Potremmo volare

di Sam27
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Io e la mia ossessione ***
Capitolo 2: *** Mai insultare Harry Potter davanti a me ***
Capitolo 3: *** Io sono etero, eterissimo ***
Capitolo 4: *** Aspetta..cosa? ***
Capitolo 5: *** Sono solo libri ***
Capitolo 6: *** Famiglia Lorenzetti passione Karaoke ***
Capitolo 7: *** Shopping e brutti ceffi ***
Capitolo 8: *** Zitto e nuota ***
Capitolo 9: *** E' tempo di sorprese ***
Capitolo 10: *** Mal d'amore ***
Capitolo 11: *** Milano, modelli senza maglietta e insoliti amanti ***
Capitolo 12: *** Era glaciale ***
Capitolo 13: *** Il ballo del re e della regina ***
Capitolo 14: *** Concorso: Sfiga in amore. Posizione: prima classificata. ***
Capitolo 15: *** Potremmo volare ***
Capitolo 16: *** Epilogo ***
Capitolo 17: *** Sequel ***



Capitolo 1
*** Io e la mia ossessione ***


1.Io e la mia ossessione
“Harry Potter non è reale?
Oh no!
Aspetta, aspetta, che cosa intendi per reale?
Sono reale se mi puoi vedere e sentire ma solo attraverso internet?
Sei reale se posso leggere il tuo commento, ma non so chi sei o come ti chiami o da dove vieni o quanti anni hai o cose simili?
So tutte queste cose su Harry Potter.
Forse Harry Potter è reale e tu non lo sei.”
John Green
Sbuffo sperando di spedire un ciuffo riccio, castano e ribelle al suo posto senza dover staccare le mani dal libro che sto leggendo.
Arricciò il mio naso a patatina sperando così di non dover sollevare una mano per grattarmelo.
Iniziò a muovere la gamba destra avanti e indietro, cercando di far cadere la zanzara che vi si è comodamente sistemata sopra per uno spuntino.
-Nora! Nora!! Papi dice che ci lascia andare in riva se vieni con noi! Noraaaaaa!- mi chiama mia cugina di sei anni iniziando a picchiettare con l’indice minuscolo sulla mia spalla.
Mi arrendo e, scrollata dalla sabbia ed usata come segnalibro una carta di caramella, chiudo il libro, riponendolo nella borsa.
Cammino spedita sulla passerella, al mio seguito la dolce e bravissima Aurora –ovviamente si scherza- e la mia sorellina Elena.
Elena ha otto anni e l’unica cosa che ci accomuna sono gli occhi castani. Lei, infatti, è biondissima e liscissima oltre che magrissima e –agli occhi di parenti, amici e conoscenti- adorabile. Aurora invece è pienotta e castana.
Arrivate sul litorale le due bimbe iniziano a correre, schizzandosi e lanciandosi acqua addosso.
Io osservo un po’ loro, un po’ il paesaggio afrodisiaco di fronte a noi ed un po’ i passanti.
Improvvisamente vedo venire verso di me un ragazzo biondo, alto, dal fisico scolpito ed epici occhi azzurri. Mi sorride ed alza una mano per salutarmi, io arrossisco mentre il mio cuore perde qualche battito.
Quando poi mi fa l’occhiolino credo di poter svenire da un momento all’altro, alzo lentamente la mano per salutarlo a mia volta quando una ragazza mi sfreccia accanto finendogli tra le braccia.
Rimango a bocca aperta, la mano a mezz’aria.
Perfetto: figura di merda del giorno effettuata.
D’altronde dovevo sospettare che non si stesse veramente rivolgendo a me.
Io sono un tipo perfettamente normale.
Ovviamente scherzo.
Sono una fan girl.
E faccio parte di talmente tanti fandom che ormai il briciolo di sanità mentale che Dio aveva voluto sprecare per me se n’è volato su una Firebolt dell’ultimo modello per farsi un bel viaggetto a Narnia in compagnia dello Stregatto.
Ci sono alcune cose che ho imparato da brava fan girl:
  1. “Asjdnbvfuhuj” riassume tutto. E con tutto intendo qualsiasi cosa talmente pucciosa da poter essere riassunta.
  2. La nutella è la tua migliore amica. Nonché la soluzione a qualsiasi tuo problema.
  3. Si può sopravvivere dormendo solo tre ore. E mangiando molta Nutella, mi sembra sottointeso.
  4. Libri e computer sono l’ingresso per il paradiso. Potete anche sostituire il computer con uno Smartphone, un Iphone o un tablet. Ed ovviamente aggiungete la Nutella.
  5. Quale marca di fazzoletti è più resistente. I fazzoletti Tempo sono eccezionali, me ne servono solo cinque pacchetti a libro.
  6. I personaggi immaginari sono migliori di quelli reali. Infatti sembra che il mio ragazzo ideale non esista. Io vorrei solo che avesse la dolcezza di Peeta Mellark, l’umorismo di Fred Weasley, il coraggio di Peter Pevensie, la bellezza di Finnick Odair, il sarcasmo di Jace Shadowhunters e l’intelligenza di Caleb Prior.Forse chiedo troppo?
Mi guardo i piedi lambiti dalle onde, se volgo il mio sguardo appena più in là riesco a scorgere il mio riflesso nell’acqua: capelli ricci ed indomabili, occhi banalmente marroni, qualche chilo di troppo, lentiggini ovunque e labbra sottili.
Non dico di essere brutta, ma semplicemente non rientro nei miei canoni di bellezza.
Mi ritrovo ad imprecare contro Zeus dopo che un’onda anomala provocata da due pesti in formato baby mi ha investita dalla testa ai piedi.
-Voi due!- esclamò stringendo i pugni.
-Ti vogliamo bene sai Nora?- dice Elena spalancando i suoi grandi occhi castani mentre tiene per mano Aurora che mi manda un bacino con la mano.
Oh al diavolo il fatto che mi hanno appena bagnata dopo che stamattina avevo impiegato almeno un’ora nel vano tentativo di sistemare i miei ricci!
Come posso non amarle?
Le abbraccio stringendole forte.
-Anche io vi voglio bene- sorrido –Ma ora torniamo agli ombrelloni-
-No! Noraaaa!- inizia a strillare Aurora mentre Elena punta testardamente i piedi a terra.
Sono costretta a trascinarle, letteralmente, sulla sabbia fino ai nostri ombrelloni.
Mentre sguardi indignati di adulti che tra poco chiameranno il telefono azzurro continuano a freddarmi.
Finalmente raggiungo la mia meta e le scarico a mia madre con uno sguardo tutt’altro che grato, lei fa finta di non capire e mi restituisce un’occhiata serena.
Giunge come un’oasi nel deserto l’ora di tornare a casa e, varcando il cancello dell’abitazione di nonna Secondina, già assaporo l’odore di un buon libro sotto il Cipresso che abita da anni nel cortile. Sto giusto dirigendomi sotto di esso con un espressione beata in faccia quando mia zia decide che è giusto rendere la mia già complicata vita nell’Ade e mi chiama a gran voce.
Poso seccata il libro su un mobile a caso e la raggiungo per iniziare a pelare patate.
-Quante ne devo pelare?- domandò a zia Anna.
-Quattro o cinque-
-Quattro o cinque patate vero?- domando con un brutto presentimento.
-Certo che no- ride lei –Quattro o cinque chili-
Con la mascella che tocca terra e la mente che rasenta qualsiasi preghiera inizio a pelare le patate.
 
E’ ora di mangiare ed io mi siedo tranquilla al mio posto, tra zio Giorgio –io adoro zio Giorgio!- e nonno Giuseppe.
Le penne all’arrabbiata cucinate da mamma sono semplicemente ottime ed è inutile dire che faccio il bis.
Anche le polpette di zia sono da leccare i baffi ma è quando zia serve le patate che temo per la mia incolumità.
-Chi ha pelato le patate?-
-Io, nonno- sospiro rassegnata.
-Hai tolto più patate che buccia! Ai miei tempi non si osava sprecare in questo modo del cibo!-
Sì, ed hai suoi tempo le ragazze non venivano schiavizzate ma lasciate in pace a leggere i propri libri!
-E dai papà! Eleonora è stata brava- dice papà facendomi un occhiolino.
Ecco, l’ho già detto che amo mio padre?
-Dopotutto si deve preparare per quando si sposerà!- esclama mamma ridacchiando sotto i baffi.
-Chi si sposa?- chiede nonna sistemandosi la dentiera.
-Eleonora..- fa per dire zio.
-Mia nuora è morta da tanti anni- lo rimbecca nonna.
-No mamma: ELEONORA- scandisce papà frustrato.
-Non è un po’ troppo giovane?-
-Ah proposito! Che ci dici del fidanzatino?- mi chiede zia mentre nonno cerca di spiegare alla nonna che non mi devo sposare.
Arrossisco confondendomi con il vestito che indosso.
-Non esiste nessun fidanzatino- borbottò.
-Lei non ce la racconta giusta- continua mia madre.
-Alla sua età avevo la ragazza e nessuno lo sapeva!- esclama mio padre.
-Ti ricordi quando siamo scappati in motorino?- ridacchia zio.
Così i due si distraggono dall’argomento Eleonora-fidanzatino ed iniziano a ricordare a gran voce le loro bravate.
-Allora questo fidanzatino?- insiste zia.
-Preferisco i libri grazie- dico a mezza voce.
-Ah! I libri!- fa mia madre come se fossero la più grande disgrazia mai capitata.
-Io alla sua età volevo uscire con le amiche! E lei cosa fa? Sta a casa a leggere!- esclama mia madre.
-Sarà solo un periodo passeggero..- dice mia zia. –Conosco una signora che mi ha detto che la figlia della vicina di casa di sua suocera..-
E qui smetto di ascoltare il loro inutile gossip.
Ora c’è un gran baccano e nessuno sembra considerare le mie patate, tranne Aurora che ha preso a lanciarle con il cucchiaio per la stanza.
-Un elefante si dondolava sopra il filo di una ragnatela e ritenendo la cosa interessante andò a chiamare un altro elefante! Due elefanti..- inizia a cantare a gran voce Elena solo per avere un po’ di attenzione per sé.
Io mi prendo la testa tra le mani.
Questa è la mia famiglia e ciò che devo sopportare tutti i giorni.
Poi si stupiscono quando dico che a 17 anni me ne andrò di casa e alloggerò ad Hogwarts dove chi cerca aiuto lo trova sempre.


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Questa storia è nata per caso, come credo succeda alla maggior parte delle storie.
Spero che recensiate, accetto le critiche molto volentieri.
Ho bisogno del vostro parere perchè non sono molto sicura sulla riuscita di questa storia.
A presto,
Sam

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Capitolo 2
*** Mai insultare Harry Potter davanti a me ***


2.Mai insultare Harry Potter davanti a me.
“Tutti dicono che sono pazzo
ma pazzo ancora non lo sono.
Pazze sono le persone che affermano
che Twilight è meglio di Harry Potter.
Sarebbe come dire che l’inferno
 è meglio del paradiso.”
Jhonny Deep
E’ un’altra splendida giornata di sole, i gabbiani fanno un baccano incredibile, le bambine al piano di sotto già bramano la spiaggia e mamma si ostina a chiamarmi alle dieci di mattina. Non lo vuole proprio capire che alle dieci è come se fosse ancora notte inoltrata, lei si ostina a ripetere che è già metà mattina.
Mi stiracchio e scendo le scale rischiando di cadere tre o quattro volte, mangio il mio croissant con il succo di zucca.
Almeno qui, a casa della zia, non manca mai il cibo.
Alle dieci e mezza siamo tutti pronti per andare in spiaggia e, una volta arrivati, mi accollano subito Aurora ed Elena.
Secondo giorno di vacanza.
Secondo giorno di tortura.
Ancora diciotto giorni.
Quando i miei genitori mi hanno annunciato:”Siamo riusciti a risparmiare tutto l’anno per andare tre settimane in vacanza in Emilia Romagna a casa di zia Anna”. Non pensavo che intendessero: “Siamo riusciti a risparmiare tutto l’anno per far venire anche te tre settimane in vacanza in Emilia Romagna a casa di zia Anna; in modo che potrai occuparti di tua sorella e tua cugina mentre noi ce la spassiamo”.
Ma d’altronde non potevo non sospettare che ci fosse una trappola, da qualche parte.
-Allora bambine facciamo un gioco?- domando sedendomi sullo sdraio.
-Quale gioco?-
-Nora giochiamo a fare i castelli di sabbia?-
-No perché lei mi ruba tutto!-
-Sei tu che mi rubi tutto!-
-Allora giochiamo a nascondino!-
-Qui non ci si può nascondere!-
-Allora giochiamo a prenderci!-
-Presa!-
-Non vale! Nora non aveva detto via!-
Le due pesti iniziano presto a rincorrersi attorno all’ombrellone facendomi girare la testa.
-Nora!! Eleoora mi tira i capelli!-
-Nora! Elena non sa giocare!-
Presto l’aria viene riempita da un coro di inutili e irritanti: “Nora!!!”.
-Adesso statemi bene a sentire: se continuate così chiamo zia Bellatrix che arriva e vi crucia tutte e due finché non fate le brave.- dico spazientita guardandole severa e puntando loro il dito contro.
Elena e Aurora si zittiscono e si siedono sullo sdraio, lo sguardo impaurito.
Io tiro un sospiro di sollievo.
Una voce maschile e sconosciuta mi fa sobbalzare.
-Attenzione bambine zia Bellatrix è molto cattiva-
Mi giro e vedo un ragazzo alto, ben piazzato, con i capelli castani e limpidi occhi azzurri.
Cerco invano di richiudere la bocca, la cui mascella tocca ormai la sabbia tiepida del mattino.
Lo guardo stranita mentre lui si avvicina senza che nessuno l’abbia invitato.
-Sono Luca, Tassorosso- dice tendendomi la mano entusiasta.
-Eleonora, Grifondoro- dico stringendogliela.
Anche se in questo momento non sono molto sicura della mia appartenenza alla casa dei nobili in spirito e di cuore visto che il mio coraggio è stato rimpiazzato da un’assurda serie di: “Hjdbchjdsbvbsinik”.
-Lavoro come bagnino qui, perciò ci si vede in giro- mi sorride.
-Certo!- esclamò mentre la mia mascella, lentamente, ritorna al proprio posto.
Dì qualcosa di intelligente Nora!
Su: dì qualcosa di sensato.
E così dico la prima cosa sensata che mi viene in mente che non può essere altro che:-Stai attento, alle scale piace cambiare-
Lui  ride mentre io credo di svenire sul colpo.
Bella trovata, certo, bellissima.
Non ci sono scale in spiaggia.
-Perché sei tutta rossa?- mi chiede Aurora che mi è salita sulle ginocchia e mi strapazza le guance, tirandole verso l’esterno.
-Perché fa caldo- dico sventolandomi una mano davanti al viso.
-Ora giochiamo?- domanda Elena seduta a terra.
Io annuisco.
 
Mi capita di nuovo di incontrare il bel Potterhead dagli occhi azzurri quando porto Aurora a sciacquarsi gli occhi nei quali le è entrata la sabbia dopo un litigio con Elena.
Arrivo alla fontanella, mi inginocchio di fronte alla mia cuginetta e le tolgo la sabbia con cura, facendole poi il solletico. Lei smette di piangere e mi prende per mano, mi alzo in piedi e quello che vede manda gli unici neuroni che mi sono rimasti in vacanza al Distretto 13.
Luca si sta facendo la doccia, il sole rende la sua pelle abbronzata semplicemente divina, piccole gocce d’acqua gli ricadono su tutto il corpo ed entrano nel costume mentre i miei occhi vagano in posti in cui non tocca il sole.
Sto quasi per avvicinarmi a chiedergli se sia un semidio figlio di Afrodite quando mi nota, chiude l’acqua e mi saluta.
-Magari una di queste sera potremmo andare a prenderci un gelato a Diagon Alley- mi dice tranquillo.
-Perché no? Mi ha detto Madama McClan che ha degli sconti fantastici- dico annuendo vigorosamente, così tanto che penso che tra poco mi si stacchi la testa dal collo.
-Ci sai fare con i bambini- dice accarezzando la testa ad Aurora.
-Mi piacciono i bambini- rispondo facendo spallucce.
-Ora torno a lavoro. Ci sentiamo. Okay?- mi chiede ammiccando.
-Okay- rispondo. *
E probabilmente, se Aurora non mi stesse tirando verso l’ombrellone, mi sarei già sciolta.
 
Avevo appena finito di fare la doccia e pensavo di essere in pace con il mondo quando mio padre, con un sorriso a 32 denti –anzi 31 visto che 1 gliel’ha fatto cadere mio fratello Ivan- che non lascia intendere nulla di buono, ci ha annunciato: -Ora andiamo a fare qualche kilometro tutti insieme!-.
Ovviamente quando tuo padre ti dice che “farete qualche kilometro” tu pensi che intenda dire che camminerete per qualche metro.
Invece no.
E’ un’ora, ventinove minuti e sedici secondi che camminiamo.
Elena e Aurora in braccio ai rispettivi genitori ovviamente.
Camminiamo e camminiamo.
-Papà- dico ansimante –La prossima volta che mi annunci che dovremo camminare ‘qualche kilometro’ assicurati che io capisca appieno che tu intendi proprio qualche chilometro. Così troverò una qualsiasi scusa per non venire-
-Sciocchezze! Siamo quasi arrivati!- minimizza lui per la ‘ventordicesima’ volta in dieci minuti.
Sbuffo.
Perché non posso avere una famiglia normale?
Forse capisco da chi ho preso.
-Ecco dove andavamo sempre a mangiare quand’eravamo ragazzi!- esclama zia indicando qualcosa davanti a noi.
Mi giro e ciò che vedo mi lascia a bocca aperta: un hotel a cinque stelle che è adibito anche da ristorante, ascensore di vetro, luci blu ad ogni finestra, ringhiere color oro, piscina interna ed esterna, tavoli con tovaglie bianche e posate d’argento, musica dal vivo, buffet e camerieri vestiti da pinguini.
-Per la miseriaccia- boccheggiò.
-Fantastico no?!- esclama allegro lo zio.
Lo guardo e improvvisamente capisco di aver preso un abbaglio.
Stava indicando un altro locale.
Questi avrà, se va bene, mezza stella, tavoli grezzi, musica Jazz, una finestra rotta e qualche mosca si diverte a posarsi qua e là.
-Oh- dico.
-Andiamo a fare la pappa?- domanda Aurora impaziente.
Io deglutisco.
Entriamo ed ordiniamo, si presenta una donna alta, dalla voce stridula, il corpo enorme –e quando dico enorme intendo una balena con trucco e parrucco- e un fastidiosissimo chewin gum rosa.
-Iniziamo bene- borbotto mentre Elena cerca invano di schiacciare una mosca che le dà fastidio.
Al contrario delle aspettative i miei spaghetti allo scoglio sono ottimi. Se dessero una sistemata al locale attirerebbe molti più clienti.
Quello che più mi spaventa, finito di mangiare, è il percorso per tornare a casa.
-Non è che ci si può fermare a metà per un gelatino?- domando innocente.
-Perché non la smetti di lamentarti?- mi domanda mia madre sbuffando –Non è che ti faccia male un po’ di moto-
-Tse.. babbana..- mormoro trascinando i piedi.
Dopo molti minuti di ostinato silenzio e camminata, succede qualcosa che mi fa amare i kilometri di papà.
-Ehi Eleonora!- mi chiama qualcuno dall’altra parte della strada pedonale.
Raggiungo Luca di gran lena.
-Ehi ciao- dico sorridendo a lui, al suo amico biondo e ad una rossa tinta.
-Ti va di uscire con noi? Facciamo un giro qua attorno e ti riaccompagniamo a casa- mi dice sorridendo.
-Se per voi va bene…- dico cercando di trattenere l’entusiasmo.
-Certo!-
-Allora avviso i miei-
-Mamma! Vado a fare un giro con loro! Sono bravi ragazzi. Mi riaccompagnano poi a casa- dico sorridendo.
-Okay va bene- dice lei guardandomi severa –Non più tardi delle undici-
-Quello è il fidanzato di Eleonora!- esclama Aurora con tempismo perfetto.
-No ma cosa dici Aury? E’ solo un amico! Non è il mio fidanzato!-
-Ripensandoci non credo sia una buona idea. Non so chi siano quelli e non conosci il posto. Meglio di no- dice mio padre.
-Ma papà! Non è il mio ragazzo!-
Io quella piccola peste uno di questi giorni la sotterro..
-Fa niente. Non ci vai. Siamo qui per passare una settimana in famiglia!-
-Ma mamma..-
Lei mi guarda senza dire nulla.
Torno da loro con la mascella ed i pugni contratti.
-Abbiamo un impegno sta sera, non posso venire- dico a testa bassa, facendo una smorfia.
-Tranquilla! Ci si vede domani in spiaggia- mi dice Luca dandomi un bacio sulla guancia.
Torno dai miei con l’espressione ebete e la mano sulla guancia.
-Allora ti va un gelato?- domanda allegra la zia.
-No- ringhio chiudendomi in un ostentato silenzio.
E che cavolo!
Una volta che delle persone mi chiedono di uscire!
Vogliono proprio uccidere quella piccola parte di vita sociale che mi è rimasta!
Sbuffo un passo sì ed uno no, tenendo la testa bassa e non vedendo l’ora di arrivare nella mia stanza a leggere mentre intorno a me si diffonde pian piano un chiacchiericcio allegro.
-Nora?- chiede mio zio.
-Che c’è?- rispondo secca.
-Che ne dici se facciamo un salto in libreria?- domanda mio padre.
Alzo lentamente lo sguardo e li osservo cercando di scoprire dove sia la trappola.
Sguardi sinceri e portafoglio in mano.
Nessuna trappola.
No, Nora, devi resistere.
Non puoi farti comprare così.
Ricorda: non possono distruggerti la vita sociale in questo modo.
Sono solo dei libri, solo dei libri, solo dei..
-Dov’è la libreria?- chiedo entusiasta.
Ecco appunto, voglio solo dare un’occhiata. E’ ovvio che  non mi stanno comprando.
Dieci minuti dopo esco con “Storia di una ladra di libri” ed un sorriso che va da orecchio ad orecchio.
Ma, mio malgrado, la serata non è ancora finita.
Arriviamo in gelateria dove prendo un cono nutella e cioccolato fondente, giusto per seguire la mia inesistente dieta.
Siamo comodamente seduti su un tavolino a mangiare gelato quando le mie orecchio odono ciò che delle povere orecchie indifese non dovrebbero mai sentire.
-Hai visto che schifo tutte ‘ste cose di Harry Potter?-
-Quando lo capiranno che quel film per bambini è finito?-
-E’ roba più che superatissima. Dovrebbero iniziare a leggere un po’ di roba sana come Twilight-
Deglutisco.
A parte il povero italiano, questo sconosciuto ma.. Che schifo ed Harry Potter nella stessa frase? Film per bambini? Roba superata? Roba sana come Twilight?
-Scusa mamma, ma devo salvare il mondo- le dico facendo una smorfia.
Senza controllare la sua reazione –sicuramente allibita e preoccupata- mi volto ed avvicino la sedia al tavolo delle due disagiate.
-Scusate il disturbo ma non ho potuto fare a meno di ascoltarvi- dico mentre loro mi osservano infastidite.
-Vi volevo solo dire – inizio cercando di tenere a bada la rabbia –che Harry Potter è una saga letteraria di enorme successo. Ha venduto bilioni di copie, ha due parchi a tema, ha isipirato un nuovo sport ed ha donato un’infanzia magica a milioni di ragazzi.
-Harry Potter non è solo una saga per bambini. Harry Potter insegna i principali valori come l’amicizia e l’amore, l’essere coerenti alle proprie azioni, il valore della famiglia, insegna a non disprezzare gli altri e che ognuno di noi è speciale ed unico. Insegna tutto questo e molto altro ma se voi siete così babbani da non capirlo non è colpa mia.
-Inoltre volevo informarvi che Harry Potter e Twilight non sono neanche lontanamente paragonabili-
Mi fermo per riprendere fiato.
-E questo è per voi: fatene buon uso- dico prendendo dalla mia borsa un dizionario tascabile e regalandolo.
Torno al tavolo.
-Eleonora, si può sapere che hai detto a quelle povere ragazze? Sembrano sconvolte- dice zia osservandomi torva.
-Nulla zia: salvavo il mondo- dico io mentre sbollisco del tutto la rabbia.
Quando ci vuole ci vuole.
Mai, e dico MAI, insultare Harry Potter davanti a me.
 
 
 
*= per chi di voi non lo sapesse sono due battute molto famose di “Colpa delle Stelle” un fantastico libro di John Green che vi consiglio vivamente (tenete conto che io non amo i romanzi rosa..) :
“Okay” ha detto lui dopo un’eternità.
“Forse okay sarà il nostro sempre.”
“Okay” ho detto.
“Okay” è molto più di una parola. E’ una promessa. E’ un “ci sono e ci sarò”. All’apparenza sono solo quattro lettere, ma nascondono un Universo. Il loro. Quello che lega Hazel e Gus. _Direttamente da Team World
 

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Prima che mi linciate e diate i miei resti a Nagini voglio informarvi che con questo secondo capitolo non avevo assolutamente intenzione di screditare o insultare Twilight.
Sono infatti del parere che queste due saghe siano completamente diverse tra loro, sia nel genere sia nella trama, e che quindi non possano essere messe a confronto.
Detto ciò quest’ultima parte era, per così dire, una parodia delle ragazzine ignoranti e prive di lessico che impazziscono per Twilight e screditano in tal modo saghe come Harry Potter o Hunger Games. Avrei potuto scrivere la stessa cosa su alcune fan dei One Direction che sostengono che i Beatles siano ormai superati.
Detto questo spero recensiate,
a presto
Sam

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Capitolo 3
*** Io sono etero, eterissimo ***


3.Sono etero, eterissimo
 “Sai cosa c’è di triste nel leggere libri?
Che ci si innamora dei personaggi,
Crescono con te.
Quando si legge, si inizia a sentire ciò che sentono, si diventa loro.
E quando hai finito, non sei mai più lo stesso.
Certo che sei ancora tu:
 hai lo stesso aspetto,
 parli nella stesso modo,
ma qualcosa in te è cambiato.
Qualcosa nel tuo modo di pensare,
il modo in cui scegli,
a volte, anche le cose che dici possono essere diverse.
È incredibile, ma in qualche modo,
ti senti lasciato solo da quel mondo di cui una volta eri parte.
È travolgente.
Ma ti rende triste.
Perché una volta eri in questo altro mondo…
e poi improvvisamente devi dirgli addio.”
Suzanne Collins
Questa mattina devo essermi svegliata dalla parte sbagliata del letto o forse sono solo di malumore perché invece di stare in spiaggia devo aiutare mamma con la montagna di bucato.
Credo che non finiremo mai.
Qualche Hobbit deve divertirsi a farci qualche subdolo scherzo.
Più vestiti stendiamo e più ce ne sono.
Magari mentre mi giro mia mamma rimette la roba al suo posto.. In effetti mi sembra di aver già steso questa maglietta tre volte. O forse è solo lo zio che ha i vestiti tutti uguali.
-Tieni: rimetti questo nella roba da lavare, è caduto- mi dice mamma porgendomi un indumento sporco e stropicciato.
Annuisco e , trascinando i piedi per cercare di metterci più tempo possibile, mi dirigo dall’altra parte della terrazza.
Improvvisamente mi immobilizzo e guardo l’oggetto tra le mie mani come se fosse il mio tesoro –con tante ‘s’, sì-.
-La padrona ha dato a Dobby-Eleonora un calzino!- esclamo voltandomi verso di lei con un enorme sorriso.
-Cosa.. cosa vai blaterando?-
-La padrona ha dato a Dobby-Eleonora un calzino- ripeto imperterrita –Dobby-Eleonora è un elfo libero!-
E così dicendo la prendo sotto braccio improvvisando una strana danza.
-Vado in spiaggia- le annuncio dandole un bacio sulla guancia e fiondandomi giù dalle scale prima che abbia il tempo di riprendersi o dire qualcosa.
Saltellando arrivo finalmente al bagno, decido di passare prima in una cabina per cambiarmi.
Entro tranquilla nella prima e per poco non mi viene un infarto.
Ho aperto appena la porta di qualche centimetro ed ora sto fissando Luca ed il bel biondino di ieri sera che si baciano.
Ma no: mi starò sbagliando.
Magari mi è entrato un Hagrid in un occhio e ho un abbaglio.
Richiudo la porta di colpo e faccio per andarmene quando una mano mi blocca.
Ecco, questo è il punto del  film in cui lui mi dice che tra lui e il suo amico non c’è nulla, che è pazzo di me e subito dopo mi bacia.
-Scusa, io.. pensavo fosse libero- dico guardandolo di sottecchi.
Peccato che la mia vita non sia un film.
-Stai tranquilla, possiamo essere ancora amici vero? Non vorrei che tu fossi una di quelle ragazze contro gli omosessuali, non mi va di perdere una ragazza speciale come te- dice arrossendo.
-Certo che siamo ancora amici- gli dico sforzandomi di ricomporre la mia faccia distrutta in 1000 pixel mischiati alla sabbia e deformarla in un sorriso.
-Torna da lui ti starà aspettando-
-Grazie mille Ele!- esclama dandomi un buffetto sulla guancia e tornando nella cabina con il suo ‘amico’.
Mi dirigo verso l’ombrellone sconvolta.
-Nora!- esclama mio padre appena mi vede –Sei riuscita a liberarti?-
Mi fa l’occhiolino ed io accenno una smorfia divertita.
-Perché sei ancora vestita?- mi domanda zio osservando corrucciato i leggings e la canotta sbiadita.
Merlino! Me ne ero completamente dimenticata.
-Giusto: vado a cambiarmi-
-Non c’è tempo!- esclama zia prendendomi saldamente sottobraccio. –Arrivano dei nostri amici di vecchia data-
-Sì, ti ricordi Alessandro? Giocavate sempre insieme da piccoli- dice papà.
-Veramente no..- dico preoccupata.
Mentre lo zio si volta per salutare qualcuno e la zia mi tiene ancorata a sé ho lo spaventoso flashback di un bambino piccolo e paffutello che mi tira le lunghe trecce e tiene il mio libro preferito lontano dalla mia portata.
-Ah ora ricordo- mormoro senza che nessuno mi senta.
Gli ‘amici’ sono composti da mamma, papà, figlia e Alessandro.
Deglutisco.
E ti pareva che un bambino paffutello non potesse che diventare un figo di Venere.
Devo essere l’unica ragazza sulla terra ad essere rimasta paffuta tale e quale al primo anno di vita.
Dopo una serie di immancabili e interminabili “Ma ciao Nora quanto sei cresciuta!”, “Ma come sei bella!” e “Ricordo quando eri piccola così” -tutti falsi e fastidiosi, soprattutto perché io non ho il minimo ricordo di loro- ho modo di appurare che non solo Alessandro è molto carino ma anche molto antipatico: non ha fatto altro che restare tutto il tempo attaccato al suo cellulare.
Che noia.
A meno che non stia su EFP a leggere sulle sue Ship preferite non credo proprio che andremo d’accordo.
Finalmente ci diamo appuntamento all’ora di cena e loro tolgono il disturbo –letteralmente- siccome devono disfare le valigie.
-Non sei contenta Nora? Resteranno con noi per il resto delle vacanze-
Lo ammetto: non avevo recepito questo piccolo particolare.
 
 
O è lo specchio distorto e dispettoso o potrei essere presentabile.
Mi sono già cambiata d’abito cinque o sei volte, tutte per colpa di mamma.
I pantaloncini erano troppo poco eleganti, la tute jumpsuite troppo elegante, la camicia e quegli altri pantaloni troppo colorati, i jeans troppo lunghi, quella gonna –che, tra l’altro, non avrei messo neanche sotto tortura- troppo corta.
Così indosso un vestito –ultimamente sono così fissata con gli abiti da essermene riempita l’armadio- bianco a fiori gialli e blu, con lo scollo a cuore, sopra una giacca a mezza manica gialla e un paio di sandali bassi e bianchi.
-Che ti vada bene o no: vengo così- dico piazzandomi davanti a mia madre.
-Sei bellissima!- esclama.
Questo è molto strano: non è mai propensa ai complimenti quando non si tratta di Aurora.
-Hai sbattuto la testa da qualche parte?- le domando apprensiva.
-Ma che dici?- mi chiede distrattamente –Piuttosto vieni che ti sistemo i capelli-
-I miei capelli stanno benissimo così, grazie- dico sempre più sospettosa.
E mi allontano da lei con circospezione.
Mezz’ora più tardi siamo davanti al ristorante, stranamente questa volta Alessandro non ha il cellulare tra le mani.
Ovviamente mi accollano mr. ‘Non ti saluto perché so’ più fico’ , la sorella, Aurora e Elena.
Appena arriva la pizza inizio a mangiare con foga e con molta finezza, ovviamente.
-Come ti chiami?- domando alla bambina dai corti capelli chiari, tanto per rompere il silenzio interrotto solo dai discorsi su Violetta da parte di Aurora e Elena.
-Sofia- dice guardandomi con grandi occhi color cioccolato.
Non può guardarmi così: non so resistere a quegli occhioni.
-E quanti anni hai?- le domando spostandole una ciocca di capelli dietro all’orecchio.
-Sei- dice continuando a guardarmi.
Perché i bambini sono così belli e così terribili?
-Che film ti piacciono?-
-Harry Potter, Peter Pan, Cenerentola e Frozen-
Credo di amare questa bambina.
Appena crescerà un po’ la rapirò e ci sposeremo nelle Canarie.
E’ illegale la pedofilia nelle Canarie?
In questo momento, sul televisore dietro mia zia, annunciano che tra poco andrà in onda la seconda parte del film d’amore più amato del momento: Twilight.
Sofia segue il mio sguardo e nota Edward e Bella baciarsi.
-Bleah- commenta ridacchiando.
-Li conosci?-
-Lui è una specie di fata che luccica no?- mi chiede innocente.
Non serve qualche anno.
Forse se riesco a procurarmi un documento falso potrei sposarla subito.
Ovviamente il mio momento di gloria nonché ritrovata fiducia sul genere umano e le generazioni future deve essere smentito da mia madre.
-Perché voi ragazzi non andate a prendervi un gelato?- domanda mamma indicando me e Mr. Cellulare che ha continuato a fissarmi per tutto il tempo.
Bello, antipatico ed anche maniaco.
Proprio non è il mio tipo.
-Non credo che papà sia d’accordo- dico impaurita dal sorriso serafico di mamma.
-Ma certo che sono d’accordo! Andate e divertitevi- esclama lui allungandomi cinque euro –E non tornate prima delle undici e mezza-
Ora capisco la premura di mamma, guardando le facce di tutti capisco che è un complotto. Vogliono fregare il lavoro a Cupido, poverino, tra i genitori e gli avvocati separatisti finiranno per mandarlo in cassa integrazione.
Però, mio padre, gran bell’uomo figlio di una gran bella donna –scusa tanto nonna-.
Se devo uscire con un mio amico, gay tra le altre qualità, no.
Se devo uscire con uno straniero, maniaco ed antipatico va tutto bene.
Figo.
Prima che io possa protestare mi ritrovo fuori dal ristorante al fianco di Alessandro.
Ed adesso arriva il bello.
-Andiamo?- mi domanda facendo una smorfia, come se fosse annoiato.
E no eh bello! Sono io che dovrei essere annoiata di stare con un individuo del genere! Cosa ti sbuffi che ti è capitata la fortuna di essere costretto ad andartene in giro con una come me?
Ma mi limito ad annuire e a lasciargli l’arduo compito di farmi strada.
Inizio ad osservare i passanti: mi è sempre piaciuto osservare le persone e affibbiare loro un libro, una delle case di Harry Potter, una delle fazioni o semplicemente immaginare chi siano nella vita, cosa facciano, perché lo facciano e se ne siano contenti o no.
Arriviamo in gelateria e Alessandro prende un cono puffo e bacio; io, canticchiando “Noi puffi siam così, allegri puffi blu, puffiamo su per giù due mele poco più, la la la la la..” ordino un cono con nutella, cioccolato fondente e nocciola, giusto per tenermi leggera.
Con mio sommo stupore paga lui.
Non farti strane illusioni, mi rimprovero tra me e me, è stato un gesto dettato sicuramente dall’obbedienza verso i suoi genitori.
Ci sediamo ad un tavolo per due ed iniziamo a mangiare il gelato.
-Venite qui in vacanza?- gli domando solo per rompere il silenzio fastidioso che si è creato.
Lui, con gli occhi che sfuggono ai miei, lecca un po’ di puffo e dice: -Sempre-
Ora, giusto per mostrargli la mia sanità mentale, inizio a fangirlare.
-OMG! Sempre? Davvero? Cioè ovviamente tu non potrai capire ma hai appena detto sempre! Non so se comprendi.. Come Sev o Peeta! Per la miseriaccia hai davvero detto sempre?! Certo sarebbe stato meglio se io ti avessi chiesto “Dopo tutto questo tempo” e tu avessi risposto “Sempre” ma io non potevo di certo immaginare che tu l’avresti detto! Ci sposiamo? Già volevo sposare tua sorella ma ora che ci penso non ne varrebbe la pena se poi dovessi passare 12 anni ad Azkaban perciò potremmo sposarci io e te, che dici?- mi fermo giusto due secondi per riprendere fiato prima di continuare –Non è che per caso sei fan di Harry Potter? O Hunger Games? E Divergent? Personalmente ho appena finito di leggere Shadowhunerts. OMG! Non è che hai letto anche Colpa delle Stelle? Ancora non ci credo! Hai risposto sempre! Ho bisogno di una boccata d’aria o rischio di svenire.. aspetta: ma qui siamo all’aperto!-
Lui apre e chiude la bocca parecchie volte mentre un rivolo di gelato azzurro gli cade sulla camicia bianca.
-Qual è la domanda?- mi domanda grattandosi il sopracciglio destro.
Io alzo gli occhi al cielo.
-Ma non hai sentito una parola di quello che ho detto?- sbuffo continuando a mangiare il mio gelato ma senza levargli gli occhi di dosso.
-Sì.. be’ sì.. non ho capito proprio tutto- dice sottolineando quest’ultima parola con molta enfasi –Ma anche a me piace Harry Potter e sto aspettando con ansia il trailer del terzo di  Hunger Games ma Divergent e Shadowcoso non so che siano..-
La mia mente taglia i pezzi in cui dice “non so che siano” e “Shadowcoso” per rimpiazzarli con “piace, Harry Potter” e “aspetto con ansia, Hunger Games”.
-Qual è il tuo personaggio preferito di Harry Potter? E la tua casa?- domando incredula.
Continuiamo a parlare anche dopo aver finito il gelato, camminando per i marciapiedi intasati di gente.
Verso le 11 decidiamo di rientrare ed iniziamo, quasi senza accorgercene, a camminare più lentamente.
Non avrei mai sospettato che Mr. Cellulare fosse fan di Hunger Games e Harry Potter.
Miseriaccia! Due ragazzi fanboys in solo due giorni..
Improvvisamente uno strano dubbio popola la mia mente, oscurando tutto il resto.
-Hai detto che ti piacciono Harry Potter e Hunger Games, giusto?- gli chiedo titubante, bloccandomi in mezzo alla via pedonale.
Lui si blocca a metà di un discorso sicuramente importantissimo e mi squadra, come se fossi una strana creatura aliena e per di più sorda.
-Già- dice incrociando le braccia e fermandosi a sua volta.
-Allora porti una maschera e in realtà sei bruttissimo?- gli domando mentre rincominciamo a camminare.
-No!- esclama indignato.
-Abiti a Narnia o in Groenlandia?-
-No.. ti ho detto prima che..-
-Soffri di brufoli particolarmente fastidiosi al fondoschiena?-
-Cosa… no!-
-Sei schizzofrenico?-
-Ma..-
-Ho capito: sei gay!- esclamò sospirando –Avrei dovuto capirlo prima-
-Ma io sono etero, eterissimo!- esclama arrossendo e alzando le mani, come a farsi scudo da una rara malattia.
-E allora non capisco, devo analizzare meglio i fatti Watson.- dico sfregandomi le mani.
-Anche io ho visto Sherlock Holmes- mi dice con un sorriso trionfante-
-E che libro hai letto? Quello di Conan Doyle o Andrew Lane?-
-Libro? Io ho visto il film- dice facendo una smorfia.
E pian piano un insano terrore inizia a farsi spazio su per le mie viscere.
-Non.. non hai letto i libri di Harry Potter?-
Siamo ormai arrivati davanti a casa di zia e lui suona il campanello.
-Perché dovrei leggere i libri se hanno fatto i film?- mi domanda stupito.
-E’ uno scherzo vero?- sussurro incredula.
Ecco dov’era la trappola: fan delle mie saghe preferite, etero, carino ma analfabeta.
-Perché tu leggi?- mi chiede guardandomi di nuovo come se fossi un alieno.
-Certo che leggo- sibilo a denti stretti.
-Che noia- dice alzando le spalle mentre il cancello viene aperto con un piccolo ronzio.
-I libri non sono noiosi- dico scandendo ogni sillaba e, richiusami il cancello alle spalle, entro in casa senza salutarlo, a grandi falcate.
Arrivo in salotto e mi accorgo che sono ancora tutti svegli e ci sono ancora tutti: persino i genitori di Alessandro.
Oh oh, pensò spaventata.
Faccio per indietreggiare, sperando che nessuno mi abbia vista ma, proprio quando penso di essere salva mamma si gira verso di me.
Io salto all’indietro finendo nel corridoio buio e corro fuori dove Alessandro sta prendendo a calci una pietra.
-Vieni con me- dico dopo avergli aperto il cancello.
-Come mai hai cambiato idea?- domanda lui.
-Perché non volevo che mamma mi schiavizzasse davvero, Dobby-Eleonora è un elfo libero- dico con voce atona facendogli strada su per le scale.
-Per natale mi ricorderò di regalarti un calzino- mi dice guardandomi di sottecchi.
Mi sforzo di non dare alcun segno di aver colto la sua battuta e raggiungiamo nuovamente il salotto.
-Eleonora! Perché sei scappata prima?-
-Avevo il mantello dell’invisibilità- le rispondo evasiva.
-Com’è andata?- mi domanda la mamma di Alessandro osservando le mie guance arrossate e i suoi capelli arruffati.
“Illusa” borbotto tra me e me.
-Bene- risponde Alessandro sbuffando e tirando fuori il cellulare.
-Sedetevi se volete- dice papà indicandoci una poltrona abbastanza larga da poterci ospitare entrambi, troppo stretta per poterci tenere a distanza di sicurezza.
-Mi è venuto un certo mal di testa- dico scoccando un’occhiataccia a Mr. Cellulare –Vado a dormire-
-Povera cara- dice nonna abbracciandomi.
E, mostrando la mia superiorità, abbraccio e bacio tutti, biascicando un forzato: –Notte- a Alessandro.
Finalmente mi butto nel mio morbido letto, in pigiama, dopo una doccia fredda.
Diciassette giorni, penso sistemando il cuscino.
Almeno non dovrò passarli tutti sotto lo stesso tetto di Alessandro.

