Ritrovarsi

di Amy Pavlova
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I - Ritorno a casa ***
Capitolo 3: *** Capitolo II - Gufi ***
Capitolo 4: *** Capitolo III - I tre manici di scopa ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV - Ricordi ***
Capitolo 6: *** Capitolo V - Diagon Alley ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 Prologo
Ultimi giorni
 
Rose e Scorpius camminavano per i corridoi deserti del settimo piano, mano nella mano, godendosi il loro ultimo giorno in quella che era stata così a lungo la loro casa: ne osservavano le pareti con le loro crepe, i quadri talvolta addormentati e talvolta svegli e chiacchieroni… ogni dettaglio sembrava loro di grande importanza, in quel momento, e già assaporavano la nostalgia che li avrebbe colti quando sarebbero entrati nella Sala Grande per la cena.
«Mi mancherà questo posto…» La voce di Scorpius era ridotta a un sussurro. Forse temeva che, parlando appena più forte, la magia che permeava la scuola in quel momento – la magia dei ricordi – potesse svanire e non tornare più.
«Secondo te perché voglio diventare insegnante?» sussurrò Rose di rimando, osservando con insistenza una crepa, quasi aspettasse una risposta da lei, e passando la mano delicata sopra la parete ruvida e grigia. «Per tornare qui.»
Scorpius annuì. In altre circostanze avrebbe fatto qualche battuta – lui faceva sempre battute, soprattutto quando non era il momento di farle – ma quel giorno si trattenne. Annuì solamente, in silenzio, completamente dimentico che Rose, voltata verso la parete, non se ne sarebbe potuta accorgere.
«Tu tornerai mai?»
«Non lo so…» ammise, «Magari verrò a trovarti, vuoi?»
Rose si girò verso il ragazzo e annuì: le piaceva immaginarsi più grande, ben vestita, mentre usciva dall’aula dove aveva fatto lezione; poi un ragazzino del primo anno, uno timido, la fermava e le diceva che un signore biondo la aspettava nel Parco e lei, dopo averlo ringraziato, sarebbe scesa con calma da Scorpius.
«Allora diventa in fretta professoressa, perché io sento già la nostalgia» le disse e la baciò.
Quando si separarono, ripresero a camminare: fecero le scale, stettero fermi sui gradini aspettando di vederle cambiare… A Rose ricordavano tanto le giostre babbane dove la madre la portava da piccola.
«Sei mai stato sulle giostre?» gli chiese, ancora immersa nei ricordi della sua infanzia.
Scorpius scosse la testa. «Non so neanche cosa siano, in realtà» ammise.
«Allora quando torno dalla Russia ti porto, ok? E poi ti porto anche dai miei» gli disse.
A Scorpius piaceva l’idea di essere presentato ai genitori di Rose: li conosceva, certo, e qualche volta li aveva persino visti e li aveva salutati, ma Rose non li aveva mai presentati ufficialmente. E lui, poi, l’avrebbe invitata a pranzo a Villa Malfoy, l’avrebbe presentata come la sua fidanzata e Rose avrebbe passato il tempo a parlare con Draco e Astoria.
Certo, avrebbe dovuto aspettare che Rose tornasse dalla Russia, ma un mese sarebbe passato in fretta.
Poi più niente li avrebbe separati.
 
 
 
 
 

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Capitolo 2
*** Capitolo I - Ritorno a casa ***


Capitolo I
Ritorno a casa
 
Rose amava viaggiare con i mezzi Babbani. Aerei, treni, automobili, navi… le permettevano di godersi alcune ore in tranquillità e di godersi il viaggio senza pensare alla destinazione. Fosse per lei, avrebbe passato tutta la sua vita a bordo di quelle geniali diavolerie, per osservare le città dall’alto o per stare in mezzo al mare, per vedere gli alberi scorrere velocemente accanto a lei.
Se non avesse avuto quella forte passione per le Pozioni, si diceva spesso, avrebbe studiato Babbanologia e poi avrebbe portato gli studenti di Hogwarts in giro per il mondo in aereo, altro che Passaporte e Smaterializzazione!
Sollevò con facilità la sua valigia, stupendo un signore sulla sessantina. «Sa, vado molto in palestra» gli disse, poi aggiunse: «E gli ho fatto anche un incantesimo per renderla più leggera.»
Il signore scosse la testa e rise. La ragazza sorrise a sua volta: dopo anni passati a viaggiare con i mezzi Babbani, aveva imparato che a nominare gli Incantesimi si veniva presi per persone con tanto senso dell’umorismo o per pazzi.
Si sedette vicino all’anziano signore e gli rivolse nuovamente un caldo sorriso.
«Lei è proprio una signorina sveglia! A un’altra persona non sarebbe venuta in mente una battuta del genere» le disse e poi rise di nuovo. «Una signorina davvero sveglia!» ripeté e, per un momento, a Rose sembro che gli occhi cambiassero colore. Che fosse in realtà un Metamorfomagus? Ma no, non era possibile.
Il signore rise di nuovo e, questa volta, fu il naso a trasformarsi in quello di un maiale.
Rose lo fissò, stupita.
«Dai, Rose, non mi riconosci?» le chiese e gli occhi, dapprima verdi, divennero blu intenso.
«Teddy?» sussurrò. «Sei davvero tu? Che ci fai qua?»
Teddy, ancora sotto mentite spoglie, scrollò le spalle. «Dovevo andare in Russia per lavoro e ho pensato di farti uno scherzetto» le disse. «Ah, ti salutano Vicky e Dominique!»
Rose scosse la testa, un sorriso stupito a incresparle le labbra. «Ricambierò non appena arriveremo a casa.»
Quel viaggio prometteva essere più divertente del previsto.
 
«Rose!» Hermione, nel giardino di casa, le corse incontro e l’abbracciò. «Finalmente sei tornata a casa, finalmente sei tornata…»
«Be’, papà non lo abbracci?» le chiese Ron, arrivato in quel momento. Aveva allargato le braccia, come faceva quando era piccola e poi la sollevava da terra. Rose si fiondò dal padre e lo strinse forte.
«Hugo dov’è?» chiese, non appena furono rientrati a casa.
«Sta lavorando, ma rientrerà fra poco e sarà felicissimo di vederti» le rispose la madre. Poi, con un colpo di bacchetta, Hermione mise a scaldare il pasticcio nel forno. «Ora vai a posare su le valige e riposati un po’, ok? Quando il pranzo sarà pronto ti chiamiamo noi.»
Rose annuì e dopo averli abbracciati un’altra volta uscì dalla cucina e si diresse verso le scale.
Le camere da letto erano tutte al piano superiore, ma lei, durante l’estate del suo quinto anno a Hogwarts, aveva deciso di trasferirsi in mansarda e la sua vecchia camera era stata trasformata nella camera degli ospiti. Volle entrarci comunque e scoprì che nulla era cambiato dall’ultima volta che l’aveva vista: c’era qualche libro sistemano nella libreria, alcuni pupazzi e alcune bambole erano sistemati sul letto…
Afferrò quella che era la sua bambola preferita e, anche se aveva ormai ventiquattro anni, decise di portarla in mansarda con sé.
La sua piccola soffitta era invece un po’ più adulta: nessuna bambola sul letto, nessun nastrino, solo tanti libri, qualche attestato e diverse foto. Non ci entrava da anni, lassù, perché aveva da subito preferito affittare qualche stanza o qualche piccolo monolocale dove stare temporaneamente durante i brevi periodi in cui tornava dalla Russia; quella volta, però, tornava per restare e così aveva preferito passare qualche giorno nella sua vecchia camera, prima di traslocare nell’appartamento che i genitori le avevano trovato a Hogsmeade.
Si perse ad osservare le foto: c’era quella di lei e Lily sulla scopa giocattolo quando avevano una sette e l’altra cinque anni, una con Teddy e Vicky al loro matrimonio, un collage di foto sue e di Hugo e poi, sul comodino, racchiusa dalla cornice che lui gli aveva regalato, una foto sua e di Scorpius.
La prese per osservarla meglio: erano loro due nel giardino di Villa Malfoy, abbracciati sul dondolo che Astoria aveva fatto sistemare accanto alle rose. Salutavano chiunque avesse fatto loro la foto – Rose non ricordava chi fosse stato – e ridevano. Era stata scattata quando era tornata dopo il primo mese in Russia, prima che il laboratorio di Pozioni dove aveva fatto il praticantato le offrisse l’opportunità di studiare e lavorare.
E allora era partita e non l’aveva più rivisto.
Probabilmente, le foto che li ritraevano insieme erano il motivo per cui, almeno all’inizio, non voleva dormire là. Poi erano subentrati altri mille motivi: l’avere abitudini diverse da quelle vecchie, la necessità di spazi propri, forse anche non voler fare quelle ripidissime scale quando rientrava tardi ed era stanca.
La rimise sul comodino proprio mentre qualcuno bussava alla porta. Immaginò fossero i genitori che la chiamavano per il pranzo.
«Avanti!» urlò, e si buttò sul letto.
«Rosie!» Hugo aveva malamente chiuso la porta dietro di sé e si era fiondato sul letto accanto alla sorella per farle il solletico. «Non ribellarti, o peggiorerai la tua situazione» la minacciò.
«Va bene, va bene: mi arrendo» disse, ancora scossa dalle risate, e alzò le mani. «Non ho una bandierina bianca da sventolare, ma fai finta che ci sia.»
«Allora, sorella, mi hai portato della buona vodka russa?»
Rose lo guardò male. «Sono appena tornata e l’unica cosa che sai chiedermi è se ti ho portato la vodka?»
Il fratello l’abbracciò forte, le diede un bacio sulla guancia e le disse che era felicissimo di vederla di nuovo; poi aggiunse: «E la vodka?»
Rose rise e scosse la testa. «Lo sai che non si possono portare liquidi in aereo, Hugo…» iniziò a spiegare, «… ma io sono una strega molto abile e potrei aver Confuso una o due persone per non far notare la presenza delle bottiglie.»
Il ragazzo esultò rumorosamente, e dal piano di sotto Hermione chiese se ci fosse qualche problema. Risero entrambi, poi Rose promise: «Un giorno chiamiamo qualche amico e facciamo una cena in perfetto stile russo, ti va? Però quando avrò traslocato.»
Hugo annuì, entusiasta. «La prima festa, però, è oggi: riunione degli ex-studenti!»
«Come mai tutto questo entusiasmo? Ti ricordo che non ci sono quasi mai alcolici, a quelle feste» asserì. «E comunque sono stanca, non pensò verrò.»
«Lily e Aline avevano detto che lo avresti detto, ed è per questo che devo assolutamente riferirti che verranno a prenderti dopo cena e vi preparerete da Aline. Ah, hanno aggiunto che non hai possibilità di scelta: te le sei perse tutte e lo sai che l’anno prossimo sarai troppo vecchia e nessuno ti inviterà più.»
Rose annuì, rassegnata e forse anche un po’ desiderosa di andarci. Del resto, Hugo aveva ragione: si veniva invitati ogni anno, nel mese di giugno, per i sette anni successivi al diploma, dopodiché gli inviti smettevano di arrivare.
Lei tornava sempre troppo tardi a casa per potervi prendere parte e così, per sei lunghi anni, non era mai andata. Stanca o non stanca, quell’anno sarebbe andata.
«E ora scendiamo a pranzo, russa!»
 
