason si voltò verso Maria, guardandola scovolto: mai immaginava che quella ragazza potesse amare entrambi così tanto da dare il suo cognome al loro bambino.Poi, però, si chinò sul piccolo Simon dandogli un bacio sulla fronte e mettendogli tra le mani la collana con l'aquila e la scritta SPQR. Si voltò verso la ragazza, dandole un leggero bacio sulla guancia, prima di andarsene dalla loro vita...Simon guardò la madre, che era sempre più triste, ed infine la collana.

- Mamma però non mi hai comprato il gelato. -

 

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Capitolo 2
*** 01 ***


~~Novembre.
Giorno 1, settimana 1

Non andate mai nelle scuole inglesi. Non fatelo... Potreste ritrovarvi vostro zio come professore di biologia, magari con un piacere malsano nel mettervi in difficoltà. Zio Step è (per mia sfortuna) così.

- Signor Grace, sa dirmi la corretta definizione di legame covalente? -

- Uh? - la risposta mi uscì involontaria, anche perchè non stavo ascoltando.

Io non ascolto mai le lezioni, sono piuttosto noiose per un ragazzo iperattivo, anche se sono il più bravo della classe in latino. Ma questa, sfortunatamente per il sottoscritto, è l'ora di biologia. E ,ovviamente, partirono i cori di risate.

- Scusi professore, ma io non sono molto bravo in chimica - buttai lì abbastanza timidamente.

- Sei come tua madre... - bobbortò mio zio, muovendo appena la testa - Allora c'è qualcuno che lo sa?

Da lì in poi non ascoltai la lezione. Mi portai una mano al nodo della cravatta rossa e blu, allentandola. Mi sentivo le dita fredde, intorpide... Non mi capitava molto spesso, ma, a volte, ero sicuro di trovare una leggera lamina di ghiaccio a forma di fulmine, sul palmo. Non l'avevo mai detto a mia madre o allo zio.

- Pssss -

Un leggero sussurrio mi riportò alla realtà e mi voltai, seguendo la direzione del sussurro; sapevo già chi mi stava chiamando. Grace, bella come sempre, i capelli castani lasciati sciolti, i grandi occhi dorati che mi fissavano divertita. La divisa sclastica le stava male rendendola più.. Non riuscivo neanche a trovare le parole giuste. Si allungò sul banco, tendendomi la mano: c'era un bigliettino.Lo presi e me lo misi in tasca, stando attento a non farmi vedere dallo zio. Mi accorsi di una scintilla di elettricità vicino alle prese del computer.

Aprii il bigliettino: la scrittura non era per nulla ordinta e precisa, anzi sembravano una fitta rete di scarabocchi, ma, dopo poco, riuscii a capirci qualcosa; in risposta alla sua domanda, mi voltai e le sorrisi.

- Signorino Grace! -

Il mio sorriso divenne una smorfia.

- Si volti, prego. -

Quanto odio mio zio.

- Simon. -

Mio malgrado mi voltai, con un finta smorfia di dolore dipinta sul volto.

- Signorina Withehead? - continuò il professore rivolto alla mia amica.

- Si professore? -

La sua voce in quel momento era parecchio squillante e di sicuro era arrossita, e in questo aveva preso dalla madre. Teresa Collins era una simpatica donna di trentacinque anni, dai capelli biondi come il miele e gli occhi dorati; mi ricordo che quando ero più piccolo mi dava sempre le caramelle (a forma di sirena, centauro, minotauro, pegaso e fauno ), allora mia madre la guardava malamante e lei arrossiva imbarzzata fio alla punta delle orecchie.Mia mamma non va molto d'accordo con Teresa: spesso litigano quando Tessa parla dei vecchi tempi al Campo, e quando lo fa, mia mamma si alza in piedi, stringe i pugni, e con tono freddo e distaccatto dice che ce ne dobbiamo andare via; Hansel, il marito di Tessa, sopporta poco sia mia madre che mio zio. Io non ho ancora capito perchè. Ma, spesso, Tessa dice, con tono fermo come quello di un avvocato, che i segreti verranno a galla, così come le bugie. Non ho mai saputo cosa volesse dire, con quella frase.

