E in ogni altro universo

di darkrin
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Not broken, just bent (Jason/Piper) ***
Capitolo 2: *** Lezioni di yoga (Dioniso/Arianna) ***



Capitolo 1
*** Not broken, just bent (Jason/Piper) ***


Note: - Ci sono, in questa storia, varie cose che potrebbero diventare per me problematiche e che ci tengo a precisare:
  • ci sono vari riferimenti alla guerra in Afghanistan e al PTSD e questa storia non vuole minimanete essere un resoconto fedele o realistico della cosa. Ho fatto alcune ricerche, ma, causa tempo e scadenze, troppo poche per potervi assicurare l'attendibilità delle notizie riportate.
  • Jason si sente a suo agio, con Piper, ma in nessun caso il suo rapporto con Piper è fonte di una miracolosa guarigione, anzi, qualora questa storia dovesse avere un seguito non lo avrà gran parte della storia sarebbe incentrata sui problemi che dovranno affrontare sia per creare un rapporto che per portarlo avanti. Mi piace, però, l'idea che Piper sia piena d'amore e di capacità di accettare il prossimo e che questo possa essere percepito da chi la circonda, portando gli altri ad agire di conseguenza.
- Ci ho tenuto a sottolineare l'eleganza di Drew e la classe con cui accetta un rifiuto e sono fermamente convinta che ci voglia coraggio per approcciare un perfetto sconosciuto in un locale e ad accettare un due di picche con tanta eleganza e nessuna forma di bashing sarà accettata.
- Temo tantissimo che siano tutti OOC. Perdonatemi, ci ho provato. ;__;
- Scritta per la V settimana della #PjShipWeekItalia indetta da campmezzosangue e per il prompt: #10 Non ci conosciamo ma fingiamo di stare insieme perché qualcuno mi sta importunando!AU della [Challenge] One Hundred Alternative Universe indetta sempre da campmezzosangue.
- Ogni riferimento a fatti accaduti nel canon non è puramente casuale e sì, quello, che vedo solo io, è un accenno a Percy. Ciao, Percy, tvb anche se pianifico di scrivere una Leo/Annabeth.
- Sempre NO BETA quindi segnalatemi qualsiasi errore/strafalcione/svista.
- Il titolo del capitolo è un verso (pezzo di un verso?) di: "Just give me a reason" di Pink. /o/

