For you, a thousand times over

di Generale Capo di Urano
(/viewuser.php?uid=792496)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'amore non è che una brutta cosa con un bel nome ***
Capitolo 2: *** La sorte del timido non è felice. ***



Capitolo 1
*** L'amore non è che una brutta cosa con un bel nome ***


“L’amore non è che una brutta cosa con un bel nome”
(Jerome K. Jerome)

 


“Nei due secoli che precedettero la predicazione di Lutero, la Chiesa venne scossa da numerose correnti riformatrici, spesso stroncate, in quanto considerate eretiche . Ciò che più preoccupava i fedeli era la tenuta morale della Chiesa e il dubbio che non fosse più in grado di essere una guida affidabile…”

- Si può sapere cosa staresti facendo?
La voce di Emil suonò tagliente e fredda, velata di un certo fastidio, mentre con sguardo seccato si rivolse al fratello, piegato verso di lui e con gli occhi allungati sulla pagina di appunti che il minore era intento a ripassare prima della lezione di quella mattina.
- Guardavo ciò che stavi leggendo- il tono dell’altro, al contrario, non tradiva alcuna emozione. Era sempre così, Lukas: calmo, schietto, inflessibile.
- E per quale motivo?
Il maggiore non rispose, concentrato sulle pagine stropicciate che il sedicenne stringeva tra le dita. – Questa non è la tua scrittura...- osservò, con una certa curiosità nascosta, che un ascoltatore distratto avrebbe fatto fatica a notare (forse anche a causa dell’aria perennemente apatica del ragazzo).
Il più giovane si affrettò a riordinare i fogli, togliendoli alla sua vista e borbottando qualcosa a proposito dei troppi impegni e di un amico disponibile, per poi essere salvato dal provvidenziale arrivo di Mihai, che in qualche modo era riuscito ad appostarsi su di uno dei sedili proprio dietro i loro, passando da una parte all’altra del pullman come una Vântoasa, sbucando poi dietro alle spalle dell’amico, probabilmente nell’intento di informarlo di una qualche idea escogitata da lui e da quell’altro socio strambo per “evocare le anime degli antenati per farci rivelare i segreti dell’oltretomba!” o qualcosa del genere.
Il diciannovenne però si liberò presto del rumeno, con un abile quanto elaborato espediente (“Ohi, hai notato quanto è scollata oggi la maglietta di Natalia?”) e continuò a tenere gli occhi puntati sul fratellino per il resto del viaggio (pochi minuti, a dire il vero), e non smise di osservarlo neppure una volta scesi, o all’interno dell’edificio scolastico. Emil sbuffava, cocciuto, perseverando nel suo tentativo di ignorarlo.
Lukas Bondevik poteva sembrare un tipo piuttosto apprensivo nei confronti del minore; lo era, in effetti, e la cosa al più piccolo non andava decisamente giù. “Non sono mica un bambino!” soleva ripetergli, ogni volta che il ragazzo faceva una qualche osservazione di qualsiasi genere.
Emil accelerò, dirigendosi verso la propria classe, senza neppure accorgersi del pavimento bagnato; scivolò, perdendo l’equilibrio e rischiando di cadere all’indietro. Fu salvato da un paio di braccia forti che lo sorressero, evitandogli così un bel capitombolo (ma non una gran figuraccia, questo è sicuro).
- Ah ah, occhio bello! Il bagno dei professori si è rotto, qui il corridoio è praticamente allagato!
Lo studente spostò lo sguardo verso la porta indicatagli dal suo “salvatore”, constatando con i suoi stessi occhi la provenienza dell’acqua che aveva cercato di attentare alla sua incolumità. – Questa scuola va in pezzi…- borbottò, voltandosi poi a osservare colui che l’aveva sostenuto.
Dovette alzare la testa per riuscire a vedere bene il volto del giovane, dagli occhi azzurri e i capelli biondi che parevano sfidare la forza di gravità; avrebbe dovuto domandargli che gel usasse, prima o poi.
La divisa da bidello non faceva onore al fisico alto e atletico di Mathias. Rivolse al ragazzo uno di quei suoi grandi sorrisi a trentadue denti, brandendo il mocio come se fosse l’arma di un prode cavaliere.
- Sei stato fortunato! Pensa se non ci fosse stato il Grande Re del Nord ad aiutarti!- si lasciò andare ad una risata sguaiata, incurante del fatto che metà dell’elemento scolastico lo stesse guardando male. In fondo, a lui importava solo di una delle persone presenti.
Lukas gli diede uno spintone. – Piantala. Sei fastidioso.
Il sopradescritto danese –altresì detto “Re del Nord” (autoproclamato)- si voltò per guardarlo in faccia, mostrando un adorabile broncio. – Non è giusto. Faccio una cosa buona e tu non fai che criticare, sei cattivo!- incrociò le braccia e distolse lo sguardo, in modo volutamente infantile, provocando uno sospiro insofferente da parte del ragazzo.
Il sedicenne rimase per un po’ a osservare la scena, prima di girare i tacchi e tornare sui suoi passi, sbuffando seccato. Chiunque l’avesse visto in quel momento avrebbe potuto notare il suo sguardo infastidito; per sua fortuna erano tutti impegnati ad ammirare la scena che gli altri due stavano mettendo in atto. Buon per loro: lui non sarebbe riuscito a sopportare un minuto di più la vista dei loro battibecchi di coppia, sempre che le lamentele immature di un bidello atipico commentate dalla battute acide di un diciannovenne norvegese si potessero definire “battibecco”.
 

