Hurdles of mind

di hikaru90
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo uno (Parte uno) ***
Capitolo 2: *** Capitolo uno (Parte due) ***



Capitolo 1
*** Capitolo uno (Parte uno) ***


Note: Prima di lasciarvi alla fanfiction, è necessario che precisi giusto un paio di cosette.
Punto primo: la bozza di questa storia l’ho scritta all’inizio di quest’anno, quando “Age of Ultron” ancora doveva uscire. Quindi scordatevi la famigliola felice nella casa della prateria di Clint: qui non ci sono.
Punto secondo: ci sono molti riferimenti ai fumetti e a personaggi da essi provenienti, quindi se qualcosa non vi è chiaro potete chiedere. O potete cercare sul web, che fate prima.
Ah, dimenticavo: sebbene ho cercato di fare il possibile per rendere Natasha IC, non sono sicura di esserci riuscita. E’ un personaggio tremendamente sfaccettato, e ho molti dubbi su di lei.
Detto questo…Buona lettura!



Он сказал именно то, что хотел слушать его сердце, и что боялся его ум.
( Aveva detto proprio quello che il suo cuore voleva sentire e che la sua ragione temeva.)

- Lev Tolstoj (da “Anna Karenina”)




Capitolo uno
(Parte uno)




“Eccola la mia doppiogiochista preferita!”

“Quanto sei permaloso, Stark...”

“Scherzi? Era un complimento. E fossi in te l'accetterei. Non mi capita spesso di avere tali spasmi di bontà.”

La rossa simulò una faccia impressionata, per niente colpita delle parole dell'ex ragazzo-prodigio.
“Cosa vuoi?”


“Frena l'entusiasmo, agente; non è te che cerco, ma il caro Legolas. Mi aveva chiesto un favore l'ultima volta che ci siamo visti - un paio di settimane fa, mi pare? O erano tre? - e avevo bisogno di scambiare due parole prima di procedere con...bhè, segreto professionale. Ma dato che non lo vedo da allora, e dato che voi due siete così intimi, avevo pens-”

“L'agente Barton è in missione al momento”




Natasha chiuse rapida lo sportello della Corvette e volse il capo verso l'alto, assorta, poggiando la schiena sul fianco dell'auto e lasciando per un istante che i raggi del sole le carezzassero il viso e le ciocche ramate.
Sebbene non fosse del posto, Natasha aveva viaggiato nello Stato a stelle e strisce abbastanza da sapere che giornate soleggiate come quella erano attese come manna dal cielo dagli abitanti di Waverly.
Del resto l'Iowa non era esattamente la California. Non lo era per niente. Quindi carpe diem. Meglio approfittare della calura insperata prima che le nuvole tornassero a fare il loro corso naturale.

Lasciò l'auto alle proprie spalle e fissò con un sopracciglio alzato quella che Clint aveva sfacciatamente definito come “la versione vecchio stile della Stark Tower”.
Ora. Che il partner avesse una tendenza all'esagerazione nelle descrizioni di qualsivoglia cosa era fatto risaputo da tutto lo S.H.I.E.L.D. - Fury incluso. Ma paragonare quell'abitazione – modesta, vecchio stile e vagamente kitch- al grattacielo high tech dell'eccentrico vendicatore multimilionario di New York era troppo perfino per lui.

Certo, la casa era sufficientemente grande da poter ospitare, ad occhio e croce, una dozzina di persone, e il cortile esteso abbastanza da poter contenere un orto, ma il portico aveva un aria decisamente...decadente. Si vedeva che c'erano degli infissi da aggiustare. Il legno in alcuni punti si era quasi completamente consumato, e quei chiodi che avrebbero dovuto mantener su tutto erano arrugginiti chissà da quanto.
E sul serio, ci voleva del coraggio per paragonarla alla Stark Tower.
Eppure...

Natasha sospirò, non sapendo se la cosa più la rattristasse o la esasperasse.

Eppure...c'era qualcosa di profondamente sbagliato nella maniera in cui quella vecchia casa era stata lasciata andare a se stessa.
Sapeva benissimo che Clint avrebbe potuto metterla a nuovo, se solo avesse voluto. Le capacità per farlo ce l'aveva. Eccome se ce l'aveva.
Ma la volontà?
A suo dire, l'uomo si era limitato a mantenerla in piedi, quella vecchia casa di campagna. Quasi fosse sbagliato renderla più vivibile. Quasi fosse blasfemo apportarvi delle modifiche.

Perché?

Circumnavigò l'abitazione, in cerca di qualche indizio che le indicasse quale profondo legame ci fosse tra questa e l'arciere (e un legame c'era di sicuro, poteva metterci la mano sul fuoco), ma non vi trovò nulla di rilevante o che catturasse la sua attenzione, eccezion fatta per una serie di bottiglie di vetro ricolme di monete da piccolo taglio e messe in fila indiana vicino a quella che aveva tutta l'aria di essere la cantina della casa.
Non le avrebbe nemmeno notate se non avesse ricordato di aver visto una confezione simile nell'appartamento brooklyniano di cui il biondo agente era l'incasinato e disorganizzato proprietario da tempo immemore.

