Ok,
avevo detto che avrei fatto presto. Non ho fatto presto, ma ho fatto
prima del solito. ^w^
E
ho detto che sarebbero stati capitoli brevi. Sono dieci pagine e un
po'. °-°
Ma
sono dieci pagine che mi sono piaciute, quindi è ok. ^w^ Spero
solo che piacciano anche a voi! °-°
Qui
vedrete Shoji-sensei e Takami fare la loro prima apparizione, vi
immergerete nelle seghe mentali di Sena e nella mente contorta del
buon vecchio Shin-san. Spero di aver reso bene entrambi, ma lascio a
voi l'ultima parola! ^w^
Mi
scuso, ma non ho riletto attentamente il capitolo né l'ultima
parte. °-° Spero non ci siano baggianate. ^^”””
Fatemi
sapere come l'avete trovato, ok? ^w^
Second
Down: Prova
Un passo di Shin era due di quelli di Sena, e
quest'ultimo dovette quasi correre per stare dietro al suo senpai.
Avevano aggirato la struttura della scuola e avevano appena
oltrepassato l'ultima fila di grandi querce quando davanti a loro si
stagliò un enorme campo sportivo, in quel momento pieno di
ragazzi in una tenuta che a Sena ricordò quella di rugby, ma
che suppose essere quella di football americano.
Improvvisamente si ricordò, non senza un certo
imbarazzo, di non avere idea di che razza di sport fosse quello, né
tanto meno di quali fossero le sue regole, o i suoi rischi. Era un
mondo completamente sconosciuto, quello in cui il ragazzino si stava
addentrando, e la sua era una rischiosa partita a dadi dalla vittoria
incerta, insperata. Stava camminando verso l'ignoto, con un ragazzo
silenzioso come unica guida.
Ma non era del proprio accompagnatore che Sena non si
fidava: quella che mancava era la fiducia in sé stesso.
Inconsciamente si fece più vicino a Shin, fin quasi a
sfiorargli il braccio con il proprio.
C'era un folto gruppo di ragazzi che correva lungo i
bordi del campo, vestiti con normalissime tute e senza alcuna divisa
addosso; alcuni sembravano nervosi, altri avevano un cipiglio
determinato. Sena suppose fossero aspiranti nuovi membri. Si chiese
se anche lui avrebbe dovuto unirsi a loro, e improvvisamente ricordò
di non avere nessuna tuta con sé. Forse gli avrebbero permesso
di tenere la divisa, anche se probabilmente così facendo
avrebbe sporcato il suo bianco immacolato fin dal primo giorno di
scuola, e questo non sarebbe affatto piaciuto a sua madre.
Ma Shin non accennò a fermarsi quando passarono
di fianco al gruppo di reclute, e se lui lanciò loro solo uno
sguardo se non proprio di interesse almeno di leggera curiosità,
Sena notò chiaramente come alcuni di loro guardassero il suo
accompagnatore di sottecchi, leggermente intimoriti, alcuni
addirittura imbarazzati, altri palesemente incuriositi, e tutti
ugualmente ammirati. A quel punto anche Sena lanciò
un'occhiata più indagatoria a Shin e per la prima volta si
chiese chi fosse veramente quel ragazzo, e che autorità avesse
nella squadra per prenderlo su in quel modo e trascinarlo... nemmeno
sapeva dove!
Sena avrebbe voluto sommergere il proprio senpai
di domande, ma in quel momento veramente non se la sentiva di
assillarlo: aveva lo stomaco chiuso dalla tensione.
A quel punto il ragazzino si accorse di altre due
persone ferme sul bordo del campo, intente ad osservare la
situazione: uno era un ragazzo alto, veramente alto, dai capelli
scuri tirati ordinatamente indietro e un paio di occhiali dall'aria
severa sul naso; l'altro era un uomo piuttosto in là con gli
anni, a giudicare dai capelli bianchi e dalle profonde rughe che
segnavano il suo viso abbronzato, eppure perfino da quella distanza
Sena poté notare le sue braccia muscolose, grosse come tronchi
d'albero. Quando i nuovi arrivati furono più vicini, gli altri
due finalmente si accorsero di loro, e solo allora il ragazzino
riconobbe l'uomo anziano come il professore che poco tempo prima
aveva quasi travolto, sulla soglia della porta del cortile
posteriore. A Sena si serrò la gola, improvvisamente
preoccupato per l'aria severa dell'uomo. Diversamente, e
inaspettatamente, il ragazzo alto accanto al professore rivelò
un viso molto più amichevole di quanto la montatura austera
dei suoi occhiali a prima vista avesse lasciato intendere, e anzi, i
suoi occhi mostravano quel tipo di intelligenza curiosa e pacata così
rara nei ragazzi della loro età. Sena trovò
immediatamente qualcosa di rassicurante nella sua figura leggermente
allampanata.
- Allora è lui il ragazzo di prima- iniziò
senza mezzi termini il professore, dedicando tutta la propria
attenzione ai due nuovi arrivati- Se è qui, suppongo che tu
sia riuscito a convincerlo, Shin-.
- L'ho convinto a venire qui- rettificò
semplicemente l'interessato.
- E' già qualcosa- l'uomo si fece avanti per
coprire la breve distanza che lo separava dai due studenti, al che
tese una mano grande e callosa al più piccolo- Piacere, Shoji
Gunpei, sono il coach degli Ojou White Knights-.
- Kobayakawa Sena, del primo anno- si affrettò a
rispondere il ragazzino, lasciandosi stritolare la mano nella morsa
di ferro del professore- Piacere mio, Shoji-sensei!-.
- Suppongo che tu abbia un'idea sul perché ti
trovi qui-.
A quella domanda, Sena non poté fare a meno di
deglutire nervosamente, non sapendo a cosa corrispondesse esattamente
quel concetto di idea: sapeva che erano interessati alla sua
velocità, ma quella non era esattamente un'idea, e sicuramente
non era un'idea precisa.
- Ma credo che ripetere la cosa non sarà un male-
aggiunse fortunatamente Shoji-sensei, cogliendo l'incertezza nello
sguardo del ragazzino e lanciando di conseguenza un'occhiataccia a
Shin, impassibile- Ti abbiamo visto correre nei corridoi della
scuola, e, pur non essendo questo un comportamento corretto o
tollerabile- aggiunse con un'aria severa che fece accartocciare Sena
nelle proprie piccole spalle- abbiamo notato la tua velocità.
E per la nostra squadra sarebbe importante avere un membro così
veloce, un runningback per l'attacco-.