Entrò in classe, gettando malamente la cartella a terra e crollando sulla sedia, facendola scricchiolare in maniera fastidiosa. Crollò con il capo sul banco, nascondendosi dietro alle braccia incrociate e continuando a bofonchiare lamentele incomprensibili, riuscendo a distogliere l’attenzione del compagno al suo fianco dal romanzo che stava leggendo.
- Vedo che ti sei svegliato bene…
- Ah, chiudi il becco, Puffo!
Raivis mise un dito all’interno delle pagine del libro, per tenere il segno, girandosi poi verso il coetaneo che aveva preso a giocherellare distrattamente con i lunghi codini della ragazza seduta davanti a lui, la quale non sembrava molto contenta della situazione.
- La potresti piantare?- cercò di portare i capelli scuri lontano dalle mani del nordico, con fare stizzito, ricevendo un sorrisetto tirato da parte del biondino.
- Perdonalo, Sesel… è innamorato…
- Aspetta, cos-
- Oh, davvero? E di chi?
- RAIVIS!
- Kesesesese! Scusate il ritardo, il vostro Magnifico professore è qui!
I tre ragazzi tacquero, tornando ad abbassare la testa sui loro quaderni; Emil si abbassò a recuperare l’astuccio dallo zaino, ringraziando mentalmente, per una volta, quel pazzoide del loro insegnante di storia.
- Questa me la paghi, Braginski- sibilò al vicino di banco, il quale si limitò a sorridere chino sul suo ordinatissimo libro di testo. Non si accorse del velo malinconico che passò per un attimo negli occhi del compagno.
 
 


