Somebody to love (Miss Puck)

di ___Page
(/viewuser.php?uid=663813)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Festa di fine estate ***
Capitolo 2: *** Primo giorno ***
Capitolo 3: *** Come fratelli ***
Capitolo 4: *** Eccitante serata ***
Capitolo 5: *** Ballo dell'oltretomba ***
Capitolo 6: *** Fuori di testa ***
Capitolo 7: *** Gioco di squadra ***
Capitolo 8: *** Di falchi e serpenti ***
Capitolo 9: *** You're home ***
Capitolo 10: *** Tutto secondo i piani...? ***
Capitolo 11: *** Appuntamenti importanti ***
Capitolo 12: *** A fuego lento ***
Capitolo 13: *** Andrà tutto bene ***
Capitolo 14: *** Serata tra amici ***
Capitolo 15: *** Rivelazioni, chiarimenti e segreti ***
Capitolo 16: *** Perdendo il controllo ***
Capitolo 17: *** La mamma è sempre la mamma ***
Capitolo 18: *** Parla con lei ***
Capitolo 19: *** SMS ***
Capitolo 20: *** Solo noi due ***
Capitolo 21: *** Amici miei ***
Capitolo 22: *** Somebody to love ***
Capitolo 23: *** Fuochi d'artificio ***
Capitolo 24: *** La Lista ***
Capitolo 25: *** Lady in black ***
Capitolo 26: *** Squadra Speciale Falcon ***
Capitolo 27: *** My Ghost ***
Capitolo 28: *** Vai con le Hawaii! ***
Capitolo 29: *** So chi sei ***
Capitolo 30: *** Per niente al mondo ***



Capitolo 1
*** Festa di fine estate ***


-Ehi passa quegli onigiri!- sibilò il biondo per non rischiare di alzare troppo la voce, beccandosi un’occhiata truce dalla rosa.
-Sabo dammi un attimo! Stai tranquillo che ce n’è per tutti!- ribatté subito Perona, scocciata dalla fame insaziabile del cugino.
Avevano deciso di improvvisare quella festa privata e segreta nella taverna della casa al mare all’ultimo minuto, rubando due bottiglie di saké e qualche resto dal frigo. Nessuno di loro aveva voglia di dormire quella sera, la penultima prima di tornare a casa. La scuola sarebbe iniziata in tre giorni, la sera successiva avrebbero avuto la grigliata con tutti i parenti e i ragazzi avevano voglia di stare un po’ tra loro, a chiacchierare, raccontarsi storie dell’orrore o prendere in giro professori e compagni.
Soprattutto Perona, Sugar e Koala ci avevano tenuto, perché quello che sarebbe a breve iniziato sarebbe stato l’ultimo anno per Ace, Sabo e Kobi e l’estate successiva i tre ragazzi volevano organizzare qualcosa di veramente epico a cui loro non sapevano se avrebbero potuto partecipare. Quindi, in poche parole, quella rischiava di essere l’ultima estate trascorsa tutti insieme alla casa al mare dei Donquijote, dove da cinque anni a quella parte Ace, Kobi e Koala venivano puntualmente invitati da metà Giugno a fine Agosto.
-Ne sei proprio sicura?!- domandò Sabo, alzando un sopracciglio e incrociando le braccia al petto.
Un rumore cavernoso e alquanto inquietante fece voltare di scatto la minore dei Mihawk, che si ritrovò ad osservare con gli occhi sgranati, tra l’indignato e il disgustato, il proprio migliore amico che si stava infilando in bocca ben quattro polpette di riso.
Sbatté le palpebre interdetta qualche secondo, prima di riscuotersi e spostare bruscamente il vassoio fuori dalla sua portata, proprio mentre Ace si apprestava ad aggredire il quinto onigiri.
-Ace dannazione!!!-
Il moro la guardò stranito, senza chiaramente capire dove fosse il problema.
-Ch’ scé?- mugugnò sputacchiando in giro un po’ di chicchi.
-Punto numero uno, fai schifo! Punto numero due, dovevamo dividerli!- lo rimproverò, faticando a tenere bassa la voce, mentre tre braccia si allungavano rapide ad arraffare le poche polpette rimaste.
Ace deglutì tutto quanto sonoramente, un numero degno di un prestigiatore o di Rufy, sorridendo poi radioso alla propria migliore amica.
-Ma se ce n’è ancora una, Voodoo!- le fece notare, sereno e incoraggiante.
Perona aggrottò le sopracciglia, colpita da quell’affermazione.
Come una?!
Abbassò gli occhi sul vassoio che teneva ancora tra le mani, mettendo a fuoco un solitario onigiri, prima di scandagliare il resto dei suoi amici e trovarli intenti a sbocconcellare una polpetta a testa, tutti tranne Sabo che era rimasto ancora a mani vuote.
Si girò verso il cugino, in attesa, e gli sorrise appena, quasi a volersi scusare di qualcosa, facendogli sgranare gli occhi incredulo.
-Perona non…- cominciò con urgenza, ammutolendo nel vedere la rosa afferrare l’ultimo onigiri e morsicarne metà senza esitare.
La rosa allungò la mano verso un sacchetto verde posato al centro del cerchio che avevano formato coi loro corpi, continuando a masticare e senza staccare gli occhi da uno sconvolto Sabo, che non si capacitava di essere l’unico rimasto senza polpette.
-Salatino?!- propose, agitando il sacchettino sotto il suo naso e guadagnandosi un’occhiata inceneritrice.
Con un gesto secco, Sabo si impossessò della confezione di salatini, prendendo a mangiarli a generose manciate, mentre Koala versava il saké nei bicchieri, passandoli agli amici.
-Allora a cosa brindiamo?!- domandò Kobi, passando un bicchiere a Perona.
-Alla tua elezione a presidente del Consiglio Studentesco?!- propose Sugar, dandogli una leggera spallata e assumendo un’espressione maliziosamente divertita nel vederlo arrossire appena.
-Mica si può brindare a una cosa che non è ancora successa!- le fece notare, portando una mano alla nuca.
-Come se ci fossero dubbi! Sei stato il vice per due anni è ovvio che a questo giro tocca a te!- gli disse Koala con un guizzo negli occhi indaco -E quando succederà io ti intervisterò per il giornalino della scuola!- affermò con orgoglio.
-Intervistato dal neo eletto caporedattore in persona!- la prese in giro Sabo, facendola sorridere soave e omicida.  
-Caporedattore che sa un sacco di cose imbarazzanti sul capitano della squadra di softball- gli fece notare con sguardo eloquente.
Sabo si chinò verso Kobi, senza staccare gli occhi da Koala, sorridendo divertito.
-Presidente credo mi abbia appena minacciato- mormorò in un sussurro volutamente udibile.
-Lo penso anche io ma sa un sacco di cose compromettenti anche su di me- ribatté Kobi imitando il suo tono, facendo scoppiare a ridere le ragazze.
-No ma, a proposito di presidente, questa cosa me la devi spiegare Kobi!- intervenne Ace, attirando l’attenzione dell’amico e compagno di classe -Perché non si può correre nei corridoi?! Insomma lo dice la parola stessa che sono fatti apposta per quello! Corri-doi!- sillabò, dividendo la parola e facendo voltare Perona verso di sé, con un’espressione indecifrabile -Che c’è Voodoo?!- le domandò subito, con voce e sguardo pieni di affetto.
-Sei irrecuperabile- gli disse, rassegnata mentre Sugar si decideva a riprendere in mano la situazione, come sempre, sollevando il bicchiere.
-Allora questo brindisi?!- domandò, riuscendo ad attirare l’attenzione di tutti.
-All’ultimo anno!- propose Kobi, guardando i suoi due più cari amici.
-All’estate insieme!- buttò lì Koala.
-Alla faccia di Kidd e Killer e della loro vacanza in barca a vela!- s’intromise Ace, beccandosi un’occhiata scettica dal biondo.
-Ma smettila che li invidi da morire!-
-Beh se fossero andati da soli forse! Ma con Nojiko e Bonney non so! E poi vuoi mettere l’estate al mare con i nostri splendori qui!-
-A noi!- concluse Perona allungandosi ancora per far cozzare il proprio bicchiere con gli altri cinque, prima di appoggiarlo a terra e bere il saké in una sola sorsata, imitata dagli altri.
-Kami che schifo!- esclamò Sabo, mentre tutti si producevano in smorfie e mugugni.
-Questo saké è indecente!- affermò Sugar, ridendo però divertita insieme agli altri, perché non era tanto la qualità del saké che contava quella sera.
Perona li osservò per un attimo, sentendo il cuore riempirsi, felice di fare parte di quello strambo gruppo. Li adorava, ognuno di loro, con i loro difetti e i loro pregi. Non avrebbe potuto desiderare compagnia più bella, lei che al suo primo giorno di elementari aveva temuto di rimanere sola.
-Ehi ma voi tre non pensate di diventare niente prima che finisca il liceo?!- domandò Koala, rivolgendosi a lei, Sugar e Ace.
Il moro portò le mani dietro le nuca, intrecciando le dita, con aria strafottente.
-Ora che Kidd ha finito, io ho intenzione di battere il suo record di ore di punizione, dici che può bastare?!- le domandò facendole scuotere la testa e sbuffare un divertito “deficiente”.
-E poi non è vero che Sugar non fa niente! Sai quanto può essere faticoso essere la regina della scuola?!- s’intromise Sabo, schernendo la cugina e quel titolo che vinceva sempre lei sin dal primo anno.
La verdina sospirò, allungandosi per rubare un chicco d’uva.
-Se solo la smettessero di candidarmi anche quando io chiedo espressamente di non farlo- si lamentò mentre gli altri continuavano a sghignazzare.
-E tu Perona?!- le chiese Kobi, sporgendosi verso di lei.
-Io?!- domandò, sgranando gli occhioni neri, prima di scrollare le spalle -Oh beh io ci penserò quest’anno! Magari trovo qualcosa di motivante!- disse, con un sorriso che era tutto un programma, girandosi verso le amiche che sapevano bene di cosa stesse parlando.
Senza che nessuno lo sapesse, Perona era già diventata qualcosa alla Raftel High School. Da mesi ormai il suo blog andava alla grande e sempre più studenti chiedevano aiuto alla misteriosa quanto famosa Miss Puck, senza restare quasi mai delusi nelle proprie attese.
Non lo aveva confessato a nessuno, tranne che a Sugar e a Koala che si erano mostrate scettiche almeno finché non l’avevano vista all’opera per far capire a Kidd e Nojiko che erano fatti l’uno per l’altra, riuscendoci in una manciata di mesi, impresa quasi impossibile visto che erano uno più orgoglioso dell’altra e che nessuno dei due era minimamente interessato a conquistare l’altro, almeno finché la rosa non aveva aperto gli occhi a entrambi.
Sorrise soddisfatta, nel ripensare a quello che considerava fino a quel momento il suo più grande successo,  chiedendosi come avrebbero reagito i ragazzi se avesse rivelato l’identità di Miss Puck.
Ma non aveva bisogno di vantarsi, le andava bene così. Finché avesse avuto Miss Puck, non sentiva il bisogno di essere nessun altro, a parte se stessa.
 

***
 

Avanzò furtivo attraverso il salotto, attento a non urtare mobili e fare casino, non potendo accendere la luce.
Doveva assolutamente sbrigarsi, non poteva rischiare che Boa scendesse a cercarlo e lo trovasse intento a spiare sua figlia e gli altri.
Che poi, spiare! Che parola grossa! Voleva solo dare una sbirciata, tutto qui! Verificare che non stessero facendo niente di che, controllare che andasse tutto bene!
Erano gli altri a essere esagerati ed era colpa loro!
Era colpa del resto della sua famiglia se aveva dovuto mentire a Boa, dicendole che scendeva a prendere una pastiglia per il mal di stomaco, ed era sempre colpa loro se non poteva accendere la luce e doveva aggirarsi con una stupida candela accesa in una casa fatta per il 90% di pregiato legno di ciliegio e disseminata di amache.
Se non fossero stati fissati con la storia del padre eccessivamente apprensivo non si sarebbe trovato in quelle condizioni!
Erano loro che non capivano che era normale, perfettamente normale! Insomma Perona era ancora una bambina!
Mosse un passo nel buio e si ritrovò a mordersi la lingua e imprecare mentalmente quando il suo mignolo colpì la gamba del basso tavolino, facendogli vedere le stelle.
Porco Roger, che male!!!
Saltellò su un piede un paio di volte prima di prendere un profondo respiro e imporsi la calma, dirigendosi più deciso verso le scale che portavano alla taverna.
Gli bastò accostarsi al primo gradino perché delle risate sommesse lo raggiungessero, senza riuscire tuttavia a tranquillizzarlo.
Non poteva certo dare per scontato che “risate” equivalesse a “niente di illegale, preoccupante, socialmente inaccettabile”. Doveva assolutamente dare un’occhiata!
Prese un profondo respiro, scendendo lentamente i gradini e sentendo la pelle del coppino imperlarsi di sudore, in grave difficoltà, mentre cercava di raggiungere la porta socchiusa della taverna, camminando in punta di piedi, con il mignolo del destro che pulsava, senza fare rumore, un’illuminazione scarsissima e tenendo d’occhio che la cera non finisse sul parquet e nemmeno sulla sua mano, scottandolo.
Si fermò per un attimo, chiudendo gli occhi e tremando all’idea che qualcuno potesse vederlo in quelle condizioni.
Chissà cos’avrebbe detto Croco! Dofla lo avrebbe preso per il culo fino all’Apocalisse! E Shanks…
No, a quello che avrebbe potuto fare il suo migliore amico nel trovarlo in quella situazione era meglio non pensarci proprio!
Facendosi forza, riprese la sua complessa discesa, trattenendo il fiato quando uno degli scalini scricchiolò sotto il suo piede. Tese l’orecchio e si rilassò nell’udire un’altra ondata di risate raggiungerlo, segno che i ragazzi non avevano sentito nulla.
Più sicuro di sé, si concesse un mezzo ghigno mentre sollevava la gamba per proseguire ma si immobilizzò con l’arto a mezz’aria e un brivido lo attraversò da capo a piedi mentre la luce del salotto si accendeva con un potente schiocco alle sue spalle, illuminando anche le scale.
Il collo infossato, i denti stretti e un’espressione miserabile, si girò lentamente, pronto ad incassare lo sguardo di disprezzo di Croco, il sorrisetto sarcastico di Dofla e l’occhiata eloquente di Shanks.
Ma la scena che gli si presentò quando ebbe finito di voltarsi, senza nemmeno fare più caso alla cera della candela che gli stava ricoprendo la mano, si rivelò decisamente più terribile per Drakul.
Perché schierati in salotto, a osservarlo con rimprovero e le braccia incrociate al petto non c’erano i suoi tre più cari amici e neppure sua moglie.
No, schierati in salotto, a osservarlo con rimprovero e le braccia incrociate al petto c’erano le tre persone con cui meno avrebbe voluto avere a che fare in quel frangente.
-Cosa stai facendo, papà?- domandò calmo e lapidario il suo primogenito, osservandolo con quello sguardo che lui stesso aveva rivolto molto spesso a Zoro, poche volte a Perona, raramente a Law e mai a Robin.
Si concesse un attimo per chiedersi se anche lui faceva quell’effetto quando assumeva quell’espressione ma si riscosse quasi immediatamente, cercando qualcosa da dire, in un ridicolo tentativo di salvare le apparenze.
-Ehi ragazzi!- li salutò con falso entusiasmo, parlando sottovoce.
Arrivati a quel punto, farsi beccare anche dai più piccoli sarebbe stato davvero troppo persino per uno come lui.
-Anche voi non riuscite a dormire?! Io credo di avere digerito poco bene!- affermò accigliandosi e portando la mano libera all’altezza dello stomaco mentre Law sollevava un sopracciglio e Zoro grugniva.
-E cercavi l’antiacido sulle scale?!- chiese il verde, lasciando interdetto il genitore.
Drag si guardò intorno, fingendo sorpresa e sgranando gli occhi mentre li riportava sui figli.
-Accidenti! Di nuovo!! Questo maledetto sonnambulismo!-
-Tu non sei sonnambulo- ribatté il moro con voce atona.
-Mi capita da qualche tempo-
-Ma hai detto che non riuscivi a dormire- fece notare con il suo tono ragionevole Robin, lasciandolo interdetto.
-Ahh… ehm…-
-Papà qual è il tuo problema?- riprese Robin, osservandolo boccheggiare ancora qualche secondo, prima che si decidesse a parlare chiaro.
-Oh andiamo volevo solo dare un’occhiata!- protestò, allungando il braccio verso il fondo delle scale.
-Papà!- protestò Zoro, mandando gli occhi al cielo.
-Zia Makino ha lasciato apposta in giro solo il saké meno forte, ti vuoi dare una calmata?! Lo abbiamo fatto tutti prima di loro! È una festa tra amici non un rave party!- esplose Law, attento a parlare sempre sottovoce ma perdendo la propria impassibilità.
-È la loro serata e se la meritano- insistette Robin, cercando di suonare meno perentoria del fratello.
-Sì ma sono ancora piccoli!-
-Punto primo, non sono piccoli- puntualizzò Law.
-Punto secondo, è di Perona che parliamo! L’ho superata io l’età delle cazzate senza farne di vere e proprie e ti preoccupi di lei?!- gli fece notare Zoro, sibilando a tutto spiano -E poi sono in sei! Cosa vuoi che facciano?! Un’orgia?!?!-
Il silenzio calò intorno a loro, mentre Mihawk osservava il suo secondogenito sbattendo ripetutamente le palpebre, intento a macinare chissà che pensiero. Si girò verso la taverna e poi di nuovo verso i propri figli, mentre un orrendo sospetto si faceva strada in lui.
-Vuoi dire che è una possibilità concreta?!- domandò terrorizzato, facendo assumere loro un’espressione incredula.
-Papà, vai a letto- gli intimò Law, dopo qualche istante.
-Ma…-
-Vai a letto!-
-Sentite un po’ voi tre…- cominciò autoritario, risalendo i pochi gradini che era riuscito a fare e puntando loro contro l’indice.
-Vai a letto o lo diciamo a Boa!- lo interruppe Zoro, facendolo ammutolire.
Drag fece scorrere gli occhi dorati su tutti e tre, la bocca lievemente aperta, e il dito ancora teso.
Li osservò attentamente, Law scettico, Zoro determinato, Robin con un serafico sorriso che prometteva guai.
Prese fiato e, per un attimo, un articolato e commovente discorso sul fatto che lui era pur sempre loro padre e quindi dovevano portargli rispetto anche se ora erano adulti e che comunque lo aveva sempre fatto e lo faceva per amore e quindi non potevano ostacolarlo gli balenò nella mente.
-Buonanotte!- li salutò baldanzoso, spegnendo la candela con un soffio e dirigendosi deciso verso le scale che portavano alle camere, situate al piano superiore.
Law, Robin e Zoro lo seguirono con lo sguardo, rimanendo immobili, finché non sparì alla loro vista, per poi sospirare in perfetta sincronia, mentre il verde si scompigliava i capelli.
Si voltò verso suo fratello, che lo stava osservando con uno sguardo eloquente negli occhi grigi e un lampo di comprensione attraversò i suoi nero pece.
Annuì deciso, osservando poi Law fare altrettanto.
-Solo una sbirciata!- affermò muovendo un passo deciso verso le scale, insieme al fratello ma non era destinati ad andare lontano.
Emisero un mugugno soffocato quando le dita di Robin si strinsero decise sui lobi delle loro orecchie, arrestando la loro avanzata e sospingendoli verso le altre scale.
-Robin!-
-Dannazione!-
-A letto!- soffiò la mora, beccandosi un’occhiataccia prima che si decidessero a tornare in camera dalle rispettive donne.
Scosse la testa, ridacchiando divertita e lanciando un’affettuosa occhiata alla rampa ormai vuota, occhiata dedicata a tutti gli uomini del suo nucleo famigliare.
Anche se Perona era ormai una giovane donna, matura e responsabile, anche se Law e Zoro avevano nuove preoccupazioni a cui pensare e anche se suo padre non era più solo a gestire la famiglia, era una battaglia persa.
Certe cose non sarebbero mai cambiate, lo sapeva Robin.
Ma, in fondo, considerò spegnendo la luce del salotto e avviandosi verso la propria camera con un radioso sorriso, andava più che bene così.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Primo giorno ***


Fece scorrere in giù la schermata del telefono, connesso al WiFi della scuola e collegato al suo blog, lanciando rapide occhiate alla porta, per vedere se arrivava qualcuno.
Lei l’aveva accompagnata Law, prima di portare Margaret al Centro Riabilitativo per Animali Esotici di Raftel, dove quell’anno si inaugurava il rettilario e la fidanzata di suo fratello era stata assunta come erpetologa. Margaret era al settimo cielo per quell’occasione ma anche un po’ tesa com’era normale al primo giorno di lavoro in un posto nuovo.
Per questo erano partiti con largo anticipo e Perona era arrivata a scuola prima di chiunque altro, dirigendosi in classe, sedendosi al solito posto, di fianco a Koala e dietro a Sugar che condivideva il banco con Izo, in attesa di qualcuno con cui fare quattro chiacchiere.
E durante quell’attesa aveva pensato di controllare la casella di posta di Miss Puck, trovando pochi messaggi ma sufficienti per tenerla impegnata e cominciare a elaborare una strategia, sentendo il solito fremito di eccitazione lungo la schiena.
Un piccolo “blip” la distrasse dalle sue elucubrazioni, facendola accigliare.
Aveva chiuso la chat del blog, quindi doveva essere un messaggio, caso strano a quell’ora del mattino, soprattutto essendo il primo giorno di scuola.
Dubitava potesse essere suo padre o uno dei suoi fratelli e i ragazzi li avrebbe visti di lì a poco.
Fece scorrere la tendina verso il basso, ingrandendo l’icona di Whatsapp e pigiando sul messaggio che era stato inviato sul gruppo dei suoi amici.
Buon primo giorno gente! Sabo, Kobi, qualcuno può passarmi gli appunti di mate?!
Ace.
Quell’idiota.
Scosse la testa sbuffando una risata prima che un secondo” blip” risuonasse.
Buon primo giorno, Voodoo!  
Un sorriso di puro affetto e lievemente trasognato si disegnò sul suo volto, nel vedere che Ace aveva voluto mandarle un messaggio personale nonostante l’augurio di massa appena fatto.
Ignorando le risposte degli altri, tra cui sicuramente c’erano insulti di Sabo al suo migliore amico per il fatto di avere già chiesto appunti senza che nemmeno le lezioni fossero ancora iniziate, pigiò sul tasto della risposta per poi digitare “Buon primo giorno a te, Spruzzetto di Sole! Cerca di non addormentarti alla prima lezione!”,  seguito da un fantasmino che faceva la linguaccia.
Roteò il pollice nell’aria, indecisa se tornare sul blog o scorrere all’indietro la sua chat con Ace. Non sapeva perché, ma a volte rileggeva volentieri i messaggi che si scambiavano e la sera prima si erano sentiti fino a tardi, parlando del più e del meno, nonostante non si vedessero da appena due giorni.
Anche se era del tutto normale fare così con il proprio migliore amico.
-Quale cuore spezzato ha chiesto il tuo aiuto?-
Perona sobbalzò sulla sedia, arrossendo violentemente mentre si girava verso Koala, ritrovandosi il suo viso sorridente a pochissimi centimetri.
Era così concentrata sul cellulare da non essersi resa conto che la classe si era riempita in un attimo e che la sua migliore amica si era addirittura chinata in avanti e appoggiata al banco con gli avambracci, fissandola a distanza ravvicinata.
-N-nessuno!- rispose, un po’ troppo agitata scuotendo la testa per scacciare il senso di calore che le aveva invaso le vene in un attimo.
Osservò Koala fare il giro per sedersi al suo posto, continuando a studiarla indagatrice.
-Perona, va tutto bene?!- le chiese, mentre si sedeva guardandola fisso negli occhi. 
La rosa deglutì a vuoto sentendo il cuore accelerarle nel petto. Koala la conosceva troppo bene, se non riusciva a dirottare la sua attenzione su altro si sarebbe accorta che aveva qualcosa di strano.
Strabuzzò appena gli occhi, colpita dal suo stesso pensiero.
Perché cos’aveva di strano?! Non aveva niente da nascondere, non stava facendo niente che non fosse perfettamente nella norma!
E allora perché si sentiva tutto il contrario?!
Aprì la bocca, boccheggiando appena.
-Io… Ecco, io…-
-Buongiorno raggi di sole, come andiamo oggi?!- domandò una voce annoiata e intrisa di sarcasmo, facendo sollevare gli occhi alle due ragazze, in tempo per vedere Izo lasciar cadere la sua tracolla in pelle accanto al banco, prima di accomodarsi e girarsi senza perdere tempo verso di loro -Ho visto un paio del secondo che erano vestiti in modo or-ren-do- soffiò rivolgendosi soprattutto a Perona, sillabando l’ultima parola e facendo schioccare la lingua scocciato -Non riesco a immaginare modo peggiore di cominciare la giornata. Santo Roger cosa ci vuole a capire che gli stivaletti a punta erano di moda negli anni ottanta!? Se vuoi metterli devi avere almeno il fegato di cotonarti i capelli e imbottire le spalle dei vestiti se no comprati un paio di normalissime sneaker e smettila di rovinarmi la colazione!-
-Vedo che ti sei svegliato bene oggi, Izo!- commentò la castana, alzando un sopracciglio mentre Perona  sbuffava una risata e anche Sugar entrava in classe, salutando qualcuno in corridoio.
-Divinamente- mormorò atono il ragazzo, puntando poi gli occhi sulla propria compagna di banco -Ben arrivata principessa, le serve un massaggio alla mano? Immagino sarà indolenzita per i troppi autografi firmati-  
La verdina cercò con lo sguardo le amiche, prima di sedersi al suo banco, guardando il moro a occhi sgranati e lievemente infastidita.
-Hai messo la soda caustica nel caffè al posto dello zucchero per caso?!-
-Puff!- sbuffò il ragazzo, scrollando le spalle mentre si girava e portava il gomito destro ad appoggiarsi allo schienale della sedia -Mi avrebbe fatto certo meno male allo stomaco di quell’orrenda visione- decretò, lasciando interdetta Sugar che cercò aiuto in Perona e Koala, con un’espressione della serie “ditemi che non sono solo io a trovarlo insopportabile stamattina”.
-Credo abbia il ciclo- affermò annuendo convinta la rosa, molto più abituata delle altre due a gestire le tempeste ormonali di Izo -Vuoi che ci scambiamo?!- si offrì poi, accedendo gli occhi di Sugar di una luce quasi supplice.
-Sì ti prego!- la implorò senza preoccuparsi di controllare il tono della voce.
Ci mancava Izo con un attacco mestruale per iniziare bene il quarto anno!
Senza una parola, la giovane Mihawk si sedette al posto di sua cugina, guadagnandosi un’occhiata di striscio dall’amico, alla quale rispose con un sorriso convinto. Sapeva che quando Izo era di quell’umore non bisognava dargli troppa corda.
Lo studiò per un attimo, rimanendo colpita per l’ennesima volta dal suo stile formidabile.
Era l’unico che riusciva a mettere pantaloni scuri, camicia e gilet, raccogliere i capelli in uno chignon, truccarsi gli occhi con un filo di eyeliner e risultare perfettamente normale, per non dire attraente.
Un paio di ragazze si erano prese una sbandata spaventosa per lui nonostante fosse palesemente dell’altra sponda, come faceva Perona a saperlo era piuttosto ovvio ed era stata una delle poche volte in cui a malincuore aveva dovuto distruggere le speranze di qualcuno senza neppure provare ad aiutarlo.
-Allora qualcuno ha già visto il nuovo prof di letteratura?- domandò Koala, sporgendosi appena verso di loro.
Izo si soffiò via dalla fronte la ciocca ribelle che sempre sfuggiva al suo impeccabile raccolto prima di voltarsi insieme a Perona.
-A me hanno detto che è un tipo strano forte!- affermò la rosa, cercando di non sembrare troppo entusiasta.
Non era un segreto che le piacessero i tipi strani ma non le sembrava il caso di mettersi a rimbalzare sulla sedia per questo.
-Sarebbe un’autentica novità in questo liceo eh?- mormorò sarcastico il moro, facendole assottigliare gli occhi, infastidita.
-Ti faccio ingoiare un barattolo di bicarbonato se non la pianti di fare l’acido-
-Beh, Perona, in fondo ha ragione!- intervenne Sugar.
-Sì infatti, la normalità non è certo di casa qui! Insomma, guarda Izo!- concluse Koala indicando il ragazzo e facendo scoppiare a ridere le amiche.
-Ah ah ah… aspetta che non mi ricordo più come si ride- commentò atono il chiamato in causa.
Un tonfo li fece sobbalzare tutti e voltare di scatto, mentre un denso silenzio scendeva sull’aula e tutti puntavano gli occhi su una figura piuttosto imponente e riversa a terra, tipo pelle di leone, sovrastata da una testa bionda.
Qualcuno si alzò a metà sulla sedia, senza che nessuno osasse muoversi per andare ad aiutare il nuovo arrivato, chiunque fosse.
Lo guardarono puntellarsi sulle quattro zampe e scuotere la testa per riprendersi dalla botta, testa che poi sollevò sulla classe, sorridendo radioso a tutti quanti.
-Buongiorno ragazzi!- li salutò, come se niente fosse, rimettendosi in piedi, con tanto, troppo entusiasmo per essere appena caduta faccia a terra.
A occhi sgranati e increduli lo osservarono dirigersi sicuro verso la cattedra.
-Oh santo Roger non dirmi che è…- mormorò a mezza voce Sugar, già ridacchiante.
-Io sono il nuovo professore di letteratura! Mi chiamo Corazòn ma voi potete chiamarmi pure Cora o prof. o professore, come vi pare insomma e darmi del tu, del voi, del lei o del loro! È un vero piacere fare la vostra conoscenza!- continuò a esclamare con lo stesso entusiasmo di un animatore da villaggio turistico.
-O mio…- si trattenne dal ridere Perona, studiando incredula la camicia rosa con piccoli cuoricini rossi che da lontano sembravano pois, portata fuori dai jeans sgualciti in un paio di punti, e leggermente aperta sul torace.
Non poteva avere più di quarant’anni, probabilmente anche meno, e il suo fisico era asciutto e atletico, un dettaglio che non mancò di sfuggire a Izo, il quale si accomodò meglio sulla sedia, guardando il biondo con occhi famelici.
-Oh sì, baby! Qualcuno lassù mi ama!-
-Izo!!!- lo ammonì Perona, girandosi di scatto verso di lui con occhi sgranati.
-Che c’è?! Almeno per quest’anno sarò felice che letteratura è una delle materie con più ore!- le fece notare, stringendosi noncurante nelle spalle.
Perona portò una mano a coprirsi la bocca, scuotendo la testa senza riuscire a impedirsi di sorridere.
-Stamattina siamo sulla stessa lunghezza d’onda Izo- affermò Koala alle loro spalle, anche lei gli occhi fissi sul professore e, in quel momento, sul suo lato B.
La rosa spostò lo sguardo dal prof, all’amica, di nuovo al prof, considerando che era oggettivamente un bell’uomo ma restando comunque stranita.
-Sarà che a me non piacciono i biondi…- commentò, lo bocca piegata in una mezza smorfia e scrollando le spalle.
-A differenza di Koala- concluse Sugar, la testa appena inclinata e sostenuta dalla mano destra, voltata verso la castana, con un’espressione a dir poco eloquente.
Koala sobbalzò appena per quell’insinuazione, come se si fosse scottata, diventando di un’interessante sfumatura corallo su tutto il viso, mentre prendeva a balbettare nervosa.
-Ma che… cosa… N-non è vero che mi piacciono i biondi!- protestò, facendo sollevare il sopracciglio a tutti e tre gli amici -A me piacciono i bei ragazzi!- concluse, incrociando le braccia al petto.
-Possibilmente atletici- specificò Perona.
-Beh ovvio!-
-Coi capelli un po’ lunghi magari…-
-E mossi…-
-E biondi!- ripeté Sugar, facendoli scoppiare a ridere tutti quanti, mentre Koala li fulminava truce con i suoi occhioni blu-viola.
-Okay ragazzi! Da dove vogliamo cominciare quindi?!- richiamò la loro attenzione Cora, battendo le mani tra loro.
-Di solito non è il professore che decide da dove iniziare?!- chiese scettico dall’altro lato dell’aula Cavendish.
-Oh per me puoi iniziare da ovunque tu vog…- cominciò Izo con un tono che era tutto un programma e un sorriso esageratamente malizioso in faccia, prima di venire interrotto da una potente sberla di Perona -Ehi!!!- protestò, massaggiandosi la spalla.
-Tieni a freno gli ormoni!- gli sibilò, fulminandolo.
-Sì, hai ragione ma a me piacerebbe sapere cosa vi aspettate voi da questo corso- spiegò con semplicità Cora, lasciandoli tutti interdetti.
Cos’aveva detto?!
Stava davvero chiedendo la loro opinione?!
E quando mai?!
-Nessuno?!- domandò, senza perdere la speranza, facendo una panoramica dell’aula -Proprio nessuno?!-
-Qualcosa di poco noioso, magari…- azzardò una voce dal fondo, riscuotendo il resto dei compagni.
-Oh bene, abbiamo qualcuno che non ha paura di parlare!- affermò il biondo, spostandosi poi verso la lavagna e afferrando il pennarello per scrivere sulla superficie bianca “poco noioso” -Altro?!- domandò, girandosi di nuovo verso gli alunni.
-Un corso anche più… interattivo?!-
-Uhm, interattivo! Mi piace, mi piace!- annuì con convinzione il prof, lasciandoli sempre più increduli ma riuscendo al contempo a infodergli un po’ del suo entusiasmo.
-Letteratura applicata alla vita!- affermò Koala, facendosi coraggio e riuscendo a lasciare per un attimo senza parole il loro nuovo, espansivo docente.
Cora sorrise, facendo arrossire appena la ragazza sulle guance, prima di appuntare anche quel suggerimento accanto agli altri.
-Qualcosa che ci rappresenti- intervenne un’altra voce ancora, facendo immobilizzare di schiena il professore.
Ci mise qualche secondo, Perona, per realizzare che era stata proprio lei a parlare e sbatté le palpebre rapida quando Cora si girò a guardarla con l’aria di uno che aveva appena scoperto l’ubicazione dello One Piece.
-Come ti chiami?- le chiese, curioso, imbarazzandola appena.
-Perona Mihawk- rispose, sostenendo il suo sguardo e grattandosi la punta del naso.
-Perona…- sussurrò quasi avesse appena scoperto una parola nuova -Molto bene!- esclamò poi, tornando a rivolgersi a tutti -Abbiamo il filo conduttore del programma di quest’anno!- affermò, mentre un lieve brusio si alzava nell’aula -Libri che vi rappresentino- proseguì la propria spiegazione il professore -Non vi lascio compiti per il momento ma entro fine mese ognuno di voi dovrà avere individuato un libro che lo rappresenti da leggere insieme e presentare ai compagni! Tutto chiaro?!- domandò, facendo annuire tutta la classe, chi scettico, chi indifferente, chi esaltato dall’idea.
La rosa si girò verso Koala, posando il gomito sullo schienale della propria sedia .
-Piace da morire anche a me!- esclamò, strabuzzando poi appena gli occhi di fronte al sorrisetto eloquente di Koala e Sugar.
-Oh dai?!-
-Non ce n’eravamo accorte!- la presero in giro, facendola arrossire violentemente.
-Eh?! Ma n-non… non in quel senso!!!- protestò, muovendosi a disagio sulla sedia .
-Dai Perona, stiamo scherzando!- le disse Koala, posando una mano sulla sua con affetto.
-Lo sappiamo che preferisci i mori!- le fece l’occhiolini Sugar, facendole strabuzzare gli occhi.
-E questo quando l’ho mai detto?!- s’informò, basita.
-Mai ma abbiamo prove concrete che è così!- sostenne con aria saputa Koala.
-Bene ragazzi, ora vediamo di fare un poco di lezione che ne dite?!- propose Cora, obbligandole a concentrarsi nuovamente su di lui.
Perona si girò trovando Izo che la fissava insistentemente e con le braccia al petto, con una strana luce negli occhi, quasi allarmata.
-Che hai?!- gli domandò, al colmo della pazienza.
-Sono sicuro che sarebbe una splendida relazione, passeremmo tutto il tempo a criticare gli altri per come si vestono e se fossi etero probabilmente ci potrei anche fare un pensiero…- snocciolò rapido il moro, facendola accigliare -… ma spero tu sia consapevole che non sono disponibile in quel senso!- mise in chiaro, lasciandola senza parole per un lungo istante.
Sbatté le palpebre un paio di volte prima di tornare in sé e guardarlo con occhi atoni.
-Cretino- si limitò a mormorare, aprendo il manuale di letteratura e concentrandosi sul prof che, tra uno scivolone e l’altro, aveva iniziato a spiegare.
Sorrise, Perona, divertita e serena. Sorrise al pensiero che quell’anno si prospettava decisamente speciale. 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Come fratelli ***


Accostò la macchina nello spiazzo antistante il centro riabilitativo, con una manovra fluida e decisa, come il suo modo di guidare. I suoi occhi grigi saettarono per un attimo verso lo specchietto retrovisore prima di muoversi verso destra per riempirsi di lei.
-Grazie amore!- esclamò Margaret, infilandosi la giacca dopo aver slacciato la cintura.
Law ghignò, inclinando appena il capo all’indietro, maledicendo il fatto di non poter restare più a lungo con lei. Nell’ultimo periodo gli mancavano sempre più gli anni dell’università, quando una volta finite le lezioni potevano regolare loro i propri orari. All’epoca il sesso mattutina era la regola, non certo l’eccezione.
-Allora per tornare sei tranquilla?! Sicura?!- chiese, suonando più apprensivo di quello che avrebbe voluto.
Margaret lo fissò qualche istante, sopprimendo l’impulso di scuotere la testa, senza mai smettere di sorridergli. In quegli ultimi dieci anni, Law aveva fatto uno sforzo non indifferente per imparare a essere meno apprensivo ma quella sua indole in alcuni momenti riemergeva, soprattutto con lei e con Lamy.
-Sono sicura, Law- gli disse, sporgendosi verso di lui e circondandogli la mandibola con entrambe le mani -Tu vai al lavoro sereno, vai a salvare tante vite e a rendermi fiera, okay?!- gli disse, con un guizzo negli occhi, facendolo irrigidire per il tono di scherno che aveva usato ma sentendolo subito rilassarsi e lasciarsi andare quando le loro labbra si unirono, modellandosi tra loro.
Non c’era niente da fare, quando Margaret lo baciava non riusciva a rimanere freddo e distaccato. Era una delle poche cose che gli facevano perdere la ragione e il controllo. Un po’ come quando zio Dofla cercava di fargli provare il suo boa.
No!!!
Cancellare l’ultimo pensiero!
Riuscì per miracolo a contenere una smorfia di disgusto e si concentrò anima e corpo sul bacio, lasciandosi prendere completamente.
Posò le mani sulla sua vita per tirarsela di più contro il petto e sentì il calore pervaderlo, facendogli venire una voglia matta di prenderla e farla sua, lì nell’auto parcheggiata su una delle strade più trafficate di Raftel.
Per questo non si oppose quando Margaret, ragionevole, si staccò a malincuore da lui, ma non trattenne un mugugno di fastidio.
-Allora ci vediamo a casa stasera- mormorò accarezzandolo sulla guancia -Ti preparo gli onigiri- lo avvisò, facendolo sorridere con quel suo ghigno mozzafiato.
-Buon lavoro- soffiò sulle sue labbra, riluttante a lasciarla andare.
-Anche a te- rispose, ancora persa per metà.
Scosse energicamente la testa e afferrò lo zainetto posato in terra tra le sue gambe, prima di aprire la portiera e uscire di gran carriera dalla macchina. Disse ancora qualcosa mentre la richiudeva, qualcosa che si sovrappose con il tonfo, rendendo incomprensibile la frase della ragazza.
Law la guardò allontanarsi, sentendosi stranamente malinconico. Non che gli creasse problemi dover stare senza  Margaret, in fondo lui andava in ospedale ed era impegnato per tutto il giorno, tanto che a volte il tempo volava e in un attimo era sera e ora di tornare da lei.
Il problema era che qualcosa non andava. Da quando Margaret lavorava lì al Centro Riabilitativo, qualcosa era cambiato.
In poche settimane si era ambientata benissimo e lui ne era stato subito felice ma, proprio in quelle stesse settimane, era diventata più distratta, lo cercava meno e sembrava persa nel suo mondo più spesso del solio. E poi c’era quella faccenda che c’era sempre qualcuno che la riaccompagnava a casa.
Insomma mica tutti i suoi colleghi potevano abitare vicino al loro quartiere no?!
Sì, quella faccenda dei passaggi per tornare era quella che gli piaceva meno e lo allertava di più ma si era imposto di rimanere calmo per non apparire il Law troppo apprensivo su cui aveva lavorato per tanto tempo e che, comunque, se n’era andato per sempre anche se con qualche ritorno di fiamma molto saltuario. In fondo sapeva che, finché Margaret non gliene parlava, non poteva trattarsi di nessuno di importante o degno di nota.
Di questo era certo.
Sospirò mentre si smuoveva sul sedile per ripartire e lanciò un’altra occhiata allo specchietto retrovisore, sentendosi subito infastidito nel mettere a fuoco il suo ghigno divertito.
-Quanto amore si respira in questa macchina!- commentò, mezzo svaccato sui sedili posteriori, le dita intrecciate dietro la nuca.
-Fottiti- gli rispose asciutto, mettendo in moto.
Incurante del fatto che il moro aveva già iniziato a fare manovra, Pen si sollevò dalla sua posizione mezzo-sdraiata e, piegando il busto in avanti, passò in mezzo ai due sedili anteriori, per sedersi al posto di Margaret, osservando poi l’amico con un misto di divertimento e preoccupazione.
-Dico sul serio, amico- insistette, agganciando la cintura senza distogliere gli occhi da lui -Sembrava non volessi più lasciarla andare! Se volevi un po’ di privacy con lei bastava farmi una telefonata e sarei venuto al lavoro in autobus!- gli fece presente, guadagnandosi un’occhiata scettica.
-Neppure sapevo di doverti dare un passaggio, Pen. Ti sei presentato a casa mia stamattina senza dire niente- gli fece notare.
Per tutta risposta, Pen emise un prolungato sospiro posando la nuca sulla testiera del sedile.
-Non immaginavo che la macchina servisse a Rebecca oggi-
-Come diavolo è possibile che tu non sapessi che la tua fidanzata aveva bisogno della macchina?!- domandò incredulo il moro, accigliandosi.
-Ieri sera mentre cenavamo mi ha detto che doveva dirmi una cosa ma non si ricordava più cosa e poi dopo cena…- fece una pausa, piegando un angolo della bocca verso l’alto e girandosi verso il finestrino -Beh diciamo che non le ho lasciato il tempo di dire niente per il resto della serata- affermò, soddisfatto e orgoglioso.
Fermandosi al semaforo, Law si girò a guardarlo.
-Vedi, è da queste cose che capisco che anche se ti avessi telefonato per dirti che non ti volevo dare un passaggio per stare da solo con Margaret tu ti saresti comunque presentato da noi. Perché la privacy è un concetto a te sconosciuto- mormorò lapidario, prima di rimettere in moto.
Pen lo squadrò qualche secondo in silenzio, apparentemente infastidito da quella affermazione per poi aprire bocca e prendere aria.
-Sai cosa ti dico?!- ribatté -Hai pienamente ragione! Però tu te la prendi troppo!- proseguì, puntandogli contro l’indice -Margaret era contenta di potermi aiutare, hai sentito con quanto entusiasmo mi ha salutato scendendo dall’auto?!-
-Non saprei, il tonfo ha coperto tutto. Io ho sentito solo “Pen” alla fine, prima potrebbe anche averti insultato- commentò sarcastico, facendo assumere una smorfia al rosso.
-Non credo che Margaret sarebbe capace di insultare qualcuno a cui tiene- considerò.
-Margaret è insospettabile- ribatté Law, guardandolo di striscio.
Pen aggrottò le sopracciglia a quelle parole, riflettendo solo pochi istanti prima di girarsi verso di lui con anche il busto, stavolta serio e preoccupato.
-Law cosa succede?!- domandò con un tono della serie “non provare a rispondere niente” -E non provare a rispondere “niente”!- aggiunse, puntandogli contro il dito.
Law prese un profondo respiro, soffiando un poco dal naso e tenendo gli occhi puntati di fronte a sé, la mascella testardamente serrata prima di decidersi a parlare.
-Io… non lo so- ammise, odiandosi per mostrarsi tanto vulnerabile.
Anche se dopotutto non c’era niente di male no?! In fondo Pen era il suo migliore amico! Erano come fratelli!
-Ultimamente è come se lei fosse distante, in un’altra dimensione e… a spaventarmi è che sembra una dimensione dove non la posso raggiungere- continuò, rendendosi conto anche lui in quel momento di sentirsi come stava descrivendo a Pen.
Finché non lo aveva detto ad alta voce non si era reso pienamente conto e ora che lo stava tirando fuori si sentiva in effetti un po’ meglio.
-Mmmmmh- mugugnò il rosso, con fare da consumato psicoterapeuta -Beh ha iniziato un nuovo lavoro, un lavora che le piace e che è esattamente il ruolo per il quale ha studiato, in queste settimane sta conoscendo tutti i colleghi, è normale sia un po’ spersa ma almeno lo è in positivo- gli fece notare, insospettabilmente ragionevole.
Law si girò a guardarlo, dopo avere posteggiato nel parcheggio riservato ai dipendenti dell’ospedale.
-C’è altro- tirò fuori, esitante -Ecco quando… quando facciamo l’amore… non è più come prima…- sussurrò, sentendosi patetico.
Dannazione, sembrava una ragazzina alle prime armi! E poi cosa gli diceva il cervello per parlarne con Pen?! Avrebbe dovuto parlarne con i suoi fratelli!
Per un attimo si immaginò fare quel discorso a Zoro e le labbra gli si piegarono in una smorfia.
Okay no… Avrebbe dovuto parlarne con Robin. Robin e basta.
Ma ormai era tardi, aveva iniziato a tirare fuori il problema e non poteva più aspettare. Pen era lì, era il suo migliore amico ed era disposto ad ascoltarlo. Non avrebbe potuto chiedere di meglio.
-Beh Law, state insieme da dieci anni, anche quello è normale! Possono capitare dei periodi così ma non significa niente!- affermò, stranamente coinvolto -Forse puoi provare a… non so… inventarti qualcosa…- aggiunse, tentennando appena.
Law sgranò gli occhi quando intuì a cosa si stava riferendo il rosso, senza riuscire a credere che stesse davvero portando avanti una simile conversazione.
-Intendi giochi erotici?- domandò, aggrottando le sopracciglia e guardandolo annuire -Beh ma non è che non ne abbiamo mai fatti in questi anni-
-E giochi di ruolo?- buttò ancora lì, insistendo.
-Ma tu e Rebecca…- provò a domandare senza riuscire a finire la domanda.
-Ogni tanto- si strinse nelle spalle il rosso -Sai per mantenere viva la passione ecco-
Un flash di Pen vestito da elettricista che suonava alla porta di casa, sostenendo che c’era un guasto da riparare e Rebecca che gli apriva in déshabiller gli attraversò la mente, facendolo rabbrividire.
Era certo che il suo amico non intendesse una cosa del genere, che ricordava più che altro l’inizio di un film porno piuttosto che quello di un sano amplesso tra due persone adulte con una relazione decennale alle spalle, ma sapeva che sarebbe stata dura togliersi quell’immagine dalla mente.
Ma perché l’elettricista poi?! Insomma erano medici! Avrebbe avuto più senso che se lo fosse immaginato con il camice!
Strabuzzò gli occhi seriamente preoccupato per la propria sanità mentale, perché in effetti non avrebbe dovuto proprio immaginarsi il proprio migliore amico in certe situazioni, e decise che quel discorso si era dilungato anche troppo.
-Tipo una volta…- aveva ripreso la parola il rosso e Law sollevò le mani ai lati del viso, quasi inorridito.
-Non voglio sentire! Va bene così!- affermò agitato, scendendo poi rapido dalla vettura, seguito da un perplesso Pen.
Fece il giro della macchina già pronto a dirigersi verso l’ingresso quando una pacca sulla spalla lo trattenne. Si voltò verso l’amico, interrogativo.
-Tu e Margaret siete una delle coppie più belle che abbia mai visto, Law. Vi rispettate e vi amate non devi preoccuparti. Sono certo che è solo un momento- snocciolò sincero, cogliendolo alla sprovvista.
Lo fissò interdetto qualche istante, sentendo il cuore scaldarsi, e abbassò gli occhi al pavimento abbozzando un ghigno. Tornò a guardarlo con occhi pieni di gratitudine.
-Grazie- mormorò dandogli a sua volta una goliardica pacca sul braccio.
-Ma figurati- minimizzò il rosso sventolando la mano -E ora andiamo! Andiamo a salvare vite e rendere orgogliosa la tua signora!- aggiunse avviandosi, facendolo grugnire con sguardo omicida. 
 

 
***

 
Lasciò cadere l’ultimo scatolone a terra, accettando volentieri la birra in bottiglia che l’amico gli stava tendendo.
-Grazie- mormorò tamponandosi il sudore della fronte con l’avambraccio.
-Grazie a te Marimo- rispose, una volta tanto sincero.
Fecero cozzare il vetro delle bottiglie in un silenzioso brindisi, prima di prendere una generosa sorsata nel silenzio del futuro All Blue.
Zoro non aveva esitato quando Sanji gli aveva chiesto di dargli una mano con gli scatoloni. Nami aveva un incontro con un’importante casa di moda poco fuori Raftel, a cui Boa si era offerta di accompagnarla, ed essendo ricominciate le scuole al mattino al Dojo non c’era bisogno di lui tutti i giorni.
In realtà, non lo avrebbe mai ammesso ma era felice che Sanji avesse chiesto a lui.
Erano tornati stabilmente a Raftel solo da pochi mesi e non poteva negare che in quei dieci anni di lontananza i suoi amici gli fossero mancati, soprattutto Sanji e quei rari momenti di serenità in cui non litigavano ma si limitavano a godere della presenza l’uno dell’altro.
Ora che gareggiava con la nazionale solo nelle gare di kendo più importanti non era obbligato a vivere a Kuraigana e anzi era felice di allenare nel Dojo di suo padre, dove la sua passione era nata. Era stato campione del mondo, aveva collezionato molte medaglie individuali e di squadra e ne aveva ancora qualcuna da vincere davanti a sé.
Non rimpiangeva nulla e gli faceva ancora strano che esistesse una pagina di Wikipedia a lui dedicata ma non come gli faceva strano essere di nuovo finalmente a casa. Gli era mancato, doveva ammetterlo. In fondo Raftel non era un semplice sputo sulla cartina geografica, anzi.
E proprio quando lui era già all’apice del suo sogno, ecco che il suo migliore amico stava per realizzare il proprio, aprendo il suo ristorante, poco importava che avrebbe finito con il fare concorrenza a quello di suo padre. D’altra parte Zeff non sarebbe potuto essere più orgoglioso del figlio e anche Califa, con cui lo chef stellato aveva una relazione da quasi undici anni ormai, non faceva che tessere le lodi della cucina del biondo.
E per imbiancare le pareti del locale e scaricare gli scatoloni con piatti e tovaglie aveva chiesto proprio a lui. Portò rapido la birra alle labbra, per nascondere il ghigno che forzava per piegargliele, mentre Sanji si addossava con i gomiti al bancone.
-Allora la bella Nami-swan aveva un colloquio stamattina?!- chiese conferma, facendolo annuire.
-Ha detto che sarebbe un sogno venire presa da quella casa di moda- gli raccontò, senza nascondere la propria empatia con la sua donna.
Sanji lo studiò attentamente qualche istante, assottigliando lo sguardo.
-Tu sei felice di essere tornato e allenare al Dojo?!- si informò, palesemente preoccupato per lui.
Zoro lo guardò, preso in contropiede, colpito da tutto l’interesse che trapelava dalla voce dell’amico.
Il verde ghignò, sollevando un sopracciglio.
-Torciglio, stai diventando sentimentale?!- domandò, prendendolo in giro e facendogli spuntare una vena pulsante sulla fronte.
-Preferisci che ti affetti, testa muschiata?!- domandò, senza ottenere di farlo reagire come sempre.
Anziché innervosirsi o rispondere a tono, Zoro continuò a sorridere e, infilata una mano in tasca, si avvicinò a sua volta al bancone, per appoggiarsi, di fianco al cuoco. Perse lo sguardo davanti a sé qualche istante, bevendo ancora dalla bottiglia.
-Lo sai, se qualcuno l’ultimo anno di liceo mi avesse detto che a dieci anni di distanza tutto sarebbe andato a gonfie vele, non ci avrei mai creduto. Ma invece è così, va tutto a gonfie vele, non potrei desiderare niente di diverso da quello che ho- ammise, stupendosi della facilità con cui era riuscito a esprimere i propri sentimenti.
 E in fondo non c’era niente di cui vergognarsi se amava la sua donna, la sua famiglia e il suo lavoro.
Sanji lo fissò qualche istante prima di sorridere e portarsi il collo di vetro alle labbra.
-Sai Marimo, una volta tanto la pensiamo uguale. Neppure io cambierei niente- disse mentre Zoro gli lanciava un’occhiata di striscio.
-E vorrei ben vedere! Dovresti ringraziare già solo per il fatto di avere trovato una donna figuriamoci una come Violet! Dì la verità, le metti la droga nel cibo?!- chiese, esageratamente in vena di infastidirlo, incassando l’occhiata truce del biondo.
-Cosa vorresti insinuare, verza ammuffita?! Sei tu quello che non è all’altezza di Nami-swan!- ribatté, stringendo i pugni.
Zoro ridivenne serio a quelle parole, mettendosi dritto e posando la birra sul bancone.
-Come hai detto?-
-Ho detto…- cominciò Sanji imitandolo -…Che non sei all’altezza della bella Nami-swan- ripeté a denti stretti.
-Ripetilo se hai il coraggio-
-Non sei all’altezza…-
Le parole gli morirono in gola quando Zoro si avventò su di lui mandandolo a terra e avventandosi poi su di lui. Presero a rotolare sul pavimento, spingendosi la testa indietro l’uno con l’altro e azzuffandosi come quando erano ragazzi.
-Deficiente!-
-Idiota!-
-Cretino!-
-Imbecille!-
Zoro puntellò un piede a terra per riuscire a sovrastarlo ma perse presa sul pavimento, scivolando in fuori con la gamba e colpendo in pieno uno degli scatoloni, mandandolo a terra con un tonfo. Si congelarono lì dov’erano, Zoro con il palmo a deformare la guancia di Sanji, Sanji con le dita strette sui capelli di Zoro, trattenendo il fiato e sgranando gli occhi inorriditi.
Deglutirono lentamente quasi il minimo rumore potesse frantumare i piatti contenuti in uno dei carichi e si alzarono per avvicinarsi cauti e lenti. Una fugace occhiata passò tra di loro prima che Sanji impugnasse il taglierino e aprisse la scatola per poi tirare un sospiro di sollievo nel constatare che conteneva tovaglie, runner e tovaglioli.
-Grazie ai kami!- esclamò il biondo mentre Zoro chiudeva per un attimo gli occhi.
Non era decisamente il posto migliore in cui pestarsi quello, se ne sarebbero dovuti ricordare in futuro.
Sanji si rimise dritto, le mani sui fianchi, contemplando ancora qualche attimo il cotone bianco e finemente lavorato.
-Scherzi a parte Marimo, devo darti di nuovo ragione. Siamo fortunati ad averle- affermò con un sorriso -Non riesco a immaginare di vivere una tappa così importante con qualcuno che non fosse Violet accanto-
Zoro si accigliò, non certo di cosa stesse parlando il cuoco.
-Tappa importante?! Intendi il ristorante?!- s’informò, facendolo voltare.
Lo guardò con la sua tipica espressione da “sei irrecuperabile” e sospirò, prima di tornare verso il bancone.
-Ovvio che no Zoro! Sto parlando della tappa successiva! Sai no?! Si va a vivere insieme e poi c’è il matrimonio, i figli, metter su famiglia…-
Un improvviso ronzio tappò le orecchie del verde, che deglutì rumorosamente, in debito di ossigeno.
Matrimonio?! Figli?! Ma stava scherzando?!?!
Avevano solo 28 anni!!!
Eppure… Eppure se Sanji pensava una cosa del genere non era così impossibile che anche Nami lo desiderasse.
Ma no era assurdo dai! Se neppure Robin e Law erano ancora arrivati a compiere quel passo, era sicuramente Sanji quello che correva!
Sicuramente!
-…RO!!!-
Sobbalzò nel realizzare che il cuoco lo stava chiamando già da qualche minuto.
-C-cosa?!-
-Sei sicuro di stare bene?! Sei così pallido che sembri verde! E non il verde dei tuoi capelli da alga!- si premurò di specificare, facendolo grugnire.
Cercando di nascondere il proprio disagio, tornò a sua volta al bancone e riprese in mano la birra, studiando qualche istante il vetro ambrato. Ne bevve una generosa sorsata, permettendo al liquido fresco di rilassarlo scorrendo nella sua gola.
Non doveva farsi venire il panico, lui e Nami erano da sempre sulla stessa lunghezza d’onda. Era certo che anche per lei non fosse un problema aspettare.
-Sto benone Torciglio, tranquillo- rispose, per poi girarsi a guardarlo ghignante -Allora ci rimettiamo al lavoro?! Questo ristorante lo deve arredare qualcuno, mica lo può fare in autogestione-

 
***

 
-Ricordami ancora una volta perché siamo qui?!- chiese atono, la schiena contro il muro, le braccia al petto e lo sguardo privo di espressione perso sul negozio dove solo un altro paio di svogliati clienti girovagavano, allungando la mano verso una felpa o una giacca a vento giusto per tenersi impegnati.
-Perché Makino ha decretato che ho dei vestiti così vecchi che bisognerebbe bruciarli per essere certi di non finire nel libro nero dell’ufficio d’igiene di Raftel!- rispose da dietro la tenda di cotone verde scuro.
Drakul sospirò, senza muovere un solo muscolo.
-E allora perché stai provando una muta?!- domandò ancora, ignorando la voce nella sua testa che gli suggeriva di non dare corda al suo migliore amico.
-Parlava dei miei vestiti del lavoro!- alzò appena il tono Shanks da dentro il camerino, senza sapere che si era appena beccato un’occhiata omicida dal moro.
-Shanks, tu fai l’istruttore di barca a vela- gli fece notare, asciutto, puntando gli occhi sulla tenda che vibrò appena quando Shanks la scostò cacciando fuori la testa.
-Potrebbe sempre tornarmi utile sai?! Sto comunque in mare aperto! E poi è insospettabilmente comoda!- argomentò con tanto, decisamente troppo entusiasmo.
Mihawk lo studiò, interdetto, domandandosi come faceva ancora dopo tutti quegli anni. Come faceva a stupirsi ancora, come faceva a finire sempre per andare a suo rimorchio. Come faceva Sabo a essere normale e come faceva a non esserci alcun legame di parentela tra lui e Rufy, dato che erano uguali.
Scosse la testa per riprendersi e si passò pollice e indice sugli occhi.
Non che gli pesasse accompagnare il suo più vecchio, caro e fidato amico a fare spese dal momento che aveva la mattinata libera ma avrebbe di certo preferito che non si perdesse via in inutili attività come passare venti minuti a provare costose mute da sub che tanto non avrebbe comprato, anche perché parlare così, attraverso la tenda del camerino, era alquanto disagevole.
-Allora dici blu o verde?- gli chiese, facendogli riaprire gli occhi incredulo.
-Ma cosa fai?! La compri?!?- chiese con un filo di voce.
-Ovvio che no! Ma volevo un tuo parere, tanto per…- si strinse nelle spalle il rosso, accigliandosi -Lo sai che non sono tipo da spendere soldi in cose inutili!- gli fece poi presente, facendolo sobbalzare appena.
Sì, lo sapeva Drag che Shanks non era il tipo. Non che fosse un avido ma anche da ragazzo era sempre stato attento per non dover mai pesare sulle spalle dei suoi e da quando era padre di famiglia con una moglie e due figli meravigliosi stava ancora più attento. Piuttosto che far mancare qualcosa a Makino, Sabo o Lamy si sarebbe tagliato un braccio, non aveva dubbi al riguardo Drakul.
Un moto di affetto e calore verso il rosso lo pervase, portandolo a piegare le labbra in un ghigno.
-Quella blu- annuì con sicurezza, facendolo sorridere radioso e guardandolo aprire di nuovo la bocca, sapendo già cosa stava per chiedere -E vale anche per la giacca a vento. I pantaloni, quelli grigi. le magliette la L ti sta meglio ma secondo me si restringono al primo lavaggio quindi starei su una taglia in più e il costume decisamente quello rosso con le palme blu e non perché ci sia un qualche contorto doppio senso sotto- snocciolò tornando monocorde, anticipando tutte le domande dell’amico, senza che questo si stupisse neanche un po’.
-Cosa farei senza di te, il mio piccolo casalingo di fiducia?!- chiese invece retorico per prenderlo in giro, ottenendo di farlo soffiare con fastidio dal naso.
-Se avessi dovuto gestire il guardaroba di Sabo da solo mentre passava dall’infanzia alla pubertà ora non avresti bisogno né di me né di tua moglie per scegliere la taglia delle magliette. E comunque ti ricordo che il più alto dei due sono io- snocciolò con tono apparentemente pacato, facendo assumere a Shanks un’espressione scettica.
-Di un centimetro e mezzo scarso?!-
-Resto comunque io il più alto- decretò Drag, tornando a puntare gli occhi davanti a sé, sollevando appena un po’ il mento con fare orgoglioso.
Shanks ridacchiò sotto i baffi, prima di scomparire di nuovo dentro il camerino.
-Amico ora me lo dici cosa ti turba?- gli chiese attraverso la tenda, facendolo accigliare.
-Di che parli?!-
-Oh andiamo si vede da un kilometro che sei preoccupato per qualcosa e particolarmente suscettibile! Ouch!!! Merda!!!-
Drag si girò perplesso verso il camerino da cui stavano fuoriuscendo dei tonfi.
-Che hai fatto?!- chiese in allerta.
-Niente, niente!- minimizzò -E non cambiare argomento!- lo ammonì.
Il moro sospirò, puntando per un attimo lo sguardo a terra, consapevole che più di tanto non poteva mentire, non a lui. Non era mai stato granché bravo a farlo, ovviando la problematica invenzione di bugie con la sua espressione impassibile e il mutismo ma c’erano persone con cui quella tecnica non aveva mai funzionato. Persone come sua madre, Olivia, Boa e Robin. E Shanks. 
Prese un profondo respiro, pronto a confessare cosa lo preoccupasse da qualche giorno a quella parte.
-Beh…- cominciò, il tono sincero e il cuore in mano ma un nuovo tonfo, più potente di quelli precedenti, lo interruppe e gli fece sgranare ancora una volta gli occhi dorati, al colmo della preoccupazione.
Ma che diavolo…
-Porco Roger, ma che stai combinando?!- chiese, scostando la tenda con decisione.
Rimase immobile sulla soglia del camerino, senza sapere se scoppiare a ridere o lasciarlo lì una volta per tutte nel trovarlo spalmato contro la parete di legno, in una posizione degna di un contorsionista, assunta nel tentativo di slacciarsi la lampo della muta e che gli aveva fatto perdere l’equilibrio. Anche senza avere assistito a tutta la scena, Drag non faticava a immaginarselo saltellare nel tentativo di restare dritto prima di schiantarsi a peso morto contro il muro di parquet.
Con un grugnito e scuotendo energicamente la testa per sopprimere il riso, lo spadaccino entrò e si chiuse la tenda alle spalle sotto lo sguardo interrogativo di Shanks.
-Dai che ti aiuto, imbecille- lo apostrofò, osservandolo staccarsi a fatica dal muro e posizionarsi di spalle per farsi slacciare la cerniera.
-Dicevi?!- gli ricordò il rosso, senza perdere nemmeno un attimo, studiandolo attraverso lo specchio.
Drag gli lanciò una fugace occhiata, tornando subito a concentrarsi sulla muta.
-Sabo non vi ha parlato del nuovo prof di letteratura?- chiese, prendendola un po’ alla larga e facendo aggrottare le sopracciglia al rosso.
-Il prof Cora?! Sì, perché?! Mi è sembrato molto entusiasta lui e dice che non avranno problemi a cambiare docente l’anno della maturità con un insegnante così! Sono stati fortunati!- considerò, non riuscendo a capire cosa preoccupasse l’amico di quella faccenda.
-Sì beh ecco… il fatto è che anche Perona è entusiasta di lui… Anche troppo…- concluse, sollevando nuovamente il capo, con un’espressione eloquente.
Il rosso sgranò gli occhi mentre si girava, finalmente libero di sfilarsi la muta e senza esitare un attimo a farlo, lo sguardo costantemente puntato sull’amico.
-Pensi che Perona abbia una cotta per il suo professore?!- chiese in un soffio, facendogli assumere un’espressione miserabile e che parlava per lui -Ma ne hai parlato con Boa?!-
-Ma figurati! Mi darebbe del paranoico! È che non lo so Shanks! Non sarebbe un problema se solo lei non fosse così… matura! Da quanto ne so non ha mai preso una sbandata per nessuno della sua età e fino a tre anni fa era ancora cotta di Sanji!- disse tutto d’un fiato, dando sfogo alla sua preoccupazione.
Shanks, vestito solo dei boxer, sollevò un sopracciglio e portò le mani ai fianchi.
-Se fosse interessata a qualcuno della sua età saresti preoccupato comunque!-
-Ma sarebbe diverso!- insistette -Avrei la certezza che non le piace gente troppo adulta! Non voglio che mia figlia diventi la classica ventenne che finisce a letto con il proprio docente universitario!-
-Drag guarda che quello lo fanno le ragazze a cui manca una figura paterna nella loro vita- gli fece notare, calmo e rilassato -Non è il caso di Perona, tu sei un padre presente. Anche troppo a volte-
Drakul lo fissò qualche istante, senza sapere cosa dire, la preoccupazione per la sua bambina che lo faceva sragionare.
Poi un’idea lo colse all’improvviso. Ignorando tutto il logico e ragionevole discorso che il rosso gli aveva fatto, si avvicinò a lui, posandogli le mani sulle spalle nude.
-Puoi chiedere a Sabo di indagare!- propose, una luce quasi folle negli occhi.
Senza smettere di sorridergli, Shanks afferrò i baveri della sua camicia per scuoterlo.
-Drag devi darti una calmata!-
-Oh andiamo! Che ti costa?!-
-Ma tu sei fuori!-
-Solo un paio di domande!- lo implorò quasi, senza che nessuno dei due lasciasse andare l’altro.
-Drag…- lo chiamò di nuovo, chiudendo gli occhi un istante e respirando a fondo.
Tornò a guardarlo proprio mentre dei passi si avvicinavano fuori dal camerino.
-Provo questa roba e arrivo! Ci metto un attimo!- cinguettò una voce maschile e decisamente effeminata da oltre la tenda -Non farai nemmeno in tempo a dire “Un, deux…”-
I due amici voltarono il viso verso la tenda, immobili e agganciati l’uno all’altro.
-“…trois”!!!-
Sotto i loro sguardi sgranati e interdetti, la tenda si aprì con estrema grazia, rivelando un individuo alquanto singolare, non tanto per l’abbigliamento, eccentrico certo ma relativamente normale per loro che frequentavano Dofla dall’asilo, quanto per il trucco esagerato sugli occhi e per il fatto che stava piroettando con la grazia di una etoile. Si accigliarono quando il tizio si fermò nel suo roteare e li guardò perplesso.
Che aveva da fare quella faccia?! Era lui quello strano!!!
Poi, lentamente, Drakul realizzò la situazione assolutamente equivoca in cui si trovavano. Che Shanks era praticamente nudo e che erano ben più vicini di quanto ci si sarebbe aspettato da due amici, per quanto di vecchia data. Deglutì a vuoto, senza riuscire a muoversi, a causa del troppo imbarazzo.
-O-oh!- esclamò il tizio strano, incrociando le braccia e sollevando un sopracciglio con interesse -Posso unirmi a voi, pasticcini?! La mia esperienza mi dice che trois è meglio che deux!-
Congelato lì dov’era, Drag pregò mentalmente che Shanks si staccasse da lui, cacciasse quel soggetto assurdo e ritirasse la tenda, mentre la faccia gli andava a fuoco diventando dello stesso colore dei capelli dell’amico.
Ma si rese presto conto che la sua fiducia era stata mal riposta e grugnì tutta la sua frustrazione verso se stesso per essersi scelto un migliore amico tanto cretino, quando il rosso sorrise allo sconosciuto.
-Prego, c’è spazio per tutti!- 














Angolo di Piper: 
Ciao a tutti gente! Dunque vorrei scusarmi se non rispondo alle recensioni ma sappiate che le leggo tutte con gioia e ringrazio di cuore Bambolinarossa, Gibutistan, Luna e Eva! Non avete idea di quanto mi sproni a proseguire la storia! 
Luna voglio conoscerlo il tuo migliore amico!!!! XD 
Okay dunque su richiesta di Bambolinarossa ecco la foto di Izo: 



Image and video hosting by TinyPic



E' un pirata di Barbabianca, il comandante mi pare della 14esima flotta! 
Beh che altro dire se non grazie di cuore a tutti voi che siete giunti fin qui e aspettate pure il prossimo capitolo! 
Un bacio grande! 
Piper. 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Eccitante serata ***


-Quindi tu saresti vestita da…- lasciò la frase in sospeso, osservando la sua espressione concentrata a pochi centimetri.
-Sposa cadavere! Stai fermo!- lo ammonì, continuando a sfumare l’ombretto grigio sull’occhiaia dell’amico per dargli un aspetto emaciato -Sarà la terza volta che me lo chiedi!- gli fece poi notare, prelevando ancora un po’ di prodotto dalla cialda.
-È che non mi aspettavo proprio che ti saresti vestita così- le fece presente, concentrandosi per non sbattere la palpebra e rovinare tutto il lavoro di Perona.
-E cosa ti aspettavi? Se è una sposa non può che avere un abito bianco, Ace!- esclamò, guadagnandosi un’occhiata di striscio.
-Avevo capito solo cadavere- ammise, facendola bloccare con il pennello a mezz’aria solo per scoccargli uno sguardo scettico.
-Non commento- si limitò a mormorare prima di riprendere il suo elaborato lavoro.
Ace la studiò ancora una volta, focalizzandosi sui dettagli del suo viso che la loro vicinanza gli permetteva di cogliere. La pelle impallidita e un po’ ingrigita dal cerone, le occhiaie violacee rese a regola d’arte, le ciglia finte applicate in maniera impeccabile per far sembrare il suo sguardo ancora più grande e sperso, le labbra esangui.
Era un trucco fatto davvero molto bene, era sinceramente spaventosa, precisamente come voleva essere, lo sapeva Ace, ma lo era con incredibile classe. Senza contare che l’abito bianco, sgualcito, bruciacchiato e strappato qua e là le calzava a pennello, facendo risaltare ancora di più i suoi capelli rosa acconciati in boccoli contro la stoffa bianco sporco.
-Potevi vestirti da bambolina voodoo!- le disse di punto in bianco, colto da quel pensiero.
-La fa Koala la bambolina voodoo! Ma poi si può sapere che problema hai con il mio costume?!- perse un po’ la pazienza, portando le mani sui fianchi e accigliandosi.
-Dico solo che è poco convenzionale!- si affrettò a giustificarsi Ace, portando le mani aperte ai lati del viso, in segno di resa.
-Eh perché invece il pirata zombie è un classico vero?!- gli domandò, sollevando il sopracciglio, con un’espressione incredibilmente simile a quella di Law, e indicando la mise del moro.
La camicia scarlatta aperta sul torace, i pantaloni antracite infilati negli stivali, la collana al collo e la bandana in testa da cui sfuggivano un paio di ciocche nere e ondulate. Stava bene vestito così, non poteva negarlo Perona, ma non aveva intenzione di dirglielo. In fondo lui non le faceva mai un complimento nemmeno a pagarlo.
-Per tua fortuna ho fatto un bel lavoro!- affermò poi scrollando le spalle, tanto per mettere in chiaro che non stava affatto ammirando lui ma il trucco che gli aveva fatto per rendergli la pelle emaciata, malsana e, in alcuni punti, lucida come la carne viva esposta.
Aveva riprodotto quell’effetto al di sopra del sopracciglio destro, sul suo petto in più punti e sul braccio e ne andava particolarmente fiera. Era stato un lungo pomeriggio tra la preparazione propria e quella dell’amico ma non era mai stata così soddisfatta. Annuì decisa, posando il pennello e cominciando a riordinare.
-Ho finito- lo informò glaciale, mettendolo in allerta.
La osservò attento a disagio, maledicendosi mentalmente.
Perché non imparava a stare zitto?!
Sapeva quanto per Perona Halloween fosse un evento importante e sapeva quanto ci teneva a essere impeccabile e lui non aveva fatto che darle l’impressione di avere solo critiche per il suo costume. Sospirò, portando le dita a intrecciarsi sopra la testa, in un gesto che dimostrava pienamente quanto non sapesse che pesci pigliare, e si girò a lanciare un’occhiata alla porta per constatare che fosse ben chiusa.
Non gli andava che qualcuno potesse sentire anche solo per caso cosa stava per dirle.
-Quel vestito ti fa sembrare così…- cominciò indicandola e guardandola voltarsi con spaventosa calma e lentezza -Così…- provo di nuovo mentre la rosa portava le mani sui fianchi con sguardo di sfida, avvisandolo con gli occhi di stare molto attento a scegliere le parole se alla festa voleva arrivarci con le proprie gambe.
Ace rifletté ancora qualche istante, rassegnandosi al fatto che c’era solo un aggettivo che potesse rendere l’idea di quello che stava pensando.
-Così donna- concluse in un soffio, fissandola serio e facendola sobbalzare colta alla sprovvista.
Sorrise nel vederla sgranare gli occhi sorpresa.
-Quando ti guardo di solito vedo ancora la piccola principessa dei fantasmi che non ha mai davvero avuto bisogno di me che la difendevo, neppure alle elementari. Ma stasera…- la indicò di nuovo con entrambi le mani -Beh… Wow!-
Perona sollevò un angolo della bocca, trasognata e un po’ a corto di fiato.
Nessuno le aveva mai detto niente del genere. Era il più bel complimento che avesse mai ricevuto.
Ruppe gli indugi, correndo verso di lui e gettandogli le braccia al collo, trovando le sue pronte ad accoglierla e stringerla. La sentì posargli la mani a palmo pieno sul coppino, immergendo due dita nei capelli della sua nuca sollevandosi sulle punte.
-Ace…- lo chiamò direttamente all’orecchio, sussurrando.
Il moro allontanò appena il busto da lei per poterla guardare e stava già per invitarla a parlare quando un dolore lancinante al lobo gli fece strabuzzare gli occhi. Cercò di voltarsi verso di lei, sconvolto, per capire cosa le fosse preso per torcergli l’orecchio in quel modo ma Perona fece pressione sul retro del suo capo per mantenere il suo orecchio vicino alle proprie labbra.
-Sei dolcissimo ma io ho già un padre e due fratelli iperprotettivi che amano crogiolarsi in malinconici viaggi nel passato perciò, ti prego, te lo chiedo da amica, non cominciare anche tu, okay?!- mormorò rapida, dandogli l’impressione di stare sorridendo con la stessa inquietante dolcezza di una bambola assassina.
-Va bene, va bene!- si affrettò ad acconsentire, sospirando di sollievo quando finalmente la rosa gli mollò il lobo, tornando ad appoggiare completamente le piante al pavimento e cercandolo per sorridergli, stavolta con sincero affetto.
-Anche tu stai benissimo così- gli concesse, prendendo tra le mani i baveri della camicia da pirata e mordendosi il labbro, emozionata.
Si girò verso la finestra, lasciandolo andare e ballonzolando quasi sul posto.
-Non stai nelle pelle eh?!- le chiese sempre affettuoso, guardandola annuire.
-È così romantico- sospirò trasognata, facendolo accigliare senza perdere il sorriso.
-Solo tu potresti definire Halloween “romantico”!- le fece notare -E poi ti domandi perché ti chiamo Voodoo!-
-La gente è troppo superficiale! Dici “Halloween” e tutti pensano a sangue finto, denti appuntiti e dolci! Ma in realtà c’è atmosfera! C’è aspettativa! C’è attesa, Ace!- argomentò coinvolta tornando verso di lui e fermandosi di colpo solo per fare un giro su se stessa come se volesse farsi ammirare -Pensa. Pensa a quella ragazza così innamorata dell’amore da uscire dalla propria tomba ogni anno la notte di Halloween solo per cercare qualcuno che possa amarla per quello che è, vestita da sposa. Pensa cosa significa per lei la notte del 31 Ottobre- soffiò così presa da non rendersi conto di quanto apparisse sensuale con gli occhi che brillavano e le labbra incurvate in un lieve sorriso che il moro ricambiò radioso.
-Mi ricorderò di dirlo al tuo futuro fidanzato, di farti la proposta ad Halloween!- la informò, ghignando a più non posso, facendola scoppiare a ridere.
-Ecco, vedi perché sei il mio migliore amico?!- gli fece presente, finendo di coprire la distanza tra loro, fermandosi a scoccargli un bacio sul collo prima di proseguire verso la porta.
Afferrò la maniglia e girò il busto, inclinando la schiena e il collo all’indietro, lasciando cadere il braccio sinistro a peso morto.
-Andiamo, vorranno vederci con i costumi finiti di sotto- lo invitò, con un guizzo negli occhi.
 

