Una lettera a Dolce Flirt

di ina6882
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


“Credo che tutto accada per una ragione.
Le persone cambiano perché tu possa imparare
a lasciarle andare via. Le cose vanno male perché tu
possa apprezzarle quando invece vanno bene,
credi alle bugie perché poi imparerai a non
fidarti di nessuno tranne che di te stesso e
qualche volta le cose buone vanno in pezzi
perché cose migliori possano accadere”.
M. Monroe
 
 
PROLOGO
 
 
“ Il Tradimento è una maschera che indossa
chi non sa amare prima di tutto se stesso.
Se ami non tradisci, se ami hai il coraggio di dire
a te stesso e a chi ti sta accanto che una storia è finita. ”
Stephen Littleword
 
 

« Lexie non è come credi, » furono le uniche parole che Dake riuscì a dire, quel giorno, quando lo sorpresi nel suo ufficio con la sua segretaria. 
Lei era distesa sulla scrivania con la gonna alzata e le gambe all'aria, spalancate in modo terribilmente osceno sulle quali spiccavano delle calze nere, con alle estremità delle décolleté rosse, e lui era su di lei, o, meglio dire, dentro di lei.
E io che, come una stupida, ero andata a portargli il pranzo e a vedere come stava.
Avevamo passato un periodo difficile, accresciuto dal suo lavoro che lo teneva costantemente impegnato. In quel momento capì perché...
E pensare che mi ero sempre considerata una ragazza arguta con un sesto senso sviluppato.
Al liceo questa caratteristica mi aveva aiutata molto, tanto che ero riuscita a non incappare in ragazzi dall'ambiguo comportamento, il cui unico scopo era quello di trovare una ragazza da una botta e via. 
Il mio sesto senso si comportava sempre come una perfetta bussola, ma solo allora mi resi conto che si era rotta l'ultimo anno di liceo nel preciso momento in cui lo incontrai. 
Era venuto a trovare suo zio Boris, il mio insegnante di ginnastica, e mi venne addosso mentre mi trovavo nel corridoio che conduceva in palestra. Mi ritrovai scaraventata per terra con le gambe all'aria e mancò poco che sbattessi la testa sul termosifone vicino. Per fortuna riuscì a scansarlo, o meglio, fu lui a trattenermi per un braccio notando la mia brusca caduta.
« Ahi, ma che modi! » , riuscì a dire mentre mi alzavo dolorante da terra.
Lui con un sorriso, poco consono al momento, mi chiese: « Ti sei fatta male? ». 
Sicuramente fu quel prendermi alla sprovvista che non mi fece rispondere per le rime. In altre circostanze, davanti a tanta spavalderia, lo avrei fulminato con lo sguardo e con le parole, ma, ahimè, il caso quella volta non fu dalla mia parte. Anzi, sembrò proprio che quella caduta, oltre a farmi perdere la bussola, mi avesse fatta anche rimbecillire, perché, quando lo guardai con quel fisico scolpito e i capelli biondi legati in un codino, che lasciavano intravedere il suo affascinate viso e i suoi occhi verdi, l'unica cosa che riuscì a fare fu arrossire come una stupida e rispondere balbettando: « N...No, n...non ti pr...preoccupare,  n...on mi sono fatta n...niente » .
La cosa sorprendente era che, nonostante i miei principi e il mio ormai smarrito sesto senso, lo incontrai ancora e questa volta di proposito e, pian piano, diventammo sempre più intimi. 
Fu il mio primo ragazzo, il mio primo bacio, la mia prima volta e in tutto questo mi fece sempre provare emozioni nuove, travolgenti e divertenti che me lo fecero amare sempre più, tanto da mettere in secondo piano gli innumerevoli difetti che lo caratterizzavano, primo fra tutti il suo essere donnaiolo.
Forse a causa del mio egocentrismo femminile, pensavo che con me sarebbe stato diverso, che sarei riuscita a cambiarlo e che non mi avrebbe mai fatta soffrire. 
Eravamo così uniti e, dopo la fine della scuola, quando un pomeriggio mi chiese di sposarlo, accettai senza pensarci su due volte.
Per molto tempo eravamo stati una bella coppia insieme, finché lui non aveva deciso di rovinare tutto, tradendomi con quella poco di buono della sua segretaria. 
Nel momento in cui spalancai la porta si bloccarono di colpo ed entrambi guardarono nella mia direzione con i volti accaldati. Il sacchetto del pranzo che avevo in mano mi cadde per terra. Ero disgustata. Provai una rabbia incontenibile e un forte dolore al petto. Mio marito, l'uomo con il quale contavo di passare il resto della mia vita era lì di fronte a me, nudo come sua madre lo aveva fatto a divertirsi tra le gambe di una semi-prostituta.
Lei cercò immediatamente di coprirsi il seno con il quale fino a un attimo prima lui stava giocherellando e lui rimase con la bocca aperta finché non riuscì a dire: « Non è come credi... ».
In quel momento avrei voluto urlare e lasciare libero sfogo alle lacrime che mi pizzicavano negli occhi, ma non so cosa riuscì a farmi mantenere impassibile. Non volevo dargli nessuna soddisfazione. Non volevo fargli vedere quanto mi sentissi distrutta, quanto poco donna e moglie mi sentissi in quel momento. Se lui aveva cercato uno svago tra le gambe di un'altra donna forse la colpa era anche mia. Ma cosa potevo avere di sbagliato a soli ventiquattro anni? Mi ero sempre occupata di lui, mettendo in secondo piano le mie esigenze. Era lui la mia priorità e cercavo di renderlo felice, facendo tutte quelle cose che una moglie può fare per suo marito. Lavoravo a tempo pieno, tenevo in ordine la casa e, nonostante molte volte la sera mi sentissi distrutta non gli negavo mai di fare l'amore. Non mi trascuravo, anzi, curavo molto il mio corpo e il mio aspetto e lui mi aveva sempre detto che ero bellissima, ma forse non abbastanza da non tradirmi. 
Dake si fece avanti verso di me, dopo essere riuscito a recuperare le mutande, ma non lo feci neanche continuare e, anche se non riuscivo a mantenermi in piedi, voltandomi, uscì dalla stanza sbattendo la porta alle mie spalle, mentre lui, riaprendola, mi seguì cercando di alzarsi i pantaloni.
Avevo le gambe che tremavano, il battito accelerato e la testa che girava vorticosamente. Mi sentivo debole e mi sembrava di svenire da un momento all'altro. 
« Aspetta. Lasciami spiegare, » aveva anche osato continuare quando non c'era assolutamente nulla da spiegare. Era già tutto così evidente e chiaro. Mi aveva tradita e lo avevo preso con le mani nel sacco. Cosa c'era da dire ancora? Nulla.
La cosa sorprendente è che avevamo appena terminato di provare ad avere dei figli. Lui all'inizio non era d’accordo, ma dopo le mie insistenze si era convinto e avevamo passato gli ultimi mesi a provare e riprovare, senza riuscirci mai. Eravamo stati da molti dottori ed ero stata sottoposta a una marea di esami perché quella stupida di sua madre aveva anche osato insinuare che fossi io la causa di tutto e che avessi problemi alle tube di Falloppio. Per fortuna gli esami erano usciti negativi, ma quando il mio ginecologo iniziò a fare domande anche a lui, il suo umore cambiò.
Quel giorno mi aveva trascinata fuori dallo studio del dottor Chalt e, mentre eravamo in auto si era messo ad urlare sostenendo che quel dottore da strapazzo lo avesse accusato di essere sterile.
« Ti rendi conto? Quel bastardo del dottore Chalt ha osato insinuare che sono io quello che non funziona in questa faccenda ».
Cercai di rassicurarlo, ma sembrava non ascoltarmi.
« Cazzo Lex » , continuò tirando due pugni sul volante, « ma l'hai sentito? Io non ho niente che non va e non ho bisogno di fare controlli, » e dopo un attimo di silenzio disse lentamente: « Credo che dovremmo smettere anche di provarci. Non ci fa bene tutta quest'ansia. Dovremmo essere più calmi e sono sicuro che accadrà quando meno ce lo aspettiamo » .
In quel momento gli diedi ragione, ma poi realizzai che usò quella scusa per liquidarmi, visto che, quando meno me lo aspettavo, lo presi con le mani nel sacco.
Ecco perché non voleva avere figli con me, non mi amava abbastanza.
Attraversai il corridoio e, dopo aver notato che l'ascensore era occupato, mi avviai per le scale del grande palazzo dove si trovava il suo ufficio e scesi velocemente, mentre lui continuava a rincorrermi.
« Lexie ti prego non fuggire. Lasciami spiegare. Lo sai quanto ti amo »; a mano a mano che parlava sentivo montare una rabbia feroce dentro di me.
Fuggire? In quel momento mi chiesi se  avesse davvero qualche problema al cervello. Io non stavo affatto fuggendo. Anzi. Stavo finalmente facendo qualcosa per la mia vita e cioè andare dall'avvocato a chiedere le pratiche del divorzio. 
Forse Dake era talmente rintronato da non rendersi conto di quanto tutto apparisse così semplice ai miei occhi e che, nonostante il dolore, mi era tutto perfettamente chiaro. 
Tutto quel tempo pieno di bugie. Chi sa da quanto se la spassava con quella e poi la sera tornava da me per cercare di avere il nostro bambino. 
Forse era destino che non ne dovessimo avere. Un figlio è il frutto dell'amore e come poteva da noi nascere un frutto quanto non c'era l'amore. 
Con quale coraggio continuava a dirmi che mi amava quando, invece, non era affatto vero. Un uomo innamorato non tradisce la sua donna, per di più moglie con la quale sta provando ad avere una famiglia. No, lui, in realtà, non la desiderava affatto una famiglia, non desiderava un figlio, non voleva invecchiare accanto a me per prendere, un giorno, in braccio i nostri nipoti.
Come avevo potuto pensare che anche lui desiderasse le mie stesse cose? 
Ma allora per quale motivo mi aveva sposata? Avrei voluto sputargli in faccia tutte quelle domande, ma sapevo che, nel momento in cui avessi aperto bocca, non sarei più riuscita a controllare le lacrime e avrei finito per piangere a dirotto. No, non volevo fargli vedere quanto soffrissi, quanto mi sentissi lacerata dentro. 
Sapevo solo che era finita e che non sarei più riuscita a fidarmi di un uomo del genere. 
Altro che bussola smarrita, forse quella era stata una giusta punizione per essermi fidata troppo, ma avrei imparato sì, avrei imparato da quell'errore e sarei riuscita ad andare avanti, solo che non sapevo ancora come e soprattutto non sapevo dove avrei trovato la forza necessaria a superare tutto.
« Cazzo Lex fermati. Per l'amor del cielo, » disse ancora lui fermandosi di fronte a me sulle scale e guardandomi intensamente negli occhi. Aveva ancora la camicia sbottonata, ma era riuscito ad allacciarsi i pantaloni. I capelli erano leggermente scompigliati e aveva il fiatone. 
Lo guardai senza far trapelare un solo cambiamento sul mio viso. Ero immobile e lo fissavo in silenzio mentre lui mi prese per le spalle e continuò a ridire le stesse cose che aveva detto cinque minuti prima nel suo ufficio arricchendole con altre fesserie. 
« Non è come pensi. Non c'è niente tra noi. È stata lei a saltarmi addosso, io neanche la calcolavo... ».
Lo guardai ancora senza parlare. Ma che andava blaterando? 
Nonostante non parlassi, dentro di me ero un mare in tempesta e lo maledicevo per le menzogne che stava raccontando con quella presunzione stampata sul viso, data dalla certezza che mi sarei bevuta tutto.
Ma che cosa credeva che fossi, una stupida?
Non è come pensi? Non pensavo assolutamente nulla. Anzi sì, a una cosa pensavo, al divorzio. Non volevo assolutamente più avere a che fare con un individuo del genere. 
Lo avevo scoperto in flagrante e aveva anche la faccia tosta di mentirmi e inventare balle. 
Nel momento in cui ero entrata nel suo ufficio e lo avevo scoperto sopra la sua segretaria, mentre si dava da fare alla grande, mi era parso più che evidente che non fosse stata lei a saltargli addosso, magari, conoscendolo, ero sicura fosse stato il contrario. 
Aveva ragione Rosalya, la mia migliore amica, quando diceva che con lui non sarei mai stata felice, ma non l'avevo ascoltata. Quando lo avrebbe saputo sarebbe andata su tutte le furie, non solo con Dake, ma anche e soprattutto con me.
« Lex possiamo risolvere tutto insieme, » continuò lui cercando di convincermi carezzandomi il viso e sfoderando la sua voce suadente. 
Serrai i pugni. Avrei voluto spingerlo giù dalle scale. Già immaginavo la scena mentre lui rotolava pericolosamente sui numerosi scalini. Non mi importava cosa mi fosse accaduto dopo. In quel momento mi sentivo capace di fare una cosa del genere e non so cosa mi trattenne dal non commettere un omicidio. 
Lui continuava a guardarmi e notai sul suo viso una sicurezza assoluta che divenne più evidente quando proseguì dicendo: « Aspetta qui, prendo le chiavi dell'auto e torniamo insieme a casa a chiarire questa faccenda ».
Chiarire questa faccenda? Mi sentì il mondo crollare addosso. Era così che lui vedeva la nostra unione? Una faccenda da risolvere al più presto. 
Non si trattava di un affare, ma del nostro matrimonio che, da come stavano le cose, ormai da tempo non funzionava più e non riuscivo a capire come riuscisse a mantenere i nervi saldi in quella situazione in cui era nettamente in svantaggio, quando io, invece, mi sentivo uno straccio vecchio e logoro usato e riutilizzato una marea di volte. Per di più continuava a guardarmi con quel sorrisetto sulle labbra e questo mi faceva imbestialire. Mi veniva voglia di tirargli un pugno con tutte le forze che avevo in corpo e spaccargli il setto nasale. Sicuramente non avrebbe più sorriso se gli avessi rovinato il suo bel faccino immacolato.
Finsi di rimanere immobile sulle scale mentre lui saliva nel suo ufficio a prendere le chiavi, ma appena fui certa non mi vedesse, scesi velocemente e uscì dal palazzo. 
Avevo il fiatone e le gambe molli come la gelatina che minacciavano di cedere da un momento all'altro. 
Chiamai Rosalya dando finalmente libero sfogo alle lacrime, misi in moto la mia auto e sfrecciai via il più veloce possibile, lontano da quello schifo, lontano dal mio matrimonio ormai finito, lontano da lui.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


