Un vecchio amico

di metaldolphin
(/viewuser.php?uid=89610)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Flashback ***
Capitolo 2: *** Viaggio verso la base ***
Capitolo 3: *** Incontro ***



Capitolo 1
*** Flashback ***


Ti è successo altre volte.

La tua vita è cambiata: i servizi segreti francesi, grazie a Lemon, ti hanno fornito i documenti validi per la tua vita in Giappone e adesso puoi stare con lei; il padre di Shinji Kazama ti ha offerto un lavoro alla base di Narashino come istruttore pilota di AS e anche quest'anno forse non perderanno nel solito torneo contro Merima, ma questa cosa… questa cosa non riesce ad abbandonarti. Ti perseguita, non va mai per davvero via.

A volte capita più di rado, dopo vari giorni o settimane e, quando sei sicuro di esserne uscito, si presenta, inesorabile, come per farti ricordare ciò che avresti dovuto realmente essere: un lupo.

Solo che non ci sei riuscito e sei rimasto un agnello nella pelliccia da predatore per tutta la vita, fino a quel momento cruciale su Merida.

Senti che sta per succedere anche adesso e provi a scacciare quella sensazione sgradevole che subdola sembra impossessarsi di te, appena uscito dalla doccia serale, quando i familiari suoni della battaglia ti raggiungono.

Anche se sai che non sono veri, vuoi accertartene ugualmente e sporgi il viso, imperlato dalle gocce d'acqua che colano dai capelli bagnati, sul soggiorno.
Kaname, in shorts e canottiera, è seduta sul tappeto posto davanti al divano col joypad tra le mani… sullo schermo del televisore, i caldi colori del Medio oriente e un fucile mitragliatore inquadrato in soggettiva: gioca a Call of Duty nella pausa che si concede dopo cena, visto che durante il giorno studia duramente per recuperare l'anno perduto al liceo.
Ma hai appena il tempo di rendertene conto che i rumori della guerra ti sopraffanno, i colori soffocanti del deserto ti fermano il respiro in gola e sei costretto ad appoggiarti alla parete e cadi lo stesso in ginocchio, l'asciugamano stretto in vita.

È come se tu fossi davvero in quella zona semidesertica, riesci persino a sentirne gli odori che ti danno il voltastomaco. Il caldo secco della sabbia e della terra polverosa sollevate dal vento in vortici opachi che accecano, l'odore del sangue metallico e dolciastro insieme, il puzzo della carne bruciata e il tanfo dei visceri esposti e del piscio e degli escrementi rilasciati nella morte violenta, il terrore di fare la stessa fine e il boato dell'artiglieria pesante che permea il tutto in una vibrazione che scuote le membra e pare non dover avere mai una fine.

No, la vera guerra non è asettica come in quel video, seppur vivamente realistico: riesci quasi a vedere le tue mani sporche di sangue ed allora rimetti la cena sul pavimento ormai vicino al tuo viso.

Lei sente e corre verso di te e ti sorregge e la realtà presente torna a circondarti.

Lei sa e non dice nulla. È la prima volta che ti capita in casa a quel modo, ma sei certo che d'ora in poi rinuncerà a Call of Duty.

Ti dispiace, ma non sai più come dirglielo, anche se una volta lo facevi spesso. Ti bastava pronunciare quelle parole e lei ti rimproverava di non combinare più guai, ma ormai non tira più fuori dal nulla i suoi harisen per sventagliarteli in testa, perché lei sa.

Succedeva nella vita fatta di armi e compagni leali, di superiori che abbaiavano ordini e in cui non ti preoccupavi del futuro perché battaglia dopo battaglia non eri certo che ne avresti avuto uno.

A quel tempo non avevi questo problema: il tuo corpo e la tua mente erano talmente immersi nell'azione e non avevano nemmeno il tempo di stare male.

Adesso, invece, era come se stessero rigettando tutto quello che avevano subito ed accumulato negli anni di un'infanzia e di un'adolescenza passati tra sofferenza e morte.

Alzi il viso e ti perdi nei suoi occhioni sbarrati.

-Io…- cominci a dire, ma lei scuote coraggiosamente il capo e riesce a regalarti un sorriso solo un po' tirato.

Lei sa e non c'è più bisogno che ti scusi.

Torni in bagno e risciacqui la bocca e il viso, Kaname resta a pulire in soggiorno.

