Brotherhood of the damned - Albedo

di wolfata2000
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il ballo ***
Capitolo 2: *** solo qualcosa di terribile ***
Capitolo 3: *** il giardino segreto ***



Capitolo 1
*** Il ballo ***


                    1- Hamilton
IL BALLO
-" no, assolutamente no!"
Dissi.
-" ma come? Ti sta benissimo!"
Rispose Kat.
-" ma se sembro un immensa caramella ripiena alla fragola!"
-" hahah, all'ora prova questo!"
Mi porse un abito nero e lungo con inserti in pizzo. Rimasi incantata a guardarlo. Kat mi diede uno scossone e io mi infilai nel camerino. Mentre mi infilavo il vestito lei parlò:
-" sai, il ballo di domani non sarà come gli altri. Sarà il primo ballo in cui avremo sedici anni! Dobbiamo essere stupefacenti!"
Ogni anno le cinque famiglie più antiche e ricche di Londra organizzano una festa in maschera ciascuno, per ricordare qualcosa che nessuno ricorda più. Io sono una Hamilton e quell'anno la prima festa fu quella della mia famiglia. Solo che, per i miei genitori e per la mia migliore amica, quella non doveva essere una delle solite feste in maschera, no quella era la prima festa a cui io e Kat avremmo partecipato come sedicenni. La mia migliore amica é Katherine Smith la figlia più giovane della famiglia Smith un altra delle cinque famiglie più ricche di Londra. Effettivamente, quella non fu una delle solite feste in maschera...
Quando uscii dal camerino vidi la mia amica e la stilista a bocca aperta.
-"tesoro credo di averti sognata prima di disegnare quest'abito. É come se bianca neve si fosse vestita da vampira sexy."
Le gote cominciarono a bruciarmi, così cominciai ad indietreggiare.
-"Hey che fai non vuoi nemmeno vederti?"
Disse Kat prendendomi per un braccio e portandomi di fronte all'immenso specchio a muro che rifletteva la luce del crepuscolo proveniente dalla vetrata sulla parete opposta. Era un abito in raso nero. Lungo con un po' di strascico. Le maniche e il bordo della gonna erano ricoperte di pizzi di una tonalità leggermente più color canna di fucile. Le maniche erano lunghe e arrivavano fin sulla mano terminando a punta. Mi guardai. Sembravo una stracciona con gli abiti di una regina. I capelli spettinati, il viso grigiastro e struccato. Girai su me stessa e mi tirai su i capelli. Una profonda scollatura a v bordata di merletti lasciava la schiena scoperta.
-"non sarà un po' troppo? Insomma ho solo sedici anni!"
Dissi voltandomi verso il mio piccolo pubblico.
-"oh falla finita. Tu e il tuo senso di responsabilità!"
-"che dite sto bene? Non mi fa sembrare più pallida?"
-"stai scherzando? Come a detto madam, sembri bianca neve vestita da vampira sexy."
-" ok, lo prendo."
-"siiii"
Gridarono insieme Katherine e la stilista.
-" tu lo hai già l'abito?"
Le chiesi.
-"ovvio. Io non sono come te che vado a comprarlo il giorno prima!"
Katherine era totalmente diversa da me. Era alta snella con lunghi capelli rosso fragola. La avevano già ingaggiata per diversi servizi fotografici. Io invece? Con un fisico retoricamente perfetto, troppo pigra per truccarmi o farmi i capelli tutti i giorni. Con un aspetto anonimo e noioso. Capelli lunghi e marroni, pelle cadaverica e occhi talmente tanto marroni da sembrare neri. Aggiungendo pure un filo di occhiaie bluastre per colpa delle notti passate senza dormire per l'ansia. Proprio come quella sera, quella prima del ballo. Mi addormentai circa all'una e mezza di notte e la truccatrice il giorno dopo mi brontolò perché non avevo fatto un sonno di bellezza come ordinato. Quella mattina mi svegliai alle otto. Una cascata di capelli rosso fragola mi si piazzarono sul viso provando ogni modo possibile per tirarmi giù dal letto. Alla fine Kat ce la fece e passammo tutta la mattina in palestra, e il pomeriggio sotto le mani delle estetiste. Odiavo essere tocchicciata da altra gente.
-"lo sai chi ci sarà stasera vero?"
Mi chiese mentre l'estetista ci smaltava le unghie.
-"tanta gente?"
Risposi io.
-" Si gente tipo quel figo di Jackson. O Grayson con quella sua aria misteriosa."
-"e Sammy?"
-" e Sammy, ma lui é come se fosse mio fratello."
-" e all'ora? almeno é simpatico. con Jackson e Grayson non parlo più da quando avevo quanto? Dodici anni?"
-"andiamo Broke. É il momento di riallacciare i rapporti visto che probabilmente io e lui presto staremo ufficialmente insieme."
-" Jackson o Grayson?"
-" Jack ovviamente, Grayson é...       ' occupato' "
-" cioè, ha la ragazza?"
-"no é che... Non si impegna in nessuna relazione, diciamo."
Le unghie di Kat erano già di un oro brillante, mentre con le mie che  avevo appena smesso di mangiare l'estetista dovette impiegare molto tempo a ricostruire, ma alla fine divennero color dell'argento.
La festa si sarebbe svolta nella villa della mia famiglia. I miei erano stati su di giri per tutto il mese precedente. Mia madre continuava ad aggirarsi per le sale ordinando a camerieri, maggiordomo e fattorini vari dove posizionare esattamente ogni minimo addobbo. L'immenso atrio si sarebbe trasformato in una lussuosissima sala da ballo dorata illuminata da lampadari e candelieri preziosissimi.
-"ok tesoro, tu entrerai per ultima. Per prima verrà presentata l'ultima famiglia che quest'anno organizzerà la festa, cioè gli Smith, poi gli Hale, i Bennet, gli Whitney e infine noi. Tu come il componente più giovane della famiglia entrerai per ultima e ti posizionerai accanto al giovane Grayson."
Disse mia madre mentre spostava me e Kat per la stanza.