Ora, se Sena era riuscito a seguire la conversazione, la
menzione finale di quella, almeno per lui e per il suo inglese
agghiacciante, impronunciabile parola specialistica lo aveva fatto
andare completamente nel pallone- Un... cosa?- si azzardò a
chiedere con voce flebile, imbarazzato fino all'inverosimile.
Shoji-sensei fece un sospiro che tuttavia non parlava di
impazienza- Suppongo che tu non conosca le regole. Anzi, oserei
ipotizzare che tu non conosca assolutamente nulla di questo sport-
l'acceso rossore sulle guance del ragazzino dovette essere una
risposta sufficiente- Va bene- sospirò di nuovo il professore,
facendo spaziare lo sguardo sul campo e soffermandosi sul gruppo di
reclute che ancora stavano correndo, ormai sudati e ansimanti- Ora
come ora, però, per me sarebbe un problema illustrarti il
tutto: abbiamo molti più aspiranti rispetto agli altri anni.
Ho bisogno di una mano per fare la selezione-.
- Quanti sono?- gli chiese Shin, seguendo lo sguardo
dell'uomo fino al gruppo di ragazzi.
- Trentasei- fu la risposta- E tu mi servi: dobbiamo
trovare dei membri promettenti se vogliamo sopravvivere, quest'anno-.
Shin si limitò ad annuire.
Al che, Shoji-sensei si rivolse a Sena- Non posso dirti
per quanto ne avrò con questi ragazzi, ma entro oggi voglio
vedere la tua corsa, e da questo decideremo se potrai o no entrare
nella squadra- si interruppe un attimo, corrugando la fronte già
rugosa di suo- Tu sei interessato ad unirti a noi, giusto?-.
Sena annuì velocemente, tanto per rassicurare il
suo professore quanto per fugare i dubbi che gli rimanevano sulla
propria scelta- Sì, sensei, la cosa mi interessa-.
- Bene. Takami- disse poi l'uomo al ragazzo occhialuto
al proprio fianco- Mentre passiamo in rassegna i nuovi arrivati,
spiega a questo ragazzo in cosa consiste il football americano. Non
vorrei vederlo scappare terrorizzato al primo avversario che tenta di
placcarlo. E nel frattempo, venite tutti con me- e si era già
incamminato verso il gruppo di reclute fradice di sudore, borbottando
qualcosa sulla stoffa debole delle ultime generazioni.
Il ragazzo alto che il professore aveva chiamato Takami
si sistemò con un gesto abitudinario gli occhiali sul naso,
rivolgendo un sorriso amichevole a Sena mentre si incamminava assieme
a lui e a Shin per seguire il coach- Piacere di conoscerti, Sena-kun.
Io sono Takami Ichiro, il capitano dei White Knights. Spero che ci
troveremo bene insieme- e con questo fu la terza persona in quel
giorno a tendergli la mano.
Sena ricambiò il gesto e fu sollevato quando non
si sentì stritolare le ossa, ma incontrò una presa
normalissima- Piacere mio, Takami-san. Spero anch'io di trovarmi bene
con voi- sorrise timidamente.
- Bene. Dunque, suppongo che il nostro Shin non ti abbia
accennato alle regole o alla natura del nostro sport, dico bene?-
Takami si stava rivolgendo a Sena, ma l'ironia era chiaramente
diretta al proprio compagno.
- Tu l'avresti spiegato molto meglio di me- fu la
semplice giustificazione di quest'ultimo.
- Forse- sorrise Takami alzando le spalle.
Le seguenti quattro ore passarono con una lentezza
estenuante, eppure quando finalmente Shoji-sensei ebbe finito di
massacrare indiscriminatamente le nuove reclute e i membri regolari
del club, a Sena parve che il tempo in fin dei conti fosse trascorso
fin troppo in fretta, e che dopo tutto lui non fosse affatto pronto
ad affrontare le prove durissime che il suo professore sicuramente
aveva intenzione di assegnargli. Aveva visto come più della
metà dei nuovi arrivati fosse crollata dopo le prime due ore
di estenuanti esercizi, prove di forza, tecnica, velocità,
resistenza, e come dei rimanenti quindici solo sei avessero superato
un uno contro uno con un tizio a dir poco gigantesco, che Takami
aveva detto chiamarsi Ootowara.
E Sena, che aveva visto quei sei ragazzi stringere i
denti ora dopo ora, cadendo e rialzandosi, chi senza lanciare un
lamento e chi imprecando volgarmente, decisamente non si sentiva alla
loro altezza. Né tanto meno all'altezza dei membri effettivi
del club.
Takami gli aveva spiegato con veloce chiarezza le basi
del football americano, e quelle in definitiva Sena sentiva di averle
capite e memorizzate anche piuttosto bene, ma era stata la vista
delle prove di forza pratiche a far crollare ogni sua speranza: dei
ragazzi molto più forti di lui erano stati scartati, quel
giorno, quindi, in definitiva, che possibilità aveva un
ragazzino gracile e debole come lui?
Quindi quando si vide venire incontro Shoji-sensei ebbe
quasi voglia di scusarsi, di scusarsi immensamente, per poi andarsene
e mettere finalmente fine a quella follia, a quel pazzo sogno che si
era voluto concedere e che stava paurosamente diventando sempre più
simile alla realtà.
Ma quando si ritrovò davanti il coach non seppe
dir nulla.
- Allora, Kobayakawa, ora tocca a te. Hai una tuta da
metterti?- incominciò senza preamboli l'insegnante,
incrociando le braccia nodose.
- Ehm...- Sena avrebbe voluto sprofondare. Di nuovo.
- Bene. Non importa: farai con la divisa. Muoviti e
vieni con me. Anche tu Takami. E...- si voltò in cerca di
qualcuno- Ohi! Shin! Noi stiamo andando!-.
Sena seguì a propria volta lo sguardo di
Shoji-sensei fino a trovare Shin che stava uscendo giusto in quel
momento dagli spogliatoi, una maglia pulita addosso. Il ragazzo aveva
preso parte a propria volta agli allenamenti, pur essendo un
giocatore titolare, ma in sostanza aveva aiutato il coach a mettere
alla prova, uno dopo l'altro, tutti gli aspiranti. E Sena doveva
ammettere di non essere riuscito a togliergli gli occhi di dosso per
tutto il pomeriggio: esercizio dopo esercizio, scontro dopo scontro,
quando anche i più forti fra le reclute crollavano a terra per
la fatica, Shin rimaneva in piedi, sudato e a volte ansimante, ma
senza alcun cedimento. E il ragazzino aveva visto gli aspiranti
battersi a turno contro il proprio senpai,
e li aveva visti finire nella polvere uno dopo l'altro, rotolare a
terra gemendo, chi rialzandosi, chi giacendo sfinito e dolorante a
terra, e il loro avversario stoicamente in piedi, impassibile.