«Ho visto Teddy trasformato da vecchio babbano sull’aereo.»
Rose era seduta su uno sgabello di legno, mentre Aline, Nata Babbana con la passione per le acconciature, le aggiustava i capelli. Stava mangiando delle Cioccorane – le erano mancate così tanto quando viveva fuori! – e raccontava di come il cugino l’avesse presa in giro e di quanto si fossero divertiti durante il viaggio.
«È tutto molto divertente…» Aline espresse il suo pensiero con voce monocorde mentre tirava una ciocca di capelli che proprio non ne voleva sapere di stare al suo posto, «… però dovresti tenere la testa ferma, Rose, altrimenti di affatturo.»
La ragazza sbuffò e, proprio in quel momento, Lily uscì dal bagno: aveva un asciugamano avvolto attorno alla testa, indossava un vecchio pigiama e il trucco della mattina le colava sul viso. Si osservò allo specchio e inorridì: si aggiustò con un colpo di bacchetta e, in appena pochi secondi, i capelli erano asciutti e acconciati. Si sarebbe solo dovuta truccare e vestire e, per farlo, non ci avrebbe messo molto.
«Siamo in ritardo, lo sapete?» chiese e si chinò per tirare fuori dal cassetto gli ombretti. «Non che la cosa mi stupisca, eh, ma era per farvelo sapere.»
Le altre due grugnirono un assenso infastidito in risposta.
«Va bene, scusatemi se non voglio arrivare a festa finita!»
Mentre Lily iniziava a truccarsi, Aline finiva l’acconciatura a Rose.
«Perfetto, ora devo solo riuscire a indossare il vestito senza rovinare i capelli» brontolò, poi si ricordò di doverlo indossare dai piedi e si sentì più tranquilla: aveva già rovinato un’acconciatura fattale dall’amica quando aveva diciannove anni e Aline si era infuriata. L’esperienza, Rose ci teneva a non ripeterla.
Quando furono pronte, si Smaterializzarono davanti alla casa che un ragazzo alcuni anni più piccolo di loro aveva messo a disposizione. Certo, chiamarla “casa”, si disse Rose, era riduttivo: lei l’avrebbe piuttosto chiamata “reggia”, sia per la grandezza che per il lusso che caratterizzavano la struttura. Per non parlare poi del giardino, già popolato di ex-studenti, e dell’enorme cancello dove due buttafuori attendevano il loro arrivo e, soprattutto, che mostrassero i loro inviti.
Quando entrarono, la trovarono ancora più bella di come l’avevano immaginata guardandola da fuori: l’ingresso, le cui pareti erano dipinte con tinte chiare e luminose, era ampio e arioso; di fronte al grande portone d’ingresso, vi era poi una porta le cui tende, sospinte dal vento, si gonfiavano verso l’interno. Oltre di essa, una corte interna da cui proveniva della musica le invitava a farsi avanti.
La maggior parte delle persone era radunata là e in una delle sale laterali al giardino, anch’essa arredata con mobili chiari ed eleganti.
Rose rimase affascinata: si era persa tutto questo, negli anni precedenti?
«L’hanno sempre fatta qua?» chiese, guardandosi intorno.
«Negli ultimi due anni sì, ma più la guardo e più questa Villa mi sembra meravigliosa: non smette mai di stupirmi!»
Aline era entusiasta.
Tra le persone che ballavano e chiacchieravano nelle stanze messe a disposizione per la festa, camminavano dei camerieri con vassoi colmi di cibo.
Eppure, nonostante l’impeccabile eleganza, la festa era tutto fuorché noiosa: si trovava sempre qualcuno da salutare, qualche vecchio amico perso di vista da abbracciare e con cui recuperare il tempo perso, e la musica sembrava chiamarti, dirti di andare a ballare proprio quella canzone e poi quella successiva e poi quella dopo ancora. Scoppi di risa si sentivano da ogni dove e il chiacchiericcio, a tratti coperto dalla band, era allegro.
Presero qualcosa da bere da un vassoio, poi si tuffarono in mezzo alle persone che stavano già ballando.
«Rose? Rose Weasley?» Una voce maschile costrinse la ragazza a girarsi. Di fronte a lei, occhi chiari e capelli scuri, Mark Walker la guardava stupito.
«Ebbene sì, in persona» rise. Nonostante fossero passati anni dall’ultima volta che lo aveva visto, Mark non era cambiato di una virgola: stesso sorriso perennemente divertito, capelli in disordine e abbigliamento impeccabile. L’aveva conosciuto bene quando aveva iniziato a uscire con Scorpius, al quinto anno, ed erano diventati praticamente migliori amici; poi lei era partita e, nonostante la promessa di mantenersi in contatto, si erano persi di vista. «Non sei cambiato neanche un po’: sei preciso identico a come ti ricordavo!»
Lui scosse la testa e rise. «E qui ti sbagli, Rose» la contraddisse e alzò la mano sinistra: nell’anulare, un anello dorato brillava. «Mi sono sposato due mesi fa!»
«Ma dai, sei serio?»
«Serissimo! Anzi, venite che vi presento» le disse e Rose, Lily e Aline lo seguirono attraverso la folla.
«Ragazze, lui è mio marito: Alexander.»
Il ragazzo che aveva indicato aveva l’età di Lily, ma a Hogwarts era in Tassorosso. Guardò Mark con un sopracciglio alzato: «Alex, chiamatemi Alex» disse loro, «Mark si ostina a chiamarmi col mio nome intero perché sa che lo odio.»
Alex, lo scoprirono quella sera, era una persona fantastica: simpatico, spigliato e autoironico, nonostante non le conoscesse se non di vista si comportò come se fossero amici da una vita. Scoprirono interessi comuni e con Aline decisero di vedersi per una maratona di un film babbano che parlava di un ragazzino che veniva ammesso ad una scuola speciale e che, ogni anno, doveva affrontare il cattivo. Rose non ricordava il nome, probabilmente era la prima volta che ne sentiva parlare.
Quando la Villa iniziò a svuotarsi, anche Rose decise che era arrivata l’ora di tornare a casa. Cercò il fratello, che non aveva visto per tutta la sera, e lo avvisò, poi, dopo aver salutato le amiche e Mark e Alex, si avviò al di là del cancello. Lì si Smaterializzò.
 


