Peter Pan

di The_freedom_writers
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter 1 ***
Capitolo 3: *** Chapter 2 ***
Capitolo 3: *** Chapter 3 ***



Capitolo 1
*** Chapter 1 ***


~Jack mi passa il Bong e aspiro, quando rilascio il fumo mi sento la testa girare, ma è una bella sensazione e sorrido. Devo tornare a casa, è notte fonda e i miei fratelli mi stanno coprendo anche da troppo , ma decido mentalmente di restare altri cinque minuti.
«Allora Wendy come ti senti?»mormora un ragazzo di cui non so ancora il nome. I suoi occhi sono rossi e ha il viso stanco...o frastornato?
Ridacchio e prendo un altri tiro di Bong. «Benissimo, dico pensandolo sul serio. Amo violare la legge, sentirmi libera di fare ciò che voglio e di sentirmi libera come il vento. «Merda!» sussurro e balzo in piedi.
«Che succede?» chiede Rose. Guardo esitante l'orologio al mio polso.
«Devo andare, è tardissimo!» corro fuori dal piccolo parco del palazzo di Jamie e Tania e Rose mi seguono.
«Ehi aspetta!» annaspa sulle parole la mia amica dai capelli rossi.
«I miei fratelli mi ammazzano!»ringhio. «No,anzi, i miei genitori!» accelero il passo.
«Credevo ti stessero coprendo come sempre, dopo tutto.»dice con ovvietà. La guardo male.
«E' più tardi del solito, Tania! Sono le due.» per fortuna il palazzo di Jamie non è molto distante dalla mia casa, spero solo di non essere vista da Sullivan, la vicina pettegola, amica fidata di mia madre. Cosa sarebbe della super madre perfetta scoprire che la sua dolce e cara Wendy è una piccola ribelle? Un disastro.
«Ok ok rilassati» sbuffa Rose portando alle labbra perfette una sigaretta. Sono estremamente tentata di chiedergliene una, ma non posso... non voglio che i mie fratelli pensino peggio di quello che sono. «Con Jamie?» mi sollecita e il mio cuore affonda.
«Cosa?» chiedo nervosamente
«Sai perfettamente cosa Wendy» ride. «Ci sei andata a letto?» uno strano calore m'invade lo stomaco. Beh...
«Io... ecco...volevo ma...» mi sento così stupida nel dirlo. Tania e Rose avvolgono la loro braccia sottili intorno le mie spalle.
«Ma cosa?» istiga Tania e io alzo gli occhi al cielo. Non so spiegarlo, ho questo desiderio...che Jamie non riesca a prendermi. «Terra chiama Wendy» dice una delle ragazze sventolando una mano davanti al mio viso pensieroso.
«Beh, forse non è Jamie quello con cui voglio farlo.»confesso sentendomi subito in colpa. Si accigliano e ridono.
«O forse sei solo spaventata?» mi stuzzica Rose e io scuoto prontamente la mia testa. No, non ho paura..non è una questione di avere paura.
«No, credimi.» dico sicura. Vedo la mia casa e la finestra di me e i mie fratelli è illuminata. Respiro profondamente e prego nella mia salvezza. «Bene ragazze. Devo andare.» dico preoccupata.
«Al massimo se ti hanno scoperta, resterai in punizione per un mese.» scherza Tania indietreggiando e le lancio un'occhiata fugace prima di salutarle con la mano. Cammino con passo felpato nel vialetto della mia casa, lancio alcuni sassolini sulla mia finestra e dopo pochi secondo John apre le vetrate.
«Wendy» gli faccio cenno con la mano di abbassare la voce. «Perché ci hai messo tanto, prima la mamma era sospettosa.» bene lo scampata. Si allontana e prende i lenzuoli legati uno fra l'altro, che creano una specie di corda.
«E' sicura?» chiedo. John annuisce e io mi arrampico al tessuto ruvido. Cado in avanti sulla cassapanca imbottita accanto alla finestra e vedo Michael sul letto imbronciato. «Scusate se ci ho messo tanto.» mi rialzo e prego John di lasciare la finestra aperta per lasciare passare aria. Ho incredibilmente caldo. Mi guardo allo specchio e controllo subito gli occhi, sono leggermente arrossati, ma non troppo.