 
***

 
-Fufufu qualcuno chiami il lupo cattivo!- esclamò il biondo, incrociando le dita dietro la nuca e scivolando un po’ più in basso sul divano, in contemplazione.
Margaret sorrise, arrossendo appena sulle guance a quel commento, facendo poi una mezza linguaccia a Dofla, mentre si sistemava meglio il cappuccio della cappa rossa, il pezzo forte del  costume da Cappuccetto Rosso che Boa aveva insistito per farle indossare.
-Solo che non ha niente di spaventoso- fece poi presente alla padrona di casa che stava ammirando quella che in una qualche contorta maniera era diventata sua nuora, ancora sull’ingresso della sala.
Boa fissò qualche istante l’amico prima di avanzare verso il divano, le mani incrociate sotto il seno e l’andatura cauta per non schiacciare il bordo del kimono che aveva scelto di indossare per la serata, regalo di non ricordava più quale sfilata di moda di parecchi anni prima.
-La cosa interessante è che quando l’ho messo io la prima volta mi hai trovata spaventosa eccome!- gli fece presente, sollevando un sopracciglio e sedendosi sul bracciolo accanto all’amico.
-Ma questo perché tu sei sempre spaventosa, Boa! Persino vestita da geisha come stasera!- rispose, continuando a sorridere, mentre la mora corrugava per un attimo le sopracciglia.
-E tu sei ridicolo persino vestito da Frankenstein- lo freddò glaciale.
-Fufufu! Ma non volevo fare troppa paura infatti! Non potevo rubare tutta la scena a Croco!- si spiegò girandosi verso il compagno.
Quest’ultimo, un cerchietto in testa con le due estremità di un’ascia ricoperta di sangue finto ai lati, un sigaro spento in bocca e le braccia incrociate al petto, stava ancora osservando atono Margaret, rifiutandosi di guardare il marito che ora stava dando dei colpetti al manico di plastica della finta ascia per riscuoterlo.
-Sarebbe stata un’autentica tragedia- commentò monocorde.
-Però ti dona quel sangue finto sai?!- commentò Boa, sporgendo il busto verso di lui.
-Trovi?- domandò senza comunque girarsi -Pensa che io volevo fare l’uomo invisibile stasera- affermò impassibile, facendo scoppiare a ridere le tre donne presenti mentre la padrona di casa si alzava per raggiungere il nuovo acquisto della loro compagnia da qualche anno a quella parte ormai, accanto a cui Margaret si era appena seduta.
-Perché hai il sigaro spento, Croco?!- domandò Rouge, accigliandosi appena.
-Qualcuno qui non gradisce che le tende sappiano di tabacco- rispose l’uomo, lanciando un’eloquente occhiata alla sua vecchia amica, che non si scompose minimamente, accomodandosi con eleganza.
-Ma lui non può fare a meno di stare con qualcosa in bocca- concluse Dofla, ghignante, facendo sgranare gli occhi a Boa che si afferrò poi il ponte del naso scuotendo la testa incredula e mortificata, mentre Margaret e Rouge ridacchiavano nonostante le guance arrossate per quell’imbarazzante uscita.
-… ridicolo, papà!- esclamò una voce spazientita, precedendo il suo possessore.
-Ma non sei affatto ridicolo! Guarda che questo costume è stato per anni il mio cavallo di battaglia!- ribatté Drakul, spingendo suo figlio dentro la sala, ricevendo un grugnito in risposta.
L’idea di Perona di vestirsi da sposa cadavere aveva dato il via a una caccia ai vecchi abiti di famiglia, perché Boa era sicura di avere da qualche parte un vestito che potesse fare al caso di sua figlia ma, così facendo, erano stati riesumati anche altri costumi, come il kimono di Boa, il completo di Margaret, quello indossato da Drag e quello che Drag aveva obbligato Law ad indossare.
La giovane erpetologa si rimise in piedi nel vedere il proprio uomo fare il suo ingresso ma non riuscì nemmeno a sorridergli tanto rimase folgorata.
Già non si era aspettata che si mettesse un costume ma quel costume! Era… Era…
-Per tutti i kami- soffiò Boa, portandosi una mano alla bocca sorridente.
-Impressionante- commentò Crocodile, una volta tanto senza sarcasmo.
Margaret deglutì a vuoto, studiando l’abbigliamento di Law, i pantaloni scuri che gli fasciavano le gambe, la giacca dall’ampio colletto completamente aperta sul torace, nera con la fodera e le maniche rosse e fantasia tono su tono, il cappello a falde larghe e con una piuma bianca, il ciondolo a forma di croce che gli ricadeva sul petto tatuato.
-È come guardare te vent’anni fa, Drag- aggiunse Boa, chiarendo finalmente a Rouge cosa avesse stupito tanto i presenti nel vedere Law così e facendo sorridere Drakul -Anche se Law è più bello!- aggiunse, guardandolo accigliarsi.
-Non che ci voglia molto- le diede manforte Croco mentre Dofla piegava il busto in avanti posando gli avambracci sulle ginocchia.
-Fufufu! Drag vuoi che ti recuperi uno specchio così puoi vedere come il degrado degli anni ha agito su di te con un realistico confronto?!- gli domandò, beccandosi un’occhiata omicida.
-Dofla vai a…-
-Drag!- lo ammonì Boa, mentre Rouge scoppiava a ridere.
-Comunque hai sbagliato costume- gli fece presente Croco, cogliendolo in contropiede.
-Che vuoi dire?- domandò, osservandosi con perplessità.
-Quello doveva metterlo lui- spiegò, indicando prima Drakul e poi il nipote.
Tutti quanti, eccezion fatta per Law e Margaret si concentrarono su ciò che lo spadaccino aveva indossato, rendendosi conto solo in quel momento del costume peloso da licantropo che portava.
Dofla lo squadrò attentamente prima di sollevare un sopracciglio oltre il bordo degli occhiali scuri.
-Cosa sei?! Bigfoot?!-
-Ma da dove arriva quel costume?!- chiese sua moglie, facendolo stringere nelle spalle.
-Dì un po’ Drag, da quanto non fai la ceretta?!- si intromise di nuovo Dofla, facendogli mandare gli occhi al cielo.
-Comunque a loro non sembra importare molto- concluse Croco, riuscendo ancora una volta a portare l’attenzione di tutti là dov’era catalizzata la sua.
Dimentichi di tutto, Law e Margaret si fissavano ancora, folgorati l’uno dall’altra, quasi fosse la prima volta che si incontravano, senza nemmeno rendersi conto degli occhi di tutti puntati addosso. Una serie di sguardi eloquenti viaggiò per la stanza, mentre sul volto dei presenti si disegnavano sorrisi imbarazzati o divertiti o un mix delle due cose.
-Ma sarà una coppia approvata, Cappuccetto Rosso e Dracula?!-
-Dofla…- scosse la testa Boa, senza riuscire a restare seria.
-Drag, Boa prevedo nipoti in arrivo- si lasciò andare a una rara battuta Croco, sogghignando.
Law sbatté le palpebre, tornando finalmente in sé a quelle parole, senza registrarne realmente il significato.
-Scusate!- mormorò, scuotendo il capo e facendo ondeggiare la piuma bianca -Non ho nemmeno salutato!-
-Tranquillo figliolo- lo rassicurò lo zio, mentre il ragazzo si spostava per raggiungere Margaret.
-Stai benissimo- le soffiò ghignando, facendola sorridere un po’ persa.
-Anche tu-
-Ma Ace e Perona?- chiese accigliata Boa, cercando il marito con gli occhi.
Drag si strinse nelle spalle.
-Ancora in camera! Lo sai com’è tua figlia, una perfezionista! Soprattutto se si parla di trucchi e di Halloween!- le fece presente, muovendosi per raggiungerla ma venendo fermato dal suono del campanello.
Deviò verso la porta d’ingresso, ancora concentrato sui presenti in salotto per ascoltare l’ennesima battutaccia di Dofla, girandosi solo all’ultimo una volta aperto l’uscio e sobbalzando spaventato.
-Buonasera!!!-
A occhi sgranati squadrò con più attenzione il trio sulla porta. Una donna dai capelli scuri vestita da bambola di pezza, una bimba bionda con un abito nero e un cappello a cilindro e…
-Da cosa ti sei vestito?!?- domandò al colmo dell’incredulità.
Scandagliò ancora e ancora il proprio migliore amico, partendo dai pantaloni a metà polpaccio color glicine con una fantasia bianca simil-zebrata, salendo verso la camicia aperta di un blu acciaio acceso e il boa lilla che gli copriva le spalle, per terminare sul suo volto incorniciato da ciocche rosse su cui campeggiavano un paio di occhiali da sole di dubbio gusto, una cicatrice sulla guancia destra disegnata con il carboncino e un sigaro spento tra i denti.
-Ma come da cosa sono vestito?!- domandò Shanks, allargando le braccia -Da Dofladile!- esclamò come se fosse ovvio, facendo abbassare gli occhi a Makino che, suo malgrado, sorrise divertita.
Drag sbatté interdetto le palpebre, immobile sull’uscio, mentre Lamy entrava in casa con classe reggendo il suo secchiello per i dolci a forma di fantasma.
-Ciao zio Drag!- lo salutò, riscuotendolo.
Gli mise una mano sulla testolina bionda, in un’affettuosa carezza, senza riuscire a smettere di fissare la prova tangibile della stupidità del suo amico. Si piegò appena per facilitare il tentativo di Makino di baciarlo sulla guancia.
-Fufufufu! Santo Roger, per quello mi hai chiesto i vestiti?!- il quartetto si girò verso il vano nella parete che costituiva la porta della sala di casa Mihawk, trovandolo invaso da Dofla, Law e Margaret.
Lamy schizzò come un fulmine nel riconoscere il cugino preferito, chiamandolo a gran voce con le braccia già tese per saltargli in braccio.
-Law!!! Margaret!!!-
-Ciao cucciola!- la salutò, tirandola su e dandole un bacio sulla punta del naso, girandosi poi per permettere a  Margaret di salutarla a sua volta, mentre Dofla avanzava verso l’amico per dargli una goliardica pacca.
-Sei un genio!- affermò, facendo sorridere il rosso ancora di più -Aspetta che ti veda Croco!- aggiunse, ghignando a più non posso.
Un rumore di passi sulle scale attirò l’attenzione di tutti, facendoli voltare in massa.
Ridendo per chissà quale battuta del moro, Ace e Perona apparvero dal piano superiore, fermandosi sorpresi da tutta quella gente ferma nell’ingresso.
-Ehi, ciao!- esclamò la rosa mentre sia Shanks che Dofla abbassavano gli occhiali per osservarla meglio.
Finì di scendere, buttandosi verso gli zii, abbracciandoli con affetto.
-Tesoro sei bellissima- mormorò Shanks, scoccandole un bacio tra i capelli.
Salutò anche Makino, prima di voltarsi verso la star della serata e accovacciarsi per terra mentre Law la rimetteva giù. Lamy le corse incontro per farsi abbracciare.
-Guarda che bella principessa dei fantasmi abbiamo stasera!- esclamò Perona, facendo illuminare la piccola.
-Ti piace?!-
-Tantissimo!-
-È vero che era tuo?!- chiese ancora la bimba, chinando appena il capino di lato.
La rosa annuì convinta.
-Sì, me lo ha cucito la mamma quando avevo più o meno la tua età! Ma ora è tuo, però sappi che è un abito che da delle responsabilità!- la avvisò, facendole sgranare gli occhi -Se vuoi con questo puoi diventare invisibile e trasformare in zombie chi ti fa arrabbiare!- proseguì con tono da cospiratrice, guardandola aprirsi in un sorriso.
-Forte!!!-
-Il Fantasma dell’Opera è arrivato!- esclamò una nuova voce dall’ingresso, mentre il suo possessore entrava teatralmente dalla porta ancora aperta, avvolgendosi nel mantello nero con un ampio gesto del braccio.
-Almeno ha evitato di cantarla- mormorò sottovoce Ace, sporgendosi verso Boa e sua mamma che intanto si erano aggregate a tutta la compagnia insieme a Croco, intento a fissare Shanks tra il disgustato e il truce.
Sabo spostò gli occhi sulla cugina, simulando un grande stupore e avanzando melodrammatico verso di lei che si stava rimettendo in piedi.
-Ma cosa vedo?! Signorina siete forse una visione?! Non potete essere vera se siete tanto bella!-
-Oh Santo Roger- grugnì Ace, roteando gli occhi -Sabo! Sabo controlla se la maschera ti comprime il cervello per favore!-
Il biondo lo fulminò per un attimo, voltando poi il capo dall’altra parte.
-Non ho ricordi del Sabo di cui parli! Io sono solo un misero fantasma che vaga senza pace nelle notti senza luna!- affermò con sofferenza, sotto lo sguardo divertito dei più e basito di Drag e di Ace.
-Ma allora è davvero figlio di Shanks- soffiò Drakul, facendo voltare Makino verso di sé.
-Rende più di un test di paternità vero?!-
-Ma voi, mio angelo, potreste di certo porre fine alle mie sofferenze!- esclamò, afferrando la mano di Perona con le proprie -Volete essere la mia dama per questa sera?! Vi prego…- continuò mettendosi in ginocchio ed estraendo una finta rosa rossa dalla tasca interna del mantello -…Accettate questo fiore e sarò vostro obbligato schiavo per l’eternità!-
Perona scoppiò a ridere ormai al limite, prendendo in mano la rosa solo per picchiettarla sul suo naso.
-Siete molto galante messere ma credo dovreste conservare questa rosa per un’altra donzella e, possibilmente, cambiare spacciatore- gli rispose, provocando uno scroscio di risa tutto intorno, contagiando anche il diretto interessato.
Ace si mosse per raggiungerli mentre Drakul richiudeva finalmente la porta.
-Amico per un attimo ho seriamente temuto per la tua sanità mentale!- gli disse Ace dandogli una pacca sul braccio.
Sabo si strinse nelle spalle, ancora sorridente.
-Mi sento più scemo del solito stasera! Ma puoi stare tranquillo, non ti ruberei mai Perona!- lo prese in giro dandogli di gomito e usando un tono confidenziale, facendolo sospirare e annuire con teatrale coinvolgimento.
-Come sei magnanimo!- 
-Ragazzi in posa che vi faccio una foto prima che andiate!- esclamò Boa, dopo avere recuperato una macchina fotografica, interrompendo quel breve scambio di battute.
Perona tornò verso di loro, con l’intenzione di posizionarsi in mezzo, ma non fece in tempo a mettersi di schiena che si ritrovò sollevata da terra, tra le braccia e contro il petto di Ace. Lo fulminò con lo sguardo, senza riuscire a rimanere davvero seria, mentre anche Sabo si avvicinava un po’ di più.
Boa premette il tasto più volte riuscendo a fare anche qualche scatto più spontaneo, per poi esaminare le foto e sorridere, contenta di avere immortalato quell’attimo di pura felicità. 




Angolo di Piper: 
Ahhhhhhh i preparativi per Halloween fervono e io mi sono fatta contagiare! Anche se come al solito non mi vesto nemmeno quest'anno! 
Non mi dilungo troppo, vorrei solo ringraziare Bambolinarossa (No, no Cora non è fratello di Dofla in questa fic! E credimi c'è poco da dubitare sulla salute mentale di Shanks, non ne ha una!) e Gibutistan (Grazie per la segnalazione delle lettere mancanti, ho corretto qualcosa ma mi sa che ci sono ancora errori, coooomunque... conosco il tuo debole per i rappresentati maschili di casa Mihawk quindi sono particolarmente felice che il capitolo precedente ti sia piaciuto!)
Al prossimo aggiornamento! 
Piper. 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Ballo dell'oltretomba ***


La casa era decorata a regola d’arte, con ragnatele finte e zucche contenenti candele elettriche disseminate in ogni dove, a rischiarare la penombra in cui si trovavano immersi, illuminata a intermittenza dalle luci dello strobo.
Ci avevano lavorato per due giorni Ace, Perona, Kobi, Sugar, Sabo e Koala, con la partecipazione speciale di Izo solo il pomeriggio precedente, allo scopo di rendere casa Donquijote il più spaventosa possibile. Si erano mossi con un certo anticipo, consapevoli che il giorno della festa sarebbero stati troppo presi a preparare se stessi per preoccuparsi dell’arredamento, con grande divertimento di Dofla che trovava affascinanti quelle retine elettrostatiche in cui avevano incastrato qua e là dei ragni finti. Croco, invece, aveva espresso il proprio disappunto con il suo solito tono monocorde.
-Zio Dofla e zio Croco sono stati davvero gentili a lasciarci casa!- considerò Sabo, guardandosi intorno ed esaminando i pochi invitati che erano già arrivati, ovviamente dopo di loro, prima di accigliarsi appena -Mi spiace che casa nostra sia troppo piccola, papà l’avrebbe messa a disposizione volentieri- proseguì, attirando l’attenzione della cugina.
-Non preoccuparti Sabo, sono loro ad avere una casa esageratamente grande eh!- gli fece notare, alzando entrambe le sopracciglia e strappandogli un sorriso.
-Continuo a sostenere che si poteva benissimo evitare di spolverare per due mesi e l’effetto sarebbe stato identico!- affermò Ace, perso nelle sue riflessioni e del tutto ignaro dello scambio di battute appena intercorso al suo fianco.
Perona e Sabo si girarono a guardarlo, trovandolo in attento esame delle ragnatele finte, con tanto di sopracciglia corrugate e braccia incrociate al petto.
-Ma poi ci sarebbe voluti due mesi per pulire bene- gli fece notare atona Perona, già consapevole che l’amico non si sarebbe arreso facilmente.
Erano due settimane che andava avanti con quella storia!
-Sì ma si sarebbe risparmiata un sacco di energia! Non ci saremmo stancati a decorare, e negli ultimi due mesi nessuno si sarebbe stancato a pulire!- ribatté convinto e ragionevole, lasciandoli senza parole.
-Una logica inoppugnabile- argomentò una voca sarcastica, facendo voltare tutti e tre a sinistra.
-E tu da dove sei saltato fuori?!- domandò Sabo, squadrando attentamente il ragazzo moro che si era silenziosamente aggregato a loro, appoggiandosi al tavolo di schiena, e che gli lanciò un’occhiata di striscio.
-E da cosa sei vestito soprattutto?!- s’intromise Ace, sporgendosi verso Izo.
-Indovina!- lo invitò divertito, indicando l’abito scuro come il mantello portato con classe sulle spalle, la spada al fianco e il trucco perlaceo sul volto.
-Uhmmmmm…- mugugnò il moro, senza sapere cosa dire.
Perona sospirò mandando gli occhi al cielo.                    
-Da cavaliere fantasma!- intervenne prima di stirare la schiena all’indietro, per poter guardare l’amico oltre la schiena di Sabo -Bellissima idea tra l’altro!- gli disse, ottenendo un sorriso di ringraziamento.
-Come fai a riconoscere tutti i costumi così?!- chiese accigliandosi Ace, beccandosi un’occhiata mezzo omicida dalla rosa.
-Non è quello Ace! Sei tu che vai insieme se si esce dalla zona sicura di vampiro, licantropo, zombie o mummia!- gli fece presente, indignandolo.
-Non è vero!!!-
-Ah no?! E allora da cosa è vestita Lindow?!- gli domandò, sollevando il sopracciglio, guardandolo studiare con attenzione la mora che indossava un abito bianco senza spalline, gonna a pieghe e una faccia sorridente disegnata sul corpino.
Ace assottigliò lo sguardo, nel silenzio generale, riflettendo febbrile e illuminandosi nel trovare la risposta.
-Da fantasma!!!- esclamò trionfale, girandosi poi con un’espressione soddisfatta verso gli amici che ora avevano assunto tutti la stessa espressione di Perona.
-Ace è un teru teru bozu- mormorò Sabo con un filo di voce, quasi non volesse farsi sentire.
-Oh eccoli che arrivano!- li interruppe Izo, salvando l’amico da quell’imbarazzante situazione, mentre Perona posava una carezza sui capelli scuri di Ace, sistemati con il gel per l’occasione, aprendosi in un affettuoso sorriso.
-Ehi ragazzi!- si sbracciò Sugar, avvicinandosi insieme a Koala e Kobi, che camminava in mezzo alle due ragazze con un’andatura e, probabilmente, un’espressione rassegnata dietro le bende.
-Come state?!- domandò la castana appena li raggiunsero, affrettandosi a salutare tutti con un bacio, facendo ondeggiare la gonna crema dell’abito rattoppato e bordato di tulle rosso e i capelli spettinati a regola d’arte.
-Ehi, stasera devo chiamare te Voodoo allora!- affermò Ace, sorridendole radioso e facendo voltare di scatto Perona con uno strana stretta allo stomaco -Stai proprio bene!- proseguì, invitandola a fare un giro su se stessa -E non solo tu- concluse con voce più roca, puntando uno strano sguardo su Sugar, che si era spostata accanto alla rosa per salutarla, e sul suo costume da vampira, costituito da un corto abito viola, stivali al ginocchio e un mantello nero con la fodera porpora e il colletto ampio.
Uno strano lampo attraversò le iridi scure di Ace nel posarsi sulla verdina, lampo che non sfuggì agli occhi attenti di Perona, la quale sorrise furba nella penombra.
-Ma che genere di mummia sei?!- stava intanto chiedendo Sabo a Kobi, osservando con attenzione le bende visibili al di sotto della camicia bianca aperta sul torace e i pantaloni blu dell’amico.
-Veramente ero venuto in borghese ma queste due mi hanno obbligato a fare la mummia, però mi sono rifiutato di andare in giro vestito solo di bende che sembrano carta igienica, così ho rimesso i miei vestiti sopra!-
-Non hai caldo?!- si preoccupò il biondo, studiando il bendaggio che gli avvolgeva il volto, lasciando liberi solo gli occhi, la punta del naso e la bocca, oltre a qualche ciocca rosa che serpeggiava fuori ribelle.
-Lascia stare! Mi sto sciogliendo!-
-Se tu non avessi fatto il noioso e avessi scelto un costume…- cominciò Sugar, incrociando le braccia sotto al seno.
-Ma avevo la maschera da assassino e il coltello!- protestò.
-Ma era un costume minimal! Così sei molto meglio! Sembri un uomo d’affari mummificato!- sostenne convinta Koala, facendo annuire tutti quanti con sincero divertimento. Kobi scosse la testa senza riuscire a non sorridere.
-E va bene! Va bene!- concesse, alzando le mani in segno di resa e rilassandosi insieme agli amici.
Lanciarono tutti un’occhiata al salotto che si stava ormai gremendo a vista d’occhio.
-Si riempie in fretta eh?!- considerò il rosa prima di cercare con gli occhi i ragazzi del gruppo -Andiamo a sistemare le casse per la musica?- propose, facendo annuire Ace, Izo e Sabo.
-Io ho portato il pc con un po’ di play list! Vado a prenderlo in macchina!- disse Ace.
-Ti accompagno- lo avvisò Kobi, desideroso di una boccata d’aria fresca.
-Io e Izo cominciamo a sistemare l’impianto allora- decise Sabo.
Koala, Perona e Sugar li studiarono allontanarsi in direzioni diverse, godendosi per qualche istante la calma, il chiacchiericcio sommesso, l’atmosfera e la loro compagnia reciproca.
-Sarà una bella serata!- affermò poi la castana, facendo annuire le amiche.
-Andiamo a tirare fuori i cocktail?!- buttò lì Sugar dopo un attimo, ottenendo a sua vola cenni d’assenso.
In un frusciare di abiti le tre ragazze si mossero verso la cucina e solo Perona si fermò ancora un istante, girandosi verso la sala decorata, impaziente. Non vedeva l’ora che la festa entrasse nel vivo. Sarebbe stata una serata speciale, se lo sentiva.
 

 
***

 
-Allora buona serata ragazzi e grazie ancora per averla portata in giro per il quartiere- li ringraziò Makino, sulla porta di casa Mihawk, con un’addormentata ma soddisfatta Lamy tra le braccia.
-Figurati zia, è stato un piacere!- affermò sincero Law, sporgendosi a darle un bacio sulla guancia e posando un’ultima paterna carezza sul capo biondo della cuginetta.
Uno scroscio di risa proveniente dal salotto li raggiunse mentre Makino richiudeva cauta la porta con un ultimo silenzioso saluto.
Che Law stravedesse per Lamy e che la cosa fosse reciproca lo sapevano tutti i componenti della famiglia, ragion per cui Margaret non si era stupita quando il moro le aveva buttato lì l’idea di accompagnare la piccola a fare “dolcetto o scherzetto” prima di andare alla festa organizzata nel futuro ristorante, ancora vuoto ma già riscaldato, di Sanji. A colpirla davvero era stato vederlo così paterno e affettuoso, non perché Margaret non sapesse o dubitasse che ne fosse capace, ma perché quello che le aveva scatenato dentro la stava facendo sentire strana in quel momento.
Era certa che non fosse solo quel particolare, che fosse un insieme di cose. Anche il costume faceva la sua parte, era rimasta senza fiato tanto era bello vestito così. Fatto sta che dopo settimane di angoscia per quella che sembrava un momento di freno nella loro da sempre intensa vita sessuale, ora Margaret sentiva un insistente e pulsante calore riempirle le vene e la pelle pizzicare, e non per l’aria fresca di fine Ottobre.
Salì in macchina, dalla parte del passeggero, smuovendo le spalle e stringendo le cosce tra loro, mentre anche Law faceva altrettanto, chiudendo la portiera con un tonfo. Si girò a guardarla, accarezzandola sul volto e ghignandole prima di mettere in moto, mandandola ancora più in tilt.
Di solito non aveva problemi a controllarsi, Margaret, era abituata a comunicare con lui silenziosamente e con lo sguardo, era una delle cose che più le piaceva del loro rapporto, così come le piaceva quando si perdevano in lunghe chiacchierate su tutto e su niente, soprattutto dopo aver fatto l’amore. Ed era anche abituata al suo sguardo innamorato, alla delicatezza con cui la toccava, quasi avesse paura di romperla, al ghigno carico di voglia che le rivolgeva sempre, sebbene ogni volta si scoprisse incredula di essere proprio lei il fortunato oggetto di quelle attenzioni.
Ma in quel momento, mentre Law faceva retromarcia per raggiungere l’”All Blue”, concentrato sulla strada e illuminato solo dalle luci dei lampioni, che rendevano ancor più netto il suo profilo, la giovane erpetologa si sentiva scoppiare.
Prese un profondo respiro, girò il capo dalla parte opposta e cercò di concentrarsi sul panorama sfocato che le viaggiava rapidamente accanto, senza successo. Era peggio di una calamita, non poteva resistere nemmeno un minuto senza cercarlo, per contemplarlo e riempirsi gli occhi di lui. Sovrappensiero, portò una mano sulla leva del cambio, sfiorandone l’apice con i polpastrelli, rendendosi conto solo dopo pochi istanti che in realtà stava solleticando le nocche di Law, il quale le lanciò una rapida occhiata prima di accarezzarle l’arto con il pollice.
-Tutto bene?!- le chiese, facendola annuire.
-È stato adorabile portare Lamy per il quartiere!- affermò ritrovando un po’ della sua verve.
-Un bel tuffo nel passato- confermò il moro, senza staccare gli occhi dalla carreggiata.
Margaret si morse il labbro, chiedendosi cosa le prendesse. Normalmente non avrebbe avuto problemi a prenderlo un po’ in giro, chiamandolo “aspirante papà”, con un velo della sua immancabile malizia ma, per un qualche motivo, in quel momento non ci riusciva. Era troppo sopraffatta dalla voglia che le stava incendiando il sangue e mandando i battiti cardiaci alle stelle.
Si girò a guardarlo di nuovo, provando una scarica lungo la colonna vertebrale.
Era quel costume, maledizione! Lo trovava dannatamente eccitante, non poteva negarlo!
Deglutì a vuoto chiudendo un istante gli occhi, prima di decidersi a parlare.
-Law?!-
-Mh?!-
-A che ore iniziava la festa?!- domandò con tono vago.
Il moro lanciò un’occhiata all’orologio a cristalli liquidi, le cui cifre azzurre spandevano un lieve alone sul cruscotto.
-Ora in pratica- la informò, accigliandosi -Perché me lo…- fece per domandarle, girandosi a guardarla.
E tanto gli bastò, un fugace sguardo, per sentirsi le parole morirgli in gola e qualcosa tornare molto vivo, riscaldandolo in tutto il corpo, nel cogliere l’espressione e la luce inequivocabile che illuminava gli occhi della sua donna.
-Sarebbe molto grave se arrivassimo un attimo in ritardo?- gli domandò in un soffio, facendolo deglutire rumorosamente.
Prese un profondo respiro mentre il suo corpo prendeva a pulsare, impazzito.
-No per niente- mormorò in risposta, sterzando per accostare la macchina in una zona riparata e in ombra, lontano dalla strada principale.
 

 
§

 
Allungò il collo, spingendo sulle punte dei piedi nel tentativo di vedere oltre le teste degli invitati che, in un attimo, avevano gremito la casa. La musica riecheggiava già tra le pareti della villa ma Ace e gli altri non si vedevano, sicuramente ancora alle prese con l’impianto.
-Che staranno combinando?- chiese Perona, accigliandosi e parlando più con se stessa che con le amiche.
-Lo sai come diventano quando si parla di computer!- le fece presente Sugar, sorseggiando il suo cocktail.
-E di musica!- le fece notare Koala, strappando un risolino alla rosa.
-Izo starà meditando il suicidio- considerò, facendo ghignare anche le altre due.
-Forse dovresti andare a rapirlo e metterti a sparlare del look degli invitati e della loro spaventosa incapacità a truccarsi! Di sicuro lo tireresti su!- considerò Koala, perdendo lo sguardo tra la folla.
-Scusate la domanda…- cominciò Sugar, attirando l’attenzione delle altre due e corrugando le sopracciglia –Ma perché stiamo qua in mezzo?!- domandò ragionevole, obbligando le altre due ad analizzare la situazione.
In effetti non aveva senso stare in mezzo alla gente intenta a scatenarsi come se non ci fosse un domani, immobili per non urtare nessuno, a chiacchierare con i cocktail in mano.
Perona si scansò appena in tempo, senza riuscire a mettere a fuoco il ragazzo che le era quasi finito addosso, pogando.
-Non lo so nemmeno io Sugar!- rispose alla cugina, alzando appena la voce per sovrastare il volume della musica che stava aumentando esponenzialmente -Forse dovrem…-
-Perona-senpai!!!-
Fu un attimo, un braccio si avvinghiò al collo della rosa e un altro scattò accanto al suo volto colpendo in pieno naso Barto, facendolo scivolare a terra stordito. A occhi sgranati, Perona e Sugar osservarono il verde incastrato nel pavimento balbettare frasi incomprensibili, prima di girarsi verso Koala, con la stessa attonita espressione. La castana le osservò, il respiro lievemente affannato, il braccio ancora teso e la mano ancora chiusa in uno dei suoi micidiali pugni.
-Io… io… Mi spiace, non l’ho riconosciuto e… mi è venuto istintivo!- si giustificò, dispiaciuta.
Un mugugno inarticolato, su quanto fosse fantastico e un onore essere alla stessa festa della sorella del grande Zoro-senpai le raggiunse, tranquillizzandole sulle condizioni dell’amico che però continuava a sanguinare copiosamente dalla cavità nasale.
-Forse è meglio medicarlo un po’, che dite?!- propose Sugar, trattenendosi a stento dal ridere per il suo mugolare senza senso e per la posizione assurda in cui si trovava.
-Ti accompagno!- si offrì subito Koala, desiderosa di farsi perdonare.
-Io aspetto i ragazzi, se no non li recuperiamo più! Resto qui in zona, vicino al tavolo dei cocktail!- le avvisò Perona, mentre cugina e migliore amica si chinavano per caricarsi Barto sulle spalle per trascinarlo via con Koala che continuava a chiedergli scusa e lui che continuava a studiare da vicino il colore dei capelli di Sugar, chiamandola “Zoro-senpai”.
Perona scosse la testa, sbuffando una risata che le sollevò la frangetta rosa, muovendosi poi per spostarsi, domandandosi quanto ci stava mettendo Ace a trovare la play list per la serata e farla partire. Sapeva di potersi fidare ciecamente dei gusti del proprio migliore amico e che quella che stava risuonando era solo musica jolly, utile per qualsiasi festa.
Ace aveva di sicuro fatto un ottimo lavoro nel selezionare le canzoni per quella serata. Ne era certa, sapeva quanto fosse importante per lei e mai una sola volta il moro l’aveva delusa.
Sospirando, portò due dita a posarsi all’incrocio delle clavicole, sentendosi per un attimo nuda per la mancanza del ciondolo satinato rosa a forma di fantasmino che Ace le aveva regalato ad aprile, per il suo sedicesimo compleanno e che aveva dovuto togliere per non rovinarlo con il cerone che aveva applicato anche su tutto il decolleté. Scosse le spalle, ridendo di se stessa per sentirsi malinconica per una cosa tanto sciocca, e si mosse per uscire dalla crocchia di gente che ballava in gruppetti. Fece in tempo a fare due passi prima che un strano brivido la attraversasse, obbligandola a girarsi mentre la musica cambiava.
 
[Together – The XX]
 
Assottigliò lo sguardo mentre tornava a voltarsi completamente, con la sensazione di essere osservata. Eppure non c’era nessuno che le stesse prestando attenzione, erano tutti impegnati a cambiare il ritmo della propria danza, per adattarlo alla nuova canzone, che aveva un che di nostalgico e inquietante, da far venire i brividi lungo la schiena e il batticuore.
Perfetta, secondo Perona. Così perfetta da attirarla come una calamita, trattenendola lì sulla pista senza un realmente valido motivo.
Prese un profondo respiro, portando una mano a sistemarsi nervosamente i capelli, accorgendosi in ritardo di una figura che avanzava dritta tra la folla, apparentemente verso di lei, facendo frusciare il mantello scuro.
E il batticuore la colse per davvero quando si accorse che i suoi occhi, penetranti nonostante la maschera del Fantasma  dell’Opera che indossava, coprendogli tutto il viso tranne naso e labbra, erano puntati su di lei.
 
I know to be there
When and where, I'll be there
You know what's to be said
We said out loud, we never said
My premonition of the world comes to me
A sun in your hands from the middle life
Says I'm alright
 
Un lieve tremito la scosse, i piedi incollati al pavimento e gli occhi a lui, con il dubbio che non fosse affatto reale. Non sapeva perché stesse reagendo così, non riusciva nemmeno a identificarlo nella penombra, tutto ciò che riusciva a cogliere era che era moro e che i suoi occhi erano di un denso color cioccolato fondente. Ma tutto, la canzone, l’atmosfera, il modo in cui si sentiva trapassata da quello sguardo, il suo modo di camminare, sicuro e deciso, tutto la stava mandando in tilt.
Trattenne il fiato quando lui si fermò a pochi passi, guardandola qualche istante, prima di sollevare una mano a scostarle una ciocca dal viso, per poi portarla sul suo fianco e avvicinarsela con delicatezza, facendola appoggiare al proprio petto con i palmi. Senza staccare lo sguardo da lui, la rosa lo lasciò fare, seguendolo ipnotizzata, mentre cominciava a ondeggiare a ritmo di musica, muovendosi insieme a lui. Non cercò di identificare qualcosa di lui, del suo viso o del suo odore.
A dire il vero, il fatto di essersi ritrovata a ballare con un perfetto sconosciuto la eccitava anche di più, era un qualcosa di inquietante e magico al tempo stesso. E non aveva paura, Perona, non perché fossero in mezzo a chissà quanta gente.
In realtà era come se tutti e tutto intorno a loro fosse scomparso, isolandoli in quel trascinante ballo dell’oltretomba. Ma tra le braccia di quel ragazzo che le stava incendiando la pelle con un semplice tocco, facendogliela ribollire come pastella nell’olio, si sentiva al sicuro, come se avesse trovato il proprio posto, la sua perfetta custodia. Inspirò a pieni polmoni, lasciandosi andare, profondamente rilassata, mentre volteggiavano tra le luci dello strobo.
 
You said you don't have to speak
I can hear you
I can feel all the things you've ever felt before
I said it's been a long time
Since someone looked at me that way
It's like you knew me
And all the things I couldn't say
 
Era come comunicare con il corpo, la musica a fare da interprete. Sentì il sangue defluire alla testa e le gambe farsi molli, senza rallentare la loro perfettamente sincronizzata danza. Le sembrava di veleggiare a qualche centimetro da terra, le mani appena tremanti, le vertigini che rendevano tutto ancora più piacevole perché tanto c’era lui a sostenerla.
Si sentiva vittima di un incantesimo, un incantesimo che non voleva spezzare. Desiderava con tutta se stessa continuare a respirare il suo odore e godersi il suo calore, anche se non era razionale e neppure maturo.
Però era bello ed eccitante e magico e Perona non avrebbe desiderato niente di meglio per sugellare quella notte.
Erano i suoi occhi a tenerla così agganciata, occhi che non si erano staccati da lei neppure un istante, neppure quando l’aveva fatta girare sotto il proprio braccio trascinandosela subito di nuovo addosso, occhi che la guardavano come nessuno aveva mai fatto.
 
Together to be
 
Facendola sentire così bella.
Così desiderabile.
Così unica.
 
Together and be
 
Si sentiva speciale tra le braccia di quel ragazzo, insieme a lui.
 
Together to be
 
Sapeva che sarebbe tutto finito con la canzone ma non le importava. Non cercava un principe azzurro, Perona. Voleva solo viversi il momento, sentirsi la sposa cadavere per davvero e non avrebbe chiesto né di più né di meglio.
 
Together and be
 
E non poteva credere che stesse succedendo per davvero.
 
Together to be
Together and be
 
No, non riusciva a crederci, Margaret, a quello che stavano facendo. Gettò la testa all’indietro, conficcando le unghie nelle sue spalle, marchiandolo mentre Law la stringeva a sé.
 
Together to be
Together and be
 
Non riusciva a credere di stare facendo l’amore sul sedile posteriore della loro macchina, come due ragazzini, con la stessa incoscienza dei loro vent’anni, ma anche con la stessa passione.
Gemette quasi con disperazione quando le labbra sottili di Law si posarono in mezzo ai suoi seni, liberi dal corpetto che il moro le aveva abbassato fino a sotto l’ombelico, sollevandole la gonna, senza spogliarla del mantello, così come lei gli aveva slacciato i pantaloni e tolto il cappello, senza sfilargli la giacca, continuando ad accarezzargli la porzione di petto e spalle che riusciva a raggiungere.
Gli passò una mano tra i capelli spettinati, stringendo le cosce e sentendolo mugugnare mentre spingeva raggiungendo il fondo del suo anfratto, aumentando il ritmo, nascosti dai vetri ormai condensati della macchina.
La accarezzò lungo il costato e il braccio, bloccandole i polsi sopra la testa e scendendo a ridisegnare con il dorso della mano libera il lato del suo volto, guardandola così profondamente da penetrarla con gli occhi più a fondo di quando non stesse facendo con il suo corpo. Avevano perso completamente la cognizione di spazio e tempo, dimentichi della festa e di tutto ciò che non fossero loro due in quella macchina.
Non sapevano se fosse per le molte settimane trascorse con la paura di non rappresentare più lo stesso l’uno per l’altra, per i costumi o per aver soddisfatto l’improvvisa voglia senza rimandare a più tardi ma, qualunque cosa fosse, era uno degli amplessi più meravigliosi, sensuali e paradisiaci che avessero sperimentato.
 
Together to be
Together and be
 
Margaret si morse il labbro inferiore, inarcando la schiena e imponendosi di sollevare la testa, troppo bisognosa di baciarlo e sentirlo completamente suo, sentendo l’orgasmo sempre più vicino.
 
Together to be
Together and be
 
Unì decisa le loro bocche, assaggiandolo, imprimendosi il suo sapore sul palato, memorizzando per l’ennesima volta la forma delle sue labbra, mentre lui affondava le dita nelle sue burrose cosce, ansimando sempre più affannosamente, perdendo il controllo, ormai al limite.
 
Together to be
Together and be
 
Era bellissimo, meraviglioso, paradisiaco sentirsi una sola cosa con Margaret.
E, come ogni volta che facevano l’amore, non riusciva a credere che stesse succedendo per davvero.
 
Together to be
 
No, non riusciva a crederci.
Non riusciva a credere, Perona, di stare baciando quello sconosciuto e nemmeno sapeva com’era successo.
 
Together and be
 
Sapeva solo che a un certo punto il Fantasma dell’Opera le aveva preso il mento tra pollice e indice e si era abbassato per cercare la sua bocca con la propria, ed era bastato un tocco delle sue labbra umide per perdere il controllo e chiudere gli occhi, abbandonandosi a lui.
Non le interessava in realtà, non lo avrebbe incontrato di nuovo e andava bene così, ma sapeva che, dopo quel bacio, avrebbe riconosciuto quel sapore tra mille.
Strinse i baveri della camicia bianca, avvertendo il mantello scuro solleticarle le spalle e portò la mano ad accarezzargli la nuca mora, sollevandosi sulle punte per approfondire il bacio, la pelle intorno alla bocca che pizzicava per via della peluria che aveva sul mento.
Non si rese conto di essere a corto di ossigeno finché non fu lui a separarsi da lei, con la stessa naturalezza con cui l’aveva baciata, risvegliandola e facendole sgranare gli occhi. Lo guardò con le labbra schiuse, gonfie e umide, rosse e formicolanti, prendendo profondi respiri, senza riuscire a muoversi né a parlare. Era stordita per il troppo sangue che il suo cuore aveva pompato in quei minuti, anche se ora i battiti stavano tornando regolari. Tremava appena, lì ferma di fronte a lui, per l’eccitazione che ancora la pervadeva.
Il Fantasma le sorrise da sotto la maschera, ridisegnando un’ultima volta il suo profilo, prima di voltarsi in un turbinio di stoffa scura, tornando da dov’era venuto, incedendo tra la folla sulle ultime vibranti note della canzone. Mentre tutto riprendeva forma e concretezza intorno a lei, Perona sollevò due dita a sfiorarsi la bocca, ancora impregnata del sapore pungente dello sconosciuto. Immobile in mezzo alla pista, la rosa continuò a osservarlo finché non scomparve, inghiottito dalla penombra. 
















Angolo di Piper: 
Buon Halloween a tutti!!!! 
Okay troppo entusiasmo lo so ma sono felice di essere qui ad aggiornare! 
Vorrei ringraziare tutti voi che seguite e leggete qeusta storia e Sarah per la recensione allo scorso capitolo! 
Felice che ti abbia fatto ridere e che per me fai un'eccezione (anche perchè io sono malata di AcexPerona)! 
Un bacio a tutti! 
Piper.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Fuori di testa ***


-Ehi Voodoo!-
Perona sbatté le palpebre interdetta, ancora ferma con gli occhi puntati dove il misterioso sconosciuto era appena scomparso, la testa che le girava appena.
Con un sorriso ebete, si voltò verso il proprio migliore amico, intento a sistemarsi meglio la bandana sulla fronte e a guardarla con espressione accigliata.
-Stai bene?!-
-Benissimo!- rispose entusiasta, trattenendo a stento una risata.
Si rendeva conto che quanto appena successo aveva tutte le carte in regola per innescare una caccia all’uomo ma quello non era certo nei piani di Perona. A lei non interessava scoprire l’identità del Fantasma dell’Opera. Lei aveva avuto il suo indimenticabile Halloween e si sentiva felice come una bambina davanti all’albero di natale.
-Mai stata meglio!- ripeté, lasciando il moro alquanto perplesso.
-O-kay- sillabò, sollevando le sopracciglia e guardandola come se fosse pazza.
-Non so come fate a stare dietro a tutta quella roba senza friggervi il cervello!-
La voce di Izo, acida e tagliente come sempre, precedette il suo possessore, che si stava avvicinando con Sabo e Kobi, parlando indubbiamente della loro fissa per tutto ciò che vi era di informatico a questo mondo.
-È che siamo allenati a sentire te, Izo!- gli fece presente Sabo, con un sorriso da presa per il culo che meritava un premio Oscar.
Il moro contrasse il volto in una smorfia della serie “ma che simpatico”, arricciando il naso mentre il biondo spostava gli occhi su Perona e aggrottava le sopracciglia.
-Dov’è Koala?!- chiese perplesso.
-Me lo stavo domandando anche io!- intervenne Ace, scrutando nella penombra -Che fine hanno fatto?!- domandò alla sua migliore amica.  
-Ci siamo, ci siamo!- li avvisò Sugar, arrivando da dietro e unendosi a loro insieme alla castana -Scusate, un piccolo incidente- spiegò, prendendo sottobraccio Sabo ed Ace.
-Come sta Barto?- s’informò la rosa, facendo arrossire Koala.
 
[Disturbia - Rihanna]
 
-Ha smesso di chiamarmi “Zoro-senpai”!- affermò la verdina mentre una nuova canzone partiva, saturando l’aria e facendola scattare -Oh kami, l’adoro questa!!!- esclamò esaltata, dando uno strattone per sottolineare la cosa e rischiando di far cadere i due ragazzi al suo fianco.
-Beh allora balliamo- soffiò Ace, cogliendo alla sprovvista sia lei che Perona per il tono usato e il mezzo sorriso che stava esibendo.
 
No more gas in the rig
Can't even get it started
Nothing heard, nothing said
Can't even speak about it
Out my life, out my head
Don't wanna think about it
Feels like I'm going insane
Yeah
 
Sugar lo fissò sorpresa qualche istante, prima di sorridere e liberare Sabo, lanciandosi nelle mischia insieme al moro, sotto lo sguardo furbo e malandrino di Perona. Sabo l’affiancò, corrugando le sopracciglia.
-Che gli succede stasera?! Si muove quasi a tempo!- esclamò, gli occhi fissi sul moro.
Le labbra di Perona si piegarono appena all’insù, mentre rifletteva, senza dirlo ad alta voce, che forse era che Ace aveva un buon motivo per sforzarsi di ballare meglio del solito.
 
It's a thief in the night
To come and grab you
It can creep up inside you
And consume you
A disease of the mind
It can control you
It's too close for comfort
 
-Andiamo anche noi!- affermò afferrando Sabo per il braccio e trascinandolo verso la pista, senza aspettare risposta e rischiando di farlo cadere.
Si aggrappò al cugino, obbligandolo a girarsi in modo da poter studiare più da vicino Ace e Sugar, muovendosi a ritmo con lui, senza malizia né imbarazzo. Erano perfettamente sincronizzati ed esageratamente vicini ma Perona era troppo focalizzata su altro per rendersene conto.
 
Throw on your brake lights
We're in the city of wonder
Ain't gonna play nice
Watch out, you might just go under
Better think twice
Your train of thought will be altered
So if you must falter be wise
 
-Ma che le prende a Perona?!- domandò Izo, notando qualcosa di strano nell’amica ottenendo solo un’alzata di spalle dagli altri due.
Studiò per un attimo il viso di Koala, sorpreso quanto il suo, segno che non se l’era immaginato, che davvero Perona si stava comportando in modo diverso dal solito ed ebbe l’impressione che la castana ne sapesse di più. Ma non era un buon momento per indagare quello e poi non era giusto che una ragazza rimanesse ferma a bordo pista se c’erano ben due cavalieri liberi.
 
Your mind is in disturbia
It's like the darkness is the light
Disturbia
Am I scaring you tonight?
Disturbia
Ain't used to what you like
Disturbia
Disturbia
 
-Non penserai di scamparla vero?!- le domandò il moro, facendole sgranare gli occhi, prima di afferrare sia lei che Kobi e tirarseli dietro, liberandoli solo una volta vicini al resto degli amici e mettendosi a ballare nella formazione a sandwich, con Koala in mezzo a loro due.
 
Bum bum be-dum bum bum be-dum bum
Bum bum be-dum bum bum be-dum bum
Bum bum be-dum bum bum be-dum bum
Bum bum be-dum bum bum be-dum bum
 
Troppo presi dal ritmo, smisero di preoccuparsi di Perona, che intanto si era fatta prendere dalla canzone e stava ridendo divertita con il cugino, almeno finché, girandosi di centottanta gradi per appoggiare la schiena al suo torace, non notò di nuovo qualcosa di interessante nella coppia che stava “spiando”.
Ace e Sugar erano esattamente nella loro stessa posizione con un’unica differenza.
 
Faded pictures on the wall
It's like they talkin' to me
Disconnecting all the calls
Your phone don't even ring
I gotta get out
Or figure this shit out
It's too close for comfort, oh.
 
Ace aveva il collo piegato e la bocca a sfiorare il lobo di Sugar, tenendosela addosso con il braccio intorno alla sua vita, mentre la verdina era aggrappata al suo collo e stava premendo la tempia contro il suo naso, intenta ad ascoltarlo con uno strano sorriso sul volto.
 
It's a thief in the night
To come and grab you
It can creep up inside you
And consume you
A disease of the mind
It can control you
I feel like a monster
 
Un lieve spasmo le strinse lo stomaco, che la rosa identificò immediatamente come eccitazione e l’adrenalina le schizzò alle stelle nel rendersi conto che, ancora una volta, il suo intuito ci aveva preso al primo colpo. L’improvvisa urgenza di parlare con Koala si impadronì di lei e schizzò con gli occhi a cercarla, trovandola a pochi passi da loro.
-Scusa un attimo, Sabo!- gli disse, avvicinandosi pericolosamente  a lui per poi staccarsi e precipitarsi verso il trio.
Allungò il braccio e afferrò l’amica per il polso, trascinandola verso di sé.
 
Throw on your brake lights
We're in the city of wonder (City of lights)
Ain't gonna play nice (oh)
Watch out, you might just go under
Better think twice (think twice)
Your train of thought will be altered
So if you must falter be wise (be wise)
 
-Ve la rimando subito!- promise agli altri due, sovrastando la musica e mettendosi poi un po’ in disparte.
-Ehi che succede?!- le domandò, accigliandosi appena ma continuando a muoversi a ritmo, ballando in coppia con lei -Tutto bene?!-
Perona annuì, tanto, troppo euforica, preoccupandola ancora di più.
-Guarda là! Vedi quello che vedo io?!- le chiese, indicando con un cenno discreto del capo Ace e Sugar.
 
Your mind is in disturbia
It's like the darkness is the light
Disturbia
Am I scaring you tonight?
Disturbia
Ain't used to what you like (what you like)
Disturbia
Disturbia
 
Sempre più perplessa, la castana spostò gli occhi sulla coppia di amici e li studiò un istante.
Che c’era da vedere?!
Ace si muoveva fuori tempo come sempre, Sugar sembrava avere il ritmo nel sangue come sempre e, come sempre succedeva a quelle feste tra i componenti del loro gruppo, si sarebbero  potuti benissimo scambiare per una coppia.
Fu quell’ultimo pensiero a illuminarla, facendole sgranare gli occhi scioccata.
-Perona no!!!- esclamò, tornando su di lei e trovandola con un trionfante sorriso sul volto.
 
Bum bum be-dum bum bum be-dum bum
Bum bum be-dum bum bum be-dum bum
Bum bum be-dum bum bum be-dum bum
Bum bum be-dum bum bum be-dum bum
 
-Ma perché se due ragazze ballano insieme sono uno spettacolo e se lo facciamo noi sembriamo due cretini?!- stava domando Sabo a Kobi, muovendosi sul posto ben attento a rimanere di fianco agli amici e a non spostarsi di fronte, dando l’impressione sbagliata.
Izo gli lanciò un’occhiata a sopracciglio alzato mentre Kobi ribatteva, con un’alzata di spalle, che non ne aveva idea.
-Non fatemi parlare- commentò asciutto il moro, facendo scambiare un’occhiata agli altri due.
 
Release me from this curse I'm in
Trying to maintain
But I'm struggling
If you can't go, go, go
I think I'm gonna oh, oh, oh
 
-Perona non lo puoi fare! Non con loro!!!- protestò Koala, ignorando tutto e tutti intorno a sé.
-Perché no?! Cosa c’è di diverso?!?!-
-Sono amici nostri!!!-
-Appunto! Sono amici nostri! Andiamo Koala, non vuoi vederli felici?!? È evidente che sono attratti l’uno dall’altra! Voglio solo aiutarli ad aprire gli occhi!- si spiegò Perona, determinata.
 
Throw on your brake lights
We're in the city of wonder
Ain't gonna play nice
Watch out, you might just go under
Better think twice (better think twice)
Your train of thought will be altered
So if you must falter be wise (if you must falter be wise)
 
Una strana luce accese le iridi della castana, una luce di comprensione, che la fece deglutire  a vuoto e tornare a guardare alternativamente la coppia e di nuovo Perona che la osservava con gli occhioni da cucciolo abbandonato.
Sapeva di avere detto la cosa giusta, lo vedeva che anche Koala la pensava come lei, adesso.
-Tu sei fuori di testa- soffiò, senza riuscire ad apparire convincente al cento per cento.
 
Your mind is in disturbia
It's like the darkness is the light
Disturbia
Am I scaring you tonight?
Disturbia
Ain't used to what you like (disturbia)
Disturbia
Disturbia
 
-Andiamo Koala! Aiutami! Solo stavolta!- la implorò, sentendo già il trionfo pervaderla.
L’amica titubò solo un altro istante, sospirando, prima di guardarla con determinazione.
-È la prima e ultima volta che lo faccio!- la ammonì con tono di rimprovero, che Perona ignorò gettandole le braccia al collo.
-Grazie, grazie, grazie!!!- esclamò al colmo della felicità, facendole sbuffare una risata.
-Sì, sei decisamente fuori- confermò, più dolce e affettuosa.
Si staccarono, sorridendosi ancora un attimo prima di lanciare un’occhiata ai ragazzi e muoversi in sincrono per raggiungerli di nuovo, trovandoli spaesati e in difficoltà.
 
Bum bum be-dum bum bum be-dum bum
Bum bum be-dum bum bum be-dum bum
Bum bum be-dum bum bum be-dum bum
Bum bum be-dum bum bum be-dum bum
 
Si lanciarono in mezzo a loro, venendo accolte con grida di giubilo e formando un unico indistinto gruppo di corpi in movimento. Schiacciata tra Izo e Kobi, Perona lanciò un’ultima occhiata al suo migliore amico e sua cugina, socchiudendo le palpebre.
Era fiera di vedere ciò che agli altri sembrava invisibile e con Ace e Sugar, lo sapeva, sarebbe stato un gioco da ragazzi.
Nel tempo di quella canzone aveva già elaborato un piano e sorrise soddisfatta, certa che non avrebbe fallito.
 

 
§

 
-Ehi Zoro!- lo chiamò, tenendo le dita intrecciate a quelle di Margaret, riuscendo a farsi strada tra la gente.
-Law! Eccovi!- lo salutò il fratello, dandogli una pacca sulla spalla e stringendo appena, prima di sporgersi a baciare Margaret -Con Lamy è andata più per le lunghe del previsto?!- domandò, facendo scambiare una strana occhiata ai due.
Impassibile come sempre, Law annuì tornando a guardarlo ma a Zoro non sfuggì il lieve sussulto di Margaret e lo strano sorriso che le si disegnò sul volto così come non gli sfuggì il brusco cambio di argomento ad opera di suo fratello.
-Quanta gente!- considerò, avvicinandosi Margaret e tenendosela addosso, quasi avesse paura di perderla nel marasma.
Zoro si voltò a studiare la sala, le braccia al petto.
Il futuro ristorante era gremito e decorato a regola d’arte, con lampade e festoni spettacolari che Usopp e Franky avevano recuperato chissà dove.
-Ci sono un bel po’ d’imbucati!- confermò il verde, sporgendo il busto verso fratello e cognata -Sembra di essere ancora al liceo! Colpa di Brook e Usopp ma tutto sommato  meglio per Sanji, si fa conoscere da più gente!-
-Sperando non gli distruggano il locale- considerò il moro, tenendo gli occhi puntati davanti a sé come Zoro.
Rimasero a fissare la folla qualche secondo, poi, come rispondendo a un segnale, entrambi gonfiarono il petto e sospirarono all’unisono, facendo ridacchiare Margaret.
-Dai che vi porto dagli altri!- si riscosse il ragazzo, muovendosi e scartando tra la folla, diretto al tavolo dei cocktail, dove il resto della compagnia era riunita.
Margaret li studiò, sentendosi tornare bambina in un attimo. Sapeva che si erano messi d’accordo per mascherarsi secondo un tema comune ma non avevano rivelato a nessuno di cosa si trattasse. E doveva ammettere, Margaret, che il colpo d’occhio era notevole e, in un attimo, si sentì catapultata sull’Isola che non c’è.
Sanji, protagonista indiscusso con il vestito verde da Peter Pan, che sembrava fatto di muschio e corteccia, si stava dando da fare a preparare i cocktail, aiutato da Usopp-Coccodrillo.
Intorno a loro, intenti a bere, ridere e scherzare, non mancava nessuno. Rufy con l’uncino e la parrucca ricciuta del capitano pirata, Brook in una versione allampanata di Spugna, Kaya splendida con i capelli raccolti all’indietro e le ali da Trilly, Violet mascherata da Giglio Tigrato e Franky…
Margaret sgranò gli occhi incredula.
Ma cosa…
-Si è vestito da nave?!- domandò Law, incredulo, dando voce ai pensieri della sua donna.
-Vascello pirata! Per tutti i kami non confonderti o è finita!- intervenne una voce alle loro spalle, mentre Nami si avvicinava ancheggiando, nel suo splendido abito da sirena, con la gonna aperta sul davanti per permetterle di camminare comodamente e lo strascico a formare la coda. Un impalpabile tessuto semitrasparente collegava il bordo della gonna alla fascia a cuore che le copriva il seno.
Margaret la studiò un attimo, considerando quanto fosse bella con la conchiglia nei capelli spettinati a regola d’arte.
-Lo hai fatto tu?!- le chiese, facendola annuire -Stai benissimo!-
-Grazie! Sei bellissima anche tu!- le disse, facendola sorridere.
Sapeva che il costume della rossa era così curato perché aveva progettato di usare quella festa come eventuale trampolino di lancio per farsi notare da qualche casa di moda, consapevole da tempo che sarebbe stata piena di imbucati. L’inaspettato risvolto di riuscire a farsi assumere dalla Emporio Ivankov poche settimane prima non le aveva comunque impedito di sfoggiarlo e godersi il difficile lavoro svolto per confezionarlo.
-Come va al lavoro?!- le chiese l’erpetologa, facendola irrigidire appena.
-Bene! Ho… incontrato una vecchia conoscenza che avrei preferito non incontrare ma va tutto bene!- annuì convinta -E a te?!-
Anche Margaret sorrise un po’ nervosa, prima di annuire.
-Non male dai!-
-Quante volte devo dirti di stare lontano da Kaya?!?!-
-Senti amico io sono Peter Pan e sanno tutti che Trilly è la migliore amica di Peter Pan e non si allontana mai da lui!!!-
Si girarono verso Usopp e Sanji, intenti a fronteggiarsi con occhi dardeggianti e le fronti premute una contro l’altra, ringraziandoli mentalmente per avergli dato altro a cui pensare.
-Però Peter Pan da la priorità a Giglio Tigrato quando scopre che è in pericolo!- intervenne una voce saggia, annunciando l’arrivo di Robin.
La mora, mascherata da pirata come suo fratello minore, si avvicinò con un etereo sorriso, dirottando l’attenzione di Sanji su di sé.
-Ooooooh Robin-chwaaaaan!!! Come sei saggia e bella!!! Dici sempre la cosa giusta!!!- si precipitò verso di lei il biondo, volteggiando e lanciando cuori.
-E allora vai da Giglio Tigrato, cretino!- lo ammonì il verde, spingendolo lontano dalla sorella, mentre Rufy si girava a fulminarlo per essersi accostato troppo alla sua donna.
-Yohohohohohhoho! Robin-san come sei bella stasera! Vuoi una piña colada in cambio del colore delle tue mutandine?!- gli propose l’allampanato musicista, facendo fumare i due Mihawk e Rufy ma ottenendo un elegante rifiuto dall’archeologa.
-Ti ringrazio Brook, non mi sento molto da alcool stasera- declinò, serafica ed elegante prima di voltarsi verso Law e scrutarlo attentamente -È il costume di papà quello?!- domandò facendo sobbalzare Law, che annuì in imbarazzo, o almeno così risultò palese agli occhi della sua gemella.
-Ma Pen, Rebecca e gli altri non ci sono?!- s’informò Margaret, notando l’assenza di una parte degli amici.
-Sono fuori a prendere aria- spiegò Robin -Ero con loro poco fa e…-
Le ultime parole della mora furono sovrastate dalla musica, che senza preavviso partì a un volume decisamente più alto di quello a cui era fino a poco prima, spaventando qualcuno e sorprendendo tutti.
-Ma che diavolo…- protestò Sanji, girandosi verso la consolle.
Stava già per avvicinarsi a passo di carica per capire se fosse impazzito qualche cavo quando un fulmine rosso gli sfrecciò accanto, rischiando di farlo cadere.
-Thrilleeeeeeeeeeeer!!!- urlò euforico Pen correndo verso la pista dopo aver riconosciuto le prime note di quell’intramontabile successo.
 Pochi attimi e tutti i presenti si erano riversati sulla pista da ballo, seguendo i movimenti del rosso migliore amico del dottor Mihawk che ricordava tutti i passi a memoria. Solo Law, Margaret, Monet, Gladius, Robin, Zoro e Nami persistevano vicini al tavolo dei cocktail, guardando gli altri divertiti e sorridenti.
-Sono completamente fuori di testa!- esclamò Monet, scuotendo il capo -E io mi unisco a loro!- aggiunse poi, muovendosi in avanti -Margaret, vieni?!-
La bionda sorrise, prima di girarsi verso Law e baciarlo sull’angolo della bocca.
-Torno subito- soffiò, staccandosi a fatica da lui, altro dettaglio che non sfuggì né a Robin né a Zoro.
Il verde sollevò un sopracciglio quando Law si voltò verso i fratelli, sentendosi osservato.
-Che avete da guardare?!-
-Assolutamente niente!- rispose Robin, con un sorriso saputo.
-Ehi! Andiamo anche noi?!- propose Nami, posando la mano sulla spalla del suo fidanzato e sussurrando direttamente al suo orecchio, facendolo fremere.
Zoro osservò qualche istante i suoi amici scatenarsi al centro della pista, muovendosi come degli zombie e ridendo come pazzi, prima di ghignare e girarsi verso la rossa.
-No, noi andiamo da un’altra parte- mormorò con una strana luce negli occhi, facendola accigliare.
Delicato, la prese per il gomito, guidandola verso la cucina e attraversandola diretto alla dispensa, dove la musica arrivava doppiamente attutita ma comunque perfettamente udibile.
-Zoro ma che…- provò a chiedere la giovane stilista, ritrovandosi però con la schiena contro la porta e le labbra di Zoro sulle sue.
Non provò neppure a opporsi, chiudendo gli occhi, aggrappandosi alla sua camicia e rispondendo con foga. Lo sbottonò completamente, passando poi i palmi sul suo petto perfetto e scolpito, mentre lui faceva leva sulla sue cosce per caricarsela in braccio a cavalcioni e tenerla sospesa tra sé e la porta. Benedisse quel vestito, che permetteva a Nami di allargare le gambe quanto voleva e che la rendeva così dannatamente sensuale, armeggiando rapido con gli slip.
-Z-Zoro…- lo chiamò la rossa, ansimante ed eccitata, le labbra gonfie di piacere -Che ti prende?!- chiese rauca, trattenendolo vicino.
-Law mi ha dato un’idea- spiegò, mordendola appena sul collo -Lui e Margaret devono averlo fatto in macchina prima di venire qui, con su i costumi- spiegò a corto di fiato.
Le dita di Nami si strinsero decise sui capelli della nuca che spuntavano da sotto la bandana nera del verde, obbligandolo a tirare indietro la testa.
-Cos’è?! Una gara?!?- domandò minacciosa, sentendo il cuore accelerare quando Zoro piegò le labbra in un ghigno sghembo.
-Mi ha solo fatto riflettere che questo vestito ti rende maledettamente eccitante e che non ci saranno molte altre occasioni per vedertelo addosso, Nami- le disse in un sussurro, mandandola in tilt.
La rossa lo guardò persa qualche istante, la testa che girava e la voglia che pulsava in lei, prima di riscuotersi e mettere su la sua espressione più maliziosa.
-E io che avrei detto che preferissi vedermelo non addosso- lo provocò, eccitandolo.
Stringendola per i fianchi e dominando a stento la voglia, Zoro si piegò a baciarla sul collo, facendola gemere all’istante.
-Una cosa non esclude l’altra mocciosa- soffiò, facendole perdere anche l’ultimo barlume di ragione -Questo è solo il primo round- l’avvisò, mentre Nami gettava il capo all’indietro, pronta ad arrendersi a lui.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Gioco di squadra ***


-Otello?!-
Le tre ragazze sgranarono gli occhi incredule, osservando i tre amici seduti sul divano di fronte al loro, nel salotto di casa Mihawk.
Tutti e tre a braccia incrociate al petto, le guardavano di rimando con espressioni totalmente diverse. Ace scocciato, Kobi supplice, Sabo, per un qualche motivo, imbarazzato.
-Ma è roba dell’anno scorso! E voi siete pure un anno avanti a noi!- protestò Perona, senza riuscire a capire.
Al di là dell’inaspettata richiesta di aiuto da parte degli amici, al di là dell’insensatezza dell’argomento di studio, la cosa che più la scombussolava e che non riusciva ad accettare era che il Prof Cora avesse deciso di stravolgere il programma di quinta tornando indietro.
Il Prof non era così! Era uno che guardava avanti! Dovevano per forza aver preso un granchio!
-Perona lo sappiamo anche noi! Prenditela con il pagliaccio biondo!- esplose Ace, beccandosi un’occhiataccia.
Come si permetteva di apostrofare così il Prof?! E poi perché l’aveva chiamata per nome?!?!
-Come ti permetti?!- saltò su piccata, prendendolo in contropiede.
-Che…?!- cominciò, sgranando gli occhi e boccheggiando.
Che le prendeva?! Di solito chiudeva un occhio quando lo vedeva particolarmente arrabbiato! Che avesse il ciclo?!
-C’hai il ciclo?!- le chiese, tornando alla sua espressione scocciata e indignandola.
-No, lo ha avuto due settimane fa ed è la ragazza più regolare che conosca. È che non devi toccarle il Prof-
Izo, svaccato sulla poltrona reclinabile in una posizione assurda, le gambe appoggiate allo schienale e la schiena alla seduta, le braccia abbandonate sui braccioli e la testa a sfiorare il pavimento, ghignò nell’informare Ace delle vere ragioni del nervosismo della loro amica, facendo scattare il moro e la rosa verso di sé.
La giovane Mihawk sentì un improvviso calore salirle alle guance e percepì lo sguardo sconvolto di Ace che si posava su di lei mentre cercava di negare, balbettando e con poco successo, l’insinuazione di quello che era ormai diventato il suo compagno di banco per quell’anno.
-Izo ma che… c-che… sei ridicolo!!!- esclamò, diventando completamente rossa.
-Il fatto è che vuol farci fare un dibattito e per vedere a che punto siamo ha scelto un argomento che dovremmo conoscere già- s’intromise Kobi, riportando il discorso al tema originale, notando la tensione che si era venuta a creare improvvisamente nell’aria.
-Che significa “dovremmo”?!- chiese Koala, socchiudendo gli occhi indagatrice nel notare l’interessante scelta del tempo verbale.
-Aspettate!- intervenne la verdina, colpita improvvisamente da un pensiero -Ma il vostro compito in classe su Otello non era passato alla storia per essere il voto più alto che abbiate mai preso in letteratura?! Perché ora avete bisogno di noi?!-
Il rosa sobbalzò a quella domanda, sentendo le guance imporporarsi.
-Beh ecco…- cominciò, balbettando -Sono… Sono passati due anni e…- provò a spiegare, cercando disperato l’aiuto di Sabo ed Ace con lo sguardo.
Biondo e moro si scambiarono una lunga occhiata, per poi sospirare in simultanea.
Sotto lo sguardo attento degli altri quattro, Sabo si passò una mano sul volto e poi sul coppino, piegando il busto in avanti in ancora più evidente imbarazzo. Quel momento, quella confessione, era esattamente ciò che aveva temuto. Sapeva che una delle tre, se non tutte e tre, avrebbero ricordato e li avrebbero messi alle strette.
-Koala ti ricordi la prima volta che ti hanno chiesto di occuparti tu della stampa del giornalino?!- le disse, guardandola sincero e sorridente, vedendola annuire -Ti ricordi che la stampante in sala fotocopie aveva esaurito il toner e tu mi hai chiamato in preda al panico per un aiuto?!-
La castana annuì nuovamente, non capendo dove l’amico volesse andare a parare.
-Ecco… quando mi hai lasciato da solo in sala fotocopie io…- sbuffò una mezza risata, scuotendo appena il capo -Il compito in classe era lì e…-
Koala si alzò in piedi di scatto, emettendo un indignato verso, capendo in un attimo cosa Sabo stava confessando.
-La busta non era nemmeno chiusa!- si affrettò ad aggiungere il biondo.
-Non ci posso credere!- mormorò Sugar, occhi sgranati -Kobi?! Anche tu?!- s’informò senza sapere se ridere o mostrarsi sdegnata mentre Izo roteava per rimettersi seduto dritto, ghignando a più non posso.
-Presidente da lei non me lo aspettavo!- lo apostrofò, sollevando un sopracciglio.
-Oh dai! Come se voi non aveste mai copiato in vita vostra!- intervenne ancora Sabo, sempre concentrato su Koala e sulla sua espressione.
Troppo impegnati a fissarsi a coppie e Izo a mettere a disagio Kobi, nessuno fece caso allo scambio di sguardi tra Ace e Perona che sembravano aver già sistemato tutto senza parlare, solo guardandosi. La rosa fissava il proprio migliore amico con un misto di rimprovero e ammirazione ad accenderle gli occhi, scuotendo la testa e smorzando quel gesto con un radioso sorriso, mentre il moro si era sporto in avanti, appoggiando gli avambracci alle cosce e intrecciando le dita, per godersi meglio quell’espressione sul volto di Perona, espressione riservata da sempre solo e soltanto a lui.
Fu Koala a sbloccare la situazione, con un profondo sospiro che terminò con una breve risata, mentre si avvicinava al biondo, squadrandolo dall’alto.
-Paraculo!- lo apostrofò, premendo l’indice sulla sua fronte, per poi lasciarsi prendere in braccio, mentre Sabo le avvolgeva la vita in un gesto che voleva essere privo di malizia.
-Allora ci aiutate?!- chiese speranzoso Kobi, corrugando le sopracciglia.
Sugar gli sorrise radiosa, stringendosi nelle spalle e tranquillizzandolo.
-Non c’è problema per me!- esclamò, risvegliando Perona, che si riscosse, voltandosi a guardare la cugina con una strana riflessiva espressione che lasciò posto a un furbo sorriso dopo poco secondi.
-Se si tratta di un dibattito la cosa migliore è comportarci come se fossimo i personaggi e ragionare con la loro testa per analizzare più in fretta l’opera! Anziché sviscerare scena per scena possiamo studiare l’evoluzione psicologica dei personaggi direttamente nel corso dell’opera!- propose Perona, girandosi a studiare la reazione di Ace a quell’idea e trovandolo ammirato almeno quanto lei poco prima.
La cosa fu registrata vagamente dal suo cervello, troppo impegnato a elaborare la mossa successiva.
-Mi sembra un’idea molto intelligente! Io approvo!- intervenne Koala, appoggiandola prontamente.
-Allora non studi tanto per niente!- la schernì Izo, meritandosi una linguaccia.
-Sugar per te va bene?!- chiese poi alla cugina che annuì senza esitazione, portando inconsapevolmente avanti il suo gioco.
-Come dividiamo i ruoli?!- chiese Koala, accomodandosi meglio con le gambe a cavallo di quelle di Sabo mentre Kobi raggiungeva le altre due ragazze sull’altro divano, per lasciare spazio alla castana.
-Se volete io posso interpretare Desdemona!- si propose Izo, arricciando teatralmente la ciocca ribelle intorno al dito, lasciandosi andare mollemente contro lo schienale.
-Io faccio Emilia!- affermò Koala, ignorando come tutti gli altri le parole di Izo.
-A Kobi facciamo fare Jago?!- buttò lì Sugar, spostando lo sguardo da Perona al diretto interessato.
-Mmmm nah! Secondo me è più sul genere Cassio!- s’intromise Izo che sembrava stare assistendo a uno show organizzato apposta per lui -Jago facciamolo fare a Sabo- concluse in un soffio quasi sadico, facendo sobbalzare e arrossire sia lui che Koala che già erano una sopra l’altro e ora si ritrovavano anche sposati per finta.
-Aggiudicato! E quindi Ace fa Otello!- concluse Perona, gongolando per essere riuscita ad ottenere ciò che voleva.
Il moro saltò su nel sentirsi chiamato in causa, realizzando pienamente solo in quel momento cosa stava succedendo.
-Ehi perché io Otello?!-                                                           
-Perché Otello era uno tsundere come te- rispose asciutto e divertito Izo.
-Credo tu non abbia chiara la definizione di tsundere-
-Ace non fare quella faccia, anche secondo me ti calza a pennello come personaggio!- lo ammonì divertita la verdina.
-E poi non ti lasciamo solo! Desdemona la facciamo fare a…-
-Sugar!- Perona si affrettò a concludere la frase iniziata da Sabo che comunque non accennava a mollare la presa sull’amica -Così io e Izo possiamo gestire il dibattito da fuori!- si giustificò velocemente, prima di sollevare qualche sospetto in qualcuno, eccetto Koala, per cui la strategia di Perona era, oltre tutto, un’assoluta certezza.
Un veloce scambio di sguardi e cenni d’assenso volò per la stanza qualche istante finché la giovane Donquijote non batté le mani a mo’ di segnale di inizio.
-Dai cominciamo!- esclamò, accomodandosi meglio al suo posto.
 

 
***

 
Ingollò al volo l’ultimo goccio di caffè, prima di buttare via il bicchierino di plastica e schiaffarsi in bocca una mentina senza smettere di risalire rapida il corridoio, diretta all’ufficio di Iva.
Non era un lavoro stressante per Nami, anche se indubbiamente era molto impegnativo e richiedeva una certa inclinazione al problem-solving, uno stile sempre sobrio e impeccabile, capacità diplomatiche e autorità.
Considerato che, eccezione fatta per la diplomazia, nessuna delle qualità necessarie le mancava, Nami si era adattata in fretta e bene al clima della Emporio Ivankov e al supposto livello di tensione che vi si respirava. Bisognava essere sempre pronti, sempre scattanti, sempre al top.
E Nami lo era e lo era stata anche cinque minuti prima quando nel suo piccolo studio, nel quale si sentiva una vera stilista e sulla buona strada per diventare affermata anche, il telefono aveva preso a squillare rivelando che a chiamarla con il numero interno era niente meno che Iva in persona.
Con le mani leggermente tremanti e prendendo un profondo respiro Nami si era imposta calma e concentrazione. Dentro però volteggiava euforica, capendo per una volta cosa succedeva nel cervello di Sanji quando aveva un attacco di coma affettivo.
Era raro che il capo convocasse qualcuno nel suo ufficio al di fuori di una qualche riunione programmata, a meno che il qualcuno non fosse stato un giovane e aitante ragazzo, possibilmente aspirante modello per la casa di moda.
Quella richiesta di recarsi “il prima possibile nel mio ufficio, dolce mandarino succulento! Yyyy-ah!!!” poteva significare qualcosa di molto bello o qualcosa di molto brutto.
O qualcosa di molto imbarazzante, come che Iva aveva scoperto che lei era la compagna di Zoro Mihawk e voleva scritturarlo per un qualche backstage fotografico. Non si sarebbe stupita più di tanto, dopotutto Zoro era… Insomma lui era, molto… molto…
Scosse energicamente la testa, rendendosi conto che non era il momento di perdersi in certi pensieri e si lisciò la camicetta, prima di schiarirsi la gola e bussare.
-Avanti! Yyyyy-ah!-
Mordendosi il labbro per non ridere di fronte alle stramberie del suo capo, Nami abbassò la maniglia, facendo capolino con la testa prima di entrare con tutta la sua persona nell’ufficio dalle pareti rosa, il mobilio viola e le tende lampone.
Era un vero attentato, un colpo al cuore e allo stomaco quell’assortimento di colori in sfumature che sarebbero state perfette per glassare dei confetti.
-Iva sono io!- salutò con un sorriso mentre la donna… l’uomo… il… il soggetto chiamato in causa si alzava in piedi stendendo le braccia verso l’alto e molleggiando sulle ginocchia.
-Ooooh eccola la nostra piccola mikan  Cocoyashi!- la salutò, facendo ondeggiare l’esagerata capigliatura -Vieni pure!- la invitò e Nami  si ritrovò a ringraziare che le sue pelose gambe infilate immancabilmente in un paio di calze a rete nere fossero nascoste dalla scrivania, decorata sul davanti con un arcobaleno a forma di cuori concentrici.
Avanzò sorridendo radiosa, mettendoci un po’ a realizzare che una delle due poltrone di fronte al tavolo era già occupata da una testa bionda che, nonostante fosse di spalle, le mandò una serie di brividi poco piacevoli lungo la schiena e le fece perdere il sorriso.
Con cautela smosse l’altra poltroncina, già consapevole di chi avrebbe visto una volta arrivata abbastanza vicina per scorgerne il profilo e chiuse gli occhi solo un breve istante, in un gesto rassegnato, nel ritrovarsi seduta di fianco a Valentina.
-Ciao Carotina!- la salutò la bionda con il suo solito, odioso sorrisetto di scherno sulla faccia.
Quel soprannome, che risaliva all’asilo, che poteva suonare quasi affettuoso soprattutto alle orecchie di Iva che affibbiava nomignoli a tutti, la fece irrigidire perché Nami sapeva bene che era in realtà un modo sottile per minare la sua credibilità e un moto di rabbia e fastidio la scosse. 
Averci fatto insieme tutte le scuole, dall’asilo al liceo, non l’aveva abituata all’atteggiamento di costante presa in giro di Valentina e tantomeno le aveva insegnato a tollerare il suo carattere subdolo e arrogante. Semplicemente aveva imparato ad evitarla, a farsi scivolare addosso le sue stupide battute, a rispondere a tono quando la situazione lo richiedeva per forza.
Ma quando se l’era ritrovata lì al lavoro, proprio per suddetta necessità di essere diplomatiche, aveva capito che ignorarla ed evitarla non sarebbe più bastato, doveva trovarci il modo di conviverci civilmente, ma ancora non ci era riuscita.
E considerato che Valentina era stata convocata insieme a lei questo rischiava di essere un bel problema.
Nami si accomodò meglio al suo posto, lanciandole un’occhiata raggelante senza riuscire a farle perdere il sorriso.
-Molto bene zuccherini!- esclamò Iva, sedendosi al suo posto e intrecciando le dita, i gomiti posati sulla scrivania -Volete una caramella?!- s’informò indicando con un cenno del capo una ciotola di vetro soffiato, fucsia ovviamente, e facendo negare con il capo la rossa.
-Ti ringrazio Iva, sono a posto-
-Kyahahahah! Sei a dieta, Carotina?!-
Qualcosa di molto simile alla tentazione di afferrare la ciotola di caramelle e spaccargliela in testa si fece strada in lei, che prese però un profondo respiro e strinse i pugni, prima di sorriderle omicida, facendo credere a Iva di avere incassato elegantemente la battuta.
-Dunque, dunque, vi ho convocate per informarvi di un importante progetto! Yyyy-ah!- cominciò, gesticolando teatralmente -La Emporio Ivankov è stata selezionata tra le case che parteciperanno alla settimana della moda di Dressrosa, questa primavera! Non è magnifico?!?!- le incitò, registrando il sorriso di sincera felicità e genuina eccitazione che si disegnò sul volto di Nami.
La settimana della moda?!?! Oh Kami!!! Era pazzesco!!!
Dovette restare concentrata per non portare le mani alla bocca in un gesto di esaltata incredulità.
-E mi serve qualcuno che si metta immediatamente a lavorare al progetto! Qualcuno di talentuoso, qualcuno di moderno, qualcuno di zelante!!! YYYY-AHHH!!!- esclamò, facendosi prendere dal proprio discorso e alzandosi in piedi trionfante, una mano sul fianco e l’altra stretta a pugno verso il cielo.
Rimase immobile qualche istante, la bocca aperta, prima di tornare a guardarle e tornare a sedersi.
-Qualcuno come voi in definitiva!- concluse, come se niente fosse.
Il sorriso si congelò sul volto di Nami, come il sangue nelle sue vene mentre il suo incubo prendeva forma e concretezza.
Era come aveva intuito, come aveva temuto, avrebbe dovuto collaborare con l’unica persona sul pianeta con cui non era mai riuscita ad andare d’accordo neppure per quieto vivere.
E la consapevolezza della situazione in cui si trovava le fece perdere per un attimo i filtri, mentre deglutiva a vuoto per inumidire la gola.
-Iva quando dici noi… intendi… noi due…- articolò titubante, indicando se stessa e la bionda al suo fianco -…I-insieme?!-
-Ma certo che sì, mio morbidoso marshmallow all’arancia!- confermò senza esitazione Iva -Chi meglio delle mie due future punte di diamante?!- domandò, retoricamente.
Sentì lo stomaco rivoltarsi, mentre tornava a stirare le labbra in quella che sembrava una smorfia dovuta a una colica renale.
-Ma certo- annuì accondiscendente -Hai… assolutamente ragione…-
-Bene!!! Magnifico!!!- batté le mani il trans, soddisfatto -Allora lascio a voi tutta l’organizzazione! So che non mi deluderete!- concluse, a mo’ di battuta finale di quel breve colloquio.
Tremando appena, Nami si alzò dalla sua poltrona, seguita da Valentina, avviandosi rapida alla porta e aprendola alla collega, per farla uscire davanti a sé e non essere obbligata a farci il tragitto insieme. Con quel preciso intento si trattenne ancora un attimo a congedarsi, prima di tornare finalmente nel corridoio, chiudere la porta e addossarcisi con le spalle, prendendo un profondo respiro.
La settimana della moda era un evento importantissimo, una rampa di lancio incredibile. Doveva assolutamente impegnarsi al massimo delle sue possibilità, senza errori o cadute. Era un’occasione troppo grande per la sua carriera.
Una nuova ondata di sconforto la pervase, mentre si girava a studiare la schiena della bionda che si allontanava ancheggiando in modo decisamente esagerato.
Sì, decisamente era un’occasione troppo importante. Doveva trovare il modo di fare squadra con lei.
 