Di nuovo Sena si sentì gelare al pensiero di
essere sottoposto a prove simili, e contro simili mostri.
Ma pur con le gambe tremanti, sudando freddo e pregando
qualsiasi dio esistente di risparmiarlo, seguì come un
sonnambulo Shoji-sensei e Takami nel boschetto di querce che cingeva
a mezzaluna la scuola, rabbrividendo all'improvviso freddo sotto le
fronde fitte e verdi. Poi al suo fianco comparve Shin, che li aveva
finalmente raggiunti, e Sena sentì la lingua incollarglisi al
palato: non sapeva cosa lo stava aspettando fra quegli alberi, ma
sapeva di averne paura, ma più di qualsiasi altra cosa aveva
paura di deludere quel ragazzo che, per primo, gli aveva dato
fiducia. Non voleva sfigurare davanti a lui, voleva credere alle sue
parole, voleva credere di essere utile a qualcuno, di essere bravo,
veramente bravo in qualcosa.
Fu per quel motivo che Sena strinse i pugni e tenne a
bada la propria paura, continuando a camminare e a fingere di essere
calmo. Per convincersene.
Una recita che a Shin
parve evidente fin dalla prima occhiata: le labbra erano troppo
strette, le sopracciglia troppo tese, e nel complesso tutto il corpo
di Sena trasudava un nervosismo appena trattenuto, tale che il
ragazzo si chiese se Takami avesse detto al loro nuovo arrivato in
cosa consistesse la prova a cui stavano per sottoporlo. Perché
in caso di una risposta negativa Shin avrebbe potuto anche capirlo,
ma in caso contrario avrebbe avuto un'ulteriore dubbio nei confronti
di quel ragazzino spaventato. E di dubbi ne aveva decisamente a
sufficienza.
E con i risultati di quel primo test di ammissione per
le nuove reclute, sperava ardentemente, per la prima volta in vita
propria, di essersi sbagliato, di aver giudicato troppo presto ed
erroneamente Sena: su più di trenta aspiranti solo sei erano
riusciti a passare e a dimostrarsi giocatori validi. Troppo pochi. E
l'esperienza diceva a Shin che per loro quell'anno, senza la
Generazione d'Oro e nuovi compagni dotati di talento, sarebbe stato
molto, molto duro. Perché aveva visto le sei nuove reclute, ed
era sicuro della loro abilità, tanto quanto era certo del
fatto che non sarebbero mai stati altro che giocatori di buon
livello, non dei fuoriclasse. Dei pedoni fondamentali per la
strategia generale, ma mai dei pezzi unici nella loro importanza,
insostituibili.
I White Knights potevano vantare la difesa più
forte del Kantou, ma Shin era consapevole del fatto che non avrebbero
potuto vincere solo con quella, e che lui stesso non avrebbe potuto
proteggere tutti i propri compagni e bloccare tutti i nemici, neanche
se si fosse ammazzato di allenamenti: era semplicemente fuori dalla
portata di chiunque. Avevano bisogno di almeno un'altra persona in
grado, come lui, di superare ampiamente i limiti fisici del liceale
medio. Forza, altezza, velocità, strategia, anche uno solo di
essi sarebbe bastato se portato all'eccellenza. Ma le persone dotate
di capacità simili erano poche e serviva fortuna per trovarle.
Anche se a Shin non piaceva parlare di fortuna o di sorte: forse
avevano cambiato bandiera un po' troppo spesso nella sua vita.
Ma ora, pur preferendo non parlarne esplicitamente,
sapeva di aver bisogno di quel caso insperato, perché se quel
ragazzino gracile fosse stato veramente ciò che Shin sperava
che fosse, allora forse gli Ojou avrebbero avuto veramente la
speranza di non crollare dopo il cambio di generazione.
E c'era anche quel desiderio più intimo, più
egoistico, di aver trovato finalmente non solo un compagno al proprio
livello, ma anche un rivale capace di metterlo in difficoltà,
di costringerlo a spingersi fino al limite e a superarlo, di fargli
ribollire il sangue nelle vene per l'adrenalina. Perché Shin
aveva trovato degli avversari forti sulla propria strada, ma nessuno
che resistesse abbastanza, o che fosse abbastanza abile. Non era
desiderio di eccitazione o la ricerca di una gioia effimera
attraverso lo scontro, era solo l'agognare a qualcuno più
forte di lui, qualcuno capace mostrargli veramente il limite delle
capacità umane. Qualcuno che potesse tenergli testa e rimanere
lì con lui sul campo, fino alla fine.
E, onestamente, Shin si sentiva quasi stupido a riporre
le proprie speranze in quel ragazzino dagli occhi pieni di paura e
senza alcuna autostima, e si chiedeva con preoccupazione se quel suo
desiderio di trovare un degno rivale non lo stesse condizionando
troppo, tanto da alterare le sue percezioni e valutare male qualcosa
di fondamentale come la velocità di una persona.
Dubbio a cui avrebbe presto trovato risposta, in quel
piccolo campo di terra battuta che era apparso improvvisamente fra
gli alberi. Era un luogo semplice, spoglio, spartano, ma
evidentemente ben tenuto, con l'erba ordinatamente tagliata lungo i
bordi e strisce bianche che percorrevano con chiarezza il suolo.
Attorno a loro, solo le chiome verdi delle querce e il profilo
distante dei grattacieli più alti di Tokyo.
Un campo d'allenamento perfetto per qualsiasi
esercitazione privata, o segreta.
- Se le nostre supposizioni sono esatte e la tua
velocità è superiore a quella di un liceale normale,
potrai entrare nei White Knights- Shoji-sensei si era fermato a bordo
campo, rivolto verso i tre ragazzi e in particolar modo al più
piccolo- La nostra è la difesa più forte del Kantou, ma
quest'anno le nostre fila si sono assottigliate e abbiamo bisogno di
rafforzare anche l'attacco. Takami può elaborare le migliori
strategie possibili, Ootowara può devastare qualsiasi linea e
Shin può proteggere il nostro terreno, ma non andremo da
nessuna parte se non abbiamo giocatori capaci di attaccare. Abbiamo
un runningback mediocre e dei ricevitori altrettanto mediocri, e al
contrario i nostri peggiori avversari primeggiano proprio in questi
due ruoli, e Shin non può fermarli tutti da solo. Ci serve un
attaccante di prima classe, e ce ne serve uno veloce-.