Varie ed eventuali - ovvero note e giustificazioni.
Avevo detto, nelle risposte alle recensioni, che avrei aggiornato una volta alla settimana, ma - ahimè! - non ho mantenuto la promessa. Cercherò, tuttavia, di essere più regolare con i prossimi capitoli e di non farmi attendere troppo, ma non fidatevi troppo: per quanto io possa fare il possibile, gli impegni sono sempre tanti - oserei dire troppi - e quando ho un po' di tempo libero scrivo, oppure leggo, oppure... dormo, lo ammetto.
Spero che, al di là del ritardo nell'aggiornare, il capitolo possa piacervi.
Un grosso grasso bacio,
Amy.

 
 

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Capitolo 3
*** Capitolo II - Gufi ***


Capitolo II
Gufi
 
«Malfoy, ho bisogno di quell’articolo fra dieci minuti e fra quindici dobbiamo mandare il giornale in stampa.» Ginevra Weasley era apparsa improvvisamente davanti alla sua scrivania: aveva l’aria stanca e delle profonde occhiaie violacee risaltavano sulla carnagione pallida.
«Sì, sto finendo di controllarlo.»
La donna annuì e si allontanò.
Scorpius Malfoy amava il suo lavoro: viaggiare, seguire partite di Quidditch e intervistare i giocatori era sempre stato il suo sogno. Be’, non proprio sempre: quando frequentava ancora Hogwarts avrebbe voluto diventare un giocatore professionista e, finiti gli studi, per tre anni ci era anche riuscito; un brutta caduta da una scopa, però, aveva compromesso per sempre il suo futuro e così aveva dovuto abbandonare gli allenamenti agonistici.
Era stata Ginny a cercarlo: gli disse che i giornali sportivi non avevano bisogno di semplici appassionati, ma di persone che il Quidditch lo avevano conosciuto da vicino. Le persone non conoscono tutti i sacrifici che ci sono dietro ad ogni partita, non conoscono la stanchezza che segue un allenamento che dura ore e ore, ma noi sì e siamo noi, gli aveva detto, i giornalisti migliori. E Scorpius aveva accettato.
Così, diventare un giornalista sportivo era diventato il suo sogno di riserva.
Certo la donna non gli aveva reso la vita facile: all’inizio, scriveva soltanto articoli su campionati minori e poco seguiti e, nonostante ciò, spesso e volentieri Ginevra modificava completamente l’articolo che scriveva. In quattro anni, però, era notevolmente migliorato e questo grazie alla scrupolosità con cui controllava ogni suo articolo, rischiando, come quel giorno, di farlo avere troppo tardi.
Quando ebbe concluso, corse verso l’ufficio del capo. Ginny era seduta sulla scrivania e leggeva alcuni articoli per assicurarsi fossero a posto. Scorpius bussò.
«Rischi sempre di non vedere i tuoi articoli pubblicati e io rischio sempre di non avere i principali articoli. Fossi stato meno bravo…» gli disse, «… ti avrei già licenziato da un pezzo.»
Il ragazzo rise. Negli anni, la sua risata non era per niente cambiata: era ancora quella di un ragazzino troppo vivace e troppo sicuro delle proprie capacità. Era ancora quella che aveva fatto innamorare Rose Weasley. Ginny si era chiesta per anni cosa la nipote potesse trovare nel figlio di Draco Malfoy, ma dopo averlo conosciuto iniziò a chiedersi perché non ci avessero neanche provato, nonostante le distanza. Erano maghi, dannazione, vedersi sarebbe stato semplice!
Chiamò la sua assistente, una ragazzina di diciotto anni appena uscita da Hogwarts, e le consegnò gli articoli. Era una buona tirocinante, nonostante fosse giovanissima, e Ginny la teneva d’occhio.
Quando la ragazza uscì, si rivolse di nuovo a Scorpius. «Posso farti una domanda?» chiese.
Scorpius annuì.
«È un po’ personale» lo avvisò. «Se non vorrai rispondermi, lo capirò.»
«Va bene, dimmi.»
«Per quale motivo tu e Rose non ci avete neanche provato?» gli chiese. Scorpius stava per rispondere, ma lei lo bloccò: non aveva ancora finito. «Le distanze, quando si può usare la Magia, si possono annullare facilmente… Certo non vi sareste potuti vedere ogni giorno, ma una volta al mese ce l’avreste fatta! Mi sembravate così uniti…»
Il ragazzo si strinse nelle spalle e si sedette. Stava per iniziare a parlare, quando un ragazzo bussò alla porta dell’ufficio. Ginny lo fece entrare.
«Il giornale è pronto» le disse. «Possiamo…?»
«Andare? Sì sì, fatevi una bella dormita!» rispose, poi si rivolse a Scorpius e gli fece cenno di continuare. Nel frattempo, gli diede le spalle e iniziò a sistemare le proprie cose nella borsa.
«Non lo so… Forse perché eravamo molto piccoli» balbettò e si strinse nuovamente nelle spalle. «Magari ora le cose andrebbero diversamente, non lo so… Se stessimo insieme, ovviamente, ma lei è in Russia e–»
«No!» Ginny lo interruppe bruscamente. «No, è tornata ieri e, a quanto mi ha detto Lily, inizia a lavorare a Hogwarts.»
«Oh…» Scorpius era stupito: non aveva mai neanche preso in considerazione l’idea che Rose sarebbe potuta tornare. Pensava che insegnare non le interessasse più. «È tornata per restare, dunque» sussurrò.
Ginny annuì. «Ora però va’ a prendere le tue cose: voglio chiudere e andare a dormire.»
 
Scorpius solitamente arrivava a casa quando il padre si era appena svegliato, lo salutava e poi andava a riposare per qualche ora. Quella mattina, però, l’idea di dormire non lo sfiorava minimamente.
Si sedette al piccolo tavolo rotondo attorno al quale Draco Malfoy, ormai completamente calvo, faceva abitualmente colazione, in un salottino della Villa.
«Non vai a riposare?» Draco aveva smesso di girare lo zucchero nel suo tè e osservava il figlio. «In genere sei molto stanco…»
Scorpius scosse la testa. «Non ho sonno e ho delle cose da f–» provò a dire, ma uno sbadiglio lo interruppe. Guardò l’uomo seduto di fronte a lui: lo fissava divertito e preoccupato nello stesso momento. «Ok, lo ammetto: sto morendo di sonno, ma non riuscirei a dormire e quindi non vado.» Afferrò una fetta di pane e se la infilò in bocca.
«È successo qualcosa?»
«No, è solo che…» Non sapeva come dirlo senza sembrare un adolescente alla sua prima cotta. «Potrei aver saputo, ecco, che Rose è tornata. Hai presente Rose? Ve l’avevo presentata, a te e la mamma…»
«Scorpius, se pensi di potermi ingannare con questo tono indifferente, farò finta di cascarci» gli disse il padre. «Però, davvero, persino chiedermi se me la ricordo! Ho una certa età, non lo nego, ma questo è davvero un insulto…»
Scorpius sbuffò. Se persino suo padre lo prendeva in giro…
«Non fare quella faccia, su… Tuo padre scherza e tu hai ventiquattro anni: non sei esattamente un ragazzino» lo rassicurò Draco. «E poi sono passati tanti anni da quando vi siete lasciati…»
«Papà, ascoltami: è strano, per me, che lei sia tornata e se dovessi per caso incontrarla… be’, sarà strano vederla, ma non credere che provi qualcosa per lei o altro» spiegò. «È solo stata la prima ragazza di cui mi sono innamorato ed è strano, tutto qua. Non ho bisogno di venir… consolato!»
Draco evitò di fargli notare che aveva usato la parola “innamorato” e che, a conti fatti, era anche stata la sua unica ragazza.
 