 
***

 
-In fondo non si basa tutto sulla gelosia?! Potrebbe starci che Jago è geloso di Otello e cerca di sbarazzarsi di Desdemona per questo!- affermò convinto Sabo.
-Stai suggerendo una situazione di omosessualità latente per caso?!- s’informò Sugar socchiudendo gli occhi, mentre Koala e Ace si giravano di scatto verso il biondo che arrossì fino alla punta dei capelli.
-Non vedo cosa ci sarebbe di male!- protestò piccato Izo, incrociando le braccia al petto.
-Ehi amico… non è che devo preoccuparmi vero?!- domandò titubante Ace, facendo imbronciare Sabo nonostante l’imbarazzo.
-Ma sei deficiente?! Sto cercando di ragionare come se fossi Jago io, okay?!?!-
-Non è un’idea così assurda in effetti!- si strinse nelle spalle Kobi.
-Però se assumiamo questa proposta come vera, allora Emilia risulta ancora più incomprensibile come personaggio!- fece presente Sugar -Insomma, è molto legata a Desdemona, abbastanza intelligente da capire che suo marito non la ama davvero, se è vero che in realtà Jago è omosessuale, ma comunque sceglie di raccontare a Jago le confidenze che le ha fatto Desdemona! Eppure se le cose stessero davvero così non avrebbe niente che la lega a lui e la obbliga a essergli così fedele!-
-Devi considerare anche il periodo storico Sugar! E poi Jago potrebbe essere un uomo violento!-
-Immagina che casino per decidere con Otello chi sta sotto!-
-Izo!!!- lo ammonì Perona, sgranando gli occhi, mai abituata alle uscite dell’amico.
-Cosa?!?! Che ho detto adesso?!?!-
-Secondo me state tralasciando un aspetto importante della faccenda!- intervenne Koala.
-Ovvero?!-
-L’aspetto sessuale!-
Izo sollevò un sopracciglio.
-Prenditela con Perona!-
-Deficiente!- ribatté sibilando la rosa, senza troppi giri di parole.
-Insomma è vero che “Otello” è basato sulla gelosia e la forza della menzogna ma è anche un’opera intrisa di sensualità per me! Jago è un villain per il quale inevitabilmente ti ritrovi a fare il tifo e non ha un aspetto deforme come per esempio Riccardo III e perché secondo voi?! Perché deve essere affascinante e ci riesce! Dalla pagina scritta riesce quasi a ipnotizzare il lettore! Provate a immaginare questa giovane donna che si ritrova sposata con questa specie di demone incarnato! Non faccio fatica a immaginare l’effetto che possa avere un Jago in carne ed ossa su una donna che lo conosce da un punto di vista fisico!- spiegò quasi trasognata, senza rendersi pienamente conto delle proprie parole finché non arrivò alla fine del discorso e sobbalzò nel ritrovarsi gli sguardi ammiccanti di tutti puntati addosso.
Sentì le guance prendere fuoco e Sabo aumentare un altro po’ la presa su di lei.
-Ma è solo… solo un’ipotesi la mia…- balbettò, desiderando di scomparire all’istante.
-Non è per niente stupida come analisi! Anzi!- affermò Izo, con un ghigno che virava al perverso, imbarazzandola ancora di più.
-E Desdemona invece?!- fece presente Kobi, facendoli voltare tutti verso di sé -Lei è molto più difficile da riabilitare!- si strinse nelle spalle, lanciando un’occhiata a mo’ di scusa a Sugar che lo rassicurò con un sorriso.
Era stata bravissima fino a quel momento a perorare la causa del personaggio che le avevano assegnato, aveva cercato di entrare nella sua psicologia ed era stato semplice finché si era trattato di spiegare le ragioni che l’avevano portata ad innamorarsi così di Otello. Doveva ammettere che anche Ace si era impegnato e aveva aiutato, aveva trovato incredibilmente semplice parlare di lui in quei termini e per tutto il tempo sua cugina l’aveva guardata con un sorriso difficile da decifrare ma che a un certo punto aveva deciso di ignorare per non venire distratta nella sua analisi. Non le dava fastidio ed era certa che fosse solo divertita nel sentirla parlare così in generale.
Ora però, arrivava la parte più difficile, soprattutto se si considerava che Sugar era una sostenitrice dell’emancipazione femminile. Arrivava la parte in cui doveva provare a spiegare il comportamento di Desdemona alla fine della tragedia quando, senza lottare, permette a Otello di soffocarla.
Come giustificarla senza ammettere l’evidenza?! E cioè che fondamentalmente Desdemona è debole.
Sospirò, riflettendo febbrile ma senza riuscire a trovare una spiegazione più nobile e meno denigrante per il proprio sesso.
-Beh per quanto io possa capire il suo amore per Otello non posso negarlo. Alla fine risulta ingenua e… debole…- ammise abbassando la voce, quasi non volesse farsi sentire.
-Ma cosa dici?! Desdemona non ha niente di debole!- saltò su Ace, sconvolgendo tutti per l’improvviso coinvolgimento dimostrato.
Perona sorrise sotto i baffi, trionfante. Conosceva Ace fin troppo bene per sapere che lui mai si faceva prendere così da un personaggio inventato e quindi la sola spiegazione per l’intervento del moro era che la sua idea di farli identificare con i personaggi dell’opera aveva funzionato alla perfezione. Ace vedeva Desdemona come se fosse stata Sugar e non gli stava per niente bene che la verdina si denigrasse da sola e a quel modo.
Stava andando tutto a gonfie vele.
-Non è questione di ingenuità! È più complicato di così!- continuo infervorandosi e Sugar abbassò gli occhi al pavimento sorridendo appena, quasi rattristata.
-Ace… ti ringrazio ma…- cominciò, comportandosi quasi come se il ragazzo avesse appena difeso lei e non il personaggio da lei interpretato.
Attenta come non mai all’atteggiamento dei due amici, la rosa spostò rapida gli occhioni sul proprio migliore amico, trovandolo con una strana espressione sul volto. Si capiva chiaramente che non gli piaceva quel discorso ma che non era in grado di spiegare le sue ragioni. O almeno era chiaro per lei e l’istinto le diceva che non poteva nel modo più assoluto permettersi lasciar cadere la questione.
-Ha ragione lui!- affermò senza pensare, interrompendo le proteste della cugina -È più complicato di così! Desdemona è una ragazza, della nostra età se non più piccola senza nessuna esperienza! Per me lei non è affatto debole! La scena del suo omicidio è solo descritta e rappresentata male!- proseguì convinta, girandosi a cercare Ace con gli occhi per assicurarsi che fosse ancora concentrato su Sugar e che la stesse sostenendo con decisi cenni del capo senza interrompere il contatto visivo con la verdina.
Il tempo di voltarsi e si ritrovò a constatare che i suoi calcoli erano sbagliati perché Ace, invece, com’era anche abbastanza comprensibile dato il fervore del suo intervento, stava guardando lei.
E il problema non era che la stesse guardando ma come la stava guardando.
Cosa gli prendeva, cos’era quella… quell’intensità?! Perché la fissava come se volesse trapassarla da parte a parte o… o farla annegare nei suoi occhi?!
E perché lei non riusciva più a distogliere i propri?!
-Sono sicura…- proseguì, perdendo buona parte della sua verve, la mente improvvisamente vuota e la gola secca -Sono sicura che ha lottato ma…- mandò giù a fatica, senza più sapere neppure lei per chi stava parlando -Lei era così innamorata. Così innamorata. Così tanto da fidarsi di lui fino all’ultimo folle momento, il momento in cui non ha più avuto scampo. Così sicura e piena di fiducia nei confronti del ragazzo che amava da credere che alla fine lui avrebbe capito. Così incredibilmente forte da non rinnegare il suo amore neppure di fronte al pericolo di morire- concluse in un soffio, la testa che le girava senza un perché -Giusto?!- domandò poi, per niente lucida, rendendosi vagamente conto di avere un’irrazionale bisogno di conoscere la sua opinione al riguardo.  
Lo vide allargare il ghigno, lo stesso ghigno che le rivolgevano sempre Law e Zoro quando faceva qualcosa che li rendeva orgogliosi, prima di schiudere appena la bocca.
-Non avrei saputo dirlo meglio, Voodoo- le disse, prima che il silenzio calasse del tutto intorno a loro, rendendo ancora più assordante il ronzio che riecheggiava nelle orecchie di Perona.
-Wow!- mormorò Sabo, riscuotendola -Questo era decisamente un signor discorso! Vedi perché volevo farla fare a te Desdemona?!- 
Spaesata e un po’ persa, Perona si guardò intorno, notando le strane occhiate cariche di malizia e sapute che tutti le stavano lanciando, sentendo un brivido lungo la schiena.
Che avevano da guardarla così?! Cosa stavano silenziosamente insinuando?!
Il sangue le si gelò nelle vene nel rendersi conto che anche Sugar le stava sorridendo con un sopracciglio alzato.
Dannazione, si era fatta trasportare troppo e le aveva rubato la scena! Non era affatto così che sarebbe dovuta andare!
Si maledisse mentalmente, gli occhi ancora sgranati in un’espressione stupita e le guance indubbiamente arrossate anche se non poteva vedersi, per poi scattare in piedi, il corpo che tremava impercettibilmente.
-Io… vado a fare un po’ di the!- affermò, articolando a fatica la frase -Qualcuno ne vuole?!- domandò nervosamente per poi dileguarsi in cucina, senza nemmeno aspettare la risposta degli amici.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Di falchi e serpenti ***


-Qualcosa non va?!-
Margaret continuò a fissare dentro il vivaio dei pitoni, le mani sui fianchi e un’espressione riflessiva, senza rispondere al collega che si era fermato nel notare quel suo strano atteggiamento.
Anche se la conosceva da poco, poteva dire di conoscerla già molto bene. E non era da Margaret non salutare o addirittura non sorridere o non essere comunque serena. Era sempre serena Margaret, almeno lo era quando la vedeva lui.
Aprì la bocca per chiamarla ma la bionda erpetologa lo precedette, girandosi a guardarlo con un misto di ironia e scocciatura negli occhi.
-Hai una qualche valida e vagamente plausibile spiegazione di come uno dei tuoi falchi si sia infilato nel vivaio dei miei pitoni?!- domandò con un sorriso che prometteva un’atroce morte, calcando il tono nel pronunciare i due pronomi possessivi.
Marco rimase impassibile, sollevando appena le sopracciglia, senza dare mostra della sorpresa che aveva appena provato nel vederla così omicida e nel sentirla così sarcastica. Sapeva che Margaret era sveglia e dalla risposta pronta ma non avrebbe mai pensato che sarebbe arrivato il giorno in cui l’avrebbe definita spaventosa.
Senza un plissé, tornò sui suoi passi, camminando in silenzio verso la teca, ancora sotto lo sguardo furente e infuocato della collega, assottigliando gli occhi nel guardare verso l’alto, verso la cima del grosso albero che occupava il vivaio dei rettili.
-Deve essere scappato mentre gli davano da mangiare- considerò, commettendo l’errore di farlo ad alta voce.
-E voglio sperare che sia scappato dopo la sua razione perché se dovesse farmi fuori  uno dei pitoni albini io poi farei fuori te e il resto della tua squadra- mormorò con glaciale calma, facendo sobbalzare l’ornitologo.
-E se dovesse uccidere un pitone non albino?!- domandò Marco, girandosi appena a guardarla.
Margaret gli sorrise radiosa, inclinando appena il capo all’indietro.
-Uccido solo te- sibilò con dolcezza, facendolo ghignare divertito.
Chinò appena il capo scuotendo la testa, Marco.
Il loro ultimo, giovane, biondo e attraente acquisto si stava rivelando una continua scoperta, rendendola un soggetto irrimediabilmente affascinante. Nessuno stupore che si trovasse così bene con lei, in fondo le cose semplici non gli erano mai piaciute molte. Lui stesso rappresentava un enigma per tutti coloro che lo conoscevano.
Corrugò per un attimo le sopracciglia, perso in quella riflessione.
In effetti, a ben pensare, nonostante avessero già una loro routine come colleghi, non sapeva molte cose di Margaret. Lei si fermava al mattino a prendere il caffè anche per lui, giustificandolo come un ringraziamento per tutte le volte che, a fine giornata, l’ornitologo le dava uno strappo fino a casa. Pranzavano insieme, spesso in compagnia di altri ma a volte anche da soli e si consultavano sul da farsi quando qualche situazione si rivelava particolarmente spinosa, anche se di fatto le loro conoscenze non si incastravano molto bene.
Eppure se si trattava di scambiare un’opinione, Marco non poteva che pensare subito a Margaret nonostante la conoscesse da poche settimane. E per concludere in bellezza, caso più unico che raro per il biondo, la collega non sembrava affatto infastidita dalla sua indole taciturna e sembrava essere perfettamente in grado di distinguere quando Marco taceva perché non aveva niente da dire e quando lo faceva perché voleva essere lasciato stare.
Si chiese se fosse una capacità innata, la sua, o se dipendesse da qualche altro fattore.
-A-ehm!-
Un suono raschioso lo riscosse e, sollevata la testa di scatto, si rese conto di essere ancora immobile fuori dal vivaio, lo sguardo sempre puntato verso l’alto e Margaret sempre al suo fianco in sempre meno paziente attesa.
-Se uno dei miei serpenti fosse sgusciato fuori dal suo vivaio io avrei subito allertato tutti, perciò mi spiace ma per me voi dell’ornitologia siete direttamente responsabili dell’incidente- snocciolò per fargli capire il suo punto di vista, rendendosi conto che non poteva che darle ragione.
Si passò pollice e indice sugli occhi, dicendosi che più tardi avrebbe dovuto dare un paio di lavate di capo a qualcuno ma ora era un’altra la questione da sistemare.
Dopotutto il bello del loro centro era che non era un semplice zoo ma un luogo dove gli animali esotici che si potevano trovare allo stato brado nelle foreste fuori Raftel venivano curati per poter tornare un giorno a scorrazzare liberi nel loro habitat naturale e sarebbe stato alquanto incoerente, per non dire immorale, permettere a uno dei falchi di sterminare l’intera popolazione di pitoni in riabilitazione che in quel momento il centro ospitava.
-Non preoccuparti, ci penso io- la rassicurò, ottenendo solo un cenno del capo che lo obbligò a sopprimere un sorriso.
Però, gli piaceva quel lato di Margaret! Era assolutamente insospettabile!
Ringraziando mentalmente per avere con sé ancora un po’ di carne cruda, si infilò i guantoni protettivi prima di avventurarsi all’interno della gigante teca. Sapeva di doversi muovere con cautela ma sapeva anche che Margaret era lì fuori pronta a intervenire, considerazione che lo fece rilassare ulteriormente dal momento che, sebbene ne avesse conosciuti pochi, la ragazza gli sembrava uno degli erpetelogi più in gamba con cui avesse mai avuto a che fare.
Si girò un’ultima volta e la trovò che lo guardava con un incoraggiante e spaventoso sorriso al quale rispose, stortando appena le labbra. Margaret si concentrò per non lasciarsi andare a un’espressione radiosa finché il biondo non le voltò completamente le spalle.
Scosse la testa, divertita dal modo che Marco aveva di affrontare quelle situazioni, sempre arrogante e sicuro di sé. Era un tipo interessante, non c’era che dire, ed era davvero contenta di aver trovato qualcuno con cui riusciva ad andare tanto d’accordo.
Da quando era lì, non lo aveva visto comportarsi come faceva con lei, sembrava che prima del suo arrivo non avesse legato poi molto con nessuno degli altri colleghi e la cosa, doveva ammetterlo, la lusingava.
Lo osservò avanzare verso l’albero e fece una rapida panoramica per controllare che nessun pitone si avventurasse contro l’ornitologo ma i rettili erano tutti ben consci del pericolo rappresentato dal rapace e si guardavano bene dall’uscire dai loro nascondigli.
Margaret emise un breve sospiro nel rilassarsi. Sapeva che Marco avrebbe risolto il problema e poteva finalmente concedersi di sentirsi sollevata.
Si fidava davvero molto di lui.
Il tempo di elaborare il pensiero e sorridere di nuovo che una svolta inaspettata le fece gelare il sangue nelle vene e sobbalzare sul posto. Qualcuno l’aveva afferrata da dietro, passandogli un braccio intorno alla vita e obbligandola a far aderire la schiena al proprio torace, torace chiaramente maschile.
Trattenne il fiato giusto il tempo che servì all’odore del suo “aggressore” per solleticarle le narici, odore così famigliare e rassicurante, che le provocò un lieve capogiro, mentre socchiudeva gli occhi per goderselo fino all’ultima particella.
Si abbandonò senza esitare tra le sue braccia, girandosi veloce a cercare i suoi occhi grigi, illuminati da un sorriso sghembo, arrogante e divertito.
-Ciao!- lo salutò emozionata e sorpresa, circondandogli il volto con le mani e avventandosi sulle sue labbra ancora stirate in quel ghigno così dannatamente sexy.
Per tutta risposta, Law la strinse ancora più forte, rispondendo al bacio fino a mozzarle il respiro.
Le posò una carezza sul volto chiaro e perfetto quando si separarono in debito di ossigeno.
-Cosa fai qui?!- gli chiese, afferrando i baveri della sua camicia, quasi avesse paura che potesse scappare.
-La conferenza è finita prima del previsto- spiegò in un soffio, rispondendo anche alla domanda successiva che Margaret era pronta a porgli e cioè per quale occasione si fosse vestito tanto bene.
Si era dimenticata della conferenza.
-Potremmo pranzare insieme- propose, continuando ad accarezzare il suo profilo, instancabile.
Il cuore di Margaret accelerò e si allargò di felicità a quella prospettiva. Era da tanto che non riuscivano a passare un’ora insieme senza pensieri o impegni incombenti.
Tra Law che era presissimo al lavoro e lei che doveva stilare un riassunto del programma riabilitativo dei rettili del centro di quel primo semestre, le loro  cene erano diventate degli spuntini flash durante i quali cercavano almeno di sincerarsi l’uno delle condizioni di salute dell’altro.
Per non parlare poi del fatto che, dopo l’exploit della sera di Halloween, la frequenza con cui facevano l’amore era tornata a essere decisamente inferiore a quella che entrambi avrebbero voluto. Il corpo lo reclamava a gran voce in ogni ritaglio di tempo ma il cervello non glielo permetteva.
Margaret non vedeva l’ora che l’anno nuovo arrivasse, portando un po’ di tregua a entrambi e permettendole di dedicare a Law tutta l’attenzione che avrebbe voluto già potergli dedicare.
Si schiacciò contro di lui, strusciando il bacino contro il suo e accarezzandogli il dorso del naso con la punta del proprio.
-È per caso una proposta indecente, dottor Mihawk?!- domandò con il suo tono più malizioso, regalandogli un’ondata di calore.
-Potrebbe diventarlo- sussurrò divertito, avvicinandosela per poterla baciare di nuovo.
Kami, era così buona Margaret, così sensuale e dolce e semplice anche, come la torta paradiso ma con dentro un goccio di liquore, quel tanto che bastava per renderla unica. Anche solo tenerla tra le braccia era la perfezione, il paradiso in terra.
Niente, assolutamente niente avrebbe potuto rovinare quei momenti in cui sentiva che anche con i vestiti addosso era una cosa sola, due perfette metà dello stesso intero.
Niente avrebbe potuto rovinare quel momen…
-Ecco fatto-
Una voce atona, più o meno come la sua, s’intromise prepotente, distruggendo l’atmosfera perfetta che si era creata ma, soprattutto, facendo sobbalzare Margaret che si affrettò a distanziarsi da lui per poter guardare il nuovo arrivato.
Imponendosi di restare calmo, virò su se stesso per mettere a fuoco il collega/amico/taxista della SUA donna, fuori dalla teca dei pitoni con un falco appollaiato sul suo avambraccio e una posa che lasciava intendere che per lui girare con un rapace a pochi centimetri dalla faccia era cosa di tutti i giorni.
-Halta chiedi scusa a Margaret- disse, dando una leggera scossa al braccio e facendo protestare il votatile.
Margaret rise, con la sua risata cristallina e sincera. Rise e il sangue di Law si congelò all’istante nelle sue vene.
-Grazie Marco!-
-Figurati- minimizzò con una scrollata di spalle per poi girarsi verso il chirurgo -Ciao Law-
-Marco- rispose asciutto, studiandolo con la stessa infastidita occhiata che l’ornitologo stava rivolgendo a lui.
-Ti fermi a pranzo?- s’informò con apparente indifferenza, facendolo fremere appena di rabbia.
Quella domanda sapeva tanto di padrone di casa e la cosa non gli andava per niente a genio. Va bene che lui non lavorava al centro ma Margaret era la sua donna e lui aveva tutto il diritto di pranzare con lei.
-È precisamente la mia intenzione sì-
Il silenzio calò mentre i due uomini continuavano a studiarsi in cagnesco e le guance di Margaret si coloravano appena.
-Ehm… allora andiamo?!- propose, obbligandoli a interrompere il contatto visivo e a portare gli occhi su di lei, quasi fosse stata una calamita.
Law le sorrise, annuendo senza parlare e avvicinandosi per trascinarsela contro e baciarla sul capo.
-Andiamo…- confermò mentre Marco si muoveva nella direzione opposta.
-A dopo allora- si congedò.
-A dopo Marco!- rispose la bionda prima di avviarsi a sua volta, cercando di ignorare l’occhiata omicida che il suo uomo aveva appena lanciato al suo amico.

 
§

 
La risata di Boa attraversò lo stretto corridoio che separava la cucina dal salotto, facendo voltare Ace e Perona che, seduti dal divano, riuscivano a vederli impegnati a sistemare le ultime cose in cucina, tra un bacio e un abbraccio.
Sorrisero con affetto, godendosi quel clima famigliare e accogliente che era il marchio di fabbrica di casa Mihawk e spingeva il moro ad accettare quasi sempre gli inviti a cena dell’ultimo minuto quando sua mamma aveva il turno di notte all’ospedale.
Sospirando e lasciandosi scivolare un po’ più giù sul divano, Ace intrecciò le dita dietro la nuca, continuando a studiare i genitori della sua migliore amica.
-I tuoi sono probabilmente la coppia più bella che io abbia mai visto in vita mia- affermò dopo qualche istante, riguadagnandosi tutta l’attenzione della rosa, che sorrise con orgoglio, quasi fosse merito suo -Hanno un modo di relazionarsi che… mi ricordano tanto un serpente e un falco a volte-
-Che vuoi dire?!- si accigliò appena Perona.
Fu il turno di Ace di distogliere gli occhi dalla scena che stava avendo luogo in cucina, sorridendo con affetto all’espressione stranita della ragazza.
-Tuo padre sembra sempre un cacciatore che cura la propria preda quando tua mamma è in giro e lei…- sorrise con malizia, distogliendo per un attimo lo sguardo, lievemente imbarazzato da quanto stava per dire -È sensuale, come un serpente!- ammise, rimettendosi più dritto -Avevo anche una cotta per lei un paio di anni fa!-
-Per mamma?!?- chiese la rosa, sgranando gli occhi incredula e sbuffando una risata nel vederlo annuire.
-È una bellissima donna!-
-Lo so! Però mi fa strano!- si strinse nelle spalle, sorridendogli senza riserve.
Senza pensare, Ace portò il dorso del suo dito indice a sfiorarle una guancia, tornando improvvisamente serio.
-Voodoo senti…- cominciò, deglutendo un po’ troppo rumorosamente -C’è una cosa di cui ti volevo parlare già dall’altro ieri, quando abbiamo fatto il gruppo studio…-
-Dimmi!- lo incitò, colpita dal suo strano comportamento.
Non era da Ace titubare così.
-È vero quello che ha detto Izo?! Riguardo… Riguardo al Prof?!-
La rosa trattenne un attimo il fiato e fu il suo turno di distogliere lo sguardo, buttando fuori una risatina lievemente isterica.
-Ahhh io… Eheheh…. Beh ecco…- balbettò, passandosi una mano sul volto e chiudendo per un attimo gli occhi.
Doveva ricordarsi di uccidere Izo, doveva farsi un appunto mentale.
-È un uomo adulto!- riaprì gli occhi, stupita dal tono fermo e chiaramente preoccupato dell’amico, che ora la guardava con determinazione -E tu… so che non sei una bambina, so che sei incredibilmente intelligente e sveglia e bella ma lui è un uomo e tu sei la sua studentessa! Io non voglio che si approfitti di…-
-Ace, Ace, Ace!- lo fermò, agitando le mani a palmo aperto davanti al volto -Senti è solo… attrazione intellettuale okay?! Lo ammiro, davvero tanto, ma non significa che io sia innamorata o disposta a fare pazzie!-
-Sei… sicura?!- la incitò, le sopracciglia corrugate -Le mie compagne non fanno che dire che è un bell’uomo e…-
-Sì è vero, è bello e tutto quello che vuoi ma… lo sai no?! L’amore della mia vita è uno e uno soltanto!- affermò con tono lievemente teatrale e un guizzo divertito negli occhi.
-E chi?!- chiese il moro dopo un attimo di interdizione.
Perona sospirò melodrammatica.
-Sanji naturalmente!-
Ace sobbalzò appena, prima di tornare a sorridere e sentire il cuore allargarsi un pochino.
-E io che credevo che non ti piacessero i biondi!- ghignò bastardo, reggendole il gioco e facendole assottigliare lo sguardo con malizia.
-Per Sanji posso fare un’eccezione- soffiò così seria e, sì, sensuale da lasciarlo un attimo senza fiato.
-Se dovessi mai volerti vendicare di Zoro per qualcosa, questo sarebbe il modo perfetto lo sai?!- le disse, prima di scoppiare a ridere con lei.
Rimasero fermi sul divano ad ascoltare la risata l’uno dell’altra scemare e si guardarono per un attimo con quella complicità che era tutta loro prima che Ace si colpisse le cosce con la mani e dondolasse appena per darsi la spinta e mettersi in piedi.
-Mi sa che è ora che vado a casa, Voodoo!- affermò stirandosi, mentre Perona si alzava in piedi e gli passava una mano intorno alla vita, per abbracciarlo un attimo, prima di precederlo alla porta da brava padrona di casa.
Aspettò che si congedasse dai suoi, ringraziandoli per la cena, e che mettesse il giubbotto, decisamente troppo leggero per il clima esterno. Gli sorrise quando la raggiunse e gli depositò il rituale bacio sul capo, ringraziando anche lei.
-Figurati- soffio roca, aprendogli la porta e attraversando il portico insieme a lui, per tenerlo d’occhio mentre percorreva il vialetto con le mani in tasca.
Si fermò a metà tragitto, girandosi a cercarla.
-Ti scrivo su Whattsapp quando sono a casa?!- le chiese e il sorriso gli si allargò nel vederla annuire.
Riprese a camminare, scricchiolando con le suole contro il selciato e Perona si lasciò pervadere da un’ondata di affetto e sincero amore per lui.
Quanto gli voleva bene!
Se c’era una persona che voleva vedere felice, era proprio Ace.
Un pensiero la colpì, condizionato da quella considerazione.
-Ohi Ace!- lo richiamò, ancora appoggiata al sottile pilastro del portico.
Il moro si girò subito a cercarla.
-Dimmi!-
-Sai chi mi ricorda un po’un serpente?! In senso buono intendo!-
-No, chi?!-
Perona sorrise furba, protetta dalla penombra notturna.
-Sugar!-
Un attimo di silenzio intercorse tra loro prima che, con una certa soddisfazione per la rosa, un sorriso che era tutto un programma piegasse le labbra di Ace.
-Può darsi…- concesse in un sussurro.
Con un ultimo cenno di saluto, le voltò di nuovo la schiena avviandosi una volta per tutte e Perona aspettò che la sua figura diventasse del tutto indistinguibile prima di rientrare in casa, con la sensazione di stare giocando la miglior partita della sua vita.
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** You're home ***






Angolo di Piper
Ehilà gente!!! Sono in ritardo lo so! Ma ho avuto pochissimo tempo e quindi scusate se pubblico e vi faccio gli auguri in ritardo! Ma, ehi, meglio tardi che mai, giusto?! 
Dunque dunque capitolo song-fic a effetto e cioè, scusate la precisazione per dummies, quando vedete "Pause" fermate la canzone, quando vedete "Play" la fate ripartire! Se potete vi conviene leggere dal pc e sentire la canzone dal cell o qualcosa del genere... ma è solo un consiglio ^^'! 
Beh ragazzi rinnovo i miei auguri di Natale, sperando che questo capitolo possa scaldarvi un po' in queste giornate fredde con il sole! E un grazie immenso a tutti voi che m seguite, un grazie speciale a Luna, Sara e Eva e a tutti voi che mi sostenete sempre e comunque! 
Un grande abbraccio e a presto dalla vostra Piper. 





Si arrestò fuori dalla porta della loro camera da letto, piedi scalzi, l’accappatoio intorno al corpo e un asciugamano a mo’ di turbante sui capelli umidi.
Doveva essere rientrato mentre lei era sotto il getto dell’acqua calda, per questo non lo aveva sentito, e poteva anche essere che semplicemente non si fosse ancora messo i pantaloni e la maglietta che usava in casa ma a Boa bastava la postura di Drag, intento a guardare fuori dalla finestra che dava sul giardino della casa, per sapere che qualcosa lo turbava.
Camminando leggera, gli si accostò, appoggiando delicata una mano sulla sua schiena, risalendo fino a in mezzo alle scapole e cancellando con quel tocco parte della sua tensione.
Si fermò con il palmo sulla sua spalla sinistra, mentre faceva scivolare l’altro braccio accanto al suo costato e gli circondava l’addome, posando il mento sulla sua spalla destra e sentendolo subito rilassarsi e inclinarsi leggermente indietro, a cercare un sostegno in lei.
-È successo qualcosa?!- domandò sottovoce, strusciando la fronte contro la sua tempia e ascoltandolo inspirare a pieni polmoni.
-Manca poco alla Vigilia- affermò, portando la propria mano su quella di sua moglie e intrecciando le loro dita.
Boa lo scrutò nella penombra della loro stanza, con i suoi grandi occhi blu come la notte.
Sapeva dove stesse il problema.
Non era prevista neve quell’anno per Natale e sarebbe stata la prima volta negli ultimi dieci anni.
E la Vigilia senza neve equivaleva a una Vigilia senza Olivia.
Non lo biasimava per essere ancora così malinconico. Sapeva che Drag la amava, forse non di più ma di certo non di meno di quanto aveva amato Olivia, sapeva di esserci lei nel suo cuore e nella sua mente e non solo nel suo letto e tra le sue braccia.
Ma Olivia restava una parte di lui, una parte dei loro figli e non pretendeva, mai lo aveva fatto, che non sentissero la sua mancanza soprattutto in determinati periodi dell’anno.
E Natale era decisamente uno di questi. Olivia amava il Natale più di quanto ognuno di loro fosse in grado di fare. Un amore che Perona aveva ereditato in tutto e per tutto.
In quel periodo anche lei sentiva più nostalgia della sua vecchia amica, perché tutto, gli addobbi, le luci e persino il freddo, le ricordavano il suo incrollabile entusiasmo per quella festa tanto attesa.
Perciò, figuriamoci come poteva sentirsi Drag.
E la mancanza di neve, di certo non lo aiutava. Quando nevicava alla Vigilia era come se Olivia fosse ancora lì con loro.
Un pensiero improvviso la colpì, facendola sorridere nel buio e aumentare la propria stretta sul marito, che girò il viso a guardarla.
-Che succede?!- le chiese, trovandola sorridente e radiosa.
Boa lo scrutò ancora un istante, stringendo appena la stoffa della sua maglietta tra le dita.
-Mi è venuta un’idea!-
 
§
 
-Dai su! In macchina!- intimò, facendo scambiare occhiate perplesse ai suoi figli.
-Voi sapete cosa gli prende?!- domandò Zoro, facendo negare gli altri tre.
-Papà…- cominciò Robin, ragionevole come sempre, ma Drag si era già infilato al posto del guidatore e stava abbassando il finestrino dalla parte del passeggero.
-Allora vi date una mossa?!- intimò, con una strana luce, quasi euforica, negli occhi.
Robin si girò verso Perona, di cui, tra la il cappellino e la sciarpa, erano visibili solo gli occhi. Si strinse nelle spalle, come a voler dire che fino a quel pomeriggio il loro genitore era stato perfettamente normale o almeno lei non si era accorta se c’era stato qualche segnale di schizofrenia nei giorni precedenti.
L’archeologa si rimise dritta, girandosi verso i fratelli.
-Forse conviene assecondarlo-
-Ma è la Vigilia di Natale e lui vuole che saliamo in macchina senza dirci niente per portarci chissà dove dopo averci chiesto di venire qua da soli!- protestò Zoro -Che gli prende?!- ripeté, mentre Law si girava a studiare il padre che attendeva tamburellando sul volante e agitandosi impaziente sul sedile.
Aveva l’aria di uno che non stava più nella pelle.
-Magari ha un ictus in corso?!- buttò lì, facendo sgranare gli occhi a Perona mentre i gemelli restavano uno impassibile e l’altra sorridente.
-Trovo più plausibile che sia stato sostituito con un clone alieno- mormorò atono Law prima che lo strombazzare del clacson riempisse il garage, facendogli chiudere gli occhi per mantenere la calma mentre gli altri tre sobbalzavano.
-Ragazzi credo sia meglio andare- ribadì Robin, facendo sospirare Zoro e Law.
-E va bene…- mormorano all’unisono, girandosi per salire in macchina.
Perona si infilò rapida sul sedile centrale, schiacciata tra Zoro e Robin, le mani in tasca, la bocca coperta, scrutando alternativamente tutti i componenti del suo nucleo famigliare.
-Ma dov’è la mamma?!- chiese, attraverso la sciarpa.
-Lei è già là!- affermò Drag in un soffio, girandosi per fare retromarcia e sorridendo.
Colpita da quel comportamento criptico, Perona cercò di nuovo Robin con gli occhi e fu il turno della mora di stringersi nelle spalle.
Nessuno fece più domande né commenti durante il tragitto, a parte Law che si vide costretto a ricordargli un paio di Stop lungo la strada e Zoro che ringhiò tra i denti che se facevano un incidente lo avrebbe ammazzato con le sue mani.
Non lo avrebbe mai ammesso ma più di non sapere dove stessero andando era non sapere dove fosse Nami a renderlo così nervoso. Non aveva potuto nemmeno avvisarla della stramba trovata di suo padre.
Fu con non poco sollievo che lo videro inserire la freccia per accostare e parcheggiare, dopo circa dieci minuti, e si accigliarono tutti quando riconobbero il quartiere dove li aveva portati.
-Skypeia?!- domandò perplesso Law.
-Presto dai!- li incitò di nuovo Drag, bloccando la serratura della macchina e lasciandoli un po’ interdetti.
Lo osservarono spostarsi a passo di carica, quasi di corsa, tutti schierati vicino alla vettura.
-Ragazzi, ho le allucinazioni o papà sta correndo dentro all’Upper Yard alle otto di sera della Vigilia di Natale?!-
-Confermo tutto Zoro- mormorò Law, osservando il genitore a occhi sgranati.
-Beh meglio seguirlo no?!- s’intromise Perona, con un’alzata di spalle, prima di avviarsi.
-Ehi pulce, aspetta!- l’ammonì Zoro, spaventato di perderla nel buio.
Si mossero rapidi all’interno del parco, seguendo il padre senza fare caso a dove portava il sentiero prescelto, finché Law non cominciò a notare qualcosa di famigliare nel panorama intorno a sé, fino a posare gli occhi su una ben precisa panchina.
-Ma cosa…- cominciò, rendendosi conto che erano vicini alla quercia di Olivia.
 
[If my heart was a house – Owl City]
 
You're the sky that I fell through
And I remember the view whenever I'm holding you
 
Si fermò accanto a Robin e si ritrovò a trattenere il fiato, nonostante le labbra schiuse per lo stupore e il freddo che lo obbligava a respirare a bocca aperta.
Non poteva credere ai propri occhi e anche Zoro e Perona si erano immobilizzati increduli, pochi passi avanti a loro.
 
The sun hung from a string
Looking down on the world as it warmed over everything
Chills run down my spine as our fingers intwine
And your sighs harmonize with mine
 
Una fila di luci colorate, di quelle per illuminare l’albero o il bordo del balcone, formavano un quadrato sospeso, sfruttando come sostegno l’albero stesso e due lampioni e un tavolino di plastica bianca, di quelli da pic nic, era stato imbandito proprio davanti alla quercia con una tovaglia natalizia e circondato da sedie dello stesso materiale.
-Ta-dah!- esclamò Drakul, girandosi verso i figli e indicando con entrambe le mani la sorpresa.
-Ma che succede?!- domandò perplesso Law, il corpo attraversato da una miriade di emozioni.
 
Unmistakably I can still feel your heart
Beat fast when you dance with me
We got older and I should have known
 
-Rufy non provare a toccare un altro onigiri o ti cavo tutti i denti!-
-Oh ma Nami, io ho fame!!!-
Voci in avvicinamento li fecero voltare, in tempo per vedere arrivare dall’ingresso Est del parco Nami, Margaret, Rufy, Boa, Rouge e Ace, portando stoviglie di plastica e pietanze ben sigillate in appositi contenitori termici.
 
(Do you feel alive?)
That I'd feel colder when I walk alone
(Oh, but you'll survive)
So I may as well ditch my dismay
(Bombs away... Bombs away...)
 
-Ehi tranquilli, abbiamo conservato qualcosa anche per voi!- li avvisò Ace, agitando il braccio in un gesto di saluto.
I quattro ragazzi deglutirono a vuoto, gli occhi lucidi, non solo per il freddo.
Fu solo quando suo padre gli posò le mani sulle spalle che Law si riscosse, sobbalzando appena e tradendo tutta l’emozione che stava provando in quel momento.
-Abbiamo pensato che fosse bello festeggiare anche con mamma- lo avvisò, obbligandolo a mandare giù per cercare di scacciare il groppo in gola -L’idea è stata di Boa e loro mi hanno aiutato a metterla in pratica- spiegò, indicando con un cenno del capo i nuovi arrivati con cui i suoi fratelli si stavano scambiando abbracci e convenevoli
 
Circle me and the needle moves gracefully
Back and forth, if my heart was a compass you'd be North
Risk it all cause I'll catch you if you fall
Wherever you go, if my heart was a house you'd be home
 
-Che ne pensi?!- domandò poi Drag, in evidente apprensione.
Law si girò a guardarlo un po’ perso e incredulo, prima di gettarsi verso di lui e abbracciarlo forte.
-Sei grande, papà- sussurrò nella notte, e fu il turno di Drakul di deglutire a vuoto.
Si tennero stretti ancora qualche secondo per poi allontanarsi senza interrompere il contatto tra i loro corpi, guardandosi in faccia e sbuffando confuse risate.
-Dai andiamo prima che Rufy finisca tutto!- lo incitò, stringendo ancora un attimo la sua spalla prima di lasciarlo andare.
Si avvicinarono veloci al tavolino e Law si piegò senza esitazione su Margaret per baciarla, mentre Drag si accomodava di fianco a sua moglie, premendo la mano sulla sua coscia.
Non poteva credere che davvero suo padre avesse organizzato una cena simile per loro. Era il regalo più bello che potesse trovare!
 
It makes me smile because you said it best
I would clearly feel blessed if the sun rose up from the west
 
Quando aveva saputo che non era prevista neve per quell’inverno il cuore gli era sprofondato nello stomaco. Da quando aveva ripreso a nevicare quel Natale in cui Perona aveva sei anni non un solo anno erano dovuti stare senza neve.
 
Flower balm perfume, all my clothes smell like you
Cause your favorite shade is navy blue
 
Ma non era poi così grave visto che, se Olivia non poteva andare da loro, loro potevano andare da Olivia, proprio come avevano fatto.
-Amore vuoi un arancino?!- gli chiese Margaret, riscuotendolo dalle sue riflessioni.
 
I walk slowly when I'm on my own
(Do you feel alive?)
Yeah, but frankly I still feel alone
(Oh, but you'll survive)
So I may as well ditch my dismay
(Bombs away... Bombs away...)
 
Con un sorriso ebete sulla faccia si girò a guardarla, facendole prima sgranare gli occhi e poi sbuffare una risata.
-Che c’è?!- chiese Law, prendendo la pietanza che gli veniva offerta.
-Niente è che sei adorabile così con quell’espressione!- spiegò, intenerita, prima di avvicinarsi per un bacio.
Law l’accarezzò sulla guancia, perdendosi poi a fare una panoramica del tavolo.
Robin stava chiacchierando con Boa e Rouge mentre Rufy si spazzolava qualunque cosa gli capitasse sotto tiro, facendo a gara con Zoro. Nami era troppo impegnata a ridere di una qualche battuta fatta dal capofamiglia per preoccuparsi di loro e picchiarli e Ace e Perona sembravano isolati da tutti gli altri, concentrati su un video che il moro stava mostrando all’amica e che la stava facendo ridere di gusto, illuminandole gli occhi.
Per un breve, paradisiaco attimo, Law si sentì scoppiare di felicità, circondato da quelle persone che amava così tanto, in un luogo per lui così importante, in una notte così suggestiva.
Avrebbe voluto fermare il tempo in quell’attimo.
 
[Pause]
 
-Cos’è questo rumore?!- chiese Boa, accigliandosi e facendoli zittire tutti.
Un suono vibrante risuonava nell’aria e per un attimo quasi tutti portarono le mani alle tasche delle proprie giacche finché Zoro non alzò una mano mentre con l’altra tirava fuori il cellulare.
-È il mio!- avvisò, prima di lanciare un’occhiata al display lampeggiante e accigliarsi -Torciglio?!-
Cosa mai poteva volere Sanji da lui, quel giorno e a quell’ora?!
Perplesso si alzò dal tavolo.
-Scusate un attimo- si congedò allontanandosi e spostandosi dall’altro lato della quercia.
Accettò la telefonata, portando la scatolina all’orecchio.
-Pronto, Sanji!-
-Ohi Marimo! Meno male che hai risposto!- esclamò il biondo dall’altra parte, lasciando Zoro senza parole.
Era una sua impressione o il tono era agitato?!
-Sanji è tutto a posto?!-
-Come no! Va alla grande! Alla grandissima anzi! Tu che fai?!-
-Io sto… cenando con la mia famiglia…- rispose un po’ titubante.
No, qualcosa non tornava.
-Oh scusa non volevo disturbare io…-
-Sanji che succede?!- domandò lapidario, zittendolo.
Svariati istanti di silenzio seguirono quella domanda diretta e Zoro stava già per chiedere se fosse ancora lì quando il cuoco ruppe gli indugi.
-Okay non so perché, Zoro, ma ho sentito che prima di farlo dovevo avvisarti, dovevo dirtelo- spiegò con urgenza prendendo un profondo respiro -Sto per chiedere a Violet di sposarmi!-
Il verde rimase immobile dov’era, interdetto, senza sapere cosa dire, finché la voce dell’amico che lo chiamava non lo riscosse.
-Tu stai… T-tu… Santo Roger ma è… fantastico!!!- esultò, sentendo il biondo liberare una nervosa risata all’altro capo -Le hai preso l’anello vero?!-
-Ma che domande imbecilli fai?!-
-Scusa è che sono un po’ confuso anche io! Ma cosa fai qui al telefono con me?!?! Va da lei! Subito, ora!-
-Sì ora vado, vado subito!- esclamò Sanji ma senza ancora riattaccare.
Titubò un attimo prima di chiamare nuovamente l’amico, incredibilmente per nome.
-Dimmi!-
-Andrà tutto bene vero?!-
Zoro sgranò gli occhi nel registrare l’incertezza che suonava nella voce del ragazzo e scosse la testa ghignando.
-Certo che sì, come vuoi che vada?!- mormorò e per un attimo riuscì a immaginare nitidamente Sanji che tirava un sospiro di sollievo e poi si ricomponeva, pronto ad andare dalla sua donna -Ehi Torciglio!-
-Mh?!-
Fu il turno di Zoro di esitare. Mai nella vita, nemmeno sotto minaccia, avrebbe ammesso che voleva bene a quel pervertito di un cuoco. Però…
-Te la meriti davvero-
Un altro lungo attimo di silenzio e Zoro fu certo che anche Sanji stesse sorridendo ebete, proprio come lui.
-Tu invece non arriverai mai a meritarti Nami-swan, Marimo! Buona serata!- lo salutò prima di chiudere.
Il verde strabuzzò gli occhi, allontanando il telefonino dal viso.
-Ma… ma…- balbettò, fissando il cellulare indignato -Che stronzo!- esclamò parlando con se stesso, prima di chinare il capo e scuoterlo con un ghigno divertito sul volto.
Non sarebbe cambiato mai.
 
[Play]
 
Circle me and the needle moves gracefully
Back and forth, if my heart was a compass you'd be North
 
Rimise il cellulare in tasca e si strofinò un attimo i palmi sui baveri della giacca, cercando di gestire l’emozione che quella serata così speciale gli stava regalando e prese un profondo respiro prima di tornare verso il tavolo.
 
Risk it all cause I'll catch you if you fall
Wherever you go, if my heart was a house you'd be home
 
Lo accolsero con esultanza,  nemmeno fosse stato lontano solo qualche minuto e, quando si sedette era così sorridente che Nami rimase a fissarlo perplessa per parecchi secondi.
Si sentiva un idiota a essere così felice perché di tutti Sanji aveva voluto avvisare proprio lui della propria decisione e scosse la testa cercando di tornare in sé, mentre si girava verso la propria donna.
-Ricevuto buone notizie?!- s’informò, sorpresa di tutto quell’evidente entusiasmo.
 
If my heart was a house, you'd be home
 
Per un attimo, nell’incrociare i suoi occhi, uno spasmo contrasse lo stomaco di Zoro, cogliendolo alla sprovvista e facendogli perdere il sorriso.
-Sì direi di sì- rispose, tornando subito a ghignare.
Si chinò a baciarla rapido sulle labbra, scaldandosi del suo calore e chiedendosi con una infima parte del proprio cervello cos’era quella sensazione di inadeguatezza che per un attimo si era impadronita di lui.
Ma la risata di Perona lo obbligò a tornare con ogni fibra del proprio corpo a quel momento, quella cena con la sua famiglia, quella Vigilia così indimenticabile.
Accogliendo Nami tra le braccia, lasciandole usare il proprio petto come sostegno per la sua schiena, Zoro la strinse perdendo lo sguardo sulle persone che aveva intorno e un senso di benessere e calore lo pervase.
In quel momento, in quel parco, con Nami tra le braccia, i suoi fratelli e suo padre così felici, circondato da persone così importanti per lui, Zoro sentiva che non avrebbe voluto niente di più.
 






 
BUON NATALE A TUTTI VOI

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Tutto secondo i piani...? ***


Si stiracchiò, muovendo la testa a destra e sinistra, agitando i boccoli rosa sul cuscino.
Un rumore lontano e ovattato, un rumore di stoviglie se non si sbagliava, la raggiunse, riportandola di qualche altro passo fuori dal meraviglioso dormiveglia in cui era immersa. Per una qualche ragione, che non si riusciva a spiegare e decisamente irrazionale, una voce in fondo alla sua testa insisteva che doveva svegliarsi.
Per tutta risposta, Perona si dondolò per mettersi sul fianco e abbassò il mento, immergendo anche il naso sotto al caldo piumino.
Non ci pensava nemmeno a muoversi da lì! Neppure se era tardi, neppure se Robin, Law, Zoro, Monet, Bibi, Lamy, Rouge e gli zii venivano a pranzo quel giorno, insieme a Nami, Margaret, Rufy, Lasa e Gladius ovviamente.
Contrasse il viso in una smorfia a quel pensiero, domandandosi una volta ancora perché mai ostinarsi a portare avanti una tradizione tanto masochista come il pranzo del primo gennaio. In fondo il bello di capodanno era stare svegli fino all’alba, come si poteva avere fame dopo aver fatto le cinque del mattino?!
Un suono simile a un concerto per tromboni la raggiunse dalla stanza accanto a quella dove lei dormiva con Sugar e Koala, ricordandole che i tre occupanti della camera che era stata di Zoro avrebbero mangiato in qualsiasi condizione e a qualsiasi ora del giorno, e si raggomitolò ancora di più in segno di protesta, nel realizzare che a breve, volente o nolente, si sarebbe dovuta svegliare ed alzare.
A malincuore portò una mano a strofinarsi gli occhi, continuando a godersi il calore del pumino anche se ormai era più sveglia che addormentata e, sbadigliando, allungò il braccio a cercare il cellulare, per controllare che ore fossero. Illuminò il display e un dettaglio attirò la sua attenzione, facendole scordare il suo originale intento.
L’icona del suo blog campeggiava nell’angolo in alto a sinistra dello schermo, insieme a quella di Whattsapp, e scosse la testa per snebbiare la mente mentre abbassava la tendina per accedere alla propria pagina e scoprire chi mai le avesse scritto il primo gennaio.
E rimase ancor più sorpresa nel constatare che si trattava di un messaggio privato ma della chat che il sito forniva e permetteva di avere una conversazione botta e risposta se entrambi gli interlocutori erano connessi.
Assottigliò lo sguardo per abituarlo alla luce del display, leggendo il nome del nuovo iscritto che non le ricordava niente o nessuno. Le capitava, a volte, di riconoscere chi la stava contattando dal nickname.
AssodiPicche01.

Ciao Miss Puck! Buon anno!

Un po’ stranita, chiedendosi se quel tizio non fosse un semplice fan che voleva farle gli auguri, Perona digitò rapida una risposta. Di solito prima di passare alla chat, gli iscritti le mandavano almeno un messaggio per spiegare la propria situazione.

Buon anno a te, AssodiPicche! Mi sbaglio o è la prima volta che vieni sul mio blog?!

Immediatamente l’avviso “AssodiPicche sta scrivendo…” prese il posto della riga dove normalmente campeggiava lo stato dell’interlocutore, confermandole che il ragazzo – era assolutamente certa che si trattasse di un maschio – era online in quel momento e aveva tutte le intenzioni di parlare con lei senza rimandare a più tardi la conversazione.

In realtà lo bazzico da un po’ ma mi sono iscritto solo stamattina.
Capisco. Posso fare qualcosa per te?!

Alcuni secondi trascorsero senza che AssodiPicche rispondesse dall’altra parte, ma Perona aveva l’irrazionale sensazione che il ragazzo fosse ancora lì, a fissare lo schermo, cercando le parole. Era talmente concentrata sul cellulare, ora, da non sentire nemmeno più Izo, Sabo, Kobi ed Ace russare come un esercito di cosacchi dopo una gara di bevute.

Beh… io lo spero… Eheh.

La rosa sorrise, sentendo l’eccitazione di una nuova sfida farsi strada in lei, e un flash di un ragazzo, dal volto non meglio definito, che si portava la mano alla nuca per accarezzarsela con imbarazzo balenò nella sua mente. AssodiPicche sembrava avere un modo di parlare con lei che le risultava stranamente famigliare.

Dimmi tutto!

Lo invitò e si morse il labbro in attesa ma un lieve “blip” la obbligò a portare la propria attenzione su un nuovo messaggio in entrata su Whattsapp. Normalmente lo avrebbe ignorato, certa che si trattava solo degli ennesimi auguri di un felice anno nuovo, ma fu più forte di lei aprirlo e abbandonare momentaneamente la pagina del blog quando vide che il mittente era nientemeno che Ace.
Perché mai Ace sentisse al necessità di mandarle un messaggi quando si trovava nella stanza accanto, proprio non lo sapeva.

Ciao Voodoo! Buon anno!

Perona sorrise, scuotendo appena il capo.

Buon anno a te Ace e buon compleanno!

Soffocò una risata quando il moro rispose con un “Oh ma grazie!” seguito dalla faccina con gli occhi cuoriformi.
Che scemo era!
Passò ancora qualche secondo prima che l’icona del blog facesse nuovamente capolino in cima allo schermo, riportandola con la mente ad AssodiPicche.

C’è una ragazza. Lei è… bellissima e dolce e… mi piace davvero ma non so come comportarmi.
Le hai già chiesto di uscire?!
Non è così semplice.
Perché no?!
Ci conosciamo da quando siamo bambini e siamo amici. Non voglio rovinare le cose tra noi!

Perona aggrottò le sopracciglia, sospettosa, mentre una strana sensazione si impadroniva di lei. Bisognosa di riflettere un attimo, tornò su Whattsapp per s
scrivere a Ace.

Sono contenta che anche tu, Koala, Kobi e Izo vi fermate a pranzo oggi!

Ace rispose subito con uno smile prima di chiedere “Stanno ancora dormendo?!” riferendosi a Sugar e Koala.

Come sassi! Però è stata proprio una bella festa!
Puoi dirlo forte!

Sorridendo al ricordo della nottata appena trascorsa, Perona tornò veloce sul blog.

Quanto siete amici?!
Molto! Siamo nella stessa compagnia!
Uhmmm… questo può essere un vantaggio! Vuol dire che la conosci bene!

Una domanda improvvisa si formò nella mente di Perona.

Come mai ti sei deciso solo stamattina?!
Abbiamo festeggiato insieme capodanno ed è stata una serata eccezionale!

Perona sghignazzò sotto i baffi. A quanto pare l’ultimo dell’anno era stato speciale per più di una persona. Il che le ricordava che…
“Sì, infatti! Ho visto che tu e Sugar ve la siete goduta eh!” scrisse rapida a Ace, aggiungendo lo smile ammiccante a fine frase.
“Abbiamo solo ballato insieme un paio di volte” protestò Ace, senza punteggiatura e Perona se lo immaginò portarsi una mano alla nuca con imbarazzo.
Sgranò gli occhi, lievemente scioccata, mentre i vari pezzi sembravano andare tutti al loro posto, continuando a fissare lo schermo e riflettendo febbrile.
Possibile?! Era mai possibile che… No, doveva essere solo frutto della sua troppo fervida immaginazione!
Eppure, le era parso subito che AssodiPicche avesse qualcosa di famigliare nel modo di “parlare” e… e c’era più di un indizio a supporto del suo sospetto. Possibile che…
Un doppio “blip” la risvegliò mentre due messaggi, uno su Whattsapp e uno sul blog, arrivavano sul suo cellulare in lieve ritardo l’uno dall’altro. Aprì rapidamente la chat con Ace.

Ehi Voodoo, sei ancora lì?! Scusa, mi sono addormentato!

Perona sapeva che sarebbe scoppiata a ridere se non avesse avuto fretta di aprire la chat del blog e controllare e quello che vide la lasciò senza parole.

Ehi Miss Puck, ci sei ancora?! Scusa, mi sono addormentato!

Sbatté le palpebre, interdetta, mentre cercava di metabolizzare ciò che aveva appena scoperto.
Oh… per tutti… i kami!
Era… era Ace!!! AssodiPicche era Ace!!!
Ace voleva il suo aiuto per conquistare una ragazza, anche se certo non era consapevole di stare cercando proprio il SUO aiuto, l’aiuto della sua migliore amica! E Perona era abbastanza certa di sapere chi fosse la ragazza, almeno ci sperava, visto che aveva passato buona parte della serata a creare occasioni per lui e Sugar per stare da soli e anche se lui diceva che avevano solo ballato insieme un paio di volte, la rosa aveva visto bene quanto avevano riso e scherzato per tutto il tempo.
Okay, calma, doveva stare calma! Sangue freddo e indagare un po’ più a fondo!

Ci sono AssodiPicche, ci sono! Beh se è stata una serata eccezionale vuol dire che anche lei è stata bene con te, no?!
Sì… penso di sì, ma te l’ho detto, siamo amici da sempre, è normale che stia bene con me! No?!

Perona si fermò con il pollice a mezz’aria, colpita. Non aveva mai visto Ace così insicuro, doveva essere davvero preso!

Hai ragione, però sai bisogna sempre cercare di capire dove l’amicizia finisce e comincia a essere qualcosa di più!
Sì, ma non so come fare! XD
Beh e se no io cosa ci sto a fare qui?!
Quindi mi aiuterai?!
Eccome!

Un “Fantastico!” seguito da una faccina ghignante fu il commento di AssodiPicche.
Ecco, ora sì che lo riconosceva!
Un brivido le percorse la schiena. Era il momento della verità.

Ora sei con lei?!
Sì, sono nella stanza accanto alla sua.
E ci puoi parlare?!
Uhm non per il momento… dorme ancora come un sasso, mi dicono dalla regia! XD

Il cuore di Perona perse due o tre battiti.

Cmq oggi pranzo a casa di sua cugina, quindi ho tempo per stare con lei!

Lo sapeva, lo sapeva, lo sapeva!!! Era Sugar!!!
Sollevò un braccio verso il soffitto e lo riabbassò, rischiando di darsi una gomitata nello stomaca, in un gesto di esultanza, la mano stretta a pugno.
Sì, sì, sì, sì!!!!!
Prese un profondo respiro, ricomponendosi per riuscire a scrivere qualcosa di senso compiuto, nonostante le mani le tremassero lievemente.

Okay allora… facciamo così, ci aggiorniamo stasera, così mi dici com’è andata la giornata, ti va?!
Va benissimo! Grazie Miss Puck!
Dovere!

Chiuse la pagina del blog, portandosi una mano alla fronte per calmarsi.
Oh kami, oh kami!
Era così felice! Stava andando tutto esattamente secondo i piani!
Doveva assolutamente svegliare Koala e metterla al corrente!
Ma prima che potesse saltare fuor dal letto per sgusciare nel sacco a pelo dell’amica un ennesimo “blip” la obbligò a riprendere in mano il cellulare.

Voodoo?!
Ci sono, Ace! Ci sono! Scusa! Sveglio Koala e Sugar e ci vediamo giù per la colazione okay?!
Okay O.o Sicura di star bene?!

Perona sorrise, mordendosi ancora una volta il labbro inferiore.

Alla grande, Spruzzetto di Sole! Sto alla grande!
 

 
§

 
Robin sorrise eterea, osservando la sua chiassosa famiglia chiacchierare intorno al tavolo, scrutando con più attenzione i membri del suo nucleo famigliare. A parte suo padre e Boa, che sorridevano radiosi e sereni come sempre, scambiandosi una carezza o uno sguardo complice di tanto in tanto, quel giorno i Mihawk sembravano tutti tesi come corde di violino.
O, per essere più precisi e onesti, era da un po’ che lo sembravano ma Robin non dubitava che le poche ore di sonno contribuissero ad accentuare quell’impressione che, essendo sua, sicuramente poi tanto impressione e basta non era.
In fondo era il suo lavoro, scavare alla ricerca di verità nascoste.
Posando il mento sulla mano, con un gesto delicato e femminile come un fiore di ciliegio, l’archeologa scrutò attenta i suoi fratelli e sua sorella.
Perona in realtà più che tesa sembrava oltremodo eccitata, anche se non riusciva a capire da cosa dipendesse. Parlava animatamente con Koala e lanciava insistenti occhiate a Ace, coinvolgendolo più spesso del normale nei suoi discorsi a tre con la castana e Sugar. Era così frizzante che non sembrava avere dormito cinque ore scarse.
No, a preoccuparla davvero erano Zoro e Law. Soprattutto Law.
Il verde, in fondo, era semplicemente più prodigo di attenzioni del normale verso Nami e la cosa era di certo sospetta ma non poi così incomprensibile, non fosse stato che la rossa continuava a sorridergli ma visibilmente perplessa dal suo comportamento innegabilmente anomalo. Ad un occhio attento, considerò Robin assottigliando per un attimo gli occhi, poteva quasi dare l’impressione che stesse disperatamente cercando di farsi perdonare per qualcosa.
Ma era Law, era lui più di chiunque altro, come sempre era e sempre sarebbe stato, a catalizzare la sua attenzione. Perché gli voleva un bene dell’anima e non sopportavo di vederlo meno che sereno, perché era il suo gemello e percepiva la sua angoscia come fosse stata propria. Non era semplice intuito, andava ben al di là. E d’altra parte sapeva di essere l’unica ad avere notato quella luce nei suoi occhi quando guardava Margaret, una luce che non voleva definire perché gli unici aggettivi che sarebbero calzati erano “sofferente” e “preoccupata”.
Certo era che Law non era per niente presente a se stesso, tanto che non si era accorto che Rufy gli aveva rubato uno spiedino di gamberi direttamente dal piatto, che stava mangiando un tramezzino di pesce fatto con il pane bianco e che non si era ancora reso conto che…
-Zio!!! Non… Non lo voglio mettere il boa, dannazione!-
Robin coprì veloce la bocca con la mano, sbuffando una risata.
Ecco, ora se n’era accorto ma ci aveva messo molto di più del normale.
-Fufufufufu, alto come sei faresti un figurone!- affermò zio Dofla, ricevendo un’occhiata di rimprovero da parte di Bibi.
-Papà!- lo richiamò, sgranando appena gli occhi.
-Io voglio il boa, io, io, io!!!- si mise a saltellare sulla sedia Lamy -L’anno prossimo voglio vestirmi da Dofladile come papà per Halloween!- aggiunse, facendo scoppiare tutti a ridere, tutti tranne Croco ovviamente.
Robin portò anche l’altra guancia a circondare l’ovale del proprio volto, godendosi quel momento e ringraziando silenziosamente di avere la fortuna di una famiglia tanto bella. Come alla Vigilia di Natale, avrebbe voluto fermare il tempo in quel momento.
-Beh direi che è il momento di augurare a tutti un felice anno nuovo!- esclamò Shanks, sollevando il bicchiere e sovrastando tutte le altre voci con la propria -Sperando sia ricco di sorprese e che Sabo non si faccia mettere in punizione troppo spesso!- aggiunse, provocando un altro scroscio di risa e una sonora protesta da parte di suo figlio.
Un fremito percorse Robin, che si girò subito verso Monet, sorridente e radiosa e con le dita intrecciate a quelle di Gladius. Le due cugine si scambiarono un’occhiata complice e la verde fece un lieve cenno d’assenso con il capo prima che Robin si schiarisse la gola.
-Scusate!- richiamò l’attenzione di tutti –A proposito di sorprese…- s’interruppe, prendendo per un attimo aria, sorridendo agli sguardi interrogativi dei presenti, mentre Rufy si piegava verso di lei, posandole un braccio sulle spalle e lasciando perdere una volta tanto il cibo.
-Che succede?!- domandò Zoro, accigliandosi.
-Io e Monet dobbiamo dirvi una cosa- affermò le guance arrossate per l’emozione.
Un senso di aspettativa invase la stanza mentre Robin si girava verso la cugina, lasciando a lei l’onore di dare la notizia. Con uno dei suoi eterei sorrisi, la verde piegò il capo vino a solleticare con le sue ciocche color mente la pelle bronzea del collo di Gladius che, come sempre, parlando lo stretto necessario e sorvegliava tutti con il suo sguardo attento e penetrante.
-Ecco, noi due… cioè intendo sia io che Robin, noi… siamo incinte!-
 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Appuntamenti importanti ***


Si affrettò lungo il corridoio, diretto alle scale interne che venivano usate solo dai medici e dal personale dell’ospedale.
Doveva darsi una mossa o sarebbe arrivato tardi. Alzò la mano per salutare un paio di colleghi, facendogli capire che non aveva tempo per fermarsi e spinse la porta antipanico, prendendo a salire i gradini due a due.
Quel consulto in pronto soccorso aveva richiesto più tempo del previsto e non che ci fossero problemi per lui, naturalmente, insomma non che la sua presenza fosse richiesta o necessaria. Diciamo che sperava solo di arrivare lo stesso in tempo perché gli avrebbe fatto davvero molto piacere esserci.
Anche perché insomma gli sembrava molto poco responsabile lasciarle sole alla prima ecografia anche se in effetti erano insieme quindi, tecnicamente, non erano sole ma era anche vero che Rufy e Gladius non c’erano e quindi era più che giusto che lui fosse lì.
Si fermò davanti alla porta interna di Ginecologia ed Ostetricia e si sistemò il camice, prendendo un respiro profondo per calmarsi, prima di entrare.
-Ehi Law!!! Come stai?!-
Una voce fin troppo entusiasta gli perforò i timpani, facendolo sobbalzare e cogliendolo del tutto alla sprovvista. Perplesso si girò a studiare la piccola figura saltellante, grandi occhi castani e uno spettinato caschetto verde.
-Oh! Ehi! Caimie!- la salutò estraendo una mano dalla tasca del camice e aprendola vicino al viso, lievemente perplesso.
Caimie aveva lavorato come barista al Mermaid Bay, il bar preferito di Robin, Nami e le altre e che anche Margaret aveva preso a frequentare dopo aver conosciuto lui e sua sorella dieci anni prima, finché non si era iscritta alla facoltà di medicina con il sogno di diventare ginecologa, senza comunque lasciare il lavoro e continuando a svolgerlo solo nei weekend estivi. Aveva appena due anni di differenza con lui ma anche così a Drum si era incrociati giusto un paio di volte e Law si ricordava di lei più per il Mermaid Bay che per altro.
E non era così strano che Law ricordasse il nome della barista che li aveva serviti con regolarità per tutti quegli anni ma non poteva non stupirsi della memoria impressionante della verdina. Caimie sembrava ricordarsi di ogni singolo cliente che avesse mai messo piede al Mermaid Bay.
-Come stai?! Ti trovo in forma?!?!- proseguì, incrociando le braccia al petto e studiandolo per bene, dando quasi l’impressione di stare molleggiando sul posto vista la sua totale incapacità di stare ferma anche solo per pochi secondi.
Era una particella in moto perpetuo, Caimie, e Law si chiedeva dove trovasse tutta quell’energia anche se un paio di volte un preciso sospetto gli era anche venuto, di dove la trovasse.
-Sì, non c’è male. Anche tu stai bene- ricambiò il complimento, senza la stessa verve ovviamente, prima di girarsi a studiare il corridoio, lanciando uno sguardo oltre la propria spalla.
-Cerchi qualcuno?!-
-Uh?! Eh?! Come?!- sobbalzò il chirurgo, voltandosi di nuovo e sentendosi ridicolo a essere tanto agitato.
Caimie lo stava fissando con la testa tutta inclinata di lato le mani intrecciate dietro la schiena e tutto il proprio peso sulla gamba sinistra, il piede destro leggermente staccato dal suolo.
-Dicevo se cerchi qualcuno!- ripeté, ritornando stabile su entrambe le gambe e osservando paziente il moro che sbatteva le palpebre un paio di volte prima di riscuotersi.
-Tipo, sì- fu tutto quello che riuscì a rispondere, incapace di non rimanere basito da quanto quella ragazza fosse stramba senza realizzare che in quel momento Caimie stava pensando esattamente la stessa cosa di lui.
Rimasero immobili a fissarsi ancora qualche attimo e, incredibilmente, fu Caimie la prima a riscuotersi.
-Ooookay allora io avrei una visita e…- cominciò, un po’ incerta.
-Ma certo! Certo non voglio trattenerti!- si agitò subito il moro, imprecando mentalmente contro se stesso.
Doveva. Darsi. Una. Calmata.
Dannazione era solo un’ecografia! Era ordinaria amministrazione, un esame di routine, il protocollo da seguire!
Anche se, tecnicamente si trattava di due ecografie, era vero però… però il punto è che era troppo preoccupato, porca miseria! Non andava bene, non andava affatto bene!
Quello era il Law apprensivo e costantemente teso che credeva di avere spazzato via dieci anni prima!
Anche se, certo, si rendeva conto da solo che quella nuova versione era decisamente più divertente e meno noiosa ma non è che per questo andasse bene!
Se faceva così per Robin e Monet, come si sarebbe comportato quando fosse toccato a Margaret?!
Per un qualche motivo, il solo pensiero, apparso nella sua mente senza alcun preavviso, gli provocò uno spasmo allo stomaco e una sensazione di malessere diffusa che gli diede l’assoluta certezza, anche senza il bisogno di specchiarsi per averne conferma, di essere appena diventato dello stesso colore dei capelli di Caimie anche se di una sfumatura leggermente più chiara.
-Law sei proprio certo di stare bene?! Non hai una bella cera sai!-
Per la seconda volta, la voce di Caimie lo sorprese, riportandolo bruscamente alla realtà. Si girò a guardarla senza parole, chiedendosi perché diamine fosse ancora lì con lui se aveva una visita.
Lo aveva detto lei, no, che aveva una visita?!
La verdina lo studiò per un attimo, senza pressarlo per la mancata risposta, leggendo sul suo volto la domanda inespressa che il chirurgo si era appena posto mentalmente.
-A quanto pare andiamo dalla stessa parte!- esclamò gioiosa, spiegando finalmente a Law perché fosse ancora in sua compagnia.
Colpito da quelle parole, Law si accigliò un attimo prima di realizzare che stava effettivamente camminando lungo il corridoio, senza nemmeno rendersene conto, e stava effettivamente andando nella stessa direzione di Caimie e trattenne a stento un grugnito.
Kami, quelle gravidanze sarebbero state la sua morte!
Si fermò in automatico, registrando a livello inconscio il numero della stanza dove si trovavano Robin e Monet e, per l’ennesima volta da quando aveva messo piede in Ginecologia, si ritrovò a fissare Caimie con sguardo interrogativo.
La verdina si era fermata a sua volta, girandosi completamente verso la porta e lisciando nervosamente il camice.
-Okay, Caimie, coraggio, è solo un’ecografia… una doppia ecografia! Lo sai fare! Lo puoi fare!- mormorò sottovoce.
Law sgranò gli occhi, incredulo.
No aspetta… Aspetta voleva dire che…
-Buongiorno!- esclamò Caimie, aprendo decisa la porta ed entrando nella stanza con passo sicuro, lasciando indietro un interdetto dottor Mihawk.
Caimie era la ginecologa di Robin e Monet.
Caimie era la ginecologa di Robin e Monet?!?!
Caimie, la piccola, inesperta, pazza Caimie era la donna che avrebbe fatto nascere i suoi nipoti?!?!
-Law?! Non vuoi entrare?!- domandò Caimie, tenendo la porta aperta ancora un attimo.
Tornando impassibile come sempre, il moro si impose calma e professionalità mentre varcava l’uscio.
-Law!-
Law ghignò sghembo alle due donne, che sembravano brillare di luce propria, constatando che non c’era nessun altro nella stanza oltre a loro quattro.
Sì, Caimie era decisamente la donna che avrebbe fatto nascere i suoi nipoti.
Okay, andava bene, andava bene. Sarebbe andato tutto bene.
-Non era necessario che venissi lo sai vero?!- gli mormorò Robin sottovoce, quando lui si avvicinò per baciarla su una guancia.
-Sono qui perché ci tenevo- gli fece presente lui, ottenendo un’occhiata saputa dalla sua gemella.
Fece appena in tempo a girarsi verso Monet che un lieve bussare alla porta lo fece voltare, mentre Caimie mormorava un distratto “avanti”, il naso immerse nelle cartelle delle sue due pazienti.
Una testa rossa fece capolino attraverso la porta socchiusa, accompagnato da un gigantesco e amichevole sorriso.
-Posso entrare a fare un saluto?!- domandò Pen, facendo illuminare le due ragazze e attirando finalmente lo sguardo di Caimie.
-Pen! Ma che sorpresa! Sembra una mega rimpatriata!!!- esclamò la ginecologa, mentre il chirurgo pediatrico sgusciava dentro allo studio e si avvicinava al trio per salutare.
-Che fai qui?!- domandò Law e, per tutta risposta, Pen si limitò a sollevare un sopracciglio.
-Allora!- esclamò Caimie battendo le mani e muovendosi per l’ambulatorio -Con chi vogliamo iniziare?! Quale dei due papà ha più urgenza di tornare in reparto?!- s’informò, puntando gli occhi su Law e Pen, in attesa di una risposta che ci mise parecchi secondi ad arrivare.
I due medici la fissarono interdetti qualche secondo prima di capire l’origine del malinteso.
-Come?! Oh no, non è come sembra Caimie, noi non…-
-Per noi non fa nessuna differenza- intervenne Pen, annuendo serio.
Law si girò di scatto verso di lui, cercando di capire cos’avesse in mente e perché mai stesse dando corda a Caimie e alla sua erronea interpretazione.
-Bene! Allora direi di cominciare dal tuo, Pen!- sorrise radiosa la verdina, girandosi poi verso la mora -Robin sei pronta?!-
-A dire la verità…- s’intromise di nuovo il rosso, posando un braccio sulle spalle di Law che si irrigidì, fulminandolo con gli occhi -Sono tutti e due miei. E suoi- aggiunse, indicando il moro al suo fianco con un cenno del capo -Sono tutti e due nostri- concluse poi, annuendo di nuovo.
In meno di un secondo, Law si girò a guardarlo ad occhi sgranati, Monet e Robin stavano sopprimendo le risate e Caimie aveva assunto un’espressione molto più che perplessa.
Pen guardò la ginecologa dritta negli occhi prima di sospirare e scuotere appena il capo.
-Noi non… non riuscivamo a scegliere di chi dovesse essere lo sperma per il primo bambino e così abbiamo pensato di cercare due uteri in affitto e averne subito due, ecco… E Robin e Monet sono state così generose…- ammise, fingendo un lieve imbarazzo mentre Law, per forse la terza volta in tutta la sua vita, diventava rosso come i capelli del suo migliore amico.
Lo avrebbe ucciso. In modo molto lento. E molto, molto doloroso.
-Pen, non dirlo nemmeno!- intervenne improvvisamene Monet, sporgendosi appena in avanti.
-Lo sai che vogliamo solo vedervi felici- rincarò la dose Robin, lasciando Law molto più che interdetto.
Non poteva credere che anche sua sorella… Lo sapeva, lo sapeva che stare con Rufy le faceva male, porco Roger!
-Oh!- esclamò Caimie, capendo improvvisamente di cosa stavano parlando e tornando a sorridere -Beh mi sembra un ottimo compromesso! Avete fatto bene!- confermò con un energico cenno del capo che fece inorridire il moro.
-No aspetta, non è…-
-Bene allora cominciamo visto che questi papà sono così impazienti eh!- esclamò Caimie, girandosi verso le due future mamme che annuirono cercando di non scoppiare a ridere.
-Noi non…-
-Law tranquillo, capisco che magari non volete che si sappia, terrò la bocca chiusa!-
-Non è così, Caimie io…-
-Ooookay allora vediamo se questi spermatozoi stanno facendo bene il loro lavoro!- affermò la verdina, ignorando completamente le proteste del collega che desistette con un grugnito, rinunciando a spiegare come stavano realmente le cose.
Con un movimento lento del capo, Law si voltò verso Pen che ghignava a più non posso, ridendo in silenzio, il braccio ancora intorno alle sue spalle, e lo fulminò con lo sguardo più omicida che gli fosse mai capitato di lanciare a qualcuno.
Il sorriso scomparve dal viso del rosso, per lasciare spazio a un’espressione interrogativa.
-Che c’è?!- chiese, come se fosse tutto perfettamente normale.
Al limite della sopportazione, Law indicò con un cenno del capo la mano dell’amico appoggiata sulla propria spalla, senza smettere di trucidarlo con gli occhi.
-Oh dai!- esclamò subito Pen, capendo all’istante -Sciogliti un po’! Era solo per scherzare!-
-Solo per scherzare?!-
-Ma sì! Per ridere un po’! E poi guarda il lato positivo!-
Law sollevò un sopracciglio, scettico.
-Sarebbe?!-
-Se trapela la voce che siamo una coppia gay con due figli, diventeremo i più cool dell’ospedale!- esclamò Pen, apparendo sinceramente esaltato all’idea.
Se fosse stato fisicamente possibile, la macella di Law sarebbe precitata a terra dopo quell’affermazione.
Sì, decisamente un giorno o l’altro avrebbe finito per vivisezionare il suo migliore amico.
 

