Never let me go

di Love_Food
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cosmic Love ***
Capitolo 2: *** I'm not letting go ***



Capitolo 1
*** Cosmic Love ***


Si svegliò

09.55

Si stiracchiò, e da una rapida occhiata alle pareti ocra che lei stessa aveva aiutato a ridipingere e dalle lenzuola grigie capì che non si trovava a casa sua. Notò poi la maglietta nera, taglia uomo, che portava. Le bastò annusare il profumo.

'Jay'

Tastò il lato sinistro del letto e lo trovò vuoto, le lenzuola ancora stropicciate. Rapidamente si ricordò il discorso avuto con il ragazzo solo quattro ora prima, e la chiamata d'emergenza ricevuta dalla squadra. Sospirò il suo nome del collega che le aveva fatto perdere la testa. Se ne era innamorata, ma ammetterlo ora sarebbe stato terribile, per entrambi.. o almeno, per lei. Avevano appena trascorso una stupenda notte d'amore ed entrambi avevano provato le stesse emozioni, ma come lei stessa aveva detto tra un bacio e l'altro a Jay, il giorno dopo sarebbe partita per la Bolivia, in una missione sotto copertura per sei mesi. Non metteva il lavoro prima dell'amore, ma quando prendeva un impegno, come partire per La Paz, lo rispettava. Era una questione di principio e di orgoglio.Si maledì, e sbuffando spostò una ciocca di capelli caduta dalla coda morbida realizzata dopo i primi due round. Lei e il suo maledetto orgoglio. Lasciare la sua città per una missione era emozionante, ma lasciare Jay dopo averlo appena trovato le costava molto, sopratutto perchè si era davvero resa conto di quanto lui contesse per lei.
Si alzò.
Cercò i vestiti sparsi per casa: nel luogo del bacio trovò la borsetta, allo stipite della porta la camicia e la giacca e al muro accanto al letto i pantaloni. Finì col riprendere il reggiseno da sotto il materasso, chiedendosi come ci fosse arrivato. Si vestì. Quel giorno era l'ultimo 'libero' prima della missione.Decise che avrebbe fatto tre cose: passare a salutare i ragazzi al lavoro; parlato con Jay riguardo la loro situazione sentimentale; incontrato Hank per un ultimo saluto e una spiegazione prima di partire. Poteva dire tutto a quell'uomo. Si fidava ciecamente di lui. Decise di tenere la maglietta di Jay e uscì di casa dopo aver cercato di riordinare un po' la stanza da letto. La porta del ragazzo aveva una chiusura automatica, che garantiva un'unica apertura dall'esterno a chi aveva la chiave. Arrivò a casa. Dopo una doccia e un accenno alla preparazione della valigia si recò alla stazione. Portò pollo alle mandorle e riso alla cantonese per tutta la sua vecchia unità che estasiata la salutò con abbracci, pacche sulle spalle e baci. Prima di passare da Hank, si recò da Jay. Il ragazzo chiuse la porta della 'zona caffè' e la baciò dolcemente. Gli altri ragazzi capendo le intenzioni dei due, decisero di allontanare Voight con una scusa, che lo portò al piano inferiore.
-Pensavo di non vederti più - iniziò.In realtà pensavo di sparire dalla tua vita e non farmi più sentire -vide il panico nei suoi occhi e sorrise - scherzo Jay. Sai perfettamente che dobbiamo parlare di quello che è successo-.
Gli accarezzò la guancia e lo bloccò prima che iniziasse a parlare, ponendo un dito sulle labbra.
- Prima che tu dica ciò che devi, un'ultima cosa. Stanotte è stato stupendo, ma se non vuoi aspettarmi per i prossimi sei mesi non te ne farò una colpa. La tua vita deve continuare, e non è giusto che si fermi per aspettare una come me.- La guardò.
Le sorrise. Riprese a baciarla e dovette staccarsi per riprendere fiato.
-So che sarà tutto tranne che facile, ma penso che per sei mesi io possa aspettare.. cioè.. non garantisco nulla, ma mi impegnerò. Voglio solo te.-
-Oh ma smettila! - gli tirò un pugno sul bicipite, prima di riprendere a baciarlo - Quindi okay, io parto, tu stai qui, torno e.. vedremo. Giusto?
-Giusto. - si diedero un lungo bacio, prima che Antonio bussasse rapidamente al vetro della porta per indicare che Voight stava tornando.
-Bene capo, ci sentiamo appena arrivo. Okay? - lo baciò - Si signora! - si diedero un ultimo bacio, prima che lei uscisse dalla porta.
Si recò nell'ufficio di Hank che era al telefono e le fece segno di sedersi. Lei lasciò semplicemente un biglietto.
'Stasera ore 21, Green Dolphin. Dobbiamo parlare'
Uscì dall'ufficio mentre l'uomo era girato verso la finestra, intento in una conversazione animata con il capo di qualche giornale. Se qualcuno l'avesse visto dalla strada, probabilmente avrebbe pensato che l'uomo stava imprecando contro di lui. Salutò i ragazzi e tornò a finire quella dannata valigia. Amava le valigie, amava viaggiare per alcun settimane, ma odiava mettere via le cose per andare lontano dalla sua casa, da Chicago. Amava talmente tanto quel posto che la notte, quando affrontavano casi particolarmente difficili e non riusciva a prendere sonno usciva a camminare, si concedeva una passeggiata per rilassare i nervi e pensare a qualsiasi cosa. Spesso si ritrovava su Michigan Avenue e la percorreva tutta, gustandosi quella via che rappresentava la città. Poi passava davanti alla Buckingham Fountain e si fermava a vedere gli strani giochi di luce dell'acqua. La seconda cosa che amava di più, e se ne sarebbe dovuta allontanare.

