La Discordia della Morte di Kurokage (/viewuser.php?uid=682468)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo Incontro ***
Capitolo 2: *** Sogno di una notte di ritorno a casa ***
Capitolo 3: *** Smeraldo e Ametista sono pietre preziose ***
Capitolo 4: *** Shakespeare is not in love ***
Capitolo 5: *** Tutti i miti sono greci o tutti i greci sono miti? ***
Capitolo 6: *** Probabile Schizofrenia ***
Capitolo 7: *** Fiducia. È solo questione di Fiducia ***
Capitolo 8: *** Gelosia... diamine, mi stai portando via?! ***
Capitolo 9: *** Tsunami ***
Capitolo 10: *** Brividi ***
Capitolo 11: *** Ali ***
Capitolo 1 *** Primo Incontro ***
Capitolo 1: Primo Incontro
!! Avvertenze !!
Prima d'iniziare a leggere,
tengo a precisare che
tutto quello che trovate scritto
in questa storia è una mia completa invenzione: ogni
riferimento a fatti reali e/o realmente accaduti è
puramente casuale. Anche rifermienti a
storie già esistenti sono puramente casuali
in quanto non ho letto tutte le millemila storie presenti su Efp;
quindi, autore che leggerai e ti riterrai derubato delle tue idee e
della tua storia,
ricrediti: io non ci guadagno niente dal copiare, sopratutto dopo
essermi spremuta le meningi e aver fantasticato per un paio di giorni
su come fare lo svolgimento della storia.
Se comunque ti ritieni offes@,
ti pregherei di contattarmi prima di
denunciarmi persino al WWF perchè credi ch'io tratti male il
mio gatto: non c'è bisogno di alzare un polverone e io non
ci metto nulla a premere il tasto 'elimina'. Prima di premere il tasto,
però, voglio sapere che "l'accusa" che mi viene rivolta,
consta
di fondamento.
Questa è
un'avvertenza che scrivo solo in questo primo
capitolo e che non voglio riscrivere in tutti gli altri.
Detto e appreso questo, di
seguito trovate l'inizio di "La Discordia della Morte": buona lettura.
- Kurokage
1.
Primo Incontro
«Dottore, la stiamo
perdendo...» sento dire, sfocatamente, da
una voce in lontananza.
«Dottore, i battiti stanno rallentando!» un'altra
voce, ancora più lontana di quella di prima.
«La
pressione sta diminuendo!» ah, ecco di nuovo la prima voce.
Tento di aprire gli occhi ma non ce la faccio: sono troppo pesanti.
Sento dei mugugni da qualche parte, in sottofondo.
"Ma possibile che non si possa dormire in pace?!" vorrei
dire, ma
la mia bocca è troppo pesante per poter essere aperta.
In lontananza, sento una voce strozzata e disperata che incomincia a
piangere.
"E per la miseria! Anche i piagnucoloni, ora?! Cosa sarà mai
successo?!"
«Vuoi
saperlo?» dice una voce nella mia testa,
improvvisamente, molto più chiara delle altre.
«Non credo comunque
che la risposta ti piacerà.»
"Cosa diamine..!"
«Sì»
fece sbrigativa la voce.
"Eh?" «Sì, ti ho
detto»
"Ma 'sì' cosa?!" chiesi irritata alla voce.
«Che diamine di
domanda è "Ma 'sì' cosa"?! Sì.
La domanda la dovresti
già sapere!»
Stavo incominciando a spazientirmi.
In sottofondo, le voci si allontanavano sempre più, dandomi
la calma che tanto agognavo da qualche minuto.
"Senti, non so chi tu sia, non so quale dev'essere questa 'domanda che
dovrei già sapere', ma ora sono stanca, quindi lasciami
dormire
in pace"
«No. Questo non posso
ancora fartelo fare»
"... Come... scusa? Mi vuoi anche impedire di dormire, ora?"
«Se necessario,
sì. Non puoi ancora dormire, quindi vedi di
svegliarti»
"Eh no! Questo è troppo! Chi diavolo saresti per darmi
ordini, stupida voce della mia testa?!"
«Chiariamo bene le
cose, ragazzina, io NON SONO una delle voci della tua testa.
Se soffri di
schizofrenia sono affari tuoi, a me non interessa.
Ma ora...
SVEGLIATI!!!» mi strillò quella voce,
facendomi aprire gli occhi improvvisamente.
La testa prese a girarmi e farmi male e figure sfocate si paravano
sopra di me, per poi allontanarsi e tornare di nuovo.
Sbattei gli occhi più e più volte per riprendere
lucidità.
"Dove..." un fascio di luce mi colpì dritta nelle pupille,
facendomi perdere il filo dei miei pensieri e facendomi vedere tutto
sfocato. Di nuovo.
Tentai di sbuffare ma la mia bocca era bloccata da qualcosa,
così
, a fatica, incominciai a mugugnare perché mi liberassero.
Avevo le braccia pesanti e la sensazione delle mie gambe equivaleva
all'importanza di uno sputo.
"Che... miserabile... schifo."
«"Che schifo" non si
dice. Non ti hanno insegnato nulla a scuola?»
Di nuovo quell'insulsa voce.
«Sei
pregata di non darmi dell'"insulsa voce"» disse in tono offeso.
"Tu dimmi chi sei e io correggo i modi. Non soffro di schizofrenia,
quindi sono sana come un pesce"
«Ancora per poco. Sei
fortunata a poterlo ancora dire, in realtà»
quel tono da sbruffona mi avrebbe mandato in manicomio dopo averla
uccisa.
Di rimando, quella voce si fece un grossa e grassa risata.
Potevo quasi immaginarmela prendere forma e rotolare su un immaginario
pavimento.
"Cos'avresti da ridere, ora?!"
«Nu.. Nulla... hehe...
he...» disse a fatica, tentando di ricomporsi.
«Dunque, emh...
Williams... Williams... Ah, eccoti qui!» sentivo
come uno sfogliare di pagine, ma era molto confuso e distante.
«Eris
Williams, nata il 19 giugno nelle vicinanze di Toronto da Mary Margaret
Jones e Kayle Williams in una casetta dall'adorabile tetto azzurro
e-»
"FRENA
FRENA FRENA! Come fai a sapere tutte queste cose su di me?! Chi diavolo
sei?!"
«No, non sono un
demone. E nemmeno un diavolo. Sono solo una docile ed innocua vocina
che vuole confermare chi sei»
"'Docile ed innocua vocina' i gioielli di famiglia che non ho! Mi
manderanno in terapia psicopatica intensiva se continuo a parlare con
te! Sparisci!
Sparisci ora!"
«Io...
sono altamente offeso per ciò che mi hai detto, sappilo.
Questo tuo atteggiamento deve cambiare.
Ad ogni modo, ti stanno per chiamare, quindi fa' la brava e
svegliati»
"...'Offeso'?
Sei... un uomo? La tua voce è indecifrabile, dimmi chi
s-aspetta un attimo, COS'È CHE HAI DETTO?! ALTAMENTE
OFFESO?! Ma se tu non rispondi nemmeno alle mie doman-?!"
«Eris,
tesoro...? Sono... Sono la mamma, mi senti?» mi chiese la
dolce voce di mia madre.
Realizzai solo ora tutto il buio e il silenzio del luogo che mi
circondavano, disturbato solo da un leggero ronzio.
Lentamente, aprii gli occhi, preoccupandomi che quello strano e forte
fascio di luce mi colpisse ancora.
Una dolce ombra, invece, mi accompagnò nel mio risveglio, e
la dolce -ma preoccupata- espressione di mia madre si fece via via
più nitida davanti i miei occhi.
Tentando di sorridere, realizzai con sollievo che la bocca non era
più bloccata.
Immediatamente, quel volto tondo con tratti gentili si mosse, ed un
sollevato e gioioso sorriso si fece strada fra le labbra rosee di mia
madre.
«Oh,
tesoro! Come... Come ti senti? Ti fa' male qualcosa? Stai
bene?» chiese preoccupata.
«Ma...
Mam... Mamma...» dissi a fatica, con la gola secca e la voce
impastata.
«Io
non proverei a parlare, avevi un respiratore in bocca fino a poche ore
fa» mi
disse poco
galantemente la vocina che pensavo se ne fosse andata per davvero.
"Io
COSA?!"
«Calma,
tesoro, calma. Avevi un respiratore fino a poche ore fa.
Ma ora va tutto bene. Vado a chiamare tuo padre, era alle macchinette a
prendere un caffè» disse con un sorriso alzandosi.
Come mia madre se ne andò, quella dannata vocina
tornò a parlare.
«Quindi?
Che vogliamo fare?»
"Si
può sapere chi diamine sei?! Non sei una voce intentata
dalla mia testa, lo so... lo sento"
Lentamente,
un'ombra nera prese forma sulla sedia su cui, poco prima, era seduta
mia madre.
«Alcune
persone ci sarebbero già arrivate, ma siamo cocciuti,
eh?» disse scherzosa l'ombra con una profonda e sensuale voce
maschile.
«Chi...
sei?» tentai
di dire.
«Usa il pensiero. Non hai abbastanza forze per parlare con la
voce» fece una breve pausa in cui continuai a fissare l'ombra
«Da
quanto ho visto, non hai ancora capito cos'è accaduto.
Dimmi... ricordi qualcosa?»
"Dimmi chi diavolo sei"
«Così non andremo da nessuna parte, mia cara. Non
puoi semplicemente rispondermi?»
"Dimmi chi sei"
«Recidiva,
eh? D'accordo. Sono un essere molto più vecchio di te che
odia gli specchi e che non invecchia. Contenta?»
"Oh mio... Dio, sei... sei... un-un vampiro?"
«Sì,
cioè, no! Non sono né il buon Dio né
un vampiro. Sono... qualcos'altro. Ora che ho risposto, puoi rispondere
alle mie di domande?!» mi disse meditabondo, finendo la frase
con un tono irritato.
"D'accordo, d'accordo. Mi hai chiesto se mi ricordo qualcosa, giusto?"
«Sì.
...Sei attenta, noto» disse con aria compiaciuta «Vedi, »
aggiunse immediatamente «Hai fatto una cosa
che, teoricamente, non avresti dovuto fare, quindi ora devo valutare un
paio di cose.
Ti ricordi che cosa è successo?»
"In realtà... ho appena realizzato di essere all'ospedale.
Aspetta, PERCHÉ DIAMINE SONO ALL'OSPEDALE?!"
«Quindi,
non ricordi nulla. Ottimo. No, davvero, fantastico» disse,
portandosi (quella che credevo) una mano alla (quella che
credevo) fronte.
"Perché quella voce da 'sono nella merda'?" dissi un po'
irritata.
«Perché
se tu non ricordi nulla, io non riesco a sapere che cos'hai visto. Se mi hai
visto» mi rispose, calcando l'ultima frase.
«Stanno
arrivando i tuoi. Non raccontare nulla di me, altrimenti ti prenderanno
per pazza. O schizofrenica, se preferisci» disse con una
risatina, svanendo.
Tre secondi dopo, entrarono mamma, papà, e il dottore.
«Quindi?
Come andiamo, signorinella?» mi chiese con un sorriso
quest'ultimo.
«Cre...do...
Ben...ne...» gli risposi a fatica.
«Dottore,
credo che-» iniziò mia madre «Riposo e acqua,
signora, riposo e acqua. È miracolosamente scampata ad un
incidente quasi sempre fatale. Devi considerarti fortunata» mi
disse il dottore, facendomi l'occhiolino ed uscendo dalla
stanza.
"Incidente? Quasi sempre fatale?" «Mam... ma... co...
cos... a... suc... succ... successo?» dissi molto a fatica,
sentendo chiaramente lo sforzo delle mie corde vocali.
Mia madre si sistemò sul letto accanto a me, mentre mio
padre si sedeva sulla sedia vicino al letto.
«Calma,
tesoro, calma. Caro, per favore, prenderesti un bicchiere
d'acqua?» chiese dolcemente mia madre a mio padre che, per
tutta risposta, si alzò e andò a prendere un
bicchiere.
Lei rivolse di nuovo il suo profondo sguardo e i suoi occhi marroni su di me.
«Non
ricordi nulla, tesoro?» mi chiese sorridendo, a cui risposi
di no con la testa.
Ma c'era almeno una parte del mio corpo che non mi facesse male?!
«Puoi provare con gli
occhi» disse quella voce, ridendo come una
dannata.
La ignorai, e tornai a focalizzarmi su mia madre.
Lei, tranquillamente prese a raccontarmi.
«Umh
avrei dovuto immaginarlo, hai preso una gran botta. Vediamo... da dove
incomincio... ah, ma certo! Dall'inizio!» disse con una
piccola risatina.
«Allora...
ti eri alzata sbuffando come sempre, ma eri tutta carica
perché... perché... ah, sì!
Perché a scuola facevano la proiezione di un film»
Proiezione di un film... proiezione di un film... qualcosa nella mia
mente stava incominciando a muoversi mettendo tutti i pezzi a posto.
«Come
tutte le mattine, ti sei alzata, ti sei lavata, cambiata e sei scesa a
fare colazione, mangiando una tazza di cereali al cioccolato col latte
caldo»
Stavo piano piano incominciando a ricordare...
«Poi,
hai preso la cartella e sei uscita per andare a scuola.
Successivamente, non so cosa sia successo, ma ad un certo punto,
un'infermiera dell'ambulanza ha chiamato me e tuo padre, dicendo che
venivi portata all'ospedale.
Ti abbiamo raggiunto in fretta e furia, e quando siamo arrivati ti
stavano per operare a causa dell'emorragia interna che avevi.
Successivamente, hai dormito per due giorni aiutata da un respiratore
che ti hanno tolto quando ti sei svegliata e hanno capito che potevi
respirare da sola.
In questi due giorni, è venuto l'uomo che guidava il
camioncino che ti ha investito per sapere se stavi bene. Che gentile.
Ci ha raccontato come si è svolta la storia. Te la
ricordi?»
Mi ricordavo qualche pezzo di quella giornata, io che
prendevo la cartella e uscivo, quello strano gatto nero che
continuava a fissarmi, la vecchietta che attraversava..
LA VECCHIETTA!
Colta da un lampo, ricordai quasi tutto, e tentai di chiedere a mia
madre come stava la vecchietta che avevo fatto capitombolare per terra.
«Stai
tranquilla, tesoro» mi disse lei dolce «la signora Green
sta bene. Ha preso solo una gran botta quando l'hai spinta, ma sta
bene»
Sospirai sollevata.
Nel mentre, mio padre mi aveva portato un bicchiere con dell'acqua che
avevo avidamente iniziato a bere a piccoli sorsi.
«Quindi...»
dissi con la gola più morbida «sono rimasta
addormentata per tre giorni?» chiesi, mentre il dottore
entrava e reclamava la presenza dei miei genitori.
«Torniamo
presto, cara» mi disse papà affettuosamente mentre
chiudeva la porta della stanza dietro di sé.
«Quindi...
ora ricordi, finalmente?» disse l'ombra , riformatasi su una
sedia poco distante dal letto, facendomi prendere un colpo.
«Mi
hai fatto prendere un colpo!»
«Scusa.
Ora ricordi, quindi?» mi disse l'ombra sbrigativa.
«P-Più
o meno... perché ci tieni
così insistentemente?» chiesi io torva e
curiosa.
«"Più
o meno" quant'è su una scala da uno a dieci? E comunque,
affari miei. Te l'ho detto, hai fatto una cosa che non dovevi fare ed
ora sto tentando di porvi rimedio»
«Umh...
cinque, presumo?»
«Cinque,
eh?» disse con tono divertito «Bene.
Vedrò di trasformare questo cinque in un numero
più alto o più basso» concluse con una
risatina, sparendo.
Io, nel mentre, mi interrogavo ancora su chi o cosa fosse
quell'ombra, ma caddi solo in un sonno profondo, mentre i miei genitori
aprivano la porta della stanza.
«Fa'
piano, sta dormendo» sentii dire da mia madre, prima
d'incominciare a sognare.
/*Angolo
Autore*/
Buona sera/mattina/pomeriggio a
tutti, cari
lettori!
Perdonate gli errori di grammatica se ce ne sono, e non fatevi scrupoli
ad indicarmeli (gentilmente, che non mangio, grazie)!
Parlando della storia, questa è la prima storia
che scrivo da capo a piedi,
senza ispirarmi da nulla.
O meglio, mi hanno ispirato un fumetto ed un film, ma la storia
è
completamente mia.
Parlando del capitolo, lo so che a primo impatto non si capisce molto,
ma se avessi già spiegato tutto non ci sarebbe la storia xD
Nel mentre, fantasticate su cosa diavolo stia succedendo e se
vi viene voglia di tirare a sorte, scrivetelo pure in una recensione...
ci si vede al prossimo capitolo!
(Per chi si è abituato con la musichetta in sottofondo,
allora ascolti pure Hitotsu
Dake no Michishirube
{Akuma no Riddle OST}
|
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Capitolo 2 *** Sogno di una notte di ritorno a casa ***
Capitolo 2 - Sogno di una notte di ritorno a casa
2.
Sogno di una notte di ritorno a casa
Aprii gli occhi lentamente,
dopo aver fatto un profondo sonno senza sogni.
«Caro...» sentii sussurrare mia madre «... si è
svegliata»
Focalizzato ciò che avevo davanti, mi trovai i sorrisi
gioiosi dei miei genitori.
«Avete una faccia
che
dice palesemente "non ti uccido di abbracci solo perché sei
ricoverata". A cosa devo tutto questo... coso?» dissi con un
sorriso, proprio quando il mio sguardo si posò su un panda
di peluche gigante con bambù annesso.
«Ah!
Tesoro!» disse mia madre tutta emozionata «È stato
Mattew a regalartelo! Quando ha saputo del tuo incidente è
corso subito qui a chiederci tue notizie ed a portarti questo panda
gigante. È un ragazzo adorabile, Eris»
finì lei, con occhi sognanti.
...
Facciamo un rewind.
Quando ero alle elementari, Mattew era il mio vicino di casa ed il mio
unico amichetto, mentre alle medie (quando mi sono trasferita in una
cittadella poco distante) ho incominciato a fare nuove amicizie che
hanno stranamente portato Mattew a diventare inspiegabilmente geloso.
Gradualmente, verso il passaggio alle superiori, Mattew era diventato
sempre più geloso, fino a quando il tutto non lo aveva
portato a confessare i suoi sentimenti per me prontamente rifiutati.
Nonostante gli avessi suggerito di interrompere la relazione di
amicizia per evitare ulteriori dolori, Mattew aveva rifiutato dicendomi
che avrebbe messo da parte i suoi sentimenti.
A
tutt'oggi, vi erano stati cambiamenti notevoli: era diventato ancora
più geloso.
Sospirai, osservando quel povero peluche che non aveva fatto nulla di
male.
«Mamma...»
chiesi d'un tratto «hai detto che
mentre dormivo era venuto l'uomo del furgoncino che mi ha investito...
quindi sono stata investita? Cioè, so che
è successo qualcosa, ma io ricordo soltanto che ho spinto la
vecchiet-la signora Green, sulla strada, per evitare che le succedesse
qualcosa»
«Sì,
tesoro» rispose subito mio padre «stavi andando a
scuola, quando hai spintonato la Signora Green lungo le strisce
pedonali per evitare che il camioncino che guidava il Signor Robinson,
che aveva perso momentaneamente il controllo, la investisse.
Così facendo, però, sei stata investita a tu,
cosa che ti ha causato un trauma cranico»
disse serio, guardandomi negli occhi.
Fischiettai. «Wow. Faccio le cose
in grande, eh?» dissi ammiccando e suscitando
un leggero sorriso sulle facce dei miei genitori.
«Tesoro...»
disse mio padre «noi abbiamo bisogno
di prendere un caffè, un attimo. Se hai bisogno, urla, e qui
c'è il pulsante per chiamare il dottore» disse
mettendomi in mano un affarino di plastica bianco con un tasto rosso
nel centro.
Mamma e papà si alzarono, lasciando la stanza con un sorriso.
Il silenzio che riecheggiava
in quelle quattro mura bianche era
disturbato solo dal ronzio delle macchine.
«Cucù!
Sono tornato!» disse l'ombra, prendendo forma
sulla sedia e facendomi venire un colpo.
«Tu... TU!! Mi farai
morire prima o poi!» dissi arrabbiata, portandomi una mano
sul cuore.
Lui si fece una grossa risata.
«Quindi? Hai
ricordato qualcosa, o sei ancora a 5?» disse con la voce di
chi sta sorridendo.
«I... I miei
genitori mi hanno spiegato cos'è successo.. e...
sì, possiamo dire che sto incominciando a ricordare, anche
se
non ricordo esattamente tutta la scena»
«Beh, è
plausibile» disse lui calmo «è
successo tutto troppo velocemente per te. Insomma, sei solo
un'umana»
Lo guardai molto male.
«E? Scusami tanto
signor ombra se sono solo una semplice, comune e mortale umana. Se
avessi potuto avrei scelto di essere Batman, ma non mi è
stato concesso.»
«Semplice ci
può stare, mortale e umana sono azzeccatissimi, ma comune
no. No no. Tu puoi essere tutto, ma non comune»
disse con tono leggermente più serio.
Che cosa diamine intendeva con ciò?!
«Ad ogni
modo» continuò lui «devo
tenerti sotto stretta sorveglianza. Non mi fido di voi mortali: non mi
sono mai fidato né mi fiderò mai»
concluse, sicuro
di sé stesso.
«Scettici,
eh?» dissi con un leggero tono d'accusa.
«Umf. Ricordati solo
che ti terrò d'occhio»
disse sparendo.
Un paio di minuti dopo entrarono di nuovo i miei.
«Tesoro, abbiamo una
splendida notizia per te!» iniziò mia madre,
guardando fiduciosa papà «Se
starai bene, fra tre/quattro settimane ti faranno uscire!»
finì quest'ultimo, cavandomi anche l'ultimo briciolo di
felicità che avevo in corpo.
«Tre... quattro...
settimane, eh?» «Sì!»
mi risposero subito loro due, gioiosi come la Pasqua.
Sbuffai.
E ora, chi mi salvava più?
I medici avevano allungato la mia permanenza in ospedale da tre a
quattro settimane, rendendo l'eterno inferno di attesa ancora
più lungo.
Fortunatamente, il giorno della mia rimpatriata era finalmente
arrivato, e tutto quello che desideravo era ritornare nella mia adorata
camera da letto.
Durante la mia permanenza in ospedale, mi era venuta a trovare un sacco
di gente: la signora Green, il signor Robinson, dei miei
compagni
di scuola, Matt, la signora Green, due mie lontane zie venute in
vacanza, il signor Robinson, Matt, la signora Green, Matt e di nuovo la
signora Green.
E lo chiamavano "ricovero", eh?
Tornata a casa, la prima cosa che feci (che tra l'altro mi
costò
una sfiorata caduta lungo le scale con doppio salto mortale) fu
fiondarmi in camera mia chiudendo a chiave la porta.
Nessuno avrebbe potuto disturbare quel momento.
Nessuno.
«Heilà!
Ci siamo rimessi in sesto eh?» disse l'ombra, improvvisamente
apparsa sul mio letto, facendomi fare un balzo in dietro talmente
grande da sbattere contro la porta.
«Eris, tutto bene?» disse la voce preoccupata di
mia madre dal piano di sotto.
«Sìsì,
tutto a posto, ho solo preso contro alla porta!» gli urlai di
rimando, perché mi sentisse.
«Perciò...
questa è la tua stanza...»
«Non mi sembra di
avertici mai invitato» gli dissi, guardandolo in cagnesco.
«Non
sono mica un vampiro, cara, non devo essere invitato per entrare dove
voglio» disse con tono ironico e affilato.
«Fuori.
Ora»
«Non
puoi cacciarmi, Eris. Sono peggio di un incubo. Ti troverò
sempre, che tu lo voglia o no» disse svanendo.
Brividi freddi mi corsero lungo la spina dorsale.
Cos'era questa sensazione di pericolo e paura che sentivo?
Tentando di calmarmi, mi buttai sul letto prendendo in mano il primo
libro che trovai.
Aprii al primo capitolo, ma le righe si confondevano l'una con l'altra
e la testa girava così tanto che richiusi il libro di scatto
e
fissai fuori dalla finestra.
Era una bella giornata di sole e un'aria leggera scuoteva le foglie del
salice piangente che avevo davanti la finestra.
Voltai lo sguardo e osservai tranquilla i poster appesi alla parete.
Non erano temi tanto... felici e rosei, ecco, ma erano film che avevo
sempre amato.
Fra i tanti, disposti con cura e al millimetro, sulle pareti e sulle
ante dell'armadio, risaltavano quello di Dracula (del regista Coppola),
un'attraente Achille in Troy, un tenebroso Brandon Lee con un corvo
vicino e un pragmatico V che nascondeva la sua maschera dietro ad un
cappello abbassato.
He... vive la
révolution!
Più calma e tranquilla, tornai a prendere in mano il libro
che avevo malamente chiuso.
Ritornai ad aprire al primo capitolo noncurante della copertina e lessi
le prime righe.
"UN MARE D'AMORE, LUCY
Quell'incisione era l'unica cosa su cui il dottor Jack Seward riuscisse
a concentrarsi mentre si sentiva sopraffare dalle tenebre.
In esse trovava la pace: nessuna luce impietosa a illuminare i
brandelli della sua vita."
«A-ha!» esclamai di punt'in bianco «Questa la
so!» dissi, incominciando a pensare la risposta che
arrivò fulminea «Undead!»
Perdendo il segno, anche se il primo capitolo era abbastanza vicino
all'inizio del libro, chiusi il libro e guardai la copertina.
Avevo fatto centro di nuovo.
C'era da dire che, fin da quando ero bambina, ero sempre stata un'avida
lettrice che imparava i suoi libri quasi a memoria.
Amavo leggere, e riconoscevo un libro già dalle prime parole.
Posai il libro sul comodino a fianco del letto, e guardai la pila che
lo occupava interamente.
Mentre col dito scorrevo sui dorsi per scegliere che libro leggere, una
voce dal piano inferiore annunciò che era pronto il pranzo.
Con tutta la calma che potevo usare per la mia testa, mi fiondai nella
sala da pranzo, pregustando il sapore delle deliziose lasagne che nonna
aveva preparato.
Per il resto non sapevo, ma per quanto riguardava il cibo, avere una
nonna italiana era il top.
Succose lasagne appena sfornate.
Mia nonna si voltò a guardarmi con occhi adoranti.
«Sono
contenta che tu stia meglio, mia cara. Sono stata molto in pensiero,
sai?» mi disse con una voce calma e dolce che lasciava
intendere
il sollievo di una preoccupazione passata.
«Sto
bene, nonna. Grazie per esserti preoccupata» le dissi con un
sorriso a trentaquattro denti, facendole curvare le labbra in un dolce
sorriso.
Avevo la pancia che mi stava seriamente scoppiando.
Erano delle settimane che andavo a roba sana ed equilibrata ed ora mi
ritrovavo con questa bomba atomica in casa.
Diamine, la nonna sapeva farci!
Era pomeriggio inoltrato quando la nonna decise di tornare a casa ed io
me ne andai in camera a leggere.
Ritornai a rimirare la pila di libri sul comodino, scegliendo infine di
rileggere le ormai consumate pagine di Dracula.
Conoscevo quel romanzo a memoria ed ogni volta che lo leggevo, non
potevo far altro che notare il lato solitario di Dracula.
