post apocalittico

di Zambeli
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Primo Sogno ***
Capitolo 2: *** L'uomo del porto ***



Capitolo 1
*** Il Primo Sogno ***


Il sole sorge presto d’estate e alla piccola Claire basta un minuscolo fascio di luce per aprire gli occhi ad una nuova giornata. “Dormito bene pulcina?” chiede Thomas alla figliola, spalancando con delicatezza i vecchi scuri che già da un po’ permettevano al sole di intrufolarsi nella cameretta. “Papi cosa fai?” risponde tanto indispettita quanto assonata la piccola, “non sono neanche le” un lungo sbadiglio chiude la frase come se la poveretta prenda tempo per capire effettivamente che ore siano. “Sono le sei, ma non” gli occhi di lei, sbarrati e in cerca di una spiegazione interrompono il padre che le si avvicina sorridente, si adagia sul materasso e le sfiora un ciocca di capelli che, per questa volta, aveva deciso di andarsene per conto suo, “vestiti dai devo farti vedere una cosa.” “Adesso?” ribatte sgranando gli occhi “e cosa, dove?” “Non te lo dico, perché è una sorpresa.” Sussurra lui alzandosi dal letto e mentre si avvia alla porta, trascina un lembo della coperta in fondo al lettino. “Papi!” esclama la piccola rabbrividendo. “Devi fare in fretta però, se no ce lo perdiamo.” risponde il padre senza voltarsi. “Papi!” esclama con una decisione strozzata Claire. Ora si volta preoccupato “vuole venire anche lei.” “Ma certo Pulcina, ma dille di prepararsi in fretta” replica dando un occhiata in giro per poi imboccare il corridoio che dà sulle scale. “Hai sentito papà? Devi sbrigarti, dai su non far finta di non sentirmi” sussurra a quella figura scolorita e indifferente accovacciata sulla seggiolina a dondolo, accanto alla finestra. Questa si volta e le porge con estrema lentezza un cenno di consenso. Poco dopo Claire sente scendere le scale e realizza che il padre la stava ascoltando. Allora scende dal letto che al minimo movimento scricchiolava. Questo faceva sempre ridere l’altra. “Che hai da ridere?” urla feroce la piccola. Questo la fa ridere ancora di più “smettila di ridere scema!” ancora più forte “basta!” infuriata prende a tirare pesanti calcioni al lettino che non smette di scricchiolare. Ancora il rumore di passi sulle scale. Entra il padre e con un balzo è sulla piccola. L’afferra, la stringe a se, la bacia con tanto calore da calmare la tensione. Un silenzio scende sulla stanza, angoscioso per lui e rassicurante per lei. I due per mano si avviano alla porta e il respiro di entrambi si regolarizza. D’un tratto il letto prende a cigolare, Claire si volta di scatto, sente scivolare qualcosa di polveroso sul suo viso e un urlo le si chiude nello stomaco. Spalancò gli occhi, in un attimo realizzò di essersi svegliata ma risentì quel rumore appena dietro di lei che ora si ritrovava sdraiata. La mano rapida corse alla pistola e con un colpo di reni, rimanendo atterra, ruotò il torace stendendo le braccia a fil di terreno per prendere la mira. “Era solo un gatto” pensò rilassando i muscoli dell’addome improvvisamente contratti. Si sedette e rinfoderò l’arma. “Ci credi Sneika, ho fatto un sogno” disse alla compagna. “Sogni? Credevo li avessero banditi” replicò sghignazzando la giovane figura che era già in piedi davanti a lei. Si guardava in giro scuotendo di qua e di là la treccia castana abilmente annodata, masticando qualcosa che probabilmente era erbaccia. Ruminava così di gusto quel boccone che ad una prima occhiata poteva sembrare appetitoso. Nel frattempo Claire si stiracchiava, raccogliendo con ogni singola frazione della sua pelle candida le prime luci dell’alba. Aveva vent’anni ormai e tutto era cambiato, tutto era marcito e non c’era spazio per i ricordi. “Raccogli le tue cose stronzetta, dobbiamo arrivare al lago prima di sera” disse Sneika così aspramente che il conseguente sputo dell’acerbo boccone apparve grazioso agli occhi dell’indifferente Claire che presa una cartina stradale stropicciata si incamminava sul promontorio antistante. “Dove diavolo vai?” ringhiò l’altra ancora. “Non stai zitta neanche la mattina?” rispose la giovane che ormai svettava su quella tozza collina sassosa. Davanti a lei poteva intravedere una minuscola fetta di lago racchiuso in un tetro golfo. Tra lei e l’acqua si frapponeva un paesello devastato e non meno di 15 km di cammino. Osservando il grigio scenario cercava di individuare altri spazi rialzati su i quali poter salire e tentare di mappare il territorio in modo più ampio. Nulla, però, tra quelle macerie sembrava dare l’impressione di reggere un solo grammo in più, nulla poteva più supportare un uomo senza crollargli addosso, tanto meno dargli rifugio. Non credeva di essere ancora così lontana e analizzando attentamente il percorso in parte sulla cartina, in parte su quella distesa desolata e minacciosa, calcolava il tempo del tragitto. “Cosa cavolo stiamo aspettando?” sbraitò impaziente Sneika dal basso. “Cosa hai un GPS al posto del cervello? Sto cercando una strada rapida!” “Sciocchezze, basta seguire la bussola!” “Certamente, come settimana scorsa! Ho chiuso con quello stupido arnese, deve essersi rotta! Dobbiamo perderci di nuovo per capirlo?” e liquidata la proposta dell’altra Claire scivolò di ritorno verso l’accampamento improvvisato. Si sedette accanto al giaciglio di fortuna e sfilò da una tasca laterale dello zaino, usato la notte come cuscino, un quadernino. Ad un occhio inesperto sarebbe potuto sembrare un semplice taccuino di media grandezza, utile per appunti, idee o promemoria. Non era così. Era di fattura pregiata, rilegato con una maestria millimetrica, rivestito da una custodia di noce abilmente decorata con un albero intagliato a cavallo della rilegatura cosicché sul davanti del libretto si potesse vedere metà albero rigoglioso mentre, voltando il tutto, l’altra metà ma spoglia e secca. Claire rimaneva sempre incantata anche solo per una attimo ogni volta che spalancandolo e rovesciandolo vedeva quella figura portatrice di opposte condizioni, intrecciarsi inevitabilmente al centro. Poi lo rigirava, quasi temesse quell’immagine e riapertolo diritto, ogni giorno, aggiornava il suo diario. Quel giorno in particolare si sentiva sconvolta, forse per il risveglio improvviso, e proprio non sapeva cosa scrivere. Osservò per qualche minuto la pagina bianca e si decise a sfilare la penna da una tasca adiacente alla precedente. 