 
 
________________
Angolo dell'autrice:
prima che qualcuna di voi mi lanci addosso forconi e tridenti io NON sono OMOFOBA.
E non lo è neanche Alessandro, è solo un essere umano di sesso maschile.
Spero che questo capitolo vi piaccia.
Nnonostante io sia in fase "scuola" come tutti voi cercherò di aggiornare al più presto
Sam

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Capitolo 4
*** Aspetta..cosa? ***


4.Aspetta...cosa?
“Un lettore vive mille vite
Prima di morire.
L’uomo che non legge mai
Ne vive una sola.”
George R.R. Martin
 
-♫ Lo sai perché piaccio alle figlie e zero a genitori?
Non ho una posizione ma so tante posizione
Voi quattro recessioni, io almeno ho le canzoni
Però la paga è meglio di una laurea alla bocconi perciò.. ♫-
-Ascolti Emis Killa?- mi domanda Alessandro.
Io faccio finta di non sentirlo e continuo a canticchiare, disegnando con i piedi qualcosa di indefinito sulla spiaggia.
Lui, nello sdraio di fronte al mio, si sporge in avanti e mi toglie una cuffietta, ripetendomi la domanda.
Io sbuffo, poi faccio una smorfia.
-No, ascolto J.AX-
-La mia stima verso di te si è alzata di molto- mi dice sorridendo, come se questo potesse essere per me gratificante in qualche modo.
-La mia verso di te no- gli rispondo prendendogli dalla mano la cuffia, scostandomi il ciuffo che ora mi copre la guancia e infilando l’auricolare.
Mentre la playlist scorre sbuffo di nuovo.
Quest’oggi nessun lavoro da baby sitter o da Elfo Domestico, oggi mi hanno accollato Mr. Cellulare e sono andati tutti insieme a fare una passeggiata tra i negozi.
Noi dovremmo interagire.
Sbuffo nuovamente e mi sdraio, nella vana speranza di abbronzare un minimo la mia pelle bianchissima –ovviamente lui è qua da un giorno ed ha già il colorito di un modello d’Abercrombie, oltre che la stessa tartaruga-.
Chiudo gli occhi sulle note di It’s time e mi godo gli Imagine Dragons, alzando il volume al massimo.
La canzone sfuma ed io apro lentamente gli occhi.
Alessandro è chino su di me ed il suo bel viso è a pochi centimetri dal mio, potrei contargli i brufoli –se solo ne avesse, ovvio- e le sopracciglia perfettamente allineate.
Sobbalzo e l’mp4 mi sfugge di mano.
-Porco Hobbit!- esclamo alzandomi di colpo e dimenticandomi della sua presenza.
Batto la testa contro la sua e un senso di stordimento mi pervade.
Quando riprendo il controllo di tutti e cinque i sensi mi metto a sedere massaggiandomi la fronte.
-Il mio mp4- gemo prendendolo tra le mani.
Inizio a ripulirlo dai granelli di sabbia quando Mr. Cellulare si avvicina.
-Potresti almeno chiedermi scusa eh!-
Io alzo appena lo sguardo per lanciargli un’occhiataccia.
-Parli da solo?- gli domando cauta, tornando sul mio mp4.
-No.. io.. cosa?.. Dicevo a te!-
Lo guardo con sufficienza, aggrottando le sopracciglia e provo ad accendere l’mp4.
-Si accende!- esclamo proprio mentre lo schermo ridiventa nero.
-O forse no- mormoro mogia.
-Volevo chiederti se ti andava di fare una passeggiata- dice incrociando le braccia.
-Hai appena ucciso il mio povero mp4!- esclamo mostrandoglielo.
-Gli faremo un degno funerale- mormora scocciato –Vieni o no?-
-Vengo dove?-
-Mi ascolti quando parlo?- chiede seccato.
-Emh.. no?!- dico azzardando un sorriso.
-Vieni a fare una passeggiata con me?-
Spalanco gli occhi dalla sorpresa.
-Cos’è? Ci stai provando?- gli domando arrossendo.
-Io..- inizia veramente.
-Mangi tanto quanto Ron?-
-Non saprei.. forse..-
-Hai il coraggio di Peter?-
-Be’.. non proprio…-
-Sei uno Shadowhunters?-
-Non direi-
-Tuo padre è un Dio dell’Olimpo?-
-No..-
-Sei un panettiere?-
-Ehm.. ecco..-
-Allora non sei il mio tipo- concludo facendo spallucce.
Lui spalanca la bocca due o tre volte prima di trovare le parole.
-Volevo solo essere gentile visto che mi andava di sgranchire le gambe. Non uscirei mai con una come te- sbotta infine andandosene.
-Oh- mormoro.
Dopo qualche istante di smarrimento mi alzo a mia volta e lo seguo.
-Cosa vorresti dire con :”Non uscirei mai con una come te?”-
Lui fa spallucce.
-Ora mi rispondi Mr. Cellulare!-
Lui si volta verso di me e scoppia a ridere, lasciandomi basita da tanta ilarità.
-Come mi hai chiamato scusa?- chiede scuotendo leggermente la testa.
Per il grande puffo quindi non l’ho solo pensato?
Mi mordo il labbro mentre avvampo.
-Emh.. Mr. Cellulare per via del fatto che quando ti ho conosciuto eri con il cellulare e ci sei rimasto per un bel po’-  farfuglio facendo una smorfia.
-Non se l’hai notato ma credo che i nostri genitori stiano organizzando un matrimonio combinato- sussurra come se fosse un segreto della C.I.A.
-Ma davvero? Pensavo che ci lasciassero da soli per farci guardare Peppa Pig e giocare al gioco della settimana- borbotto io guardandolo di sottecchi.
Certo che però è un analfabeta proprio carino…
-Ma tu sei sempre così acida?- mi chiede sbuffando.
-Solo con gli analfabeti- rispondo lasciando che l’acqua del mare mi lambisca i piedi.
-Ma io so leggere-
-Ma non leggi.. il che è doppiamente idiota-
-Leggere è noioso-
Io mi giro verso di lui guardandolo fisso negli occhi e gli punto un dito in centro al petto dove inizia a intravedersi la peluria.
-Leggere non è noioso- scandisco bene picchiettando con l’indice ad ogni parola.
-Okay okay- dice mettendo le mani avanti come a proteggersi.
-Ho letto il libro di Star Wars comunque- dice mentre riprendiamo a camminare, guardandomi di sottecchi.
Miseriaccia, Star Wars è un’altra parte della mia infanzia ma se Mr. Cellulare-Analfabeta si aspetta di vedermi cedere così facilmente si sbaglia di grosso.
-Sarà l’unico libro che hai letto nella tua miserabile vita-
-La mia vita non è miserabile!-
Mi esce un grugnito che è un misto tra un verso di scherno ed una smorfia incredula.
-Okay forse un pochino- mi concede.
Io annuisco, seria.
-Ho lasciato l’mp4 sullo sdraio! Se me lo rubano mangerete passato di Eleonora oggi a cena-
-Bleah- dice facendo una smorfia.
Io gli lancio l’ennesima occhiataccia e torno sui nostri passi, dirigendomi il più velocemente possibile verso gli ombrelloni.
Scopro con sommo piacere che il mio mp4 è ancora lì dove l’avevo lasciato ed ancora rotto.
-Dirò ai miei che l’hai rotto tu- dico guardandolo male.
-Dammi qua- dice lui tendendo la mano.
Guardo prima l’arto e poi lui, diffidente, infine gli cedo l’oggetto blu scuro e mi siedo sul mio sdraio senza staccare gli occhi da lui.
-Hai una forcina?-
Io inarco le sopracciglia e ne tolgo una dai miei capelli, lasciando un ciuffo ribelle libero di coprirmi gli occhi.
Lo soffio via mentre dico: -Cos’hai intenzione di fare Mr.Cellulare-Analfabeta?-
Lui smorfia. –Non potresti chiamarmi Alessandro?-
-Mh.. no- dico fingendo di pensarci.
-Rimedio al mio errore-
Inizia a trafficare con la forcina fino ad aprire, delicatamente, l’apparecchio, lo svuota poi da tutta la sabbia, rimuovendo i granelli con cura e lo richiude.
-Ora dovrebbe andare.. lo proviamo?- mi domanda sedendosi al mio fianco.
-Okay- dico inserendo le cuffie e spostandomi in modo da mantenere la distanza di sicurezza.
Indosso l’auricolare e sento le note di Maps passare dall’mp4 al mio orecchio.
Sgrano gli occhi dalla sorpresa e, senza pensare al fatto che fosse stato lui l’artefice del guaio, lo abbraccio.
-Grazie mille Mr. Cellulare!- esclamo con la testa sulla sua spalla.
-Oh sono proprio contenta di vedere che siate diventati amici!- dice zia con un sorriso parecchio ambiguo.
-No.. noi..- tento invano di spiegare, staccandomi da lui.
-Le ho aggiustato l’mp4 che le avevo fatto cadere nella sabbia..- dice Alessandro rosso in viso.
-Sì esatto noi..- cerco di dire ancora io.
-Oh tranquilli ragazzi! E’ fantastico che siate amici. Almeno non dovremo sentirvi litigare tutta la notte nei prossimi giorni-
Aspetta… cosa?
-Aspetta: cosa?- chiede Alessandro dando vita ai miei pensieri.
-L’hotel ha fatto un casino con le prenotazioni e non abbiamo un posto dove stare- spiega suo padre.
-Ma non possiamo..- tenta ancora Mr. Cellulare.
-No! Vuoi tornare a casa?- domanda sua madre sbuffando.
-No, no.. però..-
-E dove dormiranno?- domando passando lo sguardo da l’uno all’altro adulto impazziti che mi sostano davanti.
-Laura e Paolo nella stanza degli ospiti- dice zio –mentre Alessandro nello studio-
Mia madre mi guarda, pregandomi con gli occhi di non fare scenate.
-Nello studio?- chiedo mentre la mia voce è salita di un’ottava. –Nel mio studio?-
Una volta era la stanza da letto di zia Angelina, da quando è morta –io avevo cinque o sei anni e lo rammento a stento- è diventato il mio studio estivo provvisto di cinque scaffali colmi di libri, un divanetto e una scrivania.
-Nel mio studio?- domando ancora con voce acuta.
-Beh tesoro non possiamo farlo dormire in cucina- dice mia madre tentando di farmi ragionare.
-Ma neanche nel mio studio!- esclamo incrociando le braccia e facendo scricchiolare i denti.
Alessandro sobbalza.
-Abbiamo già deciso- interviene mio padre.
Passo il mio sguardo da uno all’altra, impotente.
Infine mi rivolgo ad Alessandro.
-Tu tocca uno solo dei miei libri e ti stacco la testa a morsi- dico serissima –Vado a fare una passeggiata-
-Ovviamente scherza- dice mio padre lanciando una risatina nervosa in direzione della famiglia di Alessandro.
-Come no!- gli urlo ormai a qualche ombrellone di distanza.
 
Diario segreto. Giorno di prigionia n^1. Ancora diciassette giorni alla fine del tormento. Il nemicoAlessandro, meglio conosciuto come Mr.Cellulare-Analfabeta- si è insediato nella tanail mio studio- con sommo piacere. Durante il pomeriggio ha avuto il tempo di sistemare le sue armivideogiochi, playstation e balle varie- vicino ai miei tesori sacri
-Cosa fai?- mi chiede Elena sorridendo.
Io poso il quaderno sul letto e mi sforzo di non risponderle male. –Studio-
-Ma qui c’è scritto diario segreto- dice lei leggendo a fatica e, prima che io possa impedirglielo, afferra il mio quaderno ed inizia a correre per la casa.
-Nora ha un diario segreto! Nora ha un diario segreto!- canticchia saltellando mentre io tento invano di prenderglielo dalle mani.
-Ah sì?- domanda Alessandro sbucando dalla sua.. cioè dal mio studio.
-Sì! Guarda!- esclama la piccola peste porgendoglielo prima che io posso amabilmente strattonarla fino a riprendermi la mia proprietà.
E, facendomi una pernacchia, corre via.
-Bene, ora puoi restituirmelo- dico facendo un lungo sospiro e tendendo la mano.
-Certo, potrei- dice lui ostentando un’espressione di superiorità –Ma anche tu potresti trattarmi bene: cosa che non fai mai-
Oh no! Oh no! Oh no!
-Sì esatto quindi ora..-
-Quindi ora leggerò il tuo diario e poi, quando mi sarò stancato, te lo ridarò-
-Questa è violazione di privacy!- esclamò indignata, saltellando per cercare di riprendermelo –E’ sopruso! Abuso di una povera minore per arrivare ad una sciagurata ragazza! Potrei farti causa!-
Lui ridacchia e, sempre tenendo il diario fuori dalla mia portata, inizia a leggere.
-Simpatia portami via- dice richiudendo il quaderno di colpo e porgendomelo.
-Almeno ora so che sai leggere-
-Sì sì ed ora smamma- dice secco chiudendomi la porta in faccia.
-Che faccia tosta- borbotto tornandomene in camera mia ed accarezzando la copertina del mio tesoro con la punta delle dita.
Sto giusto pensando a come vendicarmi al terribile sopruso che mi è stato recato quando Aurora corre da me con un fiore tra le mani.
-Tieni Nora! Ti piace? Ho raccolto per te questa Margherita!- esclama porgendomela.
-Grazie- sorrido.
-Vado a prendertene delle altre!- squittisce prima di correre giù per le scale.
Io guardo la margherita con cospirazione e poi inizio a strapparle i petali con foga.
-Non ti sopporto, ti odio, non ti sopporto, ti odio…-
Intanto penso che questi fiori bianchi e delicati siano davvero incompresi: la gente non fa che distruggerli per scaricare su di essi le proprie illusioni.
-Non ti sopporto!- esclamo infine alzando al cielo lo stelo verde e il pistillo giallo.
-Hai distrutto il fiore?- mi chiede Aurora mostrando il labbro inferiore mentre una lacrima le scorre lungo la guancia –Mamma! Nora è cattiva!-
Cerco di acciuffarla prima che corra di sotto ma è inutile: inizia a piangere a dirotto e a chiamare la zia con una me piuttosto seccata al seguito.
-Cosa c’è tesoro?- le chiede zia Anna indaffarata ai fornelli.
-Nora è cattiva!- piange la piccola strattonandole il vestito a fiori.
Lei mi scocca un’occhiataccia  e cerca invano di consolare la figlia, intanto ci raggiungono anche mamma, la madre di Alessandro e l’appena citato.
-Ehi Aurora- dice Alessandro inginocchiandosi vicino alla mia cuginetta.
Lei gli rivolge un’occhiata dubbiosa con il suo viso rigato di lacrime.
-Ti va se andiamo a raccogliere le margherite insieme?- domanda porgendole un fazzoletto.
Lei annuisce, tirando su con il naso e lasciandosi condurre fuori per mano.
-E’ proprio un bravo ragazzo- dice mamma sorridendo a Roberta mentre zia Anna mi fulmina con lo sguardo.
-Vado in camera a leggere-
-Eh no signorina! Stai sempre attaccata a quei libri: quando hai intenzione di fare i compiti?-
“All’ultimo minuto come sempre” penso tra me e me trascinando i piedi.
 
Sono seduta sul dondolo vicino ad Alessandro e nello sforzo di non toccarlo ho il sedere contratto, una coscia sudatissima sopra l’altra ed un crampo al braccio destro così schiacciato contro il fianco che sembra voglia entrare a perforarmi l’intestino. Il signorino, invece, è stravaccato e occupa con la sua pellaccia ignorante ogni centimetro che riesce.
Sono sicura che lo faccia apposta.
Ne sono totalmente sicura.
-Ehi hai un ragno tra i capelli- dice chinandosi verso di me e spostandomi un ciuffo dietro all’orecchio.
Io lo guardo inarcando le sopracciglia.
-Ecco: ora l’ho tolto- dice sicuro facendo scorrere le dita tra i ricci.
-Sì, come no- borbotto tra i denti, sicurissima che si stia lambiccando il cervello per procurarmi qualche altro disturbo.
Dopo aver mangiato la mia abbondante porzione di torta fatta in casa mi rilasso appena.
-Sei sporca di cioccolato!- esclama Alessandro leccandosi il dito e strofinandomelo ai lati della bocca.
-Ora dovrò lavarmi il viso fino a diventare color Snow- dico incrociando le braccia.
-Volevo solo essere gentile- dice con un sorrisetto che vorrebbe essere innocente ma che, io so bene, essere malefico.
-Chi mi aiuta a lavare i piatti?- domanda zia trasportando i piatti sporchi in cucina.
-Ti aiuto io zia!- esclamo sicura a recuperare la mia aura di nipote perfetta.
-Ma no tranquilla, la aiuto io- dice Alessandro a sua volta, alzandosi.
-Non scomodarti: sei l’ospite. Vado io- dico con un falso sorriso.
-Che gentiluomo sarei se non andassi io?-
-Ti perdonerò per questa volta, torna pure a sederti-
-Ma non posso permettere che le tue bellissime mani si sporchino-
-Le laverò. Vado io- dico a denti stretti.
-Ma..- inizia lui.
-Sono contenta di tanto entusiasmo ragazzi!- esclama la zia facendoci cenno di seguirla.
Io gli scoccò un’occhiataccia e lo seguo dentro.
-Su ragazzi che volevamo giocare a tombola tutti insieme!-
-Cos’ha detto?- mi chiede Alessandro chiudendo il lavandino.
-Di lavarti le orecchie- gli rispondo secca, asciugandomi la fronte.
Altre cinquanta stoviglie dopo siamo seduti al grande tavolo, le schedine in mano ed un’aria di sfida sul viso.
Manca solo il sottofondo musicale e poi potremmo iniziare a picchiarci e far parte di un film Western.
-Ambo!- grida Alessandro dopo appena cinque minuti.
Io mi limito a guardarlo in cagnesco.
-Terna!- esclama poco dopo.
Mi trattengo dal sputargli in faccia: sono io la vincitrice indiscussa di questo gioco in famiglia (okay solo perché la nonna e il nonno sono mezzi orbi e mezzi sordi, lo zio e papà ridono così forte da non sentire le battute e la mamma è troppo intenta nello spettegolare con la zia per degnare di uno sguardo i suoi numeri).
-Quaterna!-
Gli rifilo un calcio sugli stinchi sorridendogli costernata e mormorando che sono degli spasmi muscolari.
-Cinquina!-
Mi metto a scrutare ansiosamente le mie e le sue schedine, cercando di intuire la truffa.
-Tombola!-
-E no eh! Non è possibile! Truffa! Imbroglio! Arbitro comprato! Cartellino rosso! Espulsione! Non è assolutamente giusto! Fallo!- inizio a gridare saltando in piedi.
-Ma cosa dici Nora?- mi chiede papà smettendo immediatamente di ridere.
-Alessandro deve aver truccato il gioco: non può vincere così facilmente!- esclamo indicandolo, accusatrice.
-Ha sempre vinto così facilmente: è sempre fortunatissimo- mi dice sua madre, sorridendomi comprensiva.
Io mi butto nuovamente sulla sedia, le spalle poggiate a metà schienale, il broncio e le braccia incrociate.
Alla faccia della sorte imparziale!
A me la sorte mi schifa come una cacca di mucca ed a lui lo cerca come un Labrador il tartufo.
E’ giustizia, questa?
Sedici giorni, penso cercando di fare dei respiri profondi, solo più sedici giorni.

 

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Capitolo 5
*** Sono solo libri ***


5. “Sono solo libri”
“Leggiamo per sapere
Che non siamo soli”
C.S. Lewis
 
-Buongiorno a tutti!- esclama Alessandro affacciandosi sulla soglia e facendo un gran sorriso sexy dei suoi –non l’ho pensato davvero, vero?-.
-G-giorno- sbadiglio io in risposta, i capelli ricci scarmigliati davanti agli occhi, curva sul tavolo, le gambe incrociate sulla sedia mentre giocherello con la brioches.
-Eleonora! Non giocare con il cibo!- mi rimprovera mamma pulendo il bel visino di Elena con un tovagliolo.
-Non ho più due anni mamma, non sto giocando con il cibo- rispondo atona.
-E stai dritta sulla sedia!-
Io grugnisco in risposta.
-Siediti dritta Nora! Possibile che tu non abbia un po’ di decoro? Abbiamo ospiti! Guarda com’è già vestito bene Alessandro!- esclama sbraitando e indicando l’analfabeta. Lui sorride imbarazzato, facendo spallucce.
Io sbuffo lasciando che le gambe penzolino giù dalla sedia e finisco in due morsi la mia brioches.
-Nora! Mangia come si deve! Pure tua sorella è più fine!- dice ancora mia madre alzando l’indice verso di me.
-Siamo di buon’umore stamattina- borbotto ironica uscendo dalla stanza.
Non ho mai avuto un buon rapporto con mia madre.
Ma ultimamente l’aria tra noi due si potrebbe tagliare con un coltello.
Certo so di essere un’adolescente scorbutica e lunatica ma lei si dà da fare per peggiorare ancora le cose, sinceramente credo che si impegni per irritarmi così tanto.
Dopo aver fatto una doccia rinfrescante accendo il cellulare per abitudine, anche se non sento i miei amici da molto tempo e, con mia sorpresa, c’è un messaggio di Andrea:
Ehi! <3
Come butta lì in vacanza?
Ah ma che dico!?! Non è questo il punto.
Sai Ali, Chiara e le altre no? Vanno a Roma. Per i Lucca Comics. E ci sono due posti liberi siccome né i genitori di Simo né quelli di Vero lasciano le loro figlie; uno di quei posti è mio. L’altro, se vuoi, è tuo. Se vuoi sapere altro chiamami! Con questo messaggio ho esaurito il credito.. ti voglio bene! <3 “.
Premo immediatamente il tasto di chiamata rapida, con un sorriso da orecchio a orecchio.
Immediatamente la fastidiosissima voce della segretaria della Vodafone mi annuncia che ho 5 centesimi e non posso fare l’addebito di due euro perché l’ho già fatto tre volte.
Sbuffo ed esco in corridoio, alla ricerca di un cellulare.
Sembra che la provvidenza finalmente mi assista perché ne trovo uno sulla sedia appena fuori dal bagno. Lo prendo senza far caso allo sfondo e digito il numero di Andrea.
-Pronto?-
-Ciao bella!-
-Non è fantastico? I Lucca Comics! Sono anni che sogno di andarci ed ora.. cioè.. oddio se non mi senti più è perché sono svenuta-
Io ridacchio tra me e me prima di rispondere.
-Penso anche io che sia stupendo ma dimmi bene-
-Praticamente è organizzato da qualcuno un pulmino e ci sono diversi gruppi, si alloggia in alcuni appartamenti e saremmo io ,te, Ali, Chiara e Fra! Partiremo da Emilia il 2 Ottobre e torneremo il sette prima i pranzo. Ci saranno gli “animatori”, dei responsabili mandati dall’associazione Lucca Comics & Games, sai dei tipi brufolosi e occhialuti che controlleranno che non prendiamo acidi e che torniamo a casa prima del coprifuoco. Sara fighissimo! Ovviamente i nostri genitori dovranno pagare autorizzazione e tutto, in quanto siamo ancora minorenni, e c’è una quota-
-Qual è?-
-270 euro con viaggio, cibo e soggiorno compreso-
-Non male no?-
-Non male?! E’ stupendo!-
-Strastico sì! Ne parlo subito con i miei ma tanto mi diranno di sì-
-Ok cia..-
Non fa in tempo a finire di parlare che io ho già messo giù, corro di sotto infilando il telefono in tasca, le guance arrossate e lo sguardo acceso.
-Mamma!- esclamo fiondandomi in veranda e trovandola intenta, in compagnia di nonna e zia, a bere una tazza di the.
-Dimmi- dice lei alzando le sopracciglia.
-Andrea mi ha invitata ai Comics! Praticamente c’è un coso che organizza i pulmini e ci sono gli animatori, maggiorenni e vaccinati, che ci controlleranno. Si va in pullman il 2 Ottobre e si torna il 7, si alloggia in alcuni appartamenti e costa solo 270 euro! I Lucca Comisc mamma ti rendi conto?! Io andrò ai Comics! Ho sempre desiderato andarci! Dai tempi in cui ancora speravo di scoprire Narnia e ricevere la lettera per Hogwarts! Andrò ai Lucca Comics!-
Ho iniziato a saltellare senza che me ne rendessi conto.
-Calma, calma. Dov’è che vorresti andare?-
-Ai  Lucca Comics- spiego ancora sovraeccitata.
-Assolutamente no!-
Il mio sorriso si spegne,lentamente, mentre avverto all’altezza dello stomaco una strana inquietudine.
-E’ solo per qualche giorno! E poi non è così lontana Lucca! Noi confiniamo con la Toscana, saranno sì e no, tre orette, quattro al massimo.-
-No, Eleonora, e poi quanto verrebbe a costare?-
-Sui 270 euro- dico –Ma mamma io ci devo andare!-
-“Ci devo andare” non esiste! E poi spiegami bene cosa sono questi Comics-
-E’ una fiera che si tiene a Roma, a Lucca e a Torino ed è dedicata al fumetto, all’animazione, ai videogiochi, ai giochi di ruolo ed ai Fantasy! Pensa che è la seconda nel mondo per partecipazione, seconda solo a quella di Tokyo!-
-Non ho intenzione di pagare tutti quei soldi per mandarti a Roma per dei fumetti!-
-Ma mi ascolti quando parlo?! Non sono dei fumetti! E’ una fiera internazionale!-
-E dai smettila con queste sciocchezze!-
-Non sono sciocchezze mamma, io ci tengo veramente!- esclamo sbalordita, incredula di quanto lei non mi capisca.
-Ma dai! Cresci Eleonora!-
-Ma mamma il fantasy, i libri, sono la mia vita!-
-Per forza non fai altro che leggere!-
-Infatti!- esclamo sentendo la rabbia montare, dentro di me, ma cercando di calmarmi –Mamma, non ne potresti parlare con papà e poi darmi una decisione?-
-Ma la decisione l’ho già presa ed è no- dice scuotendo la testa, come se stesse davvero parlando ad una bambina piccola.
-Ma mamma per me è davvero importante!-
-Sciocchezze!- ribatte lei muovendo la mano –Sono solo i libri-
-Non sono solo i libri!- le urlo prima di scappare di sopra, le lacrime agli occhi.
Entro decisa nel mio studio, prima di ricordarmi che ora è la camera di Alessandro, con un moto di stizza tiro un calcio al muro, sento il telefono in tasca vibrare e lo tiro fuori accorgendomi solo quando lo sblocco che non è il mio; come sfondo vedo la foto di Alessandro ed una bionda, lui la abbraccia da dietro, come sfondo un giardino che sembra infinito.
Ricacciando le lacrime indietro e presa dalla curiosità faccio scorrere la tendina del Samsung per leggere il messaggio: “Vorrei tanto che tu fossi con me <3”.
Arrossisco e la mia rabbia cresce ancora, lancio il telefono sul letto dell’Analfabeta ed afferrò un libro a caso sullo scaffale, poi raggiungo a grandi falcate la mia stanza.
Mi siedo per terra, in modo da stare al fresco e prendo dei grandi respiri mentre le frasi della discussione appena conclusa vorticano nella mia mente.
Sono solo libri
Possibile che lei non capisca?
Mi passo una mano tra i capelli, tremante di rabbia e nervosismo.
Smettila con queste sciocchezze!
No, lei non capisce mai.
Capisce solo quando si tratta di scuola.
Inizio a mordicchiarmi un riccio mentre mi passo il libro da una mano all’altra, cercando di scaricare la rabbia. Intanto dentro di me un tumulto di emozioni comincia a mischiarsi sempre più.
Sciocchezze!
Rabbia, nervoso, umiliazione, frastornazione, stupore, dispiacere, delusione, mancanza di affetto ed anche un certo orgoglio iniziano a spingere dietro ai miei occhi.
Non fai altro che leggere!
Certo, mamma, e quando andiamo insieme a fare shopping?
Quando passo interi pomeriggi a tentare di capire qualcosa di matematica per renderti orgogliosa di me?
Continuo a tenere serrata tra le labbra una ciocca di capelli e ho tra le mani il libro, le mie nocche sono bianche. Deglutisco e sbatto le palpebre, più volte.
Cresci Eleonora!
Perché che cos’ho che non va così?
Non sono matura?
Possibile che io sia solo stupida ed infantile?
Abbasso lo sguardo e vedo una goccia d’acqua cadere, salata, sulla N di “Noi siamo infinito”.
Lascio che le lacrime cadano, in silenzio, mentre alcune sensazioni abbandonano il mio cuore ed altre tornano a farci capolino, le frasi continuano a vorticare nel mio cervello insieme ad altri pensieri, ho le vene delle braccia tese ed i pugni ancora serrati intorno al libro.
Permetto al pianto di portare via con sé ogni sentimento e di lasciarmi solo un velo di malinconia, mi rifugio quindi di fronte alla finestra, con la schiena appoggiata sul fianco del letto ed il sedere su un cuscino, apro il libro ed inizio a leggere senza pensare a nient’altro. Cercando di sentirmi meno sola.
Ignoro lo zio che mi chiama per andare in spiaggia ed anche le proteste di Elena sulla mia assenza, che vengono colmate con un lecca-lecca.
Mi presento a pranzo con i capelli davanti agli occhi, gli occhiali da lettura e la testa bassa, mangio un po’ di pasta, una fetta di dolce e poi torno a rifugiarmi nel libro.
Vado avanti ancora per qualche ora, senza parlare con nessuno, facendo un paio di pause per andare in bagno e continuando a leggere e vivere con Charlie.
Quando finisco il libro prendo un grande sospiro, asciugandomi la lacrima che è scappata al mio controllo dopo il finale struggente.
Mi sento un’altra persona ora e sto anche molto meglio.
Entro nella camera di Alessandro senza bussare e senza rivolgergli la parola, poso il libro e ne prendo un altro, sto per uscire con dignità –per quanta me ne sia concessa con i capelli che sono un disastro, gli occhi arrossati e l’espressione apatica- quando Alessandro mi ferma.
-Hai usato il mio cellulare?-
-Sì, scusa. Avevo finito il credito e dovevo fare una telefonata-
Senza dargli il tempo di rispondere torno nella mia camera scoprendo, per qualche strano motivo, di non provare più nessun rancore o insofferenza nei confronti di Alessandro, solo disinteresse.
Apro “Storia di una ladra di libri” e mi fiondo nella lettura fino all’ora di andare a dormire ma, una volta a letto, scopro che la porta dietro la quale avevo rinchiuso tutti i pensieri viene aperta da una chiave misteriosa e che il sonno scappa a gambe levate. Quindi mi ritrovo, sudaticcia e scocciata, a rigirarmi nel letto.
Sbuffo, spalancando gli occhi verso il soffitto umidiccio.
Scosto il leggero lenzuolo che copriva il mio corpo seminudo.
Indosso una maglia a maniche corte dei Beatles che una volta apparteneva a mio padre e sono senza reggiseno.
Sospiro e scendo dal letto, mi chino per cercare a tentoni le ciabatte che, puntualmente, non trovo; perciò viaggio per i corridoi sulle punte dei piedi nudi, al buio, rischiando di andare a sbattere un paio di volte contro vasi e sedie, prendo in pieno lo spigolo del battiscopa e mi mordo la mano destra per non urlare, scendo le scale zampettando e saltellando. Arrivo in cucina e tiro un sospiro di sollievo, apro il frigo e resto a fissarlo per un po’, poi lo richiudo, apro la mensola e mi faccio un panino alla nutella, riapro il frigo per prendere del latte quando avverto dei passi alle mie spalle.
Mi si gela il sudore sulla fronte e deglutisco, un suono che sembra assurdo in questo silenzio.
Me li sono immaginata, pensò con tutte le mie forze e, proprio quando sto per convincermene, ecco: passi furtivi giù per le scale.
I fantasmi non camminano, i fantasmi non hanno i piedi!
Mi ripeto mentre il mio sguardo vaga ai coltelli.. aspetta: ma se è un non-morto come potranno i coltelli funzionare con lui?
Deglutisco di nuovo, il cuore che batte, mi sporgo appena per guardare: nessuno.
Forse è il sonno che mi gioca brutti scherzi..
Un’ombra a metà delle scale, questa volta ne sono sicura, è come se qualcuno fosse lì fermo ad osservarmi.
Sembra l’ombra di un ragazzo.. non è che sia Alessandro?
Spero davvero che sia Alessandro, ma certo che è lui!
-Alessandro?- sussurro speranzosa.
L’ombra ha un sussulto poi si muove in certa verso di me, io prendo il coltello e lo stringo nella mano.
L’ombra si avvicina ancora, nel buio, sento i suoi passi furtivi.
Il cuore mi batte così forte nel petto che sembra voglia uscire.
Porto il coltello davanti a me ed avanzo.
Accade tutto in pochi istanti: quasi ci scontriamo, fronte contro fronte ed il coltello –con la lama rivolta all’ingiù- che si frappone tra noi due.
-Eleonora!- esclama lui emettendo un grande espiro come se avesse trattenuto il fiato fino a questo momento.
-Alessandro!- esclamo buttandogli le braccia al collo.
Non mi interessa chi lui sia in questo momento, sono solo piena di sollievo per il fatto che sia un mio coetaneo in carne ed ossa e, soprattutto, vivente.
Mi appunto mentalmente di guardare meno film horror.
-Cos’è tutto questo entusiasmo?- mi domanda ridacchiando –E, porcaccia la miseria! Cos’è quel coltello?-
-Oh mi stavo facendo un panino- mento spudoratamente mostrandogli il tramezzino posato sul tavolo.
Lui alza le sopracciglia.
-Sento dei passi, di notte! Una povera ragazza come me come avrebbe potuto difendersi?- gli domando cercando di sembrare il più innocente possibile. Senza riuscirci, s’intende.
-Allora ti è passata l’incazzatura?- mi domanda aprendo il frigo e prendendo del tè alla menta.
Io grugnisco, mentre l’incazzatura –come la chiama lui- torna in tutto il suo splendore.
Mi porge il the dallo strano colorito verde ed io rifiuto con una smorfia, prediligendo un sano bicchiere di latte; mi appollaio sul tavolo con le gambe incrociate ed inizio a mangiare il panino.
-Come fai a mangiare a quest’ora?- mi domanda appoggiandosi al mobile di fronte a me e osservandomi disgustato.
-Con la bocca,no?- gli rispondo sarcastica, facendo spallucce.
-Simpatia portami via- commenta lui alzando gli occhi al cielo.
E’ tutta colpa tua, stupido Analfabeta, se non avessi tirato fuori il discorso sarei stata di buon umore!
Ma non ho nessuna voglia di litigare con lui, perciò resto in silenzio.
-Meno quattordici- dico osservando l’orologio che ha appena scoccato mezzanotte ed uno.
Lui aggrotta la fronte, poi segue il mio sguardo e si illumina.
-Stai facendo il conto alla rovescia?-
Annuisco, bevendo a grandi sorsi il mio grande bicchiere di latte.
-Tu sei in vacanza e fai il conto alla rovescia per andartene?!- mi domanda allibito.
-Vacanza?! E questa la chiami vacanza? Non vedo nessun divertimento!-
-Già il fatto che ci sia io dovrebbe renderti estremamente felice- dice ammiccando ma io faccio finta di non cogliere. –E poi sei in vacanza, baby! Divertiti!-
-Con una famiglia del genere?! L’unica persona con cui posso uscire sei tu!-
-Ed allora esci con me- dice lui facendo spallucce.
Io faccio una smorfia.
-Qual è il vero problema? Non ti va neanche di scherzare oggi- dice avvicinandosi e mettendomi una mano sulla spalla.
Io scruto con disaccordo la sua mano sulla mia spalla ma lui sembra non farci caso e continua a tenere i suoi occhi cioccolatosi inchiodati ai miei.
Sembra quasi un piccolo Bambi.
Alla fine cedo ed inizio a sfogarmi, scendendo dal tavolo e piazzandomi di fronte a lui.
-Mia madre! Tutto ciò che faccio non le va mai bene! E non è una semplice crisi adolescenziale. Se la prende con me per tutto, persino se il cane caga in casa è colpa mia. Ma io sopporto, sopporto sempre, penso che abbia un lavoro stressante e che tutti i suoi alunni la facciano sclerare perciò sopporto. Non mi concede mai di andare da nessuna parte almeno che non avvisi per tempo –molto per tempo- e che le persone le conosca lei di persona e per una volta in cui le chiedo di fare un viaggio, qualcosa che mi interessa davvero, dice di no! Senza neanche pensarci. La sua risposta era un no a prescindere, qualsiasi cosa io avessi detto! Santo Zeus!- esclamo cercando di riprendere fiato e auto controllo prima di continuare –Io le voglio tantissimo bene e questo mi fa stare anche peggio perché a volte sembra che lei non ne voglia a me e che l’unica di cui le importi sia Elena, ma so che non è così e cerco di imprimermelo bene nella mente poi.. poi lei fa così! E mi dice di crescere come se ora fossi una stupida immatura e dice anche che i miei libri, l’unica cosa per cui vale la pena stare a questo caspio di mondo, sono sciocchezze! Io..- . Rimango in silenzio a fissarlo, non trovando più nulla da dire.
Lo sfido con lo sguardo a dire qualcosa che smentisca ciò che penso o a consolarmi in qualche modo che non sia il solito “Non esagerare” o qualche frase fatta, invece lui, con mia grande sorpresa, mi abbraccia.
Ed io sento i muscoli del corpo rilassarsi perché a volte, tutto ciò di cui abbiamo bisogno è un abbraccio, una piccola dimostrazione d’affetto.
 