Ero arrivata circa al decimo capitolo, quando mi appisolai, sentendo il
peso del libro scivolare dalle mie mani sulla mia pancia.
Sapevo di stare sognando.
Eccome se lo sapevo.
Anche perché era totalmente impossibile che io potessi
vedere Dracula ballare con Mina.
Quindi, stavo sognando.
Era una sensazione strana, come se io avessi potuto vedere tutto, ma
loro non avrebbero mai visto me.
Sospirai dolcemente, vedendo
la momentanea felicità negli occhi di Dracula.
«Che cosa non fare un uomo per amore?» mi chiesi
retoricamente.
«Per amore, un uomo,
è disposto a dannarsi. A farsi uccidere. A tradire ed essere
ucciso» mi disse
improvvisamente una voce maschile.
Con un salto all'indietro per lo spavento, mi voltai a guardare il mio
interlocutore.
Era vestito con abiti da ballo settecentesco, tutto ricami e seta.
Una maschera gli copriva la parte superiore del volto, e stava
osservando anche lui lo scenario.
Quando si voltò a guardarmi rimasi di pietra.
Aveva due occhi viola intenso con una luce che gli brillava dentro,
rendendoli quasi... magici.
Tentando di distrarmi da quegli occhi ipnotici osservai i suoi vestiti.
Era un tipico vestito da ballo del 1700 da nobile, grigio perla, con
ricami grigi che risaltavano.
Sotto la giacca, dello stesso tessuto e trama dei pantaloni, si poteva
intravedere un semplice panciotto color grigio freddo e lo jabot era
bianco e in pizzo.
Non indossava il tricorno, il tipico cappello da uomo del '700, e aveva
i capelli bianchi cotonati raccolti da un nastro dello stesso colore.
Osservare i suoi capelli, però, mi aveva riportato ai suoi
occhi.
Quegli occhi viola erano circondati da una maschera nera che nascondeva
solo la parte alta del viso.
Ai lati pi esterni era prolungata da eleganti e soffici piume nere, che
non stonavano affatto con la trama in pizzo della mascherina.
Ed accentuavano quegli occhi ipnotici.
Lui mi tese una mano e mi sorrise, l'esatta copia di un
dongiovanni nobile, bello e ricco.
E misterioso.
«Vieni. Devo
mostrarti una cosa» mi disse con voce dolce e sensuale.
Solo quando presi la sua mano per alzarmi, mi resi conto di come ero
messa.
Anche io, ero vestita come una dama del 1700 che andava ad un ballo.
Il mio vestito era abbastanza semplice, nero, con la parte davanti del
corpetto e della gonna di un blu acceso ricamato.
Le maniche mi arrivavano alle mani terminando con del delicato pizzo
nero sopra blu.
L'acconciatura... beh, era meglio dire la parrucca, era voluminosa,
cotonata e scomoda.
Ma tutto sommato carina, caratterizzata da boccoli e riccioli di ogni
sorta che lasciavano ricadere sulla spalla una piccola coda di capelli.
Mi portai una mano agli occhi, dato che sentivo fastidio, e scoprii
così anch'io di avere una mascherina.
Da quanto potevo toccare, era in pizzo con una... rosa, forse, ad un
lato, da cui spuntava una piuma.
«Vogliamo
andare?» mi tornò a chiedere lui.
Esitai un istante.
«... E chi sareste voi, il fantasma del Natale
passato?» dissi.
Lui rise e mi fissò più intensamente.
«Voglio mostrarvi
una cosa, ma dovete seguirmi»
Dannato istinto curioso.
«...
D'accordo» dissi semplicemente.
Lui sorrise e il mio
cuore perse un battito.
"Per la miseria, Eris!
Datti del contegno!" canzonai a me stessa.
Mi prese delicatamente la mano sinistra e la posò sulla sua
spalla e nel mentre, intrecciò la sua mano
sinistra con la mia libera.
Mi posò la sua mano destra sul fianco e iniziammo a ballare.
«No,
cioè... aspetta un attimo...» gli dissi, presa da
un momentaneo panico «io.. io non so
ballare, figuriamoci se so ballare una
roba del genere!»
«Non è
"una roba del genere"» mi disse con tono gentile «è Valzer»
«Uh, wow»
dissi di rimando «No, aspetta. Stiamo
ballando cosa?!»
Lui sorrise.
«Lasciati andare.
Guido io»
Come magia, ci ritrovammo nella scena che avevo immaginato insieme agli
altri ballerini.
Ogni mio pensiero svanì e non feci altro che seguire
ciò che lui mi aveva detto.
E ballai.
Ballai soltanto.
Dopo un tempo che mi parve interminabile, ripresi coscienza di me
stessa.
Stavo ancora ballando con lui, un valzer lento, dai movimenti delicati
e aggraziati.
Ma "lui" era una persona a me ignota.
«Posso... posso
farvi una domanda?» chiesi, prendendolo alla sprovvista.
«Certo» mi
sussurrò lui all'orecchio, con un sorriso.
Ballammo ancora un paio di giravolte, continuandolo a fissare negli
occhi.
«Voi...»
esitai un attimo «Voi chi
siete?»
Lui sorrise dolce, come se in molti gli avessero fatto questa domanda,
ma io glielo chiedessi davvero.
«Io
sono...»
Mi svegliai di soprassalto con la gola secca.
In un attimo di disorientamento notai che era buio pesto fuori e l'ora
sulla sveglia confermò il fatto che fosse notte fonda.
«Le tre di mattina,
eh?» gracchiai togliendomi dalla pancia Dracula e scendendo
dal letto.
Andando al piano inferiore per arrivare in cucina a prendere da bere,
tentai di capire perché avessi sognato una roba del genere.
Insomma, non ero per nulla il tipo che voleva vivere nel settecento
tutto balli, fronzoli e intrighi.
Però... però dovevo ammettere che mi era piaciuto
ballare con qualcuno.
"Oh, andiamo, Eris!
È stato solo un sogno! Solo. Un Sogno."
Presi una bottiglia d'acqua
dal frigo e ne versai un po' in un bicchiere.
"Però...
è stato bello ballare con qualcuno. E aveva degli occhi
veramente magnifici..." pensai fra me e me.
Mentre bevevo tranquillamente, sentii una presenza alle
mie spalle.
Mi voltai e per poco non feci cadere a terra il bicchiere.
«Mi sembrava di
averti detto che non volevo vederti più»
«Hai detto di uscire
dalla tua stanza, non di scomparire per sempre» disse
l'ombra, elegantemente appoggiata sul ripiano della cucina.
«Sparisci»
«Non sono ai tuoi
ordini»
In realtà, nemmeno lo ascoltai.
Mi diressi dritta dritta in camera e chiusi la porta alle mie spalle.
L'indomani... beh, fra più o meno quattro ore in
realtà, sarei dovuta tornare al mio solito tram tram
scolastico.
Non avevo tempo da perdere con simili schizofrenie inventate.
Mi misi il mio adorato pigiama e mi cacciai sotto le coperte, ignorando
qualunque cosa mi sembrasse irreale.
Poco prima di cadere nel mondo dei sogni, però, sentii
qualcuno sussurrare qualcosa, ma non ci diedi molto peso e continuai a
dormire beata.
"Anche a me... piace ballare
il Valzer" aveva
detto.
/*Citazioni
e Riferimenti*/
È
stato citato il primo paragrafo del libro Undied - Gli immortali di
Dacre
Stoker e Ian Holt
/*Angolo
Autore*/
Ed eccoci anche col
secondo capitolo! Perdonate gli errori di battitura, ma non riesco a
riconnette il cervello, ormai xD
Credo... che questo capitolo sia un po' confusionario e complicato, ma
nemmeno io non ho capito molto.
Oh.
Forse non dovevo dirlo.
No, dai, scherzo! È solo che questo capitolo è
stato molto... difficile da scrivere perché, PC a parte,
avevo una tabula rasa che comprendeva anche il contare i numeri O.o
Spero che, comunque, piaccia :D
Al prossimo capitolo!
- Kurokage
|
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Capitolo 3 *** Smeraldo e Ametista sono pietre preziose ***
Capitolo 3 - Smeraldo e Ametista sono pietre preziose
3.
Smeraldo e Ametista sono pietre preziose
Diamine se avevo dormito male.
«Eris, tesoro!! È ora di alzarsi o farai
tardi!» disse la voce di mia madre buttandomi giù
dal letto.
Mi stropicciai la faccia una mano e mi stiracchiai le braccia.
Andai in bagno, bussando per sapere se dentro c'era qualcuno; mi lavai
faccia e denti, e mi sistemai i capelli.
«Oh...
divinità!» dissi, osservandomi allo specchio.
Avevo una cera schifosa!
Due leggere occhiaie si erano comodamente prese una vacanza sotto gli
occhi e non sarebbe stato preoccupante se solo non avessi avuto una
pelle chiara.
Sembravo un fantasma che ha preso due pugni negli occhi.
Corsi in camera a vestirmi prendendo la prima roba che avessi
sottomano: jeans e una maglia che mi aveva fatto mia madre per il mio
compleanno.
Alla velocità della luce tornai in bagno e mi misi un po' di
trucco, quel tanto che bastava più che altro, a mascherare
un po'
quei due cazzotti formato occhiaie.
Volai al piano terra e mi diressi in cucina.
Là, trovai mamma ai fornelli e papà che leggeva
beatamente il giornale a tavola.
«A TAVOL-Ah, sei qui cara» mi disse mamma con un
sorriso.
Papà mise via il giornale, mentre la mamma metteva al centro
della tavola un fumante piatto di pancakes.
«Bisogna
incominciare bene la mattina, no?» mi disse lei allargando il
sorriso.
«Infondo,»
finii mio padre «è il tuo
primo giorno di scuola. Ma solo per la seconda volta»
disse, scatenando delle grasse risate sia a me che a mamma.
Mangiammo con calma, e le
sette e mezzo, arrivarono presto.
«È ora di
andare» mi disse papà.
«Sì»
gli risposi, prendendo la mia cartella a tracolla e incamminandomi
fuori.
«E non farti
investire!!!» urlo mia mamma dalla cucina.
«Perché
è divertente farsi investire, no?» dissi
bofonchiando,
mentre mi chiudevo la porta alle spalle e mi incamminavo per scuola.
Da casa mia alla GreeMyth High School c'erano giusto dieci
minuti di camminata.
Sentii
che avevo sobbalzato e smisi di respirare quando passai di fianco alle
strisce pedonali dove, poco tempo prima, ero stata investita.
"Almeno, non ci sono
vecchiette nei dintorni" mi dissi con un mezzo sorriso per
calmarmi.
Passai le strisce ed in men che non si dica ero arrivata a scuola.
Un senso di mancanza, arrivata ai cancelli imponenti dell'entrata, si
riempì.
«Ecco qua la nostra salvatrice provetta!» sentii
dire da una voce famigliare.
«Matt!
Ho saputo che sei venuto a farmi visita. Grazie» gli dissi
educata, mentre tentavo il più possibile di mantenermi alla
larga
da due metri e settanta di gelosia.
«No devi
ringraziarmi, piccola» disse lui avvicinandosi.
«Non sono piccola. Sono un
metro e sessantacinque!» dissi io, scatenando una sua risata.
Nel mentre, una mia vecchia conoscenza si avvicinò.
«EEEEERIIIIIIIIISSSSsss!!!»
disse Mary con l'eco, fiondandosi su di me.
«Erismiseimancatatantissimo!!!!»
disse lei con voce piagnucolante.
«Mary, se continui
così, però, io non capisco un tubo...»
dissi sorridendole.
Mary era un'estroversa ragazza di diciotto anni, mia compagna di banco,
ed un biondo metro e cinquanta di dolcezza.
I suoi grandi occhioni blu mi scrutarono attentamente.
«Mi sei
mancata»
«Anche tu»
«Io ti sono venuta a
trovare, tu no»
«Ero ricoverata,
Mary!»
«Lo so»
disse lei con un sorriso, trascinandomi via da Matt.
«Devo raccontarti un
saaaaaaacco di cose! Ma prima!!!» disse guardandomi con occhi
scaltri «Devo farti
conoscere il nostro nuovo acquisto...»
«Nuovo...
acquisto?» balbettai pensierosa.
Mi prese una mano e mi trascinò in un luogo recondito e
sperduto della scuola: in mensa.
All'entrata, tutti gli occhi si puntarono sulla sottoscritta ed un
silenzio tombale invase la sala.
"Ed ella
esplorò mari e confini, cieli e spazi ma non
trovò silenzio alcuno.
Solo l'impresa di colei
che era la prescelta riuscì a tacere il confuso brusio di
coloro che non credettero..." pensai.
A volte ero proprio brava a farmi i miei filmini mentali.
Mary mi trascinò ad un tavolo dove alcuni ragazzi e, strano
a
dirsi, un mucchio di ragazze avevano ripreso a parlare animatamente.
Ben presto, quando "il nuovo acquisto" si voltò a fissarmi,
capii il perché di tutte quelle ragazze.
Due occhi verdi mi stavano fissando curiosi di sapere chi ero.
No, non erano semplicemente verdi. Erano smeraldo.
Mi tornarono in mente gli occhi del ragazzo mascherato, quello del
sogno... avevano la stessa luce ed intensità.
«Eris, lui è...» incominciò
Mary, ma non l'ascoltai nemmeno un secondo.
Quegli occhi continuavano a fissarmi, a incatenarmi a loro, e non
riuscivo a distogliere lo sguardo.
Erano profondi, chiari, misteriosi... e riuscivano a guardarti dentro.
«...classe»
concluse Mary, senza notare che non l'avevo nemmeno seguita per uno
straccio di secondo.
Lui mi tese una mano.
«Nonostante Mary
abbia già fatto la mia presentazione, mi sento in dovere di
ribadirla» disse con un sorriso.
Sapeva.
Sapeva, aveva visto che non avevo degnato Mary di un ascolto.
«Mi chiamo Thy.
Soahc Thy. Con l'h»
Dovevo appuntarmi il suo nome da qualche parte.
Allungai la mano verso la sua e la strinsi.
«Eris. Eris
Williams. È un piacere fare la tua conoscenza»
Per un solo secondo, una luce di sorpresa gli illuminò gli
occhi al suono del mio nome.
«Il piacere
è tutto mio... Eris» disse, facendomi sciogliere
come gelato.
Per gli dei romani, greci, normanni, gallici e tutti gli altri!
Aveva la voce più calda e sensuale che avessi potuto udire
in diciotto anni della mia vita!
Mi misi a sedere e cominciai a chiacchierare con i miei compagni di
classe: scoprii così che Thy era arrivato da poco, e che si
era
sempre trasferito di città in città sin da quando
era
piccolo.
Il più delle volte,
rimanevo in silenzio a meno che non fossi interpellata.
Non ero mai stata così silenziosa.
Generalmente avevo sempre qualche mia opinione da esprimere o qualcosa
da controbattere, ma questa volta... questa volta no.
Questa volta, la voce di Thy era tutto quello che mi importava.
Se avessi dovuto paragonare le sue caratteristiche a delle cose, avrei
sicuramente detto che era affascinante come un Adone (anche se
poi non lo avevo mai visto), la sua voce era ammaliante come
quella di una sirena (anche se, in realtà, non le avevo mai
sentite) e i suoi occhi erano... erano... spettacolari.
Insomma, un gran pezzo di ragazzo su cui era legale sbavare.
«Hei,
ma... perché siamo in mensa?» sbottai, realizzando
che era
quasi un'ora che eravamo lì dentro e che le lezioni dovevano
essere già iniziate da un po'.
«Diamine, me ne sono
dimenticata!» sbottò Mary «Oggi si parte
tardi» disse, con un sorriso a trentaquattro denti stampato
in faccia.
«Ooooh»
risposi io di rimando come un bimba estasiata.
Thy rise.
...Potevo sentirlo chiaramente.
Qualcosa, dentro di me, stava urlando uno spaventato "AI RIPARI!!! LA
STIAMO PERDENDOOOO!!!".
Che poi, avevo solo perso qualche battito nel sentire la sua melodiosa
risata.
Che vuoi che sia?
La campanella segnò l'inizio della seconda ora e ci avviammo
tutti nelle rispettive classi.
Come sempre, io mi sedetti al mio posto (che, a dirla tutta, non mi era
poi così
mancato): prima fila, terzetto dei banchi centrale, posto centrale,
Mary a destra.
Anche quella mattina, mi aspettai che Matt tentasse invano di comprarmi
per sedersi di fianco a me, dato che il banco alla mia destra era
sempre stato libero, ma quella mattina non accadde.
Anzi, mi passò di fianco, mi guardò con uno
sguardo a
metà fra il triste, il collerico e il geloso, e
continuò
verso la fila di banchi dietro la mia.
Wow.
Mi chinai per prendere dalla cartella astuccio, libri e quaderno,
quando sentii la sedia di fianco alla mia sfregare leggermente il
pavimento.
Allora, mi chinai fino a vedere le scarpe e constatai che, stranamente,
qualcuno si era seduto accanto a me fregando il posto a Matt.
Mi tirai su, senza voltarmi.
«Spero
non ti dia fastidio che mi sia seduto qui. Quando sono arrivato il
professore aveva detto che questo era un posto libero»
"Che il cielo possa
crollarmi addosso
se solo io creda che tu mi dai fastidio! Sei il mio salvatore! L'unico
e solo!! Oltre che essere un gran gnocco..."
«Oh, Thy! Non ti
avevo visto! Ma certo che non mi dai fastidio» gli risposi
con un sorriso.
Non potevo essere più contenta di così!
Thy aveva delimitato finalmente il muro che mi separava da Matt, e
Matt... beh, questa volta doveva arrendersi.
Lui non immaginava quanto gli volessi bene, ma era un amico, un amico
punto e basta.
Da tempo, era lui quello che si arrovellava su storie fantasticamente
impossibili fra noi due.
Gli volevo bene. Punto.
E più di una volta lo avevo messo in chiaro.
Ma lui continuava a fare il mulo testardo e a voler sbattere contro il
muro.
Io mi ero stancata di passargli le bende, ma lui se le andava a
prendere da solo!
Tornai a concentrarmi sulla lezione, pregando che nient'altro mi
distraesse.
«...
e morì nel 1967, prima del suo ottantunesimo compleanno.
Tutto
chiaro fin qui, ragazzi?» disse il professore.
Oddei, chi era?
Allungai gli occhi sul quaderno di Mary e cercai un titolo fra tutti
quei cuoricini e stelline che lo invadevano.
Si... Sig... Ah, ma certo! Siegfried Sassoon!
Sfogliai velocemente le pagine del libro fino a che non lo trovai, e
continuai a seguire la lezione.
All'incirca un tempo interminabile più tardi
suonò la campanella del pranzo.
Dopo ore infernali fra Italiano, Matematica e Biologia, non capivo
più un tubo.
Passai dalla caffetteria a prendere un panino e salutai la signora
Collins alla cassa.
«Cosa ci offre di buono la cucina, oggi, signora
Collins?» chiesi gentile.
«Gli hanno
già fatto questa domanda in almeno venticinque, quindi, se
la signora Collins me lo permette, lascia che ti risponda io»
disse una voce proveniente da dietro.
La signora Collins sorrise «Ma certo»
Io mi voltai e trovai Thy in fila esattamente dietro di me.
«Tramezzini con
pollo, con funghi, con burro di arachidi, pizza e yogurt. Ma ricordati
di prendere qualcosa da bere, altrimenti ti tocca rifare la fila come
me» disse, facendomi l'occhiolino.
Avanzai, ordinando un semplice tramezzino coi funghi ed un
tè alla pesca fresco.
«Posso sedermi di
fianco a te? O forse non ti vado a genio?» mi disse,
rincorrendomi a passo svelto.
«No.. no... certo
che mi vai a genio. Credo. E.. sì, certo, puoi sederti di
fianco a me» gli risposi frastornata.
«Scusami»
mi rispose lui «Ma è che
ormai sono così abituato a cambiare scuola che sono anche
abituato a ricevere un sacco di domande. Tu... Beh, tu non me ne hai
fatta nemmeno una, quindi credevo di starti antipatico...»
disse con tono di scuse.
«"Non fare di tutta
l'erba un fascio", no? Non mi è mai interessato sapere vita,
morte e miracoli delle persone» gli dissi con un sorriso.
«Ah! Eccoli
là» aggiunsi subito dopo «Vieni, andiamo a
sederci»
Raggiungemmo il tavolo con tutti i miei amici e non ebbi nemmeno
bisogno di presentare Thy, dato che già lo conoscevano tutti.
Chiacchierammo del più e del meno, molti mi fecero domande
sull'incidente, mentre molte
fecero domande a Thy riguardo beh, la sua vita, morte e miracoli.
Mentre parlava, ne approfittai
per guardarlo.
Non era il tipico ragazzo biondo-occhi-azzurri-giocatore-di-rugby che
si trovava in tutte le scuole, quello muscoloso ma povero di
comprendonio, no, quello semmai era Matt.
Thy era... il giusto.
Fisico magro, capelli corti mori, viso a cuore e due dannatissimi occhi
verde smeraldo.
Che mi stavano fissando.
«Ho... qualcosa in
faccia?» mi chiese curioso.
«Ah? No, no, scusa.
Ero solo... sovrappensiero»
"Vai Eris!! Sei in tutti
noi!!! Figura di merda scampata!!!"
«Oh. Ma
certo...» rispose lui.
Avevo... Avevo sentito male?
Sì. Sì, dovevo per forza aver sentito male.
Non poteva esserci una nota di delusione nella sua voce.
Tutti quei giorni all'ospedale mi avevano sicuramente fatto diventare
schizofrenica.
Il che, mi riportò ai ricordi dell'ospedale.
... Era un po' di tempo che non vedevo l'ombra.
Ero stata un po' cattiva ad averla cacciata via, ma mica potevo far
entrare in camera mia tutti quelli che passavo!
Aveva detto che mi avrebbe tenuta d'occhio, ma non l'avevo ancora visto.
Bah, probabilmente mi stava aspettando a casa.
«...
realtà sì» disse Thy, facendomi
ritornare alla realtà.
«Ho un fratello
gemello, ma non ci assomigliamo per niente» aggiunse con una
risatina.
Un coro di "allora ce lo devi presentare!!" arrivò
dall'inizio della stanza fino al tavolo e mi assillò il
cervello.
Oh. No.
Cheerleader.
Una sottospecie di mandria di buoi formato donne umane, si
avventò sul nostro tavolo e Sherley Cooper si distese a mo'
di diva del cinema Hollywood.
«Quindi... tu... sei
il nuovo arrivato...» disse con la voce ammaliante di un'oca
che starnazza.
No, ok, non era vero.
Sherley aveva una bella voce, ed anche un bel corpo, ma proprio non la
sopportavo.
Si vantava di avere tutto e tutti (e che per Zeus, qualcuno mi dica che
vanto si ha nell'essersi fatti tutti i ragazzi nella scuola), ed ora
stava tentando di avere il nuovo arrivato.
Un classico.
Monta la testa al novellino, che tanto poi qualcuno gli dirà
"ah, beh, ce la siamo fatta tutti".
Ogni volta che guardavo Sherley, sentivo le donne che avevano lottato
per l'emancipazione femminile tornare in vita e buttarsi giù
da un ponte.
Fosse almeno simpatica.
Alta, bionda e occhi blu, stava tentando di prendere tutte le
attenzioni di Thy, ma Thy stava elegantemente resistendo.
Povero ragazzo. Se non fosse stato un colpo basso al suo orgoglio, gli
avrei detto io stessa di "andare a chiacchierare" con Sherley.
Quest'ultima, nel mentre, lo stava affogando di domande sul
chi-come-perché del senso dell'esistenza umana, e quando
capii che Thy mi stava lanciando occhiate d'aiuto (evidentemente aveva
capito che ero l'unica a non essere "spaventata" dal potere di
Sherley), esordii con un «Quindi, cos'hai
dopo, Thy?»
«Epica»
disse lui immediatamente.
«Ottimo. Allora
sarà meglio sbrigarci» gli dissi prendendolo per
un braccio «il signor Bradly odia i ritardatari.
Sopratutto se sono novellini» aggiunsi, trascinandolo verso
l'aula di Epica.
Sherley rimase interdetta e mi fulminò come solo una vipera
sa fare.
Matt mi scuoiò col pensiero, ma ci diedi poca importanza.
«Grazie»
mi disse Thy con la voce di uno che è appena stato slavato
da morte certa.
«Sei un novellino.
È compito dei più grandi, proteggerti» dissi
scherzosa.
«Guarda che abbiamo
la stessa età, sai?» disse, guardandomi
scherzosamente di traverso.
«Beh, sei comunque
un novellino» gli risposi, dandogli una gomitata amichevole.
La campanella suonò e le lezioni incominciarono.
Con mia grande sorpresa,
scoprii che io e Thy avevamo un sacco di lezioni in comune e
grazie a ciò, facemmo conoscenza molto velocemente.
Era un ragazzo simpatico, dal carattere equilibrato fra l'introverso e
l'estroverso, sempre con la battuta pronta ma mai sulle discussioni
importanti.
Con lui ci si divertiva un sacco.
Quando, dopo Trigonometria, ci separammo, lui andò verso
l'aula, mentre io, che mi stavo tranquillamente dirigendo verso l'aula
di Scienze, venni "placcata" da Matt.
«Quindi?»
mi chiese lui con tono irritato.
«Quindi?»
gli risposi.
«Cosa vogliamo fare
col novellino, eh?»
«Nulla, Matt.
È un ragazzo simpatico, è nuovo e abbiamo un
sacco di lezioni in comune. Tutto qui» gli dissi, tentando di
scansarlo per arrivare all'aula.
«Tutto qui,
eh?» disse lui, arrogante e irritato, mentre mi bloccava il
passaggio.
«Matt, posso andare
a lezione?!» dissi esasperata.
«Solo se prima mi
dici come stanno realmente i fatti»
Sospirai «Te li ho
già detti i fatti. Cosa vuoi che ti dica, che è
carino? Sì, lo trovo un ragazzo molto carino. Vuoi che ti
dica che ha dei begli occhi? Sì, ha degli occhi veramente
belli. Vuoi che ti dica ch-» mi interruppe facendomi sbattere
con l'armadietto «NON dirlo mai più.
Sono stato chiaro, Eris?»
«Tu non sei
né mio padre né mio fratello né sei il
mio ragazzo, Matt. Datti del contegno e smettila di fare la persona
ferita e orgogliosa. Te l'ho già detto milioni di volte: fra
me e te non c'è nulla. Quindi, ora, cavati dalle
scatole»
Lo scansai e andai a Scienze.
A parte quello spiacevole episodio di gelosia, la giornata
continuò piuttosto tranquilla.
L'ora dopo, ritrovai Thy che mi teneva il banco libero di
fianco al suo, e un sorriso mi comparve sulle labbra.
«Non dovresti essere
così indifeso con persone che non conosci. Potrei essere una
cattiva persona» gli dissi
sorridendo, mentre mi sedevo di fianco a lui.
«Mi
prenderò il rischio...» mi rispose, sorridendo e
facendomi sorridere ancora di più.
Dopo due interminabili ore, la campanella suonò e ci
liberò dal male supremo per almeno quel giorno.
Stavo per uscire dalla porta d'entrata, quando mi sentii tirare
leggermente un braccio.
«Thy! Mi hai fatto
prende un colpo!» gli dissi sorridendo.