-" per il ballo di apertura Katherine tu ballerai con Jackson giusto?"
-" esatto signora Hamilton"
-"e tu angelo?"
Disse riferendosi a me. Io non sapevo cosa rispondere. Mi imbarazzava fare quello stupido ballo e tutte quelle stupide cerimonie. Anche se avevo partecipato un sacco di volte a quelle feste era la prima volta sia per me che per Kat che in quanto sedicenni dovevamo fare il ballo di apertura.
-"io...io, non dovrebbero essere d'accordo anche loro, nel senso non dovrebbe scegliere anche lui con chi ballare?"
Balbettai.
-" chi sarebbe lui, hai già scelto il tuo accompagnatore ?"
-"no."
Risposi io secca.
-"credo che Grayson possa andare bene."
Ecco. Proprio lui con cui non parlo da quasi cinque anni.
-"non ti preoccupare, B. Vedrai che sarà un ottimo ballerino."
Mi bisbigliò nell'orecchio Katherine tirandomi una gomitata nelle costole e io la fulminai con lo sguardo, ma non mi vide perché lei e mia madre mi avevano già superata.
-"ok, é tutto pronto tranne noi, coraggio andiamo a prepararci. Gli invitati arriveranno tra un paio di ore."
Solitamente i balli iniziavano alle otto e finivano la mattina del giorno dopo.
Io e Katherine ci infilammo i vestiti. Il suo era bianco e molto scollato. Era in una stoffa leggera quasi trasparente che le aderiva perfettamente al corpo. Al collo mise la collana con uno smeraldo di un verde intenso. Mentre la truccatrice finiva di mettermi il rossetto rosso Kat cominciò a frugare in una borsa. Ne tirò fuori una scatola nera con un grosso fiocco bianco.
-"ti avevo detto che per scarpe e maschera ci avrei pensato io."
-"Kat non dovevi!"
-"andiamo apri!"
Sciolsi il fiocco e tolsi il coperchio. All'interno della scatola, adagiate su del velluto rosso erano riposte due decolté nere con la punta tempestata di Swarovski dello stesso colore, accanto alle scarpe c'era una maschera, di quelle che prende tutta la parte superiore del viso. Completamente ricoperta da gli stessi Swarovski neri delle scarpe.
-" o mio Dio Katherine, non hai paura che ti rubi la scena?"
-"tu me la ruberesti comunque."
-" si certo, continua a dire cavolate. E la tua maschera com'è?"
Chiesi, e lei si rimise a frugare nella busta da dove aveva trovato la scatole con le cose per me. Tirò fuori una scatola identica alla mia. La aprì, e all'interno su del velluto nero erano riposte delle decolté bianche in raso col platò placcato in oro, accanto era riposta un opera d'arte fatta di piume e pizzi bianchi, con delle decorazioni in oro.
-" sono convinta che saremo entrambe bellissime."
Disse e mi sporsi per abbracciarla ma lei mi fermò mettendo le mani avanti.
-" non mi sembra il caso di rischiare di rovinare due opere d'arte."
Ci interruppe il bussare sulla porta di qualcuno.
-"avanti."
Dissi, e la porta si schiuse, dalla fessura comparve una testa brizzolata. Era mio padre.
-"all'ora come vanno i preparativi mie belle principesse?"
Chiese.
-"tutto bene signor Hamilton."
Rispose Katherine ritoccandosi il rossetto color corallo. Io mi alzai in piedi e tirai dentro la stanza mio padre prendendolo per un braccio.
-"volevo dirvi che gli invitati sono già tutti qui. Dobbiamo aprire le danze."
Disse stringendomi la mano.
-" Hey papà, stai piangendo?"
Gli chiesi sogghignando.
-" vorrei poter usare una scusa insostenibile, ma sono troppo orgoglioso di mia figlia e anche della piccola Katy."
-"ti voglio bene papà. Vorrei abbracciarti ma se lo faccio la piccola Katy mi ammazza. Sai non possiamo rovinare l'opera d'arte!"
-"ok. Mi raccomando, mancate solo voi."
-"arriviamo subito."
Dissi e lui scomparve dietro alla porta di legno scuro.
-"sei nervosa?"
Mi chiese Katherine.
-" no, l'ho già fatto."
Mentii.
-" ma non così."
-"no. Non così."
-"io sto morendo."
-" anch'io."
Uscimmo dalla stanza e ci dirigemmo nell'anti atrio dove i componenti più importanti delle cinque famiglie stavano aspettando.
-" oh perfetto. Tesoro, Katherine, vieni qui. Dovrai entrare per ultima per la tua famiglia. Appena senti il tuo nome...."
-" si signora Hamilton. Esattamente come abbiamo provato cento volte."
La interruppe Kat.
-"scusa tesoro. Sono veramente nervosa. E comunque, sei uno schianto."
-"grazie mille. Anche lei é davvero sexy."
-" oh, bhe grazie."
Rispose mia madre imbarazzata. Indossava un lungo abito rosa antico drappeggiato. Era davvero bella.
-" mamma."
Dissi,attirando l'attenzione di mia madre. Dovevo parlarle. Avevo bisogno della sua sicurezza per calmarmi. Il cuore mi batteva a mille e avevo voglia di scappare.
-"o Dio tesoro non ti avevo riconosciuta."
-"come sto?"
Le chiesi.
-" sei qualcosa di stupefacente."
-"ho paura mamma."
-"lo so. Ma sta tranquilla. Abbi coraggio e fai vedere a tutti chi sei veramente, che la vera te é la tua versione più bella anche se un po' imperfetta."
-" sii orgogliosa quanto basta e coraggiosa fino alla follia."
Citai il motto di famiglia.
-"ben detto tesoro."
Mi disse e mi accarezzò una guancia.
-" che inizi lo spettacolo!"