«Non ho intenzione di coprirti più se ti comporti da irresponsabile!» replica John e io lo guardo sorpresa. La maggiore dei tre sono io, ma in questo momento John mostra più buon senso di quanto mai potessi averne io. Sarà un ottimo gioiello per la società: prudente, serio, assomiglia tanto a nostro padre, mi acciglio al solo pensiero.
«Ti ho detto che mi dispiace, non ricapiterà promesso!» dico infastidita, ma quando lui ste per controbattere, Michael parla.
«Mi avevi promesso che stasera saresti tornata presto per raccontarmi un favola» mormora con la su piccola voce assonnata. Le sue braccia sono incrociate al suo fragile petto e i suoi occhi sono puntati verso il basso.
«E' rimasto tutta la notte ad aspettare che tu tornassi.» dice con calma John avvicinandosi a lui. Mi si scalda il cuore e mi siedo sul suo letto.
«Ehi» sussurro e accarezzo le sue gote rosa. Non mi guarda. «Scusami piccolino, io non volevo ho perso la cognizione del tempo.» mi stendo a fianco a lui e avvolgo un mio braccio intorno al corpicino.
«Non importa. Lo fai sempre... non sei più come prima.» si gira verso John dandomi le spalle.
“Hai ragione, sono stata una cattiva sorella.” respiro. “Ma sai non sono ancora tanto stanca.” sorrido grattando delicatamente la sua schiena. «Vuoi che ti racconti una storia?» sussurro ad un suo orecchio. Quando non mi risponde incomincio a fargli il solletico e lui si dimena ridendo fragorosamente.
«Va bene, va bene. Però smettila!» la sua voce acuta mi fa sorridere. Quanto vorrei essere di nuovo bambina, dormire felice al solo ascoltare una fiaba.
“«Cosa vuoi che ti racconto ometto?» incrocio le mie gambe e attendo una sua risposta.
«Peter Pan» risponde convinto.
«Peter Pan? Di nuovo?» rido.
«So che anche a te piace, quando eri piccola papà mi diceva sempre che tu volevi che te la raccontasse.» sorrido a quel ricordo. Era vero.
«E' vero, Peter Pan è una delle mie storie preferite.» confesso e John mi sorride. «Sul serio?”» domanda e io annuisco.
«Bene. Peter Pan era un bambino che mai e poi mai avrebbe voluto crescere, ha preferito non immischiarsi nel vita dei grandi.» porgo una smorfia a Michael e lui ride divertito. «Così scappa nell'Isola che non c'è e conosce i bimbi sperduti e le fatine. Peter prova un grande affetto particolare per una fatina...»
«Trilli!» squittisce Michael.
«Si, esatto. Trilli. Lei diventa la sua migliore amica, una figura molto importante per lui. Peter vive in un grande albero insieme ai bimbi sperduti e insieme riescono con la fantasia ad esaudire ogni loro piccolo desiderio. Nell'Isola che non c'è non ci sono solo loro. Ci sono tanti altri personaggi: i pelle rossa, con il loro  capo indiano e la sue bella figlia salvata svariate volte dal nostro Peter.»
«Anche io vorrei essere un pelle rossa!» dice entusiasta John.
«I pirati» lancio un'occhiata minacciosa a Michael facendolo indietreggiare.
«Capitano Uncino» mormora spaventato.
«E il babbeo Spugna.» dico divertita e John e Michael ridono. Racconto loro le bellezze dell'isola e le sue creature: il coccodrillo, le sirene e le numerose avventure di Peter e finiamo per interpretare in modo infantile i bimbi sperduti. La stanza diventa un macello, ma dopo tanto tempo mi diverto con i mie fratelli, proprio come una volta, e non m'importa del resto. «E ricordate, chi vince sempre?» avvicino la mano ad un mio orecchio.
«Peter Pan» ripetono insieme John e Michael.
«Bene adesso tutti a nanna, è molto tardi.» lascio un piccolo bacio sulla fronte di Michael e i suoi piccoli occhi si chiudono subito. John mi augura la buona notte e io vado in bagno a cambiarmi.