«Scusa. Io.. ecco..
volevo solo...» incominciò lui imbarazzato.
Lo guardai curiosa.
«Ci... Ci vediamo
domani, d'accordo?» mi chiese fissandomi con quegli occhi di
smeraldo.
«Sì, puoi
contarci» gli risposi, e i suoi occhi verdi brillarono come
se gli avessi promesso eterno amore.
Risi, e i suoi occhi si accesero di curiosità.
«Cosa?»
«Nulla, non
preoccuparti. Avevo solo fatto una faccia buffa»
«Ah...»
«A domani,
Thy»
«A domani...
Eris» mi disse guardandomi, fino a che non mi voltai e andai
a casa.
Sentivo ancora i suoi occhi su di me, mentre camminavo sul marciapiede
e ripensavo a quello di cui mi aveva parlato Thy.
Aveva un fratello gemello di nome Phy e sua madre si chiamava Aemera.
Quando gli avevo fatto notare la stranezza dei nomi, aveva riso,
dicendo che era una lunga e vecchia tradizione di famiglia.
Allora avevo riso anch'io e accantonato la discussione, dato che mi
aveva detto di non avere padre.
In un battito di ciglia, mi ritrovai a casa.
Aprii la porta e come sempre non trovai nessuno.
A quell'ora, i miei genitori stavano ancora lavorando, e io ero figlia
unica.
Andai in cucina a prepararmi un panino.
«Allora,
com'è andato il ritorno a scuola? Emozionante? Come tipico
della vostra indole umana immagino ti abbiano fatto domande»
mi chiese una voce, facendomi quasi cadere il panino per terra.
«Ma dico, ma non
puoi mandarmi un messaggio, fare del rumore, qualcosa?!»
strillai contro l'ombra.
«Non c'è
bisogno di agitarsi tanto» mi rispose lui, calmo.
«Mi hai fatto
prendere un colpo!»
«Come
sempre»
«Umf»
sbuffai.
«Quindi? Quando ti
deciderai a dirmi chi sei, o almeno a farmi sentire la tua
voce?» gli chiesi, addentando il panino con prosciutto.
«La stai
già ascoltando la mia voce»
«Non prendermi in
giro. So riconoscere un sintetizzatore vocale da chilometri di distanza
e la tua voce ha quell'esatto suono»
La mia affermazione l'ammutolì.
A quanto pareva, non gli piaceva che le persone indovinassero i suoi
trucchetti.
«Panino?»
gli chiesi.
«No. Non
mangio»
«Oh»
«Non... Non hai
risposto alla mia domanda. Com'è andato il primo giorno di
scuola?»
«Perché
ti interessa tanto?»
Colpito e affondato.
«Una... persona di
mia conoscenza mi ha insegnato la curiosità»
«Aaah»
dissi scettica «E?»
«'E' niente.
Curiosità. Devo insegnarti cos'è?»
Sbuffai «Nulla di nuovo. Il
solito tram tram scolastico. Solo uno nuovo che è arrivato
mentre io ero in ospedale»
«Umh...»
fece l'ombra «E com'è?
Simpatico?»
Lo guardai male.
«Ma sei
scemo?» dissi, alzandomi da tavola.
Misi il piatto che avevo utilizzato nel lavello e m'incamminai lungo le
scale.
L'ombra mi seguiva.
«Posso entrare,
questa volta?» mi chiese cortese.
Ci pensai un paio di secondi.
«No» e chiusi la porta dietro di me.
Sentii un "Fantastico..." da dietro la porta e poi la presenza se ne
andò.
Controllai il diario dallo zaino che avevo portato in camera: per quel
giorno non c'erano molti compiti.
Era stata una mattinata stancante, quindi mi buttai sul letto e chiusi
gli occhi.
L'aria mi accarezzava dolcemente il viso ed aprii gli occhi.
Ero seduta su una collinetta verde, in mezzo agli alberi, ombreggiata
da un ombrellino piantato nel terreno.
Sentivo gli uccellini cantare con suoni melodiosi, e mi guardai intorno.
La gonna ampia si stendeva sotto il mio corpetto, un vestito semplice
ma elegante, adatto ad una giornata estiva come quella.
Era di un delicato color panna, con ricami in tinta che risaltavano.
Lo scollo a barca era decotato con due bordi di stoffa, sempre in
tinta, uno più grande e uno più piccolo sopra,
plissettati accuratamente e decorati con del nastro oro,
così come la linea dei fianchi che separava il busto dalla
gonna.
Ora che lo notai, del pizzo nero traforato era stato applicato appena
un paio di centimetri prima del'orlo della stoffa, delimitandone il
bordo.
"Per nulla male... anzi,
mi piace proprio..."
Il vestito era senza maniche, cosa che lasciava le braccia molto
più confortevoli e libere di muoversi.
I miei capelli mori erano stati intrecciati e poi raccolti in un
morbido chignon basso.
Feci per alzarmi e sgranchirmi le gambe, ma una voce mi
fermò.
«Vi prego, non
alzatevi. Resistete ancora un poco»
Mi voltai per vedere il mio interlocutore, ma vidi solo un rudimentale
cavalletto su cui era poggiata una tela.
Vidi una mano con in mano un pennello,
alzarsi e riabbassarsi sulla tela.
«Ancora un attimo,
ve ne prego» disse distratta la voce, completamente
concentrata sulla tela.
«C-Certo» risposi.
Tornai a guardare calma il paesaggio che si estendeva davanti i miei
occhi, quando un'ombra catturò la mia attenzione e mi
ritrovai una mano tesa, nell'atto di aiutarmi ad alzarmi.
L'accettai volentieri, e mi ripulii il vestito.
«Grazie
mille» dissi
«Il piacere
è tutto mio» rispose lui, inchinandosi, con una
voce che avevo già sentito.
Quando si alzò e osservai il suo volto, non potei che
lasciarmi andare.
E sprofondare in quegli occhi viola, brillanti e intensi come
l'ametista.
/*Angolo
Autore*/
E anche il terzo,
immenso, capitolo è arrivato.
Questa storia la potete trovare anche su Wattpad al seguente indirizzo:
La
Discordia della Morte
Beh, che dire? Abbiamo tanta gente all'orizzonte!
Il nuovo compagno, Thy, sembra trovare Eris "di suo gusto", ma Matt non
demorde e la vuole solo per se.
E poi... mister occhi viola è tornato! Ma perchè
Eris lo vede solo nei suoi sogni?
Sarà una persona che deve cercare, un qualcuno che le vuole
dire qualcosa?
Tante, troppe domande... anche nei prossimi capitoli!
Stai tuned!
- Kurokage
|
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Capitolo 4 *** Shakespeare is not in love ***
Capitolo 4 - Shakespeare is not in
love
4.
Shakespeare is not in
love
«Ancora
tu?» gli dissi.
«Non credo che io e
Vossignoria abbiamo mai avuto il piacere d'incontrarci» mi
rispose con un sorriso.
Lo guardai storto «Però il
valzer lo sai ballare bene»
Il suo sorriso si allargò.
«Avete un'ottima
memoria per una persona che sta sognando» mi disse,
avvicinandosi.
Era una bella giornata di sole e potevo finalmente vedere l'uomo
mascherato dagli occhi viola in volto.
«Mi dispiace
deludere le vostre aspettative, ma non mi vedrete in volto»
disse con voce falsamente triste.
«Perché
non posso vedervi il volto?»
Aveva ragione, riuscivo a vedere i suoi penetranti occhi viola, ma le
linee del suo volto erano così sfocate che riuscivo a
malapena a
vedere le linee della bocca.
«Perché
se il mio volto lo vedessero tutti quanti... farei... arrabbiare mia
madre...»
Sua... madre?
«Scusa, ma...
quanti... quanti anni hai?» gli chiesi scettica.
Lui fece una grassa risata ma non mi rispose.
«Dato che hai una
così buona memoria...» disse prima che potessi
controbattere «... dovresti anche
ricordare che volevo mostrarti una cosa»
«Sì»
dissi, facendo un passo indietro «ma prima voglio
sapere cosa»
«Se ve lo dicessi
non avrebbe la stessa valenza. Ma forse...»
«"Forse"
cosa?»
«... Forse non
è ancora tempo»
«Tempo... per
cosa?»
L'intensità dei suoi occhi e la profondità della
sua voce mi rapirono completamente.
«Ah... Mia piccola
Eris... Ci sono tante cose a questo mondo che non sai, e tu sei una di
queste»
«... ...
eh?» risposi stranita.
Lui rise.
«Un giorno capirai.
Credimi, Eris. Un giorno ti sarà tutto chiaro»
«Un giorno? Cosa...
Quando...»
«No, Eris»
mi disse lui deciso «No.
Non posso rispondere alle tue domande, quindi non farle. Sei ancora
libera, sii libera e fa ciò che vuoi»
«...
Sono ancora libera? Ma che... » non riuscii a finire,
perché mister occhi viola mi aveva preso e aveva
incominciato a ballare un valzer più veloce
dell'altra
volta.
Mi aveva piantato di nuovo i suoi brillanti ed ipnotici occhi nei miei
e mi aveva fatto talmente frullare il cervello che mi ero dimenticata
tutto.
«A...
Aspetta...» gli dissi con un leggero fiatone, mentre mi
faceva volteggiare «io... come... come
ti chiami?»
Lui sorrise, un sorriso genuino che nasceva dal cuore nonostante la
serietà celata negli occhi.
«Umh...»
disse pensieroso
«vediamo... puoi chiamarmi... puoi chiamarmi... Shin.
Sì,
Shin è un nome che mi piace» disse scherzoso.
«Shin, eh?»
«Non è un
nome comune, ma in Asia lo è»
«A...Asia? Ma
è dall'altra parte del mondo!»
Lui rise della mia
affermazione, continuando a farmi roteare in mezzo al prato verde.
Non me ne ero accorta, ma si era fatto il tramonto.
Era stato tutto così veloce... non me ne ero minimamente
resa conto.
Lui smise di farmi roteare e
mi tenne stretta fra le mani con un sorriso sulle sfocate labbra e lo
sguardo intenso.
«Te lo devo dare»
«Mi devi dare...
cosa?»
«Il quadro. Te lo
devo dare»
«Ah» feci
per avvicinarmi al quadro, ma lui mi bloccò.
«Non ho mai detto
che te lo avrei dato ora...» mi disse con un sorriso
furbetto.
Mi svegliai di soprassalto al tocco di mia madre.
«Ma-Mamma...»
«Ben svegliata,
Eris, è pronto in tavola»
«Tavol-Ah»
dissi, mentre mia madre se ne tornava al piano di sotto e io realizzavo
che la sveglia segnava le otto di sera.
Cena. Borbottio. Fame.
Mi alzai e mi diedi una velocissima sistemata ai capelli e ai vestiti.
Volai in cucina e mi sedetti: un fumante pezzo di pizza stava
emanando un invitante odorino di buono.
Papà e mamma stavano già mangiando e
così incominciai anch'io.
Con la pancia piena si ragionava sempre meglio.
«Allora...» mi chiese mio padre «
com'è andato il secondo primo giorno di scuola?»
«Mhh...
non c'è male. È arrivato uno nuovo e
nient'altro»
«E
com'è? Carino?» chiese mia madre mentre
papà si strangozzava col caffè.
«Beh,
sì. Cioè, sì e no. È nella
norma, solo
che...» papà era definitivamente in coma cerebrale.
«Solo
che...?» disse mia madre spingendomi a continuare.
«Beh,
solo che... ha due occhi da paura. Sembrano dei veri
smeraldi...»
Un
"WOW" si
formò sulle labbra di mia madre, mentre papà
tentava di
riprendersi con un carattere distaccato e composto.
«Eris...»
iniziò lui.
«Frena,
frena, frena! Non ho detto nulla! Siete voi che mi avete chiesto le mie
impressioni su di lui, voi soltanto!»
«Tua
madre» mi corresse papà con una finta tossita.
Mamma lo guardò malissimo.
«Bene allora, caro...»
disse la mamma calcano l'ultima parola
«dato che sono stata io a chiedere, io continuerò
a fare domande»
Papà strabuzzò gli occhi.
«Dunque, Eris, come si chiama?»
«Ah.. Si chiama Thy. Con l'h» dissi, ripetendo le
parole che mi aveva rivolto Thy quella giornata.
L'interrogatorio continuò fino a che mia mamma non ebbe
finito il repertorio di domande da quarto grado.
«E quindi, ti piace?» disse lei prima che chiudessi
la porta della mia stanza.
«Beh, non di rei che "mi piace", lo conosco solo da un
giorno, mamma»
Lei sorrise e mi diede la buona notte.
Entrata in camera, mi buttai sul letto, accesi l'abat-jour sul comodino
e mi misi a guardare il soffitto mentre pensavo, nella speranza di
addormentarmi il più velocemente possibile.
Dopo non so quanto tempo, sentii un leggero bussare.
Cioè, no, ok, non lo sentii veramente, ma
sapevo che qualcuno aveva bussato, e sapevo anche chi.
«Quindi?» sussurrai.
«Posso
entrare?» disse una voce fuori dalla porta.
Ci
pensai un attimo.
«... D'accordo»
La porta non si aprì, e nessun rumore provenne da essa, ma
l'ombra entrò attraversandola.
«Ciao...»
Feci
un cenno verso l'ombra.
«Come
mai così cordiale, oggi?»
«Io
sono sempre cordiale» disse in tono leggermente offeso.
«Dissento,
ma oggi abbiamo fatto qualche passo in avanti» continuai a
sussurrare guardando il soffitto.
Volevo parlare normalmente come una persona normale, ma avevo la
sensazione che i miei mi avrebbero presa per pazza.
Ai loro occhi, agli occhi di tutti per la verità, stavo
parlando da sola.
L'ombra si mise a sedere sull'angolo del letto, contemplando
chissà cosa.
«Perché
fissi il soffitto?»
A quanto pare, contemplava me.
«Perché....
perché... boh. Ho voglia di guardare il soffitto»
Ci
pensò un po' prima di rispondere alla mia risposta
«... Istinti depressivi suicidi?»
Lo guardai male.
«Non
posso contemplare il soffitto?»
«Le
persone normali non contemplano il soffitto» «...
a meno che non siano tentate al suicidio da istinti depressivi
suicidi» si affrettò ad aggiungere.
Sospirai rumorosamente.
«Le
persone normali non
vedono ombre. Anche quelle che non
sono tentate da istinti depressivi suicidi» dissi.
Lui ridacchiò.
Io sorrisi leggermente.
Il
silenzio calò nella stanza per alcuni minuti.
«... Era... Era da un po' che non parlavo con
qualcuno» disse di punt'in bianco.
«Il
mio... la mia... condizione
non me lo permette» aggiunse con un tono triste.
«La
tua... condizione
ti rende solo?» chiesi curiosa.
«No.
Non sono solo. Ma non sono nemmeno circondato da... beh, possiamo
chiamarle... persone»
«Qual'è
il tuo nome?» gli chiesi di getto.
Ci mise lunghi secondi a rispondermi.
«...
Puoi... puoi chiamarmi Ael»
«...Ael?»
«Sì»
«...
Com'è che avete tutti 'sti nomi strani? Cioè, non
che il
mio sia iper popolare e di moda, ma neanche il tuo, quello di Thy e suo
fratello si sentono spesso»
«Thy?»
chiese.
«Il
nuovo arrivato a scuola. Non fingere di non sapere. So che mi - ci - spiavi a
cena»
Avevo la sensazione che avesse fatto un piccolo sorriso.
«Già,
beh, non posso darti torto. Ael, Thy e... Phy, giusto?, non sono
nomi... comuni»
«Già,
anche quello di sua madre non è comune. Però lo
trovo carino. Si chiama Aemera»
«Aemera,
eh?»
Annuii .
«Nome
interessante, non c'è che dire» disse con un
leggero velo d'ilarità.
Il silenzio calò di nuovo nella stanza.
Improvvisamente mi alzai, presi il pigiama e andai in bagno a cambiarmi.
Tornai con i vestiti in mano e i denti lavati.
«Guarda
che anche se ti cambiavi qui, non succedeva nulla, sai?»
disse Ael con un tono mezzo divertito.
Io,
dal canto mio, divenni tutta rossa.
«S-Si chiama decenza!»
«Sappi,
piccola Eris, che molte donne non hanno avuto la tua.. decenza e hanno
osato l'impossibile per eludere il mio sguardo»
«Beh,
io non sono quelle donne»
«...
perché tu non sai chi sono. Loro lo sapevano»
disse, mentre mi infilavo nel letto.
«Loro
lo sapevano molto bene» concluse.
Mi rimboccai le coperte e spensi la luce.
«...
quindi, mi stai dicendo che anche io farò l'impossibile per
eludere il tuo sguardo?»
Lui rise dolcemente.
«Nessuno
può eludere il mio sguardo, Eris. E alla fine, se
dovrò fare il mio compito, lo farò»
«E...
qual'è il tuo compito?»
«Il
mio compito è essere sveglio e vigile. Quindi, significa che
per
quanti giri di parole vorrai farmi fare, io non ti dirò chi
sono»
«Ma
mi hai detto di essere Ael!»
«Quello
è... diciamo il mio soprannome...»
«Quindi,
non saprò mai né il tuo nome, né chi
sei, giusto?»
«Non
ho mai detto questo, Eris. Un giorno...» sembrava quasi
avesse della tristezza nella voce «...un
giorno lo saprai»
Detto questo, Ael sparì, lasciandomi sola per il resto della
nottata.
Quella notte, dormii come una bimba, e Mr. Occhi-di-Ametista non venne
a farmi visita.
Aprii gli occhi alle prime luci dell'alba.
Non avevo abbassato la tapparella e i primi raggi del sole mi colpirono
gli occhi, svegliandomi dolcemente.
Mi stiracchiai.
«Buon
giorno, di buon'ora» disse una voce.
Mi voltai e misi a fuoco l'ombra-ehm, Ael.
«B-Buon
giorno...» dissi frastornata.
Notai che Ael aveva un mio libro in mano.
«Che
leggi?» dissi con voce assonnata.
«Qualcosa,
eeeh... » disse, controllando il dorso della copertina «...
l'Amleto di Shakespeare»
«To be or not to be... this is
the question...» dissi a memoria.
«Se
sia più nobile soffrire nella mente le fionde e le frecce di
un'oltraggiosa fortuna o prendere azione contro il mare di problemi e
opponendosi, porre loro fine?» disse lui,
lasciandomi a bocca aperta.
«La
sapevi già?»
«L'ho
letto molte volte» disse con voce divertita.
Guardai
la sveglia, i puntini lampeggianti dividevano due numeri: 5 e 10.
Buttai la testa sul cuscino.
Ok, e ora che facevo?
«Ti
va di... fare una passeggiata?» mi chiese Ael continuando a
leggere.
«Una...
passeggiata?» dissi scettica.
«Sì.
La temperatura e mite e poi camminare fa bene» avrei giurato
che mi avesse sorriso.
Ci pensai su per un qualche minuto.
«Guarda
che tenersi in forma fa bene alla salute»
«Non
so perché, ma ho la strana sensazione che dette da te,
quelle parole non suonino poi così
giuste...» lui rise.
«...D'accordo»
dissi infine.
Mi alzai e andai in bagno a cambiarmi e darmi una lavata.
Dopo dieci minuti ero in cucina a scrivere una biglietto per mamma e
papà.
«Che
fai?» mi chiese Ael curioso.
«Scrivo
un biglietto a mamma e papà perché non si
preoccupino»
«Ah»
fece lui.
Finii in pochi secondi, e all'incirca quindici minuti dopo essermi
alzata, ero fuori dalla porta a fare una passeggiata.
«Da
che parte vuoi andare?» mi chiese Ael.
«Umh...
di qua» gli dissi, andando nella direzione opposta a quella
che mi conduceva a scuola.
«Cosa
prevede la tua giornata, oggi?» chiese Ael dopo pochi minuti
di camminata.
«Noia
mortale» dissi, mentre lui ridacchiava.
«Oh,
dai, non sarà così male... e poi hai Thy,
no?»
Lo fulminai «Ma
cos'è che avete tutti? Solo perché ho parlato di
un nuovo ragazzo, ora, sembra che dobbiamo metterci insieme da un
momento all'altro!» dissi camminando più
velocemente e
quindi trovandomi davanti a lui-
«Perché,
non è così?»
Mi voltai, pronta per una sfuriata sul tema, ma quando lo guardai tutta
la mia rabbia momentanea passò.
Era serio.
Pensavo mi avesse fatto quella domanda per scherzo, per prendermi in
giro, e invece no.
Era maledettamente
serio.
Rimasi a bocca aperta.
«Fo-Forza.
torniamo... torniamo indietro...» dissi dopo qualche secondo.
«Che
c'è?» chiese lui curioso.
«Nu-Nulla...
nulla...»
Ogni tanto mi dimenticavo che parlavo con un'ombra.
Non era il massimo della socializzazione, ma se ti dimenticavi, ti
sembrava di parlare con una persona comune di tutti giorni.
"Scuola, Eris, scuola.
Devi andare a scuola" mi continuai a
ripetere come un mantra lungo la via del ritorno.
Ael non parlò più, forse perché senza
domande, o forse perché "offeso" dalla mia non risposta.
"Pensa alla scuola"
Arrivai
a casa leggermente sudata, così andai in bagno a farmi una
doccia e quando scesi trovai mamma e papà che facevano
già colazione.
«Com'era
il tempo?» chiese lui.
«Si
sta bene, fuori. Non c'è moltissimo caldo e tira un leggero
venticello» risposi, addentando una brioche.
«Ottimo»
disse mamma.
Finii di fare colazione e poi mi preparai ad andare a scuola.
Lungo la mia camminata dei dieci minuti, Ael mi faceva compagnia, senza
però dire una sola parola.
Sparì poco prima che entrassi dai cancelli.
Sospirando, mi avviai con calma all'interno, ripensando al mio discorso
con Ael e come, più o meno, potergli chiedere una sorta di
'scusa', quando il mio muso sbatté contro la schiena di
qualcuno.
Mi ero fatta male il naso, ma non avevo motivo di lagnarmi, la colpa
era mia.
«Eris!»
disse una voce che tentava di nascondere la felicità con la
preoccupazione
«stai bene?»
«Ma
guarda chi si vede! Il topo nero di biblioteca!» disse una
voce
femminili incominciando a ridere, accompagnata da un coro.
Mi
voltai
verso la ragazza che aveva parlato, sapendo perfettamente che era
Sherley «Non leggerò Platone, certo, ma almeno so
mettere
insieme una frase che comprenda una svariata quantità di
parole
oltre a "me", "io" e "me medesima" accompagnate da "centro
dell'attenzione"»
Colpito e affondato: Sherley me l'avrebbe fatta pagare, certo, ma per
ora era in ritirata.
Era sempre una gioia ricevere il buongiorno da Sherley.
«Sei
appena diventata la mia eroina numero uno. E non sei nemmeno un
fumetto...» mi disse una voce, sussurrando, all'orecchio.
Feci un balzo tale che, secondo me, anche i canguri mi avrebbero
invidiato.
«Ma
cos-THY!!!!!!» urlai, mentre lui si divideva in quaranta
dalle risate.
«Cos'hai
da ridere, eh?!» gli dissi, scherzosamente arrabbiata.
«Fa
ancora male il naso?» mi chiese lui, guardandomi negli occhi.
Sembrava di essere in trance, tutto quello che c'era erano solo io e i
suoi occhi.
«Eris?»
«Ah?
Ah, sì. Sì. No, cioè, sì,
mi fa ancora male il naso ma sta passando»
«Eris,
ti senti bene?» mi chiese lui con uno sguardo preoccupato.
"Ora voglio sapere chi,
CHI!, si
sentirebbe bene se le guardassi con quegli occhi! Non puoi chiedermi se
sto bene! È umanamente impossibile stare bene quand-"
«Eris?»
disse, ancora più preoccupato.
"'Fanculo"
«Sì,
sì, sto bene»
Thy, molto più rasserenato, mi sorrise.
«Buongiorno.
Mi ero dimenticato di dirtelo»
«'Giorno»
«E...
grazie. Di nuovo» disse, guardando fisso il pavimento.
«E...
per cosa?»
«Per
avermi salvato una seconda volta da Shi... Sha... com'è che
si chiama?»
«Sherley»
gli dissi, senza riuscire a trattenere una risata.
«Ecco,
quella lì» mi disse lui, unendosi alla mia risata.
Chiacchierammo per un po', lungo il corridoio e poi andammo a lezione.
Solo che, non sapevo il perché, ma avevo la strana
sensazione che qualcosa non era giusto.
Avevo la strana - e alquanto sgradevole - sensazione che qualcosa
sarebbe successo.
"Non è nulla"
dissi a me stessa
"Non è nulla..."
Non ci credevo per nulla, ma la gomitata di Mary nel
fianco, mi fece tornare in me.
«Psst!!»
mi disse lei.
«Che
c'è?!» le sussurrai ancora china, mentre prendevo
l'occorrente per iniziare la lezione.
«Tirati
su! Tirati su ora!»
Mi raddrizzai, pronta per lanciarle velenose occhiate, quando la mia
attenzione fu rubata da un ragazzo che stava sorridendo.
Il professore non era ancora entrato, ma tutti gli occhi erano su di
lui.
«Cos'è,
la rivincita dei novellini?» dissi a Mary, mezza amara e
mezza scherzosa.
Lei rise, e in quel momento, il professore entrò.
«Bene
ragazzi. Vedo che le presentazioni sono inutili, ma è buona
cosa
farle. Prego» disse, mentre faceva un gesto con la mano per
invitare il nuovo ragazzo ad avvicinarsi alla cattedra e presentarsi.
Lui si avvicinò e cominciò a parlare.
«B-Buongiorno
a tutti» disse, facendo una piccola pausa.
Immaginavo non fosse divertente avere una quindicina d'occhi puntati su
di te.
«Sono
Phy Soahc, il fratello gemello di Thy. Piacere di fare la vostra
conoscenza»
Mentre una mangiata di gridolini femminili, sguardi d'approvazione
maschili e altro giravano per la classe, io rimasi completamente
paralizzata.
Com'era possibile che quei
due fossero gemelli?!
Se li si metteva a confronto, le linee del volto, del naso e delle
labbra erano identiche, ma presi da soli parevano tutto
fuorché
gemelli!
Ripensai a Thy.
Altezza media, moro, capelli corti, occhi verdi smeraldo.
Guardai Phy.
Alto, biondo, capelli leggermente lunghi legati con una coda, occhi blu
come l'acqua.
Ora, dove diamine erano fratelli?!
Abbassai
gli occhi sul banco, tentando di far ragionare il mio povero cervello
che mi mandava chiari segnali di vacanza.
La lezione iniziò ed io mi ci buttai così a
capofitto che mi dimenticai di tutto per almeno tre quarti d'ora.
Il professore ci diede dieci minuti di pausa e io rilassai tutti i
neuroni.
«...
immagino tu sia Eris, giusto?» mi chiese una voce tranquilla
e rilassante.
Alzai la testa dal banco, il momento di rilasso assoluto, e mi trovai
due occhi azzurri che mi fissavano allegramente.
Un senso di calma, guardando quegli occhi chiari e profondi, mi pervase
come mai.
«Cos-Cosa?»
chiesi frastornata e sorpresa.
«Sei
Eris, giusto?» aveva un sorriso gentile, che lo rendeva la
persona più pacifica dell'universo.