 
Attesi circa un quarto d'ora prima che toccasse a me. Stavo li,dietro l'immensa porta di vetro colorata che raffigurava una luna crescente circondata da raggi d'orati. Strinsi l'abito e lo tirai leggermente su appena le porte si aprirono. Due uomini vestiti col frac richiusero le ante appena attraversai l'uscio. Con i guanti bianchi impugnarono le maniglie dorate da cui partivano delle diramazioni dello stesso colore. La sala era bellissima, enormi lampadari rilucevano,e le colonne in marmo erano decorate da fiori bianchi. Una luce ambrata faceva risaltare gli abiti scintillanti delle dame e gli smoking degli uomini apparivano come corvi su un prato fiorito. Un terzo uomo col frac disse il mio nome, io avanzai di due passi. Gli invitati si voltarono a guardarmi. Riconobbi le quattro famiglie schierate ai piedi delle tre scale. Su quella centrale, proprio quella dove mi trovavo io, un po' più in giù c'erano tutti: Katherine, Jackson, Grayson e Samuel. Eravamo cresciuti insieme noi cinque ma da quando era cominciata l'adolescenza Grayson e Jackson avevano cominciato a snobbarmi, fino ad ignorarmi. Sono quattro anni che io Jackson e Grayson ci parliamo occasionalmente per balli,cene o riunioni. Forse perché erano più grandi di me, e io non riuscivo a sembrare più grandi di due anni come Katherine che invece con loro ci parlava eccome.
Scesi lentamente le scale con una terribile insicurezza. Mi tremavano le caviglie. Teoricamente non avrei dovuto guardare dove mettevo i piedi ma guardare in alto. In realtà guardai passo per passo. Avevo troppa paura di cadere. Arrivai tre scalini sopra Grayson che mi fissava con uno sguardo strano. Rimanemmo immobili mentre i fotografi facevano partire i flash fino a quando una tromba squillò. Un suono fastidiosamente alto che si disperse rapidamente per la sala. Era il segnale per aprire le danze. Grayson si voltò nuovamente verso di me porgendomi il braccio. Esitai a prenderlo, ma poi scesi i pochi scalini che ci separavano e mi lasciai sorreggere fino alla fine della scala. Oddio e se non fossimo stati coordinati? Non avevo mai provato la danza ufficiale con lui. Mi costrinsi a dimenticare di tutto e a seguire la musica. La danza ufficiale era un valzer che prevedeva una specie di "preliminari" fatti di giravolte, sfioramenti e inchini. La musica iniziò un attimo dopo che ci sistemammo. Lui si inchinò e dopo lo imitai. Feci un passo avanti, così anche lui, poi ci allontanammo nuovamente,girammo e tornammo vicini. Questa volta alzammo le mani ed esse si sfiorarono appena. Girammo insieme, poi mi prese la mano e facemmo due passi avanti e uno indietro l'uno accanto all'altro. Poi la musica cambiò e Grayson mi strattonò appena portandomi difronte a lui. Mi fece scivolare una mano in vita e io sussultai. Le nostre dita si intrecciarono. Cominciammo a danzare. Sentivo il mio corpo rigido,esitava a farsi portare da lui. Probabilmente se ne accorse anche lui perché in quel momento accostò il suo viso al mio. Guancia contro guancia, le sue labbra sfioravano il lobo del mio orecchio e un brivido un po' di piacere un po' di timore mi scosse la spina dorsale.
-"chiudi gli occhi."
Mi sussurrò all'orecchio e il suo respiro caldo mi accarezzò la guancia. Non volevo farlo, sarei inciampata se avessi chiuso gli occhi, ma alla fine lo feci. Mi fidai anche se ormai non lo conoscevo più. Chiusi gli occhi e mi lasciai guidare. E i miei movimenti non mi erano mai sembrati così eleganti. Quando la musica finì riaprii gli occhi. La sala si era riempita di altre coppie ancora abbracciate. Mi guardai di fronte e la prima cosa che vidi furono due occhi grigi con qualche pagliuzza ambrata circondati da una maschera nera lucida. Grayson mi stava fissando con un sorrisetto soddisfatto. Si inchinò, io feci lo stesso. Poi si avvicinò al mio orecchio come poco prima e mi sussurrò parole che non mi sarei mai aspettata di sentire dalle sue labbra:
-"sei bellissima stasera."
 E mentre le persone intorno a me compreso Grayson cominciavano a defluire io rimasi li, immobile a fissare il niente.
Una ragazza dai capelli rossi mi smosse un braccio. Era Katherine.
-" Hey B. Andiamo é il momento di divertirsi."
Io ero ancora sotto shock per le parole di Grayson, ma mi lasciai condurre ovunque sarebbe stato il "divertimento ".
 
La festa era già iniziata da due o tre ore. Io mi ero rintanata come al solito su un palchetto invisibile dal basso. Me ne stavo li, ad osservare le persone divertirsi. Quando vidi una testa rosso fragola per mano con un biondo scomparire in un corridoio.
- veloci- pensai tra me e me. Me lo aspettavo che entro la fine della festa sarebbero finiti da soli in una camera a fare " chissà che". Pochi minuti dopo vidi una ragazza. Non l'avevo mai vista prima. Lunghi boccoli biondo platino quasi bianco. Un viso nascosto da una maschera turchese con una lunga piuma su un lato e un abito bianco, che sembrava più l'abito di una sposa. Era strano, ormai conoscevo a memoria gli invitati, e lei ero convinta di non averla mai vista. Poi lo vidi, Grayson che la seguiva come sotto incantesimo, e lei che si fermava ogni tanto a guardarlo con un sorrisetto malizioso. Probabilmente la aveva invitata lui.
Passò circa mezz'ora e ormai mi ero quasi addormentata. Non feci in tempo che sentii gridare il mio nome dal corridoio dietro di me. Era una ragazza, era Katherine e aveva un tono preoccupato e spaventato.
-"o Dio, tesoro sei qui, stai bene?"
Disse e si inginocchiò accanto a me e mi prese il viso con le mani. Io mi stavo quasi per strusciare gli occhi quando mi ricordai di essere super truccata.
-" che é successo Kat?"