1.

 
 

“ Tutti possono scivolare, 
l'importante è sapersi rialzare. ”

Jimmy Bly, dal film Driven
 
 


Sei mesi dopo

« Allora cara mia come stai?, » mi chiede quel giorno Alexy quando entro trafelata nel mio cubicolo per iniziare una nuova giornata di lavoro al giornale Dolce Amoris

« Bene, grazie Al, » rispondo sedendomi alla mia postazione e accendendo il computer. Sono molto in ritardo con il file da consegnare al capo, la signora Brigitte Nicolas, e devo cercare di accelerare tutto, altrimenti non si sa mai le possa venire in mente di licenziarmi.
« Lo vedo cara, » continua lui, poi dopo un po' di silenzio prosegue: « Non so, ma c'è qualcosa di diverso in te oggi, vero? Fammi indovinare ». 
Non gli rispondo. Anzi, faccio finta di non averlo ascoltato. So già dove vuole andare a parare e non mi va di dargli corda. Al è sicuramente la persona più squisita del mondo, ma ci sono giorni che vorrei nettamente sgozzarlo, soprattutto quando inizia a indagare sulla mia vita privata. Così la maggior parte delle volte fingo di essere diventata momentaneamente sorda o assente e cerco di non pensare alle numerose e incalzanti domande che mi rivolge senza farsi alcun problema. Il fatto è che, dopo la rottura con Dake, si è fatto sempre più assillante e quindi devo fingermi sorda per la maggior parte del giorno, a parte quando non è lui a parlarmi della sua vita.
Oggi, però, non è uno di quei giorni e devo prepararmi ad affrontare una battaglia all'ultimo sangue.  Sì, perché in questi casi non solo è assillante e impiccione, ma non la smette di tormentarmi finché non è riuscito ad ottenere ciò che vuole, a meno che io non mi ingegni per trovare un argomento che funga da diversivo e gli faccia dimenticare il suo scopo.
Mi è stato molto vicino dopo la fine del mio matrimonio, ma è da un po' di tempo che non fa che insistere sul fatto che, anche se è passato poco tempo, io debba rifarmi una vita, soprattutto sentimentale e, a quanto dice lui, devo sbrigarmi, visto che il tempo passa.
Ancora non ho capito perché, dato che sono giovane e non mi considero per nulla vecchia o da buttare, ma nella sua mente contorta il mio orologio biologico non aspetta che io mi decida a formarmi una nuova famiglia. Non che io ci tenga particolarmente, in questo momento, anzi, potrei dire che non ci tengo affatto e, prima di rimettermi in carreggiata, credo ne passerà di tempo.
Forse sono stupida, ma sono rimasta troppo scottata da Dake per riuscire a ripartire con  un altro uomo.
« Vediamo hai per caso tagliato i capelli? » continua intanto lui che non ha smesso per un solo istante di ispezionare la mia persona. Così prende una ciocca dei miei lunghi capelli tra le dita e si mette a giocherellare con essa.
Non rispondo. Continuo a ignorarlo, ma sembra non aver afferrato al volo il mio silenzio. 
Cerco piuttosto di concentrarmi sul lavoro arretrato aprendo la posta elettronica delle rubrica che gestisco nel giornale - Una lettera a Dolce Flirt
- e inizio a leggere un'e-mail qualunque:

 

Caro Dolce Flirt, 
Forse ti sorprenderai a scoprire che chi scrive questa lettera è un uomo che dopo anni da scapolo, andando sempre dietro la stessa donna che non mi considerava, ha trovato la felicità con un altro uomo. 
Se mai mi avessero detto che, un giorno sarei diventato omosessuale, penso che non avrei creduto ad una sola parola, ma devo ammettere che finalmente sono felice.
Ho passato molti anni a soffrire per una donna che fingeva di amarmi, ma che poi si è sposata con un altro uomo per interesse. Nonostante questo diceva che non c'era nulla nel suo matrimonio che la soddisfacesse e così, quando il marito era fuori per affari, veniva praticamente ad abitare da me e passavamo tutto il tempo a letto. 
In quel periodo mi sentivo distrutto. Volevo vederla e starci insieme, ma allo stesso tempo mi rendevo conto che non facevo altro che logorarmi, ma non trovavo mai la forza di troncare la nostra relazione perché l'amavo davvero.
Avrei fatto qualsiasi cosa per lei, come già facevo d'altronde. Sì, perché mettevo sempre me stesso in secondo piano e quando lei chiamava, io le correvo dietro come un cagnolino.
Tutto questo è andato avanti per cinque anni, poi un giorno mi ha detto che non potevamo più vederci perché era rimasta incinta. 
Mi ha subito assicurato che il bambino non era mio, ma di suo marito e poi ha aggiunto che, col passare del tempo, aveva capito che la nostra storia era stata solo uno sbaglio, dettato dalla sua convinzione infondata di non poter mai essere felice con suo marito, quando invece, vivendoci insieme si era resa conto che lo amava davvero. 
Tutto questo è accaduto due anni fa.
Sono uscito distrutto da quella storia e ho iniziato a bere. Molto spesso, la sera vagavo di locale in locale senza mai tornare a casa prima di essermi ubriacato. Poi, un giorno, mentre ero seduto al bancone di uno dei tanti bar che frequentavo, ho conosciuto Jim. Mi ha aiutato nel momento del bisogno e da allora non ci siamo più separati. Grazie a lui ho scoperto la felicità di coppia che una donna non aveva saputo darmi. Mi sento felice e appagato per la prima volta in vita mia. Finalmente non devo più nascondermi dentro casa come un clandestino, ma posso vivere la mia felicità alla luce del sole. 
Ho voluto scrivere questa lettera perché noto che molto spesso, chi scrive, lo fa per lamentarsi della sua situazione,  mentre per una volta non vorrei parlare di un amore perduto, ma della gioia che può dare una nuova opportunità.
Tom