Si voltò verso il campo- Ora inizierà la
tua prova, Kobayakawa Sena, e vedremo cosa sarai capace d fare-.
Sena per un attimo non riuscì neppure a provare
paura. Era troppo stupito, troppo sconcertato dal discorso del coach,
così sinceramente schietto da non aver fato nulla per
nascondere la situazione della squadra e il suo disperato bisogno di
un nuovo fuoriclasse. E le aspettative erano tutte concentrate su di
lui, su un ragazzino senza spina dorsale.
La situazione era così assurda che per un attimo
Sena pensò di chiedere se si trattasse tutto di uno scherzo.
Ma nei visi attorno a lui non c'era alcuna ironia, erano
seri, seri e consapevoli della verità delle parole del proprio
allenatore. Shin e Takami lo stavano guardando. Stavano aspettando.
Sena li guardò a propria volta, e si sentì
immensamente piccolo. Schiacciato da aspettative che sapeva di non
poter soddisfare.
Voleva andarsene, scappare via, tornare a casa, tornare
alla propria vita inutile, ma al sicuro da ogni responsabilità,
libero da ogni peso diverso dall'etichetta di fallito. L'inettitudine
non gli era mai parsa così accogliente, così leggera,
così vuota di ogni aspettativa. Un inetto non aveva nessun
obiettivo, nessun traguardo da raggiungere, nessuna pretesa da
soddisfare. Non aveva la fiducia di nessuno, non aveva nessuna
fiducia da tradire. Non poteva ferire nessuno perché ormai
tutti si erano già arresi alla ferita.
Era una vita tristemente comoda.
Ma quando si ritrovò con gli occhi affogati nelle
iridi scure di Shin, Sena scoprì di non riuscire a scappare
via da loro. Che una fiducia da tradire ce l'aveva, e che
l'infrangerla non sarebbe stato indolore né per lui né
per chi gliela aveva affidata. Che era un peso dolce il portarla in
petto, una bolla piccola e fragile, pronta a rompersi, ma calda nel
suo cuore.
E capì di non volerla perdere, di non volerla
gettare via come aveva gettato via nella propria vita tutto il resto,
di non volerla distruggere a causa della sua odiosa codardia.
Capì di volerla conservare, di renderla fondata.
Voleva dimostrare di esserne meritevole. A Shin, e a se stesso.
Per poter essere orgoglioso di se stesso almeno una
volta nella vita.
- Cosa devo fare?- disse in un sussurro, con una voce
fragile quanto la sua risoluzione, ma perfettamente udibile nel
silenzio di quegli alberi.
- Devi correre-.
Shin non si aspettava di dover rispondere a quella
domanda. Non ci aveva sperato del tutto finché non l'aveva
sentita, flebile e tremante, vibrare nell'aria. Aveva visto la paura
negli occhi di Sena, l'aveva visto quasi sul punto di scappare, di
fuggire via.
E si era sentito così impotente di fronte a quel
terrore. Non poteva fare nulla, nulla a parte aspettare, e pregare.
E poi l'aveva vista, l'esitazione, l'aveva vista
emergere in quegli occhi caldi e ancorarli ai propri, come se si
stesse aggrappando a lui, gli stesse chiedendo aiuto per non
affondare nella disperazione. E per quel che aveva potuto, l'aveva
trattenuta con tutto se stesso.
E Sena era rimasto, fragile come un bambino, e così
terrorizzato da tremare impercettibilmente. Ma era rimasto, e Shin
gliene era assurdamente grato.
- Correre?- ripeté flebilmente il ragazzino- Devo
solo... correre?-.
Alle sue spalle Takami si schiarì la voce,
attirando l'attenzione dei due, che si voltarono a guardarlo- Per
decidere se prenderti o no in squadra dobbiamo sapere quanto sei
veramente veloce, quindi dobbiamo cronometrarti mentre corri- si
avviò verso l'estremità destra del campo dove
Shoji-sensei li stava aspettando, seguito dagli altri due-
Normalmente per scoprire la velocità di una persona si
cronometra il tempo in cui percorre correndo una distanza di 40 yard-
si sistemò di nuovo gli occhiali sul naso, voltandosi verso
Sena, che lo stava ascoltando attentamente- Un normale studente delle
superiori le percorre nell'arco di cinque secondi. Sopra questo lasso
di tempo si è considerati più lenti della norma. Ma se
si supera il muro dei cinque secondi, allora si può essere
considerati dei velocisti- e qui sorrise.
- Quindi per essere ammesso... devo impiegare meno di
cinque secondi- dedusse con un brivido Sena.
- No-.
Takami e Sena si voltarono con stupore verso Shin, che
continuò- Le persone capaci di superare il muro dei cinque
secondi non sono rare da trovare. Al contrario, è difficile
trovarne capaci di superarlo largamente- non c'era alcun desiderio di
essere meno secco nella voce di Shin- Se tu corressi ad una velocità
di 4.9 secondi non farebbe alcuna vera differenza. Non servirebbe
abbastanza. Devi essere più veloce-.
- Ma...- Takami cercò di ammorbidire la posizione
del compagno- Ma sarebbe comunque un buon runningback anche se
superasse di poco il muro dei cinque secondi...-.
- No, Shin ha ragione- questa volta fu Shoji-sensei ad
intervenire- Sarebbe un runningback discreto, ma a noi non serve un
giocatore mediocre. Ci serve un fuoriclasse. Altrimenti è
completamente inutile-.
L'anziano professore si rivolse direttamente a Sena- Se
vuoi entrare nei White Knights devi superare i 4.7 secondi. E'
tutto-.
E Sena capì di essere fuori fin da subito. Di non
aver possibilità. Neanche una.
All'inizio aveva sperato, aveva osato sperare di poter
superare i cinque secondi, di essere migliore del tipico studente
medio liceale, ma sapeva di non aver speranza di essere un
fuoriclasse. Di non avere alcun speranza.
E nonostante ciò, il ragazzino seguì
comunque Shoji-sensei fino alla linea bianca di partenza, come un
sonnambulo che va al patibolo, il cuore pesante e la consapevolezza
di aver fallito, di aver lasciato cadere la piccola bolla di fiducia
che Shin gli aveva creato nel petto. Si sentì una merda.