Intanto, il professore aveva appena finito di dire qualcosa.

- Cosa? -

Chiesi, leggermente spaesato e confuso. Le risate sopraggiunsero ancora prima della risposta. Delle risate sguaite, che ti facevano venir voglia di piangere. Una lacrima, fredda come la neve, mi attraversò le guance e mi affrettai a farla scomparire.

- Amnesia, Grace? -

Sapevo che non si rifereva alla mia migliore amica, ma la domanda di qualche povero idiota, mi fece arrabbiare.Mi arrabbiavo poco, e quando lo facevo non lasciavo che le emozioni trapelassero sul mio volto, così mi paragonavano ad una maschera di ghiaccio, fredda e silente, senza emozioni. Ma fu quella parola "amnesia" a far scattare qualcosa nel mio corpo.

Una rabbia sorda.Una scintilla che scatta.La luce che sfrigola.Il nero più totale.

Non so cosa era successo, ma tutte le risate si spensero, come se si spegnesse la luce di un interruttore. Gli occhi dorati di Grace riuscivano a fissarmi famelica, come un gatto che, una volta trovata la sua preda, non aspetta altro per mangiarsela.Si sentì un coro di bisbigli. Grace, con un movimento fluente e veloce si sedette sulle mie gambe, dato che spostare un Balthasard (più comunemente noto come Bart ) addormentato non era nella lista delle cose preferite di Grace, lasciai pure che mi mettesse un braccio attorno alle spalle. Avvicinò le sue labbra al mio orecchio e sentii il suo alito caldo pizzicarmi l'orecchio.

- Hai i capelli pieni di neve. -

Poco dopo, con gli stessi movimenti silenziosi da gatta, ritornò al suo posto.Sentivo lo sguardo di qualcuno puntato sulla mia schiena, così mi voltai, cercando di scacciare quella spiacevole sensazione; incontrai lo sguardo di mio zio che mi fissava, scrutandomi. Mi passai una mano trai capelli e trovai dei piccoli fiocchi di neve; immediatamente, e con molto spavento, indossai il cappuccio della felpa.

- Grace, Withehead - disse mio zio, freddamente - vi voglio fuori dalla stanza tra dieci minuti. Dobbiamo parlare. -

E perentoria, a segnare il nostro destino, suonò la campanella di fine lezione: presto tutta la scuola sarebbe rimasta deserta, mentre io e Grace, saremmo rimasti a parlare con mio zio.Sbuffando, sbattei la testa contro il banco più e più volte, frustrato.

 

                                                                                              * * *

- Simon - lo zio spostò il suo sguardo nei miei occhi - Grace - ora guardò la mia amica -dobbiamo parlare. -

Io deglutii sonoramente.- Lo dirai alla mamma, zio? -

Lui mi guardò con i suoi grandi occhi color acquamarina. Non sembrava facile essere il gemello di Maria, soprattutto per zio Stephen: lui è molto gentile (tranne quando è in classe), riservato e cerca sempre di proteggere la mamma. Solo che, in quel momento, i suoi occhi sembravano sofferenti, quasi come devessi dire un qualcosa di proibito.

- No - disse stancamente - lei non vuole che io ne parli. Ma devo. Lo devo ai tuoi genitori Grace e a tuo padre, Simon. Tua madre la deve smettere con le smanie di protezionismo. -

Questa frase mi lasciò senza parole. Mia madre quindi... mi stava proteggendo da qualcosa. Eperchè lo doveva a mio padre?

Lo zio si passò una mano trai capelli biondi, trovando poi tra le mani quelli che semravano granuli di neve, per poi passarla sul volto: sembrava stanco, come se portasse un peso sulle spalle.