Tuttavia il legame tra queste ultime, quella casa e Clint ancora le sfuggiva.

Amareggiata dai risultati dell'infruttuosa ricerca, andò in cerca della sua ultima spiaggia: la buca della posta.
Quando finalmente la trovò – rovinata, scheggiata e parzialmente coperta dai frondosi rami di un cespuglio- e vi lesse il nome della famiglia sbiadito sul fronte, sgranò gli occhi e maledisse mentalmente se stessa. Perché avrebbe dovuto fare fin da subito i vari collegamenti.

D'altronde Clint non glielo aveva detto fin da subito che Waverly era la sua città natale?



“Oh! Adesso è 'l'agente Barton'. Capisco.”

“E
cosa esattamente avresti capito?”

“Oh, Romanoff!” fece Tony, sogghignando e mimando con una mano alla fronte finta esasperazione. “Perfino il nostro patriottico novantenne collegherebbe i punti disseminati qua e là e giungerebbe a capo del quesito.”

“Che sarebbe, di grazia? Stai tergiversando.”

“Che hai litigato con Clint, mi sembra ovvio! Ma tranquillizzati. I litigi danno dinamicità a una coppia. Se io e Pepper non bisticciassimo un giorno sì e l'altro pure, cosa credi che manterrebbe in piedi la nostra relaz-”

“Io e Clint
non siamo una coppia”

“Ah...no?”




Un suono sordo alle sue spalle la mise sull'attenti, costringendola ad interrompere le sue divagazioni e ad avanzare ai margini di un piccolo lastricato in pietra sul quale erano poggiate un paio di bici arrugginite, usando la postazione come nascondiglio improvvisato.
Aguzzando la vista, notò una distinta macchia grigia tra il verde della vegetazione circostante. Vi si avvicinò furtiva, lasciando che il suono orchestrale della fauna del posto mascherasse i suoi passi felpati, ma dopo pochi secondi si rilassò. E ghignò.
A una decina di metri dalla sua postazione, infatti, Clint Barton- ergo la macchia grigia- si ergeva in tutta la sua statuaria presenza, arco e frecce alle mani, al centro di quella che aveva tutta l'aria di essere un poligono di tiro.
Arrangiato alla bel e meglio, si capisce.
Quei sacchi di paglia che fungevano da bersagli non avevano l'aria molto professionale.
E nemmeno il suo ideatore, a dirla tutta.


Preso com'era dal suo allenamento, Natasha non ebbe cuore di attirare la sua attenzione, ma stette in silenzio ad osservare come ipnotizzata i muscoli dell'arciere tendersi sulla corda dell'arco e in un attimo rilassarsi, e i suoi occhi color tempesta, sempre pieni di vitalità nei momenti di relax, assumere una sfumatura più fredda a ogni scoccata.
Com'era diverso quell'uomo serio e assorto, dai movimenti secchi e calcolati, dalla maschera di briosità e giovialità che Clint si ostinava ad indossare nel quotidiano.

Era un uomo apparentemente semplice, ma anche intrinsecamente complesso.

Le vennero in mente le parole di Erasmo da Rotterdam che, nel suo “Elogio della Follia” definì la vita umana “nient'altro che una commedia, in cui ognuno recita con una maschera diversa, e continua nella sua parte, finché il gran direttore di scena gli fa lasciare il palcoscenico” .
Mai come in quel momento Natasha poté constatare la veridicità di quella citazione.
Perché anche se c'era qualcosa di autentico nella maniera in cui l'arciere scherzava con lei e con gli altri agenti e vendicatori, in alcuni momenti avvertiva un ombra nel suo sguardo che non sapeva mai come classificare.
Non riusciva nemmeno a capire se poteva fidarsi di lui, in quei momenti.


Coinvolta nel seguire il filo dei suoi pensieri, palesò la propria presenza al proprietario della Stark Tower kitch – parole (quasi interamente) sue - solo al dodicesimo centro.

“Carina la tua <ì>torre” buttò giù sarcastica.
Clint si girò di lato, sorridendole bonario e rilassandosi completamente, evidentemente poco sorpreso dalla presenza della spia russa a pochi passi dal poligono.
La cosa non la meravigliò. D'altro canto non sei un agente dello S.H.I.E.L.D. se non mantieni i sensi all'erta ventiquattro ore su ventiquattro. E Clint era un agente di tutto rispetto, quindi con tutta probabilità si era accorto della sua presenza ancora prima che gli si avvicinasse. Non era per niente che lo chiamavano “Occhio di Falco”.

E poi lo sapeva che sarebbe arrivata. L'aveva telefonato due ore prima.