 

'Cazzo!Cazzo!Cazzo'!

20.53

Sette minuti. Aveva sette minuti per vestirsi, rendersi presentabile e andare all'appuntamento con Hank. Corse. Corse più che poteva. Si infilò gli stivali bassi, prese il cappotto dall'appendiabiti e si fiondò in macchina. Parcheggiò appena fuori dall'entrata ed entrò. Lo stile del locale che aveva scelto era perfetto per due come loro. Molto alla buona, attirava le persone stanche da una giornata di lavoro pesante che volevano solo rilassarsi. Pareti ricoperte di legno, trofei di un torneo di freccette appese qui e la sul muro alternate da autografi di giocatori dei Chicago Bears, squadra rappresentante della città che tutti amavano. Spostò gli occhi ai vari tavoli e poi vide li, seduto con il solito giubbotto di pelle.

Erano le 21.15

Sorrise ai baristi e si accomodò difronte all'uomo. -Scusa, sono in un ritardo apocalittico!- Hank la guardò. -Sai quanto odio chi arriva in ritardo, Erin. Ho deciso di aspettarti solo per il 'dobbiamo parlare' su questo biglietto- e glielo porse, mettendolo nel mezzo del tavolino del bar. James, uno dei baristi che frequentava l'università li affianco arrivò per prendere le loro ordinazioni, e tornò cinque minuti dopo con due birre ghiacciate.
-Allora sentiamo, di cosa dobbiamo parlare?- iniziò bevendo un goccio di birraOh. diretto come sempre. Due cose. Domani pomeriggio parto per una missione con la Task Force. Non posso dirti che farò per tutelarti, ma andrò in Bolivia, a La Paz, come agente sotto copertura.- L'uomo la guardò sorpreso.
-Ottimo! Ti fanno già entrare in azione, avranno visto come ti abbiamo addestrato bene! Ah. Niente balle. Sai che non mene frega niente di proteggermi e robe del genere, dimmi che vai a fare e quando torni.-
- Okay, okay. - Sollevò le mani in segno di resa e accennò un sorriso, ma subito si fece seria. - Lavorerò come chimica in un laboratorio. Abbiamo sospetti che durante la notte ci sia un traffico di sostanze illegali per la produzione di droghe sintetiche e vogliamo fermarli prima che riescano ad ampliare questo mercato dell'orrore.Oh capisco. Erin, è una cosa parecchio pericolosa. Con quella gente non si scherza, sono disposti ad uccidere se sbagli a misurare di un grammo.- Si fece più serio.
-Sei sicura di voler andare? E poi come faremo a tenerci in contatto? Ti è permesso l'uso di un telefono? Un pc? Devo sapere come stai di tanto in tanto!
-Hank, mi preparo da anni per cose come questa. Per l'uso del telefono o di un pc non so, non mi hanno detto nulla. Prima di partire domani, chiederò informazioni e mi farò sentire. Poi, tutte le nostre operazioni sono state esperimenti per vedere come me la sarei cavata, e sono andate piuttosto bene, no? Sono ancora intera!-
-Si, questo lo so. Ma queste missioni ti cambiano in modi che tu nemmeno immagini.-
Fece una pausa e la fissò.
-Ma siccome ti conosco e so che non cambierai idea dato che sei orgogliosa ti faccio il mio più grande imbocca al lupo. Ma sappi che se la mia ragazza non torna a casa tutta intera, questa volta faccio qualcosa di brutto a quei rottinculo. Fammi sapere domani cosa serai per telefonarmi, prenderò un cellulare apposito. Infine, l'altra cosa di cui dovevamo parlare?-