Fissi il tuo stesso volto allo specchio e la cicatrice sulla guancia è sempre là, muta testimone tra tante altre di un passato che, nonostante tutto, non riesci a dimenticare.


 


 


 


 

Autore a piè (di pagina):

Dopo tanto tempo torno nel mondo di Sousuke e Kaname con una storia ambientata dopo il termine del manga e dei libri, quindi situazione tutta nuova per i nostri beniamini! Ringrazio Anevrasi che mi ha ricordato l'amore che provo per quest'opera e mi ha dato la spinta e l'entusiasmo per affrontare di nuovo il complesso mondo di Full Metal Panic!

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Viaggio verso la base ***


Sono passati un paio di giorni e mentre Kaname studia col solito impegno, torni dalla quotidiana sessione di allenamenti dalla caserma con un paio di borse della spesa. Ormai ti sei adattato alla vita da civile: gli AS e le armi restano al reparto, ogni giorno, assieme agli studi tattici e tecnici; non ne porti più addosso, anche se è difficile non mantenere comunque i sensi all’erta perché così sei sempre vissuto.
Sistemi gli acquisti fatti e mentre stai andando in camera a cambiarti senti squillare il telefono.
Il suo viso si illumina e si fionda a rispondere e anche se la cosa ti insospettisce, non dici nulla. Non sai cosa pensare, ma qualcosa ti trattiene al tuo posto, perché era da tempo che non le vedevi quella luce negli occhi. Ascoltando solo la parte di conversazione che si svolge davanti a te, non capisci molto, però hai l’impressione che lei faccia di tutto per non facilitarti il compito… cosa avrà mai da nascondere?
Parla e sorride e la trovi bella, come sempre. Ma una stretta allo stomaco sorge ad inquietarti e non è data dalla ferita: è qualcosa che parte dal profondo e non riesci a definirla, anche se l’hai provata tante volte... la prima quando Leonard le ha instillato la paura di te, rivelandole ciò che eri, te lo ricordi bene. Allo stesso modo ricordi la seconda e poi tutte le altre, quando è riuscito a portartela via e ad ogni pensiero che facevi su loro due insieme.
Leonard è morto e non dovresti più sentirti minacciato, ma la tua certezza scivola via all’aumentare dell’espressione gioiosa  di lei mentre parla con non sai nemmeno chi.Non è la prima chiamata del genere che riceve ultimamente.
Allora ti volti di scatto e vai rapido in camera, preso da un’inquietudine difficile da mascherare. Ti spogli e indossi  un paio di comodi pantaloni di tuta. Mentre ti allunghi a prendere la maglietta lei arriva di corsa e ti abbraccia da dietro, ridendo. Fissi i suoi avambracci e le sue mani che ti stringono il torace e buona parte della tua perplessità scivola via, con il suo entusiasmo che ti travolge come un uragano.
Quando si stacca da te ti punta un indice contro, poi mette su la migliore espressione marziale che riesce a fare e dice, in una maldestra imitazione del tenente colonnello Mardukas: - Sergente! Prepara le valigie, si va in missione stasera stessa!
Sgrani gli occhi per la sorpresa, ma ha davvero pensato a tutto: ha fatto sì che il suo periodo di studio non fosse intaccato, grazie alle imminenti vacanze e porterà con sé le fotocopie che le serviranno per ripassare; ha contattato la caserma, reclamando i giorni di ferie che non hai mai preso e ha stretto accordi, anche se non sai con chi e non ti rivela nemmeno dove andrete.
-È una sorpresa!- esclama felice, poi aggiunge: -Ti posso soltanto dire che andiamo a trovare un vecchio amico.
Il suggerimento non ti aiuta… Kurz e Mao hanno proseguito la loro carriera tra Europa ed USA, ancora insieme, sempre più affiatati; con i vecchi compagni di scuola c’erano state un paio di rimpatriate, ma non abitavano così lontano da giustificare un viaggio per rivederli. Tessa era in Francia con Lemon e sconfinava di tanto in tanto in Italia alla scoperta delle proprie origini, mentre Mardukas non poteva definirlo propriamente un “amico”.
All’orario prestabilito, a tarda sera, era giunto un taxi a prelevare voi e i vostri bagagli, dirigendosi subito verso l’aeroporto, dove speravi di conoscere almeno la vostra destinazione, ma un piccolo jet vi attendeva ad un gate secondario e il mistero era rimasto irrisolto.
Adesso Kaname ti dorme sulla spalla e volate già da un paio d’ore; essendo notte non è facile orientarsi per capire, così resti impotente a guardare dall’oblò il buio misterioso del volo notturno.
Abbassi il capo a guardare l’espressione soddisfatta di Kaname e pensi che sembra quasi una sua rivincita per quella volta, ormai tanto tempo fa, in cui la portasti sul Tuatha De Danann quando invece le avevi promesso una vacanza su un’isola dei mari del sud, la base della Mithril, Merida. Adesso la base e il TDD non c’erano più, spazzati dalla testata atomica che era esplosa anche sulla tua testa. Sei riuscito a salvarti solo grazie ad AR, quell’AS che faceva strane domande e che era riuscito ad attivare da solo il Lambda Driver, quando ogni speranza era perduta.
Era lì che avevi imparato a piangere e a desiderare davvero di poter continuare a vivere: l’esplosione di oltre cinque megatoni aveva rischiarato il cielo e la tua vita.
 