Le si avvicinò, arco alla spalla, e seppur il volto le suggeriva che avesse colto il sarcasmo con cui aveva calcato – neanche poco velatamente- le parole di poco prima, stranamente non le rispose a tono, come suo solito.
Gliene fu grata.

“Natasha.”

“Clint.”

Non c'erano bisogno di molte parole per capire che era contento di vederla. Il sorriso con cui l'aveva accolta parlava per lui.

“Ti credevo a Berlino in questi giorni. Quand'è che saresti tornata?”

“Stamattina” gli rispose laconica. Poi, facendo segno alla casa, continuò: ”Quindi è qui che ti nascondi quando non vuoi essere rintracciato da nessuno...”

“Bè, si. Sai com'è, per uno che ci tiene alla propria privacy, l'appartamento di Brooklyn ultimamente sta diventando fin troppo affollato per i miei gusti. E accessibile, soprattutto. Tutti sanno dove abito, ormai. Se adesso dovessi tornare per trovarmi M.O.D.O.K. e Kingpin discutere animatamente sulla modalità con cui farmi fuori all'ingresso dell'abitacolo, non ne sarei poi tanto sorpreso ”

“Oh. Clint Barton che tiene alla propria privacy.”

“Ne sei sorpresa?”

Natasha alzò le spalle. “Dipende. Qualcun altro sa dell'esistenza di questo posto?”

Scosse la testa con lentezza quasi studiata. “Solo io e te”

Lo guardò negli occhi, seria, la consapevolezza di trovarsi di fronte la casa in cui l'arciere aveva passato la sua infanzia a rendere incerta la maniera in cui continuare la conversazione. In passato le aveva detto che non aveva dei bei ricordi legati ai suoi primi dodici anni di vita. Non le aveva mai specificato il perché, ma mai come in quel momento desiderò saperne di più.

Distolse lo sguardo, facendo segno verso la vegetazione, decidendo all'ultimo minuto di cambiare argomento.

“Non vedo il cane. O almeno, se c'è, non credo di averlo visto”

“Non c'è, infatti” confermò Clint, grattandosi il collo con la mano destra per poi posare l'arco dentro un borsone scuro un po' logoro ma sul quale capeggiava il logo sbiadito dello S.H.I.E.L.D sul fronte. Regalo di Coulson, le confidò una volta. “Lucky l'ha preso Kate. O meglio, me l'ha sottratto Kate. Come se niente fosse. Mentre salvavo New York dall'ennesima minaccia. Insieme agli altri, ovvio. Da solo posso fare ben poco” Si avvicinò ai sacchi-bersaglio per togliere le frecce conficcatesi, per poi porle dentro il borsone. “Ah, quella ragazzina. Neanche la decenza di lasciare un post-it sul frigo, che cavolo! Il cane è mio, mica può prenderselo così.”

Sorrise. Kate Bishop era la protetta di Clint, e praticamente ne era la versione femminile, ricca, viziata, più giovane e meno – anche se di poco- incasinata. L'aveva incontrata solo un paio di volte, ma erano bastate per farsene un idea precisa.
Le era simpatica.

“Detto questo” continuò Clint, rizzandosi in piedi e mettendosi il borsone su una spalla “Cosa ti porta nella mia umile dimora? Al telefono sei stata piuttosto vag-”
Si bloccò, allarmato, quando vide un paio di fascicoli uscire fuori dalla borsa della super spia, facendo una faccia talmente buffa che Natasha dovette fare uno sforzo particolare per trattenere le risate.

“Ti prego, non dirmi che sei qui per le scartoffie...”

“...che avresti dovuto avere la decenza di compilare a completamento della tua missione a Toronto due settimane fà. Esatto Clint. Proprio quelle.”

“Ma io qualcosina come rapporto l'ho fatta...” asserì, poco convinto.

“Lo so, Clint. L'ho letto il tuo qualcosina. Ma credevi davvero che Maria potesse considerare passabile quella mezza pagina di descrizioni approssimative?”

“Ehi, non criticare la mia mezza paginetta! Ho sprecato parte del mio preziosissimo tempo per scriverla...e poi, anche se per poco, ha avuto la mia più totale e completa attenzione”

Natasha ora una mezza risata non se la fece proprio sfuggire.
“Ah sì? E sentiamo, esattamente quanto del tuo preziosissimo tempo ci avresti dedicato?”

Clint temporeggiò, borbottando qualcosa di incomprensibile, dopodiché guardò prima lei, poi i fascicoli, poi di nuovo lei e, rassegnato, fece giù con le spalle, come a rendere evidente la sua già più che palese colpevolezza.

“Quindici minuti?”

Natasha alzò gli occhi al cielo, esasperata.
Certe volte quell'uomo era un caso perso.

“Sai, se solo applicassi nelle faccende burocratiche lo stesso impegno che usi in missione, saresti il nostro agente di punta”

“Nah, non punto alla perfezione. Per quella basti tu” puntualizzò, strizzandole l'occhio. Poi la guardò speranzoso “Mi aiuterai, vero?”