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Il mio letto si muove e io mugolo qualcosa di incomprensibile, probabilmente è mia madre che mi dice di alzarmi per la colazione.
«Così bella» sento una voce bassa e calda. Un piccolo suono, proprio come un campanellino risuona all'interno della stanza. Apro stancamente gli occhi e mi giro verso i letti dei miei fratelli, sono sotto le coperte. Aggrotto le sopracciglia confusa e giro la testa verso l'inizio del letto e sbarro gli occhi. Sussulto e mi siedo velocemente sul materasso schiacciando la mia schiena contro la spalliera fredda.
«Che c-che» balbetto. Un ragazzo è seduto sul mio letto ad osservarmi con occhi attenti. La luce illumina il suo viso, riesco a vedere il verde smeraldo dei suoi occhi e le sue labbra rosee, capelli color cioccolato incorniciano alla perfezione la sua faccia contorta in un'espressione seria o...accattivante?

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Capitolo 3
*** Chapter 2 ***


I suoi occhi verdi continuano a fissarmi, sposto lo sguardo in basso verso di lui, è a torso nudo e i muscoli delle sue braccia sono contratti, indossa un ridicolo pantalone di stoffa verde scuro, rovinato e strappato sul fondo. «Che sei? Perché sei in casa mia?» domando stringendo al mio petto le coperte. Una piccola luce gialla si avvicina al suo viso e riesco a vedere il piccolo sorriso che lo contorna. Sbarro gli occhi quando quella piccola palla di luce si avvicina a me, sembra una bambola, una bambola minuscola che riesce a muoversi. I suoi piccoli occhi azzurri studiano la mia espressione facciale, poggia i suoi piedi sulle mie ginocchia piegate e sussulto. «E’ un piacere conoscerti Wendy» parla il ragazzo misterioso. «Finalmente!» respira e io riporto lo sguardo sulla piccola personcina, che usa me come suo terreno. «Come fai a conoscermi?» mormoro a bassa voce per non svegliare i miei fratelli, non voglio farli preoccupare. La mia mente va a tutta velocità, la mia coscienza continua a parlare e a parlare, ma in questo momento non riesco a comprendere il messaggio che cerca di comunicarmi. Sento riecheggiare all’interno della mia testa: fai attenzione, è un maniaco, urla, difenditi, fa qualcosa Wendy! «Hai una fissazione per me» risponde con aria di sufficienza. Si alza con non creanza dal mio letto e io lascio uscire dalla mia bocca un sospiro che non sapevo trattenere. Incomincia a curiosare nei mobili e nella mia piccola scatola. Balzo in piedi e corro verso di lui strappandogliela di mano. «Tu sei malato!» sputo assottigliando gli occhi. «Fuori da casa mia!» mi guarda confuso. «Sei Wendy giusto? Wendy Darling?» mi indica e io scuoto la testa nel disperato tentativo di cacciare via il mio grillo parlante, che continua a torturarmi, che diavolo succede? «Sì, sono io.» rispondo irritata. «Parli sempre di me.» dice lentamente e io ammiro fascinata le sue labbra muoversi con grazia. «Perché vorresti cacciarmi adesso?» Cosa? «Cosa? I-io non ti conosco!» cerco di fare ordine nella mente di questo ragazzo. Lui sorride. «Non mi hai riconosciuto? Andiamo, Wendy.» ridacchia. «Campanellino.» indica la piccola palla di luce che svolazza all’interno della mia stanza. «Io» le sue dita sfiorano il suo petto tonico. «Un ragazzo che non vuole crescere.» mi guarda con intensità e sento il mio stomaco attorcigliarsi. «Non può essere reale.» indietreggio. «Peter Pan non esiste!» mormoro duramente. «E’ solo una favola» i suoi piedi non toccano più il mio pavimento e io mi sento svenire. Oddio. Il suo corpo si muove lentamente nell’aria e io spalanco la bocca. «E’ abbastanza credibile Wendy?» domanda e piega la sua testa riccioluta per guardare la mia, il mio petto sia gita, salendo e scendendo freneticamente, quando vedo i suoi piedi sporchi poggiarsi nuovamente a terra. La sua pelle nuda sfiora