L’aeroporto su cui il jet si abbassa è immerso nella notte che volge al termine: sono passate poche ore, quindi avete volato verso est, andando incontro al nuovo giorno e per la seconda volta, dopo la prima ad alta quota, ammirate lo spettacolo dell’alba che sorge dal mare. Il sole schiarisce il cielo mentre siete ancora a rullare sulla pista e scorgi il suo bagliore che si riflette in milioni di minuscoli frammenti sulle onde
Mettete piede a terra dopo aver sceso la scaletta. Il pilota, un uomo sulla quarantina, occidentale vi sorride calorosamente quando vi saluta in inglese.
Vi aspetta già una jeep scoperta dall’aspetto militare, ma senza insegne identificative; alla guida una giovane ragazza in uniforme anonima vi informa che giungerete a destinazione in pochi minuti, con una voce così dolce da essere quasi fuori luogo in questo contesto marziale.
Kaname annuisce entusiasta e vi avviate verso l’esterno dell’aeroporto, per immettervi lungo il nero nastro di asfalto che taglia la rigogliosa foresta tropicale che copre l’isola. L’umidità è quasi palpabile e sai bene che finchè il sole non sarà più alto, graverà pesante nell’aria. Una volta superati i cancelli della doppia recinzione, capisci che la base in cui state accedendo riveste una certa importanza.
Vi fanno accomodare in un appartamentino ricavato dal primo basso edificio in cui vi imbattete, non lontano dalla piazza d’armi, dove potrete darvi una rinfrescata e mettere qualcosa di più comodo. Tenti per l’ennesima volta di estorcere qualche informazione alla tua compagna, ma è irremovibile quanto testarda. Si limita a sorridere un po’ più dolcemente di quanto fatto sin ad ora e ti posa una mano sulla guancia, carezzando piano la cicatrice che la increspa.
-Abbi pazienza, ci siamo quasi.- afferma.
Non ti resta che andare a fare una doccia, mentre lei risponde al telefono. Hai provato a farlo tu, ma alla tua voce hanno riattaccato, è chiaro che vogliono parlare con lei e il mistero si infittisce nella tua mente confusa.
Il getto dell’acqua non riesce a schiarirti le idee, ma ti rigenera. Mentre ti stai risciacquando lei ti raggiunge con un sorriso soddisfatto in viso e si alza sulla punta dei piedi nudi a chiederti un bacio. Non ti sei mai abituato del tutto alla sua bellezza e anche se vorresti essere arrabbiato con lei, non puoi fare a meno di stringerla a te e ricambiarla. Non avete più l’imbarazzo delle prime volte, in questi mesi di convivenza tutto è diventato man mano più spontaneo e naturale, ma stavolta dovete staccarvi a malincuore: avete un orario da rispettare e non dovete far tardi.