 
Spazio autrice:
Ovviamente tutto ciò che ho scritto sui Comics –apparte la spiegazione- non è oro colato. Io non ci sono mai andata anche se probabilmente andrò ad Aprile a quelli di Torino…
Comunque spero che questo capitolo vi piaccia,
Sam

 

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Capitolo 6
*** Famiglia Lorenzetti passione Karaoke ***


6.Famiglia Lorenzetti passione Karaoke
“Se non ti piace leggere,
non hai trovato il libro giusto”
J.K. Rowling

 
-Va un po’ meglio?- mi domanda Alessandro accarezzandomi i capelli.
Io annuisco, senza dare cenno di volermi staccare.
Era tanto che una persona non mi dimostrava che conto qualcosa per qualcuno e, anche se a farlo è l’Analfabeta, mi sento bene.
-Sarebbe ora di andare a dormire, che dici?- mi domanda.
Annuisco e mi allontano mentre sento un vuoto riempirmi lo stomaco.
-Forse potremmo diventare amici-
Immediatamente dopo averlo detto arrossisco: non sembrava una frase così stupida nella mia testa.
-Dipende da te- risponde lui facendo spallucce.
-Come se tu fossi un santo- rispondo incrociando le braccia.
Lui non risponde, si limita ad alzare gli occhi al cielo per poi farmi un cenno verso le scale.
Io lo precedo e lui mi segue fino alla mia stanza.
-Beh allora buonanotte- dico facendo una smorfia –E grazie-
-E’ sempre un piacere- risponde lui facendomi l’occhiolino -Buonanotte-
-Notte-
Rimango qualche minuto a fissare il soffitto poi chiudo gli occhi e il sonno mi avvolge tra le sue braccia.
Mi sembra di essermi appena coricata quando due mostriciattoli mi saltano sulla pancia gridando: -Buongiorno!-
Io cerco di difendermi con il cuscino, metà assonnata e metà intontita ma loro continuano e alla fine devo arrendermi ed alzarmi dal letto.
-Oggi si mangia in spiaggia!- esclama Aurora.
-Yeeeeeee!- inizia ad urlare Elena allungando la ‘e’ fino a rimanere senza fiato, io provo a far loro un sorriso ma la mia mente ancora assonnata si rifiuta di trasmettere il comando alla bocca.
Quindi mi butto sotto l’acqua per una doccia gelata dati i miei vestiti appiccicati al corpo, i miei capelli sudaticci e la puzza di sudore che mi circonda.
Davvero non so come farò a dormire con un uomo un giorno: d’estate lui troverebbe sicuramente qualche scusa per stare a distanza di sicurezza da una persona che soffre il caldo a tal punto da sguazzare tranquillamente con un paio di braccioli dentro al proprio sudore. Mi faccio ribrezzo da sola e rabbrividisco.
Mi lavo i capelli e naturalmente mi finisce una buona dose di shampoo negli occhi.
-Argh!- esclamo protendendo il getto d’acqua verso i miei bulbi oculari arrossati.
Successivamente inizio a insaponarmi per bene ma, come di regola, la spugna mi scivola dalle mani e –come di regola- sbatto un ginocchio sul muro nel vano tentativo di afferrarla.
Esco dalla doccia e mi avvolgo in un fresco asciugamano rosa –nonno è daltonico e lo scambia con il rosso, il colore preferito della nonna- ed inizio ad asciugarmi. Sto per restare nuda per vestirmi quando la porta si spalanca ed io afferro con mano salda i lembi del panno esclamando un dignitoso : -Santo koala marsupiano!-
Alessandro entra tranquillamente in bagno senza staccare le mani dal suo frenetico messaggiare, gli occhi dallo schermo o le orecchie dalle cuffie.
-Ehi! Potresti bussare almeno!- esclamo arrossendo furiosamente.
O entrare quando non sto per denudarmi e non ho le occhiaie, gli occhi gonfi per lo shampoo, un livido enorme sul ginocchio ed un asciugamano troppo corto, ridicolo e aderente, aggiungo tra me e me.
Lui si dirige verso la tavoletta –il bagno è piuttosto grande- senza dare il minimo segno di aver avvertito la mia presenza.
Vorrei andare verso di lui, strappargli via le cuffie ed urlargli qualche insulto ma ho l’asciugamano in bilico tra me e il pavimento e, se facessi anche solo un passo, cadrebbe miseramente a terra.
Quando fa per tirarsi giù la cerniera realizzo che non voglio scoprire se è veramente una femminuccia come credevo ed arrossisco furiosamente mentre urlo il suo nome accompagnato da uno sfogatissimo: -Santo Eros* ed i tuoi figli!-.
Lui alza appena lo sguardo, come se avesse sentito una mosca fastidiosa e, appena mi vede, si strappa le cuffie dalle orecchie e sgrana gli occhi.
-Che ci fai tu qui?-
-Stavo facendo una doccia razza di maleducato!-
-La porta era aperta..-
-A casa mia la gente bussa prima di entrare in bagno-
-A casa mia la gente non lascia la porta aperta-
-Ne sono felice per te ma qui non siamo a casa tua!- esclamo stringendo sempre più saldamente l’asciugamano.
-Ed ora fuori!- aggiungo visto che lui non accenna un solo passo.
-Sì.. certo.. sì..- balbetta chiudendosi la porta alle spalle.
Quando esco dal bagno mi limito a lanciargli un’occhiata.
-Ci hai messo un’eternità!- esclama lui saltellando da un piede all’altro.
-Dovevo riprendermi dallo shock di aver quasi visto il tuo..- mi azzittisco improvvisamente mentre entrambi arrossiamo.
Ottima trovata Eleonora: questa sì che è un’uscita di stile! Mi rimprovero tra me e me mentre mi allontano.
Arriviamo in spiaggia e già tutti rimpiangiamo la scelta di mangiare qua, sotto il caldo soffocante. Il sole oggi sembra aver deciso di bruciarci tutti.
-Partita a beach volley?- esclama mio padre che oggi sembra aver deciso di non farmi fare da baby-sitter.
-Io, Elena e Sofia vorremo fare un castello di sabbia!- esclama Aurora prendendo paletta e secchiello.
-Si dice “vorremmo” non “vorremo”- la correggo io prendendo la palla.
-No, noi vorremo- ribatte Aurora ed io scuoto la testa, lasciando perdere.
Decidiamo di fare la prima partita maschi contro femmine: un classico.
So benissimo che perderemo ma non per questo mi sento avvilita, il gioco per me è da sempre una sfida personale: non voglio e non so perdere, ne sono più che consapevole.
-Tieni Beatrice!- dice zio Giorgio lanciando la palla a mia madre. –Iniziate voi: almeno avrete qualche possibilità di batterci-
-Io non ne sarei così sicuro- ribatte mio padre ridendo.
Io digrigno i denti: vogliono la lotta? E lotta sarà.
-Vai mamma!- urlo mettendo le mani davanti alla bocca.
Lei grida: -Palla!- e tira.
La palla vola, supera la rete, supera Alessandro, io sto per scoppiare in una risata malvagia ma la palla vola ancora e finisce dritta in testa al signore nella prima fila di ombrelloni che ce la rilancia bonario.
-1 a 0- borbottò saltellando sul posto.
-Palla!- esclama Paolo preparandosi.
Arriva dritta verso di me, faccio un bagher maldestro e la rispedisco dall’altra parte, Alessandro –con uno sguardo di sfida rivolto a me- la lancia a mio padre, lui la alza e zio la schiaccia. Io mi butto di lato finendo tra la sabbia bollente ma la palla mi supera, mamma fa un buffo tentativo inciampando nei propri piedi.
-La prendo! La prendo!- esclama Laura protendendo le mani verso la palla.
E, per un momento, ci credo anche io ma all’ultimo inciampa sulla linea di gomma che delinea il campo e gli “uomini” fanno punto, di nuovo.
-2 a 0- urlo alzandomi in piedi.
Un quarto d’ora, diverse lesioni e scottature, due pallonate in faccia ed una allo stomaco dopo siamo 15 a 2 e i nostri due punti sono stati fatti da zio che è inciampato su papà e dall’appena mancata battuta di Paolo.
Tocca a me battere.
-La ragazza ce la farà Carlo?- domanda zio a mio padre.
-Ho i miei dubbi Giorgio-
Io vorrei prenderli a sprangate in testa ma cerco di concentrarmi sulla palla.
-Secondo me ce la fai Nora- dice Alessandro con un sorriso sbilenco.
Sono troppo preoccupata per la nostra prossima perdita per decidere se mi sta prendendo in giro o cerca di farsi perdonare.
-Sei tutte noi!!- inizia a cantare mia zia improvvisando un balletto sulla sabbia ardente.
-Palla!-
Tiro.
Con mia somma sorpresa la battuta colpisce un punto impreciso nella sabbia, tra zio e papà.
Io, mamma, Laura e zia ci abbracciamo mentre i maschi, dall’altra parte, si scambiano smorfie disinteressate.
Metto a segno altre quattro battute, la sesta viene intercettata da zio ma Laura ribatte ed io grido: -Batte otto risponde quindici, palla!-
Ma sono talmente gasata e convinta della vittoria che la palla colpisce appena qualche centimetro fuori la linea.
La partita continua e, per qualche miracolo sconosciuto a noi comuni mortali, arriviamo al pareggio e all’ultima battuta.
Tocca ad Alessandro, io lo guardo con il sudore che scende lungo la schiena e il viso, lui impassibile e con i capelli castano chiaro perfettamente pettinati si accinge a battere.
Mi guarda e batte.
La palla finisce al centro del campo, mamma la alza in maniera goffa, io mi butto e la colpisco con il pugno chiuso –se mi vedesse il mio prof di educazione fisica mi urlerebbe contro con il suo alito di bagna cauda- e zia schiaccia; papà si butta di lato ma colpisce zio allo zigomo, Alessandro e Paolo corrono in avanti: troppo tardi, noi stiamo già festeggiando la vittoria.
-E le donne vincono!!- esclama zia tornando all’ombrellone.
-Per la prima volta dai tempi del giurassico- la rimbecca papà con un muso che sta sfondando il tetto della casa di un cinese sotto di noi.
-Intanto abbiamo vinto- continua mamma.
-Vedremo alla prossima..- commenta zio.
-Popopopopopo!!- inizio a cantare prendendo sotto braccio zia e Laura a turno.
-Vi abbiamo lasciate vincere ovviamente- dice Paolo.
-E’ meglio che andiamo a mangiare prima che l’orgoglio maschile ferito muoia del tutto- sussurra Laura a mamma, andando a recuperare Elena, Aurora e Sofia.
Dopo pranzo, per gli adulti di sesso maschile e per le persone inferiori ai dieci anni e superiori agli 80 è ora del pisolino mentre per quelli di sesso femminile della seduta bagno-caffè-bar-pettegolezzi.
Rimaniamo io e Alessandro che decidiamo di approfittare della calma per prendere qualche spicciolo dai portafogli dei nostri genitori e di giocare a calcetto.
Mio padre –come la maggior parte degli uomini italiani- è un patito di calcio e, non avendo un figlio maschio, ha dovuto sfogare su di me la sua passione che non ho rifiutato affatto.
Iniziamo a giocare trovandoci ad essere ad un livello di parità, alla fine vince lui per la mia solita sfortuna.
-Sei ancora arrabbiata per sta mattina?- mi domanda mentre ci riposiamo cinque minuti.
-No-
-Ele?- domanda una voce alle nostre spalle, ci giriamo all’unisono e trovo Luca accompagnato dal bel biondo e la rossa tinta.
-Ciao- sorrido appena imbarazzata.
-Loro sono Matteo e Serena- dice Luca con un cenno di intensa mentre io stringo loro la mano.
-Lui è Alessandro: un amico di famiglia- dico brevemente, facendo una smorfia.
-Partitina a biliardino?- domanda Matteo sfregandosi le mani.
-Io però sto con la piccola Eleonora- dice Luca facendomi l’occhiolino.
Ed io arrossisco guardandolo con gli occhi a cuoricino: sarà omosessuale ma rimane comunque un gran figo, inoltre la mia mente non è ancora riuscita ad accettare la cosa.
-Tu vuoi giocare Serena?- domanda Alessandro gentilmente.
-No, grazie- risponde lei sedendosi sulla sedia ed accavallando le gambe con aria di superiorità.
Non è che se giri tutto il tempo con due ragazzi gay poi devi sfogare le tue voglie sul mio amico eh carina, penso guardandola con le sopracciglia inarcate.
Lei mi lancia un’occhiata infastidita, quasi mi avesse letto nel pensiero.
Iniziamo a giocare ed io e Luca troviamo un immediato feeling, lui mi riempie di complimenti ed io mi sto per sciogliere –e non è per il troppo caldo-.
Senza che me ne accorga il tempo passa in fretta ed arriva Elena a chiamarci per fare il bagno in mare tutti insieme.
Mi chiama appena, intimidita da tutta questa gente grande.
-Ciao- le sorride Luca gentilmente. –Ti ricordi chi sono?-
-Certo: tu sei il fidanzato di Nora- dice lei candidamente per poi lanciare un gridolino e scappare via appena Matteo fa per avvicinarsi a lei a sua volta.
-Fidanzato?!- domanda Serena stizzita.
Io faccio spallucce.
-Beh allora ci si vede Ele- dice Luca lasciandomi un bacio sulla guancia.
Io lo saluto a mia volta.
-Ciao Alessandro- aggiunge poi Luca.
Alessandro grugnisce appena qualcosa senza degnare di uno sguardo Serena e i suoi occhi languidi.
Il pomeriggio trascorre tranquillo tra il caldo afoso, i gelati ed i tuffi in mare per placare il sudore.
La cena viene preparata leggera ed a base di pietanze fresche, dopo zia e Laura ci spediscono a cambiarci e a mettere qualcosa di elegante perché hanno una sorpresa per noi.
Io, che ho una vaga idea su che cosa possa consistere la “sorpresa”, mi avvio mogia mogia in camera mia.
Mi sistemo i capelli usando una pinza, non sopporterei di tenerli sciolti ancora per molto, indosso un vestito che avevo comprato qualche tempo fa: verde chiaro, corto, con i bordi e un simpatico fiocco allegato in vita di colore più scuro così come le spalline. Non trovo i sandali bianchi e così ricordo di averli lasciati qualche giorno fa in quello che era il mio studio e così -un po’ per il fatto che mia madre mi farebbe una testa enorme se sapesse che metto le scarpe da ginnastica con il vestito ed un po’ perché voglio assicurarmi che Alessandro non abbia bruciato i miei libri- vado a bussare alla porta accanto.
-Sì?-
-Sono Eleonora-
-Un attimo!-
Aggrotto le sopracciglia sentendo la sua voce allarmata, quando finalmente mi dà il permesso di entrare ha la faccia di chi è stato colto in fragrante a fare qualcosa di proibito, io scruto i miei adorati scaffali e noto che alcuni libri non sono al loro solito posto ma non dico nulla, mi limito a mordermi il labbro e a cercare le mie scarpe.
Quando scendo in salotto i miei sospetti sono confermati: serata karaoke.
Io sbuffo e sento Alessandro gemere.
-Allora c’è qualcosa che non sei capace a fare- dico sorridendo.
Lui non risponde.
-Con che canzone incominciamo?- domanda zia allegra.
-Non incominciamo?- propongo io con un falso sorriso.
-Non dire sciocchezze Nora!-  esclama Laura mettendomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
-Esatto: non mangiate schifezze!- ripete nonna togliendo al nonno la barretta al cioccolato che stava rosicchiando, papà fa per aprire la bocca e ribattere ma ci rinuncia.
-Iniziamo con “vivo per lei”?- domanda mamma selezionando la canzone sul menù del televisore, dopo aver schiacciato su “Esperti”.
-Oh certo: la canzone perfetta per degli esperti come noi- commento ironica.
-Non trovi?- mi domanda lei mentre inizia la musica.
Io vorrei sparire mentre lei e zia, stonate come due campane, iniziano a cantare.
-Unitevi a noi! O niente pranzo domani!- ci rimbecca zio.
-Cos’ho fatto di male, Dio? Cosa?- domando guardando il cielo mentre Alessandro mi mette una mano sulla spalla, comprensivo.
Dopo questo grande brano lirico che deve aver rotto anche l’apparecchio acustico male andato della nonna –perché sembra sentire anche peggio di prima- iniziano i grandi classici dei karaoke: “Io vagabondo”, “Salirò”, “50 special”, ecc.. ecc..
Ma credo che il momento peggiore sia quando mio padre balza sul tavolino del soggiorno dicendo: -Ed ora voglio dedicare questo brano a Nora, il mio unico grande amore!- Ed inizia a cantare “Per te” di Jovanotti, mentre tutti restiamo in silenzio ad ascoltare. Sarebbe una cosa tenera, se non stesse urlando così tanto e sarebbe comico –dato il sudore che gli scende giù per il collo e l’espressione fuori dal normale- se non fosse rivolto a me.
Alla fine anche zia Anna deve capire che è un po’ troppo e non adatto ai minori perché prende Aurora, Elena e Sofia e le porta a letto, mentre loro si battono per poter cantare qualche canzone di Violetta.
Un altro momento eclatante è quando decidono che dobbiamo cantare io e Alessandro e noi accettiamo –come se potessimo fare altrimenti- a patto che siamo noi a scegliere il brano e che non sia nel livello esperti.
Mamma e Laura, che si sono appropriate del telecomando, schiacciano su “duetti” e poi “livello intermedio”.
Ovviamente non è uno degli ultimi karaoke sul mercato e perciò fisso le canzoni indecisa.
-Scegli tu- dico ad Alessandro scrollando le spalle.
Lui fissa lo schermo indeciso.
-Che ne dite di “Per tutte le volte che” di Alessandra Amoroso e Valerio Scanu?- propone Laura.
-Perché non “Killer” di Tiziano Ferro e Baby K? E’ molto più..-
-Ma no quella è bellissima- mi interrompe Alessandro.
Io gli lancio un’occhiataccia.
-A che gioco stai giocando?- gli domando in un sussurro.
Lui alza le spalle.
Così iniziamo a cantare ed io non potrei essere di un rosso più acceso quando arriva il ritornello, a lui la cosa sembra non toccare minimamente, continua solo a lanciarmi occhiate oblique. Zio non dice una parola per tutta la canzone ed io sento lo scrocchiare delle nocche di papà quando diciamo: “Come se un giorno freddo, in pieno d’inverno, nudi noi non avessimo poi tanto freddo perché noi coperti sotto il mare a far l’amore”.
Quando finisce la canzone Laura, mamma e zia applaudono con vigore e chiedono il bis, io dico di aver un gran mal di testa e Alessandro mi segue così, scoprendo che è già mezzanotte, li lasciamo al loro karaoke.
-E’ stato divertente no?- mi domanda mentre saliamo le scale.
-Cosa: scoprire che sei bravo anche a cantare?- borbotto.
-Nemmeno tu sei male-
Gli rispondo con un grugnito soffuso.
-Ma spero di non doverlo fare mai più- aggiunge lui scuotendo la testa –Odio cantare in pubblico-
-Io odio cantare e basta, se non sotto la doccia-
Segue un momento di silenzio, prima di separarci.
-Hai toccato i miei libri- dico ad un certo punto.
Non è una domanda e lui lo sa.
Lui arrossisce, è raro vederlo imbarazzato.
-Scusa io..-
-Non li avrai bruciati o rovinati vero?- gli domando accusatoria e preoccupata.
-No li ho solo buttai nel cesso- risponde con una smorfia.
-Cosa?!- la mia voce deve essere salita di un’ottava.
-Scherzavo, ma tanto per te è ovvio che io debba per forza averli rovinati no?-
-Scusa tanto. Ma se io avessi sotto le mani dei videogiochi non li prenderei di certo per baciarli e portarmeli a letto visto che non li sopporto-
-Non li ho rovinati-
-Neanche spostati per farmi un dispetto?-
-Possibile che tu debba sempre essere prevenuta nei miei confronti?- mi domanda stizzita.
Io sbuffo.
-E cosa dovrei pensare?-
Un analfabeta che legge, ridicolo no?
-Quello che vuoi- dice distogliendo lo sguardo dal  mio e  rivolgendolo a terra.
-Non li hai rovinati?-
-No- risponde secco arrossendo di nuovo.
-Okay- sospiro infine –E che ci hai fatto?-
-Nulla che ti interessi- dice arrossendo ancora.
Io alzo le sopracciglia, allibita.
Ci ha fatto sesso che ne è così imbarazzato?
-Come vuoi-
Un immagine assurda trova spazio nella mia mente malata: un certo ragazzo di mia conoscenza nudo di spalle –non è così difficile immaginare il suo fondoschiena- abbracciato ad un mio libro intento a fare cose non adatte ai minori.
Rabbrividisco e mi sale un conato di vomito che reprimo.
-Allora a domani- dico infine tanto per rompere il silenzio.
-Buonanotte- risponde infilandosi in camera.
Un analfabeta non può leggere, giusto?


*= Eros--> una delle quattro forme greche dell’amore, rappresenta l’amore puramente erotico e passionale.

Canzone: Per tutte le volte che


_________________
Eccomi qui!
Volevo scrivere questo capitolo in modo da descrivere più di un giorno, così che somigliasse meno- come mi ha fatto notare qualcuno- a “sprazzi di vita quotidiana” ma il capitolo è sfuggito al mio controllo e, descrivere il giorno seguente che è già stampato nella mia mente, avrebbe reso il capitolo troppo lungo perciò, perdonatemi.
Credo che aggiornerò prima del previsto nonostante sarò più impegnata visto che, come ho appena detto, ho già tutto il capitolo in mente.
Spero di non aver reso la cronaca della partita noiosa e che questo capitolo vi piaccia almeno quanto gli altri.
Sam
P.S.= che ne dite di questo carattere?

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Capitolo 7
*** Shopping e brutti ceffi ***


7.Shopping e brutti ceffi
“Un uomo
che non legge buoni libri
non ha alcun vantaggio
rispetto a quello
che non sa leggere.”
Mark Twain
Oggi, al contrario di ieri, è una giornata tranquilla con un leggero vento che allieva l’afa e rende il mare piacevolmente mosso.
I miei piedi hanno creato due solchi nella sabbia bagnata e sono lambiti, ad intervalli regolari, dall’acqua fresca. Indosso il mio costume preferito: una fascia verde ed uno slip arricciato sul bordo ed allacciato ai lati dello stesso colore; e sono di ottimo umore.
Alessandro invece si è svegliato dalla parte sbagliata del letto –esiste una parte sbagliata ed una giusta, controllate in Mary Poppins- e credo che sia ancora offeso perché ieri l’ho accusato senza motivo.
Anche se, a dirla tutta, quella offesa dovrei essere io: insomma, ho avuto gli incubi su lui e un libro che fanno cose sporche nel mio studio.
Il belloccio è seduto per terra, il sole gli illumina il bel viso e giocherella con la sabbia bagnata, siamo riusciti a scampare anche oggi dal nostro ruolo di baby-sitter siccome le tre pesti volevano giocare a pallavolo.
Qualcuno mi abbraccia da dietro ed io sobbalzo.
-Ciao bella- dice Luca scoccandomi un bacio sulla guancia.
-Ciao!- esclamo entusiasta.
Perché la natura crea un ragazzo così bello e dolce se poi non si può sfruttarlo?
Guardo Matteo pensando che sia il ragazzo più fortunato del mondo.
-Venite a fare una passeggiata con noi?- domanda Serena rivolta a Alessandro.
-Non ho molta voglia, se vuoi vai Eleonora- risponde quello di malumore.
Luca lo guarda inarcando le sopracciglia poi torna a rivolgersi a me:-Vieni?-
Io sposto lo sguardo da lui ad Alessandro, poi sospiro.
-Grazie ma preferisco non camminare oggi, magari un’altra volta-
-Senz’altro- dice Matteo sincero ed io sorrido, mentre si allontanano.
-Non devi rimanere per me- dice Alessandro alzandosi in piedi e pulendosi le mani nell’acqua.
Infatti lo faccio per me testa di rapa: se mi faccio perdonare tu e il libro sparirete dai miei sogni.
-Ormai- rispondo facendo spallucce.
-Puoi ancora raggiungerli-
-Ti dà così fastidio la mia presenza?-
-E’ a te che da fastidio la mia-
-Siamo di buon umore!- esclamo battendo le mani.
Lui mi scocca un’occhiataccia, io sbuffo.
-Partita a calcetto?-
Lui annuisce di malavoglia.
Iniziamo a giocare quando ci raggiungono Elena, Aurora e Sofia; mentre perdo cinque a tre le piccole pesti litigano, lasciandoci un’Elena piuttosto seccata che si siede su una poltroncina poco distante dal biliardino ed inizia ad acconciarsi i capelli da sola, con alcuni fiori che ha trovato non so dove.
-E recupera!- esclamo scagliando il pugno in aria.
-Forse la piccola modella vorrà spostarsi per far sedere noi-
Alzo immediatamente la testa con un brutto presentimento: non era una voce amichevole.
-No, c’ero prima io- risponde Elena.
C’è un ragazzo alto, dagli addominali scolpiti, i capelli biondi pieni di gel e gli occhi color ghiaccio che sovrasta la mia sorellina, insieme a due oche e un ragazzo-cagnolino tozzo e brutto.
Alessandro segue il mio sguardo mentre sento lo stomaco chiudersi come se una mano me lo stesse stringendo.
-Dai piccolina, hai sentito Federico? Hai un viso così carino, spostati- dice il ragazzo-cagnolino sfiorandole la guancia con malizia.
-Stai calma- dice Alessandro posando una mano sulla mia.
-Su spostati sgorbio, vogliamo sederci- dice ancora Federico, prendendola per un braccio mentre le oche ridacchiano.
-Come hai chiamato mia sorella scusa?- chiedo camminando verso di loro prima che Alessandro mi possa fermare.
Non credo di aver mai provato così tanta rabbia, se la tocca ancora un’altra volta non risponderò di me.
Lui le lascia il braccio, alzando le mani come in segno di resa.
-Uoh! Arriva l’avvocato difensore- dice il ragazzo-cagnolino facendo ridere le due oche.
-Zitto Luca, non vorrai farla arrabbiare no?-
-Non mi hai risposto- dico sorridendo come si fa con i bambini.
-Non ricordo esattamente.. cos’era: sgorbio, puzzola, microbo,.. troietta?- dice Federico guardandomi a braccia incrociate, con un ghigno sulla faccia che istiga molta violenza.
Sento la rabbia montare a quell’ultimo termine offensivo nonostante il cervello mi imponga di stare calma.
Vuole solo farmi arrabbiare, vuole solo farmi arrabbiare, cerco di ripetermi mentre respiro lentamente.
-Posso anche andare all’ombrellone e lasciargli il posto..- dice Elena facendo per alzarsi.
-No stai lì Elena, i ragazzi stavano per andarsene- dico sforzandomi di sorridere.
-Elena? Come Elena di Troia?- domanda Luca ammiccando.
Le oche sghignazzano: tipico delle oche.
Io ghigno a mia volta.
-Elena non era di Troia, rozzo ignorante, era di Sparta; è stata portata a Troia dal re di essa, Paride-
Luca arrossisce.
-Ma sentitela: abbiamo una secchioncella qui- dice Federico, continuando a ghignare.
Cerco di respirare con calma.
L'omicidio è punibile dalla legge, Nora.
Potrebbero punirti con il carcere minorile, potresti morire o peggio: essere bandita dalla spiaggia.
Sento la mano di Alessandro sulla mia spalla e prendo un grosso respiro.
-Perché non ve ne andate via voi?-
-Perché non te ne vai tu portando via il tuo grosso grasso sedere e la tua puttanella?- domanda Federico passandosi una mano tra i capelli.
La pressione della mano di Alessandro sulla mia spalla aumenta in modo direttamente proporzionale alla mia rabbia, stringe fino a farmi male ma io non me ne accorgo.
Apro la bocca per mandare a farsi fottere la diplomazia ma Alessandro mi procede.
Mi scansa abbastanza delicatamente e si pone davanti a Federico, mettendogli le mani sulle spalle.
-Senti un po', fighetto, ora tu porti il tuo bel culo d'oro, le due oche che ti seguono come cagne e quel cesso del tuo amico da un'altra parte, o quanto è vera la tua testa di cazzo ti riduco così male che perfino tua madre faticherà a riconoscerti-
Le due ragazze, per la prima volta da quando sono arrivate, smettono di ridere, Luca indietreggia e Federico perde il suo sorriso sghembo mentre i suoi occhi hanno un fremito.
-Okay, okay amico. Ce ne andiamo. Non restiamo un momento di più in un posto frequentato da gente del genere- dice Federico alzando le mani, indietreggiando e facendo segno agli altri di seguirlo.
Mentre se ne vanno faccio ancora in tempo a sentir dire a Luca:-Dimmi te se dovevamo incontrare un frocio, una secchiona di merda e uno sgorbio del cazzo- e Federico ridere.
Alessandro mi prende una mano e solo in questo momento mi accorgo di aver stretto i pugni così tanto da essermi conficcata le unghie nei palmi delle mani. Me le strofino, per dare un po' di sollievo.
-Ehi piccola- dico inginocchiandomi accanto a Elena, che ha i lacrimoni agli occhi -Erano solo dei ragazzi cattivi-
-Ho avuto paura che ti facessero male- dice guardando per terra.
Io la abbraccio. -Ma no-
-E poi c'era Alessandro- aggiungo sorridendo al ragazzo.
-È stato bravissimo! Come i supereroi dei film!-
-Sì, come nei film- rido io -Vai a giocare con Sofia e Aurora, su-
Lei annuisce, tira su con il naso e corre via.
-Ti va di finire la partita?-
Io scuoto la testa.
-Neanche a me- aggiunge.
Andiamo a sederci più in là, sulla sabbia, come di comune accordo.
-Grazie- gli dico schiacciando la sabbia e cercando di scaricare la rabbia.
Lui annuisce.
-Non pensare che io non sia più arrabbiato per ieri sera, ora-
-Cosa vuol dire?- domando guardandolo male e assottigliando gli occhi.
Lui scoppia a ridere, trascinandomi.
Non ricadiamo più sull'argomento fino a pranzo.
Le piccole pesti hanno smesso di mangiare per fare il loro pisolino pomeridiano, perché troppo assonnate ed io sto tagliando la bistecca quando papà si schiarisce la gola.
-Nora sai che io dico parolacce, a volte, non lo nego e lo dico qui davanti a tutti, tuttavia non esagero mai con la volgarità e vorrei che neanche tu lo facessi. Capisco che tutt'oggi i giovani siano abituati a..-
-Papà arriva il sodo- dico ferma con il coltello a mezz'aria.
-Io e Beatrice- e qui si scambia un'occhiata d'intensa con mia madre –vorremmo sapere... tua sorella ci ha chiesto il significato delle parole "troietta", "cazzo" e "frocio"-
-Non può averle imparate di certo a scuola- dice mamma con aria severa.
-Quale razzo?- domanda nonna, ma nessuno le presta ascolto.
Io ricomincio a dividere a metà la bistecca, nonostante sia già tagliata mentre Alessandro, dall'altra parte del tavolo, mi sfiora il piede con il suo.
-Questa mattina io e Alessandro abbiamo avuto una simpatica conversazione con alcuni deficien-.. ragazzi che davano fastidio a Elena- borbottò mentre taglio così tanto da rompere il piatto di plastica.
Mia nonna mi sorride, comprensiva e si alza per cambiarmelo.
Laura inarca le sopracciglia e mamma scruta prima me e poi Alessandro, quest'ultimo inizia a raccontate l'accaduto mentre io mangio di malavoglia.
-Se ti toccava gli mettevo le palle al posto degli occhi-
-Carlo!- esclama mamma fingendosi scandalizzata mentre zio annuisce vigorosamente.
-Per fortuna c' era Alessandro!- dice mia mamma correndo ad abbracciarlo.
Io alzo gli occhi al cielo, neanche mi avesse salvata da un tentato omicidio.
-Io sono contrario alla violenza ma la prossima volta tiraglielo un pugno Ale!- esclama Roberto dando una pacca alla spalla del figlio.
-Roberto!- esclama Laura scandalizzata -Spero proprio che non ci sia una prossima volta!-
-Ai miei tempi i giovani erano più educati!- dice nonno.
-Zitto Giuseppe, ti cade la dentiera!- lo rimprovera nonna seccata, sistemandogliela amorevolmente.
-Però non ha tutti i torti- interviene zia.
Ed io sbuffo, appoggiando la guancia sulla mano.
Ora iniziano, penso roteando gli occhi.
Alessandro mi tocca il piede, io lo guardo e lui rotea gli occhi a sua volta.
Verso le tre sono pronta ad andare in spiaggia e piena di rinnovato ottimismo. Gli occhiali da sole a tenere indietro i capelli, il semplice copricostume blu e la borsa enorme a tracolla -ovviamente è la seconda borsa di mia madre, che è la metà dell'altra-.
-Questo pomeriggio voglio divertirmi tantissimo e fare un casino di cose!- esclamo sfregandomi le mani e pensando a incontrare Luca e compagnia bella, giocare al gioco della bottiglia, baciare Luca, fare una passeggiata per smaltire un po' di grassi, rifocillarmi con un gelato a quattro gusti, fangirlare con Luca, fare una partita a biliardino, una a beach volley e qualcos'altro con Luca.
-Nora! Che ci fai vestita così?- mi domanda mamma con le chiavi della macchina in mano.
Mi si gela, lentamente, il sorriso sulle labbra.
-Andiamo a fare shopping, ricordi?-
-Mi era sfuggito- dico mentre sento che il corpo si scompone, diventa cenere e resta un mucchietto sul pavimento con un paio di occhiali sopra.
-Vatti a cambiare su- aggiunge zia.
-Viene anche papà no?- domando con la speranza di poter acquistare un altro libro.
-No-
Al bel libro misterioso apparso nella mia mente si aggiunge un tristissimo "pouf".
-E zio?-
-No no-
La possibilità di poter rotolarmi dal ridere per scendere le scale mobili del centro commerciale svanisce.
-Nonno?-
-No Eleonora, solo noi donne-
Niente aneddoti divertenti su papà e zio che si fanno la pipì a letto.
-Nonna?-
-No Eleonora-
Niente soldi in più.
-Aurora, Elena, Sofia?-
-Nemmeno-
Ma com'è possibile, nessun lavoro da baby-sitter?
Ti prego Dobby che sei nei cieli, faccio anche la baby-sitter ma lo shopping con mamma no.
-Alessandro?- chiedo con un'ultima nota di speranza, anche la sua compagnia andrebbe benissimo.
-Puoi stare senza di lui un pomeriggio no?-
Io apro la bocca, incredula.
Sta davvero insinuando quello che penso stia insinuando?
Lei si scambia un’occhiata con zia e quest’ultima muove appena le labbra dicendo: “Ah, l’amore!”
Oh sì, io e Alessandro siamo innamorati quanto lo sono il Persiano e il Cavalier King di mio fratello Ivan.
Cinque minuti dopo scendo le scale vestita con degli assurdi sandali di pelle neri (frutto delle compere con mia madre) e un vestito nero con le maniche di pizzo del medesimo colore (vedi parentesi precedente).
-Andate a un funerale?- mi domanda nonna mentre l’abbraccio.
-Sì- rispondo io anticipando chicche sia –quello del briciolo di sanità mentale che mi era rimasta..-
 