Solo in quel momento mi accorsi che era spettinata e il rossetto era scomparso. Accanto a lei c'erano le scarpe immacolate. Tornai sul suo sguardo era preoccupato, spaventato e...triste. Mi guardai intorno, Jackson,Samuel e Grayson erano in piedi e mi guardavano. Erano rossi in viso e imperlati di sudore. I farfallini erano sfilati dal colletto e le camicie erano sbottonate con le maniche arrotolate a metà braccio.
-"cosa succede ?"
Chiesi senza riferirmi ad una persona in particolare.
-"tesoro devi venire con me, é importante. Si...si tratta di tuo padre."
Stava piangendo?- si, stava decisamente piangendo.
Mi alzai in piedi e praticamente gridai.
-" che cosa é successo a mio padre, dov'è?"
-"tesoro ti ci porto. Jack, controlla se qualcuno entra o esce. Manda un messaggio se succede qualcosa."
Disse Kat tra un singhiozzo e l'altro.
-"perché dovrebbe succedere qualcosa, io non capisco."
Dissi guardandomi intorno in cerca di risposte.
-" andiamo e basta."
Disse Katherine prendendomi per un braccio e correndo per il corridoio. Mi fermai per togliermi le scarpe e le lasciai nel corridoio. Di fianco a me vidi Grayson con un espressione dura. Girammo e svoltammo molte volte ma Kat si fermò solo prima di un incrocio.
-"ok,é qui. "
Disse mettendomi le mani sulle spalle.
-"Cos.."
Incominciai a dire, ma mi fermai appena vidi una pozza di un liquido denso e rosso comparire da sotto una porta in legno intarsiata. Spostai Katherine con forza e mi diressi di corsa verso la pozza rilucente. Era sangue, molto sangue. Aprii la porta. Li, disteso per terra, con una linea rossa lungo il collo c'era mio padre. Mi avvicinai prima lentamente. Mentre  avanzavo sentii bagnato dotto i piedi nudi e mi resi conto che stavo camminando nel suo sangue. L'orlo dell'abito era già impregnato di rosso. Scoppiai a piangere. Uno di quei pianti isterici che non riesci a fermare. Mi cedettero le ginocchia e batterono sul pavimento. Sentivo il liquido denso e ancora caldo bagnarmi il corpo. Mi buttai su mio padre cercando un segno di vita.
-"papà!"
Urlai senza risposta.
-"papà ti prego, rispondi."
Insistei appoggiando la testa sul suo torace.
Gridai. E in quell'istante sentii due braccia forti stringermi le spalle e tirarmi verso un corpo caldo e muscoloso. Era Grayson. Mi passò una mano sulla nuca e mi fece voltare. Mi stringeva come se avesse avuto paura che gli sarei potuta scappare. Accanto a noi si inginocchiò anche Kat che allungò una mano verso il viso di mio padre e gli chiuse gli occhi. Samuel stava in piedi sull'uscio.
-"dobbiamo chiamare qualcuno."
Disse.
-"mia madre, devi chiamare mia madre."
Dissi singhiozzando con la testa appoggiata sulla spalla di Grayson.
-"vado."
Disse Sammy appena prima di girarsi e andarsene correndo per i corridoi.
Rimanemmo in silenzio per qualche minuto. Sembrarono eternità.
-"perché? Chi é stato?"
Bisbigliai. Non mi aspettavo che Katherine o Grayson mi rispondessero.
-" non lo so tesoro."
Disse Kat, poi allungò una mano verso la mia e io la presi. Eravamo sporchi di sangue. Tutti e tre. Io stavo malissimo, ma anche Kat piangeva, lui era come uno zio per lei. Restammo ancora in silenzio e quasi mi riaddormentai tra le braccia di Grayson che era rimasto in silenzio.
Sentii dei passi, qualcuno correva. Improvvisamente comparve mia madre e dietro Sammy.
Urlò. Fu un grido isterico di pianto. Mi liberai dalle braccia di Grayson e mi alzai in piedi, mi girai verso mia madre e l'abbracciai.
-" mamma"
Sussurrai.
-"perché!?"
Gridò lei ricambiando il mio abbraccio.

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Capitolo 2
*** solo qualcosa di terribile ***


   2- Hamilton
SOLO QUALCOSA DI TERRIBILE
Non so chi chiamò la polizia. Ne quanto tempo passò prima che arrivasse. Quando gli agenti entrarono nella stanza sentii due braccia prendermi le spalle e tirarmi su. Mi alzai e mi voltai, era ancora Grayson che mi mise un braccio attorno alle spalle e mi accompagnò al piano di sotto.
Li c'era mia madre, seduta con lo sguardo vacuo. Appena vide me Grayson e Katherine scendere si alzò in piedi e venne verso di noi. Aveva il viso tirato. Uno sguardo perso nel niente. Delle piccole rughe divennero visibili appena in torno a gli occhi e alle labbra. La complicata acconciatura era completamente disfatta e i lunghi capelli marroni con striature dorate cadevano lungo la schiena.
-" la polizia vuole farvi delle domande. Chiederò se é possibile rimandare a domani. Non mi sembra il caso di infierire."
Disse.
-"certo, domani saremo più tranquilli."
Rispose Katherine con una gentilezza un po' forzata.
-"sarà il caso che voi ragazzi andiate a casa."
Continuò mia madre.
-"non voglio lasciare sola Broken."
Disse Kat.
-"e io non voglio rimanere qui."
Dissi.
-"giusto, e siccome io sarò bloccata in centrale tutta la notte..."
Bisbigliò mia madre quasi tra se e se.
-"potremmo andare tutti a casa mia. Ho abbastanza camere per ospitarci tutti."
Katherine.
-"sei sicura che a i tuoi vada bene tesoro?"
-" certo. Se ne sono andati solo perché la polizia gli ha costretti, ma in realtà volevano venire da lei."
-"ringraziali tanto."
Disse mia madre e quasi si rimise a piangere.
Io mi staccai dalle braccia di Grayson che mi sorreggevano. Barcollai un po' verso mia mamma e l'abbracciai.
-" ti voglio bene. Sicura che possa andare? Non voglio lasciarti sola."
-" non sarò sola tranquilla amore mio. Va con loro e dormi un po'"
-"ok"
Risposi e mi allontanai, barcollai ancora un po' e Katherine mi prese a braccetto.