A pochi passi di distanza, Shin lo stava guardando con
occhi preoccupati: sentiva la paura di Sena, la sentiva amara sul
palato e aveva capito che qualcosa stava andando storto, che c'era
qualcosa di sbagliato nell'esitazione del più piccolo e che
quel qualcosa avrebbe mandato a monte tutto il resto.
Vide Sena mettersi in posizione sulla linea bianca,
aspettare che Takami si posizionasse a 40 yard da lui, cronometro in
mano, e che Shoji-sensei fischiasse, prima di partire di corsa.
Shin osservò come il ragazzino fosse scattato in
avanti come una molla, veloce, estremamente veloce. E come quello
scatto si fosse affievolito e la corsa si fosse fatta più
lenta. Troppo lenta.
Quando Takami schiacciò lo stop su cinque secondi
netti, Sena chinò il capo.
Ma Shin invece no. E neppure Shoji-sensei.
L'anziano coach si grattò pensieroso il mento-
C'è qualcosa che non va. Non è la stessa velocità
che aveva oggi pomeriggio-.
- No- Shin si era avvicinato ai tre, gli occhi fissi sul
ragazzino mortificato- Lo scatto era lo stesso, ma ha perso velocità
troppo presto-.
- Forse quando l'avete visto era in una situazione tale
che il suo corpo lo ha costretto a mantenere la stessa velocità
per più tempo- suggerì speranzoso Takami, cercando una
risposta logica a quel problema.
Centrandola in pieno.
Shin si ricordò improvvisamente di quei ragazzi
che attorniavano Sena, quello che lo tratteneva per le spalle, e
quello che stava per spegnere la sigaretta sul braccio del ragazzino.
Se c'era una cosa che il linebacker non riusciva veramente a
tollerare era il bullismo, o la violenza gratuita; semplicemente, gli
era insopportabile vedere una persona tormentata senza motivo o per
puro piacere. Non era giusto, e questo bastava. Ma in quel momento
l'attenzione di Shin non era rivolta alla dubbia moralità di
quei ragazzi, ma al loro ruolo nello scatenare la corsa pazzesca di
Sena.
- Quei ragazzi ti stavano minacciando- non era affatto
una domanda, ed era rivolta esplicitamente al ragazzino che ancora
aveva negli occhi troppi dubbi.
- Io...- Sena non sapeva cosa rispondere, non sapeva a
cosa servisse quell'improvvisa stasi, quel ripensamento: aveva
fallito, non era sufficiente? Aveva mandato a puttane tutto quanto,
non era bastata una volta sola? Perché si ostinavano a tenerlo
lì e a non rispedirlo a casa? Erano così disperati da
non vedere la realtà, che lui non era assolutamente adatto a
custodire la speranza di nessuno?- Loro mi avevano chiesto dei
toast... sapevo che mi avrebbero punito se non glieli avessi portati
in fretta...-.
- Loro... cosa?!-
la voce sconvolta, arrabbiata e disgustata di Takami lo fece
sobbalzare.
- Quando l'ho trovato stavano per spegnergli una
sigaretta sul braccio- gli disse Shin.
L'alto ragazzo del terzo anno strinse i pugni, una luce
feroce negli occhi. Shoji-sensei sospirò una volta sola,
profondamente e a testa bassa, e quando rialzò il capo era
calmo, ma la sua mascella era ancora serrata- Di questo ne parleremo
dopo. Ma voglio sapere chi sono. Non permetterò che fatti
simili riaccadano in questa scuola-.
Sena li guardava confuso: perché erano ancora lì
a parlare di lui, ad interessarsi a lui? Perché non lo
cacciavano via come chiunque altro avrebbe fatto? Quale beneficio ne
traevano, parlando in questo modo? Perché dicevano cose
simili? Cosa importava, dopotutto, se uno come lui veniva malmenato
da un gruppo di ragazzini di buona famiglia? Non era mai importato a
nessuno, che differenza poteva esserci, ora?
- In quel momento eri spaventato- la voce di Shin lo
riscosse e Sena lo guardò con occhi confusi.
E in quel momento il linebacker capì- Stavi
scappando-.
Il ragazzino invece non capì- Non stavo
scappando- si difese debolmente- Stavo andando da loro-.
Shin scosse il capo- Stavi scappando dal pericolo, dal
dolore che avresti subito qualora avessi fallito- guardò
intensamente il più piccolo- Non stavi correndo per fare
qualcosa. Stavi correndo per scappare da qualcosa-.
Senza alcun motivo apparente, Sena si sentì
morire di vergogna.
Ma dopotutto, che male c'era a scappare dalle disgrazie
e dai dolori? Doveva per forza essere un codardo solo perché
non si era fatto gonfiare di botte da tutti i bulli che lo avevano
usato?
Una vocina dentro di lui però insinuava ben
altro, e lo faceva con la voce di Shin.
Senza preavviso, il linebacker gli diede le spalle-
Vieni. Torniamo alla linea-.
Le gambe di Sena si mossero da sole, senza alcun ordine,
come tirate da fili invisibili, e forse più coraggiose del
loro padrone, che seguì il senpai
come un sonnambulo.
Una volta arrivati alla linea di partenza, Shin non si
voltò, né si fermò- Tu posizionati qui- e
proseguì finché quattro metri abbondanti non lo
separarono dal ragazzino. Solo allora si voltò verso di lui, e
Sena vide una luce strana nei suoi occhi, uno sguardo freddo e quasi
predatore.
Improvvisamente, ebbe paura, e fu come svegliarsi da un
lungo sogno tormentato, di quelli che ti si incollano addosso fino a
soffocarti, finché la realtà non ti riporta duramente
nel proprio grembo gelido, e tu ne saluti la crudezza con gioia. Sena
si sentì così, con l'odore degli alberi e della terra
di nuovo forte nelle narici, i suoni attorno a lui nitidi, i colori
vividi. Sentiva il proprio corpo con un'intensità nuova,
improvvisamente consapevole della tensione che gli stava
elettrizzando le gambe, le cosce, i polpacci, fino alle dita dei
piedi. Ogni cosa si fece più chiara e più acuta.
Per la paura.
Sena non sapeva perché in quel momento Shin lo
stesse spaventando in quel modo, il ragazzo non aveva nulla di
diverso da prima, ma la sensazione di pericolo gli martellava nelle
vene e sotto la pelle. Gli urlava di correre.