«S-Sì,
sono io» il suo sorriso si aprì «Serve
qualcosa?» gli risposi gentile.
«No,
in realtà no. Solo... volevo vedere chi eri. Mio fratello
Thy mi ha parlato di te»
«Oh...»
la gomitata di Mary nel fianco non la sentii nemmeno.
«Ne...
ne.. dovrei essere... lusingata... cioè, non fraintendermi,
è bello -immagino- quello che mi hai appena detto,
però...»
Lui rise dolcemente «No
preoccuparti, ho capito cosa volevi dire»
Ecco. Se con Thy avevo scampato una colossale figura di merda, con Phy
avevo fatto 200 su 100.
Dannato karma.
«Sai
per caso in quale classe è mio fratello?»
«Aula
4B»
«Ottimo.
Grazie mille, Eris»
«Di...
Di nulla...» dissi, mentre Phy chiedeva al professore di
andare in bagno.
Guardai Mary negli occhi.
«NON
dire nulla. Se dici qualcosa ti strozzo!»
Lei trattenne maldestramente una risata e io tornai ad appoggiare la
testa contro il banco.
Eco cos'era quella strana sensazione.
"Ma per Zeus, ma
perché nessuno me lo ha detto prima?!"
/*Angolo
Autore*/
Se
cercate chi ha scritto la traduzione del continuo della famosa frase di
Amleto, datevi pace che non lo trovate: se vi piace mio è il
merito, se non vi piace mio è il merito lo stesso.
L'ho tradotto diretto dall'inglese, quindi anche quella traduzione è © Kurokage.
Se poi qualcuno lo ha tradotto identico (che non è poi
così difficile), lo faccia sapere e modificherò con
crediti vari se necessario.
Tornando alla storia... beh, è arrivato Phy, come butta gente?
Almeno d'aspetto, di "gemelli" hanno ben poco dato che sono uno l'opposto dell'altro.
Ora che siamo a...cinque mosche ronzanti intorno a Eris, come si metterà la faccenda?
Bah! Chi vivrà, vedrà!
- Kurokage
|
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Capitolo 5 *** Tutti i miti sono greci o tutti i greci sono miti? ***
Capitolo 5 - Tutti i miti sono greci o tutti i greci sono miti?
5.
Tutti i miti sono greci o tutti i greci sono miti?
Passai tutta la giornata a eludere lo sguardo di Thy, conscia della
grandiosa figura di merda fatta col fratello.
No, aspetta, perché mi importava così tanto del
pensiero che Thy aveva di me?
«Vedrai che andrà tuuuuutto per il meglio,
Eris»
disse Mary nel disperato tentativo di risollevarmi il morale.
Tentativo che fallì miseramente quando una voce mi
chiamò alle spalle.
«Finalmente ti ho
trovata! È tutto il giorno che ti cerco!»
Gelai.
"Grande Ade, giuro che
ti faccio da dog-sitter a Cerbero, ma ti prego fammi sprofondare ora!"
Mi voltai lentamente.
Non capivo se lo sguardo di Thy era preoccupato o era solo affannato
per avermi cercata per tutta la scuola.
«Da...
Davvero?» gli dissi, tentando di avere il tono più
normale possibile.
Lui sembrava non essersi
accorto della situazione.
«Sì. Ho saputo, o meglio, mio fratello mi ha detto
che avete parlato...»
"Dannati fratelli!"
«Io,
ehm, sì, un pochino. Mi ha solo chiesto dov'era l'aula in
cui ti
trovavi, tutto qui. È successo qualcosa?»
Il suo sguardo si rallegrò improvvisamente «Nono, tutto a
posto!»
«Sicuro?»
«Sìsì!»
«Hai... Hai detto
che mi cercavi...»
«Ah,
sì!» Thy divenne improvvisamente impacciato, e
Mary smise di respirare.
«Volevo... Volevo
chiederti se ti andava di... ecco... andare a casa insieme...»
"PER ADE! Ti avevo
chiesto di farmi sprofondare, non... non... oh, mi arrendo"
«Ma... tuo fratello
poi...»
«Phy ha detto che va
a casa con Sherley e così...»
"Povera anima..." pensai
sconsolata.
«Io,
emh...» questa volta, la terza gomitata di Mary in tutta la
giornata, la sentii forte e chiara.
«Ok»
dissi, mentre tentavo di riprendermi da delle probabili costole rotte.
Il sorriso di Thy era indescrivibile.
«Bene, emh...
cos'abbiamo ora?» chiese Mary, tornando in vita dal suo
silenzio.
«Arte»
«Arte?»
«Arte»
rispondemmo in coro Thy ed io.
Tutti e tre ci dirigemmo così all'aula di arte, prendemmo
posto, sistemai il banco rialzato e mi preparai.
Giusto tre secondi dopo entrò il professore con l'esperto.
Arte non era esattamente una lezione, era un progetto di un paio di
lezioni per... per... non ricordavo.
Trattavamo temi mitici, non nel senso di favolosi, proprio mitologici,
e oggi avremmo saputo qual'era quello odierno.
«Bene,
ragazzi» disse il signor Webb, l'esperto «oggi
trattiamo il tema artistico di...» lasciò la frase
in
sospeso mentre passava gli occhi su un paio di fogli «Amore e
Psiche»
Dei gridolini misti a sospiri si levarono per tutta la classe.
Il mio era un rantolo di puro dolore e sofferenza.
Thy si voltò a guardarmi.
«Non ti piacciono
Amore e Psiche?» mi chiese con un mezzo sorriso divertito.
«È un
mito... idiota. Non puoi sposare qualcuno senza nemmeno sapere chi
è!»
«Ma chi non si
innamora di Amore, appena lo si vede?» mi chiese Mary con
tono ovvio.
«Psiche non ha mai
visto in faccia il marito. Per quanto ne so, la situazione si
è svolta così:
*Buio pesto*
- Hey, Psiche! Ti va di sposarmi?
- Umh... Ok.
*Sposi*
E non
vissero per sempre felici e contenti.»
«Come siamo
acidi...» commentò Mary.
«Si chiama
realtà, Mary»
«In
realtà, Amore e Psiche si amavano. Si amavano
davvero» disse Thy sovrappensiero.
Io e Mary ci voltammo a guardarlo sbalordite.
Nel mentre, il professore ci distribuiva i fogli con il mito di Amore e
Psiche, ma noi ascoltavamo silenziose Thy e i suoi discorsi.
«Psiche
aveva ricevuto il soprannome di Venere - o Afrodite se più
vi
piace - e la Dea, scoperto ciò, si infuriò
parecchio.
Andò da suo figlio, Eros - o Amore, come vi pare - e gli
ordinò di andare da questa ragazza , che per la sua bellezza
gli
umani chiamavano Venere oltraggiando il nome della Dea, e di farle
amare e sposare l'uomo più brutto che ci fosse nella sua
città.
Eros avrebbe fatto qualunque cosa per non dispiacere la madre, ma
quando vide Psiche, seppe lui stesso il significato del suo nome.
Notte e giorno escogitò un piano per vedere la sua amata
senza
che la madre lo venisse a sapere, e così decise di
incontrarla
di notte, al buio, così che lui sapesse chi lei fosse, ma
lei
non potesse sapere i tratti del suo amato.
Si amarono molto e profondamente e Psiche... beh, lei non
poté far altro che innamorarsi dell'Amore.
La loro relazione andò avanti giorni e giorni
finché,
esasperata, Psiche non diede ascolto alle sue sorelle e
peccò
del peccato di Pandora: la curiosità.
Curiosa di sapere chi fosse l'amato che la incontrava quasi ogni notte,
ella si avvicinò a lui e ne illuminò il volto
dormiente
con una lampada ad olio.
Oh, quanto era innamorata, Psiche! Così innamorata che le
sue
mani tremarono e dell'olio cadde sullo splendido volto del suo amato
Amore.
Lui si svegliò e, realizzato che Psiche aveva infranto la
promessa di non vedere mai chi fosse Amore, se ne andò senza
dire una parola»
Thy si interruppe giusto per riprendere fiato.
«Giorni passarono e
Psiche era distrutta nel cuore.
Aveva amato così tanto che il suo cuore non poteva
più
vivere senza l'amore che le dava Eros: si mise così in
viaggio
per cercare il perdono e il suo amato.
A dimostrazione del suo pentimento, Psiche dava aiuto in tutti i templi
in cui passava e quando si ritrovò in un tempio dedicato a
Venere, decise di diventarne una sacerdotessa per porre rimedio al
disonore che aveva arrecato al nome del figlio della Dea.
Venere, allora, annoiata e lussuriosa, decise di mettere alla prova
l'amore di Psiche, credendo che un banale essere umano avrebbe lasciato
perdere, conquistando così la sua sconfitta e facendo di
Psiche
ciò che più voleva. La sottopose a quattro prove
estreme:
nella prima avrebbe dovuto dividere in tanti mucchietti uguali un
mucchio di granaglie di diverse dimensioni. Sconfortata, Psiche decise
di rinunciare, ma delle formiche, impietositesi dal forte amore che
provava per Eros, decisero di aiutarla.
Pensando che fosse... diciamo "fortuna", Venere le sottopose la seconda
prova: raccogliere la lana d'oro da un gruppo di pecore.
Questa sarebbe stata una prova abbastanza semplice, ma Psiche era umana
e ingenua, quindi non poteva immaginare che, come le rivelò
una
canna verde, quelle pecore col sole diventavano molto irrequiete e che
avrebbe dovuto aspettare la sera per raccogliere la lana rimasta
intrecciata nei rovi.
Venere passò così alla terza prova: raccogliere
dell'acqua da una sorgente situata nel mezzo di una cima liscia e a
strapiombo.
Psiche, sconfortata, pensò a come fare per giorni,
finché l'aquila di Zeus non andò in suo soccorso.
Spazientita e furiosa, Venere decise di affidarle l'ultima ed
impossibile prova: ottenere un po' della bellezza di Persefone.
Psiche, ormai disperata perché l'ingresso agli inferi era
vietato ai viventi, decise di entrarvi morendo, ma la torre da cui si
stava per buttare incominciò a muoversi e le
indicò la
via per il regno dei morti.
Ottenuto il dono, Psiche era ormai col cuore colmo di gioia per aver
redento il nome del suo amato col suo amore, ma era un essere umano e
il peccato di Pandora la contagiò ancora una volta»
«Ma col cacchio che
stesse ferma quella Psiche, eh!» sbottò Mary.
Thy le rivolse un sorriso mesto e continuò a raccontare.
«La
curiosità la spinse a chiedersi cosa mai fosse la bellezza
di
Persefone, così aprì la boccetta in cui era
custodito il
dono e cadde addormentata.
La "bellezza" di Persefone era infatti il sonno della morte.
Amore, nel mentre, guarito dalla bruciatura dell'olio, soffriva le sue
stesse pene per la mancanza della sua amata Psiche, e non potendo
vivere senza di lei, scappò dal luogo in cui la madre lo
aveva
chiuso e volò, volò, volò
più veloce che
mai dalla sua amata.
Quando la vide, caduta a terra, cadde nello sconforto più
grande, ma quando realizzò che era persa in un sonno
profondo,
facendo attenzione, rimise il dono di Persefone nella boccetta e
svegliò la sua amata con una leggera puntura di una delle
sue frecce.
Qui, spronò Psiche a portare a termine il compito affidatole
da
Venere, e lui tornò a occuparsi di tutto ciò che
poteva
causare problemi al loro amore.
Eros, consumato dalla passione per Psiche, decise di fare appello a
Zeus, che accettò solo se Amore gli avesse portato una bella
fanciulla terrena.
Eros volò più veloce di un fulmine del padre e
Zeus
invocò un concilio a cui tutti gli Dei - e dico proprio tutti - dovettero
partecipare.
Qui, Zeus decretò il matrimonio fra Amore e Psiche e,
rivolgendosi a Venere, le disse che non avrebbe dovuto aver timore di
avere una discendenza "sporcata dagli umani", in quanto avrebbe posto
subito rimedio alla condizione della giovane.
Chiamò Ermes e gli ordinò di portare sull'Olimpo
Psiche, cosa che fece prontamente.
Qui, Psiche, si vide offerta da Zeus dell'ambrosia che
accettò, divenendo immortale.
Poco dopo, i festeggiamenti delle nozze fra Amore e Psiche
riecheggiarono in tutto l'Olimpo, e quando il sole scandì
l'ora
esatta, Amore e Psiche ebbero una figlia chiamata Voluttà o,
nel
termine greco, Piacere»
Thy smise di parlare e per una paio di minuti, il silenzio
piombò sulla classe.
Nessuno si era accorto che, mentre Thy parlava, la classe si era
silenziosamente messa ad ascoltare con quanta passione e rispetto
parlava della storia fra Amore e Psiche.
«...Wow»
dissi semplicemente.
La
campanella suonò e il professore, allibito da come aveva
sentito
il racconto, ci lasciò andare senza compiti o altro,
pretendendo
però che la settimana dopo partissimo immediatamente a
disegnare
il nostro concetto di Amore e Psiche.
Uscendo dall'aula, mi diressi verso gli armadietti.
«Umh... Eris,
secondo te... ho fatto male?» mi chiese Thy preoccupato.
«Tu cosa?! Nonono!!
No e poi ancora no! Sei stato... fantastico! Non ho mai
sentito
raccontare un mito greco come lo racconti tu! C'era così
tanta
passione nella tua voce! Era come... come... come se ci fossi stato
anche tu!» gli risposi, ancora scossa
dall'intensità con
cui Thy aveva pronunciato ogni singola parola.
Lui si aprì in un dolce sorriso.
Sistemai un paio di libri e poi mi voltai verso di lui.
«Andiamo?»
chiesi, ricevendo un cenno di consenso come risposta.
«Hei hei hei...»
disse una voce dietro di noi, e non feci nemmeno in tempo a voltarmi
che mi ritrovai il braccio di Mattew attorno al collo.
«Andiamo a casa
insieme, piccola?»
disse lui, tentando platealmente di suscitare dell'invidia in Thy.
Ma non diedi tempo né all'uno per provarla, né
all'altro per trascinarmi via: «Mollami,
Matt» gli dissi decisa.
«Perché
mai, piccola?
Io e te stiamo insieme, no?»
«Non. Chiamarmi.
PICCOLA!» gli urlai in faccia.
Matt si staccò immediatamente da me con una faccia
preoccupata.
Ora era seriamente diventata una questione d'onore.
Avevo così tanta furia in corpo che avrei potuto distruggere
tutto quanto, un odio così glaciale e calcolato che
già
vedevo in che maniera avrei degradato l'orgoglio di Matt, o forse avrei-
Venni interrotta dalla mano di Thy che si era posata sulla mia spalla.
«No, Eris, calma.
Non è successo nulla»
«Eh?
Cosa?» chiesi confusa.
Tutto l'odio e la rabbia sproporzionati che avevo provato per Matt -
cosa che, in realtà, non avevo mai fatto in vita mia - erano
completamente svaniti.
«Forza, andiamo.
Buona giornata, Mattew» disse Thy cortese, prendendomi per
mano e guidandomi fuori dall'entrata.
Verso l'uscita, mi sembrò che Thy e Phy (che stava
amabilmente
chiacchierando con Sherley, facendo sfumare completamente il mio
"povera anima") si scambiassero un fugace sguardo preoccupato.
Ma forse, me lo ero immaginato.
«Umh... ti va di...
allungare un po' il percorso?» mi chiese Thy mentre
arrivavamo vicino ad un bivio.
«Io..
non credo sia una buona idea. Cioè, ci metto dieci minuti di
solito, quindi i miei si preoccuperanno...»
«Ah.
Sì... certo» mi disse con un sorriso, ritornando
poi a
camminare e guardandosi i piedi con espressione triste.
«Però...
ora che ci penso... mamma e papà arrivano tardi, oggi,
quindi...» gli dissi, guardandomi i piedi e vedendo con la
coda
dell'occhio un suo mega sorriso.
«V-Vieni!»
disse Thy, sprizzante di energia come non mai.
"Ael, oggi dovrai
aspettare un po'" pensai, preoccupandomi poi del come
farmi perdonare.
Continuammo a camminare in silenzio, per un paio di metri e dopo
varie svoltate, ci ritrovammo in un campo fiorito.
Una distesa verde punteggiata da numerosi colori si estendeva sotto i
miei occhi lasciandomi completamente stupefatta.
«È...
È bellissimo...»
«Già.
Bellissimo» disse Thy.
Lasciai cadere la cartella, che appoggiai contro un albero, e cominciai
a correre a perdifiato in quel piccolo campo.
C'erano una sacco di fiori di cui non conoscevo i nomi, ma altri che
conoscevo bene.
«Ci sono i
narcisi!» sbottai, facendo ridere Thy.
«Non hai mai visto
un narciso?»
«Nono, ne ho visti,
però... non pensavo di averli così vicino
casa!» gli dissi con un sorriso.
«Narcisi... che
brutto nome per un fiore così bello...» disse lui
sovrappensiero.
«Perch-Ah,
già, Narciso. Non mi è mai piaciuta la sua
storia. Non
dopo quello che ha fatto ad Eco. Per me, avrebbero dovuto punirlo con
la bruttezza ed il doversi specchiare eternamente»
«Già,
beh, Narciso non mi è mai stato simpatico. Non ho mai
trovato
uomo più subdolo e... beh, narcisista. Nemmeno Adone era
così.»
«Parli come se li
avessi conosciuti» gli dissi scherzosa.
«Conosco
i loro miti. Non è lo stesso? E comunque, Eco fa parte del
mito
romano. Quello greco è molto meno... carino, per
così
dire» mi rispose sorridente.
Mi sedetti in mezzo ai fiori.
«D'accordo, abbiamo
appurato che Narciso non ti va a genio. E nemmeno a me»
Lo guardai con occhi preganti mentre si sedeva vicino a me.
«Mi racconti il mito
di Narciso? O di chi ti pare?»
Thy rise sonoramente e si sdraiò in mezzo ai fiori.
«Vediamo...
d'accordo, ti racconto quello di Narciso. Ma la versione
greca.»
«Yay!!»
dissi, mentre mi mettevo vicino a lui a pancia in giù.
«Allora.. da dove
cominciare... beh, dall'inizio.
Era un giorno caldo e tranquillo quando, per capriccio e per amore,
Cefiso -dio dell'omonimo fiume- decise di rapire la bella Naiade
Lirìope.
Egli l'avvolse nelle sue acque e nella sua spuma, e dal loro amore
nacque un figlio: Narciso.
Lirìope, curiosa del destino del figlio, decise di andare
dall'indovino Tiresia che le predisse la riuscita vecchiaia del bambino
solo se non avesse mai conosciuto se stesso.
Fu così che Lirìope decise di nascondere
l'aspetto del
figlio agli occhi di quest'ultimo infrangendo tutti gli specchi
della loro abitazione e vietandogli di specchiarsi in qualunque goccia
d'acqua.
Narciso crebbe e, da bel bambino qual'era, diventò un
giovane
affascinante, di grazia e bell'aspetto; così bello che alle
sue
spalle lasciò una scia di cuori infranti sia maschili che
femminili.
Come grandi erano la sua grazia e la sua bellezza, altrettanto lo erano
la sua vanità e insensibilità, tanto che un
giorno
regalò una spada ad un suo spasimante: Aminia.
Aminia era un giovane di belle speranze che cadde vittima della mortale
bellezza di Narciso: rifiutato più volte, non si diede per
vinto
e quando ricevette in dono una spada, era così pieno di
gioia
per il dono e pieno d'amore per chi quella spada gliela aveva regalata
che non esitò un solo istante ad esaudire la richiesta di
Narciso: invocando gli dei per la propria vendetta, Aminia si uccise
davanti la porta della casa del suo amato.
Il tempo passò, e più Narciso cresceva
più la
bellezza lo baciava: ma Aminia aveva chiesto vendetta, ed un giorno la
ottenne.
Dopo aver rifiutato l'ennesimo spasimante, Narciso passò per
caso da una fonte e, assetato, vi si avvicinò per
abbeverarsi.
Qui, Narciso vide il suo riflesso nell'acqua e, non credendo di aver
mai visto nulla di più bello, si innamorò del suo
stesso
riflesso.
Solo allora capì che dolore e sofferenza aveva causato,
rifiutando con sgarbo chi gli professava amore: colto dal pentimento e
dalla disperazione, si uccise con la spada donata ad Aminia.
Fu allora che, dal suo sangue, nacquero i Narcisi: tristi fiori
destinati a specchiarsi nelle acque e contemplare la loro effimera
bellezza senza mai amare veramente, così come fece Narciso
prima
di loro»
Continuai a fissare Thy rapita.
«Come... come fai a
raccontare quei miti greci così bene?»
Lui rise.
«Perché mi piacciono. E forse perché,
sotto sotto,
voglio credere che sia successo davvero» mi rispose con un
sorriso «Ma ora
sarà meglio andare. I tuoi si staranno
preoccupando» aggiunse subito dopo.
«Sì,
hai... hai ragione» risposi, incominciando ad incamminarmi.
Lungo la strada non avevo fatto altro che pormi stupidi quesiti che non
sapevo nemmeno da dove potessero mai essere spuntati fuori, e prima che
me ne accorgessi, eravamo di fronte casa.
«Carina»
disse Thy, ridestandomi dai miei pensieri.
«Grazie. E...
grazie. E grazie ancora»
Lui mi guardò confuso «E per cosa,
scusa?»
«Beh,
il primo grazie è per la casa il secondo per avermi
accompagnata
a casa e il terzo per avermi fatto compagnia e avermi raccontato il
mito di Narciso» gli dissi con un sorriso.
Lui rise di gusto.
Ci salutammo: lui continuò a camminare verso casa sua ed io
entrai nella mia.
«Bentornata» mi disse una voce dalla cucina.
«Oh, Ael, mi stavi
aspettando?» gli chiesi, mentre mi toglievo la cartella dalle
spalle e mi sistemavo.
«Sì e no.
Non c'è nulla da fare in questa casa quando si è
da soli...»
Entrai in cucina e lo vidi a sedere con i gomiti appoggiati sul tavolo.
Sbuffava.
«Quindi? Cosa
vorresti fare?» gli chiesi, mentre prendevo un bicchiere e mi
versavo un po' di latte.
«Tu non hai dei
compiti?»
«Tu lascia perde i miei compiti e
dimmi cosa vorresti fare»
«Mah... non so...
ultimamente mi annoio molto facilmente...»
«Ed è...
una brutta cosa?»
«Eris, da quando
sono al mondo - il che vuol dire da tanto - non mi sono mai
annoiato»
«Beh, anche a me non
piace la noia. Ma davvero non ti sei mai annoiato?»
«Ho sempre avuto... qualcosa da fare,
ecco» disse lui, rimanendo sul vago.
Odiavo quando rimaneva sul vago, ma non potevo farci nulla.
"Prendi e porta a casa,
Eris" dissi a me stessa.
«Quindi? Cosa ti
andrebbe di fare?»
«... Boh»
rispose lui, ancora più annoiato.
«Non ci
credo...» sussurrai, mentre mettevo il bicchiere nel lavello
e me ne andavo in camera mia.
Salite le scale che portavano al secondo piano, mi richiusi alle spalle
la porta della mia stanza e mi buttai sul letto.
Dopo qualche istante, Ael mi chiese il permesso per entrare - lo aveva
capito finalmente, eh? - e attraversò la porta come suo
solito.
Si
sedette sul bordo del letto, contemplando il nulla, mentre io facevo
vagare il mio sguardo per tutta la camera, fino ad incontrare un certo
oggetto.
«Possiamo...» dissi alzandomi «... giocare a
questo» gli risposi con un sorriso, tenendo in mano una
scacchiera.
Ebbi la sensazione che Ael avesse sorriso.
«Quello è
il mio passatempo preferito!»
Ci sistemammo sul letto, misi i pezzi a posto, e cominciammo a giocare
a scacchi facendo passare il tempo.
Erano quasi le sette quando realizzai che mia mamma mi stava chiamando
per la cena.
Feci una risatina dopo l'ennesimo scacco matto da parte di Ael «Ora devo scendere.
Se vuoi continuiamo dopo»
«Certo, ti
aspetto!» disse, mentre io uscivo dalla stanza.
Mi diressi al piano di sotto mentre tentavo di trovare una strategia
per battere Ael, ma i miei ragionamenti furono troncati dal dolce
odorino di pizza che si spandeva per la casa dalla cucina.
Senza pensarci due volte, mi fiondai a tavola e tutti e tre - mamma,
papà ed io - mangiammo allegramente.
«Ok, ora sono
decisamente piena» constatai, dopo aver mangiato un po' di
gelato gusto stracciatella.
I miei risero e poco dopo andammo tutti nelle rispettive camere: Ael mi
stava aspettando calmo.
«Hai trovato un'idea
per battermi?» mi disse in tono allegro dopo che richiusi la
porta «Mi annoio a vincere
sempre!»
Mi sedetti sul letto con finta espressione offesa.
«Scusa se la mia
vita è limitata e la passo a godermela invece che giocare a
scacchi!»
Lui rise, e continuammo a giocare ancora per un po'.
Alle undici e mezza, decretai che avevo perso abbastanza ed era ora del
riposo del guerriero.
Ael rise della mia affermazione e mi lasciò dormire in pace.
Appena prima di dormire, sentii qualcosa sfiorarmi il volto ed una voce
sussurrare una frase, ma non ci diedi peso: probabilmente stavo
già dormendo ed il mio cervello elaborava strane
allucinazioni tattilo-uditive per la troppa stanchezza.
«Sei sempre stata
brava a giocare a scacchi. Era l'unico momento in cui ci divertivamo
davvero»
/*Angolo
Autore*/
Heilà!
Ho dovuto ristrutturare la lavanderia di casa, quindi ho ritardato, ma
fa nulla xD
I miti sono volutamente "rivisitati", spero vi piacciano, ho usato
tutte le parole più sdolcinate che mi siano venute in mente
xD
Ah, tanto per rimanere in tema... la trama si infittisce!
- Kurokage
|
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Capitolo 6 *** Probabile Schizofrenia ***
Capitolo 6 - Probabile Schizofrenia
6.
Probabile Schizofrenia
Un altro noioso giorno si prospettava davanti i miei occhi.
Quella mattina - avevo incominciato ad usare gli eufemismi umani, dal
gran che stavo in mezzo a loro - non c'era un granché da
fare.
Per me non
c'era mai nulla da fare.
Né questa mattina, né le prossime.
Così come quelle passate.
Nessuno
voleva che io avessi qualcosa da fare.
Un leggero ticchettio di sandali mi destò dalla mia noia.
«Mia Dea, Lui
desidera vedervi»
«Desidera, eh?
Magari potrei non presentarmi. Scelta saggia, non credi,
Megera?» risposi alla voce femminile.
Ero comodamente seduta sul mio triclinium nero e argento costruito
appositamente per me, mentre mangiavo distrattamente alcuni chicchi
d'uva.
Non avevo bisogno di voltarmi. A questo mondo c'erano solo due - anzi,
no, quattro - persone a me estranee che avevano l'ardito coraggio di
parlarmi senza temermi.
Megera era una di queste.
«In
realtà, mia Dea, credo non sarebbe saggio farlo arrabbiare.
Sembra una cosa veramente seria»
«Tu dici? Eppure la
tua aura funziona ottimamente su di lui,
perché non la mia?»