Sbatto la testa contro la scatola delle scarpe, ripetutamente.
Un bambino mi indica e la madre lo trascina via, allontanandolo da me come se fossi una drogata.
Credo che potrei darne l’idea: ho gli occhi rossi e lucidi per il continuo sbadigliare, sono vestita come un’emo e ho lo sguardo di uno zombie.
-Nora! Che dici di questi stivali?- mi domanda mamma per la trecento novantaquattresima volta.
-Sono bellissimi!-
Farò di tutto ma ti prego, ti prego, andiamocene.
-Mh.. no, non credo- e li toglie, per poi posarli e prenderne un altro paio.
Ed è a questo punto che tutto lo sconforto, il caldo e la noia mi piombano addosso, così cado in ginocchio affranta dal peso di tutto ciò e congiungo le mani, iniziando a pregare.
-Santo Godric, tu che proteggi il coraggio e gli animi giusti, prega per me
Santa Tosca, tu che vegli sull’amore e il lavoro, prega per me
Santo Salzar, che privilegi l’astuzia, abbi pietà di me,
Santa Priscilla, che..-
-Non credo che gli illuminati dovrebbero pregare in pubblico- dice una donna al marito, indicando la collana dei doni della morte che porto al collo.
-Mia figlia non è un’illuminata!- esclama mia madre scandalizzata.
-Ah no? E chi sarebbero questi Godric, Tosca e Sasa se mai?-
Io faccio una smorfia.
-Alzati Nora, non intendo restare qua dentro un minuto di più!-
-E non inciampi scendendo le scale!- le grida l’altra donna quando stiamo ormai per varcare la soglia –Dovrebbero rinchiuderli tutti in carcere, quei…-
Mia madre sbatte la porta del negozio, stizzita e scende a grande velocità le rampe di scale, con me che gli trotterello appresso.
Grazie Godric, Tosca, Salazar e Priscilla.
-Pure tu! Cosa ti viene in mente!- inizia a dire mia madre ma io, in questo esatto momento, vedo una cosa che riesce a cancellare tutto il resto: il paradiso.
-Mamma posso entrare?-
-Nora ma mi stai ascoltando?-
-No-
Sono sempre stata una fan della sincerità.
Lei sbuffa.
-Posso entrare?- ripeto.
-Non più di dieci minuti-
Non supero il tempo limite ed esco con “Città di carta” tra le braccia ed un sorriso ebete sulla faccia –che non è poi così diverso dal mio solito sorriso-.
-Asciugati la bava- dice mia madre scuotendo la testa.
-Ed ora dovremmo comprare qualche cosa per te Nora!- esclama zia, con le braccia piene di borse.
-No, grazie, sono apposto così- dico tenendo stretto tra le braccia il mio tesoro.
-Insistiamo- dice Laura.
-No davvero io…-
Ma è tutto inutile: mi hanno già presa per le braccia e mi stanno trascinando nel negozio più vicino a noi del grande centro commerciale.
Grazie a Laura e zia riesco a sviare i pessimi gusti di mamma anche se non riesco comunque a comprarmi ciò che vorrei, fatta eccezione per un vestito davvero carino e bianco, riescono anche a farmi acquistare un copricostume arancione, scollato e quasi interamente trasparente, due magliette ed una minigonna che non metterò mai in vita mia.
Torno a casa distrutta e papà, vedendomi, mi saluta comprensivo.
-Ho comprato un libro nuovo!- annuncio a tavola.
Per tutta risposta, Aurora mi lancia un pezzo di polpettone sulla guancia.
Io la guardo rabbiosa ma lei fa finta di nulla, con il suo visino angelico e nessun altro sembra essersene accorto.
-Che libro è?- domanda Alessandro.
-Città di carta- rispondo osservandolo tentennante.
-Quando l’hai finito me lo presti?-
Avete presente quando si dice: per poco, dalla sorpresa, non caddi dalla sedia?
Ecco, io cado dalla sedia e finisco proprio sopra a dove Elena ha appena rovesciato il suo budino.
Mi alzo in piedi, instabile e Aurora mi guarda il sedere: -Sembra che ti sei fatta la cacca addosso-
-Mai vista una bambina così simpatica- dico distrattamente.
Più tardi, dopo essermi cambiata e quando ormai sostano tutti in soggiorno pronti per una partita a qualche gioco di società, raggiungo Alessandro e mi fermo ad osservarlo.
-Che c’è?-mi domanda lui infastidito.
-Non ho mai visto un alieno- rispondo io, convinta, senza smettere di fissarlo.
-Ma che dici?-
-Non puoi essere tu..-
-E perché no?-
-Tu non leggi- gli ricordo io, come se gli stessi enunciando una qualunque legge della fisica.
-La vuoi proprio sapere tutta? L’altro giorno osservavo un libro dalla tua libreria e la copertina mi ha incuriosito, così l’ho preso e l’ho letto. Mi è piaciuto moltissimo ed ho scoperto che leggere non è così male, da allora ho letto altri tre libri e non mi è dispiaciuto-
Arrossisce.
Io spalanco occhi e bocca.
-Santa pupazza! Dici sul serio?! E che libri erano?- esclamo saltellandogli intorno.
-Umh.. il primo era “Il piccolo principe” e poi la saga di “Divergent”-
Inutile dire che inizio a fangirlare fino a che mia madre non mi costringe ad andare a letto perché sto facendo venire il mal di testa a tutti quanti.
Ma una volta nel letto fatico a prendere sonno.
Diario segreto. Giorno n^ 5. Ancora tredici giorni. E’ incredibile come il tempo stia passando i fretta. Non sono sicura che il nemico sia ancora così tanto nemico. Ho appena scoperto che l’ho contagiato, credo che con un po’ di impegno –un bel po’ aggiungerei- potrei farlo entrare nella setta.
Diventerà un fanboy  con i controcazzi, aggiungo tra me e me
Credo che sarebbe un bell’acquisto, non è un essere umano così pessimo, in fondo.
I miei tesori sacri sono al sicuro, non li ha rovinati
O almeno lo spero per la sua salute, rifletto indugiando ancora.
Ora devo andare, domani mi aspetta un altro giorno di prigionia estenuante anche se niente potrà mai eguagliare un’intera giornata di compere di inutili accessori con il Mangiamorte capo.
Sempre tua,
Nora
Post Scriptum.= cosa faremo questa sera? Tenteremo di conquistare il mondo
Post Post Scriptum = o moriremo nel tentativo

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Capitolo 8
*** Zitto e nuota ***


8.Zitto e Nuota
“Il saggio sa di essere stupido,
è lo stupido, invece,
che crede di essere saggio.
W. Shakespeare”
Cammino nel lungo mare senza una destinazione precisa, cammino e basta.
Lo sguardo fisso in un punto impreciso.
Non penso a nulla o forse i pensieri sono fin troppi per potermi concentrare su uno solo.
Una strana tristezza inizia ad avvolgermi.
Continuo a camminare mentre il suono del mare è l’unica cosa a cui presto attenzione.
Arrivo ad una scogliera, una protuberanza nel mare sulla quale il sole splende e il mare sovrana. Tolgo le ciabatte e ci salgo a piedi nudi.
Arrivo fino alla punta e lì mi siedo, punto il mio sguardo sul mare e lascio che i pensieri fluiscano via, come se avessi un Pensatoio e una bacchetta.
Niente più pensieri.
Solo il mare.
Presto inizia a soffiare un vento leggero ma pungente e i bagnanti ritornano agli ombrelloni, lasciandomi sola in questa infinita distesa d’acqua.
Sento dei passi dietro di me, ma scuoto la testa, cercando di concentrarmi solo sul rumore del mare.
Qualcuno si siede al mio fianco, chiudo gli occhi, non ho voglia di rispondere alle domande di un qualche turista che biascica appena l’italiano.
Quando il qualcuno appoggia una mano sulla mia gamba sobbalzo.
Apro gli occhi ed incrocio quelli di Federico.
Che cosa vuole questo adesso?
-Che vuoi?- dico, secca, scostandogli la mano.
-Fare due chiacchiere-
-E perché dovrei fare due chiacchiere con te?- dico sbuffando contrariata.
-Perché sono bello- risponde lui facendo spallucce.
-Quando distribuivano l’intelligenza facevi la fila per le stronzate? Perché ne escono davvero tante dalla tua bocca- rispondo continuando a fissare il mare, sperando che se ne vada.
-E non sai cos’altro può fare la mia bocca- dice lui rimettendo la mano sul mio ginocchio.
Questo è cretino, ma tanto anche.
Ho davvero voglia di prendergli a morsi la mano.
Credo che lo farò.
Volto la testa verso di lui, lanciandogli un’occhiataccia.
-Ci stai provando?- gli domando esterrefatta.
-E se anche fosse?-
-Beh, come dirtelo- inizio io fingendo di pensarci –ti trovo brutto, stupido, ignorante e deficiente inoltre non mi metterei con te nemmeno se mi offrissero in cambio una libreria contente tutti i libri del mondo e, fidati, per quella libreria farei qualunque cosa.-
-Mi trovi brutto?- domanda avvicinando ancora il viso al mio, con un ghigno sul volto.
-Già e poi non vorrai stare con una “secchioncella” dal grasso e grosso sedere come il mio-
-Più sedere c’è meglio è e poi questo copricostume lo risalta moltissimo- dice avvicinandosi ancora.
-Senti Federico, te lo dirò un’ultima volta: sparisci-
-Posso prima dirti un’ultima cosa?-
-Poi te ne andrai a fanculo?-
-Ovunque voglia tu-
Alzo gli occhi al cielo, più seccata che mai, ma annuisco.
-Sei bellissima- dice guardandomi negli occhi con i suoi azzurro ghiaccio.
Sarebbe romantico se fossimo in un film.
Invece provo solo ribrezzo. Tanto ribrezzo.
-Mi fa piacere, ciao- dico tornando a guardare il mare.
Lui si gratta la testa perplesso ed assomiglia molto ad un grosso scimpanzé fuggito da uno zoo.
-Ehi..-
-Ma non dovevi andartene?- gli domando stizzita.
Mi giro verso di lui, pronta a dirgliene quattro ma, prima che io possa averne il tempo, mi bacia.
Sento le sue labbra morbide, sulle mie e la sua lingua che cerca di intrufolarsi nella mia bocca, le sue mani che mi circondano il viso.
E, senza volerlo, arrossisco ma nel contempo lo stomaco mi si stringe al pensiero che il mio primo bacio sia stato dato ad un essere del genere.
Mi riprendo dallo shock e lo spingo via.
Prima che possa urlargli in faccia tutti gli insulti dei quali il mio vocabolario è ben provvisto una voce mi precede.
-Io te l’avevo detto che ti avrei spaccato la faccia- dice Alessandro caricando la mano.
Gli sferra un destro niente male sull’occhio ed un sinistro in pieno stomaco, per completare l’opera lo spinge a terra e Federico non tenta nemmeno di protestare, si limita ad alzarsi arrancando e ad andarsene.
-Tutto bene?- mi domanda.
Devo avere una faccia sconvolta se si rivolge in modo così dolce a me.
-Visto che c’eri potevi arrivare un po’ prima, no?- gli domando rabbiosa.
Invece di stare a messaggiare, per esempio.
-Non sapevo dove fossi finita, se tu me l’avessi detto…-
-Certo, tempismo perfetto comunque, ancora un po’ e “ciao ciao” verginità di Eleonora-
-Eddai non essere melodrammatica-
Io gli scocco un’occhiataccia.
Non mi ha mai vista melodrammatica.
-Mi sarei aspettato un “grazie” come minimo- dice lui guardandomi dubbioso.
-Grazie- dico secca prima di avviarmi nuovamente verso la nostra spiaggia.
Non ce l’ho con lui, non sul serio.
Ho dato il mio primo bacio ad un deficiente e lui mi ha impedito di picchiarlo con le mie stesse mani, ma non ce l’ho con lui.
Ce l’ho con me stessa per aver lasciato che questo accadesse, con Federico e con sua madre che l’ha fatto nascere.
Camminiamo in silenzio ed il ritorno mi sembra spaventosamente lungo, siamo appena a metà della camminata quando Alessandro rompe il silenzio.
-Nei libri di solito la principessa bacia il principe quando lui la salva, come minimo- dice scherzando.
-Non ce l’ho con te- ammetto infine.
-Ah no?- domanda sarcastico, sbuffando.
Io faccio una smorfia a mia volta. –No-
-Dovrei?- aggiungo dopo un po’.
-No, non dovresti- dice lui scuotendo le spalle. –E scusa se messaggiavo così tanto ma c’era qualcuno che aveva bisogno di me-
-Sembra incredibile-
-Che cosa?-
-Che qualcuno possa veramente avere bisogno di te- dico ironica.
Lui fa una smorfia ed io rido.
-Era il mio primo bacio- sussurro osservando il mare.
-Oh-
Dice solo questo ma, in fondo, cos’altro potrebbe dire?
Lui ovviamente avrà dato il suo primo bacio anni fa.
E non è di certo colpa sua se apparteniamo a due categorie di persone diverse: io ai diversamente belli, lui ai super fighi.
Non è mica colpa sua, povero, è solo da compatire.
-Mi dispiace- dice interrompendo il flusso disordinato dei miei pensieri.
-Fa niente, che vuoi che sia? Il bacio che ricorderai per sempre e che sogni per tutta l’infanzia- dico disegnando con la mano destra un grande semicerchio –dato ad uno stolto- continuo con voce drammatica, alzando e poi abbassando il braccio
–Cosa ne sarà del mio bacio perduto? Come farò a preservarne il ricordo così acerbo?- domando cadendo in ginocchio e osservando il cielo
–Oh Dei che mi seguite dall’alto fate sì che la vostra più fidata seguace possa riprendersi ciò che le è stato rubato anzitempo- concludo abbassando la testa.
Lascio che qualche secondo di silenzio coroni il tutto prima di alzarmi in piedi. –Questo è fare la melodrammatica- ammicco.
Lui mi guarda basito, poi scoppia a ridere mentre riprendiamo a camminare.
-Scommetto che il tuo colore preferito è il giallo- dice lui osservandomi di sottecchi.
-Sì.. come fai a saperlo?-
-Beh perché è il colore che mi piace di meno-
-Ma non mi dire- dico con una smorfia.
Lui fa spallucce.
-Ma non il giallo fosforescente e osceno, amo il giallo puro e splendente del sole-
-Non indossi spesso vestiti gialli- osserva pensieroso.
-Non mi piace il giallo sui vestiti- dico con una smorfia –ho solo una giacca, ora che ci penso, ma preferisco colori più sobri-
Continuiamo a parlare e a camminare fino a che non arriviamo all’ombrellone.
-Siete stati via tutto il pomeriggio- osserva mia madre contrariata. –Dove eravate finiti?-
Io faccio spallucce.
-Il tuo telefono ha suonato e vibrato tutto il pomeriggio- dice Laura in direzione di Alessandro.
Lui si affretta a prenderlo e a sbloccarlo mentre io lo guardo di sottecchi.
 
-Questa sera vestitevi comodi- ci avvisa papà mentre mangio la mia abbondante fetta di torta gelato ai mirtilli.
-Che serata prevedi?- mi domanda Alessandro mangiando la terza fetta di dolce.
-Smaltisci-e-riprendi – dico dopo averci pensato.
-E in che cosa consiste?-
-Lo vedrai- dico ridacchiando tra me e me.
-Chi vuole dell’altra torta?- domanda zia allegramente.
-Chi?!- chiede nonna –Chi è morta?-
-La torta- rispondo io sillabando.
-Non dire sciocchezze Nora, non può morire una torta-
-Ma infatti non è morta-
-E allora perché me lo dici?-
Io sbuffo, continuando a mangiare.
-Dai su passami un’altra fetta di torta, Beatrice.. Oh! Scusa Aurora!-
-Sono sempre Nora, nonna-
-Ma sì! Lo vedo che sei mora, su passami una fetta di dolce piccola-
Io sorrido accondiscende e rassegnata, porgendogliene una porzione.
-Anche io vorrei una nonna così!- esclama Alessandro ridendo.
-Sì ridi, ridi- dico io a denti stretti.
-Guarda che dico sul serio: è una grande tua nonna-
Io gli scocco un’occhiataccia senza degnarmi di rispondergli.
Quando raggiungo la mia camera afferro le mie prime due cose che mi capitano sotto mano e le indosso, senza prestare loro troppa attenzione, cerco poi invano di dare ai miei capelli un aspetto decente, invano; ci rinuncio, afferrando al volo un elastico.
Quando scendo le scale, pronta a partire, sono le otto e mezza.
Riusciamo a varcare il cancello solo un’ora dopo quando, finalmente, Elena si è decisa ad andare a letto con il suo mini-pony (che, a dispetto del nome, è grande quanto lei) e zio è riuscito a convincere Aurora che non stiamo fuggendo per lasciarle per sempre con i nonni, non è stato altrettanto difficile sbarazzarsi di questi ultimi: nonna Secondina ha iniziato a lavorare ai ferri per farmi un maglione e nonno Giuseppe si è piazzato davanti alla tv con i suoi pop-corn ed una telenovela spagnola.
-Allora che si fa?- domanda Alessandro allegro.
-Si cammina- sospiro io già esausta dopo neanche cento metri.
E non potrei avere più ragione.
Camminiamo, camminiamo, camminiamo, camminiamo e camminiamo.
-Mi fanno male i piedi-
-Siamo quasi arrivati- dice papà.
-Non sento più le gambe- annuncio mezz’ora dopo.
-Ci siamo quasi- mi risponde zia Anna.
-Credo di star morendo di sete- insisto qualche quarto d’ora più tardi.
-Mancano pochi metri- sbotta zio seccato.
-Se faccio ancora un metro muoio- annuncio bloccandomi in mezzo al marciapiede.
-Allora resta lì- dice mamma passandomi accanto e superandomi.
L’unico che si volta indietro a guardarmi è Alessandro, gli altri proseguono sicuri.
-Che ingrati- dico scuotendo la testa quando vedo che girano l’angolo senza il minimo segno di incertezza, poi sospiro e mi affretto a raggiungerli.
-Sei un fantasma?- ironizza zio vedendomi.
Io non gli rispondo.
-Non ti piace camminare?- mi domanda Alessandro.
-E da cosa l’hai capito?- gli chiedo ironica.
-E’ un’altra delle mie molteplici doti-
Io faccio una smorfia.
-Non fare lo scorfano brontolone!- esclama Alessandro tirandomi un buffetto sul viso –Quando la vita si fa dura tu sai che devi fare?
-Zitto e nuota
Nuota e nuota
Zitto e nuota
Nuota
Nuota e noi? Che si fa?
Nuotiam Nuotiam! –
Io sorrido, scuotendo la testa, mentre lui continua a canticchiare.
Una decina di minuti più tardi  Paolo, che è in testa, si ferma ed io non mi metto a ballare per la felicità solo perché sono troppo stanca. Entriamo dentro ad un pub piuttosto affollato.
-Cosa vuoi Eleonora?- mi domanda mamma.
-Non saprei..- dico mangiando con gli occhi il menù. -Una piadina con rucola, grana e speck-
-Ottima scelta!- esclama Paola –E’ ottima la piadina qui-
-Che cosa? Ma sono le undici!- esclama Alessandro perplesso.
-Te l’avevo detto che era la serata: smaltisci-e-riprendi-
-Ma abbiamo appena cenato!- insiste lui.
-Appena? Sono passate due ore-
Lui mi osserva torvo.
-Due ore sono tantissimo tempo-
Lui alza le sopracciglia.
Io alzo le spalle indifferente, già pregustando la mia piadina. –Fa come meglio credi-
Infine prende un frappé con nutella e panna.
E’ ormai quasi mezzanotte quando ci alziamo dal tavolo ed iniziamo ad avviarci verso casa.
-Zio?- domando dopo quasi tre quarti d’ora di marcia –Mi porti in braccio?-
Lui mi osserva per qualche secondo basito, fermandosi, poi scoppia a ridere.
-Questa sì che era una bella battuta!- esclama poi riprendendo a camminare.
-Papà tu..-
-Non ci pensare nemmeno: la partita di pallavolo dell’altro giorno mi ha procurato un gran bel mal di schiena-
-Non fare la bambina Nora: mi sembri abbastanza grande per poter camminare- mi rimprovera mamma.
Io sbuffo, poi vedo Alessandro ridacchiare e sorrido a mia volta.
-Mi porteresti in braccio?-
-Ma non scherzare neanche..-
-Bel cavaliere sei- dico scuotendo la testa.
-Hai solo un anno e  dieci o venti centimetri in meno rispetto a me e poi non posso prenderti in braccio perchè...- si azzittisce a metà frase arrossendo.
-Perché sono troppo pesante, sì- dico facendo una smorfia.
-Non era quello che intendevo- dice arrossendo ancora di più.
-Tranquillo so di non essere una piuma-
-Ma davvero non era quello che intendevo, vedi il problema è che io sono..-
-Sì ok- dico interrompendolo bruscamente.
Lui sospira poi scuote la testa. –Dai sali- dice indicando una panchina poco distante.
Senza volerlo mi ritrovo a sorridere, salgo sulla panchina e poi sulla sua schiena mettendogli le braccia intorno al collo.
-Potrei anche addormentarmi qui sai?- dico dopo un po’.
-Non ci provare nemmeno!- esclama lui allarmato.
Io rido.
-Non dovevi prenderla in braccio- dice mamma con gli occhi a cuoricino –Dovrebbe iniziare a crescere-
Io sbuffo vicino all’orecchio di Alessandro e lui sobbalza per il fastidio.
Certo che ha dei capelli davvero morbidi, penso osservandoli.
Faccio di tutto per restare sveglia, cercando di ridere alle battute degli altri e concentrarmi sulla voce di Paolo ma quando arriviamo all’inizio della via della casa dei nonni non riesco più a resistere e chiudo gli occhi, piombando in un semiveglia rilassante. L’ultima cosa di cui mi accorgo è qualcuno che mi rimbocca le coperte e qualcun altro che sussurra, ridacchiando: -E’ peggio dei bambini vero?-.

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Capitolo 9
*** E' tempo di sorprese ***


9.E’ tempo di sorprese
“Le bugie più crudeli
 sono spesso dette in silenzio”
Robert L. Stevenson
Mi sveglio sbadigliando sonoramente, mi stiracchio e poi, lentamente, mi tiro a sedere e rimango per qualche attimo con lo sguardo perso nel vuoto.
Un momento, penso poi riscuotendomi dal tepore, ma chi mi ha vestita ieri sera?
Improvvisamente la scena di Alessandro che spoglia e riveste una me che russa con la bava alla bocca mi fa arrossire fino alla punta delle orecchie.
La pagherà quel maniaco, penso imbarazzata.
Mi alzo ed avanzo a mo’ di zombie verso la finestra, alzo la tapparella non senza una certa fatica e subito una smorfia infastidita mi deforma il volto: piove.
La pioggia, solitamente, mi piace: è un pretesto in più per leggere e non andare da nessuna parte ma la pioggia in vacanza mi infastidisce molto.
Mi faccio una doccia veloce e mi vesto, afferro un libro dallo scaffale e scendo velocemente le scale andando quasi a sbattere contro zio Giorgio.
-Piove- biascico solo io, lui annuisce.
Faccio colazione con un’abbondante dose di nutella, nella speranza di migliorare la giornata.
-Io voglio andare in spiaggia!!- inizia a singhiozzare Aurora.
-Ed io voglio fare il bagno!!- strilla Elena a sua volta.
-Voglio fare un castello di sabbia!!- esclama Sofia tirando su con il naso.
-Dov’è la mia dentiera?- domanda nonno spaesato, afferrando un biscotto e mettendolo in bocca.
-Non si trova mai niente in questa casa!- dice allora nonna contrariata.
-Prevedo una lunga mattinata- dico sprofondando in una poltrona e aprendo il libro.
-Molto lunga- mi fa eco Alessandro.
Io non gli rispondo, offesa.
Leggo un centinaio di pagine finché mamma non mi urla di fare qualcosa di costruttivo, io sbuffo e chiudo il libro.
-Volete che giochi con voi?- domando alle tre piccole pesti che hanno appena smesso di piangere.
-No!- dice forte Elena lanciandomi un’occhiataccia.
-Scusate tanto- rispondo seccata.
-Zia vuoi che ti aiuti a fare la macedonia?- le domando con un sospiro.
-Così butti metà frutto? Meglio di no- ride lei.
-Papà che fai?- gli chiedo andando in salotto.
-Cerco di capire dov’è finito “saltinmente”-
-E’ in quel mobile- dico indicandolo.
-Quale?- mi domanda aggiustandosi gli occhiali sul naso.
Io supero il divano e mi alzo in punta di piedi, allungandomi verso l’ultimo scaffale.
-Nora!! Togliti da davanti al televisore!- mi urla nonno.
Finalmente riesco a prendere il gioco di società ma faccio cadere un vaso che si rompe in mille pezzi.
-Nora!- esclama mia madre sorpresa.
-Oh pazienza: era vecchissimo- dice zio facendo spallucce.
-Ti togli da davanti al televisore?- mi ripete nonno molto gentilmente.
-Okay- sbotto infine più seccata che mai –Volete che faccia qualcosa di costruttivo? Mi tolgo dalle scatole!-
E detto questo afferro il libro e salgo a grandi passi le scale, sbattendo la porta che conduce in terrazzo.
Non fa affatto freddo e la pioggia si è ridotta a qualche goccia sperduta, mi siedo per terra, sopra ad un tappeto ricamato a mano e sotto il pergolato.
Inizio a leggere, sperando di potermene stare finalmente tranquilla quando sento qualcuno salire le scale e sbuffo.
-Sono venuto a farti compagnia- dice Alessandro allegro, sedendosi al mio fianco con Hunger Games tra le mani.
-Ma che carino- commento ironica continuando a leggere. –Sei proprio un maniaco gentile-
-Maniaco?- mi fa eco inarcando le sopracciglia biondo scuro.
-Come lo chiameresti un ragazzo che sveste una povera ragazza indifesa?-
-Io cosa?!- chiede mentre la sua voce sale di un’ottava.
-Non fare finta di nulla, carino- dico incrociando le braccia.
-Sono felice che tu ti sia finalmente accorta della mia immensa bellezza ma continuo a non capire- ironizza lui perplesso.
Io alzo gli occhi al cielo.
-Sei stato tu a mettermi il pigiama ieri sera no?- dico puntandogli contro un dito accusatore.
-E’ stata tua madre- risponde con ovvietà –Non ti è passato per quella tua testolina?- domanda tra il seccato e l’ironico.
Io abbasso il dito, arrossendo poi apro e chiudo la bocca due o tre volte.
-No- ammetto infine.
Lui inizia a leggere, con un sorriso che non mi piace per niente.
Improvvisamente mi blocco e lo guardo assottigliando gli occhi: -Quello sarebbe un mio libro?-
-Ho pensato che potessi prenderlo- dice arretrando appena.
-Hai pensato male-
Lui inarca le sopracciglia poi, lentamente, chiude il libro.
Io sospiro, rassegnata. –Ok, leggilo-
Lui sorride, riaprendolo.
-Ma non sgualcirlo, romperlo, rovinarlo, strapparlo, mangiarlo, annusarlo troppo, stropicciarlo, consumarlo con gli occhi, ingiallirlo o sciuparlo-
-Complimenti per la ricchezza di verbi- dice lui con un sorrisetto ironico che mi infastidisce.
Io non do il minimo cenno d’averlo sentito. –Prometti-
-Prometto- dice lui alzando una mano –Parola di scout!-
-Sei mai stato scout?!- domando entusiasta.
-No-
Io scuoto la testa, sconsolata, poi riprendo a leggere.
Sono arrivata a metà di “Città di Carta” e la pioggia ha iniziato a scendere costante e rumorosa quando sento un gemito provenire da Alessandro, mi volto verso di lui, preoccupata.
-Katniss che si offre per la sorella: scontato, ma struggente- dice guardando un punto impreciso nel mare cento metri distante da noi –Anche io mi offrirei per Sofia-
-Pur sapendo di andare incontro a morte certa?-
Lui annuisce, serio.
Io sorrido senza quasi rendermene conto e mi avvicino ancora a lui, ora le nostre gambe si sfiorano ed anche le nostre braccia.
-Come potrei mandare lei a morte certa?- dice scuotendo la testa.
Io, senza averlo programmato o pensato, gli scocco un bacio sulla guancia.
Il contatto con la sua pelle mi colpisce come un cucchiaio di peperoncino giù per lo stomaco e mi fa arrossire.
-Te lo dovevo no?- sussurro poi, allontanandomi, lui fa per dire qualcosa ma qualcuno si infila tra di noi e lo afferra per il colletto della camicia, sollevandolo da terra.
-Vedi di mantenere le distanza di sicurezza, bell’imbusto- dice una voce che riconosco immediatamente.
-Emh.. io..- farfuglia Alessandro confuso –Cosa!?-
-Ivan!- esclamo balzando in piedi.
Mio fratello lascia andare Alessandro e si affretta ad abbracciarmi.
-Cos’è che gli dovevi?- mi domanda poi quando ci stacchiamo.
-Nulla- rido io scuotendo la testa –Come mai qui?-
-Se non mi vuoi torno a casa-
Io gli tiro una gomitata e scuoto la testa.
-Se vieni di sotto ti faccio conoscere la mia fidanzata-
-Subito! Ivan, lui è Alessandro: a quanto pare è un amico di vecchia data della nostra famiglia-
-Sì lo so, ho visto sotto Paolo e Laura-
-Mi ricordo di te marmocchio – dice poi rivolto a lui tirandogli una poderosa pacca sulla spalla.
Alessandro sorride appena, alzando un solo angolo della bocca.
Ci affrettiamo a tornare di sotto dove ci aspetta un gran confusione: stanno discutendo su dove sistemare i due nuovi arrivati.
-Lei è Ludovica- dice Ivan indicandomi una bella ragazza dal folto caschetto nero e gli occhi azzurri.
-Eleonora- dico stringendole la mano entusiasta.
-Senza la ‘s’- aggiungo poco dopo mentre Ivan scuote la testa, ridacchiando.
-Ma Eleonora non ha la ‘s’..- dice Ludovica confusa.
-Ed io che ho detto?- le domando sorridendo sincera.
Lei scoppia a ridere e Ivan mi fa l’occhiolino, mettendole un braccio intorno alla vita.
-Alessandro! Vai a prendere la tua roba e spostala in camera di Eleonora- dice Laura.
-Perché Alessandro dovrebbe spostare la sua roba in camera mia?- domando confusa.
Mamma mi guarda e sorride.
Io inizio a capire.
Più capisco e più mamma sorride, infine ha un sorriso da orecchio ad orecchio ed io gli occhi spalancati.
-Dormiremo insieme?!- domanda Alessandro scandalizzato.
Io inizio a tirarmi dei pizzicotti sul braccio nella speranza che sia un sogno, appurato che non lo è il mio sguardo inizia a vagare per la stanza in cerca di una via di fuga e trova solo la disgustosa scena del Cavalier King di Ivan che ci dà dentro con il suo Persiano.
-Vai a spostare la tua roba- insiste Paolo perentorio.
-Ma..- tenta di discutere Alessandro lanciando un’occhiata di intesa a sua madre.
-Non potevamo far dormire i due piccioncini in stanze separate- dice mio padre guardando Ivan e ammiccando.
-Oh ma non c’era nessun problema.. non voglio creare fastidio- dice Ludovica arrossendo.
-Tranquilla cara, nessun problema- le assicura mamma.
Certo, nessun problema per lei.
E improvvisamente ricordo una mia frase di pochi giorni fa: “Oh sì, io e Alessandro siamo innamorati quanto lo sono il Persiano e il Cavalier King di mio fratello Ivan.”
-Oh no.. no, no, no, no!- esclamo scuotendo la testa. –Non se ne parla proprio!-
-Non fare troppe storie Nora- mi sibila mamma a denti stretti mentre capisco di aver pensato ad alta voce.
-Vado a spostare la mia roba- dice Alessandro lanciando un’occhiata tagliente a sua madre.
-Vengo ad aiutarti- rispondo sconsolata e inorridita al tempo stesso.
-Se ti azzardi a dare sfogo ai tuoi ormoni e ad usare i tuoi genitali con me te li strappo con le pinze- dico ripensando alla povera gatta di Ivan.
-Allettante l’idea- risponde sarcastico.
Iniziamo a raccogliere i suoi vestiti e tutte le cianfrusaglie e a spostarli in camera mia ma, nonostante i miei tentativi di conversazione, lui continua a tacere.
-Al principe fa così schifo condividere la sua preziosa e nobile aria con un povero rospo?- domando mentre mi carico il suo zaino pieno di cose varie sulle spalle.
Lui  mi guarda scuotendo la testa, con un mezzo sorriso sulle labbra.
-Non è questo, è che io Nora sono..-
Nel tentativo di guardarlo in faccia mentre parla non faccio caso al gradino che separa la sua camera dal corridoio ed inciampo, agito buffamente le mani per mantenere l’equilibrio ed infine cado sbattendo con la testa sulla libreria. Subito mi piego su me stessa, prendendomi la testa tra le mani.
-Sei inciampata?- mi domanda mentre gemo per il dolore.
-Ma no! Io scendo sempre così le scale- mormoro dolorante.
-Potresti lanciare una nuova moda- dice inginocchiandosi vicino a me.
Io gli lancio un’occhiataccia mentre il dolore si fa ancora più forte.
-Ti fa tanto male?-
-Abbastanza-
-Vado a prenderti del ghiaccio-
Io annuisco o forse il mio cervello dà il comando alla mia testa la quale si rifiuta di obbedire.
Mi tolgo lo zaino dalle spalle e vado a sedermi sul divano letto, una volta lì afferro il telefono -che Alessandro ha dimenticato- pericolosamente in bilico sul bracciolo.
Mi scivola dalle mani e rimbalza sul divano, finendomi in grembo. Deve essere rimbalzato sul tasto di sblocco perché ora c’è la foto di Alessandro e la ragazza bionda in bella vista.
C’è un nuovo messaggio su whatsapp: mi basterebbe scorrere la tendina per leggerlo.
Mi mordo il labbro per trattenermi ma alla fine la curiosità –che contribuisce ad aumentare il dolore alla testa- ha il sopravvento e leggo il messaggio: “Avevi detto che avremmo massaggia-…”.
Per leggere il messaggio completo dovrei entrare su whatsapp, ma non voglio che Alessandro creda che io sia un’impicciona, perciò metto via il telefono ma mentre sto per bloccarlo mi cade l’occhio sul nome del mittente: “Amore mio <3”.
Deglutisco mentre rimango spiazzata, sento dei passi avvicinarsi e rimetto il telefono sul bracciolo.
-Alessandro tu sei fidanzato?- gli domando con un filo di voce.
-Come?- chiede porgendomi il ghiaccio.
-Sei fidanzato?- ripeto più forte, provando un sollievo immediato appena il freddo viene a contatto con il mio cranio dolorante.
-Sì- risponde perplesso –perché me lo chiedi ora?-
-Deve essere il mal di testa che mi rende più perspicace..- rispondo con la gola secca –Ma non me l’hai mai detto-
-Ci ho provato così tante volte.. non me ne hai mai data l’occasione- risponde facendo spallucce.
-Ma non..- inizio convinta ma lui mi guarda con ovvietà ed alcuni flashback mi passano davanti agli occhi.
-Al principe fa così schifo condividere la sua preziosa e nobile aria con un povero rospo?- domando mentre mi carico il suo zaino pieno di cose varie sulle spalle.
Lui mi guarda scuotendo la testa, con un mezzo sorriso sulle labbra.
-Non è questo, è che io Nora sono..-
 
-Dormiremo insieme?!- domanda Alessandro scandalizzato.
-Vai a spostare la tua roba- insiste Paolo perentorio.
-Ma..- tenta di discutere Alessandro lanciando un’occhiata di intesa a sua madre.
 