- Ora ripeteremo l'esercizio- la voce di Shin lo colpì
come un maglio di ferro, era fredda- Tu correrai, ed io ti inseguirò.
Dovrai scappare da me, perché appena sarai alla portata del
mio braccio, ti placcherò-.
Sena si sentì gelare: aveva visto, quel
pomeriggio, cosa fosse un placcaggio, e come placcasse Shin. Nessuno
dei suoi avversari si rialzava mai in meno di un minuto, nessuno
restava in piedi. Nessuno non gemeva di dolore, o urlava, o rimaneva
tramortito nella polvere. E lui in quel momento non aveva nessuna
protezione addosso.
Il linebacker sembrava pensarla allo stesso modo- Sei
privo di protezioni, quindi non posso assicurarti che non ti romperò
un paio di costole. Se ti placcherò, ti farò del male-.
Sena sentì le proprie mani sudate tremare: cosa
stava succedendo? Cos'era quella minaccia? Perché Shin gli
stava dicendo quelle cose col palese intento di spaventarlo?
Perché... voleva infierire in quel modo?
Sena sentì la paura chiudergli la gola: voleva
crollare a terra e stringersi le ginocchia al petto, come un bambino.
- La sola cosa che devi fare- Shin vide come a quelle
parole il ragazzino lo guardasse speranzoso- è essere più
veloce di me, e non farti prendere- e vide anche come la paura
rendesse enormi quegli occhi color cioccolato.
Ma era quello che il linebacker voleva: spaventarlo,
fargli assaggiare la paura che ogni giocatore provava almeno una
volta nella vita sul campo. Voleva fargliela assaporare completamente
e nel peggiore dei modi, voleva vederlo soccombere sotto il suo
stesso terrore. Per superarlo. Per superarlo con la rabbia e
l'umiliazione.
Non era un metodo gentile, ma Shin non era una persona
diplomatica e il football americano non era uno sport tenero. E con
persone come Sena, la compassione gratuita non sarebbe servita a
nulla. E il linebacker non voleva rinunciare a quel ragazzino, non
ancora, almeno.
E infatti lo vide, lo vide tremare, respirare più
velocemente, vide le sue pupille dilatate dal terrore. Era quello che
voleva.
- Mettiti in posizione-.
Sena ubbidì, voltandosi e piegando le ginocchia,
pronto a scattare. Ma non c'era forza nelle sue gambe, c'era solo
paura, e improvvisamente il ragazzino capì che non sarebbe mai
riuscito a farcela, a partire, a muoversi.
Era spaventato, era così schifosamente spaventato all'idea di
essere placcato dal proprio senpai,
di essere ferito, di farsi male, di provare dolore. Aveva paura del
dolore, ne aveva sempre avuta. Lo aveva sempre fuggito, anche a costo
di essere un debole codardo senza spina dorsale. Tutto era
preferibile al dolore, anche l'umiliazione.
Quando Shoji-sensei fischiò, Sena implorò
le proprie gambe di correre, ma le sue gambe rimasero ferme.
Chiuse gli occhi, aspettando il dolore.
L'aria si mosse dietro di lui, sentì la terra
smuoversi, la propria divisa ondeggiare.
Ma il dolore non arrivò mai.
Quando Sena aprì gli occhi, la prima cosa che
vide fu la mano di Shin ad un niente dal suo petto, i tendini tesi
sotto la pelle, le dita rigide come artigli e leggermente ricurve
verso il palmo. Immobile.
Il ragazzino sentì il proprio cuore pulsare
dolorosamente e il respiro farsi veloce e amaro, affannoso come dopo
una corsa impossibile, la cassa toracica pesante come cemento. Iniziò
a sudare.
Se quella mano fosse stata due centimetri più
vicina al suo petto, le sue costole sarebbero state rotte.
Sena sentì un capogiro.
- Sei lento-.
La voce di Shin era sempre la stessa, calma e composta.
Ma c'era qualcosa di freddo in quelle parole, qualcosa che ferì
Sena più di qualsiasi costola rotta. Il ragazzino si voltò
lentamente per guardare il linebacker dietro di lui: i loro corpi
erano così vicini da sfiorarsi.
Gli occhi di Shin facevano male- Ti avevo detto di
correre. Non sai fare meglio di questo?-.
Sena non avrebbe mai creduto possibile che delle parole
avrebbero potuto essere così dolorose, così umilianti.
Tanto umilianti da far male. Troppo umilianti per non far male.
Il ragazzino non aveva un graffio addosso, ma si sentiva
squarciato dall'interno, dilaniato così in profondità
da essere completamente impotente contro quel dolore che lo stava
riempiendo, gli stava colmando il petto come sangue, gli annebbiava
la testa come fumo, gli chiudeva la gola come un cappio.
Era un dolore sordo sul nascere, ma le sue dita avevano
unghie appuntite e pungevano con crudeltà feroce, lo
artigliavano nell'anima.
Ferivano quell'orgoglio che credeva di aver perso da
tantissimo tempo.
E Sena si accorse di possederlo solo quando le parole di
Shin lo trapassarono da parte a parte, dritto al cuore di quella
patetica autostima che ancora segretamente conservava. E quella
piccola parte di lui, così inutile dopo tanti anni passati a
subire in silenzio, ora urlava di dolore.
E rabbia.
Sena si accorse di essere arrabbiato.
Assurdamente arrabbiato.
Ferito nell'orgoglio.
Strinse i denti per arginare quella marea bruciante che
gli stava montando in petto, nascendo dal dolore, superando il
dolore, anestetizzando il dolore. Bruciava, ustionava come fuoco, ma
dove passava tutto era insensibile alle ferite dell'animo. C'era solo
quell'onda feroce e sconosciuta, o dimenticata da troppo tempo.
Non sai fare meglio di questo?
Normalmente Sena avrebbe chinato il capo per annuire e
ammettere che sì, non sapeva fare nulla di meglio, che era un
buono a niente senza speranza e che avevano tutte le ragioni per
essere arrabbiati con lui.
Ma in quel momento, in quell'unico, singolo istante,
Sena non pensò nulla del genere. Nessuna autocommiserazione,
nessuna testa bassa.
Solo rabbia. Una rabbia feroce, da fargli vedere rosso.
Come osava?
Come cazzo osava dirgli una cosa del genere?!
Sena si ficcò le unghie nei palmi, i pugni
stretti e tremanti, resistendo a stento all'istinto di colpire il
proprio senpai, un desiderio
tanto assurdo quanto inutile, poiché dentro di sé
sapeva benissimo quanto sarebbe stata vana qualsiasi reazione
violenta contro un ragazzo due volte più grosso di lui.