 
§

 
Si guardò intorno, impaziente, battendo il piede sullo spiazzo ciottolato davanti al centro riabilitativo. A dire il vero cominciava a preoccuparsi un pochino. Ogni volta che il rumore di una macchina si avvicinava, sentiva i nervi tendersi con aspettativa per poi ricadere nella delusione e provare una fastidiosa stretta allo stomaco nel vedersi passare davanti la macchina sbagliata.
Sì, cominciava a preoccuparsi ma non sapeva se era più preoccupata o arrabbiata.
Che fine aveva fatto Law?!
Non rispondeva al cellulare, non rispondeva ai messaggi ed era in ritardo. E sì che si era offerto lui di andare a prenderla al lavoro!
Ricacciò in gola un’imprecazione, passandosi una mano sul volto e trai capelli biondi.
Forse era meglio avviarsi alla fermata dell’autobus e intanto chiamare Pen per accertarsi che il suo fidanzato fosse ancora vivo, così da capire se avrebbe avuto il piacere di ucciderlo a mani nude quella sera oppure no.
Perché dovesse farla preoccupare tanto restava un mistero per Margaret. Sarebbe bastato un messaggio, solo un semplice messaggio. Ma continuare a pensarci non faceva che peggiorare il senso di ansia e così la giovane erpetologa decise di muoversi anziché restare ferma ad aspettare.
Si abbassò per sollevare lo zainetto e caricarselo sulle spalle e proprio mentre si rimetteva dritta una macchina finalmente conosciuta accostò davanti a lei, abbassando il finestrino.
Ma non era una Submarine e non era gialla e l’uomo che stava sporgendo il busto verso di lei per guardarla in viso non era moro e non aveva gli occhi grigi. Però ghignava, proprio come lui, in gesto di saluto.
-Ehi!- la chiamò Marco da dentro la sua Phoenix blu, facendo ondeggiare appena il ciuffo biondo. Si accigliò immediatamente nel notare la sua espressione -Tutto bene?!-
Margaret sospirò, senza nemmeno pensare per un secondo di mentire. Non ci riusciva, con Marco, le veniva naturale sfogarsi e confidarsi con lui.
-Law sembra disperso! Doveva passare a prendermi ma è quasi mezz’ora che aspetta e non risponde al cellulare! Adesso chiamo Pen mentre vado a prendere l’autobus- spiegò, stringendosi nelle spalle con un’espressione che voleva dire “cos’altro posso fare?!”.
Marco la fissò per un altro millesimo di secondo prima di allungare il braccio e sbloccare la portiera del passeggero, aprendola per lei da dentro la vettura. Senza malizia e genuinamente sorpresa, Margaret sgranò gli occhi interrogativa.
-Ti avrò dato un passaggio almeno ogni due giorni da quando lavori qui, non credo mi ucciderà dartene un altro- spiegò semplicemente il biondo e Margaret non poté fare a meno di sorridere grata prima di avvicinarsi alla macchina e salire con nonchalance -Però non riesco a portarti fino a casa. Ti lascio in zona che devo andare alla Mokomo Dukedom per un materasso nuovo. È comunque più veloce che andare con l’autobus-
-Ma certo Marco, figurati! Sei già un tesoro a darmi un passaggio!- lo rassicurò l’erpetologa, allacciando la cintura.
L’ornitologo fece giusto in tempo a regalarle un sorriso prima che il “blip” del suo telefonino attirasse la sua attenzione. Rapida, aprì la casella dei messaggi per trovare finalmente una risposta. Non di Law ma di Pen, però era già qualcosa.
 
Margaret l’ho visto mezz’ora fa, tranquilla che è vivo e vegeto! Ora lo cerco e gli dico di chiamarti subito!
 
Un ridicolo sollievo la pervase e non poté non emettere un sospiro nonostante il nervoso che ancora pulsava nelle sue vene.
Quell’imbecille! Tanto preciso e pignolo in tutto, che razza di spavento le aveva fatto prendere! Se lo avesse avuto davanti in quel momento lo avrebbe probabilmente strangolato!
-Tutto a posto?!- s’informò il suo improvvisato autista, lanciandole una veloce occhiata.
-Diciamo di sì- soffiò la ragazza, prima di venire colpita da un pensiero improvviso.
Difficile dire se fosse voglia di rendere pan per focaccia a Law o bisogno di distrarsi e sbollire in modo da non scuoiarlo vivo una volta che fosse arrivato a casa.
Schiarendosi la gola, girò appena il busto verso Marco.
-E se ti accompagnassi?! Se preferisci andare da solo non c’è problema eh!- aggiunse subito, a scanso di equivoci. Non voleva essere invadente.
Marco la guardò sorpreso per un attimo, dedicandosi poi a superare la macchina davanti alla loro, prima di rispondere con un altro ghigno dei suoi.
-Oh no! Mi fa davvero piacere un po’ di compagnia. E anche un secondo parere sui materassi- mormorò, notando subito il sorriso di Margaret.
La bionda si rimise dritta contro lo schienale, digitando veloce sul telefonino per rispondere a  Pen.
 
Non preoccuparti, Pen! Mi basta sapere che sta bene, non lo disturbare! Grazie mille e ci sentiamo presto  ;)
 

 
§

 
Si fermò sulla porta del suo studio, sbattendo ripetutamente le palpebre, chiedendosi prima se stesse avendo un’allucinazione e dopo se stesse sognando.
Ma non era né l’una né l’altra, sulla sua scrivania c’era davvero un gigantesco mazzo di rose rosse e Nami non sapeva più cosa pensare.
Si guardò intorno furtiva prima di afferrare la maniglia e chiudersi cautamente la porta alle spalle, analizzando la situazione.
Ormai era la terza volta che capitava e, anche se non le dispiaceva, quella faccenda cominciava a stranirla non poco. Si allontanava per un caffè e quando tornava un regalo la aspettava sulla scrivania.
La prima volta una scatola di cioccolatini.
La seconda un cesto di mandarini.
E adesso le rose.
Sospirò, avvicinandosi alla scrivania e allungando la mano per afferrare la busta bianca che spuntava tra i fiori brillanti e carnosi. Scosse la chioma ribelle, mentre estraeva il bigliettino, e sgranò gli occhi nel vedere che stavolta si era sforzato di scrivere qualcosa di più del solito “Per la mia mocciosa, Zoro”.
Ma il suo stupore ebbe vita breve, lasciando spazio a un’espressione tra l’incredulo e lo scettico.
 
Le rose sono come te.
Rosse, profumate e con delle spine affilate come la tua lingua.
Tuo, Zoro.
 
Okay, era decisamente meglio quando non faceva troppo il romantico e quella ne era la prova. Si morse il labbro inferiore, per sopprimere la risatina che le stava salendo alle labbra per quel fallito tentativo di scriverle qualcosa di dolce, finendo comunque con il criticarla in qualche modo, prima che lo sconforto tornasse a pervaderla.
Non che la infastidissero certe attenzioni, ovviamente.
Le faceva piacere che Zoro le facesse delle sorprese ogni tanto, come la settimana prima che, tornata a casa da una giornata particolarmente lunga e impegnativa, aveva trovato il tavolo apparecchiato con candele, una gerbera arancione posata sul suo piatto e una cena di tre portate pronta per essere servita.
Cucinata da Sanji, si capisce.
E proprio il fatto che Zoro – Zoro, che avrebbe preferito spararsi in una gamba piuttosto che chiedere un favore al suo migliore amico – avesse coinvolto Sanji solo per farle una sorpresa senza neppure una ricorrenza speciale l’aveva messa in allerta, più dei regali e più del modo improvvisamente dolce che Zoro aveva ultimamente di fare l’amore con lei.
E anche se le attenzioni, i regali, la cena a lume di candela le facevano piacere – sul fare l’amore, doveva ammetterlo, le mancava un po’ il loro solito modo impetuoso di unirsi – Nami non poteva domandarsi cosa stesse succedendo al suo uomo, cosa gli fosse preso per diventare improvvisamente così romantico.
Perché per quanto avesse da ridire su molti suoi atteggiamenti, come il dormire sempre e ovunque e il negare la sua lapalissiana mancanza di orientamento e litigare a ogni buona occasione con Sanji, Nami non lo avrebbe cambiato per niente al mondo.
Lei amava Zoro così com’era, lo amava così dalle scuole medie e voleva continuare ad amarlo così.
Ed era preoccupata. Quel cambio improvviso nel suo modo di essere la preoccupava.
Perché Nami voleva disperatamente sapere cosa stesse succedendo ma al tempo stesso non lo voleva ed era tutta colpa di quel dubbio, quella vocina nel retro della sua mente che suggeriva una motivazione apparentemente molto plausibile, per quanto illogica, ma che Nami non voleva stare a sentire.
No, non doveva pensare male di Zoro, non voleva farlo, non quando lui si mostrava così attento nei suoi confronti.
Con un rinnovato sorriso, posò il biglietto accanto ai fiori ed estrasse con cura una rosa, per avvicinarsela al naso e godersi il suo profumo, prima di prendere il cellulare e mandargli un messaggio per ringraziarlo, promettendogli che lo avrebbe ripagato quella sera stessa di quel regalo così meraviglioso e inatteso. 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** A fuego lento ***


La sentì sospirare di nuovo alle proprie spalle e lanciò un’occhiata sospettosa dalla postazione ai fornelli dove si trovava.
Perona continuava a tagliare gli ingredienti per la cena, senza troppa verve o rapidità e il suo sguardo sembrava perso nel vuoto, come se fosse assorta in qualche riflessione. E, considerato quanto sua figlia fosse da sempre piena di immaginazione, la cosa non l’avrebbe minimamente preoccupata, non fosse stato per quel suo sospirare senza sosta.
Cauta e attenta a non lasciar trapelare la propria preoccupazione, Boa si ripulì le mani nel grembiule prima di accostarsi a lei e posarle una carezza sui capelli rosa.
-Tesoro, stai bene?!- le chiese, risvegliandola.
Sorpresa, Perona piegò il collo per poterla guardare, sorridendole anche se un po’ tirata.
-Sì mamma! Sono solo un po’ pensierosa- ammise, posando il coltello sul ripiano.
-Lo vedo- annuì Boa, appoggiandosi alla penisola con la parte bassa della schiena -C’è qualcosa che ti preoccupa?!- domandò ancora e vide, dalla sua espressione, che Perona stava davvero riflettendo e che quindi non aveva intenzione di mentirle, il  che la fece sentire piuttosto sollevata.
Odiava non sapere cosa passasse per la testa di sua figlia.
Dovette aspettare solo pochi minuti per vederla stringersi nelle spalle.
-Mi sento malinconica ma non so precisamente perché- ammise, mordendosi poi un attimo il labbro inferiore e portando automaticamente due dita a toccare il fantasmino di vetro rosa che pendeva dal suo collo.
Era da quella mattina che si sentiva così. Aprendo il blog aveva trovato un messaggio di ringraziamento di uno de suoi tanti utenti, che era riuscito a conquistare finalmente la ragazza dei propri sogni, con cui era amico da una vita tra l’altro e, passata la momentanea euforia condita da soddisfazione, quello strano malessere era sceso su di lei, perseguitandola per il resto della giornata.
Il fatto che la scuola fosse chiusa per via di un qualche problema con la caldaia che rischiava di esplodere e di non aver potuto vedere Ace, Koala e gli altri non aveva certo aiutato. La notizia che Law, Zoro e Robin, con rispettivi partner, sarebbero andati a cena da loro quella sera l’aveva tirata su di morale solo parzialmente e ora si sentiva di nuovo a terra.
Era come se avesse le batterie scariche con qualche occasionale e momentaneo ritorno di energia.
Nonostante non vedesse l’ora di discutere con Nami degli abiti che stava preparando per la settimana della moda e di quelli che si era offerta di preparare per lei in vista del matrimonio di Violet e del ballo della scuola a cui Ace, Sabo e Kobi avevano promesso di portarle, si sentiva come una gomma sgonfia.
Distolse per un attimo gli occhi da quelli di sua madre e si ritrovò a fissare il proprio telefonino che aveva suonato singolarmente poco quel giorno e il pensiero di non aver partecipato alle solite improponibili conversazioni del loro gruppo su Whatsapp la fece sentire ancora peggio.
Ma non ci era riuscita e da quella mattina stava evitando Ace come la peste perché sentirlo gli ricordava che avrebbe dovuto contattarlo in veste di Miss Puck per concordare una linea di azione per conquistare Sugar ma, quel giorno, si sentiva molto poco Miss Puck.
Il perché le era ancora del tutto sconosciuto e rischiava di rimanere tale.
Sperava solo che il giorno dopo sarebbe tutto scomparso come per magia senza accorgersi che la sua fata era proprio lì di fronte a lei, almeno finché suddetta fata non le posò una carezza sul viso, sorridendole con infinito amore.
-Sai cosa facevamo noi quando ci sentivamo giù senza un motivo?!-
-Voi chi?!- s’informò Perona senza pensare, corrugando per un attimo le sopracciglia.
-Beh io e…- fece per rispondere ma le parole le morirono in gola e Perona capì in un istante.
-Tu e… mamma?!- chiese, deglutendo a vuoto.
Le bastò lo sguardo di Boa per capire che aveva fatto centro. Quel misto di dolore e affetto che sempre leggeva negli occhi di chiunque avesse conosciuto Olivia se per caso si parlava di lei.
-Sì, esatto- soffiò Boa, perdendosi un istante nei ricordi prima di tornare in sé -Comunque, lo sai o no?!- riprese da dove si era interrotta, recuperando la propria energia e positività.
Perona scosse energicamente la testa, guardandola con aspettativa, ansiosa e felice al tempo stesso, come sempre ogni volta che qualcuno le raccontava qualcosa sulla sua vera madre, quella che l’aveva messa al mondo.
-Cucinavamo con la musica- sussurrò Boa, piegandosi verso di lei, quasi fosse un segreto -Vuoi provare?!- le domandò e il sorriso che si aprì sul volto di sua figlia le scaldò il cuore come nient’altro al mondo.
 

 
***

 
Lasciò scivolare la giacca dalle spalle e si mise in ascolto, avvertendo solo un leggero sfrigolare proveniente dalla cucina e un brusio di sottofondo, come di due voci che parlavano molto molto piano.
Aveva già gonfiato il petto per avvisare che era a casa quando il rumore della chiave che veniva infilata nella toppa, attirò tutta la sua attenzione.
Una rapida successione di pensieri attraversò la sua mente, portandolo ad analizzare la situazione per capire chi poteva esserci dall’altra parte dell’uscio.
Poteva trattarsi di Perona, uscita per fare due passi con Koala, ma allora in quel caso avrebbe significato che Boa stava parlando da sola in cucina.
Poteva essere uno dei suoi fratelli acquisiti ma usavano la chiave solo in casi di estrema emergenza e non ne vedeva nessuna in quel momento.
Restavano solo i suoi tre figli non più residenti lì, che sarebbero anche stati ospiti a cena quella sera, ma era decisamente presto e decisamente strano che non si limitassero a suonare il campanello.
Il tempo di processare rapidamente tutte le informazioni in suo possesso per giungere all’ipotesi più plausibile e la porta si aprì per rivelare, nel rettangolo formato dagli stipiti, la figura alta e asciutta di suo figlio maggiore.
Law rimase spiazzato nel trovarsi di fronte suo padre che lo osservava a braccia conserte, lo sguardo interrogativo e un sopracciglio alzato.
Si fissarono qualche istante, Law impassibile ma con lo sguardo di uno che era stato colto in flagrante, almeno per gli occhi allenati di suo padre. Era un’utopia pensare di poter imbrogliare lui.
Smosse le spalle, entrando in casa e richiudendosi la porta alle spalle, prima di avvicinarsi all’appendiabiti a muro per sistemare la giacca, consapevole dello sguardo di suo padre impegnato a perforargli la schiena.
Stava già per chiedergli cosa volesse che Drag lo precedette.
-Dov’è Margaret?!- domandò senza provare nemmeno a nascondere il tono indagatore.
Law si irrigidì, dedicando estrema attenzione alle tasche della propria giacca.
-Aveva una riunione al lavoro. Arriva direttamente da lì-
-E come mai tu sei così tanto in anticipo?!-
-Ho finito prima in ospedale e non avevo voglia di andare a casa-
Drag ammutolì, continuando a studiare suo figlio.
Qualcosa non tornava, decisamente no.
Ultimamente Law si faceva vedere molto più spesso e per quanto la cosa lo rendesse felice, puzzava anche di guai. E il fatto che si fosse appena presentato lì senza Margaret, ne era una conferma.
Qualcosa decisamente non andava nella vita sentimentale di suo figlio e il fatto che non gliene volesse parlare lo metteva parecchio in agitazione. Avevano passato abbastanza anni con Law che si faceva tirare fuori i problemi solo con le pinze e non era affatto certo di riuscire a farlo di nuovo. Non era più successo da quando Margaret  era entrata nelle loro vite e Drag non voleva perdere di nuovo suo figlio.
Decise che obbligarlo a sviscerare il problema era la cosa migliore ma sapeva anche di non poter essere troppo diretto.
-Ma se la macchina ce l’hai tu, lei come viene qui?!- chiese, con il tono di uno che stesse conversando del più e del meno, aspettandosi, sperando, pregando che Law si girasse a guardarlo con un sopracciglio alzato e gli rispondesse “Vado a prenderla io, ovviamente”, indignato dalla domanda di suo padre.
Ma quello che avvenne fu molto diverso e fece gelare il sangue nelle vene a Drag.
Perché raramente aveva sentito Law sospirare a quel modo. Con rassegnazione e… disperazione?!
-Le da un passaggio…- cominciò ma, prima che potesse rivelare la tanto agognata verità, una musica proruppe dalla cucina, distraendoli entrambi.
 
[A fuego lento – Rosana]
 
A fuego lento tu mirada
a fuego lento tu, nada
vamos tramando esta locura
con la fuerza de los vientos
y el calor de la ternura.
 
Si guardarono perplessi mentre alle note della canzone si aggiungeva quello che sembrava un cucchiaio di legno che picchiava su una padella, tenendo il ritmo. Law si strinse nelle spalle e poi entrambi si girarono verso la cucina, sogghignando e muovendosi il più silenziosamente possibile.
 
Sigue el camino del cortejo
a fuego lento, a fuego viejo
sigo avivando nuestra llama
con todo lo que te quiero
y lo mucho que me amas.
 
Tutti i brutti pensieri e la preoccupazione li abbandonarono momentaneamente, surclassati dalla voglia di sbirciare cosa stessero combinando in cucina Perona e Boa e magari fare anche un filmato imbarazzante di loro che ballavano con addosso il grembiule.
Si appoggiarono al muro e allo stipite, allungando la mano per aprire di più la porta che cigolò appena ma troppo piano perché le due cuoche se ne potessero accorgere, prese com’erano dalla canzone.
 
A fuego lento me haces agua
contigo tengo el alma enamorada
me llenas, me vacías, me desarmas
¡ay!, ¡ay! amor cuando me amas.
 
Perona stava richiudendo il barattolo del sale e lo sollevò tenendolo a due mani e agitandolo come se fosse stata una maraca, mentre Boa, continuando a girare qualunque cosa stesse cuocendo nella padella, prendeva a cantare in sincrono con il CD che aveva messo su, usando il cucchiaio come microfono e facendo ridere sua figlia di cuore.
E Drag si perse nella voce di sua moglie e nella risata di sua figlia, rilassandosi di più contro il muro e dimenticandosi in un attimo di qualsiasi altra cosa.
 
A fuego lento revoltosas
caricias que parecen mariposas
se cuelan por debajo de la ropa
y van dejando el sentimiento
amor forjado a fuego lento.
 
Le guardò girare su loro stesse mentre le labbra gli si stiravano in un sorriso che aveva una punta di malinconia perché non poteva fare a meno di paragonare il modo di ballare di Perona adesso e di Perona quando era ancora una bambina.
A volte si dimenticava che aveva sedici anni, si era sicuramente dimenticato che i figli crescevano tanto in fretta e si rifiutava categoricamente di ricordare che, ogni giorno di più, Perona stava diventando una giovane donna.
 
A fuego lento mi cintura           
a fuego lento y con lisura
vamos tramando este alboroto
con la danza de los mares y el sabor del poco a poco.
 
Ma se ne ricordò fin troppo bene quando la vide affiancare Boa ai fornelli e far ondeggiare il bacino a destra e a sinistra, lentamente, in un movimento che lo fece accaldare non appena fu sua moglie a riprodurlo un attimo dopo.
Chissà quanti ragazzi cominciavano a guardare Perona come lui stava guardando Boa in quel momento, sentendosi anche più “elettrizzati” di lui per colpa degli ormoni.
Se lo ricordava fin troppo bene com’era avere diciassette/diciotto anni.
 
Sigo el camino del cortejo
a fuego lento a fuego añejo
sigo avivando nuestra llama
tantos días como sueños
tantos sueños que no acaban.
 
Proprio in quel periodo lui e Olivia avevano iniziato a frequentarsi e non si poteva certo dire che Drag si fosse più di tanto trattenuto solo perché Olivia aveva un paio di anni in meno di lui.
Quindi era ben consapevole di cosa sua figlia potesse suscitare in un ragazzo e a giudicare dallo sguardo omicida di Law, anche il suo primogenito era perso nelle sue stesse considerazioni e per un attimo si chiese se era stata una buona idea mettersi a spiarle.
 
A fuego lento me haces agua
contigo tengo el alma enamorada
me llenas, me vacías, me desarmas
¡ay!, ¡ay! amor cuando me amas.
 
-Ehi voi due!-
L’esclamazione di Boa lo riportò alla realtà in un attimo mentre anche Perona si girava verso la porta e sorrideva ancora di più nel vederli.
-Cosa fate lì impalati?! Su forza!- protestò ancora la signora Mihawk, allungando le braccia verso di loro.
 
A fuego lento revoltosas
caricias que parecen mariposas
se cuelan por debajo de la ropa
y van dejando el sentimiento
amor forjado a fuego lento.
 
Drag si girò verso suo figlio, certo di trovarlo rosso in viso e rigido come non mai ma, a parte per una leggera sfumatura più rosa sulle sue guance olivastre, Law sembrava perfettamente a suo agio e si limitò a stringersi nelle spalle come a dire “perché no?!” prima di avanzare in cucina e dirigersi deciso verso la propria madre adottiva, lasciando un allibito Drag sulla porta.
-Papà?!-
Bastò quel richiamo e uno sguardo a sua figlia per smettere di pensare e ritrovarsi a ballare con lei tra le braccia, proprio come quando era solo una bambina e saliva sui suoi piedi per poterlo fare.
 
A fuego lento.
 
Con la differenza che ora era lei che dava il ritmo a lui e per un attimo Drag si sentì sopraffatto dalla felicità, nella cucina di casa sua, con la sua piccola tra le braccia e la donna che amava che rideva insieme al suo primogenito. Si sentì come se avesse raggiunto la perfezione.
 
A fuego lento.
 
-Cambio coppie!- esclamò Boa, allontanandosi da Law con una giravolta e avvolgendo le braccia intorno al collo di suo marito che non perse tempo a baciarla, portando possessivamente le mani sui suoi fianchi.
-Lo sai che ti amo?!- le chiese, vedendo subito i suoi occhi blu illuminarsi.
 
A fuego lento me haces agua
contigo tengo el alma enamorada
me llenas, me vacías, me desarmas
¡ay!, ¡ay! amor cuando me amas.
 
Perona e Law entrarono nel suo campo visivo e per un istante Drag ebbe un assaggio di cos’era stata la sua espressione un attimo prima.
Un ridicolo sollievo lo pervase nel vedere il sorriso che suo figlio stava rivolgendo alla sorella. Un sorriso vero, non uno dei suoi ghigni che sembravano un marchio di fabbrica dei Mihawk.
Un sorriso alla Boa.
 
A fuego lento revoltosas
caricias que parecen mariposas
se cuelan por debajo de la ropa
y van dejando el sentimiento
amor forjado a fuego lento.
 
E fu in quel momento che Drag si ricordò che ormai il Law chiuso e irraggiungibile di dieci anni prima non esisteva più. Se n’era andato da un pezzo e solo per merito di Margaret e Drag conosceva solo un’altra persona che fosse cambiata tanto per amore, che più di ogni altro tirava fuori il meglio di sé per la donna che amava e quell’altra persona era Shanks.
E non c’era niente da preoccuparsi se Law e Margaret erano come Shanks e Makino. Non c’era niente che non potessero risolvere.
 
A fuego lento me haces agua
contigo tengo el alma enamorada
me llenas, me vacías, me desarmas
¡ay!, ¡ay! amor cuando me amas.
 
Smise di pensare, godendosi la canzone che stava volgendo al termine e si concentrò su sua moglie, riempiendosi gli occhi di lei e marchiandosi a fuoco quel momento nella mente.
La fece girare sotto il suo braccio mentre Perona si lasciava sollevare da Law, puntellando le mani sulle sue spalle per poi stringersi a lui non appena i suoi piedi toccarono di nuovo terra.
 
A fuego lento revoltosas
caricias que parecen mariposas
se cuelan por debajo de la ropa
y van dejando el sentimiento
amor forjado a fuego…
 
Era vagamente consapevole che il fuoco stesse sfrigolando ancora sul piano cottura ma era anche assolutamente certo che in quel momento la casa avrebbe potuto prendere fuoco e lui non ci avrebbe fatto minimamente caso.
Potendo, avrebbe fermato il tempo in quell’attimo. La certezza che più nulla sarebbe andato storto mandò una scarica di adrenalina in tutto il suo corpo, accelerandogli i battiti.
 
Amor fojado a fuego…
 
E un senso di completezza lo invase mentre sua moglie piegava la testa e la schiena all’indietro e lui aumentava la presa sui suoi fianchi, lanciando al contempo un’occhiata ai suoi figli.
 
Amor forjado a fuego lento.
 
Sì, era assolutamente certo, ora, che sarebbe andato tutto bene.
Boa scoppiò a ridere, unendosi a Perona, mentre si rimetteva dritta, facendo pressione sulle spalle di Drag e allungandosi verso di lui per rubargli un altro bacio, e Law scompigliava i capelli alla sorella.
-Ehi!!!- protestò con un finto rimprovero negli occhi la ragazza.
-Come mai questo exploit?!- chiese Drag, tenendo Boa ancora abbracciata e spostando gli occhi da lei a Perona, che si strinse nelle spalle.
Le due donne si scambiarono un’occhiata complice.
-Avevamo bisogno di tirarci un po’ su- affermò semplicemente Boa, facendo l’occhiolino alla figlia, ancora avvinghiata al torace del fratello.
-Oh beh…- cominciò Drag ma il suo commento fu interrotto dal suono del campanello.
Accigliato, si girò verso l’ingresso.
-Sarà uno dei ragazzi?!- chiese Boa, altrettanto perplessa.
-Mi sembra un po’ presto, però magari sì-
-Magari è Margaret- buttò lì Law, fingendo noncuranza ma non riuscendo per niente a celare la nota speranzosa nella propria voce.
Con riluttanza, Drag si staccò da sua moglie per andare ad aprire all’inatteso (o comunque non atteso per quell’ora) ospite.
Stava ancora sogghignando, suo malgrado, strascico del piccolo momento famigliare che aveva appena vissuto, e scosse la testa per darsi un contegno mentre afferrava la maniglia.
Ma non appena l’uscio fu completamente aperto il sorriso sparì dal volto del moro, sostituito da un’espressione che era un mix di stupore, orrore e incredulità.
Perché sulla porta di casa sua, di fronte a lui, con un sorriso che mai avrebbe creduto di poter vedere così tirato sulle sue labbra, con l’aria di non stare per niente bene, una luce supplice negli occhi e un borsone sulla spalla destra, c’era la persona più vicina a un fratello che avesse al mondo.
Lì, con un’infinita tristezza nello sguardo e nella voce, c’era Shanks.
-Ehi Drag- provò a salutarlo con entusiasmo il suo migliore amico, la gola chiaramente annodata e gli occhi troppo rossi e troppo gonfi.
Mihawk deglutì a vuoto, guardandolo fisso e serio.
Non c’era bisogno di chiedere, non c’era bisogno di parlare.
Si limitò a spostarsi di lato, invitandolo silenziosamente a entrare in casa e richiuse la porta maledicendosi per aver cantato vittoria troppo presto.
A quanto pareva, c’erano cose che stavano andando storte.
A quanto pareva, c’era da preoccuparsi eccome.
A quanto pareva, non stava affatto andando tutto bene. 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Andrà tutto bene ***


Si rigirò per l’ennesima volta nel letto e lanciò uno sguardo alla sveglia sul comodino, sospirando nel vedere quanto era tardi. Non riusciva a dormire, quel nodo all’altezza dello stomaco glielo stava impedendo così come le aveva impedito di mangiare a dovere a cena, nonostante i suoi fratelli acquisiti e non avessero fatto un ottimo lavoro per mantenere alto il morale.
Era così da sempre Perona, dolce, altruista ed eccessivamente empatica e bastava che qualcuno a cui tenesse nella stanza stesse male per stare male a sua volta.
Ma in questo frangente c’era di più. C’era un senso di sconfitta e sconforto che Perona non riusciva a scrollarsi di dosso, unito a un senso di colpa di cui non riusciva a carpire l’origine. Perché ovviamente non poteva c’entrare con zio Shanks e zia Makino quello.
Si morse il labbro inferiore, cercando di scacciare quel peso che la stava opprimendo alla bocca dello stomaco, senza successo ed era già sul punto di alzarsi alla ricerca di qualcosa per distrarsi che un rumore ritmico e sottile, proveniente dalla finestra, attirò la sua attenzione.
Si sollevò appena e non ebbe la minima difficoltà a notarli, stavolta. Sassolini, sottili come granelli di sabbia per non rischiare di rompere il vetro ma abbastanza grandi da fare rumore. Se non avesse saputo che si trattava di quello non li avrebbe mai notati. Ma non era passato neanche un anno dall’ultima volta che qualcuno l’aveva svegliata – o per meglio dire quella sera, aveva cercato di svegliarla – usando quel metodo.
Era stata la sera del suo sedicesimo compleanno e Perona sapeva benissimo chi stava aspettando nel giardino di casa sua che lei aprisse la finestra.
La morsa allo stomaco aumentò per un attimo a quel pensiero, senza un perché, ma la rosa non esitò un attimo ad alzarsi e correre alla finestra per aprire. Guardo giù e il bisogno impellente di abbracciarlo la travolse.
Nonostante fosse ancora febbraio, non indossava nessuna giacca sulla felpa e sembrava avere il viso tirato, dettaglio che provocò una stilettata al centro del petto di Perona. Si spostò rapida quando lo vide avvicinarsi alla struttura in legno che sosteneva la pianta di gelsomino, sapendo che ci avrebbe messo pochissimo a raggiungere la sua finestra e rimase ferma in piedi al centro della sua camera, voltandogli le spalle.
Un brivido la percorse quando sentì Ace posare i piedi sul parquet e richiudere la finestra da cui entrava aria fredda.
Si abbracciò da sola e si chiese perché si sentisse così male e perché non riuscisse a girarsi a guardarlo. Non era come se Ace le avesse fatto qualcosa.
-Cos’ho fatto?!- domandò il ragazzo alle sue spalle e Perona sgranò gli occhi.
Era come se le avesse letto nel pensiero ma, soprattutto, c’era una nota sofferente nella sua voce, per non dire disperata.
-Oggi non mi hai mandato nemmeno un messaggio, non hai risposto a nessuno dei miei, mi ignori da stamattina. Dimmi solo cos’ho fatto e mi farò perdonare. Per favore, Perona…- la voce gli morì in gola e la rosa tremò, capendo cosa non andava.
No Ace non le aveva fatto niente, ma lei aveva fatto qualcosa a lui e si rese conto dal suo tono di quanto ci fosse stato male a non sentirla, anche se solo per un giorno. Che poi sapeva che il problema non era non sentirla in sé ma non sapere il motivo del suo mutismo.
Si rese conto da dove originava il suo senso di colpo e il nodo allo stomaco si allentò appena nel realizzare che la soluzione per stare meglio era lì a portata di mano, proprio dietro di lei.
Vagamente consapevole di avere gli occhi lucidi e l’espressione sconvolta, Perona si girò e non perse tempo a raggiungerlo, gettandogli le braccia al collo. Lo sentì espirare sollevato prima di inspirare a pieni polmoni e, anche senza vederlo, sapeva che aveva chiuso gli occhi per godersi il contatto.
Fu solo quando iniziò a parlare che si accorse che stava piangendo, che aveva le guance bagnate di lacrime, che tremava per i singhiozzi e che la sua voce era spezzata.
-Scu-sa… n-non hai fat… fatto niente t-tu… oggi ero… ero d-depressa e n-n-non mi… non s-sono riuscita a s-s-s-scriverti…- si interruppe quando una scarica più potente delle altre la travolse, soffocando i gemiti contro la sua spalla per non rischiare di svegliare i suoi.
Realizzò solo vagamente che Ace l’aveva sollevata e la stava riportando verso il suo letto. Ce la fece sedere e si inginocchiò davanti a lei, prendendole il viso tra le mani.
-Ehi, ehi, ehi! Voodoo! Calma, non è niente!- mormorò rassicurante, il suo splendido sorriso di nuovo sul volto -Ero solo preoccupato di avere fatto qualche cazzata, va tutto bene! Hai diritto ad avere una giornata no!-
Perona scosse la testa, continuando a singhiozzare.
-Non è… non è solo quello…- gemette, premendosi una mano sulla bocca e Ace tornò a preoccuparsi, sedendosi rapido accanto a lei e accarezzandole la schiena.
-Cos’è successo?!- domandò determinato mentre la rosa si girava a guardarlo coi suoi grandi occhi scuri pieni di lacrime.
-Zio… Zio Shanks e zia Makino, loro…. La zia lo ha cacciato di casa…- buttò fuori, un po’ più padrona del suo corpo, lasciando il moro a bocca aperta.
-Cosa?!- domandò sconvolto -Ma Sabo non mi ha…-
-Sabo non lo ha detto a nessuno- lo interruppe Perona, i singhiozzi ora scomparsi ma il respiro ancora tremante -Gli ho scritto io e ha detto che per il momento non se la sentiva di dare spiegazioni-
Ace distolse per un attimo gli occhi, puntandoli alla finestra, preoccupato a morte ora non solo per la sua migliore amica ma anche per il suo migliore amico.
Doveva rispettare la sua decisione però, porca miseria, poteva dirglielo! Sarebbe andato da lui!
Un nuovo gemito soffocato lo riscosse.
-Perona! Ehi, no dai!- esclamò vedendo che aveva ricominciato a piangere.
Le posò una mano a coppa sul viso, scostando al contempo le ciocche rosa che si erano appiccicate alle sue guance umide.
-Perché stai così male?!- le chiese, soffrendo nel vederla così.
-Che… c-che sen-so… ha?!- domandò tremando appena sotto il suo tocco -Se non c-c-ci sono… r-riusciti loro p-perché n-n-noi tutti dovrem… dovremmo anche s-s-solo darci la p-pena di… t-tentare?!-
Lo vide sgranare gli occhi incredulo ma non poteva dirgli altro. Non poteva spiegare che in quel momento la sua Miss Puck – anche perché Ace non sapeva che era lei Miss Puck – le sembrava così inutile ed effimera, che aveva perso tutta la voglia e la motivazione, e dannazione proprio ora che Ace aveva chiesto il suo aiuto!
Ma davvero, vedere la coppia che ai suoi occhi era sempre stato il modello dell’amore perfetto scoppiare così, dalla mattina alla sera, l’aveva devastata.
Vedere zio Shanks così abbattuto, suo padre sconsolato per non essere riuscito a parlare con zia Makino. Anche solo a pensarci, il dolore al petto peggiorava.
-Perona, senti…- cominciò Ace, fermandosi per darle il tempo di sfogarsi ancora un po’, approfittandone per farla sdraiare su un fianco e stendendosi accanto a lei in modo da guardarla in viso, dopo essersi sfilato scarpe e felpa. Le lasciò andare la guancia e portò la mano sul suo fianco, tirandosela addosso, facendole annegare il viso nel suo collo e baciandola tra i capelli -Sono sicuro che si risolverà tutto, però non devi pensare così! Guarda i miei, mio padre è più tempo via a portare aerei in giro per il mondo che a casa eppure si amano e mia madre non gli ha mai rinfacciato nulla! Se ci riescono loro figurati Shanks e Makino! Sono sicuro che è tutto un grande malinteso!- insistette, sentendola calmarsi al suono della sua voce e al ritmo delle sue carezze.
-Ace…- lo chiamò, stringendo la sua maglietta tra le mani.
-Sono qui!- rispose prontamente il ragazzo, continuando a cullarla -Ora calmati e dormi. Io resto qui- proseguì, sentendola finalmente rilassarsi tra le sue braccia e regolarizzare il respiro -Andrà tutto bene, Perona, te lo prometto-
Non si rese nemmeno conto, Perona, di essere scivolata in dormiveglia. La voce di Ace, ora lontana e ovattata, continuava a cullarla e rilassarla e si lasciò andare tra le sue braccia, al sicuro, mentre il suo odore di cannella le riempiva i polmoni, sciogliendo tutto il male e scaldandola dentro.
 

 
§

 
Seguì con gli occhi la mano di sua moglie che posava una tazza di caffè sul bancone, accanto alle sue braccia conserte, mentre l’altra gli accarezzava il coppino in un gesto rassicurante, facendogli chiudere gli occhi e sospirare.
Boa si allontanò da lui, solo per sedersi sullo sgabello accanto, accarezzandolo tra i capelli e guardandolo in apprensione.
-Drag- lo chiamò piano -Parla con me, amore- chiese, quasi supplice.
L’uomo si passò una mano sul volto prima di raddrizzare la schiena per poter guardare in viso sua moglie.
-Io non ne esco sano da questo periodo Boa- soffiò, troppo melodrammatico perché la donna potesse prenderlo sul serio. E infatti la sola risposta che gli concesse fu sollevare un sopracciglio, scettica -Non guardarmi così! Possibile che i miei figli debbano avere il dono di diventare strani tutti nello stesso periodo?!?-
-Sei tu che sei troppo apprensivo!- protestò la mora, sollevata dal fatto che il marito non stesse così terribilmente male come aveva temuto quando lo avevo visto accasciato sul bancone della cucina.
-Io sarò anche apprensivo, hai ragione, ma loro mi stanno facendo preoccupare! Sono preoccupato per Law…-
-I periodi bassi capitano in tutte le relazioni- lo interruppe atona, lasciandolo interdetto per un secondo.
Non le aveva detto nulla delle sue ansie riguardo Law e Margaret e allora com’è che sapeva che il problema era quello?!
Scosse la testa e riprese a parlare.
-Zoro si comporta in modo strano e…-
-Zoro è solo in una fase di assestamento, devi dargli tempo-
-Robin è incinta…-
-E andrà tutto bene!- lo interruppe di nuovo, prendendogli la mano per trasmettergli la sua vicinanza.
-Sì… beh e… e Perona…-
-Cosa?!- lo guardò quasi con rimprovero -Perona cosa?! Va bene a scuola, non ha mai fatto colpi di testa, è sempre educata, aiuta in casa, ha degli ottimi amici tutti con la testa a posto! Perché mai dovresti essere preoccupato per Perona più di quanto faccia normalmente un genitore?!-
Drag la fissò, senza sapere cosa dire ma sapendo benissimo cosa sarebbe successo se le avesse confessato le proprie angosce riguardo alla loro figlia più piccola, angosce di cui era diventato pienamente consapevole solo il giorno prima, quando l’aveva vista ballare ai fornelli. Solo che Drag dimenticava sempre quanto Boa fosse capace brava a capirlo anche se lui non parlava. E capì di essere fregato quando un’espressione di incredula comprensione si dipinse sul viso bellissimo di sua moglie.
-Oh kami!- esclamò, sgranando gli occhi.
-Boa…- cominciò, girandosi febbrile verso la porta della cucina, casomai Perona stesse arrivando -Boa non urlare- sibilò, preoccupato. 
-Oh kami non ci credo! Tu stai perdendo il sonno perché sei geloso di tua figlia!!!-
-Non è questione di gelosia! Non urlare però!-
-Non ci credo! Io non voglio crederci! Drag!- lo richiamò, alzandosi in piedi e fronteggiandolo da in piedi -Dannazione ha quasi diciassette anni! Non può restare bambina per sempre, non puoi andare così in ansia per una cosa che è naturale!!!-
-Tu non sai come sono i ragazzi di oggi!- protestò, aggrottando le sopracciglia.
Boa portò le mani sui fianchi, fissandolo alcuni secondi, scettica.
-No, so com’erano quelli dei miei tempi- commentò atona, lasciandolo interdetto.
-Io non…-
-Tu, caro mio…- lo interruppe, puntandogli contro l’indice -…sei sempre stato il peggiore di tutti! Olivia aveva un anno in meno di Perona quando…-
-So benissimo quanti anni avevamo Boa!- la fermò, diventando color aragosta -Ma era diverso- protestò ancora, imbronciandosi.
-Certo perché non eri tu il padre di Olivia!- concluse, incrociando le braccia al petto -Ma come è sopravvissuto lui e anche mio padre e come sei sopravvissuto tu quando è toccato a Robin, ci riuscirai anche stavolta con…-
-Robin era una cosa diversa! È sempre stata più tranquilla!-
-Perona mica se ne va in giro con un cartello con scritto “Servitevi pure”, eh!-
-Boa!!!- gridò quasi, inorridendo all’idea.
-Cosa?!? Stai esagerando!-
-Non è vero!-
-Ascoltami molto bene, Drakul Mihawk- avanzò minacciosa verso di lui e, se avesse potuto, Drag si sarebbe fatto inglobare nel muro -Tu prova a mettere i bastoni tra le ruote a mia figlia negli anni più belli della sua vita, dopo che ti ha dimostrato di essere matura e responsabile, solo perché sei paranoico e ti posso assicurare che il tuo bastone non avrà modo di mettersi tra i miei ingranaggi per un bel po’! Sono stata abbastanza chiara?!-
Drag deglutì a vuoto, scioccato dalla minaccia di sua moglie, prima di annuire lentamente ma imbronciandosi subito dopo quando Boa indietreggiò, lasciandogli di nuovo spazio per muoversi.
Rimase in silenzio per un po’, guardandola trafficare con tazze e ciotole della colazione e rimettere su un altro po’ di caffè, prima di decidersi a parlare di nuovo. Nonostante le minacce appena ricevute, non poteva fare a meno di aprirsi con lei, gli faceva così maledettamente bene.
-È anche per Shanks- ammise, avvolgendo con i palmi la sua  tazza di caffè.
Boa si girò a scrutarlo qualche istante, prima di sorridere, intenerita e rassicurante.
-Lui e Makino sistemeranno tutto, vedrai-
-Lo spero- mormorò, buttando giù una sorsata di liquido caldo e rigenerante -E non che mi dia fastidio averlo qui ma so già che, nel frattempo, ci sconvolgerà la vita- considerò, miserabile.
Sua moglie sbuffò una risata, consapevole che non poteva dargli torto. Ritornò verso il bancone e affondò di nuovo le dita nella zazzera appena brizzolata di Drakul.
-Sono certa che sopravvivremo- soffiò, dolce e sensuale, prima di chinarsi a dargli un bacio.
Drag rispose ed era già sul punto di farsi trasportare, quando delle risate e una voce famigliare li raggiunsero dal corridoio. Voce famigliare che mise Drag in allerta.
Perché se era vero che non aveva problemi ad identificarla non significava che fosse normale sentirla in casa propria e a quell’ora della domenica mattina.
Dimentico della filippica di Boa di pochi minuti prima, si alzò, strusciando rumorosamente lo sgabello a terra, e si precipitò fuori dalla stanza, sordo ai richiami di sua moglie.
 I due ragazzi si pietrificarono dov’erano nel vedere lo sguardo omicida di Drakul.
-Ciao papà- lo salutò Perona, un po’ incerta e molto perplessa ma l’uomo era tutto focalizzato sul moro accanto a lei.
Ace sorrise nervoso, cercando aiuto con gli occhi dalla sua migliore amica che però sembrava stranita anche più di lui dall’atteggiamento del padre.
-Ehi Drag…- cominciò per salutarlo ma l’espressione sul volto dell’uomo gli fece morire le parole in gola.
Drag intrecciò le braccia al petto, continuando a trucidarlo con gli occhi.
-Da dove arrivi?!- chiese, minaccioso e Perona sgranò gli occhi indignata dalla sua maleducazione.
-Papà!-
-Ace! Da dove sei spuntato fuori?! Non ti ho sentito entrare stamattina-
Il ragazzo portò una mano alla nuca, in imbarazzo.
-A dire il vero io… sono passato a trovare Perona ieri sera sul tardi e mi sono addormentato e…- indietreggiò quando un lampo di furia omicida accese le iridi dorate del padrone di casa.
Non era la prima volta che dormivano insieme, lui e Perona, ma era la prima volta che Drakul dava l’impressione di volerlo usare come affila-lama per una delle sue spade e Ace deglutì a vuoto, sinceramente spaventato.
-Suppongo tu possa capire che il letto singolo che c’è in camera di mia figlia è un po’ troppo piccolo per due persone, vero?!- chiese, avanzando verso di lui.
-Papà, la vuoi piantare?!-
-S-sì, certo- annuì vigorosamente Ace, trovando il muro a bloccare la sua fuga.
-Perciò deduco bene quando deduco che ti sei addormentato sul pavimento, giusto?!-
-Giusto! Giustissimo!-
-Non voglio che tu dica ciò che voglio sentire, Ace. Voglio che tu mi dica la verità e io sono molto bravo a capire quando la gente mente- proseguì, avanzando ancora -Allora… hai dormito per terra, vero?!-
Ace deglutì ancora e cercò Perona con gli occhi, ormai disperato, prima di tornare a guardare Drag, chiaramente spaventato.
-Beh ecco…- lasciò la frase in sospeso, socchiudendo gli occhi.
-Tu hai dormito nello stesso letto con mia figlia?!?!- tuonò Drakul, fuori di sé, proprio mentre la porta d’ingresso si apriva, interrompendo quel pittoresco quadro. Tre paia d’occhi schizzarono verso l’uscio per verificare chi fosse il nuovo arrivato e Shanks si bloccò, sorpreso, con un piede ancora fuori di casa nel trovarsi tutti quegli sguardi addosso.
-Ho interrotto qualcosa?!- domandò, preoccupato, spostando gli occhi dal suo migliore amico a sua nipote e viceversa.
-Da dove arrivi?!- si accigliò Drag.
-Avevo una lezione- spiegò l’istruttore di barca a vela.
-Di domenica mattina?!-
-È un cliente che paga molto bene. Allora che sta succedendo qui?!- s’informò di nuovo, decidendosi ad entrare e chiudere la porta.
-Ace ha dormito nel letto di Perona, stanotte- spiegò il moro, certo del sostegno del proprio migliore amico che però aggrottò le sopracciglia perplesso anziché mettersi a trucidare il povero ragazzo insieme a lui.
-E Perona dove ha dormito?!-
Drag lo fissò con un’espressione che sembrava volesse dire “Ma fai sul serio?!”, prima di sospirare.
-Nel suo letto! Hanno dormito insieme!-
Finalmente, Shanks sgranò gli occhi e si mise bello dritto, dando mostra di tutta la sua imponente mole, prima di avvicinarsi con passi lenti al ragazzo. Lo squadrò dall’alto del suo metro e novantatré e poi, sotto lo sguardo scioccato di Drag, gli tese la mano, picchiandogli l’altra sulla spalla con goliardia.
-E bravo Ace! Complimenti ragazzo! Hai battuto anche Sabo, eh?!- si complimentò con un sorrisone mentre Ace gli stringeva la mano quasi meccanicamente, ormai sull’orlo del collasso per quella situazione tanto spaventosa quanto imbarazzante.
-Shanks!!!- lo ammonì Drag, attirando la sua attenzione.
-Che c’è?!-
-Non è così che dovresti reagire!!! È di tua nipote che parliamo!!!-
-E infatti mi complimento perché secondo me ha scelto una bellissima ragazza, intelligente, sveglia e tutto il resto!-
-Ma veramente io e Perona non…-
-Meow!-
Il silenzio calò intorno a loro.
-Era… un miagolio quello?!- domandò Drag, perplesso.
-No!- esclamò Shanks, troppo velocemente.
-A me sembrava proprio di sì-
-Ma no Drag ti sbagli, non…- provò di nuovo il rosso ma si interruppe quando un testolino nero e peloso, sovrastato da due orecchie triangolari spuntò dalla tasca della sua giacca a vento.
Shansk sollevò gli occhi di nuovo sull’amico, sorridendo a mo’ di scusa.
-Shanks perché hai portato qui un gatto?!-
-L’ho trovato abbandonato mentre tornavo dalla spiaggia. Si è messo a seguirmi e sembrava mi stesse chiamando! Non potevo lasciarlo lì!-
-Aspetta…- lo fermò Drag, capendo improvvisamente -Non vorrai tenerlo!-
Il rosso lo guardò atono.
-Non l’ho certo preso per abbandonarlo di nuovo!-
-E chi ti ha detto che potevi portare un gatto in casa mia?!-
-Nessuno! Ma non puoi impedirmi di regalare un gatto a mia nipote!- ribatté, estraendo il piccolo animale dalla tasca e piazzandola in braccio a una sempre più incredula Perona -Ecco Perona, lui è Nekozaemon! Io vado a fare una doccia!- aggiunse, dileguandosi rapido.
-E io vado a casa!- intervenne Ace, approfittando dell’attimo di interdizione di Drag per correre vero la porta -Ci sentiamo dopo Voodoo!-
-No, Ace! Aspetta!- lo richiamò Perona, precipitandosi dietro di lui, con ancora il micio nero tra le braccia, e fermandosi un attimo sull’uscio per girarsi verso suo padre -Ma si può sapere cosa ti è preso?!- sibilò, chiaramente arrabbiata, prima di uscire di casa per rincorrere l’amico.
Drag rimase immobile nel corridoio ora vuoto per un tempo non meglio definito, stordito da tutto quello che era appena successo. Liberò un sospiro mentre passava pollice e indice sugli occhi. Si sentiva esausto.
Un suono raschioso alle sue spalle lo fece irrigidire e inorridire. Si girò lentamente verso Boa, che si era schiarita la gola per ricordargli della propria presenza  e ora lo fissava dalla porta della cucina, le braccia incrociate sotto il seno e un’espressione che non prometteva niente di buono.
Suo malgrado, sobbalzò quando la donna si mosse verso di  lui, per fermarsi a pochi passi e allungarsi appena per raggiungere il suo orecchio.
-Il tuo bastone, i miei ingranaggi- gli ricordò sensuale e perfida e Drag si sentì morire.
Merda! Che aveva combinato?!
-Boa aspetta, non…- provò a giustificarsi ma sua moglie aveva già imboccato le scale e gli stava facendo “ciao, ciao” con la mano senza neppure voltarsi.
Drag la osservò sparire al piano superiore e grugnì di frustrazione.
Non era più così certo di essere in grado di sopravvivere a quel periodo.  

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Serata tra amici ***


-Che figata di effetti speciali!- esclamò Kobi, mentre uscivano dal cinema, nell’aria della sera che cominciava a riscaldarsi rispetto all’inverno.
-Assolutamente eccezionali! Altro che 3D, in 4K e HD questo film da il meglio di sé!- confermò Koala, annuendo la testa e facendo incrociare lo sguardo alle sue due migliori amiche, che non sapevano neppure di cosa stesse parlando.
-La resa del combattimento è qualcosa di unico! Sono ancora estasiato!- si aggiunse anche Ace, sinceramente coinvolto e colpito.
Un breve silenzio, carico di aspettativa, seguì il commento del moro, a seguito del quale tutti si girarono verso l’unico che avesse voce in capiolo e che non aveva ancora parlato.
Ma Sabo aveva lo sguardo perso nel vuoto, l’aria sofferente e spersa e non c’era certezza che avesse la più vaga e lontana idea di dove si trovasse e di cosa avesse visto per due ore e un quarto sullo schermo del cinema.
Una serie di preoccupati sguardi fece il giro del gruppetto di amici, disposto circolarmente nello spiazzo antistante il multisala.
Kobi si girò verso Sugar, Sugar lanciò un’occhiata a Ace, Ace si voltò verso Koala, Koala chiese silenziosamente aiuto a Perona e Perona cercò per un attimo con gli occhi Izo prima di focalizzarsi nuovamente sul cugino, ignaro di tutto.
Sabo non riusciva a smettere di pensare alla situazione a casa.
Per quanto loro gli fossero stati vicini, il biondo non riusciva a liberarsi di quel senso di inquietudine che gli martoriava lo stomaco dal momento in cui apriva gli occhi al mattino fino al momento in cui li richiudeva alla sera.
Faceva male. Faceva male non avere più suo padre per casa ma soprattutto faceva male non sapere il perché.
Nessuno sapeva. Né Perona, né Drag, né Boa né lo stesso Sabo. Nessuno, per quanto vicino a uno dei due coniugi, sapeva cosa fosse successo tra loro e cosa avesse spinto Makino a sbattere fuori di casa l’uomo di cui era follemente innamorata dalla prima volta che lo aveva incontrato.
E da una settimana, cioè da quando si era trasferito dai Mihawk, Sabo si rifiutava di vedere suo padre, consapevole che doveva averla fatta davvero grossa stavolta, peggiorando la situazione e aggiungendo altro dolore a quello che il rosso già provava.
A Perona non era sfuggito quanto il rifiuto del cugino avesse fatto soffrire lo zio e si morse il labbro inferiore, cercando qualcosa da dire.
Ma fu proprio Sabo a levarla dall’impiccio quando, riscuotendosi improvvisamente, sollevò il capo un po’ stranito, registrando a scoppio ritardato ciò che i suoi amici avevano detto.
-Sì, davvero un grande lavoro di grafica- commentò atono, inconsapevole di quanto tempo fosse trascorso tra l’affermazione di Ace e la propria -Ragazzi scusate, io sono stanco, vado a casa- aggiunse poi, infossando le mani nelle tasche -Grazie della serata- aggiunse prima di voltare loro le spalle.
Perona avanzò di un passo, cedendo quasi all’impulso di richiamarlo ma trattenendosi in tempo. Aveva già affrontato Sabo e aveva capito fin troppo bene quanto avesse bisogno di metabolizzare l’accaduto e, a malincuore, si rendeva conto di non essere la persona più adatta. Non riusciva a essere oggettiva, perché voleva solo che Sabo e Shanks si riconciliassero dal momento che era una costante sofferenza vedere lo zio senza il suo meraviglioso e caratteristico sorriso a illuminargli il volto.
Forse era meglio lasciarlo solo e…
-Sabo! Aspetta, ti accompagno!-
La rosa osservò a occhi sgranati la propria migliore amica correre veloce verso il ragazzo che si fermò al suono della sua voce, altrettanto sorpreso.
Ma Koala si limitò ad augurare agli altri la buonanotte prima di affiancarlo e dirigersi a passo sicuro con lui, sfiorandogli appena le schiena con le dita in una rassicurante carezza.
Immersi nel silenzio, li osservarono allontanarsi finché non furono in fondo alla via, prima di tornare a guardarsi tra loro, esibendo tutti dei sorrisetti saputi ed eloquenti.
-Beh…- commentò Perona, stringendosi nelle spalle -Era anche ora!-
Risero sommessamente mentre Sugar scuoteva appena la testa, prima di passarsi una mano sul volto.
-Quasi quasi vado anch’io, ragazzi- annunciò, espirando con stanchezza.
Un brivido percorse la schiena di Perona e, per la prima volta, la rosa si maledisse per non aver confessato ad Ace la sua seconda identità. Se Ace avesse saputo che lei era Miss Puck, avrebbe potuto benissimo fargli capire a cenni che quella era un’occasione d’oro per stare solo con la verdina e che quindi si sarebbe dovuto offrire di accompagnarla. Ma ufficialmente Perona non sapeva nulla della sbandata di Ace per sua cugina e se si fosse sbilanciata si sarebbe tradita con le proprie mani.
Si girò agitata verso il proprio migliore amico, pensando febbrilmente a cosa fare, e fece giusto in tempo a vedere Kobi tirargli una lieve gomitata e poi accennare verso Sugar con il capo.
Si accigliò un istante soltanto, il tempo di realizzare che Ace doveva avere detto della propria cotta a Kobi e Sabo, il che non era per niente strano in effetti.
Schiarendosi sonoramente la gola, il moro si portò una mano alla nuca, accarezzandola piano e Perona non riuscì a non ridacchiare. Sapeva che Ace faceva così quando era imbarazzato e Ace imbarazzato era così adorabile!
-Ehi Sugar…- la chiamò, visibilmente nervoso -Ti accompagno, vuoi?!-
Perona spostò lo sguardo sulla cugina, trattenendo il fiato, mentre lei sgranava gli occhi sorpresa.
-Oh… beh se… se non ti scoccia…- cominciò -Ma non accompagni Perona di solito?!-
-Ah… sì ma… possono… possono pensarci Kobi e Izo, vero?!- si giustificò, lanciando una muta richiesta agli amici.
Una strana sensazione pervase la rosa. C’era una punta di piacere perché Ace si stava comunque preoccupando che non dovesse tornare da sola ma era completamente immersa in un’ondata di pulsante fastidio.
Si era aspettata che Ace tornasse sui propri passi quando Sugar gli aveva fatto notare che di solito era lui ad accompagnarla a casa, ma il suo presunto migliore amico non si stava facendo problemi a lasciarla nelle mani neanche di Sabo ma di Kobi e Izo!
Non che lei non si fidasse di Kobi e Izo ma Ace non si sarebbe dovuto fidare così a cuor leggero! Insomma era a lei che spettava il privilegio di venire accompagnata da Ace, se l’era guadagnato negli anni!
Lei sarebbe dovuta essere la sua priorità!
Sobbalzò a quel pensiero così egoista.
Era completamente impazzita per caso?! Era giusto così, accidenti!
Lei e Ace erano solo amici ed era giusto che lui cercasse di trascorrere del tempo da solo con la ragazza che gli piaceva, anzi fino a un attimo prima lei stessa si era preoccupata che lui si facesse scappare quell’occasione.
Sì, probabilmente stava impazzendo.
-Io a dire il vero devo vedermi con Hermeppo- spiegò in imbarazzo Kobi.
-Non preoccuparti, Presidente, ci penso io alla bambolina di Ace!- intervenne Izo, ghignando e posandole una mano sul capo rosa, quasi fosse stata una bambina.
-Io non sono la bambolina di nessuno!- protestò, indignata ma con le guance suo malgrado imporporate.
Che deficiente!
-Okay, allora noi… andiamo!- esclamò Ace, sorridendo radioso a Sugar che annuì decisa.
Si augurarono la buonanotte prima di partire tutti in direzioni differenti. Con l’andatura perfettamente sincronizzata, Perona e Izo camminarono in silenzio per un po’ mentre i pensieri della rosa vorticavano tra la situazione di Sabo e Koala, quella di Ace e Sugar e la propria.
Da una settimana si era resa conto di un cambiamento in se stessa, dal giorno in cui aveva cucinato ballando con la mamma e non si era ancora confidata con nessuno al riguardo.
Quando Law e suo padre si erano uniti a loro e lei si era ritrovata tra le braccia del fratello aveva irrazionalmente cercato qualcosa di famigliare nel suo modo di farla ballare. Sapeva che non poteva essere lui, dal momento che l’aveva baciata, ma a livello puramente inconscio si era resa conto a posteriori che aveva cercato qualcosa del suo Fantasma dell’Opera in Law e che avrebbe continuato a cercarlo in chiunque finché non l’avesse trovato.
A Perona non bastava più trovare l’amore agli altri. Perona voleva trovare l’amore anche per sé e sapeva che doveva cominciare da lì, da quel misterioso ragazzo che le aveva regalato un momento indimenticabile nella serata dell’anno che per lei era la più bella, romantica e magica in assoluto.
Si rendeva conto che un bacio e un ballo non significavano niente, che una volta trovatolo sarebbe anche potuta rimanere delusa, che quella era la vita reale e non una favola ma Perona era quel genere di persona che quando aveva un dubbio o un sospetto non trovava pace finché non riusciva a risolverlo.
E il sospetto era che il suo Fantasma fosse destinato a essere molto di più che un ricordo.
Ma il primo passo, lo sapeva, era parlarne con qualcuno.
Lanciò un’occhiata di striscio a Izo, che camminava silenzioso e dritto al suo fianco. Era vero, era moro il suo compagno di banco, uno delle poche caratteristiche che conosceva del suo Fantasma – insieme con il fatto che era molto coordinato nella danza, che era più alto di lei e che aveva un sapore bruciante e speziato – ma come non poteva essere stato Law non poteva nemmeno essere stato lui.
La sola idea di baciare Izo le dava i brividi e non certo per il piacere.
Lo studiò alcuni istanti e prese un profondo respiro. Non si sarebbe mai tirato indietro di fronte a una cosa del genere, l’idea di vagliare tutti i ragazzi del liceo per trovare il Fantasma dell’Opera lo avrebbe mandato fuori di testa.
Sorrise tra sé e sé prima di decidersi a parlare.
-Izo, senti una cosa…-
 

 
***

 
Si fermò a metà delle scale in ascolto.
La tivù era accesa e, a giudicare dal cacofonico insieme di voci e urla ovattate, si trattava chiaramente di una partita di calcio o rugby. Ergo, poteva esserci solo una persona che stesse guardando la televisione a quell’ora di notte e non era certo Perona.
Scese gli ultimi scalini, deviando direttamente in cucina per recuperare due birre prima di tornare indietro verso il salotto. Si fermò sulla porta, a studiare il suo migliore amico.
Nonostante si comportasse come sempre finché c’era qualcuno in giro, sorridendo e scherzando ad ogni occasione, Drag sapeva che, appena restava solo, Shanks doveva vedersela con quel dolore che lo stava mangiando dentro. Gli mancava Makino, più di quanto potesse esprimere, e gli mancavano i suoi figli, come l’aria.
I capelli in disordine, le occhiaie marcate, lo sguardo vacuo tutto testimoniava quanto il rosso stesse soffrendo quella situazione. Accarezzava distrattamente Nekozaemon, acciambellato sulla sua pancia ma Drag era certo che, se glielo avesse chiesto, non sarebbe stato neppure in grado di dirgli che squadre stavano disputando la partita in corso. Doveva avere acceso la tele in un disperato tentativo di distrarsi, che era fallito miseramente.
E se anche Drag conosceva il dolore della perdita della donna amata e in misura anche più grande rispetto a Shanks, doveva ammettere che non riusciva neppure a concepire di essere in guerra con uno dei suoi figli. Era un pensiero insopportabile.
Con un sospiro, si mosse verso di lui, così assorto che non si rese conto dell’amico finché una lattina di birra non entrò nel suo campo visivo, riscuotendolo.
Sbatté le palpebre un paio di volte, perplesso, come a chiedersi da dove fosse spuntata quella lattina e cosa ci facesse lì, sospesa  a mezz’aria, davanti ai suoi occhi, prima di girarsi.
-Oh, Drag- lo salutò, atono.
Il moro provò uno strano senso di sollievo nel non vederlo sorridere. Forse era la volta buona che si sarebbe deciso a sfogarsi ed era certo che non potesse fargli che bene.
-Shanks- rispose, mentre si sedeva, abbandonando la schiena contro il divano e studiando distrattamente le immagini sullo schermo.
Si accigliò nel riconoscere la partita.
-Ma questa è…-
-La finale Raftel-Flevance del ’77- concluse Shanks, sorridendo appena.
-Santo Roger! Avevamo sedici anni!- esclamò Drag, mentre piegava il busto in avanti e si concentrava sui giocatori intenti a passarsi la palla ovale.
Ricordava ancora ogni azione di quella sofferta finale, dove Raftel aveva strappato una vittoria con un’ultima epica meta, dopo una partita eccezionale e gloriosa.
Per quanto ridicolo, nel giro di un paio di minuti, si ritrovò a sudare freddo e trattenere il fiato, pur conoscendo già l’esito della disputa. Aprì senza pensare la lattina e ne prese una generosa sorsata, il cuore che pompava a mille nel petto.
-Dai, dai, dai!!!- soffiò, cercando di tenere la voce bassa e saltando sul divano, imitato da un finalmente più rilassato Shanks.
Lanciarono le braccia al soffitto, esultando sottovoce, quando il fischio di fine partita risuonò dalle casse dolby surround e Nekozaemon scappò via, diretto in camera di Perona, quando si allungarono uno verso l’altro per abbracciarsi goliardicamente.
Soffocarono una risata, consapevole di quanto dovevano risultare assurdi visti da fuori e si riabbandonarono contro lo schienale, decisamente più tranquilli e sereni di poco prima.
Shanks si passò una mano sul viso, prima di girare il capo verso l’amico senza staccare la nuca dal cuscino.
-Come mai non sei a letto?!-
-Uh?!- fece Drag, colto alla sprovvista.
Quel momento di fraterna vicinanza gli aveva momentaneamente fatto dimenticare di non avere più sedici anni e dei suoi attuali problemi ma la domanda dell’amico gli aveva ricordato tutto, a partire dal perché si trovava lì.
-Il letto di Law è scomodo- mormorò, reclinando il capo all’indietro, gli occhi al soffitto.
Dal momento che Shanks stava nella stanza degli ospiti e nella camera delle sue figlie ci viveva ancora Perona, si era visto costretto ad optare per la stanza dei ragazzi.
-Il letto di Law?!- si accigliò Shanks.
-Non te l’ho detto?! Boa mi ha messo in punizione per aver aggredito Ace, venerdì mattina- spiegò, intrecciando le dita e portando le mani sul capo.
Il rosso sbatté le palpebre interdetto un paio di volte prima di esplodere in una fragorosa, sonora risata. Rischiò di rotolare giù dal divano, mentre con la mano grande e callosa si batteva la coscia, le lacrime agli occhi.
-Ma che… non è divertente!!! Piantala!!!- protestò il moro, indignato.
-Porco Roger Drag! Sapevo che quando vuole è perfida ma tu tiri fuori il peggio di lei!- continuò, asciugandosi le lacrime.
Drag lo osservò contrariato, sentendo però la morsa allo stomaco allentarsi.
Da quanto non lo vedeva ridere così?!
Probabilmente non più di cinque giorni ma si rese conto, Drakul, che erano comunque troppi. Non tollerava di vedere Shanks stare male, non ci sarebbe mai riuscito.
La sua espressione si fece seria mentre si voltava verso l’amico e gli posava le mani sulle spalle, guardandolo fisso negli occhi nocciola e obbligando a girarsi a sua volta.
Shanks lo guardò stranito e interrogativo, senza comprendere quello strano atteggiamento.
-Se non vuoi raccontarmi cos’è successo non importa. Dimmi solo che non è una cazzata così grossa da essere irreparabile, amico- lo pregò quasi, stringendo la presa.
Shanks sobbalzò, colto alla sprovvista e sentì gli angoli degli occhi che prendevano a pizzicare mentre cercava di mandare giù il groppo che aveva in gola.
Si chiedeva quanto ancora avrebbe retto quella situazione, con Makino che pur di non vederlo chiedeva a Drag di andare a prendere Lamy e Sabo che si rifiutava di parlargli.
Ma, doveva ammetterlo, anche così era comunque fortunato.
Aveva il suo migliore amico su cui contare, che soffriva con lui e per lui ed era pronto a qualunque cosa per aiutarla, la sua meravigliosa nipote, prodiga di idee per tirarlo su, Boa, Dofla e Croco.
Oh e Nekozaemon ovviamente, che gli dava tanto amore!
Poteva farcela, doveva solo tenere duro ancora un po’, solo un altro po’.
Piegò le braccia per posare le mani sugli avambracci tesi di Drag, sorridendo a fatica ma annuendo convinto.
-Si risolverà tutto Drag- soffiò, la voce incerta, lo sguardo determinato -Te lo prometto-
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Rivelazioni, chiarimenti e segreti ***


-Razza di deficiente ma cosa ti dice il cervello?!?!-
-Perona!! Ouch! Ahi! Smettila!!! Così mi sgualcisci la camicia!!!-
-Tu mi sgualcisci la sanità mentale invece!!!- sibilò la rosa tra i denti, fronteggiando il compagno di banco che la guardava scettico e infastidito, come una vera prima donna.
Le braccia al petto e il mento sollevato con fierezza, Izo voltò la testa offeso, accompagnando il movimento con un lieve sbuffo.
-Non so proprio cosa vuoi da me- protestò, facendole sgranare gli occhi all’inverosimile.
-Tu non sai… Io da te voglio che non mi rovini completamente la reputazione!!!- esplose Perona, senza più trattenersi -Ti sembra che chiedere a Drake urlando in mezzo al corridoio se era lui il tizio vestito da Fantasma dell’Opera alla festa di Sugar coincida con la mia richiesta di “aiutarmi DISCRETAMENTE a scoprire chi è il ragazzo misterioso che mi ha baciato ad Halloween”?!?!-
Izo aprì un occhio, scrutando per un attimo la compagna di classe, prima di richiudere la palpebra e sollevare nuovamente il mento.
-È evidente che abbiamo due idee diverse del concetto di “discreto”-
-Certo perché tu sei l’incarnazione del concetto di “imbecille”!!!- ribatté la ragazza mentre gli tirava l’ennesimo pugno sul braccio.
-Ehi!!! E basta! E poi non sono riuscito a urlare un bel niente! Mi hai infilato la tua stupida mela in bocca dopo “Ehi Drake!”!-
-Grazie ai kami!!!-
Espirò stanca, portando una mano a stringersi le tempie.
Santo Roger, quel ragazzo sarebbe stata la sua rovina! Come?! Come le era venuto in mente di chiedere aiuto a LUI?!?!
-Comunque in effetti hai ragione, è stato stupido da parte mia! Non può essere Drake!-
Perona gli lanciò un’occhiata fulminante di sottecchi, spostando le dita sul ponte del naso.
-Izo…-
-Con quel mento dovrebbe mettersi un costume da gorilla per non farsi riconoscere, altro che una mascherina che copre solo metà viso!-
-Izo…-
-Dunque, dunque, quello che sappiamo di questo tizio è che ha i capelli scuri, giusto?! Non una grande informazione ma almeno possiamo escludere Cavendish, il che è un bel sollievo non trovi?!-
-Izo…-
-Mi sento di eliminare anche Ideo dall’elenco, ha i capelli così lunghi che non so come faccia a non sbilanciarsi all’indietro!-
-Izo, per tutti i kami!-
-Sai chi potrebbe essere?! Robb! Lui ha tutti i requisiti! L’altezza, il ritmo!- continuò imperterrito a elencare il moro, tenendo il conto con le dita -Per tutti i kami ti rendi conto di che fortuna sarebbe se fosse lui?! Io ucciderei anche solo per potergli palpare il culo una volta! A meno che… Oh santo Roger, non ci avevo proprio pensato! Blue Gilly!!! Ha i capelli di un blu così scuro che sembrano neri!!! Anche lui potrebbe essere un candidato! Dì un po’, quando ci hai ballato hai fatto caso se c’era qualche rigonfiamento anomalo là sotto?! Dicono che abbia un grande… OUCH!!!-
Smise finalmente di parlare quando Perona lo afferrò saldamente per il lobo, strattonandolo verso di sé e avvicinando i loro visi con fare minaccioso.
-Hai finito di parlarne qui, nel bel mezzo del giardino, dove chiunque può sentirci?!?-
-E dove vorresti parlarne di grazia?!-
-In un posto dove non corro il rischio di far sapere gli affari miei a tutta la scuola!-
Izo ghignò, con uno di quei suoi ghigni poco rassicuranti.
-Ci tieni molto ai tuoi affari eh?!-
-Ci sono cose che sono solo mie e non voglio che si sappiano in giro!- 
-Cose tipo?! Tipo che sei tu Miss Puck?!-
-Precisamente!- esclamò Perona, prima di rendersi conto di cosa aveva detto.
-Lo sapevo!- esultò il moro, mentre lei sgranava gli occhi scioccata e si malediceva mentalmente.
-Come… Come hai fatto?!?!-
-Ti conosco bella mia! Sono capitato sul blog più o meno a Novembre e mi è subito sorto il dubbio!- gongolò il ragazzo, trionfante.
Perona boccheggiò un paio di volte, senza sapere cosa dire e cosa fare, finché uno spaventoso dubbio non la colse.
-Non lo avrai detto a qualcuno!- esclamò, fuori di sé dalla preoccupazione.
Un brivido freddo la colse nel vedere l’espressione poco rassicurante assunta da Izo. Qualcosa si tese in lei, rischiando di farle perdere il controllo proprio un attimo prima che il moro le desse una pacca sulla spalla, smettendo di sorridere sadico.
-Figurati Perona! Tra compagni di banco ci si copre le spalle!-
Un potente sollievo la invase.
Santo Roger, meno male!
Non osava immaginare cosa sarebbe successo se lo avessero scoperto Kobi o Sabo… O, peggio ancora, Ace…
-Oggi ci siamo tutti a casa tua?!-
La domanda di Izo la trascinò fuori dai propri pensieri.
-Uh?! Sì, sì!- esclamò Perona, pregustandosi già il pomeriggio tutti insieme.
-Ottimo! Più siamo meglio è per elaborare una giusta strategia!- affermò con aria saputo il moro, lasciandola un po’ interdetta.
-Che co…- sgranò gli occhi quando capì di cosa stava parlando -No! Izo ascoltami molto bene! Tu non devi dire niente del ragazzo misterioso a NESSUNO, chiaro?! Nessuno!!!-
L’amico la fissò interdetto, sbattendo le palpebre un paio di volte.
-Ma non ci trovavamo apposta?!- domandò e Perona non riuscì a credere alle proprie orecchie.
Ma faceva sul serio?!
-Izo facciamo il gruppo studio okay?! Per quello ci troviamo!- esclamò, esasperata.
La comprensione si disegnò sul volto chiaro del ragazzo.
-Oh- mormorò, senza più verve  -Oh… per quello… capisco… Che schifo a volte la vita eh?!- considerò, sconsolato.
Perona sospirò tra il rassegnato e il disperato.
Non sarebbe cambiato mai!

 
§

 
-E si è dato fuoco alla giacca! Cioè come fai a darti fuoco alla giacca e non accorgertene nemmeno?!- esclamò Kobi incredulo, facendo ridere gli amici mentre entravano in casa Mihawk.
-Ma perché ti stupisci ancora?!- gli domandò Sugar, proseguendo sul vialetto della casa dello zio -È così maldestro che una volta ha lanciato una pallina da tennis in mezzo alla classe per testare i nostri riflessi e quella gli è rimbalzata in faccia prima che chiunque potesse afferrarla!-
Perona ridacchiò, smuovendo le spalle e agitando i lunghi boccoli rosa e setosi, prima di girarsi verso di loro con un sorriso saputo.
-Non so se lo faccia apposta oppure no ma sono sicura che al Prof non dispiace così tanto farsi sempre male!- commentò, spiazzando i suoi amici.
-Stai insinuando che è masochista?!- chiese perplesso Ace.
-No sto insinuando che ci sta volentieri in infermeria in compagnia di Natsuki!- rispose socchiudendo gli occhi e incrociando le braccia sotto il seno.
Kobi, Sabo e Ace spalancarono la bocca increduli mentre Koala, Sugar e Izo piegavano le labbra in ghigni maliziosi.
Natsuki, l’infermiera della scuola, era il sogno erotico degli studenti maschi della Raftel da quando era arrivata lì, raccogliendo l’eredità della professoressa Scarlett, che continuava comunque ad accendere le fantasie dei propri allievi.
-Cosa…-
-Che vorresti dire?! Perona!-
La rosa sorrise soddisfatta, portando l’indice a picchiettarsi la punta del naso.
-Io ho naso per queste cose!- affermò sicura di sé, facendo sghignazzare ancora di più le sue due amiche e il suo compagno di banco.
-Ma… ma… con lui?!?!- protestò Ace come se si stesse consumando una tragedia davanti ai suoi occhi.
Era chiaro che non riusciva a capacitarsene.
Ancheggiando, Perona si avvicinò al suo migliore amico, fermandosi a pochissimi centimetri da lui.
-Sai, Ace, le donne amano gli uomini che le fanno ridere- lo informò, chinando il capo di lato prima di schioccargli un bacio sul naso e tornare a correre verso casa, ridacchiando.
Ace rimase a fissarla interdetto qualche istante prima di scuotere la testa, sorridere a sua volta e avviarsi con il resto degli amici.
Entrò in casa di slancio e si ritrovò a cozzare contro la schiena di Kobi che si era fermato di botto nell’ingresso, proprio come tutti gli altri. Il moro li guardò stranito, immobili e con lo sguardo fisso davanti a loro.
Un suono strimpellato fuoriusciva dal salotto, rimbalzando sulle pareti del corridoio.
-Ma che…?- fece per domandare, accorgendosi solo in quel momento del trio fermo fuori dalla sala.
Drag, Dofla e Croco sbirciavano dentro il salotto, parlottando fra loro, ignari dell’arrivo di nipoti, figli e amici vari e non ci voleva certo un genio per capire chi stessero spiando.
-Non credevo fosse così grave- stava mormorando Croco, lo sguardo serio e il sigaro in bocca.
Drag si passò una mano tra i capelli, sconsolato.
-Ve l’ho detto! Peggiora a vista d’occhio! Comincio a essere seriamente preoccupato!- 
Sabo si irrigidì, un’espressione indecifrabile sul volto.
-E quella chitarra da dove l’ha…- provò a chiedere Dofla ma una voce roca, stanca e per niente intonata lo interruppe, facendoli rabbrividire e non certo di piacere.
-What would I do without your smart mouth? / Drawing me in, and you kicking me out / You've got my head spinning, no kidding, I can't pin you down…-
-Oh santo Roger!- commentò Croco, sinceramente sconvolto.
-Sinceramente, comincio a essere preoccupato anche per la mia sanità mentale, ragazzi- ammise Drag, scuotendo la testa con dispiacere.
-…mystery ride / And I'm so dizzy, don't know what hit me, but I'll be alright…-
-Fufufu, ma non si può sentire!-
-My head's under water / But I'm breathing fine…-
-Sapete credo anche che litigare con Sabo gli abbia dato il colpo di grazia- valutò Drakul, senza accorgersi del nipote a pochi metri e perfettamente a portata d’orecchio.
Il ragazzo trattenne il fiato sconvolto, gli angoli degli occhi che pizzicavano all’inverosimile. Poi qualcosa si spezzò dentro di lui e scattò in avanti, sordo ai richiami degli amici e degli zii che si scostarono sorpresi della sua presenza.
Entrò a passo di carica in salotto, mollando a terra lo zaino e avvicinandosi al divano con determinazione.
-Give your aaaall to me / I'll give my aaaall t…- Shanks si bloccò sconvolto mentre la chitarra gli veniva strappata di mano -Sabo?!- lo chiamò incredulo e sorpreso di trovarselo lì davanti.
Perona e Koala si scambiarono un’occhiata apprensiva, prima di precipitarsi verso l’altra stanza per assicurarsi che Sabo non stesse per commettere un patricidio ma dei nuovi accordi risuonarono nella casa proprio mentre raggiungevano Dofla, Croco e Drag.
 