«Credo che il seme
del vostro potere sia già radicato a fondo nella sua
consorte, mia Dea» rispose Megera con un tono leggermente
divertito.
Mi voltai a sorriderle.
«Oh, ma io voglio lui. Di quella
povera disgraziata e insignificante donna che è la sua
consorte non mi importa proprio nulla. Anche se -questo devo
ammetterlo- le sono... grata, credo»
«La mia Dea conosce
il concetto di gratitudine?» mi chiese lei, con un piccolo
sorriso sfidante.
«Volete o nolente ho
una sorella benevola, cosa possiamo farci? Bisogna conoscere il proprio
nemico, no?» le risposi, con un sorriso tagliente.
Il sorriso di Megera si
aprì ancora di più.
«Quindi devo
comunicargli che non andrete, mia Dea?»
«No.
Andrò» le risposi con una sbuffo, alzandomi «voglio proprio
sentire di cosa mi accusano, ora. Lui
fa meno di quanto dovrebbe e poi io
vengo incolpata di fare solo ciò per cui sono nata. Prima o
poi avrà la mia vendetta...»
Gli occhi verdi di Megera, contornati da folte ciocche rosse, si
illuminarono come mai prima d'ora.
«Volete forse
che...»
«No» la
interruppi «Non c'è
bisogno di disturbarla. Alle mie faccende penso personalmente»
Mi avviai verso l'uscita.
La mia dimora era l'unica contornata da nubi nere, costante presenza
che qui giaceva qualcosa di oscuro.
Oh, che la pensassero come volevano, io il mio lavoro lo facevo e anche
bene.
Un paio di dicerie non mi facevano né caldo né
freddo, anzi, le ignoravo proprio.
Io ero più grande e saggia di quegli stolti che si facevano
creare palazzi immensi con tante di quelle sculture che non si capiva
mai con chi si stava parlando.
Non ero orgogliosa, no, avevo passato parte della mia infanzia con
Aidos
e lei mi aveva insegnato cosa fossero l'umiltà e la modestia.
Caso vuole, però, che Aidos fosse la sorellastra di Nemesi -
che era la migliore amica di Styx - e quindi, fortuna volendo, conobbi
anche la vendetta e l'odio.
Non c'è che dire, noi quattro eravamo una grande accoppiata.
Con felici e spensierati pensieri della mia quasi infanzia, mi diressi
verso la pomposa, immensa, sfarzosamente inutile sua dimora.
Oh, per me!
Non esisteva nulla di più inutile nell'universo di
quell'uomo.
Non faceva un nulla tutto il giorno e poi voleva che persino i
più anziani di lui lo trattassero come se lui li avesse
liberati dalla schiavitù eterna!
Io, IO, lo avevo salvato dal suo destino!
IO ero andata contro l'uomo più temibile che potessi mai
vedere, contro la mia famiglia!
IO avevo permesso a lui
e ai suoi dannati fratelli di poter respirare ancora!
Qualche segno di gratitudine? No.
Qualche segno di rispetto? No.
Odio? Sì.
Paura? Sì.
Terrore che potessi portargli via tutto quello che IO gli avevo
concesso? Sì. E tanto.
E lo avrei fatto.
Prima o poi, lo avrei spogliato di tutto quello che gli avevo fatto
dono; infondo, mi temeva già.
Ci saremmo evitati un sacco di cose, se solo quella sgualdrina non
avesse fornicato tutto il tempo con quell'idiota ignorante, e a
quest'ora, ognuno avrebbe avuto ciò che si meritava: io un
po' di pace e il mondo dei deficienti in meno!
Ma no.
NO!
La storia era dannatamente andata diversamente!
Mentre salivo gli ultimi gradini, vidi un'ombra nera nascosta contro
una colonna.
«Fatti vedere. Non
sono in vena di nascondigli, quest'oggi» dissi in tono
piuttosto cattivo.
Pensare a lui
mi metteva sempre di male - no, pessimo - umore.
«Sono... sono...
solo io» disse una voce maschile sottovoce.
La mia rabbia si calmò un poco, mentre vedevo la figura
avvolta da neri panni che si mostrava alla luce del sole.
«Anche tu sei stato
convocato?» chiesi, leggermente curiosa.
«Sì.
In... In realtà, tutti
sono stati convocati...»
Questo mi mise sull'attenti.
Di solito venivo ripresa a parte e mandata a casa con frasi del tipo
"questo non lo dovevi fare, ora vattene via!" o "se lo rifai di nuovo
troverò un modo per rendere il tuo soggiorno impossibile,
ora sparisci dalla mia vista!" e altre frasi molto dolci, ma ero da sola. Solo io e lui.
Cosa mai poteva essere successo di così grave?
Il mio passo aumentò mentre ci dirigevamo silenziosamente
alla sala delle udienze.
Il mio compagno di camminata aveva detto che io ero il centro della
questione e, a giudicare dalla sua faccia, non era una questione
divertente.
Come aprii l'immensa porta in marmo e oro, i suoi occhi azzurri come il
cielo e più freddi del ghiaccio si puntarono su di me.
«La farò
breve. Molto
breve. Ti ho convocata qui perché sei il centro
del dibattito odierno. Ne abbiamo già parlato in
tua assenza e vogliamo solo che tu veda i sì e i no
della cosa»
«Posso chiedere, mia
Divinità, di cosa sarei mai il ful-»
«Chi a
favore?» mi interruppe lui senza badare minimamente a quello
che stavo per dire.
Fra le sedute, solo poche mano non si alzarono.
Cinque, per l'esattezza.
«Nonostante la
domanda sia inutile, chi contro?»
Di quelle cinque mani se ne alzarono solo quattro e vidi l'inutile
speranza nei loro volti.
Loro sapevano, io no.
Ma lo avrei scoperto presto.
«Con il potere
conferitomi da me stesso, io,
l'onnipotente, esilio te
- il cui nome non dovrà mai più
essere pronunciato in questo luogo - a vagare per il resto
della tua esistenza fra i mortali umani, in quanto pericolo per noi
stessi e i nostri poteri. Questo è tutto»
In quel momento, l'ira mi
investì come una potente folata di vento.
«Con il potere conferitoti da te stesso? Quale stolto
conferirebbe mai un potere a te,
tu che non conosci nemmeno il peso del tuo compito e che mai, MAI,
porti a termine un compito a te dato?! Chi, CHI, devi proteggere? CHI
devi difendere? Io
sarei una minaccia? Un pericolo? Guardami bene negli occhi, stupido
stolto! Io esistevo da prima che tuo padre facesse i suoi primi pianti
e TU osi venire a dare ordini a ME?
Nessuno riuscirà a salvarti dalla mia collera, e a nulla
servirà pregare Nemesi per difenderti dalla mia vendetta.
Nemmeno quella sgualdrina di Styx, colei che inganna il vero per farti
giurare il falso, riuscirà a salvarti dal mio odio»
Prima di sparire in una nuvola di fumo nera, feci in tempo a vedere tre
cose.
La prima, fu la gratificante espressione di terrore misto a sorpresa
sul suo
volto
accompagnata dall'espressione stupita e infuriata della sua consorte; la
seconda, fu l'espressione sbalordita e ferita sul volto di Styx, e la
terza... la terza fu l'unica espressione che riuscì a
ferirmi.
Quel volto pieno di dolore e impotenza e quello sguardo supplichevole
di perdono furono l'unico rimpianto che mi sarei portata sul cuore per
tutta l'eternità.
Ma ciò ostacolava i miei piani di vendetta.
Anche comportandomi bene, non sarei mai più potuta tornare a
casa.
Così, quando mi ritrovai il quel sudicio pagliaio gestito da
mortali, presi la decisione più liberatoria e al contempo
dolorosa che avessi mai fatto.
Con sforzo e fatica, alcuni attimi dopo, il mio compito era terminato.
Avvolsi quella piccola creatura - così uguale a me da poter
essere la mia gemella - in alcuni dei miei drappi neri e, con ormai
nulla da perdere, mi voltai verso la strada per la mia vendetta.
Sull'uscio del pagliaio, però, mi voltai di nuovo a fissare
quella piccola cosa che avevo creato, l'unica creatura che era nata
senza un reale scopo.
«Tu. Tu sei tutto
quello che mia madre mi ha dato per poter rimanere me stessa, per
evitare che i miei poteri prendessero il controllo su di me.
Tu sei parte di me, piccola creatura. Tu sei me. Sei solo
quella faccia che mi impedisce di distruggere
quell'inutilità che si erge a onnipotente.
Sei solo quella piccola parte di me che solo una persona ha avuto
l'onore di vedere, e che nessun altro dovrà mai conoscere.
Tu sei tutto ciò che mia madre mi ha dato di buono e mi
sembra ingiusto, nei suoi confronti, porre fine alla tua esistenza.
Mi hai aiutato in più di un'occasione e in più di
un'occasione mi hai fatto scoprire cose che credevo a me proibite.
Nessuno più di me ti sarà riconoscente, piccola
creatura.
Quindi va' e vivi la tua vita. Io ho una vendetta da compiere»
Diedi la spalle alla creatura
e mi diressi verso una destinazione ignota mentre, lentamente, sentivo
l'oscurità dei miei poteri prendere il sopravvento e porre
fine agli ultimi barlumi di lucidità in me presenti.
"Alla fine, il momento
è arrivato. Madre! Ho sempre fatto appello a te per ogni mia
difficoltà ed ho sempre disprezzato ciò che
alcuni membri della nostra famiglia hanno fatto. Ma tu sai il
perché.
Questa volta... Questa volta sarà l'ultima volta in cui mi
inginocchierò e chiederò il tuo aiuto. Non ne
sono più degna, ormai.
Ma per l'ultima volta, solo per quest'ultima volta, abbracciami di
nuovo e scaldami col tuo tepore.
Portami consiglio come hai sempre fatto, Madre"
Rivolsi al cielo notturno tutta la dedizione e la fede di
cui i miei poteri non mi avevano ancora privata, conscia che la mia
tacita supplica sarebbe giunta come sempre alle orecchie di mia madre.
Ed ella ascoltò.
Mentre cadevo a terra, colta dalla disperazione e dalla sensazione
d'intorpidimento che avvolgevano me ed il mio corpo sempre di
più, mia madre accolse la mia supplica, e mentre chiudevo
gli occhi ella mi portò consiglio.
Avrei potuto affrontare qualunque cosa se solo avessi avuto mia madre
dalla mia parte.
Il suo supporto era la cosa più importante per me, e
benché sapessi che non potesse muovere un dito, ella era
completamente dalla mia parte.
Anche lei aveva capito che era ingiusto ciò che mi avevano
fatto, e potei sentire la sua collera in me.
Mia madre mi aveva portato consiglio, e quella mattina mi svegliai come
una persona completamente nuova.
La mia vendetta aveva inizio.
Quella mattina la sveglia
suonò più odiosa del previsto.
«Eris!! È
ora di alzarsi!» urlò mia madre dal pianterreno.
«No.. Cinque...
Cinque minuti...»
«Eris, ti
consiglierei di seguire il consiglio di tua madre ed alzarti. Oggi hai
la vista al museo»
«Non ti ci mettere
anche... COSA?! PER LA MISERIA È VERO!!!» dissi,
alzandomi in fretta e furia e raccattando in giro tutta la roba che mi
serviva.
Scesi volando - letteralmente - e mi fermai giusto un paio di secondi
per bere un bicchiere di latte.
Dannazione era veramente tardi!
Corsi a perdifiato quei dieci minuti di distanza dalla e scuola e per
un pelo arrivai all'appello.
«Buon giorno,
signorina Williams, spero abbia dormito bene» mi disse con
ironia affilata il professore.
«Sì,
decisamente» gli risposi, causando un suo sospiro.
Prendemmo posto sull'autobus e solo allora mi accorsi che Mary non
c'era.
«Dove...»
inizia a dire fra me e me.
«Oggi non stava
bene. Posso sedermi qui?» finì Thy per me.
«Certo»
gli risposi cordiale.
«Quindi... dove
stiamo andando che non ho ancora capito?»
«Al Met»
«Al...
che?»
«Met. Metropolitan
Museum of Art. Non faremo un granché, ma ci
andiamo per l'arte greca»
«Non mi dire:
Arte»
«Da
quand'è che sei così perspicace?» gli
chiesi ridendo.
Lui rise con me e poco dopo presi il mio caro e vecchio mp3 - ormai era
uno di famiglia - e lo accesi, facendo riprodurre una canzone in loop.
Evidentemente il rumore della chitarra era un po' più alto
del normale - il rock si ascolta al massimo o niente, eh! -
perché Thy mi guardò curioso.
«Che
ascolti?»
«Nulla di
particolare... tieni» gli dissi, porgendogli una cuffietta.
Abbassai il volume e feci partire la canzone.
Fu visibilmente scioccato dal non poi così dolce inizio
della canzone, e ciò mi suscitò una risatina.
Thy mi guardò leggermente male, ma arrivò alla
fine della canzone.
«... ... Mi
piace» disse semplicemente.
«Autore e
titolo?» gli chiesi
«Autore e
titolo» mi rispose.
Continuammo ad ascoltare un po' della mia musica e all'incirca un paio
d'ore dopo ci trovammo davanti al partenone newyorkese.
Be', era solo l'entrata del museo, nulla di che.
Dopo che il professore ci ebbe non poi così gentilmente
detto di fare un'adorabile fila indiana a coppie, entrammo dentro al
Met e incontrammo la guida, iniziando così il giro nella
parte greca del museo.
«Partiamo con un
paio di statue delle divinità più potenti
dell'Olimpo» disse la guida, facendoci fermare davanti tre
statue «Come ben
saprete, le tre divinità più importanti erano
Zeus...» e con un cenno della mano indicò
un uomo seduto, con folta barba e capelli ricci, affiancato da un
aquila «il cui animale
sacro era l'aquila; Poseidone...» disse, indicando la statua
affianco, raffigurante un uomo palesemente più vecchio del
primo, questa volta in pieni, con i
drappi che coprivano solo la parte bassa del suo corpo.
«Inizialmente, come
potete ben notare, Poseidone teneva in pugno il suo "scettro", il
Tridente, simbolo del governo su tutti i mari, ma purtroppo
è andato perso, e qui sembra che stia per fare a cazzotti
col primo che lo osserva» continuò con una risata.
«Infine, abbiamo
Ade, il re degli Inferi» ci indicò un busto con un
drappo nero adagiato sulla spalla sinistra. Il busto rappresentava un
uomo più anziano dei due precedenti - d'altronde, Ade era il
maggiore dei tre fratelli -, meno riccioluto, coi capelli un po'
più corti e la barba molto meno lunga rispetto ai due
fratelli.
Evidentemente, anche gli dei greci avevano problemi coi capelli lunghi
e ricci.
«Ma Ade non
è il dio della morte?» chiese qualcuno in mezzo al
gruppo.
«Ottima
domanda» rispose la guida, grata che qualcuno stesse
ascoltando «Generalmente, si
tende a considerare Ade come il dio della morte, ma è una
concezione sbagliatissima, anzi! Ade è il dio
dell'oltretomba, il dio del regno dei morti, non della morte in
sé.
La morte la si può ricondurre a
due entità minori, ma non per questo meno potenti.
La prima, più conosciuta, era Thanatos, il dio della morte;
la seconda, meno conosciuta, era Ker: dea della morte violenta. A
queste poi si aggiungono vari dei e dee che magari seguivano altri
più conosciuti»
«Che cosa vorrebbe
dire?» chiese qualcun'altro.
«Prendiamo per
esempio un dio famoso: Ares. Ares è il dio della guerra,
colui che gioiva nel vedere gli uomini combattere fra loro.
Ebbene, non era l'unico a scendere e... divertirsi, diciamo
così, quando si scatenava una guerra.
Lui ne era il protagonista principale, ma era affiancato da Ker, Styx,
Nemesi e tanti altri...»
"Ma tu guarda se non si
scordavano la più importante...!"
Mi voltai di soprassalto, guardando chi mai avesse parlato, ma
incontrai solo lo sguardo di Thy che mi fissava curioso.
«È
successo qualcosa?» mi chiese lui sottovoce.
«No, no... non
preoccuparti» gli risposi con un sorriso.
«... e procediamo
alla prossima sezione: le dee»
Dei gridolini si levarono dal gruppo.
Pochi passi dopo, eravamo in una sala con solo statue di dee, e la
guida ci illustrò le principali.
"Ma non mi dire...
nemmeno qui, eh? Beh, non vanto certo bellezza sopraffina o
intelletto degno dei sette savi, ma un po' di rispetto potrebbero
darmelo, no?!" disse di nuovo la voce di poco prima.
Mi voltai di nuovo.
«Eris, è
successo qualcosa?» mi chiese Thy un po' preoccupato.
«No, Thy, non
preoccuparti, non è successo nulla»
«Sei un po' pallida,
in realtà, ti senti bene?»
«Io...»
«Ti porto fuori a
prendere una boccata d'aria» disse deciso Matt,
intromettendosi nella discussione, e prendendomi per un braccio,
trascinandomi via.
«Matt, nessuno ti ha
chiesto di portarmi da nessuna parte!» dissi, mentre Matt
continuava a trascinarmi verso l'uscita contro il mio volere.
«Dobbiamo
parlare»
«E una visita
guidata - anche piuttosto interessante, devo ammettere - nel
prestigioso museo di New York ti sembra un buon posto?»
«Non importa,
dobbiamo parlare»
«Matt!»
dissi, dando uno strattone, in modo che Matt mi mollasse il braccio.
Ormai eravamo fuori dal museo.
«Eris...»
«Cosa? Cosa??
COSA???» chiesi esasperata.
Ormai non ne potevo più.
Matt mi era sempre rimasto attaccato, ma almeno mi aveva sempre dato un
po' d'aria per respirare, ed ora che era comparso Thy... puff, numero
uno dei cleptomani.
«Mi
dispiace» disse sincero.
«Mi dispiace? Mi dispiace?! Matt ma si può sapere
cosa diavolo ti è successo? Avevi promesso che cose del
genere non sarebbero mai successe! Mi chiami con nomi che sai
perfettamente che io odio; ti intrometti nelle mie
discussioni; mi fai fare complete figure di merda davanti la gente...
Matt, ma cosa ti sta succedendo?»
In quel momento, in quell'esatto istante, vidi sul volto di Matt
un'espressione che non avevo mai visto.
Era delusione, odio e tristezza.
Tristezza per me, ma odio e delusione per se stesso.
«Eris... io... non
lo so. Insomma, lo sai - lo sappiamo entrambi - che sono innamorato di
te e, credimi, ho tentato con tutto me stesso di andare avanti e... ci
stavo riuscendo.
Ma poi, spunta quel bell'imbusto di Soahc e manda all'aria tutti i
passi in avanti che ho fatto, tutta la fatica che ho speso.
Vuoi la verità? Sì, me lo aspettavo.
Mi aspettavo che come avessi trovato un tipo che ti piacesse -
perché devi ammetterlo che quel Thy ti piace, te lo si vede
da miglia di distanza - sarei diventato geloso, ma ero deciso a
mollare, a lasciarti definitivamente tutti i tuoi spazi.
Eri... Eri con un altro, fine della questione»
«Allora
perché non ci riesci? Se è "così
evidente" che Thy "mi piace", perché non te ne sei fatto una
ragione, Matt?» gli dissi calma, tentando di riceve delle
spiegazioni senza farlo sentire ulteriormente uno schifo.
«Perché
ogni volta che ti vedo insieme a lui mi verrebbe voglia di staccargli
la testa» disse di botto, semplicemente, come se fosse la
cosa più naturale possibile.
«M-Matt...»
«E vuoi sapere la
cosa divertente?» aggiunse interrompendomi «Sai quando ti eri
presa una cotta per James? Ecco, con lui era un nonnulla. Con lui non
succedeva niente. Vi vedevo insieme, ero triste e basta.
Con Thy... con lui è diverso. Gli farei soffrire le pene
dell'Inferno, per farlo stare lontano da te»
Rimasi a bocca aperta per una buona manciata di minuti.
Avevo un possibile spietato serial killer davanti i miei occhi e non me
ne ero mai accorta.
«Ok emh... non...
non lo fare, d'accordo, Matt? Non... non lo fare. Stai calmo»
Lui mi guardò serio, ed io sorressi preoccupata il suo
sguardo fino a quando non si aprì in un triste sorriso.
«Non sono ancora
così stupido, Eris»
«Meglio prevenire
che curare, eh!» mi voltai, ed incominciai a salire alcuni
gradini per rientrare al museo.
«...Eris?»
mi chiamò improvvisamente Matt.
«Sì?»
dissi, voltandomi verso Matt e fissando i suoi occhi azzurri tristi.
«... Mi
piaci»
«... ... lo so,
Matt, lo so» dissi, voltandomi e continuando a camminare a
testa alta verso il museo.
A testa alta e con un nodo al cuore.
Ci mettemmo un buon quarto d'ora nel ritrovare il gruppo disperso, e
passammo davanti innumerevoli reperti che mi sarebbe piaciuto poter
osservare con più calma, ma non avevamo abbastanza tempo.
Solo uno.
Solo un unico reperto catturò completamente la mia
attenzione.
Era un reperto che stavano sistemando, ma non potei identificare chi
fosse, dato che mancava la targhetta esplicativa.
Era una rappresentazione di un giovane nudo, senza braccia o gambe (il
marmo costa!) che guardava distrattamente l'angolo inferiore della sua
destra, come se stesse guardando qualcuno al di sopra di esso.
Aveva un'espressione abbastanza menefreghista, vero, ma era come se si
potesse notare una leggera sfumatura d'interessamento verso chiunque
stesse fissando.
Tutto sommato era un bel giovane: ben fatto, fisico leggermente
scolpito, capelli lunghi fino alle spalle e mossi...beh, sunto: un figo.
Chissà chi era...
«Eris! Finalmente ti
ho trovata!» disse una voce che si avvicinava, riportandomi
sul pianeta Terra.
«Oh...
T-Thy...»
«Woo...»
disse lui, ammirando il busto «Non sarai un asso
in arte, Eris, ma certo che hai buon gusto per le statue...»
concluse, tirando un'indiretta frecciatina a cui risposi con una
scherzosa gomitata.
«Vieni, torniamo dal
gruppo»
«Tu... Tu sai chi
è?» gli chiesi, continuando a fissare il giovane
ritratto nel torso.
Mi voltai a fissare Thy, il suo sguardo concentrato sul torso del
giovane.
«No» disse
infine, prendendomi per mano e conducendomi verso il gruppo.
"Bugiardo..." disse
di nuovo quella voce con tono triste "... non hai mai saputo mentire.
Non a me"
Mi voltai per la terza volta e per la terza volta non vidi nessuno.
"Ok, calma Eris, calma.
Stai... Stai seriamente incominciando a diventare pazza..."
/*Citazioni e Riferimenti*/
In questo capitolo ho messo un bel po' di nomi che non tutti conoscono: ecco la descrizione in ordine di apparizione.
▨ Megera: una
delle tre Erinni (personificazioni femminili della vendetta),
predisposta all'invidia ed alla gelosia. Induceva a commettere delitti
come l'infedeltà matrimoniale. Il suo nome significa
"l'invidiosa".
▨ Aidos: dea della modestia, della vergogna e dell'umiltà
▨ Nemesi: dea della vendetta e della giustizia (giustizia in senso personale e non giuridico)
▨ Styx:
detta anche Stige, dea del fiume Stige e della verità che veniva
giurata sulle sue acque. Bevendo le acque dello stige, se una
divinità avesse affermato il vero, non sarebbe successo nulla,
al contrario, avrebbe subito uno "stupore" doloroso che avrebbe
paralizzato.
▨ Ker: dea del destino dei guerrieri o della morte violenta (morte da battaglia).
▨ Sette Savi: i sette uomini più saggi dell'antica grecia.
/*Angolo
Autore*/
Nuove domande?
He, non vi do le risposte!
Ma lo faccio con affetto, eh! xD
- Kurokage
|
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Capitolo 7 *** Fiducia. È solo questione di Fiducia ***
Capitolo 7 - Fiducia. È solo questione di Fiducia
7.
Fiducia. È solo questione di Fiducia
«Lasciala» disse una voce alle mie spalle,
abbastanza arrabbiata dovrei aggiungere.
Thy si voltò curioso - io con lui - e vedemmo lo sguardo
freddo ed insensibile di Matt che si avvicinava.
"Gli farei soffrire le
pene dell'inferno per farlo stare lontano da te"
Oh. No.
Giove divino!
«Ok, calmiamoci tutti...»
«Io sono
calmo» mi rispose Matt, decisamente poco convincente.
Lo sguardo di Thy si fece più serio.
«Tu non sei suo padre. Né un suo parente.
Né il suo ragazzo» disse lui con una fredda calma.
Ma in quella calma, il mio sesto senso aveva notato qualcosa, come una
tacita affermazione che nasceva da anni di sapienza.
«Lasciala andare, ho detto» ripetè Matt
leggermente più minaccioso.
«Ragazzi, per
favore, basta...!» tentai di dire, ma nessuno dei due mi
ascoltò.
«È una
questione d'onore, ora?» disse Thy serio, ma i suoi occhi
celavano un sorriso divertito.
Matt, istigato e colpito nell'orgoglio, non tardò a
rispondere: «È sempre
stata una questione d'onore»
Mi voltai nell'esatto istante
in cui la voce parlò.
"Le questioni d'onore mi
sono sempre piaciute. Sono sempre state il mio passatempo preferito..."
Là.
Dietro una colonna.
La vidi.
Un'ombra nera si nascondeva
dietro la colonna, osservando silenziosa ciò che stava
succedendo fra noi tre.
Un terrore che mai avevo provato s'impossessò di me, ma il
mio
istinto mi disse di rimanere dov'ero, che non mi sarebbe successo nulla.
Sentii l'ombra voltare il suo sguardo su di me e sorridermi.
Rabbia, odio e cattiveria erano le tre sensazioni principali - e le
più forti - che emanava l'aura di quell'ombra; ma il mio
istinto, ancora una volta, mi disse di rimanere tranquilla.
"Dovresti essere onorata
che due
uomini siano lottando per te. Sai... in un certo qualmodo ti invidio.
Io avevo già ciò che desideravo, ma nessuno ha
mai
lottato per me. Anzi..." disse - più chiara -
la melodiosa voce femminile.
"Buona fortuna, Eris. Ci
reincontreremo quando avrai bisogno di me. Perchè tu avrai bisogno di me..."
E sparì.
Nel nulla.
L'ondata di terroe che mi aveva preso, se ne andò con lei, e
solo allora mi resi conto che Thy era piegato, poggiando le mani sulle
gambe e Matt era a terra che si tastava la guancia.
«Oh... Divini... DEI!» sbraitai infuriata, mentre
gli
addetti del museo si avvicinavano per separare quei due idioti.
«Signorina,
la prego di calmarsi. C'entra anche lei in tutto questo?» mi
chiese cordiale un'assistente che mi si era avvicinata.
Vidi la nuvola di rabbia nera che circondava il professore man mano che
si avvicinava.
«WILLIAMS!»
sbraitò, tentando di mantere il controlo «Se c'entri in mezzo
a questo casino, giuro che ti faccio sospendere!»