“Clint, onestamente, dopo tre anni che lavoriamo fianco a fianco, credi davvero che poteva sfuggirmi il fatto che le relazioni tu proprio non sai farle?” “Bhè, alla Hill è sfuggito”

“Ma io non sono la Hill”

La ispezionò dal basso verso l’alto prima di avviarsi verso l’abitazione.
“No. Decisamente no.”



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Capitolo 2
*** Capitolo uno (Parte due) ***


Note:Il motivo ufficiale che mi spinge a pubblicare la seconda parte del capitolo uno solo adesso è dato dalla mia precedente connessione Internet, molto moolto lenta. Ora ho cambiato il modem e va meglio, fortunatamente. C'è anche un secondo motivo che mi ha costretto a ritardare la pubblicazione, ma di quello non mi va tanto di parlarne. Non me ne vogliate.
Ah! La volta precedente ho dimenticato di scrivervelo, ma ritengo corretto farlo ora: questa storia non è betata, dunque gli errori vari ed eventuali che incontrerete nella narrazione sono tutti opera mia.
Fatemi sapere cosa pensate di questo capitolo, se volete. Le recensioni sono sempre ben accolte. Nel frattempo... buona lettura!



Capitolo uno
(Parte due)




La costernazione sul viso di Tony era talmente allettante che Natasha considerò un crimine non fargliela notare.
E infatti:

“E' delusione quella dipinta sul tuo volto?”

“Mmmmm”

“Oh. Capisco.”

“Non credere di cantar vittoria così presto,
ragnetta.Stavo solo riflettendo”

“Wow, riflettendo! Sai, pensavo che ormai avessi dimenticato come farlo.”

“Simpatica. Comunque,
complimenti a parte, stavo pensando alla tua domanda. E no, Natasha, non sono deluso. Semplicemente non ti credo.”





Il freddo e il vento, così come lo spesso strato di nuvole grigiastre, arrivarono come da copione dopo poche ore dall'arrivo di Natasha a Waverly. Ma allora i due agenti già erano belli che riparati nella cucina di casa Barton e avevano stilato circa metà rapporto.

Certo, compilare quattro pagine di grafici, tabelle e descrizioni dettagliate su inseguimenti e travestimenti in compagnia di Clint-voglio-solo-riposare-Barton avrebbe messo a dura prova chiunque. Anche perché l'arciere proprio non voleva saperne di smetterla di lamentarsi, fermamente convinto che “con tutto quello che ha da fare, la Hill non avrà mai il tempo di leggere gli inutili fronzoli di tutti gli agenti dello S.H.I.E.L.D.! Sul serio, Nat, stiamo facendo un lavoro inutile...”. Ma la rossa lo lasciò fare, insensibile alle sue lamentele.
O, più semplicemente, abituata.

Fu solo dopo aver completato il tutto e messo accuratamente i fogli in un plico che Natasha mise a fuoco la stanza dove avevano lavorato.

Sebbene non fosse granché spaziosa, la cucina era accogliente e familiare. Non aveva nulla a che vedere con l'inospitale aspetto esterno. Lo stato e la fantasia della carta da parati che circondava i muri della stanza le suggerivano inoltre che era stata abitata nella seconda metà degli anni settanta. Il che aveva senso, considerata l'età di Clint.


Minuziosa nell'analisi del suo intorno, un libro posto sullo scaffale alla sua destra catturò la sua attenzione.
Non fu tanto l’oggetto in sé a incuriosirla, quanto lo stato in cui esso si trovava: era in perfette condizioni, a parte i bordi appena appena consumati, e sembrava l’unico dettaglio nuovo in quella stanza altrimenti completamente datata.

Si avvicinò rapida al libro, esaminandolo con vivo interesse e rigirandoselo tra le mani.
Quando lesse la dicitura sul fronte, però, alzò istintivamente un sopracciglio e guardò fisso il suo partner, perplessa.
Non si aspettava che si interessasse di...

Mitologia norrena? Sul serio, Clint?”

“Non usare quel tono sorpreso. Il fatto che tu non mi abbia mai visto leggere non significa automaticamente che non sia in grado di farlo. Sono seriamente ferito.” Ma i lineamenti dell'uomo erano esageratamente contorti e teatrali, e suggerivano che offeso non lo era poi tanto.

“Non l’ho mai messo in dubbio. Anche se…”

“Tash…”

“...anche se pensavo che gli unici albi che destassero la tua attenzione fossero quelli a fumetti. Ma OK, la chiudo qui” fece lei, una punta di ironia a rendere scherzosa l'affermazione.
“Immagino che questo improvviso interesse per le divinità nordiche non abbia niente a che vedere con un certo biondone di nostra conoscenza.”