-" prendiamo la mia macchina."
Disse Jackson.
 
Arrivati a casa di Kat i suoi genitori mi vennero ad abbracciare, mi dissero che potevo restare li finché volevo e che poteva andarci anche mia madre.
-"sarà meglio che noi tre ci facciamo una doccia."
Disse Katherine indicando me,lei e Grayson la cui camicia bianca era diventata rossa.
-" va prima tu. Prendi pure i miei vestiti."
Continuò. Io annuii senza dire una parola e mi avviai al piano superiore.
I corridoi erano in penombra, saranno state le due del mattino. Aprii una porta bianca, era la camera di Katherine. Frugai nei cassetti per trovare qualche indumento che potesse andarmi bene.
 
                      Whitney
-" Grayson, prendi i vestiti di mio fratello per cambiarti. Sono nella sua stanza, la seconda a destra salendo le scale."
Mi informò Katherine. Io annuii con il capo e mi avviai su per le scale. Non mi ricordavo più quale porta era. Ormai non riuscivo a pensare più. Ne aprii una e mi affacciai lentamente.
-" oh scusa, stanza sbagliata."
Dissi. Nella stanza, proprio al centro c'era Broke che si stava togliendo le forcine dai capelli, una a una.
-" fa niente, che stanza cerchi?"
Mi rispose lei quasi con un tono tranquillo.
-" quella del fratello di Katherine."
Risposi.
-"é quella accanto."
-"grazie."
Feci per andarmene, ma mi fermai ad osservarla mentre cercava di sbottonare i bottoncini neri sulle maniche. Le tremavano le mani. Sembrava un ramo spezzato di un albero secolare. Solo qualcosa di terribile avrebbe potuto distruggerla così. Mi richiusi la porta alle spalle.
-"aspetta, ci penso io."
Dissi e mi avvicinai a lei ancora intenta ad aprire il primo bottone.
Le presi la mano e gliela appoggiai sulla mia spalla. Continuava a tremare. Cominciai ad aprire bottone per bottone, poi il senso di colpa mi invase. Ero stato talmente stronzo con lei. Non le parlavo da quasi cinque anni e poi me ne uscivo con quelle frasi. Dovevo chiederle scusa.
-"mi dispiace per quello che ho detto."
Dissi.
-" cosa?"
Chiese lei alzando lo sguardo e fissandomi con i suoi intensi e scuri occhi marroni. Si era già struccata e il viso era visibilmente più grigiastro rispetto a prima, ma anche più leggero, e più reale.
-" mi sono comportato da stronzo con te oggi. Insomma non ti parlo da quasi cinque anni e poi me ne esco con quelle frasi. Non fraintendere, ti ho detto che ti trovo bellissima, e questo é vero. Ma in quel momento, in quel momento non sapevo quello che dicevo..."
Dissi tutto d'un fiato e le sue guance diventarono rosse. Sentii la sua mano stringermi la spalla e poi allentare la presa subito dopo.
-" é solo che...sono stato davvero stupido con te. Il problema é che non mi ricordo nemmeno più perché ho smesso di parlarti. Ti ricordi eravamo grandi amici. Ero cambiato, ma dopo i fatti di oggi ho capito che, che tengo ancora a te."
Continuai. Dovevo essere sincero. Glielo dovevo.
-" non voglio la tua compassione Grayson."
Disse.
-"non si tratta di compassione. Ti dovevo delle spiegazioni, e mi sono reso conto di quanto mi mancasse la mia migliore amica. Solo quando ti ho vista debole, in ginocchio. Come quando cadesti dalla bicicletta."
-"non ci sono più salita su una bicicletta."
-" é colpa mia. Ti avevo promesso che ti avrei insegnato, ma ti ho lasciata sola. Sono stato cretino."
-" non mi fido più di te come un tempo. E non per la bicicletta... Ho smesso quando mi hai voltato le spalle."
-" lo so e lo capisco. Sappi però che io ci sono adesso. Non voglio più lasciarti sola."
-"mi lasceresti sola il tempo di farmi una doccia?"
Per un attimo mi sembrò di vedere un ombra di un sorriso sul suo volto. Ma gli occhi erano ancora spenti.
-" ci si vede dopo."
Le dissi e uscii dalla stanza sollevato e felice di avere una speranza di poter riavere la mia amica.
                     Hamilton
É vero, non vi ho detto che prima di abbandonarmi, Grayson era il mio migliore amico. Un po' come Katherine, solo che con lei facevo cose più da ragazze, con Grayson mi buttavo all'avventura salendo su gli alberi e rincorrendo farfalle in zone di boschi che non conoscevo. Un tempo ero così, ero coraggiosa. Forse solo perché sapevo che lui era con me. Un tempo mi fidavo di lui. Poi smisi di andare a fare passeggiate da sola in zone della città per paura di perdermi. Diventai fifona appena mi abbandonò. Abbandonare è il termine giusto. Un giorno andai a casa sua perché dovevamo vederci per giocare alla play station. Quando suonai al campanello sua madre mi disse che era uscito con gli amici. Io non sono mai uscita con gli amici a parte qualche volta con Katherine. Probabilmente perché era più grande di me di due anni, e crebbe prima di me. I miei unici amici divennero Kat e Samuel. Di Grayson non mi fidavo più.
Uscii dalla doccia dopo essermi tolta di dosso tutto il sangue ormai secco e incrostato sulla pelle. Mi infilai dei jeans troppo lunghi e una canottiera blu di Katherine che mi stava grande sul seno e uscii dalla camera. Quando arrivai al piano di sotto erano tutti li, difronte al camino, seduti sul tappeto persiano. Katherine appena mi vide si liberò dall'abbraccio di Jackson e mi venne in contro.
-" ti senti meglio?"
Mi chiese.
-"si, per quanto sia possibile."
Risposi.
-"ok, adesso tocca a me. Va bene Gray?"
Gli chiese ma lui non disse nulla, rimase a fissare il fuoco. Poi annuì leggermente con la testa.
-" vado, ci metto poco."