«Come
stavo per rispondere alla signorina, è possibile che la
causa
sia io, ma io personalmente non c'entro nulla con la
faccenda»
dissi calma, puntando poi il dito verso il busto che avevo ammirato
poco prima «io
stavo guardando quello, tentanto di ricordarmi chi potesse essere,
vista la mancanza della targhetta esplicativa»
Mezza bugia, mezza verità.
Non mi sarei fatta sospendere per due idioti come loro.
Nel mentre, Matt e Thy erano stati separati e si stavano subendo una
bella lavata di capo.
«Che ha combinato
mio fratello, ora?» mi chiese una voce, improvvisamente
arrivata dal nulla.
Mi voltai e vidi Phy.
«Credo
abbia provocato un già irritato Matt e che quest'ultimo gli
abbia tirato un pungo. Thy ha ringraziato con gli interessi, da quanto
riesco a capire»
Phy sbuffò.
«Tipico di mio
fratello. Lui è "onnipotente",
fa qualunque cosa voglia perchè può
farlo...» abbassò la voce fino ad un sussurro
impercettibile «... ma è
come tuti gli altri, qui, ora...»
Corse dal fratello ed io mi voltai.
A differenza di quanto predetto, la visita al museo era praticamente
già finita, e non avevamo rovinato il divertimento a nessuno.
Il professore e l'assistente, si erano avvicinati ai due incriminati e
gli stavano dando una quarta lavata di capo.
Io tornai a fissare il busto.
«Interessante,
eh?» mi chiese Phy, riavvicinatosi.
«Sì, ma
non so chi sia...»
«Beh,
dovremo aspettare fin quando non metteranno la targhetta» mi
disse con un sorriso, prima di tornare da Sherley.
Chiusi la porta di casa che non ero scioccata.
Peggio.
In casa notai con piacere l'assenza di tutti.
«Ael?»
chiamai con tono stanco.
«Hei, umana! Come
butta?»
Rimasi ancora più scioccata.
«...Si... Si dice
così, giusto?» chiese lui preoccupato.
«Ael,
ti prego, salutami normalmente. Mi sono già successe un
sacco di
cose, non ho bisogno anche dei tuoi tentativi di umanizzarti»
«Ah» mi
rispose deluso.
«Scusa.
È che.. me ne sono successe un po', oggi. Comunque,
sì,
alcuni salutano così, ma a me non piace. Preferisco ancora
la
cordialità e l'intelligenza alla moda»
«Oh, beh,
bentornata, allora» disse lui, più rincuorato.
Gli sorrisi, un sorriso stanco, mentre mi dirigevo in cucina e mi
sedevo.
«Sembra
che Atlante ed Ercole ti abbiano scaricato il loro lavoro sulle spalle
per prendersi una vacanza alle Hawaii... che è
successo?»
Fissai l'ombra scura un paio di minuti là dove avrebbero
dovuto esserci gli occhi.
«Si... Si tratta di
Thy. E Matt. E me» incominciai a dire.
«Umh» fece
lui semplicemente.
«Beh,
ecco..» cominciai così a raccontargli tutta la
storia,
della cotta di Matt, dell'incidente, dell'arrivo di Thy e suo fratello,
di come era diventato Matt dopo che Thy mi aveva avvicinato e
l'episodio del museo.
«...In
realtà...» conclusi dopo una buona ora di
chiacchierata «...
non ho la più pallida idea del perchè mi stia
confidando
con te. Cioè, sarei dovuta correre da Mary e raccontarle
vita
morte e miracoli, e invece...»
«E
invece sei qui con me. La cosa ti crea dei problemi? Posso andarmene,
non devi preoccuparti...» mi disse lui, rassicurandomi.
«No,
cioè... ormai mi sono abituata. Mi adatto velocemente alle
situazioni e, onestamente... mi sento un po' meno sola...»
gli
dissi, con un mezzo sorriso sulle labbra e gli occhi bassi.
Passarono un paio di secondi prima che Ael parlasse di nuovo.
«Come...
come potrai aver intuito, io non sono... come te, ecco, diciamo
così, e queste sono competenze umane, quindi probabilmente
la
tua amica Mary avrà più che ottimi consigli a
riguardo.
Ma voglio che tu sappia, che... beh, se ti succedono cose... "strane",
hai il signor Stranezza davanti al naso» mi disse
affettuosamente.
«A... A dire il
vero... mi è capitata una cosa abbastanza strana, oggi, al
museo...»
«E cosa?»
mi chiese interessato.
«Ecco...
mentre.. mentre eravano tranquillamente ad ascoltare la guida che
parlava, sentivo un'altra persona parlare»
«Eh?» mi
spronò lui.
«Il
suo tono sembrava molto irritato. E il fatto è che quella
persona la
sentivo solo io. Ha incominciato a "lamentarsi" quando la guida aveta
tirato in causa Ares: stava spiegando che insieme alle
divinità
principali si muovo anche divinità meno importanti ma, a
volte,
altrettanto potenti»
«E cosa ti ha
detto?» chiese Ael serio e concentrato sulle mie parole.
«Beh,
la prima volta la voce si è lamentata perchè la
guida non
l'aveva citata al seguito di Ade. Poi, quando siamo passate alla zona
delle dee, si è lamentata perchè la guida non
l'aveva
minimamente accennata»
«E qui cosa ti ha
detto? Ricordi le parole?»
Strinsi gli occhi, come se farlo mi aiutasse a focalizzare la cosa.
«Ha detto che magari
poteva anche non essere uno schianto in bellezza, o uno... uno... erano
sette...»
«Uno dei sette
savi?» mi aiutò Ael
«Sì! Ma
che comunque un po' di rispetto dovevano darglielo»
Ael tacque e io continuai.
«La terza volta,
aveva una voce triste, e credo avesse risposto a cosa mi aveva detto
Thy»
«No, aspetta,
cosa?!»
Feci un cenno di assenso con
la testa.
«Sì. Ero davanti a quel busto di cui ti ho
parlato, e Thy
mi aveva preso scherzosamente in giro dicendo che magari potevo far
schifo in arte ma avevo buon gusto per le statue, così gli
ho
chiesto se per caso conosceva il pezzo e lui mi ha risposto di
no»
«Ed è
stato allora che la voce ha parlato?»
«Sì.
Ha detto che Thy era un bugiardo e che non era mai stato bravo a
mentire, non a quella persona. Il suo tono era triste, come se si
conoscessero da un sacco di tempo e per una triste cosa si erano dovuti
separare. In realtà, anche a me sembra che Thy avesse
mentito,
ma se gli avessi detto per quale motivo lo pensavo, mi avrebbe preso
per pazza. E, sinceramente, ho passato un brutto quarto d'ora con me
stessa»
Mi alzai per andare a prendere un bicchiere d'acqua.
«Poi? È
successo qualcos'altro?»
«Sì»
dissi, dopo aver bevuto.
«Quando
Matt e Thy stavano per fare a pugni. Avevano menzionato qualcosa
sull'onore e la voce se ne era uscita dicendo che aveva sempre amato le
questioni d'onore» feci una pausa e ripresi, ricordando il
terrore che mi aveva invaso «È stato
allora che l'ho vista. Era nascosta dietro una colonna ed era
un'ombra»
«Un'ombra?»
«Sì.
Si è si voltata verso di me e ha normalmente
chiacchiarato come se fossimo
amiche di vecchia data. E... mi conosceva»
«Com'era? L'ombra,
intendo»
«Era
molto più nera di te e aveva un'aura terrificante. Mi ha
detto
che dovevo essere onorata che Matt e Thy stessero facendo a cazzotti
per
me, perchè nessuno lo aveva mai fatto con lei, e mi ha
augurato
buona fortuna, dicendomi che sarebbe tornata quando avessi avuto
bisogno. "Perchè tu avrai
bisogno di me...", ha detto proprio così» dissi,
rabrividendo «Poi
non l'ho più sentita per tutto il giorno. È stato
allora
che ho capito che la voce apparteneva ad una donna»
«Io... ne parliamo
più tardi» disse Ael scomparendo, mentre mia mamma
apriva la porta.
Mia mamma, Mary Margaret Jones - ma chiamata da tutti Meg -, lavorava
come wedding planner a orari incomprensibili, e quello era uno dei
pochi giorni fortunati in cui veniva a casa per pranzo.
«Tesoro!!
Sono a casaaa!!» sbraitò dalla porta d'entrata,
emozionata
e stanca perchè poteva condersi del tempo in più
con la
figlia.
Tempo che in realtà avrebbe passato a dormire, ma poco
importava, l'intento era sempre buono.
La accolsi in salotto con un sorriso.
Chissà cosa ci sarebbe stato da cena...
Papà tornò a casa tardi, quella sera. Era andato
a pesca con alcuni colleghi ed era tornato a casa stanco e a mani
vuote, ma sorridente e divertito.
Mangiammo tramezzini nel solito chiacchiericcio famigliare raccontando
la giornata, ed al mio turno liquidai il tutto con un "nulla di nuovo":
se avessero saputo la verità, sarebbero andati fuori di
testa dalle risate.
Diedi una mano alla mamma a sparecchiare e mi buttai a letto.
Presi in mano il cellulare che suonava la sua solita musichetta da
messaggio - che, per carità non era il tipico bip-bip simile
al suono delle allarmi - e notai tre chiamate perse e una quarantina di
messaggi.
Le chiamate le liquidai, i messaggi erano un 99% provenienti da Mary
tutti con lo stesso succo: "com'è andata?".
Ci misi un sacco di tempo nel risponderle, e le raccontai la giornata
tralasciando la voce dell'ombra e la sua visione: Ael forse no, ma Mary
mi avrebbe reputato con seri problemi.
Solo due messaggi, gli ultimi ricevuti per l'esattezza, non erano di
Mary: Matt.
Il primo, più vecchio, era stato inviato pochi minuti dopo
il riesntro a casa, e recitava un semplice "Scusami"; il secondo,
ricevuto un paio di minuti fa, recitava un'ampia carellata di
spiegazioni.
"Non avrei dovuto.
Perdonami.
Quando ti ho vicina, Eris, non capisco più nulla e una ceca
possessione - nonché rabbia - s'impossessano di me.
Vorrei spiegarti che non sono così, che non è da
me fare ciò che ho fatto oggi, e posso solo contare sul tuo
buonsenso.
Mi conosci da una vita, Eris, ci conosciamo da una vita.
Te l'ho già detto, vederti con Soahc mi manda in bestia, ma
non so nemmeno il perchè, è la prima volta che
succede, te lo giuro!
E oggi.. beh, non ho retto.
Difendilo finchè vuoi, ma non è un santo: lui mi
ha provocato e lo hai visto anche tu.
E tira dei ganci destri che fanno maledettamente male!"
Wow. Era il messaggio più lungo che Matt mi
avesse mai scritto da quando lo conoscevo.
Bloccai la schermata e rimasi a fissarmi un paio di minuti in quello
schermo nero.
"Che poi, non
è nero, è grigio" pensai fra me e
me.
Posando il telefono sul comodino al mio fianco, piazzandolo sopra la
pila di libri meno alta, pensai a ciò che era accaduto quel
giorno, in particolare all'ombra nera che era nascosta dietro la
colonna del museo.
Da quanto era lì dientro, nascota? Da quanto tempo ci stava
osservando? Da quanto... Da quanto tempo mi conosceva,
benché io non conoscessi lei?
Come faceva a conoscermi?
Con tutti questi quesiti chiusi gli occhi, e dormii un sonno agitato.
Non c'era aria, ma sentivo un leggero venticello che mi muoveva i
capelli.
«NON PUOI FARLO!» urlò una voce da
dietro di me.
Mi voltai per vedere chi fosse, ma era tutto sbiadito, sfocato, non si
vedevano nemmeno i contorni delle cose.
«NON SARAI TU AD
IMPEDIRMELO!» tuonò di rimando una voce femminile.
Nonostante i due urlassero,
anche il suono era ovattato, facendomi sentire a fatica le parole dei
due.
«Non puoi farlo,
...! Lui
non te lo perdonerà mai!» disse un lui, quasi
piagnucolando.
Ecco, non avevo sentito il soggetto della frase.
Ma che diavolo di sogno era?!
Poi, una piccola lampadina si accese, mettendo illogicamente a posto
tutti i pezzi.
Questo sogno era strano, diverso... perchè non era un sogno.
Era un ricordo.
Solo che non mi sembrava fosse mio.
O almeno... "Vuoi
vedere che è un ricordo cancellato?" pensai
fra me e me, mentre quei due litigavano di brutto.
Avevo avuto una discussione del genere, una volta, con Matt, ma non mi
ricordavo ci fossimo detti quelle parole.
«Quanto vuoi che me
ne importi del suo
perdono?! Dovrebbe chiedere il mio, invece!» disse la donna,
ancora più irata di prima.
«Ti
prego...» disse l'uomo, fermando a pochi centimetri dalla
donna « Ti prego, non
andartene. Non... non lasciarmi da solo»
Se non fosse stato un sogno alquanto strano, sarei corsa io
personalmente ad abbracciare quell'uom- no, ora che focalizzavo meglio
era un giovane adulto, più che un uomo.
Comunque fosse, lo avrei abbracciato comunque.
Il tono della donna si rabbonì «Non ti
lascerò solo, ... Non lo farò mai»
«Lo stai appena
facendo» ribadì il giovane.
«Non ho scelta,
...»
Che diamine, già sentivo male i discorsi, perdersi anche i
soggetti non era il massimo.
«Ci
parlerò io! Lo farò ragionare, farò
ragionare tutti!»
«..., non puoi fare
nulla. Lui
non ragionerà. E nemmeno loro lo
faranno»
«Ma...!»
«"Ma" nulla. Hanno
paura, ..., paura di me.
È per questo che lo hanno fatto: pensano solo a
sè stessi, sè stessi e nient'altro»
«Ci dev'essere
qualcosa che farà cambiare loro ide-»
«Non c'è.
La faccenda è chiusa»
«Allora
verrò con te» disse il giovane, dopo attimi di
silenzio.
«Tu non farai nulla
di così malsano e stupido. Loro hanno bisogno di te, qui, io
posso benissimo andarmene»
«Non puoi
costringermi!»
«Oh, posso
eccome!» disse la donna in tono affilato «E tu non te ne
accorgeresti nemmeno»
«Non oserai
farlo» disse lui, con un traballante accento ma convinto
delle sue parole.
«Hai
ragione» disse la do- beh, ora che li vedevo più
chiaramente, erano entrambi giovani.
«Non oserei mai
farlo. Con tutti, persino con il mio stesso padre, ma non con
te» finì lei in tono dolce.
«Tu non hai
padre» disse lui in tono leggermente divertito
«Il tuo è
ancora da decidere» gli rispose lei, divertita.
«Lo devi... Lo devi
veramente fare?» le chiese lui, in tono triste, deluso e
sommesso.
«Sì»
«Io...»
iniziò lui.
«Lo so, ..., lo so.
Non c'è bisogno che tu me lo dica di nuovo»
«No, ascoltami! Io..
c'è qualcosa che devo veramente dirti!» il tono
del ragazzo si era fatto serio e pregante.
«..., non ho tempo
ora... devo andare. Non
ho più tempo»
E poi, non sentii più nulla.
Le labbra rosee del ragazzo divennero più chiare, e dissero
qualcosa che non riuscii a sentire.
La giovane donna, dal canto suo, rimase stupita dell'affermazione che
gli aveva fatto il giovane, e gli rispose con un triste sorriso parole
che non riuscii ad udire.
Poi, come se nulla fosse successo, due occhi viola intenso mi fissarono
preoccupati.
«Eris? Tutto bene?
Sei un po' pallida...»
Mi guardai intorno, macchine tutte curve giravano allegramente per le
strade, ed io ero seduta su un marciapiede.
O meglio, ero seduta a mo' di caduta.
Notai il mio vestito che mi designò l'epoca attuale.
Era un vestito molto carino, nero a pois rossi, svasato dalla vita in
giù con un po' di tulle alla fine della gonna.
Ah, no, era la sotto-gonna.
Il busto stringeva, ma non tanto quanto quelli delle altre volte, e lo
scollo a "U" er un tutt'uno con gli spallini larghi abbastanza da
coprire le spalle.
Non mi serviva nemmeno guardare la capigliatura, che avrei scommesso
essere cotonata, per dedurre gli anni '50.
«Dove... Dove
siamo...?» domandai spaesata ad uno Shin, che mi fissava
curioso e preoccupato nel suo gessato grigio.
Decisamente elegante.
Mi sorrise dolce «Ti
interessa davvero così tanto? Forza, andiamo, ho una
sorpresa per te...»
«Una
sorpr-» non feci nemmeno in tempo a finire che Shin mi
tirò su con una mano e mi tenne stretta a sé per
un paio di secondi, giusto il tempo che bastava per farmi diventare un
peperone rosso.
«Fo-Forza,
andiamo» disse lui, voltandosi per non farsi vedere e
trascinandomi in strada, attraversandola.
Mi guardò negli occhi intensamente e quasi non lo sentii
mentre mi parlava.
«Chiudi gli
occhi»
«Perchè?»
«Tu fallo»
mi disse con un sorriso «Non te ne pentirai.
Fidati di me»
«O...Okay»
gli dissi.
Chiusi gli occhi e mi feci guidare dalla mano di Shin senza sapere la
destinazione.
"Fidati di me" aveva
detto.
Perchè mai dovevo fidarmi di qualcuno che incontravo solo
nei mei sogni e che non conoscevo per niente?
Eppure lo feci.
Mi fidai di lui.
/*Angolo
Autore*/
Non guardatemi
male, i "...," sono volutamente usati. Al posto dei puntini avrei
dovuto inserire i nomi dei personaggi che si parlavano.
Avrei
dovuto xD
Spero che anche questo capitolo vi piaccia
- Kurokage
|
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Capitolo 8 *** Gelosia... diamine, mi stai portando via?! ***
Capitolo 8 - Gelosia... diamine, mi stai portando via?!
8.
Gelosia... diamine, mi stai portando via?!
«Posso aprire gli occhi, ora?» gli chiesi dopo non
so quanto tempo.
«No, non ancora.
Siamo appena arrivati» disse Shin in tono furbo.
C'era un forte brusio di voci, il che
significava
essere in mezzo a molta gente.
«Si può
sapere dove siamo?» gli chiesi di nuovo.
Camminammo ancora per un po', fino a che il brusio di voci non
calò.
«Aspetta ancora un
po'... solo... un... poco...» mi disse, mentre con le mani mi
faceva sedere su qualcosa di freddo.
I miei occhi chiusi captarono un abbassamento della luce.
«Si può
sapere dove-»
«Shhh!» mi
fece lui piano «Ora... puoi
aprirli...»
Mentre aprivo gli occhi, che lentamente si
stavano adattando al buio della stanza, una voce femminile
iniziò a cantare.
«Ma cos-» «Shhh...»
E fu allora che capii: nell'esatto istante in cui comparve il tipico
libro in pelle che si aprì ed iniziò la storia.
Senza preavviso, una piccola lacrima mi scese sulla guancia, quando la
voce narrante non si accorse di avermi appena detto che ero alla prima
visione di "Cenerentola".
Quasi due ore dopo, finì il film e mi voltai a guardare
curiosa uno Shin sorridente.
«Ti è
piaciuto?» mi chiese dolce.
«Io...
Sì, non saprò mai come ringraziarti»
gli risposi sorridente.
«Non devi. La mia
più grande ricompensa è-»
Giuro di non aver mai odiato così tanto la sveglia come in
quel momento.
«Forza,
pigrona» disse la voce di Ael «è ora di
alzarsi»
«No... altri...
altri cinque minuti...»
«Non ti va forse
di... vedere Thy?» mi stuzzicò il bastardo.
«No» gli
dissi decisa, stroncando qualunque suo attacco.
«Quindi... non ti
sei presa una cotta per lui?» chiese confuso.
Lo guardai decisamente peggio
che male.
«E questa spavalda ed acuta, nonché decisamente
errata deduzione, dove trova fondo, Watson?»
«Solo dalla storia
che si ripete, mia cara Sherlock» mi rispose con una risata.
In fretta e furia, mi dileguai
dai suoi deliri e mi preparai in bagno.
Dieci minuti dopo ero tranquillamente seduta al tavolo della cucina con
i miei genitori, intenta a spazzolare una pila di tre soffici e
buonissimi pancakes.
«Forza, a scuola, che sennò fai tardi»
mi disse mamma mentre mi pulivo la bocca col tovagliolo.
Una manciata di minuti ed ero già a metà del
tragitto.
Con le cuffiette nelle orecchie, feci un balzo alto cinque
centimetri quando una mano mi toccò la spalla.
Mi ci vollero un paio di minuti prima di arrivare alla conclusione che,
quello che stavo osservando, non era il volto di un mal intenzionato ma
di Thy.
«Ciao!» mi
disse lui tutto raggiante.
«C-Ciao...»
«Che c'è?
È successo qualcosa?» il tono della sua voce era
profondamente preoccupato.
«Ah? No no... Non
è successo nulla, davvero...»
«Ne sei sicura,
Eris?»
«Sì...
Sì, non preoccuparti. Ho solo preso paura»
«Ah! Ti ho fatto
paura? Cielo, mi dispiace! Pensavo mi avessi sentito...»
«No... e no, non
preoccuparti. Ho rischiato l'infarto ma ora è tutto a
posto» gli risposi scherzosa.
Lui, per tutta risposta prese delicatamente una mano nella mia ed
incominciò a camminare.
«Forza, andiamo a
scuola» mi disse con un felice e luminoso sorriso.
" «Quindi... non ti
sei presa una cotta per lui?» "
Stranamente, mi tornò in mente Ael.
Io ero sicura di non provare nulla per Thy, solo... quando ero con lui
ero stranamente più felice e... e...
«Tutto ok?»
«Eh?»
«Eris, è
tutto ok?» disse la voce preoccupata di Thy.
«Ah, sì
sì, non preoccuparti» gli risposi con un sorriso
che non convinceva nemmeno un morto.
«Se lo dici
tu...» mi rispose lui, infatti, con uno sguardo dubbioso.
«Perché
sei... così gentile?» gli chiesi di botto «Cioè...
non ci conosciamo da molto tempo, e... ecco...»
«S-Scusa...»
mi rispose lui imbarazzato e con una punta di tristezza nella voce,
mentre toglieva la mano dalla mia.
«No!
Io....» gli dissi istintivamente, mentre riprendevo la sua
mano nella mia.
Lui si voltò a guardarmi stupito ed allora, arrivando
razionalmente al significato del mio gesto, mollai subito la presa.
«S...
Scusa...» dissi a bassa voce, abbassando gli occhi al terreno.
"Divini Dei, che
figuraccia..." pensai fra me e me.
Thy ed io tornammo a camminare silenziosi, ma con la coda nell'occhio
vidi un sorrisetto spuntare sulle sue labbra.
«È solo
che... mi sembra di conoscerti» disse lui continuando a
guardare dritto «... da
sempre»
Non riuscii ad aggiungere nient'altro a causa dell'arrivo a scuola.
Thy si voltò a farmi un sorrisetto e poi se ne
andò per
la sua strada, lasciandomi completamente sola a macinare quella che mi
aveva detto.
Quella giornata passò talmente tanto veloce che non me ne
resi
conto ma, nello stesso tempo, così tanto lentamente che ogni
secondo sembrava un'ora d'inferno.
«... credi anche tu,
Eris?» disse Mary facendomi ritornare alla realtà.
«Eh?
Cosa?» diamine, era già ora di pranzo.
«È tutto
il giorno che sei per i tuoi, sei sicura di star bene?»
«Sì, non
preoccuparti. Cosa mi stavi dicendo?»
«Ti
stavo dicendo che, credo che Thy si sia ambientato abbastanza bene, non
credi?» mi disse lei, indicandomi con un gesto un angolo
della
mensa.
Non feci nemmeno in tempo a finire il mio "Perché?" che
avevo la bocca già spalancata di almeno cinque centimetri.
Mary si affrettò a chiudermi la bocca e a voltarmi la testa
nella sua direzione, prima che Thy si voltasse e ci - mi - scoprisse.
Mary gli fece un cenno di saluto con la mano, ma io non mi voltai a
salutarlo.
Non ci riuscivo.
Negli occhi continuavo ad avere l'immagine di Sherley che si
sbaciucchiava platealmente Phy - e quello non è che mi
interessasse poi più di tanto - e Thy che stava comodamente
seduto fra le due oche starnazzanti di cui non ricordavo il nome: il
coretto di Sherley.
Io... io sapevo che prima o poi sarebbe successo.
Insomma, lei è tutto sommato una bella ragazza, tutte loro
lo
sono: col quoziente intellettivo di una rapa marcia, certo, ma sono
esteriormente molto attraenti.
Capelli lunghi che sembrano seta, trucco costantemente fatto e mai una
sbavatura, sorriso sempre brillante... beh, il meglio che potresti
avere dal liceo.
E Thy non era da meno.
Insomma, tutto sommato erano un bel quadro.
Sì, stavano bene inseme.
Avrei anche potuto dire che avrebbero formato una bella coppia se si
fosse messo con qualcuna di loro.
Ma allora... perché mi sembrava che mi avessero preso a
pugni lo stomaco?
Perché avevo una gran voglia di alzarmi e tirare i capelli a
tutto quel dannato gruppetto?
"Calma, Eris, calma" ripetei
a me stessa una volta, due volte, tre volte, forse anche dieci volte.
Non avevo nessun motivo per sentirmi così.
Non avevo nessuna pretesa su Thy, non era né mio fratello,
né il mio ragazzo.
Allora perché... perché mi sentivo
così... così... tradita?
Mi aveva solo stretto la mano lungo il tragitto, non era poi tutta 'sta
roba!
Non avevo il più minimo motivo di sentirmi tradita, e lui
non doveva essere l'oggetto della mia gelosia!
"Gelo... Gelosia? E
perché mai? Perché dovrei essere gelosa di lui?"
La campanella suonò ed io e Mary ci alzammo
insieme.
«Eris?» mi
chiese leggermente preoccupata, mentre ci dirigevamo verso l'aula.
«Sì.
Trovo si sia ambientato magnificamente»
Sapevo di essere stata acida, ma il modo in cui Mary si
fermò e
mi guardò stralunata, mi fece capire che forse ero stata un tantino troppo
acida.
Ad ogni modo, non volevo ragionarci ora, così mi voltai e me
ne andai a lezione.
Forse fu la rabbia, ma la lezione finì in un batter d'occhio
e io non ci capii un tubo.
In realtà non capii un tubo nemmeno delle seguenti.
«Mary, ecco... ti andrebbe di... prestarmi i tuoi appunti
delle lezioni?»
«Sì,
certo, ma come mai?»
«Perché,
sinceramente, non ho capito niente delle ultime ore» le dissi
con un sorriso imbarazzato, mentre ci dirigevamo all'uscita.
Anche quella giornata d'inferno era finita.
«Sì, non
ti preo- oh oh, disastro a ore sei! Disastro a ore sei!»
Non feci nemmeno in tempo a
capire di cosa diamine stesse parlando che una mano mi
afferrò la spalla.
«Eris... ti dispiace
se ti accompagno a casa? Credo... Credo che dobbiamo parlare»
Poi, Thy, si rivolse a Mary
«Ti spiace?»
«Io... Eris ha avuto
un giornata un po'-»
«Sì. Non ci sono problemi» dissi,
interrompendo Mary.
"Calma, Eris, calma.
Mantieni un comportamento distaccato. Non è successo nulla,
troppi filmini mentali fanno male"
«Andiamo?»
mi chiese lui, destandomi dai miei irrequieti pensieri.