Mezz’ora più tardi, Scorpius era seduto sul pavimento della sua camera da letto. Aveva tirato fuori dall’armadio il baule sul quale era inciso il simbolo di Hogwarts, lo stesso dove aveva conservato tutte le cose del suo periodo scolastico; quando si era lasciato con Rose, aveva messo là dentro pure le foto che li ritraevano insieme.
Lo aprì: sulla superficie, disordinate sopra il mantello con lo stemma dei Serpeverde e alcuni libri, c’erano alcune foto con Mark e altri compagni di Casa, la cravatta della divisa e la piuma che aveva usato durante gli esami. Tirò fuori il libro di Pozioni e aprì la copertina: là c’erano le foto con Rose.
Prese la sua preferita. L’avevano scattata uno degli ultimi giorni a Hogwarts sulla breve scalinata che conduceva al portone d’ingresso: non si erano accorti di essere stati fotografati sino a quando Aline non aveva mostrato loro l’istantanea. Erano seduti e stavano parlando, solo parlando… Scorpius non ricordava più cosa stessero dicendo, ma intuì dovesse essere qualcosa di molto bello, perché sorridevano e le dita di Rose gli carezzavano una guancia.
Sapere che non era più in Russia, ma che era tornata a casa, riportava a galla tutti i sogni e le speranze di un ragazzino di neanche diciotto anni: vivremo insieme, Rose; andremo in vacanza in Italia e in Francia, Rose; mi farai vedere la Russia, Rose; verrai a vedermi alle partite, Rose…
E poi non c’era stato niente di tutto ciò. Un giorno si erano visti e Rose gli aveva detto che le avevano offerto un lavoro in un importante laboratorio in Russia. Avrebbero potuto provarci, come aveva detto Ginevra Weasley, ma per qualche motivo che Scorpius neanche ricordava avevano deciso insieme di lasciarsi.
Ricordava però com’era stato dopo.
Non l’aveva mai dimenticata e sperò che anche per lei fosse lo stesso. Non voleva che non andasse avanti, no, solo che ogni tanto si fermasse a pensare a quello che avevano passato insieme. Sperava solo di essere un buon ricordo. Lei per lui lo era…
Un gufo picchiò alla finestra, distraendolo dai suoi pensieri. Afferrò la pergamena che portava con sé e gli diede un po’ di mangime.
 
 
Ehi, Scorp!
Ieri ho visto Rose alla festa degli ex-studenti. Pensavo volessi saperlo.
Se ti può interessare, oggi doveva fare il trasloco: va a vivere a Hogsmeade, così sarà più vicina alla scuola (ha ancora quella assurda passione per l’insegnamento, pazzesco!). Pensavo volessi sapere anche questo, nel caso in cui vorresti cercarla.
Non sto insinuando niente, ovviamente, però magari potresti volerla vedere per una chiacchierata e una Burrobirra. Sai benissimo che non penso tu possa provare ancora qualcosa per lei, assolutamente!
Fammi sapere come va la chiacchierata,
Mark
 
 
Appellò due pergamene: da una ne strappò un piccolo pezzo dove scarabocchiò velocemente dei ringraziamenti per Mark; nell’altra, voleva chiedere a Rose se le andava una chiacchierata davanti ad una Burrobirra.
 
 
Ciao, Rose.
So che probabilmente sono l’ultima persona da cui ti aspetteresti un gufo, ma Mark mi ha detto che sei tornata per un po’ e mi chiedevo se ti andava una chiacchierata ai Tre manici di scopa.
Non ci vediamo da tanto tempo e abbiamo sicuramente entrambi tante cose da raccontarci.
 
A presto, spero.
Scorpius
 
 
La arrotolò e la legò con un po’ di spago alla zampa del suo gufo. «Ti ricordi Rose, mh? Trovala e dalle la lettera.»
Quando entrambi i gufi ebbero lasciato la stanza, Scorpius si accorse di essere stato un po’ frettoloso. Forse avrebbe dovuto aspettare un po’, prima di cercare Rose; forse avrebbe dovuto aspettare persino qualche giorno.
«Per la prima volta non vado a quella dannata festa, e lei ci va!» si disse. «Se fossi andato l’avrei vista, ci avrei parlato, non le avrei mandato un gufo di prima mattina… Merlino, sono un idiota!»
Infilò di nuovo tutte le cose nel baule, tranne la foto che aveva tirato fuori dal libro di Pozioni. Quella, la infilò nell’agenda.
Si spogliò e si mise a letto, poi si addormentò.
 
Un gufo picchiò alla finestra, svegliandolo. Si stropicciò gli occhi e controllò l’orologio: erano quasi le undici.
Si alzò e andò ad aprire la finestra. Il suo gufo entrò e gli porse la zampa cui era legata la pergamena.
 
 
Caro Scorpius,
mi ha fatto piacere ricevere una tua lettera.
Mark è rimasto il solito pettegolo. Spero non ti abbia svegliato soltanto per dirti questo, perché se sei ancora quello di una volta, Mark a quest’ora è già morto.
Se ti va, potremmo vederci domani sera per cena ai Tre manici di scopa. Fammi sapere se per te è ok.
 
A presto,
Rose
 
P.S.
Scusa se ti rispondo solo ora, ma ero impegnata col trasloco. Sai che vivo proprio a Hogsmeade, ora?
 
 
«Tu lo sai che lo so, Rosie, lo sai perché l’hai detto a Mark e l’hai detto tu che Mark è un maledetto pettegolo» borbottò, poi scrisse una breve conferma per il giorno dopo e mando di nuovo il suo gufo da Rose.




 
Note - ovvero giustificazioni credibili e sincere, ma comunque imperdonabili.
Non ricordo, francamente, quando pubblicai lo scorso capitolo, ma ricordo bene di aver promesso una certa regolarità. Ovviamente, questa regolarità è andata a farsi benedire e, con ogni probabilità, neanche vi ricorderete di questa - suggerisco ripassino!
In ogni caso, da oggi cercherò di essere davvero più regolare: gli esami sono - momentaneamente - finiti e io, nonostane gli esercizi per i lettorati e lo studio, sarò in grado di dedicarmi un po' di più alla scrittura, in primis, ma anche a EFP. Vorrei promettervelo, ma non sono brava a mantenerle e, allora, vi lascio con questo interrogativo: riuscirà Amy a finire di pubblicare?

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Capitolo 4
*** Capitolo III - I tre manici di scopa ***


Capitolo III
I Tre manici di scopa
 
«Quindi ti stai preparando per vedere Scorpius…» Hermione la fissava da sopra la sua tazza.
Rose alzò gli occhi al cielo: se avessero deciso di rivedersi, a sua madre non l’avrebbe detto. Era arrivata a casa senza preavviso soltanto per sapere come e quando avevano deciso di vedersi. Con gli anni, l’impeccabile Hermione Granger aveva sviluppato una discreta passione per i pettegolezzi, soprattutto per quelli che riguardavano la figlia.
«Sì, fra poco inizia a prepararmi e, prima che tu me lo chieda, ci vediamo per cena.»
«Ma quando avete deciso?» insisté.
Rose prese un altro sorso di tè, poi diede un morso al suo biscotto. «Mi ha mandato un gufo ieri: Mark gli ha detto di avermi vista e lui mi ha chiesto se mi andava di vederci da Alice… Cosa c’è di strano in tutto questo?»
Hermione scosse la testa, come se ciò che lei pensava fosse di poca importanza. Rose però la conosceva: sapeva che era tutta una finta e che in realtà moriva dalla voglia di dire la sua.
«Mamma, so che vuoi dirlo, quindi fallo.»
«Non è che voglio farlo, è che voglio metterti di fronte al mio modo di vedere le cose» la corresse e bevé un po’ di tè. «Lo sai come la penso: dei pareri altrui non ce ne facciamo nulla, ma è comunque fondamentale ascoltare tutte le campane. Comunque… lo sai, no? Io ho sempre pensato che sareste tornati insieme…»
«Non stiamo tornando insieme, mamma: siamo stati insieme tanto, per l’età che avevamo, e ci siamo persi di vista… Mi fa piacere che mi abbia cercata, ma non ci può essere niente tra di noi: per quanto ne so, potrebbe essere cambiato talmente tanto da risultarmi insopportabile» le disse.
Hermione fece spallucce. «Zia Ginny non lo descrive come insopportabile… Lo sai, no, che lavora al giornale?»
Rose annuì. «Ecco perché non ne parlo con la zia…» borbottò. «Vado a prepararmi… Tu rimani e mi dai un consiglio senza fare commenti strani, va bene?»
La donna annuì.
«Non mi basta un cenno, voglio uno di quei giuramenti solenni che facevamo quando ti raccontavo un segreto da piccola!» le intimò, ma stava già sorridendo. «Anche se poi raccontavi tutto a papà…»
«Era un giuramento di famiglia, per quello glielo raccontavo» specificò, mentre un sorriso divertito le si disegnava sul volto. «E comunque…» continuò, porgendole una mano che Rose afferrò, «… giurin giurello, non lo dirò neanche all’asinello.» Pronunciò la formula con solennità, come faceva quando Rose era bambina.
La ragazza annuì soddisfatta, poi posò la tazza sul tavolo e corse in camera.
Avendo appena fatto il trasloco, nella sua nuova cosa non v’era traccia del suo abituale disordine: tutto era stato sistemato con metodica precisione, compresi gli abiti dentro l’armadio. Lo aprì e osservò ciò che c’era all’interno: gli abiti da giorno erano a sinistra, quelli da sera a destra, e tutti quelli di uno stesso colore erano sistemati vicini e disposti dal più chiaro al più scuro. Li sistemava sempre così, quando decideva di mettere a posto le cose dentro l’armadio; l’unico problema era che si ritrovava punto e a capo in appena una manciata di giorni.
La maggior parte degli abiti erano di fattura Babbana – lei adorava la moda Babbana –, ma possedeva anche alcune vesti da Strega.
«Mamma!» chiamò, «La tua primogenita necessita di un consiglio!»
Sentì la tazza che veniva posata sul tavolo e il rumore di una sedia che si spostava. Pochi istanti dopo, Hermione era sulla porta della camera.
«Qui a Hogsmeade si usano abiti Babbani?» chiese, tirando fuori dall’armadio un tubino nero a maniche lunghe.
La madre scosse la testa. «Temo che Hogsmeade sia un paesino troppo lontano dal mondo Babbano, per aver subito l’influsso della sua moda… Gli unici abiti Babbani che si vedono in giro sono quelli degli studenti, ma ora la scuola è chiusa.»
La ragazza sbuffò e rimise nell’armadio il vestito.
«Però se vuoi mettere quel tubino, puoi farlo: non è vietato.» Hermione tentò di rassicurarla, ma senza esito.
«Non mi piace non vestirmi in maniera appropriata, ed è evidente che qui siano più appropriate queste» borbottò, tirando fuori questa volta una lunga veste blu notte. «L’altro giorno sono uscita con i jeans e… insomma, sì: ho attirato un po’ troppo gli sguardi su di me e lo sai che non mi piace stare al centro dell’attenzione.»
«Lo so, lo so… E comunque la veste è meravigliosa, dove l’hai presa?» Hermione si era avvicinata e stava toccando il tessuto con delicatezza. «Sai che non capisco niente di tessuti, ma questo sembra davvero buono!»
«Ultimo giro di shopping nella San Pietroburgo magica prima di abbandonare definitivamente la Russia… Quindi metto questa?»
Hermione annuì.
 