“Proprio per niente” rispose Clint con un mezzo sorriso, strappando il libro oggetto di dibattito dalle mani della partner per riporlo nuovamente al suo posto. “Senti, se ho comprato questo libro, è stato solo per fare una sorta di ripasso. Ho ascoltato racconti su Odino e del suo pseudo Olimpo alieno almeno per metà della mia adolescenza. E ora che ho incontrato Thor e ho scoperto che c’è, non dico tutto, ma almeno qualcosa di veritiero in quelle vecchie storielle, la tentazione di comprarlo quando me lo sono trovato davanti in una bancarella qui in zona era troppo forte, e quindi… eccolo qua.”

Natasha, arricciando le labbra, soppesò le informazioni che aveva appena ricevuto.
“Non sapevo che scorresse sangue vichingo nelle tue vene.”

“Mica ne ho bisogno. I racconti mitologici non sono una prerogativa delle famiglie norvegesi. Vedi Selving.”

Selving é svedese, Clint, mentre tu...
Sospirò.
Prima o poi avrebbe risolto il rebus Barton, ma decisamente non quella serata.
Sarebbe stato un peccato guastare l'atmosfera rilassata che si era instaurata con domande inappropriate riguardo il passato dell'arciere. Quindi lasciò correre.
Per il momento.

“Tra l'altro delle storielle scritte qui dentro sono proprio esilaranti. Dovresti leggerle, Nat. Non le ricordavo così spassose. Giusto ad esempio, hai mai sentito parlare di 'Trymskvida'?”

Natasha fece un cenno d'assenso e sorrise, ricordando il mito cui faceva riferimento l'arciere.
Nel Trymskvida si celebra uno degli episodi più leggeri e divertenti della vita del dio del tuono che lo vede protagonista nello Jotunheim sotto le vesti di Freyja, dea della fertilità, chiesta espressamente in sposa da re Thrym. Il travestimento, naturalmente, è tutta una messa in scena architettata dal divino Loki per consentire al principe-guerriero di riappropriarsi del proprio martello, derubatogli precedentemente dagli jotunn mentre questi dormiva.
Ingannato dal teatrino messo in atto dagli dei, il re degli jotunn si accorge che il suo matrimonio non è altro che una farsa quando è ormai troppo tardi e sia il martello che la sposa sono al sicuro ad Asgard..

“Sto cercando di immaginarmi il nostro Thor, possente e mascolino, stretto in un grazioso vestito da sposa tutto fru-fru e, credimi, non so se l'immagine più mi inquieta o mi diverta” ma a giudicare dalla grossa risata che seguì, sembrava più orientato verso l'ultima opzione.

Da re del tuono a regina dei travestiti.
Il solo pensiero le fece accapponare la pelle. E no, non era una bella sensazione.

“E non è nemmeno il racconto più divertente. La prossima volta che Thor torna a trovarci, ricordami di fargli un bel terzo grado. Devo assolutamente sapere se alcune cose scritte qua dentro sono veramente accadute”

Oh. Clint che fa il terzo grado a Thor.
Che immagine sublime...


“Dimentichi però che in quell'occasione anche Loki scese nello Jotunnheim travestendosi da donna.” precisò Natasha “La sua immagine non ti diverte allo stesso modo?”

Fissò Clint per un tempo incalcolabile, aspettandosi qualche mutamento nella sua aria rilassata.
Poteva essere un azzardo introdurre Loki nella conversazione, specie se era la prima volta che ne parlavano dopo la battaglia di New York.
Ma con sorpresa Clint non batté ciglio.

I soldi spesi dallo S.H.I.E.L.D. per le sue sedute di psico-terapia avevano evidentemente dato i suoi frutti tardivi.

“Oh sì. Ma di meno. Molto di meno a dirla tutta. Non so perché, ma ho sempre trovato qualcosa di femmineo nel suo aspetto. E nel modo in cui si pone, soprattutto. Tutta quella rabbia repressa! Sembri quasi più uomo tu, a confronto.”

E sebbene la rossa mascherò la sua indignazione con abilità, il suo sguardo fulmineo investì Clint in tutta la sua potenza. Quasi fosse una effettiva folgore.

“Dovrei offendermi, Barton?”

“Mi riferisco al suo aspetto caratteriale, Nat. Sai benissimo di essere attraente”


Sai benissimo di essere attraente.
Per un momento, un piccolo infinitesimo secondo, quelle poche semplici parole ebbero il potere di destabilizzarla, lasciandola senza parole.

Sai benissimo di essere attraente.
Certo, era consapevole di essere bella e che esercitava un certo grado di fascino nella popolazione maschile. Non che ci volesse molto. Molti si voltavano al suo passaggio e quelle poche persone che mostravano indifferenza nei suoi confronti si potevano contare sulle dita di una sola mano.
Ma sapere tutto d'un tratto che l'agente l'avesse trovata attraente fin dall'inizio della loro partnership, o addirittura prima, per qualche strano motivo la turbava.
Il che era assurdo, perché l'uomo non le aveva espressamente detto di trovarla attraente. Aveva avuto l'accortezza di lasciare la frase impersonale.