[Good Riddance – Green Day]
 
Si immobilizzarono tutti, avvicinandosi alla porta del salotto da cui riuscivano a vedere Sabo seduto sulla poltrona accanto al divano occupato da Shanks, che guardava suo figlio con un’emozione indecifrabile negli occhi.
Perona lasciò cadere lo zaino a terra, tirandosi una ciocca dietro l’orecchio e osservando zio e cugino piena di speranze. Sentì la gola stringersi e il cuore accelerare i battiti.
Voleva così tanto che facessero pace!
Poi Sabo cominciò a cantare e nessuno osò più muovere un solo muscolo se non per respirare.
 
Another turning point, a fork stuck in the road
Time grabs you by the wrist, directs you where to go
So make the best of this test, and don't ask why
It's not a question, but a lesson learned in time
 
It's something unpredictable, but in the end is right,
I hope you had the time of your life.
 
So take the photographs, and still frames in your mind
Hang it on a shelf in good health and good time
Tattoos and memories and dead skin on trial
For what it's worth it was worth all the while
 
It's something unpredictable, but in the end is right,
I hope you had the time of your life.
 
Perona trattenne il fiato quando vide lo zio piegare il busto in avanti e portare le mani a coppa a coprire bocca e naso. Sembrava completamente sopraffatto e la rosa si morse il labbro, senza smettere di sorridere.
Era fin troppo evidente che quello per Sabo era un ramoscello d’ulivo da tendere a suo padre e in fondo lo sapevano tutti che anche il ragazzo  ci stava di pezza a non parlare più con lui. Non erano semplicemente padre e figlio, loro due.
Erano amici e confidenti.
Perona si voltò verso suo padre, che abbassò gli occhi su di lei per farle l’occhiolino, prima che la ragazza si girasse dall’altra parte a cercare Ace.
Il moro, gli occhi fissi sulla scena che stava avendo luogo a pochi metri da loro, sembrò percepire immediatamente lo sguardo dell’amica. Le lanciò un’occhiata e sorrise quando incrociò i suoi occhi grandi e scuri, facendola sorridere ancora di più.
 
It's something unpredictable, but in the end is right,
I hope you had the time of your life.
 
It's something unpredictable, but in the end is right,
I hope you had the time of your life.
 
Il silenzio calò nella casa mentre Sabo appoggiava la chitarra di lato, intrecciando le dita e posando gli avambracci sulle cosce. Né lui né Shanks erano assolutamente consapevoli degli sguardi puntati su di loro, pieni di affetto, speranza e felicità.
-Sei sempre stato più intonato di me- mormorò Shanks dopo un lungo, interminabile minuto.
Sabo sbuffò una risata, portando una mano massaggiarsi il retro del collo.
-Perché ho preso da mamma-
Poi, come rispondendo a un segnale, i due Akagami si alzarono in contemporanea, muovendosi l’uno verso l’altro e incontrandosi a metà strada per abbracciarsi come se non si vedessero da mesi.
Perona sentì una lacrima scivolarle lungo la guancia e portò una mano in mezzo ai seni, dove il cuore le si stava piacevolmente riscaldando.
Shansk e Sabo si staccarono senza lasciarsi davvero andare, gli occhi rossi e il fiato corto, lottando contro il groppo che si era formato nella gola di entrambi.
-Mi sei mancato papà-
-Anche tu, figliolo. Anche tu- soffiò a fatica Shanks, riavvicinandoselo per dargli una bacio tra i capelli.
Si risedettero sul divano, sorridendo ebeti e senza un apparente motivo, cercando un qualche argomento di cui parlare senza riuscire a trovarlo, non perché non ne avessero ma perché semplicemente erano troppo sopraffatti.
-Allora…- cominciò il rosso, sfregano le mani tra loro -Qualche novità?!-
-Beh ecco…- rifletté Sabo qualche istante, puntando per un attimo lo sguardo fuori dalla finestra -Sto con una ragazza- affermò con un sorriso che andava da un orecchio all’altro.
Kobi, Sugar, Ace, Perona e Izo si girarono lentamente verso un’imbarazzata e rossissima Koala, che avrebbe voluto sprofondare nel pavimento, glielo si leggeva in faccia.
-Sul serio?! Grande, Sabo!- esultò Shanks, porgendogli il palmo per farsi dare il cinque e regalandogli anche una goliardica pacca sulla spalla -E chi è?! La conosco?!-
-Ah beh…- titubò il biondo, riavviandosi ossessivamente i capelli ondulati -Ecco io… credo… sì… lei è… io… è… È Koala, papà- concluse poi, annuendo con il capo mentre la castana, fuori dalla stanza, si avvicinava pericolosamente all’autocombustione.  
-Oh!- esclamò il rosso, un po’ stupito ma felice -Oh è… grandioso! Davvero grandioso!- ripeté, prima di assottigliare lo sguardo su suo figlio.
-Che… che c’è?!- domandò con un nervoso sorriso Sabo.
-Devo forse farti quel discorso su…-
-Oh no!!! No, no, no!!! Non serve!!!- si agitò il ragazzo, muovendo le mani a palmo aperto davanti al viso.
-Sicuro?! Perché non è un problema per me! Insomma, sono tuo padre è mio compito e…-
-No papà dico davvero! Non serve!- ripeté di nuovo Sabo, rosso come i capelli di suo padre.
Si sedettero sul divano, ancora imbarazzati ma anche sollevati per aver scampato un simile discorso subito dopo essersi riconciliati e lasciarono passare qualche minuto in completo silenzio, godendo semplicemente  della presenza l’uno dell’altro, finché Sabo non tornò a fissarlo con serietà, facendosi coraggio per parlare.
-Papà- lo chiamo cauto, attirando la sua attenzione -Non puoi proprio dirmi cos’è successo con mamma vero?!-
Shanks lo fissò per un lungo istante prima di sospirare e passarsi pollice e indice sugli occhi con aria stanca.
-Sabo tu ti fidi di me?!- gli domandò, tornando a guardarlo mentre lui annuiva con vigore.
-Non te lo posso dire ma ti giuro, ti giuro figliolo che non ho fatto niente di impulso. Si chiarirà tutto- lo rassicurò, con tono fermo e sguardo determinato.
Sabo lo scrutò alcuni secondi, appena un po’ incerto, prima di deglutire e annuire. Non poteva negare di essere ancora molto confuso.
Ma quell’uomo era il suo eroe e, se Sabo aveva una certezza, era che suo padre non lo avrebbe mai e poi mai deluso, per niente al mondo. 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Perdendo il controllo ***


La musica risuonava intorno a lei, facendo rimbombare le pareti immerse nella penombra e illuminate solo dai faretti colorati posizionati strategicamente per la casa.
Si guardò intorno dall’angolo in cui si era infilata, appiccicandosi alla parete, in un tentativo di restare sola. Supponeva che gli altri avrebbero iniziato a cercarla ma non le importava.
Certo, non era stata una gran trovata decidere di andare a quella festa se il suo obbiettivo era restare sola ma la verità era che aveva sperato di riuscire a distrarsi. A quanto pareva, però, si era sbagliata.
Per quanto si sforzasse non riusciva a farsi coinvolgere, a ballare, a ridere e divertirsi. Il suo obbiettivo in quel momento era schiacciarsi il più possibile contro il muro nella speranza di diventare invisibile. E nemmeno l’idea di andarsene l’allettava minimamente. Non sarebbe stato meglio andare via, non fintanto che non era in grado di smettere di pensare.
Prese un altro sorso dal suo drink, stirando il viso in una smorfia disgustata. Chiunque avesse preparato quella roba, non era affatto capace.
Ma che fossero buoni o meno non le importava.
Le importava che l’alcool le entrava in circolo a ogni sorso, scendendo prima nelle gambe e salendo poi verso la testa, facendo girare vorticosamente la stanza, annebbiando i suoi pensieri, obbligandola a ridere.
Sì, Perona era ubriaca.
E voleva andare oltre, voleva arrivare non a non pensare ma a non esserne proprio più in grado.
Una risata divertita le sfuggì alle labbra al pensiero della faccia che avrebbero fatto Law e Zoro se l’avessero vista in quelle condizioni. L’avrebbero rimproverata di certo.
-Come se voi non vi foste mai ubriacati- protestò con voce impastata.
Un gruppetto di invitati poco distante si girò perplesso verso di lei, senza capire con chi stesse parlando e Perona cercò di fare finta di niente, sgranando gli occhi sorpresa e guardandosi intorno prima di prendere un’altra sorsata di cocktail e allontanarsi ridendo.
Camminare era diventato improvvisamente difficile. La stanza continuava a inclinarsi a destra e a sinistra, Tutti ridevano e urlavano direttamente nelle sue orecchie, le pochi luci che c’erano sembravano puntate apposta per accecarla e i bassi della musica erano così fastidiosi.
Lo stomaco le si rivoltò come sulle montagne russe quando un ragazzo le andò addosso per sbaglio. O forse era stata lei ad andare addosso a lui?!
-Scusa- urlò con voce roca, tanto per andare sul sicuro.
Raggiungere la zona della casa adibita a banco-bar fu una delle imprese più ardue che avesse mai affrontato in vita sua.
Si appoggiò al tavolo mentre la casa intorno a lei cominciava a girare e allungarsi e stringersi. Le pareti continuavano a cambiare colore, passando dal verde all’arancione e intorno a lei tutti parlavano in modo buffo, con voci gravi e rallentate.
Perché nessuno le aveva mai detto che l’alcool era così divertente?!
Allungò la mano verso la bottiglia di Malibù ma la richiuse per tre volte intorno all’aria, senza riuscire ad afferrarne il collo.
Stupida bottiglia che non stava ferma.
Protestò mentalmente mentre metteva su un broncio che, non fosse stata ubriaca, avrebbe trovato ridicolo lei per prima.
Decise che era meglio farsi aiutare da qualcuno e si girò alla ricerca di Ace.
No, aspetta… Izo, voleva dire Izo…
Ace avrebbe fatto il ragionevole, l’avrebbe sgridata, portata via e obbligata a bere uno di quegli intrugli orrendi, meglio conosciuti come “resuscitamorti”.
Era così noioso a volte quel ragazzo! Ma era pur sempre il suo Ace.
Un sorriso le increspò le labbra e il cuore le si scaldò a quel pensiero. In fondo, poteva accettare il suo essere noiosamente ragionevole perché aveva un sacco di altre qualità. Era gentile, sempre pronto ad aiutare, rassicurante.
Non riusciva a immaginare un posto più rassicurante delle sue braccia, Perona.
E poi era bello, soprattutto quando sorrideva con quel suo sorriso che gli illuminava il volto e gli faceva brillare gli occhi… Ooooh, aveva voglia di vederlo! Subito!
Al diavolo Izo e l’alcool! E al diavolo anche Sugar, Ace ci avrebbe provato un’altra volta! Adesso era LEI che aveva bisogno di lui e poi se anche non ci avesse provato proprio più con Sugar non è che sarebbe stato così grave insomma…
Oh… Oh kami… Sì era decisamente meglio cercare Ace, anche perché forse aveva un pochine esagerato e…
Un braccio si posò sulle sue spalle, trattenendola lì dov’era. Perona si girò confusa, socchiudendo gli occhi per cercare di mettere a fuoco il ragazzo accanto a lei, senza successo.
-Chi diavolo…- mormorò con voce impastata, avvicinandosi al suo viso.
-Ciao bambolina!-
Nemmeno la voce le diceva niente.
Mah… bel mistero!
-Ciao- rispose, barcollando e appoggiandosi al fianco dello sconosciuto.
-Ehi! Mi sembravi un po’ in difficoltà! Posso aiutarti in qualche modo?!-
Perona si illuminò a quelle parole. Il Malibù!
Poi un secondo pensiero la colpì e tornò ad accigliarsi. Era piuttosto certa che avesse deciso di fare qualcosa di diverso dal bere dell’altro Malibù, di avere riflettuto su qualcos’altro in quei minuti ma… boh… non ricordava proprio.
-Mi resvi del Malibù… Ah ehm… serv… versi! Volevo dire “versi”!- puntualizzò, stendendo il dito indice e cercando di picchiarlo sulla punta del naso del tizio.
Il ragazzo sollevò le sopracciglia.
-Sei sicura? Mi sembri già bella piena!- le fece notare e la rosa si imbronciò di nuovo.
-Non sei mica mio padre no?!-
-No ma in queste condizioni faresti preoccupare persino un tizio preso a caso mentre passa qui fuori!- le fece notare il tipo, accennando con il capo verso la porta. Perona si sporse oltre la sua spalle per guardare nella stessa direzione, e poi ripuntò gli occhi su di lui.
-Io non vedo nessuno!- affermò, piccata.
Il ragazzo la guardò interdetto qualche secondo.
-Ssssì! Dunque… vediamo di trovare qualcuno che ti conosce…- disse, parlando più con se stesso, mentre si allungava per scrutare tra la folla.
-Ehi! Sei il mio Fantasma  dell’Opera?!- domandò di punto in bianco Perona, speranzosa ed eccitata.
-Come?!?!-
-Sei tu vero?!-
-Non so di cosa tu stia parlando! Okay ora dobbiamo davvero farti smaltire un po’ di alcool bambolina- decise di prendere in mano la situazione, trascinandola via dalla zona bar, verso un altro punto della casa.
La cucina probabilmente.
Il panico la pervase.
Non voleva, non voleva bere un qualche intruglio che la facesse rinsavire e o mangiare roba che facesse asciugare l’alcool. Voleva bere. Lei voleva bere e non pensare dannazione!
-No!!! Non voglio!!! Non voglio pensare! Non voglio ricordare!!!- alzò la voce, improvvisamente disperata.
Il ragazzo si girò a guardarla.
-Ehi calma, non…-
-Perona!-
Un’altra voce la raggiunse, sovrastando la musica e le sue stesse proteste e la rosa si voltò di scatto.
Era Ace! Era la voce di Ace quella, ne era certa! Ma dov’era?! Dov’era?! Non lo vedeva!
Gli occhi gli si riempirono di lacrime.
Aveva bisogno di lui! Stava così male, girava tutto, le gambe non la tenevano e si sentiva così debole e… non… non riusciva a pensare… non…
-Perona!- ripeté la voce, più vicina e più agitata.
Perona trattenne il fiato, attendendo disperatamente di vederlo apparire davanti a sé. Ma proprio mentre due ragazzi venivano bruscamente spostati di lato per lasciar passare il moro, gli occhi di Perona si girarono all’indietro, le sue gambe cedettero e tutto, di fronte a lei, divenne buio.

 
§

 
Puntò gli occhi sulla porta, stranita e perplessa.
Non aspettava nessuno e faceva fatica a immaginare chi potesse essere a quell’ora così singolare. Attenta a non svegliarla, fece scivolare il capino addormentato di Lamy giù dalle sue gambe, sul cuscino del divano e cammino con passi leggeri verso la porta.
Si avvicinò per sbirciare dallo spioncino l’inatteso ospite, un po’ in apprensione.
Sabo era a una festa quella sera e lei era a casa da sola con Lamy. E per quanto Makino non fosse quel tipo di donna che non sa cavarsela da sola, una visita inaspettata, così tardi, non poteva che metterle un po’ di agitazione addosso.
Lo stomaco le si strinse al pensiero di quanto la sola presenza di Shanks sarebbe stata in grado di rassicurarla.
Scosse il capo per scacciare quella brutta sensazione prima di mettersi in punta di piedi e guardare al di là della porta.
-Drag?- mormorò accigliata.
Cosa ci faceva lì?!  
L’agitazione la pervase. Non è che era successo qualcosa a Shanks, vero?!
Trafficò qualche istante con le chiavi, le mani che tremavano, ripetendosi che se fosse successo qualcosa di sicuro Drakul l’avrebbe chiamata o, ancora meglio, l’avrebbe fatta chiamare da Boa. Ma nonostante questo, non riusciva a calmare i nervi tesi che in un attimo la stavano già portando sull’orlo di una mezza crisi isterica.
-Finalmente- sibilò quando riuscì a infilare le chiavi nella toppa e aprire.
Spalancò la porta, cercando di apparire tranquilla ma tradendosi con il tono della voce.
-Drag! Che fai qui?! È successo qualcosa?!-
Drakul la fissò con i suoi occhi dorati e seri un paio di secondi prima di avanzare.
-Ho bisogno di parlarti, Makino- si limitò a comunicarle.
La donna si fece da parte per permettergli di entrare in casa e lo scortò in cucina, lanciando uno sguardo a sua figlia che intanto continuava a dormire sul divano, beatamente ignara di tutto.
Anche Drag si girò per un attimo verso sua nipote, sorridendo con affetto. Ma non appena mise piede in cucina, la sua espressione si rifece mortalmente seria.
-Che succede?- s’informò Makino, incrociando le braccia sotto il seno.
La voce le tremava ancora un po’ ma ormai solo un’infima parte di lei temeva irrazionalmente che suo marito potesse essere in pericolo di vita o qualcosa del genere.
-Sono io che dovrei farti questa domanda- ribatté asciutto Mihawk, guardandola dritta negli occhi.
Aveva i pugni chiusi lungo i fianchi e non si era nemmeno tolto la giacca. Era lì per ottenere delle risposte.
A giudicare dalle occhiaie che si ritrovava, quella situazione stava facendo soffrire parecchio anche lui e il cuore di Makino si strinse per un attimo. Ma questo, purtroppo, non cambiava le cose.
-Se sei venuto qui per cercare di mediare, mi spiace ma non intendo essere collaborativa- lo informò, tirando fuori quel lato freddo di sé che solo pochi privilegiati conoscevano.
-Non sono qui per fare da paciere. Ma ho bisogno di capire. Mi serve che qualcuno mi spieghi cosa vi è successo e visto che lui si rifiuta lo sto chiedendo a te!-
-Perché dovrei…-
-Perché lui vive a casa mia e non hai idea di quanto sia pesto ma io sì, ce l’ho! Lo vedo peggiorare ogni giorno! Lo vedo accartocciarsi su se stesso e non lo sopporto Makino! Non sopporto di vedere lui stare male, di vedere te stare male, di vedere mio nipote stare male! Perciò fammi almeno capire, cos’ha fatto di così imperdonabile?! Perché mi rifiuto di credere che non siate in grado di trovare una soluzione! Non voi due!-
Il tono duro usato da Drag, i riferimenti a quanto stava male Sabo e a quanto stava male Shanks… Non gli serviva vederlo per immaginarlo, lo conosceva come le sue tasche in fondo. E non c’era niente che la facesse stare male come vedere Shanks stare male.
Gli occhi le si riempirono di lacrime così in fretta che le fu impossibile impedire loro di scivolare lungo le sue guance, mentre continuava a sostenere fiera lo sguardo del loro amico.
-Vuoi sapere cos’ha fatto Drag?! Lo vuoi sapere davvero?! Perché se te lo dico, non so se dopo riuscirai a vederlo con gli stessi occhi di prima!- lo informò, tremando di rabbia e frustrazione e dolore.
-Dimmelo e basta- la implorò subito e senza pensare Mihawk.
-Bene, allora…- fece una piccola pausa per prendere fiato e prepararsi al male che le avrebbe fatto ricordare cos’era successo.
Anche se in realtà il pensiero non l’abbandonava mai per davvero.
-Ha preso dei soldi dal fondo per l’università di Sabo. Tanti soldi Drag! E quando gli ho chiesto a cosa gli servissero, sai cosa mi ha risposto?! Che non poteva dirmelo e che comunque non si supponeva che io lo venissi a sapere! E poi mi ha implorato di fidarmi di lui! Ha derubato nostro figlio e voleva che io continuassi a fidarmi di lui, capisci?!-
Drag sgranò gli occhi, scioccato.
Si sentiva come se un fulmine lo avesse appena colpito.
-Shanks ha…- ripeté, incapace di finire la frase.
Non era possibile! Shanks, il parsimonioso, prudente, attento Akagami Shanks, che avrebbe dato un braccio pur di non dover rifiutare niente ai suoi figli aveva…  No, non poteva essere! Doveva esserci una spiegazione plausibile!
Ma qualunque cosa provasse a pensare, Shanks ne usciva peggio di prima.
Un affare andato male?! Un improvviso colpo di testa?! Scommesse?!
Quell’ultima idea lo fece inorridire. In effetti, ultimamente il rosso stava lavorando molto più del normale, tenendo lezioni anche ad orari e in giorni assurdi. Era evidente che avesse bisogno di denaro.
Ma no, il suo migliore amico non avrebbe mai fatto una cosa del genere! Non era il tipo!
Anche se certo… una crisi di mezz’età forse…
Ma non voleva dubitare di lui, per quanto in quel momento gli risultasse difficile.
-Makino sono sicuro che c’è una spiegazione e…-
-Oh anche io! Peccato che lui non voglia darmela!- ribatté la donna, zittendolo.
Rimasero in silenzio qualche istante, senza sapere cosa dire.
-Sabo non sa niente. Ho intenzione di rimettere quei soldi sul suo fondo. Non so ancora come ma lo farò. Shanks è il suo eroe. Non  gli permetterò di deludere anche lui-
Drag aprì e richiuse la bocca un paio di volte, senza riuscire a esprimere i propri pensieri.
Non gli sembrava giusto, niente di tutta quella situazione era giusto.
Fu il vibrare del suo cellulare nella tasca della giacca a salvarlo da quella situazione.
-Scusa un attimo…- le disse, rovistando alla ricerca del telefonino -Sì, pronto?!- se lo portò all’orecchio, senza nemmeno guardare il nome che lampeggiava sullo schermo.
-Papà…-
La voce di Zoro dall’altro capo lo raggiunse, grave e tesa, e un senso di inquietudine attanagliò immediatamente lo stomaco di Drakul.
-Zoro, che succede?!- domandò agitato, per poi trattenere il fiato.
-Papà devi venire subito in ospedale- lo informò suo figlio, il tono impassibile -Si tratta di Perona-







Angolo di Piper: 
Ehilà!! Gente! 
Scusate sono sparita per un po'! Ma ora sono tornata! Spero di non deludervi con i prossimi capitoli! 
Un bacione! 
Piper. 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** La mamma è sempre la mamma ***


-Papà vieni a sederti dai- azzardò di nuovo Robin.
Drakul scosse la testa, continuando a camminare su e giù lungo il corridoio, le braccia conserte e gli occhi puntati al pavimento.
Non riusciva a stare fermo, figuriamoci sedersi.
A differenza sua, Zoro era immobile come una statua, seduto accanto a Robin, con le mani chiuse a pugno sulle ginocchia e la nuca appoggiata al muro, pallido e tirato come mai lo aveva visto prima. Si era mosso solo per alzarsi ed abbracciarlo quando era arrivato e poi si era di nuovo chiuso nel proprio mutismo.
Era stata Robin a spiegare tutto a Drakul. Che Boa stava arrivando, che Rufy, Margaret e Nami erano alla caffetteria dell’ospedale con Sabo, Sugar, Kobi, Koala e Izo e, soprattutto, cos’era successo a sua figlia.
Si prese il ponte del naso tra le dita.
Non ci poteva credere. Non che si fosse aspettato che Perona non bevesse nulla, in fondo era a una festa, in fondo avrebbe compiuto diciassette anni proprio quella settimana. Ma ubriacarsi fino a finire in ospedale, di quello non riusciva a capacitarsene. E non era nemmeno chiaro se fosse lì solo per colpa dell’alcool o se avesse assunto anche qualche altra sostanza.
Strinse i pugni, resistendo a stento all’impulso di picchiarli contro il muro.
Perché era successo?! Come era successo?! Perona non era così!
E perché nessuno era ancora andato a parlare con loro?!
Dannazione, stava per esplodere!
-Grazie Kaya-
La sala d’aspetto era piuttosto tranquilla in quel momento e la voce di Law che ringraziava e salutava la giovane dottoressa risuonò chiara e quasi assordante per i Mihawk. Il moro si era allontanato dal resto della famiglia non appena era arrivato in ospedale, precipitandosi a cercare qualcuno che lo aggiornasse sulle condizioni di sua sorella il prima possibile.
Robin, Drag e Zoro lo osservarono avvicinarsi, impassibile e pacato come sempre, e trattennero il fiato, incapaci di interpretare il suo sguardo. Law si fermò a pochi passi e prese un profondo respiro prima di parlare.
-Sta bene- esordì e il sollievo rischio di far crollare a terra Drag che si vide costretto a sedersi quando le gambe gli cedettero -Il tossicologico non ha rivelato nessuna droga o sostanza affine nel sangue. È stato… solo un coma etilico- esitò un attimo prima di pronunciare la parola “solo” -Le hanno fatto una lavanda gastrica ed è attaccata alla flebo di fisiologica ma sta bene. Stanotte la tengono in osservazione- 
-Grazie ai kami- soffiò sottovoce Zoro, prendendosi le tempie con una mano, mentre Robin si alzava e si avvicinava al suo gemello per abbracciarlo.
Stringendola per i fianchi, Law puntò gli occhi grigi su suo padre.
-È sveglia e possiamo andare a trovarla. Ma è molto debole e non va esposta a stress o a altre tensioni emotive- spiegò, comunicando silenziosamente al padre che se aveva intenzione di sgridarla non gli avrebbe permesso di vederla, agendo non come figlio e fratello ma come medico.
Se doveva essere onesto era lui il primo che avrebbe voluto prendere Perona per le spalle e scuoterla fino a tirarle fuori le ragioni del suo comportamento e la promessa che non lo avrebbe fatto più. Non era affatto certo di poter tollerare un altro spavento del genere, già sopportare quell’attesa era stato estenuante. Si era sentito morire quando lo avevano chiamato per informarlo che sua sorella era in ospedale, ricordi dolorosi gli erano tornati alla mente e il panico aveva minacciato di sopraffarlo.
Drag annuì dopo un attimo di esitazione e anche Law annuì in risposta prima che tutti si muovessero per raggiungere la stanza in cui Perona era ricoverata. Ma fatti pochi passi, Mihawk si fermò, voltandosi all’indietro, imitato dopo un attimo dai suoi figli.
-Tu non vieni?-
Ace sollevò per un attimo il capo per poter guardare in faccia il proprio interlocutore prima di ripuntare subito gli occhi sulle proprie ginocchia.
-Non sono sicuro che…- esitò, un po’ in difficoltà a parlare a causa del groppo che aveva in gola -Mi basta sapere che sta bene. Non voglio essere di troppo-
 Drakul continuò a fissarlo con i suoi occhi dorati, senza accennare a muoversi.
Da quando era arrivato in ambulanza con Perona, Ace non aveva detto una sola parola. Era stato Sabo a telefonare a Zoro per avvisarlo e quando Margaret aveva suggerito di andare a prendere qualcosa al bar dell’ospedale tutti i ragazzi avevano accettato volentieri tranne Ace. All’offerta del suo migliore amico di restare lì con lui, Ace aveva declinato ed era rimasto solo in sala d’aspetto con il resto dei Mihawk senza spiccicare mezza sillaba per tutto il tempo.
Mihawk sospirò. Avrebbe voluto dirgli qualcosa, rassicurarlo ma faceva fatica a rassicurare se stesso, figuriamoci gli altri, e nemmeno sapeva bene cosa passasse nella testa del ragazzo.
Sapeva solo che lo conosceva da quando era un bambino e non c’era ricordo particolarmente importante dell’infanzia di Perona di cui lui non facesse parte. Da sempre Ace c’era per lei, nei momenti belli e ancor di più in quelli brutti, e Drag non riusciva a immaginarsi di andare a salutare sua figlia dopo un simile spavento senza Ace.
Law tornò sui propri passi, fermandosi accanto al padre e continuando a fissare il moro, rannicchiato su un seggiolino della sala d’aspetto.
-Non è stata colpa tua- affermò con determinazione, quasi glaciale, e Ace riuscì finalmente a schiodare lo sguardo dalle proprie rotule per rivolgerlo al fratello maggiore della propria migliore amica -Tu l’hai trovata, tu hai chiamato l’ambulanza, tu sei stato al suo fianco finché non siete arrivati qui. Non le hai impedito di ubriacarsi, questo è vero, ma non era comunque compito tuo. Perona non è più una bambina. Lei ha deciso in piena coscienza di fare ciò che ha fatto e non riesco a capire perché ma non è stata colpa tua. Perciò smettila di macerarti nel senso di colpa, alza il culo da lì e vieni a salutarla, anche perché io non ho voglia di sentire come prima cosa “Dov’è Ace?!” appena entrerò nella sua stanza. Come suo fratello maggiore capisci che mi urterebbe un po’ perciò evitiamo proprio di farlo accadere-
Robin e Zoro si scambiarono un’occhiata, impressionati dall’improvvisa loquacità del fratello, mentre Drag abbozzava un ghigno di orgoglio per l’uomo che suo figlio era diventato. Ace sbatté le palpebre un paio di volte, ancora combattuto.
-Allora?!- insistette Law, il tono lievemente minaccioso e tanto bastò a Ace per decidersi ad alzarsi e aggregarsi a loro.
Law li guidò lungo un paio di corridoi e si fermò a pochi passi da una stanza la cui porta era socchiusa. Prese un profondo respiro prima di entrare, seguito da Zoro, Robin e Drag. Ace si fermò sulla soglia, appoggiandosi allo stipite per assicurarsi un sostegno e fu solo quando la vide nel letto, tirata certo ma sveglia, seduta e non così malconcia come si era immaginato, che il suo cuore riprese finalmente a battere.
Perona osservò a occhi sgranati la propria famiglia radunarsi intorno al suo letto, visibilmente agitata. Fece zigzagare lo sguardo da un volto all’altro, alla febbrile ricerca di qualcosa o di qualcuno, e solo per caso lanciò un’occhiata anche verso la porta, individuando finalmente Ace. Il suo viso si distese impercettibilmente mentre emetteva un sospiro di sollievo.
Poi, la gravità di ciò che aveva fatto la colpì in pieno, come una sprangata tra capo e collo.
Il suo respiro si fece più affannato, la pelle le si imperlò di sudore.
-Papà…- esordì, con voce strozzata, cominciando a tremare impercettibilmente, gli occhi pieni di lacrime -Io… mi dispiace t-tanto…- 
Dalla porta, Ace strinse i pugni e si fece violenza per non correre da lei e rassicurarla. Avrebbe voluto davvero farlo ma sentiva che non era compito suo.
Ricordando ciò che Law gli aveva appena detto, Drag si avvicinò per sedersi sul letto, accanto alle sue gambe. Allungò una mano verso di lei e la accarezzò sul capo con dolcezza, contrastando la severità del proprio sguardo con quel gesto.
-Perona- la chiamò piano.
La rosa si morse il labbro per trattenere i singhiozzi e cercò disperatamente di calmare i tremiti che la scuotevano. Si sentiva così in colpa e così squallida e così… così sbagliata!
Li aveva fatti preoccupare tutti! Sapeva quanto tutti loro odiassero gli ospedali, anche Law se ci doveva andare non in veste di medico. E proprio lei li aveva costretti ad aspettare nel posto che più odiavano al mondo per chissà quanto, per colpa della sua stupidità.
Con la forza d’animo che contraddistingueva tutti i membri della famiglia Mihawk, Perona compresa anche se lei era la più emotiva dei quattro fratelli, Zoro, Robin, Law e Drag attesero che la piccola superasse la crisi di pianto senza distogliere un solo secondo lo sguardo da lei, al contrario di Ace che dovette dedicarsi a esaminare le piastrelle del pavimento per non esplodere.
Odiava vederla così e non poterla consolare cominciava a fargli male anche fisicamente.
Robin, seduta su una sedia lì accanto e con una mano a costante protezione del pancione che iniziava a ingrossarsi, si sporse in avanti per afferrare la mano della sua sorellina quando vide che si stava finalmente calmando.
-Che cosa ti è preso?- domandò Zoro dai piedi del letto, prima di riuscire a trattenersi.
Perona si girò a guardarlo e gli occhi le si riempirono nuovamente di lacrime ma quando parlò la sua voce era più ferma di poco prima.
-Non riuscivo… a smettere di pensarci- ammise, lasciandoli tutti perplessi.
Zoro aprì la bocca per chiedere a cosa si stesse riferendo ma non ce ne fu bisogno quando Perona ricominciò a parlare.
-Continuavo a ripetermi che non devo viverlo come un brutto giorno, che è tutto a posto, che anzi bisogna festeggiare ma non riuscivo a smettere di pensarci. Continuavo… a ripetere “è il compleanno di Lamy, è il compleanno di Lamy, è il compleanno di Lamy” e stava anche funzionando quando mi è venuto in mente che se sabato è il compleanno di Lamy allora domani  è il mio compleanno e all’improvviso, prima che… prima che potessi impedirmelo ho cominciato a pensare…- boccheggiò, in debito di ossigeno, sempre più agitata.
Law strinse i pugni con urgenza, sapendo bene cosa stava per arrivare.
-…a pensare “è… è l’anniversario della morte di mamma, è l’anniversario della morte di mamma, è l’ann… l’anniversario della morte di mamma”- mormorò con voce rotta, ricominciando a piangere -Ed è solo colpa mia! È tutta colpa mia e quindi perché mai dovrei festeggiare il mio stupido compleanno come se fosse un giorno felice?!? Perché voi dovreste essere felici di festeggiarlo con me?!? Se io non fossi nata lei sarebbe ancora qui con voi!!!-
Ace sgranò gli occhi scioccato e furente nel sentirla affermare una cosa tanto abominevole. Sentì che era ormai a un passo dal perdere il controllo quando Perona pronunciò di nuovo quelle cinque parole ma, per fortuna, Law intervenne prima che lui perdesse del tutto la testa.
-Se io non fossi na…-
Le parole si mozzarono in gola a Perona quando Law si avvicinò di prepotenza al suo letto e buttò all’aria le coperte, prendendola in braccio e precipitandosi fuori dalla stanza. Ace uscì di corsa in corridoio, seguito dagli altri tre, nessuno di loro con anche solo una minima idea di cosa il moro avesse in mente.
Lo guardarono raggiungere il fondo del corridoio, ridepositare sua sorella a terra, tenendosela stretta addosso e spalancare la finestra perché l’aria fresca della sera la investisse in pieno.
-Respira- le mormorò piano, rassicurante -È tutto a posto, Perona. Respira… Dentro…. Fuori… Dentro… Brava così… Fuori…-
Il panico l’abbandonò lentamente, il cuore riprese un battito più pacato, il peso al petto che le impediva di respirare si dissolse e Perona si calmò, pur non riuscendo a smettere di piangere.
Si sentiva così stupida, meschina ed egoista! 
E si sentiva così in colpa… così in colpa per tutto…
Law le scostò i capelli che le si erano appiccicati al viso sudato e umido di lacrime, accarezzandole poi una guancia.
Dei passi decisi risuonarono nel corridoio e, quando si voltò verso la fonte del rumore, come tutti, Perona si sentì di nuovo sprofondare. Boa era ferma lì, impassibile e mortalmente seria, che la fissava con uno sguardo difficile da decifrare.
Ancora aggrappata a Law, la giovane Mihawk deglutì a vuoto.
A giudicare dalla sua espressione, aveva sentito ogni parola del suo sfogo e non osava immaginare quanto dovesse farle male sentirla parlare così. Dopo tutto quello che aveva fatto per lei, dopo che l’aveva cresciuta come fosse sua, sentirla dire che avrebbe preferito non essere mai nata per evitare la morte di una madre che non aveva mai nemmeno conosciuto…
Strinse di più la presa su Law quando Boa riprese a camminare verso di lei, senza rivolgere lo sguardo a nessun altro, senza una parola.
Si fermò accanto a Law e gli rivolse una muta domanda, annuendo piano la sua conferma che, sì, ce la faceva a sostenerla. Law si spostò, permettendo a Boa di prendere il suo posto e subito Perona si aggrappò ai baveri della sua camicia.
-Io…-
-Lei ti mancherà sempre- la interruppe Boa, fissandola intensamente e con assoluta sincerità -Mancherà sempre ai tuoi fratelli, a tuo padre e a noi che eravamo i suoi amici e mancherà sempre anche a te. Per tutta la vita. E per tutta la vita lei resterà sempre la tua mamma. Ma guardali- indicò con un cenno del capo il resto dei Mihawk, schierati in corridoio -Forse tu non sai di cosa parlo, forse non sai cos’hai fatto per loro ma ti assicuro che, se tu non fossi mai nata, oggi loro non sarebbero quello che sono e non avrebbero quello che hanno. Io non sarei quella che sono e non avrei quello che ho. E non è egoismo, Perona. Non puoi cambiare la realtà ma puoi trovare del buono e del bello in tutto quello che succede, anche nelle cose brutte. Questa famiglia ha vissuto un momento molto brutto e difficile, è vero. Ma tu sei la cosa buona e bella di quel momento e desiderare di non essere mai nata è più egoista che essere felice di essere qui in questo mondo da… beh da diciassette anni ormai, visto che la mezzanotte è passata- sorrise con dolcezza, accarezzandole una guancia -Buon compleanno, bambina mia-
Perona sentì qualcosa di caldo gonfiarsi dentro il suo petto mentre le lacrime rompevano di nuovo gli argini e si riversavano sulle sue guance. E un enorme sollievo la pervase.
La mamma era arrivata.
Senza esitare, le gettò le braccia al collo, ricominciando a piangere ma stavolta di un pianto liberatorio e benefico che la stava liberando di tutto il male represso che si era tenuta dentro per settimane.
-Sei… sei tu la mia mamma…- riuscì a dirle, tra un singhiozzo e l’altro.
Boa sorrise mentre accarezzava la testa di sua figlia.
Perché non aveva alcuna importanza che non fosse stata lei a portarla in grembo per nove mesi e a partorirla. Lei l’aveva cresciuta, l’aveva sgridata quando necessario, difesa quando era giusto, le aveva insegnato a vivere e avrebbe dato la vita per lei.
Lei, anche lei era sua madre.
-Lo so, amore, lo so- la cullò, baciandola tra i capelli -Siamo tutte e due la tua mamma-
-Ti voglio bene- mormorò con voce strozzata Perona -Ti voglio bene, mamma-
-Anche io te ne voglio. Non immagini quanto-
La strinse più forte e Perona si lasciò andare, riuscendo finalmente a rilassarsi nel posto più caldo e rassicurante del mondo.
Le braccia di sua madre.
 
§
 
-Rufy…-
Il moro si girò verso la sua donna, seduta nel sedile del passeggero, intenta ad accarezzare dolcemente il pancione che tendeva il cotone della sua maglietta. Robin avvertì il suo sguardo addosso e comprese che Rufy stava pazientemente aspettando che parlasse.
-Tu pensi che sarò una brava mamma?- buttò fuori tutto d’un fiato.
E il sorriso che Rufy le rivolse bastò per dissipare tutte le sue paure.
 
***
 
Makino scattò in piedi quando sentì la chiave girare nella toppa. Era tesa come una corda di violino ma nemmeno per un attimo avevo preso in considerazione di correre all’ospedale. Proteggere Lamy da quello che stava succedendo era la sua assoluta priorità.
-Sabo!- lo chiamò, avvicinandosi per abbracciarlo.
Era stravolto.
-Tutto a posto?- gli chiese, mentre lo stringeva.
Sabo ricambiò, annuendo contro la sua spalla e rimanendo immobile a godersi il suo calore per qualche minuto.
-Senti mamma…- esordì poi, allontanandosi quel che bastava per poterla guardare in viso -…volevo solo dirti che qualunque cosa accada, anche… anche con papà e il resto… comunque vada a finire io ci sarò sempre per te. E per Lamy. E vi vorrò sempre bene-
Makino trattenne il fiato, sopraffatta. Poi si riscosse e gli circondò il viso con le mani, regalandogli il sorriso più bello del mondo.
 
***
 
-Non ti devi sentire in colpa perché vedi Boa come tua madre, Zoro-
Sanji si girò a studiare l’espressione quasi sofferente del suo migliore amico.
-Non pensi che lei sarebbe felice di sapere che potete contare su una persona a cui lei voleva così bene? Che volete bene a Boa quanto gliene voleva lei?-
Zoro puntò gli occhi davanti a sé, riflettendo sulle parole del suo migliore amico. A volte si chiedeva che avrebbe fatto senza di lui.
-L’ha mandata lei da noi- mormorò sottovoce, annuendo piano con il capo.  
Aveva ragione Sanji, una volta tanto. Aveva ragione e Zoro provò un moto di gratitudine quasi incontrollato verso di lui e verso tutte le persone che aveva accanto, che erano lì per lui grazie all’intervento di sua madre, ne era certo, che era il loro angelo custode.
-Sanji se io e Nami dovessimo mai avere figli e dovesse mai succederci qualcosa voglio che siate tu e Violet a prendervene cura, okay?- gli disse, in uno slancio emotivo così raro per lui.
Sanji lo fissò impassibile qualche istante.
-Ora stai facendo troppo il tragico, marimo-
Zoro aprì bocca per ribattere che nella vita era meglio essere pronti a qualsiasi evenienza ma non fece in tempo a parlare.
-Tu che procrei perpetrando i tuoi geni. Che ha mai fatto di male l’umanità per meritarsi questo?-
 
***
 
-Dov’è papà?- chiese Monet dalla porta della cucina.
-Fuori a fumare un sigaro. È l’unica cosa che lo calma in certe situazioni. Sugar?-
-Si è addormentata. Era molto scossa-
-Lo immagino- mormorò Dofla, passandosi pollice e indice sugli occhi, una volta tanto liberi dalle lenti scure -Perona ci ha fatto prendere un bello spavento a tutti quanti- 
Intrecciò le dita tra loro, riflettendo qualche istante.
-Povera piccola, non dev’essere per niente facile per lei anche se ha avuto Boa-
Monet deglutì a vuoto, un po’ tesa, portando le braccia a circondare il pancione, protettiva. Poi un pensiero la colse.
-Ehi papà!-
Dofla si girò a guardarla, alzando un sopracciglio con fare interrogativo.
-Lo sai, vero, che né io né Bibi né Sugar abbiamo mai sofferto per la mancanza di una figura femminile in casa?-
Dofla la fissò un istante, prima di sorridere con fierezza, ignaro di ciò che sua figlia stava per aggiungere.
-Voglio dire, tu hai sempre compensato alla grande-
 
***
 
-Allora?!- chiese Shanks con urgenza mentre Drag si avvicinava a lui nella sala d’aspetto dell’ospedale.
Si era rifiutato di andare a casa e lasciare solo il suo amico e fratello in un momento del genere.
-Si è addormentata- rispose Mihawk, sedendosi e passandosi una mano sul volto, distrutto dagli avvenimenti di quella sera -Anche Boa-
Shanks si lasciò andare contro lo schienale, sospirando di sollievo e i due rimasero così per un po’, senza parlare. Drag gli lanciò un’occhiata, incerto su come affrontare la questione ma rompendo presto ogni indugio.
-Shanks ero da Makino quando Zoro mi ha chiamato per dirmi di Perona-
Il rosso sgranò gli occhi e trattenne il fiato, chiaramente spaventato da ciò che il suo migliore amico potesse pensare ora di lui.
-Non so perché tu lo abbia fatto ma so che avrai di certo un buon motivo ma devi darti una mossa a fare quello che stai facendo o la perderai-
Il rosso deglutì a vuoto, colpito sia da quelle parole sia dalla tranquilla reazione di Drag.
-Perché…- cominciò, intenzionato a chiedergli come faceva a non dubitare nemmeno un po’ di lui.
-Perché sei mio fratello e so che non avresti mai fatto una cosa del genere senza un buon motivo. E perché so che non daresti mai un dolore del genere alla madre dei tuoi figli, neppure se non fosse la donna della tua vita che è quello che è Makino. Perciò fammi un piacere, Shanks. Fai quello che devi e poi vai a riprenderti la tua famiglia-
 
***
 
-Pronto?!-
Law si maledisse mentalmente nel sentire l’agitazione nella voce del suo migliore amico. Avrebbe dovuto immaginarlo che Pen si sarebbe allarmato nel ricevere una sua telefonata a quell’ora di notte e far preoccupare qualcuno a cui teneva era l’ultima cosa che voleva quella sera.
Ma tant’è, ormai aveva fatto il danno, perciò…
-Law?! Ci sei?!-
-Sì, Pen, scusa-
-Ehi amico. Tutto a posto?-
Law se lo immaginò mettersi a sedere nel letto accanto a Rebecca che dormiva e passarsi una mano sul volto assonnato e tra i capelli scompigliati.
-Sì, più o meno… Io… Senti Pen tu… tu mi sei sempre stato vicino in tutti questi anni no?- la prese larga il moro.
Dall’altro capo del telefono, Pen corrugò le sopracciglia.
-Sssì- mormorò cauto e perplesso.
-Okay e quindi… sai, io non so se… se senza di te accanto sarei la persona che sono adesso. Voglio dire ovviamente ho mio padre e i miei fratelli e Margaret! Cioè Margaret mi ha cambiato la vita ma finché non è arrivata lei tu hai fatto davvero un gran lavoro, mi hai sempre spronato a godermi di più la vita, c’eri sempre per giustificarmi quando io ero troppo severo con me stesso e… e so di non essere stato per niente facile e avere fatto muro eppure non mi hai mai abbandonato. E insomma, okay, è vero, è dovuta arrivare Margaret per tirarmi fuori dall’acqua ma nel frattempo tu mi hai sempre tenuto a galla!-
-Okay, ehi, ehi, ehi! Wow, wow, wow! Momento, amico!- lo interruppe Pen -Law hai bevuto per caso?! Perché, non che non mi faccia piacere eh! Ma tutto questo suona molto gay-
Law strabuzzò gli occhi e quasi si strozzò con la propria saliva.
Cos’aveva detto il deficiente?!
-Non è niente del genere! Ah, dannazione!- imprecò afferrandosi le tempie con la mano libera -Senti, quello che voglio dire è grazie per avermi fatto da mamma-
Silenzio.
Ancora silenzio.
-Oh… Oh beh è stato un piacere. Almeno credo-
 
***
 
-Pronto mamma?-
-Margaret! Tesoro come mai mi chiami a quest’ora?! È successo qualcosa?-
-No, no! Scusa, non volevo svegliarti! Io…-
La bionda si prese il ponte del naso tra le dita.
Cosa le era venuto in mente?!
-Non preoccuparti. Dimmi tutto. Stai bene?!-
-Sì mamma, assolutamente. Io volevo solo…-
                               
***
 
-…volevo solo dirti che ti voglio bene- soffiò Nami attraverso il ricevitore.
Bellemere sbatté le palpebre un paio di volte, presa in contropiede. Poi le sue labbra si piegarono in un sorriso.
-Anche io ti voglio bene, bambina mia-
 
***
 
-Mamma sei ancora sveglia?- domandò Ace, tra il sorpreso e il preoccupato, fermandosi sulla porta del salotto.
Rouge sorrise eterea a suo figlio, allungando un braccio per fargli capire che si avvicinasse e si sedesse accanto a lei, invito che Ace non si fece ripetere.
-Ho appena finito di parlare con tuo padre. Ha deciso che vuole andare in vacanza a Skypeia quest’anno- lo informò mentre il ragazzo si accomodava accanto a lei, permettendole di accarezzargli la schiena.
Ace sorrise, come sempre quando vedeva come i suoi genitori riuscissero ad amarsi e stare insieme nonostante le difficoltà logistiche della loro relazione. Chinò il busto in avanti, intrecciando le dita, riflessivo. Sapeva che era vero solo in parte che era quello il motivo per cui sua madre era ancora in piedi. Sapeva che lo stava aspettando, che tutto quello era per lui.
-Perona sta bene- disse Rouge.
Non era una domanda.
-Lo so-
-E tu stai bene?- chiese ancora, scostandogli una ciocca di capelli dalla fronte.
-Credo di sì- rispose Ace girandosi a guardarla e fissandola per un po’ prima di parlare di nuovo.
-Ehi mamma-
-Dimmi-
-Grazie-  
-Per cosa?!-
-Per tutto. Per… per esserci sempre, per avermi cresciuto praticamente da sola…-
La donna sorrise materna e affettuosa, guardando Ace con infinito amore prima che un dubbio si insinuasse nella sua mente e lei si accigliasse.
-Ehi, non è che hai qualcosa da farti perdonare di cui non mi hai ancora parlato vero?!-
Ace spalancò gli occhi indignato.
-Eddai mamma!- protestò.
Le loro risate riempirono il salotto per qualche secondo e quando entrambi smisero di ridere, Rouge tornò a guardarlo, sincera e dolce.
-Ne è valsa la pena Ace. Ogni momento- 

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Parla con lei ***


Si accomodò meglio con la schiena contro il torace di Zoro, le gambe piegate al petto i piedi appoggiati sulle assi della panchina dell’Upper Yard.
Perona lanciò un’altra occhiata all’imponente quercia davanti a sé.
-Ridimmi cosa siamo qui a fare-
-Siamo venuti a trovare mamma- affermò Zoro, con solennità.
-Giusto… E tu vuoi che io parli con la quercia?-
-No, io voglio che parli con mamma- precisò il verde, come se fosse ovvio.
Quando Zoro l’aveva praticamente sequestrata da casa quella mattina, senza dire a nessuno dove andavano e anzi senza avvisare proprio che se ne andavano, Perona si era immaginata di tutto tranne che quello. E non perché fosse strano per loro l’idea di parlare con una quercia. Law lo faceva spesso, Robin regolarmente, Drag ogni tanto.  Ma Zoro non sembrava trarre beneficio da quell’attività e quindi la straniva che proprio lui la spronasse a farlo.
Perona si passò i palmi sulle cosce, lisciando le pieghe della gonna del vestito che aveva scelto di indossare. Quel giorno Lamy faceva gli anni e lei e la cuginetta avrebbero festeggiato insieme i loro compleanni nel giardino di casa Mihawk.
-Non so cosa dire- ammise, quasi dispiaciuta.
-Puoi dire tutto quello che vuoi, tutto quello che ti passa per la testa. Lei ti ascolterà. E ti prometto che non uscirà una sola parola dalla mia bocca di ciò che sentirò- aggiunse per buona misura.
Perona si morse il labbro inferiore, titubando tra le braccia del fratello. Era così strano. Faceva faticare ad associare quel maestoso albero ad Olivia, lei.
Zoro sembrò leggerle nel pensiero.
-Lei ha sempre adorato questo albero- cominciò, guardando in su verso la chioma verde brillante -Era il suo luogo prediletto quando voleva leggere, studiare o anche solo stare da sola da ragazza. E quando eravamo bambini noi, si sedeva sempre qui per tenerci d’occhio mentre giocavamo-
Perona reclinò il capo sulla spalla di Zoro, rilassandosi. Se si trattava di sentir parlare della mamma, la voce di Zoro era da sempre quella che preferiva. Adorava quando era lui a raccontarle di Olivia. C’era un guizzo nella sua voce, come se stesse raccontando la storia più appassionante che mai avesse sentito.
-Era la panchina della tregua questa. Se la facevamo arrabbiare e lei ci portava qui, voleva dire che era tutto a posto e quando invece voleva premiarci ci comprava il gelato al chiosco proprio fuori dal parco-
-Non ho mai preso il gelato lì!- considerò Perona, riaprendo gli occhi.
Zoro abbassò il capo, strusciando il naso contro l’orecchio della sua sorellina.
-Un giorno ci andiamo- le promise prima di tornare a guardare l’albero di fronte a loro e riprendere a raccontare -Su questa panchina mamma e papà si sono dati il loro primo bacio-
Perona tremò a quelle parole e Zoro aumentò la presa su di lei, protettivo.
-E lei lo ha portato qui tutte le volte che ha dovuto dirgli di essere incinta. Lei pensava che gli alberi fossero protettori della vita e del sapere, in particolare le querce. Per questo l’abbiamo sparsa qui, come lei ci ha chiesto. Perché questo albero ci ricordasse sempre che la vita non finisce per una persona che se ne va e che quando una persona se ne va può trovare altri mille modi per restare accanto a chi ama. E questo albero è il modo di mamma per non abbandonarci- le accarezzò le braccia a palmo pieno -Tu sei l’unica che non viene qui ogni tanto a parlare con lei ma, dopo quello che è successo, ti farebbe bene. E penso che dovresti cominciare anche tu-
Nonostante stesse litigando con le lacrime e il groppo in gola, Perona si girò incredula per poter guardare in faccia suo fratello.
-Anche tu?!- chiese, quasi scioccata.
Zoro arrossì e distolse lo sguardo.
-Sì-
-Ma hai sempre detto che tu non…-
-Ho mentito. Mi… imbarazzava un po’ ammettere che parlo con un albero ma ho deciso che è stupido vergognarsi per una cosa che per noi ha un simile valore- ammise tornando a guardarla negli occhi.
Perona sorrise, distendendo l’espressione incredula in una affettuosa. Si sporse in avanti per scoccargli un bacio sulla guancia.
-Fa piacere sapere che riesci a fare discorsi più lunghi di tre frasi comunque!- lo prese in giro, usando quel tono scherzoso e canzonatorio che tanto a Zoro era mancato nelle ultime quarantotto ore.
Era ancora mortalmente preoccupato per lei dopo l’episodio del coma etilico ma ora che la stava vedendo tornare la Perona di sempre era molto più sereno.
-D’accordo allora- mormorò Perona sottovoce, riaccomodandosi come poco prima.
Puntò gli occhi verso l’albero e prese un profondo respiro.
-Ciao mamma…-
 

 
§

 
-Ma guardatela quanto è cresciuta!- esclamò Bibi, abbracciando Perona da dietro -Diciassette anni! Non riesco nemmeno a concepirlo!-
Monet e Robin sorrisero eteree.
-Vi ricordate quando li avevamo noi diciassette anni?!- domandò Pen, seduto sul dondolo, con Rebecca appoggiata al petto.
-Pen non sono sicura che tu voglia davvero ricordare quei tempi- intervenne Monet, enigmatica.
-Perché no?!- chiese Rebecca, subito curiosa -Pen dice che vi siete sempre divertiti un sacco!-
-Oh puoi giurarci- confermò Bibi, un sorriso che era tutto un programma -In particolare quando Law li ha compiuti, i diciassette anni. Ricordo quella sera con estremo divertimento-
-Perché cos’è successo?!-
-Oh non è così interessante amore…- cominciò Pen.
-Ehi ragazzi! Di che parlate?!- s’intromise Margaret, unendosi a loro e trascinando con sé il suo uomo, che subito l’abbracciò da dietro non appena si fermarono sotto al portico.
-Ricordi della nostra adolescenza- rispose semplicemente Robin, con un guizzo negli occhi che mise immediatamente in allerta il proprio gemello.
Law si girò verso Pen, certo che, in qualche modo, doveva c’entrare per forza.
-Sembra interessante!- esclamò subito Margaret, sempre entusiasta.
-E infatti lo è- confermò Bibi con uno sguardo malandrino che fece sghignazzare sua sorella e la sua ragazza.
-Allora cos’è successo quando Law ha compiuto diciassette anni?!- insistette Rebecca e il moro sbiancò.
-Uhm da dove potrei iniziare? Vediamo…- mormorò la turchina, portandosi un dito al mento con fare riflessivo.
-Bibi!- la chiamò agitato Law.
-Forse da quando lui e Pen si sono messi a cantare per la strada e sono andati a fare la serenata alla ragazza di cui Pen era cotto all’epoca- propose Monet, sporgendosi complice verso di lei.
-Oppure da quando hanno rubato il cartello stradale-
-Voi dite?! Non sarebbe meglio iniziare da quando Law ha cercato di fare un tatuaggio sulla chiappa a Pen?!-
-Ehi quello è stato prima o dopo il bagno nudi nella fontana?!-
-Eravamo in boxer!- protestò Pen, rosso come i suoi capelli.
-Di sicuro è stato tutto dopo che si erano sbronzati e prima che li arrestassero-
-Aspettate ma è successo tutto in una serata?!- domandò incredula e divertita Rebecca mentre Margaret si girava verso un imbarazzatissimo Law.
Non che fosse arrossito o cosa. Era impassibile come sempre ma lei poteva benissimo interpretare il suo stato d’animo da come aveva indurito la mascella e da come cercava di non guardare in faccia nessuno, figuriamoci lei.
-Una serenata eh?! Ho sempre saputo che avevi un lato romantico!- soffiò divertita e Law non poté non girarsi a guardarla, sorpreso. Margaret gli sorrise e, come sempre, quel qualcosa a cui non era mai stato in grado di dare un nome prese a sciogliersi in lui.
Non sapeva cos’avrebbe fatto senza di lei. Temeva che sarebbe tornato il freddo e vuoto Law che era stato tra i quindici e i ventun’anni – a parte la sera del suo diciassettesimo compleanno ovviamente – e la sola idea gli era intollerabile.
Si piegò per baciarla, ormai sordo alle risate intorno a lui, dimentico di essere in mezzo a parenti e amici, e stava per dirle che la amava prima di premere le proprie labbra sulle sue.
-Comunque il mio momento preferito è stata la gara di pisciata in lung…-
Law strabuzzò gli occhi mentre la voce di sua cugina si faceva prepotentemente strada tra le sue riflessioni.
-Bibi! Non davanti a Perona!- alzò la voce, strozzata per l’imbarazzo, ottenendo solo di farli ridere ancora più forte tutti quanti, sua sorella compresa.
-Oh kami!- si asciugò gli occhi Perona, cercando di recuperare l’uso della parola -Non preoccuparti, io devo entrare a prendere delle bibite e non vorrei mai inibire questo fantastico tuffo nel passato con la mia presenza- commentò, recuperando un po’ di controllo sulla propria respirazione.
Si avviò ma sulla porta di casa si fermò, voltandosi verso il fratello con una luce divertita e un po’ maliziosa negli occhi.
-E comunque anche io ho assistito a un paio di gare di pisciata in lungo- lo informò, lasciandolo interdetto per un attimo.
Entrò in casa, ignorando le minacce di morte che suo fratello lanciò sottovoce a “quei due imbecilli di Ace e Sabo”, ridacchiando ancora per le rivelazioni appena ascoltate, ma sobbalzò presa in contropiede quando raggiunse la soglia della cucina.
Non si era aspettata di trovarci Ace, che doveva essere passato dalla porta sul retro.
-Ciao Voodoo- la salutò, regalandole uno dei suoi immancabili sorrisi e Perona si rilassò un poco.
Il giorno prima, Ace era passato a farle gli auguri dopo che l’avevano dimessa dall’ospedale ma Perona aveva avvertito una certa freddezza nel suo modo di fare, freddezza a cui non era abituata da parte sua. Sembrava quasi arrabbiato e Perona non aveva potuto fare a meno di pensare che ce l’avesse con lei per ciò che aveva fatto. Aveva cercato di ignorare quel pensiero anche se sapeva che prima o poi avrebbe dovuto affrontare la questione con lui ma, da quando gli invitati erano arrivati, aveva avuto giusto il tempo di salutarlo.
Ora erano soli e senza nessuno a interromperli e Perona era ragionevolmente nervosa ma anche sollevata perché, se Ace le sorrideva così, non poteva essere arrabbiato con lei, no?!
Voleva dire che era tutto a posto.
Giusto?!
-Ehi Ace!- cercò di metterci un po’ di verve ma la voce le uscì troppo acuta, rivelando il suo nervosismo.
-Tutto bene?!-  
-Sì, sì! Sono entrata solo a prendere due bibite da portare fuori!- spiegò, dirigendosi verso il frigo e aprendo lo sportello -Tu che fai qui?!- chiese, senza guardarlo.
-Ti cercavo-
Perona deglutì a vuoto e rimase immobile per un attimo, fingendo indecisione tra il the al limone e la gassosa.
-Ah- mormorò, avvolgendo la mano intorno alla bottiglia del the -Dovevi dirmi qualcosa?- indagò, sempre più tesa.
Capì di non poter tergiversare oltre con la testa nel frigo quando un prolungato silenzio seguì la sua domanda. Prese un respiro pronta a voltarsi e affrontarlo ma prima di avere il tempo di fare qualsiasi altra cosa oltre a richiudere il frigo, Ace le si avvicinò, le sfilò le bottiglie di plastica dalle mani per posarle sul bancone della cucina e se la trascinò contro il petto.
Perona boccheggiò, interdetta, improvvisamente immersa nel rassicurante calore che Ace sempre emanava. Le ci vollero solo pochi secondi per rilassarsi, chiudere gli occhi e lasciarsi andare tra le sue braccia.
Era la sensazione più bella del mondo e dovette trattenersi dal protestare quando Ace la allontanò da sé. D’altra parte non si sarebbe mai aspettata che il ragazzo la spingesse contro il frigo, trattenendola saldamente per i fianchi, e posasse la propria fronte contro la sua.
Perona trattenne il fiato, incapace di distogliere i propri occhi da quelli dell’amico, incapace di non godersi l’effetto che il suo odore pepato  aveva sulle sue narici e sulla sua lucidità.
-Ace…- lo chiamò piano, a metà tra una domanda e un’invocazione.
-Non farlo mai più- mormorò, quasi implorante -Non farmi mai più una cosa del genere e non… non dire mai più che non vorresti essere mai nata-  
Perona inorridì di fronte al suo sguardo sofferente e a quella preghiera sussurrata.
Portò le mani sul suo viso e lui chiuse immediatamente gli occhi, rilassandosi grazie al suo tocco.
-Non accadrà mai più- mormorò strusciando il naso contro il suo  e chiudendo gli occhi a sua volta -Te lo prometto-
Rimasero immobili in quella posizione per un tempo indefinito, Perona non avrebbe saputo dire quanto. La sola cosa che sapeva era che non si era mai sentita così felice e in pace come in quel momento e che, per quello che le riguardava, sarebbe rimasta così anche tutto il pomeriggio. O tutta la vita magari.
Fece scivolare le proprie mani fino a cingergli il collo mentre lui incrociava le braccia sulla base della sua schiena per tirarsela più vicina, senza allontanare i loro visi. Perona riaprì gli occhi e il cuore prese a batterle all’impazzata quando si ritrovò a fissare direttamente dentro le iridi nere e profonde di Ace.
Cominciò ad accarezzarlo sulla nuca con i polpastrelli, mantenendo quasi con disperazione il contatto visivo. Non voleva allontanarsi da lui, non voleva tornare alla realtà.
Il suo corpo era così caldo, la sua stretta così rassicurante e le sue labbra… le sue labbra erano così vicine.
Lo sentì tremare insieme a lei, ma nessuno dei due riusciva a fare niente, non riuscivano a smettere di guardarsi, non riuscivano ad allontanarsi, non riuscivano ad avvicinarsi.
-Come hai potuto?!? Questo è davvero troppo, Shanks!!-
La voce furente e incrinata di Makino irruppe nella cucina, risvegliando lentamente i due ragazzi dalla loro trance. Perona sbatté le palpebre confusa e stranita ma il suo cervello era già entrato in allerta.
-Ma che succede?- domandò, voltandosi verso l’esterno della casa, imitata da Ace.
Nessuno dei due aveva ancora mollato la presa.
-Non lo so- si accigliò il moro.
A malincuore, Perona si staccò da lui e si avvicinò rapida alla porta, Ace alle calcagna, socchiudendola per sbirciare fuori. 
Sul retro della casa, i suoi zii si stavano fronteggiando e, proprio in quel momento, anche Drag, Boa, Dofla e Croco, stavano svoltando l’angolo per raggiungerli e cercare di calmarli.
-Usare Lamy per darmi questa! Non sei abbastanza uomo da portarmela di persona?! Dopo Sabo devi mettere in mezzo anche nostra figlia?!- lo aggredì ancora Makino e il lampo di sofferenza che attraversò gli occhi di Shanks fece sprofondare il cuore a Perona.
E non che la zia sembrasse stare meglio. Tutta quella rabbia dava l’impressione di essere solo dolore represso.
-Temevo che non l’avresti accettata! Ora puoi aprirla per favore?!- ribatté il rosso, indicando la scatolina incartata che Makino teneva in mano.
La donna spostò gli occhi dal piccolo regalo a lui, chiaramente combattuta sul da farsi e anche scoraggiata da quel gesto.
Ma non capiva che non era un regalo che voleva?! Lei rivoleva suo marito! Ma quello vero non quello che rubava i soldi a loro figlio!
-Cos’è?-
-Aprila e lo scoprirai-
-Shanks, cos’è?!-
-Aprila e basta, Makino!- urlò improvvisamente il rosso, facendo sobbalzare tutti.
Perona trattenne il fiato scioccata. Non aveva mai sentito lo zio alzare la voce a quel modo e non lo aveva mai visto così arrabbiato, anche se si trattava di una rabbia dettata dal dolore e dalla paura di perdere una delle persone più importanti della sua vita.
-Cosa sta succedendo?!- domandò sconvolto Sabo, apparendo sul retro e dirigendosi deciso verso i genitori.
Drakul si fece avanti, trattenendolo e facendogli capire che doveva lasciarli finire di parlare.
Makino tremò e sostenne lo sguardo del marito alcuni interminabili istanti prima di reagire.
-Va bene- soffiò infastidita -Vuoi che la apra?! Eccoti accontentato- trafficò con la carta, lasciandola cadere tra l’erba e rivelando una scatola simile a quelle delle gioiellerie, in legno rosso scuro -Ma se pensi che un gioiello possa risolvere qualc… Cos… Cos’è?!- domandò interdetta, guardando dentro la  scatolina, ora aperta.
Una chiave riluceva contro la spugna nera che riempiva il piccolo contenitore. Makino la osservò confusa, poi lanciò un’occhiata al marito, poi tornò a guardare la chiave.
-È la chiave di una casa. Della… della casa con giardino nel quartiere di Foosha, in effetti. Quella che ti piace tanto- cominciò a spiegare Shanks, la voce incerta.
Makino sollevò la testa di scatto, gli occhi lucidi e l’espressione incredula.
-Hai rinunciato a un sacco di cose per permettermi di continuare a fare il lavoro che amo. Hai rinunciato a un sacco di cose per me. Ma so quanto hai sempre voluto abitare in quella casa, avere anche tu un giardino dove poter organizzare una festa così per il compleanno di Lamy-
-Shanks…-
-Qualche settimana fa ho scoperto che era stata messa all’asta e non potevo più aspettare. Avevo dei risparmi da parte ma non bastavano e allora ho… ho preso dei soldi dal fondo di Sabo con tutte le intenzioni di rimetterceli fino all’ultimo centesimo. Li ho presi dal suo fondo perché volevo che fosse una sorpresa e speravo non ti accorgessi di niente se non a cose fatte. E non volevo dirti niente finché non avessi avuto conferma che la casa era davvero nostra. Cosa che ho saputo giusto ieri-
Shanks si passò una mano sul volto, esausto da quelle settimane di infinita attesa.
-Ho già fatto un bonifico dal nostro conto al fondo di Sabo. E sto lavorando più del solito per recuperare il resto dei soldi-
-È vero!- intervenne Drag, incapace di contenersi e Makino si girò a guardarlo -Ha lavorato come un mulo ultimamente, un sacco di straordinari e di domeniche- le confermò.
La donna tornò a guardare il rosso, in disperata attesa di una sua risposta.
-Per questo… Hai fatto tutto per… per questo?- chiese. 
Shanks annuì e Makino puntò gli occhi nell’erba, cominciando a tremare incontrollata.
-Makino…- la chiamò preoccupato il marito.
-Tu…- soffiò la donna, con voce rotta -Tu sei un… sei un cretino!- gli urlò contro per poi, sotto lo sguardo incredulo di tutti, gettarsi in lacrime tra le sue braccia, lasciando cadere a terra scatola e chiave -Mi hai fatta morire di paura! Le ho pensate tutte, dannazione!- cominciò a prenderlo a pugni sul petto ma era evidente che non gli stava facendo nemmeno il solletico -Che fossi impazzito, che fossi entrato in qualche brutto giro! Kami, Shanks! Ho pensato persino che avessi un’amante!-
-L’amante?!- strabuzzò gli occhi lui -Makino io non potrei mai…-
-Lo so, dannazione, lo so! Ma cos’avrei dovuto pensare?!? Ho cercato di spiegarmi cosa ti fosse preso! E hai fatto tutto questo per una casa! Perché non me lo hai detto prima?!?-
-Beh non sarebbe stata tanto una sorpresa se te lo avessi detto prima non credi?!- le chiese, ritrovando il suo solito spirito canzonatorio e abbozzando anche un sorriso.
-E chi se ne frega!!! Al diavolo la sorpresa! Non farmi mai più una cosa del genere o io…- le parole le si mozzarono in gola quando Shanks si piegò per baciarla di prepotenza.
Makino si aggrappò a lui e rispose. I loro amici sorrisero, Sabo prese fuoco per l’imbarazzo, Croco, ovviamente, grugnì tutto il suo disappunto.
-Qualcuno ci ha portati indietro nel tempo al giorno del loro matrimonio?!- chiese Dofla e Perona ridacchiò ancora nascosta in cucina insieme a Ace.
Quando i coniugi Akagami si separarono per mancanza d’aria, qualcosa di caldo pervase il petto della rosa nel vederli finalmente sorridere di nuovo con sorrisi veri e pieni di felicità.
Non riusciva a credere che fosse tutto finito, che i suoi zii avessero risolto tutto.
Ma invece era successo e proprio sotto i suoi occhi e Perona sorrise, viva come non mai.
Sorrise consapevole di cos’era appena accaduto dentro di lei. 
Sorrise perché Miss Puck era tornata.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** SMS ***


Si girò di scatto quando percepì il suo sguardo su di sé, per la ventordicesima volta da quando avevano iniziato a visionare gli schizzi degli abiti per la settimana della moda.
Doveva ammetterlo, collaborare con Valentina non era così terribile come aveva pensato. Gli anni avevano fatto maturare anche lei, forse un po’ più lentamente, e non era più la ragazzina invidiosa e sempre pronta a spargere zizzania che aveva conosciuto dalle elementari al liceo. Almeno, non lo era sempre. Aveva ancora i suoi momenti in cui la reginetta della scuola prendeva il sopravvento, ma tutto sommato, riuscivano anche ad andare d’accordo.
Aveva capito che, di fondo, Valentina era un’insicura cronica, abituata a venire quasi sempre solo usata per il proprio corpo dagli uomini e, anche se non poteva dire che fossero amiche, provava tenerezza nei suoi confronti e, per quanto le risultasse difficile crederci, le faceva piacere che ogni tanto la collega si sfogasse con lei.
Quel mattino, però, sembrava che Valentina non trovasse il coraggio di parlarle, il che non era affatto da lei. Quella ragazza non sapeva cosa fosse il tatto, era senza filtri e non aveva il senso della discrezione.
Per questo alla ventordiciunesima occhiata, Nami non riuscì più a trattenersi.
-Valentina devi dirmi qualcosa o ci sono troppi drappeggi sugli abiti?- domandò, più brusca di quel che avrebbe voluto.
La bionda la fissò con gli occhi verdi qualche istante, impassibile, come se stesse studiando attentamente una radiografia.
-Va tutto bene a casa? Con Zoro intendo-  
Nami sgranò gli occhi, presa in contropiede.
-S-sì certo!- ribatté, improvvisamente titubante -Perché me lo…-
-Continua a ricoprirti di regali e comportarsi in modo stranamente romantico?- proseguì, indagatrice.
Nami boccheggiò, agitata e tesa. Cosa le prendeva?! Perché di punto in bianco le faceva quella domande così personali?!
La rossa smosse le spalle a disagio, mascherando il panico con della finta determinazione.
-Valentina se devi dirmi qualcosa, dimmela e basta-
Valentina la osservò qualche secondo, per niente toccata dal tono della collega, e si strinse nelle spalle.
-Beh volevo prenderla alla larga per non essere troppo “priva di tatto” come dici sempre tu ma quand’è così…- lasciò la frase in sospeso, tornando a studiare i disegni davanti a sé come se la notizia che stava per comunicarle non fosse niente di che -Ho visto Zoro con una ragazza all’Upper Yard qualche mattina fa. Sembravano molto intimi- 
Fu come venire colpiti da un razzo a velocità supersonica. Il cuore le sprofondò nello stomaco, lo stomaco le si accartocciò, le orecchie cominciarono a fischiare e rischiò di perdere l’equilibrio. Si aggrappò ai bordi del tavolo, gli occhi sgranati fissi sulla collega.
-Cos’hai detto?- mormorò, come se Valentina avesse appena parlato una qualche lingua sconosciuta.  
La bionda si girò a guardarla, studiando la sua espressione devastate con entrambe le sopracciglia sollevate.
-Ehi non fare quella faccia! Non stavano facendo niente di compromettente, magari è solo una sua amica- aggiunse con lo stesso identico tono che aveva usato un attimo prima.
Ma per Nami ormai era tardi. Ormai era fatta.
Una parte di lei, per quanto piccola e relegata in un angolo, temeva già da tempo che Zoro la stesse tradendo, di fronte a tutti i regali e gesti melensi che il verde si era inventato in quei mesi. Lei si era rifiutata di ascoltarla, l’aveva etichettata come “stupida voce paranoica”, perché sapeva che Zoro, il suo Zoro, non le avrebbe mai fatto una cosa simile. Si era professata certa che lo strano atteggiamento di Zoro dipendesse da qualcos’altro.
Ma ora, di fronte a quella rivelazione, come fare a ignorarla?! Come fare a negare?!
-Beh quando ti riprendi dallo shock, dai un occhio a questo completo. Mi sembra incoerente con il resto della collezione-  Valentina interruppe il flusso dei suoi pensieri, facendo scivolare un foglio verso di lei e comportandosi come se la reazione di Nami fosse del tutto eccessiva e fuori luogo.
La rossa scosse la testa e ricacciò indietro le lacrime, mentre si alzava tremante dalla sedia.
Avrebbe dovuto chiedere a Valentina che giorno lo aveva visto, com’era la ragazza, se aveva visto di più. Avrebbe dovuto indagare più a fondo anche con Zoro ma in quel momento non era in grado di fare niente del genere.
-Scusami- mormorò uscendo dall’ufficio.
In quel momento provava solo l’impulso di vomitare.
 