 
Not broken, just bent


Jason non ne è orgoglioso, ma l’ha notata fin da quando è entrata nel locale perché è, beh, bellissima – e lui non è tipo da usare superlativi, Leo potrebbe confermarlo, se solo non si fosse dimenticato che dovevano vedersi perché era troppo preso dal suo ultimo, folle, progetto – e non riesce a distogliere lo sguardo da lei, mentre sorseggia la sua birra in completa solitudine – perché: Leo.
È così impegnato a guardarla e a catalogare ogni dettaglio del suo volto: le ciocche di capelli che le incorniciano il volto e le accarezzano le guance e la curva del collo, la lingua che saetta ad asciugare le gocce di birra che le inumidiscono le labbra morbide, le dita che si avvolgono, leggere, intorno al calice di vetro; è così catturato dall’osservare la ragazza sconosciuta, che non si rende conto della persona che gli si è avvicinata ed è sollevante e spaventoso rendersi conto che c’è ancora qualcosa in grado di distrarlo. Sollevante perché non gli accade più da quando è tornato dall’Afghanistan e spaventoso perché ha visto decine di soldati morire per aver abbassato la guardia solo per un misero istante, il tempo necessario ad un proiettile per perforarti il cranio o ad una mina per esploderti sotto i piedi.
Jason pensa che, nel tempo passato ad osservare la ragazza, sarebbe già morto quattro volte.
Un leggero colpo di tosse lo fa sobbalzare.
- Ciao, splendore – lo saluta la donna che gli si è avvicinata, non appena gli occhi di Jason si posano su di lei.
Indossa un minuscolo abitino argenteo, un paio di vertiginosi tacchi a spillo, il rossetto più rosso che Jason abbia mai visto e un sorriso seducente sulle labbra.
- Ehi. –
Il sorriso della donna si allarga e Jason deglutisce nervosamente, passandosi una mano tra i corti capelli biondi: ha la sgradevole impressione che, se potesse, la ragazza sarebbe più che felice di divorarlo, come i membri di certe tribù ingoiano gli insetti vivi e sembra di vederli dimenarsi, nelle guance delle persone.
Jason scuote il capo per riprendere il controllo dei suoi pensieri, prima che dagli insetti passino ai corpi di soldati divorati dal fuoco, che si dimenano come larve in trappola.
- È da un po' che ti osservo - continua imperterrita la ragazza. - E mi sono chiesta cosa ci facesse un così bel ragazzo tutto solo al bar. -
Jason pensa: osservare e immagina cecchini nascosti tra le case in rovina. Si passa le mani improvvisamente sudate sui pantaloni e scuote il capo.
Alcuni dei soldati che tornano in patria dimenticano gli episodi peggiori: la loro memoria confonde ed ovatta gli avvenimenti che non sono in grado di sopportare, li protegge addolcendone le ombre più scure e trovando giustificazioni ad ogni gesto, ad ogni parola. Ho ucciso quel bambino perché era armato. Era o la mia o la sua vita. Jason non ha avuto una tale benedizione: ricorda ogni cosa, ogni ordine dato e ricevuto, ogni uomo caduto sotto il suo comando. Ricorda e ne porta il lutto, con la stessa costanza con cui indossa il fazzoletto nero che porta stretto intorno al polso.
- Allora, che ne dici se ci prendiamo qualcosa da bere insieme? – gli domanda la donna, avvicinandosi ancor di più e allungando un braccio verso di lui.
Per un attimo Jason teme che stia per toccarlo, che…
- Eccoti qui, tesoro! – esclama una voce alle sue spalle.
Voltandosi, Jason si trova di fronte la ragazza che ha passate minuti interi a fissare. Da vicino può ammirare le piume intrecciate tra i capelli e il sorriso leggero che le aleggia sulle labbra.
- Non mi presenti la tua amica? – continua lei e Jason impiega qualche istante a capire che sta parlando a lui.
- Drew - afferma la ragazza dalle labbra rosse e l’abito argenteo, senza perdere neanche un attimo, senza dargli il tempo di ammettere che non ha alcuna idea di chi sia. - E tu saresti? -
- Piper – risponde. - E sono la sua ragazza - continua, dandogli una leggera e lenta pacca sul petto.
È un gesto così calmo che non può non essere fatto di proposito e Jason le è grato di avergli concesso il tempo di prevedere il movimento e la forza dell’impatto, il tempo necessario a scostarsi.
Drew inarca un sopracciglio e incrocia le braccia davanti al petto e Jason non è certo che sia davvero un gesto d’irritazione e non solo un modo per sottolineare la morbida piega del seno, incorniciata dall’elegante scollatura dell’abito.
- La sua ragazza - ripete, incredula. - E perché mai la sua ragazza stava seduta ad un altro tavolo? -
- Perché preferisce bere la birra da solo. Dice che con le mie chiacchiere e la mia presenza lo distraggono dal sapore del malto e dalle spezie e... sai come sono, no? -
Jason non sa se ammirar di più la prontezza con cui Piper ha  inventato una scusa assolutamente improbabile o la convinzione che le permea la voce. È quasi certo che se i suoi superiori avessero la voce della ragazza che gli sta alle spalle il numero di disertori precipiterebbe vertiginosamente e un brivido gli percorre la schiena al solo pensiero.
Piper gli lancia un’occhiata preoccupata, con la coda dell’occhio e Jason cerca d’imporsi di riprendere il controllo di sé stesso: sono solo due ragazze e non hanno nulla di diverso da quelle che era solito incontrare al liceo, prima di arruolarsi per volere della sua matrigna, prima di abbandonare la sua casa e voltare le spalle a sua sorella, che l’aveva guardato allontanarsi seminascosta tra le tende scure della sua camera da letto.
Drew piega le labbra in una smorfia e, per un istante, Jason teme che possa affermare che era arrivata prima lei come erano soliti fare i suoi compagni della squadra di football quando uscivano a bere e a cercare ragazze per sfogare l’adrenalina della partita. La ragazza si limita, invece, a lanciare un’occhiata di sufficienza e disprezzo a Piper, che, in suo onore, non mostra alcun segno di nervosismo oltre al leggero serrarsi dei pugni ed è così discreta nel farlo che, se Jason non fosse abituato ad osservare ogni cosa, ogni leggero cambiamento d’espressione o di posizione, ogni leggera flessione delle dita, non se ne renderebbe conto.
- Tesoro - riprende Drew, rivolgendosi di nuovo a lui.
Quando parla, Drew sembra accarezzare ogni sillaba, sembra avvolgere la lingua intorno ad ogni vocale, prima di lasciarle scivolare tra i denti e Jason non riesce a trattenersi dal pensare intorno a cos'altro potrebbe avvolgere quelle labbra rosse e con quale grazia potrebbe farlo.
- Se vuoi essere salvato dalla tua ragazza - rivolge di nuovo uno sguardo sardonico a Piper. - Basta una parola. -
L'uomo la osserva per un istante - tacchi a spillo e vestito striminzito, occhi chiari e un volto bellissimo, di quelli che si vedono in certe riviste che sua sorella disprezza. Un tempo, sarebbe stato lusingato delle sue attenzioni, ma ora si limita a scuote il capo.
- Sto bene così, grazie Drew – mormora.
- Come vuoi tu - afferma, la ragazza.
Le sue parole hanno il sapore di un freddo: Peggio per te, ma la ragazza non dà altro segno di frustrazione.