-"ok"
Risposi.
 
Quando tutti fummo lavati nessuno di noi aveva sonno. Decidemmo di rimanere su quel tappeto tutta la notte a fissare il fuoco. Katherine preparò il thè. Era incredibile pensare di accendere il fuoco nei primi mesi d'estate, ma a Londra il clima non é mai troppo caldo.
-"non vi lamentate. A quest'ora la governante é a letto."
Disse facendo una smorfia mentre si avvicinava a noi con delle tazze fumanti.
-"va benissimo tesoro."
Gli rispose Jackson facendole segno di sedersi accanto a lui. Io buttai la testa sul bordo della poltrona a cui mi appoggiavo e stesi le gambe per far arrivare i piedi nudi più vicini al fuoco. Circondai con le mani la tazza bollente e godei della sensazione che quel calore mi provocava.
-"come lo avete trovato?"
Chiesi, rompendo il silenzio.
-"lo ha trovato Grayson."
Rispose Samuel che fino a quel momento era rimasto in silenzio. Era di fronte a me e la luce dorata del fuoco faceva risplendere i capelli bruni e gli occhi color nocciola sembravano più chiari del solito.
-"che é successo?"
Chiesi ancora,questa volta guardando Grayson  che si fissava le mani. Non indossava più lo smoking insanguinato. Ora indossava dei Jeans e un maglione blu scuro.
-"c'era una ragazza. Era strana non l'avevo mai vista prima..."
Cominciò ma lo interruppi.
-"quella biondo platino vestita da sposa."
-"si e con la maschera turchese. L'ho notata e ne sono rimasto... Come se fossi sotto un incantesimo. Sembra stupido. L'ho seguita e sembrava proprio quello che voleva che facessi. Quando raggiungemmo il corridoio velocizzò il passo. Poi si fermò di colpo appena vide la pozza di sangue sotto la porta e poi disse qualcosa come " troppo tardi" ma non ho capito bene. Poi ha cominciato a correre ed é scomparsa. Ho visto chi era e sono venuto a cercarti, non ti trovavo ma ho trovato Samuel che mi ha suggerito di cercare Katherine che avrebbe saputo sicuramente dov'eri. E così é stato. Era con Jackson, così siamo venuti tutti a cercarti e ti abbiamo portata da lui."
-" era già...morto quando lo hai trovato?"
Chiesi ancora appena finì di raccontare.
-"si, ne sono certo."

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Capitolo 3
*** il giardino segreto ***


                     3- Hamilton
IL GIARDINO SEGRETO
Il giorno dopo fummo tutti interrogati dalla polizia. Mi chiesero come trovai il corpo, se sapevo chi erano i nemici di mio padre o se ne avesse. Non conoscevo la vita di mio padre così bene. Insomma, se aveva nemici pronti ad ucciderlo certo non lo avrebbe detto a me. Ci interrogarono in stanze diverse. Mi informarono che la villa della mia famiglia sarebbe stata invasa da indagini e sopralluoghi e che sarebbe stato scomodo viverci in quel periodo. Non importava, io e mia madre eravamo già d'accordo con gli Smith, saremmo rimaste li fino alla fine delle indagini.  La stanza in cui mi interrogarono era grigia e spenta. Non era una delle classiche sale da interrogatorio, era...più accogliente. Invece delle sedie pieghevoli c'erano due poltrone rivestite di una stoffa blu scuro. Pensai che fosse perché ero un membro di una delle famiglie più importanti di Londra. Già, una delle famiglie più importanti di Londra, non avevo ancora pensato che presto i giornali sarebbero stati pieni di articoli sulla nostra festa, ma questa volta con una nota più interessante degli anni passati. Non avremmo avuto scampo, giornalisti, paparazzi, curiosi. Certe volte dimenticavo che quando sei importante e famoso, la tua vita, e la tua morte, diventano di dominio pubblico. Era una delle tante cose della mia vita che non sopportavo. Per fortuna le persone non erano così interessate a me quanto lo erano a Katherine e a Jackson. Potevo dire che nel mio mondo io avevo la cosa più vicina ad una vita normale. I miei problemi non finivano sui giornali, tutto quello che affrontai da quando avevo dodici anni nessuno ne venne mai venuto a conoscenza, e in parte grazie a mio padre.
-" visto che siamo Hamilton si sbrigheranno a risolvere il caso."
Disse mia madre appena fummo uscite dal commissariato.
-"hai idea di chi sia stato?"
Le chiesi.
-"no tesoro. Tuo padre non aveva nemici ne politici ne di affari. Non so proprio chi abbia potuto farci questo."
-"già"
Dissi e poi l'abbracciai.
-" senti, oggi pomeriggio ci sarà il funerale. L'ho organizzato stanotte, non riuscivo a dormire. Inizierà alle sei. Ma non voglio che tu stia chiusa in una stanza al buio prima di all'ora. Va da i tuoi amici, chiuditi in una stanza al buio con Katherine, ma non stare sola."
-"ok mamma, ti voglio bene."
Le diedi un bacio sulla guancia e mi avviai verso Kat che mi aspettava poco distante.
-" ho paura per mia madre. Lei non vuole che stia sola, ma io mi preoccupo per lei."
Le dissi.
-"chiedo a mia mamma se le fa compagnia."
Disse e la ringraziai  rivolgendole un sorriso affettuoso.
Katherine prese il telefono dalla tasca e compose il numero. Mentre parlava vidi in lontananza Samuel. Lui mi assomigliava, insicuro,timido,intelligente, un po' solitario. Era l'unico che capisse davvero cosa si prova a sentirsi soli. Gli andai incontro e lo abbracciai.
-"Hey Sammy."
Lo salutai.
-"non chiamarmi così."
-"ok, Sammy."
Risposi cercando di scherzare.
-"come stai?"
Mi chiese.
-" pensavo peggio. Più che altro é stato vederlo. Vederlo in quel modo. Sembra una cosa crudele ma, non ne sento la mancanza. Probabilmente tra qualche giorno non sarà così. Però non ho voglia di parlare solo di questo."