- Su con la vita, otto è un gran bel voto, sai?
- Disse quello con la media del nove. Comunque lo sai benissimo perché ce l’ho con te.
- Dai, su, era per scherzare!
Raivis alzò lo sguardo, osservando il nordico masticare nervosamente una rotella di liquirizia, appoggiato con la schiena al muro di cartongesso del corridoio.
- Adesso Sesel non farà che farmi domande su questa “misteriosa ragazza”. E non solo lei! Sta’ un po’ a vedere che prima o poi lo saprà tutto l’istituto! Manco fosse una ragazza…- disse l’ultima frase sottovoce, con tono quasi inudibile.
- Ah, e piantala di lamentarti. Mi ha giurato che se ne starà zitta.
Emil lo fissò confuso e perplesso.
- Le ho già detto che era uno scherzo. E in ogni caso le ho promesso di prestarle gli appunti di letteratura per il prossimo mese- spiegò il biondo, tornando poi a leggere il suo libro, seduto a gambe incrociate sul freddo pavimento.
Il ragazzo lo osservò per un po’, incapace di replicare in qualsiasi modo. Avrebbe dovuto saperlo, Raivis non avrebbe mai potuto tradirlo, era davvero troppo buono; sospirò, lasciandosi scivolare sulla parete, accovacciandosi accanto all’amico.
Di scusarsi non se ne parlava, comunque.
- E a te? Chi ti piace?
L’altro trasalì. – Come, scusa?
- Non fare il finto tonto! Per chi sono tutte quelle poesie?
- C-come sai che scrivo…?
L’albino sorrise con fare ironico, estraendo dalla tasca un foglietto spiegazzato e distendendolo davanti ai suoi occhi. Il ragazzino glielo strappò di mano, frettoloso, facendolo sparire nelle proprie tasche. Abbassò lo sguardo: – Dove l’hai preso?
- Dovresti controllare meglio gli appunti, quando me li presti- ghignò il compagno, porgendogli altre paginette simili. - Sono belle, perché le tieni nascoste?
In quel momento la campanella suonò, annunciando la fine dell’intervallo. Raivis si alzò di scatto, stringendo a sé il suo libro e camminando velocemente verso la porta dell’aula. – Muoviti, o il professor Eldestein si arrabbia.- La sua voce era bassa e atona.
Emil guardò la schiena dell’amico dirigersi verso il proprio banco, chiedendosi cosa avesse fatto di così sbagliato.
Il compagno non parlò più per il resto della mattinata.































Angolino del "che sto facendo?"
Finalmente ho smesso di scrivere cose a caso e mi sono dedicata al contest, fiuu. Neppure so se devo scriverlo da qualche parte che partecipa a un contest :/ sono un'inetta, lo so.
Che dovevo dire? Ah sì.
Innanzitutto, alcuni cognomi e nazionalità sono cambiati in favore dei rapporti di parentela (es. Emil è norvegese e "Bondevik", come il
fratello). Mihai è Romania e Sesel è Seychelles, ma questo mi pare si fosse intuito.
Le Vântoase sono esseri della mitologia rumena, io l'avrei scritto al singolare italianizzato ma non so se è giusto :/
...non ricordo cos'altro dovevo dire. Va beh, 'sto angolo è già abbastanza lungo.
Ringrazio comunque chiunque sia arrivato fin qui <3
Moi moi!



 

 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** La sorte del timido non è felice. ***


"La sorte del timido non è felice. Gli uomini non lo possono soffrire, le donne lo disprezzano,
e lui si disprezza e non si può soffrire”

(Jerome K. Jerome) 



“Le istruzioni genetiche per la sequenza di amminoacidi di una catena polipeptidica sono scritte nel DNA e nell’RNA sotto forma di una serie di “parole di 3 lettere” chiamate codoni. La corrispondenza tra triplette e amminoacidi è detta codice genetico ed è universale poiché…”

Il libro cadde a terra con un tonfo sordo.
Raivis rimase straiato, un braccio penzolante giù dal letto, l’altro appoggiato sulla fronte, gli occhi puntati sul soffitto bianco.
Sospirò; non riusciva a studiare…lui, non riusciva a studiare!
Sulla scrivania, centinaia di foglietti abbandonati a loro stessi, contenenti versi che mai nessuno avrebbe dovuto leggere. Sulla bacheca, tra mille post-it, spiccava un pezzo di carta che gli ricordava di recarsi in biblioteca alle tre e un quarto di quel pomeriggio. Con Emil.
Avrebbe fatto finta di nulla? Ovviamente! Che altre opzioni aveva?
Si ritrovò a fissare, con occhi vacui, la vecchia fotografia precariamente collocata sul comodino, tra un’abat-jour con il paralume a fiori, un libro di Flaubert e la statuina di un cagnolino proveniente da chissà dove.
Una donna di poco più di vent’anni con un’abbondante seno salutava da una terrazza, sporgendosi oltre i vasi dei gerani, un dolce sorriso stampato in volto; un fermaglio le teneva in parte la frangetta bionda.
Sorrise appena. Di lei non ricordava quasi nulla, eppure era certo che l’avrebbe capito.
Si rialzò a fatica, stiracchiandosi: era ora di andare.
 