8 giugno 2024, 5:51 La temperatura è gradevole e il cielo sembra quieto. Lasciamo ora l’accampamento posto a circa 18 km in direzione est sud-est da quello di ieri. L’ideale sarebbe attraversare il villaggio indisturbati e trovare attrezzature o provviste, ma là a mio malgrado mi vedo costretta a sperare di incontrare un’anima buona perché la solitudine mi sta rendendo particolarmente nervosa e Sneika contribuisce ad accrescere l’agitazione. Le scorte d’acqua sono rassicuranti ma il cibo scarseggia. Purtroppo questa è l’ultima penna che mi è rimasta quindi cercherò di “Maledetta penna non mi mollare ora” esclamò incredula la ragazza e alitando sulla punta cercò di rinvigorirla con successo. essere più concisa possibile da qui in avanti. Rilesse frettolosamente ciò che aveva appena scritto e con una smorfia quasi compiaciuta richiuse il tutto riponendolo nello zaino. "Hai finito, sei pronta ora?" disse con una dolcezza finta Sneika. "Si, tra poco ci mettiamo in marcia." rispose ignorando di proposito l‘ironia della sgradita compagna. Così fu. Dopo neanche un minuto erano entrambe pronte ad affrontare anche questa giornata. Sneika con decisione scrocchiava ogni sua articolazione, si aggiustava i guanti sgualciti e si annodava una felpa nera alla vita. Claire controllata la sicura della pistola la riponeva nella fodera laterale saldamente fissata al busto, una rapida spolverata ai vestiti e, accomodati i biondi capelli dietro le orecchie, indossava gli occhiali scuri. "Andiamo Sneika" decretò senza guardarla "dobbiamo arrivare al lago entro mezzogiorno. Passeremo da quel paese." Senza esitare un minuto di più raccolse lo zaino e si incamminò. "E non chiedi il mio parere?!" domandò irritata l’altra. "No, non è necessario" ribatté indifferente Claire "più avanti magari se ce ne sarà bisogno." "Ah e così credi di" "Cammina e taci una buona volta" urlò Claire interrompendola. Sneika farfugliò ancora qualcosa di indistinto tra i denti e si mise in cammino. Di mattina presto una camminata è sempre gradita e piacevole, il profumo della notte passata lascia il posto ai fiochi raggi solari che con delicatezza illuminano pian piano le foglie, i tetti, le strade. Da tre anni a questa parte non c’era più nulla da illuminare, più nulla che ricordasse la serenità in quella regione desolata dell’Italia settentrionale. La rivolta portò con se delle idee sane e nuove ma l’entusiasmo divenne sete di potere e il potere portò la corruzione. Come prima della guerra civile i soldi tornarono a comandare e un unico gesto estremo di follia fu la causa della catastrofe. Nessuno sapeva con certezza chi fosse stato ma la sua storia è così straziante che quasi si possono comprendere le azioni che ha compiuto. Non scusarle. Questo personaggio nacque in una famiglia basso locata, un padre e un fratello gemello e viveva felice in un appartamentino nella periferia di Brescia. Il padre lavorava sodo tutto il giorno in una catena di montaggio in città, abbastanza per arrivare a fine giornata sfinito e a fine mese contento. Contento per aver coperto tutte le spese regolarmente e per aver sfamati i piccoli figli. Solo quando la crisi iniziò a divorare una ad una le aziende italiane, tutta la felicità, che pareva già molto fragile, si sgretolò e la famigliola fu colpita da un enorme sconforto. Uno ad uno parenti e amici le voltarono le spalle, non per cattiveria ma per necessità, tutti erano ridotti allo stremo. Ben presto il padre iniziò a rubare. Si intascava qualunque cosa potesse assomigliare al cibo e correva dai suoi piccoli. Proprio come un uccello strappa un verme da terra e svolazza rapido al nido, lui tornava dai suoi gemelli. Una sera tornò a casa ma questa volta ad attenderlo c'era un’ennesima brutta notizia. I bambini, con qualche sacchetto in mano e una coperta arrotolata in mezzo alle gambe, gli annunciarono che le minacce del padrone dell’appartamento si erano avverate. Approfittando dell’assenza del padre aveva definitivamente sfrattato la famiglia. Senza esternare la sua tristezza raccolse le coperte, unica loro proprietà, e ridiscese le scale seguito dai due, senza parlare. Creatosi un piccolo giaciglio, in un fossato più che confortevole a parer suo, ricoperto da una sporca tettoia di plastica, resistettero un paio di mesi. Poi uno dei due gemelli gli si addormentò in braccio. Per sempre. Distrutto dall’accaduto abbandonò ogni speranza. Agli occhi del figlio rimasto rimase silenzioso e immobile per due lunghi giorni. Egli però rimase freddo e impassibile all’accaduto e ingoiato l’amaro boccone non cedette. Da solo iniziò a procurarsi del cibo. Da solo riprese a vivere o per meglio dire a sopravvivere, ora dopo ora, giorno dopo giorno, crebbe come un nomade nei bassifondi della città in totale sfacelo e covò il suo dolore. Questo in breve divenne odio. Il suo pensiero mano a mano attirò folle di anime, incattivite dalla povertà assoluta o dalla ricchezza privilegiata. Con tanta facilità nacque la rivoluzione, con tanta violenza si riversò sulla società. La politica rimase apparentemente indifferente ma l’esercito arrivò e fu il caos. Anziché sedare la rivolta ne rafforzò l’ideologia. La gente ormai da tempo non dava più ascolto ai telegiornali. Altre sacche di giovani e vecchi, maschi e femmine, convinti di poter distruggere tutto per ricostruirlo meglio, nacquero rapidamente sparse per il nord Italia diramandosi minacciosamente verso Roma. La rivoluzione crebbe e sfuggì al controllo dei fomentatori che non seppero far altro che scomparire. Lui no, colui che può essere definito genitore di questi eventi, figli suoi e dell’odio, si diresse a Nord della Francia per allargare il suo operato. Quando ormai l’Italia intera era sporca del sangue di migliaia, quando nel giro di dieci anni la macchia di sangue dilagò anche in Francia e in Spagna, in Croazia, in Albania e in Grecia, la Nato intervenne pesantemente. Chilometro per Chilometro riportarono l’ordine ma in Francia, intervenne una forza imprevedibile e molto più pericolosa di ogni arma, la pazzia. Fu definito un attacco terroristico, ma fu uno squilibrato mentale, carico di droga, non quella che si compra da uno spacciatore qualunque, quella droga che uno stato marcito nella corruzione regala a dosi singole ma letali per la maggior parte delle volte, quella droga che si inietta direttamente nel cuore e sbriciola prima la mente poi l’anima, quella droga che solo quell’uomo era stato in grado di sopportare e trasformare in respiro di pazzia. Fu lui ha penetrare nella centrale nucleare di Gravelines e a sabotare disastrosamente due reattori. Morì il giorno stesso. Con se fino ad oggi ha portato milioni di vittime. La decontaminazione procedette troppo lenta e le radiazioni dilagarono inesorabilmente in quantità spropositate prima che il danno fosse riparato. Si svilupparono nell’aria europea