 

Terminata la lettura, apro una pagina di Word e mi metto a fissare lo schermo non sapendo cosa rispondere.
Ultimamente mi succede sempre così. Prima partivo spedita, dopo aver finito di leggere una lettera, e nel giro di dieci minuti avevo già risposto e salvato il tutto nell'apposita cartella.
Mentre adesso è tutto diverso e ogni volta mi ritrovo bloccata di fronte allo schermo bianco che sembra guardarmi aspettando che mi muova a battere sulla tastiera. 
Non so cosa mi succeda in questi casi, ma vengo assalita dai pensieri e non riesco a formulare una frase decente. Per di più oggi ci si mette anche Al che continua a fissarmi mettendomi in agitazione.
« No, non sono i capelli... » sento nuovamente trillare la sua voce.
Ma possibile che non capisca quando è il momento di lasciar perdere? 
Cerco di sforzarmi a pensare alla  risposta migliore da dare, ma mi sento osservata e non riesco a proseguire.
« Oh, ma certo! » dice ad un tratto strillando e battendo le mani ridendo come uno stupido, « È quel segno sul collo, come ho fatto a non notarlo prima!? ».
Segno sul collo? 
Questa mattina, quando mi sono alzata, ero, come sempre, troppo in ritardo per controllarmi a dovere e mi sono lavata velocemente senza guardarmi allo specchio. 
Prendo lo specchietto dalla borsa e noto un succhiotto. Oh. Mio. Dio. Ma cosa diavolo gli è saltato in mente?
Non faccio in tempo a pensare ad altro che Alexy continua: « Vedo che tu e Armin vi siete dati da fare anche ieri sera, eh?, » dice facendomi l'occhiolino, « Comunque potreste fare meno rumore la notte? C'è gente che ha bisogno di far riposare la sua pelle lucente per essere al top ogni mattina e ti assicuro che quei rumori non mi consentono di chiudere occhio, » continua ridendo come un'oca e lisciandosi le braccia rosee e lisce. 
Guardo ancora quel segno evidente sul collo. Certo che poteva stare più attento. Gli ho sempre detto che questo genere di cose mi danno fastidio, ma ieri sera era decisamente più giù del solito.
Controllo di aver un correttore nella borsa e, dopo aver rovesciato tutto il contenuto sulla scrivania, devo arrendermi di fronte alla scoperta che non ce n'è la minima traccia. 
E ora come farò? Non posso andare in giro per l'ufficio con questa macchia rossa. È troppo evidente e neanche i capelli riescono a nasconderla, visto il posto in cui si trova. 
« Beh? Allora avete fatto sesso selvaggio?, » continua ancora Al che questa mattina ha deciso di farmi venire una crisi di nervi.
« Ma cosa vai dicendo? E poi non credo che lui sarebbe contento di sapere che ti immischi nella sua vita privata, » rispondo rimettendo le cose nella borsa e sgomberando la scrivania. Devo trovare il modo di risolvere questo problema, ma come? 
« Mi immischio eccome cara mia, noi siamo inseparabili è un difetto genetico, mi spiace, » dice intanto lui con quella voce da Mr perfettino che si ritrova.
Tanto per precisare, Armin è suo fratello gemello e io e lui... beh... in un certo senso stiamo insieme. Beh... non proprio insieme,  siamo compagni di letto.
Non abbiamo una relazione perché entrambi abbiamo deciso che non vogliamo impegnarci in alcun modo.
Inoltre Armin non è proprio il mio tipo, visto che, quando non è al lavoro, passa la maggior parte delle sue giornate attaccato alla sua Psp.
Insieme però ci divertiamo, tutto qui.
Nonostante questo Al non ha nessun diritto a mettere il naso nella nostra pseudo-storia, anche se è un mio caro amico e da quando è venuto a conoscenza della nostra relazione non ha fatto altro che tormentarmi dicendo che non vede l'ora di diventare mio cognato e soprattutto che non sta nella pelle dal diventare zio, a suo dire, di un bel frugoletto come lui.
« Beh allora? Voglio sapere i dettagli cara mia, » risponde prendendo la sua sedia d'ufficio e piazzandosi accanto a me.
« Eh? Ma sei impazzito per caso? Non ti dirò nulla ».
Se qualcuno osa ancora insinuare che avere un amico gay sia una cosa bellissima, vuol dire che non ha conosciuto Al. In certe circostanze è molto più pettegolo e assillante di una donna.
« Oh, ma quanto sei antipatica. È mio fratello, » incrocia le braccia al petto con fare offeso, poi guardandomi in modo malizioso aggiunge: « E poi non puoi tenermi nascosto tutto, visto che la notte vi sento ».
« Cosa? Origli?, » quasi urlo non potendo fare a meno di girarmi di scatto nella sua direzione, « ma sei pessimo! ».
« No. Ma cosa pensi e poi cosa dici!, » dice toccandosi il petto con la mano destra, quasi lo avessi ferito nel profondo, « non origlio, non lo farei mai, ma vi sento. Siete parecchio... rumorosi, ecco, » mi guarda con i suoi occhi rosa, poi continua: « beh, cara mia, voglio i dettagli! Sputa il rospo ».
« È inutile che insisti, non otterrai nulla da me, » mimo di chiudermi la bocca e mi giro dall'altra parte continuando a guardare lo schermo bianco. 
« Non è giusto, è un mio diritto, » continua a lamentarsi.
« Non è vero e lo sai. Ecco perché vieni sempre da me perché sai già che se andassi da Armin ti beccheresti un calcio nel sedere ».
« D'accordo, ma tu non puoi farmi questo! Siamo amici Lex ». 
« Ma non centra nulla. Io non vengo sempre a tormentarti per sapere cosa hai fatto con Micheal ogni sera ».
« Oh..., » sussulta lui spalancando la bocca quasi avessi osato dire una blasfemia bella e buona, poi inizia a svetolare il dito indice fresco di manicure e continua: « questa cosa non la dovevi proprio dire perché entrambi sappiamo quanto tu sia al corrente di tutta la storia. E ora che mi dici al riguardo? ».
« Dico che sei tu quello che viene sempre a raccontarmi tutto per filo e per segno. Io non ti tormento di domande. Quindi non ti dirò assolutamente nulla ».
« Neanche se avessi qualcosa che potrebbe esserti utile per nascondere quel segno evidente che mio fratello ti ha lasciato?, » dice sorridendo.
« Non mi corrompi lo sai, » rispondo senza guardarlo.
«Beh, allora vorrà dire che sarai costretta ad andare dalla direttrice con quella macchia rossa sul collo, » proclama guardandomi sardonico.
Mi volto di scatto verso di lui esclamando: « Cosa? La signora Nicolas mi vuole vedere? ».
« Certo cara e ci andrai così, visto che, ripeto, non ti presterò mai, e dico mai, il mio foulard di pizzo rosa che si intona perfettamente con la tua camicia e che riuscirebbe a coprire quell'orrore, » continua indicando il mio succhiotto.
« Oh. Mio. Dio. E ora come faccio?, » dico portandomi una mano al collo.
« Bongionno ragacci... ecciù, » dice una voce avvicinandosi a noi. Al ed io ci voltiamo di scatto e vediamo Kim, la nostra cara amica afroamericana che entra trafelata nel suo cubicolo. Porta una sciarpa al collo e si asciuga il naso gocciolante. 
« Ma buongiorno a te cara, » la saluta Al con aria indifferente controllandosi la manicure e giocherellando coi suoi capelli turchini, « ti sei raffreddata? Mi sembra impossibile che la regina delle nevi si prenda il raffreddore ».
« Oh, smettila Al, » lo ammonisce lei, « non sono assolutamente in vena oggi di sopportare le tue frecciatine, » sbuffa togliendosi il cappotto e la sciarpa. 
« Oh, va beh, d'accordo. Tanto ho già una faccenda in sospeso con Lexie, questa mattina, » dice lui ridendo, poi avvicinandosi fa finta di sussurrarle all'orecchio quasi io non debba sentire le sue parole che invece vengono pronunciate da un tono di voce decisamente alto e per di più divertito, « hai visto quel segno sul collo? Questa notte la nostra cara amica Lexie si è data alla pazza gioia con Armin ».
« E brava la mia panterona, » dice lei ridendo nella mia direzione. 
Mi porto ancora la mano al collo ed esclamo: « Smettetela voi due. Non so in che modo nascondere questa cosa. E ora come faccio? ».
« Oh, e che sarà mai un succhiotto, » continua lei.
« Non è per il succhiotto che già di per sé è una situazione davvero sconveniente e imbarazzante, ma è per la direttrice che vuole vedermi ».
« Beh, fatti prestare qualcosa da Mr fantasia. Ha una marea di foulard nel primo cassetto a destra, detto da lui, per ogni evenienza ».
« Non mi presterà nulla, » dico controllando ancora il collo.
« E perché mai?, » chiede curiosa rivolta a lui.
Al la guarda per un attimo, poi si mette nuovamente a contemplare le unghie e con aria offesa tutto d'un fiato proclama: « Perché non vuole raccontarmi ciò che hanno fatto lei e Armin ».
« MA SEI IMPAZZITO PER CASO?, » tuona Kim nella sua direzione. 
« È un mio diritto cara. Siamo gemelli! » le urla lui.
« Ma questo non vuol dire assolutamente niente. Sei perfido Al, » poi rivolgendosi a me continua: « Lascialo stare. Ecco, prendi questa, » dice lanciandomi la sua sciarpa, « non sarà come quelle raffinate che ha lui, ma è sempre meglio di niente ».
Non posso fare a meno di abbracciarla; « Grazie mille Kim ».
« Ma è un complotto?, » sbuffa offeso Alexy sbattendo le braccia sui fianchi, poi guardandomi prosegue indicando il mio collo: « Non mi dirai che vuoi davvero andare in giro con quell'orrore? ».
« Beh? Perché? Cos'ha che non va la mia bella sciarpa?, » gli risponde di rimando Kim.
« Tutto cara mia, » asserisce lui iniziando ad elencarne i difetti, « prima di tutto il tessuto, è troppo grosso e non è chic e poi il colore, non si abbina per niente alla sua mise... ».
« Non fa niente Al, » lo interrompo, « sempre meglio questa che nulla ».
« Ma che vai blaterando!?, » si altera lui, « nella moda non si può mai dire, "meglio questo che nulla". Ogni capo deve essere indossato con coscienza e soprattutto deve fare pendant, non può essere accostato a caso ».
« Ti ricordo, mio caro stilista, » lo incalza Kim, « che sei stato proprio tu a negarle il capo giusto e a spingerla a commettere un orrore stilistico, come lo chiami tu. Quindi non puoi lamentarti con lei ».
« Oh d'accordo, ma dai qua, » dice strappandomi dal collo la sciarpa e lanciandola nuovamente a Kim, poi dopo essersi alzato e recato nel suo cubicolo, ritorna porgendomi un bellissimo foulard di pizzo rosa; « Ecco qua, » proclama, « questo si che ti starà bene, » e così dicendo me lo accomoda sul collo.
« Grazie Al, sei il migliore, » dico stampandogli un bacio sulla guancia.
« Si lo so. Tu invece resti sempre antipatica, ma ti voglio bene lo stesso, » dice abbracciandomi.
All'improvviso sento squillare il mio interfono.
« Sarà lei, » sospiro e alzando la cornetta  rispondo.
« Signorina Marshall è attesa nell'ufficio della signora Nicolas, » proclama la sua segretaria.
« Arrivo, » chiudo la cornetta e mi sistemo. « Come sto?, » chiedo ai ragazzi.
« Un bijoux, » risponde Alexy, « col mio bellissimo foulard quella macchia neanche si nota ».
« Fatemi gli auguri, » dico avviandomi nel corridoio che porta all'ufficio del capo.
Al e Kim mi guardano. Al si porta una mano al viso con aria apprensiva e Kim con un sorriso sussurra: « Non c'è bisogno. Spacca tutto Lex! ».