 

- Tu lo sai che tutta quella liquirizia ti farà salire la pressione a mille, vero?
Emil borbottò qualcosa di incomprensibile, gli occhi sempre puntati sul volume aperto sopra al tavolo di legno. – Mi aiuta a concentrarmi- bofonchiò, la rotella nera ancora tra i denti.
L’amico ridacchiò, facendo arrossire di vergogna il norvegese. – Ehi, mi prendi in giro?
Era così dolce quando arrosiv- ma cosa andava a pensare!
L’albino osservò perplesso il compagno scuotere la testa e mugugnare tra sé e sé.
Scrollò le spalle, tornando alla lettura. – Certo che è una fortuna avere il professor Bonnefoy come insegnante di letteratura…
- Che intendi dire?
- Oh, andiamo, hai idea di quanto tuo padre faccia sgobbare? Mio fratello a volte non esce di casa per giorni-non che di solito esca spesso, ma…
- Come se tu fossi una persona molto socievole.
- Senti chi parla! In ogni caso, sono felice di non averlo come professore. Senza offesa.
- Ah, tranquillo.
Il biondino girò una pagina, appoggiando la guancia sul pugno chiuso; Emil fissò l’orologio che aveva al polso, con aria annoiata.    
Rimasero in silenzio per qualche minuto, chini sui libri.
Mathias diceva sempre che erano gli unici due ragazzini in grado di studiare assieme senza distrarsi con chiacchiere inutili. Era anche per quello che erano diventati amici: entrambi tendevano a starsene in disparte, parlando poco, lasciando che fossero gli altri a discutere.
Beh, Raivis almeno ci provava ad esprimere le proprie opinioni, ma considerato che la maggior parte delle volte che apriva bocca diceva cose “sbagliate”, spesso preferiva rimanersene in un angolo a leggere romanzi rosa.
L’amico non gliene faceva una colpa: semplicemente, era troppo sincero. Alla gente non piace sentirsi dire la verità.
- Scusate, ragazzi, ma stiamo chiudendo.
Lo sguardo stupito del russo fece capire ad Emil che non si era minimamente accorto dello scorrere del tempo.




- Allora, esci con me stasera?
- No.
- Perché no?
- Perché no.
- E allora cosa sono venuto a fare?
- Devo saperlo io?
Lukas non lo degnò di uno sguardo, tenendo ostinatamente la testa abbassata sul quaderno degli appunti. Come facesse a studiare con il sottofondo di un danese iperattivo era un mistero.
Erano circa quarantacinque minuti che Mathias perseverava nel suo tentativo di convincere il norvegese a staccarsi dai libri e a concedergli l’onore di un appuntamento, quarantacinque minuti in cui l’apatico diciannovenne l’aveva bellamente ignorato.
Stava praticamente diventando una gara a chi sarebbe resistito più a lungo. Si prospettava un lunga battaglia, a meno che a qualcuno non fosse venuta un’idea geniale.
Il maggiore ghignò, avvicinandosi lentamente allo studioso; gli sfilò velocemente il quaderno da sotto il naso, con il risultato di far lasciare al ragazzo una lunga riga di inchiostro che si allungava fin sul tavolo.
Lukas si bloccò.
- Ehi…vuoi vedere una bella cosa?
Il danese fece un sorriso che andava da un orecchio all’altro. – Certo! Cosa?