nuove tossine virali associate alle scorie radioattive che decimarono le popolazioni impreparate a questo evento catastrofico. L’esercito Nato si sciolse per aggiornare l’equipaggiamento ma non fu più ricostituito. L’intera Europa fu lasciata morire. Claire, dal canto suo, non conosceva tutta la storia, ma sapeva perfettamente le condizioni dell'aria, dell'acqua e del cibo di fortuna che trovava lungo il suo cammino. Nello zaino conservava un contatore geiger in grado di analizzare la maggior parte dei materiali liquidi, solidi e gassosi rilevando in questi tracce di scorie radioattive. Qualche anno prima infatti questo tipo di attrezzature erano diventate comuni come un qualunque cellulare. Al contrario cellulari, GPS o qualunque altro apparecchio che sfruttasse i satelliti, erano diventati inutili in quanto le radiazioni interferivano nell' atmosfera nella maggior parte delle aree Europee. Claire, comunque, conservava un vecchio telefonino. (Non si sa mai) pensava (chissà che non riesca a mettermi in contatto con qualcuno in questa desolazione). Uscite dunque da quell'angolo apparentemente sicuro, si misero sulla strada che un tempo fu la statale che dalla città di Brescia portava al lago di Garda. Davanti a loro si presentò un spettacolo di tristezza degno dell’apocalisse. L'erba ingiallita dall' aridità del terreno spuntava senza vita dalle estese crepe nell'asfalto. Queste oltre all'erbaccia ospitavano creature malformate di piccolo taglio che, spaventate dai passi pur vigili delle due, si ritiravano all'esterno del battistrada. Tutto sembrava essersi evoluto o per meglio dire adattato a quelle condizioni, ma i bossoli e le cartucce che di tanto in tanto si intravedevano per terra, raggruppati nascosti da trincee improvvisate con guardrail o rottami di veicoli militari e civili, tradivano la naturalezza dell'ambiente. Spesso e volentieri Claire e Sneika rovistavano in queste zone nella speranza di arricchire l'inventario. Provviste e vestiario erano gli obbiettivi primari, ma da qualche tempo erano diventate necessarie anche armi, di qualsiasi tipo. Come di prassi dunque diedero un occhiata rapida in ogni punto dove evidentemente si poteva avere la fortuna di scovare qualcosa di utile. Claire si sporse su un piccolo fossato di scolo parallelo alla strada e intravide qualcosa di famigliare. Si spostò più in basso "Sneika!" chiamo quasi trionfante "vieni, rapida, ho trovato qualcosa!" "Ferma sciocca. Controlla l'acqua prima" decretò Sneika con spavalderia. Claire che non aveva dimenticato la prudenza, aveva già estratto il contatore e raccoglieva un campione dell'acqua che stagnava. Il display scoraggiò la giovane sul posto. "É contaminata vero?" sghignazzò l’altra. "Si e a livelli molto alti" rispose riponendo il contatore nello zaino e perdendo ogni speranza di aprire la cassa di ferro sottacqua. Sneika allora diede una rapida occhiata "E lì hai controllato?" chiese con un aria tanto indispettita quanto incredula indicando uno zaino. Claire rimase perplessa un secondo, giusto il tempo di chiedersi “come ho potuto non vederlo?” e constatata la mancanza di attenzione, si guardò attorno per trovare un ramo che le permettesse di raggiungere lo zaino. Questo infatti si trovava al di sopra di alcune lamiere incastrate in un grosso canale annesso al fossato. Esse erano posizionate ordinatamente in modo che lo zaino non toccasse l’ acqua, ma la presunta coincidenza non interessò la giovane che si era allontanata. “Sneika non vedi niente che mi aiuti ad arrivarci?” chiese non troppo speranzosa . “Perché non abbatti le lamiere invece di perder tempo a cercare?” rispose l’ altra avvicinandosi minacciosamente al canale. “No! Ferma! Rischiamo che finisca in acqua! A quel punto sarà irrecuperabile”. Esclamò, infatti l’ acqua che aveva analizzato era così tossica che il minimo contatto sarebbe potuto risultare letale. Sneika fece ancora un passo in direzione dello zaino e si fermò fissandolo. “Forse è meglio … non vedo l’ora di aprirlo”. Si voltò e ritornò su i suoi passi. Claire dunque riprese a cercare e scovato un sambuco piuttosto alto ne ricavò un rampino, spezzando con facilità un lungo ramo alla base. A questo punto una volta ridiscesa nel fossato, si avvicinò al canale e piantò i piedi a lato dell’acqua stagnante. Con precisione infilò il bastone nella fascia centrale in cima allo zaino e con cautela iniziò a trarlo verso di lei. Sneika che si era appostata dietro osservava a fiato sospeso. Nell’ alzare definitivamente il peso però il bastone scricchiolò pericolosamente e a entrambe si fermò il cuore. Claire appoggiò immediatamente lo zaino ma la manovra troppo decisa lo portò sull’ orlo della lamiera e in un attimo si sbilanciò verso l’ acqua. “Attenta!” esclamò Sneika e di risposta Claire pianto prontamente il bastone al centro dello zaino mantenendolo schiacciato sul bordo della lamiera. La pressione di quell’ ultimo colpo però crepò il bastone. “Come hai potuto prenderlo marcio!” urlò Sneika “ma sei scema?!” . “Così non aiuti, presto, vai a cercarne un altro!” rispose l’ altra. Sneika appena si voltò per arrampicarsi fu fermata dallo spezzarsi del ramo. Le due ragazze allarmate osservarono attonite lo zaino cadere ma rimasero sorprese. Lo zaino infatti era allacciato alla parete del canale con un filo metallico. Questo scongiurò il peggio ma destò sospetti alla coppia. Ora lo zaino penzolava a un metro dall’ acqua e poco meno da Claire che gettato l’ inutile bastone, afferrò una cinghia dell’ agognato bottino. Una volta tirato a se analizzò il filo: non era incastrato per caso , qualcuno lo aveva legato. Cercò di tirare con più forza ma senza sorpresa il filo non cedette. Provò a dare uno strattone e si rese conto che non fu una buona idea. Il filo metallico che strisciava sul bordo della lamiera si tese talmente su questa che la piegò privandola della stabilità necessaria a rimanere incastrate e la struttura iniziò a cedere. “Vieni via da lì!” urlò Sneika allarmata, ma Claire non mollò la presa e con uno sforzo violento strappo lo zaino alla stretta del filo. “Attenta!” la avvertì la compagna. Le lamiere le stavano per cedere addosso. Senza farsi prendere dal panico lanciò lo zaino in cima al fossato e scartando di lato per evitare le lamiere crollanti, risalì il bordo del fossato. Si sedette a terra col fiatone causato dalla scarica di adrenalina più che per lo sforzo e afferrò con un sospiro lo zaino che ora mai era una tracolla. “Vediamo per cosa hai rischiato la pelle” proferì Sneika avvicinandosi alla compagna seduta. A questo punto la ragazza con cautela aprì la lampo principale e ne estrasse una coperta e un paio di guanti da neve. Un po’ scontenta apri la lampo secondaria e infilando la mano poté sentire vari pezzi di metallo e non sapendo riconoscere il contenuto, rovesciò la sacca. Poteva distinguere un orologio digitale funzionante, una cartina turistica, un mazzo di chiavi e una matassa del fil di ferro appena incontrato. Claire rimase scocciata da il magro risultato quando riportando lo sguardo sul mucchio fu attirata da un caricatore di pistola che tra il caos non aveva notato. “E questo?” si chiese sottovoce “cavolo, un caricatore!”