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


2.

 
 
“ Certe persone sono come le zanzare,
sembrano fatte apposta per infastidirci. ”

Giovanni Soriano
 
 

Quando poco dopo passo nella saletta adiacente all'ufficio principale della redazione, mi ritrovo davanti la segretaria che, giocherellando con una matita sulla cui sommità spicca una piuma finta color fucsia, appena mi vede si mette a ridere esclamando: « Ah-ah! Era ora! Finalmente il capo ha deciso di licenziarti in tronco, visto la tua negligenza sul lavoro ».
Le lancio uno sguardo in tralice; lei, per nulla intimorita e totalmente impassibile, posato il suo giochino, inizia ad ispezionarsi le doppie punte della sua enorme chioma dorata, lanciandomi di tanto in tanto sorrisetti beffardi e divertiti. 
Non riesco a sopportare quel modo di fare e, non preoccupandomi minimamente che qualcuno possa passare di lì, o ancora meglio che sia proprio la direttrice a fare capolino dalla porta, le rispondo a tono: « Oh, ma buongiorno anche a te Ambra. Sono felice di sapere che hai imparato un nuovo vocabolo riuscendo ad arricchire, per quel che possibile, quel lessico scarno che ti ritrovi ».
Lei di tutta risposta resta indifferente alle mie parole e continua nella sua minuziosa operazione che la tiene costantemente impegnata la maggior parte delle ore di lavoro, quando, ad un tratto, sempre senza scomporsi, inizia a ridere nuovamente e proclama con superiorità mettendo una mano di fronte alla bocca con fare civettuolo: « È inutile che fai la saputella cara mia; può anche darsi che tu sia intelligente, ma sei di una pigrizia assoluta. La signora Nicolas si lamenta sempre dei tuoi continui ritardi che ultimamente si stanno facendo sempre più lunghi. Sono felice però, perché ti sei data la zappa sui piedi da sola e finalmente ti licenzierà ».
Personalmente non sono una persona bellicosa che ama battibeccare, ma da quando ho fatto la sua conoscenza, mi sono subito resa conto che Ambra riesce a tirare fuori il peggio delle persone, me compresa. 
Conoscendola ho capito di non riuscire in nessun modo a sopportarla o digerirla perché, come disse un giorno il comico Fechtner, lei è sicuramente il tipo di persona che rende nervoso anche il caffè. 
Al giornale si sente sempre Miss popolarità e crede di essere superiore a tutti noi solo perché è la segretaria della direttrice. 
La cosa sorprendente è che non si rende conto, o fa finta di non capire, che questo è dovuto solo a suo fratello Nathaniel il vice direttore del giornale. Molti dei miei colleghi si domandano se l'assunzione di Ambra non sia stata solo una grande spinta da parte del fratello che, per ragioni di parentela, ha sorvolato su molti difetti che lei possiede. Più di uno ha spesso asserito che avrebbe voluto incontrarlo per dirgliene quattro, ma il vice direttore non si è mai fatto vedere alla redazione. È sempre in viaggio per affari e si sente solo via e-mail con la direttrice. 
Tutti però sono concordi nel sostenere che se non fosse stato per lui, Ambra non sarebbe mai stata assunta perché non sa fare assolutamente nulla e all'inizio dovevamo pensarci noi a spiegarle come si facesse una semplice fotocopia, mentre ora si sente padrona del mondo solo perché ha imparato finalmente a usare la fotocopiatrice. 
Per di più a mano a mano che ognuno di noi ha fatto la sua conoscenza ha capito quanto sia esasperante e, così, nessuno la sopporta, visto che oltretutto critica costantemente il nostro lavoro quasi a far credere che lei sarebbe capace a fare di meglio, quando invece passa tutto il giorno a controllarsi l'acconciatura, il trucco e a mettersi lo smalto sulle unghie. 
La guardo mentre esercita questo stancante lavoro dopo avermi lanciato le sue solite frecciatine acide.
Se crede di intimorirmi con i suoi stupidi ragionamenti ha sbagliato di grosso. Già ci pensa la direttrice a traumatizzare chiunque in questo ufficio e basta e avanza. 
Mi avvicino alla sua scrivania e le rispondo divertita: « Beh, se è per questo, allora vorrà dire che ci licenzierà entrambe ».
Va bene essere la segretaria, ma questo non le dà nessun diritto di mettere il becco in cose che non la riguardano, primo fa tutti il mio posto di lavoro.
È una cosa che fa spesso con molti dipendenti anche se sembra avere una particolare predisposizione per me.
La osservo mentre si sposta una ciocca di capelli dal viso e mi guarda di traverso con lo sguardo più torvo che possiede.
Sono sicura che sta cercando il modo migliore per scatenare una battaglia contro di me e, se ciò dovesse accadere, userà tutte le armi che ha a disposizione per riuscire a spuntarla.
Discutere con lei non è per nulla una cosa facile, primo perché non si astiene dal lanciarti addosso cattiverie gratuite, il più delle volte false; secondo perché lo fa urlando per far accorrere la direttrice che le dà immediatamente ragione.
Ci sono però alcune volte in cui la signora Nicolas è molto impegnata per stare dietro alle cavolate che combina, quasi ogni giorno, la sua segretaria e la lascia, pertanto, da sola a risolvere la questione e a sbollire la rabbia.
Sono questi i casi in cui Ambra sfodera fuori la sua ultima carta, un jolly che si riserva solo per i momenti in cui si trova in difficoltà, quando non sa cosa dire per far tacere il suo avversario. E così si innalza sul piedistallo iniziando a blaterare: "Tu non sai chi sono io! Sono la segretaria del capo e nulla mi impedisce di andare a raccontarle tutto". 
Ecco, quelle sono le volte in cui mi manda completamente su tutte le furie. 
Forse sono io che ho un'avversione particolare per le segretarie, o forse sono loro a non sopportare me, ma ogni volta che dice quella dannata frase riesce a rendermi di un umore peggiore del solito che mi assale quando la incontro.
È sempre stato così tra di noi e non solo con me, ma con tutto il personale della redazione. 
Il giorno in cui, grazie all'aiuto di suo fratello, Ambra è riuscita ad ottenere il posto di segretaria, sostituendo una delle tante che avevano provato nell'impresa di essere simpatiche alla direttrice, si è presentata nell'area destinata alla pausa caffè impettita nel suo abbigliamento firmato, sculettando in modo malizioso e ammiccando verso qualunque uomo o ragazzo le si presentasse davanti. 
Però dopo i primi dieci minuti di conversazione, ha risposto in malo modo a Violet la nostra grafica, una ragazza tranquilla e pacata amata da tutti al giornale perché ha un carattere dolce e sempre disponibile, e in questo modo è riuscita a scatenarsi addosso l'antipatia generale, cosa che non ha voluto per nulla cambiare, anzi, si è impegnata ad alimentare giorno per giorno. 
La cosa strana è che nessuno le ha mai dato modo di arrabbiarsi o restare male per qualche parola di troppo, anzi, ogni discussione è sempre sorta per causa sua; e così è passato il tempo e a parte che con la direttrice e due ragazze che aiutano qua e là, non parla con nessun altro della redazione, a meno che non si tratti di discutere e litigare.
A distanza di poco più di un anno nessuno ancora è riuscito a capire il perché di questi comportamenti e credo proprio non ci riusciremo mai.
La osservo mentre continua a guardarmi di traverso, evidentemente indispettita dal mio modo di reagire alle sue provocazioni.
Rimane in silenzio per un po'. I suoi occhi nel frattempo sono diventate delle piccole e sottili fessure attraverso le quali posso intravedere i suoi occhi verde acqua che mi analizzano con attenzione.
Se l’idea della battaglia non l’ha ancora allettata, credo che stia pensando comunque al modo migliore di passare al contrattacco, ma non mi va proprio di aspettare che si risvegli dal suo sogno ad occhi aperti, quindi mi sposto per andare nell'ufficio della direttrice; afferro la maniglia della porta e sto per girarla ed entrare quando lei mi piomba addosso mettendosi di mezzo. 