Emil alzò il volume del televisore, sbuffando sonoramente. Dalla cucina continuarono a provenire strani suoni soffocati.
- Ow! Oww! No! Mi dispiace! Waaa, no, non lì, ti prego!
“Oh, per l’amor del cielo!” Il sedicenne nascose la testa sotto i cuscini, cercando di ignorarli.
- Ehi, c’è un minorenne qui!
La porta si aprì, mostrando un Mathias tutto pesto e zoppicante; il giovane crollò sul divano accanto a lui, guaendo come un cane bastonato.
- Oww…non credevo che un semplice diario potesse procurare…tanto dolore…- gemette, mentre tentava di massaggiarsi la testa, con l’unica conseguenza di riuscire a sentire ancora più male. – Ah-ahiahi, le costole… Ma è sempre così?
Il ragazzino scrollò le spalle, ostentando indifferenza. – Solo se qualcuno lo infastidisce.
- Quando ha imparato il judo?
- Ha frequentato dei corsi per qualche anno- Emil spense la TV. – Meglio non interromperlo quando fa qualcosa.
Uno strano luccichio balenò negli occhi del più grande, che con un grande sorriso lo prese per le spalle, scuotendolo con forza. – Ma certo!
L’albino avvampò, mostrando una faccia che doveva sembrare seccata. – Ma certo cosa?
- Emil, mi devi fare un favore... Un favore super-importante!
- Eh? C-che favore?
Il minore lo fissò nervoso congiungere le mani davanti al viso. – Ti prego! Aiutami a conquistare tuo fratello!




Ivan Braginski era insolitamente sereno quel giorno.
Raivis l’aveva pure sentito fischiettare, prima, ai fornelli; aveva fatto i pirožki quella sera. Erano anni che non faceva dei pirožki.
In quel momento se ne stava rilassato sulla vecchia poltrona rossa, leggendo Il cavaliere di bronzo,  il volto calmo e angelico. Il ragazzino si chiese come facesse a leggere certe storie senza deprimersi.
Da circa cinque minuti lo osservava sfogliare le pagine, Madame Bovary abbandonato mollemente sulle sue ginocchia. 
Sembrava contento.
L’uomo sembrò accorgersi di essere fissato e alzò lo sguardo. – Tutto bene?- il più delle volte, Raivis non si sarebbe fidato della tranquillità che egli mostrava; eppure c’era qualcosa di diverso quel giorno.
Si limitò ad annuire nervosamente, colto sul fatto, per poi tornare ad abbassare gli occhi sul libro.
- Madame Bovary, eh?- il tono di Ivan sembrava divertito. – Sai, una volta, in sala professori, Bonnefoy ha chiesto al professor Vargas che opinione avesse di quel libro…
Il figlio tornò a guardarlo, sorpreso. – E lui cosa ha risposto?
- Che leggere di zoccole non serve a niente, con le prostitute ci si deve andare!
Raivis si bloccò a bocca aperta, mentre l’uomo rideva cristallino al ricordo. Rimase basito per un paio di secondi, prima di unirsi alla sua risata così aperta e inusuale.


















Angolino delle scuse
Mi dispiace, perdonatemi! Sono in ritardo ritardissimo! T^T
Le idee non mi mancano, è metterle giù il problema ç.ç sventura a te, blocco dello scrittore! *da leggere alla
Dott. Doofenshmirtz*
In ogni caso, spero che il capitolo vi sia piaciuto e che non abbia deluso le vostre aspettative^^
Ringrazio tutti coloro che hanno recensito e hanno messo la storia tra le preferite (di già o.O)/seguite/ricordate!
Non so quando aggiornerò, considerato che ora ci si mette anche la scuola T^T ma spero di non essere troppa lenta...dovete avere pazienza con me, mi dispiace davvero...
Norberto: e invece no, devono odiarti perché sei una brutta persona.
Zitta inutile coscienza! 
Hem hem, comunque, vi ringrazio per la lettura e vi saluto, moi moi! :3












 
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3239420