Circa mezz’ora più tardi, Rose era già in ritardo. Salutò frettolosamente la madre davanti all’ingresso della casa, poi corse in direzione dei Tre manici di scopa.
Appena fuori dalla porta inspirò profondamente, poi entrò. Si guardò un po’ intorno e scoprì che il locale era esattamente come lo ricordava: soliti clienti rumorosi, niente abiti Babbani, camerieri allegri che passavano agilmente tra i tavoli…
E alla fine trovò Scorpius.
Era seduto in un angolo un po’ nascosto del locale, là dove si poteva essere partecipi del caos pur senza prenderne parte attivamente. L’aveva vista e le si stava avvicinando.
Si incontrarono a metà strada e si salutarono con un cenno impacciato della testa. Quando furono nuovamente al tavolo, finalmente si guardarono. Scorpius, notò Rose, non era cambiato quasi per niente: stessi capelli, stessi occhi, stessi gusti nel scegliere gli abiti…
«Ti… ti trovo bene» commentò il ragazzo, indicandola con una mano e grattandosi la nuca con l’altra. «Non sei tornata congelata: suppongo sia già qualcosa.»
Rose rise. «Mi hanno scongelata le mie cugine portandomi a bere champagne alla festa degli ex-studenti…» ribatté. «Anche tu stai bene… E non sei cambiato di una virgola!» gli disse. «Davvero, Scorp, guardati: sei proprio come ti avevo lasciato.»
Rose, nel pronunciare l’ultima parola, si spense. «Nel senso…» iniziò a spiegare, ma non sapeva proprio cosa dire.
«Tranquilla, nessun problema. E poi ci siamo lasciati entrambi, quindi non sarebbe neanche corretto dire che mi hai lasciato» la tranquillizzò. Rise, mentre le spostava la sedia in un raro gesto di galanteria, ma Rose sapeva che quello non era un sorriso sincero.
Arrivò un cameriere, al quale ordinarono due Burrobirre.
«Mamma mi ha detto che zia Ginny è il tuo capo» cominciò, poi bevve un lungo sorso dal suo boccale. «Non ti invidio per niente!»
«Non è così male… Pretende molto, ma sa quello che fa» spiegò con un alzata di spalle. «E tu… sì, insomma… come mai sei tornata dalla Russia?» le chiese. «Pensavo saresti rimasta là per sempre.»
«Lo pensavo anche io, anche perché la domanda per insegnare Pozioni a Hogwarts l’ho fatta cinque anni fa e mi hanno chiamata solo ora…» spiegò. «Sarei tornata prima, se mi avessero detto prima che potevo insegnare, ma non l’hanno fatto e lì avevo un lavoro…»
«Un gran bel lavoro, stando a quanto mi avevi detto!» la interruppe, ignorando l’ultima parte della frase.
Rose annuì. «Sì, davvero un gran bel lavoro… Mi piaceva, sai, stare ore e ore a studiare Pozioni nuove…» sospirò, «Ma il mio sogno segreto, come ben sai, è far passare a innocenti e ignari studenti quello che abbiamo passato noi per sette anni con quel professore pazzo!»
«Ti adorava e tu adoravi lui» precisò Scorpius, ridendo apertamente per le espressioni che Rose faceva quando parlava.
«Sì, è vero…» ammise, «… ma trattava male tutti voi, e io vi vendicherò! E ora che sono tornata dalla Russia sono ancora più tosta, non credere: lì sono tutti dei musoni ligi alle regole e in sette anni ho imparato a comportarmi come loro.»
Scorpius la guardò: Rose capì che si stava chiedendo dove terminava la realtà e iniziava la fantasia.
«In realtà, i miei colleghi russi erano tutti disponibilissimi e simpaticissimi» rettificò, «E anche quelli delle altre nazionalità lo erano… Un  po’ mi mancheranno.»
Quando poco dopo il cameriere arrivò per prendere le ordinazioni per la cena, Rose e Scorpius si sentivano già molto più a loro agio: parlavano delle loro aspettative per il futuro, rievocavano ricordi del passato… Lo fecero per tutta la cena, e Rose avrebbe voluto prolungare quei momenti insieme.
«Ti va se facciamo un giro?» gli chiese. «Il Sole è appena tramontato e noi non possiamo fare i vecchietti e andare a casa subito, non ti pare?»
Scorpius annuì. «Non si dica mai in giro che due ventiquattrenni tornino in casa così presto!»
Camminarono in silenzio per un po’. Rose voleva fargli una domanda, ma non sapeva come avrebbe potuto prenderla: non voleva si arrabbiasse con lei.
«Scorpius?»
«Mh... dimmi» la esortò. Si girò verso di lei e le sorrise, continuando a camminare.
«Non so se chiedertelo, ecco, ma è da un po’ che volevo farlo e…»
«Rose, non ti mangio mica!»
La ragazza emise una risata che sembrava più uno sbuffare poco convinto. «Sì, ogni volta che lo dicevi ti arrabbiavi» borbottò, poi continuò: «Cos’aveva? Astoria intendo…»
Scorpius scrollò le spalle. «Non lo so… I Curatori del San Mungo non l’hanno mai capito» rispose. Non era arrabbiato, era solo triste. «Sarebbe stata felice, sai, di sapere che sei tornata… Nell’ultimo periodo, quando ormai ogni cura era impossibile, pensava stessimo ancora insieme.»
«Mi dispiace…»
«Perché non si ricordava ci fossimo lasciati?»
«No, stupido… Per quello che ha passato e perché è…»
«Morta» completò la frase al posto suo. «Puoi dirlo, tranquilla.»
Rose gli strinse la mano qualche istante, il tempo che si girasse per dedicarle un sorriso malinconico, poi la lasciò.
Rose la ricordava bene, Astoria: aveva il volto sottile come quello del marito, ma i lineamenti erano più delicati, e gli occhi erano così chiari da sembrare scolpiti nel ghiaccio; aveva poi lunghi capelli corvini, che facevano risaltare ancora di più gli occhi celesti, e un corpo così sottile che Rose, la prima volta che la vide, dovette trattenersi dal chiederle come mai una folata di vento non l’avesse già spezzata. Soprattutto, Astoria era adorabile e pungente, un vero e proprio ossimoro con le gambe, ed era forse l’unica persona in grado di tener testa a Draco Malfoy.
«Tuo padre come sta?» chiese poi. Non sapeva neanche lei se si stesse riferendo alla morte di Astoria o a qualcosa di più generale; in ogni caso, sperava stesse bene, perché checché ne dicesse la gente, lei l’aveva conosciuto come l’uomo riservato, ma gentile che era diventato.
«All’inizio era uno schifo…» Scorpius, evidentemente, pensò si riferisse ad Astoria. «Ce lo aspettavamo tutti, certo, ma è stato uno schifo comunque. È orribile vedere il proprio padre piangere, sai?» O forse, si disse Rose, voleva semplicemente poter parlare della madre…
«Immagino di sì…»
«Già… Cresci con la convinzione che i genitori siano come una montagna: indistruttibili, e poi ti ritrovi improvvisamente adulto e guardi tuo padre piangere.» Scorpius scosse la testa, come per cacciare l’immagine di Draco in lacrime. «Però poi è passato, più o meno. Ci si abitua, insomma… Ora, almeno, non c’è nessuno che ci urla contro se per sbaglio roviniamo i fiori o se mettiamo i gomiti sul tavolo: un bel cambiamento!» Provò a ridere, ma al posto della risata emise un suono strozzato che sapeva di lacrime. Si fermò in mezzo alla strada, le spalle incurvate e una mano che premeva forte sulla bocca.
«Scorpius…» Rose gli accarezzò il braccio.
«Sto bene…» La voce era roca, lui se la schiarì. «Sto bene, solo… non ti dispiace se torno a casa?»
Lei scosse la testa. «Non volevo rovinarti la serata…» Un sorriso colpevole le increspò le labbra.
«Ma no, non dire stupidaggini!» la rassicurò. «Mi ha fatto piacere vederti, davvero. A… presto?»
Rose confermò. «A presto…»
Scorpius si allontanò di qualche passo e poi, in un battito di ciglia, si Smaterializzò.