Ci ritroviamo così a pochi centimetri l’una dall’altra a una distanza tanto ravvicinata che riesco a sentire l'odore nauseabondo di tutto il profumo che si è spruzzata addosso. Cerco di trattenere il respiro e indietreggio di un passo.
« Dove vai?, » mi chiede con tono talmente allarmato da farmi sussultare.
« Ma sei impazzita per caso? Come dove vado? Dalla direttrice, ovvio no? Che pensi che mi diverta a venire qui per incontrarti, se non fosse che ho altre faccende da sbrigare?! ».
« Non puoi entrare, » si affretta a rispondere, « La signora Nicolas ora è in riunione con mio fratello ».
Rimango in silenzio a quelle parole. Allora finalmente questo vice direttore ha deciso di farsi vivo al giornale?! Chi sa quando gli altri lo verranno a sapere. Sicuramente più di uno vorrà venire e parlare con lui, anzi forse sarebbe meglio dire urlare contro di lui a nome di tutti i giornalisti, per la questione Mss segretaria.
Ambra è ancora in piedi di fronte a me e mi guarda da capo a piedi, soffermando il suo sguardo sul foulard che ho allacciato al collo.
« Hai capito?, » mi dice dopo un po', « allontanati. La direttrice non ti può ricevere ora ».
« E allora perché mi hai chiamata dall'interfono dicendo che era urgente? Se avessi saputo di dover aspettare, sarei rimasta nel mio cubicolo a rispondere ad almeno altre cinque lettere, » rispondo spazientita dal suo atteggiamento.
Certo come no? E questa da dove mi è uscita?
Sono stata a fissare lo schermo per un sacco di tempo senza sapere come rispondere, per di più con Al che non la smetteva di tormentarmi. 
Per fortuna lei non può sapere nulla di tutto ciò,  ma comunque le mie parole sembrano divertirla.
Si sposta nuovamente verso la sua postazione trascinandosi dietro la scia di profumo che sembra seguirla come uno sciame di api alla ricerca del polline. Sono sicura che se andasse in un campo si ritroverebbe davvero con delle api alle calcagna con tutta quella puzza di fiori che ha addosso.
Quel modo di fare mi innervosisce come al solito, ma, prima di partire in quinta e rispondere ancora in malo modo, continuo a fissarla aspettandomi una sua reazione. Lei dopo essersi seduta dietro la scrivania mi guarda col suo solito sorrisetto, finché non inizia a ridere in modo sforzato: « Ah, ah, ah! Oh, oh, oh! Mi fai davvero ridere! Questa si che è bella! Lexie Marshall che parla di lavorare. Credevo passassi tutto il tempo a dormire, » gracchia compiacendosi delle sue parole, ma, dopo questo, se crede che io resti zitta ha sbagliato di grosso.
« Beh, detto da te è un po' troppo non trovi? Passi tutto il tempo a ispezionare la tua persona e non ti accorgi neanche di chi ti sta intorno, tanto meno della direttrice che, il più delle volte, deve sbrigarsi le faccende da sola. Poi, una volta che sembri ricordarti che questo è un posto di lavoro e non un salone di bellezza, sbagli anche a chiamarmi distogliendomi dal lavoro. Questa sì che è professionalità, brava!, » rispondo mimando un finto applauso.
I suoi occhi si chiudono nuovamente in due piccole fessure e mi guarda con un disprezzo tale che sembra volermi fulminare seduta stante. 
Non capisco per quale motivo si comporti così. Eppure non le ho mai fatto nulla che potesse scatenare la sua ira; è stata solo lei che, sin dall'inizio, ha deciso che nessuno le andasse a genio e così tutti si sono dovuti adeguare. Infatti, da quel che ho costatato in seguito, ha la bellissima dote di possedere questo bellissimo carattere di cacca che riesce a tenere lontano chiunque faccia la sua conoscenza. 
È un'arma vera e buona e forse questo non è il posto adatto dove sfruttarla al meglio. Io la vedrei piuttosto come buttafuori di una discoteca; riuscirebbe a fulminare gli imbucati ad una festa prima ancora che questi abbiano varcato la soglia. Però è anche vero che questo bel caratterino non le ha permesso di mantenere altri posti stabili, mentre qui al giornale è l'unica che riesce a gestire il caratteraccio della direttrice. Beh, non proprio gestire, direi piuttosto addolcire a forza di una assidua dose di buon lecchinaggio, un'altra dote che possiede e usa in caso di bisogno. 
A volte mi chiedo se gli altri giornalisti non abbiano ragione; sembra impossibile che suo fratello non abbia fatto caso a tutti questi requisiti che lei possiede, prima di assegnarle il posto, a meno che non abbia sorvolato di proposito chiudendo gli occhi solo per la parentela che intercorre tra di loro.
Noto che continua a fissarmi. A quanto pare le mie ultime parole l'hanno indispettita maggiormente, perché esclama: « Ti ricordo, mia cara, che quella ad essere stata convocata dalla direttrice sei stata tu e non io. Lo sai che lei non convoca se non perché è arrabbiata o scontenta di qualcosa e stranamente oggi ha deciso di chiamarti, dopo mesi che continua a richiamarti per i tuoi ritardi. Quindi, non so te, ma io mi farei qualche domanda prima di accusare chi lavora davvero »; e così dicendo un sorriso beffardo le appare sul volto, mentre fa finta di sistemare delle cartelle, che tra l’altro sono già in ordine, su uno scaffale dietro le sue spalle.
Chi lavora davvero... questa si che è bella. Lei non è certo quel tipo di persona, ma forse il suo ego smisurato la induce a credere che, comportarsi nel modo che lei ritiene più consono, sia paragonabile al vero lavoro che una segretaria dovrebbe svolgere; e questo naturalmente comprende estenuanti ispezioni sulla sua persona.
Nonostante questo, e nonostante il fatto che mi dia fastidio ammetterlo, devo dire che ha ragione. La signora Nicolas non è una che ama convocare i giornalisti nel suo ufficio, sopratutto perché non le piace parlare con loro, a meno che non sia una questione urgente, come il fatto di essere scontenta del loro lavoro.
Negli ultimi mesi mi ha richiamata spesso sottolineando i continui ritardi della mia rubrica, quindi spero tanto che Ambra non abbia ragione, altrimenti non si sa mai, che questo possa essere il mio ultimo giorno qui.
Cerco comunque di non dare peso alle sue parole, perché so che il suo scopo è quello di zittirmi e sentirsi in questo modo superiore a me più di quanto già non si senta.
« Sai quando finirà questa riunione?, » chiedo osservando l’orologio appeso alla parete che segna le nove precise.
Mi trovo qui da una ventina di minuti e non sto riuscendo a sopportarla. Spero che la direttrice finisca presto altrimenti non so se tra un po' potrò ancora rispondere delle mie azioni.
« Non lo so; credo però che dovrai aspettare e non pensare che questo mi renda felice, dato che dovrò sopportare la tua compagnia fino a quando Nathaniel e la signora non finiranno ».
Non posso fare a meno di sbuffare esasperata.
Sto cercando con tutte le mie forze di non saltare sulla scrivania per strozzarla, una cosa che lei sta riuscendo a rendere sempre più difficile visto che continua a guardarmi sorridendo come un’oca.
So già a cosa sta pensando, non ha fatto altro che ribadirlo da quando sono qui, e questo non fa altro che farmi innervosire maggiormente.
Restiamo per i restanti dieci minuti in silenzio ognuna interessata alla sue faccende, quando finalmente la porta si spalanca e una voce maschile riecheggia nella stanza.
« Arrivederci signora ».
« Arrivederci Nathaniel, conto su di lei, » risponde la direttrice alle sue spalle.
Mi alzo in piedi dalla poltrona dove mi ero seduta durante l’attesa, quando lui esce dall’ufficio e non posso fare a meno di notare quanto sia affascinante.
Ha un bel portamento, fisico slanciato, capelli biondi, occhi ambrati e volto regolare. Lo osservo in silenzio mentre si avvicina a salutare la sorella; si vede che sono fratelli, si assomigliano moltissimo.
Sembra non essersi accorto della mia presenza, fino a quando Ambra non mi guarda divertita esclamando: « È giunto il tuo turno, cara ».
Solo allora anche lui si volta verso di me restando per un attimo in silenzio finché questo non viene rotto dalla voce della direttrice che mi chiama.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


3.