. Rinvigorita la speranza selezionò i pezzi metallici e si rese conto di avere tra le mani una pistola smontata. A quel punto Sneika si accovacciò e prese a ordinare i pezzi della presunta arma come per assemblarli. “Non sembra poi così complicata da montare” detto questo prese a trafficare con i vari componenti e dopo qualche minuto sembrava essere in condizioni di sparare[1]. “Fammi vedere” disse Claire. “Giù le mani! Non ti basta la tua?” ringhiò l’altra. “Come vuoi” rispose indifferente Claire e ripose il resto degli oggetti nel proprio zaino, tranne la cartina. La aprì e cerco di orientarla basandosi sulla posizione del lago. Poteva distinguere la spiaggia, la statale su cui si trovavano e qualche meta consigliata. “Questa cartina mostra alcuni punti in cui possiamo trovare qualcosa. Inizieremo dal porto, sei d’ accordo?” alzò la testa e vide l’altra che prendeva la mira borbottando qualcosa. “Ehi! Mi stai a sentire?” richiamata da quell’ urlo si voltò di scatto e punto l’arma appena trovata contro Claire bisbigliando “Pam! Presa!” e sghignazzando disse “con questa vado dove mi pare!”. “Cerca di non esaltarti troppo, spera solo di non doverla mai usare” decretò Claire portandosi la mano al fianco dove custodiva la sua arma. Tra se pensò “spero di non trovare brutte sorprese al porto”. Detto questo s’incamminarono in quella direzione. Claire rifletteva su quanto ci avrebbero messo guardando quella cartina e credette di impiegarci non meno di una mezz’ora se non avesse incontrato intoppi. Guardandosi in giro rifletteva sul pericolo che aveva appena corso, valeva la pena rischiare così per uno zaino? “Alla rotonda dobbiamo girare a sinistra”. Disse Claire osservando la cartina. “Sei sicura?”. “Non al cento per cento” replicò Claire “ma da quella parte c’è il lago” puntando il dito A Nord Est. “Come fai ad esserne certa?”. “Ti ho appena detto che non sono certa sul porto ma il lago l’ho visto dalla collina di stamattina”. Non appena Sneika apri la bocca per parlare Claire si mise in cammino concludendo “Ci atterremo alla cartina turistica fino al punto in cui riusciremo a distinguere chiaramente la strada per il porto, poi, qualora non sapessimo dove andare puntiamo il lago. Cercheremo lungo la costa”. Davanti a loro si distingueva un lungo rettilineo affiancato da piccole collinette artificiali usate probabilmente per lo smaltimento dei rifiuti in precedenza. Claire ritenne che sarebbe stato meglio passare a ridosso di queste piuttosto che esporsi sulla strada. Dall’alto infatti sarebbe stato più facile individuare oltre che al cibo anche potenziali minacce. Proseguirono dunque con passo celere mantenendo costantemente un occhio vigile. Dopo la crisi infatti la maggior parte del territorio era diventato pericoloso; tutto le strutture che non erano andate distrutte dalla guerriglia urbana erano diventate rifugi per coloro ai quali la devastazione non aveva corroso la coscienza o covi per coloro che ormai avevano abbracciato la violenza e la pazzia. Dalla paura nasce l’ odio e un cuore che odia non ha pietà per nessuno. Come anime senza dimora errano in cerca di nuovi divertimenti, di nuove cattiverie. Si accostano a chiunque incontrino come una malattia contagiosa e se non uccidono lasciano il segno. Claire aveva sentito parlare di queste bestie ma non vi era mai incappata prima, evitando sapientemente gli spazi più indiscreti. Pensare a questa tipologia di incontri creava in lei un senso di paura sinistro, come se pensandoci incentivasse questa disgrazia. Superarono un antico santuario in rovina e proseguirono sulla strada principale arrivando ad un ponte a dir poco barcollante. “Di qui non si passa, troppo pericoloso” decretò Claire “Che diavolo dici ci reggerà! Guarda” e testarda Sneika s’ incamminò sul ponte ma non arrivò neanche a metà che il ponte iniziò a scricchiolare certi rumori metallici. La giovane si fece più incerta ma prosegui e arrivò dall’ altra parte. “Che ti dicevo è sicuro”. “Non credo proprio sia una buona idea” replicò Claire perplessa. Rimase qualche secondo a fissare il ponte e si sporse col collo in avanti per capire sopra cosa passasse. “Guarda Sneika sembra che un tempo ci fosse dell’acqua qui sotto”. “E allora?”. “Basterà seguire la traccia del ruscello per arrivare alla spiaggia”. “Perché, ci siamo già perse?” replicò Sneika inviperita. “No, ma così siamo sicure di trovare la spiaggia!” detto questo Claire usci dalla strada scavalcando il guardrail e scivolò sull’ argine fino ad arrivare sotto il ponte. L’altra stranamente ne segui i passi e in poco più di dieci minuti trovarono l’acqua del lago che rientrava per qualche metro nel solco lasciato precedentemente dal fiumiciattolo. “Eccoci, prendi il contatore” ordinò Sneika. Quindi la ragazza estrasse lo strumento sorvolando il tono imperioso. “I livelli di tossicità sono minimi ma cerchiamo di evitare il contatto”. Riposto l’oggetto nello zaino estrasse una pinza e iniziò a creare un buco nella rete davanti a loro. Dalla spiaggia si poteva vedere un piccolo golfo che si aggrappava al resto del lago con due isole alle rispettive estremità. Inoltre potevano distinguere tre porti. Uno piuttosto grande dall’ altra parte della laguna, sormontato da una rocca, l’altro dalla parte opposta del primo dove si scorgevano delle barche mentre il terzo a poche centinaia di metri ma oramai se ne potevano ammirare soltanto i resti. Claire diede un occhiata alla cartina e osservò le montagne per orientarsi. “Direi che punteremo verso quello a Nord” puntando il dito verso il secondo porto “se ci sono delle barche non è escluso che ci siano delle persone”. “Puah, non ci tengo a socializzare e poi non sappiamo cosa aspettarci. Ti accompagnerò fino ad un chilometro e poi ti coprirò dalla retro vie” decretò Sneika sputando in acqua. “D’accordo”. Claire camminando estrasse la pistola e controllò il carrello poi fece scivolare fuori il caricatore e valutò quanti colpi vi fossero inseriti. “Ehi, dammi qualche colpo!” ringhiò Sneika che a sua volta aveva estratto la da poco trovata arma, “Non sappiamo neanche che proiettili usare ne se è in grado di sparare” disse l’altra smorzandone l’entusiasmo. “Giusto così quando ci saranno addosso io potrò impugnarla e pensare che non ne sarebbe valsa la pena di tentare di indovinare quale fosse il calibro adatto e sperare che fosse in grado di sparare, d'altronde se non si è sicuri è meglio morire che tentare di…”. “Stai un po’ zitta!” urlò Claire “Prendi questi dannati proiettili!” e le lanciò una busta piena di proiettili che aveva appena levato dalla tasca laterale dello zaino. Sneika ne prese un pugno da nove millimetri inizio a inserirli nel caricatore. “Ferma! Quanti cavolo ne prendi? Tienine sei e riponi gli altri!”