Venite guidati da un soldato semplice fino ad un’enorme sala mensa deserta, ad eccezione di una persona che siede controluce ad un tavolo vicino alla grande finestra panoramica. Vi avvicinate a quella sagoma che si rivela essere una donna dall’aspetto familiare. Mentre si alza e porge la mano a Kaname la riconosci d’improvviso: è Mila, Mila Kudan, la prima whispered che salvasti  tra le nevi della Siberia, troppo tempo fa, ormai.
-Ciao, Sousuke!- ti saluta cordiale, riportandoti al presente da quei ricordi passati. Stringi la mano che ti tende e ti accorgi che in questi mesi passati dall’ultima volta che l’hai vista non è cambiata molto. Le sorridi: grazie a lei AR aveva avuto un nuovo corpo e grazie a lei in quei minuti  in cui avevi dato tutto perduto, hai trovato la forza: aveva trovato in rete e ti aveva passato una memory card con il video dei vostri compagni ed era anche quello che ti aveva spinto alla vita, mentre lo visionavi tra i rottami del Laevatein, in attesa di quella che sarebbe dovuta essere l’ultima detonazione della tua vita.
-Ciao, Mila. Ti trovo bene.- le dici, poi guardi Kaname: -Era lei che dovevamo incontrare?
Entrambe scoppiano a ridere, poi lei scuote il capo e con aria di rimprovero ribatte: -Sousuke! Sei uno screanzato! Io ti ho parlato di un vecchio amico e lei è una splendida giovane ragazza!
Mortificato porgi le tue scuse ad entrambe, ma Mila è comprensiva e spiega: -Adesso faremo colazione. Il tuo amico ti aspetterà ancora qualche minuto.
-Perché non si unisce a noi?- dici ingenuo e le fai ridere ancora.
È Kaname a dirti: -Diciamo che non può… ma adesso basta domande, ho una fame da lupi!
La colazione si svolge tranquillamente nella sala che si popola di nuovi arrivati, animata da un’amichevole conversazione, anche se le due ragazze non si sbilanciano su nulla e sembrano conoscersi da una vita. Ridono e scherzano come due vecchie amiche e comprendi che al telefono è sempre stata lei.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Incontro ***


Quando uscite dall’edificio, Mila vi conduce a piedi verso un grande hangar in cui sono stipati mezzi militari.
Auto, blindati, un paio di aerei ed elicotteri, cingolati e, in fondo, AS di ultima generazione.
Superate la postazione di sorveglianza all’ingresso, l’immenso ambiente sembra deserto. Ti guardi intorno, non sembra esserci nessuno da incontrare.
-Arriverà qui?- chiedi alle ragazze, ma loro si limitano a sorridere e a scuotere il capo.
-È già qui.- dice Mila. Poi chiama: -AR!
Al suo richiamo qualcosa di grande si muove. Dalla seconda fila di AS inginocchiati nella posizione di standby, si alza in piedi una sagoma bianca familiare, appena decorata di blu e rosso.
-Buongiorno Sergente Sagara.- rimbomba una voce metallica.
Resti senza parole, mentre il grande robot saluta la tua compagna: -Benvenuta miss Chidori.
-Ciao, AR, grazie!- risponde lei senza mostrarsi troppo sorpresa, mentre il grande mezzo resta in attesa.
Fai un passo verso di lui; non avresti mai creduto che lo avresti rivisto ricostruito a quel modo.
-AR!- esclami felice, correndo fin sotto alla corazza nuova di zecca e ti volti verso Mila: -Come si chiama questa nuova versione?
Lei risponde con un’alzata di spalle: -Semplicemente “AR”.

Mille interrogativi ti si affollano alla mente, ma li accantoni tutti: hai ritrovato il tuo più stretto collaboratore, colui che ti ha autonomamente salvato la vita, prendendo una decisione in un modo che una normale macchina mai avrebbe potuto fare.
-Le va di fare un giro, Sergente?- chiede l’AS bianco.
Stavolta sei tu a sorridere: -Non sono più un sergente, AR. Chiamami semplicemente “Sousuke”.
AR sembra elaborare per un attimo la cosa, poi si corregge: -Roger1. Ti va di fare un giro, Sousuke?
Ti volti a guardare Mila. Quel mezzo non è più tuo e anche se non sai a chi appartiene, quella ragazza ne è l’unica rappresentante, al momento.
Lei annuisce facendo spallucce: -Anche se volessi, non potrei impedirglielo, se non disattivandolo: ormai AR è autonomo e nessuno riesce a pilotarlo. In effetti nessuno, tranne te, l’ha mai fatto, Sousuke.
La cosa non ti stupisce e ti volti verso Kaname… vorresti andare, ma ormai sei abituato a pensare come parte di una coppia e cerchi l’appoggio di lei. Comprendendo il tuo desiderio lei annuisce, ma la voce metallica sovrasta ancora una volta tutti gli altri suoni: -Vuole aggiungersi a noi, miss Chidori?
È educato come un lord e lei non esita: -D’accordo, AR. Però chiamami Kaname.
-Roger.- conferma il robot.
Mila sorride, vi guarda un po’ malinconica e vi saluta: -Ci vediamo più tardi, allora. Divertitevi.
Quindi si volta e si avvia fuori dall’edificio.