-" e di cosa?"
-" non so, é che non cambierà niente se ne parliamo o no. Mio padre non tornerà in vita e io non starò meglio."
-"é una cosa da pessimisti, ma non posso darti torto."
Disse, lo avevo messo in difficoltà. Era già tanto che non si fosse messo a balbettare.
-"mio malgrado nessuno può darmi torto."
Risposi. Era quello che volevo, comunque. Era quello che vogliono tutte le persone pessimiste: avere qualcuno che ti da torto. Gli sorrisi malinconica abbassando lo sguardo e fissandomi le converse bianco latte.
-" hey ragazzi, Jack e Grayson stanno uscendo ora. Cosa avete voglia di fare?"
Disse Katherine raggiungendoci correndo sui tacchi alti.
-"sei tu quella divertente."
Dissi sorridendole.
-" ok... Potremmo andare nel giardino segreto. Insomma l'ultima volta che ci siamo stati tutti era quando avevamo otto anni. Ci eravamo fatti una promessa li. Mi sembra un buon momento per tornarci."
Il "giardino segreto" come lo chiamavamo noi era il giardino di una villa abbandonata appena fuori il centro di Londra. Quando eravamo piccoli ci eravamo andati perché avevamo deciso di scappare di casa. Di vivere avventure alla Huckleberry Finn. Li promettemmo che non ci saremmo mai divisi. Che saremmo diventati grandi insieme. Uniti da un giuramento fatto sulla statua di Marte, il Dio greco della guerra. Probabilmente ai vecchi proprietari piacevano le opere classiche.
Non ci tornammo più tutti insieme. Io e Kat qualche volta scappavamo li per nasconderci. Quel posto ce lo aveva fatto conoscere mio padre. Diceva che era il quartier generale di un clan che proteggeva la gente da creature misteriose. Una storia strampalata che a noi bambini piaceva molto.
-"ok, sentiamo gli altri."
Dissi e subito arrivò Jackson che baciò appassionatamente Kat. Dietro di lui arrivò anche Grayson che aveva lo stesso aspetto fresco e rilassato di sempre. Indossava un cappellino di lana grigio che gli schiacciava i capelli neri sulla fronte e un paio di Rey Ban scuri sul naso non ostante non ci fosse il sole. Portava dei Jeans scuri e maglia bianca sovrastata da una felpa nera sganciata che portava con le maniche tirate su fino ai gomiti. Mentre si avvicinava mi sorrise e io distolsi lo sguardo.
-"all'ora, cosa vogliamo fare?"
Chiese sforzandosi di dimostrarsi rilassato.
-"pensavo di fare un pic nic nel giardino segreto, ma dobbiamo andare a comprare da mangiare."
Rispose kat.
-"perfetto, voi andate in macchina, io vi seguo in moto."
Disse Grayson alzando una mano mostrando il mazzo di chiavi.
-"fate strada."
Continuò.
La villa abbandonata non era molto lontana dalla mia. Non ci mettemmo troppo, ma prima di arrivare ci fermammo in un centro commerciale a comprare da mangiare. Avevamo preso tramezzini, frutta, bevande frizzanti e altra roba da pic nic.
Quando arrivammo lì, stendemmo una coperta ai piedi della statua di Marte e disponemmo il cibo su una coperta a quadri rossi e blu.
-"é strano."
Disse Kat.
-"essere tutti insieme, qui. Come una volta."
Continuò.
Nessuno rispose. Io che stavo con una spalla appoggiata alla base della statua passavo il dito tra le incisioni delle nostre iniziali con un po' di nostalgia e tristezza. -se nessuno di noi fosse mai cresciuto...- pensai. Io non sono mai voluta crescere, e ora che non sono più una bambina vorrei che esistesse un modo di tornare indietro nel tempo. Crescere mi fece perdere troppe cose, perfino la felicità. Un eterna Peter Pan.
-"é stato uno sbaglio."
Dissi alzandomi di scatto.
-"non saremmo mai dovuti tornare qui. É patetico."
Continuai.
-"perché Broke?"
Mi chiese Katherine allarmata dal mio scatto d'ira.
-" avevamo giurato. Avevamo fatto un giuramento e nessuno di noi si é preoccupato di mantenerlo. Adesso torniamo qui come se fossimo sempre rimasti insieme, e invece non troviamo nemmeno argomenti di cui parlare perché ormai non ci conosciamo praticamente più. Siamo patetici, patetici e ipocriti."
Dissi tutto d'un fiato. Loro stavano li, mi fissavano senza sapere bene come sentirsi. Presi e me ne andai.
Corsi sul prato e tra gli alberi ormai incolti e raggiunsi quel punto alto del giardino da dove si vedeva la città. Mi sedei ai piedi di un complesso scultoreo rappresentante la dea Artemide e il fratello Apollo. Non sapevo nemmeno io perché avevo fatto quella scena, solo che mi sembrava ingiusto.
                       Whitney
Broke era scappata via e noi eravamo rimasti li come stupidi. Dovevo andare a cercarla.
-"vado da lei."
Dissi e mi alzai di corsa. La cercai per tutto il giardino, poi la trovai. Era seduta ai piedi di una statua che rappresentava due dei greci. Si abbracciava le ginocchia e guardava il sole che illuminava il cielo. Mi sentì, perché si alzò di scatto e si girò verso di me. Aveva gli occhi e le guance rosse.
-" cosa ci fai qui?"
Chiese in modo feroce come se si sentisse in pericolo.
-"credo di sapere perché hai detto quelle cose. Mi dispiace se..."
Iniziai a dire ma lei mi interruppe, fece un passo avanti. Si teneva le braccia al petto come se avesse freddo.
-"che c'é ti senti in colpa? Com'è che da un tratto ti importa di nuovo di me?"
-" Broke ero un ragazzino, ero stupido. Mi dispiace, solo ora ho capito del grande errore che ho fatto."
Dissi ma lei mi interruppe di nuovo.