Erin gli sorrise, poteva sempre contare su di lui. Come padre e capo, quell'uomo era stata la luce nella sua vita. L'aveva riportata sulla giusta strada e ora combattevano insieme contro il crimine. Ma non si sentiva abbastanza sicura della reazione nel dirgli che aveva dormito con il suo ex collega. Dopotutto, la parte di padre sarebbe saltata fuori comunque.
-Già, l'altra cosa è complicata. Voglio essere completamente onesta con te,Hank, quindi ecco. L'altra notte io e Jay abbiamo 'dormito' -mimò le virgolette con le dita- insieme. Tu avevi detto che non volevi relazioni tra colleghi e di fatto io e Jay non lo siamo più da quasi tre giorni. Volevo lo sapessi prima che io partissi, dato che per i prossimi sei mesi non ci potremo più vedere-
Lei era li, che lo fissava, e la sua unica risposta fu -MMH-  Erin richiamò la sua attenzione. -Hank? Hai capito cosa ti ho detto?-. L'uomo alzò gli occhi e la fissò.
-Ho capito, si. E anche se questa cosa che avete fatto non ha infranto nessuna delle mie regole, sono comunque incazzato. Quel ragazzo ha toccato la mia bambina! Come diavolo..! - rivolse gli occhi al soffitto e inspirò.
Erin buttò fuori l'aria che aveva trattenuto e capì la sua reazione: padre protettivo all'attacco.
-Hank, non ha fatto niente di male, la tua ragazza era più che accondiscendente. E poi, sono mesi che ci giriamo intorno, ma non abbiamo fatto nulla per rispetto nei tuoi confronti. Cerca di capire!-
-Certo che capisco! Mi fa andare fuori di testa ma capisco. E perchè me ne pali proprio ora? Oltre all'onestà, cosa c'è sotto?-
-Vedo che sei entrato in modalità 'scopri tutto'. Lo dico ora perchè devi proteggerlo, Hank. In questi mesi dove non ci sarò, butta un occhio nella sua direzione e stagli vicino. Non vado a morire, ma non voglio che stia troppo male. Intesi?-
L'uomo sbuffò e fece un chiaro segno con la testa 'SI'.
-Però, ragazzina, tu devi tornare tutt'intera da questa cosa, okay? Penso io a Rocky, tu pensa a stare viva e vegeta. Promettimelo, Erin.- -Promesso, promesso. Grazie Hank.

Brindarono con le birre, ora meno fredde dell'inizio di quella serata e parlarono di qualsiasi cosa. Ricordarono i vecchi tempi e al momento della buonanotte, Hank le si avvicinò e le diede un lungo abbraccio. 'Viva e vegeta' le ripeté nell'orecchio appena prima di staccarsi e di incamminarsi alla macchina.
Erin lo fissò e si detestò.
Odiava mentire, in generale, ma sopratutto non sopportava celare la verità a Hank.Si, perchè lei sapeva che non avrebbe potuto mettersi in contatto con loro, ma non voleva vedere il loro sguardo quando se ne sarebbe uscita con ' partirò per sei mesi, in Bolivia e non avrete notizie di me da nessuno per quel periodo di tempo'Le si sarebbe spezzato il cuore, e così a loro. Da quel punto di vista, Erin era una donna. Sensibile, sempre a disposizione. Odiava far stare male gli altri. 
Il pomeriggio seguente alle 16.45 il volo da Chicago partì, l'aspettavano 15 ore su quel mezzo e due scali e lei nemmeno amava stare sospesa a seimila metri da terra, ma si era dovuta adattare. Aveva ricevuto tutte le informazioni necessarie. La sua nuova identità, Isabel Clares, era una dottoressa che si era laureata alla Chicago University e aveva deciso di ritornare al Paese originario. Mentre finiva di leggere e memorizzare i documenti affidateli con le lezioni di chimica da imparare, fece partire la playlis del suo telefono, appena sostituito. Trovò una canzone di Florence & The Machine che amava e per alcune ore furono solo lei e Cosmic Love.