Feci un cenno di assenso e incominciammo a camminare.
Vidi Matt, prima di uscire.
Come ci notò, mollò tutto per venire verso di
noi, ma - evidentemente - l'espressione sulla mia faccia lo
fece restare di sasso.
Non sapevo se sentirmi uno schifo o esserne onorata.
Nel dubbio, tornai a guardare per terra.
Non mi accorsi nemmeno quando
Thy si fermò.
Una valanga di pensieri mi aveva invaso la testa e ci avevo rimuginato
così tanto che mi era venuto persino il mal di testa.
«Eccoci»
disse semplicemente, incominciando ad inoltrarsi nel piccolo campo in
cui mi aveva portato l'altra volta.
Quel giorno vi erano meno fiori, ma era fantastico lo stesso.
«Quindi. Di cosa
volevi parlare?» chiesi, distraendomi dal paesaggio.
«Esattamente non so
da dove iniziare, quindi... ti irrita se racconto un altro
mito?» chiese con un mezzo sorriso di scuse.
«No» gli
dissi semplicemente, sedendomi sul prato ad ascoltare.
«Bene» si
sedette anche lui sull'erba e cominciò a parlare.
«Nell'era degli Dei
dell'Olimpo, Ade era il solitario.
Su scelta di Zeus, era relegato negli Inferi, luogo da cui non poteva -
e non amava - spostarsi.
Si spostò solo due volte: per prendere moglie e per esser
guarito da una ferita.
Ma, nonostante l'eternità con le anime defunte possa
sembrare una noia... mortale, Ade non era solo.
Negli Inferi vi erano altre divinità e fra queste, due che
lo interessarono particolarmente.
Quella di cui voglio parlarti era sicura di sé fino alla
derisione, perché trascinata dalla gelosia e dall'invidia.
Negli Inferi, vi era un fiume, l'Acheronte, che aveva un affluente
chiamato Cocito.
Cocito, fra le tante, aveva una bella figlia: prosperosa e chiara di
pelle, con lunghi e lisci capelli color rame pregiato che portava il
nome di Myntha.
Ella era una Naiade, una Potameide per meglio dire, la cui bellezza non
aveva rivali negli Inferi.
E Ade se ne innamorò perdutamente.
Purtroppo, però, Ade voleva prendere moglie e scelse
Persefone, scatenando la tristezza e l'invidia della ninfa.
Ella non si diede per vinta e rimase comunque una concubina di Ade.
Qui, in un moto d'invidia verso Persefone la sposa, Myntha non faceva
che vantarsi della propria bravura nelle arti erotiche verso Ade,
finché un giorno, Persefone, stanca ed annoiata da queste
"umiliazioni", non la prese e la fece a pezzi.
Ade, mosso da compassione per un gesto così deciso e brutale
della sposa, decise di concedere a Myntha di diventare una profumata
erba in ricordo del loro profumato amore, ma qualcuno era contrario.
Prima di diventare la concubina "ufficiale" di Ade e anche mentre
quest'ultimo prendeva sposa, Myntha aveva più volte ricevuto
richieste di unione da Zeus che ella aveva prontamente e freddamente
rifiutato.
Quindi, Myntha, ora pianta, si vide addosso la punizione di Zeus per il
suo orgoglio ferito e la rese una pianta fredda, in quanto freddi erano
stati i rifiuti di Myntha.
Ma la sua sfortuna non terminò qui.
L'aver provocato Persefone, aveva avuto conseguenze molto
più gravi di quante pensasse: anche Demetra, appreso
ciò che aveva fatto, le diede la sua punizione: per aver
criticato le doti amorose della figlia Persefone, Demetra la
condannò a pianta sterile.
La povera e bellissima ninfa Myntha si ritrovava così ad
essere una pianta, fredda e sterile: la Menta»
Appena concluse il racconto, attimi di silenzio ci divisero per un
lungo periodo.
«Devo... dedurre
qualcosa da questo mito o mi devi dire dell'altro?» chiesi,
forse un po' freddamente, ma tentando di mantenere un tono della voce
abbastanza neutrale.
«Demetra potrebbe
punirti» disse lui, continuando a guardare davanti a
sé.
«Cosa,
scusa?»
«Demetra potrebbe
punirti. Non essere come Myntha»
«Perché,
sono... sono come Myntha?» chiesi confusa, dato che non
capivo dove volesse arrivare.
«Sì. Stai
diventando Myntha, Eris. Non farlo. Gli Dei non sono mai buoni con
personaggi del genere»
«Ok, Thy, non ci sto
capendo più niente. Che cosa vorrebbe dire?»
«Quello che ti ho
appena detto»
«È...È
un mito, Thy! Non è mai esistito! Solo perché la
menta porta sensazioni fredde, è profumata e sterile, non
significa che derivi da una ninfa!»
«Cielo, Eris! Non ti
sto dicendo di essere come la menta! Ti sto dicendo di non essere come
Myntha!»
«Ma cosa diavolo
vuol dire?!» ero ormai al limite e il mio tono di voce non lo
mascherava.
Ero stanca, stressata, volevo tornare a casa, non riuscivo a cavarmi
dalla mente l'immagine di quella mattina e lui mi faceva fare pure dei
giri di parole per esprimere pensieri complicati che avrebbe avuto
problemi anche Einstein!
Thy si voltò e mi fissò intensamente, serio come
non l'avevo mai visto.
«Ti sto dicendo di
non perdere fiducia in te stessa e di non soccombere alla gelosia o
l'invidia, Eris»
La sua voce aveva assunto un tono decisamente più dolce,
come se avesse sempre saputo che le scene di quella mattina mi
avrebbero fatto dare di matto.
«E questo
cosa-»
«Myntha era gelosa
ed invidiosa di Persefone perché era accanto ad Ade.
Ma non si era mai accorta che, comunque, Ade la teneva in un posto
speciale nel suo amore»
Mentre io continuavo a non
capire un tubo, Thy alzò una mano e delicatamente mi
sfiorò la guancia.
«Non essere gelosa,
Eris.
Sì, loro saranno esteriormente attraenti, degne di ogni
corona d'argento, ma sarai sempre tu ad avere quella d'oro»
Si fermò un attimo, mentre io tentavo di raccapezzarmi fra la
sua mano sulla guancia, i suoi occhi fissi nei miei e i pensieri che mi
frullavano in testa.
Mi disse un'ultima frase e come d'incanto tutti i pensieri svanirono,
tutto divenne bianco e la confusione che avevo si dissipò
completamente.
Si alzò con grazia e mi salutò, dicendomi che
aveva degli impegni importanti.
Io dal canto mio mi alzai e, come in tranche, mi diressi a casa.
«Heilà!
Com'è andata oggi?» mi chiese un inaspettatamente
più gioviale del solito Ael.
«Uhm»
mugugnai, tirando dritto per camera mia.
«Hei... tutto...
tutto bene?» mi chiese preoccupato.
«Umh»
«"Umh" che significa
in gergo umano, scusa?»
«Umh»
«...
"Umh"?»
«Umh»
«D'accordo,
d'accordo! Ho capito la situazione. Ti faccio un cenno quando
è ora di cena» disse, svanendo nel nulla.
«Umh» gli
risposi, anche se ormai non c'era più nessuno.
Chiudendomi la porta della mia stanza alle spalle, mi buttai sul letto
a pancia in su, mentre la testa si riaffollava col doppio di
pensieri.
"«Sii Persefone,
Eris, sii Persefone e falle tutte a pezzi.
Sii la mia Persefone e le faremo a pezzi
insieme»"
«... Ma che
situazione di merda...»
/*Citazioni
e Riferimenti*/
Ecco la descrizione
di alcuni nomi usati in questo capitolo che, forse, non tutti conoscono:
▨ Naiadi: Ninfe (dee minori) che
presiedevano le acque dolci della Terra. Avevano anche
abilità profetiche e guaritrici. La Naiadi si dividono in:
Potameidi, Pegee, Creniadi, Limniadi e Eleadi.
▨ Naiadi
Potameidi: ninfe dei fiumi
▨
Naiadi Pegee: ninfe delle sorgenti
▨ Naiadi Creniadi: dette anche Crenee, erano
le ninfe delle fontane
▨ Naiadi Limniadi: ninfe dei laghi
▨ Naiadi Eleadi: ninfe delle paludi
Il mito di Myntha qui descritto è l'unione di più
miti le cui versioni (sintetizzate) sono le seguenti:
1. Myntha era la concubina di Ade, deridendo Persefone per le sue arti
seduttore, ella la fece a pezzi, Ade la trasformò in una
pianta profumata che prese il nome di menta
1.1 Variante del mito precedente vuole che, dopo essere divenuta
pianta, Myntha venne trovata da Demetra ed ella, il lutto per la
perdita della figlia, riconoscendo il tocco di Ade nelle suo essere, la
rese sterile come punizione;
2. Concubina di Ade, Myntha aveva deriso Persefone per le sue arti
seduttorie, così ella la pestò per farla tacere e
trasformò Myntha nella menta;
3. Myntha aveva più volte rifiutato freddamente le avances
di Zeus e, come ella diventò una pianta, per punizione la
fece diventare fredda.
/*Angolo
Autore*/
Eeeeeee, con
immenso ritardo annuncio il capitolo 8, ma come si dice: "meglio tardi
che mai"!
Godetevi la lettura e spero vi piaccia!
- Kurokage
|
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Capitolo 9 *** Tsunami ***
Capitolo 9 - Tsunami
9.
Tsunami
«Tesoro, tutto bene?» chiese mia mamma con aria
preoccupata.
«Domani, tre metri
di neve!» disse sarcastico papà.
Per quanto riguardava me, ero annoiatamente seduta a tavola e giocavo a
far fuggire un pisellino dalle grinfie della mia forchetta.
«Sì...
sì... tutto ok» dissi svogliatamente.
«Tesoro, non è
tutto ok. D'accordo? Cos'è successo?» chiese mamma
con aria spazientita, portandosi le mani ai fianchi.
«Ma nulla,
davvero...»
«Io e te dobbiamo parlare»
e questa, più che un'amorevole preoccupazione materna, era
una bella e buona minaccia.
«Guarda
che-» il suo sguardo mi fece fermare a metà della
frase.
Sospirai.
"Accidenti a te!"
pensai, rivolta a tutto in generale ma a Thy nello specifico.
In fondo, era colpa sua questa assurda situazione.
Ecco. Pensare a lui mi aveva
fatto passare la fame.
«Mi dispiace, oggi non ho molta fame...» dissi
alzandomi.
«Questo non
rimanderà la chiacchierata» finì mia
madre tagliando accuratamente un boccone di bistecca.
"Dannato....!"
Sospirai di nuovo.
Ora che ci riflettevo, non avevo mai sospirato tanto in una sola
giornata come oggi.
Doveva essere seriamente un caso grave.
E poi-«AHIA!»
Guardai il piede «Ma per la miseria
di Giove!»
«Eris, che
è successo?» disse la voce preoccupata di mia
madre dalla cucina.
«Nulla. Ho solo...
inciampato sullo scalino...»
Mentre tentavo di placare mentalmente il dolore, un silenzio innaturale
calò sulla casa.
«... ... ...
Sì. Dobbiamo parlare, Eris»
Per la sesta volta, sospirai.
Mi buttai sul letto: non avevo nemmeno la forza di leggere un libro.
Il che era sia un male che un bene: potevo tranquillamente rilassarmi,
ma la mia mente non si sarebbe concentrata su nient'altro che quello, ed era un
grosso problema.
Aspetta, avevo detto sia una male che un bene?
Risi.
«Ma quale
bene?!»
«Quindi... ho il
piacere di notare che ti è tornata la parola. Stavo
incominciando a preoccuparmi»
«Molto.
Spiritoso» dissi piatta e priva di sarcasmo.
«Che è
successo? Sembra che tu abbia visto un fantasma e sia scioccata per lui
è corso via spaventato
da te»
«Quest'iniezione di
sarcasmo mi sta facendo diventare diabetica, Ael»
«D'accordo,
d'accordo, la smetto. Tu mi dici che è successo?»
chiese lui con voce più seria e sincera.
«... Cose da
ragazze» dissi semplicemente.
Non mi andava di raccontare le mie peripezie ad Ael.
No, ad uomo e basta.
Avevo dell'orgoglio anch'io, e lui non era mica la mia fata madrina!
"... Beh, per la
verità sarebbe fato madrino..." pensai,
tentando di trattenere una risata.
«Che c'è
ora?»
«Oh, nulla...
nulla... stavo solo-»
«SHH! Sta arrivando
tua madre» disse mentre spariva.
Sbuffai di nuovo e la porta si aprì.
«Tesoro,
oggi è il giorno in cui hai sbuffato di più.
Dobbiamo
segnarlo sul calendario» disse con un sorriso.
Si chiuse la porta alle spalle e si mise a sedere sul letto, di fianco
a me.
«Quindi...
cos'è successo? Sii sincera, che tanto lo scopro se
menti» disse mamma fissandomi negli occhi.
«Ma non è
successo nulla!» le rispose, tentando di evadere il suo
sguardo.
Lei mi prese il mento con una mano.
«Ah-Ah.
Non dire bugie. Non ti ho mai visto in questo stato, ma ci sono passata
anch'io e lo riconosco. Se non vuoi parlare tu, andrò io
dritta
al punto»
Sospirai.
«Mamma, non
è nulla, davvero. Ho solo... questa è stata una
giornata "no", ecco»
lei continuò a
fissarmi per un paio di minuti.
«Chi è?» chiese infine.
«Cosa?»
«Chi è?»
«"Chi è"
chi?»
«Eris, non girarci
intorno, perché penso proprio di sapere chi sia»
Oh-oh.
«D'accordo,
d'accordo» le dissi arrendendomi «è...
è Thy»
«Thy?
Il ragazzo nuovo di cui ci hai parlato?» chiese lei con
curiosità, non riuscendo totalmente a mascherare che,
però, sapeva già la risposta.
«Non fare la finta
tonta, mamma. Sì, è lui»
Un piccolo sorriso le si aprì sulle labbra.
«E?»
«E... e niente. Non
capisco cosa gli passi per la testa»
«È un
ragazzo, cara, nemmeno io so cosa passa per la testa di tuo
padre» disse con una risatina.
«No, mamma...
è... è diverso. Non capisco veramente cosa
gli passi per la testa»
Le mi strinse in un abbraccio
«Su, parti. Vedrai che ti sentirai meglio»
Stanca, sospirai per quella che speravo essere l'ultima volta in tutta
la giornata, e incominciai a raccontarle tutto quello che era successo.
Ebbi il buon senso di evitare ombre e voci nella testa, ma per il resto
le raccontai tutto.
"«Pensa
a questo, tesoro: chi è la prima persona che ti viene in
mente,
se ti dico "ragazzo"? Non c'è bisogno che tu mi risponda. La
risposta serve a te, non me»"
E arrivederci ai sorci verdi,
dannazione!
Mia mamma non mi aveva di certo semplificato l'esistenza.
Osservai la sveglia, e mi resi conto che erano già passate
due ore da quando avevamo parlato.
"Ragazzo..."
pensai "Ragazzo... chi
mi viene in mente se penso alla parola ragaz-oh no"
Ed eccolo lì.
Con il suo sorriso gentile, ed i capelli mori.
Con la sua voce dolce e gli occhi di smeraldo.
«Noooo...»
mi lamentai.
Non volevo vedere lui.
Lui era l'unica persona che avrei fatto molto volentieri a meno di
vedere.
"Sii la mia Persefone e le faremo a pezzi
insieme"
Oh!, dannazione a me, te, Ade, Persefone e me di nuovo!
Perché mi doveva tornare in mente quella stupida frase?!
"Però devi
ammettere che come frase di conquista è originale..."
elaborò un piccolo angolino di me.
«Oh, ma
taci!» gli risposi.
«Guarda che io non
ho detto niente, eh...» disse Ael sbucato fuori dal nulla.
Lo guardai in cagnesco.
«Che...
che c'è? Che ho fatto ora? Non mi sono fatto vedere, non ho
mangiato biscotti, ho fatto il mio lavoro e tu non hai diritto di
guardarmi così» sbottò lui.
«Tu... mangi
biscotti?» gli chiesi confusa.
Un versetto proveniente da
quell'ombra mi disse che si era appena tagliato le gambe da solo.
«Mi avevi detto che
non mangiavi»
«Uhg.... Oh,
d'accordo. Sì, è vero, non mangio, ma i biscotti
sono troppo buoni» si arrese lui.
«Ma se hai appena
detto che non mangi?!»
«Sì,
sì, d'accordo. Non è vero che non mangio. Io non non ho bisogno di
mangiare. Ma questo non mi impedisce di mangiare»
«Quindi... puoi
mangiare?»
Lui annuì.
«E... ti piacciono i
biscotti»
Annuì di nuovo.
«E... quali
biscotti?»
«Pasta frolla con
gocce di cioccolato che si sciolgo in bocca...» mi rispose
con voce sognante.
Sospirai, e lui con me.
Solo che c'era un abisso di differenza: lui sospirava per i biscotti,
io per il nervosismo che bussava alla porta.
«Hei, che hai? Ah,
no, aspetta, mettiamo in chiaro: niente mugugni, chiaro?»
Risi «Sì,
sì»
Presi un profondo sospiro.
«Avevi ragione tu»
«Eh?»
«Avevi ragione tu.
"Perché la storia si ripete", no?»
Lui rimase in silenzio per un paio di secondi.
«Quindi... ti sei
presa una cotta per questo Thy?» disse serio.
«A quanto pare,
sì»
«A q-a quanto pare?!
Ma che risposta è? O è sì o
è no!»
«È
un "a quanto pare". Io non ci capisco niente e no so nemmeno se mi
piace, ma la conversazione che ho avuto con mamma mi ha fatto
ragionare, ecco tutto»
«Quindi... ti piace
a livello inconscio ma non a livello mentale?»
Ci pensai un su per un paio di minuti.
«Credo... credo sia
così»
«... Certo che sei
un caso come pochi...»
«Scusa tanto,
eh!» dissi, guardandolo con due fessure al posto degli occhi.
Sbuffai.
«È tutto così... così...
così complicato! Ma le cose non potevano essere un po'
più semplici?»
«Guarda che sei tu
che rendi le cose complicate» mi disse Ael con tono da
"capitan ovvio".
Mi presi la testa fra le mani.
«Non so cosa fare...»
«Provaci»
«Cosa?»
«Provaci.
Confessati. Digli che provi qualcosa per lui, spiegagli i tuoi
sentimenti. Se è giusto per te, ti
capirà»
«COSA?!»
Mi tappai la bocca con una
mano.
Maledizione! Mi dimenticavo sempre che per gli altri stavo parlando da
sola.
«Domani posso
provare a venire con te a scuola, e darti-» «No, grazie»
lo interruppi bruscamente.
«Eris, se non ci
provi hai perso in partenza. Cosa ti costa?»
«Una gigantesca
figura di cacca, ecco cosa mi costa»
«Mia cara, fidati di
me che non è la prima volta che vedo le cose. Se ci tiene a
te dirà di sì. Se non ci tiene ti
rifiuterà e tutto tornerà normale»
Alla sua affermazione dovetti trattenere una risata isterica.
«Normale, eh? Ma sai
cosa vuol dire, almeno?»
«Sì che
lo so, Eris. Non sei la prima che lo fa e non sarai nemmeno l'ultima.
All'inizio ci sarà dell'imbarazzo, ma poi tutto
tornerà normale, fidati»
«Umh...»
mugugnai.
«Ah no eh! Non di
nuovo!» disse lui esasperato.
«E come... come
dovrei fare a dirglielo...?»
«Sii semplice e
diretta. Parlagli. So che venite a casa insieme, chiediglielo lungo la
strada»
«Tu. Mi. Vuoi.
Morta»
«Eris...»
disse in tono accusatorio.
«D'accordo,
d'accordo. Vedrò quello che posso fare»
Tornai a distendermi sul letto, buttandomi non poi così
dolcemente, e fissai il soffitto.
La mattina dopo, mi accorsi di essermi addormentata giusto
perché mi svegliai.
Ma era solo una cosa apparente, dato che il mio cervello non mi aveva
dato tregua.
Calciai le coperte e mi alzai in piedi.
Guardai la sveglia e constatai con noncuranza che quella mattina mi ero
svegliata con trenta minuti di anticipo.
Mi diressi in bagno, mi sistemai, e poi mi piazzai davanti la cabina
armadio.
Con le ante spalancate, non mi resi conto di quello che stavo facendo,
finché Ael non compare e sentenziò una delle sue
frasi-giudizio.
«Trovo che se
mettessi quel vestito grigio con dei leggins sotto, Thy farebbe
più fatica a dirti di no»
«Quindi, mi stai
dicendo che se mi mettessi quello sarei... carina?»
gli chiesi, indicando col pollice un vestitino invernale grigio,
semplice semplice con lo scollo a barca, lungo fino alle ginocchia.
«Non ho detto carina. Ho detto
solo che farebbe più fatica a rifiutarti»
«Ah» gli
risposi alquanto confusa «E dovrei prenderlo
come..» «Un complimento, mi
sembra ovvio» aggiunse lui con la voce da "capitan ovvio".
«Ah»
Seguii in suo consiglio: infondo era una giornata ventosa, e l'inverno
si stava avvicinando.
Non ci fu nemmeno bisogno che mi chiamasse mia madre per la colazione:
ero magicamente apparsa prima ancora che lei arrivasse.
Come mi vide, mi lanciò un'occhiata d'approvazione e poi mi
fece un sorriso.
Passandomi accanto mi sussurrò «Se ti dice di no,
giuro che diventa una razza estinta»
Risi di quell'affermazione e lei con me.
Passato il tempo a mia disposizione, quando chiusi la porta di casa
alle spalle mi crollò il mondo addosso.
Non mi sentivo minimamente pronta per una cosa del genere.
Sì, avevo avuto delle mezze cotte, ma mai mi ero presa il
coraggio di andarlo a spiattellare in faccia al povero disgraziato.
"Questa volta, fa le
cose diverse, Eris. Ne va della tua sanità mentale. Della
sanità mentale di tutti e due"
Mi incamminai, infilando le cuffiette nelle orecchie e ascoltando un
po' di musica, tanto per distrar- no, tanto per fuggire da quel
dannato e fatidico momento che, sapevo, mi stava aspettando.
Arrivai a scuola e mi venne uno scombussolo di budella mica
indifferente.
"Diamine, ora vomito..."
"No, Eris, no. Finisci
la faccenda e poi vedrai che tutto si sistema"
"Mah, secondo me avevo
anche qualche linea di febbre, stamattina. Forse è meglio..."
"ERIS!"
Sospirai disperata, mentre varcavo l'ingresso della scuola.
«Buon giorno, Eris!
Come va?» mi chiese solare Mary.
«Mah...»
le dissi con aria interrogativa «... non lo so
nemmeno io»
Lei mi guardò a metà fra il preoccupato e il
confuso, ma non fece ulteriori domande e andammo verso l'aula.
In tutta onestà, posso dire che quella giornata
passò calma e tranquilla.
Le lezioni erano normalmente monotone, e a pranzo le solite coppiette
si sbaciucchiavano.
Ah, avevo preso la solita pizza ai funghi.
Nonostante il mio odio anomalo per la monotonia, quel giorno ero
più che contenta che tutto fosse grigio.
Alla fine della giornata scolastica, davanti gli armadietti, decisi di
fare un tutto per tutto.
Vidi Thy che usciva dalla sua classe e si dirigeva al suo armadietto,
così lo raggiunsi.
«Hei...»
inizia la conversazione col tono più casuale possibile.
«Heilà!
Come va Eris?» mi rispose lui calmo come il mare e raggiante
come il sole.
Guardarlo mi scatenava una reazione allergica che facevo fatica ad
ignorare: non tanto per quello che era successo, ma proprio
perché lui era calmo e pacifico ed io, in confronto, ero un
tsunami col grado più alto della scala che qualcuno avesse
mai visto.
«Bene...»
"Sorridi, Eris, su,
forza, SORRIDI!"
«Emh.. sei.. sei
impegnato, per caso, ora?»
«Perché?»
Il suo sorriso mi stava scatenando intensi istinti omicidi.
«Ecco, volevo..
volevo solo chiederti se ti andava di venire a casa con me»
"Ok, Ok, bomba
sganciata. Ripeto: BOMBA SGANCIATA!"
«Umh...»
fece lui con espressione seria «Aspetta solo un
attimo» aggiunse.
Si voltò con noncuranza e dannata eleganza, per poi
dirigersi verso Phy, Sherley e gruppetto vario.
Vidi che parlottò un po', poi si arrabbiò, si
rattristò, fece valere le sue ragioni, suo fratello
sospirò, Sherley fece una faccia disgustata, Thy
parlò ancora un po' e poi suo fratello annuì con
la testa, sconfitto.
Thy tornò da me raggiante più del sole.
«Vogliamo
andare?»
«S-Sì...»
Lungo la strada di casa, rimanemmo in un silenzio tombale.
Solo il rumore dei passi mi diceva che avevo qualcuno al mio fianco.
«Thy, ti va se... ci
fermiamo al prato/boschetto?» gli chiesi con un mezzo sorriso.
«Ma certo! Vuoi che
ti racconti un altro mito?»
Io gli risposi con una risatina imbarazzata.
"Un altro mito...
già... la storia della mia morte non mi dispiacerebbe..."
«Eccoci
qui!» mi disse, sedendosi per terra.
«Si sta bene, oggi,
non trovi?» chiese chiudendo gli occhi, con la faccia al sole.
«Per me...
c'è un po' troppo vento...»
«Già,
vero» mi rispose lui contento.
«Sai» mi
disse lui «in ogni caso,
questo bel tempo mi ha fatto venire in mente una cosa»
Si voltò a guardarmi, sorridendomi.
«Posso raccontarti
del mito di-» «No» lo
troncai subito.
Lui mi osservò stranito per un attimo.
«C'è
qualcosa che non va, Eris?»
Io tacqui, tentanto di prendere il coraggio a due mani.
«Ho... Ho fatto
qualcosa che non va? Ti ho offesa in qualche modo? Io... mi
dis-»
«Mi piaci»
Veloce, diretta e concisa.
Non mi azzardai nemmeno ad alzare lo sguardo.
Non mossi gli occhi nemmeno quando sentii che si muoveva.
Presi un silenzioso respiro e tutto fu finalmente più chiaro.
«Tu... mi piaci,
Thy»
/*Angolo
Autore*/
Ritardo
a parte... FINALMENTE! NON NE POTEVO PIU'.
No, ok, era un sacco di tempo che progettavo l'attesa confessione e, da
brava persona, vi farò trovare la reazione di Thy nel
prossimo capitolo.
Susu, non odiatemi, si chiama suspense!
Ad ogni modo, spero che questo capitolo sia piaciuto :D
Arrivederci fino al porsossimo... con l'attesa verità! xD
- Kurokage
|
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Capitolo 10 *** Brividi ***
Capitolo 10 - Titolo
10. Brividi
Era faticoso, vivere sulle proprie gambe.
Personalmente, non mi ero mai lamentata della mia vita precedente.
Quindi, potevo lamentarmi di quella attuale, no?
«... in onore
del suo matrimonio!»
«Sicuro?»
«Assolutamente! Persino gli Dei dovrebbero
partecipare!»