§
 

-Fottuto bastardo di uno stupido maledetto schifoso cell…-
Il suono del campanello interruppe la sequela di improperi che stava uscendo a fiume dalla sua bocca. Si voltò perplesso verso la porta di casa e lanciò un’occhiata all’orologio. Era troppo presto perché fosse Nami di ritorno dal lavoro e non aspettava nessuno.
Si era tenuto libero dato che le lezioni al Dojo erano in diminuzione, con l’intenzione di andare ad allenarsi. Wado Ichimoji gli aveva proposto di partecipare ai mondiali di kendo quell’estate, come singolo, e Zoro non ci aveva dovuto pensare due volte per decidere di accettare.
Era sempre in forma smagliante perché non aveva mai smesso di tenersi in allenamento, era ancora abbastanza giovane da poter partecipare ad ancora un paio di mondiali ma non abbastanza vecchio da poter allenare la nazionale.
Ma se rimaneva nel giro giusto, tutto era possibile. E quando Nami sarebbe stata un’affermata stilista sarebbero potuti andare a vivere ovunque. In cuor suo non aveva ancora deciso se preferiva restare a Raftel o meno. Da quando insegnava lui al Dojo, la palestra di suo padre aveva guadagnato prestigio e molti ragazzi venivano da fuori per studiare lì.
Il punto era che Zoro voleva tenersi aperte più possibilità, anche suo padre glielo aveva suggerito, e così aveva accettato la proposta di Wado e doveva assolutamente allenarsi. Ragion per cui sperava fosse solo il postino e pregò che non fosse quell’imbecille di un cuoco con una mezza crisi esistenziale pre-matrimonio.
Lasciando perdere il telefonino, si diresse a grandi falcate verso la porta e la spalancò con un gesto secco, già pronto ad abbaiare un “che vuoi?” a chiunque gli si fosse presentato davanti. Ma le parole gli morirono in gola, perché tutto si era aspettato di vedere tranne quello.
-Contro chi stavi imprecando?-
Il tono era impassibile come sempre ma con Zoro non attaccava. Gli era bastata un’occhiata per capire che suo fratello aveva qualcosa che non andava.
-Il mio cellulare. Ho perso tutti i numeri in rubrica e non so come mai- spiegò veloce -È successo qualcosa?- chiese poi, aggrottando.
Law si irrigidì e rimase immobile dov’era qualche istante prima di entrare  in casa. 
-Io credo si possa dire che sta effettivamente succedendo qualcosa- cominciò, mettendo sempre più in allerta il verde.
Nonostante parlasse con tono pacato, a Zoro non era sfuggito come si passasse nervosamente le mani tra i capelli perennemente scompigliati e la preoccupazione lo assalì. Suo fratello non stava bene per niente.
-Insomma…- riprese girandosi verso di lui, sempre meno controllato -Insomma tu lo considereresti  “qualcosa” se Margaret mi stesse lasciando?-
Se gli avesse dato una sprangato in testa, Zoro sarebbe rimasto meno stordito e avrebbe avuto la certezza di non stare sognando.
-Margaret… M-Margaret…- era così assurdo e inconcepibile che non riusciva nemmeno ad articolare la frase -Cosa?!?!- domandò, guardando Law come se fosse pazzo.
-Sabato sera, dopo il compleanno di Perona e Lamy, abbiamo litigato. Non so neppure come sia successo ma abbiamo litigato e dopo io sono andato a farmi una doccia e lei non si è accorta di niente ma io l’ho sentita parlare al telefono con Marco di un biglietto aereo e darsi appuntamento- cominciò a spiegare, agitandosi sempre più e perdendo piano piano il controllo -E oggi sono tornato prima dall’ospedale perché è saltata un’operazione e ho fatto la notte là e ho trovato una valigia pronta con dentro i suoi vestiti e… Non so cosa fare Zoro! Non posso perderla! Cosa cazzo faccio?!- chiese, supplice e tremante.
Il verde sbatté le palpebre sconvolto. Non poteva credere che Margaret stesse davvero… che lei… Eppure se Law era andato da lui e non da Pen significava che la sua non era una semplice paranoia, che non bastava una rassicurazione che era assolutamente impossibile che una cosa del genere accadesse. Se era andato da lui era perché stava davvero accadendo.
E la prima considerazione che Zoro fece era che non sarebbe certo dovuto essere lì dato che stava davvero accadendo.
-Cosa fai qui?! Dovresti essere con lei a chiarire le cose!!-
-Ormai è tardi! Lo sapevo, dannazione, ho sempre saputo che era troppo per me! Vedi perché non volevo innamorarmi?!-
-Law- provò a fermarlo ma ormai suo fratello era partito per la tangente.
Non fosse stata una situazione tanto brutta, gli avrebbe fatto un video per ricattarlo. Solo lui, Robin e Pen avevano avuto l’onore negli anni di vederlo in quello stato.
-… immaginarlo dal momento che doveva essere il mio appuntamento al buio organizzato da Pen! È matematico che siano un fallimento, entro dieci minuti o dieci anni non fa nessuna differenza! Ma almeno Baby ero io che non la volevo e invece ora…-
-Law!- ritentò con più decisione.
-…quel bastardo di un ornitologo con il ciuffo biondo, che secondo me è pure tinto…-
-Law!!!- lo afferrò per le spalle, urlando quasi il suo nome -Datti una calmata! Stai facendo insinuazioni sui capelli di un altro uomo, dannazione! Vedi di tornare in te!-
Law trattenne il fiato sconvolto, rendendosi conto di quanto grave fosse la situazione grazie alle parole di suo fratello. Sgranò gli occhi e un’espressione di autentico terrore si dipinse sul suo volto.
-Sono fottuto Zoro- soffiò sotto shock.
Senza Margaret sarebbe colato a picco e lui che avanzava ipotesi sulla naturalezza o meno del colore dei capelli di Marco era solo la punta dell’iceberg.
-Non ancora! Porco Roger Law! Tu la ami o no?!-
-Che domande fai?! Certo che la amo!-
-E allora fai l’uomo e vai a riprendertela! Combatti!-
Rinnovata determinazione pervase il moro che indurì la mascella e strinse i pugni, ancora bloccato dalla stretta del fratello.
Poi un orrendo pensiero gli attraversò la mente.
-Potrebbe essere già all’aeroporto con lui per quanto ne so- mormorò e la faccia che fece Zoro non fece che peggiorare le cose.
Sembrava più in panico di lui ora.
-Okay!- ribatté, riflettendo in fretta -Un messaggio! Mandale un messaggio per dirle che devi parlarle e subito!-
-Giusto!- esclamò Law, come se il verde avesse appena avuto un’idea rivoluzionaria -Non mi dirà di no e se invece è all’aeroporto me lo dovrà comunicare e a quel punto andrò a prenderla anche in… in capo al…- le parole gli morirono in gola mentre continuava a tastare giaccia e pantaloni alla ricerca del suo cellulare, senza però trovarlo -No, non è possibile- disse più a se stesso che al fratello -Non… non ce l’ho! L’ho dimenticato a casa! Merda!-
-Lo sai il suo numero a memoria?!-
-Certo!-
-E allora usa il mio!- decise Zoro, tendendogli il telefonino -Ho perso tutti i numeri ma il credito c’è!-
Law annuì grato, strappandoglielo quasi di mano e scrivendo rapido con le dita tatuate.
Zoro osservò da sopra la sua spalla, accigliandosi quando lo vide premere invio.
-Non ti sei firmato- gli fece notare e per un attimo il vecchio ghigno di suo fratello fece capolino in mezzo alla preoccupazione che lo adombrava.
-Non serve- lo informò, strafottente e sicuro di sé e Zoro si limitò a stringersi nelle spalle prima di precipitarsi a recuperare la giacca.
-Cosa fai?- gli chiese Law, perplesso dalla concitazione dei suoi movimenti.
-Ti accompagno- ribatté Zoro, come se fosse ovvio -Non penserai che ti lasci guidare in questo stato! È già un miracolo che non ti sei schiantato venendo qui-
Law lo guardò senza parole per alcuni istanti, sopraffatto dalla gratitudine di avere il miglior fratello del mondo.
-Allora?! Vuoi darti una mossa?!- lo incitò il verde, mentre sistemava il colletto della giacca -Muoviamoci! Dobbiamo andare subito a ovunque sia “il vostro posto”- aggiunse, facendo il segno delle virgolette alte.
I due Mihawk si affrettarono verso la porta e uscirono rapidi. Nessuno dei due si accorse che il cellulare di Zoro era rimasto sul mobile dell’ingresso.
 

§
 

Aprì cauta la porta di casa, in attento ascolto per captare anche il più piccolo rumore.
Non sapeva nemmeno lei se sperare che Zoro ci fosse oppure no. Da una parte smaniava per avere una smentita di ciò che le aveva detto Valentina dall’altra era terrorizzata di ricevere una conferma.
Aveva provato a non pensarci ma le era risultato impossibile e, appurato che non era in grado di mantenere la concentrazione per più di cinque minuti, aveva chiesto a Iva mezza giornata libera, evento più unico che raro per lei che il suo lavoro lo adorava.
Ma non c’era vestito che potesse distoglierla dalla possibile fine della storia con l’uomo della sua vita. Perché era chiaro che mai lo avrebbe potuto perdonare se i sospetti di Valentina fossero stati confermati.
E se fossero stati confermati, si sarebbe assicurata che Zoro non potesse riprodursi mai più, poi avrebbe trovato la maledetta che glielo aveva portato via e le avrebbe strappato tutti i capelli e rigato la macchina e poi avrebbe spezzato a metà tutte le katane di Zoro, lo avrebbe sedato, legato al letto e gli avrebbe fatto la ceretta. Usando strisce molto sottili e strappando molto lentamente.
Sì, ecco! Sì!
Ma quel piano non riusciva a farla sentire nemmeno un po’ meglio.
Il che era strano perché era certa che gli avrebbe dato un’enorme soddisfazione.
-Sono a casa- avvisò, senza il suo solito entusiasmo.
Nessuna risposta.
Nami si concentrò ma nemmeno lo scroscio dell’acqua, segno che Zoro era in doccia, risuonava nel corridoio.
-Zoro?- tentò incerta.
Ancora niente.
In effetti, doveva considerare di essere tornata prima del solito e sapeva che, dopo la telefonata di Wado, Zoro smaniava per allenarsi. Era assolutamente prevedibile che non fosse a casa.
Sospirò, rassegnata a dover aspettare per andare in fondo alla questione.
In quel momento si rese conto che per quanto spaventata avrebbe preferito farla fuori subito e levarsi il pensiero ma la fortuna non sembrava essere dalla sua parte.
Finì di girare le chiavi nella toppa e si voltò per appendere la giacca all’appendiabiti quando qualcosa attirò la sua attenzione. Si bloccò con la giaccia giù dalle spalle per metà e osservò l’oggetto sul mobile dell’ingresso, non proprio certa che fosse ciò che lei credeva che fosse.
Si avvicinò cauta e il cuore le accelerò quando ebbe conferma che si trattava del cellulare di Zoro.
Era a casa da sola e il cellulare di Zoro era lì, in bella vista, pronto per essere setacciato da cima a fondo in cerca delle prove di cui aveva bisogno.
Lo prese in mano, tremando appena, ma subito lo rimise sul mobile, lasciandolo cadere come se fosse stato bollente e l’avesse scottata.
Cosa stava facendo?! Cosa le era venuto in mente?!
Non era quello il modo di affrontare la questione, la loro relazione si era sempre basata sulla fiducia, come amici prima  e come amanti poi.
Mai da che lo conosceva, neppure da bambini, aveva mancato di rispetto a Zoro e non avrebbe iniziato quel giorno. Ma il cellulare sembrava chiamarla come una sirena tentatrice e Nami sentiva le mani prudere di impazienza.
Lanciò un’occhiata di striscio al telefonino, lo stomaco rivoltato dalla tensione.
Riflettendoci, se anche avesse affrontato l’argomento con Zoro, che certezze aveva che lui non avrebbe mentito e poi cancellato le eventuali prove prima che lei le trovasse?!
Sapeva che Zoro non era così, si sentì orribile per averlo anche solo pensato. Per lui fiducia e sincerità erano fondamentali.
Ma se era vero che la tradiva allora significava che Zoro era già venuto meno al suo credo perché il suo strano comportamento romantico andava avanti da mesi, ormai. Non avrebbe avuto un’altra occasione come quella.
E se invece non avesse trovato niente e Zoro avesse avuto una valida spiegazione… beh non sarebbe mai venuto a sapere che aveva frugato nel suo cellulare.
In fondo, era meglio levarsi ogni dubbio che vivere con un tarlo così logorante. Lo faceva per la loro relazione, ecco.
Rompendo ogni indugio, la rossa riprese in mano il cellulare e lo aprì rapida, entrando immediatamente nella casella messaggi.
Si accigliò stranita di trovare completamente vuota la cartella dei messaggi in entrata, come se il cellulare si fosse resettato, e quella dei messaggi in uscita con appena un SMS salvato. Pigiò sullo schermo con il dito affusolato per dare un’occhiata a quell’unico messaggio superstite, inviato a un numero non salvato nella rubrica di Zoro.
Lo aprì e subito si maledisse per averlo fatto.
Per quanto avesse cercato di prepararsi al peggio, non era affatto preparata a quello.
E subito gli occhi le si riempirono di lacrime e il cuore le si frantumò in mille pezzi nel leggere quelle parole che Zoro, il suo Zoro, l’uomo che amava, aveva scritto a un’altra donna. E, cosa che le fece ancora più male, non un’altra donna qualsiasi.
 
Margaret, sono io. Devo parlarti subito, è urgente. Vediamoci al nostro posto tra venti minuti o se no dimmi dove possiamo trovarci.
Aspetto una tua risposta.
Ti amo. 

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Solo noi due ***


Si precipitò fuori dal centro riabilitativo raggiungendo il piazzale ciottolato e cercando di calmare i nervi.
Non sapeva cosa pensare e ringraziò di avere visto subito il messaggio che Law le aveva inviato con il cellulare di Zoro. Anche se non si era firmato, era ovvio che fosse da parte sua.
Aveva dovuto rispondergli di raggiungerla lì al lavoro perché a causa di un’emergenza non era in grado di chiedere nemmeno un’ora di permesso per incontrarlo al “loro posto”. Di qualunque cosa si trattasse, doveva essere grave, non perché ci fosse qualche indizio che lo faceva sospettare ma perché glielo diceva l’istinto e il suo istinto non sbagliava mai.
Law stava male, qualcosa in lui non andava e Margaret voleva solo scoprire cosa fosse e fare il possibile per tranquillizzarlo o non sarebbe stata in grado di concentrarsi sul proprio lavoro per il resto del pomeriggio.
-Margaret!-
Sospirò di sollievo quando lo individuò che correva a grandi falcate verso di lei. Si mosse per raggiungerlo a metà strada. Law la prese per le spalle, stringendo un po’ più forte del necessario.
-Sei ancora qui- considerò, con una strana luce negli occhi.
Sembrava… sollievo?!
Margaret si accigliò.
-Certo che sono qui, dove sarei dovuta essere?!-
-All’aeroporto- ribatté, indurendo la mascella come se il solo pensiero lo facesse infuriare.
-Aeroporto? Guarda che parto dopodomani- lo informò, scuotendo appena il capo.
Il moro trattenne il fiato inorridito e aumentò inconsciamente la stretta su di lei.
Allora non si era sbagliato.
Ma come poteva Margaret dirglielo così, dirgli che davvero lo stava lasciando con così tanta leggerezza?!
-No!- esclamò prima di potersi controllare -Non vai da nessuna parte! Non ti lascerò andare così facilmente!-
Margaret sgranò gli occhi, scioccata.
Ma stava scherzando?! Come si permetteva?!
-Law, si può sapere cosa ti prende?! Sono settimane che ne parliamo e adesso te ne esci con questa trovata?! Spero per te che sia uno scherzo!-
Fu il turno di Law di sgranare gli occhi.
-Settimane?! Di che stai parlando Margaret?! Non ne abbiamo mai discusso!-
-Certo che ne abbiamo discusso!- ribatté l’erpetologa, liberandosi bruscamente dalla sua salda presa, furente come non mai -Lo vedi?! Lo vedi che non mi ascolti mai?! Io capisco che hai tanti pensieri ultimamente ma come fai a non ricordarti nemmeno una cosa che ti avrò ripetuto almeno venti volte in un mese?!-
-Margaret tu se impazzita! Ma come puoi pensare che io ti sia stato ad ascoltare mentre mi dicevi una cosa del genere per venti volte senza mai oppormi?!-
-Ma perché ti saresti dovuto opporre?!? Che cosa ti sta succedendo?! Una volta eri dalla mia parte, saresti stato felice che io facessi una cosa del genere!!!-
-Felice?! Ma stai delirando per caso?! In quale universo potrei mai essere felice al pensiero che la mia donna mi sta per lasciare per andarsene chissà dove con un bastardo di un ornitologo tinto?!?-
-Sai benissimo dove devo and…- cominciò a ribattere Margaret ma si bloccò a metà frase, rendendosi conto improvvisamente che lei e Law stavano chiaramente parlando di due cose diverse.
Non che fosse così immediato, quell’equivoco sarebbe potuto andare avanti anche per sempre se solo lei non fosse stata così capace di leggere dentro di lui con tanta facilità. Se non si fosse accorta del panico nei suoi occhi e non avesse saputo che Law la definiva ad alta voce “la sua donna” solo in situazioni molto intime o quando era spaventato all’idea di perderla.
Il che era capitato solo un’altra volta in precedenza ma, se si trattava di lui, Margaret era come un enorme database che immagazzinava anche il più piccolo dettaglio per poi recuperarlo nel momento opportuno.
E anche quel riferimento al fatto che lo stava per lasciare sarebbe suonato molto melodrammatico detto da Law a meno che lui non avesse pensato che davvero lei lo stava lasciando.
Sbatté le palpebre cercando di mettere insieme tutti i pezzi ma doveva avere conferma del dubbio che le era sorto.
-Law perché questa cosa sta venendo fuori proprio ora?- chiese cauta, studiando i suoi movimenti agitati e così poco da lui.
Le si stringeva il cuore a vederlo così.
Che razza di paranoie cretine si era fatto venire?!
-Mi chiedi perché?! Perché tu puoi essere convinta di quello che vuoi ma non mi hai mai detto e sottolineo mai che avevi intenzione di lasciarmi e se non avessi trovato la tua valigia pronta a casa non lo avrei neppure sospettato!-
-Law- provò a chiamarlo ma niente, ormai era partito per la tangente.
-Mi ero accorto che quello stronzo ti ronzava intorno ma non credevo che… insomma mi sembrava che le cose andassero bene tra noi! Sì forse io sono stato un po’ preso nell’ultimo anno ma bastava parlarne! Se ti sentivi trascurata, dovevi dirmelo, avrei rimediato, avrei…-
-Law!-
-… e non è nemmeno corretto così, Margaret! Dovevi dirmelo, dovevi darmi la possibilità di rimediare! Avrei fatto anche l’impossibile per non perderti e ora non puoi aspettarti che io ti lasci andare così come se nien…-
-Law Mihawk, vuoi chiudere quella bocca?!?- urlò Margaret, aggrappandosi ai baveri della sua giacca e prendendolo così in contropiede da riuscire a farlo tacere -Ti stai facendo un film in testa, santo Roger! Datti una calmata e ascoltami! Qui nessuno sta lasciando nessuno!-
Si guardarono alcuni istanti, lei determinata, lui incredulo.
-Cosa…- boccheggiò, senza più sapere nemmeno cosa pensare -Ma che… io ho visto la tua valigia, ti ho sentito parlare con Marco al telefono e…-
-Certo! Perché abbiamo un convegno a Marijoah questo fine settimana! Insieme agli ad colleghi del centro!-
Law sbatté le palpebre interdetto.
-Il convegno… Il… il convegno? Non era a Luglio il convegno?!-
-No Law, è sempre stato a Giugno, tutte e venti le volte che te l’ho detto è sempre stato Giugno- spiegò con calma, controllando che Law assorbisse per bene ogni parola.
Vide il sollievo accendergli gli occhi, mischiandosi ad ancora qualche strascico di confusione.
-Non mi stai lasciando- soffiò sottovoce, parlando più con se stesso che con lei.
E prima che potesse controllarsi, qualcosa si spezzò in Margaret. Mollò la giacca di Law e chiuse le mani a pugno, pestandole sui pettorali del ragazzo che sobbalzò colto alla sprovvista.
-Razza di cretino!!! Come ti è anche solo passata per l’anticamera del cervello una cosa del genere?!?! Credi davvero che se fossimo in crisi ti lascerei così, senza nemmeno cercare una soluzione prima?! Ma per chi mi hai preso?!- gli vomitò in faccia, sconvolgendolo.
-Senti ero convinto che il convegno fosse il mese prossimo! Tu al mio posto cos’avresti pensato?! Passi un sacco di tempo con Marco, ti da passaggi per tornare a casa, sei pure andata a scegliere un materasso con lui!-
-È un mio amico! Tu una volta hai accompagnato Monet a scegliere dell’intimo!-
-Monet è mia cugina! Non è la stessa cosa!-
-Sì che lo è! Non siete cugini per davvero! E io e Marco siamo amici!-
-L’ho capito questo, grazie! Ma avrei voluto vedere te!- perse completamente la calma Law, lasciando libero sfogo a tutta la preoccupazione che si portava dentro da settimane -Da quando lo conosci non facciamo più l’amore come una volta e ultimamente non ti sfoghi neppure più con me e non lo sopporto Margaret! Cazzo non voglio perder…-
Qualcosa gli impedì di continuare.
Il suo corpo realizzò prima del suo cervello che qualcosa erano le labbra di Margaret. Chiuse gli occhi, rispose al bacio e la strinse possessivo prima ancora di avere pienamente realizzato cosa stava succedendo.
E un attimo dopo che se ne rese conto Margaret si staccò da lui, tirandogli un altro pugno ma stavolta senza allontanarsi, rimanendo addossata al suo petto.
-E non mi perderai. Mi sembrava di avertelo già detto che non ti avrei mai lasciato. Te l’ho detto quella sera nella tua stanza al campus e mai per un attimo, in questi dieci anni, ho pensato di rimangiarmi quelle parole- soffiò determinata, trattenendogli il volto tra le proprie mani e guardandolo dritto negli occhi -Se ultimamente mi sono sfogata meno con te è perché so che sei già molto in tensione per Robin e Monet e i bambini. E non serve che ti scusi- mise in chiaro quando lo vide aprire la bocca -So come reagite voi Mihawk alle gravidanze e non posso certo biasimarvi quindi va bene così. Ma non mi hai affatto trascurata è solo stato un anno intenso per tutti e due al lavoro e forse anche per questo non facciamo più l’amore come una volta ma non è certo per Marco, chiaro?! Anche perché Marco è gay. E anche se non lo fosse non avrebbe fatto nessuna differenza- suo malgrado , Margaret piegò le labbra in un lieve e malinconico sorriso -Una volta ti ho detto che cadere vittima del tuo fascino sarebbe stata una tragedia e avevo ragione. Non importa cosa succeda, tu resterai sempre l’amore della mia vita, Law Mihawk, e non potrei mai lasciarti senza lottare per te-
Se Law pensava di sapere cosa si provava ad amare qualcuno con ogni fibra del proprio essere, non aveva saputo fino a quel momento di cosa stava parlando. Mai aveva provato niente del genere prima in vita sua. Mai aveva pienamente realizzato l’estensione e la portata di ciò che provava per lei.
Lo sentiva ogni volta che la toccava, sapeva di amarla così tanto ma non era mai riuscito a comprenderlo  fino a quel momento.
Gratitudine, sollievo, amore, affetto, felicità, voglia di proteggerla e desiderio. Per la prima volta provò tutte quelle emozioni in un unico sconvolgente mix che gli si riversò nelle vene, rischiando di farlo esplodere.
Si abbassò su di lei, unendo di nuovo le loro labbra, baciando come se il mondo fosse sul punto di finire da un momento all’altro, staccandosi solo per prendere fiato.
-Ti amo, Margaret-
Un bacio.
-Anch’io ti amo-
Un altro bacio.
-Ti accompagno io all’aeroporto-
-Assolutamente sì-
Un altro ancora.
-Non voglio perderti-
-Non succederà-
E un altro ancora. E ancora e ancora, finché un campanello d’allarme non prese a suonare nella testa di Margaret, ricordandole che era al lavoro e, purtroppo, non a casa loro. A malincuore, si staccò da lui, posando la propria fronte contro la sua.
-Devo tornare dentro. Salomé non stava bene- riuscì a spiegarsi nonostante la poca lucidità.
-Certo, ora ti lascio andare-
Di nuovo un altro bacio.
-No, non lasciarmi, obbligami a restare qui per il resto della giornata- gli chiese ridacchiando e infossando il viso nel suo collo.
-Non tentarmi- la implorò lui, stringendosela addosso.
Margaret sollevò il viso a cercarlo, sorridendo felice come non mai.
Si sollevò sulle punte e lo baciò piano sulla mandibola prima di accostare le labbra al suo orecchio.
-E preparati che stasera facciamo un revival dei bei vecchi tempi- lo avvisò, gongolando di piacere quando lo sentì fremere.
Si avviò per tornare dentro ma sulla porta si girò un’ultima volta a salutarlo, proprio mentre Zoro si accostava con la macchina per caricarlo e riportarlo a casa.
Si morse il labbro inferiore mentre il cuore le accelerava a mille nel petto e l’emozione la sopraffaceva per un attimo.
Kami, amava quell’uomo!
Anche solo immaginare di stare senza di lui era una tortura.
E Margaret sapeva, aveva sempre saputo, da quella notte di dieci anni prima quando Law le aveva permesso di farlo suo per la prima volta, che sarebbe stato così fino alla fine dei suoi giorni.
 

 
§

 
-Sei di buonumore stasera!- considerò Boa, sorridendo divertita a suo marito.
Drag prese un respiro a pieni polmoni, continuando a spennellare la carne già pronta da grigliare per la cena di quella sera con un rametto di rosmarino, canticchiando a fior di labbra.
Anziché rispondere a sua moglie, Mihawk lasciò perdere la preparazione della cena e si staccò dal tavolo avvicinandosi a lei per prenderla tra le braccia e farle fare un giro di valzer.
-Puoi scommetterci che sono di buonumore- mormorò mentre Boa volteggiava sotto il suo braccio -Lo senti?!- domandò criptico.
-Io non sento proprio niente- si accigliò la donna.
-Appunto! C’è silenzio, Boa! Si-len-zio!- si esaltò Drag, prendendola per le spalle.
L’ex modella scoppiò a ridere gettando il capo all’indietro e Drakul ne approfittò per baciarle il  collo.
-Oh ma piantala! Tanto lo so che Shansk ti manca!-
-Ma per favore-
-Beh a me manca! Era divertente averlo per casa!- ribatté Boa, incrociando le braccia sotto il seno.
-Sì come no- rispose scettico Drag.
-È la verità e dovresti smetterla di fare lo tsundere-
-Non sto facendo lo tsundere! Sono davvero felice che sia tornato a casa! E non è vero che mi manca!-
Boa sollevò un sopracciglio, guardandolo con un sorrisetto saputo che lo mise in allarme ma troppo tardi.
-E allora come mai sono passati solo tre giorni e li hai già invitati a cena stasera?!-
Drag boccheggiò, preso alla sprovvista. Come al solito, sua moglie aveva fatto centro e come al solito lui si era ostinato a provare a vincere uno scontro verbale con lei.
Non imparava proprio mai.
-Io… Beh io… Non è… mi sembrava giusto festeggiare e poi Perona così sta con Sabo e Sugar e poi vengono anche Rouge e Ace…-
-Oh sì hai ragione, Perona non li vede mai in fondo-
-Beh comunque devi anche considerare che non si potranno permettere troppe grigliate quest’estate, con la spesa della casa e tutto il resto… insomma la carne costa e…- continuò ad arrampicarsi sugli specchi, grattandosi la nuca imbarazzato, finché la cristallina risata di sua moglie non lo interruppe.
-Drag, perché non ammetti che ti manca e basta?-
Uno squillante miagolio fece abbassare a entrambi gli occhi su Nekozaemon, che si stava strusciando ora tra le gambe di Drag.
-Visto?! Anche Nekozaemon lo pensa!- affermò trionfante .
Drakul la guardò incredula per un attimo prima di sospirare rassegnato.
-E va bene, va bene! Un po’ mi manca- ammise, prima di piegare le labbra in un ghigno -Ma meno di quanto pensi e sai perché?-
Boa avvertì un fremito lungo la schiena sotto lo sguardo così intenso del marito. Aveva già capito dove stava per andare a parare e la cosa non le dispiaceva affatto.
-Perché?- chiese in un roco sussurro mentre Drag se la trascinava più vicina.
-Perché Perona non torna fino all’ora di cena e questo significa che non c’è il rischio che nessuno entrerà da quella porta per la prossima ora e mezza e questo significa…- la baciò con passione anziché concludere la frase, sapendo che quel gesto valeva più di mille parole.
Mentre si aggrappava a lui, rispondendo con altrettanta foga, avvinghiando le lunghe gambe intorno alla sua vita, Boa ringraziò ogni kami che conosceva.
Erano settimane che aspettava quel momento e anelava un po’ di sana intimità con suo marito. Shanks non aveva orari fissi al lavoro ed era così imprevedibile che durante il giorno i due non osavano iniziare con il rischio di venire beccati in pieno dal rosso. Anche perché Shanks non sapeva cosa fosse la discrezione.
Alla sera, d’altra parte, avere la camera di Perona adiacente alla propria era peggio di una cintura di castità, soprattutto perché il loro letto cigolava in modo indecente.
Boa premette la bocca contro la gola calda di Drag per soffocare un gemito, le mutandine già bagnate grazie al tocco del marito che stava trafficando per slacciarle il reggiseno attraverso la stoffa della sua camicetta. La portò a sedersi sul bancone non appena sentì i gancetti cedere, ansioso di occuparsi dell’altro pezzo del suo intimo, incapace di decidere se denudarla dalla vita in su o se sfilarle prima gli slip senza nemmeno toglierle la gonna, il tutto mentre Boa armeggiava con i bottoni della sua camicia, facendosi violenza per non strapparli con un unico violento gesto.
Immerse le dita nei suoi capelli scompigliati quando Drag si chinò di nuovo su di lei e le morse la spalla ora nuda, per poi spostarsi più in basso a succhiarle un morbido seno, inumidendo il bordo della coppa di pizzo.
Santo Roger, quanto profumava di buono, Boa! E poi era così calda e morbida e…
-Oh merda!!!-
Drag balzò all’indietro, con la stessa rapidità di riflessi che avrebbe sfoggiato se Boa lo avesse improvvisamente minacciato con una fiamma ossidrica.
-Ma cosa state facendo?!?-
I coniugi Mihawk si voltarono sconvolti e affannati verso la porta della cucina, dove Zoro era immobile, con le braccia sollevate e incrociate davanti al viso per evitare di vedere più di quanto non avesse già visto.
-Zoro!- esclamò Boa, respirando a grandi boccate e affrettandosi a riallacciare tutti il riallacciabile e rinfilare tutto lo rinfilabile prima di passare le mani nei capelli scarmigliati per sistemarli alla bell’e meglio.
-Figliolo cosa fai qui?!-
-Vi siete rivestiti?!- domandò il verde, ignorando la domanda del padre, la voce ancora palesemente scossa.
-Uh!- esclamò Drag, riallacciandosi i pantaloni e lasciando ricadere la camicia la di fuori per coprire il gonfiore all’altezza del cavallo -Sì, sì!-
Zoro abbassò le braccia, rivelando un’espressione a dir poco sconvolto.
-Ma siete impazziti?! Perona sarebbe potuta rientrare da un momento all’altro! E poi cosa vi viene in mente?! Ci facciamo colazione su quel bancone, Santo Roger!- esclamò, lievemente isterico.
-Ehi ragazzino! Ti ricordo che questa è casa mia e faccio quello che voglio dove voglio- lo ammonì Drag, assumendo la sua miglior espressione da padre severo.
-Oh vuoi veramente usare quest’argomentazione?!-
-Se vuoi ne uso un’altra. Tipo “come se tu a casa tua non lo facessi mai”-
La faccia di Zoro divenne paonazza all’istante e suo padre sorrise tronfio, sollevando anche un sopracciglio.
-Lo sapevo!-
-Smettila! Non sono affari tuoi! Comunque se Perona fosse tornata a casa…-
-È abbastanza grande da non scandalizzarsi per certe cose!- tagliò corto Drakul, deciso a vincere quella battaglia per i propri diritti.
-Papà!-
-Drag!-
Boa e Zoro lo ammonirono in contemporanea, scioccati dalla sua affermazione e il volto dell’uomo prese fuoco.
-Che c’è?!- esclamò fuori di sé, allargando le braccia per poi lasciarle subito ricadere e afferrarsi il ponte del naso tra pollice e indice -Okay, d’accordo. Sapete cosa? Fingiamo che tutto questo non sia mai successo- decise, tremando impercettibilmente.
Avrebbe avuto un crollo nervoso da un momento all’altro, lo sentiva.
E, dannazione, era in astinenza da troppo!
Ma se Zoro era piombato lì senza nemmeno avvisare, doveva esserci sotto qualcosa e il suo istinto paterno ebbe come sempre la meglio, obbligandolo a mettere la sua progenie al primo posto.
-Tesoro, come stai?- gli stava domandando Boa, avvicinandosi a lui, quando Drag sollevò il capo per poter guardare in faccia suo  figlio.
E ai suoi occhi allenati non sfuggì la smorfia di sofferenza in cui per un attimo il di solito impassibile viso di Zoro si contrasse.
-Tutto bene, Boa, io…-
-Zoro che succede?- domandò Drag, lapidario.
Bastò uno scambio di sguardi perché il verde realizzasse che con suo padre era del tutto inutile prenderla alla larga e girare intorno alla questione.
Con un sospiro, sentendosi tremendamente in colpa per essere piombato lì così senza preavviso, usò il piede per far scivolare sul pavimento il borsone che aveva portato con sé, in modo che i suoi potessero vederlo.
Drag avvertì una stretta allo stomaco mentre il suo secondogenito si accarezzava in imbarazzo la nuca.
-Io… avrei bisogno della mia stanza per un… per un po’ se per voi non è un problema…-
Drag e Boa si scambiarono un’occhiata incredula. Nessuno dei due osò chiedere cos’era successo e perché Nami lo avesse sbattuto fuori di casa.
Mentre si avvicinava a suo figlio per abbracciarlo, Drakul si chiese se quel periodo avrebbe mai avuto fine. 






Angolo di Piper: 
Ehilà, gente!! Buon weekend a tutti! 
Ci tenevo a ringraziare di cuore Zomi per tutti i consigli che sempre mi da, per questa storia e per le altre. 
La pisciata in lungo, la serenata in mezzo alla strada e l'ngresso a tradimento di Zoro con blocco della crescita per aver visto i suoi in atteggiamenti intimi sul bancone della cucina sono merito suo. 
Grazie a tutti voi che leggete questa storia e un bacione. 
Piper. 

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Amici miei ***


-Riditemelo un’ultima volta. Perché siamo venute qui per comprare il vestito per il ballo di fine anno e io sto provando dell’intimo di pizzo?- domandò per la terza volta Koala da dentro il camerino.
-Perché arriverà un momento della serata in cui l’abito lo toglierai- le comunicò Bonney, addossata al muro tra il camerino di Koala e quello di Sugar.
-E allora qualcuno potrebbe essere molto felice di quell’intimo di pizzo-  aggiunse Nojiko, seduta sul divanetto fuori da quello di Perona.
-Prude da morire! La sola cosa di cui potrei essere contenta riguardo questo intimo sarebbe toglierlo!- protestò la ragazza e le due amiche più grandi si scambiarono un’occhiata saputa e un ghigno malizioso.
-E a quel punto sarai sulla stessa lunghezza d’onda di Sabo- mormorò Bonney mentre Nojiko annuiva solenne.
-C-c-cosa?!?- esclamò Koala con voce acuta, rischiando di strozzarsi con la sua stessa saliva -Ma cosa vi viene in mente?! Noi non… io e Sabo non abbiamo intenzione di… di…-
-Oh andiamo Koala!-
-Non fingere di non sapere come funziona- l’ammonì Nojiko, incrociando le braccia sotto il seno -Nessuno ha mai intenzione di fare niente ma poi…-
-Che serata indimenticabile!- sospirò Bonney, con l’aria di una a cui avevano appena messo davanti una pizza formato gigante.
-Bonney stai sbavando- l’avvisò la sua migliore amica e la rosa si riscosse subito, tornando in sé.
-È stata la vostra prima volta, Bonney?!- chiese Sugar da dietro la tenda.
-Nah! Né io né Nojiko siamo arrivate illibate al ballo della scuola-
-Uh, “illibate”. Che termine forbito- finse di impressionarsi Nojiko.
-“Forbito” è un termine forbito- ribatté la rosa, puntando l’indice in direzione dell’amica.
-È come “desueto”. Che è un termine desueto- intervenne Perona e tutte scoppiarono a ridere.
Tutte tranne Koala, come scoprirono quando gli anelli della tenda del suo camerino stridettero contro l’asta e la castana ne uscì, incurante di indossare solo un corpetto di pizzo e degli slip abbinati, osservando furibonda le sue amiche.
-Allora! Qualcuno potrebbe rimanere sul pezzo e spiegarmi questa cosa dell’essere sulla stessa lunghezza d’onda e di me e Sabo e… e… Santo Roger! Cosa si suppone che faccia?! Nessuno mi ha mai detto che sarei dovuta essere preparata a questo!- si sfogò, lievemente isterica.
Nojiko e Bonney la guardarono sconvolte mentre Perona ridacchiava, protetta dalla tenda di velluto. Tutti conosceva Koala come una ragazza discreta ma disinibita e a tratti parecchio maliziosa. Nessuno avrebbe mai detto che proprio lei, fra tante, sarebbe andata così in panico per una cosa tanto naturale e destinata a succedere presto o tardi. Ma Perona sapeva che se si trattava di Sabo, le cose cambiavano sensibilmente.
-Per tutti i kami, Koala, ma che ti ha fatto quel ragazzo?- domandò Nojiko.
La castana sobbalzò presa in contropiede, prima di arrossire così tanto da rischiare l’autocombustione. Bonney le si avvicinò, posandole un braccio sulle spalle.
-Non ti preoccupare! Già il fatto che sarà la vostra prima volta lo renderà speciale. E se Sabo è gentiluomo anche solo la metà di Killer allora puoi stare tranquilla-
-Comunque, ricordati che succeda quel che succeda non sarà mai poco romantico come il mio amplesso post-ballo. Io e Kidd l’abbiamo fatto in macchina, in camporella sul retro della scuola, senza nemmeno toglierci completamente i vestiti- elencò Nojiko, distraendosi a ricordare -E lui è stato così rude e animalesco e…-
-Ammettilo che ti è piaciuto- tagliò corto Bonney.
-Da morire!- rispose senza esitazione l’azzurrina.
Ridendo a crepapelle, Perona uscì dal proprio camerino, per potersi vedere meglio nello specchio sul fondo del corridoio delle cabine-prova mentre le tre amiche sgranavano gli occhi, colpite.
-Kami, Perona!-
-Che bello!-
-Sei stupenda!-
L’abito nero la fasciava alla perfezione. Il corpetto senza spalline, impreziosito da una discreta decorazione di pailletes tono su tono, metteva in risalto il seno prosperoso senza essere volgare, la cintura di raso sottolineava la vita stretta e la gonna a balze aveva un che di gotico che era perfetto per la giovane Mihawk.
-Voi dite?!- chiese Perona, esitante, sistemando meglio la gonna.
-Assolutamente sì! Dovresti prenderlo!- annuì convinta Nojiko mentre anche Sugar scostava la tenda del suo camerino.
-Fatti vedere- chiese alla cugina e Perona si girò verso di lei, in attesa di un giudizio che non tardò ad arrivare -Hanno ragione, sei stupenda!- confermò la verdina, sorridendole con affetto.
-Tu quale hai provato?- chiese Nojiko.
-Quello viola- rispose Sugar mentre avanzava verso lo specchio per potersi guardare meglio.
-Tra quelli che hai provato finora è il mio preferito- le disse Koala, ancora in intimo, studiandola da capo a piedi.
-Sono indecisa tra questo e quello nero- ammise la verdina, girandosi di schiena e torcendo il busto per riuscire a vedere il retro del vestito nello specchio.
-Prendili tutti e due!- suggerì Bonney, con un’alzata di spalle -Tanto tu i vestiti lunghi li usi, no?!-
-Sì, ma non è quello. È che anche l’abito di Perona è nero e non voglio rubarle il colore e…-
-Ehi ma che problemi ti fai?!- la interruppe subito la rosa -Se ti piacciono tu prendili, poi il giorno del ballo decidiamo! Tanto io ho anche l’abito che mi ha fatto Nami a casa! Semmai metto quello e questo lo tengo per il matrimonio!-
-A proposito ma non avevi detto che Nami doveva farti un vestito su misura sia per il matrimonio che per il ballo?- chiese Nojiko, corrugando le sopracciglia.
-Sì ma poi è rimasta un po’ incasinata con il progetto per la settimana della moda ed è riuscita a confezionarmene solo uno, che è già tanto. E poi non è che ultimamente l’ho vista ecco…- aggiunse, un po’ desolata.
Le quattro amiche si scambiarono delle occhiate l’un l’altra prima che Sugar osasse fare la fatidica domanda.
-Come sta Zoro?-
In fondo era suo cugino, era normale che fosse preoccupata per lui.
Perona sospirò e si passò una mano tra le ciocche rosa.
-Lo sai com’è fatto no? Finge che vada tutto bene ma in realtà è a pezzi. Si allena e dorme e non mangia quasi niente ma ancora non sono riuscita a scoprire cosa sia successo- spiegò, sedendosi sul divanetto che Nojiko aveva lasciato libero -L’altro giorno si è sfogato con me, sapete come quando ero piccola e parlava a raffica convinto che io non memorizzassi niente di quello che mi stava dicendo?- tutte annuirono -Ecco l’altro giorno ha attaccato con un discorso strano, non è che ci ho capito tanto. Ha detto che era dispiaciuto di essere tornato a casa proprio ora che zio Shanks è andato via e mamma e papà potevano avere di nuovo la loro privacy ma che non se la sentiva di chiedere a Robin, che ha già il suo bel daffare con un bambino per casa…-
-Ma Robin non ha ancora partorito!- protestò Bonney, accigliandosi.
-Non parlava di quel bambino- ribatté Koala, alzando il sopracciglio.
-…nemmeno rompere le scatole a Law e Margaret dopo il casino che è successo tra di loro…-
-Casino?!-
-Law e Margaret erano in crisi?!- domandò incredula Sugar e Perona si strinse nelle spalle.
-Non ne ho idea! Ve l’ho detto non ci ho capito molto! Non era granché in sé! Comunque ho telefonato a Sanji ieri e mi ha detto di stare tranquilla e che ci avrebbe pensato lui. Credo avesse intenzione di parlare con Nami per capire cosa sia successo dato che Zoro si rifiuta di raccontarlo- concluse, con un altro sospiro.
Ci mise qualche istante ad accorgersi degli sguardi delle amiche fissi su di sé e quando alzò il viso per incrociarli fu presa in contropiede dalle loro espressioni sapute e maliziose.
-Oh poverina- mormorò Bonney.
-Ha dovuto telefonare a Sanji. Chissà com’era dispiaciuta- le diede manforte Nojiko mentre Koala e Sugar scoppiavano a ridere sotto i baffi.
Perona sgranò gli occhi mentre le guance le prendevano fuoco.
-Non… non è come pensate! Ehi dai! Chi altro avrei potuto chiamare?!- protestò senza riuscire a fermare le risate delle quattro ragazze -E poi è una cosa vecchia! Era una cotta infantile! Io… non sono innamorata di Sanji, andiamo! Sta anche per sposarsi e poi a me piacciono i mori!- concluse, alzandosi in piedi di scatto.
Bonney, Sugar, Nojiko e Koala smisero all’istante di ridere e assunsero un’espressione molto difficile da decifrare, che la fece sentire terribilmente a disagio. Senza aggiungere altro si fiondò nel camerino con la scusa di togliersi l’abito e si avvicinò allo specchio, posandovi la fronte per rinfrescarla.
Non sapeva perché si sentisse così accaldata, perché si fosse agitata così tanto di fronte all’insinuazione che il suo cuore appartenesse ancora a Sanji. Non era così da anni ormai eppure non aveva mai sentito così tanta urgenza di mettere la cosa in chiaro e si domandò perché senza riuscire a trovare una risposta.
Aveva appena regolarizzato il respiro quando la voce di Sugar la raggiunse attraverso la tenda.
-Allora sicure che questo mi stia bene?- domandò.
-Assolutamente! Questo e quello nero sono i migliori!-
-Okay…-
-Ehi ma la nostra principessa qui sembra particolarmente preoccupata di fare colpo quest’anno- intervenne Bonney -Non è che abbiamo qualcuno da conquistare vero?!-
-Ma c-che d-dici, Bonney! Non è affatto c-così!-
Perona sollevò la testa di scatto, sconvolta. Non le era sfuggita la nota nervosa nella voce di sua cugina, segno che stava spudoratamente mentendo.
Bonney ci aveva preso, Sugar voleva fare colpo su qualcuno e, anziché ghignare soddisfatta, andò completamente in tilt all’idea che quel qualcuno potesse essere Ace.
Il che non aveva senso. Per niente. Erano mesi che lavorava con quel preciso obbiettivo. Sarebbe dovuta essere felice. Dopotutto Ace sarebbe rimasto per sempre il suo migliore amico, anche se si fosse messo con Sugar.
E poi non era nemmeno detto che fosse lui, il qualcuno in questione.
-Ehi!-
Il sussurro di Koala, spuntata improvvisamente nel suo camerino, senza più il corpetto ma con il suo vestitino di cotone addosso, le fece fare un salto di due metri.
-Kami!!!- esclamò la rosa, portandosi una mano tra i seni.
-Scusa non volevo spaventarti-
-Non ti preoccupare. Ero sovrappensiero- minimizzò  mentre la sua migliore amica si avvicinava per slacciarle le stringhe che chiudevano il corpetto del suo abito sulla schiena.
Le sorrise complice, sfruttando il riflesso dello specchio.
-Hai sentito Sugar?- gongolò e Perona deglutì a vuoto -Secondo me parlava di Ace. Il tuo piano sta funzionando alla perfezione-

 
§

 
-Quindi il tavolo prenotato ce l’abbiamo?-
-Affermativo-
-Gli smoking?-
-Io non mi metto lo smoking!-
-Ace, non cominciare-
-Sabo, ne abbiamo già parlato! Io non metto nessuno smoking!-
-Qual è il problema?- chiese Kobi, spostando lo sguardo da un amico all’altro.
-Non c’è nessun problema!- ribatté Ace, piccato e testardo -È solo che lo smoking è una stronzata!-
-Linguaggio- lo ammonì Killer, passandogli al contempo la palla da basket che Ace afferrò appena in tempo perché non gli si stampasse in faccia.
-Kira-kun, sei così sexy quando ti atteggi da Captain America!- commentò Izo, scoccandogli uno sguardo a dir poco famelico che il biondo accolse con la sua proverbiale impassibilità.
-Ehi! Vi volete concentrare sulla partita anziché fare i coglioni?!- abbaiò Kidd in direzione del moro che si girò di scatto verso di lui, per niente impressionato dal tono e dalla stazza del rosso.
-Kidd- lo richiamò subito Killer.
-Io l’ho detto da subito che preferivo fare la cheerleader!- fece presente Izo, con un movimento altezzoso del mento prima di tornare a ghignare quasi sadicamente -Ma se vuoi punirmi non mi tirerò certo indietro Kiddo-kun-
Kidd fu scosso da un tremito, difficile dire se di rabbia o di paura, e aprì la bocca per ribattere, come sempre senza prima pensare o riflettere.
-Chiamami di nuovo così e ti spacco il culo!-
-Non vedo l’ora- soffiò il moro e stavolta il lampo che attraversò gli occhi del rosso fu di autentico panico.
-Com’è che a lui non dici niente?!- si alterò un pochino Ace, riferendosi alla bassa tolleranza di Killer verso l’uso improprio e non giustificato di parolacce e linguaggio scurrile in generale.
Il biondo sospirò, scuotendo la lunga e incolta chioma.
-Mi sono dovuto rassegnare con lui- ammise mentre il rosso si spostava verso bordocampo, masticando insulti tra i denti e borbottando qualcosa riguardo a quanto fosse impossibile giocare una partita decente insieme a loro.
Recuperò il proprio asciugamano e si tamponò il collo mentre si sedeva sul terreno sintetico del campo da basket.
-Comunque sul serio, che cazzo vi prende oggi?! Siete più distratti del solito e tu Ace sei più teso di un c…-
-Kidd! Non t’azzardare!- lo fermò Killer prima che potesse dire qualunque cosa volesse dire e che a quanto pareva solo il suo migliore amico era in grado di immaginare prima che fosse stata detta.
-Non dovrebbe stupirti, Kiddo-kun. Sono tutti elettrizzati per il ballo della scuola- spiegò Izo mentre insieme agli altri lo raggiungeva a bordo campo.
-Tsk- Kidd storse le labbra in una smorfia -Il ballo della scuola… che cazzata! È solo una scusa per farci spendere soldi per noleggiare delle merdose limousine, comprare delle merdose composizioni floreali e i cocktail sono pure analcolici! Il mondo sarebbe un posto migliore senza il fottuto ballo della scuola!-
-Ma davvero?!- domandò Killer, incrociando le braccia al petto e guardando l’amico con uno sguardo eloquente -Eppure io ricordo qualcuno che mi ha chiamato in preda al panico perché non riusciva a fare il nodo alla cravatta, non riusciva a sistemare decentemente i capelli senza usare gli occhiali e aveva paura che la composizione floreale non fosse in tinta con il vestito di Nojiko-
Kidd sgranò gli occhi, colto in fallo, mentre gli altri ridacchiavano sotto i baffi, immaginandosi il loro rosso amico sempre così strafottente in preda al panico per un nastrino su cui erano stati applicati dei fiori.
-Perché hai una memoria di merda- grugnì Kidd dopo essersi ripreso dall’inaspettato attacco alla propria reputazione -Comunque sul serio! Tutto questo non spiega perché Ace è così nervoso! Non ci credo che è solo per quella stronzata dello smoking!-
Ace si girò di scatto verso Killer che sollevò un sopracciglio, interrogativo.
-Ha praticamente anagrammato quello che ho detto io!- protestò il moro, senza riuscire a suscitare la benché minima reazione in Killer.
-Non farci caso Kidd, è solo che non trova le palle per invitare una ragazza. Di cui non mi ha nemmeno voluto dire l’identità tra l’altro- lo schernì Sabo, esibendo uno dei suoi sorrisi da pubblicità del dentifricio.
Ace lo fulminò con lo sguardo mentre Kidd sollevava un sopracciglio.
-Mh?! Ma non andavate tutti e sei insieme con Perona, Sugar e Koala?!-
-Sì ma a quanto pare il nostro Romeo ha messo gli occhi su qualcun’altra ma non è abbastanza uomo da fare il primo passo-
-Ah beh, senti chi parla!-
-Fino a prova contraria io e Koala al ballo non ci veniamo da amici- gli fece presente Sabo, tranquillo nonostante la provocazione.
-Sì e questo perché lei ha preso coraggio e ti ha baciato per prima, quella sera in cui tu ti stavi crogiolando nell’autocommiserazione-
-Ehi! Questo è un colpo basso amico!- si lamentò il biondo, senza realmente offendersi.
In fondo non è che potesse dire che fosse andata diversamente.
-E la fortunata chi è?- s’informò Killer.
-Nessuno!- abbaiò subito Ace -Finitela okay?! Non c’è nessuna ragazza!-
-Undici anni di amicizia con Perona  dovrebbero averti insegnato a relazionarti con il gentil sesso, sai?-
-Ehi aspetta! Non è che è proprio Perona?!- domandò Kidd, colto da improvvisa illuminazione.
Ace sobbalzò, come se qualcuno gli avesse dato la scossa.
-Cosa?! Non d-dire stronzate, Kidd!-
-Linguaggio-
-Beh, non è così impossibile. Alle elementari eri cotto di lei- commentò il rosso stringendosi nelle spalle.
-Eravamo bambini e anche tu eri cotto marcio di Perona!- continuò a ribattere Ace.
-Ma ora non stiamo parlando di me- ghignò Kidd.  
-Oh andiamo! È la mia migliore amica! La adoro ma non in QUEL senso!-
-Se lo dici tu…-
-Non è Perona!- ribadì esasperato Ace, riuscendo a zittirli.
Kidd e Sabo si scambiarono una breve occhiata prima che il biondo prendesse di nuovo la parola.
-Okay, ma chiunque sia dovresti invitarla-
Ace mandò gli occhi al cielo, domandandosi quale kami avesse mai offeso per meritarsi quello.
-D’accordo sentite…- si fermò un istante, stringendosi il ponte del naso tra le dita -Se… se prometto di prendere almeno in considerazione l’idea la finite di rompere?!-
Il silenzio calò per qualche istante sul gruppo di amici, mentre Killer e Sabo piegavano le labbra in un ghigno e Kobi si schiariva rumorosamente la gola.
-Portuguese è innamorato! Che tenerezza!- esclamò Kidd e Ace sgranò gli occhi, indignato.
-Io non sono… non ho mai… Ehi!! E finitela!!!- protestò mentre le risate degli amici si facevano sempre più forti.
Il ragazzo li osservò omicida qualche istante, prima di scattare in piedi e allontanarsi a passo di carica, tra l’infastidito e l’imbarazzato, il viso bordeaux.
-Ace! Ehi dai! Torna qui, non fare lo tsundere!- protestò Sabo, senza riuscire a calmarsi e tornare completamente serio.
Inutile dirlo, Ace non lo degnò nemmeno di una risposta mentre attraversava indefesso il campo da basket.
-E comunque alle ragazze lo smoking piace!- urlò ancora il suo miglior amico.
-Fottiti!-
-Linguaggio Ace!-
Le risate decuplicarono mentre Izo si sdraiava su un fianco e posava la mano sul palmo, godendosi la visuale del lato B di Ace, prima di sospirare.
-Sapevo che rinunciare allo shopping con le ragazze una volta tanto non era un errore- 

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Somebody to love ***


-Bambolina Voodoo a Mr. Prince. Mi senti?-
Il walkie talkie gracchiò nella sua mano mentre, dall’albero dietro cui era nascosta, teneva lo sguardo fisso sulla ruota panoramica che era stata montata per l’annuale festa di inizio estate di Raftel, a qualche metro dal grande lago balneabile. 
Sanji non era riuscito a scoprire cosa fosse successo ma le aveva detto che aveva buoni motivi per credere che Nami non avesse neppure permesso a Zoro di spiegarsi prima di cacciarlo fuori di casa. Ragion per cui entrambi speravano che un litigio dei loro avrebbe aiutato a sviscerare la questione e, con un pizzico di fortuna, a chiarire.
-Affermativo, Bambolina Voodoo. Com’è la situazione?-
Perona trattenne una risata. Era stupendo come Sanji le avesse dato corda con quella faccenda dei soprannomi. Le sembrava di essere tornata bambina quando giocava così con Law, con quegli stessi walkie talkie.
-Testa di Verza è in posizione nella propria cabina ma comincia a spazientirsi. Mi sono allontanata dicendo che mi serviva la toilette. Non so quanto tempo ci resta-
-Non preoccuparti. Sfogliatina al Cioccolato e Crostatina al Limone stanno portando Sirena Ramata nel luogo concordato- la avvisò Sanji proprio mentre le tre ragazze entravano nel campo visivo di Perona.
-Le vedo, Mr. Prince-
-Ma perché volete andare a tutti i costi sulla ruota panoramica?- stava domandando Nami, stranita dall’insistenza delle due amiche, che la tenevano saldamente sotto braccio.
-Perché il panorama è bello e la ruota divertente!- ribatté Violet, trascinandola verso la giostra -Eddai Nami!-
-Ma tra poco iniziano i fuochi!-
-Ma va là!- s’intromise Kaya -Abbiamo tempo per un giro!-
Perona le osservò attentamente mentre Kaya si avvicinava al giostraio per pagare la corsa di Nami e Violet la continuava a trascinare verso la cabina dov’era seduto Zoro, parlando a macchinetta per distrarla. Si portò il walkie talkie alle labbra.
-Stare con Usopp le ha insegnato a mentire bene- considerò, facendo ridacchiare sommessamente Sanji dall’altra parte.
Riuscendo chissà come a far sì che Nami non ci guardasse dentro, Violet la spinse dentro la cabina e si allungò rapida per chiudere la porta, un attimo prima che Kaya facesse un cenno al giostraio perché mettesse in moto la ruota.
-Ehi ma che… Ehi!!!- protestò Nami picchiando i palmi contro il vetro, mentre le due amiche le facevano “ciao ciao” con la manina e due sorrisoni stampati in faccia.
Perona gongolò soddisfatta, mentre disattivava il walkie talkie e faceva il pollice alzato a Violet e Kaya che si erano girate verso di lei. Aggirando l’albero che le aveva fatto da nascondiglio si avviò per raggiungere i suoi amici, già posizionati in una delle zone migliori per godersi lo spettacolo che di lì a poco avrebbe avuto luogo. Il suo compito lì era finito, più di quello nessuno poteva fare.
Rallentò quando si accorse di un ragazzo biondo che le stava venendo incontro, una sigaretta tra le labbra.
-Ciao Sanji!-
-Ciao cucciola- rispose con un sorriso e alzò la mano per darle il cinque -Un piano perfetto fin qui. Ora speriamo che quella testa muschiata e la bella Nami-swan sistemino il resto-
-Dobbiamo essere positivi. Sono certa che qualunque cosa sia successa non è niente di irreparabile- affermò convinta la rosa, girandosi verso la ruota che aveva iniziato a muoversi e salire verso l’alto.
Quando si voltò di nuovo verso Sanji le guance le presero fuoco nel trovarlo con gli occhi puntati su di lei e un lieve sorriso sulle labbra.
-C-che c’è?!- domandò, sobbalzando appena.
-Niente. Stavo solo pensando che mi sembra ieri che ti lanciavo in aria e ti facevo il solletico e ora guardati. Sei praticamente una donna- mormorò prendendo poi una boccata di tabacco.
Perona arrossì ancora di più e sorrise nervosa, la gola un po’ secca.
Insomma in fondo non era cieca, poteva anche essere una cotta infantile ma lo vedeva quanto Sanji fosse bello e ricevere un simile complimento da lui faceva pur sempre un certo effetto.
-Di’ un po’…- riprese, togliendosi la sigaretta dalle labbra e soffiando una nuvola di fumo -…avrai la fila di ragazzi- s’informò, riportando la cicca alla bocca.
La rosa sgranò gli occhi colta alla sprovvista.
-Oh beh… beh a d-dire il vero io… ecco io…-
-L’importante è che nessuno ti dia fastidio. Se qualcuno ti importuna comunque sai dove trovarmi- le disse sorridendole con affetto e Perona annuì, nervosa e imbarazzata -Non che ti manchino le guardie del corpo ovviamente. Senza contare che basterebbe Ace da solo. Diventa una belva se si tratta di te-
-C-come?!- domandò, trattenendo il fiato.
Beh era vero che lei e Ace avevano un legame speciale e che tenevano l’uno all’altra in un modo tutto loro e che si proteggevano a vicenda da sempre. Lei era la prima che perdeva la testa se qualcuno osava fargli male e sapeva che la cosa era reciproca ma non aveva mai pensato che fosse così palese anche visto da fuori. E anche se lo sapeva, sentirlo dire ad alta voce era tutta un’altra cosa.
Le fece realizzare quanto quel legame fosse importante per lei. Quanto ci tenesse e quanto sarebbe stato doloroso perderlo.
-Devo andare da Violet, Perona- la avvisò Sanji, riscuotendola.
-Oh sì sì, certo!- esclamò un po’ troppo nervosa -Ci… ci mancherebbe! Buona serata!-
-Altrettanto- le augurò, chinandosi a baciarla tra i capelli.
Ci mise qualche secondo a riscuotersi e rimettersi in marcia, riprendendo a macinare i pensieri di poco prima. Era così persa nelle sue riflessioni che, se la voce di Ace non l’avesse riportata alla realtà, sarebbe finita chissà dove a furia di camminare senza meta.
-Ehi Voodoo!-
Si girò di scatto, reagendo istantaneamente a quel timbro così familiare e per lei rassicurante. Sorrise quando li vide tutti seduti sui gradoni di pietra, vicino all’attracco delle barche, intenti a sbracciarsi per attirare la sua attenzione.
Si avvicinò rapida, salutandoli, e fu con una piacevole stretta allo stomaco che constatò che il posto rimasto libero per lei era quello tra Sabo e Ace. Koala era seduta tra le gambe di Sabo, accoccolata al suo petto e un po’ più in là Sugar rideva e scherzava con Izo e Kobi. 
-Ciao Ace- mormorò piano quando si accomodò al suo fianco e subito il moro le sorrise radioso.
-Ciao! Cominciavo a credere che fossi dispersa!- le fece presente, scostandole una ciocca rosa dal viso.
-Com’è andato il piano?- chiese Koala e Perona dovette quasi farsi violenza per staccare gli occhi dal suo migliore amico e girarsi verso di lei e suo cugino.
-La parte che potevamo gestire noi bene- ammise, stringendosi nelle spalle -Ora sta a loro-
Una zaffata di odore di pulito la investì, provocandole un fremito, mentre Ace avvolgeva un braccio intorno al suo collo senza stringere e posava il mento sulla sua spalla.
-Andrà tutto bene vedrai. I tuoi piani sono sempre infallibili Voodoo- le disse con un certo orgoglio.
Perona deglutì a vuoto, improvvisamente a disagio per quella vicinanza.
Il che era parecchio strano, perché non le era mai capitato niente del genere. Era abituata ad avere intimità con Ace, entro certi limiti ovviamente. Eppure nonostante il disagio e i brividi che la stavano rivoltando dentro a causa di quel contatto, Perona non aveva il benché minimo desiderio di allontanarsi da lui.
Ragion per cui, quando le luci si spensero, segno che lo spettacolo pirotecnico stava per iniziare, e Ace si rimise dritto senza mollare la presa su di lei, la rosa si accomodò meglio contro il suo petto come se fosse la cosa più naturale del mondo.
 
[Somebody to love – Queen]
 
Can anybody
find me
somebody to
love?
 
Sospirò mentre la musica con cui i fuochi d’artificio sarebbero stati sincronizzati prendeva a diffondersi dagli altoparlanti. Tre luci soffuse si accesero sulle tre barche al largo da cui sarebbero stati lanciati i fuochi, crescendo per un attimo in intensità per poi spegnersi di botto mentre i primi candelotti venivano sparati in aria, pronti a esplodere in una pioggia di colori.
 
Each morning I get up I die a little
Can barely stand on my feet
*take a look at yourself*
Take a look in the mirror and cry
Lord what you're doing to me
 
Un brivido attraversò la schiena di Perona.
Adorava l’inizio dell’estate, adorava i fuochi d’artificio e adorava andare a quella festa con i suoi amici.
Fece vagare per un attimo gli occhi sulla folla, individuando Killer, Bonney, Kidd  e Nojiko vicino allo stand che vendeva birra e patatine fritte. Erano rimasti invischiati tra la gente che affollava il lido e si erano così adattati ad assistere allo spettacolo pirotecnico in piedi.
 
I’ve spent all my years in believing you
But I just can’t get no relief,
Lord!
Somebody, somebody
Can anybody find me
 
Sorrise quando vide Kidd trascinarsi addosso Nojiko e ringhiare contro il ragazzo che le era accidentalmente andato addosso, possessivo e rozzo. Senza nemmeno accorgersene si addossò di più al torace di Ace, scuotendo la testa divertita.
Se pensava che c’era stato il rischio che non si mettessero mai insieme. Solo perché erano due testardi cocciuti. Di tutte le coppie che aveva aiutato, loro erano decisamente la sua più grande soddisfazione.
 
Somebody to love
 
Una strana sensazione la pungolò al centro del petto quando vide la luce che accendeva gli occhi di Nojiko tra le braccia di Kidd.
 
I work hard
*he works hard*
Every day of my life
I work till I ache my bones
At the end
*at the end of the day*
I take home my hard earned pay all my own
 
Era identica a quella che accendeva gli occhi di Koala da quando lei e Sabo erano passati al livello successivo e non si poteva definire in nessun modo. Ma Perona era certa che qualunque cosa provassero le sue amiche, doveva essere una sentimento spettacolare almeno quanto i cerchi viola, rossi e blu che illuminavano il cielo in quel momento.
 
I get down on my knees and I start to pray
*praise the Lord*
Till the tears run down from my eyes
Lord!
 
Provò a concentrarsi sui fuochi ma la fastidiosa sensazione non accennava a diminuire. E fu solo quando sentì Koala scoppiare a ridere al suo fianco, per chissà che uscita di Sabo che capì di cosa doveva trattarsi, rimanendone quasi scottata.
 
Somebody
 
Invidia.
 
Somebody
 
Era invidiosa della risata di Koala, della felicità di Nojiko. Era invidiosa di quel sentimento che lei non era ancora riuscita a provare in tutta la sua vita.
 
Can anybody find me
 
Era invidiosa perché anche lei voleva innamorarsi.
 
Somebody to love
 
Per la prima volta quella consapevolezza le si riversò addosso come la luce dei salici dorati che cadevano lenti seguendo il ritmo della canzone.
 
*He works hard*
 Everyday
I try and I try and I try
But everybody wants to put me down
They say I'm goin' crazy
 
Non le era mai importato più di tanto. Certo desiderava trovare qualcuno, un giorno, con cui essere felice come lo erano i suoi fratelli. Ma fino a quel momento le era sempre bastato aiutare gli altri a trovare l’amore per sentirsi appagata e felice.
Cosa le prendeva tutt’a un tratto?
 
They say I got a lot of water in my brain
I got no common sense
I got nobody left to believe
Yeah, yeah, yeah, yeah
 
In fondo di tempo ne aveva davanti a sé.
E allora perché si sentiva lo stomaco così vuoto, come se di colpo le mancasse qualcosa?!
Istintivamente intrecciò le dita con quelle della mano di Ace che la teneva per il fianco. Era normale per lei, cercare un appoggio in lui, che  era da sempre la sua ancora.
Forse, rifletté mentre cuori e assi di picche esplodevano nel cielo intrecciandosi tra loro, anche per quello non aveva mai sentito il bisogno di un rapporto intimo e sentimentale. Aveva sempre avuto Ace su cui contare, sin da bambina. Lui era sempre stato lì per lei, il suo porto sicuro, la sua spalla e il suo complice.
Ma per quanto migliori amici fossero e per quanto Ace non l’avrebbe mai abbandonata, Perona sapeva che quel mutuo esserci l’uno per l’altra sarebbe inevitabilmente cambiato. Probabilmente anche prima di quanto avesse immaginato, considerato come si era comportata Sugar due giorni prima mentre erano a fare shopping.
 
Oh Lord
Somebody - somebody
Can anybody find me somebody to love?
 
Si girò per un attimo verso la cugina, che cantava a squarciagola con Izo e Kobi e piegò le labbra in un sorriso malinconico.
Non si era mai resa davvero conto delle ripercussioni che il suo ultimo progetto avrebbe avuto sulla sua vita ma ora lo vedeva bene. Eppure Sugar e Ace meritavano di essere felici e non sarebbe certo stata proprio lei a impedirlo, per una stupida, irrazionale paura.
 
Got no feel, I got no rhythm
I just keep losing my beat
I'm OK, I'm alright
I ain't gonna face no defeat
 
Ace ci sarebbe comunque sempre stato per lei, anche se non più con la stessa abnegazione di prima, di questo era certa.
Ciò di cui non era certa era se un Ace a metà le sarebbe bastato per sentirsi ancora completa.
Forse, era arrivato il momento di smettere di aiutare gli altri a trovare l’anima gemella e dedicarsi a se stessa e al proprio cuore.
 
I just gotta get out of this prison cell
Someday I'm gonna be free
 
In fondo sapeva da dove iniziare.
Non partiva da zero, come se non avesse nulla in mano. C’era qualcuno da trovare, anche se non era facile.
C’era il Fantasma dell’Opera.
Sì, c’era lui e…
 
Lord!
 
-Ehi Voodoo-
Si girò verso di lui e la testa le si svuotò di colpo, quando incrociò i suoi occhi con i propri e vide il suo sorriso.
 
Find me somebody to love
 
La mano di Ace salì un poco, attirandola più vicina.
A cosa stava pensando?!
 
Find me somebody to love
 
Il… Il Fantasma dell’Opera, giusto! Doveva trovarlo, doveva…
 
Find me somebody to love
 
Deglutì a vuoto quando Ace si accostò di nuovo al suo orecchio per farsi sentire sopra la musica.
-Ti piace lo spettacolo?- 

Find me somebody to love
 
Il Fantasma dell’Opera. C’era… c’era il Fantasma dell’Opera e lei doveva trovarlo o…
O… Oppure poteva… Poteva…
 
Find me somebody to love
 
La punta del naso di Ace sfregò contro la sua guancia quando si tirò indietro per poterla guardare di nuovo in viso.
Poteva…
 
Find me somebody to love, love, love
 
Era così vicino che sarebbe bastato un piccolo, minuscolo movimento.
 
Find me somebody to love
 
Piegò appena il capo di lato, aggiustando meglio la posizione. Le sue dita strinsero la maglietta di Ace.
 
Somebody, somebody
Somebody, somebody
 
Il corpo formicolava dappertutto, la pelle pizzicava, la testa girava, il cuore batteva impazzito. Eppure Perona si sentiva splendidamente.
 
Somebody, find me somebody,
Find me somebody to love
 
A cosa stava pensando?! Come si era trovata in quella situazione?! Ma che importava poi?!
 
Can anybody find me
 
-Spettacolare questo!!!-
La voce di Sabo risuonò come una cannonata nelle orecchie della rosa, che saltò su spaventata, girandosi di scatto verso il cugino.
 
Somebody to love
 
Con il respiro affannato e la testa annebbiata rimise lentamente insieme i pezzi, ricordandosi improvvisamente di essere al lago con tutti i suoi amici.
Di essere lì per guardare i fuochi d’artificio.
 
Find me somebody to love
Find me somebody to love
Find me somebody to love
 
I fuochi d’artificio, sì.
Assolutamente.
Solo ed esclusivamente per i fuochi d’artificio.
Si passò una mano sul volto leggermente sudato prima di posarla in mezzo ai seni, percependo il battito accelerato del proprio cuore.
Doveva essere impazzita.
 
Find me somebody to love
Find me somebody to love
Find me somebody to love
 
Cosa le era preso?!?
Doveva ammettere che forse aveva più paura di perdere Ace di quanto non volesse accettare visto quello che aveva quasi fatto.
Sì, era decisamente ora di provare a trovare il Fantasma se era quasi arrivata a tanto.
Ora ne era più convinta che mai.
 
Anybody, anywhere,
Anybody find me
Somebody to love, love, love, love
 
Ma, nonostante tutta la determinazione, fu più forte di lei scivolargli un po’ più vicina, quando Ace la strinse per le spalle, e accoccolarsi contro di lui com’era naturale per loro. A breve non avrebbe più potuto farlo.
Ma ora non voleva pensarci.
Dopo. Ci avrebbe pensato dopo.
 
Find me, find me, find me
 
Ora voleva solo guardare i fuochi d’artificio insieme ad Ace.
Solo quello.
Solo quello e nient’altro.
 
Love

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Fuochi d'artificio ***


L’intera ruota si illuminò di viola e arancione, seguendo il ritmo della canzone che si sentiva un po’ ovattata dall’interno della cabina.
-Nami…- ritentò Zoro, per la terza volta.
Era rimasto scioccato quanto lei nel ritrovarsi chiuso lì dentro in sua compagnia ma, a differenza di Nami, trovava idiota non approfittarne per cercare di parlare e chiarire qualsiasi cosa fosse successa tra loro.
Un dettaglio che, a dirla tutta, Zoro ancora ignorava perché in effetti Nami lo aveva sbattuto fuori di casa senza una vera spiegazione e quella considerazione lo fece improvvisamente imbestialire.
Passi l’impulsività, la testardaggine, il voler avere sempre ragione e anche le sue abitudini manesche. L’amava anche per quello, in fondo.
Ma per la prima volta da giorni, durante i quali il dolore sembrava averlo anestetizzato completamente, si rese conto che Nami si stava comportando da egoista e che, qualunque cosa lui avesse fatto, meritava una dannata spiegazione.
-Buzzurro ti ho detto di chiudere quella bocc…-
-Porca puttana, Nami!!! Una spiegazione me la devi!!!- esplose prima di riuscire a trattenersi.
La rossa si voltò sconvolta verso di lui, mentre luci rosse e blu li investivano, filtrate dal vetro. Aggrottò le sopracciglia, fulminandolo con lo sguardo più assassino che Zoro avesse mai visto in vita sua.
-Ti devo una spiegazione? Che c’è?! Non sei in grado di arrivarci da solo?! Davvero non immagini cosa sia successo?!?-
-Se sapessi che cos’ho fatto non avr…-
-Oh ma per favore! Smettila di fare il finto tonto, tanto non attacca! Così come non funzionerà questo trucco idiota che hai messo in piedi di farci chiudere qua dentro al solo scopo di parlare con me!-
Il verde sgranò gli occhi. Non sapeva se era più scioccato da quell’insinuazione o dal fatto che Nami lo credeva in grado di farsi venire un’idea come quella che, al di là dell’apparire contorta e macchinosa, risultava anche abbastanza romantica se si considerava che erano sospesi molti metri sopra il lago di Raftel durante uno spettacolo pirotecnico.
A dire il vero, che Nami pensasse che quella era stata opera sua era solo indice del malessere piscologico in cui la rossa versava e Zoro ebbe in quel momento la prova provata che la sua donna – sì era ancora la sua donna, sfidava chiunque a sostenere il contrario – stava male tanto quanto lui, se non di più.
Il che non aveva alcun senso.
-Nami se avessi saputo che cosa ho fatto, avrei già cercato di rimediare e non facendoci chiudere nella cabina di una ruota panoramica! Non è opera mia questa!- precisò, addolcendo appena il tono.
-Certo come no…- fu il commento della ragazza, che continuava testardamente a fissare atona, senza realmente vederli, le spirali, i fiori e i salici dorati che si alternavano nel cielo.
-Puoi almeno guardarmi?!-
-No!!!- urlò improvvisamente la rossa, girandosi però a guardarlo, gli occhi che traboccavano di lacrime.
-Non posso guardarti!!! Non ci riesco più dopo quello che mi hai fatto!!! Come hai potuto Zoro?! Come?!? Io mi fidavo di te!!! Mi hai promesso che saresti stato sempre sincero!!!-
Zoro boccheggiò, preso in contropiede da quella reazione.
-Ma si può sapere cosa ti prende?!? Io sono sincero!!! Lo sono sempre stato!!!-
-Non mentirmi!!! Lo vuoi capire o no che ho scoperto tutto?!? Lo so che ti sei fatto l’amante!!! Lo so che mi tradisci!!!-
-Io… Tu…- Zoro balbettò, stordito dalle sue parole -Che cosa?!?!-
-So tutto!! Valentina ti ha visto con lei all’Upper Yard e ho trovato nel tuo cellulare… ho… ho t-trovato il messaggio che hai mandato a Margaret!!! È la donna di tuo fratello, dannazione!! Come hai potuto fare una cosa del genere?!? Come fai a guardarti allo specchio la mattina?!?- 
Zoro sbatté le palpebre interdetto un paio di volte mentre lentamente tutti i pezzi andavano al proprio posto.
L’Upper Yard. Il messaggio a Margaret.
Si sfregò gli occhi con pollice e indice, appoggiando il gomito alla coscia, mentre una risata gli saliva alle labbra.
Nami sgranò gli occhi indignata.
-Stai… Stai ridendo?!?- urlò con un tono che sfiorava gli ultrasuoni -Cosa ti ridi, brutto bastardo?!?! Non è affatto divertente!!!-  lo aggredì, verbalmente e fisicamente.
-Nami, Nami, Nami!!!- la chiamò riparandosi senza troppa verve dai suoi colpi -È stato tutto un enorme malinteso!-
La rossa si immobilizzò con le mani a mezz’aria e lo fissò interdetta per un attimo.
-E tu ti aspetti che ci creda?!-
-Devi credermi- ribatté Zoro, indurendo la mascella -La ragazza con cui Valentina mi ha visto era Perona. La mattina della sua festa di compleanno l’ho portata all’Upper Yard per farla parlare con mamma. E il messaggio che era nel mio cellulare per Margaret era da parte di Law-
-Se non era nemmeno firmato!-
-Lui ha detto che non serviva. Lo conosci mio fratello no?!-
-Oh sì, molto comodo tirare in ballo tutta la tua famiglia! Come se non ti reggessero il gioco!- considerò Nami, incrociando le braccia sotto il seno.
-Pensi che Law coprirebbe la mia relazione con la sua ragazza?!?! Se osassi toccare Margaret senza intenzioni più che caste mi taglierebbe il braccio con la Nodachi senza pensarci due volte, fratelli o non fratelli! Dannazione Nami! Cerca di riflettere! Io non ti ho tradito, non lo farei mai! Ti amo, porco Roger!-
Nami trattenne il fiato, gli occhi ancora lucidi e il cuore impazzito.
Era così raro sentirgli pronunciare quelle parole e lei voleva così tanto credergli.
Lo voleva disperatamente.
Ma non poteva dimenticare i dubbi che l’avevano portata a cacciarlo di casa, non poteva cedere così facilmente.
-E… E allora tutti i regali che mi hai fatto in questi mesi?! Tutte le cene a lume di candela, i fiori, i cioccolatini?! Quelli come li spieghi, mister “io non ho fatto niente e non mi sento in colpa”?!?-
Il verde la guardò confuso e incredulo.
-Starai scherzando vero?! Mi stai accusando per averti fatto dei regali?!-
-No io ti sto accusando di essere cambiato tutt’a un tratto! Di esserti comportato come se volessi fare ammenda per qualcosa, come se ti sentissi in colpa nei miei confronti! Come se avessi l’amante, Zoro!!!-
-Io non ho l’amante!!!-
-E allora come me lo spieghi il tuo atteggiamento assurdo?!?-
-Non posso fare dei regali alla donna che amo?!?!-
-Potresti se non fossi Zoro Mihawk!!! Ma quello non sei tu e io voglio te, così come sei!! Io voglio te e ti voglio solo per me, voglio che tu sia mio e che ami solo me e…-
-Nami è così!!!-
-E allora perc…-
-Perché mi sentivo inadeguato!!!- tuonò il ragazzo, lasciando Nami senza parole.
Si fissarono alcuni secondi, affannati, finché Zoro non riprese a parlare, stavolta più calmo e pacato.
-Da quando Sanji mi ha detto che aveva intenzione di chiedere a Violet di sposarlo io ho cominciato a sentirmi inadeguato- ammise, passandosi una mano tra i capelli color menta -Perché la verità è che io non mi sento pronto per un passo del genere. Ti amo, sei la persona con cui voglio passare il resto della mia vita ma non me la sento adesso di sposarmi e non per te ma per me. Torciglio ha sempre avuto ragione, io non ti merito. E sì, hai azzeccato, mi sono sentito in colpa, in colpa per non poterti dare di più, per non essere il folle romantico che ti chiede di mandare al diavolo tutto e passare al suo fianco il resto della tua vita anche se è quello che voglio e sono solo uno stronzo che non può darti ciò che tu probabilmente desideri ma cosa posso fare Nami?! E allora ho fatto tutto quello che ho fatto, tutto per dimostrarti che anche se non riesco a chiederti di sposarmi per ora, sei tu la donna della mia vita, con cui voglio passare il resto dei miei giorni e che ti amo! E sì, lo so, lo so che non è abbastanza ma ci arriverò Nami, te lo giuro, ci arriverò e se vorrai aspettare ti farò la donna più felice del m…-
Zoro spalancò gli occhi, sorpreso, quando la mano di Nami si posò sulla sua bocca, tappandogliela. La rossa lo stava fissando incredula, gli occhi spalancati e pieni di lacrime e una strana luce ad accenderli.
Sembrava stesse partorendo un pensiero particolarmente difficile e che stesse lottando con la sua stessa testa. Perché in effetti tutto quello aveva senso.
Più del tradimento in sé, a farle male in quei giorni era stato non capire come e quando Zoro fosse diventato tanto meschino, era stato accettare che Zoro fosse diventato tanto meschino.
Ma ora si rendeva conto quanto fosse assolutamente ridicolo, ai limiti della fantascienza, pensare davvero che Zoro avrebbe potuto tradire lei e Law a quel modo, che Zoro avrebbe potuto ferire così suo fratello e lei, che era la sua migliore amica da sempre e che era diventata molto di più. 
Senza contare che Zoro non avrebbe mai e poi mai usato Perona per pararsi il culo.
E ora tutto aveva improvvisamente senso e quel discorso sul sentirsi inadeguato era così idiota e così da lui. E così ben fatto da non poter essere una scusa campata in aria di punto in bianco. Anche perché Nami dubitava che Zoro fosse abbastanza furbo da inventarsi una cosa del genere.
Ma più di ogni altra cosa gli aveva letto negli occhi che ogni parola era sincera e reale e questo era tutto ciò di cui aveva bisogno per credergli.
-Non mi hai tradito- mormorò con un filo di voce.
Non era una domanda.
Zoro scosse la testa e le afferrò delicato il polso per liberarsi la bocca.
-Certo che no- mormorò piano, guardandola dritta negli occhi -Mi conosci da 25 anni Nami. Sei la mia migliore amica. Sei capace di capire quando mento e sai che non l’ho fatto-
Nami boccheggiò senza parole, sopraffatta dal sollievo.
Il suo cuore stava tornando integro e si sanò completamente quando la mano grande e calda di Zoro si posò a coppa sulla sua guancia. Era così caldo e rassicurante e Nami si lasciò andare, chiudendo gli occhi e facendo sorridere Zoro, non con il suo solito ghigno ma con un sorriso di amore e sollievo e felicità.
Che però durò soltanto pochi attimi.
Una scarica di puro panico lo pervase quando Nami riaprì gli occhi e lo fulminò. Avrebbe potuto giurare che le sue ciocche rosse  e ribelli avessero preso a fluttuare intorno al suo capo tanto l’aria si fece improvvisamente elettrica intorno a lei.
Pareva un’erinni e Zoro valutò per un attimo di lanciarsi giù dalla ruota per sottrarsi alla sua furia ma il tempo di pensarlo  e Nami già lo stava picchiando a tutta forza.
-Cretino! Cosa ti è venuto in mente?!? Potevamo parlarne!!- lo accusò mentre Zoro sollevava le braccia per ripararsi -Chi ti dice che per me è un problema?! Pure io penso che sia troppo presto per sposarci!-
-Nami!- la richiamò per cercare di calmarla.
-Tu non sei affatto inadeguato okay?!?!-
-E allora perché mi stai picchiando?!?-
-Perché sei un cretino!!!-
Le mani di Zoro scattarono rapide a bloccare i polsi di Nami, immobilizzandola, e le sue labbra si posarono dolci ma decise su quelle della rossa. Nami non provò nemmeno a resistere, muovendo rapida la lingua per sgusciare nella bocca di Zoro e drogarsi del suo sapore che tanto le era mancato.
Senza sapere come, si ritrovò a cavalcioni su di lui, le dita strette spasmodiche ai baveri della sua camicia, le mani forti di Zoro strette sui suoi fianchi snelli, mentre il verde la marchiava sul collo, le spalle, le clavicole e ogni lembo di pelle morbida e bianca che riusciva a raggiungere.
Zoro trattenne a stento un ringhio quando Nami si strusciò contro il cavallo dei suoi pantaloni, che prese a gonfiarsi fino a tirare sui boxer e fargli quasi male.
-Nami…- ansimò roco mentre infilava le mani tra le sue ciocche e lei si staccò appena da lui e socchiuse gli occhi miele per poterlo guardare nel mezzo dell’obnubilazione in cui si erano ritrovati immersi d’un tratto.
Zoro ghignò sghembo, colpito da un pensiero improvviso.
-Lo hai mai fatto su una ruota panoramica, mocciosa?!-
Nami sobbalzò appena, provocandogli un fremito all’inguine e lungo la schiena, per prima di aprirsi in un malizioso sorriso.
Si chinò di nuovo verso di lui per riprendere a baciarlo ma qualcosa la distrasse un attimo prima di perdersi di nuovo tra le sue braccia. Si guardò intorno indagatrice mentre Zoro, ignaro di tutto, continuava a baciarla e a mugugnare di eccitazione e felicità.
-Ahn… Z-Zoro…- lo chiamò, combattendo per restare lucida.
-Che c’è?- domandò, la voce ovattata dai capelli di lei.
-La ruota… ha ricominciato a m-muoversi…- lo avvisò.
Il verde si fermò nel bel mezzo dell’esame anatomico che le stava facendo, tornando rapidamente in sé. Si girò verso il finestrino e si rese conto che il panorama stava lentamente cambiando, segno che stavano scendendo e tornando verso terra.
E per quanto la volesse e la ruota fosse alta, lui non durava poco – per fortuna sua e di Nami soprattutto – e il giro sulla giostra non durava abbastanza.
Con un grugnito appoggiò la nuca alla parete dietro di sé.
-Quel bastardo di un cuoco. Ci scommetto che ha pagato il giostraio apposta perché non avessimo abbastanza tempo per fare tutto. Vede cosa non gli combino all’addio al celibato- ringhiò mentre Nami scoppiava a ridere felice. 