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Capitolo 2
*** I'm not letting go ***


Erin si svegliò quando sentì la mano della hostess sulla spalla 'Stiamo atterrando, signorina. Tra 15 minuti inizieremo la discesa'. La donna la ringraziò e cominciò a ricomporsi sul sedile, fece mente locale di ciò che aveva alla partenza e con grande sorpresa notò che c'era ancora tutto. 'E al diavolo quei deficienti dei miei capi'. Prima della partenza le avevano raccomandato nessuna distrazione durante il volo e gli scali. Lei ci era riuscita, il primo volo e il primo scambio erano stati perfetti, ma quando aveva cominciato il secondo volo una forte stanchezza l'aveva attraversata e senza accorgersene si era addormentata. Ma se tutto era ancora li al suo risveglio, quei due l'avevano fatta preoccupare per nulla. Ora stavano arrivando in Bolivia, e la sua nuova vita per sei mesi sarebbe stata quella. Prese in mano il volume di chimica datole e iniziò a ripassare velocemente ciò che aveva imparato solo 6 ore prima. La chimica era una materia dannatamente scientifica. A lei stava bene, ma aveva sempre preferito la letteratura e la storia alla matematica e ai numeri. 'La materia è formata da miscele e sostanze, ma sono più le miscele. L'atomo è una piccolissima parte della materia, e per identificare da cosa è formato e il numero di protoni e neutroni è necessario sapere il numero di massa e il numero atomico. Gli elementi sono posti sulla tavola periodica in base alla configurazione elettronica, ovvero quanti atomi ha un orbitale.'

Guardò fuori dal finestrino.

Le sarebbe piaciuto andare come turista con Jay in quel paradiso. Sicuramente quel Paese era bello da togliere il fiato, i panorami, i luoghi da visitare legati alla tradizione. Ma era anche terribilmente pericoloso e con Jay a suo fianco Erin non avrebbe temuto nulla. Si ridestò e ricordò il discorso avuto con Philiph, il vice della DEA, che le aveva comunicato di alcune soffiate che erano state ricevute dai capi della malavita boliviana sul fatto che una giovane agente stesse arrivando per smantellare il loro traffico. Per lei era stato uno shock, ma quando l'uomo l'aveva rassicurata sul fatto che quelle voci fossero state cancellata, Erin pensò che era normale un po' di burrasca alla prima missione. Sentì il comandante annunciare l'inizio della discesa e legò la cintura, pronta a qualsiasi cosa quel Paese le stesse riservando. O cosi almeno credeva.

 

Ritirò il bagaglio e aspettò il ragazzo che, le avevano detto, avrebbe dovuto avere in mano un cartello con il suo nome. Cercò tra i vari soggetti fermi fuori dall'uscita dei passeggeri e lo trovò. Un ragazzo alto, con un sorriso stampato in volto la stava cercando e quando Erin si alzò dalla sedia e gli andò incontro, si presentarono.

-Isabel Clares - gli strinse la mano - Quispe Condo! Immagino tu sia la giovane chimica che verrà a lavorare con me!- Erin gli sorrise - A quanto pare si! - Il ragazzo la guardò meglio e prese la valigia, mentre si incamminavano all'uscita.

-Posso essere un cafone e chiederti se hai davvero origini Boliviane? Sai sei molto..molto più chiara di me - fece un sorriso imbarazzato, mentre si passava una mano tra i capelli.