- Voi ci credete ai miti? -

- Miti? - chiesi io, piuttosto sorpreso.

- Certo, idiota, quelli che ci racconta mia madre - disse con una punta di acidità la mia amica.

- Non sono così scemo, Miss Antipatica - commentai io con lo stesso tono, vedendo mio zio ridacchiare sommessamente. Zio Step si avvcinava alla quarantina, ma sembrava più vecchio e io non riuscivo a mia a capirne il perché.

- Cosa vuoi dire, zio? - il mio tono di voce era salito di un ottava - E COSA C'ENTRA MIO PADRE?

Lo zio mi guardò fisso negli occhi, studiandomi come un artista studia un pezzo di legno prima di ricavarne un' opera. - Sei la sua capia. Ma di questo devi parlarne con tua madre, io non posso dirtelo. -Era la stessa risposta. Sempre la stessa. Ma io volevo sapere davvero qualcosa di mio padre, non mi bastava più sentire "sei la sua copia", perchè io volevo altro, volevo un volto, un corpo ed era inutile guardarmi allo specchio e provare ad immaginarlo. A volte lo sognavo e, quando lo facevo, lo immaginavo abbracciare mai madre, stringerla forte a sè, baciarla e poi scompigliarmi i capelli.Ma ormai vivo da sedici anni senza di lui. Così incassai il colpo, l'ennesima attesa, abbassando lo sguardo.

- Simon, Grace - continuò imperterrito lo zio, - sarò breve e conciso. non voglio domande fino alla fine del mio racconto. - prese un respiro profondo ed incominciò a parlare. -Gli dei dell'Olimpo esistono davvero e hanno molti figli con i mortali. Io, mia sorella, il padre di Simon e i genitori di Grace lo siamo. Ovviamente io e mia sorella siamo figli di Chione, freddi e silenziosi, ma coraggiosi se ci pensi. Solo che io non mi posso definere coraggioso. - sorrise, come a ricordare un vecchio episodio - ma non ero così debole, sapete? Perchè per morre ci vuole fegato. Si, bambini. Io sono morto. - lo guardai con gli occhi spalancati dall'orrore - Io e mia sorella siamo nati nel 1940, il diciotto di novembre, in Canada; quel giorno nevicava fortissimo. Lei era quella sana, io quello malaticcio.Poi crescemmo, scoprimmo di avere stri poteri: lei controllava il ghiaccio e la neve, poteva prevedere quando ci sarebbe stata una valanga, o una frana; io sapevo solo parlare con gli spiriti die venti. Quelli, ragazzi miei, sì che erano bei tempi. Ma, pochi giorni dopo il nostro sedicesimo compleanno, comparve una strana ragazzina. Il suo nome? Zoe Nightshade. Nella mitologia greca, viene citato un gruppo d ragazze vergini, immortali che combattono al fianco di una dea chiamata Artemide. Esse rinunciano all'amore. Ma vedete, Zoe era La cacciatrice per eccellenza: figlia di Atlante ( il tipo che soregge la volta celeste, tanto per capirci) era divenuta il... come si può dire... Comandante in seconda? Luogotenente? Capitano? Insomma, qualcosa del genere, dell'ordine della cacciatrici. Il suo compito era quello di Portarci al campo mezzosangue - sorseggiò del tè freddo - Grace, tua madre parla spesso di un campo, vero? - lo zio alzò un sopracciglio, guardandola da sopra la tazza.