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** La Lista ***


Si guardò con aria critica allo specchio, le mani sollevate a trattenere le ciocche rosa contro la nuca e una smorfia di incertezza sul volto.
-Allora voi dite su o giù i capelli?- domandò, inarcando appena la schiena indietro e guardando da sopra la propria spalla verso il computer aperto sulla scrivania.
-Giù!- risposero simultaneamente e senza esitazione Sugar e Koala.
Perona liberò i boccoli rosa, che le ricaddero sulle spalle e sulla schiena frusciando appena ma l’espressione di incertezza non voleva andarsene.
-Siete sicure?-
-Perché sei così dubbiosa?!- s’informò Koala, smettendo per un attimo di sfumare l’ombretto per girarsi verso la webcam incorporata nel suo portatile.
Il loro programma di trovarsi tutte a casa di una di loro per prepararsi insieme alla grande serata del ballo, che tutte aspettavano con trepidazione, era sfumato quando si erano accorte che, a parte la padrona della casa che avrebbero eventualmente sorteggiato come base operativa, le altre due avrebbero dovuto fare praticamente un trasloco.
Sia Perona che Sugar avevano due abiti tra cui scegliere da cui sarebbero inevitabilmente dipese le scarpe. Koala non aveva ancora deciso se indossare il corpetto di pizzo sotto al suo vestito, o indossare un semplice e comodo completo intimo non troppo lavorato o ancora se indossarne uno che fosse una via di mezzo, più comodo del corpetto ma più scenico di quello di cotone. Tutte e tre si truccavano con prodotti diversi a cui erano affezionate e mentre a Perona serviva l’arricciacapelli per rendere più definiti i suoi boccoli naturali, Sugar aveva intenzione di piastrarli mentre Koala, che voleva un’acconciatura spettinata, doveva lavorare di phon, spazzola e gel e non ci sarebbero state abbastanza prese nella stessa stanza per soddisfare tutte le loro esigenze.
Così, piuttosto che vedersi obbligate a trasferire mezzo contenuto delle loro scarpiere, dei vestiti che era un’impresa portare in giro e il loro intero armamentario di make-up, le tre amiche avevano optato per una videoconferenza su Skype. Il risultato era che erano connesse da ormai due ore, da due ore vagavano per le loro camere da letto in intimo e ancora non erano arrivate a un dunque.
Koala si stava truccando per distrarsi dalla questione lingerie, per Sugar era apparentemente diventato vitale scegliere prima di tutto la pochette che avrebbe usato e Perona si era focalizzata sui propri capelli perché non voleva la responsabilità di scegliere per prima l’abito e condizionare di conseguenza sua cugina.
-Non so- rispose la rosa con una stretta di spalle -Li porto sempre sciolti-
-Perché ti stanno bene così! Ci sono ragazze che ucciderebbero per avere i tuoi capelli- le fece presente Sugar mentre si sedeva alla propria scrivania e si metteva in bocca una ciliegia, lasciando da parte per un attimo la questione borsetta.
Con uno sbuffo di insoddisfazione mista a insicurezza, Perona smise di studiarsi nello specchio a figura intera di camera sua e si sedette a sua volta alla scrivania, posando gli avambracci al piano di legno. Studiò per un attimo le espressioni delle sue migliori amiche, i cui volti occupavano ciascuno metà del monitor del suo computer, e le trovò sull’orlo di un attacco di nervi esattamente come lei.
Era inutile girarci intorno, era evidente che tutte e tre ci tenevano a essere impeccabili per fare colpo su qualcuno e temevano di non riuscire ad esserlo.
Perona sobbalzò a quel pensiero. Sapeva fin troppo bene che Koala voleva essere al meglio per Sabo e sospettava che invece a Sugar interessasse apparire particolarmente bella agli occhi di Ace, ma lei?!
Per chi mai avrebbe voluto essere così bella e irresistibile?!
Il Fantasma dell’Opera forse?! Ma non sapeva nemmeno se lo avrebbe incontrato quella sera e comunque lui l’aveva già vista in abito lungo e con un trucco che la faceva apparire tutt’altro che sana e splendente e l’aveva trovata abbastanza attraente da ballare con lei e baciarla.
Sapeva già di piacergli se per caso erano destinati a incontrarsi, quindi perché tanta agitazione?!
Si rese conto che si sarebbe dovuta sentire elettrizzata ed emozionata e non mortalmente preoccupata di sbagliare look se il punto fosse stato davvero il possibile reincontro con lui.
Ma, come già detto, i capelli erano solo una scusa per non pensare alla faccenda che più la preoccupava. Il vestito.
-Sugar tu hai deciso cosa mettere alla fine?-
Perona sollevò la testa di scatto, come scottata. Non era la prima volta che si chiedeva se per caso Koala fosse in grado di leggerle nel pensiero. Fatto sta che la sua migliore amica sembrava capace sempre di toglierla dall’impiccio, prendendo in mano la situazione quando lei non riusciva a farlo e lo stava facendo anche in quel momento, che fosse consapevolmente o meno, obbligando Sugar a comunicare la propria decisione riguardo il proprio outfit per il ballo.
Ma con grande delusione di Perona Sugar sospirò consolata, segno che, no, non aveva ancora deciso.
-Non so davvero che fare! È da stamattina che provo e riprovo i due vestiti e non riesco a decidere! Forse preferisco quello nero ma…-
-No!!!-
Tutte e tre si zittirono e Perona sgranò gli occhi quando si rese conto che era stata lei a interrompere così bruscamente Sugar.
-Voglio dire…- si schiarì la gola, per prendere tempo e nascondere l’imbarazzo -…l’abito nero ti sta benissimo ma è molto… semplice! Sicuramente sarai la regina anche quest’anno e dovresti spiccare!- si spiegò, sudando freddo.
Si stava arrampicando sugli specchi ma doveva almeno provare a trovare una giustificazione al suo intervento, perché la verità la faceva sentire troppo una bambina capricciosa. E la verità era che voleva metterlo lei l’abito nero.
-Il viola è un colore sicuramente più audace e fa anche contrasto con i tuoi capelli…-
Lo voleva disperatamente. L’idea di non potersi mettere il vestito nero la stava mandando in panico, anche se non aveva senso. Non aveva senso perché intanto era solo un vestito e perché anche l’abito che Nami le aveva confezionato era stupendo e le stava benissimo. Eppure…
-… pochissima gente può permettersi il viola perché normalmente mette in risalto le occhiaie ma tu non ne hai e questa è una serata speciale che merita un abito speciale…-
Eppure voleva metterlo lei l’abito nero.
Ne aveva bisogno.
Anche se non sapeva perché.
-E… e…- balbettò, incapace di smettere di parlare.
-Perona ha ragione!- esclamò improvvisamente Koala, uscita dal momento di stupore per il mezzo grido che la sua migliore amica aveva lanciato un attimo prima.
Perona la cercò con gli occhi e stavolta ebbe la certezza che il suo intervento non era stato casuale. Stavolta le stava volutamente togliendo le castagne dal fuoco ma sapeva che non sarebbe stato senza tornaconto. Koala avrebbe voluto sapere cosa le era preso.
-Quello viola è molto più particolare e più difficile da mettere! Quello nero con un paio di sandali bassi puoi usarlo anche per una delle feste sulla spiaggia quest’estate. Dovresti approfittarne-
Sugar rimase zitta per un minuti abbondante se non di più, durante il quale Perona si ritrovò a un certo punto a trattenere il fiato, riflettendo sulle parole delle sue amiche. Quando tornò a guardare direttamente dentro la webcam era tornata la ragazza sicura di sé e della propria bellezza che era sempre.
-Avete ragione! E viola sia!- affermò convinta.
Un ridicolo e caldo sollievo investì Perona a quelle parole. Dovette farsi violenza per non sospirare rumorosamente e passarsi una mano sul volto come se avesse appena scampato un pericolo mortale.
Il suono di una quarta chiamata in entrata, che cercava di unirsi alla videoconferenza, le distrasse da quei pensieri all’apparenza tanto frivoli. Almeno finché non videro il nome del nuovo utente e subito tutte e tre pensarono che in fondo c’era qualcuno che riusciva a essere più frivolo di quei pensieri.
Perona cliccò per inserirlo nella videoconferenza.
-Ciao Izo- lo salutarono all’unisono.
-Non troppo entusiasmo, mi raccomando!- si lamentò all’istante il moro, mentre lo schermo si divideva in tre per fare spazio anche a lui.
Da quello che si riusciva a vedere, lui doveva già essere pronto e rilassato. I capelli raccolti nel suo solito impeccabile chignon, la camicia bianca perfetta, il gilet di cui aveva fatto un segno distintivo del proprio look. Doveva ammettere, Perona, che aveva stile. Non fosse stato che era anche lui al quarto anno, non le sarebbe affatto dispiaciuto andare al ballo in coppia con lui. Ma per poterci andare bisognava essere al quinto o essere in coppia con qualcuno del quinto.
Il che le ricordava…
-Come fai a venire al ballo Izo?! Non penserai di spacciarti per uno del quinto- domandò Perona, colpita improvvisamente da quel pensiero. Sapeva da settimane che Izo ci sarebbe stato ma non si era mai posta il problema prima.
Con un melodrammatico sospiro, Izo si lasciò andare contro lo schienale della sedia. -Ci avevo pensato ma alla fine ho chiesto a Laura Bark se voleva un fantastico, stiloso e fighissimo cavaliere e lei mi è quasi saltata addosso- affermò con soddisfazione.
Le tre ragazze si guardarono, una smorfia sul viso e dopo pochi istanti il sorriso scivolò dal volto di Izo.
-Sì è stato terribile- mormorò atono Izo prima di dare una manata alla sua scrivania e far sobbalzare le amiche -Comunque! Che ci fate ancora tutte svestite e ognuna a casa sua?! A quest’ora dovreste già essere tutte insieme a correre isteriche per la stanza, urlare e incendiarvi i capelli a vicenda!-
-Abbiamo cambiato programma- spiegò Koala -La limousine costava troppo e quindi abbiamo optato per la otto posti del papà di Kobi. Ci troviamo tutti a piazza Gyoncorde e Kobi ci viene a prendere lì. Volete venire anche voi?-
-Mi farebbe immensamente piacere ma purtroppo Laura ne occupa due da sola-
-Sei veramente uno stronzo Izo!- lo ammonì Sugar mentre Perona sospirava rassegnata.
-Sì, sì va bene, sono una brutta persona eccetera, eccetera…- tagliò corto Izo, estraendo un foglio piegato in sei dal taschino interno del gilet e mettendo su il suo peggior sorriso da gatto del Cheshire. -Ma guardate la brutta persona che ha qui- proseguì, sventolando il foglio davanti alla webcam.
Perona si accigliò e spostò subito la propria attenzione sulle due amiche, certa di trovarle perplesse quanto lei. Ma contro ogni pronostico, Sugar e Koala si erano alzate a metà dalle loro sedie, quasi potessero raggiungere fisicamente Izo attraverso l’etere e strappargli il foglio di mano.
-È quello che penso io?!-
-È la lista?!-
-A-ah!- annuì Izo.
-Lista?! Quale lista?!- chiese Perona, un po’ scocciata di essere l’unica a non capire l’importanza di quel foglio volante.
-È precisamente ciò che pensate- proseguì Izo, dispiegando il foglio con gesti teatrali -L’elenco dei possibili Fantasmi dell’Opera-
Perona si strozzò quasi con la propria saliva. Che aveva detto?! Aveva fatto una lista?!
E perché ne parlava con tanta leggerezza davanti a Sugar e Koala quando lei aveva chiaramente affermato di non voler assolutamente che nessuno a parte lui sapesse che… che…
E-ehi un attimo! Perché Sugar e Koala si comportavano come se aspettassero quella lista da un pezzo?!?!
-Voi sapete?!- domandò scioccata ma nessuno si curò minimamente di risponderle.
-Ci hai messo quelli che ti ho detto io?!- s’informò Koala e Izo annuì.
-Ovviamente! Beh il primo della lista è Lucci, inutile dirlo…- cominciò Izo sotto lo sguardo attonito della giovane Mihawk che continuava a spostare gli occhi da un volto all’altro, incredula e indignata -… poi Jabura…-
-Ma Jabura mi sembra difficile che riesca a stare zitto per più di due minuti- fece presente Sugar, scettica.
-Drake l’ho messo anche se con quel mascellone lo avrebbe riconosciuto subito ma non si sa mai…-
-E Bran?! Lo hai messo?!-
-Affermativo-
Cosa?!
-Bran?!? Ma è uguale a Zoro, sarebbe inquietante!-
-Poi Urouge…-
-Lo avrei riconosciuto se fosse stato Urouge!- protestò fuori di sé Perona, rimanendo inascoltata.
-…se riusciamo a farla ballare con tutti stasera ma è la migliore occasione…-
-Ehi!-
-…scremare un pochino la lista?-
-E chi tolgo?!-
-Ehi! Io sono qui!- tentò di nuovo.
-Hajrudin?!-
Che cosa?!?!
-Ehi!!! Allora!!! Hajrudin?!? Ma scherziamo?!? E allora mettiamoci anche Ace no?!?!- esplose alla fine la rosa, al limite.
Un silenzio tombale calò e tre paia di occhi si girarono verso Perona che sentì le guance prendere fuoco.
-C-che avete da guardarmi così?!- domandò, scocciata per dissimulare l’imbarazzo.
-Niente! Assolutamente niente!- rispose prontamente Koala anche se Perona aveva l’impressione che stesse trattenendo un sorriso soddisfatto. Il sopracciglio alzato di Izo invece, non era affatto un’impressione così come il fatto che Sugar avesse distolto lo sguardo.
Perona si portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio a disagio.
-Comunque com’è che sapete questa cosa voi?! Da quanto glielo hai detto Izo?!- cambiò argomento, ricordandosi improvvisamente che aveva tutto il diritto di essere indignata.
-Oh andiamo! Non ti aspettavi davvero che avrei tenuto la bocca chiusa! E poi mica potevo fare tutto da solo!-
Perona boccheggiò come un pesce fuor d’acqua, spostando gli occhi da un viso all’altro spaesata prima di nascondere il viso dietro alle mani, in un gesto di sconforto.
-Scusate- mormorò, sinceramente dispiaciuta -È che mi sento così patetica…-
-Non c’è niente da sentirsi patetici, Perona!- protestò immediatamente Koala, quasi arrabbiata per come l’amica si stava piangendo addosso.
-Infatti!- le diede subito manforte Sugar -Che male c’è a voler ritrovare un ragazzo che ti ha regalato un momento così romantico?!-
Perona le sbirciò da dietro le dita leggermente divaricate delle mani.
-Voi… voi credete?-
-Assolutamente sì!- annuì solenne Koala.
-E poi io mica mi sono sbattuto a fare questa lista per niente- protestò Izo con una smorfia.
-Stasera è la serata perfetta! Vedrai, lo troveremo sicuramente!- affermò Sugar e Perona si morse il labbro mentre il cuore le si scaldava.
Ripensò a tutte le persone che in quei mesi l’avevano contattata per farsi aiutare con le questioni di cuore. Ci doveva essere voluta una bella dose di coraggio anche se non conoscere l’identità del proprio interlocutore di certo aiutava. Ma forse era arrivato il momento per Miss Puck di avere coraggio e farsi aiutare. E si rendeva conto, Perona, di essere fortunata ad avere degli amici così. Non aveva motivo di sentirsi imbarazzata o patetica.
Piano si aprì in un sorriso e annuì sempre più decisa, per la soddisfazione di Izo, Sugar e Koala.
-E va bene! Facciamolo!- affermò per poi tornare mortalmente seria all’improvviso -Ma prima di iniziare sappiate che ci sono un paio di nomi che ho intenzione di depennare preventivamente- aggiunse con un tono che non ammetteva repliche.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** Lady in black ***


-Tesoro è ora di andare!-
-Arrivo!-
Con un’ultima giravolta Perona controllò di essere pronta per la serata. Fissò il proprio riflesso nello specchio, cercando di non sentirsi troppo compiaciuta da ciò che vedeva. Sapeva di avere spinto Sugar a scegliere l’abito viola più nel proprio interesse che in quello della cugina ma… insomma Sugar stava bene anche con un sacco di iuta informe! Sarebbe potuta andare in giro vestita da… da… da pesce martello e tutti si sarebbero comunque girati a guardarla!
Lei invece… non che non piacesse. Molti la trovavano bella ma a Perona non era mai importato essere il centro dell’attenzione. Lei preferiva sedersi in un angolo tranquillo con un libro, magari sui fantasmi o sul voodoo. E se andava al cinema preferiva di gran lunga gli horror ai film-evento che invece facevano andare fuori di testa tutti gli altri. E questo, unito al suo carattere forte e a volte un po’ dispotico le avevano fatto perdere attrattiva.
Non che la cosa le importasse, non era mai stata sola. Tra la sua famiglia e i suoi amici sapeva di essere amata e non desiderava niente di più. E chi la conosceva bene non l’avrebbe mai definita dispotica o irritante. Chi la conosceva bene sapeva che non era dispotismo il suo ma testardaggine. E che il più delle volte s’impuntava e arrabbiava solo perché si sentiva insicura.
Ma anche se non le era mai importato prima, quella sera, per la prima volta, si era scoperta a desiderare di sentirsi un po’ principessa anche lei.
E se per Sugar l’abito non faceva alcuna differenza, perché lei sarebbe stata comunque la regina e lei stessa aveva affermato che era indecisa solo perché il viola le sembrava troppo audace, per Perona poter mettere quel vestito faceva tutta la differenza.
Le balze cadevano alla perfezione, il corpetto bilanciava la sua figura e poi… ci teneva davvero tanto a vestirsi di nero. Il motivo non sapeva dirlo neanche lei.
Prese un profondo respiro e con un’ultima smossa ai capelli, afferrò la sua pochette e uscì dalla sua stanza, scendendo rapida le scale per quanti i tacchi glielo consentissero.
-Eccomi!- annunciò, fermandosi sulla soglia della sala da pranzo dove tutti i suoi fratelli erano riuniti con i rispettivi partner per cenare lì su invito di Drag e Boa.
Otto paia di occhi si voltarono e Perona sgranò i propri, desiderando all’istante di non averlo fatto, di non essersi soffermata lì anziché uscire diretta urlando un “ciao, buona serata”. Avrebbe dovuto immaginarlo, sì, avrebbe dovuto. Si maledisse mentalmente continuando a ripetersi che avrebbe dovuto immaginarlo, che sarebbe andata a finire così.
Se quando Koala, Nojiko e le altre erano rimaste colpite da quanto bene le stesse il vestito si era sentita lievemente imbarazzata, ora avrebbe voluto che il pavimento si aprisse e la inghiottisse.
Boa, Margaret, Robin e Nami la guardavano emozionate, Rufy le aveva lanciato solo una distratta occhiata mentre continuava a spazzolare le patatine mentre Drag, Law e Zoro…
Decifrare i loro sguardi sarebbe stato arduo anche per un crittografo.
Zoro oscillava dall’orgoglio fraterno alla disapprovazione, probabilmente perché stava già pensando a quanti ragazzi avrebbero cercato di attaccarsi a sua sorella quella sera.
Law sogghignava  ma le sue pupille erano ridotte a due capocchie di spillo, il che gli conferiva un’aria psicopatica abbastanza inquietante. Perona era certa che stesse elencando mentalmente tutte le torture a cui avrebbe sottoposto chiunque avesse osato allungare un po’ troppo le mani su di lei.
E infine suo padre la fissava con un’espressione che aveva un che di stoico, il mento sollevato, la mascella contratta e…
Kami del cielo ma perché aveva gli occhi lucidi?! Stava andando al ballo, mica in guerra!
-Perona sei stupenda!- esclamò Nami mentre Boa si alzava e usciva dal salotto in fretta e furia.
-Vado a prendere la macchina fotografica!-
-Mamma…- provò a fermarla inutilmente con un sospiro.
-Non puoi mettere qualcosa sulle spalle?- domandò Zoro.
Perona sbatté le palpebre interdetta -Come?!-
-Zoro!- lo ammonì subito Robin con un sorriso serafico.
-Potrebbe avere freddo!-
-È metà Giugno!-
-Lo hai preso lo spray al peperoncino?!- fu il turno di Drag di domandare.
-Cosa?!-
-Guardate che va solo al ballo della scuola!- fece presente Margaret, trattenendo una risata.
Kami doveva scappare da lì! Era un manicomio altro che famiglia!
Una luce improvvisa la accecò, obbligandola a chiudere gli occhi e schermarli con la mano.
-Accidenti c’era il flash! Scusa!- sentì sua madre esclamare mentre cercava di scacciare la miriade di puntini neri che le ostruivano la visuale.
Serrò le palpebre e premette i polpastrelli sugli angoli interni degli occhi, attenta a non sfregare per non rovinarsi il trucco. Quando riuscì finalmente a vederci di nuovo, Robin era accanto a lei, un braccio posato sulle sue spalle e sembrava stesse cercando di nasconderla al resto della famiglia.
Sorrise grata alla sua sorellona, sempre pronta a correre in suo aiuto.
-Apri la pochette- mormorò con voce cospiratoria la mora -Presto-
Perplessa, Perona fece come richiesto e osservò incredula la mano affusolata di Robin che lasciava cadere all’interno della sua borsetto due piccoli incarti colorati e quadrati, che assomigliavano un po’ troppo a… a… preservativi?!
Sollevò di scatto il capo, gli occhi sgranati, e incrociò lo sguardo ceruleo di sua sorella che le sorrideva, materna e complice.
-Robin- soffiò incredula e sconvolta.
-È solo per precauzione-
Perona boccheggiò un paio di volte prima di decidere che era meglio lasciar perdere e la soluzione era solo una. Fuggire. Il più lontano possibile.
-Okay! Allora buona serata! Law ti aspetto in veranda!- annunciò, dirigendosi a fulmine verso l’ingresso.
Quando avevano saputo che Perona sarebbe dovuta andare fino a piazza Gyoncorde da sola, nessuno aveva voluto sentir ragioni e alla fine avevano concordato che Law l’avrebbe accompagnata con la macchina intanto che la cena finiva di cuocere.
-Okay, arrivo subito!- l’avvisò il fratello mentre Perona già apriva la porta e si fermava solo un istante per lasciar entrare Nekozaemon, che le regalò un miagolio di ringraziamento.
Si richiuse l’uscio alle spalle e inspirò a pieni polmoni l’aria tiepida di inizio estate, cercando di calmare i nervi. Chiuse gli occhi, concentrandosi sul proprio respiro.
Era così emozionata per il ballo e tesa al tempo stesso.
E il piccolo momento conviviale appena vissuto non aveva certo aiutato ma Perona non riuscì a trattenere un sorriso nel ripensare allo sguardo omicida di Law, a suo padre che tratteneva le lacrime e in generale a tutto lo scompiglio che il suo ingresso in salotto aveva creato.
Erano una manica di pazzi ma non li avrebbe cambiati per niente al mondo.
-Mediti?!-
Perona riaprì gli occhi di scatto al suono di quella voce e il cuore le perse un paio di battiti quando mise a fuoco Ace che avanzava lungo il vialetto di casa Mihawk, le mani in tasca e un sorriso sul volto. Un fremito la scosse mentre lo squadrava da capo a piedi, almeno finché il suo cervello non registrò com’era effettivamente vestito.
I pantaloni neri gli fasciavano le gambe già lunghe e lo slanciavano ancora di più, il blazer metteva in risalto le spalle e il fisico asciutto solo che…
-Hai… hai veramente messo una T-shirt per venire al ballo della scuola?!- domandò incredula la rosa.
-Con una cravatta disegnata sopra!- fece presente Ace, indicando il disegno in questione con entrambe le mani. Gli angoli della bocca di Perona tremarono mentre la ragazza decideva se ridere o rimproverarlo per la sua mancanza di serietà pure quella sera.
Poi si ricordò che nella sua pochette c’erano due preservativi, ai frutti tropicali se non aveva visto male, e decise che non c’era proprio nessuna ragione per voler essere più seri di una qualunque serata normale passata in compagnia. Una cristallina risata riecheggiò nell’aria, deliziando le orecchie di Ace.
-Oh beh! Direi che è perfetto per te!- commentò Perona, scendendo le scale del portico per avvicinarsi a lui. Ma si immobilizzò quando vide Ace trattenere il fiato -Ehi! Che succede?!-
-Niente io…- balbettò il ragazzo, cercando di mettere insieme una frase coerente, incapace di smettere di squadrarla da capo a piedi -Sei bellissima- 
Perona prese fuoco.
-Grazie- mormorò, sorridendo e torturandosi una ciocca di capelli.
-Hai messo il ciondolo che ti ho regalato io- notò il piccolo fantasmino rosa in vetro satinato Ace, sorridendo con calore.
-Lo metto sempre!- protestò Perona, accigliandosi.
-Si ma non ero sicuro che lo avresti messo stasera. Ad Halloween…-
-Ad Halloween avevo paura di rovinarlo col cerone ma non avevo nessun motivo per non metterlo stasera-
-Vero- concesse Ace, avvicinandosi ancora e squadrandola così intensamente che Perona temette che la pelle le sarebbe andata in ebollizione.
-E quindi c-cosa fa qui?- domandò svelta per cambiare argomento -Dovevamo vederci a piazza Gyoncorde-
Ace si strinse nelle spalle -Ho solo pensato che potevamo andarci insieme. Non mi piaceva l’idea che ci andassi da sola-
-Ma così hai allungato la strada- protestò debolmente la rosa mentre lo stomaco le sfarfallava all’idea che Ace si fosse preoccupato per lei.
Cosa le prendeva?! Ace si preoccupava sempre per lei, dove stava la novità?!
-E qual è il problema? L’ho sempre fatto per te-
Okay, perché continuava ad avvicinarsi?!
-N-no, nessun problema- scosse appena il capo, sollevando un’ondata di fragola. -Se… cioè se non è un problema per te…-
-Non lo è- confermò con uno di quei suoi sorrisi che illuminavano a giorno anche la più buia delle sere -Già che non mi hai picchiato per come mi sono vestito, mi reputo l’uomo più fortunato della serata- sollevò un sopracciglio e Perona rise di nuovo.
-Devo ammetterlo, ti ci vedrei con la camicia ma so che non sarebbe da te. A meno che non sia a maniche corte e con sopra degli sgargianti hibiscus-
Anziché mettersi a ridere come Perona si sarebbe aspettata e aveva sperato, Ace aggrottò le sopracciglia, guardandola quasi dispiaciuto.
-Sabo ti ha detto delle camicie hawaiane?!- s’informò, in uno dei suoi momenti di disarmante ingenuità, che sempre spiazzavano Perona, anche perché molto rari per lui.
-Eh?! Di che stai…- fece per domandare ma si fermò immediatamente, mettendo da sola insieme i pezzi.
Sapeva che Sabo e Ace, e Kobi per estensione, erano decisi a fare qualcosa di idiota quella sera, a loro dire per rendere la serata indimenticabile. Sapeva che avevano coinvolto un bel po’ di altri compagni del quinto ed era abbastanza certa di avere visto di sfuggita sul  Whattsapp del proprio migliore amico un gruppo dal titolo “Vai con le Hawaii” e che, su suddetto gruppo, qualcuno gli aveva mandato la foto di una collana di fiori di stoffa con scritto: “queste sono quelle che costano meno”. Ma lì per lì Perona non si era preoccupata di scoprire a cosa mai potesse servirgli una collana di fiori finti. Era certa che fosse per qualche festa organizzata da qualcuno, per celebrare la fine della scuola, di cui non era stata ancora informata o a cui semplicemente non era invitata.  
Ma ora aveva tutto improvvisamente più senso e il fatto che Kobi avesse insistito per usare la otto posti di suo padre anziché la limousine, che avevano prenotato con settimane di anticipo  proprio per non dover pagare troppo, risultava di colpo sospetto.
-Ace…- chiamò piano, tornando a guardarlo dopo la propria riflessione -Non avete intenzione di trasformare il ballo della scuola in una festa hawaiana vero?!- domandò con cautela. La luce che si accese negli occhi dell’amico fu più che sufficiente come risposta ai suoi sospetti. -Ace!!!-
-Ehi guarda che non è partita da me l’idea! Io l’ho solo appoggiata! E comunque abbiamo preso collane di fiori per tutti così nessuno resta escluso!-
-Kami non posso crederci! Ma perché?!?-
-Perché è divertente! E quando vedrai il Prof con la collana di fiori finti anche tu penserai che sono un genio!- ribatté prontamente, giocandosi la carta del prof. Cora, che avrebbe fatto da sorvegliante insieme a Natsuki quella sera.
Perona portò le mani ai fianchi e assottigliò lo sguardo, indagatrice -Che sei un genio? Avevo capito che l’idea non fosse partita da te-
Le orecchie di Ace diventarono improvvisamente rosse e il ragazzo si portò una mano alla nuca corvina. -Beh io… S-sai parlando di fiori, mi è venuto in mente che ho qui una cosa per te!- deviò prontamente il discorso, infilando la mano nella tasca dietro dei pantaloni, singolarmente rigonfia.
Perona stava già per ammonirlo e rimproverarlo ma la gola le si seccò quando vide che Ace aveva in mano una scatolina trasparente, contenente una piccola composizione floreale da agganciare al polso. I petali dei fiori erano larghi e morbidi come onde e quelli chiari sembravano quasi irradiare luce tanto erano candidi, nonostante la screziatura rosata sul bordo. A creare contrasto c’erano due fiori di un viola così denso e scuro da sembrare nero.
-Volevo fartelo fare tutto scuro. Ma immaginavo ti saresti vestita di scuro e così ho pensato…-
-È perfetto!- lo interruppe Perona, gli occhi pieni di emozione e incredulità -Ma A-Ace non dovevi… cioè…-
-Lo abbiamo fatto tutti- la avvisò subito il moro -Cioè io, Sabo e Kobi. Ci siamo messi d’accordo per prenderveli. Ho pensato di pensarci io al tuo perché sono quello che conosce meglio i tuoi gusti. A-almeno su carta- aggiunse, con un lieve imbarazzo.
La rosa lo fissò vagamente in trance. -Avevi ragione- confermò, la voce ridotta a un sussurro.
-Posso?- chiese Ace, indicando con un cenno il polso nudo dell’amica. Perona stese il braccio e osservò rapita le dita di Ace che posizionavano con delicatezza il fiore sul suo braccio, sfiorandole appena la pelle candida e morbida e provocandole un brivido lungo tutto l’arto, fino al lato sinistro del suo petto.
-Ti sta proprio bene- commentò soddisfatto Ace, spostando poi gli occhi dal suo polso alle sue iridi scure come l’ossidiana. Fu come una piccola scarica elettrica che li fece sobbalzare entrambi quando i loro sguardi si incrociarono. Come due pezzi di un puzzle che trovavano il loro perfetto alloggio dopo una lunga e agognata ricerca.
Perona provò a inspirare profondamente ma l’aria intorno a loro si era fatta densa. E non che per lei fosse un problema. Cioè non era come se respirare fosse più vitale che starsene lì a perdersi negli occhi di Ace.
Fece per muoversi verso di lui, guidata da una qualche forza superiore non meglio identificata.
-Penso che d-dovremmo andare!- affermò Ace, risvegliandola di botto. Perona sobbalzò e si rese conto che il suo cuore aveva accelerato a mille e che non riusciva a smettere di tremare.
Una sensazione di inquietudine mista a eccitazione si impadronì di lei. Sentiva qualcosa, al centro del petto, qualcosa che diventava sempre più definito ma che ancora non riusciva ad afferrare pienamente. Se si fosse concentrata forse…
-Non vorrei fare tardi a cena perché poi faremmo tardi al ballo e poi chi la sente Sugar…- continuò a parlare a raffica Ace e Perona scosse appena il capo.
Aveva ragione lui, dovevano andare. A quella strana sensazione ci avrebbe pensato più tardi, quello non era il momento e non era nemmeno una priorità a dirla tutta.
Il “click” della porta di casa che si apriva alle sue spalle la fece tornare del tutto alla realtà. Si girò mentre Ace si sporgeva di lato, in tempo per vedere Law e Zoro, già lanciati verso il vialetto, bloccarsi a metà delle scale del portico.
-Oh! Ace!- esclamò Zoro. -Che fai qui?- chiese il verde, indagatore.
-Ah, uh… ehhhhh… io…-
-Prova a comprare una consonante- sussurrò Perona, con un guizzo divertito negli occhi scuri.
Law finì di scendere i pochi gradini, impassibile -La accompagni tu?- domandò asciutto, guardando dritto in viso il moro che poté levarsi dall’impiccio di produrre una risposta verbale, limitandosi ad annuire.
-Eh?!- saltò su Zoro, guardando il fratello come se lo avesse appena tradito -Dovevamo accompagnarla noi!- protestò.
-Tecnicamente dovevo accompagnarla io. Poi tu ti sei voluto aggregare-
-È mia sorella!- esclamò il verde e Law sollevò un sopracciglio.
Senza degnare Zoro di una risposta, tornò a concentrarsi sui due ragazzi di fronte a sé. Perona si era agganciata al braccio di Ace che la stava sostenendo attento a non pestarle la gonna lunga.
-Ti ritengo direttamente responsabile di lei, chiaro?- lo ammonì glaciale il chirurgo.
Ace indurì lo sguardo, determinato e fiero. -Potete stare tranquilli-
Law parve soddisfatto della risposta perché, dopo pochi istanti, ghignò sghembo e annuì, mentre Zoro incrociava le braccia al petto.
-Bene, allora potete andare-
Perona fece roteare gli occhi, scettica, stringendo un po’ di più il braccio di Ace e strattonandolo appena. -Sì andiamo, non vorrei che con tutto questo testosterone la casa saltasse in aria- commentò, facendo la linguaccia ai due fratelli.
Si avviarono lungo il vialetto, Perona ridacchiante e Ace sereno e contento. Entrambi erano certi che quella serata sarebbe entrata negli annali.
Avevano appena messo i piedi sul marciapiede che Ace la squadrò un’ultima volta.
-Lo sai? Non so se ti ho mai detto che mi piaci un sacco quando ti vesti di nero-
Perona sgranò gli occhi e sobbalzò mentre un’improvvisa sfilza di ricordi, cronologicamente in disordine, le attraversava la mentre in un flash.
Quella volta che lo aveva praticamente costretto ad accompagnarla a fare shopping.

“Secondo me devi prendere quella nera, Voodoo. Ti sta decisamente molto meglio”

Quando alle elementari avevano fatto il laboratorio di cucina.

“Che problema c’è se è rimasto solo il grembiule nero?! Ti sta bene il nero! Rosa e nero stanno benissimo insieme!”

La prima volta che Perona era uscita con un ragazzo.

“Quello verde… Sì, no, lo so che dico sempre che sei più bella con il nero… Lo so, Voodoo, ma  stasera mettiti il vestito verde okay?!”

E altre quattro o cinque volte che non riusciva a ricordare con precisione ma che erano lì, nel suo subconscio, a fare il proprio lavoro, condizionandola.
Perona smosse le spalle con una noncuranza che non provava affatto. -Sì, forse me lo hai accennato… una… una volta o due…- mormorò ricominciando a camminare al suo fianco.
 

§
 

Zoro emise un potente soffio dal naso, gli occhi ancora fissi su dove un attimo prima sua sorella e Ace erano scomparsi alla loro vista.
-Sarà meglio per lui che tenga le mani a posto- masticò il verde, ringhiando appena.
Strusciando i piedi sul ghiaino del viottolo, si girò per rientrare in casa ma la voce del fratello lo fermò sul limitare della veranda.
-Zoro, aspetta- lo chiamò Law -Non rientrare-
Perplesso, Zoro si girò interrogativo verso di lui.
-Loro non sanno che Ace è passato a prenderla. Pensano che dobbiamo accompagnarla noi-
-E quindi?- si strinse nelle spalle Zoro.
-Si aspettano che stiamo fuori per un po’. Se rientriamo in casa non troveremo una scusa migliore per uscire di nuovo- proseguì Law, con sguardo eloquente.
Zoro lo fissò perplesso alcuni istanti.
-Law ma di cosa…- cominciò ma si bloccò quando finalmente riuscì a capire cosa passava nella testa di suo fratello.
La comprensione si dipinse sul suo viso e un ghigno sghembo gli piegò le labbra, mentre si scambiavano un’occhiata complice e per niente rassicurante. 

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** Squadra Speciale Falcon ***


-Riesci a vedere qualcosa?- domandò Law, allungando il collo.
Zoro lanciò un’occhiataccia a Rufy, che imperterrito s’ingozzava rumorosamente di  Pringles, masticandogli nell’orecchio, per poi tornare a sbirciare attraverso la finestra.
-Poco, non è una posizione molto favorev… ehi aspetta! Le ha messo un braccio intorno alle spalle!-
-Cosa?!- saltò su Law, saltandogli quasi sulla schiena -Sei sicuro?!-
-No sicuro no ma sembra! E non mi stupirebbe. È da quando sono bambini che ogni volta che ha l’occasione di allungare le mani lo fa- ringhiò baritonale il verde.
-Io ho un ricordo…- annunciò una voce alle loro spalle. I tre ragazzi accovacciati fuori dal Water Seven Grill si voltarono, Rufy ficcandosi in bocca una mostruosa manciata di patatine -…di una scena molto simile a questa, anche se è successo fuori dall’Upper Yard e ben dieci anni fa. Ora, io all’epoca avevo ventun’anni e mi trovavo sotto la finestra del ristorante insieme a due di voi e al resto della vostra compagnia a spiare una ragazza e Law se ne stava in piedi appoggiato a un lampione a otto chilometri di distanza e ci guardava con disapprovazione. Adesso, che di anni ne abbiamo trentuno, quello appoggiato al lampione sono io e sotto alla finestra a spiare sua sorella diciottenne c’è Law. Chi è che si comporta da immaturo per la propria età?- domandò, ricordando le parole di Law di quella famosa sera. I fratelli Mihawk fulminarono il rosso con un’occhiata.
-Ricordami perché è qui- mormorò Zoro.
-Perché mi ha telefonato e mi ha chiesto dov’eravamo e io sovrappensiero gli ho detto tutto e lui ha minacciato di chiamare Margaret se non gli dicevo immediatamente dove ci trovavamo per raggiungerci- snocciolò Law tra i denti, chiaramente infastidito dall’avvenimento.
-Ehi!!! Ti riferisci a quella volta che siamo andati a spiare Nami, vero Pen?!- esplose Rufy all’improvviso, colto da un’illuminazione.
-Precisamente Rufy! Precisamente!- esclamò Pen sorridendo.
Zoro e Law si girarono increduli verso Rufy che li guardò di rimando con tanto d’occhi, come a chiedere cosa ci fosse che non andava.
-E lui perché è qui?- fu il turno di Law di domandare, senza staccare gli occhi dal cognato.
-Perché prima mi sono sbagliato e anziché uscire dal vialetto ho fatto il giro della casa, lui mi ha visto, è uscito urlando il mio nome e ce lo siamo dovuti portare dietro o avrebbe raccontato che io e te stavamo andando da qualche parte senza Perona e avrebbero capito tutto- rispiegò atono Zoro.
-Ah certo. Perché di certo le donne della vostra famiglia, una delle quali ha un quoziente intellettivo uguale se non superiore a Vegapunk, non si saranno già insospettite nel non vedervi tornare e non intuiranno mai cosa state facendo- intervenne di nuovo Pen, con sarcasmo.
-Lo sai?- mormorò Zoro, girandosi verso il fratello -Almeno avere Rufy in famiglia non è dipeso né da me né da te. Ma lui, Law, lui te lo sei scelto-
-Pen se sei venuto fin qui per farci la paternale…- cominciò il moro, riuscendo ad apparire minaccioso nonostante la posa alla Gollum che aveva assunto.
-Sono qui perché qualcuno vi dovrà pur impedire di rovinare la serata a Perona-
-Noi non stiamo rovinando niente a nessuno!- protestò Zoro, mentre Rufy spostava lo sguardo da uno all’altro come se stesse seguendo una partita di ping-pong, continuando a mangiare -La stiamo solo tenendo d’occhio e…-
-E avete già minacciato di morte Ace almeno cinque volte, Kobi due e non credete che io non abbia notato la vostra reazione quando Sabo e Izo l’hanno salutata con un bacio. Dannazione, uno è vostro cugino e l’altro è gay!-   
-Non siamo cugini di sangue- protestò subito Law, ignorando la vocina interiore che gli faceva presente che quella era la frase che da sempre ignorava quando qualcuno gli ritorceva contro il rapporto che lui aveva con Monet.
-E loro non stanno organizzando un’orgia! Sono solo otto ragazzi che sono fuori a cena prima di andare al ballo della scuola okay?!- si spazientì, indicando il tavolo di Perona, Sabo e gli altri -Beh… Forse erano in nove e la ragazza insieme ad Izo se ne è mangiato uno…- ritrattò, scrutando con più attenzione all’interno del locale -Comunque il punto è che dovete finirla di essere così apprensivi!-
Law si alzò in piedi e si diresse a grandi falcate verso l’amico, fermandosi a pochi passi per fronteggiarlo -Da quando sei diventato il paladino dell’adolescenza?-
-Law non sono qui per ficcare il naso d’accordo? Ma so già che la cosa finirebbe per sfuggirvi di mano e nemmeno voi volete che Perona vi odi-
-Ah quindi ora sei preoccupato per noi?- domandò Law, testardo.
-Fufufufu! Tutto questo mi ricorda i bei vecchi tempi! Non è elettrizzante Croco?-
Law si girò verso Zoro che lo guardò di rimando, perplesso quanto lui. Avevano sentito bene?
-Quasi non riesco a contenere l’entusiasmo- la voce di Croco li raggiunse, monocorde e priva di verve -Era precisamente così che avevo pensato di passare una delle poche serate con la casa libera fino all’alba. A spiare nostra figlia in griglieria-
-Allora volete stare zitti che non sento niente?!- sibilò la voce che per i due ragazzi era la più famigliare di tutte.
-Ehi ma non è la voce di Drag quel… mppfffgh- bofonchiò Rufy quando Zoro lo atterrò e gli tappò la bocca, rimettendosi poi subito in ascolto.
-Ehi amico, riesci a vedere Sabo?! Come se la cava con Koala?!-
Rufy, a terra sotto alla mole di Zoro si illuminò nel riconoscere l’ultimo uomo che aveva parlato -‘nkk’!!- esclamò in un mugugno.
-Rufy non muoverti chiaro?- sibilò il verde, puntandogli contro l’indice e il ragazzo annuì con il capo.
Zoro lo lasciò andare e si precipitò insieme a Pen e Law verso il punto in cui il muro della griglieria si piegava a formare un angolo. Rimanendo nascosti dietro alla parete sbirciarono oltre l’angolo in tempo per vedere Drakul fulminare da sopra la spalla il proprio migliore amico. -Credevo fossi venuto per aiutarmi a tenere d’occhio mia figlia- sibilò contrariato.
Shanks sollevò un sopracciglio. -Questo non mi impedisce di informarmi sui progressi di mio figlio!-
-Ah ragazzi- mormorò mellifluo e conciliante Dofla, abbracciandoli entrambi per le spalle -Non litigate in un momento così glorioso. La Squadra Speciale Falcon è di nuovo riunita e in azione- affermò il biondo, con un inquietante ghigno.
-Squadra Speciale…- mormorò Law incredulo.
-…Falcon?- concluse Zoro con lo stesso tono scioccato del fratello.
I due Mihawk si guardarono con espressioni indecifrabili e un suono raschioso richiamò la loro attenzione. Si girarono verso Pen.
-Ora, considerato che rischiate di diventare così, ti sembra davvero molto strano che io sia preoccupato per voi?- domandò il rosso e Law lo fissò senza parole qualche secondo, provando una fastidiosa quanto intensa sensazione che somigliava pericolosamente a uno slancio d’intenso affetto verso il proprio migliore amico e che gli fece quasi perdere il controllo e cedere all’impulso di abbracciarlo.
Ma prima di riuscire a fare qualsiasi cosa, che fosse abbracciare Pen o tirare una testata alla parete blu del Water Seven Grill per tornare in sé, Rufy li saltò via come un atleta con la cavallina, appoggiandosi al muro per darsi la spinta con un balzo degno di un babbuino.
-Shaaaaanks!- ululò con giubilo il ragazzo, che doveva avere resettato il cervello e cancellato le raccomandazioni fattegli da Zoro, lanciandosi verso il suo idolo di sempre con la stessa grazia di un bulldozer. E l’impatto per i membri della SSF fu più o meno lo stesso. Shanks, Dofla e Drag finirono gambe all’aria nella ghiaia. Croco ebbe la prontezza di spostarsi un passo di lato, osservando atono la scena.
-Com’è sempre vivace questo ragazzino- commentò Croco, con il tono e lo sguardo di uno che lo avrebbe volentieri uncinato al muro.
-Rufy?!- domandò Shanks, stranito.
-Cosa fai qui?- chiese Drag, ma non aspettò nemmeno la risposta. Insospettito si avvicinò alla parete da dietro la quale Rufy era spuntato solo per trovarsi davanti il sangue del proprio sangue che cercava di farsi inglobare dal muro. -Cosa state facendo?-
Pen sollevò un sopracciglio, Zoro grugnì e Law si staccò dal muro per fronteggiare il padre. Croco, Dofla e Shanks con Rufy a rimorchio apparvero alla spalle di Drag.
-Ma che bella rimpatriata- commentò il biondo, sistemandosi il boa sulle spalle.
-Anche voi qui ragazzi?! Che combinate?!-
-Non è chiaro, Shanks? Giocano alla caccia al tesoro- ironizzò Croco.
L’intero scambio di battute sarebbe potuto anche non essere stato percepito dai due Mihawk, ancora impegnati a sostenere lo sguardo del padre che ora li fissava con le braccia al petto e un certo cipiglio.
-Non sarete qui per spiare Perona?- domandò, pur conoscendo già la risposta, il rimprovero che vibrava nella sua voce.
Zoro sgranò gli occhi, indignato.
-Scusa?! Non siete certo capitati qui per caso facendo due passi tra amici, voi quattro!-
-È una cosa diversa Zoro!- tagliò corto Drag, usando il suo tono autoritario.
-E come, se posso saperlo?-
-Io sono il padre e ho tutti i diritti…-
-E loro allora?- lo fermò Law, freddo e determinato a spuntarla, indicando gli zii -Se loro possono stare qui allora possiamo anche noi-
-Loro sono qui perché gliel’ho chiesto io, Law-
-E perché non lo hai chiesto a noi?!- si alterò ancora di più Zoro, sentendosi quasi tradito -È nostra sorella!-
-Perché noi siamo la Squadra Speciale Falcon, okay?!- esplose Drag -Abbiamo fatto giuramento che quando uno di noi ha bisogno gli altri tre garantiscono il loro supporto e appoggio! È questione di onorare un vecchio patto a cui non siamo mai venuti meno una sola volta in quarant’anni!-
-Quarantatré Drag- suggerì Shanks in un sussurro perfettamente udibile e Croco mandò gli occhi al cielo.
Un momento di profonda tensione intercorse tra Drakul e i suoi due figli, che sostennero il suo sguardo senza tentennare nemmeno per un secondo. E mai come in quel momento Drag si rese conto di quanto i suoi figli fossero cresciuti, fossero ormai adulti, due uomini, due uomini meravigliosi, altruisti ma al bisogno anche autoritari e severi, proprio come lui e per un attimo fu lui a rischiare di vacillare.
-Ehi Drag- lo chiamò Dofla, dandogli un pretesto per distogliere gli occhi, cosa di cui gli fu immensamente grato senza darlo a vedere -I ragazzi sono grandi ormai- gli fece presente quasi canticchiando, sfoderando il suo immancabile ghigno.
Drag lo fissò senza capire qualche secondo, poi un’idea si fece strada nella sua mente, sicuramente la stessa dell’amico e Mihawk sgranò gli occhi dorati -Vuoi dire che…-  si girò anche verso gli altri due per conferma, quasi commosso da quel loro gesto. Shanks sorrise e annuì incoraggiante, Croco si limitò a stringersi nelle spalle, ostentando indifferenza.
Improvvisamente emozionato, Drag si rigirò verso i figli che furono presi in contropiedi quando videro l’espressione del padre.
-Ragazzi…- cominciò Drakul, con tono solenne -…Volete diventare membri della SSF?!-
Zoro e Law sgranarono gli occhi increduli e si scambiarono un’occhiata prima di tornare a guardare il padre -Dici sul serio?- s’informò Law, trattenendo a stento un sorriso.
-Papà noi…- cominciò Zoro, felice ed emozionato.
-Può farne parte anche Pen?- lo interruppe Law, tornato improvvisamente serio, chiaramente deciso a trattare per l’ammissione del proprio migliore amico. Ma Drag non ebbe bisogno di pensarci per più di un paio di secondi. Pen conosceva Law dall’infanzia, era il suo più fidato amico e gli era sempre stato accanto, anche nei suoi momenti peggiori. Per lui faceva parte della famiglia, era come un nipote al pari di Sabo, Sugar, Bibi, Monet e Lamy. Annuì secco e Law ghignò soddisfatto, mentre Pen gli dava una pacca sulla spalla come ringraziamento.
-E io?! E io?! Posso farne parte anche io?!?- si agitò Rufy, saltellando su e giù, ancora addossato alla spalla di Shanks.
-Ma certo!- rispose Shanks, ridendo di cuore. Adorava quel ragazzo. -Sei un maschio e fai parte della famiglia!-
-Fufu! A questo punto bisognerà dirlo anche a Gladius- considerò Dofla.
-Fortuna che Bibi è lesbica- commentò asciutto Croco.
-Va bene, avvicinatevi!- gli fece segno Drag, impaziente. -Dovete prestare giuramento-
Pen, Law e Zoro si scambiarono occhiate ancora incerte ma che malcelavano l’assurda eccitazione che provavano in quel momento, eccitazione che invece Rufy non si stava affatto premurando di nascondere. Si raccolsero intorno a Drag che prese un profondo respiro per cercare di calmare l’emozione.
-Okay, allora… ripetete dopo di me… “Io…” e dite il vostro nome- ordinò e i quattro ragazzi ubbidirono, Rufy con il dito ficcato nella narice, il che era stupefacente visto che nessuno avrebbe mai scommesso mezzo berry sulla sua capacità di multitasking.
-“mi impegno, come membro della Squadra Speciale Falcon…”-
I ragazzi presero fiato per ripetere tutti insieme, anche se Law cominciava a sentirsi un idiota. -Mi impegno, come membro della Squadra Speciale F…-
-Ehi Squadra Speciale Falcon!!-
Il tempo si fermò per un attimo. Zoro e Law puntarono gli occhi sul padre che era diventato bianco come un cencio e aveva dipinta sul volto la più spassosa espressione di falsa impassibilità mista a panico che gli avessero mai visto in tanti anni.
Lentamente, quasi che volesse ritardare il momento, Drag si voltò, liberando la visuale ai suoi figli, suo genero e il migliore amico del suo primogenito. Accostata al marciapiede con la propria macchina, il finestrino abbassato e un’espressione che prometteva guai sul volto, Boa li osservava con il capo piegato di lato e la tempia posata sul palmo.
-Fossi in voi, porterei i vostri culi sulle macchine della Squadra Speciale Kuja prima che vostra figlia e sorella scopra cosa state facendo e vi tolga la parola per il prossimo decennio- girò gli occhi anche sugli altri tre, che facevano innocentemente gli gnorry, tenendosi a debita distanza dal gruppo impegnato nel rito di iniziazione -Vale anche per voi!-
-Visto che non sono il solo che lo pensa?- mormorò Pen, dando di gomito a Law e guadagnandosi un’occhiata assassina.
-Guarda che ci sei dentro anche tu fino al collo- gli fece presente il moro.
-Oh Boa. Per quanto io apprezzi il tuo invito temo che la tua macchina sia un po’ troppo piccola per tutti noi- fece notare Dofla, con tono conciliante.
Boa fece appena in tempo a sollevare il sopracciglio che una sgommata risuonò nell’aria e una seconda macchina si accostò dietro a quella dell’ex modella prima che un’altra testa spuntasse da dentro l’abitacolo.
-Tesoro!- esclamò Shanks, illuminandosi di fronte alla visione che era sempre per lui sua moglie.
-Non t’azzardare Shanks! Sali sulla macchina ora o ti termino!- lo minacciò e il rosso deglutì senza parole, prima di avviarsi docile verso il veicolo.
Solo i tre Mihawk, Pen per lealtà verso Law e Rufy perché non aveva capito un accidente di cosa stesse succedendo, permanevano testardi a pochi passi dall’ingresso del Water Seven Grill, per niente intenzionati ad andarsene.
-Oh andiamo! Cosa volete che succeda?!- protestò Boa mentre anche Croco e Dofla salivano sull’auto di Makino.
Drag, Zoro e Law incrociarono simultaneamente le braccia al petto e sollevarono il mento.
-Qualunque cosa. Potrebbe succedere di tutto- affermò deciso il capofamiglia e i due figli annuirono solenni.
Boa assottigliò lo sguardo, minacciosa e decisa a spuntarla, non per questione di principio ma perché le conseguenze altrimenti sarebbero state incalcolabili. E per ottenere ciò che voleva, sapeva bene quali tasti premere.
-Nami e Margaret sono rimaste a casa per badare a Lamy. Ma non vi nascondo che è stato difficile trattenerle e dubito che con ogni minuto che passi il loro umore migliorerà- commentò con apparente noncuranza.
Un brivido percorse la schiena di Zoro e Law mentre i due fratelli si guardavano con la coda dell’occhio.
-Direi che è ora di andare- commentò all’improvviso Zoro, muovendosi verso la macchina.
-Sono d’accordo- gli diede manforte Law, girandosi per un attimo verso Pen -Ti chiamo domani. Rufy andiamo- lo esortò, consapevole di essere già in un bel casino e che se voleva sopravvivere non gli conveniva tergiversare troppo.
Drag spalancò la bocca, osservando incredulo i suoi due figli, così amati e benvoluti, sangue del suo sangue, lasciarlo indietro senza nemmeno un ripensamento.
-Traditori- borbottò con un ringhio, prima di avviarsi dietro di loro.
-A te non serve un passaggio Pen?- domandò Boa, addolcendo il tono e regalandogli un sorriso decisamente più affettuoso di quello che le aveva piegato le labbra fino a un attimo prima.
-Oh no, grazie Boa, sono venuto con la mia macchina!-
-D’accordo! Ma è da tanto che non vieni a cena, però, tu e Rebecca siete liberi settimana prossima?-
-Ma certo! Sarà un vero onore poter assaggiare ancora una volta le tue prelibatezze!- rispose il rosso con un lieve inchino. Law, già seduto in macchina tossicchiò proprio nel momento in cui qualcuno, che tra l’altro aveva la voce molto simile a quella di Law, mormorava “leccaculo” e “casanova”.
-Bene, andiamo- decise Boa, rimettendo in moto e lanciando una rapida occhiata allo specchietto retrovisore. -Rufy, tesoro, sei comodo seduto lì in mezzo?- s’informò premurosa, scioccando gli altri tre passeggeri a cui a malapena aveva rivolto un’occhiata.
-Comodissimo Boa!- annuì il ragazzo, ancora impegnato a ripulirsi la cavità nasale.
-Ottimo! Sbrighiamoci! Il mio pollo arrosto con le patate aspetta solo te!- commentò soddisfatta prima di mettere in moto e ripartire a tutta velocità.
 

 
§

 
-Attenta!-
Ace la afferrò prontamente per il gomito, accorgendosi subito che stava per inciampare nell’orlo del suo vestito.
-Perona, tutto bene?- domandò Sabo, osservando lievemente preoccupato la cugina, che aveva lo sguardo sperso.
-Io…- mormorò Perona, guardandosi intorno, fuori dal Water Seven Grill -Mi era… mi era parso di sentire l’eco di Rufy che gridava “Cibo”- ammise, lasciando trasparire dalla sua espressione quanto a le sembrasse assurda la sua stessa affermazione.
Sabo e Ace si guardarono per un attimo, perplessi.
-Io non ho sentito…-
-Nemmeno io-
Perona si guardò intorno ancora un po’ sospettosa. Niente. Non c’era niente e non c’era nessuno.
-Oh beh, me lo sarò immaginata!- concluse con una noncurante alzata di spalle.
-Andiamo?- propose Sugar e tutti annuirono convinti, prima di avviarsi alla macchina di Kobi.
Tenendosi indietro di qualche passo, la rosa si avviò ma fatti pochi metri si girò di scatto. Le sembrava di giocare a “un, due, tre, stella!” ma, se avesse avuto ragione, le conseguenze non sarebbero state affatto divertenti, non per chi avesse sorpreso a seguirla.
Fortunatamente però, la piazzola antistante il Water Seven Grill era ancora deserta. Si rimise ben dritta, non ancora del tutto convinta.
-Voodoo? Ci sei?- la chiamò Ace dal parcheggio.
Perona si riscosse.
-Arrivo!- lo avvisò, lasciando perdere i propri sospetti e affrettandosi per raggiungere lui e gli altri.
Strano, comunque. Avrebbe giurato di aver sentito l’odore del profumo che metteva sempre suo padre.
Mah, forse stava diventando più paranoica di loro. 






Angolo di Piper: 
Ehi Minna-san! Come va?! 
Sono qui solo per ringraziarvi velocemente e per avvisarvi che con questo capitolo smetto ufficialmente di tergiversare! Dal prossimo capitolo abbiamo finalmente il ballo della scuola, promesso! Scusate per l'allungamente dei tempi tra un aggiornamento e l'altro ma sto lavorando a un progetto che mi impegna abbastanza! Faccio comunque il possibile per esserci, grazie per la pazienza!
E, se ve lo state chiedendo, sì, io adoro l'amicizia gay di Law e Pen e lo faccio apposta! 
A presto allora! Un bacio grande. 
Piper. 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** My Ghost ***


La palestra della scuola era semplicemente irriconoscibile. Quando Perona aveva saputo che il tema era “Sogno di una notte di mezza estate” aveva convenuto con Izo che forse il consiglio scolastico aveva fatto il passo più lungo della gamba ma ora era costretta a ricredersi. La sagoma di una foresta percorreva i muri e la tribuna dove ci si sedeva a fare il tifo quando giocava la squadra della scuola, i tavolini sapientemente inseriti vicino alle piante e ai cespugli finti aiutavano a mimetizzare ulteriormente l’ambiente e le lampade pirotecniche che proiettavano lucine intermittenti a mezz’aria per simulare le lucciole riuscivano nell’ardua impresa di creare un’atmosfera romantica e fiabesca in una stanza fatta al 75% di linoleum, dal colore discutibile e dall’odore poco invitante, che normalmente si mischiava a quello dei fluidi rilasciati dai numerosi corpi in movimento che l’albergavano durante l’anno scolastico.
-Kobi è…- mormorò Sugar, senza parole.
-Siete stati incredibili- sussurrò Koala, gli occhi che continuavano a roteare intorno, mentre si stringeva un po’ di più al braccio di Sabo. -Vi siete assicurati un posto nell’editoriale dell’ultimo numero del giornalino- lo informò Koala con un sorriso dolce e gli occhi che brillavano.
Kobi rispose con un pacato cenno del capo prima di porgere il braccio a Sugar. -Potrei avere l’onore di una foto con la regina della festa?- le domandò e Sugar sgranò appena gli occhi, colta alla sprovvista, prima di annuire e afferrare il braccio del ragazzo per farsi guidare alla postazione fotografie.
Perona registrò vagamente quello scambio di battute e il fatto che Sugar si era allontana con Kobi tanto era ancora persa ad assorbire l’atmosfera circostante. Non si accorse neppure di Ace, così vicino da respirarle sulla spalla nuda, finché il ragazzo non parlò. -Tu non vuoi andare a fare la foto Voodoo?-
Perona sobbalzò appena e si girò a guardarlo un po’ sorpresa ma si rilassò subito quando vide il sorriso affettuoso che solcava il volto di Ace. Sorrise a sua volta, gli occhi scintillanti, capace solo di pensare a quanto sarebbe stato stupendo attraversare quella fiaba in compagnia di Ace. Le guance le si scaldarono e schiuse le labbra per immettere più aria prima di rispondere, in debito di ossigeno.
-Sì che v…-
-No, non puoi!- Koala la interruppe, afferrandole il braccio destro mentre Izo faceva altrettanto con il sinistro. -Dobbiamo andare a fare quella cosa che mi avevi promesso, ricordi?-
-E poi le foto sono così vecchio stile, così banali. Oggigiorno chi conta davvero non si fa immortalare da uno stupido obbiettivo- aggiunse Izo mentre la trascinavano via, sordi alle sue proteste.
-Ehi no, aspettate…-
-Scusaci Ace! Ci vediamo dopo, Sabo!- gli sorrise persa Koala.
-Ma dove andate?!- chiese il biondo, perplesso.
-Ma io…- provò di nuovo Perona, inutilmente.
-A mai più rivederci, Laura- urlò Izo da sopra la propria spalla mentre si allontanavano a tutta velocità.
Non si fermarono finché non trovarono una nicchia nascosta tra due alberi finti. Perona strattonò furiosa le braccia per liberarsi, prima di girarsi a fronteggiarli, lo sguardo dardeggiante. -Cosa vi è preso?! Volevo fare la foto io!-
-Con Ace?- chiese Koala, tanto per mettere in chiaro e l’espressione di Perona virò per un brevissimo attimo al colpevole e imbarazzato.
-È il mio migliore amico ed è solo una foto!- minimizzò con un gesto svolazzante della mano -Anche Sugar la sta facendo con Kobi!-
Izo e Koala si scambiarono un’occhiata e, se il moro aveva una manifesta espressione scettica sul volto con tanto di sopracciglio alzato, Koala sembrava vagamente sconsolata anche se Perona non riusciva a trovare un valido motivo per cui dovesse esserlo. Le sembrò anche che avesse sospirato con sconforto ma probabilmente se l’era solo immaginato, complice la penombra e la musica che già suonava di sottofondo, mischiandosi al chiacchiericcio.
-Comunque, non c’è un minuto da perdere Perona, foto o non foto- riprese in mano la situazione la castana, tornando l’autoritaria Koala di sempre. -La lista di possibili Fantasmi è lunga, dobbiamo iniziare subito se vogliamo avere una chance di scoprire chi è quello giusto entro la prima metà della serata- argomentò ragionevole, come sempre quando si trattava di pianificare qualcosa.
Considerato che capacità organizzative Koala dimostrava sempre di avere, per Perona continuava a essere un mistero come facesse l’armadio dell’amica ad essere quanto di più vicino al chaos primordiale avesse mai visto in vita sua.
Ora il problema però era un altro. Non era più così elettrizzata all’idea di trovare quel benedetto Fantasma dell’Opera se la ricerca la obbligava a non trascorrere la serata con chi voleva lei.
 
[Ghost - Halsey (Lost Kings Remix)]
 
Con che coraggio avrebbe potuto dirlo ai suoi amici dopo tutto l’impegno profuso per stilare quella lista?! Doveva almeno fare un tentativo e con un certo sforzo riuscì a mettere su il miglior sorriso di cui disponeva.
 
I'm searching for something
 
In fondo, prima iniziavano prima avrebbero finito.
 
that I can't reach
 
-Allora?! Qual è il primo nome della lista?!-
 
***
 
I don't like them innocent
I don't want no face fresh
Want them wearing leather
Begging, let me be your taste test
I like the sad eyes, bad guys
Mouth full of white lies
Kiss me in the corridor
But quick to tell me goodbye
 
-E allora gli ho detto “pensi che io non sia abbastanza forte da potermene occupare da solo?!” e…-
Perona si girò verso Koala, lo sguardo implorante e si sfiorò la gola con un dito. Non avrebbe resistito ancora per molto.
-Oh Perona! Eccoti! Ti ho cercato dappertutto! Scusa Jabura, ho un attimo bisogno di lei, te la riporto subito eh!- esclamò Koala, trascinandola via.
 
***
 
You say that you're no good for me
'Cause I'm always tugging at your sleeve
And I swear I hate you when you leave
I like it anyway
 
-Scusa, ti ho colpito di nuovo?- domandò il ragazzo, dispiaciuto. 
-Non preoccuparti, davvero!- lo rassicurò Perona con un sorriso, continuando ad ondeggiare con lui a ritmo di musica. Si accigliò, colpita da un pensiero.
 
My ghost
Where'd you go?
 
-Ehi Drake, hai mai pensato di fartela ridurre?!-
 
***
 
I can't find you in the body sleeping next to me
My ghost
Where'd you go?
What happened to the soul you used to be?
 
-Voodoo! Eccoti finalmente!-
Perona si girò con gli occhi che brillavano. -Ace!- lo chiamò felice mentre il moro si avvicinava. Qualcuno l’afferrò per il braccio e Perona seppe dall’espressione stranita del suo migliore amico che uno dei tre la stava trascinando via un’altra volta.
Sospirò sconsolata mentre seguiva docilmente Sugar -A chi tocca?-
Bastò l’occhiata di sua cugina per sapere che la risposta non le sarebbe piaciuta. 
 
***
 
-Vai col Mambo!!!-
Perona si sporse verso Koala, che ballava avvinghiata a Sabo a nemmeno un braccio di distanza da loro.
-Tanto lo so che lui lo hai aggiunto tu alla lista per vendicarti di quando ti ho obbligato a flirtare con Hermeppo per penitenza- sibilò, omicida.
 
***
 
-Grazie mille per il ballo Gillie!- lo ringraziò con entusiasmo Perona.
-Figurati! Grazie a te, splendore!-
La rosa mosse il capo in un ultimo cenno di saluto prima di precipitarsi al bordo della pista da ballo, con un sorriso leggermente impanicato.
-Allora?!- domandò impaziente Sugar, spalleggiata da Koala e Izo.
 
You're a Rolling Stone boy
Never sleep alone boy
Got a million numbers
And they're filling up your phone, boy
I'm off the deep end, sleeping
All night through the weekend
Saying that I love him but
I know I'm gonna leave him
 
-Vi interesserà sapere che è gay- mormorò sottovoce Perona.
Izo rimase per un attimo interdetto. Poi sollevò la testa di scatto, individuando il ragazzo in meno di mezzo secondo. -Ehi Gillie!!!- chiamò a pieni polmoni, precipitandosi sulla pista da ballo mentre le tre ragazze scoppiavano a ridere.
 
***
 
You say that you're no good for me
'Cause I'm always tugging at your sleeve
And I swear I hate you when you leave
I like it anyway
 
Non aveva avuto dubbi neppure per un momento.
Sapeva da inizio serata che Robb non avrebbe deluso le sue aspettative.
Senso del ritmo, conversazione impegnata, atteggiamento affascinante. Si stupiva che fosse ancora single a dirla tutta e si sarebbe dovuta sentire fortunata a ballare con lui.
 
My ghost
Where'd you go?
I can't find you in the body sleeping next to me
 
Ma non aveva importanza perché, tanto, il Fantasma non era lui.
Perona lo sapeva, le sensazioni che provava a stare tra le sue braccia non erano quelle giuste.
 
My ghost
Where'd you go?
What happened to the soul you used to be?
 
Cercò i suoi amici con gli occhi e scosse piano la testa, dispiaciuta. Non dovette aspettare molto perché arrivassero in suo soccorso.
-Ehi Robb! Balli con me?!- chiese Sugar con invadenza, mentre lo trascinavano via e Izo ne approfittava per dargli una signora palpata al fondoschiena. 
Perona si coprì la bocca con la mano per non scoppiare a ridere ma si dimenticò all’istante del quartetto quando si ritrovò di fronte Ace. Al centro della pista da ballo a pochi passi da lei.
Il suo sorriso perse in ampiezza ma divenne più luminoso, esattamente come i suoi occhi.
Anche così, con quella ridicola maglietta, con i capelli un po’ in disordine, con il suo sorriso strafottente, soprattutto così, era semplicemente perfetto.
Il cuore le saltò più di un paio di battiti ma li recuperò tutti quando Ace mise su un’espressione interrogativa e tese la mano verso di lei. Perona lo fissò incredula e il suo corpo si mosse autonomamente verso di lui.
 
I'm searching for something that I can't reach
 
Si sentiva così emozionata, il che era ridicolo. Quante volte in quegli anni avevano ballato insieme? Aveva persino provato a dargli lezioni un paio di volte.
 
I'm searching for something that I can't reach
 
Ma c’era qualcosa di così magico nell’aria quella sera.
Fece una piccola, scherzosa riverenza prima di afferrargli la mano e lasciarsi trascinare verso il suo petto con una piroetta.
 
My ghost
Where'd you go?
I can't find you in the body sleeping next to me
 
-Sei irreperibile stasera, Voodoo- le mormorò all’orecchio e Perona sorrise contro la sua spalla.
-Beh allora dovresti sentirti onorato che sono riuscita a inserirti nella mia fitta agenda- gli fece presente e piegò appena il busto per poterlo guardare.
 
My ghost
Where'd you go?
What happened to the soul you used to be?
 
Ma contro ogni sua aspettativa, Ace non rideva né sorrideva per la battuta. E non era neppure scocciato di essere stato paragonato a un impegno tra tanti.
Non sapeva cosa avesse, in effetti. Tutto quello che Perona sapeva era che il suo migliore amico la stava fissando con un’intensità da mozzarle il fiato. Almeno finché non le pestò un piede.
-Scusa- si affrettò a mormorare dispiaciuto.  
-Sei già perdonato per tutte le volte che mi pesterai i piedi stasera- mormorò Perona in risposta, con un sorriso affettuoso e Ace deglutì a vuoto per l’implicazione che quella sua frase aveva.
Non sarebbe stato il loro unico ballo insieme.
E non aveva importanza se la lista non era finita. Non aveva importanza se non era riuscita a ritrovare il Fantasma.
 
What happened to the soul you used to be?
 
Tutto quello che contava per Perona in quel momento, era lì di fronte a lei.
 
§
 
-Ecco tieni!- Sabo porse a Koala un bicchiere pieno di acqua tonica prima di appoggiarsi allo stipite alla ricerca di un po’ d’aria fresca.
Si moriva di caldo e solo Izo era ancora impeccabile. Sabo girava con il gilet slacciato e le maniche arrotolate, Kobi aveva allentato la cravatta, la giacca di Ace era ufficialmente dispersa, Perona aveva raccolto i capelli in una treccia laterale, Sugar doveva continuamente tamponarsi la fronte sotto la frangetta e Koala aveva le guance arrossate per il caldo.
Eppure erano tutti lì, sudati e felici.
-Non ricordo di essermi mai divertita tanto gli altri anni- commentò la verdina, lanciando occhiate all’interno della palestra dove l’entusiasmo di inizio serata si stava smorzando a causa dell’eccesso di caldo. -Siete proprio voi a fare la differenza-
-Sabo sei sicuro che sia acqua tonica?- domandò Koala, guardando perplessa il contenuto del suo bicchiere.
-Sì, perché?!-
-Sembra alcolica-
Sabo si accigliò mentre Ace si chinava appena e annusava il bordo del contenitore di plastica. -Gin tonic- sentenziò con un ghigno saputo e Sabo strabuzzò gli occhi.
-Dai a me, vado a prenderti la bibita giusta!- il biondo fece per sottrarle il bicchiere ma Koala tirò il braccio indietro per sfuggire alla sua presa.
-No! Mi piace, lasciamelo!-
-E se poi non lo reggi?!-
Koala socchiuse gli occhi, scettica. -È solo un cocktail Sabo-
-Ma guardateli, litigano già come due piccionc…- fece per prenderli in giro Izo.
-Izo, falla finita!-
-Stiamo insieme da mesi, non fa più ridere!-
Izo si zittì e piegò le labbra in un broncio infastidito. -Guastafeste- sibilò e Perona ridacchiò mentre si accostava di più a Ace.
-Sei diventato più bravo a ballare- gli disse, squadrandolo, le braccia incrociate al petto.
Ace le lanciò un’occhiata sorpresa. -O-oh! Voodoo vuoi far piovere?-
-Scemo!- lo ammonì la rosa, scuotendo la testa divertita. Tenne gli occhi puntati a terra, continuando a lanciare sguardi di sottecchi al moro, mordendosi il labbro inferiore.
Era maledettamente piacevole il modo in cui Ace continuava a guardarla quella sera anche se non capiva cosa gli prendesse. E cosa prendesse a lei. Un brivido le solcò la pelle sudata quando Ace si girò completamente verso di lei e avvicinò il proprio volto al suo.
-Ehi- la chiamò piano, allungando una mano per scostarle una ciocca di capelli. I loro nasi cozzarono quasi quando Perona sollevò il viso.
-Sì?-
-Ti va di…-
Il suono improvviso e inaspettato di una sirena li fece sobbalzare.
-Ma che succede?!- domandò Sugar mentre Koala si avvicinava già barcollante a Sabo.
Per un attimo Perona pensò a un incendio e si aggrappò istintivamente al polso di Ace che però aveva l’aria di essere tutto fuorché spaventato o in allerta. Anzi gli occhi gli brillavano e sorrideva felice ed entusiasta, imitato da Kobi e Sabo.
Perplessa, Perona guardò dentro la palestra e si accorse che un gruppo di ragazzi si era riunito al centro della pista da ballo e stava distribuendo qualcosa di sgargiante a chiunque capitasse loro a tiro. La sua espressione accigliata lasciò spazio a una preoccupata quando cominciò a sospettare cosa stava accadendo. 
E quando un grido risuonò, giungendo fino a loro, non ebbe più dubbi.
Ace, Sabo e Kobi si avvicinarono alla soglia e sollevarono un braccio in segno di esultanza prima di rispondere al grido con la stessa frase che era appena riecheggiata nella palestra.
-Vaaaai con le Hawa-aaa-aii!!!- 

Ritorna all'indice


Capitolo 28
*** Vai con le Hawaii! ***


[ Live while we're young - One Direction]

La situazione era completamente sfuggita di mano.
La festa era al completo degenero.
 