-No no, nessun problema, Quispe. Non è un mistero in realtà, io.. sono stata adottata. I miei genitori adottivi sono Boliviani ma sono venuti in America appena dopo gli anni ottanta. Io sono nata nel 1987 e hanno deciso di adottarmi. Mia madre biologica era una drogata e mi aveva abbandonato in un convento, mio padre invece era morto per chissà quale ragione. Mi hanno presa con loro e mi hanno fatta crescere con amore, tradizioni, cultura e sangue boliviano. Ecco perchè non appena mi hanno informato di questa proposta di lavoro ho accettato senza dubbi. Ho sempre sentito parlare di questo Paese, ma non c'ero mai stata prima d'ora.-

-Scusa, non dovevo farmi gli affari tuoi... è che sono un curioso fin da sempre eh.. non ho resistito.-

-No davvero, Quispe, non c'è nessun problema! Se dobbiamo lavorare insieme, dobbiamo sapere e fidarci l'uno dell'altro!-

-Okay, allora.. Chiamiamo un taxi e ti mostrerò la casa dove starai, okay?-

-Perfetto!-

Fu questione di pochi secondi. Quispe allungò il braccio per fare cenno ad un taxi parcheggiato e Erin sentì il rumore della macchina e i colpi. E capì. Un furgone nero sbucò da dietro l'angolo. Aveva già visto mezzi di quel genere. Adatti a rapire una persona, senza permettere a nessuno di seguirla. Alla guida un uomo con il passamontagna nero e affianco un altro, vestito allo stesso modo con in mano un mitra che sparava. Corse al riparo e si mise dietro una lastra di mattoni che pubblicizzava il poster di un nuovo film,  ma sapeva di non poter fare nulla. Sentì le portiere aprirsi e gli spari continuare, sempre più vicini. Le armi erano in valigia, la stessa che ora giaceva affianco al corpo di Quispe.  La sua copertura sarebbe saltata se qualcuno avesse visto una chimica correre e prendere una pistola. Iniziarono a sparare a vuoto, mentre si avvicinavano sempre di più.  Pensava di trovarsi davanti i due uomini al volante 'quelli ' aveva pensato ' erano magari,' poteva riuscire a buttarli a terra ma l'armadio che le si mise davanti le fece perdere un po' la speranza; ma doveva continuare a combattere. Erin cercò di ribellarsi, tirò calci, pugni, sassi qualsiasi cosa riuscisse a trovare all'uomo che si stava avvicinando con tutta la forza possibile metterle un sacco di yuta in testa. 'No, no' si ripetè ' Non è possibile'. Non voleva accadesse. Doveva riuscire a tornare a casa. E se l'avessero presa, questo non sarebbe successo..Erin spostò lo sguardo dall'uomo di fronte a lei a quello che stava per raggiungerli . Questo, notando la difficoltà del compare nel legare una ragazza le si avvicinò di più e quando Erin spostò velocemente la testa e iniziò a tirare calci il più forti possibili l'uomo la colpì con il dorso di una pistola e lei perse i sensi. L'ultimo suo pensiero fu rivolto agli uomini della sua vita,che non avrebbe più visto ne sentito. 'Perdonatemi se potete'.

Si risvegliò di soprassalto, legata ad una sedia di legno. Posizione eretta, mani legate con una fune molto strette l'una con l'altra, dietro la schiena. Mentre le gambe erano legate con la stessa corda alle gambe della sedia. Era una stanza grigia, buia che aveva una sola finestra alle sue spalle e capì, dalla luce che entrava, che non doveva aver perso i sensi per molto al massimo una o due ore.Era posizionata esattamente davanti alla porta, e poteva sentire i suoi aguzzini parlare in spagnolo, mentre vedeva le ombre dei loro passi andare avanti e indietro dalla sua porta.Sapeva perchè si trovava li. Avevano saputo che gli agenti erano stati informati del traffico e volevano far fuori l'agente incaricato di smascherarli. Ma nonostante ci fosse la sua vita in gioco, non avrebbe detto una sola parola, nemmeno sotto tortura. Ne valeva la copertura di tutti gli agenti li da anni, non avrebbe buttato all'aria il loro lavoro. La porta si aprì e due uomini alti e muscolosi iniziarono a parlare tra loro in uno spagnolo dialettale, con parole pronunciate in modo diverso dal solito. Poi, sirivolgero a lei.