- Si... - sussurrò lei, più spaventata che altro.-

- Bene - continuò imperterrito lo zio. - Quel campo, esiste davvero. Il Campo allena i semidei a prepararsi per combattere i mostri, a sopravvivere nalla maggior parte dei casi. - arriciò il naso - Beh. Gli dei dell'olimpo sono dodici: Zeus, Era; Poseidone, Ade, Demtra, Estia, Ares; Afrodite, Dioniso, Atena, Ermes e un altro di cui ora non ricordo il nome. Ma ragazzi miei... Gli dei sono tantissimi, specialmente gli dei minori. Ad esempio, cara Grace, tua madre è figlia di Dike, la dea della giustizia, tuo padre è invece figlio di Afrodite. Secondo me, è meglio non mischuiae giustizia, sincerità con amore e bellezza. - Grace lo guardò indignata. - Ma non esistono solo i semidei greci, ma anche quelli romani - il suo sguardo si spostò sul mio. - E ovviamente, i semidei, i figli degli dei hanno dei figli - ci indicò con la tazza di tè, ancora in mano - ovvero voi.Ci sono domande?

No, non c'erano domande. Nè ci sarebbero state. Mia madre che era nata nei 'quaranta? I miei genitori semidei? Gli dei dell'olimpo?Tutte cazzate, secondo il sottoscritto. Mi alzai in piedi, più arrabbiato di prima. Corsi, corsi il più lontano e il più possibilmente veloce dalla scuola.

Andai a sbattere contro qualcosa.

Quel qualcosa non doveva esistere.

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Capitolo 3
*** 02 ***


Novembre Giorno 1, settimana 1

Quella cosa non doveva esistere. Era grande, grosso, brutto e... aveva un solo occhio nel mezzo della fronte. Capii subito che si trattava di un ciclope. Spaventato e confuso indietreggiai. Ma allora... I miti, i mpstri e gli dei dell'olimpo erano realtà! Una crudele realtà.

- Ma guarda che bel bocconcino abbiamo qui... -
Il mostro digrignò i denti, guardandomi da capo a piedi, con la sua voce rude da perfetto cavernicolo che, tra l'altro, era
- tanta carne per Grooop! Cibo! -

Vogliamo parlare del suo alito? Sul serio, penso che dovrebbero creare i dentisti per i ciclopi o delle cicche alla menta formato extra-large. Trai denti, mentre si esibiva in un macabro sorriso, si vedevano frammenti di carne e io non voglio indagare sul tipo di carne in questione.
Tanto, tra non meno di cinque minuti sarei diventato carne per Grooop ( ma un nome un po' più normale no? ). Ma ecco, per l'ennesima volta, quello strano formicolio dei polpastrelli. Ora ero veramente arrabbiato: dopo la scuola, le rivelazioni di mio zio e ora anche il ciclope non ne potevo più.

Mi alzai in piedi, dato che io ci tenevo alla mia vita, e gli sorrisi - Vieni qui Grooop! - e presi a correre.

Di certo sarebbe stato utile se tutta la neve qui intorno si fosse compattata, formando un muro. Mi stavo facendo rincorrere. Ora o ero perfettamente impazzito, oppure... Preferirei non cosiderare l'oppure. Sentivo come dei piccoli movimenti striscianti e umidi scivolarmi addosso, sulla strada e poi un sonoro CIACK come se un bambino saltasse in una pozzanghera di fango.

Non mi voltai mai indietro. Continuai a correre, il più veloce possibile, quando andai a sbattere contro qualcuno.
"Fa che non sia un ciclope.Fa che non sia un ciclope. FACHENONSIAUNCICLOPEASSETATODISANGUE!"

- Simon! - la voce era singhiozzante, ma l'avrei riconosciuta comunque, come i grandi occhi dorati che mi fissavano preoccupata e sconvolta.

- Grace... Cosa c'è? - le accarezzai i bei capelli castani, sentendola tremare contro di me. - C'era un ciclope nella scuola e tuo zio se ne è andato a cercare tua madre... - finì la frase con un singhiozzo.

Ora ce n'erano due di ciclopi da stanare e del mio non si vedeva l'ombra, speravo tanto che avesse rinunciato ad inseguirmi, ma data la mia grandissima fortuna ( no, okay, seriamente sono perseguitato dalla sfiga) di sicuro era ancora più assetato di sangue di prima, poco ma sicuro.