Sai benissimo di essere attraente.
L'aveva detto come se fosse un dato di fatto. Una costatazione. Un qualcosa che si sa.
Eppure Natasha non poteva ignorare il carico di sottintesi che quell'unica frase lasciava trapelare.


E di colpo tutto l'interesse che aveva mostrato per la decadente dimora della famiglia Barton e per il mistero celato dietro quell'insieme di dettagli legati chi più chi meno al passato dell'arciere fu messo freddamente a tacere, accantonato in un angolino della sua mente.

Fu glaciale quando gli sciorinò le sue spiegazioni.
“Ovvio. Non sarei certo la Vedova Nera se non lo sapessi e non sfruttassi la cosa a mio vantaggio, non trovi?

“Probabilmente no” le disse Clint amaro, guardando distrattamente l'orario dal quadrante appeso sopra il camino.”Usciamo? Hanno aperto un nuovo ristorante messicano qui vicino e vorrei testarlo”

Natasha, lo stomaco vuoto e l'urgenza di lasciarsi quella casa alle spalle, fu un po' troppo entusiasta quando acconsentì. E anche se la faccia di Clint sembrasse all'apparenza inespressiva, era chiaro che necessitasse di una boccata d'aria nuova quasi quanto lei.



“Perché non dovresti credermi? Da quando sei così dubbioso degli atti altrui?”

“Ad essere sincero dovrei ringraziare te per questo nuovo aspetto della mia personalità. Da quando ho avuto la
fortuna colossale di fare la tua conoscenza, ho imparato a fidarmi solo di me stesso -a proposito: grazie! Se invece vuoi una risposta alla prima domanda, bhè, ti dirò: ho dedotto fin da subito che c'era un qualcosa che legava te al nostro tiratore scelto. Su cosa si basasse questo qualcosa, ogni componente della nostra boyband super-segreta ha avanzato la propria ipotesi. Che poi si è rivelata la medesima. Vero, Steve?”

“Non mettermi in mezzo” si allarmò capitan Rogers che, a pochi passi dal duo, aveva sentito ogni parola ma aveva tutta l'aria di aver appena calpestato una mina vagante . E di non sapere come avrebbe fatto a salvarsi dall'imminente esplosione.

“Che diavolo, Cap! Mai una soddisfazione. Comunque, dicevo? Abbiamo tutti dato per scontato la natura del vostro legame. Anche perché...”





Il “Texas”, localizzato nella periferia della città e non molto distante dalla vecchia casa di Clint, era un locale rustico ma pieno di dettagli. Sia esternamente che internamente ricordava un po' le caratteristiche osterie che facevano da sfondo a vecchi film western.
Cosa centrasse quell'ambientazione anni '70 col cibo messicano, i due agenti non lo seppero mai. Non che la cosa gli importasse poi granché.

Lasciarono le loro macchine in un piccolo spiazzale vicino al locale e, dopo aver preso posto in un tavolo per due accanto ad un ampia finestra che dava verso l'esterno, ordinarono due tacos a testa e due birre, le prime servite da un ragazzo che guardava Clint con aria adorante (“Stava per avere la peggio su un gruppo di bulletti viziati ieri al fiume e l'ho aiutato. Sai come sono fatto. Non provare a giudicarmi.”), le seconde andate a prendere al bancone direttamente da Clint.

In attesa delle bevande, l'attenzione di Natasha fu catturata dalla vista alla finestra di un trio di macchine formato famiglia che affiancarono la Corvette e il pick-up di Clint, allarmandola non poco. L'arrivo delle tre auto avrebbe ben presto comportato un considerevole cambiamento sull'atmosfera del locale e, di conseguenza, una perdita di parte della tranquillità ricercata. Anche perché, come ebbe modo di constatare quando i motori delle suddette auto si spensero, ciascuna vettura ospitava due o tre infanti urlanti.
Con l'intenzione di far notare la cosa al partner, si voltò in direzione del bancone.
Ma si bloccò, accorgendosi solo in quel momento che c'era qualcuno che lo stava trattenendo.

Il qualcuno in questione – osservò, con aria decisamente divertita- era un gruppo di ragazze che non mostravano più di vent'anni e che letteralmente stavano accerchiando Clint quasi lui fosse il re del pollaio e loro stesse uno stuolo di galline in calore.
Il biondo, per niente a disagio, rispose con garbo alla raffica di domande delle ragazze che, da come ebbe modo di capire attraverso la lettura del labiale, vertevano su una certa fiera che si sarebbe tenuta da lì a tre giorni. Dopo non molto si congedò dal gruppo e la raggiunse al tavolo con un sorriso a trentadue denti porgendole la sua bottiglia, palesemente ringalluzzito di essere stato oggetto di attenzione da un così folto gruppo di donzelle.