Note - senza giustificazioni, finalmente.
Chi mi conosce lo sa: se lascio tutti vivi, io non sono contenta. Non importa che ruolo ricoprano nella storia, non importa se siano personaggi secondari - che dico secondari: persino meno importanti ai fini della trama! - o che siano i protagonisti: qualcuno deve morire. Del resto, la Morte è fedele compagna della Vita, no?
Detto ciò, direi di porre un limite alle riflessioni pseudo-filosofiche da quattro soldi e colgo l'occasione per ringraziare coloro che leggeranno anche questo capitolo: siete fantastici, anche se non vi conosco o non recensite, siete fantastici per il semplice fatto di starmi dando un'opportunità.
(Vi siete accorti che non sono passati mesi dall'ultimo aggiornamento? Forse è un miracolo!)

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Capitolo 5
*** Capitolo IV - Ricordi ***


Capitolo IV
Ricordi
 
«Quindi oggi vi rivedete…»
Rose era a pranzo dai genitori, quel giorno, e si era lasciata sfuggire che avrebbe rivisto Scorpius davanti a Ron e Hermione, nonostante il proposito di non parlarne più davanti alla madre. Come aveva intuito non appena aveva sganciato la bomba, la donna aveva già iniziato a farle domande.
«Posso sapere dove? Solo per curiosità!»
Rose fece Materializzare i piatti sporchi in cucina e sbuffò. Accanto a lei, Hugo sghignazzava.
«Hermione…» Ron prese le difese di Rose; «… non pensi di star esagerando?»
La ragazza lo guardò, riconoscente.
«Ma non eri tu, papà…» iniziò a dire Hugo, prendendo posto sul divano e ridacchiando, «… ad aver detto, quando hai saputo che si sarebbero visti a Hogsmeade, che non ti dispiacerebbe se dovessero tornare insieme?»
«Papà!» Lo sguardò di Rose era quello di una figlia tradita.
«Lo ammetto, va bene, ma che c’è di male? Scorpius è un bravo ragazzo: Ginny ne parla così bene… Sai…» disse, rivolgendosi ora a Rose, «… anche a lei pensa che dovreste tornare insieme.»
«Stiamo uscendo da amici, ok?» chiarì, ma comprese dagli sguardi scettici che le lanciarono che la sua famiglia non le credeva neanche un po’. «Come non detto… A che ora arrivano gli zii con Lily, Albus, e James e Mary?»
 «Fra una mezz’ora…»
Rose annuì e andò a prendere posto accanto al fratello.
Hugo si girò a fissarla. «Posso chiederti di cosa avete parlato, oppure rischio di trovare qualche strana e letale pozione sovietica nel mio succo di zucca?»
Rose sbuffò. «Non lavoravo con strane e letali pozioni sovietiche: in quei laboratori ammettono soltanto i servizi segreti» precisò, «E a dirla tutta, tutti negano l’esistenza di questi laboratori, ma noi del settore sappiamo che in realtà esistono. Sai, girano voci s-»
«Rosie, con tutto il rispetto per il tuo lavoro: non mi interessa. Di cosa avete parlato?»
«Il suo lavoro, il mio lavoro, Mark che si è sposato – tu sapevi si fosse sposato? – e di Astoria…» rispose in breve, abbassando la voce nel nominare la madre di Scorpius. «Mi dispiace così tanto…»
«Avete davvero parlato della morte della madre?» le chiese, stupito. «Non è esattamente uno dei migliori argomenti, sai, quando decidi di rivedere il tuo ex…»
«Dici che non dovevo chiederglielo?»
«Gliel’hai chiesto tu?» chiese ad alta voce, poi la riabbassò: «Sei più tonta di un Troll… Come l’ha presa?»
«Pensavo si sarebbe arrabbiato, invece si è solo sfogato… ci credi?»
Hugo annuì. «Ci credo sì… Posso dire una cosa senza rischiare di venir avvelenato con una Pozione sovietica?»
«Ti ho detto che le Pozioni di cui parl-»
«Posso?» chiese, spazientito. Rose annuì, incapace di opporsi a quella che sembrava star diventando una delle peggiori conversazioni mai avute con suo fratello. «Grazie… Comunque, secondo me lui è ancora innamorato. Secondo me, eh: non farti castelli in aria, non dargli buca, non avvelenarmi…»
La ragazza scosse la testa. «Non proviamo nulla l’uno per l’altra. Nulla, se non affetto: tutto qua.»
Hugo la guardò e fece un cenno del capo, come per dirle “come vuoi tu”.
 
Quando gli zii, i cugini e la moglie di James, Mary, arrivarono, Hugo e Rose avevano da poco concluso la conversazione. Hugo corse al piano di sopra per chiamare i genitori, mentre la sorella accoglieva gli ospiti.
Ciò che non si aspettava di vedere, fu il pancino pronunciato di Mary. «Cosa… da quanto? Merlino, perché non mi avete mandato un gufo?» chiese, emozionata e abbracciando lei e James. «Zia, zio, perché non avete detto loro di mandarmi un gufo?» ripeté.
«Te lo volevamo mandare» le spiegò Mary, prendendole la mano. «Però poi zia Hermione ci ha detto che saresti tornata nel Regno Unito e che saresti rimasta e… perché non farle una sorpresa?»
«Ma è fantastico!» esclamò. «Oh, ma venite, sedetevi» disse, e trascinò Mary con sé sino al divano. «Ti hanno dato qualche Pozione? Se vuoi posso fartele io… Sai, dove lavoravo le facevamo noi personalmente…» spiegò, «… ma in molti laboratori, ormai, queste Pozioni comuni vengono fatte in gran quantità e non seguono un pentolone alla volta. Non che sia pericoloso!» precisò, tranquillizzando sia lei che James, «Potrebbe capitare che siano meno accurate e hanno più effetti collaterali, però. Mandami un gufo con quelle che ti servono, mh?»
James iniziò a snocciolare una serie di nomi di Pozioni e tutti lo fissarono, stupiti.
«È normale, quando è il primo figlio…» intervenne Ron, entrato in quel momento insieme a Hermione e Hugo.
«Ti manderò un gufo» la rassicurò Mary e James si zittì.
 