- Ascoltami Grace - la presi per le spalle, guardadola negli occhi dorati - Zio Step aveva ragione: siamo figli di semidei se esistonoi ciclopi, giusto? - lei annuì piano - allora, noi due, abbiamo qualche strano potere ereditato dai nostri genitori. Quindi riusciremo a difenderci. - le spiegai, cercando di rassicurarla, anche se stavo cercando io stesso di crederci per primo.

Ci tolsimo la giacca e la cravatta, rimanendo così in camicia e il resto della divisa: stranamente, mentre Grace tremava, io non avevo freddo... sentivo il niente più totale. Sentii la schiena di Grace contro la mia. Un passo pesante, poi un altro. Uno strisciare, seguito da un urlo. Il tremare di Grace contro la mia schiena. Un grande occhio giallo che ci fissava.

- GROOOP! TROOOP HA TROVATO I DUE SEMIDEI E IL FIGLIO DI GRACE! -

- ORA! - Urlai io e incominciammo a correre cerca di salvarci il fondoschiena, quando una freccia d'oro ci passò sopra la testa conficcandosi nell'occhio del ciclope. E con sorpresa, l'arciere era Teresa Collins... La madre di Grace. Grace mi guardò e i suoi occhi dorati ardevano di mille fiamme, simili all'oro liquido. Poi, veloce come la freccia, mia madre ( si, proprio Maria Katrina Ice ) ci raggiunse e sulle sue labbra vidi un sorriso che non avevo mai visto. Il suo corpo, snello, agile, cercava di coprirci maggiormente; nella sua mano c'era un pugnale lungo la cui lama era ghiaccio puro. Mirò al primo ciclope (Trooop) con il suo pugnale e, con uno scatto del polso lo lanciò: la mira era precisa e malvagia; il ciclope fu colpito al cuore e si disintegrò. Ruscivo a vedere i brividi lungo la schiena di mia madre, poi si voltò repentimanete e mi abbracciò forte a sè.

- Mi dispiace amore mio... - mi accarezzò i capelli, stringendomi forte a sè, come se avesse tutto il tempo del mondo - mamma ti ama... - Io sentii un groppo in gola, tutto ciò sapeva di addio. E io odio gli addii

- Mamma cosa sono quei cosi? Che è successo? Chi è mio padre? -

- Jason... - mia madre aveva sbagliato nome, eppure mi guardava, mi stava accarezzando una guancia - Simon - si corresse poco dopo - quei cosi erano ciclopi e... devi andare al campo Mezzosangue e con te deve andare Grace. - mia madre lanciò un'occhiata alla mia amica - dovete mettervi in salvo, okay? Siete i figli di due semidei e il vostro odore è più forte per questo i mostri erano qui. - forse vide la mia espressione sconvolta perchè mi mise un dito sulle labbra - ascolta Simon: al campo ci sarà tuo padre, di a tutti di essere Simon Ice e non Grace,è per il tuo bene okay? Fatti amici i giovani Jackson, soprattutto Sophia che mi sembrauna brava ragazza, stai attento ai figli di Ares e... -

Non riuscì a finire la frase. Non avrei mai saputo cosa volesse dire dopo quell' "e...". La mano grassa, grossa e unta di Grooop afferrò mia madre per la vita, sollevandola da terra.

- MAMMA! - Ora si che ero terrorizzato. La lama di ghiaccio di mia madre cadde a terra e io mi buttai a raccoglierla. Era una lama perfettamente bilanciata: il ghiaccio compensava l'impugnatura d'argento che ricordava una tigre nell'atto di saltare, con le fauci spalancate, il corpo era avvolta dal cuoio; in totale era lunga circa due piedi, abbatsanza da essere usate come spada sia come pugnale. Una daga per l'esattezza, con l'impugnatura ad una mano. In poche parole era perfetta, sembrava quasi che si adattasse alla mia mano. Mia madre, anche nella stretta del ciclope, continuava a muoversi, cercando di mordere le sue dita. ma lei era impotente. Poi tutto si ridusse alla velocità dei combattimenti: per quanto io fossi veloce avevo come la sensazione di essere lento e di avere i piedi impastati nel cemento. Con la lama stretta in pugno, mi avventai sul ciclope lasciandogli tagli superficiali. Dannazione: l'avevo fatto solo arrabbiare!