Quando restano soli, Piper si lascia cadere sulla sedia accanto a lui con un sospiro rumoroso e per nulla femminile.
- Pensavo sarebbe stata più insistente! – afferma, scostandosi con un gesto seccato i capelli che le sono ricaduti davanti agli occhi.
È solo quando vede le spalle della ragazza rilassarsi che Jason capisce quanto fosse nervosa, quanto le sia costato intervenire a quel modo e le è ancor più grato.
- Grazie – afferma e spera che capisca davvero quanto lo è.
Piper gli sorride, attorcigliando una ciocca di capelli intorno al dito.
- Quando si è avvicinata sembravi spaventato e, beh… - arrossisce. – Di solito non sono così invadente, ma sembravi aver bisogno di aiuto. Cioè, non di aiuto, perché non era pericolosa, ma di una spalla. Voglio dire... -
Jason annuisce.
- Ne avevo – la interrompe, con un sorriso.
Per un attimo si chiede se dovrebbe dirle del suo amico che l’aveva costretto ad uscire, affermando che sarebbe stato divertente andare a bere una cosa in un locale e festeggiare perché era ancora vivo, solo che non lo è se ogni rumore più forte del previsto, ogni cozzare di bicchieri, gli rimbomba nelle orecchie come il suono delle esplosioni e degli spari, nel deserto dell'Afghanistan; se ogni risata gli ricorda le urla dei soldati feriti. Se ogni volta che qualcuno lo tocca sono di nuovo le mani di quel guerrigliere che ha tentato di soffocarlo e disarmarlo per piantargli un colpo in testa ed ha di nuovo il sapore di sabbia e sangue in bocca e l’uomo gli sta di nuovo sbattendo il volto sul suolo e...
No, non sono cose che possa dire ad una ragazza sconosciuta. Non sa neanche perché abbia pensato di confidarle cose che non è in grado neanche di confidare al suo psicoterapeuta. Non sa cosa ci sia in lei che lo attira e non è certo di potersi permettere di scoprirlo.
- Beh, ora che ho fatto la mia buona azione della giornata immagino che dovrei andare e… - balbetta, Piper.
Jason non si è neanche reso conto di quanto si sia prolungato il silenzio tra di loro o di quando Piper abbia iniziato a giocherellare con un sottobicchiere umido fino a ridurlo in frammenti e – è pericoloso, gli ringhia la voce di Reyna – gli dispiace averla fatta sentire a disagio e, pensa, è per questo e per rimanere in vita, per non rischiare distrazioni mortali che dovrebbe salutarla con un sorriso e un altro ringraziamento e lasciarla andare. Ma non si trova più in Medio Oriente e quel rumore assordante che sente è solo il barista che riempire un bicchiere di birra alla spina.
- Lascia almeno che io ti offra una birra per ringraziarti – si lascia sfuggire prima che la ragazza abbia il tempo di rimettersi in piedi.
Piper si volta a guardarlo, con un’espressione sorpresa sul volto.
- A meno che tu non preferisca berla da sola per assaporare meglio il malto e le spezie… - aggiunge, passandosi una mano sulla nuca.
I suoi amici hanno sempre affermato con convinzione che Jason sia tanto bello quanto assolutamente incapace di avere rapporti con le donne. Si trova a suo agio con quelle che sono sue commilitoni e con cui deve discutere le strategie o scegliere le strade da percorrere o a cui deve dare ordini (- È perché non le consideri davvero ragazze  –gli ha spiegato Chris Rodriguez, una mattina, con tutta la consapevolezza che gli deriva dall’avere una relazione segreta con la donna più pericolosa dell’intera base), ma le altre sono per lui un mistero.
Il sorriso che illumina il volto di Piper, però, gli sembra valer qualsiasi segreto e qualsiasi terra sconosciuta.
- Chi lo sa. Le storie migliori nascondono sempre un fondo di verità. -
- Per fortuna la tua era pessima – ribatté lui.
Piper gli fa la linguaccia e torna a sedersi accanto a lui, arrossendo leggermente. Jason pensa che è ancora più bella con quell'espressione divertita sul volto e le guance rosse per l'imbarazzo; è ancora più splendida da vicino.