Qualche ora più tardi, Rose stava raggiungendo Scorpius seduto su una panchina. Ancora una volta, lei era in ritardo.
«Eccoti, finalmente!» esclamò, quando la vide arrivare.
Rose si scusò e per farsi perdonare tentò di offrirgli un gelato.
«Rose, davvero…» la pregava. Scorpius odiava quando le persone gli offrivano qualcosa: non perché non apprezzasse il gesto e la gentilezza, ma perché accettare lo faceva sentire un approfittatore.
«È scortese rifiutare, lo sai! E poi ti prendo il tuo preferito, quello ai mirtilli con i mirtilli dentro!»
«Se lo trovi, Rose» rise lui.
«Secondo te ti faccio venire in un parco dove c’è una gelateria, e non mi informò neanche sui gusti di gelato?» gli chiese. «Ti ricordavo più intelligente, Scorpius!» lo stuzzicò.
«Solo per questa volta, però» precisò. «Se la prossima volta tenterai di offrirmi qualcosa, giuro che verrai affatturata.»
Rose ignorò il particolare che riguardava un’eventuale uscita successiva, e rispose: «Eri una schiappa, con le fatture!»
«Hai ragione» ammise. «Ma sono migliorato, anche se, dopo la caduta dalla scopa, sono diventato decisamente più bravo con le fratture…»
Rose lo guardò confusa. Nel frattempo, erano arrivati davanti alla gelateria.
«Prendi i gelati, e poi ti spiego» le disse, spingendola dentro.
Alcuni minuti più tardi, Rose e Scorpius camminavano per il viale acciottolato del parco l’uno accanto all’altra. Lei aveva già finito il suo gelato al limone, mentre Scorpius non era ancora arrivato a metà del suo, concentrato com’era sul racconto.
«… e così, dopo la caduta, ho dovuto mollare il Quidditch» concluse. «Ed è così che mi ha scovato Ginevra.» Si gustò un po’ del suo gelato ai mirtilli. «Davvero non lo sapevi?»
La ragazza scosse la testa e gettò la coppetta del gelato e il cucchiaino in plastica in un cestello. «Sapevo solo che avevi iniziato a lavorare da zia, ma non mi è stato raccontato il motivo… Del resto, io non l’ho mai chiesto.»
Scorpius annuì.
«Mark!»
Il ragazzo la guardò confuso. «Dove? Non lo vedo…
«No, intendevo… Tu c’eri al matrimonio?» Scorpius annuì. «E com’era?»
«Sfarzoso, ovviamente: è di Mark che stiamo parlando, ti ricordo. Ti ricordi la festa che fece ad agosto per i suoi sedici anni?»
«Sì… Ti dissi che più che una festa di compleanno sembrava un matrimonio. Non sono sicura di voler immaginare com’è stato il vero matrimonio!» Rose scosse la testa: le piacevano, le feste, ma aveva sempre preferito quelle semplici ed eleganti, o persino quelle caotiche in famiglia, a quelle esagerate che piacevano a Mark. «Ti ricordi quando abbiamo litigato, io e Mark, perché lui diceva che se ogni dettaglio non è grandioso e perfetto le feste non riescono?»
Scorpius annuì. «E tu invece sostenevi che se in una festa ogni mossa è organizzata, più che una festa è un’opera teatrale… Non so come riuscii a impedirvi di lanciarvi fatture a vicenda! Eravate inferociti, credimi.»
Risero di gusto entrambi, ricordando quei momenti passati insieme.
«Ogni tanto ci penso, sai, a come sarebbe andata se non ci fossimo lasciati…»
La risata di Rose si spense. Scorpius non solo non era cambiato fisicamente, ma era rimasto lo stesso ragazzo schietto e sincero che aveva lasciato a casa quando era partita per la Russia. Lo aveva sempre invidiato, perché lei non sarebbe mai riuscita ad essere così sincera neanche con se stessa.
«Che senso ha pensarci, se ormai è andata così?»
Scorpius si strinse nelle spalle. «Nessuno, ma quella razionale sei tu, mica io» si giustificò. «E tu?» le chiese, «Tu non ci hai mai pensato?»
Rose scosse la testa: non sapeva cosa rispondere. Ci aveva pensato, certo che lo aveva fatto, quando si era ritrovata per la prima volta da sola, così lontana da casa e con la consapevolezza che non sarebbe tornata per un bel po’, forse addirittura mai. «No, non avrebbe avuto senso» mentì, perché l’idea di rivelare che dopo appena pochi mesi desiderava già tornare a casa e rivederlo le piaceva persino meno di quella menzogna. «E poi eravamo così piccoli…» continuò, «Magari è stato meglio così.»
Scorpius annuì.
Rimasero in silenzio a lungo, seduti su una panchina. Il ragazzo, nel frattempo, aveva finito il proprio gelato. Fu Rose a parlare per prima.
«Io… io devo andare» gli disse alzandosi e sistemandosi il vestito. «Salutami Draco, ok?»
«Va bene» le rispose, sorridendo. «È stato un piacere rivederti.»
Prima che Rose potesse aggiungere altro, Scorpius era già sparito lungo il vialetto del parco, nascosto alla sua vista dagli alberi.

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Capitolo 6
*** Capitolo V - Diagon Alley ***