Ma la verità era che non voleva ferire Shin.
Voleva dimostrargli quanto lui fosse nel torto. Voleva dimostrargli
di essere migliore di quanto lui credesse. Di valere qualcosa. Di
valere abbastanza per essere apprezzato.
Shin vide quegli occhi farsi grandi e tremare, li vide
umiliati e feriti, specchi, laghi di dolore, così profondi da
far vacillare per un attimo la sua determinazione, da fagli chiedere
se quel tormento fosse realmente necessario al suo scopo: quel
ragazzino non stava affatto fingendo, soffriva realmente, e molto. E
il linebacker scoprì di trovare insopportabile il dolore su
quel viso.
Ma poi vide quegli occhi accendersi, quel dolore
prendere fuoco e tramutarsi in rabbia, in sdegno, in rancore, vide
Sena stringere i denti, sentì il suo respiro sibilare fra
essi, fremendo come per trattenersi. Vide quel ragazzino senza spina
dorsale tremare di rabbia dalla testa ai piedi, come sul punto di
rivoltarglisi contro.
Fu una scena meravigliosa.
Ed era esattamente quello che Shin stava aspettando.
- Di nuovo- disse senza distogliere lo sguardo e senza
una parola in più si voltò, tornando al proprio posto.
Sena lo seguì con gli occhi fino a vederlo
fermarsi e voltarsi di nuovo verso di lui, ricambiò il suo
sguardo e, i denti ancora stretti, diede le spalle al proprio senpai.
Solo in quel momento il ragazzino si rese veramente conto di essere
su una linea di partenza, e questa sola consapevolezza gli mando
l'adrenalina alle gambe: i suoi muscoli stavano fremendo, impazienti.
A quella sensazione si
unì la consapevolezza dell'altro ragazzo a pochi metri dalle
sue spalle, pronto a placcarlo senza pietà qualora lo avesse
raggiunto, e Sena scoprì che sì, aveva paura, ma era
una paura diversa, migliore.
Non lo stava paralizzando, non lo stava gettando nel panico: lo
rendeva solo più consapevole, più motivato. E
l'adrenalina aumentava, non solo nelle sue gambe, ma anche nel resto
del suo corpo. Iniziarono a tremargli le vene dei polsi.
E dopo tutto ciò,
dopo la determinazione, l'eccitazione, la rabbia, laggiù in
fondo oltre al traguardo, oltre al cronometro del coach, c'era quel
posto in squadra, che non era un semplice posto in un club sportivo,
era quasi un nuovo posto nella vita di Sena, una porta che dava su
una realtà sconosciuta, ma probabilmente molto migliore di
quella che il ragazzino aveva sempre conosciuto. Forse oltre a quella
soglia così lontana avrebbe trovato un posto nel proprio
mondo, un posto dignitoso, dove non si sarebbe dovuto vergognare di
sé stesso; forse avrebbe trovato qualcuno che lo apprezzasse,
qualcuno da poter chiamare amico, qualcuno con cui parlare delle cose
di tutti i giorni, con cui ridere, scherzare, sfogarsi, confidarsi
addirittura.
Doveva solo raggiungere
quella porta. Solo raggiungere quella porta. Solo raggiungerla
correndo. Da solo. Con le proprie sole forze. Con tutte le sue forze.
Con tutto se stesso.
L'adrenalina gli andò
alla testa, e davanti a lui c'era solo il terreno da percorrere.
Il fischio di
Shoji-sensei non gli trapanò le orecchie, lo raggiunse quasi
ovattato e quando arrivò le sue gambe erano pronte, come se
non avessero mai aspettato altro in tutta la loro vita.
Sena scattò.
Più veloce di
quanto fosse mai stato.
Più veloce di
quanto avrebbe mai creduto possibile.
Le sue orecchie
ronzavano, i suoi occhi erano fissi avanti, ma qualcosa dentro di lui
seppe dire con certezza che anche Shin stava correndo.
Esattamente dietro di
lui.
Molto più vicino
di quanto avrebbe creduto possibile.
Sena strinse i denti e
si costrinse a cacciare la paura che si agitava nel suo petto.
Più veloce.
Fece forza sulle
proprie gambe, in quel modo che gli era stato insegnato tanti anni
prima e che da allora il suo corpo aveva usato senza neppure
rendersene conto.
Più veloce.
Ancora di più.
Poteva esserlo, doveva
esserlo.
Era tutto ciò
che doveva fare, ed era tutto ciò che poteva fare in quel
momento.
Non aveva nient'altro.
Solo le sue gambe. Solo
la propria volontà.
Un secondo.
Due secondi.
Al terzo Sena sentì
i capelli della nuca fremere e l'aria dietro di lui muoversi.
E per un istante si
vide scaraventato a terra, nella polvere, laggiù dove non si
sarebbe mai più potuto rialzare. Nella polvere della propria
inutilità.
E si rifiutò.
Tutto ciò che era Sena Kobayakawa si rifiutò.
La scarica di
adrenalina che lo percorse per un attimo gli fece vedere bianco.
L'attimo dopo era oltre
la linea del traguardo, illeso.
Vide gli alberi farsi
più vicini, mentre le sue gambe rallentavano. Poi i suoi
muscoli si fecero d'acqua e non lo sostennero più.
Sena crollò a
terra, ansimando, le gambe che gli tremavano.
A pochi passi da lui,
Shin era in piedi, immobile.
Takami, che lo
osservava, poté notare solo il suo respiro leggermente
accelerato e i suoi occhi appena più grandi del solito. Nulla
faceva presagire ciò che, il quarterback ne era certo, stava
succedendo dentro al linebacker.
Quando aveva allungato
il braccio per placcare Sena e le sue dita non avevano trovato altro
che aria, per un attimo Shin non era riuscito a capire cosa fosse
successo. Dove ci sarebbe dovuta essere la piccola schiena del
ragazzino, ora poteva vedere solo la propria mano, le dita quasi
strette a pugno sul nulla.
Oltre ad essa, troppo
lontano, correva Sena.
E la distanza che li
separava cresceva, e cresceva, e cresceva.
Poi il ragazzino aveva
superato il traguardo e Shin aveva rallentato fino a fermarsi.
La consapevolezza era
arrivata subito dopo.
E con essa l'euforia.
Sentiva la cassa
toracica vibrare sotto le pulsazioni furiose del proprio cuore, e il
ragazzo sapeva che non si trattava solo della corsa.