"Oh... ma davvero?" pensai satirica,
dopo aver casualmente origliato la conversazione di alcuni uomini.
Erano passati giorni - settimane - da quando avevo voltato le
spalle a tutto e avevo ricominciato.
Ed era seriamente faticoso, vivere come un'umano.
In questi giorni, quegli effimeri esseri con cui ero costretta a
vivere, si dimostravano interessanti, ed alcuni di loro...
sì, avevano
catturato il mio rispetto.
Diciamo che l'unico grosso cambiamento, era stata la modifica
della mia visuale di vita dei mortali, ma per il resto non cambiava
assolutamente nulla.
«BIRRA, DONNA!» sentii urlare da qualcuno.
"Oh, certo... ma non
arriverai a domani sulle tue gambe, UOMO!" pensai, mentre
versavo al cliente rozzo, sporco e puzzolente dell'altra... birra.
Il proprietario mi fece un cenno: potevo finalmente tornare al mio
amato giaciglio.
In realtà, però, mentre cambiavo un drappo,
sporcatosi con quella cosa gialla liquida, birra, incominciai
a sentire degli oggetti cadere, susseguiti da rumori di cocci e legno
rotto.
"Io lo avevo detto...
non arriverai a domani sulle tue gambe, uomo" pensai
con un sorriso sulle labbra, che si liberò in una
possente, gustosa e malevola risata appena uscii da quelle quattro mura
poco resisenti.
Scoppiai a ridere.
«Stavo...
Stavo scherzando, dai, non ci pensare così a
lungo...»
dissi a Thy, che era rimasto a fissarmi in silenzio e serio per dieci
minuti buoni.
Anche dopo questo mio commento rimase silenzioso e continuò
a fissarmi serio.
«Phy» disse infine.
«C-Cosa?»
«Phy» ripetè ancora più serio
e con un'intonazione che non prometteva bene.
«Cosa... c'entra... tuo fratello?»
«È lui, vero? È lui che ti
piace» disse convinto.
Tentai di rispondere, ma lui continuò voltando la testa da
un'altra parte.
«Lo
so. Lui è il gemello buono, lui è il gemello
simpatico,
lui è il gemello gentile, lui è il gemello
preferito! A
chi mai piacerei io?!»
«Thy-»
«NO! Sai cosa? Hai ragione. In fondo, Phy ha sempre avuto una
cotta per te. Da sempre.
Prima faceva il gentile con me, quindi ti ha lasciata al povero gemello
sfortunello, però ora che può tranquillamente
averti ti
prenderà!»
«Thy-!»
«NO! Fammi finire! Phy le ha sempre tutte vinte, e tu
eri l'unica cosa che avevo. Ora che ha anche te, ti userà e
poi
lascerà a me il compito di raccogliere cocci. Ma sai cosa ti
dico? NO! Non lo farò! Perchè se io
raccoglierò i tuoi
cocci, nessuno raccoglierà i miei!»
Prese un respiro pesante e, benchè tentasse di nascondere il
viso, la voce rotta la nascondeva difficilmente.
«Io... Io ti amo, Eris. Ti ho sempre amato, ti amo, e ti
amerò sempre. Non c'è cosa al mondo, non c'è forza al mondo,
che potrà impedirmi di amarti.
Ma se è Phy, la persona che occupa maggiormente il tuo
cuore,
allora non ha importanza. Fa ciò che senti giusto. Io...
avrò altre occasioni.
Nulla mi può impedire di amarti. Nulla che non sia tu»
«Thy...
io...»
«Va'
da Phy, Eris. Come ti verdà arrivare Sherley non
sarà
nient'altro che una delle tante. Non puoi nemmeno immaginare quale... ambito premio tu
sia per lui»
«Io non ho mai detto
che mi piace Phy. Non l'ho detto e non me lo sentirai dire»
Thy smise di respirare.
«Tuo fratello mi sta
antipatico»
Si voltò sorpreso, un colpo che non si aspettava.
«È
vero, ho parlato molto poco con Phy per poter dire che mi sta
antipatico. Ma il mio "sesto senso" non sbaglia»
Distolse lo sguardo, le parole amare.
«Ma questo non
significa che-»
«Significa
che mi piaci. Significa che voglio uscire con te. Significa che voglio
ascoltare la tua voce fin quando ti verrà la nausea.
Significa
che voglio fissare i tuoi occhi fin quando ti verrà da
piangere»
Lui mi guardò
stranito.
«Hai... Hai appena detto che scherzavi...»
«E
tu sei stato zitto a fissarmi per venti minuti, Thy! Cosa dovevo fare?!
Mettermi a ballare la macarena fino a quando non ti veniva in mente di
parlare?!» dissi esasperata.
«Ma...»
«MA! L'ho detto con
nervosismo! Oh Giove!»
«Quindi... io...
ti-ti piaccio davvero?»
Lo fissai intensamente, quegli occhi verdi colmi di malcelata speranza.
«Io-»
«Se fossi in te, starei molto
attenta a ciò che dici...» disse una
voce sibilante.
Mi voltai di scatto verso gli alberelli per notare qualcosa in mezzo a
loro.
Gli occhi colsero un guizzo fra le fronde degli alberelli e
il mio corpo si irrigidì.
Al mio fianco, Thy si era
irrigidito come me.
«Non sei la
benvenuta, qui» disse.
Una folata di vento e l'ombra nera prese forma davanti ai nostri occhi.
Rimasi interdetta per un paio di secondi, quando realizzai che Thy conosceva quell'ombra.
«Tu... tu la vedi?»
gli chiesi scettica, allarmata, impaurita e altre trentamila emozioni.
Lui mi guardò
preoccupato, ma non mi rispose.
I suoi occhi lo fecero: 'perdonami'.
«Ma davvero?»
disse l'ombra, divertita e tagliente.
«Sì. Ora
vattene»
«Ma io non stavo parlando con te,
Ta... Thy»
Thy strinse i denti.
«Ragazzina!»
disse, reclamando la mia attenzione «Allora? Cosa rispondi a questo
povero ragazzo innamorato?»
«Tu...»
incominciai, ma l'ombra mi bloccò.
«Te lo avevo detto. Al museo»
«Già.
Quando "avrei avuto" bisogno di te. Ora non mi sembra
di avere bisogno di te»
«No, cara, hai ragione. Ma io
devo pur trovare qualcosa con cui divertirmi, no?»
disse ridendo, mentre con un'altra folata di vento l'ombra spariva.
Thy si voltò nella mia direzione.
«Eris...»
«TU mi devi delle
spiegazioni»
«Non ho nulla da
spiegarti, Eris...»
«Nulla? E tu chiami
"nulla" il fatto che parli con un'ombra che pensavo di vedere solo
io?»
Fece una faccia sorpresa.
«... Anche tu?»
«"Anche io" cosa?
Thy, ti prego, non parlare a indovinelli»
«Io... è
da un po' che vedo quell'ombra, è per questo che la
conosco...» mi disse timido.
«E... non sai chi
sia, o come si chiami?»
«No» mi
rispose imbarazzato.
«Fantastico»
Beh, di positivo c'era che avevo qualcuno che provava la mia
sanità mentale e con cui, forse, avrei potuto parlare di Ael
senza sembrare una psicopatica sotto stretto dosaggio di tranquillanti.
Sospirai pesantemente.
«Mi
dispiace» disse lui di punt'in bianco.
«E di
cosa?»
«Mi
dispiace per quello che ti ho detto prima. Tu... tu mi piaci Eris. Mi
piaci davvero» disse completamente rosso, con gli occhi bassi.
«E... non pensi che io sia un essere pazzo perchè vedo fantasmi?»
Lui mi guardò negli occhi e, lentamente, mi sfiorò una guancia con la punta delle dita.
"Dio... che brividi..."
«Allora siamo pazzi in due» mi disse sorridendo.
E poi si avvicinò.
Lentamente.
Con calma.
Il tempo che fuggiva e a noi non importava.
I minuti che correvano, e noi non ce ne rendevamo conto.
Con calma.
Lentamente.
Si avvicinò.
E mi biaciò dolcemente.
/*Angolo
Autore*/
Sì, lo so, lo so.
Il capitolo è corto.
Purtroppo ho avuto un sacco di cose da fare che non mi hanno permesso di dilungarmi più di tanto.
Con fortuna, però, posso tentare di promettervi che il prssimo capitolo tornerà lungo come gli altri.
Nel frattempo, enjoy!
Ah, come vi è sembrata la "dichiarazione" di Thy?
Voglio commenti succulenti xD
- Kurokage
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Capitolo 11 *** Ali ***
Capitolo 11 - Ali
11.
Ali
Non ricordo esattamente cosa
successe dopo.
Ricordo solo che me ne ero tornata a casa, avevo chiuso la porta della
mia stanza ed ora mi trovavo, sveglia, sdraiata sul letto, in uno stato
catatonico da far paura ad uno in coma.
Cioè, che cosa diamine era successo?
Voglio dire, mi ero confessata a Thy, lui aveva fatto una scenata, poi-
Aspetta. La scenata.
Thy aveva fatto una scenta che includeva il fratello.
Lo aveva praticamente descritto come un donnaiolo, e a ripensarci mi
sembrava tutto immensamente più chiaro.
Però Phy non ci aveva mai provato con me.
Giusto... quanto, due frasi?
«...s'hai?» disse qualcuno al mio fianco.
Voltandomi, ci misi due minuti a capire che davanti avevo mia madre con
un mestolo in mano, le mani sui fianchi e lo sguardo preoccupato.
«Eh?» dissi stranita.
«Si può sapere che cos'hai, Eris? Ti ho chiamata
più volte e non hai risposto, sei tornata a casa e ti sei
fiondata in camera senza degnare nessuno di uno sguardo... hey, che
succede?» mi chiese, sedendo al mio fianco.
«È... È complicato»
«A meno che tu non sia incinta, mia cara, non penso ci sia
nulla in cui la mamma non possa aiutarti»
La guardai male.
«No, non è quello, per la miseria!»
Vidi mamma che, impercettibilmente, faceva un sospiro di sollievo.
«Quindi, cos'ha la
mia piccola Eris?»
«Nulla, è
solo che... sono sucesse troppe cose, ecco»
«Allora,
perchè non parti a raccontarmele dalla prima,
cara?» mi disse con un sorriso dolce.
Ah, la mamma!
«Beh...
ecco...» incominciai, raccontandole di tutta la giornata ed
osservando le sue espressioni.
Le raccontai del mio malumore mattiniero, della mia confessione, di
quello che Thy aveva detto e del bacio.
Evitai accuratamente la parte in cui scoprivo di non essere l'unica
malata mentale.
«Visto?»
mi disse lei con un sorriso raggiante «Sapevo non ti
avrebbe detto di no! Ora scusami, ma si brucia la cena!»
aggiunse, correndo via come il vento.
Parlare con mamma mi aveva clamata, ed ora vedevo tutto un po'
più chiaramente.
«Io
te lo avevo detto che con quel vestito avrebbe fatto molta fatica a
dirti di no...» disse una voce alle mie spalle.
Chinai la testa; ormai ero abituata alle improvvise comparse di Ael.
«Ael,»
dissi dopo un paio di minuti «le persone...
possono toccarti?»
«Non lo so,
perch-»
In realtà non attesi nemmeno la sua risposta. Come gli feci
la domanda, volai ad abbracciarlo.
E fu... meraviglioso.
Nonostante potessi sentire solo la sua dolce voce metallica,
mi
resi conto che quell'ombra emanava calore, che sotto quel nero... c'era
davvero qualcuno.
E potevo immaginare anche che fosse un gran bel qualcuno.
Mi scostai quasi subito con la testa bassa sussurrando uno "scusa",
mentre potevo sentire lo sconcerto di Ael invadere la stanza.
«Nu... Nu...
Nulla...» disse dopo cinque buoni minuti.
«... Vado a
mangiare» gli dissi ancora piena d'imabrazzo, quando mamma
urlò un "è pronto!!".
«Sì»
disse lui in un soffio.
La cena passò calma e tranquilla, e mamma non
accennò minimamente a quello che mi era successo.
Ci sarebbe mancato solo quello, papà avrebbe dato di matto!
Ridemmo, scherzammo e per quel poco di tempo dimenticai Thy, le sue
scenate e i miei sentimenti.
Fù quando tornai in camera per cambiarmi e ottenere un
meritato riposo che i pensieri tornarono ad attanagliarmi.
Non riuscivo a capacitarmi di come un insieme di parole potesse tanto
scombussolarmi la mente.
Di come una persona
potesse scombussolarmi la mente.
Nel caldo pigiama, decisi di prende in mano un libro e liberarmi la
mente leggendo.
Gira e rigira presi l'Amleto.
Avrei giurato che se il caso fosse stato una persona, gli avrei
cambiato i connotati.
«"Essere o non essere", lo dici a tua cugina!»
sbraitai, lanciando il libro contro la parete.
Seriamente, che cosa mi stava succedendo?
Spensi la luce, e decisi che era ora di dormire.
Sì, lasciarmi alle spalle tutto e sognare di fare una bella
nuotata da qualche parte in mezzo ai pesci volanti e gli unicorni rosa.
Tanto nei sogni potevo, no?
Chiusi gli occhi e ci misi un po' per addormentarmi.
«Bonne soire,
ma chérie»
«Ma cos-»
«No no no, chérie.
Shhh. Silence, mon amour»
«Mon...?! Ma che
diamin-»
Una mano mi coprì la bocca e in quel momento fui davvero
terrorizzata.
Poco dopo, sentii una presenza dietro di me -possiamo dire che mi era
appiccicata- ed alzai la testa per tentare di capire chi fosse.
Una visione sfocata, ma poi due profondi occhi ametista mi fissarono
sorridenti.
«Shhh... disturberai
se parli» disse al mio orecchio.
«Guarda, proprio
davanti a te»
Come disse queste parole, il nero che mi avvolgeva si dipinse di un
magnifico tramonto e sarei rimasta incantata dal rumore delle onde del
mare, se qualcosa non avesse catturato la mia attenzione in mezzo alla
sabbia.
Qualcosa di molto veloce si stava fiondando in mare.
«Ma... gli
scarafaggi non nuotano...»
La risata cristallina di Shin invase l'aria con un suono soave.
«Oh, ma chérie! Ma
non sono scarafaggi! Tortues!
Piccole tartarughe appena nate. È un evento raro a cui
assistere, sai?»
Ero così rapita da quella visione che avevo già
dimenticato le parole di Shin.
Vedevo quei piccoli cosini scuri che il più velocemente
possibile tentavano di raggiungere l'oceano.
«È una
cosa crudele, però...» aggiunsi triste in tono
basso.
«Perchè?»
«Perchè
ora, fin da subito, se la devono cavare da soli. Insomma, i loro
genitori fanno seriamente figli solo per avere discendenza»
«Umh...»
disse lui pensieroso «Hai ragione. Ma
questo insegna loro a vivere»
«Non sanno
cos'è l'affetto!»
«Non sei una
tartaruga, non puoi dirlo» mi sorrise lui.
Vabbeh, uno a zero per lui.
Le
piccole tartarughe ci misero giusto un paio di minuti ad arrivare
all'acqua, e tutto finì così come era iniziato.
Mi avvicinai alla spiaggia e mi sedetti.
Questa volta, avevo vestiti più comodi e moderni: una maglia
e un paio di jeans.
«Ti piace il tramonto?» disse la voce di Shin che si
avvicinava.
«Umh»
dissi «Sì e no.
Non sono una romanticona maniacale, ma non si può negare che
il tramonto sia bello»
«Hai
ragione» disse, e rimanemmo a fissarlo per un po', in
silenzio,
col rumore del mare che cullava il nostro udito.
«Ti... ti
farà felice, vedrai» disse Shin dopo una buona
oretta di silenzio.
«Cosa?»
«Tenterà di
farti felice. Dagli del tempo. Non è sempre stato
così facile. Non
lo è mai stato, in realtà»
«Di cosa stai
parlando, Shin?» gli chiesi con tono perplesso.
Lui mise una mano sulla mia
testa.
«Lo capirai. Solo, dagli tempo ed abbi pazienza»
disse con un sorriso nostalgico.
Aprii gli occhi e scoprii di essere in ritardo.
«Oh. Porca.
Salvietta» ogni volta tentavo di trovare insulti inoffensivi.
Insomma, dovevo pur sfogare il mio lato ribelle, ed ero scesa a patti
nel farlo senza offendere nessuno.
O quasi. Stamattina avevo appena offeso una salvietta.
«Eris! Tesoro,
è tardi! » urlò mia madre dal fondo
delle scale.
«Io vado, fai in
fretta!»
Diamine, era davvero tardi.
Mi lavai, mi vestii, presi il primo elastico disponibile e mi feci una
coda: al diavolo i capelli, non avevo tempo!
In fretta e furia, presi lo zaino e mi diressi a scuola.
Ormai non facevo più caso al fatidico incrocio da
cui tutto era partito, anzi, tiravo dritto.
Nella fretta, realizzai che non avevo più visto Ael da
quando lo avevo abbracciato.
Che fosse stato così sconvolgente?
Insomma, era stato un semplice abbraccio...
Che fosse... Magari Ael non era propenso per gli
abbracci?
O forse non lo avevano mai abbracciato.
Un giorno, forse, glielo avrei chiesto, ma al momento ero un po' troppo
in ritardo per curarmene.
Arrivai a scuola che la campanella era già suonata, ed
entrai per un pelo.
Alla velocità della luce - più veloce persino di
quei due che volavano - mi sedetti e tirai fuori le mie cose.
Che lunga giornata mi aspettava.
A pranzo, Mary mi continuò a parlare senza sosta,
ma io non vi feci molto caso.
«Che cos'abbiamo, ora?» le chiesi distratta.
«Non mi stavi ascoltando, vero?» mi disse lei
mettendo il broncio.
«Io... scusa, sono solo molto sovrapensiero, ultimamente.
Sono successe cose...»
«Eh, lo vedo!» mi disse lei
«Thy non ti cava gli occhi di dosso, sembra ci sia
solo tu, per lui» disse leggermente irritata.
«Sono successe... cose...»
Mary mi prese e mi girò verso di lei, poi mi
guardò dritta negli occhi.
«Bagno. Ora» mi disse, prendendomi per un braccio e
trascinandomi come un sacco di patate.
«Ok. Che cos'è successo fra te e Thy?»
«Mary, davvero, no-»
«Cosa. È. Successo. Sai che posso estorcerti le
informazioni con i miei metodi» tentò di
minacciarmi con voce poco convincente.
«Mary, davvero, non è successo nulla»
Mi fissò per un paio di minuti.
«Per questa volta passa, ma sappi che non me la
bevo»
Continuammo a guardarci per un po', poi sbuffai.
«Ok, d'accordo. Io e Thy ci piacciamo»
«RAGAZZI QUESTO È-lo avevo immaginato»
disse, in un repentino cambio d'idea.
Io la fissai.
«Sì, beh, insomma, vi guardate come se foste due
pesci lessi. Che si piacciono, certo, ma sempre due pesci
lessi» aggiunse.
Questa frase mi fece ridere, e questo mi allentò un po' la
tensione che avevo addosso dalla mattina.
«Vedi, è... una cosa strana. Insomma, non so come
dscriverla...» le dissi, e le raccontai tutto.
Le raccontai delle sensazioni che provavo vicino a Thy, dei miei
sentimenti, del fatto che sentivo come se mi conoscesse da molto
più tempo di quanto dasse a vedere.
«Wow» disse Mary alla fine dello sfogo.
«Questo sì, che non me lo aspettavo»
«Eh» dissi io, semplicemente.
La campanella suonò, decretando la fine della pausa.
«Poesia»
«Cosa?» le chiesi, mentre uscivamo dal bagno.
«Mi hai chiesto che cosa avessimo ora. Poesia»
«Ah. Wow» dissi, sospirando nervosamente.
Ci incamminammo verso l'aula di poesia e ci sedemmo vicine, come sempre.
Haimé, per quanto Poesia mi piacesse - tirava fuori il mio
lato emotivo senza che dovessi giustificarmi - era anche una delle
lezioni che odiavo di più.
Ed ora...
Ora la detestavo.
Poesia era l'unica lezione che condividevo con Sherley, ed era
già insopportabile prima, figuriamoci ora dato che - in
qualche modo, ma non avrei indagato - aveva scoperto che io e Thy
stavamo più o meno insieme.
Cioè, non era ancora una cosa ufficiale o altro, ma- "Aspetta un attimo,
cos'è che ho visto?"
"Era forse... no, dai mi
sono sbagliata. Però Thy... eh, Thy lo sta fulminando..."
Con mio immenso stupore avevo ricevuto la mia prima - e istintivamente
sapevo non sarebbe stata l'ultima - occhiataccia di Phy.
"Io lo avevo detto che
non mi stava simpatico" dissi a me stessa.
La signora Stone entrò in aula con qualche minuto di ritardo
ed un sacco di fotocopie in braccio.
I corti capelli brizzolati erano in disordine, ma con un
sapiente gesto della mano se li sitemò dopo aver poggiato
sulla cattedra i fogli.
Un sorriso radioso e gentile si aprì sulle sue piccole
labbra, fino ad illuminare i grandi occhi marroni nascosti dietro il
solito paio di occhiali da professoressa.
Ci diede il buongiorno e si apoggiò alla cattedra,
annunciando la lezione di oggi.
«Bene, ragazzi. Dato che abbiamo un po' di tempo libero, oggi
volevo fare qualcosa di diverso»
Un leggero brusio si levò dalla classe.
«Oggi lasceremo stare autori, epica e - purtroppo devo
ammetterlo - noiose poesie, per dare spazio al vostro Io»
Stavolta si levò un brusio un po' più forte.
«Su su, ragazzi! Di cosa avete paura, di un foglio e di una
penna?»
«Ma prof!» Disse una voce.
I miei occhi, istintivamente, guardarono supplichevoli il cielo.
«Il nostro Io
è una cosa importante, non possiamo mica sbandierarlo davati
a tutti!»
«Hai ragione Sherley. Ed ecco perchè voglio che lo
facciate»
Le risatine che Sherley aveva scatenato, si spensero in un secondo.
«Ma prof-!»
«Niente ma. Avate un'ora di tempo per esprire ciò
che queste immagini vi comunicano» disse, mentre cominciava a
consegnarci un foglio.
Ringraziai quando la professoressa mi diede il mio, e presi a guardarlo.
Erano tre immagini semplici, che si potevano trovare in internet con
una banalissima ricerca.
«Potete prendere spunto da un'immagine o da tutte e tre, a
seconda di cosa il vostro Io
vi suggerisca. Lasciatevi guidare dai sentimenti, ragazzi. I sentimenti sono la chiave»
Con questo, si sedette alla cattedra e prese a scribacchiare cose sulle
sue scartoffie.
Un'ora di tempo per una poesia, non era il massimo.
O meglio, bisognava vedere quando veniva l'ispirazione.
Se veniva
l'ispirazione.
Tornai sulle immagini e tentai di concentrarmi su esse.
La prima, erano un paio di ali bianche - di quelle da angelo - poste su
uno sfondo nero;
la seconda era un angeo inginocchiato, su sfondo bianco, con due ali
nere.
Il viso era oscurato, ma da ciò che intravedevo, non doveva
essere male, il pennuto.
La terza immagine, era una donna con delle maestose ali - ovviamente da
angelo, che la prof ne avesse la passione? - con le ultime piume
più lunghe da pavone.
La colorazione dell'immagine era sul viola scuro/chiaro, e dava al
tutto un senso id "mistico" ai miei occhi.
Una vocina mi diceva che avrei dovuto scrivere qualcosa sugli angeli.
Sentii Mary lamentarsi, affianco a me.
Lei non era un grande asso con la poesia.
Mi guardai intorno.
C'era chi stava già scrivendo, chi guardava il foglio
pensoso e chi lo guardava disperato.
Poi c'ero io che mi guardavo attorno e Sherley che spulciava
segretamente su internet per trovare la soluzione più rapida
e -a detta sua, o come avrebbe detto lei se glielo aveste mai chiesto -
indolore.
Tornai al mio foglio bianco e buttai giù qualche riga, ma
nessuna mi dava la giusta ispirazione.
Un leggero spostamento d'aria mi comunicò che qualcuno si
era mosso.
«... Hai problemi anche tu con questa roba?» mi
chese Thy divertito, a bassa voce.
«Non sempre, no. Deve solo venire l'ispirazione»
gli risposi.
«Umh...» mi disse lui «Io non so cosa
scrivere...» aggiunse con tono triste.
Diedi un'occhiata al suo foglio e quasi lo pesi a schiaffi.
«Thy... per... per... Odino! Hai scritto la replica in chiave
moderna della Divina Commedia!» dissi, tentando di trattenere
la voce.
«Guarda che sono solo appunti» mi corresse lui.
«Beh, mettili insieme e vedrai che qualcosa viene fuori,
credimi» gli dissi con un mezzo sorriso.
Lui me ne rivolse uno brillante, in un fugace momento in cui nessuno
guardava.
«Vedrai che l'ispirazione arriverà. So che hai le
parole dentro di te. Non tirarle fuori. Lascia che siano loro ad
uscire...» mi disse gentile, prima di tornarsene al suo posto.
"«Lascia che siano
loro ad uscire...» Sembra facile!" dissi a me
stessa.
Continuai a guardare il foglio bianco.
Ad un certo punto, riuscii a captare un piccolo spiraglio, in me, in
cui vedere quelle parole.
C'ero quasi, mancava poco.
Ancora un attimo e avrei scritto un poema degno di nota. Forse.
Eccole, erano lì, sulla punta della pena che non pregavano
altro che-«PROF! Ho
finito!»
"Uno di questi giorni,
io, ti ucciderò, Sherley Cooper. E sarà
così lentamente che perderai la congnizione del tempo"
Bene. Anzi, no,
fantasmagorico! Con il suo fantastico "Ho finito", Sherley mi aveva
fatto perdere la concentrazione.
Al diavolo lei e la concentrazione.
Mi rimisi a guardare il foglio bianco, pregando per un lampo di genio
che non arrivò.
Mancavanoancora un sacco di minuti allo scadere dell'ora,
così chiusi gli occhi e mi concentrai sui miei pensieri.
Svuotai la mente, eliminai tutto dall'ambiente che mi circondava.
In mente, avevo fisse le immagini che si susseguivano, come se
volessero raccontarmi una storia.
Nella mia mente, le fissavo e tentavo di capire cosa avevano da dirmi.
Finchè compresi.
Ed allora, la penna scivolò sul foglio, macchiando la sua
purezza con il nero inchiostro.
/*Angolo
Autore*/
Eeeee!
Prova. 1-2-3-prova!
Sì, sono ancora viva! *me balla la macarena*
Vi sono mancata? *coff coff* Intendevo la storia, ovvio v.v
Bene bene, che cos'abbiamo qui?
Una bella poesia in arrivo!
Probabilmente mi odierete perchè la leggerete nel prossimo
capitolo, ma non vi preoccupate: è già in
lavorazione se
tralasciamo il fatto che il mio spirito poetico deve rioganizzare le
frasi !
Aaaad ogni modo, per chi fosse curioso, ecco le tre immagini a cui mi
sono ispirata per scrivere il capitolo.
Le ho trovate davvero belle, e la descrizione che vi ho fatto non
è degna di nessuna immagine, lo devo ammettere v.v
Perciò, ecco la Prima immagine, la Seconda e la Terza.
Al prossimo capitolo!
- Kurokage
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