- Leo, ma non era oggi che dovevi presentare Jason a Piper? – gli chiede Annabeth, entrando nel suo laboratorio con i capelli legati in una treccia spettinata e un plico di fogli stretto al petto, come se ne andasse della sua vita.
Leo rialza la testa tanto rapidamente da rischiare di dare una testata contro la lampada puntata sul piano di lavoro.
- Oh, merda – esala.

 

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Capitolo 2
*** Lezioni di yoga (Dioniso/Arianna) ***


Note: - Scritta per la settimana o Free Week della #PjShipWeekItalia indetta da campmezzosangue e per il prompt: #60  Frequento il corso di yoga solo per guardare quanto è flessibile l’istruttrice!AU [Challenge] One Hundred Alternative Universe indetta sempre da campmezzosangue.
- Nel mio headcanon, Hera è una gran donna, quella che manda avanti  l'attività di famiglia e si occupa di tutti gli affari più sporchi e necessari per far stare in piedi la baracca, senza nessun riconoscimento ufficiale. Se l'attività di Zeus prevedesse l'uso di sicari e non è detto che non lo faccia, questi sarebbero tutti controllati da Hera. Mi piace anche pensare che abbia imparato a convivere con i tradimenti di Zeus senza mai rassegnarvisi davvero, senza mai accettarli del tutto e mantenendo, sempre, una posizione di superiorità.
- L'acqua vegetariana esiste davvero ed è una nuova invenzione per vegani. Non mi ricordo cosa stessi googlando, ma sono inciampata in un articolo che ne parlava e che potete trovare qui.
- Nessuna tizia che fa yoga è stata davvero maltrattata nella stesura di questa storia. Ho fatto yoga anche io ed ero la più scarsa, l'acredine che si legge negli occhi di Dioniso è tutta frutto dell'invidia. 
- Non mi convince del tutto ma mi sono rotta di leggerla fino alla nausea e cambiare tre parole in croce, poi rimetterle com'erano, poi ricambiarle, ma di meglio non so fare, quindi. /o\
- NO BETA quindi segnalatemi qualsiasi errore/svista/strafalcione. 