Guardò quel
ragazzino crollare a terra esausto e fu come se assieme a lui cadesse
anche un peso dal proprio petto.
Non aveva bisogno di
sentire le parole di Shoji-sensei.
- 4,2 secondi- disse la
sua voce profonda e in quel momento più roca e tremante del
solito.
Shin chiuse gli occhi e si sentì felice.
Lo aveva trovato.
Lo aveva trovato.
Lo aveva trovato.
E mentre avanzava per sollevare quel ragazzino, Sena, da
terra, sentiva che non c'era nient'altro che gli importasse. Non in
quel momento.
*§*§*§*§*§*§*
Angolino
delle Recensioni:
Fyinn:
Evvai! Sono davvero felice che la mia idea ti sia piaciuta e che
trovi il mio stile piacevole, è davvero una grande
soddisfazione per me! ^w^ La coppia è fantastica, sotto tutti
i punti di vista. *ç* Spero che questo capitolo ti sia
piaciuto! ^w^ Alla prossima! ^3^
Vekra:
Ringrazio il caso che ti ha portato qui! XD Sono davvero felice che
la storia ti piaccia, soprattutto per la caratterizzazione dei pg:
Sena può sembrare semplice da rendere, ma spesso ho paura di
renderlo monotematico, quindi mi faccio sempre tante seghe mentali,
mentre Shin... essendo il mio personaggio preferito me lo sono
psicanalizzato bene, ma è comunque un essere difficile di cui
scrivere, il maledetto! °-° Guarda, in effetti l'HiruSena è
la coppia più papabile ad inizio manga, ma aspetta di vedere
come diventano questi due qui più avanti e credimi, sono quasi
imbarazzanti! XD Di HiruSena ci sono molte fanfiction inglesi su
Fanfiction.net, anzi, credo che assieme all'HiruMamo sia la coppia
che predomina, ma in italiano non ne ho mai vista nessuna. ç_ç
Però su Ysal, un sito completamente yaoi, troverai altre due
one-shot ShinSena. ^w^ Spero che anche questo capitolo ti sia
piaciuto! ^w^ Alla prossima! ^3^
BloodBerryJam:
Bhuahahahahah! XD Aggiornato! Spero che non ti stancherai di leggere
questo mattoncino di capitolo! XD Fammi sapere, ok? ^w^ Alla
prossima! ^3^
Dalsia:
Yai! Tranquilla, la tua recensione mi ha reso felicissima! ^w^ E'
vero, Eyeshield è un manga stupendo, ma in Italia è
decisamente sottovalutato (maledetto calcio -.-''') e per questo il
suo fandom è piuttosto limitato, e di conseguenza sono
limitate le sue fanfiction. ç_ç In effetti, l'HiruMamo
predomina quasi in qualsiasi sito, ma, come ho detto a Vekra, su
Fanfiction.net ci sono molte fanfic su tutti i pairing, yaoi e non, e
su Ysal ci sono ben altre due ShinSena. *w* E se cerchi su internet,
da qualche parte ci sono anche delle MusashiXHiruma, anche se non
ricordo dove. XD A parte questo, sono davvero felice che la mia
storia ti abbia incuriosita, anche perché a me gli “e
se...” non piacciono moltissimo, forse perché ne ho
sempre visti tantissimi completamente sballati, però spero di
averne creato uno sensato: l'idea di Sena all'Ojou era troppo
sbavosa. *ç* Eheh... niente mitra a sparare pallottole, ma
come avrai visto neppure Shin-san è particolarmente soft con
Sena. XD Spero davvero che anche questo capitolo ti sia piaciuto! ^w^
Alla prossima! ^3^
Resha91:
Guarda, quando ho letto quel numero ho avuto la stessa identica idea
e andando avanti col manga... Dio, se diventano imbarazzanti! XD La
coppia HiruMamo, se trattata in un certo modo, la digerisco anche
abbastanza bene, ma quando vedo i siti saturati da questo pairing...
portatemi una flebo! -.-''' In effetti di fanfiction yaoi su questo
manga in italiano ce ne sono veramente poche, ma, come ho detto
sopra, ne troverai in inglese su Fanfiction.net e in italiano su
Ysal. ^w^ Ma tornando alla storia, sono davvero felice che l'idea ti
sia piaciuta nonostante la necessaria uscita di scena di Hiruma&Co
(anche se appariranno in uno o due capitoli, promesso! ^w^) e che la
caratterizzazione di Sena ti sia parsa azzeccata: la situazione è
effettivamente assurda, ma cercherò di seguire l'evoluzione
del personaggio il più fedelmente possibile a quanto avviene
nel manga originale. ^w^ Shin è sempre il solito essere
difficile da muovere, anche se è il mio personaggio preferito
e me lo sono psicanalizzato accuratamente... ma rimane comunque un
essere difficile... e del resto, dove starebbe il divertimento se
così non fosse? ^w^ Andando avanti con la storia spero di
approfondirlo molto di più e di far luce su alcuni punti della
sua vita che nel manga non ci sono mostrati. ^^ Passando alla parte
tecnica, ti do ragione sul paio di cosine da sistemare, che non avevo
visto quando ho pubblicato il capitolo, o che avrei potuto rendere
meglio, e ti ringrazio anche per avermele fatte notare! ^3^
L'articolazione semplice dei periodi è derivata dal fatto che
voglio considerare questa fanfic meno impegnativa delle mie solite,
anche se più mi immergo, necessariamente, nella mente dei
personaggi, più temo che tornerò al mio stile più
“difficile”, ma tenterò di contenermi e di non
rendere il tutto troppo pesante. °-° Spero che il passato di
PoV sia ancora scorrevole, anzi, spero lo sia di più, visto
che sarà molto più frequente. ^w^ Eh, proprio perché
il fandom è così giovane mi sono azzardata a scrivere
una “What if...” del genere! ^w^ Alla prossima! ^3^
Dizionarietto:
-kun: suffisso
tipicamente maschile, rivolto soprattutto a compagni di classe o a
conoscenti.
Riguardo
ai termini specifici del Football Americano, non credo che ci sia
bisogno di scendere nei particolari, poiché suppongo che se
state leggendo questa fanfiction abbiate letto il manga e di
conseguenza conosciuto termini come runningback, linebacker e
quarterback. Qualora dovessi usare termini più specifici,
provvederò a dare spiegazioni, e se avete qualcosa da chiedere
in proposito, risponderò volentieri nel dizionarietto. ^w^
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