la mia e rabbrividisco. «Come come … fai a sapere che i-insomma …» balbetto. « Che parlo di te?» le sue labbra piene si piegano, formando un sorriso sornione. «Adoro sentire i bambini che parlano di me.» indietreggia e la sua figura alta non fa più ombra al mio viso. «Sai come bimba sperduta …» lascia in sospeso la frase e i suoi guizzano per tutto il mio corpo. «Non saresti male.» mi lancia un occhiolino e divento paonazza. Diamine, è così … diverso da come l’ho sempre immaginato. È più grande, non sembra un bambino, ma un ragazzo. «Quanti anni hai?» chiedo fin troppo curiosa. Con passo deciso, salta sopra la ringhiera di legno del letto di John, mi guarda e incrocia le sue braccia al petto. «Diciotto.» è un ragazzo! Beh, credevo che la sua età fosse tra i 10 e i 13 anni. Mi sbagliavo molto. «Pensavo che fossi un …» «Bambino?» m’interrompe sollevando leggermente le sue sopracciglia e io annuisco. «Un bambino non avrebbe il coraggio di affrontare dei pirati e Capitano Uncino!» i suoi occhi si scuriscono. «Un bambino non deve preoccuparsi di queste cose.» spiega. «Perché sei venuto proprio qui? Da me i miei fratelli … insomma, ci sono tanti bambini e ragazzi che raccontano di te.» non riesco ancora a crederci. Si bagna distrattamente i contorni della sua bocca. «Fai troppe domande» nota accigliandosi. L’adorabile grinza che si forma sulla sua fronte mi fa sorridere. «Scusami, è un mio difetto.» ammetto con un pizzico di divertimento. «Ti piacerebbe venire via con me?» domanda. Venire via con lui? È pazzo, completamente pazzo. Boccheggio per prendere un po’ d’aria e rido. «Sei completamente matto» il suo sorriso indecifrabile cresce alla mia rivelazione. «Non sei la prima che lo dice!» mormora e il suo corpo nuota nell’aria. Wow! «Tutti i bambini vogliono venire all’Isola che non c’è» afferma. «Io non sono una bambina, Peter!» torna alla mia altezza, smettendo di volare. «Non sei nemmeno così grande, come credi di essere.» sussurra ad un mio orecchio. «Che vorresti dire?» lo incito. Certo che sono grande, ho quindici anni e devo pensare alle cose da grandi. «Per essere grandi cosa intendi precisamente, Wendy?» mi stuzzica e io gli lancio una fugace occhiata. Alzo gli occhi al cielo e rifletto bene sulle parole che sto per pronunciare. «Ci sono tante cose Peter.» me ne esco, sentendomi improvvisamente in difficoltà. Nessuno mi ha mai chiesto cosa significa essere grandi. «Vedi! Non sai cosa rispondere.» beh, forse …. Appoggia una spalla alla vetrata della finestra chiusa, prima era aperta. «Perché vuoi che venga con te?» ridacchia e penso al nostro piccolo discorso poco fa. Faccio troppe domande. «Voglio semplicemente che tu venga, tutto qui» dice. Oh … mi piacerebbe sul serio, scappare da tutto, vivere un’avventura, andare all’Isola che non c’è. Ma è da pazzi. «Ti mentirei se ti dicessi che non vorrei. » annaspo sulle parole. «Ma non posso venire con te e lasciar perdere il resto. » guardo i miei fratelli che russano leggermente. «Loro hanno bisogno di me» mi giro e trovo Peter a guardarmi con attenzione. «La famiglia.» sibila con lo sguardo perso nel vuoto. «Se vuoi possono venire con noi» cerca di convincermi. L’adrenalina si è impossessata del mio corpo e non riesco e rimuoverla, è surreale ma chi avrebbe rinunciato all’Isola che non c’è? Abbasso la testa sui miei piedi e sospiro sconfitta. «No, Peter.» sussurro flebilmente. Le sue dita alzano il mio mento. «Non pensare a nessuno, non pensare ai tuoi genitori, alla scuola, a quello che tutti si aspettano che tu debba fare, non pensare ai tuoi problemi, preoccupazioni, lasciati andare Wendy!» chiudo gli occhi e respiro profondamente. Sento un letto cigolare e mi volto di scatto. Michael si stropiccia i suoi piccoli occhi e sbadiglia rumorosamente. «Wendy …» mormora con la sua piccola voce. «… che succede?»