-Devi dirci chi sei biondina, o per te finirà male. Sappiamo che sei stata mandata qui per una ragione specifica, ma il nostro informatore è stato arrestato e ucciso prima di potercela dire. - Erin li fissò senza far nessun segno di essere pronta a parlare

-Quindi?- continuò l'altro uomo - Pensi di parlare di tua volontà o dobbiamo tirarti fuori le parole noi?- continuò a fissarli e non rispose.

Il primo che aveva parlato le si avvicinò e le tirò un pugno sull'occhio destro, che le fece diventare subito rossa e gonfia la parte colpita.  -Non vi dirò niente. Per quanto mi riguarda possiamo stare qui anche tutta la notte. Non parlerò.- L'uomo le sferrò un altro pugno, colpendo stavolta l'altra parte del viso più in basso, segnandola con una guancia rossa e gonfia, più l'aggiunta di un taglio al labbro inferiore. Ma lei non cedette, sputò il sangue e la saliva di lato e tornò a guardarli. Faceva dannatamente male, ma mostrarsi debole o sofferente avrebbe lasciato spazio a quegli uomini di lasciarli avvicinare per poi iniziare a parlare. Doveva sopportare tutto per restare il più lucida possibile. Non sarebbe restata li per molto, pensò, prima o poi la squadra avrebbe mandato uomini a controllare il suo lavoro e non l'avrebbe trovata. E allora sarebbero partite le ricerche. O almeno, lo sperava. Uscirono dalla stanza e la lasciarono li, abbandonata a se stessa, con un occhio nero, la faccia gonfia e sangue un po' sparso su tutta la maglietta bianca.

 
-So perfettamente chi ho chiamato, me lo passi. - - Sono Voight, chiamavo per avere notizie di Erin. Mi ha detto si sarebbe messa in contatto con me non appena arrivata, oramai è più di un mese.. Sapete come sta? Se procede tutto bene? - Dall'altro capo l'utente non rispose, ma dopo pochi secondi, cominciò a parlare con lui. -Cosa significa che non si hanno sue notizie da sei settimane?- urlò l'uomo, ancora silenzio dall'altra parte. Poi ripresero. – L'avete mandata voi in quel posto per un lavoro rischioso come pochi e pretendete che sia la mia squadra ad andare a prenderla? CERTO! È OVVIO CHE LO FARÒ. MA DEVI PREGARE DI NON INCONTARMI UNA SERA IN UN VICOLO DI CHICAGO, SIGNOR CAPO DELLA TASK FORCE, O NON LA PASSERAI LISCIA BRUTTO FIGLIO DI PUTTANTA! - Attaccò con ferocia la chiamata e si voltò, l'intero ufficio stava osservando l'animata conversazione tra l'uomo e la finestra. Uscì dalla stanza e guardò tutti prima di parlare, per poi soffermarsi sul ragazzo. -Era la DEA. Mi hanno detto che Erin è sparita. Non riescono a contattarla con nessun mezzo e i loro agenti non riescono a trovare nessun indizio che la riguardi. Vogliono che la ricerca venga affidata a noi, e che ci spostiamo la per trovarla. Chi è con me?-
Tutti gli uomini alzarono la mano incluso Jay, anche se il ragazzo si sentiva in colpa. Credeva l'avesse abbandonato senza spiegazioni e se l'era presa con lei, la pensava di continuo, e si chiedeva perchè non l'avesse più contattato. I primi giorni pensava a problemi di connessione, ma dopo la seconda settimana aveva lasciato stare, ed era andato avanti con questi pensieri fino ad ora. Hank gli si avvicinò- Guardami, Rambo. Hanno preso la mia ragazza. Tu verrai la con me. Niente storie, tu la conosci, vorrebbe che ci fossimo entrambi. In più non sappiamo cosa sta passando e cosa le hanno fatto. -

- Okay - Si rivolse agli altri membri dell'Intelligence. - Vi aspetto domani mattina all'aeroporto alle 5.30, dobbiamo raggiungerla il prima possibile, intesi?- Gli uomini annuirono e finirono di sistemare rapidamente le carte dell'ultimo caso che avevano appena concluso. Fatto ciò, iniziarono a prepararsi per la missione.

Salve a tutti! Spero questra storia vi stia piacendo, fatemi sapere che ne pensate!

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