-Mi porteresti in braccio?-
-Ma non scherzare neanche..-
-Bel cavaliere sei- dico scuotendo la testa.
-Hai solo un anno e  dieci o venti centimetri in meno rispetto a me e poi non posso prenderti in braccio perchè...- si azzittisce a metà frase arrossendo.
-Perché sono troppo pesante, sì- dico facendo una smorfia.
-Non era quello che intendevo- dice arrossendo ancora di più.
-Tranquillo so di non essere una piuma-
-Ma davvero non era quello che intendevo, vedi il problema è che io sono..-
-Sì ok- dico interrompendolo bruscamente.
 
-Volevo solo essere gentile visto che mi andava di sgranchire le gambe. Non uscirei mai con una come te- sbotta infine andandosene.
-Cosa vorresti dire con :”Non uscirei mai con una come te?”-
Lui fa spallucce.
Improvvisamente tutto acquista un senso.
-Oh- dico mentre lui annuisce.
-E..- dico con una voce gracchiante che non somiglia affatto alla mia, mi schiarisco la gola prima di continuare: –Quant’è che state insieme?-
-Un anno e mezzo- risponde con voce triste.
-Ehi.. cos’è quella faccia? Stiamo parlando della relazione del secolo!- esclamo fingendomi entusiasta.
-Non vanno molto bene le cose ultimamente- mormora mogio.
-E come mai?-
-Già prima di partire litigavamo più del solito poi ora tra la distanza, il messaggiare poco, suo nonno che non sta molto bene..- fa una piccola pausa prima di continuare –e te-
-Io?- gli faccio eco incredula.
-Gli ho parlato di te, che sei una vecchia amica di famiglia e tutto. Ed ora è gelosissima, all’inizio ho provato a dirle che tanto non mi sopportavi ma poi abbiamo iniziato a diventare amici e lei è sempre più  gelosa ed io non so che dirle se non che la amo..-
-Prova a mandarle una mia foto- dico.
-E perché dovrei?-
-Beh appena mi vedrà capirà che non ha nulla da temere- dico facendo un gesto con la mano come a dire: “Guardami!”.
-L’ho già fatto ed è diventata solo più gelosa-
-Beh allora dille di prendersi un paio di occhiali-
-Ed ora che mia madre ha avuto questa fantastica idea?! “Ehi amore, sai la ragazza di cui sei gelosissima? Non te la prendere ma dormiremo nella stessa stanza per i prossimi undici giorni”- dice ironico buttandosi a sedere al mio fianco – Grazie tante mamma-
Io non dico nulla, mi limito a sistemarmi meglio il ghiaccio.
-Ho davvero paura di perderla..- aggiunge dopo un po’ quasi tra sé e sé.
-Mi dispiace..- sussurro sincera. –Ma tu spiegale come stanno le cose e vedrai che capirà, è la tua ragazza no?-
Lui annuisce.
–Sei saggia, strano- commenta ironico.
-Dev’essere stata la botta- rispondo facendo spallucce.
-Dai finiamo questo sporco lavoro- sospira dopo qualche attimo di silenzio.
Più tardi sono davanti allo specchio in bagno e mi osservo, poi faccio una smorfia.
Come può la ragazza di Alessandro essere veramente gelosa di me? Casomai..
Sei decisamente gelosa di lei, lo sai vero? Sussurra una fastidiosissima vocina nella mia testa.
Io non sono affatto gelosa.
Ah no? Quindi non è il tuo stomaco ad essere chiuso per la fame, non sei tu che inizialmente ti sei arrabbiata perché non te l’aveva detto, no?
No, decisamente no.
Allora perché sei arrossita?
A me non piace Alessandro!
Io non ho mai insinuato ti piacesse Alessandro..
Porca merda –penso guardandomi allo specchio e rendendomene conto solo in questo momento- credo di essermi innamorata di Alessandro.
 
Caro diarioscrivo la sera tardi, mentre Alessandro si asciuga i capelli chiuso in bagno- ora dormo nella stessa stanza dell’analfabeta. Ma questo è il primo di una lunga serie di problemi che ti elencherò qui di seguito:
1.Oggi ho rischiato di morire due volte: la prima quando sono inciampata mentre ascoltavo l’idiota sopracitato, la seconda quando ho visto lo stesso idiota entrare in stanza in boxer  sostenendo di pensare fosse vuota.
2.Credo che mi piaccia l’Analfabeta.
3.E’ fidanzato.
4.Ama la sua ragazza.
5.Ho finito i libri da leggere.
6.Oggi ha piovuto tutto il giorno.
Come se non bastasse questa mattina sono venuti a stare da noi Ivan e la sua ragazza, Ludovica, fin qui tutto bene peccato che Ivan abbia deciso di tenere d’occhio l’Analfabeta e quando io –scocciata dal suo continuo pedinarci- gli ho urlato che “tanto lui è fidanzato” sì è convinto –e non poco- del fatto che sono pazzamente innamorata di lui.
Sento i suoi passi avvicinarsi, ora farò finta di dormire.
p.s.= in bocca al lupo
p.p.s.= in culo alla balena (risposta dalla vocina fastidiosa nella mia testa)
p.p.p.s.= non sono pazza, giuro, mamma mi ha fatta controllare!
Infilo il diario sotto il materasso e mi tiro il lenzuolo fin sopra la testa poi fingo un respiro pesante, Alessandro entra in stanza con il suo fantastico pigiama.
Come se non ti piacesse: è in boxer e maglietta!
E’ fidanzato, santo iddio! Un po’ di pudore.
Ma se l’hai visto in costume..
Gesù, Giuseppe e Maria: sparisci!
-Guarda che lo so che non stai dormendo- dice Alessandro facendomi sobbalzare.
-Da cosa l’hai capito?- gli domando girandomi verso di lui.
-Non l’ho capito: ho tirato ha indovinare-
-Ah- rispondo delusa.
-Buonanotte- dice poi spegnendo la luce.
-‘Notte- rispondo dopo poco.
I miei occhi rimangono spalancati nel buio ad osservare il profilo della sua schiena e le mie orecchie tese ad ascoltare il suo respiro, pian piano Morfeo mi cinge tra le sue braccia.

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Capitolo 10
*** Mal d'amore ***


10.Mal d’amore
È sorprendente
quanto il modello comportamentale
dell'amore
sia simile
a quello della demenza.”
Il Merovingio, dal film Matrix Revolution
 
 
Mi sveglio di buon umore convinta che questo giorno farà la differenza nel mondo.
Mi stiracchio per bene sentendo ogni vertebra del copro scricchiolare, dovrei riiniziare ad allenarmi o alla prima lezione di pattinaggio artistico tornerò a casa in ambulanza. Sbadiglio e prendo un gran bel respiro poi mi fiondo nel bagno, chiudo la porta a chiave e faccio la doccia rimuginando sulla decisione che ho preso ieri sera quando non riuscivo ad addormentarmi. Inizio ad allenarmi davanti allo specchio, cercando di mantenere un tono convincente, quando finalmente scendo in cucina ho provato il discorso così tante volte che lo so a memoria.
-Mamma, potrei parlarti?- le dico con un sorriso finto che va da orecchio a orecchio.
Lei mi guarda con tanto d’occhi, sbattendo le palpebre così tante volte che ho paura che le cadano le ciglia.. –Sì, certo- dice infine seguendomi nello sgabuzzino.
-All’inizio non sopportavo Alessandro, lo ammetto, ma ora siamo diventati amici e mi fa anche piacere passare del tempo con lui ma non trovo giusto obbligarci a stare nella stessa camera. Lui è fidanzato ed anche se non lo fosse sarebbe ingiusto obbligarci a dormire insieme.-
-Nora io pensavo che a te piacesse Alessandro-
La guardo spaesata, avvampando. –Questo non centra nulla..-
-Quindi ti piace- dice sorridendo.
-Io..- iniziò infervorata.
-Calmati Nora, io l’ho fatto per te, pensavo ti piacesse e poi dopo quello che.. insomma non volevo che tu mi odiassi e volevo fare qualcosa per te- il suo sguardo è triste, come fosse pentita ma non potesse più tornare indietro.
Sento la rabbia scemare, poco a poco.
-Volevi farti perdonare? E per cosa? Ed allora come mai Laura era d’accordo? Suo figlio è fidanzato!-
-Per.. per i Comics- dice ritrovando il sorriso –E Laura.. non sopporta la fidanzata di suo figlio, pensa che lo farà soffrire. A volte noi madri siamo troppo protettive e tentiamo ad invadere troppo la vostra vita..-
-Ci sei arrivata: meglio tardi che mai- mormoro tra me e me. –Bene ma ora mi sposterò di stanza e..-
-Non sarà più compito mio Nora perché.. ti devo parlare di una cosa-
Io mi faccio attenta.
-Devo andare a Milano, devo fare un servizio importantissimo.. il capo ha minacciato di licenziarmi altrimenti-
-Ma mamma, il tuo compleanno è dopodomani! La nonna stava già preparando la torta e..-
-Lo so, lo so.. Ma l’unica altra giornalista che può fare il servizio è Monica ed il direttore non si fida molto di lei.. Festeggeremo il mio compleanno quando tornerò, sono solo quattro giorni non vi accorgerete neanche della mia mancanza-
Ha un tono così triste mentre lo dice che avrei voglia di abbracciarla, ma non lo faccio e dico solo, con voce flebile: -Mamma, tutti sentiremo la tua mancanza-
Lei mi guarda, sorpresa, poi sorride.
Non ho mai avuto un bel rapporto con lei ma la mamma è sempre la mamma no?
-Allora.. Da quand’è che ti sei accorta che ti piace Alessandro?-
-Mamma..- sbuffo alzando gli occhi al cielo.
-Okay, okay- dice lei mentre usciamo dalla stanza, ridendo.
Nel pomeriggio la accompagniamo alla stazione, la salutiamo ed approfittiamo della giornata nuvolosa e ostile per spostare il mio letto nella camera in cui dormono Elena, Aurora e Sofia e lasciare Alessandro a dormire da solo nella mia stanza.
-E’ stata una tua idea, vero?- mi domanda mentre raccogliamo la fila dei miei compiti da fare ancora intatti e la trasportiamo nella stanza alla fine del corridoio.
Annuisco. –Non serve che mi ringrazi-
-Grazie- sorride passandomi accanto e scoccandomi un bacio sulla guancia.
Io sorrido e, mentre inciampo giù per le scale, facendone una rampa con il sedere continuo a sorridere. Sorrido ancora a cena, così tanto che nonno mi chiede se ho fatto una paralisi facciale, io annuisco.
E’ così bello l’amore!
Bello? Bello? Sveglia bella addormentata! Alessandro è fidanzato.
Niente dura per sempre.
E’ innamorato cotto.
Anche Ron lo era di Romilda, peccato avesse mangiato dei cioccolatini imbevuti in un filtro d’amore andato a male.
Non hai speranze, baby.
Sta’ un po’ zitta.
Mentre vado ad aiutare zia a lavare i piatti –di mia spontanea volontà ovviamente- passo affianco ad Alessandro intento a mandarsi tanti cuoricini con la sua “lovvy” e a sorridere come uno scemo davanti allo schermo del cellulare. Lo stesso sorriso che ho io. Lo stesso sorriso che, pian piano, svanisce dalla mia faccia.
 -Sai qual è il rimedio?- mi domanda zia mentre sciacquo uno della fila interminabile di patti.
-Rimedio per cosa?-
-Nutella, la Nutella è il migliore, ma anche film sdolcinati o romanzi rosa-
-Il rimedio per cosa?-
-Pensa che quando successe a me per tuo zio passai notti intere su vaschette di gelato e barattoli di nutella: presi tre kili. Ma lui mi amò comunque-
-Zia, il rimedio per cosa?- insisto, sperando di aver capito male.
-Ma per il mal d’amore ovvio- mi risponde scompigliandomi dolcemente i capelli.
-Io non sono innamorata- ribatto a denti stretti.
-Ah, l’amore!- sospira lei mentre io sbatto la testa contro il frigo.
Mentre esco dalla cucina vado quasi a sbattere contro nonna e devo tenermi ad una mensola per non cadere; mensola che, come premio per la mia dose di fortuna quotidiana, cade lasciando che un prezioso portagioie del V secolo a.C. si rompa in mille pezzi.
-Nora!- mi sgrida lei puntandomi il dito contro –Stai più attenta! So che sei innamorata ma cerca di fare attenzione-
-Ma che vi è preso a tutti quanti?- domando scocciata, pulendo il pavimento.
A farmi tornare il buon umore ci pensa Ivan che mi propone di andare con lui e Ludovica a fare un giro alle giostre. Io corro a cambiarmi, infilandomi un comodo paio di pantaloncini blu ed una canotta bianca con il segno dei doni della morte.
Scendendo le scale di corsa –ed inciampando due o tre volte- scopro che il mio caro e saggio fratellino ha invitato anche Alessandro.
Potremmo casualmente  andare nel tunnel degli amori..
Scendi giù dalle nuvole, Nora: tu odi il tunnel degli amori..
Giusto! Allora potremmo andare in quello degli orrori ed io potrei saltargli in braccio..
E lui potrebbe lasciarti cadere.
Sbuffo e raggiungo il trio, Elena si avvicina e mi guarda angelicamente.
-Fate un’uscita a quattro?-
Io per poco non ghigno o la prendo per i capelli o entrambe le cose.
-E tu da dove le hai imparate queste cose?- le domanda Ivan stupito.
Lei gli fa la linguaccia e corre via.
Per mia fortuna le giostre sono giusto dietro l’angolo: Ivan non ha il tempo di mettere in imbarazzo me ed Alessandro ed io di lamentarmi per la camminata troppo lunga.
Riesco comunque ad avere una discussione con Mr. Cellulare.
-Perché ti sei portato la felpa? Si muore di caldo!-
-Non torneremo prima delle undici, farà piuttosto freddo-
-Scherzi? Non senti com’è afoso? Non c’è un soffio d’aria-
-Meglio prevenire che curare-
-Non farà freddo-
-Vedremo-
Lo trovo bellissimo anche mentre discutiamo e so di avere ragione.
Dovresti smetterla di pensare a lui in quel modo.
E tu di esistere.
Ivan compra a me, Ludovica e Alessandro biglietti in quantità, quest’ultimo –da perfetto ragazzo- ringrazia mio fratello fino alla nausea.
-Voglio andare nelle montagne russe!-
-Sei sicura Nora?- mi domanda Ivan scrutandomi –Ti devo ricordare cos’è successo l’ultima volta?-
-Avevo dieci anni!- esclamo offesa, scacciando dalla mente l’immagine di io che vomito sul bambino affianco a me.
-Non è che sia passato così tanto tempo..-
Io faccio finta di non averlo sentito e mi metto in coda per “L’urlo disarmante”.
Adoro mio fratello, solo che a volte è un po’ troppo protettivo. Credo abbia preso da mamma.
-Che nome stupido- dice Ludovica per alleggerire la tensione.
-Scommetto che non urleremo neanche- dice Alessandro scrollando le spalle.
-Ludovica sì- esclama Ivan facendole il solletico, lei ride.
Io li guardo e sorrido, mi distraggo appena un attimo ma è quell’attimo che basta a far sì che una bambina magrissima ed antipatica mi rubi il posto affianco ad Alessandro.
-Scusa- le dico gentilmente –Stavo per sedermi io lì, lui è mio amico-
-Stavi per l’appunto- mi risponde lei in malo modo, sfoderando un enorme apparecchio per i denti –Ora ci sono io, sgorbietto-
Io guardo Alessandro e probabilmente devo avere l’aria di qualcuno che sta per commettere un omicidio perché quella che dev’essere la mamma della bambina orribile interviene: -Titi, fai sedere la signorina.. Tu vai con la nonna-
-Zitta mamma!- esclama la peste.
La donna non prova neanche ad opporsi, si ritrae intimidita.
Io sbuffo e mi siedo dietro di loro, accanto ad un’anziana tutta pepe ed ossa che pare più emozionata di me.
Almeno da qui potrò osservare Alessandro tutto il tempo, senza che lui lo sappia.
Non ti sembra di esagerare?
No, direi di no.
Durante il giro urliamo tutti anche se, quando scendiamo, Ivan tenta di negarlo con tutte le sue forze. Proviamo il tunnel dell’orrore ma la bambina spaventosamente antipatica sembra pedinarci perché si infila di nuovo tra me e Alessandro, opto allora per il Tacatà dove però – a metà giro- mi allontano da Mr. Cellulare per paura di vomitargli addosso, nei Tronchi d’acqua riesco quasi a sedermi vicino a lui ma poi si alza per cedere –da bravo ragazzo- il posto alla stessa signora tutta pepe di prima.
Quando ci addentriamo nel labirinto degli specchi decido di non farmelo più scappare e restare incollata a lui ma, come al mio solito, mi perdo in chiacchiere e –dopo aver fatto pochi passi- mi perdo. Cerco comunque di mantenere la mia dignità, senza mettere le mani avanti per cercare possibili vetri e fare così la figura della sfigata ma altri due passi e sbatto il naso contro uno specchio. Dopo venti minuti non sono ancora riuscita ad uscirne, così Ivan mi lascia nelle prudenti mani di Alessandro e viene trascinato da Ludovica nel tunnel dell’amore.
Alessandro spreca un altro gettone per raggiungermi e tentare di farmi uscire, ma iniziamo a ridere e scherzare ed io faccio qualche passo falso perdendolo di nuovo. Lui mi raggiunge un’altra volta e mi prende per mano, per assicurarsi di non dover fare un altro giro.
-Sei la ragazza più sbadata che io abbia mai conosciuto- dice quando usciamo.
-E dovrebbe essere un complimento?- gli domando scontenta che la mia mano non sia più allacciata alla sua.
Lui scrolla le spalle e ci dirigiamo verso l’angolo bar, prendendo due zuccheri filati.
Quando Ivan e Ludovica ci raggiungono ci trovano pieni di zucchero ovunque e in preda alla ridarella.
No, mi correggo: trovano lui pieno di zucchero dalla testa ai piedi ed io in preda alla ridarella.
-Nora mi prendi il telefono?- mi domanda lui indicandosi la tasca dei pantaloni, con le mani appiccicose rivolte verso l’alto.
-Mi leggeresti il messaggio?-
Io deglutisco ed annuisco. Ovviamente è “Amore mio” che dice: “Mi manchi moltissimo, sei la cosa più bella che mi sia capitata lo sai?”.
Glielo leggo con voce atona ma sforzandomi di continuare a sorridere.
Credo che dovrebbero darmi un nobel per il mio sorriso finto, mi riesce sempre ed è super efficace.
-Scrivile che per me e lo stesso e che non so cosa farei senza di lei-
Io sorrido e digito.
Come ho solo potuto illudermi di qualcosa?
Io te l’avevo detto, bella addormentata.
Mentre torniamo a casa rabbrividisco e mi stringo nelle spalle, cercando di non darlo a vedere.
-Hai freddo?- mi domanda Alessandro.
-Certo che no!- esclamò mentre mi tremano le mani.
Lui non mi ascolta e si toglie la felpa, appoggiandomela sulle spalle.
-Non mi serve- dico decisa ma senza fare il minimo movimento per toglierla.
Lui si gira dall’altra parte, ridendo.
Arrivati mi infilo in cucina e nascondo il barattolo di nutella sotto il pigiama, una volta in stanza inizio a mangiare.
Zia aveva proprio ragione: non c’è niente di meglio per il mal d’amore.
Mi addormento così: un dito nel barattolo di Nutella,uno stupido sorriso sulle labbra ed un’unica lacrima ancora più stupida che mi scende giù per la guancia.


Angolo autrice:
Ciao a tutti! So che non aggiorno da un'eternità ma tra la scuola e molte altre cose non sono più riuscita a scrivere niente.
Ringrazio come sempre tutti quelli che hanno recensito!
A presto

Sam

 

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Capitolo 11
*** Milano, modelli senza maglietta e insoliti amanti ***


11. Milano, modelli senza maglietta e insoliti amanti.
 
 
 
Tutti gli uomini sanno dare consigli e conforto al dolore
che non provano.”
 William Shakespeare
 
Mi sistemo meglio sullo scomodo sedile, allungando i piedi davanti a me e cercando di leggere in pace mentre il bambino al mio fianco continua a punzecchiarmi con i suoi stupidi soldatini.
Questa mattina papà ha avuto la bell’idea di svegliarmi presto e di decidere di partire per Milano, in modo da ottenere dal capo un permesso per mamma e passare con lei almeno il giorno del suo compleanno.
Ora mi sembra un’idea fantastica –più o meno- mentre quando me l’ha detto, verso le sei, avrei tanto voluto saltargli addosso e mangiarmelo.
In fondo lo amo, il mio piccolo papà peloso!
Molto in fondo.
Ivan ha portato in bagno Elena circa quindici minuti fa e comincio a sperare che l’abbia buttata giù dal treno: da quando siamo partiti non ha fatto altro che lamentarsi, certo, ormai non dovrei più stupirmi visto che lo fa da quand’è nata eppure io ci spero ancora.
Ho fatto le valigie in fretta e furia riempiendo lo zaino con un cambio, due libri, un paio di cuffiette, l’inseparabile mp3 e una macchina fotografica vecchissima.
Quando finalmente arriviamo a Milano sono più eccitata che mai ed ho già deciso che è una fantastica occasione per andare all’Abercrombie –non amo lo shopping ma farei di tutto per avere una foto con quei figaccioni-, non pensare ad Alessandro e riuscire a comprare qualche libro.
-Ti è passato il malumore?- mi domanda Ivan riferendosi a quando gli ho sputato il cappuccino addosso, questa mattina.
-Ho deciso che probabilmente non mi capiterà mai più di andare a Milano!- esclamo iniziando a fotografare qualsiasi cosa mi capiti a tiro.
-Sbrighiamoci ragazzi!- ci incalza papà sistemandosi gli occhiali sul naso appuntito –Sono le nove e sono sicuro che a Milano è ora di punta, vostra madre sarà già al lavoro perciò dobbiamo sbrigarci se vogliamo andare insieme a pranzo-
Prendiamo un taxi ed è inutile dire che è il primo taxi che prendo in vita e che, appena lo vedo, rimango delusa dal suo colore bianco e sbiadito invece che del giallo folgorante; tengo per tutto il viaggio il naso incollato al finestrino scoprendo di amare Milano e i palazzi altissimi. Arriviamo all’ufficio del giornale in cui lavora mamma e scopriamo che è quasi quattro volte il nostro condominio.
Raccogliamo lemmi lemmi i nostri zaini e paghiamo il nostro simpatico tassista obeso.
-Sei sicuro che possiamo salire papà?- gli domandò titubante.
-Non molto- dice lui nervoso lanciando un’occhiata a Elena che sta giocando con la sua barbie e il suo unicorno.
-Forse è meglio se tu stai qui a badare ad Elena, saremo di ritorno tra una manciata di minuti- mi dice papà tentando di sorridere.
-E’ più facile che sia il contrario- ridacchia Ivan.
-Infatti non se ne parla!- ribatto io –E’ la prima volta nella mia vita che vengo a Milano è forse anche l’ultima! Non mi perdo l’occasione di visitare gli uffici di un giornale così importante!-
-Okay, okay- dice papà scambiandosi un’occhiata d’intesa con Ivan.
Io faccio la linguaccia al mio simpatico fratello maggiore e seguo papà, timorosa e titubante, attraversiamo una hall enorme e ,mentre mio padre parla con due o tre persone, io osservo qualsiasi cosa mi capiti a tiro rischiando di rompere un vaso e rovesciando un porta ombrelli.
Ad un certo punto incontriamo una simpatica signorina dagli occhi grigi che sembra voler ascoltarci e che ci accompagna su per l’ascensore di vetro fino all’ultimo piano.
-Aspettami qui, Nora- mi dice mio padre, seguendo la segretaria dietro ad una grossa porta di mogano su cui sta scritto, a caratteri squadrati: “Capo redattore, Alberto Volumetti”. Deglutisco e faccio un passo indietro, posizionandomi accanto alla finestra e osservando Milano a bocca aperta.
Sto ancora cercando di capire dove finisca questa città gigantesca - in confronto al mio paesino sperduto in Umbria s’intende- quando mio padre esce dall’ufficio, raggiante: -Il signor Alberto è stato molto comprensivo, la signorina ci accompagnerà all’ufficio di mamma e potremo passare il pomeriggio con lei-
Io esulto, mostrandogli un sorriso a trentadue denti.
La segretaria ci accompagna nuovamente in ascensore, fino ad un lungo corridoio e ad un’altra porta in mogano con la scritta: “Redattrice ospite, Beatrice Olga, in Lorenzetti”.
-Grazie mille- dice mio padre rivolgendo un bel sorriso alla donna dagli occhi grigi, lei ricambia e ci lascia soli.
Papà mi fa un piccolo cenno, io annuisco e metto su il miglior sorriso in mio possesso poi apre la porta e, ancor prima di vedere all’interno della stanza, mi si chiude lo stomaco e ho un brutto presentimento.
Esclamiamo: -Sorpresa!- ma la ‘a’ si smorza nelle nostre bocche spalancate mentre vedo ciò che non avrei mai voluto vedere: mia madre è seduta sulla scrivania, le gambe appena spalancate, la camicia sbottonata, la donna davanti a lei –Michela- ha una mano nella sua coppa di reggiseno, la bocca sulla sua e la maglia a qualche metro di distanza.
Mi blocco, qualsiasi pensiero si incastra con quello precedente e qualsiasi impulso si ghiaccia, restando immobile. Non riesco a pensare a nulla, vedo a malapena mio padre stringere i pugni, mia madre cercare di coprirsi e venire verso di noi, percepisco come in un sogno mio padre trascinarmi fino all’ascensore e poi nella hall mentre mia madre ci rincorre, inciampando due o tre volte.
E’ solo quando un colpo d’aria fredda del nord Italia mi sferza il viso che il peso di tutto quello che è appena successo mi colpisce come un pugno in pieno sterno o meglio un camion mentre sto attraversando sulle strisce.
-Dov’è papà? Non vogliono dare il permesso a mamma ed è rimasto a salutarla?- mi domanda Ivan appoggiandomi una mano sulla spalla.
-Possiamo venire anche noi?- domanda Elena ingenua.
Ingenuo, già, sfido uno solo di noi a non esserlo stato.
Guardo Ivan con occhi e bocca spalancati e lui capisce subito che c’è qualcosa che non va.
-Nora cos’è successo?- domanda piegandosi per arrivare alla mia altezza e guardarmi negli occhi.
Io sento che gli occhi mi bruciano e le lacrime iniziano a scendere.
-Nora…- mormora ancora lui.
-M-mamma- balbetto mentre lui mi guarda in attesa. -Mamma ha tradito papà con Michela-
-Cosa?!- mi fa eco lui, sconvolto.
Mi guarda ancora per qualche secondo poi non mi dà il tempo di rispondere alla sua domanda retorica e mi abbraccia, stringendomi tra le sue forti braccia. Io scaccio via le lacrime, sbattendo le palpebre diverse volte.
Qualche minuto più tardi papà ci raggiunge, con la faccia di chi ha appena visto la propria vita andare in frantumi.
-Andiamo a mangiare?- domanda cercando di sembrare allegro.
Io annuisco, Ivan mi imita continuando a tenermi forte tra le sue braccia, Elena invece fa un sacco di storie: lei rivuole la sua mamma.
-Anche io, Elena, anche io rivoglio la mia mamma- mormoro a mezza voce facendo bene attenzione che nessun altro mi senta.
 
Arrivati al ristorante capiamo al volo che nessuno di noi riuscirà a mangiare alcunché ma facciamo lo stesso finta di ordinare qualcosa con aria deliziata e sorridiamo, fingendo, Elena sembra felice e prende la sua maxi porzione di patatine fritte che –come di regola- non le farà mettere su neanche mezzo chilo.
-Prendiamo il primo treno di questo pomeriggio?- domanda papà con voce atona.
Io mi riscuoto dal torpore e scambio una breve occhiata con Ivan.
-Io non voglio tornare da zia Anna senza aver visto la mamma!-
-Tesoro, forse non vedrai la mamma per un po’- le dice papà delicatamente.
-Allora voglio un nuovo pony! Non me ne vado senza il mio pony!-
-Papà Elena ha ragione- dico dopo essermi schiarita la voce e tentando di non farla tremare in modo eccessivo –Inoltre hai già prenotato l’albergo, andiamo a fare un giro e partiamo domani mattina come programmato-
Papà mi guarda, io tento di sorridergli con scarso successo e infine lui annuisce.
Ivan decide di portarmi all’Abercormbie mentre papà accompagna Elena a prendersi il milionesimo pupazzo pony.
C’è una fila interminabile e nessuno di noi due riesce a rompere il silenzio, mi compra un vestito blu con un motivo a fiori e un fiocco in vita e facciamo un’altra fila interminabile per fare la foto con il modello.
Mentre aspettiamo che la ventina di persone davanti a noi evapori dal caldo ho l’improvvisa voglia di dirgli che non importa e di andarmene spintonando nella calca ma poi mi blocco mentre sto per aprire bocca: non sarà un gran che starsene qua, schiacciati, sudati e impazienti ma è l’unica distrazione che possiamo permetterci. Perciò continuo ad aspettare e schiacciare i piedi fino a quando non mi trovo davanti al ragazzo più bello che io abbia mai visto: ha i capelli biondi e scompigliati, i jeans attillati ed a vita bassa, i muscoli più belli che madre natura avrebbe potuto dargli e il viso di un angelo, come se tutto ciò non bastasse le piccole gocce di sudore agli angoli della fronte gli conferiscono un’aria terribilmente sexy.
Credo di svenire mentre mi mette una mano sul fianco e sorride alla fotocamera.
C’è da dire che se io fossi una persona normale in questo momento starei saltando dalla gioia, dimenticando tutti i miei problemi. Invece l’eccitazione e l’entusiasmo si scontrano pericolosamente con il senso di smarrimento e la depressione creando un unico risultato: per poco non scoppio a piangere.
Il modello se ne accorge e mi lancia uno sguardo stranito, io mi asciugo l’unica lacrima che è sfuggita al mio perfetto –si fa per dire- autocontrollo e mormoro qualche scusa sul fatto che non è una bella giornata.
Il modello fa un cenno a qualcuno e viene subito rimpiazzato da un collega mentre, sotto gli occhi sbalorditi di mio fratello e della folla, chiede il permesso a mio fratello di portarmi al bar poco distante e lo fa.
Lo seguo scioccata senza riuscire a spiaccicare mezza parola.
Quando ci sediamo al tavolino più appartato –la barista non ha protestato per il suo petto nudo ma, d’altronde, non credo le dispiaccia- lui mi sorride e mi chiede cosa voglio.
-Una limonata-
-Perfetto: una limonata e un’aranciata, grazie-
La barista indugia ancora un attimo sul mio accompagnatore poi se ne va, solo dopo avermi squadrata dall’alto in basso.
-Come mai mi hai portata qui?- riesco finalmente a dire dopo aver bevuto il bicchiere di limonata ed aver ricominciato a respirare.
-Nessuna ragazza dovrebbe avere quello sguardo così triste e quel sorriso senza allegria- dice guardandomi, serio.
E sinceramente non mi interessa se mi sta prendendo in giro purché continui a guardarmi in quel modo per i prossimi vent-… ma che dico? Cent’anni!
-E’ solo una brutta giornata, non dovevi preoccuparti-
Ecco, questa è la prima cazzata che mi esce dalla bocca: doveva eccome!
-Mi ha fatto piacere uscire un po’ da là dentro- dice scrollando le spalle.
-Comunque io sono Matteo- aggiunge tendendomi la mano.
-Eleonora- dico stringendogliela e deglutendo.
Quando stacca la mano dalla mia ha almeno la decenza di non pulirsela nei pantaloni visto quanto sudore sto emanando.
-E’ per un ragazzo?-
Annuisco, dicendo la cazzata numero due.
-E’ fidanzato?-
Annuisco di nuovo.
-Ti va di parlarne?-
Ogni persona sana di mente avrebbe risposto di no, ringraziando ed uscendo, gridando per la gioia invece io inizio a raccontare, parlando a vanvera e catapultandomi nella scena più strana che mi sia mai capitata: ergo, il ragazzo più fico che io abbia mai conosciuto che mi consola, accarezzandomi i capelli e che mi dice che sono una bella ragazza.
-Come?-
-E’ inutile fare la modesta, sei davvero una bella ragazza e lui prima o poi se ne accorgerà e lascerà quell’altra. Altrimenti guardati intorno-
E detto questo mi fa l’occhiolino.
Se non continuassi a sentire quell’opprimente senso di voglia di vomitare o sparire dalla faccia della terra potrei quasi credere che sia tutto un sogno.
E per commemorare il tutto e dar ulteriormente prova dei miei problemi mentali. mentre usciamo, invece di ringraziarlo per aver pagato e tutto il resto, mi giro verso di lui e gli domando: -Ti piace Harry Potter?-
-E’ il mio libro preferito-
Concludo, mentre avvampo di nuovo, che se non sono svenuta dopo aver sentito queste parole credo che non sverrò mai più.
-Allora sei davvero il ragazzo perfetto!-
Quando sento la sua risata che è come una ventata d’aria fresca in questo giorno afoso capisco di averlo detto ad alta voce ed arrossisco.
Non riesco più a dire alcuna parola e lui mi riporta da Ivan che mi aspetta, guardandoci a bocca aperta.
-Nora, dimmi che ho visto male e la mia sorellina non è appena uscita con un modello di Abercormbie-
-Sono appena uscita con un modello di Abercrombie!- grido eccitata.
Lui scuote la testa, perplesso.
La mia gioia svanisce passo dopo passo mentre avanziamo verso la figura ingobbita e grigia di mio padre che, seduto in un angolo, ci aspetta per ordinare la cena nell’hotel.
Improvvisamente tutta la rabbia, lo sconforto e il miscuglio di sentimenti che ero riuscita a sopprimere in un angolino sbucano fuori e mi bloccano lo stomaco, sbatto più volte le palpebre mentre Elena chiede: -Ma come mai siete tutti arrabbiati con mamma?-
Ivan si irrigidisce mentre gli squilla il telefono e deve rispondere a Ludovica, io abbasso gli occhi e papà si schiarisce la gola.
-Io e mamma abbiamo dei problemi, tesoro-
-La mamma ha cambiato gusti- dico io fredda.
-Nora..- mi ammonisce mio padre.
-Non le piace più il cioccolato?- domanda Elena preoccupata.
-No, la mamma non mi ama più-
-E chi ama adesso?-
-Questo dovresti chiederlo a lei-
Elena ci pensa un attimo poi tende le manine verso di me.
-Mi dai il tuo telefono così la chiamo?-
Io annuisco e glielo porgo.
-Nora, non sono sicuro fosse il momento più adatto per dirglielo. Potremmo traumatizzarla o rovinare la sua infanzia-
-E la mia infanzia?- gemo io, accasciandomi sulla sedia –Nessuno dovrebbe vedere la propria madre che scopa con una donna-
La gravità della situazione è palpabile dal fatto che mio padre non mi ha ripreso per la parolaccia: siamo messi piuttosto male.
Più tardi mi giro e rigiro nel letto, cercando inutilmente di dormire e di bloccare il flusso di lacrime che mi inonda il viso.
Improvvisamente mi blocco mentre sento che Ivan, dal letto affianco al mio, si muove. Trattengo il respiro, sperando non mi abbia sentita piangere ma le mie speranze vengono infrante quando sento le sue braccia che mi stringono mentre si stende affianco a me.
-Nora, va tutto bene- mi sussurra all’orecchio.
-No, non va tutto bene- mormoro in risposta –Lo sai benissimo che niente va bene. Tu non le hai viste! La mamma e..-
-Shhhh- dice piano, cullandomi tra le braccia.
Gli piango sulla spalla e quando sento una sua lacrima bagnarmi la nuca non dico nulla, mi limito a stringermi ancora a lui.
-Vedrai che domani andrà meglio-
Io annuisco, anche se non ci credo fino in fondo.
Rimane a cullarmi tra le braccia fino a quando il sonno non mi accoglie tra le sue braccia.
 
 
Ho l’aspetto più spaventoso della storia e se non avessi saputo che mi stavo guardando nello specchio mi sarei spaventata e avrei chiamato aiuto.
Ho due occhiaie da far paura, una chioma di capelli più indomabile che mai e l’energia che aveva il canarino di zia Anna prima di morire –soffriva di asma, poverino, era tutto bianco e passava le sue giornate a cercare di respirare ancora qualche secondo-.
Ora, però, mi sento meglio. Siamo quasi arrivati a Rimini ed ho finito il libro che papà mi ha comprato ieri: “Will ti presento Will”. L’ho letto tutto d’un fiato ed ho smesso di tremare, ora il mio cervello e più rilassato e la morsa in petto si è allentata un poco.
Quando scendiamo ordiniamo un taxi ed alle 10 e 35 precise siamo davanti a casa di zia Anna con gli zaini in spalla e le facce più brutte che nonna abbia mai visto, che è esattamente ciò che ci dice appena ci vede.
Non è questo, però, a preoccuparmi, né il fatto che zio ci accoglie senza una delle sue solite battute piuttosto l’assenza della famiglia di Alessandro.
-Dov’è Sofia?- domanda subito Elena.
Okay, in questo momento potrei quasi sentirmi in colpa per aver sperato che cadesse giù dal treno.
-Hanno ridato loro le camere in albergo, comunque hanno detto che ci vedremo questo pomeriggio in spiaggia-
-Perfetto, ciao a tutti, ci vediamo dopo- dico secca e, senza ulteriori indugi, mi fiondo in camera a leggere qualche altro bel libro.
Nel pomeriggio ci incamminiamo, di malavoglia, verso la spiaggia. Ludovica, Elena e Aurora tentano di tenere alto il morale, invano. Io sarei stata volentieri a casa a leggere ma l’idea di leggere sdraiata in spiaggia –e magari con Alessandro- mi alletta decisamente di più.
Incontriamo la famiglia Sinistro poco prima di arrivare al bagno e subito uno strano presentimento mi occlude il petto. Appena ci avviciniamo ancora di qualche passo capisco il perché: sono cinque.
E la quinta è niente popò di meno che una bella bionda, snella, alta e dagli occhi più blu della storia del blu.
La ragazza di Alessandro.