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Capitolo 3
*** Chapter 3 ***


«Wendy, che succede?» chiede confuso Michael. Degluttisco rumorosamente e guardo esitante Peter. I soi occhi verdi incontrano i miei e mi sorpassa andando verso mio fratello.
«Tu chi sei?» la sua voce sempre più piccola.
«Qual è il tuo nome?» domanda gentilmente Peter sedendosi sul letto al suo fianco.
«Mi-Michael» balbetta stringendo le lenzuola.
«Michael» gli sorride, «molto piacere, sono Peter Pan!» tende la sua mano aspettando che gliela stringa, ma non succede.
«Tu non sei Peter Pan!» parla dopo qualche secondo. Il suo viso dolce forma un cipiglio e Peter sbuffa leggermente.
«I bambini di oggi non credono più a nulla.» si distende nel suo letto e Michael si acciglia. Mi guarda stranito e mimo uno “scusa” con le labbra.
«Wendy, perchè non dici a tuo fratello come stanno le cose?» balza in piedi e attraversa la stanza silenziosa per avvicinarsialla finestra. Assottiglia gli occhi e ammira il cielo buio, capisco in qualche modo che vuole andare via.
«Wendy?» mi chiama Michael spazientito.
«Devi credergli...» vado verso di lui per rassicurarlo. «E’ sul serio Peter Pan.» accarezzo i suoi capelli e lui si sposta.
«Come facciamo a sapere che sia davvero lui? Magari è un tuo amico!» mette il broncio e mi sento il cuore sprofondare. I miei fratelli pensano già peggio di ciò che sono.
«E’ veramente lui.» parlo con voce tremolante. Diamine. Devo controllare le mie emozioni. «Sa volare, con lui c’è anche Trilli.» strofinai la sua schiena. Mi giro verso il ragazzo che afferma di essere l’eroe della mia infanzia e ammiro la sua bellezza. Le sue dita che all’apparenza sembrano lisce, aprono le vetrate e il vento leggero muove i suoi capelli, il verde dei suoi occhi è illuminato dalla luce fioca della luna, le sue labbra sono serrate in una linea sottile e dura, i muscoli delle sue braccia sono contratti dal momento che i suoi gomiti sono piegati all’insù, intenti a tenere aperta la finestra; le vetrate spesse che sembrano oggetti, pesanti, in qualche modo sotto il suo tocco sembrano piume che possono volare o strapparsi, da un momento all’altro. Osserva la finestra leggermente aperta e posso sentire il suo bisogno di spiccare il volo e scappare da Londra. Il suo petto nudo e tonico si abbassa e alza ad una velocità lenta, degluttisce e le sue mani si stringono maggiormente sui bordi di legno che contornano il vetro rigido e trasparente, le sue dita lunghe scivolano lentamente da essi e mi guarda in modo indecifrabile.
«Dimostrami che sai volare!»ordina Michael svegliandomi dai miei pensieri. Le sue pupille attente saettano verso il mio fratellino e gli lancia un piccolo sorriso tirato.
«Se lo faccio mi crederai?» gli domanda e lui annuisce prontamente. Guardo affascinata i suoi piedi staccarsi dal pavimento freddo, le sue braccia sono incriciate sopra il petto. Rimane sospeso in aria a scrutarci.
«Ti basta?» piega la testa lateralmente per osservare meglio Michael. La sua bocca forma una O perfetta e scuote la testa per riprendersidal suo stato di shock. Trilli va accanto a Peter e io non posso fare a meno di pensare a dove sia stata.
«Trilli!» esclama Michael eccitato facendo saltare John. Il mio povero fratello con occhi ancora serrati si siede sul suo letto e cerca, con difficoltà, di formulare una frase.
«Che cosa è st-st...stato?» mugola e io strozzo una risata. Peter solleva le sopracciglia e Michael corre verso nostro fratello e scuote bruscamente le sue spalle tese.
«John! Guarda! Peter Pan!» strilla il mio fratellino e d’istinto mi copro le orecchie.