 
Lezioni di yoga
 
 
 
Dioniso - per voi è Mr. D., grazie tante! - non aveva mai pensato che si sarebbe trovato a seguire un corso di yoga perché: a) non ne aveva bisogno: gli bastava una bottiglia di vino per rilassarsi senza alcuna fatica; b) non ne aveva il tempo, preso com'era dal lavoro nella compagnia di famiglia.
Quell'idiota di suo padre aveva però deciso, un giorno, che il suo rapporto con gli alcolici fosse preoccupante e l'aveva costretto a scegliere: la disintossicazione o il licenziamento e per quanto Dioniso non sapesse come fosse possibile disintossicarsi da una cosa da cui non si era dipendenti, essa gli era parsa una scelta più accettabile del dover subire l’onta di essere l’unico tra tutti quei falliti dei figli di suo padre - mai sentito parlare di Apollo, dei suoi terribili haiku e del suo pessimo senso per gli affari? - a venir licenziato.
Così aveva acconsentito a mettersi in aspettativa e, dopo un’ultima, gloriosa sbronza, aveva venduto tutte le pregiate bottiglie di alcolici che aveva impiegato anni a raccogliere e che teneva con gelosa cura in una cantina che costava più del suo scarno monolocale.
Si era illuso che questi fossero sacrifici sufficienti per far felice quel tiranno di Zeus, ma, ah!, avrebbe dovuto sapere che non sarebbe stato così semplice.
 
 
 
L’imperioso bussare alla sua porta avrebbe dovuto fargli sospettare chi si trovasse oltre la soglia perché nessun altro era in grado di trasmettere la stessa presunzione con il semplice sbattere delle nocche contro il legno, ma domenica ed era l’alba ed anche senza vino, Dioniso era tutt’altro che mattiniero.
L’uomo esalò un gemito di fronte all’immagine del volto severo della sua matrigna, rimandatagli dallo spioncino.
Hera aveva i capelli in una stretta crocchia e le labbra piegate in un sorriso condiscendente, che si irrigidì su sé stesso, quando, dopo essere stata invitata a malincuore ad entrare, si trovò davanti la vista del salotto, ingombro di vestiti e di avanzi di ristoranti da asporto. La donna inarcò un sopracciglio e strinse le labbra in una smorfia di disgusto, avanzando a passi rapidi verso la cucina per prepararsi una tazza di tè, sperando che Dioniso non avesse deciso di utilizzare di nuovo il bancone della cucina per passatempi alternativi al cucinare.
- Tesoro – iniziò Hera, dopo aver sorseggiato il tè dozzinale che aveva faticosamente ritrovato nella credenza.
Non era mai un buon segno essere chiamati tesoro da Hera e se c’era qualcuno che lo sapeva quello era Dioniso.
Dioniso incrociò le braccia davanti al petto in una così palese posa difensiva che la fece quasi sorridere. Quasi.
 – Hai avuto occasione di vedere tua zia Demetra negli ultimi tempi? – continuò la donna, girando pigramente il cucchiaino nella tazza semivuota.
Dioniso per un istante ebbe il folle istinto d’interromperla e chiederle di andare al punto perché lui non era uno dei giornalisti che Hera doveva rigirarsi tra le dita come burattini per far guadagnare alla compagnia quei due o tre punti di credibilità o per nascondere l’ennesimo scandalo di Ares, ma non si interrompe la moglie di Zeus se si vuole arrivare vivi al giorno successivo. Quindi l’uomo si morse la lingua e si appoggiò mollemente alla parete alle sue spalle, preparandosi ad una lunga parentesi, attraverso cui la donna l’avrebbe condotto come fosse un cane al guinzaglio.
- È venuta a cena da noi qualche sera fa e l’ho trovata così ringiovanita. Quando le ho chiesto cosa avesse fatto, mi ha parlato di questo meraviglioso corso di yoga che sta seguendo e di come sia riuscito a farle riappacificare anima e corpo e rimetterla in sintonia con la terra. Ha ripreso ad occuparsi del suo giardino ed è più rigoglioso che mai e sembra che sia persino riuscita ad accettare la relazione di sua figlia con Ade e ricorderai com’era finita quando li aveva scoperti. –
- Oh, eccome. Mai partecipato a una cena di Ringraziamento così divertente! Ho apprezzato soprattutto il momento in cui Demetra ha trovato Ade con le mani infilate nella gonna di sua figlia nello sgabuzzino. Molto drammatico – chiosò, con un ghigno.
Hera lo fulminò con lo sguardo e continuò a parlare come se lui non avesse mai aperto bocca perché non avrebbe dovuto farlo ed Hera aveva imparato, con il tempo, a considerare come mai avvenute tutte quelle cose che non dovevano accadere. Così, quando, nelle interviste, le chiedevano dei figli illegittimi di suo marito, Hera continuava a discorrere come se la domanda non le fosse mai stata posta e quando Zeus o una delle sue innumerevoli amanti le depositavano l’ennesimo bambino sulla soglia, la donna si limitava a continuare a sorseggiare il suo caffè, a sfogliare il Times e a fingere che il bambino non esistesse, che il suo pianto fosse solo il leggero stormire delle foglie.
- Zeus sarebbe enormemente rassicurato se venisse a sapere che anche tu stai facendo qualcosa del genere – affermò Hera, con quel suo tono gelido ed impassibile.
Dioniso borbottò, così piano da non farsi udire dalla donna, che non era lo yoga a fare miracoli, ma gli psicofarmaci che Persefone frantumava nelle bottiglie d'acqua vegetariana che Demetra faceva importare dall'India e che lo yoga non gli sarebbe servito a nulla.
Nella piega ferrea delle labbra di Hera non c’era spazio per nessun rifiuto.
 