 

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Capitolo 12
*** Era glaciale ***


12.Era glaciale
Non ci sarà sempre Jumbo a proteggerti,
e quando verrà il giorno
ti consiglio di guardarti le spalle,
perché te le starò masticando!
Diego a Sid, L’era glaciale.
 
Avanzo, cercando di mettere su l’ennesimo sorriso finto della mia vita.
-Ehi Nora!- mi sorride Alessandro dolcemente mentre il mio sguardo corre alla sua mano allacciata a quella della bionda –Lei è la mia ragazza-
-Eleonora- le dico porgendole la mano.
-Rebecca- mi risponde stringendola e sorridendomi sincera.
Mi sento piuttosto ridicola con i miei capelli scompigliati, le mie occhiaie e il mio sorriso finto in confronto alle sue fossette, i capelli biondi a caschetto e due zaffiri al posto degli occhi.
Vedo Paolo battere qualche pacca sulla spalla di papà e devo soffocare un singhiozzo mentre ci avviamo ai nostri ombrelloni.
-Che ne dite se andate a prendere un gelato e poi state un po’ al bar?- ci invita Laura con gentilezza, lanciando un’occhiata preoccupata a papà.
-Noi portiamo le pesti a fare un giro- si offre Ivan indicando lui e Ludovica mentre zia Anna  lancia loro un’occhiata grata.
-Ci volete fuori dalle scatole? Basta dirlo!- esclama Alessandro lanciandomi un mezzo sorriso.
Io non gli rispondo e lui, che probabilmente si aspettava una qualche frase ironica, rimane piuttosto deluso ma cerca di non darlo a vedere e prende i soldi.
Mangiamo i nostri gelati in silenzio mentre Alessandro mi lancia occhiate a intervalli regolari, preoccupato e teso.
Io ho lo stomaco chiuso e cerco di non pensare all’odioso gusto di nocciola che mi scende giù per la gola mentre avvicino nuovamente il cucchiaino alla coppetta, tremo e il freddo mi gela il cuore nonostante ci siano quaranta gradi all’ombra. In questo momento non mi importa se il ragazzo che mi piace è felicemente in vacanza con la sua ragazza, so solo che il mio mondo si è dissolto in mille pezzi ed io non riesco a ricomporre il puzzle.
Vorrei un abbraccio, di quelli veri, di quelli che mi sapeva dare mamma.
Deglutisco e socchiudo appena gli occhi cercando di mandare giù il gelato, promettendo a me stessa che non vomiterò.
-Com’è andato il viaggio?- mi domanda Rebecca sorridendo appena.
-Il viaggio bene- rispondo mordendomi il labbro.
-Dev’essere stata una bella sorpresa per tua madre-
-Lo è stato di più per noi- rispondo irrigidendomi.
-E’ stato divertente?- mi domanda ancora non sembrando per niente turbata dal mio tono distaccato.
-Un vero Paradiso- sentenzio sarcastica.
Cala nuovamente il silenzio ed io rinuncio a mangiare la coppetta.
-Che ne dite di giocare a carte?- domanda Alessandro sperando di salvare la giornata.
Io annuisco, mordicchiando il cucchiaino, Rebecca sorride.
-Vado a chiederle alla barista- e, detto ciò, scocca un breve bacio sulla bocca di Alessandro e si mette in fila.
-Nora…- dice lui venendosi a sedere al mio fianco.
-Mh?- gli rispondo osservando il gelato sciolto.
-Lo so perché sei così-
Io lo guardo, sorpresa: possibile che i suoi gli abbiano raccontato tutto?
-Ma Rebecca non ti odia, anzi... Vorrebbe conoscerti, potresti darle una possibilità. Non è una stronzetta, mi dispiace se è sorta così dai miei racconti ma lei è…-
Lo guardo e scoppio a ridere, una risata amara, di quelle che fai mentre le lacrime pulsano dietro i tuoi occhi già rossi per le occhiaie.
-Rebecca sembra fantastica-
E lo è veramente: io mi aspettavo una bionda tinta che avrebbe da subito cercato di strangolarmi ed invece non ha smesso per un attimo di sorridere a me o a chi che sia, senza togliere il fatto che ha cercato di ridurre al minimo il genere di smanceria che fanno sentire il terzo incomodo tanto incomodo. Contro di lei ho già perso in partenza su qualsiasi fronte.
-Dici davvero?- mi domanda felice come una Pasqua.
Io annuisco e accenno un sorriso, lui mi abbraccia sollevato ed io mi stringo a lui mentre sento che qualcosa dentro di me si scioglie.
-Allora cos’hai?- domanda accarezzandomi i capelli.
-Ecco le carte!- trilla Rebecca sedendosi di fronte a noi.
Alessandro mi lascia andare ed io rimango per un attimo basita, lasciando ciondolare le braccia lungo i fianchi poi mi riprendo e sorrido.
Iniziamo a giocare e non vinco una partita, ma almeno mi distraggo e faccio persino qualche battuta. Il guaio è che al mio già pessimo stato d’animo si aggiunge il fatto che loro sono una coppia stupenda, io non ho la minima possibilità di farcela e Alessandro è un amico fantastico.
E credo che il punto sia proprio questo: è un amico fantastico.
La sera andiamo a fare una passeggiata lungo mare e spediscono noi ragazzi a prendere un gelato per farci socializzare.
Ed ora io sono seduta su una panchina ad osservarmi i sandali e chiedermi perché vogliano sempre farmi fare il terzo incomodo. Alessandro e Rebecca stanno discutendo poco più in là: lui ha fatto una battuta e lei non ha capito che fosse tale perciò si è offesa mortalmente.
Mi mordicchio il labbro e prendo il telefono che è affiancato dagli altri due: quello di Alessandro e quello di Rebecca che è identico al mio, abbiamo persino la stessa cover a forma di Minions.
Sblocco l’Iphone ed immediatamente capisco di aver preso un abbaglio e di aver confuso i telefoni ma la mia attenzione viene rapita da un certo “Christian <3” che le manda un messaggio ambiguo e pieno di cuori.
Su, leggi il messaggio, che aspetti?
Oh insomma! Zitta tu… E’ sbagliato!
Anche filtrare con un ragazzo che non è il proprio è sbagliato.
Perché stiamo a discutere di etica?
Infatti: leggi quel messaggio e basta.
Lancio loro un altro sguardo e vedo che Alessandro cerca di abbracciare Rebecca che si volta di schiena, piuttosto frustrata.
Mi mordo il labbro e faccio scorrere la tendina delle notizie, rivelando un: “Ma guarda che io non sono geloso di lui, baby ;)”.
Te l’avevo detto che sta filtrando con un altro.
Il cuore fa tre o quattro capovolte mentre poso il telefono.
Io non capisco: ha tutto ciò che si possa desiderare e lo tradisce?
-Ritira quello che hai detto allora!- esclama Rebecca mordendosi il labbro e spostando indietro i capelli.
-Lo ritiro, amore, ma stavo scherzando- ribatte Alessandro seguendola sulla panchina al mio fianco.
-Ti è arrivato un messaggio, Rebecca- dico con voce atona, solo per ricordare loro che esisto anche io.
Lei mi guarda e fa un cenno di ringraziamento.
-Possibile che dobbiamo sempre discutere per queste cazzate?- domanda Alessandro.
-Io torno dagli altri-
E, senza aspettare risposta, mi dirigo velocemente alla spiaggia libera salutando con un cenno gli adulti e sedendomi in riva al mare a distanza debita da loro.
Guardo il mare e penso che se potessi lo farei per tutta la vita o per il resto dell’eternità, non ci si può di certo annoiare ad osservare uno spettacolo simile, non esiste una sfumatura che io abbia già visto e non una che possa riconoscere.
-Ehi- dice Alessandro sedendosi al mio fianco, mano nella mano con Rebecca.
-Fatto pace?- domando atona, osservando la linea d’orizzonte.
-Ci dispiace di averti escluso, ma Rebecca sa essere piuttosto scema- ride Alessandro tirandole un buffetto sulla guancia.
-Scusa se mi offendo perché mi dai della grassa- ribatte lei tra l’offeso e lo scherzoso.
-Beh ci sono cose più importanti di queste- dico secca, interrompendoli.
Non li sopporto più.
Forse è vero che l’amore non esiste.
Dopotutto tutti gli amori che credevo puri si sono sgretolati davanti ai miei occhi: mamma ha tradito papà, dimostrandosi omosessuale e di non averlo mai amato sul serio; Alessandro e Rebecca sono adorabili ma lei non si accorge di quello che ha e lo tradisce.
Tutti sono falsi, tutti mentono. La verità non esiste, è solo una parte di bugia malcelata. L’amore è una conseguenza del non voler stare soli, fingiamo dicendo di amarci quando abbiamo solamente paura di perderci.
Vogliamo toccare il cielo con un dito, crediamo di farlo ma poi precipitiamo giù e nessuno ci aiuta ad alzarci ma prova piacere nel vederci cadere e ci brucia le ali con le sue false verità.
-Per esempio?- mi domanda Rebecca infastidita interrompendo il mio flusso di pensieri filosofici.
-Quando vedi tua madre che bacia un’altra donna mentre avresti voluto solo farle una sorpresa per il suo compleanno e vederla stare con tuo padre- dico con freddezza, quasi fosse colpa loro –Per esempio-
Alessandro fa un verso indistinto e le lascia la mano per avvicinarsi a me e prendermi tra le braccia, poi si allontana e raccoglie una lacrima con il pollice dalla mia guancia, Rebecca mi accarezza una spalla e sorride a mo’ di scusa.
Non mi sento rinfrancata come speravo, ho solo più voglia di urlare loro addosso.
Finalmente arriva la notte e sono nel mio letto, chiudo gli occhi sperando che il sonno mi afferri vorace e che domani sia un giorno migliore.
 
 
Sbadiglio e mi sento meglio, mi giro mentre mi stiracchio e noto che sono le undici e mezza. Mi sento decisamente rinvigorita, è come se fossi rinata in questa notte ed è inutile dire che il sonno mi ha portato consiglio.
Non ho intenzione di piangermi addosso: Elena è troppo piccola e qualcuno dovrà pur tenere alto il morale di questa famiglia che sta andando a catafascio.
Ho anche deciso quasi inconsciamente che non dirò nulla ad Alessandro: non voglio essere la causa della loro rottura e come se non bastasse credo che dovrò trovarmi un amore estivo e dimenticare quell’Analfabeta una volta per tutte.
Mi metto il costume ed un copricostume verde, raccolgo i capelli in una crocchia disordinata e scendo a far colazione con il sorriso sulle labbra.
-Cos’è successo?- domanda zia Anna vedendomi così contenta.
Io faccio spallucce e la aiuto a preparare un chilo di insalata.
A pranzo non  lascio che il silenzio cada neanche per un millesimo di secondo e faccio la scema più che mai, tirando su il morale a tutti. In fondo credo che sia questo il mio ruolo nella famiglia e chi riesce a impazzire e dire cose a caso meglio di una fan girl?
Dopo aver lavato i piatti e canticchiato “buon non compleanno” a tutti gli ospiti della casa mi avvicino a nonna, che sta facendo una maglia a lana per il nonno e le domando se vuole un po’ di compagnia, lei mi fa posto spostando il suo grasso sederone –come lo definisce lei stessa- un po’ più in là.
-Nonna, come hai fatto a capire che nonno era quello giusto?-
-Insieme potevamo volare-
L’ho già detto che mia nonna è un po’ tocca?
-Che cosa intendi?-
-Hai mai visto una persona volare?-
-No-
-Ecco: noi potevamo farlo. Insieme a lui sentivo di poter fare qualsiasi cosa-
-E non avevi paura di quello che sarebbe potuto succedere? Non hai mai avuto paura con lui?-
-Paura? Nora, la vita è fatta di paura. Devi avere il coraggio di afferrarla. Ricordo ancora quando tuo nonno mi chiese di sposarlo: inizialmente gli dissi di no. Non che non lo amassi, sia chiaro, ma avevo solo diciotto anni e mi sembrò una cosa troppo grande per me. Lui, però, non si diede per vinto e mi prese per mano portandomi nel nostro posto segreto vicino agli scogli, lì mi disse che mi avrebbe aspettato anche tutta la vita se fosse stato necessario.-
-E tu?-
-Io capii che avrei potuto fare qualsiasi cosa con lui, anche volare-
-A volte penso che l’amore non esista-
-Dipende che cosa intendi per amore- dice nonna posando i ferri e guardandomi negli occhi –Amore è quando puoi mangiare solo un pezzo di pane, lo dividi a metà e doni all’altro quella più grande-
-Grazie nonna- dico dandole un bacio sulla guancia.
Mia nonna sarà un’antica romantica con il sedere un po’ troppo grande e non tutte le rotelle al loro posto ma resta comunque la persona più saggia che io abbia mai conosciuto.
In spiaggia io, Rebecca e Alessandro andiamo a giocare a carte ma questa volta è Alessandro ad andare a chiederle al bar.
-Ascolta, Ele- dice Rebecca guardandomi con i suoi occhi blu che paiono diventati di ghiaccio.
-Dimmi- dico sorridendo.
-So che hai letto il messaggio ma non mi interessa perché Alessandro è innamorato di me. Può anche esserti sembrato che lui ti voglia bene e magari ti considera un’amica ma lui è solo mio. Perciò tieni il tuo bel faccino lontano da lui, chiaro?-
Bel faccino?
Prima che abbia il tempo di rispondergli o di riprendermi Alessandro torna con il mazzo di carte, allegro e Rebecca riprende il suo solito sorriso incantevole.
Io non dico nulla, limitandomi a mischiare le carte mentre il mio cervello lavora e la rabbia ribolle: santo Zeus e per i tacchi consunti di Atena, quella Barbie ha tutto e non solo tradisce il ragazzo migliore che esista ma teme anche uno sgorbio come me. Siamo davvero ridotti male. Se avevo intenzione di non ostacolare il loro amore ora ho intenzione di farla pagare cara a quella smorfiosa, non le toccherò il suo pucci pucci –alias il mio Analfabeta- ma d’ora in poi stai attenta Barbie dei miei stivali perché non ci sarà sempre il tuo amato cervo a proteggerti, e ,quando verrà il giorno, ti consiglio di guardarti le spalle, perché te le starò masticando.
-Ehi ragazzi, disturbo?- domanda Luca rivolgendomi un sorriso smagliante.
-Niente affatto- rispondo io sciogliendomi nel primo vero sorriso da due giorni a questa parte.
-Bene, allora potrei chiedervi un favore?-
-Certo dicci-
-Lui è Simone, il mio cuginetto di origini tedesche, ve lo posso lasciare?-
Io guardo la sabbia aspettandomi di trovare un marmocchio invece vedo due gambe pelose, così scorro in su con lo sguardo trovando un paio di boxer aderenti al più bel paio di chiappe maschili che io abbia mai visto, un petto da giovane uomo senza tartaruga o rotoli di ciccia superflui e poi il viso -per i mutandoni della nonna di Merlino- è il viso da angioletto più bello che io abbia mai visto, i suoi capelli sono color oro e i suoi occhi azzurro intenso incorniciati da un paio di occhiali neri e tondi.
Miseriaccia, si sarà fatto male quando è caduto dal Paradiso?
-Quale disturbo?- balbetto avvampando.
-Io sono Simone- mi sorride porgendomi la mano e parlando in italiano perfetto.
-Noi non usiamo darci la mano, si usa abbracciarsi da queste parti- dice Alessandro aprendo le braccia.
-Certo proprio così!- esclamo facendomi avanti.
Luca ride facendomi l’occhiolino e scambiandoci un cenno di saluto.
-Allora giochi con noi?- gli domanda Rebecca dopo averlo abbracciato a sua volta.
Se lo sta mangiando con gli occhi quella Barbie da strapazzo, possibile?
Credo che rimangano sei giorni davvero intensi.
Simone mi rivolge un sorriso mentre si siede al mio fianco e le nostre braccia si sfiorano.
Davvero molto intensi.

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Capitolo 13
*** Il ballo del re e della regina ***


13. Il ballo del re e della regina
L’adolescente non vuole essere capito,
ed è per questo
 che si lamenta tutto il tempo
 di essere frainteso.
Stephen Fry
Ho deciso che ci proverò con Simone da quando l’ho visto. Dato che ciò avrà diversi risvolti positivi: potrei avere un ragazzo per la prima volta nella mia vita e Alessandro potrebbe accorgersi di essere geloso e di amarmi alla follia da sempre.
No, non credo molto in quest’ultimo punto ma avrei comunque un ragazzo bellissimo!
Anche se in questo momento ho dannatamente voglia di prendere a calci nel deretano chiunque abbia inventato il detto: “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”, perché aveva dannatamente ragione.
In più sembra che quel cacchio di Analfabeta ce la metta tutta per farmi innamorare di lui e non di quell’angioletto adorabile che è Simone.
Stavamo giocando a carte a coppie e la mia gamba era appiccicata a Simone per il poco spazio, inducendomi a sudare il doppio del normale, io ed Alessandro avevamo deciso alcuni segni per riuscire a battere Rebecca e il mio angioletto, così quando mi era arrivato l’asso di briscola mi ero grattata il sopracciglio disinvolta e lui, in risposta, per indicare il suo carico, mi aveva fatto l’occhiolino. Così la parte di me che era intenta a pensare al calore che la gamba di Simone mi trasmetteva si era sciolta, di fronte ai suoi occhi da cerbiatto così maliziosi.
Così avevo proposto di andare a fare un bagno, siccome mi era venuto troppo caldo ed allora Simone mi aveva chiesto scusa con un timido sorriso, per poi prendermi e buttarmi in acqua con una forza sorprendente per le sue braccia magre ma, mentre mi arrabbiavo con lui puntando il dito sulla sua pelle bianca e perfetta, era intervenuto Alessandro facendomi il solletico e buttandomi nell’acqua a sua volta, correndo subito dopo a baciare la sua bella nell’oltremare.
Esauriti i piani per permettere a me e a Simone di innamorarci, sposarci, fare i figli e vivere per sempre felici e contenti alle Hawaii –a meno che lui non voglia per forza tornare in Germania, in quel caso verremo in Italia per le vacanze estive ed un po’ di sole- esco dall’acqua fradicia, con la pelle d’oca ed i polpastrelli a grinze, stavo quindi giusto mangiando un trancio di pizza come seconda merenda sotto lo sdraio quando Rebecca propone l’idea peggiore che le potesse venire in quella sua stupida e quadrata testolina: -Perché non giochiamo a racchettoni?-
Non se ne parla, assolutamente no! In modo che possa finire sedere all’aria davanti a Simone mentre tento di prendere quell’inutile pluffa gialla?
-Ottima idea, adoro quel gioco, che ne dici di fare squadra con me Eleonora?- domanda Simone sorridendomi dolcemente.
In effetti i racchettoni sono sempre stati anche il mio gioco preferito.
-Perché no?- domando sorridendo –Vai gentilmente a prendere il necessario al bar, Reby?-
-Ma certo- risponde con un sorriso tirato –Vieni con me Alessandro? Così passiamo qualche istante da soli per prepararci ad essere la squadra perfetta-
Gira sui tacchi, prendendo a braccetto il suo Alessandro che mi rivolge appena una smorfia prima di essere trascinato verso il bar.
Io guardo Simone, giocherellando con la sabbia sui miei piedi.
Da questa angolazione ha un’aria decisamente familiare.
-Non è che ci siamo già incontrati?- gli domando corrucciando la fronte.
Magari in Paradiso.
-Non credo- dice perplesso -Quella ragazza è un po’ ridicola vero?-
Io scoppio a  ridere, sorpresa. -Un po’-
-Un po’? Non ha fatto altro che baciare quel povero ragazzo e lanciare occhiate languide a me-
-E’ decisamente ridicola in effetti- dico scrollando le spalle e osservandolo.
-Però è proprio una gran gnocca, capisco perché Alessandro si sia innamorato di lei-
Mi rimangio tutto quello che ho detto sull’angioletto e, a conti fatti, non credo proprio che sia il mio tipo.
Il mio bellissimo Finnick con la dolcezza di Peeta, l’umorismo di Fred, il coraggio di Peter, la bellezza di Finnick, il sarcasmo di Jace e l’intelligenza di Caleb non sbaverebbe mai dietro ad una come Rebecca.
Simone fa per aggiungere qualcos’altro quando tornano Alessandro e Rebecca mano nella mano.
Lei gli dà un bacio dietro l’orecchio e gli mordicchia il lobo mentre lui le sussurra qualcosa.
Sono così dolci e perfetti da farmi salire la nausea e una fastidiosissima voglia di vomitare.
-Iniziamo?- domanda Rebecca che, senza aspettare la risposta, sculetta dietro la linea per tirare la palla.
Faccio per mettermi in posizione quando due grandi mani mi coprono gli occhi.
-Ivan?- domando titubante.
Nessuna risposta.
Mi mordicchio il labbro, perplessa, mentre il povero criceto a corto di nettare divino nel mio cervello si affatica, una fragranza al Bergamotto mi invade le narici: chi usa il Bergamotto?
La mia mente ricorda qualcosa su Milano ma non riesco ad afferrarlo fino in fondo.
-Eddai, Matteo, stavamo per iniziare una partita a racchettoni- sento dire a Simone a poca distanza da me.
Matteo?
Chi è Matteo?
Oh santissimo gatto unicorno arcobaleno, non sarà mica quel Matteo?
-Matteo?!- esclamo mentre la mia voce sale di un’ottava.
Lui fa scivolare le sue mani e lascia che io mi giri per salutarlo, un attimo dopo ho il viso ed il corpo contro la creazione più bella che madre natura avrebbe potuto concedere al mondo.
-Che ci fai qui?- gli chiedo con il sorriso più vero che io abbia mai fatto dall’inizio dell’estate.
-Siamo venuti a trovare nostro cugino- dice indicando sé stesso e Simone.
Ora capisco il viso d’angelo ed i capelli biondissimi.
-Non andatevene- sussurro avvampando.
-E perché dovrei?- mi domanda facendomi l’occhiolino.
Benissimo: se è un sogno, non svegliatemi.
-Loro sono Alessandro e Rebecca- dico indicandoli.
-Felicemente fidanzati, vero?- preciso osservando gli occhi a cuoricino di Rebecca.
-Ovviamente- mi risponde lei, gelida.
Alessandro si avvicina per stringergli la mano –sbaglio o lo fa anche con una stretta molto più forte e rigida del solito?-.
-Così siamo in minoranza però- osserva Rebecca.
-Non deve essere un gran problema per la coppia perfetta- dico con un sorriso perfetto.
-Hai ragione, vi stracceremo lo stesso- dice Alessandro con un sorriso ironico.
 
Odio ammettere che Alessandro aveva ragione ma abbiamo perso. Il fatto che sia stata solo colpa della mia goffaggine è del tutto irrilevante, Matteo non me l’ha fatto pesare per niente mentre Simone si è rivelato un ragazzino viziatello che non fa altro che lamentarsi. Credo che tutti in famiglia apprezzeranno il mio modello e poi, andiamo: cosa saranno mai tre anni di differenza?
-Santo Gargoyle! L’acqua è gelata!- esclamo saltando praticamente in braccio a Matteo.
-Santo Gargoyle?- mi fa eco Matteo, ridacchiando.
-“Santo Koala Marsupiano” non ti piaceva più?- mi domanda Alessandro ghignando.
-Quello è per gli eventi catastrofici, per esempio quando un ragazzo entra in bagno senza bussare-
-Per esempio- annuisce lui ridendo.
-Sai cos’è divertente?- mi domanda Matteo con un ghigno che non mi piace per niente.
-Cosa?- gli faccio eco, preoccupata.
-Che tu sia tutta bagnata-
Santo Koala Marsupiano fa che non stia intendendo quello che ho capito io!
Dall’occhiata che mi lancia Alessandro deduco che è anche ciò che è passato per la sua testolina malata.
-Ma lei non è bagnata- si intromette Rebecca.
Prima che io possa intervenire mi ritrovo sott’acqua e poi di nuovo fuori a sputacchiare anche le mie prime pappe, con gli occhi fuori dalle orbite.
Ora sì, Nora, che farai colpo su Alessandro! Quale metodo è migliore dello sputargli pezzi di tonsille e stelle marine addosso?
-Io ti avadakevrizzo Matteo!!- urlo tra uno sputacchio e l’altro.
Prima che possa riprendermi del tutto ed affogarlo –nel vano tentativo di far ingelosire la coppia perfetta oltre che di vendicarmi- Alessandro mi schizza riempiendo il mio campo visivo. Iniziamo così una lotta all’ultimo sangue, nella quale nessuno è escluso, persino Simone sporca le sue mani perfette.
Quando torniamo all’ombrellone, tremanti, zia Anna ci porge degli asciugamani ed io sono costretta a condividere il mio con Matteo.
Che gran peccato.
Proprio una grandissima disdetta.
-Chi sono questi bei ragazzi?- mi domanda zia con un occhiolino che ha ben poco di segreto.
-Lui è Matteo, il modello di Abercrombie che ho conosciuto a Milano e lui è suo fratello Simone-
-Siete i benvenuti- esclama zio Giorgio con tanto di inchino e sorriso a trentadue denti.
-Chi non muore si rivede!- esclama invece Ivan stringendo la mano a Matteo.
-Vuoi venire con noi a fare shopping, Rebecca?- le chiede Laura sorridendo.
-Volentieri! Tu non vieni con noi, Nora?- dice rivolgendosi a me con un sorriso più falso dei miei.
-Nora non ama queste cose- dice Ludovica sorridendomi e togliendomi dall’imbarazzo.
Rebecca regala un bacio ad Alessandro prima di andarsene –senza smettere di sculettare- con Ludovica e Laura.
-Potreste venire a cena da noi stasera- dice zia Anna sorridendo ai due fratelli.
-Zia…- sussurro io arrossendo.
-La ringrazio ma mio fratello ed i miei tornano a Milano ed io non vorrei creare disturbo-
-Quale disturbo?- domanda zia, che non vedevo sorridere così da quando zio gli regalò la vacanza alle terme
–Ci sarà anche la famiglia Sinistro, basterà stringersi un po’- aggiunge papà.
Credo di amare mio padre, potrei fargli una  statua: una cosa semplice, d’oro per esempio.
-Sono molto lieto di accettare allora-
Mentre zia gli dà l’indirizzo vedo Alessandro farmi un cenno con il capo, così lo seguo fin dietro le cabine, dove ci sediamo con le schiene appoggiate ad una di esse.
-Non abbiamo più avuto modo di parlare, come stai?- mi domanda osservandomi con i suoi grandi occhi color cioccolato.
Io giocherello con la sabbia, evitando i suoi occhi.
-Sto bene, stare qui mi aiuta a non pensarci ma mi sento… tradita-
-Lo vuoi un abbraccio?- mi domanda.
Io annuisco appena e mi godo le sue braccia, il calore del suo corpo, il suo profumo, che non è nulla di particolare ma è il semplice odore della sua pelle.
Socchiudo appena gli occhi poi un senso di colpa mi attorciglia lo stomaco e mi allontano da lui mentre decido che no, non sarò la causa della sua rottura con Rebecca.
-Credo che gli abbracci siano la cosa migliore che si possa dare ad un… amico- dico tentennando appena sull’ultima parola –Uno di questi giorni abbraccerò tutti, senza nessuna distinzione e senza alcun motivo-
-Verrò con te- dice lui sorridendo.
-Se tu avessi un amico- inizio titubante
-Mh…?-
Indugio un attimo mentre mi sporco sempre più le mani di sabbia.
Perché non ho un grillo parlante a consigliarmi?
-E se lui si chiamasse Alessandro, come lo chiameresti? Sandro o Ale?-
-Se lei si chiamasse Nora, lui sarebbe Sandro, non credi?-
Io annuisco, serissima.
Poi scoppiamo a ridere, nello stesso istante.
In questo momento non mi interessa se voliamo insieme come amici o come coppia, mi basta volare con lui.
 
Come avevo previsto tutti adorano Matteo ma, d'altronde, come potrebbe essere altrimenti?
E’ un ragazzo perfetto, sembra uscito da uno dei miei libri o da una serie tv. Tutti lo adorano, apparte Alessandro che sembra guardarlo dall’alto verso il basso –per quanto gli sia possibile, si intende- credo che sia perché è l’unico che riesce a superarlo in bellezza qua dentro.
Quanto può essere narcisista questo Analfabeta?
Rebecca ha ricominciato a fare la gatta morta, facendo succhiotti ad Alessandro e non smettendo per un attimo di sfruttare i suoi ormoni da adolescente in calore, ovviamente con successo dato il suo vestitino azzurro succinto. L’unica mia soddisfazione è il fatto che Matteo non degna di uno sguardo Rebecca peccato che Alessandro non rivolga la minima attenzione a me, ma questi sono futili dettagli.
E’ il quattordicesimo giorno di vacanza, ne mancano sei se non faccio innamorare Alessandro di me ora non succederà mai più, per questo stasera ho deciso di farlo ingelosire. Per questo ho chiesto aiuto a zia Anna che mi ha conciata in maniera a dir poco ridicola: innanzitutto mi ha lisciato i capelli, lasciandomi degli spaghetti voluminosi e di un colore spento, ha insistito così tanto per truccarmi che se potessi usare la magia fuori da Hogwarts l’avrei cruciata ma alla fine ho acconsentito a farmi mettere mascara,matita,ombretto, eye-liner e rossetto, mi ha anche infilato a forza un vestito rosa carne decisamente non nel mio stile, per coronare il tutto mi ha fatto indossare un paio di sandali con il tacco. Probabilmente se Ludovica, Rebecca o addirittura Elena fossero al posto mio sarebbero le reginette della serata, io sono più un pagliaccio.
Ma qualcuno ha detto che l’amore è cieco ed io spero tanto che sia vero.
Finita la cena –che non è stato altro che un interrogatorio a Matteo e uno sbaciucchiamento continuo da parte della coppia perfetta con l’aggiunta dello sbuffare annoiato da parte di  Simone- zia decide di mettere della musica e trasformare il salotto in una pista da ballo. Mi prende con sé –anche se credo che il termine corretto sia “rapisce”- e mi chiede di scegliere un cd.
-Zia- le dico amorevolmente –Credo che questa sia una pessima idea-
-E perché dovrebbe?-
Perché sono stanca di vedere baci ovunque!
-Perché non so ballare-
-Sciocchezze tesoro e poi Matteo è già cotto di te-
Arrossisco, apro e chiudo la bocca poi ci rinuncio constatando che, come sempre, la mia famiglia non capisce un boccino. Così mi limito a scegliere il cd meno mieloso che riesco a trovare e ad inserirlo nel vano apposito, poi prendo del gelato e mi siedo sul divano, imbronciata.
Le coppie iniziano a ballare ed io mi isolo da tutti loro, mangiando un po’ di gelato. E’ incredibile come la famiglia più insolita e bizzarra si possa trasformare in un tale scintillio d’amore e felicità: ci sono il nonno e la nonna che stanno fermi, abbracciati, come se il loro amore valesse più di mille parole, ci sono lo zio e la zia che non sanno ballare ma sono convinti del contrario, Laura e Paolo si limitano a muoversi a tempo, Simone balla da solo e Matteo è circondato dalle tre pesti e balla con tutte e tre, ridendo ed infine ci sono loro, avvinghiati, con Rebecca che si struscia addosso ad Alessandro in modo osceno.
Distolgo lo sguardo, prendendo un altro cucchiaio di gelato, lo sto per affondare nuovamente nella vaschetta quando Ivan si siede al mio fianco.
-Dove sono finiti i buoni propositi?- mi domanda sorridente.
-Quali buoni propositi?- gli faccio eco con lo stesso tono basso.
-Quelli sul fare innamorare Alessandro di te-
Io sgrano gli occhi.
-Oh andiamo! Te lo si legge in faccia-
Io arrossisco ed abbasso gli occhi.
-Vai a ballare con lui, io e Ludovica portiamo a dormire Aurora, Elena e Sofia-
-Un giorno mi sdebiterò!- esclamo con un sorriso smagliante.
-Ci conto- dice lui facendomi l’occhiolino.
Io raggiungo Matteo e gli rivolgo un sorriso sincero: -Balliamo?-
-Volentieri- mi risponde mettendomi le mani sui fianchi.
Io inizio a muovermi a tempo di musica, seguendo i suoi movimenti e smettendo di contare le volte in cui gli pesto i piedi dalla settima in poi.
Ad un certo punto parte un lento ed io lancio un’occhiataccia a zia che ricambia con i pollici alzati ed uno stupido sorrisetto, mi avvicino ancora di più a Matteo mentre osservo di sottecchi Alessandro e Rebecca che hanno ripreso a baciarsi.
-Perché non ti lasci andare?- mi domanda –Sei rigida-
-Non so ballare- dico scuotendo la testa.
-Nemmeno io- dice scuotendo la testa.
Io non ci credo ma smetto di essere così rigida e inizio a muovermi di più, mentre il mio corpo tenta invano di ballare senza causare al mio cavaliere menomazioni o dolori intercostali la mia testa continua a elaborare l’immagine della coppia felice.
-Devo confessarti una cosa, Nora- mi sussurra Matteo all’orecchio.
Io alzo lo sguardo verso di lui mentre mi tornano alla mente le parole di zia Anna: non aveva ragione, vero? Perché se così fosse mi sentirò una merda per il resto della mia vita, per aver usato il ragazzo perfetto per far ingelosire un idiota Analfabeta.
-Dimmi- dico con lo stomaco chiuso.
Lui fa per aprire bocca quando zio Giorgio urla: -Il ballo del re e della regina! Bisogna cambiare le coppie!-
Simone va verso Rebecca, facendole il bacia mano mentre io mi ritrovo davanti Alessandro che mi fa l’occhiolino.
-Chi ti ha detto che io voglia ballare con te?- gli domando.
Lui fa spallucce. –Chi è che non vorrebbe farlo?-
-Il solito modesto- ribatto sbuffando.
Parte “Let it be” dei Beatles e lui, vedendo la mia indecisione, si avvicina mettendomi le mani sui fianchi poi, siccome io sono immobile, mi afferra i polsi e mi porta le mani sul suo collo. Finalmente mi sblocco e, con il cuore in gola, inizio a muovermi a tempo di musica.
Sento il suo respiro scompigliarmi i capelli e questo mi provoca un formicolio alla nuca non indifferente, così come sui fianchi dove appoggia le sue mani calde ed io cerco di resistere all’irresistibile impulso di accarezzargli i capelli.
-Con Rebecca va tutto bene?- gli domando con il cuore in gola.
-Potrebbe andare meglio, tu e Matteo? C’è del tenero tra voi, o sbaglio?-
-Lui è il ragazzo perfetto- rispondo in un soffio.
La canzone finisce prima che io trovi il coraggio di dire altro e le parole non dette aleggiano su di noi mentre Rebecca torna a prendersi il suo re.
Spero solo che questo stupido re non sia monogamo.