«Sono sveglio, sono sveglio!» si lamenta, la sua mano tasta varie volte il suo comodino alla ricerca dei suoi occhiali, le sue dita sottili stringono le stanghette e se li infila velocemente.
«Guarda!» Michael indica Peter che è ancora sospeso in aria, mi mordo il labbro inferiore. Non dovrà piacergli questa situazione, pensai.
«Che diamine...» sibila John grattando i suoi capelli scuri e scombinati. « Tu sai volare?» i suoi occhi sono sbarrati. Trilli gioca con i capelli di John e colto di sorpresa lancia un piccolo urlo.
«Che cos’è?» le sue mani tremolanti fanno da scudo al suo viso contornato da un’espressione buffa e spaventata. Michael lo prende in giro, ridendo di gusto quasi strozzandosi.
«Fifone» dice, ripetendolo più e più volte e John lo fulmina con lo sguardo.
«Non rompere!» liscia con le mani il suo pigiama stropicciato, è sempre così perfetto e ordinato.
«Bene» parla Peter schiarendosi la voce. «Devo tornare all’isola che non c’è, i bimbi sperduti mi stanno aspettando.» mi guarda e io distolgo lo sguardo. Non posso...
«L’isola che non c’è?» dice sorridendo John, dando un colpetto sul braccio di Michael richiamando la sua attenzione.
«Sì, l’isola che non c’è.» Trilli si siede sulla sua spalla e lui le sorride calorosamente; è straordinario vedere un’amicizia così travolgente tra un essere umano e un piccolo essere.
«Anche io volgio andare all’isola che non c’è!» miagola Michael. Peter mi sorride.
«Davvero?» mormora continuando a tenere i suoi occhi puntati su di me.
«Vostra sorella non è d’accordo però...» piega la sua schiena per rimanere alla sua stessa latezza, le sue mani grandi sono poggiate sulle gambe tese.   
«Perchè no, Wendy?» domanda con voce sconfitta e io ispiro alzando gli occhi al cielo.
«Beh, piacerebbe anche a me andare; ma i nostri genitori saranno in pensiero...» ragiona John e io gli sorrido. Pater lancia un’occhiata d’intesa a Michael e lui si gira verso John.
«Ma è solo per far un giro.» sbatte i piedi a terra. «Torneremo presto, ci sono i bimbi sperduti e le fatine..» lo supplica. Ehi! Quella che decide sono io, non John. Le mie mani si poggiano ai miei fianchi e mi acciglio.
«... e le sirene.» continua Peter con malizia. « Gli indiani...» indietreggia verso la finestra.
«I pelle rossa!» esulta John e Michael ride.
«I pirati...» la sua voce sembra un sussurro pronto a essere portato via dal tempo.
«Capitano Uncino.» dico cercando di mettere timore ai miei fratelli. «E’ pericoloso andare, non siamo avventurosi e valorosi come Peter.» cerco di convincerli. I loro sguardi vacillano e sorrido vittoriosa.
«Non siete come me, potrei insegnarvi a combattere e...a volare!» mi giro verso di lui e serro la mascella.
«Davvero puoi insegnarci a volare?» chiede Michael correndo verso di lui, tira con la sua manina i suoi pantaloni verde scuro. « e a combattere?» aggiunge estasiato John. Combattere...
«Voi siete pazzi!» brontolo e mi rimetto sotto le coperte. Peter sembra per un momento perso e si morde il labbro inferiore nervosamente.
«Andiamo Wendy, non fare l’antipatica.» mi riprende Michael conla sua vocina acuta e debole e io cerco di non ridere. «Che ti succede? Ti è smepre piaciuto Peter Pan ... papà mi diceva che saresti voluta diventare una bimba sperduta per restare sempre al suo fianco...» nel giro di pochi secondi corro verso Michael, che mi guarda divertito e gli tappo la bocca.
«Sta zitto! Cosa dici?» mormoro a denti stretti e senza volerlo guardo Peter e le sue labbra piene sono piegate in un sorriso sornione. Abbasso lo sguardo non appena avverto il calore diffondersi sulle mie guance. Piccola peste, pensai duramente. 

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