 
Dioniso sbuffò. Era una cosa ridicola e patetica e non sarebbe dovuto essere lì. Quello era un posto per quarantenni alla scoperta del sesso tantrico per ravvivare la loro vita di coppia o alla ricerca della giovinezza interiore, fasciate in leggins e canottiere dai colori sgargianti, e per sua zia Demetra, non per lui.
Si ripeté l’ennesimo, idiota haiku (È giunta la primavera / la stagione in cui / sono più bello) che Apollo aveva inviato a tutta la famiglia, tramite la mail aziendale, e strinse le dita intorno alla maniglia. Aprì la porta della palestra con uno strattone e un sospiro, che gli morì in gola, quando rialzò lo sguardo e si trovò di fronte agli occhi un’apparizione bionda, con un fondoschiena perfetto e un sorriso luminoso.
Improvvisamente, la schiera di megere in premenopausa che si frapponevano tra lui e il culo più sodo che avesse mai visto perse qualsiasi importanza. Quando lo vide, la ragazza dal sedere perfetto si alzò in piedi, sciogliendo con estrema grazia le gambe chilometriche dalla posa del loto, e gli si avvicinò facendo attenzione a non disturbare la meditazione delle altre presenti.
- Benvenuto - mormorò la donna che doveva essere l’istruttrice perché i comuni mortali non avevano certi culi.
Dioniso aveva fatto notevoli ricerche a riguardo e sapeva di cosa stava parlando.
- Arianna– si presentò lei, tendendogli la mano.
- Dioniso – borbottò.
- È la prima volta che partecipi a una lezione di yoga? -
L’uomo annuì, con la gola improvvisamente secca e cosa avrebbe dato per un bicchiere di vino, per poterla invitare e bere e portarla a casa! Maledizione a suo padre!
Il sorriso sul volto della donna si allargò e ammorbidì ulteriormente. Gli posò una mano sul braccio per guidarlo gentilmente verso il fondo della sala e chinò il capo verso di lui per sussurrargli all’orecchio:
- Puoi posare qui le tue cose e prendere un tappetino. Cerca solo di seguire le indicazioni e di imitare i miei movimenti, ma se non riesci a tenere la posizione, non preoccuparti, per questa volta sarò gentile. Per qualsiasi cosa, chiedimi pure. Se senti dolore o se sei stanco, fermati. Non devi sforzarti o ti farai male. -
Dioniso si trovò ipnotizzato dall'immagine di altre posizioni. Posizioni che vedessero possibilmente coinvolti ancora meno vestiti e in cui sarebbe stato più che lieto di seguire le indicazioni della donna senza alcun bisogno di fermarsi o di far attenzione per non stirare un muscolo. E, oh, Arianna  sarebbe stata così gloriosa.
Arianna gli sorrise nuovamente, con assoluto candore, prima di tornare al suo posto, con un sinuoso ondeggiare di fianchi e Dioniso si ritrovò a deglutire a fatica: quel culo sarebbe stato la sua morte.
 
 
 
 

 
 
 

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