”Però! Mai sentito un tale concentrato di estrogeni in una sola stanza. Conoscevo solo la metà delle persone che mi circondavano, ma comunque sia: wow! Cosa ci farò mai io alle donne?”

“Non saprei, ma fossi in te mi preoccuperei più per il tuo ego. E' spiacevole sentirti parlare quando prende il sopravvento.”

“Ma dai, Nat! Succede talmente di rado...”

“Sono certa che a furia di ripetertelo ormai hai finito per crederci, ma se ti illudi di convincere me che sono stata testimone oculare dei tuoi voli mentali praticamente dal momento in cui ci siamo incontrati, stai facendo un buco nell'acqua.”

“Già. Dimenticavo che inflessibile è il tuo secondo nome. Dovrebbero scriverlo nel tuo profilo identificativo: Наталья Альяновна "неподкупная" * Романова. Suona bene.”sogghignò, aggiungendo subito dopo un “Tranquilla. Il momento è passato” con fare effettivamente più normale e rilassato, tracannando il suo tacos con folle voracità, come se non avesse assaggiato nulla di così gustoso in vita sua.

Approfittando della distrazione di Clint, con la coda dell'occhio Natasha studiò una per una le ragazze che componevano il gruppo, notando che mentre una buona ridacchiante parte si stava allontanando dalla precedente postazione, una biondina con le spalle piegate strategicamente verso il basso in modo da lasciar intravedere un accenno di scollatura rimaneva sul posto senza mai staccare gli occhi di dosso a Clint.
Trovò un che di comico e di vagamente ridicolo nella maniera in cui si ostinava a fissarlo cercando di attirare la sua attenzione, e piuttosto che riderle in faccia ritenne più saggio lasciarla perdere per dedicarsi completamente alla sua cena. Aveva una certa fame, dopotutto.

“Quindi, ci sarà una fiera...”

“Oh, hai sentito? Bhè sì, ce n'è una ogni anno durante questo periodo, ma non ci sono mai andato in passato, quindi non vedo perché farlo adesso. Non ne avrei comunque il tempo, dato che dovrei allenarmi. La prossima settimana parto per Shanghai, e non certo per vedere il Buddha di giada.”

Natasha non potè credere alle sue orecchie.
Clint Barton il festaiolo che dice di no ad un occasione per divertirsi? Sei per caso malato?”

“No, te l'ho detto: ho cose più importanti a cui pensare. E comunque non c'è bisogno di fare quella faccia di nuovo. Te l'ha mai detto nessuno che è un tantino irritante?”

“Scusami tanto, ma conoscendoti avevo dato per scontato che ci avresti fatto un salto” e accennando leggera alla ragazzina davanti al bancone, aggiunse “Magari con quella lì”

Clint evidentemente non colse il fatto che la rossa lo stava solo canzonado in quanto, dopo essersi girato per capire il suo soggetto di riferimento, come risposta quasi sputò la birra che aveva appena sorseggiato e la guardò schifato.

“Mi hai forse preso per un pedofilo? E' una ragazzina. Non so nemmeno se è maggiorenne! Potrei essere suo padre.”

“Non esagerare. Non sei così vecchio.”lo rassicurò lei, scherzosa.

“Allora suo zio, suo fratello maggiore, quello che vuoi...ciò non toglie che è quasi una bambina e che io non esco con le adolescenti. E poi, nell'eventualità remota che sarei andato a quella dannata fiera, perché diavolo dovrei andarci con qualcuno? Non tutti gli uomini hanno bisogno di quel tip-”

“Calma, Barton. Stavo scherzando.”fece Natasha, cercando di sedare l'animo turbato dell'agente e nel contempo tornando a fissare la giovane donna oggetto di dibattito, la quale continuava a lanciare penetranti occhiate all'arciere. Realizzò solo in quel momento che, se si lasciava perdere il suo atteggiamento imbarazzante, la sua altezza nella media e il corpo minuto con curve accennate ai punti giusti ricordavano molto una donna di loro conoscenza.
“Però devrai ammettere che c'è una certa somiglianza tra la ragazzina e Bobbi .”

“Bobbi la mia ex-moglie?”

“Bobbi l'unica che conosco.”

Si aspettò che si Clint si girasse per verificare l'attendibilità della sua dichiarazione, e invece la guardò diritto negli occhi con serietà.
“Quindi?”

“Quindi niente. Era una constatazione, Clint. Non stare sulla difensiva.”

L'arciere la esaminò per qualche secondo ancora prima di sospirare con melodrammaticità.
“Ok, ma la prossima volta che tenti di fare dello spirito su qualcosa, per piacere dai prima qualche avvisaglia. Il tuo senso dell'umorismo va interpretato.” Sorseggiò un po' di birra. “Ah, e giusto per renderti partecipe di ciò che penso, non uscirei con un surrogato più giovane della mia ex neanche fosse l'ultima donna sulla faccia della terra. Per lo meno non più. Sai com'è, dopo due anni tira e molla con l'agente 19, un uomo ha bisogno di cambiare disco.”