-" stai zitto. Credi che la mia vita dipenda dalla tua? Credi davvero che abbia passato cinque anni della mia vita a disperarmi per te? Non sono arrabbiata con te perché sei cresciuto Grayson! Non mi importa più niente di te. Mi hai cambiata Grayson, da quando hai smesso di parlarmi non sono più stata la stessa persona. É per questo che ti odio."
Parlavamo e tra noi si trovava il complesso scultoreo. Era strano. Era perfetto per definire quel momento. Non eravamo più come una volta, c'era come un masso di marmo gelido tra noi. Quelle parole mi ferirono come mai niente prima. Mi odiava, non le importava più niente di me. E in un certo senso lo trovavo giusto.
-" mi dispiace."
Riuscii a dire sotto voce.
-" ti é passato almeno una volta per la testa che magari stessi piangendo perché ho trovato mio padre morto in una pozza di sangue e che mi ritrovo circondata da semisconosciuti nel posto dove fu lui a portarci la prima volta e non perché mi hai detto che sono bella? Ci hai pensato almeno un po'?."
Disse e se ne andò. Ed io rimasi fermo come una delle statue di marmo di quel giardino.
     
                     Hamilton
Tornai a casa a piedi. Ci misi circa mezz'ora e, per fortuna non mi seguì nessuno.
Aprii il portone di casa. C'era silenzio. Non che non fossi abituata al silenzio in casa mia. Ma quel giorno mi sembrava più pesante del solito.
-"mamma?"
Gridai, ma senza risposta. Mi avvicinai al tavolino intarsiato vicino alla porta per appoggiarci le chiavi. C'era un biglietto appoggiato scritto con una penna nera.
" Tesoro, sono in commissariato. Alla servitù ho dato un giorno libero. La polizia non verrà prima di martedì.
Ti voglio bene, mamma."
Diceva il biglietto. Ero sola. Non c'era nessuno in quella casa oltre a me. Un enorme villa per una persona. Non mi ero mai sentita tanto sola in vita mia. Presi il biglietto in mano e solo in quel momento mi accorsi che tremavo. Probabilmente per l'adrenalina. Ma non mi sentivo così da molto tempo. Non mi ero mai arrabbiata così tanto con qualcuno, e in un certo senso, mi piaceva quella sensazione. E sarebbe continuata a piacermi fino a quando il senso di colpa non si fosse impossessato di me, come sempre. Ormai evitavo di arrabbiarmi, perché sapevo che le cose che facevo mi avrebbero fatta sentire in colpa. - non c'é cosa più egoista- pensai. -evitare di ferire gli altri solo per paura di soffrire sentendosi in colpa- sono una fifona egoista- .
Arretrai, fino a raggiungere la porta sulla quale sbattei la spina dorsale. L'impatto mi provocò una fitta alla schiena che mi fece uscire un gridolino di dolore. Scivolai giù, fino a terra e mi sedetti stringendo le ginocchia al petto. Buttai la testa all'indietro e il mondò cominciò a girare, così chiusi gli occhi e una grossa lacrima salata mi uscì da un occhio e mi scivolò sul viso fin sotto il mento e poi sul collo. La sentivo scendere e solleticarmi la pelle. Mi arrivò fino alle clavicole, poi si fermò. Dopo un po' ne uscì un altra,e poi un altra fino a quando il mio viso divenne umido e il mio naso rosso. -é solo un calo di tensione- mi ripetevo - é normale,dopo tutto quello che ho passato-. Ma il problema era che non era per la morte di mio padre che piangevo. Era stato troppo doloroso trovarlo, morto su il pavimento di quella stanza, immerso nel sangue. Troppo doloroso. Da quel momento capii che alcuni sentimenti possono essere controllati: la rabbia che ormai controllavo da tempo, l'amore quando non é felicità e il dolore. Altre come la gioia e la paura non si possono manipolare, loro manipolano te. Così smisi di provare dolore. Smisi di stare male per la morte delle persone. Dicono che col tempo il dolore passi, ma é una cavolata, perché più tempo passa, più le persone ti mancano e io avevo paura che mio padre mi mancasse. Così, siccome la paura non la posso fermare, ho fermato il dolore. Ma quella volta piangevo perché ero turbata e perché le persone sembravano talmente tanto ipocrite con me. Piangevo perché volevo soffrire ma non ci riuscivo, perché avevo scelto di non farlo più. Piangevo perché volevo sentirmi forte. Non mi importava di esserlo davvero, mi bastava di sentirmi tale. Solo per un po'. Volevo solo sentirmi come non mi sentivo da tempo, e fu Grayson a farmi desiderare ciò. Volevo sentirmi come mi sentivo quando ero piccola e mi avventuravo insieme a lui. Ma lo odiavo perché mi aveva tolto il coraggio. - stupida, egoista, orgogliosa,fifona ragazzina che non sei altro- mi dissi nella mente .
- pensa ad uno schermo bianco- fu la frase che mi venne in mente - smetti di pensare e immaginati a guardare uno schermo completamente bianco- di solito funzionava. Lo usavo per addormentarmi ogni notte, per far sparire i pensieri, per azzerare e resettare il cervello. Mio padre mi diceva che sentivo tutto e troppo intensamente, che pensavo ad una velocità quattro volte superiore alla media e che mi bastava un minuto per creare un mondo nuovo. Ma non perché fossi particolarmente intelligente, solo perché ogni cosa, ogni singola parte di un minuscolo e insignificante oggetto, per me, era un universo.
Il trucco dello schermo bianco però quella volta non funzionò e i pensieri continuavano a tornare al momento in cui avevo perso il controllo, il momento in cui avevo buttato addosso a Grayson tutti i problemi di questi ultimi giorni. Non se lo meritava, non pensavo davvero quello che gli ho detto, e non era per la morte di mio padre che piangevo. Era incredibile come anche da arrabbiata io non riuscissi a esprimere con sincerità i miei sentimenti. Dovevo chiedergli scusa, se mai avesse accettato le mie scuse saremmo anche potuti tornare amici. Non come un tempo, ma magari lentamente ci saremmo arrivati. Mi mancava e doveva saperlo. Doveva sapere che lo odiavo solo perché avevo bisogno di lui.

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