Hey girl I'm waiting on ya, I'm waiting on ya
Come on and let me sneak you out
 
Sparabolle nascosti tra gli alberi di cartone erano stati attivati e ora erano tutti schiacciati al centro della pista da ballo con collane di fiori al collo, intorno alla vita, in testa.
 
And have a celebration, a celebration
The music up, the windows down
 
Il prof Cora era scomparso per un attimo ed era tornato con una camicia rosa a cuori e un gonnellino hawaiano sopra i pantaloni, guadagnandosi il rispetto incondizionato di tutti i suoi allievi maschi.
 
Yeah, we'll be doing what we do
Just pretending that we're cool and we know it too (know it too)
Yeah, we'll keep doing what we do
Just pretending that we're cool, so tonight
 
Schiacciata tra Ace e Kobi insieme a Sugar, Perona non ricordava di aver mai avuto più caldo in vita sua e nemmeno di essersi mai divertita tanto. Nonostante intorno a loro tutti pogassero e saltellassero senza posa, finché Ace la teneva saldamente per i fianchi non c’era il rischio di volare per terra e tanto le bastava per svuotare la mente e preoccuparsi solo di seguire la musica.
 
Let's go crazy, crazy, crazy 'til we see the sun
I know we only met but let's pretend it's love
And never, never, never stop for anyone
Tonight let's get some and live while we're young
 
Senza nemmeno sapere come si ritrovò in mano un bicchiere di plastica con dentro un intruglio non meglio identificato e decorato con un adorabile ombrellino arancione. Fece per portarselo alle labbra, operazione non facile mentre saltellava sul posto ma qualcuno glielo sfilò dalle dita.
-Ehi!!- protestò girandosi verso Ace, che ne aveva preso un sorso con espressione concentrata.
-Okay Voodoo! Non c’è dentro niente di strano! Tieni pure!- glielo porse di nuovo con un sorriso e Perona sentì il cuore scaldarsi per il gesto del ragazzo.
 
Whoa-oh-oh-oh-oh-oh-oh
Whoa-oh-oh-oh-oh-oh-oh (and live while we're young)
Whoa-oh-oh-oh-oh-oh-oh
Tonight let's get some and live while we're young
 
Ne prese una generosa sorsata dato che stava morendo di sete e si girò appena, proprio mentre Sugar si staccava da Kobi e si voltava verso di lei con espressione interrogativa.
-Ehi Perona!- anche lei doveva aver bevuto qualcosa, visto come le brillavano gli occhi.
-Dimmi!-
-Ma dov’è Koala?!-
 

 
***

 
Hey girl it's now or never, it's now or never
Don't overthink, just let it go
And if we get together, yeah get together
Don't let the pictures leave your phone (oh oh)
 
-K-Koala che stai facendo?!- balbettò Sabo.
Non sapeva se sentirsi spaventato o eccitato.
Gli aveva chiesto di accompagnarla al bagno e allora come si era ritrovato fuori dal laboratorio di scienze, con Koala schiacciata addosso e chiaramente pronta a strappargli via tutti i vestiti?!
Non che gli dispiacesse, solo che…
-Ti serve un disegnino?-
-Credo tu sia ubriaca- commentò Sabo, deglutendo a fatica.
Stava per perdere il controllo lo sentiva.
 
Yeah, we'll be doing what we do
Just pretending that we're cool, so tonight
 
Koala s’imbronciò. -Senti un po’, io ho addosso un fastidiosissimo corpetto  di pizzo e non lo sopporto più! E l’ho messo per te! Quindi ora cosa vogliamo fare?! Mi aiuti a toglierlo o devo pensarci da sola?!-
 
Let's go crazy, crazy, crazy 'til we see the sun
I know we only met but let's pretend it's love
And never, never, never stop for anyone
Tonight let's get some and live while we're young
 
Sabo la fissò eccitato, il fiato sospeso e la testa piena di troppi pensieri. Ripensò alla stanza che aveva prenotato per loro, a come aveva pensato di arrivarci con calma, a tutte le frasi romantiche che si era preparato.
Poi Koala lo baciò e quel poco di lucidità residua andò a farsi friggere insieme alla sua resistenza mentre spalancava la porta del laboratorio ed entrava con la propria fidanzata aggrappata al petto e senza nessuna intenzione di lasciarla andare.
 

 
***
 

Whoa-oh-oh-oh-oh-oh-oh
Whoa-oh-oh-oh-oh-oh-oh (wanna live while we're young)
Whoa-oh-oh-oh-oh-oh-oh
Tonight let's get some and live while we're young
 
Perona si guardò intorno, realizzando solo in quel momento l’assenza dell’amica. Un po’ brilla per il cocktail tra le sue mani e in generale l’atmosfera che la circondava, si strinse nelle spalle prima di accigliarsi a sua volta. Scrutò un attimo nella penombra intorno a sé e fu poi il suo turno di cercare con sguardo interrogativo sua cugina.
-Ehi Sugar!- la chiamò sopra la musica. -Tu per caso hai visto Izo?!-
 

 
***

 
Sorrise felino, nascosto nell’ombra del corridoio che portava al bagno. Alto com’era il compagno, non aveva faticato a individuarlo anche nel mezzo del casino. Ed era assolutamente deciso a scoprire se il ragazzo aveva solo le gambe proporzionate alla statura o anche qualcos’altro.
 
And girl, you and I
We're about to make some memories tonight
I wanna live while we're young
 
Smise di tergiversare e sgusciò dentro il bagno, chiudendosi rumorosamente la porta alle spalle. La sua preda sollevò di scatto la testa e Izo gli lanciò un sorriso diabolico attraverso il riflesso dello specchio insieme a un’occhiata ammiccante e inequivocabile.
-Ciao Gillie-
 
We wanna live while we're young

 
***

 
Let's go crazy, crazy, crazy 'til we see the sun
I know we only met but let's pretend it's love
And never, never, never stop for anyone
Tonight let's get some and live while we're young
 
Se l’acqua arrivava da degli irrigatori o dall’impianto antincendio, Perona non lo sapeva. E nemmeno le importava.
La doccia improvvisa era a dir poco rigenerante, la pelle quasi fumava per l’improvvisa escursione termica, mentre l’acqua sciacquava via la patina di sudore e Perona piegava il capo all’indietro per rinfrescarsi anche il viso.
Si aggrappò alle spalle di Ace nel rimettersi dritta e gli sorrise euforica. -Avevi ragione! È stata un’idea geniale!- gridò quasi nel suo orecchio.
 
Crazy, crazy, crazy 'til we see the sun
I know we only met but let's pretend it's love
And never, never, never stop for anyone
 
Si rimise a saltare, la collana di fiori che rimbalzava a ritmo di musica sul suo petto schiacciato contro quello di Ace.
Aveva sempre saputo che sarebbe stata una gran serata. Ma grazie al “Vai con le Hawaii” era diventata semplicemente memorabile. L’anno successivo non sarebbe mai stata la stessa cosa senza di lui ed era felice di avere avuto quella serata insieme a Ace.
Non l’avrebbe dimenticata mai.
 
Tonight let's get some and live while we're young
 
-Woooooh! Vai con le Hawaaaiiiii!- gridò, sollevando urla di giubilo tutto intorno.
 
Wanna live, wanna live, wanna live while we're young
(C'mon, young) wanna live, wanna live (wanna live while we're young)
Wanna live, wanna live, wanna live while we're young
 
Lanciò le braccia verso il soffitto, muovendosi bacino contro bacino con Ace, prima di posare le mani sul suo collo, l’acqua che ancora scendeva dal soffitto. Una risata le salì alle labbra e desiderò che quel momento non finisse mai.
 
Tonight let's get some
 
Appoggiò le labbra vicino al suo orecchio. -Grazie Ace-
 
And live while we're young
 
Ace sorrise contro la sua tempia. -Quando vuoi Voodoo-
 

 
§
 

Incredibile ma vero, gli organizzatori di “Vai con le Hawaii” si erano preoccupati di portare anche degli asciugamani, accortezza che faceva pensare che avessero sempre avuto intenzione di far scattare l’impianto antincendio.
Perona finì di asciugarsi i piedi, poche sedie più in là rispetto al Prof che stava venendo amorevolmente medicato da Natsuki dopo, inutile anche dirlo, essere ripetutamente scivolato là dove il pavimento non era nemmeno bagnato o anche solo lontanamente umido.
Con un sorriso tra il divertito e l’affettuoso, Perona ripiegò la spugna per chi ne avesse avuto bisogno dopo di lei e, con i capelli ancora gocciolanti, si diresse verso l’uscita per prendere una boccata d’aria. Di Koala, Sabo e Izo continuava a non esserci neanche l’ombra. Kobi era stato bloccato da un capannello di persone che volevano complimentarsi per l’organizzazione della serata. Sugar e Ace non si vedevano da nessuna parte.
Quasi sicuramente sua cugina era in bagno  a sistemarsi alla bell’è meglio per il momento della proclamazione di re e regina del ballo e Ace probabilmente la stava aspettando in giardino, visto che si era separato da lei poco prima con un “ci vediamo fuori”. Un brivido le percorse la schiena e si mise quasi a correre quando la porta tagliafuoco fu in vista, a pochi metri da lei.
Vi si accostò, barcollando appena sugli alti tacchi e scrutò nella penombra, riuscendo a individuarlo grazie allo sgargiante colore della sua camicia hawaiiana e della collana che aveva ancora addosso. Prese fiato per chiamarlo con le labbra piegate verso l’alto ma le parole le morirono in gola quando vide Ace girarsi di lato e sorridere a qualcuno che gli si avvicinò rapido dall’uscita secondaria della palestra.
Qualcuno che si rivelò essere niente meno che Sugar.
Il sorriso scivolò via dal volto di Perona e un’improvvisa morsa le imprigionò lo stomaco. Avrebbe voluto andarsene, voltare loro le spalle e scappare via ma era pietrificata lì sul posto, come vittima di un qualche malefico incantesimo che voleva farle assistere alla propria disfatta.
Anche se in fondo non aveva alcun diritto di considerarla così. In fondo, non era un anno che lavorava per raggiungere esattamente quell’obbiettivo?
Inutile girarci intorno, lo aveva voluto lei. E si chiese come aveva potuto essere tanto stupida.
Come aveva potuto non rendersi conto che lei… lei… che era…
Un tremito la scosse e qualcosa di umido le riempì gli occhi quando Sugar si accostò di più al ragazzo, parlandogli con sguardo perso e innamorato.
Ace spalancò gli occhi incredulo e la abbracciò per la vita, sollevandola a mezz’aria e fu in quel momento che successe.
Lo sparo non risuonò da nessuna parte, nessuno urlò. Ma Perona era certa che qualcuno dovesse avere sparato e averla colpita in pieno petto perché il male che provava al cuore era troppo penetrante.
E allora com’è che non sanguinava?! Perché non sentiva le energie scivolare via dal suo corpo?! Perché era ancora viva e perfettamente in salute?!
La comprensione la investì come una doccia gelata e si portò una mano alle labbra, sconvolta. In cuor suo, lo sapeva da giorni se non settimane. Ma la sua mente non aveva ancora pienamente realizzato, non aveva mai formulato quel pensiero.
Quella verità così bella e così orrenda al tempo stesso.
Che non c’era nessun Fantasma, nessuno da cercare. Non c’era nessuno perché lei era innegabilmente, irrimediabilmente, pazzamente innamorata di Ace.
Sì, di Ace, del suo migliore amico. Di lui e di nessun altro. Ed era stata così cieca da averlo realizzato solo ora che lo aveva perso. Così stupida da averlo gettato consapevolmente e con le proprie mani tra le braccia di un’altra.
Si poteva essere così imbecilli?!
Perona soppresse appena in tempo un singhiozzo mentre le lacrime cominciavano a rigarle le guance, liberandole la visuale.
E qualcosa della scena di fronte a lei riuscì a catturare abbastanza la sua attenzione da riuscire a distoglierla per un attimo dal suo dolore.
Ace aveva chinato il capo e stava dicendo qualcosa a Sugar, sconsolato. Perona aggrottò le sopracciglia.
Cosa stava succedendo?
Sugar gli posò una mano sulla spalla e Ace sollevò di nuovo lo sguardo su di lei. La verdina parlò, strappandogli un malinconico sorriso, poi spostò la mano sulla sua mandibola e si sporse in avanti.
Perona si sentì morire quando capì che stava per dargli un bacio ma si stranì ancora di più quando Sugar posò le labbra sulla guancia di Ace, gli bisbigliò ancora qualcosa e poi, con un’ultima carezza, se ne andò, lasciandolo lì da solo.
La rosa rimase immobile dov’era, analizzando la situazione.
Cos’era appena successo?! Cosa significava tutto quello?!
Non era che… che… Sugar lo aveva rifiutato?!
Oh andiamo, non poteva essere!
Era chiaro che l’attrazione tra loro fosse più che reciproca!
Eppure… Eppure il linguaggio del corpo di Ace non lasciava spazio a dubbi. Stava male e se Perona aveva pensato di avere appena provato una sofferenza autentica, si rese conto che non sapeva di cosa parlava quando vide la sofferenza del ragazzo che amava. Fu molto più di una silettata al cuore, seguita da un’immediata rabbia nei confronti di sua cugina.
Come si permetteva Sugar di rifiutarlo così?! Chi mai avrebbe rifiutato un ragazzo del genere?!
La determinazione tornò a scorrerle nelle vene.
Col cavolo che avrebbe lasciato che finsse così!
Strinse i pugni e, con passo deciso, uscì in giardino, diretta verso Ace. 









Angolo dell'autrice: 
Ciao ragazzi!! Awww ma quanto siete meravigliosi! Sì, sì dico a voi che avete letto fino a qui! Scrivere questa storia è sempre un piacere grazie a voi! 
Non ho mai pensato che potesse prendermi come il primo "Miss Puck" ma invece è successo eccome ed è merito del vostro entusiasmo! 
Comunque vi scrivo perchè dati i problemi che i server di EFP hanno avuto nel weekend non ho l'assoluta certezza di avere ricevuto tutte le recensioni quindi se, quando oggi pomeriggio risponderò una ad una, qualcuno dovesse trovarsi senza risposta sappiate che non è pigrizia o perchè ce l'ho con lui/lei. Anzi, io sono grata anche per il più piccolo commento! Grazie ancora di cuore e a presto, minna-san! 

Piper. 

Ritorna all'indice


Capitolo 29
*** So chi sei ***


1… 2… 3… Inspirare.

Non sapeva come fosse possibile.

4… 5… 6… Espirare.

Non sapeva come fosse successo.

1… 2… 3… Inspirare.

Ma era successo e ora, per la prima volta da quando lo conosceva, aveva quasi paura ad avvicinarsi a lui, tremava all’idea di parlargli, soffriva al pensiero che stava per promettergli tutto l’aiuto che era in grado di dargli per ottenere ciò che voleva.

4… 5… 6… Espirare.

Perché non sapeva come fosse possibile né come fosse successo ma si era innamorata di lui e questo cambiava tutto eppure sapeva che non sarebbe cambiato niente. Almeno non finché Ace e Sugar non si fossero messi insieme, allora sì che tutto sarebbe stato diverso ma non sarebbe stato un problema. Perché Ace meritava di essere felice e Perona sarebbe riuscita a farselo andare bene. In un modo o nell’altro.

1... 2… 3… Inspirare.

L’odore inconfondibile del dopobarba di Ace le pervase le narici. Non si era nemmeno accorta di essere ormai dietro di lui e si fermò, godendosi per un attimo il fatto di essergli così vicina, approfittando del buio che la proteggeva.
Era una cosa che aveva sempre apprezzato di Ace. Lui non si faceva la doccia con il profumo, come Cavendish, e nemmeno puzzava in modo indecente dopo l’ora di educazione fisica, come Barto. Ace sapeva di buono. Cioè non sempre, sempre, però la maggior parte del tempo sì.
Profumava di pulito ed era la cosa più rassicurante del mondo sentirsi avvolgere da quella neutra fragranza quando Ace l’abbracciava, in uno slancio di affetto o per conforto che fosse.

4… 5… 6… Espirare.

E anche se sarebbe rimasta così fino a fine serata e per tutta la notte o, meglio ancora, anche se avrebbe potuto facilmente reclamare un abbraccio e fingere di non aver visto ciò che aveva appena visto, Perona si impose di proseguire con il proprio proposito. Che razza di migliore amica sarebbe stata altrimenti?!

1… 2… 3… Inspirare.

-Ace?- la voce le uscì rauca e lievemente deformata dall’ansia, nonché tremolante ma Ace non diede segno di averlo notato quando si girò verso di lei, chiaramente sorpreso di trovarsela a pochi passi dietro di sé.
-Perona!- esclamò e la ragazza non dovette sforzarsi per potergli regalare un sorriso felice e luminoso quando incrociò i suoi occhi.
-Tutto bene?!-
-Io… sì s-sto bene- mormorò incerto mentre si passava una mano tra i capelli in un gesto nervoso che Perona era abituata a riconoscere. Si accigliò, nonostante il sorriso che Ace le rivolse subito dopo non avesse niente di innaturale o forzato. Sembrava più che felice di vederla ma non che questa fosse una novità. -Gran bella serata eh?!-
-Puoi dirlo forte!- esclamò, scoppiando in una risatina nervosa che si affrettò a sopprimere imbarazzata.
Cosa le prendeva?! Le era andato in pappa il cervello per caso?!
Ma la vicinanza con Ace non le permetteva di mantenere la concentrazione. Si scoprì a studiarlo attentamente, quasi cercasse nuovi dettagli in un volto che conosceva già a memoria. E più lo guardava, più perdeva il filo dei propri pensieri.
Ace fece un passo verso di lei e Perona schiuse le labbra per recuperare un po’ di ossigeno mentre i peli le si rizzavano sulle braccia. Gli occhi ancora fissi su di lui, impotente, si riscosse solo quando qualcosa le sfiorò l’avambraccio destro, delicato come una carezza.
-Hai freddo? Hai la pelle d’oca- sussurrò Ace sottovoce, continuando a muovere i polpastrelli su e giù, incendiandole la pelle.
Perona seguì ipnotizzata il movimento della sua mano per qualche secondo. Il cuore le batteva così forte che le venne il dubbio che Ace potesse sentire il suo battito accelerato e deglutì a vuoto per inumidire la gola, che le si era seccata in un attimo.
-No!- esclamò poi, di punto in bianco, indietreggiando bruscamente per sottrarsi al suo tocco -Sto bene! Benissimo!- tartagliò un po’ troppo in fretta, passandosi una mano sul viso arrossato.
Soffiò fuori un po’ d’aria per calmarsi e tornò a guardarlo e il cuore stavolta le si fermò. Ace la stava fissando con un’espressione che non avrebbe saputo definire in altro modo se non sconvolta e ferita. L’urgenza di risolvere la questione Sugar si impadronì di lei e si impose di rimanere sul pezzo senza lasciarsi distrarre.
-Una gran bella serata come questa, merita un gran bel finale non credi?- cominciò, prendendola un po’ alla larga. -A… A te come piacerebbe che andasse a finire?-
Ace la studiò qualche secondo, serio come non mai. -A dire il vero c’è una persona con cui mi piacerebbe passare il resto della serata e anche oltre. Quello sarebbe davvero grandioso.-
Perona deglutì a vuoto, ignorando la morsa che le stringeva il cuore e sforzandosi di continuare a sorridere. -Potrebbe succedere-
-Tu credi?-
-Certo! Ti aiuterò io!- esclamò di slancio, lasciando perdere il proposito di arrivarci con calma. Se voleva agire, tanto valeva parlare chiaro e non perdere altro tempo. Ma quando si rese conto di come la sua affermazione potesse essere male interpretata il viso le prese fuoco e sgranò gli occhi. -Oh io non… non intendevo che… Insomma quello che volevo dire…-
-Perona…- cominciò Ace e la rosa si sentì pervadere dal panico. Era già abbastanza brutto sapere che Ace desiderava sua cugina senza bisogno di sentirsi rifiutare apertamente.
-Lo so Ace! Lo so che ti interessa Sugar!- lo fermò con urgenza.
Ace aggrottò le sopracciglia, perplesso. -Cosa…-
-Vi ho visti! Non volevo spiare ma vi ho visti, poco fa. E sono certa che qualunque sia il motivo per cui ti ha rifiutato, Sugar semplicemente non sia in sé- Perona prese un profondo respiro, focalizzandosi più sul bene che ciò che stava per dire avrebbe fatto a Ace piuttosto che sul male che avrebbe fatto a lei. -Io lo so Ace! Tu le piaci, le piaci davvero! Stasera tutto quello che voleva era fare colpo su di te! E non so cosa le sia preso ma ti assicuro che lo scopriremo insieme e risolveremo la questione!- esclamò, incoraggiante ma Ace continuava a fissarla serio e sconsolato.
Perona fremette di impazienza.
Andiamo! Cos’era tutta quella sfiducia nei suoi confronti e nei propri?!
-Tu pensi che mi piaccia Sugar.-
Non era una domanda e fu il turno di Perona di accigliarsi.
A che gioco stava giocando?
-Ace…- mormorò cauta. -… Io so che ti piace Sugar.-
-Ah.- fu l’atona risposta di Ace. -E cos’altro sai? Cos’ho mangiato stamattina a colazione?-
Perona strabuzzò gli occhi prima di mettere su un’espressione seria e incrociare le braccia sotto il seno, con aria di sfida. -I Coco-Pops con il latte-
-E invece no! Stamattina ho mangiato la girella! Perona, solo perché mi conosci molto bene, non significa che tu sappia tutto di me, chiaro?!- esplose Ace, prendendola in contropiede. -Sai, se ogni tanto ti preoccupassi di chiedermi cosa penso e cosa provo, anziché dedurlo, non mi farebbe per niente schifo!-
-Ace ma che…- mormorò sconvolta la ragazza.
-Mi prende che non mi piace Sugar e mi da fastidio che tu ti comporti come se avessi capito tutto di me quando non hai capito niente!-
Perona sgranò gli occhi indignata prima di contrarre il viso in un’espressione furente. -Ah io non avrei capito niente, vero?! E allora perché hai chiesto aiuto a Miss Puck per conquistarla?!-
-Io non volevo aiuto per conquistare lei, d’accordo?! Ma ho dovuto dire così per forza!-
-E perché, sentiamo?!-
-Per salvarmi il culo quando ho capito che Miss Puck eri tu!- alzò di un’altra ottava la voce Ace. -Porco Roger, sei la mia migliore amica! Credevi davvero che fossi così scemo da non riconoscerti via chat?!-
Perona trattenne il fiato, tremando impercettibilmente. Si sentiva ferita nel profondo da ciò che Ace aveva appena detto. E improvvisamente il fatto che lui conoscesse la sua identità nascosta non aveva alcuna importanza.
-Mi hai mentito?- chiese, faticando a capire il senso di ciò che stava dicendo.
Non era possibile. Non c’era nessun motivo per cui Ace dovesse dire una bugia a lei.
-Perché… Perché non volevi che io sapessi chi è la ragazza che vuoi? Credevo ti fidassi di me.- articolò a fatica, cercando di scacciare il groppo in gola.
Ma Ace non sembrava per niente colpito dalla reazione della ragazza. Di solito soffriva a vederla così delusa ma in quel momento nei suoi occhi c’era una profonda, seria e quasi spaventosa determinazione.
-Sul serio?- chiese, con tono più basso ma voce tremante. -Sul serio non lo sai?-
Perona strinse i pugni e sentì una lacrima scendere a graffiarle una guancia. -Certo che non lo so! Come faccio a saperlo se tu non mi dici le cose?! Ti stupisci che credo di sapere cosa ti passa per la testa e sbaglio, ma che colpa ho io se me lo hai detto tu?! Sapevi che ero io e mi hai detto una bugia e ora ti offendi! Dovrei essere io quella offesa visto che ho appena scoperto che il mio migliore amico mi mente da mesi quando io cercavo sol…-
Smise di parlare e inspirò rumorosamente, sorpresa, quando Ace la afferrò saldamente per le spalle, la trascinò verso di sé e unì deciso le loro labbra. Perona mugugnò sorpresa ma bastò sentire le braccia di Ace avvolgerle la vita e sostenerla contro di sé per smettere di pensare e rilassarsi completamente. Tutto intorno a lei scomparve. Tutto divenne solo Ace e Ace che la stava baciando. Rispose, inspirando a pieni polmoni, e sollevò meccanicamente le mani per immergerle nei suoi capelli.
Sentì la punta della lingua di Ace solleticarle l’arco di cupido, alla ricerca di un varco per passare, e non esitò a schiudere le labbra per accoglierlo. Si aggrappò più saldamente a lui quando la sua lingua le accarezzò il palato.
La stava baciando! Ace la stava baciando davvero!  E sembrava che gli piacesse anche tanto a giudicare da come mugolava contro le sue labbra.
Mio dio. Era così… così… caldo e stordente e piccante quasi e… e… e… f-famigliare?!
Perché baciar… oh mio dio... b-baciare Ace sarebbe dovuto essere famigliare?!
Fece appena in tempo a produrre il pensiero che Ace si staccò da lei, a malincuore ma bisognoso d’aria. Perona lo fissò, le labbra arrossate e gonfie e un po’ meno stordita di quel che si sarebbe sentita se non fosse stata impegnata a cercare di catturare quel sospetto che aleggiava nella sua mente, prima che scomparisse del tutto.
-Capito ora, perché non te l’ho detto?- domandò Ace, roco.
Non aveva ancora mollato la presa e Perona non voleva certo che lo facesse. Si stava così bene, schiacciata così contro di lui. Si sentiva così giusta.
E tutto divenne improvvisamente chiaro.
Perona sgranò gli occhi, scioccata. -Tu- mormorò, districando un braccio per puntargli l’indice contro il petto. -S-sei… Tu sei… Tu sei il Fantasma dell’Opera!-
A pensarci ora, si sentiva pure più cretina di prima. Quella era in effetti da sempre la sola spiegazione plausibile. C’era un motivo se quella sera di Halloween si era sentita così al sicuro e a proprio agio tra le braccia di un perfetto sconosciuto.
Non si era mai trattato di un perfetto sconosciuto. E nemmeno di uno sconosciuto a metà. Nemmeno di un mezzo conoscente o di un amico tra tanti.
Anzi, era la persona che conosceva meglio al mondo dopo i suoi fratelli, forse tanto quanto i suoi fratelli, la persona non appartenente alla propria famiglia che le era capitato di abbracciare più spesso in tutti quegli anni eppure… Lei non… Proprio non…
-Santo Roger- mormorò Ace, con un sospiro. -A sapere che bastava baciarti…-
-Cosa vuol dire?-
-Speravo mi avessi riconosciuto quando hai ballato con me dopo quella trafila di imbecilli là dentro-
Come? Che cosa stava…
-Ma… ma ad Halloween non mi hai pestato i piedi nemmeno una volta!- protestò Perona, perdendo continuamente il filo dei propri pensieri.
Erano troppe informazioni in una sola volta.
-Certo che te li ho pestati ma eri così assorbita dal momento che non ti sei accorta-
Perona lo fissò senza fiato e senza parole. Non riusciva a capire cosa stesse esattamente succedendo. Era così confusa.
-A-Aspetta… Ma tu… tu sei riapparso accanto a me dieci secondi dopo che il Fantasma era scomparso, tu… tu non…-
-Sei rimasta imbambolata a fissarmi per più di un minuto Perona. Ho avuto tutto il tempo di fare il giro in mezzo agli altri invitati, ridare mantello e maschera a Sabo, rimettere bandana e  gilet e raggiungerti- spiegò passandosi una mano tra i capelli. -In realtà per un attimo ho temuto di averti causato danni mentali permanenti- scherzò con un sorriso che tradiva un po’ di soddisfazione.
Perona si riscosse e rapida sgusciò via dalla sua presa. Si sentiva confusa e spaventata. Non capiva, per la prima volta in vita sua, non capiva il suo migliore amico, non riusciva a leggerlo e questo la terrorizzava.
Perché Ace aveva messo in piedi tutta quella farsa?
-Perona!- la chiamò, improvvisamente agitato, ma la rosa indietreggiò di scatto e Ace si bloccò lì dov’era.
-Perché?! Perché hai fatto tutto questo?! P-perché non mi hai detto che eri stato tu?!-
Ace abbassò per un attimo lo sguardo ai propri piedi e prese un profondo respiro prima di tornare a guardarla serio e determinato.
-Non doveva andare così, io…- si fermò immediatamente e chiuse un attimo gli occhi, sfregandoseli con pollice e indice. -Volevo solo regalarti il romantico Halloween che avevi sempre sognato, volevo solo vederti felice. Non avresti mai dovuto scoprire che ero io e non… beh tanto per cominciare sarebbe dovuto essere solo un ballo, okay?!- sbottò, chiaramente in imbarazzo da bravo tsundere qual era. -Ma poi è andata come è andata, prima ancora di rendermene conto ti stavo baciando e mi sono reso conto che non mi bastava, che non volevo vederti felice solo quella sera e c-che volevo essere io a renderti felice. Sempre. Ogni singolo, fottuto giorno, Perona. E ho provato a levarmi quell’idea dalla testa, ho provato a non pensare a te così perché, Porco Roger, sei la mia migliore amica! Ho pure provato a concentrarmi su Sugar per il resto della serata solo ed esclusivamente per non pensare a te in quel modo ma è stato tutto inutile!- prese fiato e ricominciò, ormai un fiume in piena. -E volevo dirtelo, volevo dirti tutto ma appena Koala ha capito, mi ha fermato. Mi ha detto del tuo piano per farmi mettere con Sugar, mi ha consigliato di avere pazienza e aspettare. E così la mattina di Capodanno, quando mi sono reso conto che parlavo con te, mi sono fatto prendere dal panico e ho usato la prima persona che mi è passata per la testa per salvarmi. Ho usato Sugar. Perché comunque non è che potevo dichiararmi via chat e con la tua identità segreta, ti pare?!- 
-D-dichiararti?- chiese Perona, incerta, prima di scuotere energicamente la testa per tornare in sé. -Ma… Ma perché Koala ti ha detto di aspettare?! Non capisco! E poi perché quella volta dopo il cinema hai voluto riaccompagnare a casa Sugar se non ti interessa!- lo accusò quasi.
Sapeva di essere irrazionale, era stata lei la prima a volerli vedere insieme ma solo perché era stata troppo cieca per accorgersi dei propri sentimenti per Ace. Perché non è che si era innamorata da poco di lui, no?!
Cioè insomma, era cotta di lui dalle elementari! Lo sapevano tutti!
Lei se n’era accorta quella sera, era vero, ma era una cosa completamente diversa e non poteva credere che Koala…
-Ho riaccompagnato a casa Sugar perché non sapevo più cosa fare. Mi fido ciecamente di Koala, ma lei in quel momento era presa da Sabo e dai suoi problemi e io… Mi sembrava di non riuscire a fare nessun progresso con te e così l’ho coinvolta. E poi tu hai parlato a Izo del Fantasma e io ero felice e al tempo stesso spaventato perché era abbastanza chiaro che tu non avessi la benché minima idea di chi fosse quel tizio misterioso e, dio Perona! È stato peggio di una partita a Risiko!- esclamò, ridendo un po’ isterico.
-Perché non me lo hai detto e basta?!-
-Perché saresti scappata a gambe levate dalla parte opposta! Ecco perché Koala mi ha detto di aspettare!-
-Tu non puoi sapere come avrei reagito se…- provò a protestare, ma l’occhiata scettica di Ace le fece morire le parole in gola.
Il moro azzardò un passo verso di lei e si rilassò appena quando Perona non indietreggiò.
-Sei una Mihawk. Siete tutti ciechi uguali quando si parla di sentimenti. E se non siete assolutamente e pienamente consapevoli di ricambiare chi vi ama, fuggite più veloci della luce. E tu sei forse la peggiore della famiglia per via della tua convinzione di essere un genio ad accoppiare le altre persone-
-Ehi! Io sono un genio ad accoppiare le altre persone!- protestò, con un ritorno di orgoglio. Poi però fu il suo turno di abbassare lo sguardo, imbarazzata e un po’ infastidita. Perché non poteva negare che se Ace l’avesse baciata o si fosse fatto avanti prima di quel momento, prima che lei realizzasse pienamente il proprio amore per lui, la sua reazione sarebbe stata esattamente quella predetta da Koala.
Che fosse per senso di colpa verso Sugar, totale abnegazione al suo piano o semplice stupidità, Perona sapeva che in un altro momento qualsiasi avrebbe cercato di far ragionare Ace o, peggio ancora, si sarebbe allontanata da lui. Perché era fatta così. Lei, Zoro, Robin, Law e suo padre erano tutti fatti così.
Ma per quanto negativo quell’aspetto del loro carattere fosse, c’era sempre il rovescio della medaglia. Perché una volta che aprivano gli occhi tutti loro, senza esclusione, erano capaci di amare con ogni fibra del proprio corpo, al di là di ogni ragionevole limite, capaci di fare anche l’impossibile per la propria metà.
E Perona non sarebbe stata da meno.
Risollevò gli occhi su di lui e sorrise, mordendosi il labbro inferiore, mentre un senso di eccitazione la invadeva, impedendole di rimanere ferma. Scattò in avanti, verso Ace pronto ad accoglierla a braccia aperte, e rise di pura felicità mentre gli gettava le braccia al collo.
Si aggrappò a lui e prese a baciarlo sulla mandibola, baci rapidi e a fior di labbra, e Ace immerse una mano nei suoi capelli mentre l’abbracciava stretta.
Rimasero fermi per un po’ in quella posizione, godendosi tutte quelle piccole differenze che c’erano tra l’abbracciarsi prima, quando erano solo amici, e l’abbracciarsi ora, che erano molto, molto di più. Poi Ace piegò il busto all’indietro per poterla guardare. Perona ricambiò, gli occhi che brillavano nel buio e tremò appena quando Ace posò la sua grande e calda mano sulla sua guancia. Si avvicinò un po’ incerta e Ace non perse tempo ad annullare la distanza tra loro e baciarla di nuovo.
Rimasero fronte contro fronte quando si staccarono, la punta dei loro nasi che sfiorava la guancia dell’altro.
Poi un pensiero attraversò la mente di Ace e una risata gli scappò dalle labbra.
-Se penso che per un attimo avevo pensati di chiedere a Izo di fare il Fantasma- mormorò e Perona sgranò gli occhi scioccata. -Beh, lui sa ballare- si giustificò con una stretta di spalle.
Perona sorrise felice. –Ehi Ace?- lo chiamò piano. -Cosa vi siete detti prima tu e Sugar?-
Sentì la presa del ragazzo aumentare sui suoi fianchi. -Era venuta a dirmi che il piano della lista non aveva funzionato. Ma prima mi ha informato che lei e Kobi hanno smesso di girarci intorno e si sono baciati. Era anche ora! Certo adesso, con una donna così accanto Kobi ha la strada praticamente spianata per la presidenza del paese.- considerò senza accorgersi dell’espressione scioccata della sua ragazza.
Aveva sentito bene? Kobi e Sugar? Come? Quando?
Non si era accorta di niente lei!
-Voodoo? Tutto bene?- chiese Ace con dolcezza, riscuotendola.
Perona si perse un attimo a studiare le mille lentiggini che spruzzavano il suo naso e le sue guance.
-Sto bene sì- sussurrò tornando a focalizzarsi sui suoi occhi. -Stavo solo pensando che, forse, dovrei chiudere il blog ed entrare nel giornalino- 
Ace contrasse per un attimo le sopracciglia, non capendo da dove arrivasse quella considerazione ma il profumo di fragola di Perona gli impediva di pensare lucidamente. Decise che avrebbe indagato più tardi e si chinò per rubarle un altro bacio.
-Vai con le Hawaa-aa-aaaa-aaaii!!!-
Ancora stretti, i due ragazzi si voltarono di scatto, in tempo per vedere Izo stagliarsi sulla porta della palestra, urlando euforico.
Lo osservarono perplessi prendere una profonda boccata d’aria prima di esclamare. -Una serata assolutamente e-pi-ca!-
Lanciò un braccio in aria e pugno chiuso in un gesto di esultanza, prima di rientrare. Difficile dire se li avesse visti oppure no e, di conseguenza, se volesse parlare con loro o con nessuno.
Perona sollevò un sopracciglio. -Qualcosa mi dice che lui e Gillie hanno avuto un incontro ravvicinato.-
-Però ha ragione. Questa serata va di bene in meglio- considerò Ace, baciandola tra i capelli. -Entriamo?-
-Mmmmh-  mugugnò Perona, accoccolandosi contro il suo torace e incastrando le testa nell’incavo del suo collo. -Manca ancora alla proclamazione. Stiamo qui solo un altro po’-
Il cuore di Ace ebbe un tuffo mentre il ragazzo considerava che non credeva di essere mai stato più felice in vita sua. Posò il mento sul capo di Perona, inspirando a pieni polmoni, praticamente in estasi. -Tutto quello che vuoi, piccola-  
-Mi piace quando mi chiami Voodoo-
-Okay Voodoo. Okay- 

Ritorna all'indice


Capitolo 30
*** Per niente al mondo ***


-Ehi Zoro!-
-Cos… Merda!!!- esclamò il verde portando una mano sulla testa nel punto dove l’aveva pestata con violenza contro lo scaffale nel sollevarsi di scatto.
-Oh scusa! Ti sei fatto male?- domandò Perona correndo verso il fratello per accertarsi che non si fosse tagliato.
-Oh no! No, no! È stato piacevole!- commentò con sarcasmo. Cercò di alzarsi ma si ritrovò costretto in ginocchio e Perona che lo esaminava tra i capelli con perizia, alla ricerca di tracce rosse tra le ciocche color menta. -Ehi, sto bene tranquilla.- la rassicurò con un tono più dolce, sorridendo un po’ storto.
Certe volte le sembrava di voler così bene alla sua sorellina da rischiare di esplodere di tutto quell’affetto. Non che lo avrebbe mai detto ad alta voce ma a volte aveva l’impressione che la cosa fosse evidente solo guardandolo, il che non lo faceva impazzire se c’era in giro altra gente ma finché erano solo loro due non era un problema.
Le afferrò il polso e si liberò gentilmente dalla sua stretta prima di rimettersi in piedi e arruffarle i capelli, una mera scusa per guadagnare ancora qualche istante e ammirare quanto quel fagottino rosa e dalla lingua lunga fosse diventata grande e bella. Una donna ormai.
-Ehi!- lo richiamò dopo alcuni secondi Perona, leggermente rossa sulle guance. -Smetti di fissarmi così!-
-Così come?-
-Come se dovessi entrare in convento domani.- ribatté incrociando le braccia sotto il seno.
Zoro scacciò il pensiero che forse sarebbe stato più tranquillo se Perona fosse davvero stata in procinto di entrare in convento e si schiarì rocamente la gola. -Mi cercavi?-
Perona annuì. -Volevo solo chiederti di portare anche dell’acqua, sai, per Margaret. Con la gravidanza beve come una spugna.-
-Uh? Certo nessun problema solo che ho già due bottiglie di vino da portare, se puoi aiut…- fece per chiederle ma il trillo del timer del forno lo interruppe.
-Oh accidenti!- mormorò la rosa, dispiaciuta. -Devo sfornare i fagottini di spinaci! Scusa!-
La porta della cucina si aprì, quel tanto che bastava per permettere alla testa di Drakul di fare capolino. -Ragazzi serve una mano?-  
-Capiti al momento giusto!- lo accolse Zoro, mentre Perona infilava il guanto da forno e apriva con cautela lo sportello, lasciando disperdere il vapore prima di avvicinarsi ulteriormente. -Puoi prendere un paio di bottiglie d’acqua?-
Per tutta risposta, Drag entrò in cucina, dirigendosi deciso verso il frigo ma la porta non fece in tempo a socchiudersi che venne spalancata un’altra volta, questa volta da Robin. -Sono pronti i fagottini?- s’informò.
-Li sto sfornando giusto ora.- l’avvisò Perona, trasportando la leccarda sul bancone della cucina.
-Aspetta che ti aiuto.- si offrì subito, entrando nella stanza e recuperando senza esitazione un piatto da portata su cui disporre le piccole sfogliatine salate.
-Papà mi aiuti ad aprire il vino prima di portarlo di là?- chiese Zoro, fermando il padre che si stava già dirigendo per tornare in salotto, dove la sua famiglia al completo, gli amici di Zoro, gli amici di Perona, Pen, Rebecca, i coniugi Portuguese e il collega di Margaret, Marco, erano riuniti per una piccola festa pre-natalizia. -Non vorrei mai che Rufy scambiasse i tappi di sughero  per stuzzichini e rischiasse di soffocare come l’altra volta. Di ospedali ne ho visti a sufficienza quest’anno.- borbottò rude.
Perona sobbalzò appena a quelle parole ma si tranquillizzò subito, consapevole che Zoro non si riferiva solo all’episodio della primavera scorsa, ma anche alla nascita di Demon e Eris, ai vari controlli a cui si era dovuto sottoporre durante i mondiali di kendo e al malore che aveva colto Sanji quando aveva scoperto che Violet era rimasta incinta ad appena un mese dal matrimonio. E sospettava che di fronte alla reazione del proprio migliore amico anche suo fratello avesse ceduto al desiderio paterno e che lui e Nami stessero provando ad avere un bambino, se non ci erano riusciti già visto che, curiosamente, quella sera Nami non aveva toccato una sola goccia di alcool. Sorrise discreta ma divertita, e per un attimo la somiglianza con Olivia e di conseguenza con Robin fu impressionante ma nessuno se ne rese conto, tutti indaffarati ad aiutarsi a vicenda.
Per alcuni secondi fu solo il rumore di stoviglie e il chiacchiericcio che proveniva dal salotto, filtrato dalla porta, finché una voce non proruppe nuovamente nella stanza e l’uscio fu spalancato di nuovo.
-Robin!- Un suono acuto e prolungato riempì la cucina e quattro teste scattarono verso Law che, il volto impassibile ma una luce lievemente disperata negli occhi, cullava inutilmente il fagottino agganciato al suo petto da una fascia per neonati. -Credo voglia mangiare.- sentenziò, usando il suo tono da chirurgo pur di suonare padrone della situazione.
La sua gemella, però, non gli diede la minima soddisfazione. -L’ho allattato venti minuti fa.- rispose, continuando a decorare il piatto dei fagottini. -Sai che non faccio l’allattamento a richiesta.-
-Okay. Però allora dovresti prenderlo, con me non si calma.-
-E con Rufy?-
-Sta sfidando Usopp a chi riesce a infilarsi le cannucce più in profondità nelle narici, non glielo lascio neppure sotto minaccia.- affermò lapidario e mortalmente serio.
-E Pen?- propose Perona -Con lui si tranquillizza sempre.-
Law sospirò sconfortato. -Sta facendo da giudice alla sfida.-
Robin gli lanciò una divertita occhiata. -Io non mi arrenderei se fossi in te. In fondo è tutta esperienza, Law. Devi cominciare ad allenarti.- ribatté e nessuno provò neppure a trattenersi dal ridacchiare, facendo sbuffare il maggiore dei fratelli Mihawk.
-Non è che non voglio tenerlo, ma si sta logorando le corde vocali così!- insistette.
-Lo sai Law, se non ti conoscessi direi che sei terrorizzato da un bambino.-  rincarò la dose Zoro e il moro si produsse in una falsa risata.  
-Vedremo quando toccherà poi a te.- aggiunse poi, tornando serio e atono, e poco ci mancò che il verde si strozzasse con la propria saliva.
-Fatela finita e datelo al nonno, su.- intervenne Drag, pulendosi le mani in uno strofinaccio prima di avvicinarsi al suo primogenito con le braccia tese e pronte ad accogliere il bebè. Si agganciò con cura la fascia per neonati sulla spalla e dopo pochi attimi di ritmico dondolio il pianto di Demon cominciò a diminuire, fino a scomparire del tutto.
Soddisfatto e senza smettere di cullare il piccolo, Drakul sollevò lo sguardo sui propri figli che avevano smesso di fare ciò che stavano facendo e lo guardavano ammirati e anche un po’ inteneriti. -Anche voi adoravate quando ero io a cullarvi, sapete?-
-Papà non rovinare il momento, dai.- lo ammonì Zoro e i suoi fratelli scoppiarono in una sonora risata, con non poco disappunto del capofamiglia.
-Sì, Zoro, scherza pure. Intanto da chi è che correvi quando avevi gli incubi?-
Zoro si strinse nelle spalle, stappando finalmente la bottiglia. -Da mamma. Era Perona che veniva da te quando faceva un brutto sogno. O era Law?- dubitò, aggrottando le sopracciglia.
-Era Law. Perona non ha mai avuto incubi.- gli ricordò Robin. -Papà forse non dovresti cullarlo così forte.-
-Tecnicamente li aveva, solo che per lei sognare zombie e fantasmi non è un brutto sogno ecco.- ridacchiò Law, rubando uno sformatino che avanzava. -Non è con la pasta di pane vero?- chiese conferma alla sua gemella, che negò con il capo.
-Certo che così mi fate sembrare ancora più strana però!- protestò Perona, portando le mani sui fianchi.
-Papà davvero! Dovresti rallentare un po’!- ritentò di nuovo Robin.
-Tranquilla, so che quel faccio. E poi a Demon piace tanto, vero cucciolo?-
-Perona, tu sei strana.-
-Ho detto “più strana”, Zoro.-
-Ma guarda quanto è bello questo bambino! Tutto il non…-
Un suono gutturale non granché bello a sentirsi interruppe il raro momento di esternazione emotiva di Drag che si irrigidì quando il suo amato nipotino rigurgitò la poppata con mezz’ora di ritardo, tutta sulla sua camicia. Nessuno fiatò o si mosse finché Drakul non girò il capo verso i propri figli, tenendo il bambino a distanza di sicurezza dalla sua stessa produzione. -Un aiutino, magari?-
-Oh sì! Certo!-
-Arriviamo!-
-Prendo dell’acqua!-
-Ecco dallo a me!- scattarono in simultanea i quattro ragazzi.
Zoro non perse tempo ad agganciarsi il nipotino al petto e aiutare Robin a ripulirlo mentre Perona si occupava della camicia del padre. -Meglio se te la cambi eh.- ci tenne a precisare mentre ripuliva la stoffa con un tovagliolo di carta.
-Ah Perona, quasi dimenticavo.- le disse Law, tendendole un altro tovagliolo stavolta di stoffa e inumidito. -Ace ti cercava.-
Non fece nemmeno in tempo a finire la frase, a “Ace” le guance di sua sorella avevano già preso colore e un sorriso radioso si era disegnato sul suo volto.
-Okay, grazie.- mormorò, abbassando per un attimo gli occhi al pavimento, in un mix di imbarazzo e felicità. -Ora tanto torno di là, devo portare i fagottini.- aggiunse, tornando verso il bancone, per sottolineare con i fatti le proprie parole.
Ma qualcosa nei suoi movimenti era improvvisamente diverso. Aggraziata Perona lo era sempre ma ora sembrava quasi veleggiare a qualche centimetro da terra, i suoi movimenti erano armoniosi come una danza, nonostante sembrasse lievemente in trance, persa in chissà quali pensieri, o forse precisamente per quel motivo. Era così innamorata da dare quasi fastidio.
-Qualcosa non va?- domandò Drakul, osservando il più grande dei suoi figli con un’occhiata in tralice.
-No nulla.- mugugnò Law e Drag sollevò un sopracciglio.
-Dovresti essere felice per lei.-  
Law si girò di scatto verso il padre, scottato dalle sue parole. -Lo sono! Oh accidenti…- imprecò contro se stesso. -Sono felice per lei, davvero è solo che… non… non stanno correndo troppo? Insomma sono ancora piccoli per essere già così innamorati! E poi Ace che la cerca sempre, sembra quasi ossessionato!-
Il sopracciglio di Drakul si inarcò ancora di più, in ciò che era senza dubbio la traduzione in alfabeto muto di “Senti da che pulpito” e, cosa strana, Law non ebbe la minima difficoltà a interpretarlo. -Papà dico davvero.-
Drag lo osservò ancora per una manciata di secondi e poi tornò serio e passò un braccio intorno alle spalle di suo figlio. -Ace non è ossessionato, è solo protettivo. Molto protettivo e non è che noi possiamo giudicarlo. Sarebbe quanto meno ipocrita e poi è sempre stato così. Però quello che c’è di là e cerca tua sorella come un disperato è lo stesso Ace che è cresciuto in questa casa, che conosci da quando è bambino. Solo più uomo e irrimediabilmente innamorato. E non è una cosa che si controlla o si misura e tanto meno c’è un’età in cui è più giusto essere più innamorati o esserlo di meno. E tanto perché tu lo tenga a mente, avevi solo due anni più di Ace quando hai perso la testa per Margaret.-
Law guardò suo padre con incredulità, inclinando appena la schiena all’indietro. -Wow.- commentò. Considerato come aveva reagito alla notizia del fidanzamento della piccola sette mesi prima non si aspettava certo tanta ragionevolezza. Sapeva che Boa era intervenuta in favore della giovane coppia ma mai avrebbe immaginato che sarebbe riuscita a fare un lavoro del genere e non certo perché non ne fosse in grado ma perché, se da qualcuno Law aveva ereditato la propria testardaggine, non era stato certo da sua madre. -Cavoli papà, non pensavo che ti avrei mai visto così rilassato al riguardo.- lanciò ancora un’occhiata a Perona, che stava uscendo dalla cucina dietro a Robin, con un cenno di ringraziamento a Zoro per averle tenuto la porta aperta. -Quindi per te questa situazione è perfettamente okay?-
Un breve silenzio seguì la domanda di Law, mentre, spalla contro spalla, padre e figlio osservavano la piccola di casa sparire alla loro vista.
-Assolutamente no. Se la tocca lo uccido.-

 
§

 
-Aaaaah che bella serata!- sospirò Rufy con soddisfazione, sedendosi sul divano di casa sua con suo figlio ben assicurato al proprio collo.
Robin gli lanciò un’occhiata dall’ingresso, sorridendo con affetto e amore. Rimaneva sempre colpita, per non dire esterrefatta, da quanto Rufy fosse bravo a maneggiare loro figlio o, per meglio dire, i bambini in generale. Anche con Eris era fantastico, tanto che Monet non si faceva problemi ad affidargliela anche per tempi prolungati.
Doveva ammettere che il confronto con sua cugina le stava dimostrando ogni giorno di più che, nonostante i suoi buoni propositi, era una madre più apprensiva di quanto le sarebbe piaciuto ammettere ma non era per chissà che irrazionale paura.
Aveva fatto una buona gavetta con Perona e aiutare a crescerla aveva significato per la maggior parte del tempo impedire a Law, Zoro e suo padre di spiarla, tenerla sotto una campana di vetro e tarparle involontariamente le ali. Ragion per cui sapeva che non sarebbe diventata una mamma chioccia, complice anche il carattere di Rufy, così ottimista e convinto che tutto sarebbe andato sempre e comunque per il meglio.
No, il suo voler stare tanto con suo figlio, il suo affidarlo ad altri per brevi intervalli, il suo reclamarlo con puntualità era semplice desiderio di godere di ogni istante.
Lei lo aveva provato sulla propria pelle quanto la vita potesse essere imprevedibile e dolorosa ma non rimpiangeva nulla del tempo in cui sua madre era ancora viva. Olivia aveva saputo come lasciare il proprio segno in lei, così profondamente che Robin avvertiva ancora il suo caldo abbraccio, concretamente e costantemente. Se Robin non aveva rimpianti, ma solo il rammarico di non poterle parlare se non attraverso la loro quercia, era perché Olivia aveva saputo farle sentire il proprio amore fino all’ultima goccia e fino all’ultimo respiro.
Se n’era andata sorridendo, Olivia, e quel sorriso Robin non lo avrebbe dimenticato mai. Se le fosse accaduto qualcosa, voleva che suo figlio crescesse con lo stesso senso di completezza che l’aveva accompagnata per tutta la vita nonostante la perdita di un genitore e voleva andarsene con la stessa serenità della sua mamma. Ecco perché cercava di passare con Demon tutto il tempo che poteva fintanto che era ancora un bebè.
Ma, oltre a questo, ciò che Robin desiderava per il suo bambino era un padre su cui poter fare affidamento. Un padre presente e amorevole, un padre che avrebbe saputo consigliarlo e consolarlo, un punto di riferimento solido come una roccia. Proprio come il suo.
E, osservando dalla soglia del loro salotto Rufy cullare, coccolare e parlare con Demon, pensò che non avrebbe potuto desiderare nulla di meglio o di diverso. Era tutto lì, sul loro sofà rosso e viola. Ed era perfetto.
-Scommetto che ti sei divertito anche tu, vero?- Rufy chiese a Demon, regalando a suo figlio uno di quei suoi giganteschi e solari sorrisi per cui Robin aveva perso la testa. 
-Puoi giurarci.- rispose per il piccolo, staccandosi dallo stipite e raggiungendoli sul divano. -Pensa che ha anche vomitato sulla camicia di papà.- gli disse, ridacchiando, mentre si accoccolava al suo fianco.
Rufy le passò un braccio intorno alle spalle, spostando lo sguardo da lei a Demon con un infinito orgoglio negli occhi. -Hai vomitato addosso al nonno? Shishishishi! Sei proprio mio figlio!-

 
***

 
Vedere Zoro nervoso o agitato era una rarità. Tutti nella sua famiglia sapevano celare molto bene quello stato d’animo e solo chi molto bene li conosceva era in grado di riconoscere i gesti rivelatori di ciascun Mihawk.
Perona si mordeva il labbro inferiore fino a martoriarselo, per suo padre era il colletto della camicia che si aggiustava compulsivamente, Law tamburellava con le dita tatuate su qualunque superficie disponibile e così forte da rischiare di dislocarsele, mentre Robin si lisciava i pantaloni o la gonna con le sue immancabili classe e discrezione. 
Di tutta la famiglia il tic nervoso di Zoro era indubbiamente il più discreto di tutti. Senza nemmeno accorgersene, sollevava la mano destra e si stringeva il braccio sinistro all’altezza dove solitamente portava legata la sua bandana durante gli allenamenti. Era nato come gesto scaramantico quando era ancora un bambino.
Ricordava come fosse ieri il momento in cui l’aveva ricevuta. Olivia gliel’aveva legata al braccio poco prima del suo primissimo incontro ufficiale di kendo. Aveva solo otto anni e Olivia gli aveva assicurato che la bandana lo avrebbe sempre protetto e da quel giorno Zoro non se n’era mai più separato. Pur di non sciuparla aveva preso l’abitudine di legarsela in testa per assorbire il sudore solo quando l’allenamento si faceva più pesante e difficile del normale o quando decideva di provare a superare i propri limiti.
Quel piccolo quadrato di stoffa nera aveva vent’anni, i riflessi verde petrolio si erano sbiaditi ma per Zoro restava qualcosa di così insostituibile che c’era un solo possibile scenario in cui riusciva a immaginare di separarsene. Lo stesso possibile scenario a causa del quale la sua mano destra continuava a stringersi intorno al suo braccio sinistro.
Lanciò l’ennesima nervosa occhiata verso la porta chiusa del bagno, misurando il corridoio a grandi passi. Quanto ci metteva?!
Quando in macchina Nami gli aveva confessato cos’aveva intenzione di fare, una volta tornati a casa dopo la festa di Natale a casa Hancock-Mihawk, Zoro aveva cominciato a sudare freddo e sentirsi eccitato al tempo stesso. Ma ora avrebbe voluto che Nami lo avesse avvisato a cose già fatte perché quell’attesa lo stava distruggendo.
Un nuovo grugnito, di nuovo una stretta intorno al braccio. -Mocciosa?!-
Lo stomaco gli si accartocciò quando, anziché ricevere risposta, la chiave della porta del bagno scattò girando nella propria toppa. Zoro trattenne il fiato e lasciò la mano destra là dov’era, posata sul braccio sinistro, mentre la porta si apriva piano mostrandogli Nami, ferma sulla soglia e con un’espressione un po’ delusa sul volto.
Aveva una mano ancora sulla maniglia mentre l’altra, abbandonata lungo il fianco, stringeva un bastoncino di plastica lungo e sottile, che si inspessiva un po’ a un’estremità, su cui era applicata una placchetta.
-Ehi?- la chiamò più dolcemente avanzando di un passo. Nami sollevò il capo e allungò il braccio per tendergli il test di gravidanza, sconfortata. Zoro lo prese in mano con un piccolo sospiro, dispiaciuto e deluso a sua volta e, meccanicamente, abbassò gli occhi sulla placchetta.
Non che ci fosse bisogno di controllare, la reazione di Nami parlava da sola ma anche così non poté non provare una punta di fastidio di fronte a quel maledetto segno “più” rosa che camp…
Aspetta! Che aveva appena pensato?! Segno… Segno “più”?!
Fu il suo turno di sollevare la testa, di scatto, solo per trovare Nami che gli sorrideva con il sorriso più bello, radioso, felice e innamorato che le avesse mai visto dipinto in volto. Confuso, Zoro spostò gli occhi da Nami al test di gravidanza e di nuovo a Nami. -Tu… Tu… Noi…-
-Siamo incinti.- confermò la rossa, contenendo a stento l’emozione solo per liberarla tutta un attimo dopo in una melodiosa risata, quando Zoro l’abbracciò, sollevandola da terra e facendola vorticare.
In quel preciso momento due pensieri attraversarono la mente di Zoro. Che amava da morire la sua donna e che era meglio che cominciasse a prepararsi psicologicamente all’idea di cambiare pannolini.
 

 
***

 
-Grazie.- soffiò Margaret da sopra la propria spalla, mentre Law l’aiutava a sfilarsi il cappotto. Con le mani posate sul pancione di cinque mesi, si diresse verso il salotto mentre Law faceva una sosta in cucina per bere un bicchiere d’acqua. Sapeva che ne avrebbe portato uno anche a lei perché, come non mancava mai di ricordargli, era molto importante tenersi idratata nel suo stato.
Sorrise con affetto, accarezzando si il ventre attraverso il maglione. Chiedere a Law di non preoccuparsi tanto era impensabile e lo sapeva. Ma non dubitava che sarebbe stato un padre meraviglioso. Forse un po’ apprensivo, certo, ma pur sempre meraviglioso.
Sapeva, anche senza bisogno che glielo dicesse, che aveva paura di non essere all’altezza. Sapeva, anche senza bisogno di vederlo, che se fosse stata femmina sarebbe stato geloso e i ragazzi che le sarebbero ronzati intorno non avrebbero avuto vita semplice. D’altra parte era pur sempre figlio di suo padre.
Ma ciò che Law tendeva a dimenticare era che era anche figlio di sua madre. Negli anni aveva avuto modo di vederlo  alle prese con Perona e quella primavera, quando la piccola era finita in ospedale, aveva dato il meglio di sé come fratello e come persona. Anche se non era stata presente, il racconto di Robin le era bastato. E doveva ammettere che, pur desiderando sopra ogni cosa che il bambino fosse sano al di là poi del suo sesso, in cuor suo sperava che fosse femmina.  
Un protettivo abbraccio e due labbra appena un po’ umide d’acqua sul collo interruppero il flusso dei suoi pensieri. Margaret portò subito le mani su quelle di Law ora appoggiate al suo pancione e girò il capo per poterlo guardare anche se un po’ di sbieco.
-Sei sicuro che non vuoi chiedere a Caimie il sesso? Ti ho già detto che non è un problema e poi sono io quella a cui piacciono le sorprese.- sussurrò, strusciando la punta del naso contro la guancia del moro.
Law negò piano con il capo. -Lo scopriremo insieme.- affermò dolce ma deciso. -Piuttosto hai pensato a qualche nome?-
-Mmmh… E tu?-
-Qualcuno sì, ma non sono convinto.-
-Vediamo…- mormorò Margaret, guardando il soffitto mentre rifletteva. -Se fosse maschio potremmo chiamarlo Duval.- propose, girandosi di nuovo a guardarlo. Faticò a trattenere una risata quando vide la sua espressione. -No?! Okay allora… che ne dici di Penguin?-
-Margaret!- la ammonì lui, spostando le mani sui suoi fianchi con un ghigno sadico.
Margaret sobbalzò per il solletico. -Okay, okay, la smetto!- si arrese, ridacchiando. Si rigirò tra le sue braccia e agganciò le mani intorno al suo collo, guardandolo innamorata. -Però se fosse femmina, avrei una preferenza.- gli disse, parlando sul serio nonostante il sorriso ancora disegnato sul volto.
-Dimmi.- la invitò lui, accarezzandole i capelli.
Margaret prese un profondo respiro, gli occhi incollati al suo viso per studiare la sua reazione. -Olivia.-
Law si immobilizzò, travolto da un turbine di emozioni, con la mano ancora immersa tra le sue ciocche bionde e, lentamente, tornò a guardarla in viso, gli occhi un po’ lucidi e la bocca leggermente schiusa.
-Se sei d’accordo ovviamente.-
-Io…- la voce lo abbandonò per un attimo, mentre cercava un modo di esprimere ciò che stava provando in quel momento. La mano scese tremante ad accarezzarle il lobo, la mandibola e il collo. Law deglutì a vuoto e la guardò intensamente negli occhi. -Io non credo di essere in grado di esprimere a parole quanto ti amo, Margaret.-
 
 
***
 
 

Con passo felpato Boa si avvicinò da dietro e si addossò alla schiena di suo marito, posandogli un bacio sul braccio. Senza staccare gli occhi dal panorama oltre la finestra, Drag alzò la mano e accarezzò la guancia di sua moglie, che aveva reclinato il capo sulla sua spalla e si stava rilassando con un profondo respiro.
-Contento della festa?- chiese, gli occhi socchiusi.
Drag continuò ad accarezzarla con il dorso della mano. -È andata anche meglio di quanto sperassi. Temevo che Roger se la sarebbe data a gambe levate. Chi l’avrebbe mai detto che avrebbe finito la serata a cantare e ballare sul tavolo insieme a Dofla e con addosso il suo boa?-
Boa rise divertita e risollevò il capo, immergendo le dita nelle ciocche che ricoprivano la nuca del suo uomo. Scivolò sotto il suo braccio per sgusciargli davanti e addossare la schiena al suo petto. -Anche tu sei stato una sorpresa.- commentò reclinando appena il capo all’indietro e Drag corrugò le sopracciglia perplesso. -Hai minacciato Ace di morte una volta sola.- spiegò divertita mentre suo marito mandava gli occhi al cielo.
Drag la strinse più forte, tirandosela contro ancora di più e immergendo il naso nei suoi capelli al profumo di sandalo. Come sempre quando si rendeva conto di quanto amasse Boa, il suo cuore tremò di gioia e di inevitabile senso di colpa.
Aveva creduto che mai avrebbe saputo amare un’altra donna così. Aveva creduto che per il resto dei suoi giorni avrebbe amato solo e soltanto Olivia. Ma amare Boa con ogni cellula del proprio corpo non significava che avesse dimenticato il suo primo grande amore e aveva più di un motivo, al di là del suo desiderio che fosse così, per credere che fosse stata proprio Olivia a mandargliela. Da quando Boa era entrata a tuttotondo nelle loro vite le cose avevano preso ad andare sempre meglio e per Drag non poteva essere un semplice caso. Come dal suo punto di vista non era un semplice caso il cielo bianco che proiettava una luce candida su Raftel.
-A cosa stavi pensando?- domandò Boa, rilassandosi nel calore delle sue braccia.
-Guardavo il cielo.- rispose Drag, piegando appena il busto per appoggiare il mento sulla spalla di sua moglie. -Credo che stia per nevicare.-
 
 
***

 
Richiuse con cautela la porta alle proprie spalle e sorrise famelico, prima di avvicinarsi a lei, prenderla tra le braccia e baciarla con passione. Perona si aggrappò a lui senza una protesta, emettendo solo un lieve mugugno di piacere quando Ace spinse la propria lingua tra le sue labbra.
Andarono avanti alcuni minuti senza parlare, ansimando tra un bacio e l’altro per riprendere aria, finché non si ritrovarono, non sapevano neppure loro come, sdraiati sul letto a una piazza e mezza di Perona. A malincuore, Ace si impose di calmarsi prima di superare il punto di non ritorno e perdere del tutto il controllo. Sapeva di stare già rischiando molto a dormire lì di nascosto ma quando Perona glielo aveva chiesto in un sussurro, mentre la aiutava ad impilare dei piatti da portare in cucina, non era stato fisicamente in grado di dire di no. Era come se il suo apparato fonatorio non fosse in grado di articolare la parola.
Sapeva che non era un problema per i suoi. Disgraziato com’era, Rouge si era abituata a non vederlo proprio tornare certe sere e si era rassegnata al carattere irrequieto del figlio, consapevole che se avesse provato a cercarlo lo avrebbe senz’altro trovato a casa di questo o quell’altro amico, tutti ragazzi bravi e affidabili anche se un po’ casinisti. Senza contare poi, che di certo suo padre avrebbe gradito un po’ di intimità con la moglie.
Era piuttosto certo che anche Boa avesse intuito qualcosa quando aveva cominciato ad attardarsi, inventandosi una scusa dietro l’altra per rimanere lì anche dopo che gli ultimi invitati se n’erano andati, ringraziando per la bella festa. Il solo rischio e problema di dormire lì di nascosto, nella stessa stanza e nello stesso letto con Perona, era Drag.
Ma Ace amava il pericolo, amava mettersi in gioco e, soprattutto, amava Perona e quindi eccolo lì, sul letto con lei, sopra di lei, a fare appello a tutto il proprio autocontrollo per trattenersi dal divorarla. Anche lei però, era proprio necessario essere così bella?
Le sorrise, con la fronte appoggiata alla sua, e poi si lasciò cadere al suo fianco con un sospiro. Perona si accoccolò immediatamente contro di lui, entrambi con lo sguardo puntato al soffitto, in silenzio, a godere semplicemente della presenza l’uno dell’altra e a respirarsi a vicenda.
Non sapeva da quanto erano lì e da quanto Ace la stava accarezzando distrattamente sul fianco quando Perona sollevò un braccio e simulò con la mano il movimento di un aeroplano.
-Lo sai, quando da bambini mi hai detto che tuo padre pilota gli aerei io volevo chiederti se poteva portarmi con lui una volta. Perché siccome tutti mi dicevano che mamma era in cielo, io pensavo che così sarei potuta andare a trovarla.- mormorò nella penombra. Ace le posò il palmo sulla guancia e Perona si abbandonò al contatto, chiudendo gli occhi.
-Ora ho capito perché mi stavi sempre così appiccicata alle elementari.- la prese in giro dopo alcuni secondi di silenzio per sdrammatizzare.
Perona riaprì gli occhi, sorridendo furba. -Io starti appiccicata? Guarda che sei fuori strada. Non è mica colpa mia se ovunque andava Sabo c’eri anche tu.-
Ace sgranò gli occhi indignato ma non riuscì a trattenere un sorriso divertito. -Ah è così eh?!-
-Oh sì che è così!-
-E io che pensavo di averti rubato il cuore già allora.-
-Mi spiace ferire il tuo orgoglio ma io ero cotta di Kidd all’epoca.- rispose con un guizzo provocatorio negli occhi.
-Ma senti tu questa!- esclamò Ace, avvolgendola con entrambe le braccia e stringendola protettivo. -Vedi te se me lo devi venire a dire adesso che Kidd è diventato un gorilla! Come faccio a sfidarlo per il tuo amore, ora?-
-Ah perché invece alle elementari avevate la stessa stazza, vero?!- continuò a prenderlo in giro, voltandosi sul fianco per poterlo guardare negli occhi.
-Non so se lo hai guardato bene di recente ma se dovesse darmi un cazzotto adesso probabilmente finirei in coma.- Perona soffocò la risata contro il petto di Ace, aggrappandosi alla sua maglietta. -Ma sono curioso, quando hai smesso di struggerti per l’aitante rosso e hai perso la testa per il meno muscoloso ma indubbiamente più affascinante, simpatico e travolgente me?- proseguì il moro, facendola ridere ancora più forte.
Perona si schiarì la gola prima di sollevare il capo e rispondere. -Credo sia stato il giorno in cui hai sfidato Robb per salvare Kumachi. Sei stato così coraggioso.- mormorò con un sospiro melodrammatico prima di tornare più seria pur senza smettere di sorridere. -Non sai quanto ero spaventata quella volta. Ho sempre visto Kumachi come il guardiano che mamma mi ha lasciato per vegliare su di me. Se gli fosse successo qualcosa non sarei mai riuscita a perdonarmelo.-
Ace la guardò intensamente, sperando di riuscire a trasmetterle con lo sguardo tutto l’amore che provava per lei, prima di piegare il collo per poterla baciare a fior di labbra. -Io penso che sia lei stessa a vegliare su di te. Sono certo che non ha mai smesso di proteggerti e di osservarti da lassù. Sono certo che è fiera di te e che ti sta guardando anche ora, in questo preciso momento.-
Perona lo ascoltò attentamente, gli occhi un po’ lucidi per l’emozione e si morse il labbro inferiore prima di prendere un profondo respiro. -Questo potrebbe essere un problema.- ammise e Ace si accigliò perplesso. -Non credo di volere che nessuno dei miei genitori assista a quello che sta per succedere.-
Ancora più confuso, Ace sbatté le palpebre e scosse la testa. -Perché, cos’è che sta per succedere?!-
Ma quando Perona tornò a guardarlo negli occhi, con i suoi così grandi e densi e sinceri, Ace seppe la risposta senza bisogno di sentirla e un turbinio di emozioni lo travolse. Tutto il sangue gli andò per un attimo al cervello e poi confluì al basso ventre, mentre lo stomaco gli si contraeva in piacevoli spasmi di eccitazione e nervosismo. La guardò con gli occhi sgranati e brillanti di emozione e si sollevò appena con il busto per poterle prendere il viso tra le mani. -Perona…- mormorò, la voce improvvisamente roca e incerta. -…Sei sicura?-
-Sono settimane che ci penso.- rispose senza esitare, continuando a martoriarsi il labbro inferiore, emozionata tanto quanto lui. -Non voglio più aspettare. Io…-
Non riuscì a finire quando Ace si avventò di nuovo sulla sua bocca, più famelico che mai e tornò a sovrastarla, i boxer e i pantaloni che già tiravano, sempre più stretti. Si staccò e la guardò negli occhi perso e innamorato. -Non voglio farti male.-
Perona scosse la testa con decisione. -So che la prima volta non è tutta rose e fiori ma se è con te sarà perfetto comunque vada.- sussurrò prima di ricominciare a baciarlo, lasciandosi prendere sempre più, lasciandosi spogliare dalle sue mani tremanti e inesperte, lasciandosi andare tra le sue braccia e nel suo calore.
Fuori i fiocchi di neve avevano iniziato a scendere silenziosi sulla città.    
 
 
§

 
Si rigirò tra le coperte con un mugugno soddisfatto, godendosi il calore delle lenzuola di flanella che compensavano la leggera maglietta di cotone che indossava a mo’ di pigiama. Inspirò a pieni polmoni, consapevole che suddetta maglietta non era il suo usuale pigiama ma che si trattava della maglietta di Ace e che quindi era impregnata del suo odore. Odore che Perona sentiva ovunque, nel suo letto, sul cuscino, sulla propria pelle, dopo che lei e Ace avevano fatto l’amore la notte appena trascorsa.
Un’ondata di pura felicità la pervase, nonostante fosse ancora in dormiveglia, a quel pensiero. Lei e Ace avevano fatto l’amore e quello sarebbe stato solo il primo amplesso di una lunga serie e, se era vero ciò che Nojiko le aveva detto riguardo al fatto che dopo la prima volta le cose potevano solo migliorare, visto com’era andata la loro di prima volta Perona non vedeva l’ora di provare di nuovo.
Ora, l’unica incongruenza che il cervello di Perona non poté fare a meno di notare mentre la sua padrona tornava alla realtà, svegliandosi lentamente, era che non avvertiva alcun peso accanto a sé nel letto. E, anche se l’odore di Ace era ovunque, se Ace fosse stato fisicamente presente sarebbe dovuto essere molto più intenso.
Un po’ a malincuore, Perona si riscosse dal torpore che l’avvolgeva e aprì gli occhi. La testa girata verso la finestra di camera sua, la prima cosa che vide fu Nekozaemon sul davanzale, intento a guardare fuori. Il che non sarebbe stato strano se solo non fosse stata certa che il micio dormiva sul divano al piano di sotto quando la sera precedente lei e Ace si erano intrufolati di soppiatto nella stanza.
A meno che Nekozaemon non fosse diventato capace di aprire le porte da solo, perché il gatto potesse entrare qualcuno aveva necessariamente aperto la porta. E a meno di non essere diventata sonnambula quel qualcuno non era di certo lei. Il che voleva dire che, mettendo insieme tutti i pezzi, Ace era probabilmente uscito dall’area di sicurezza che camera sua rappresentava e, improvvisamente vispa, gli occhi di Perona schizzarono verso la radiosveglia a forma di fantasma che faceva bella mostra di sé sul comodino accanto alla lampada.
Inorridì quando il suo timore divenne realtà. Era presto, troppo presto. Suo padre non era ancora uscito per andare al dojo a quell’ora e se Ace non stava più che att…
-Torna qui!!! Disgraziato!!! Che cosa ci fai in giro per casa mia mezzo nudo?!?!-
La porta di casa si spalancò e si richiuse con violenza per due volte a distanza ravvicinata e Perona scattò in piedi, inciampando nelle lenzuola, per precipitarsi alla finestra, dove Nekozaemon la salutò con un miagolio e una piccola fusa. Meccanicamente, Perona lo accarezzò sulla schiena soffice ma senza staccare gli occhi dal giardino, ricoperto da un sottile manto bianco come il resto della città, il fiato sospeso. Dovette attendere solo pochi istanti per vedere Ace correre lungo il vialetto di casa sua scalzo e con solo i boxer addosso, seguito a ruota da suo padre, ancora in pigiama e con la spada saldamente stretta in mano.
-Che hai fatto a mia figlia, delinquente?!?-
Perona spalancò la finestra d’istinto e si sporse appena fuori con il busto, ignorando l’aria fredda e tagliente che subito le sferzò il volto. -Papà!!!- chiamò a metà tra un ammonimento e un’implorazione e Drag on riuscì a non lasciarsi distrarre dalla voce della sua bambina, che tanto bambina ormai non era più. 
Si rese conto troppo tardi di avere commesso un errore. Aiutato dall’istinto di conservazione, Ace aveva continuato a correre, nonostante la voce di Perona fosse normalmente un richiamo irresistibile anche per lui, e quando Drakul tornò ai propri affari, il ragazzo aveva già superato il cancello e imboccato il marciapiede. Con uno smagliante sorriso, Ace si girò verso la finestra aperta al secondo piano e sollevò un braccio in segno di saluto. -Ti chiamo dopo amore mio!- urlò prima di accelerare l’andatura, marcato stretto da Drag.
Incredula e interdetta, Perona sollevò piano la mano per rispondere al saluto e rimase ad osservare il giardino ora vuoto con il braccio a mezz’aria, finché un’altra voce non la risvegliò.
-Perona?!-. la rosa si girò di scatto verso Boa, che, dalla soglia della camera e con addosso la sua magnifica vestaglia a kimono, la guardava allarmata dalla gran cagnara. -Ma che sta succedendo?!- 
Perona la fissò senza parole alcuni secondi, si rigirò verso il giardino, poi di nuovo verso di lei. -Sai una cosa mamma?- le disse, sorridendo felice e divertita. -Non cambierei nulla di questa famiglia, per niente al mondo.-  







Angolo dell'autrice in imbarazzante ritardo: 
Ciao a tutti!!
Lo so, lo so, avevo detto che sarebbe arrivato presto e poi ci ho messo un'altra mezza vita! Vi chiedo scusa. Un po' è mancato il tempo, un po' tanto è mancato internet. Ma ammetto anche che non volevo chiuderla. Perchè purtroppo ragazzi è finita e io sono la prima che non ci crede. 
Miss Puck e Somebody to love sono le storie che mi ha appassionato di più scrivere, sono state un fantastico percorso in vostra compagnia e anche se mi spiace che siamo arrivati alla fine sono anche felice e soddisfatta del risultato e spero che sarete d'accordo con me! Devo ringraziarvi di cuore per tutto il sostegno, per esservi lasciati emozionare e appassionare tanto, per aver seguito con assiduità i miei non più così celeri aggiornamenti, per aver messo da parte i pregiudizi sui pairing e avermi sostenuta! E ci tengo a ringraziare Annapis, Gibutistan, Black Vanilla, Momo, Sara, Lalla, Debina, OrenjiAka, Luna Oscura, Allucinator Zona, Eva98, BambolinaRossa per le recensioni! 
E' stata un'avventura lunga ma non di certo sofferta e sono felice di salutarvi con anche i migliori auguri di buone feste.
Grazie mille a tutti quanti e spero di rivedervi presto.
Un abbraccio.
Piper.  

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3240028