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Capitolo 14
*** Concorso: Sfiga in amore. Posizione: prima classificata. ***


14. Concorso: Sfiga in amore. Posizione: Prima classificata.
Gli adolescenti
si lamentano  che non c’è niente da fare,
poi stanno fuori tutta la notte
a farlo.
(Bob Phillips)

 
Mi sveglio e sbadiglio, una nuvola di spossatezza inizia a sfogare la sua pioggia su di me e una nebbiolina di malinconia mi avvolge: ho passato una notte terribile, svegliandomi ogni tre per due sudata e con una sensazione agghiacciante all’altezza dello stomaco.
Noto una strana luce nella stanza e, lanciando una distratta occhiata alla finestra, mi accorgo che fuori piove, una pioggia fitta e fastidiosa che rende tutto ancora più grigio e triste.
Raggiungo gli altri che è già ora di pranzo e sfodero delle borse sotto gli occhi che farebbero invidia a Dracula mentre annego nel cibo la mia sconfitta, dopo mangiato mi incammino di sopra nel tentativo di chiudermi in camera mia a leggere un libro quando mio fratello mi prende per mano e mi trascina nello sgabuzzino, chiude la porta a chiave e mi fissa, come in attesa.
Essendo cinquantasei chili di brufoli sfodero l’unica arma che ho: il sarcasmo.
-Non ne sono certa al cento per cento ma credo che l’incesto sia punibile dalla legge, inoltre verresti condannato per abuso su minore, il che non è poco; non credo nemmeno che Ludovica sarebbe molto contenta di ciò, perciò perderesti anche l’unica ragazza che si è presa la briga di considerare il tuo bel visino-
-Non se nessuno lo viene a scoprire- dice facendo spallucce.
-Vorresti anche uccidermi? Se ti beccano avrai anche l’accusa di omicidio. Così non ci siamo fratellone, non ti ho insegnato proprio niente?- sottolineo le ultime parole con il tono che usava nostro padre quando eravamo piccoli e facevamo qualcosa di sbagliato.
-Scherzi a parte volevo parlare da solo con te Nora ed era impossibile farlo in quella gabbia di matti-
-Finalmente qualcosa in cui siamo d’accordo da quando hai tirato quel pugno a papà-
-E’ stato tre anni fa- dice lui facendo una smorfia.
-Ma me lo ricordo bene, è stato memorabile-
-Soprattutto per papà- ammette lui –E per il suo dente-
Io annuisco, seria.
-Ti ricordi di quando ho rigato la macchina a mamma?-
Annuisco ancora, nonostante la parola “mamma” mi causi una stretta allo stomaco.
-E ti ricordi anche il perché?-
-Non volevano farti uscire con quella ragazza orfana che aveva una fama come delinquente e spacciatrice-
-Esatto. Pensavo fosse l’amore della mia vita, ma dopo di lei e prima di Ludovica ho avuto altre cinque ragazze-
-Sei qui per parlare di gossip o per ricordarmi quanto sono sfigata in amore?-
-Sono qui per dirti che ci si innamora più di una volta nella vita, Nora-
-Che cosa intendi?- gli chiedo con la bocca improvvisamente asciutta e la gola secca.
-Dovresti lasciar perdere Alessandro-
-Tranquillo: è lui che ha lasciato perdere me- dico atona.
-E provarci con Matteo-
Lo guardo, a bocca aperta.
-Dici sul serio?-
-Sì, dovresti. Perché buttarsi giù così? Dicono che stasera smetterà di piovere, manda un messaggio a Matteo e chiedigli di uscire-
-Perché dovrei uscire con un ragazzo che non mi piace?-
-Perché è impossibile che Matteo non ti piaccia e perché, anche se Alessandro fosse l’amore della tua vita, in questo momento non puoi far altro che aspettare. Ed io dico: perché aspettare con le mani in mano ed il cuscino bagnato di lacrime?-
Io arrossisco. –E tu come fai a sapere che ho pianto per lui?-
-Perché sono tuo fratello maggiore e so tutto di te-
Lo guardo accigliata.
-O più semplicemente perché non hai ancora imparato a piangere in silenzio-
Gli faccio la linguaccia mentre lui mi abbraccia. Il suo abbraccio sa di menta, infanzia e pallonate contro le finestre dei vicini.
-Su, vai a strappare il permesso a papà e a mettere apposto quel tuo bel visino-
Mentre mio padre acconsente, Matteo dice che mi passa a prendere per le nove ed il mio armadio non è mai parso così vuoto mi chiedo come ho potuto farmi convincere così facilmente.
Questa volta lascio perdere zia Anna e la sua piastra e busso ad una certa porta color mogano con il cuore in gola.
-Avanti- risponde la voce di Ivan.
-Ludovica, potresti darmi una mano?- le domando con un sorriso imbarazzato.
Lei si mostra da subito entusiasta e corre in camera mia, svuotandomi l’armadio ed accostando, di tanto in tanto, i vestiti alla mia faccia.
Dopo più di un’ora di trucco e parrucco mi ritrovo a rimirarmi davanti allo specchio e a trovarmi accettabile: mi ha legato i capelli indomabili in una coda di lato, ho messo dei sandali molto bassi e mi ha truccata con appena un po’ di matita, il vestito è uno dei più semplici che avevo nell’armadio, blu a due strati, non troppo corto ed ho anche una giacca blu notte siccome il tempo non si è ancora ripreso del tutto.
Saluto tutti con un sorriso e loro mi acclamano come se stessi andando al college, quando finalmente riesco a scollarmi nonna ed Elena –neanche stessi andando in guerra- rivolgo a Ivan un ultimo sorriso colmo di gratitudine ed esco di casa.
-Sei bellissima- mi sussurra Matteo dopo avermi dato un bacio sulla guancia.
Io gli sorrido appena ed iniziamo a camminare.
Parlare non è mai stato così facile: Matteo è davvero il ragazzo perfetto, mi mette da subito a mio agio ed insiste così tanto per pagarmi il gelato che alla fine non posso far altro che accettare.
Lasciamo presto il centro per dirigerci verso il lungo mare, qui è tutto più tranquillo nonostante ogni tanto si incontrino artisti di strada e venditori ambulanti. Lui tiene le mani in tasca, così gli afferro il braccio, prendendolo a braccetto ed appoggiandomi appena a lui.
Credo che ogni ragazza pagherebbe oro per stare al mio posto ed io ho intenzione di godermi appieno questo privilegio.
-Ti dà fastidio?- gli domando alludendo alle nostre braccia.
-No no, tutt’altro. Ma a questo proposito devo assolutamente dirti una cosa, Nora-
Io mi fermo e lo guardo, incitandolo con lo sguardo a proseguire.
-Io…-
-Volete una rosa?- ci domanda un ragazzo di colore, mettendoci il mazzo sotto il naso.
-Ne prendo una- dice Matteo sorridendo.
Inutile dire che gli occhi del venditore si illuminano, increduli da tanta fortuna, si affretta a porgercene una, quasi timoroso che potremmo cambiare idea, una volta presi i soldi si allontana, porgendo le rose a qualche altra coppia.
Gli scocco un bacio sulla guancia quando mi porge la rosa a sua volta.
Potrebbe essere più perfetto?
-Dicevi?- gli domando mentre continuiamo a camminare ed io annuso, di tanto in tanto, il fiore.
-Dicevo che devi sapere che io…-
-Volete un braccialetto porta fortuna? Gli Dei della Fortuna vi sono favorevoli se ne acquistate uno- lo interrompe un ragazzo indiano, sorridendoci e mostrandoci i denti mancanti.
-No grazie- dice Matteo, educato.
-Forse dovremmo andare in un posto più tranquillo- dico constatando l’evidenzia.
-E dove?- mi domanda leggermente seccato.
Io lo prendo per mano e lo trascino con me in spiaggia, mi fermo appena un attimo per assaporare la brezza di mare che mi sfiora il viso, poi mi sciolgo i capelli ed inizio a correre, Matteo si toglie le scarpe a sua volta e mi insegue, io corro fin sulla torre di un bagnino nascosta dalla luce della luna e mi siedo in un angolo, lui mi raggiunge ed ansima appena.
-Sei veloce-
-La corsa è una delle poche cose che mi riesce bene-
-L’ho notato- dice sedendosi al mio fianco ed ansimando.
Io gli tiro una gomitata scherzosa e lui ride.
E’ tutto così perfetto, decisamente e dannatamente perfetto. Siamo troppo vicini, i nostri respiri –il suo ansimante- si confondono, il mio cuore batte così forte che quasi temo lo senta anche lui, il sottofondo non è da meno con le onde del mare che si sovrappongono al chiarore della luna e all’oscurità della notte. E’ tutto così fottutamente perfetto da farmi quasi paura.
Fisso lo sguardo nei suoi occhi così insolitamente blu e lo bacio, senza pensarci troppo. Sento la morbidezza delle sue labbra e faccio appena in tempo a pensare che come secondo bacio non è niente male quando tutta la perfezione si rompe.
Un attimo prima penso di star per spiccare il volo un attimo dopo la delusione prende il mio stomaco e lo lega, stretto.
Mi mette le mani sulle spalle ma non per approfondire il nostro incontro, per allontanarmi da sé.
-E’ quello che ho cercato di dirti, Nora- dice senza guardarmi negli occhi -Sono gay e sono innamorato di Luca, mia cugino-
Un rumore ruvido, un colpo secco ed il mio cuore affranto si esibisce in qualche capriola. D’altronde avrei dovuto capirlo: era tutto troppo perfetto.
-Beh visto che sei gay non hai problemi a baciarmi vero? Perché ero decisamente in Paradiso-
Lui mi guarda, scuote la testa e scoppia a ridere.
-Se fossi etero saresti la mia ragazza, Nora- dice accarezzandomi il viso.
-Non puoi diventarlo?- gli chiedo con appena una punta di ironia, speranzosa.
Lui ride ancora, io mi sistemo meglio al suo fianco ed appoggio la testa sulla sua spalla, sfinita, osservando il mare.
-Penso che potrei vincere un concorso- mormoro mentre i miei occhi catturano ogni particolare del paesaggio incantevole e dell’infrangersi delle onde sul litorale.
-Di bellezza?- mi domanda mentre mi accarezza i capelli.
-Di sfiga in amore. Prima in classifica- esclamo scagliando un pugno in aria in segno di amara vittoria.
-Hai solo quindici anni, la tua vita è solo all’inizio-
-E l’Inferno è solo una Sauna- ribatto sbuffando.
Lui ride ma non dice nulla.
Forse ha ragione, ma se così fosse perché sento questo senso di sconfitta opprimermi il petto? Perché continuo a pensare che non me ne venga una giusta?
L’adolescenza è decisamente triste, fantastica sì, eppure allegramente triste. Non so come questo sia possibile ma so che è così. Ho adorato fin da subito la sensazione di essere innamorata di Alessandro eppure si è rivelata una falsa partenza e nemmeno il ragazzo perfetto è ciò che fa per me. Forse dovrei smetterla di pensare ai ragazzi e godermi l’estate con i miei libri come ho sempre fatto. Forse.
Guardo ancora la luna che si riflette sul mare creando delle increspature nelle onde che si propagano fino alle zampe di un gabbiano intento nello sfiorare l’acqua con le ali.
-Non credo che dovremmo rovinare questa serata con il nostro non-appuntamento- dico ad un certo punto, alzandomi in piedi.
-Cosa intendi dire?- domanda lui preoccupato osservando la strana luce nei miei occhi.
-Ti fidi di me?- gli domando sorridendo.
-Non molto se mi guardi in questo modo, effettivamente ora come ora no-
-Ti fidi della Rowling?-
-Beh… Sì-
-Anche io! Perfetto, per la proprietà transitiva della geometria allora ti devi fidare anche di me, torno subito-
Senza ascoltare il suo: -Non è proprio così!- che rischia di dilungarsi in una spiegazione sulla matematica che potrebbe correre il rischio di uccidermi di noia, corro a recuperare le mie scarpe e l’elastico, lego poi i capelli in fretta e furia  e prendo il telefono digitando il numero di Luca.
-Ehi bellissima, come stai?-
-Molto bene, tu? Bene, vero? Immaginavo, che fai di bello?-
Sento una risata dall’altra parte del telefono ma non le presto molta attenzione.
-Sul lungo mare-
-Da solo?-
-Sì-
-Oh ma è perfetto! Cammini vicino al bagno numero…?-
-Numero trentadue-
-Io sono dieci bagni più avanti, ti aspetto qui, che dici?-
-Nora, veramente io volevo stare un po’…-
-A tra poco-
Metto giù senza dargli il tempo di finire la farse per paura che, se l’avessi fatto, avrei potuto pentirmene.          Lo aspetto nervosamente, saltellando da un piede all’altro e convinta di aver avuto l’idea peggiore della storia. Ci sono diverse cose che potrebbero andare storte se poi si aggiunge il fatto che, se tutto andasse bene, dovrei tornare a casa da sola di notte e se mio padre lo venisse a scoprire mi ucciderebbe direi che sì, ho avuto davvero una pessima idea.
Finalmente vedo una zazzera di capelli castani e due occhi blu mare venire verso di me, così gli vado incontro e gli sorrido. Un sorriso schietto, con una punta di malizia ed un secchiello di sarcasmo.
-Mi fai paura, lo sai?- mi domanda titubante.
-E tu sai che i matrimoni tra cugini sono permessi?- ribatto sorridendo con malizia.
-E tu… cosa… che intendi?- domanda schiarendosi la voce troppe volte.
-Sei arrossito- constato girandogli attorno.
-No, è il caldo- dice aggiustandosi il colletto della camicia.
-Oppure il fatto che ti piace tuo cugino Matteo-
-E’ stato Simone a dirtelo?- domanda avvampando ancora.
-Chiamalo intuito femminile-
O meglio: colpo di fortuna.
-Sinceramente: non pensi sia arrivato il momento di dichiararti?- aggiungo poco dopo.
-Sinceramente? No- dice deglutendo rumorosamente.
-Io penso di sì, vieni con me-
E così dicendo lo trascino in spiaggia.
-Nora! Fermati!-
Io continuo a camminare senza ascoltarlo.
-E se ti dessi un biscotto?-
-Non puoi corrompermi-
-Una scatola di biscotti?-
-No-
-Trecento novanta quattro scatole di biscotti?-
-Sono una Grifondoro, sono incorruttibile. Non accetto neanche i biscotti di un Tassorosso-
-Ma i nostri biscotti sono i migliori-
-Me ne farò una ragione- dico sorridendo.
-Aspetta- esclamo improvvisamente bloccandomi a metà strada –E quell’altro biondo?-
-Matteo?-
Annuisco.
Possibile che abbiano tutti gli stessi nomi?
-Siamo stati insieme circa tre giorni, poi ho scoperto che era etero ma voleva fare “nuove esperienze”- dice facendo una smorfia –E comunque era solo un pretesto per non pensare a Matteo, mio cugino Matteo intendo-
Io annuisco ancora, poi lo lascio davanti alla torretta del bagnino e lo incito ad andare avanti.
-Se tra dieci minuti torno e non state limonando vi crucio. Entrambi-
Senza aspettare di vedere la loro reazione mi giro e faccio per andarmene, ho fatto appena qualche passo quando Matteo mi afferra per un braccio.
-Aspetta-
-Mh?-
-Grazie- dice lasciandomi un bacio a fior di labbra.
Un semplice e casto bacio, un lieve tocco delle sue labbra sulle mie, come un petalo di rosa, leggero, fuggente eppure basta per farmi avvampare sotto la luce della luna.
Poi se ne va.
Giuro, amo quel ragazzo, che sia gay o no credo di amarlo.
Posso sposarlo?
Insomma: cosa mi interessa se mi tradisce con suo cugino quando posso condividere il suo stesso letto?
Arrivo a casa che sono appena le undici, mezz’ora prima del coprifuoco, cerco di non fare rumore ma, visto che la mia dose di fortuna giornaliera –sempre che sia mai esistita- dev’essersi esaurita, trovo Ivan ad aspettarmi in cucina.
-Allora?- mi domanda vestito solo in maglietta e boxer.
Non so da chi io abbia preso i rotoli di ciccia ma di certo non da lui.
-Posso fare il Cupido da grande?- gli domando prendendo il barattolo di Nutella dalle sue mani.
-Puoi far parte di un’agenzia di incontri-
-Matteo e Luca si sono fidanzati-
Lui non dice altro ed io ringrazio chiunque, da lassù, mi stia guardando perché non mi ha dato un fratello così poco maschio da inorridire all’idea dell’omosessualità. Invece di abbracciarmi e di scusarsi per il non-appuntamento che è stato una sua idea prende due cucchiaini dalla dispensa e me ne porge uno.
Sarò sfigata in amore ma almeno ho il fratello migliore del mondo.
E subito dopo averlo pensato lo dico ad alta voce, con il risultato che passiamo il resto della notte a sporcarci di Nutella e a finire il barattolo.

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Capitolo 15
*** Potremmo volare ***


15. Potremmo volare
Se dovessi scegliere
tra il tradire il mio paese e tradire il mio amico,
spero di avere il fegato
di tradire il mio paese.”
Edward Morgan Forster
 
Diciottesimo giorno, ne mancano due alla fatidica partenza.
Ho lasciato davvero perdere l’amore e tutto ciò che lo riguarda. Negli ultimi tre giorni c’è stato un sole ed un’afa che farebbero invidia al deserto, mamma ha telefonato per parlare con me e Eleonora e mi ha detto che stanno mandando avanti le pratiche per il divorzio, ho anche scoperto che la famiglia Sinistro abita in un paese a mezz’ora di macchina lontano dal nostro ma a causa di una sciocca discussione si erano persi di vista, pare che ora ci vedremo più spesso.
In questo momento stiamo giocando a carte seduti al bar: io, Matteo, Luca, Alessandro e Rebecca, mentre Simone è tornato a casa con i suoi e Matteo è rimasto per finire le vacanze prima di tornare a Milano; lui e Luca hanno deciso di non dire niente a nessuno per il momento ma quando sono soli sono una coppia dieci volte più bella della Coppia Perfetta.
-Nora, tocca a te- dice Rebecca scocciata.
-Non guardare gli allocchi che passano- mi riprende Alessandro fingendosi severo.
-Non ci sono gli allocchi di giorno- ribatto io.
-Infatti- dice sorridendo.
-Perché ogni giorno che passa le tue battute si fanno sempre più pessime?- domanda Matteo sbuffando.
-Secondo me se le studia di notte- dico scuotendo la testa.
-A parer mio di notte è intento a fare altro- ridacchia Luca indicando con la testa Rebecca.
-Su Nora: perché non giochi e basta?- dice lei sempre più seccata.
-Un bicchiere di miele e simpatia al giorno toglie la gente di torno- mormoro io.
Alessandro mi sente e ride, Rebecca gli lancia un’occhiataccia mentre lui cerca di rimediare trasformando le risa in un violento colpo di tosse.
Una folata di vento tanto agognata dal sudore delle nostre mani –specialmente di quelle della Coppia Perfetta che hanno il vizio di essere sempre allacciate- fa cadere alcune carte tra la sabbia.
-Raccoglile- dice Rebecca a Luca.
Lui fa per alzarsi ma Matteo gli mette una mano sul braccio. –Tu sei più vicina, Reby cara, fallo tu-
-Ho messo lo smalto due ore fa, potrebbe rovinarsi- ribatte lei guardandolo come se avesse bestemmiato.
-Non sia mai- dico io mentre mi scambio un’occhiata d’intensa con Matteo.
Luca, che è troppo buono, si alza e raccoglie le carte in modo che possiamo riprendere la partita.
Presto in gioco rimaniamo solo io e Alessandro ed inizio a sudare ancora di più mentre la tensione è palpabile e l’aria è elettrizzata come filo spinato.
-Pronta a perdere?- mi domanda con un ghigno.
-Ti piacerebbe- ammicco io.
-Cinque caramelle- dico mettendone avanti alcune alla fragola.
-Sette caramelle- ribatte aggiungendone altrettante alla menta.
-Poker di re- dico mostrandogli le carte.
Mi alzo appena e mi chino in avanti per prendermi tutto quel ben di Dio quando noto il ghigno sulla sua faccia.
-No- gemo timorosa –Non di nuovo-
Lui ride e mi mostra le carte: -Scala reale-
Io gli cedo il bottino, sconsolata.
-Se si chiama “poker” non capisco perché i punti più alti siano della scala reale- borbotto quasi tra me e me.
-Eddai, non te la prendere tanto. In fondo sei stata battuta dal migliore- dice facendo spallucce e scartando una caramella.
-E questo dovrebbe consolarmi?-
Lui fa finta di pensarci.
-Se fai la brava ti regalo una caramella-
-Troppo generoso, veramente troppo- dico alzando gli occhi al cielo.
-Potremmo scrivere un libro con tutte le tue qualità, il primo capitolo sarebbe dedicato alla tua modestia- aggiunge Luca.
-L’ultimo alla generosità- sghignazza Matteo.
-Sei così fortunato che se pestassi una merda…-
-Si dice escremento- mi corregge Rebecca.
Io serro le labbra ed i pugni, poi prendo un bel respiro e ricomincio a parlare.
-Dicevo: sei così fortunato che se pestassi un escremento di mucca non ti si sporcheresti la scarpa-
-Ma questo non è possibile- mi fa notare Rebecca.
-Appunto- ribatto sorridendo.
Alessandro scoppia a ridere e mi tira un pugno sul braccio.
-Sapete: credo che mi mancherete quando ve ne andrete- dice Matteo.
-Decisamente- aggiunge Luca.
-Per me non è un problema restare, devo ancora iniziare i compiti- dico sbuffando.
-Almeno tu non lavori- ribatte Matteo.
-E ti lamenti? Sei un modello!- esclama Alessandro.
-Hai idea di cosa voglia dire restare rinchiuso tutto il giorno in un negozio a fare foto con ragazze sudate e brufolose?-
-Emh emh- tossicchio io incrociando le braccia.
-Tu sei un caso a parte, Nora- dice lui sorridendomi.
-Ti vogliamo bene così come sei- interviene Luca.
-Friendzone. Friendzone ovunque. Ormai la Friendzone è il mio mondo, potrei fare compagnia a Piton- dico scuotendo la testa.
Il resto del pomeriggio prosegue tranquillo, ad un certo punto Luca torna a lavorare e Matteo va a dare una mano a suo zio al bar, così facendo mi lasciano da sola con la Coppia Perfetta ma per fortuna arriva zia Anna a salvarmi dicendoci di andarci a cambiare visto che a breve andremo al ristorante a mangiare tutti insieme.
Io vado all’ombrellone a prendere i vestiti mentre Alessandro e Rebecca si dirigono verso gli spogliatoi quando li raggiungo anche io loro sono già chiusi in uno di essi ed io entro in quello affianco. Mi tolgo il costume tranquillamente e sto giusto indossando il mio solito vestito bianco a fiori gialli e blu quando li sento discutere piuttosto vivacemente e non posso fare a meno che ascoltare.
-Ti sembra il caso di farmi questa sceneggiata tutti i giorni?- sento dire ad Alessandro con un tono di voce piuttosto seccato che non gli ho mai sentito usare con Rebecca.
-Se tu non la guardassi…-
-Io non la guardo! Ci parlo, come tu parli con Matteo o con Christian-
-Matteo è gay e cosa centra Christian?! Christian è il mio migliore amico!-
-E Eleonora è la mia migliore amica, contenta?-
-Non sarò contenta fino a quando non smetterai di frequentarla-
-Pensavo ti iniziasse a stare simpatica-
-Ma per favore! E’ stupida ed ignorante, sono sicura che ti piace solo per quei suoi stupidi occhioni castani da gatta morta-
-Non è una gatta morta, né stupida, né ignorante-
-Quindi ti piace?-
-Non ho detto questo!-
-La difendi sempre-
-E tu la insulti sempre! Non ti sembra il caso di piantarla?-
-Mh… fammi ci pensare: no!-
-Rebecca, aspetta!-
Sento la porta sbattere e Rebecca correre via, indugio ancora un po’ nel legarmi i sandali per permettere ad Alessandro di correre a sua volta ad inseguirla, quando sono sicura che nessuno dei due sia nei paraggi esco anche io.
Continuo ad avere questo peso sullo stomaco ogni volta che li vedo e non è gelosia, è senso di colpa: mi sento in colpa per non aver detto ad Alessandro del fatto che Rebecca lo tradisce ma, d’altra parte, se glielo dicessi mi sentirei ancora più in colpa per essermi intromessa.
Se si lasciassero per un altro motivo –la gelosia ingiustificata di Rebecca, per esempio- mi sentirei libera da questo peso enorme.
Santo Zeus, perché non mi faccio mai gli affari miei?
Raggiungo la combriccola e ci dirigiamo verso il ristorante, è un posticino niente male, non troppo sfarzoso ma neanche così alla buona, ordino degli spaghetti allo scoglio e dell’acqua naturale.
Penso che forse sarà una bella serata ma mi accorgo di sbagliarmi non appena Alessandro e Rebecca iniziano a discutere per qualsiasi cosa –dall’aria condizionata al colore dei tovaglioli- e mi tirano in ballo come giudice di corte.
-Nora tu non pensi che sarebbe stato meglio se avessero dipinto la stanza di blu?- mi domanda Rebecca.
-Non saprei… a me va bene così-
-Il rosso ricorda di più il cibo, non pensi Nora?- dice invece Alessandro guardandomi con insistenza.
-Per me l’importante è che mi diano da mangiare-
-Sì ma se tu dovessi scegliere, cosa sceglieresti?- mi incita Rebecca.
-E spero anche lo portino in fretta- aggiungo nervosamente.
La cena continua con la stessa solfa: il pane non è troppo salato, Nora? L’acqua non sa esageratamente di cloro, Nora? Ed il tappeto non è decisamente troppo scivoloso, Nora? La camicia di Alessandro non gli dona, vero Nora?
Credo che mi stai per scoppiare la testa, non la sopporto più, è passata dal fare di tutto per non considerarmi e annegare nei baci di Alessandro nella speranza che anneghi anche io al tirarmi in causa per qualsiasi cosa nella speranza di infastidire chiunque. Inutile dire che questa cosa le sta riuscendo benissimo.
-Ragazzi, perché non andate a sedervi nel retro del negozio? C’è un bel giardino! Vi chiamiamo per il dolce- dice zio Giorgio.
Io lo guardo come farebbe un indiano con la sua vacca sacra, poi prendo per mano Sofia e cerco di allontanarmi da questa Coppia Perfetta che più tanto perfetta non è ma i miei sforzi di vivere in pace con il mondo risultano vani visto che Rebecca viene subito a sedersi affianco a me sul dondolo.
Io le rivolgo un finto sorriso e prendo sulle ginocchia Aurora mentre le altre due pesti iniziano a “volare tra i fiori come delle bellissime fatine”.
-E’ davvero ben curato questo giardino, altro che quello della Tana- dice Alessandro facendomi l’occhiolino.
Io faccio per dire qualcosa quando Rebecca mi interrompe: -Potrebbero curarlo un po’ di più, non credi Nora?-
Alessandro guarda la sua adorata fidanzata con uno sguardo non così adorante e mormora, a denti stretti, qualcosa sul fatto che ha bisogno del bagno e se ne va.
Indugio un attimo, mentre Aurora scivola via per raggiungere le sue compagne di gioco, poi prendo un gran respiro e guardo Miss Perfezione.
-Allora, come va con Christian?- le domando con un sorriso finto.
Lei abbandona il suo e mi fulmina con lo sguardo.
-Che cosa vuoi, Nora?-domanda tagliente.
-Cosa voglio io? E me lo chiedi? Non so se te ne rendi conto ma hai tutto ciò che potresti avere e vuoi ancora di più, è proprio vero che non ci accontentiamo mai-
-Ma tu che ne sai!-
-Cosa ne so?! Sei bellissima ed hai un ragazzo fantastico. Non sai quanto vorrei essere al tuo posto! Sono sicura che a scuola sei la prima della classe e amici, professori e genitori ti adorano nonostante tu sia insopportabile. Hai anche una villa con piscina e fumi per sembrare più grande, hai un motorino fucsia e passi il tempo ad accarezzare il tuo chihuahua e a mangiare insalata, come se tu ne avessi bisogno…-
-E quindi?- dice punta sul vivo.
-E quindi? Stai anche con Alessandro che ti ama, invece di ringraziare Afrodite per questo ti preoccupi di me. Scherzi, vero? Come mai potrei rubartelo? E poi non pensi che se volessi l’avrei già fatto? Non gli ho mai parlato di Christian e non lo farò-
-E perché no? Scommetto che non aspetti altro-
-Perché non sarò io la rovina del vostro rapporto, sarai tu-
-Ma che faccia tosta!- esclama stringendo i pugni e scattando in piedi..
In questo momento non sono più invidiosa di lei e della sua bellezza perfetta, anzi, la trovo ridicola. Decisamente ridicola.
-Sei ridicola, Rebecca, ridicola- dico infatti scuotendo la testa.
-Ma tu che ne sai! Tu hai due ragazzi che ti sbavano dietro e tra cui devi scegliere? No!-
-Sono questi i problemi della vita- sospiro io, ironica.
-E chi sarebbero questi due?- le domando vedendo Alessandro avvicinarsi e cercando di non darlo a vedere.
-Alessandro, ovviamente, che per quanto sia fantastico è sempre troppo sensibile e non ha le palle nemmeno per fumarsi una sigaretta, però mi adora. E poi c’è Christian che è così dannatamente bello, non si fa problemi nel vendere l’erba, lui sì che è un uomo, non ha paura di nulla e poi sa come si fa a far godere una donna-
-E tu ti definisci donna? Una vera donna non tradisce-
-Io non tradisco Alessandro, io mi diverto- dice lei facendo spallucce –Ma cosa te lo dico a fare? Tu non puoi capire-
-Lei no, ma io sì- dice Alessandro interrompendoci.
La bella pelle abbronzata di Rebecca sbianca mentre lei inizia a balbettare.
-Tranquilla, amore mio, è tutto apposto- la interrompe lui scoccandole un bacio sulle labbra con il freddo calore del suo sguardo.
Finalmente il blocco di ghiaccio posto sul mio sterno sembra sciogliersi e scendermi giù nello stomaco come cioccolata calda, quasi bollente.
Guardo Sofia e Aurora rincorrersi e non posso fare a meno di sorridere pensando che, quello che ho visto, mi è sembrato più il bacio di Giuda che quello di Romeo.
Più tardi rientriamo per il dolce ed Alessandro –contrariamente alle sue abitudini- prende un gelato al cioccolato.
-Ne vuoi un po’?- domanda a Rebecca, sorridendo.
-Certo, amore mio- risponde lei che, da una mezzoretta a questa parte, è diventata tutta miele e zucchero.
Faccio appena in tempo a vedere l’occhiata tristemente soddisfatta che Alessandro mi rivolge prima che spalmi il suo buon gelato sulla maglietta di Rebecca.
-Ma è freddissimo!! Oddio, la mia maglietta nuova!!- grida Rebecca in tono petulante e agghiacciato.
-La vendetta è un piatto che va servito freddo, amore mio- dice Alessandro sorridendo.
Io scoppio a ridere mentre Rebecca corre in bagno, con le lacrime agli occhi.
Pensavo che mi sarei sentita meglio se si fossero lasciati ma, in questo momento, avverto solo un gran desiderio di consolare Alessandro e  un gran dispiacere per i suoi occhi, così tristi.
 
POV ALESSANDRO
-Dovevi proprio umiliarmi davanti a tutti, i tuoi genitori compresi?- mi domanda Rebecca squadrandomi, mentre tenta invano di pulirsi la maglietta.
-Perché: ti importa?-
-Non voglio che i miei suoceri pensino male di me-
-Come scusa!? Pensi davvero che stiamo ancora insieme? Sei davvero così stupida come sembri?-
Le parole mi escono come un fiume in piena, non riesco a fermarle, la rabbia si fa strada tra i cocci del mio cuore strappato e, prendendo ago, filo e sarcasmo, li ricuce insieme.
-Non dovremmo?- mi domanda guardandomi e sorridendo –Oh sciocchino! Non sarai davvero arrabbiato per quello!-
Si avvicina a me e alza la mano, come per accarezzarmi il viso. Io le afferro il polso, bloccando il suo movimento sul nascere poi le allontano la mano, ritirando di scatto la mia come se mi fossi scottato.
-Ti ho sempre difesa da chiunque ti insultasse, ti ho amata, ti ho dato tutto, anche ciò che non potevo darti. I miei amici mi chiedevano se fossi venuto con un’Escort alle feste, io ho litigato con loro mille ed uno volte, alcuni dubitavano che tu avessi un cervello ed io ho cancellato i loro numeri dalla rubrica. Sono sempre stato sincero con te e tu? Tu mi hai sempre mentito, ti arrabbi perché sei gelosa di Eleonora mentre mi tradisci? Sul serio, Rebecca? Dici che sono tuo, mi baci mentre pensi ad un altro? Sai che ti dico? Cresci. Cresci e mentre lo fai vai pure a bruciarti i due neuroni che ti rimangono facendoti le canne con Christian. Ma non osare più chiamarmi o parlarmi. Ovviamente passeremo gli ultimi due giorni insieme ma tu starai con i miei genitori e non con me. Non rivolgermi più la parola, non guardarmi più se ti è possibile.-
E detto questo la guardo un’ultima volta mentre sento che gli occhi mi bruciano. Ricordo come la stringevo per la braccia, ricordo i suoi baci sul collo, le camminate interminabili, il mangiare la nutella insieme… Ricordo tutto eppure in ognuno di questi ricordi, ora, non posso fare a meno di vedere cose che prima non avevo mai notato o avevo deliberatamente ignorato: lei che sorrideva maliziosa a Christian mentre io parlavo con Sara, il suo sbuffare mentre rifiutavo una canna. Tutte queste cose non fanno altro che accrescere il peso che mi si è formato sullo stomaco. E’ come se stessi affogando e questo peso continuasse a spingermi sotto l’acqua, sempre più in profondità, impedendomi di risalire.
Faccio per andarmene ma lei avanza verso di me e mi afferra il polso, io mi divincolo dalla sua presa e prima di uscire in corridoio mi giro verso di lei: -E la cosa più stupida è che,nonostante tutto, continuo ad essere innamorato di te-
Lei mi supera e corre via –per quanto glielo permettano i tacchi- mentre io deglutisco e mi appoggio un attimo al muro, tentando di non cadere.
Raggiungo gli altri solo per avvisargli che vado a fare una passeggiata e, anche senza voltarmi, sento Eleonora che mi segue.
Mi siedo in una panchina, aspettando che lei si sieda al mio fianco. Siamo in una via isolata da tutto e da tutti ed io non ce la faccio più: i ricordi continuano a vorticare nella mia mente, insieme alle parole false, agli sguardi falsi ed ai baci ancora più falsi.
Tutta questa falsità mi fa scoppiare la testa e presto mi ritrovo, senza neanche sapere il come o il perché, abbracciato ad Eleonora mentre lei mi stringe come può tra le sue fragili braccia ed io mi lascio anche scappare qualche lacrima.
-Piangere non è da stupidi e neppure da deboli- mi sussurra nell’orecchio.
Così lascio che le lacrime scorrano, lente. Ed oltre che la rabbia esse sembrano portarsi appresso anche quel peso sul mio stomaco.
-Pensavo che mi amasse…-
-Non dire nulla- aggiunge lei nello stesso momento in cui le parole mi si bloccano in gola e si rifiutano di uscire.
Restiamo abbracciati per un tempo interminabile, quando finalmente non sento più l’imminente bisogno né di affogare né di piangere né quello di affogare nelle mie lacrime mi stacco da lei e le sorrido.
Il peso sul mio stomaco è diminuito e l’aria sembra essere diventata, tutt’a un tratto, quasi respirabile.
-Sei buffo- dice.
Io faccio una smorfia. –Rimango sempre bellissimo-
Lei ride ed io sorrido a mia volta.
Alziamo lo sguardo verso un cielo scuro, pieno di stelle e bellissimo.
-Credo davvero che tu sia la mia migliore amica- sussurro.
-Come…-
-Lo so che ci hai sentiti, ma non credo che ormai abbia importanza-
Lei annuisce e mi sfiora i capelli con una mano, io socchiudo appena gli occhi.
Improvvisamente un pensiero assurdo mi attraversa la mente, lo trovo immediatamente così stupido da essere veritiero, così sciocco da poter essere espresso ad alta voce.
-In questo momento credo che potremmo volare-
Lei annuisce.
E mentre socchiudo gli occhi riesco quasi a non pensare che ho appena lasciato la ragazza di cui sono innamorato.
Perché, santo Koala Marsupiano, potremmo volare!