- SIMON! - L'urlo di mia madre mi fece tornare improvissamente alla realtà. Alzai lo sguardo: mia madre, ancora stretta nella mano del ciclope, stava scomparendo avvolta in un vortice di neve... Di lei non rimaneva più niente. Non avevo più avuto il controllo delle mie azioni. Strinsi la lama e mi ritrovai a sei metri da terra ( e Grooop era alto appena sette metri) e pugnalai quel ciclope al cuore. Anche lui si disintegrò. Caddi a terra, sconvolto, ma non per il dolore... ma per mia madre: l'ho persa... - Simon... - Sentii la voce di Grace, il suo braccio attorno alle mie spalle, eppure non la vidi...forse è per le lacrime... forse per altro. Mia madre è morta. Qualcuno mi alzò di peso e mi tira uno schiaffo.

- Dai ragazzo, riprenditi! - questo era Hansel.

- Pa' gli farai male! - la voce di Grace era salita amabilmente di un ottavo.

- Non mi importa deve riprendersi! Non vi possiamo accompagnare al campo... Dei! Quando arriva Stephen! - Hansel aveva rafforzato la presa attorno alla mia camicia.

- SVEGLIATI! - Io aprii lentamente gli occhi.

- Mamma non c'è più. -

Grace mi guardò disperata, poi suo padre mi alsciò andare e lei mi strinse forte a sè. I suoi capelli profumavano di cannella. Mi sussurrò delle paroline dolci. Mi accarezzò le spalle. Mi baciò una guancia. Vedevo quello che mi stava succedendo ma lo registravo a scatti, senza accorgermene.

- ODDEI! - la voce di Grace era salita di almeno una decina di ottavi, tant'è che sembrava stridula. - Simon... Non voltarti. - continuò lei molto più calma di prima. - E invece dovrebbe - questa era la voce di mio zio, sembrava divertito ma lui... sapeva? Mi voltai e con mio immenso stupore e forse anche piacere, vidi due cavalli: uno aveva il manto indaco screziato da striature biancastre, il secondo era blu scuro come la notte ed era spericolato, forte e bello. Mio zio si soffermò sul cavallo blu.

- E' Tornado, il cavallo di tua madre... - disse orgoglioso di lei - A proposito... Dov'è Maria? -

- Step... - la voce di Tessa esprimeva un palpabile dolore.

- Simon dov'è tua madre? - sembrava arrabbiato, stanco e triste al tempo stesso.

- E' morta... - disse Grace per me. Io le strinsi la mano, riconescente. Grace era sempre stata presente in ogni attimo della mia vita... le volevo molto bene. Ma cos'è il confine tra voler bene e amare?

- No... - il sussurro, per quanto flebile, di mio zio mi riportò alla realtà e lo guardai tristemente - Io... Prima io, poi lei... Giusto... - scosse la testa, distrutto nel profondo del cuore - Questa... - disse, prendendo una collana con un perla blu dalla tasca della giacca da professore - era di tua madre. Permette di curare le ferite.. - mi prese una mano e mi mise la collana nel palmo. - Ora dovete andare ragazzi. Gli spiriti del vento vi porteranno a Long Island. Non sopporto gli addii quindi andate. Apprezzai il fare sbrigativo di mio zio, per lo meno... Ma per lo meno cosa? Ero sconvolto. Grace mi prese per mano e mi condusse da Tornado e io montai.

- Zio... mamma non è morta. - Dissi, sicuro di quello che stavo dicendo e poi volammo nel cielo blu. Si dice che quando qualcuno muore sentiamo un vuoto nel cuore, ma io quel vuoto non lo sentivo.

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