. L’altra riluttante obbedì facendo cadere a terra la busta e trattenendone alcuni. “Ops, che sbadata” e prosegui ridendo. Mentre Claire rabbiosa raccoglieva il tutto in cagnesco disse: “Da me non ne riceverai uno di più”. Piccoli pontili cercavano invano di stagliarsi verso il largo, mozzati brutalmente dalla corrosione che imperversava nelle assi e nei tronchi, privi di manutenzione. Distanti trenta metri l’ uno dall’ altro, dividevano in sezioni la riva, formata quindi da corte spiaggette che un tempo si lasciavano ricoprire di momenti di tranquillità o divertimento. Ora solo un ingannevole silenzio è di compagnia ai sassolini cullati dalle onde. A debita distanza dall’ acqua le due si avvicinavano alle prime strutture del porto e come stabilito Sneika si distaccò da Claire. Portandosi più lontana dalla riva, nascosta da qualche albero aggrappato al pendio che le accompagnava da un po’, bisbigliò “fai attenzione, cercherò di non perderti di vista dall’ alto, Claire. Se le cose si complicano vedrò cosa riesco a fare” e con un cenno si divisero. Avanzando un centinaio di metri con passo felpato, si guardava intorno per individuare un riparo o un pericolo. Solo dopo essersi assicurata che la zona fosse sicura avrebbe portato la sua attenzione alle eventuali risorse. Si accucciò dietro un cespuglio cresciuto all’ interno dei resti di un bagno chimico e si mise a scrutare attentamente il porto. Era oramai a poche decine di metri da esso e sapeva di dover essere estremamente prudente. Le barche che in lontananza aveva visto, erano protette da un camminamento a forma di ferro di cavallo in cemento, ampio quanto bastava per una ventina di piccole imbarcazioni. Allacciato a questo da una piazzola della stessa fattura c’era un molo, largo quattro metri che, sorretto da solidi pali fortificati da sbarre di acciaio, si allungava nel lago per più di venti metri. Tutto questo era di cornice a quello che un tempo doveva essere un ristorante o un bar, sull’ insegna infatti si leggeva a fatica soltanto “del Porto”. Dalla parte opposta iniziava una strada che mostrava a stento i resti delle lastre che la ricoprivano. Erano in porfido e accompagnavano delle aiuole rotonde nelle quali si potevano riconoscere i tronchi secchi di vecchi pini marittimi. Intervallate a queste vi erano una o due panchine in pietra, scomode, ma ideali per ammirare il panorama lacustre. Proprio su una di queste, spuntava un mucchio di stracci accanto ad un bastone, del quale Claire non riusciva a scorgere l’ appoggio. Esso infatti rimaneva verticalmente dritto, accanto a questi stracci in un modo del tutto privo di fisica. Lasciò dunque il suo riparo per avvicinarsi ancora e, passo dopo passo, la curiosità aumentava. Improvvisamente un gruppo di uccelli prese il volo dall’ argine accanto, probabilmente spaventati dal passaggio incauto della compagna. La notò infatti poco dopo e portandosi l’indice davanti le labbra raccomandò “zitta”. Non emise un suono ma accentuò il labiale. Sneika rispose strizzandole l’ occhio e incurante dei pericoli, scomparve. Riportata l’attenzione sul bastone la giovane ebbe un sussulto. Sia il bastone che gli stracci non erano più sulla panchina. Sgranò sbalordita gli occhi cercando di scorgere tracce di movimento e si sporse per ampliare l’angolo visivo. Per quanto si sforzasse non riusciva più a notare anima viva. Si riportò a riparo e inspirò profondamente chiudendo gli occhi. Claire sapeva come prepararsi ad uno scontro. Si prese un attimo per visualizzare la zona circostante e imprimerla nella sua mente: il lago distava pochi metri alla sua destra e si infilava in quel braccio di cemento che avvolgeva le barche; tra lei e il bar si frapponevano una decina di alberi e due panchine di pietra; la panchina sulla quale aveva visto gli stracci giaceva, unica rimasta, nella piazzola che un tempo probabilmente ospitava i tavolini per i clienti. Espirò portando la mano alla fondina ed estraendo l’arma riaprì gli occhi. Scarrellò e si diede ancora qualche secondo per regolarizzare il respiro. Era pronta. Tanto veloce quanto silenziosa uscì dalla copertura e avanzò verso il bar. Riusciva a tenere sotto tiro la porta principale, ma la linea non era continua in quanto gli alberi la spezzavano. Questo era un vantaggio per lei, perché nel caso ci fossero stati imprevisti ne avrebbe tratto un riparo. Giunta senza problemi all’ ultimo albero prima della piazzola, si accostò a questo accovacciandosi. Con i fianchi coperti dall’ acqua e dal legno si sentiva piuttosto sicura. Rimase in quella posizione per qualche secondo, analizzando più da vicino la struttura. Ancora nulla, il silenzio era straziante. Si decise e proprio nel momento in cui si stava alzando ebbe la sensazione di essere osservata lei stessa e tornò giù. Con la coda dell’ occhio notò che accanto il bar vi era una carcassa di un pullman. Era stato nascosto fino ad allora dalla vegetazione e dalla concentrazione della ragazza esclusivamente diretta all’edificio. Si spostò dunque dall’ altro lato del tronco per dare un’ occhiata e con stupore vide Sneika che aspettava solo quello. Questa era salita sul veicolo e ora indicava a Claire che quel lato era libero portandosi indice e medio davanti agli occhi per poi alzare il pollice. Fatto ciò si appollaiò su un sedile assicurandole un’ ottima copertura. Per una attimo Claire rimase sorpresa, ma riprese la concentrazione. Forte della posizione della compagna, s’alzò in piedi e si diresse decisa verso il bar con la canna alzata e il dito sul grilletto. Rallentando solo davanti l’entrata, sentì nell’aria qualcosa di strano. Riusciva a distinguere un puzzo pesante tra l’odore della spazzatura ma non a dargli un nome. Si accostò alla porta con la spalla e il ginocchio sinistri. Con calma punto il piede desto e inizio a far pressione per aprirla senza fare rumore. Era una porta piuttosto pesante, la maniglia era stata tolta e per quanto spingesse non riusciva ad aprirla. Creava solo un piccolo scricchiolio con tutta la sua forza e quindi si tirò indietro di due passi e si preparò a caricare. Un altro respiro profondo e si scagliò sulla porta con tutta la sua forza ma un attimo prima che il suo corpo la colpisse, dall’angolo alla sua sinistra, oscurato dall’ombra del pullman, intravide una mano alzata che sbucava da una manica di stracci e una giovane voce maschile esclamò “No!”