Angolo autrice:
Salve a tutti!
Eccoci giunti all'ultimo capitolo, il prossimo sarà l'epilogo e poi saluteremo Nora.
Spero che questa storia vi sia piaciuta perchè io mi sono divertita moltissimo a scriverla.
Ci ho messo un po' prima di riuscire a scrivere gli ultimi tre capitoli questo perchè avevo molteplici dubbi tra i quali le varie coppie e la vera natura di Rebecca ma, una volta risolti questi dubbi,  ho scritto quetsi ultimi capitoli in tre giorni. Il tempo di revisionare l'epilogo e lo pubblicherò.
Non c'è molto altro da dire se non che non volevo finire nel banale e noioso, in una fine già sentita per questa ne ho scelta una che (probabilmente) vi sconvolgerà tutti ma è quella che mi è piaciuta di più tra le varie opzioni.
Sam

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Capitolo 16
*** Epilogo ***


16. Epilogo
Stare con una persona è una cosa che scegli.
Essere amici è una cosa che sei e basta.
Io ti sceglierei.
Siamo stati amici per troppo tempo
per sceglierci,
ma se potessimo farlo
io ti sceglierei..
_Will ti presento Will
 
Ci sono una marea di motivi per cui non dovrei essere felice: la zanzara che continuo a scacciare con la mano e continua insistentemente a ronzarmi attorno nel tentativo di rubarmi un po’ di caldo sangue, per esempio, il fatto che Elena e Aurora stiano litigando di nuovo e le loro grida disturbino la mia lettura, il fatto che questo libro stia prendendo una brutta piega –della serie stanno per morire tutti i miei personaggi preferiti- o più semplicemente perché quest’estate si sta rivelando un discreto disastro.
Perché?
In breve: ho incontrato un ragazzo bellissimo ma era gay, ho riscoperto un amico di infanzia e credevo di essere innamorata di lui solo che si è scoperto fosse fidanzato, sono andata a Milano dove ho incontrato un ragazzo perfetto quando sono tornata c’era anche la fidanzata del ragazzo di cui credevo di essere innamorata che mi ha minacciata di morte, è arrivato anche il ragazzo perfetto così ho lasciato perdere il ragazzo di cui credevo di essere innamorata per il ragazzo perfetto ma si è rivelato gay anche lui oltre che innamorato dell’altro ragazzo bellissimo e gay, li ho fatti mettere insieme mentre il ragazzo di cui credevo di essere innamorata e la sua ragazza si sono lasciati. Morale della favola: ho perso tre possibili ragazzi e acquistato due amici gay ed un migliore amico.
Questo è tutto e no, non ci ho capito nulla neanche io ma credo che a questo punto della mia vita io possa scrivere una serie tv degna di Beautiful.
Riesco finalmente ad uccidere quella stupida zanzara e, senza un minimo di rimpianto, decido di smetterla di perdermi nei miei pensieri e continuare la lettura anche se questo comporterà la mia morte celebrale.
Leggo appena qualche riga poi due mani mi coprono la visuale: inizio ad odiare questo giochetto idiota.
-Alessandro?- domando titubante.
Lui si sdraia al mio fianco, spostandomi senza il minimo sforzo.
-Stavo leggendo- sbuffo irritata.
-Possiamo leggere insieme- dice sorridente.
-Potremmo- lo correggo irritata -Ti preferivo quando c’era anche Rebecca,sai? Sei diventato piuttosto appiccicoso ora-
Ops, perché non sto mai zitta?
La mia trovata geniale ha come unico risultato i suoi grandi occhi da cerbiatto tristi e bassi.
-Scusa, scusa… L’ho detto senza pensarci- dico mordendomi il labbro.
Come sempre del resto.
-E’ solo che odio quando mi interrompono mentre leggo- aggiungo osservandolo di sottecchi.
-Stai tranquilla, non fa niente- dice lanciandomi un mezzo sorriso.
-Andiamo a fare un giro, su: mi è venuta un’idea!- esclamo improvvisamente chiudendo con un rumore sordo il libro e alzandomi di scatto.
-Dove?- mi chiede preoccupato.
-Nulla che ti faccia sporcare il tuo bel faccino, tranquillo- dico alzando gli occhi al cielo e dirigendomi verso il bagnasciuga.
Inizio a camminare con i piedi sull’infrangersi delle onde, mi stampo un bel sorriso in faccia, prendo un gran sospiro e decido che un giorno il mondo intero mi ringrazierà per questo, o magari solo l’Orso Abbraccia Tutti.
Avanzo verso una donna sulla trentina e l’abbraccio.
-Buona giornata signora- dico sorridendole.
Lei ride, spiazzata. –Grazie mille, anche a te-
Quando torno verso Alessandro lo trovo con le lacrime agli occhi per le risate.
-Che c’è?- gli domando entusiasta del suo improvviso cambio d’umore.
-Non credevo che l’avresti fatto sul serio-
-Ehi, io faccio sempre quel che dico- obbietto offesa –Ed ora tocca a te mantenere la parola data-
Lui mi guarda con un ghigno divertito, va verso una ragazza tra gli undici e i dodici anni e l’abbraccia.
-Buona giornata piccola- le dice con un occhiolino.
Lei lo guarda, spalanca gli occhi, diventa color fragola e poi corre via.
-Sandro, credo tu abbia esagerato: devi abbracciare le persone non far prendere loro un infarto- dico tra il divertito e il preoccupato.
-Non è colpa mia se sono troppo bello-
-Ma è colpa tua se sei troppo stupido-
-Punti di vista- dice facendo spallucce.
Passiamo i successivi tre quarti d’ora ad abbracciare la gente che ci sembra più simpatica evitando gli aspiranti maniaci sessuali e gli anziani che potrebbero considerarci maniaci sessuali a loro volta. Trovo anche il coraggio di abbracciare un giovane uomo in giacca e cravatta che mi rimprovera per avergli sporcato di sabbia la camicia mentre Alessandro rischia di far svenire altre sette ragazzine.
-Fa caldo- dico sbuffando e mettendomi una mano davanti agli occhi per proteggermi dal sole.
-Vorresti una doccia fredda?- mi domanda con un sorriso.
-Magari!- esclamo, osservando le mie mani sudate.
Un attimo dopo mi ritrovo tra le sue braccia mentre mi solleva e mi butta in mare.
-Ma sei scemo!?!- esclamo mentre mi ritrovo nuovamente a sputacchiare saliva ovunque.
-Scusa: non avevo abbastanza soldi per comprare la doccia-
-Sei. Il. Ragazzo. Più. Stupido. Che. Io. Abbia. Mai. Conosciuto- dico evidenziando ogni parola con un pugno, mentre lui ride io cerco di spingergli la testa sott’acqua con il risultato di finirci nuovamente per mano sua.
Quando torniamo all’ombrellone fradici sto ancora tentando, invano, di fargli male e sento lo sguardo di papà addosso per tutto il tempo, anche mentre gli tiro una gomitata in mezzo alle costole e lui risponde scompigliandomi i capelli, tanto per infastidirmi.
-Nora!- mi chiama mio padre mentre tento di asciugarmi i capelli con asciugamano.
-Sì?- chiedo preoccupata.
-Ma… con i ragazzi… come va?- mi domanda lanciando occhiate intermittenti a me e ad Alessandro.
-Non mi parlare di ragazzi, ne ho abbastanza- dico sbuffando –E continuo a preferire i libri-
-E…- mi chiede tossendo nervosamente –Alessandro?-
-E’ il mio migliore amico- dico facendo spallucce.
-E quindi…?- mi incita.
-E’ un po’ come se fosse gay- rispondo abbassando la voce.
-Ehi! Guarda che ti ho sentito!- esclama Alessandro dall’ombrellone affianco.
Papà ridacchia, visibilmente sollevato, sistemandosi gli occhiali sul naso adunco.
-Io sono etero… eterissimo!- esclama incrociando le braccia.
-Tranquillo: con me, il tuo segreto è al sicuro- gli sussurro all’orecchio, tirandogli un buffetto sul viso.
Lui mi lancia un’occhiataccia.
-Non so perché ma devo essere una calamita per ragazzi belli e gay. L’unico che non è gay è mio fratello-
-La smetti?- mi domanda irritato.
-Okay okay- dico ridendo, felice di essermi presa la mia piccola rivincita.
Lui mi sorride e restiamo per un attimo così, occhi negli occhi, a guardarci.
Ma dai: possono davvero esistere due occhi così simili a quelli di Bambi?
Improvvisamente scuoto la testa e lo supero a grandi passi, dirigendomi verso lo sdraio per finire il mio libro: devo smetterla di pensare a lui in quel modo. Ho chiuso con i ragazzi, almeno per un bel po’. Ho deciso di prendermi una “pausa di riflessione” e così sarà. Potrei farmi suora se non fosse che peccherei troppo spesso nel fare pensieri strani sui ragazzi dei libri e delle serie tv.
-Nora, posso leggere con te?- mi domanda Alessandro sdraiandosi al mio fianco.
Come non detto: già vederlo tutti i giorni in costume mette a dura prova i miei ormoni poi se lui fa così…
Sarebbe più facile se fosse gay, dico sul serio, almeno mi rassegnerei all’idea.
-Allora?- mi incita Alessandro che mi sta ancora guardando in attesa di una risposta.
-Va bene, ma sappi che io leggo veloce e se quando ho finito la pagina tu sei ancora all’inizio giro lo stesso-
Lui annuisce, entusiasta.
-Che bello avere un amico gay!- esclamo scompigliandogli i capelli.
Lui mi lancia un’occhiataccia ma non dice nulla, continuando a leggere.
-Vola, vola pure- mi sussurra nonna passandomi accanto e facendomi l’occhiolino.
Io faccio finta di non sentirla e continuo a leggere.
Forse quando io metterò da parte l’idea della pausa di riflessione e Alessandro si sarà ripreso dal suo fidanzamento con Rebecca potremmo anche volare.
-Che cos’è uno stilo?- mi domanda Alessandro perplesso.
Okay, ritiro tutto quello che ho detto… Idiota di un Analfabeta.
-Hai mai letto Shadowhunters?-
-No-
-Allora devo spiegarti un po’ di cose, mondano- dico scuotendo la testa.
-Mondano?!- mi domanda alzando le sopracciglia.
Alla luce degli ultimi avvenimenti credo di aver imparato alcune cose:
  1. Se un ragazzo sembra uscito direttamente da una serie tv o da un libro è molto probabile che sia gay.
  2. Se non è gay è fidanzato e la sua fidanzata è una Barbie-potenziale-Serial-Killer
  3. Tutti ti potrebbero tradire. Persino chi non diresti mai. Persino tua madre.
  4. I fratelli maggiori sono sempre più fighi di te eppure sono i migliori.
  5. Il miglior rimedio contro il mal d’amore è la Nutella.
  6. Se vai in giro ad abbracciare la gente penseranno che tu sia pazzo ma, andiamo, tutti sanno che i migliori sono pazzi.
Dopo questi pensieri profondi sull’origine della vita chiudo il libro e sbuffo.




Angolo autrice:
 
Eccoci giunti alla fine.
Se mi svegliassi di buon umore un giorno di questi o se ne ricevessi richiesta potrei fare il sequel di questa pazza storia, sempre che le idee non mi abbandonino.
Per il momento, però, ditemi pure che ne pensate. Accetto qualsiasi critica e potete persino mandarmi a quel paese (con tanto affetto) dopo questo epilogo sconclusionato.
Vi adoro tutti,
Sam
P.S.= intanto se non avete nulla da fare passate a dare un’occhiata qui Scacco matto con tanti auguri
P.P.S.= forse non l’avrete notato (molto probabilmente non l’avrete fatto) ma la storia finisce con la stessa parola con la quale inizia
P.P.P.S.= ho sempre voluto farlo
 
Ringraziamenti:
 
Grazie a tutte le persone che l’hanno recensita:
 alessandroago_94
 GeaRose Malfoy
 Tota22
 we_LOVE_you
 Miss Mistery
 my_life_are_book
 steph808
 Kreamy
 Delux_
 WeAreLovingIt
 hellocupcakes
 Tati_chan
 Mel_deluxe
 Diarly
 Anonimadelirante
 Corporal_Psyco
 supercoldplayer14
 
A chi l’ha messa come preferita:
1 - AlexisVictorie
2 - betta1D
3 - GeaRose Malfoy
4 - hellocupcakes
5 - hp_jackson01
6 - Miss Mistery
7 - Mr Apricot
8 - profumodiricordi_
9 - steph808
10 - we_LOVE_you
11 - Zampa di lupo
A chi l’ha aggiunta tra le seguite:
1 - alessandroago_94
2 - Ariel_Jackson11
3 - chiara_LN
4 - Corporal_Psyco
5 - Delux_
6 - Dragon_Lady
7 - Kreamy
8 - lacrime rosse
9 - Lettricesilenziosa27
10 - Mel_deluxe
11 - myllyje
12 - stellacci1993
13 - Tati_chan
14 - Tikal
15 - Tota22  
16 - Zampa di lupo
E chi ha deciso di ricordarla:
1 - Kreamy
2 - my_life_are_book
3 - tomorrow_people
4 - _Salem_
Infine ringrazio il mio ragazzo per avermi supportata, ascoltata nei momenti di pazzia e per aver letto quest’assurda storia nonostante non ami farlo.

 
 

 

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Capitolo 17
*** Sequel ***


Estratto dal sequel: "L'era glaciale"

1. Come ad Azkaban, solo che qui i Dissennatori sorridono
 “L’amore è cieco
L’amicizia chiude gli occhi”
Otto von Bismarck
-Mi chiamo Eleonora e ho sedici anni, quasi diciassette- dico di malavoglia.
Lei mi guarda, inarca le sopracciglia e mi invita con un gesto appena accennato a continuare.
Io alzo platealmente gli occhi al cielo.
-Mi chiamo Eleonora, ho sedici anni e mezzo e sono sfortunata. Quando Dio distribuiva la fortuna probabilmente io ero seduta sul divano, un libro in una mano ed un barattolo di Nutella nell’altra. Non lo dico perché sono depressa o autolesionista,non si faccia strane idee, è semplicemente un dato di fatto. La sfiga mi perseguita ed ormai me ne sono fatta una ragione, probabilmente io e Neville siamo parenti lontani, ma cosa glielo dico a fare? Lei neanche sa chi sia Neville. Ecco: c’è una cosa che deve sapere di me, sono una fangirl e sto ancora aspettando che arrivi la mia lettera per Hogwarts
-Di cosa vuole che le parli ora? Della mia famiglia? E sia, d’altronde è per quello che sono qui, no? Perché i miei si sono separati. Non sono una di quelle figlie stupide che iniziano a ripetere: “questo mondo è ingiusto i miei si amavano”. No: mio padre amava mia madre, lei aveva altri gusti, per così dire.  L’ho vista mentre si baciava con un’altra donna. Ho sempre amato mio padre e adorato mia madre, ma da quel giorno...- faccio una breve pausa per riprendere fiato -Come se non bastasse mio padre ha iniziato a bere, ha perso il lavoro ed il tribunale dei minori l’ha ritenuto inadeguato per badare ad una sedicenne, senza tenere conto della mia opinione: ha dato l’affidamento a mia madre. Gli adulti non ascoltano mai, ma perchè glielo sto raccontando? Lei tutto questo già lo sa, gliel’avrà raccontato Rebecca, l’ex-moglie di mio padre.
-Quindi cosa dovrei dirle? Forse vuole sapere dei miei amici… Ho molti conoscenti che sopporto ogni tanto,  ho qualche amico sì, ma nessuno che io abbia avuto voglia di chiamare quand’ho scoperto che da domani dovrò vivere con Rebecca, capisce che intendo? Ho chiamato il mio migliore amico, invece, Alessandro- faccio una pausa e abbasso gli occhi mentre mi si colorano le guance sotto il suo sguardo indagatore, sembra che con quegli occhi grigi possa leggermi dentro e scoprire le insane idee che popolano il miocervello –E poi c’è il ragazzo che mi piace da due anni circa, si chiama Filippo ed è…-
-Parlami di come l’hai conosciuto- mi interrompe guardandomi da sopra gli occhiali squadrati.
-Filippo?- chiedo perplessa.
-Alessandro-
Arrossisco di nuovo, non riesco ad impedirlo: mi guarda come se già sapesse tutto ma avesse solo bisogno di una conferma.
-Sei sicura che sia solo un amico?-
-E’ il mio migliore amico- la correggo piano.
-Sembra quasi che tu ne sia innamorata-
Faccio una smorfia.
-E’ una lunga storia-
-Abbiamo ancora mezz’ora a nostra disposizione, racconta pure- mi incalza lanciando una breve occhiata all’orologio sulla parete.
-E’ un vecchio amico d’infanzia che ho rincontrato solo due estati fa. All’inizio non lo sopportavo, ho dovuto persino convivere nella stessa casa con lui e la cosa stava diventando insopportabile finché non mi sono accorta che mi piaceva. Ho scoperto che era fidanzato e mio fratello mi ha consigliato di distrarmi con Matteo, un modello dell’Abercrombie che conobbi quando andai con i mio padre a Milano per trovare la sua ex-moglie che in realtà lo tradiva con quell’altra,  così ho fatto ma ho scoperto che lui era gay e che gli piaceva suo cugino Luca, nonché bagnino della spiaggia in cui andavamo, li ho fatti mettere insieme e non ho concluso nulla. Come se non bastasse la ragazza di Alessandro, Rebecca, ci ha raggiunti,sembrava dolce e carina ma in realtà meditava istinti omicidi verso di me. Ho scoperto che tradiva Alessandro e dopo poco lo è venuto a scoprire anche lui, non per causa mia sia chiaro, si sono lasciati ed io e Sandro siamo rimasti amici-
-E Filippo?-
Mi scappa un’altra smorfia.
-Solita storia: è uno dei più popolari, bravissimo a scuola, capitano della squadra di calcio, fisico perfetto, occhi da favola -
-Non sembra ti piaccia così tanto-
-Mi piace- dico arrossendo –Ma è un’altra storia complicata-
Lei mi guarda, in attesa.
-Quando eravamo alle elementari era il mio compagno di giochi come molti altri, poi lui è andato alle medie ed ha tolto occhiali e apparecchio, diventando quello che è adesso. Io sono rimasta così. Lui ed i suoi amici mi hanno tormentata per anni, non era vero e proprio bullismo ma ci andava vicino, piccoli scherzi che se non fossero stati fatti in modo di divertire solo loro non mi sarebbero pesati… Al liceo le cose sono cambiate, probabilmente ora non sa nemmeno che esisto, nonostante i suoi amici continuino a farmi qualche battutina quando gli incontro nei corridoi. Ormai non ci faccio più molto caso ma lui… Lui è il sogno di ogni ragazza ecco, è gentile, intelligente e…-
Non mi viene in mente nient’altro da dire perciò mi zittisco: devo esserle sembrata parecchio patetica.
-Il nostro tempo è finito, Eleonora, ci vediamo la prossima settimana-
Le faccio un rapido cenno con la mano, mormoro un “Arrivederci” ed esco dalla stanza.
Quando mia madre mi ha detto che aveva trovato la risoluzione ai nostri problemi non avevo capito che mi avrebbe mandato da uno strizzacervelli e, per di più, quello della scuola.
Arrivo a casa prendendo l’autobus e mi butto sul letto, tra la pila di vestiti e le mie cose.
-Eleonora?- mio padre si affaccia alla porta: non ha una buona cera.
Mi ha promesso che smetterà di bere e verrà a prendermi, non so se crederci o meno.
-Sì?- gli domando con un debole sorriso sulle labbra.
-Dovresti iniziare a fare i bagagli-
Io getto uno sguardo alla valigia ai piedi del letto e sospiro, poi annuisco.
Lui si avvicina al letto, mi lascia una carezza sulla testa e se ne va.
Lo guardo finché non sparisce in cucina a tentare di affogare la tristezza tra i fornelli: ha gli occhiali storti, il naso rosso, la barba sfatta, la camicia fuori dai pantaloni e le mani che tremano. Non ha niente dell’uomo che conosco da quando sono nata eppure non posso fare a meno di amarlo. Ho provato a tenere nascosto a mamma il suo piccolo problema alcolico ma lei un giorno ci ha fatto una “bella sorpresa” scoprendolo ubriaco alle tre del pomeriggio, ho tentato di dirle che non era mai successo prima ma lei ha iniziato a frugare ovunque trovando le prove che le servivano. La odio ancora di più per questo e da domani dovrò convivere con lei e la sua compagna. Ho pensato seriamente di scappare di casa ed anche diverse volte ma Alessandro me l’ha sempre impedito, convincendomi a restare.
Sospiro e rinuncio a fare le valigie, chiamo invece il mio migliore amico, mi risponde dopo appena il primo squillo con voce allegra, so che finge ma mi basta.
Il giorno dopo il sole si affaccia timido tra le nuvole e la prima cosa che sento, al mio risveglio, è la voce calda di mio padre: -Buongiorno principessa!-
Poi le sue mani forti che alzano la tapparella e lasciano entrare la luce.
-Buongiorno- rispondo con la voce impastata dal sonno.
-E’ il grande giorno!- esclama lui tentando di essere allegro e sfilandomi le coperte di dosso.
Io grugnisco in risposta e mi tiro su a fatica, sbadigliando, i capelli ricci davanti agli occhi, non lancio nemmeno uno sguardo allo specchio alla mia destra per non lanciare un urlo di spavento e mi trascino a far colazione: brioches fatta in casa e succo alla zucca.
Due ore dopo siamo davanti alla casa di Rebecca in piedi uno di fronte all’altro, lui si torce le mani ed io cerco di non piangere.
-Guarda che non è un addio- cerca di scherzare lui –Ci rivedremo appena finiranno i due mesi d’obbligo nel centro specializzato, poi, se vorrai, potrai tornare a vivere da me. Sei abbastanza grande ormai, te la caverai-
Io annuisco, mordendomi il labbro, lui mi accarezza la testa ed apre il baule, porgendomi i bagagli che consistono in una valigia ed uno zaino: non ho voluto portare nulla di più, convinta che tornerò presto a casa mia.
-Devi andare- mi dice sorridendo imbarazzato.
Io gli butto le braccia al collo, lui rimane un attimo sorpreso poi mi stringe forte a sé con una mano.
-Ti voglio bene- dico, non meno imbarazzata di lui.
Era mamma quella affettuosa, che mi sbaciucchiava e mi sussurrava quanto fossi importante per lei, non papà.
-Girati un attimo- dice poi, aggiustandosi gli occhiali sul naso –E chiudi gli occhi-
Io gli lancio un’occhiata perplessa ma obbedisco. Un attimo dopo sento le sue mani grandi, sulle quali la mia sembra sparire, sfiorarmi il collo, poi qualcosa tintinnare al contatto con la cerniera del giubbotto. Apro gli occhi con un vago presentimento e mi guardo il collo: una catenina d’argento semplice ed un ciondolo a forma di mezzaluna con la scritta “I love you to the moon and back” affiancato da un altro ciondolo, rotondo e d’oro con la scritta “I love you”.
Lo guardo e sbatto le palpebre diverse volte, poi prendo un grande respiro solo allora riesco a parlare: -Non puoi permettertelo…-
-Posso- taglia corto lui con un gesto della mano.
Capisco che discutere non porterà a niente, perciò sorrido: -Grazie-
Gli scocco un rapido bacio sulla guancia e mi avvio verso la villetta di fronte a noi, trascinandomi dietro la valigia, lo zaino ed un vago senso di oppressione nel petto.
Non faccio in tempo a suonare che mio padre è ripartito e mia madre si affaccia alla porta, facendomi cenno di raggiungerla.
Mi lascio abbracciare senza opporre resistenza, lasciandomi scappare solo una smorfia.
-Questa è Michela-
L’ho già vista altre volte ma sempre e solo di sfuggita, questa è la prima occasione che ho di parlare faccia a faccia con lei.
Devo aiutarmi con una mano per riuscire a chiudere la bocca: è alta, con un corpo flessuoso e formoso ma magro nonostante i quarant’anni, i capelli lunghi sono sciolti sulle spalle e ha gli occhi verdi e sinceri, è vestita con un semplice maglione pesante ed un paio di leggings, ai piedi un paio di ciabatte.
Santo Godric! Perché mi sembra di conoscerla?
-Eleonora- dico cercando di suonare ostile ma riuscendo solo a balbettare leggermente, lei non stringe la mano che le porgo ma mi scocca due baci: uno per ogni guancia.
-Sono così felice di conoscerti!- esclama sorridendo sincera.
Io mi riscuoto e ricambio il sorriso. –Io no-
Lei sembra non avermi sentito, perché già mi sta invitando ad entrare.
-Lui è mio figlio Filippo- dice indicandolo.
Ora capisco dove l’avevo già vista.
Per un momento sento che la terra sotto di me scompare e penso che sverrò, batterò la testa, morirò e mio padre consolerà Rebecca al mio funerale la quale tornerà poi ad essere di nuovo mia madre.
-Eleonora- sussurra mia madre tra i denti mentre il giramento di testa passa.
Filippo ritira la mano che mi stava porgendo. –Non ti preoccupare, Rebecca, io e Eleonora ci conosciamo già. Sei nella classe affianco alla mia, vero?-
Ti prego, Dio, Godric,Zeus o chi per esso, fa che anche lui non sia gay,mi ritrovo a pensare mentre annuisco sorridendo stordita.
-Filippo, porti tu le valigie di Eleonora di sopra, vero?- gli chiede Michela gentilmente.
-Oh no, non c’è alcun bisogno, io…- borbotto arrossendo ma Filippo sta già facendo le scale tranquillamente.
-Tuo padre è già tornato a casa?- mi chiede Michela accompagnandomi in cucina, seguita da Rebecca –Mi sarebbe piaciuto prendere un caffè tutti insieme-
Scherza, vero?
-Deve essere al centro per le undici quindi immagino che sia in viaggio- dico confusa.
-Peccato- sorride lei –Cosa preferisci: caffè, aranciata, succo, acqua?-
Ditemi che scherza
-Preferirei andare a svuotare le valigie, grazie comunque- dico facendo per andarmene.
-Eleonora!- esclama Rebecca indignata.
-Tranquilla, nessun problema. Ti accompagno alla tua camera?-
-Non c’è problema, faccio da sola, grazie- insisto cercando di scappare da questa situazione assurda.
-Sei sicura? La casa è abbastanza grande potresti…-
-Ho detto che faccio da sola- ripeto secca uscendo dalla stanza.
Salgo le scale in fretta mentre sento le lacrime premere per uscire, vado quasi addosso a Filippo e mi ritraggo avvampando.
-Scusami- dice lui sorridendo –La tua stanza è quella-
Annuisco e mi dileguo, una volta dentro la camera mi butto sul letto e seppellisco la faccia nel cuscino.
Come possono essere così ipocrite?
Come si può fingere che vada tutto bene in questo modo?
Accarezzo il ciondolo della collana mentre con l’altra mano stringo le coperte con rabbia, poi mi lascio andare ad un lungo sospiro e chiudo gli occhi.
Vorrei tornare a quand’ero piccola ed il problema più grande era cadere dalla bici senza le rotelle o i mostri sotto il letto. E quando succedeva qualcosa di brutto potevo sempre e comunque contare sui miei genitori.
Sento la mia tasca vibrare e tiro fuori il telefonino: è Ivan.
-Pronto?-
-Sorellina?!-
-Fratellone?!-
Lo sento ridere. –Cambierai mai?-
-Dovrei?-
-Sei già arrivata a casa di mamma?-
-Sì-
-Come si sta?-
-Come ad Azkaban, solo che qui i Dissennatori sorridono-
-Attenta a non farti baciare allora-
La scena delle labbra di Filippo sulle mie si fa lentamente strada nella mia mente e mi ritrovo ad arrossire.
-Ehi, Nora? Ci sei ancora?-
-Sì, certo, presente-
-Il prossimo weekend tu ed Alessandro venite da me e Ludovica: vi portiamo a visitare Torino, che ne dite?-
Improvvisamente sento tutto il nervoso, l’ansia, la malinconia e la stizza sparire.
-Dico che ti amo fratellone!-
-Vacci piano: Alessandro potrebbe ingelosirsi-
Mi lascio scappare una smorfia. –Io ed Alessandro siamo solo amici, quando te lo metterai in testa?-
-Tu non me la racconti giusta, sorellina-
-Piuttosto- dico per cambiare argomento –Non ho ancora capito perché non ho potuto venire a vivere con voi, siete anche sposati!-
-Perché  non sono tua madre, Nora-
-Ma io preferisco stare con te-
-Nora…- mi ammonisce lui.
-Va bene, va bene- borbotto dopo qualche istante di silenzio –Ti aspetto: vieni a portarmi via da questa prigione-
-Tranquilla, verrò-
-Ciao mio eroe-
-Ciao piccola strega-
Non faccio in tempo a mettere giù il telefono che squilla di nuovo.
-Alle tre sono sotto casa tua, non voglio sentire né se e né ma, capito?-
-Sandro cosa…?-
Ma non faccio in tempo a chiedere altro perché lui ha già chiuso la chiamata.
-A volte vorrei conoscere gente normale- borbotto mentre inizio a disfare le valigie ma non posso fare a meno di sorridere.
 
Il pranzo si svolge nel silenzio più cupo, ad un certo punto mia madre tenta persino di accendere la televisione per rallegrare l’atmosfera; io mangio a testa bassa, cercando di non incrociare lo sguardo di nessuno e quasi ingozzandomi per potermi alzarmi da  tavola il più presto possibile.
-Gradisci qualcos’altro?- mi chiede Michela sempre con quel sorriso gentile.
Non la sopporto, né lei né il suo stupido sorriso.
-No, grazie- rispondo veloce –Ed ora credo che mi assenterò per andare a fare i compiti-
-Mi sembra che tu ti sia scordata una cosa, Eleonora- dice Rebecca alzando leggermente il tono di voce.
-Che cosa?- chiedo bloccandomi e girandomi lentamente verso di lei.
-Ci sono i piatti da lavare-
Io apro la bocca per replicare ma Michela mi precede: -Se devi andare a fare i compiti non c’è problema-
Così mi piaci donna,penso cercando di andarmene.
-Almeno aiuta a sparecchiare- insiste mia madre.
Io sbuffo.
-Eleonora!- mi riprende lei alzando la voce e lanciandomi un’occhiataccia.
Le sono sempre piaciute le occhiatacce, era con gli sguardi che comunicavano lei e papà, era con gli sguardi che si amavano.
-Ho capito- dico infine ed inizio a sparecchiare.
Anche Filippo si alza per dare una mano ed inavvertitamente mi sfiora il braccio. Io, inibita da quel contatto involontario ed improvviso, faccio cadere un piatto che si rompe in mille pezzi.
-Santo Koala Marsupiano!- esclamo mentre pezzi di porcellana rotolano di qua e di là.
-Modera il linguaggio, ragazzina- mi ammonisce per l’ennesima volta mia madre.
-Non ho usato un linguaggio volgare, se avessi detto…-
Lei mi interrompe prima che la situazione possa degenerare: -Guarda che pasticcio hai combinato!-
-Era un vecchio piatto, non fa niente- sdrammatizza Michela.
-Vai in camera tua prima di far saltare in alto la casa!- esclama mia madre guardandomi con ardore.
-Agli ordini, capo- borbotto io uscendo dalla stanza.
E’ solo l’una, questo vuol dire che mancano ancora due ore prima che Alessandro venga a salvarmi.
Osservo l’orologio a pendolo segnare, lentamente, il tempo che passa interminabile.
La mia stanza non è troppo grande ma sa di stantio, il mio letto ha il materasso più duro della storia e l’armadio sembra quello che condusse Lucy a Narnia –peccato che sia vuoto e triste invece che pieno di vecchie pellicce-, c’è persino una specchiera vecchio stile parecchio inquietante, come se non bastasse le pareti sono di un mostruoso giallo spento che assomiglia tanto al colore della pipì.
L’una e mezza.
Come posso resistere due mesi qua dentro?
Non sopporto di vedere mia madre e non sopporto di vederla felice con Michela, non sopporto nemmeno i sorrisi di quest’ultima. Non sopporto niente qui dentro. Come se non bastasse c’è Filippo… Preferisco non pensarci.
Le due.
Un leggero bussare alla porta.
-E’ aperto-
Con mia sorpresa non è Rebecca, venuta per farmi una bella strigliata, ma Michela con in mano un vassoio pieno di biscotti caserecci.
-Ciao- dico imbarazzata.
-Ti ho portato dei biscotti! Li abbiamo fatti io e tua madre-
L’immagine di lei e mia madre che si rotolano nella farina, nell’intento di  fare di tutto fuorché impastare i biscotti, mi si imprime nella mente.
-Grazie- dico cauta, prendendone uno.
Lo mando giù e faccio una smorfia, cercando di non abbandonarmi al profondo piacere che provano le mie papille gustative.
-Lo so che non è un granché come stanza- ammette posando il vassoio sul comodino –Era la stanza degli ospiti e non la usavamo da parecchio tempo, ma sto già parlando con mio fratello affinché la venga a sistemare. Ti prometto che quando tornerai da Torino sarà perfetta!-
Io annuisco, senza mostrare troppo interesse.
Poi un’idea si fa strada nella mia mente malsana, così prendo un altro biscotto.
-Sono buoni- dico sorridendo.
Lei mi sorride, raggiante e illuminata da vane speranze.
-Potresti dire a Reb-…- mi correggo appena in tempo -Mia madre che alle tre passa Alessandro a prendermi?-
-Con piacere, ti dobbiamo aspettare per cena?-
Io annuisco, dubito fortemente che mia madre mi lascerebbe stare tutto il giorno fuori, soprattutto oggi che devo fare la conoscenza della sua fantastica compagna.
-Ti lascio sola allora, vorrai prepararti-
Io annuisco ancora ma, di fatto, passo i quaranta minuti successivi a fissare il soffitto. Quando mancano ormai poco meno di dieci minuti all’arrivo di Alessandro afferro le prime due cose che sporgono dalla valigia: una salopette color jeans e una maglietta a maniche corte; insieme ad un giubbotto di pelle , il cellulare e pochi spiccioli.
-Io vado- urlo nel misterioso silenzio che aleggia nella casa.
-Non tornare tardi- dice mia madre a mo’ di saluto dal salotto.
Annuisco anche se so che non può vedermi ed esco di casa nello stesso istante in cui Alessandro scende dalla moto.
Gli vado incontro e gli butto le braccia al collo.
-Sei in ritardo- sussurro al suo orecchio –Perché la cosa non mi sorprende?-
-Perché non ami le sorprese-
Io faccio una smorfia mentre mi allontano da lui.
Mi porge un casco –anche se sarebbe più corretto dire il mio casco, visto che lo uso principalmente io e l’ha comprato per me- e salgo sulla moto dietro di lui, abbracciandolo.
-Sbaglio o quel babbeo che ci guarda dalla finestra al primo piano è il tuo adorato Filippo?- domanda a metà tra l’ironico e l’allibito.
-Zitto e metti in moto- dico improvvisamente nervosa.
-Okay, tieniti forte- si raccomanda come sempre.
Io mi stringo a lui mentre percorre velocemente le strade di questa triste città, arriviamo all’unico parco del paese dopo qualche minuto e scendiamo dalla moto.
-Allora?- mi chiede impaziente.
Io lo guardo inarcando un sopracciglio.
-Come si sta in prigione?-
-Così- dico facendo spallucce.
-E dai, Nora! Non farti pregare: sputa il rospo-
Io scrollo le spalle mentre cominciamo a camminare in mezzo agli alberi.
-Santo Gargoyle, parla ora e subito!-
Io scoppio a ridere. –Ti sto contagiando, Sandro. Ora inizi anche a parlare come me?-
-Sei tu che hai una cattiva influenza- risponde semplicemente ghignando.
Dopo l’estate di due anni fa che abbiamo passato insieme suo padre ha deciso di accettare il lavoro che gli avevano offerto nella città vicino alla mia e si sono trasferiti tutti per evitare che mio padre cadesse in depressione, siamo stati vicini di casa fino a ieri e non abbiamo passato giorno senza vederci. Devo ammetterlo: quando lo vidi arrivare verso di me senza salutare e con il telefono tra le mani non avrei mai pensato che sarebbe finita così.
-Terra chiama Nora!- esclama sventolandomi una mano davanti alla faccia.
-Sì, scusa- dico piano –Michela è bellissima e perfetta, quindi si capisce da chi abbia preso il figlio: Filippo Montesanti. Sì, proprio lui. Quando me lo sono rivisto davanti mi è preso un infarto-
-Immagino- ridacchia lui.
Gli lancio un’occhiataccia. –Ti sembra il caso di ridere delle mie disgrazie?-
-Non sia mai!- esclama ironico alzando le mani in segno di resa.
Gli tiro un pugno amichevole sul petto prima di continuare: -Stranamente è stato gentilissimo con me e sua madre si è rivelata perfettamente gentile e amichevole. Non sopporto di vederle insieme, okay? Mentre mio padre è in quello stupido centro per colpa sua… Io la odio, Sandro-
Lui mi guarda un attimo negli occhi, fermandosi: -Tu non la odi-
Io deglutisco ed abbasso lo sguardo.
Lui mi stringe brevemente una mano.
-Va tutto bene, hai capito? Vedrai che andrà tutto bene-
-Lo so ma… Voglio tornare con mio padre. Non ci voglio stare con lei. Lo so che mi sto comportando come un’immatura ma questo senso di impotenza mi infastidisce, capisci?-
Lui annuisce, cauto.
-Ti va un gelato?- mi chiede poi lasciandomi la mano.
-Con questo freddo?- gli chiedo rabbrividendo.
-Pensavo di prendere un ghiacciolo al limone, è un dolce babbano, sai?-
-Ah sì?- gli domando ridacchiando.
-Quando tornerà Elena?- mi chiede mentre raggiungiamo il bar.
-Domani-
Non so se ridere maliziosamente o piangere dalla preoccupazione per come Rebecca spiegherà a Elena la sua situazione, già spiegarle che si sono separati è stata un’impresa.
All’inizio dell’estate è andata in Emilia Romagna dai nonni e gli zii e, quando sono iniziate le pratiche per l’affidamento, papà e Rebecca hanno deciso di andarla a prendere quando le cose si sarebbero sistemate. Ha fatto i primi quattro mesi di scuola lì. Ho detto che, ormai, sarebbe stato meglio lasciarla là fino all’anno nuovo e, quindi, al secondo quadrimestre scolastico ma, come al solito, nessuno mi ha prestato la minima attenzione e papà aveva troppa poca voce in questione.
-Stai tranquilla, lei se la caverà, anche meglio di te- dice facendo un sorriso sghembo.
Io devo alzarmi sulla punta dei piedi per dargli uno scappellotto dietro al collo.
-Stupido-
-Ma sono un bello stupido-
-Stupido e narcisista- ripeto arricciando il naso.
-Cosa desiderate?- ci domanda il barista.
-Due ghiaccioli al limone- dice Alessandro lanciandomi uno sguardo d’intensa.
Me li offre lui, senza che io possa obbiettare ed usciamo, continuando la nostra passeggiata nel parco.
-Cosa pensi di fare con Filippo?- mi chiede con sguardo indagatore.
-Cosa intendi?- gli domando arrossendo.
-Ci proverai con lui?-
-Parli come se avessi una qualsiasi speranza- dico con una smorfia.
-Allora?- mi incita.
-Non ho una vera e propria scelta: non farò nulla-
-Sì che ce l’hai-
-E quale sarebbe?-
-Ammettere che sei da sempre segretamente innamorata di me-
Io rido e gli tiro  la carta del ghiacciolo, mancandolo di parecchi centimetri.
-Dovrei darti lezioni private- dice sbuffando e buttando nel cestino la carta.
-Di cosa?- gli chiedo perplessa.
-Di qualsiasi cosa, sei una schiappa praticamente in tutto, Nora-
-No, ti sbagli, io sono una comune mortale, sei tu che sei troppo bravo in tutto-
-Questione di punti di vista- dice leccando il suo ghiacciolo.
Io tengo gli occhi ben puntati sui suoi e mordo il mio, lo vedo rabbrividire: è una cosa che odia. Non sopporta mordere qualcosa di ghiacciato o vedere gli altri che lo fanno.
-Smettila- dice infatti con una smorfia.
-Di fare cosa?- chiedo divertita mordendo nuovamente il ghiacciolo.
Lui mi guarda male, seccato.
Io lo mordo ancora e ancora.
–E’ colpa tua se mi guardi- lo prendo in giro.
-Allora vuoi la guerra?- mi chiede mentre l’espressione stizzita lascia lo spazio ad un sorriso furbo e divertito.
Indietreggio, timorosa, ma è troppo tardi: inizia a farmi il solletico con la mano libera, rincorrendomi.
-Smettila!- esclamo con un urletto per niente da me tra le risate.
-Ammetti che sono bello-
-Mai- soffio tra i denti, senza riuscire a smettere di ridere.
-Dillo-
-Sei bruttissimo- dico cercando di mantenere intatta la mia dignità.
Lui si allontana da me mentre io riprendo a mangiare il ghiacciolo con le mani appiccicaticce e bagnate dal limone.
-Solo perché ti voglio bene e perché so che menti- dice ricomponendosi.
-Come no- dico io alzando gli occhi al cielo.
Non sarà maturo o particolarmente intelligente ma riesce a farmi dimenticare tutto il resto.

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