 
 
“ Oggi, il modo con cui guadagniamo i mezzi per vivere,
i valori della professionalità, la valutazione
che la società dà alle virtù e ai successi,i legami
intimi e i diritti acquisiti, tutto questo è fragile,
provvisorio e soggetto alla revoca.
E nessuno sa quando e da dove arriverà il colpo fatale.
Mentre i nostri antenati sapevano bene che
occorreva avere paura di lupi affamati
o dei banditi sui cigli delle strade,
oggi non è l'estrazione a rendere i pericoli
in apparenza più gravi, ma la difficoltà di collocarli,
e quindi di evitarli e di controbatterli. ”
 
Zygmunt Bauman
 
 
 

Entrando nell'ufficio della direttrice sembra di essere catapultati in un santuario agghindato con piante e fiori di ogni specie. 
Al centro della stanza troneggia la sua scrivania, una sorta di torre di comando, un posto che la fa sentire quasi onnipotente. 
La signora Nicolas è una donnina di mezza età bassa e corpulenta, coi capelli bianchi raccolti sempre in una specie di cipolla sulla sommità della testa. 
Veste sempre di colori sgargianti, soprattutto rosa, il suo colore preferito e ha sempre in volto un'espressione bonaria che, in un primo momento, può trarre in inganno chi fa la sua conoscenza, ma man mano ci si accorge che questo finto buonismo nasconde invece una persona molto dura di carattere. 
Sinceramente mi ha sempre fatto una certa suggestione, proprio per questa sua particolarità con il quale riesce a tenere a bada noi giornalisti, e questo, per fortuna, mi ha tenuta sempre in guardia, così che non mi sono poi tanto impressionata di fronte alle prime sfuriate alle quali ho assistito e che invece sono riuscite quasi a traumatizzare e a far licenziare molti miei colleghi; senza contare le numerose segretarie che dopo i primi due giorni di lavoro sono scappate a gambe levate senza guardarsi dietro. 
Infatti come dimenticarsi della famosa settimana delle segretarie? Qui al giornale è rimasta impressa nella mente di tutti ed è stata soprannominata in questo modo perché nel giro di appena sette giorni la direttrice ha raggiunto il suo record di licenziamenti, riuscendo ad arrivare a quota diciotto. In quella settimana le segretarie entravano e uscivano dalla porta d'ingresso ad una velocità sorprendente quasi come fossero dei semplici clienti che ogni giorno si recano al supermercato per fare la spesa.
Tutto questo finché non è arrivata Ambra che alla fine è stata la sola a saper resistere alle angherie della direttrice. Ancora mi sorprendo di quanto quelle due abbiano caratteri così affini da combaciare alla perfezione. 
« È permesso?, » dico entrando pian piano nell'ufficio. Solo dopo essermi chiusa la porta alle spalle realizzo che forse non è stata una buona idea aver sbarrato l'unica via di fuga.
« Prego signorina entri pure, » risponde la donna guardandomi in uno strano modo cordiale e affabile. 
Il mio intuito mi dice che c'è sotto qualcosa, ma non voglio essere sempre pessimista quindi per questa volta cercherò di fidarmi. 
Senza muovermi, però, dal posto in cui mi trovo chiedo ancora: « Mi ha fatta chiamare?  ». Spero che non voglia trattenermi a lungo, in questo modo, se le cose si mettessero male, restando vicino la porta, potrò fuggire in un batter d'occhio. 
« Certo, si accomodi pure, » risponde lei e vorrei tanto che non avesse pronunciato queste parole perché vuol dire che dovrò affrontare lei e la sua guardia del corpo.
Avanzo lentamente sulla mochette beage che si trova sul pavimento; è ingiallita e quasi annerita ormai dal tempo e attutisce i miei passi e anche quelli di Kiki il suo cane, razza volpino, che riposa su un grande cuscino sotto la finestra ed è sempre in agguato dietro l'angolo per evitare che qualcuno si avvicini alla sua amata padrona.
Mi avvicino alla scrivania cercando di sondare il terreno per scrutarlo, prima che sia lui ad avventarsi, come sempre,  sulle mie caviglie, ma non faccio in tempo a fare due passi quando un qualcosa di peloso e umido mi sfiora. 
Cerco di scansarlo nel migliore dei modi senza correre il rischio di fargli male davanti alla direttrice,  ma quel dannato cagnaccio continua a non sbagliare un colpo e sono certa che da qui a pochi istanti finirà per rovinarmi le calze nuove. 
Per fortuna, e devo dire stranamente, la signora viene in mio aiuto finendo quasi per urlare in modo isterico: « Kiki, smettila! Cuccia! ».
Un ordine da maresciallo vero e proprio,  pronunciato con tono freddo e impostato e una voce tuonante e decisa. Resto pietrificata persino io, tanto che in un primo momento non so se muovermi e proseguire verso la scrivania. 
Kiki intanto ha smesso di ringhiare, ha abbassato la coda e si è allontanato mogio mogio verso il suo cuscino.
« Beh? Vuole restare lì impalata tutto il giorno?, » prosegue poi la donna rivolta a me. Sono ancora ferma e in piedi nello stesso posto e continuo a guardare di tanto in tanto il cane che fissa minaccioso ogni mia mossa.
Dovrei muovermi, lo so, ma continuo a restare immobile finché la voce della direttrice, notevolmente indispettita, non si fa sentire ancora una volta.
« Allora signorina Marshall? Vuole accomodarsi? Non ho tutto il giorno da spendere con lei ».
« Oh, certo, » dico continuando a fissare Kiki che mi fissa a sua volta.
La donna sembra notare questo "gioco di sguardi" e prosegue: « Non si preoccupi di lui. Non si muoverà ».
Queste parole mi rassicurano e così mi avvicino alla scrivania e prendo posto di fonte a lei.
« Allora, » esordisce « credo che voglia sapere perché l'ho chiamata, giusto?  ».
Che strana domanda. Certo che lo voglio sapere. Non sono di certo venuta qui, nella tana del lupo, per sedermi e guardarla negli occhi tutto il tempo. Per di più se avessi potuto evitare questo incontro lo avrei fatto volentieri, ma purtroppo devo affrontare la situazione,  qualunque essa sia, e se verrò licenziata pazienza. 
« Certo, » rispondo prendendo un profondo respiro e preparandomi mentalmente al peggio.
Attendo con ansia una sua risposta, ma stranamente la direttrice rimane in silenzio e inizia a fissarmi in modo freddo ma allo stesso tempo intenso. Sembra quasi stia meditando e questo silenzio inizia a rendermi nervosa.
La guardo mentre mi fissa posando i gomiti sulla scrivania e le mani sotto al mento in modo pensieroso.
Non so come comportarmi di fronte a questo strano atteggiamento. Di solito si avventa contro chiunque le capiti a tiro e mi aspettavo facesse altrettanto con me, soprattutto dopo che per molto tempo non ha fatto che lamentarsi del mio lavoro.
Cerco di sembrare il più tranquilla possibile, ma spero parli presto altrimenti temo di impazzire a causa dell'ansia che continua a crescere.
Cavolo perché non parla? Il silenzio si sta facendo davvero opprimente. 
« Mi scusi?, » dico lievemente « c'è qualcosa che non va? ».
La signora mi guarda nuovamente senza rispondere e continua a rimanere nella stessa posizione che ha assunto da più di cinque minuti. 
Non so cosa fare e decido che forse è meglio che mi concentri su qualcosa per evitare di esplodere da un momento all'altro,  perché sono sicura sarà così e che mi metterò a urlare o ridere come una stupida e non credo sia una buona idea.
Mi guardo intorno, ma tutto, in quella stanza, mi sembra troppo impostato, tutto troppo e basta e questo mi fa sentire a disagio. 
Guardo Kiki, ma quella vista mi intimorisce parecchio, dato che sono passati più di dieci minuti e lui sembra una statua di sale che mi fissa ancora con fare minaccioso.
Così volgo nuovamente il mio sguardo sul volto di Brigitte che adesso ha anche chiuso gli occhi, forse per pensare meglio.
Ha il viso corrucciato in una strana smorfia e tra le sopracciglia le si è formata una ruga molto più profonda di quelle che ha già.
Immersa nei pensieri continuo a scrutare il suo volto e mi accorgo che sembra stranamente più liscio e giovane.
Non ricordavo che avesse una pelle così stirata e lucida. È vicina alla soglia dei sessant'anni e sembra non avere neanche una ruga, a parte quella che le è appena spuntata in fronte. Anzi, dalla sua espressione corrucciata sembra quasi che fatichi a realizzare qualsiasi espressione facciale, persino la più facile.
Guardo con attenzione la ruga tra i suoi occhi: sembra quasi voglia ribellarsi all'imposizione di non esistere più ed è divertente vedere quanto la donna cerchi di non far trapelare alcuno sforzo.
A quella vista mi scappa un risolino che subito cerco di soffocare con un colpo di tosse.
Finalmente Brigitte apre gli occhi e mi sorprendo di non essermi accorta prima di quanto ogni la sua pelle sembri tirarsi ad ogni minimo movimento. Ero talmente impressionata da Kiki dal non aver fatto caso alla signora e alla sua faccia di plastica.
Ecco dove vanno a finire tutti i soldi destinati alla riparazione dell'unico ascensore che porta alla redazione e che è rotto da mesi. 
Nonostante tutti gli impiegati abbiano spesso fatto numerose collette da destinarvi, non si è mai mosso nulla e ancora continuiamo a salire tutte quelle rampe di scale arrivando sempre col fiatone.
Guardo la donna aspettando una sua risposta che finalmente sembra arrivare:
« Allora signorina, » ricomincia con lo stesso tono di prima. Spero solo che non si blocchi di nuovo; « Ci ho pensato molto, e sono giunta alla conclusione che lei ha bisogno di un assistente ».
Queste parole mi piombano addosso come un pesante macigno, tanto che rimango immobile non sapendo cosa rispondere; lei continua: « So che questa decisione le può sembrare strana, ma sarò franca e schietta con lei. Per quanto ci abbia pensato non sono riuscita a giungere ad una soluzione migliore, a meno che non voglia perdere il suo posto di lavoro. Molte volte le ho raccomandato di migliorarsi, ma ogni avvertimento è sembrato vano. Devo confessarle, però, che l'idea di licenziarla è stata subito scartata, dato che in passato il suo lavoro era ottimo e non ho mai avuto modo di lamentarmi con lei. Però negli ultimi mesi, anche a causa delle vicissitudini della sua vita privata, il suo operato è andato via via scemando e così sono arrivata alla conclusione che ora il suo lavoro è un po' delicato da svolgere da sola e che quindi ha bisogno di qualcuno che la aiuti ».
Rimane in silenzio, forse ad osservare la mia reazione.
Non so come comportarmi e neanche cosa rispondere. Mi sento spaesata, sperduta e tremo come una foglia secca lasciata in balia del vento d'autunno che la prende con ferocia e la strappa per sempre dal ramo sul quale era nata e si sentiva al sicuro. Fino a quel momento mi ero ripromessa di prepararmi al peggio e ora che questo era arrivato mi sentivo soffocare. Forse era meglio essere licenziata. 
Un'assistente? Sembra una presa in giro, un insulto. Come se io fossi una donna con deficit mentali che, dopo il divorzio,  ha bisogno dell'aiuto di qualcuno che le indichi il modo migliore per rispondere a delle lettere d'amore che legge da anni.
La direttrice continua a fissarmi; « Allora che ne pensa?, » mi chiede dopo un po'.
Devo dirglielo. Non posso tenermi tutto dentro. Devo protestare e confidarle che non ho bisogno di un assistente, che posso farcela da sola e che le darò modo di ricredersi sulla mia professionalità. 
« Mi scusi, » dico lievemente, « ma io non ho bisogno d'aiuto; posso farcela benissimo da sola. Lo sa bene. Come ha detto, non le ho mai dato modo di lamentarsi. Sono brava nel mio lavoro ».
« E questo è indubbio, mi creda, altrimenti non le avrei proposto nulla di tutto ciò. Proprio perché so quanto sia brava e che sta attraversando un periodo particolare, mi sono permessa di pensare a questa alternativa che, tra l'altro, sarà provvisoria naturalmente, fino a quando non ritornerà ai suoi vecchi standard.
Ho anche pensato che magari potrà esserle d'aiuto decidere di lavorare anche da casa. In questo modo con la tranquillità domestica e l'aiuto del suo assistente sono sicura che il suo lavoro migliorerà ».
Mi sporgo sulla sedia leggermente agitata: « Signora, non posso negare che lavorare da casa non sia una buona offerta, ma non posso accettare la proposta dell'aiuto, » continuo decisa, « mi permetta di lavorare da sola come sempre e vedrà che non la farò pentire ».
« Non se ne parla, » risponde in modo alterato, « come le detto è da tempo che aspetto e che medito su questa decisione e se sono giunta a comunicargliela vuol dire che non si tratta di una proposta ma di un cambiamento che ho già apportato al suo lavoro. Ho, infatti, già chiamato di persona il suo assistente e ho già provveduto a firmare un permesso che le servirà per lavorare da casa a partire da domani. Naturalmente dovrà anche recarsi in redazione, ma non sempre, solo qualche volta alla settimana per consegnare il suo lavoro e per le riunioni settimanali. Non si preoccupi. Come le ho già detto, tutto questo è provvisorio e le cose torneranno presto come prima nel momento in cui lei sarà pronta ».
« Ma sono già pronta, » cerco di protestare.
« Mi dispiace,  ma purtroppo non saranno le sue parole a convincermi, ma il suo lavoro. Spero che questo possa aiutarla a velocizzare le sue consegne e ad essere più puntuale. Sa già che non sono contenta dei numerosi ritardi della sua rubrica. Lei è sempre l'ultima a posare i suoi file sulla mia scrivania e credo che tutto ciò le permetterà di migliorarsi.  Come le ho detto se i suoi standard torneranno quelli di una volta anche tutto l'altro resto si risolverà in poco tempo, ma questo naturalmente dipende solo da lei ».
Cerco di pensare a qualcosa di efficace da dire per farle cambiare idea, ma lei mette subito fine al nostro incontro col suo solito tono che non ammette repliche : « È tutto signorina, può andare. Si ricordi che inizierà a partire da domani ».
Non sono riuscita neanche a rispondere o, magari, a dire qualcosa e da come mi guarda sembra proprio che a lei vada bene così. 
Esco da quell'ufficio più distrutta che felice. Il mio intuito aveva indovinato.
Ora dovrò mettermi sotto col lavoro altrimenti non si sa mai cos'altro le potrà passare per la mente.
Richiudo la porta alle mie spalle  sospirando. Ho le mani che tremano e non so se per timore della direttrice o per la rabbia che sento crescere dentro di me. 
Quella donna ha il magico potere di far perdere la pazienza anche ai sassi. Nonostante mi fossi preparata a tutto, dovevo sospettare che per lei tutto si riducesse ad una battaglia nella quale riesce sempre ad affondare il suo rivale.