. Per quanto poté Claire attutì l’impatto sul ferro dell’ uscio voltandosi di 180 gradi per puntare la pistola verso il sospetto. La porta non si mosse e la mano neanche. “Vieni fuori, fatti vedere!” gridò la giovane verso la figura che con calma si portava alla luce. Ciò che comparve fu per la giovane immobilizzante, come se un serpente le si avvolgesse rapidamente attorno alla spina dorsale. Coperto di una tunica rozza e maleodorante, le si presentò davanti un uomo. Non poteva avere quella voce se avesse realmente avuto l’età che le sue mani e il bastone lasciavano credere. Esse infatti erano aride e scarne e sembravano avere il solo compito d’esser il trono delle unghie, crepate, che arpionavano quel solido bastone. Il volto non si lasciava illuminare dalla tenue luce alla quale il cappuccio non permetteva l’accesso. Claire non riusciva a muoversi. Attanagliata dallo sgomento, non sapeva se sparare. Immobile, non riusciva a levare lo sguardo su quelle mani; era come se fossero loro stesse a fissarla. [1] beretta 92fs

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Capitolo 2
*** L'uomo del porto ***


“Perdonami, non volevo spaventarti” disse quella figura con un filo di voce “ma non posso permettere che tu apra quella porta” continuò avvicinandosi. “Non ti muovere! Fermo!” rispose Claire con le labbra che le tremavano. Se ne rese conto e chiuse le porte all’emozioni. Vedendo che l’uomo si era fermato, riprese la concentrazione “non fare un passo di più”. “Non volevo, davvero, perdonami, l’ho fatto per il gas, dentro, pieno, è mortale” mugugnò portandosi il bastone davanti al corpo e abbassando ancora di più la testa, quasi per nascondersi. “Gas? Quale gas? Cosa vai blaterando vecchio?” rispose insospettita. “Dentro, sono cresciuti dei funghi che secretano una sostanza tossica” spiegò in tono quasi soddisfatto “e non sono vecchio” concluse indignato. Si voltò e si andò a sedere con molta calma su una pietra vicina. Camminava tastando con dei colpi esperti il terreno col bastone. “Sei ceco?” domandò insospettita Claire che non gli levava il mirino di dosso. “Bisognerebbe esserlo per non capirlo, mia giovane” disse rilassandosi. Claire allora si avvicinò, abbassando l’arma. Accucciatasi ad un paio di metri cercava di vederlo in volto, tuttavia il cappuccio ben abbassato non tralasciava spazio se non per la barba, corta ma folta, e la bocca, le quali comunque erano avvolti dall’ombra. La ragazza allora inclinò la testa verso il basso cercando di intravedere qualche dettaglio del volto, dal momento che era immobile. Si avvicinò di un passo. Il cappuccio all’improvviso scivolò dietro la nuca spinto dall’inerzia data dal collo dell’ uomo che ora fissava un punto di fronte a lui. Claire balzo di lato ma ciò che vide la sorprese. Era solo un ragazzo, forse aveva poco più della sua età. I lineamenti morbidi e gli occhi castani chiari, contrastavano fortemente con la barba e gli stracci, i capelli malamente conciati, invece, vi si confondevano. Lei, senza parole, lo fissava incredula, la pelle del volto non aveva niente a che fare con le mani. “Come ti chiami? chiese il ragazzo con gli occhi sbarrati difronte a se. Non vi fù risposta per un attimo la giovane aveva pensato che stesse parlando con qualcun altro dal momento che lei si trovava alla sua destra. “Non vuoi dirmelo?” insiste il giovane ruotando la testa verso Claire. “Claire” rispose riprendendosi e schiarendo la voce. “È un piacere Claire”. Il ragazzo rispose con un evidente falso disinteresse. “E t…” “Feith” rispose lui senza permettere alla giovane di concludere la frase. “Che fai da queste parti? È una vita che non vedo persone”. Un momento di silenzio si frappose tra i due. Lei lo osservava distratta e lui si voltò con una smorfia ironica. Il silenzio prosegui ancora qualche istante. “Claire, è una vita che non vedo persone, che non vedo, non l’hai capita?” “Io… non ho incontrato molti cechi a cui piacesse ironizzare sul difetto” rispose Claire prendendo confidenza. “Difetto! E quanti ne hai incontrati che chiamavano la cecità difetto? Chiamami pure handicappato a questo punto!”. Replicò il ragazzo indispettito. “Ti chiedo scusa non volevo offenderti”. Abbassando lo sguardo. “Ahahah… Sto solo scherzando, prendi tutto sul serio?”. Claire era allibita. Non riusciva a capacitarsi del fatto in quella desolazione ci fosse un ceco autoironico con un pessimo senso dell’umorismo. Distolse lo sguardo da terra lo rivolse al pullman distrutto. Sneika non dava nell’occhio o si era semplicemente spostata. Gettò lo sguardo altrove ma non riusciva a scorgerla. “Allora, ehi, ragazza, oh… non dirmi che sei sorda?” Claire si accorse che Feith la stava incalzando con varie domande. “C-Cosa?” disse lei impacciatamente. “Come cosa? Raccontami un po’, sei sola? Non è prudente aggirarsi senza compagni di questi tempi” dichiarò lui incrociando le gambe sul masso. (Disse il ceco eremita) pensò lei. “Si, viaggio in solitudine da quando ho imparato a sparare”. Claire nel frattempo rinfoderò l’arma inserendo la sicura. Non si fidava di Feith ma era pur sempre un ceco. “Ah… mi fa piacere che abbia messo via quel ferro, significa che mi sottovaluti. Non dovresti, potrei atterrarti in dieci secondi”. Claire si mise in allerta e portò la mano sotto il braccio verso la fondina. “Mi stai prendendo in giro di nuovo?” “Nient’affatto, è risaputo che i cechi sono campioni di arti marziali… pffhh ahahahaahah” il ragazzo scoppio in una grassa risata che suonava di strilli acuti e sgraziati, tanto sincera che anche Claire si fece scappare un sospiro di tranquillità. Il silenzio tornò a regnare. “Direi che non sei di molte chiacchere, ti va di aiutarmi a preparare la cena?”. Ancora una volta fu Feith a rompere il silenzio. Claire si prese un attimo per riflettere sia sul fatto che non si ricordava il sapore del cibo, sia se fosse una battuta. Si diede uno sguardo intorno e rispose: “Non saprei, di solito cerco delle provviste belliche o simili schifezze” “Non sia mai!” esplose lui “seguimi, ho piazzato delle trappole”. La giovane non credeva alle sue orecchie. In un attimo i due s’alzarono all’unisono e il ceco face strada. “Vuoi farmi credere che riesci a cacciare?” riprese Claire mentre attraversavano un cancelletto dietro il pullman che dava su un giardino secco di un abitazione distrutta. “Cacciare?” ripeté Feith, “ma cosa hai fumato? Mi ci vedi con un arco in mano, attente bestie arriva il Robin Hood ceco!”