Nel frattempo AR si è abbassato per consentirti di arrampicarti agilmente fin sul cockpit2 e far salire sul grande palmo della mano la tua compagna. Mentre ti sistemi sull’ergonomico sedile, lui porta Kaname presso di te e le consente di scendere per far sì che si accomodi sulle tue ginocchia.
Il portellone si chiude e la voce sintetica chiede: -Possiamo andare, Sousuke?
-Dove ci porti, AR?- chiedi.
-Oggi siete miei ospiti, raggiungeremo presto il punto prefissato.
Vi rassegnate ai modi cortesi del grande AS e vi godete la passeggiata: AR si muove in completa autonomia e con pochi passi esce dall’hangar e poi dalla base. La cosa ti mette in allarme, ma nessuno tenta di fermarvi e allora provi a rilassarti.
Certe abitudini sono dure a morire, ma puoi farcela.
L’AS attraversa la giungla e giunge fin sul ciglio di un’alta scogliera rocciosa. Spicca un salto ben coordinato, strappando un gridolino di paura a Kaname, che viene rassicurata prontamente: -Stai tranquilla, non è mia intenzione mettervi in pericolo.
Cammina sul fondale con l’acqua sino al petto per allontanarsi di una decina di metri dalla costa. Qui si ferma per informarvi: - Nel vano porta bagagli c’è una sacca. È per te, Sousuke.
Con lo sguardo perplesso apri il portello che ti ha indicato l’AS e lo apri per scorgerne il contenuto.
-So che ti piace un’attività umana chiamata “pesca”. Ho sbagliato?
Sorridi. Lo fai spesso, ormai.
-No, AR, non sbagli.
Uscite e vi accomodate sui palmi delle grandi mani che il robot tiene accostate per voi ad in metro dalla superficie dell’oceano e la tua mente corre a quella prima volta in cui, dopo la crisi sul TDD-1, vi trovaste a pescare insieme, tu e Kaname, a quanto siete cambiati da allora.

Nella borsa c’è tutto l’occorrente compreso il vostro pranzo, e ti accingi a preparare la lenza per lei, poi ne sistemi una per te. È da tanto tempo che non ti dedichi al tuo hobby e una leggera sensazione di euforia ti assale, mentre il vento leggero vi scompiglia i capelli e getti le lenze con due lanci perfetti, respirando a fondo la salsedine che la brezza marina porta al viso.
-Grazie, AR, è magnifico!- dici, sentendo di doverlo fare: è davvero un grande regalo essere lì insieme, ancora una volta.
Però lui resta in silenzio.
Solo diversi minuti dopo, e ti pare di scorgere una leggera esitazione nella voce metallica, gli sentite dire: -Io… io non posso accettare un altro pilota. Hanno provato in tanti. Sono stato definito “un AS inutile”.
La cosa non ti stupisce più di tanto neanche stavolta. Tessa lo aveva detto chiaramente: AR era una macchina diversa da tutte le altre, persino da Dana, l’intelligenza artificiale che presiedeva al sottomarino… e dopo che il primo pilota lo aveva guidato, si era settato sui suoi schemi mentali.
Quel primo pilota eri tu.
Sai pure che è triste e che l’unico robot a poter provare un qualsiasi sentimento è lui. Non sai tecnicamente perché, non lo sa nessuno, dato che il suo creatore ha portato con sé quel segreto nella tomba, ma le cose stanno così e nessuno può cambiarle.
-Anche io ti definivo a quel modo, ma non te la sei mai presa così tanto.
Hai un modo tutto tuo di tirarlo su e Kaname ti guarda perplessa, ma resta in silenzio ad ascoltare quel dialogo così irreale tra un ex soldato ed un robot.
-Sì. Ma non lo hai mai pensato per davvero. Io… lo so. Con te ero utile.
Ti stupisci della sua sensibilità, della sua capacità di leggerti e sai che non dovresti. Forse in maniera un po’ brutale chiedi: -Cosa vorresti che facessi, AR? Sai bene che la Mithril non c’è più. Adesso sono un semplice istruttore e anche se lavoro in una caserma, sono un civile. E i civili non possono tenere un AS sotto casa o in garage. Non so nemmeno quale sia l’organizzazione che ti ha ricostruito quale ruolo vi abbia Mila. Spiegami e forse ti saprò dire qualcosa.
L’AS resta di nuovo muto ad elaborare il tuo punto di vista, poi risponde: -Mila mi ha ricostruito. La base dove alloggio è delle Nazioni Unite, un reparto anonimo che agisce dietro direttive precise in caso di crisi. Loro speravano di potermi utilizzare, ma non posso essere resettato. Io… sono diverso. È per quella cosa, il Lambda Driver; ormai sono rimasto solo io ad averlo: i piani di costruzione erano sul TDD-1, ormai cancellati dalla testata nucleare. Mila sa come ripararmi, ma le sue conoscenze si limitano a questo. Devo restare inutile, Sousuke Sagara?