 

Piccolo Spazio...
Ciao a tutti miei cari lettori e lettrici... Nonostante la storia sia iniziata da un po', ancora non avevo avuto modo di scrivere nel mio "Piccolo Spazio" :)
Mi scuso per il ritardo, ma rieccomi con un nuovo capitolo. :)
Spero che la storia vi stia piacendo. In questo nuovo aggiornamento ho cercato di movimentare la vicenda, per quel che possibile. Siamo ancora  all'inizio e vorrei, pertanto, procedere con calma per non rischiara di lasciare qualcosa strada facendo e finire per accellerare troppo il tutto, ma col passare dei capitoli cercherò di aggiugere un altro po' di movimento a questa storia che per ora, a parte il prologo, si è svolta in un arco di tempo di poche ore. -.-" E voi mi direte che noia... ;) 
Spero comunque che il capitolo sia stato di vostro gradimento. Vi ringrazio per aver letto e vi do appuntamento alla prossima! ;)
Ina


 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


4.

 
 
“ Il cambiamento dovrebbe essere un amico.
Dovrebbe accadere perché programmato,
non a seguito di un incidente ”

Crosby Philip B 
 
 
 

« Beh? Come è andata?, » mi chiedono in coro Al e Kim quando poco dopo, ritornata nel mio cubicolo, mi lascio cadere sulla sedia ancora scossa per ciò che mi ha detto la direttrice.
Lo so. Dovrei essere felice perché non mi ha licenziata, ma questo cambiamento di lavoro mi ha indispettita ulteriormente,  ancor più del licenziamento in se. Mi sento quasi umiliata. Sono una donna adulta, con una carriera avviata e la stabilità economica. È vero, ho avuto problemi nella mia vita privata, ma questo non vuol dire che ho bisogno di un assistente per farmi da balia sul lavoro. 
Non posso credere che nonostante siano passati dei mesi, Dake riesca ancora a crearmi dei problemi. Ho cercato in tutti i modi di risollevarmi e andare avanti, ma questa situazione non ha fatto altro che infierire su una ferita ancora aperta. Forse la signora Nicolas voleva farmi un favore offrendomi una seconda opportunità, ma non si è resa conto che questo ha reso più difficile una situazione già complicata.
Mi siedo alla scrivania dove trovo ad aspettarmi il computer acceso ancora ad una bianca pagina di Word, a ricordarmi il perché mi trovo in questa situazione. 
Forse ho davvero un pessimo aspetto, tanto che ad un tratto mi ritrovo Alexy addosso che esclama in modo apprensivo come una chioccia: « Mia cara, ma sei pallida. Cosa ti è successo? Non dirmi che la signora ha scoperto il succhiotto sotto il pizzo del mio foulard? ».
Cerco di riordinare le idee  ma l'unica cosa a cui riesco a pensare è l'assistente.
« Lasciala stare Al, » interviene Kim, « non vedi che non è il momento per le sciocchezze?, » poi rivolgendosi a me continua: « Cosa è successo Lex? Quella strega ti ha licenziata? ».
« Forse sarebbe stato meglio, » borbotto avvilita.
« E perché mai?, » chiede confuso Al.
« Ti va di parlarne?, » domanda Kim posandomi un braccio sulla spalla. 
Li sono davvero grata. Parlare con loro mi aiuta sempre. 
Al, Rosa e Kim sono stati al mio fianco in ogni situazione. È solo grazie a loro se, dopo la separazione, non sono precipitata in un baratro di disperazione. 
Anche se davanti a Dake ho cercato di sembrare superiore, una volta tornata a casa ho dato libero sfogo alle lacrime. Ho pianto per diversi giorni; non volevo parlare con nessuno e non avevo la forza di alzarmi dal letto. Fortunatamente i miei amici venivano a trovarmi ogni giorno. Rosa si presentava tutte le mattine prima di andare al lavoro, per obbligarmi ad alzarmi e farmi una doccia. Mi aiutava a scegliere gli abiti giusti da indossare, anche se io volevo restare in vestaglia e pantofole; Al e Kim venivano a trovarmi durante la pausa pranzo e poi tutti insieme si ritrovavano a casa mia la sera, dopo il lavoro, con una bottiglia di vino rosso che Kim non si faceva mai mancare, e una coppa di gelato che Al riteneva indispensabile per scacciare il malumore.
Senza neanche pensarci su due volte sputo il rospo. Entrambi mi ascoltano con attenzione e, man mano che proseguo nella narrazione dei fatti, noto i loro volti corrucciarsi sempre più. 
« Ecco, » sbuffo alla fine, « ora sapete tutto e sicuramente starete pensando: "Questa qui è una stupida", ma per me questa seconda opportunità è quasi peggio che essere licenziata.  Un'assistente...!? Vi rendete conto?, » dico agitata.
« Calmati Lex, » interviene Al abbracciandomi dalle spalle, « noi non pensiamo nulla del genere, » prosegue guardando Kim che fa un cenno d'assenso col capo. « Sappiamo cosa hai affrontato e cosa stai ancora affrontando. Il divorzio non è ancora effettivo e tutto questo stress accumulato in questi mesi non ti fa bene ».
« È vero, Al ha ragione, » interviene Kim continuando ad accarezzarmi il braccio. « Però, cerca di vedere questa situazione dal lato positivo ».
« Sì? E quale sarebbe?, » chiedo senza speranza.
È Al a rispondere con un sorriso a trentadue denti; « Lavorerai da casa e questa è una cosa bellissima! Potrai alzarti quando ti pare e piace e non dovrai venire in ufficio tutti i santi giorni a vedere quelle due arpie della direttrice e della sua segretaria che spadroneggiano su noi poveri e miseri impiegati, » dice sfoderando la voce più avvilita e triste del suo repertorio accompagnata da una serie di gesti e facce teatrali.
In effetti a questo non avevo pensato e, vista da questa prospettiva, la situazione si rivela migliore di quel che sembra, soprattutto perché non posso dimenticare l’espressione con la quale Ambra mi ha accolta questa mattina e la stessa che ha esibito quando sono uscita dall’ufficio della direttrice. Credo che non sarà per nulla contenta quando verrà a sapere che non sono stata licenziata, come invece lei sperava che accadesse. Da questo punto di vista, quindi, posso dire che il mio cambiamento di lavoro è stato utile a qualcosa, almeno per indispettirla.
« Senza contare che avrai anche l'aiuto di un assistente che potrai schiavizzare per i tuoi comodi, » continua, intanto, lui sghignazzando.
Kim lo ammonisce toccandolo con forza sul braccio destro: « Ma che vai dicendo Al? ».
« Ahi! Ma che modi!, » protesta lui massaggiandosi dolorante, « dicevo la pura verità. Da quello che ci ha raccontato Lex, la direttrice ha parlato di un assistente e non di una assistente, il che fa presumere che sarà un uomo a presentarsi domani mattina davanti alla sua porta. E chi sa che aspetto avrà?, » dice fancendomi l'occhiolino, « sono sicuro che sarà un bel fustacchione. Anzi, ancora meglio, credo che si tratti del ragazzo delle consegne, » proclama sicuro di se.
« Chi?, » chiede Kim, « quello magrolino coi capelli castani? Ma Lexie voi due non vi conoscete? ».
« Certo che si conoscono e per la cronaca quel ragazzo magrolino è in realtà un bel fusto e si chiama Ken », interviene Al, « per di più è da anni che lui ha una cotta per lei » dice sorridendo, poi prosegue bisbigliando: « Qualche giorno fa ho sentito dire in giro che la direttrice gli ha offerto una promozione e se fosse proprio lui il tuo assistente? » e, neanche l'avesse chiamato al telefono eccolo sbucare dalla porta.