. Claire sbuffò divertita “Improbabile in effetti”. Si portarono con passo deciso dietro le rovine e il ragazzo col bastone scostò una lamiera e tastò con lo stesso strumento il terreno. “Aspetta un attimo” disse il giovane alzando rapidamente il bastone “sei sempre alle mie spalle?” “Certo” rispose lei”. “Perfetto” concluse riiniziando a tastare il terreno. Dopo pochi colpi realizzo che non c’ era niente e fece per andarsene. Claire seguendolo chiese: “Cosa pensi di..” disattenta la giovane pestò una bava da pesca appena visibile e una freccia si scagliò in mezzo ai piedi sfiorandole il tallone destro. “Che cazzo di storia è questa!” Esclamò infuriata Claire tornando sui suoi passi. “Che è successo ragazza, chi, ma dove sei?” replicò preoccupato Feith “diavolo l'hai fatta scattare! Ti avevo raccomandato di stare alle mie spalle”. “Ma... Non è vero! Cazzo poteva trapassarmi il polpaccio!” urlò Claire osservando il dardo conficcato per metà in un legno marcio. “Mi dispiace. Ero convinto fossi ancora dietro di me” si scusò il ragazzo “meno male che non ho centrato bene la mira, ah ah!” concluse avviandosi verso un piccolo pendio. Ehi! Dove credi di andare ?” Esclamò Claire. “Dai su, non farne una tragedia”. “Eh.. certo, e la trappola non la sistemi?” riprese Claire poco convinta di riprendere il passo “chissà che non riesca a infilzare qualcuno”. continua alzando la voce Claire. Si fermò un attimo rendendosi conto che il ragazzo non si vedeva più “Hey! Dove sei finito?” La giovane si rese conto in un attimo di essere in un posto che non conosceva, potenzialmente circondato da trappole “Dove cazzo sei andato? Urlò allarmata estraendo la pistola. “Di qua!” Feith si fece finalmente sentire “sono qua sopra!”. Era appollaiato su un tronco secco in cima ad un pendio. “Ci sono altre trappole qua in giro?” Chiese la giovane impaziente. “Non c'è niente sali pure”. Claire si era innervosita. Aveva imparato a percepire il pericolo. Tolse la sicura e sollevò la pistola verso Feith che sentendo il cane abbassarsi inpallidi. “Che hai intenzione di fare con quella arnese Claire?” Riuscì a dire con voce tremante. “Ok, ora porti il culo qua. Io non attraverso questo campo minato”. Era concentrata. Una mossa falsa e avrebbe sparato. “Che intendi? Aspetta, scendo non ti muovere”. “Non credo proprio, vieni avanti da dove ti posso vedere”. Era sempre meno convinta “vieni giù di lì”. “Aspetta, ricordo che c'è un pendio tra noi, dovresti vederlo, io non lo vedo, come faccio a scendere da lì? Rischio di farmi male” “È un rischio che correrai, non avevi problemi prima a farmi passeggiare tra le tue trappole.” La tensione era in costante aumento, stava per succedere qualcosa, Claire ne era convinta. “Non intendo metterti in pericolo”. L'angoscia era palpabile nella voce del ragazzo “dimmi, ci sono dei massi o qualcosa di pericoloso sul pendio? Guidami verso di te e ti dimostrerò che non c'è niente di cui preoccuparsi”. La ragazza distolse per un attimo lo sguardo per analizzare il terreno che li divideva. Una volta constatato che non vi erano ostacoli se non un forte pendio disse: “Tra me e te ci sono più o meno venti metri, l'unico problema è una discesa abbastanza ripida di fronte a te, poi solo erbaccia. Feith iniziò a tastare davanti a sé col bastone e mosse i primi passi. “Ecco ci sei, ora il pendio”. Accorciò man mano che avanzava i passi e portatosi di lato strisciava sulle suole dei vecchi stivali. Iniziò a fare dei piccoli saltelli per scendere ma il terreno era friabile. “Attento c'è della terra lì!” Esclamò Claire. “Dove? Oh... Oh...” Presto l'appoggio gli mancò e rotolò giù dal pendio abbastanza rovinosamente da calmare un po’ la giovane. “Sarai contenta di aver visto un cieco che fa capriole" sussurrò Feith scuotendosi la terra di dosso. “Poche chiacchiere, quando sarai davanti a me chiederò scusa”. Non fece a tempo a finire la frase che l’altro già si metteva in marcia. In pochi secondi appoggiò la fronte sulla bocca dell'arma. “Allora Terminator soddisfatta?” disse Il ragazzo non troppo seriamente. “Direi che ora penserai due volte prima di lasciarmi indietro” rispose Claire rinfoderando “non mi avevi lasciato molta scelta” continuò con lo stesso tono. “Andiamo dai, vedi di stare alle mie spalle stavolta. Non distrarti, chiamami se rimani indietro. Non voglio rifare la giostra di poco fa” disse Feith con voce più sicura ma pur sempre amichevole. Proseguirono oltre il pendio dove l'erbaccia lasciava il posto ad un sottobosco poco tranquillo. Il terreno infatti era colmo di rami secchi, persi dalla vegetazione per la maggioranza morta. Quelli ancora aggrappati ai resti dei tronchi, sbatteccavano tra loro alla minima ma costante brezza proveninte dal lago. Claire poteva distiguere con chiarezza tutte le piccole bestiole che affollavano quel cimitero di alberi e non smetteva di guardarsi attorno frustando la treccia a destra e a sinistra compulsivamente, come se ogni animale fosse in aguato. Ci vollero due minuti di cammino per raggiungere la seconda trappola, giusto il tempo che servì alla ragazza per abiauarsi a quel concerto confuso. "Deve essere qui" decretò sicuro il giovane seguendo un ramo con la mano. Claire si era dimenticata delle sue mani. Vedendole strisciare sulla corteccia dell albero non pote non distogliere lo sguardo. "Sono certo di averla lasciata ai piedi di questo albero" si accucciò e riprese "non è possibile che mi sia sbagliato". "Posso aiutarti, se mi dici cosa cercare" disse Claire sentendosi inutile. "Ma certo che scemo, sono cosi abituato a farlo da solo che mi sono dimenticato di te! Ah Ah Ah" la solita risata singhiozzante "certo, certo, guarda se vedi una gabbia mimetizzata, è di ferro credo, ha la chiusura a scatto, è una..." "Trappola per gatti". Dietro a Feith sporgeva un reticolato di ferro arrugginito che si insinuava nei resti di un boschetto ancora verde. La giovane temeva un po' per quello che averbbe trovato. "L'hai vista, eh? Claire?" chiese insistentemente il ragazzo. Claire era già difronte la gabbia e ne fissava l'interno. Era piuttosto scura ma poteva distinguere la sagoma di un felino. Gli occhi freddi riflettevano gli ultimi bagliori della giornata, immobili, sul fondo della trappola. Ricordava di avere un gatto tutto suo a casa, poteva sentire il manto peloso che tanto