Quella domanda ti colpisce. Per quanto possa essere autonomo, sapete entrambi che ha bisogno del suo pilota per funzionare al meglio... le Nazioni Unite avevano fatto male i propri calcoli nel ricostruirlo e adesso lo consideravano fonte di risorse sprecate. Cosa dovresti fare? Abbandonare la vita che ti sei conquistato a fatica per tornare in guerra?
Ti volti verso Kaname e vorresti dirle tante cose, ma le vedi scuotere il capo.
-AR ha una proposta da farti. Che ne dici di ascoltarlo?
L’AS riprende a parlare: -La tua nuova vita ti piace, Sousuke. Non ti dà i problemi di quella che avevi con me- afferma, invece di proporti quel qualcosa a cui accennava la tua compagna. E ti investe il pensiero di quelle crisi, dell’ultima che risale a tre giorni fa per colpa di uno stupido videogioco. E comprendi.
-Si, AR, mi piace la mia nuova vita. Ma i problemi non mancano comunque, non eri certo tu a darmeli.
-Ne vuoi parlare?- ed è come se un vecchio confidente fosse tornato ad ascoltarti ed aiutarti.
-I medici la chiamano “sindrome da stress post-traumatico” ed è comparsa quando ho lasciato i campi di battaglia, non riesco a scordare gli orrori della guerra…- spieghi, mentre Kaname tende una mano a stringere la tua.
-Capisco.  Mi dispiace- commenta il robot. Sai che ha avviato una ricerca in rete per capire meglio e adesso sa anche lui.
-Soffri di depressione? I flashback sono frequenti?- si informa con lo stesso tono di un medico premuroso… in questo non è cambiato molto.
-No, non mi capita troppo spesso. E Kaname mi aiuta a non essere troppo triste- gli dici, mentre sorridi a lei.
Di nuovo immersa nel silenzio dell’elaborazione, la sua intelligenza artificiale unica al mondo gli permette di pensare pressoché come un umano. Certo è limitato negli schemi della programmazione, ma è in grado di apprendere e capire ciò che provi. Alla Mithril i tecnici lo definivano il tu alter-ego, praticamente un riflesso di te. Quasi certamente, anche a distanza, per tutti i mesi in cui non vi siete visti, con te stava male anche lui.
-Capisco.- dice infine la voce sintetizzata. Poi aggiunge: -Ti ringrazio Kaname Chidori.
-E perché mai?- chiede lei senza capire.
-Per essere stata vicina a Sousuke.- afferma candidamente.
Lei ti fissa, seria, mentre ribatte in quella strampalata conversazione: -Lo avrei fatto comunque, AR. Ormai non riesco a stargli lontano.
-Capisco.- reitera la macchina. Elabora ancora, poi chiede conferma: -È questo “amore”?
Mentre avvampi e stai per rimproverare la sua invadente sfacciataggine, lei risponde con insolita pazienza: -diciamo che è anche questo, AR.
Ti rendi conto che il suo sistema di apprendimento è ormai sempre attivo e ti viene da ridere... le situazioni complicate non mancheranno mai nella tua vita.









1)) Roger: nella procedura radiotelefonica in lingua inglese ACP125 è un'istruzione di procedura che significa "ho ricevuto la vostra trasmissione soddisfacentemente". Nella versione italiana di tale procedura l'equivalente istruzione è "Ricevuto", non è mai una domanda ed è tuttora in vigore.

2) Cockpit: 
abitacolo o cabina di pilotaggio

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3229755