Capitolo V
Diagon Alley
 
Il cielo era straordinariamente terso, quel pomeriggio, quando Rose sbucò nel piccolo borgo di Diagon Alley. Avrebbe avuto appuntamento con la madre di lì a un paio d’ore, ma aveva deciso di uscire prima per potersi godere quelle stradine che non vedeva ormai da tre anni.
Non era cambiato poi molto, dall’ultima volta che c’era stata: i negozi erano gli stessi, le vie erano sempre straordinariamente affollate e il vociare delle persone conferiva a tutto un’aria più allegra e più viva.
Fece qualche passo da sola, sino a quando si ritrovò davanti alla gelateria di Florian Fortebraccio. Entrò e prese una coppetta di gelato, poi si sedette ad un tavolino.
Vedere quel posto tanto familiare, le ricordò di quando i genitori portavano lei e Hugo a prendere il gelato quando erano piccoli. Spesso, andavano con loro anche lo zio Harry con la zia Ginny e i cugini. Passavano pomeriggi interi seduti attorno a un tavolino, a chiacchierare e divertirsi, o si rincorrevano per la piccola piazzetta antistante la gelateria. Poi, ogni tanto, andavano a trovare lo zio George, che aveva sempre qualche nuova usciti dei Tiri Vispi da regalare in anteprima ai nipoti e ai figli.
Salutò Florian prima di andare e poi si diresse verso il negozio dello zio. Il suo, era il più grande, il più colorato e il più divertente negozio di tutta Diagon Alley, ed era sempre popolato di persone di tutte le età – perché, come diceva lo zio George, non si è mai troppo vecchi per organizzare uno scherzo – e quel giorno non fece eccezione.
George Weasley, sessantatré anni portati egregiamente, la vide non appena mise piede nel negozio.
«Finalmente ti vedo!» la accolse e la abbracciò. «So che sei grande, ormai, ma dopo che hai salutato Roxanne e Angelina vieni sul retro: ho un regalino per te! Ti son sempre piaciuti tanto, i nostri regali…» le disse. Rose non era sicura se si riferisse, con quel “nostri”, a lui e alla moglie, o se si riferisse a lui e allo zio Fred, che nessuno aveva mai conosciuto.
Annuì, comunque, e dopo che lo zio le ebbe indicato gli scaffali dove Roxanne sistemava alcune cose, lo salutò con la promessa che si sarebbero rivisti.
«Rox!» la chiamò e le toccò una spalla.
La ragazza si voltò; aveva ancora in mano alcune sferette colorate che Rose non aveva mai visto e le sistemò velocemente insieme alle altre.
«Rosie! Volevo mandarti un gufo stasera, per invitarti a cena uno di questi giorni, ma i nonni hanno già deciso che ti organizzeranno una festa di bent-» si bloccò improvvisamente: anche quella volta, Roxanne aveva svelato qualcosa che sarebbe dovuto rimanere segreto. Sventolò una mano con noncuranza. «Sanno come sono fatta, quindi è colpa loro dal momento che continuano a rendermi partecipe. Tu, comunque, fingiti sorpresa.»
Rose annuì e scoppiò a ridere. «Come stai?» le chiese. «E come sta Helen?»
«Abbiamo litigato» la informò e liquido in fretta la questione. «Per il resto va tutto alla grande, se non fosse per il lavoro che scarseggia e mi costringe a rimanere in negozio da papà» spiegò.
Roxanne, terminati gli studi a Hogwarts, aveva studiato Magisprudenza, ma dopo un breve tirocinio si era trovata senza nulla da fare, se non continuare a infarcire il suo curriculum con altri titoli di studio, sporadici tirocini e troppi, davvero troppi riferimenti al negozio del padre.
«Tu come stai, piuttosto?» le chiese. «Abbiamo visto Teddy qualche settimana fa e ci ha raccontato del volo in aereo… Incredibile!»
Rose annuì. «Teddy è completamente pazzo!» confermò. «E comunque tutto ok… Mi sto riabituando alla vita nel Regno Unito.»
«Scusi, posso sapere a cosa servono queste?» un gruppo di ragazzini si rivolse a Roxanne.
«Vai» le disse Rose, «Io saluto gli zii, vedo cosa vuole regalarmi tuo padre e poi vado a fare un giro. Noi ci vediamo a quella cena di cui non avrei dovuto sapere nulla» concluse e strizzò l’occhio nella sua direzione, poi si allontanò.
Quando poco più tardi Rose uscì dal negozio, portava con sé un pacco al cui interno erano contenuti alcuni gadget del negozio. La loro unica utilità era, secondo la ragazza, capire come funzionavano per poter gestire i suoi futuri alunni a Hogwarts. Questo, però, allo zio non l’aveva detto.
«Rose?»
La ragazza si voltò: di fronte a lei, Draco e Scorpius Malfoy la guardavano sorridenti. «Scorpius!» lo salutò con un cenno della mano, poi si avvicinò al signor Malfoy. «Draco, è un piacere rivederla. Come sta?»
L’uomo annuì. «Non c’è male, non c’è male… Tu ti tratterrai a lungo nel Regno Unito? Scorpius mi ha detto che insegnerai a Hogwarts…»
Rose annuì. «Rimarrò sicuramente per un bel po’, anche se spero di ottenere brevi incarichi all’estero durante l’estate. Il mio vecchio lavoro era molto gratificante, sa, non voglio rinunciarvi del tutto…»
«E poi sono esperienze in più che ti renderebbero un’insegnante migliore.» Draco approvò, annuendo. Gli era sempre piaciuta, quella ragazza, sin da quando Scorpius aveva iniziato a parlarne; all’inizio si era forse lasciato accecare dai pregiudizi, è vero, ma pian piano i dubbi avevano iniziato a svanire e, del resto, se piaceva a suo figlio…
«Dava sicuramente molte soddisfazioni» commentò Scorpius. Spostò il peso da un piede all’altro, evidentemente a disagio.
«Era molto stimolante» confermò Rose. «Lavorare con pozionisti di quel livello lo è per forza! All’inizio non facevo altro che chiedermi se non si fossero sbagliati: insomma, mi avevano scelta tra centinaia di partecipanti e…»
«Ti sembrava assurdo» completò la frase Scorpius.
«Ma levami una curiosità: il tuo lavoro, esattamente, in cosa consisteva?» le chiese Draco. «Scorpius, quando ti presero, mi parlò di sperimentazione…»
«Perché era sperimentazione, papà.»
Rose annuì. «Pozioni nuove, pozioni vecchie da potenziare… Cose così.»
«Visto?»
Draco agitò la mano con noncuranza, come se ciò che dicesse il figlio fosse di poca importanza.
«Rose, non ti trovavo più!» Hermione la raggiunse in fretta, poi si voltò verso i due Malfoy. «Malfoy… Scorpius, è un piacere rivederti!» sorrise.
Draco la salutò con un pigro cenno della testa. Il figlio, al contrario, si mostrò più caloroso. «Signora Weasley, come sta?»
«Tutto bene, tutto bene… E tu? Rose mi ha detto che vi siete visti…» buttò lì, con noncuranza, mentre la figlia chiudeva per un istante gli occhi, probabilmente per trovare la forza di non affatturarla.
Draco ghignò.
«Sì… Sì, tutto bene.»
«Vorrei davvero rimanere a parlare con te, Scorpius, ma abbiamo delle commissioni da sbrigare» si giustificò, afferrando un braccio della figlia e iniziando a tirarla. «Spero di poterti rivedere presto e con più calma.»
«Rose, spero anche io di rivederti» commentò Draco, e Rose e Scorpius si chiesero se per caso il mondo non si fosse capovolto, perché i loro genitori sembravano, per la prima volta in così tanti anni, essere d’accordo su qualcosa.
I due ragazzi annuirono, poi Rose e Hermione si allontanarono.
«Be’, Scorpius è cresciuto…» commentò la donna, guardando di sottecchi la figlia.
«Classico commento da mamma che vuole infinocchiare la figlia» fu l’unica risposta di Rose, che continuò a guardare fissa davanti a sé. «Cosa dobbiamo comprare?» chiese poi.
«Classico commento da figlia che vuole sviare l’argomento principale» la scimmiottò Hermione, poi le rispose: «Qualche veste e poi non dovevi portare la lista dei libri di testo al Ghirigoro?»
«Spero di averli scelti bene… Tu che ne pensi?»
«Mi son sembrati completi e gli argomenti erano ben esposti. Sii più fiduciosa: sei li hai scelti è perché sono i migliori, mh?» la incoraggiò, dandole un colpetto dietro la schiena. «Ah, volevo anche comprare qualche nuovo libro da leggere…»
Rose annuì, senza dire nulla.
«Pensavo anche di lanciare qualche Maledizione senza Perdono a casa, giusto per divertirmi.»
«Sarebbe fantastico, mh mh…»
Hermione roteò gli occhi. «Rose…» le diede uno scossone, «… a cosa stavi pensando?»
«Scorpius…» sussurrò, poi alzò un po’ la voce: «È da quando ho saputo che sarei tornata che me lo chiedo, sai, se potrebbe rifunzionare…»
«Lui non si tirerebbe di certo indietro!» commentò Hermione. «Ma forse lo faresti tu… Di che hai paura?»
La ragazza sospirò e entrò nella libreria. Si intrufolò tra due scaffali e afferrò un libro dalla copertina azzurro brillante e che, dal titolo, doveva essere su una storia d’amore tra una Strega e un Centauro. Rose non volle pensare a come l’autrice potesse aver immaginato un romanzo del genere…
«Siamo cambiati tanto…»
«Non poi così tanto, Rose…»
«Non lo so, forse hai ragione tu, forse no…» pose fine al discorso. «Dai, andiamo a portare questa lista, altrimenti i miei studenti non avranno alcun libro di testo.»
«Potresti sempre buttarti.»
Rose non rispose.
 
≈*≈
 
«Papà, davvero, smettila di dirmi che Rose è intelligente, che è un peccato che ci siamo lasciati, che saresti molto contento se dovessimo tornare insieme…» Scorpius sospirò, stanco, e si rimise a leggere la Gazzetta del Profeta.
Draco, seduto accanto a lui sul divano, continuava a fissarlo. «Sai che sono sincero, vero, quando ti dico queste cose?» gli chiese, facendo sparire con un colpo di bacchetta il giornale. «E sai anche che non sopporto che non mi si ascolti quando parlo, no?»
«Non torneremo mai insieme, papà, mai!»
«Ma perché non dovreste?»
«Perché bisogna essere in due, a volerlo. Io da solo non basto…» mormorò, poi si alzò e si rinchiuse in camera.
Sdraiato sul proprio letto, Scorpius pensava a quanto gli sarebbe piaciuto stare con Rose. Starci per davvero, questa volta, e del resto ci sarebbero potuti riuscire: erano adulti, non più dei diciassettenni troppo occupati a pensare al futuro per preoccuparsi dell’amore.
Lavoro, pranzo insieme quando potevano, vedersi per cena e stare insieme per tutta la notte, passare qualche fine settimana a non far nulla sul divano, quando il lavoro lo permetteva… Nessuna vacanza in Francia o in Italia, solo loro e un tetto.
Scorpius scosse la testa. «E meno male che dovrei essere adulto…» borbottò, girandosi su di un fianco.
Rimase per chissà quanto tempo senza pensare a nulla, poi un gufo lo fece sussultare. Era da parte di Rose.
 
 
Non è vero che non ci ho pensato a noi due quando mi hanno offerto il lavoro in Russia e non è vero che non mi sei mancato. È stato sciocco – e forse anche un po’ vigliacco – mentire l’altro giorno: non so proprio cosa volessi ottenere.
Poi magari col tempo ci ho fatto l’abitudine alla lontananza, questo stavolta è vero, ma ci ho pensato di nuovo quando ho saputo sarei tornata. Forse era semplice curiosità, perché siamo entrambi cambiati tanto e non siamo più i diciassettenni che si sono lasciati sette anni fa, o forse era altro… non lo so.
Però so questo: prima di partire ho rivisto un ragazzo tedesco con cui sono stata quando ero appena arrivata in Russia…
 
Scorpius sgranò gli occhi, improvvisamente preda di una fastidiosa e inopportuna gelosia.
 
… e non ho provato quello che ho provato rivedendo te. E provavo qualcosa per lui, Scorpius…
 
Se voleva farlo morire, Rose ci stava riuscendo. Scorpius sbuffò, chiedendo per quante altre righe si sarebbe dovuto sorbire la storia d’amore tra lei e il tedesco. «Persino peggio della storia d’amore tra la Strega e il Centauro che ha scritto zia Daphne…» borbottò, poi si rimise a leggere.
 
… qualcosa che evidentemente non era così forte come pensavo.
E quindi perché non provarci neanche, mi son detta, quali motivi avrei? Non ho nulla da perderci, del resto: posso o guadagnarci, o non aver nulla – e non aver nulla fa schifo, ma è comunque meglio di perdere ciò che si ha.
 
Rose
 
 
Scorpius fissò incantato la pergamena. Chissà, magari questa volta ci sarebbero riusciti…

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