amava, sfiorarle ancora una volta i piedi e la coda solleticarle la pelle sensibile dietro al ginocchio. Ora però tutto era cambiato, tutto crollava a pezzi e come ogni essere anche quel gatto selvatico tanto spelacchiato quanto aggressivo, aveva commesso troppo presto l'ultimo fatale passo falso. "Claire" la voce tagliente ma calda di Feith destò la giovane dal riflettere "l'hai trovata?" "Si, e sembra che stavolta abbia funzionato" rispose Claire cupa. "Perfetto allora tiralo fuori, attenta però potrebbe graffiare" "Farò attenzione. Come si apre questa cosa?" chiese iniziando ad armeggiare con la trappola. "Riesci a vedere le molle? Da quelle dovresti capire la direzione in cui va la chiusura a scatto, ti basterà tirare" spiegò con aria colta il ragazzo. La giovane iniziò dunque ad analizzare meglio gli ingranaggi e preso il lato basso tirò decisa. Fece poca resistenza, con tutta probabilità se il gatto l’avesse spinta sarebbe sicuramente riuscito a sfondarla. Impaurito, aveva preferito non tornare sui suoi passi e rimanere sulla difensiva. Claire si mise quindi a gattoni difronte l’entrata e distese completamente la schiena. Si prese ancora un attimo per osservare il gatto che dal fondo ricambiava impassibile e rassegnato. La ragazza dentro fino alle spalle tese la mano. Quando fu a non più di un palmo il gatto sollevò la testa soffiando. Claire si aspettava una reazione simile e non si scoraggiò; allargò le gambe per puntarsi meglio con le ginocchia, con la mano sinistra rimasta indietro si aggrappò al lato della gabbia e, una volta raccolte le forze, slanciò in avanti il braccio destro per afferrare la testa del gatto. Questo non si mosse, si limitò a tirare dalla parte opposta senza efficacia e fu facilmente trascinato verso l’esterno. “Allora, come procede?” chiese l’ altro in attesa. “Quasi fatto, mi chiedo solo come ci riesca da so.. Merda!” la giovane non riuscì a terminare la frase. Sull’orlo della gabbia infatti il gatto diede uno strattone più violento menando una zampata verso la faccia della ragazza che per evitare di essere colpita aveva mollato la presa lasciando che il gatto tornasse sul fondo della gabbia. “Oh! Ti è scappato?” domandò ancora Feith. “No! È ancora sul fondo il bastardo!” Claire si sollevò sulle ginocchia infuriata sbattendo la gabbia e la bestiola soffiò combattiva. “A davvero maledetta?!” rimanendo a terra si allungò sulla destra e prese un ramo, lo spezzò ottenendo una punta. “Che fai Claire? Che succede?” la giovane non sentiva più l’altro che chiedeva continue spiegazioni. S’alzò in piedi, spostò le frasche che coprivano la gabbia e inserì il bastone giusto sopra il gatto che ringhiava sempre più aspramente ad ogni movimento della ragazza. Prese la mira e spinse il bastone con vigore colpendolo al cranio, la punta graffiò la nuca dell’ animale conficcandosi dietro al collo. Per l’inerzia del colpo il bastone si spezzo all’ incrocio coi ferri e Claire la quale vi appoggiava tutto il suo peso perse l’ equilibrio scivolando dall’altro lato del cespuglio. Rotolò sulla spalla e sbatté rovinosamente la schiena sui rami secchi. Per un attimo il creparsi del legno le sembrò il suo bacino ma riflettendoci non era caduta poi così malamente. Giacque per qualche secondo cercando di stabilizzare il battito cardiaco. Scavando con gli occhi tra la vegetazione morta cercava di scorgere quanto più cielo possibile. (Cosa mi è preso, di nuovo, è da mesi che non…). “Oh!” la scosse Feith “Ti ha uccisa? Ahahah!” disse con un sorriso oscillandole la preda fiocinata sopra la testa. Claire chiusegli occhi e si tirò in piedi. Controllò l’ arma e si diede una stretta alla coda. “Si sta facendo buio, è meglio tornare all’ accampamento” decretò Claire “Hai ragione, ormai non ci vedo quasi più! … Pff ah ah ah!”. Claire non rise e i due tornarono di buon passo al porto. Durante il cammino raccolsero della legna per il fuoco e della menta selvatica. Il ragazzo sosteneva che era l’ideale per lavarsi le mani. Arrivati nei pressi del primo incontro Claire vide il pullman e come un fulmine gli balzò alla mente che Sneika aveva preferito non farsi vedere. Doveva assolutamente rintracciarla e capire cosa avesse intenzione di fare. Si diede un occhiata intorno e prosegui in direzione del porto. “Posso farlo all’ inizio del molo il fuoco?” domando al ragazzo che custodiva il gatto gelosamente. “Fallo pure dove ti pare io prendo gli attrezzi da cucina” rispose sparendo dietro l’ edificio che doveva essere il bar. Claire cercò di seguirlo con gli occhi “Ehi!” esclamo poco convinta, si sollevò sulle punte per poi ricadere di scatto rassegnata. Decise di dargli un briciolo di fiducia e si mise a preparare il fuoco. Questa ormai era diventato una cerimonia abituale, un rito al quale, almeno una volta al giorno la giovane si dedicava. Accatastò la legna raccolta ai piedi del muretto che costeggiava il molo, ordinatamente, i rami più sottili separati da quelli pesanti che avrebbero alimentato il fuoco per la notte. Prese lo zaino e da una piccola tasca laterale ne estrasse un acciarino. Lo guardò e cerco di valutare il consumo di pietra focaia. Pensando a quanto l’ aveva usurata le venne in mente che non si ricordava da quanto lo avesse. A parer suo è sempre stato nello zaino (che sia stata Sneika a mettercelo dentro, non ricordo). Diede un occhiata in giro cercando un esca sulla quale scaricare le scaglie incandescenti. Proprio dietro di lei sputava un piccolo canneto, piuttosto comune in quelle zone. Estrasse un coltello da cucina che teneva infilato sopra la pistola, tra la fibbia della fodera. Non era proprio un coltello da combattimento ma lo teneva sempre ben affilato. Si espose per mezzo metro dal cemento e afferrò qualche ciuffo dal gruppo di canne più vicino alla spiaggia. Senza estirparle ne taglio una manciata, dal momento che erano molto sottili. Tornata vicina alla legna le sminuzzò ulteriormente, prese qualche legno piccolo dalla catasta e creò un intreccio per il fuoco posizionando i rami, in modo tale che l’ esca accesa avesse potuto agire al meglio. Fatto ciò mise il preparato sminuzzato a terra, vi appoggio l’acciarino e prese a limarlo col coltello, con colpi lenti e decisi. Dopo pochi secondi le scintille a più di duemila gradi incendiarono la pagliuzza e Claire poté spostarla sotto i legni leggermente più spessi, alimentando la tenue fiammella soffiandoci sopra delicatamente. Finito il fumo dell’ esca gli occhi verdi della ragazza s’ infiammarono di gioia perché anche questa notte sarebbe stata cullata dallo scoppiettare del fuoco

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