Natasha rimase in silenzio e finì di mangiare il primo dei suoi tacos, riconoscendo che Bobbi meritasse di essere difesa, ma non avendo le parole adatte per farlo.
Conosceva molto bene Barbara Morse quale agente dello S.H.I.E.L.D., e avrebbe potuto spendere ore tessendo lodi sulla sua competenza nelle arti marziali e sulla sua abilità nell'estrapolare informazioni da qualsiasi fonte, ma dovette ammettere che sapeva ben poco di lei quale persona.
Non l'aveva mai frequentata fuori dall'ambiente lavorativo, e quindi non poteva sapere come si comportava quando era tra amici o in famiglia.
E il problema, forse, era proprio quello.


Tornò a fissare il biondo mangiare indisturbato e famelico la sua cena.
Però perché Clint ha avuto quella reazione?
C'era qualcosa che non tornava nella maniera in cui aveva risposto al suo tentativo di fare dell'umorismo e al modo in cui sembrava stare sul chi-va-là su quell'argomento in particolare. Aveva inizialmente pensato che avesse ancora delle difficoltà a parlare apertamente della sua ex-moglie, dato che avevano divorziato di recente, ma il suo precedente monologo aveva messo in discussione tutto.

“Non uscirei con un surrogato più giovane della mia ex neanche fosse l'ultima donna sulla faccia della terra. Per lo meno non più.”
“Un uomo ha bisogno di cambiare disco.”


Poi un pensiero all'improvviso le si formò in mente e, prima che potesse filtrarlo, aveva già raggiunto la bocca e si era tramutato in parole sussurranti.
Avrebbe voluto frenare se stessa, ma fu più forte di lei.
“Ti conservi per qualcuna?”

Clint alzò lentamente lo sguardo dal suo piatto ai suoi occhi, asciugandosi le labbra con una tovaglietta. Nei suoi globi oculari le parve leggergli di tutto: determinazione, rassegnazione, una punta di attesa e un po' di quell'ombrosa concentrazione che assumeva quando scoccava una freccia. “E se anche fosse?”


”Sai benissimo di essere attraente”


Oh



Non fu facile, quella volta, camuffare le sue reali emozioni e far finta che quelle parole non fossero mai uscite dalla loro bocca. Eppure lo fece comunque.

Spese il resto della serata gustando la cucina messicana e passando da un argomento all'altro. Clint per qualche oscuro motivo le diede man forte, parlando del rivisitato programma brevettato dallo S.H.I.E.L.D. per i nuovi agenti, prendendosi gioco di Steve Rogers e della sua presunta mancanza di malizia e speculando sulla vera età di Nick Fury.

Ma il fantasma della loro ultima conversazione era ancora lì. Un invisibile ma palpabile barriera a frenare i pensieri l'uno dell'altro.

Lasciarono il “Texas” dopo mezzanotte e in silenzio si avvicinarono alle rispettive auto, salutandosi e promettendosi di sentirsi presto.
Fu soltanto quando il rumore del motore del pickup di Clint divenne indistinto che Natasha si rese conto che sarebbero passate molto più che poche settimane prima di sentire di nuovo la voce di Clint.



A questo punto, tanto valeva incoraggiare Tony ad esprimersi.

“... anche perché?”

“... anche perché non credo di avervi mai visti separati, dopo New York”

“E' perché siamo partner, Tony. Lavoriamo in coppia. A volte capita che ci affidino qualche missione in solitaria, ma il meglio di noi lo diamo insieme. Se ti piace pensarlo, Clint è il mio marito da lavoro. Ma solo quello.”

“Per piacere! Qui non stiamo parlando della complicità con cui vi stuzzicate, dell'unità di pensiero nei discorsi tattici o della strategica coordinazione delle vostre mosse durante l'azione. Stiamo parlando di tutte le altre sfumature! Pensi che ignoro quale sia la vera motivazione che ti ha spinto ad aderire al progetto Avangers? Pensi che non sappia che non saresti qui se neanche lui facesse parte del pacchetto?”

“Ho aderito al progetto perché il mio partner era in difficoltà. Puoi realmente biasimarmi? Non avresti fatto la stessa cosa se al suo posto ci fosse stato Rhode-”

“E poi lo scambio di battute su Budapest? Vi ho sentiti, sai. Cosa diavolo sarebbe successo in Ungheria?”

“...”

“Dì la verità: avete scopat-”

Non seppe mai che faccia fece Tony quando gli scaraventò un bicchiere d'acqua addosso, perché subito dopo il gesto Steve la prese di peso e la trascinò nella sua stanza con la forza.





* si legge niepadcùpnaia e significa, per l'appunto, inflessibile o incorruttibile.

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