« Oh eccolo ragazze! »; Al inizia ad agitarsi sventolando una mano davanti al viso. « Ti devo confessare che se fosse lui, sarei super-invidioso di te cara! Sai benissimo che ho un debole per uomini del genere e sai anche che è da tempo che gli vado dietro. Guarda che fisico e che muscoli... » dice con volto sognante e mentre è immerso nella sua venerazione, il ragazzo in questione si avvicina a noi.
« Ciao ragazzi!, » ci saluta con tono cordiale e, dopo che noi abbiamo ricambiato il saluto in coro, si rivolge a me con tono imbarazzato: « Ehi Lex, passavo da queste parti e... visto che tra un po' farò l'ultima consegna della mattinata, mi chiedevo se... ecco... mi chiedevo se… ti andasse di pranzare con me ».
« Certo, perché no?, » rispondo con un sorriso. 
« Perfetto allora ti aspetto quando termino il turno, » replica sfoderando un sorriso imbarazzato.
« Ok, a dopo allora ».
« A dopo, » continua lui evidentemente a disagio per la situazione. 
Mentre sta per andarsene infatti, inciampa accidentalmente sulla mochette e per poco non va a finire addosso ad una giornalista intenta a trasportare nel suo cubicolo una serie di fascicoli.
Dopo che lui si è allontanato,  mi volgo nuovamente verso i miei amici i quali, bisogna sottolineare, hanno avuto la premura di impicciarsi nella mia conversazione privata senza preoccuparsi di essere di troppo. Anzi, si sono entrambi accomodati per gustarsi la scena ed ora mi fissano con volti maliziosi, soprattutto Al che inoltre non ha smesso un solo istante di ispezionare Ken dalla testa ai piedi. Sembrava quasi lo stesse scannerizzando ai raggi X. 
Dopo un po' però la sua espressione cambia e lascia il posto ad uno sguardo serioso che mi fissa in modo indagatore.
« A quanto vedo mio fratello non ti basta più, eh?, » chiede.
« Cosa?, » domando non capendo a cosa si riferisca.
« Non fare quella faccia, » mi ammonisce, « sai benissimo di cosa sto parlando ».
« Per la verità no, » replico indispettita.
« Ah no? E che mi dici di quello che hai appena fatto?, » continua con la solita voce da Mr Perfettino.
« E che ho fatto, scusa?, » domando incredula.
« Certo che come attrice saresti perfetta! Come che hai fatto!? Hai appena accettato di pranzare con un altro uomo e questo, mia cara, si chiama tra-di-men-to, » risponde soffermandosi sull'ultima parola.
« Ma cosa stai dicendo?, » si intromette Kim, « dì un po', sei per caso ammattito? Adesso sei tu che decidi con chi deve uscire la nostra Lex? E poi scusa quale tradimento e tradimento! Loro due mica stanno insieme. Sai benissimo che la storia con tuo fratello non è una cosa seria da parte di entrambi. Persino lui ogni tanto si vede con qualche amica per andare a prendere un drink. Quindi non capisco che ci sia di sbagliato nel fatto che Lex vada a pranzare con un amico ».
« È sbagliato, invece, ed è un tradimento verso il suo migliore amico che sarei io, » replica lui incrociando le braccia al petto indispettito, « sapete benissimo a cosa mi riferisco. È da un sacco di tempo che sai che sono interessato a lui e alla prima occasione me lo soffi davanti agli occhi? ».
« Eh? Cosa? Ma guarda che io non ho soffiato niente a nessuno, » rispondo spaesata girandomi di scatto nella loro direzione.
« Ah no? E allora perché hai accettato? Se tu non lo avessi fatto gli avrei proposto di pranzare con me, » continua indispettito.
« Certo, » interviene Kim, « perché sei sicuro che Ken avrebbe accettato il tuo invito. Sinceramente non vi vedo proprio voi due da soli a pranzo ».
« E perché mai?, » risponde offeso.
« Perché quante volte te lo devo spiegare che lui non è interessato alle tue avance? , » replica lei, « se ancora non l'hai capito non è gay, punto e basta. È etero, capito? E-te-ro!, » dice scandendo l'ultima parola.
« E con questo?, » continua lui con noncuranza, « si può sempre decidere di cambiare nella vita ».
« Stai certo che lui non cambierà mai, » ribadisce Kim, « altrimenti non rifiuterebbe sempre ogni tuo proposta per poi rivolgere la stessa a Lex ».  
« Uff, » sbuffa lui incrociando le braccia al petto,  « non è giusto! I migliori non sono mai disponibili ».
Decido di estraniarmi dalla conversazione, soprattutto perché questa mi ha fatto ricordare che ho una lettera in sospeso a cui devo assolutamente rispondere. 
Così mi volto nuovamente verso la scrivania ad osservare lo schermo bianco del mio computer sul quale lampeggia costantemente il cursore che sembra volermi invitare a riempire una volta per tutte quel foglio e, dopo aver riletto ancora una volta la lettera, cerco di trovare le parole adatte per buttare giù una risposta che risulti almeno decente.

 

Caro Tom, 
leggere la tua lettera mi ha fatto davvero molto piacere. 
È vero, sono molti coloro che vivono difficili situazioni amorose. Non è facile affrontarle e soprattutto vincerle, ma tu, nonostante tutto, ci sei riuscito. 
Questo indica che chiunque, se solo ci mette un po' di buona forza di volontà, può riuscire a superare i momenti difficili, anche se questi ci sembrano insormontabili.
Purtroppo a volte si è portati a credere che la vita sia finita lì, che non vi sia più rimedio e, come disse Paulo Coelho, si resta talmente ancorati al passato e guardare quella porta ormai chiusa, che non ci si accorge che già un'altra è stata aperta per noi. 
Ecco, credo che tu, grazie a Jim, sia riuscito, nonostante lo sconforto iniziale, a guardare verso quella porta aperta e credimi che non è né la prima né l'ultima volta in cui qualcuno può ricredersi delle sue scelte. 
Una mia amica mi ha raccontato che questo è accaduto anche a una sua conoscente, una donna che dopo il divorzio dal marito e la delusione che ne è derivata, ha trovato la felicità con un'altra donna; una situazione che ha spiazzato anche lei, che di certo non se lo sarebbe mai aspettata. Eppure credo che sia una cosa bellissima che dovrebbe, nel secolo in cui ci troviamo, far riflettere un po' la gente. 
In passato queste cose avvenivano eccome, ma tutto si svolgeva al riparo delle mura domestiche per evitare  scandali, ma adesso non possiamo più mostrarci ciechi di fronte queste realtà. Ogni uomo e donna dovrebbe essere accettato per quel che è, e non per la persona che decide di frequentare, perché non importa l'involucro che ci avvolge, conta solo ciò che si ha dentro. Ci si innamora di un'anima affine, non di un pezzo di carne.
Chiudo pertanto questa mia risposta dicendo che non ci dovrebbe essere nessuna vergogna a parlare di un disastro amoroso, che sia esso derivato da un rapporto omosessuale o etero. E soprattutto non bisogna dimenticarsi che, non perché veniamo rifiutati o disprezzati nella prima occasione, questo implica che non abbiamo diritto a una seconda opportunità, qualunque essa sia.
Dolce Flirt

 

Dopo aver terminato la risposta e averla controllata per evitare la presenza di eventuali errori, mi ritrovo a rileggerla nuovamente per almeno altre tre volte sorprendendomi per ciò che sono riuscita a scrivere. È una risposta particolare perché, solo dopo averla riletta, realizzo che quelle parole sono rivolte anche a me. Non so in che modo la mia mente l'abbia partorita, ma in ogni frase trovo un pezzo della mia storia. Ma non faccio in tempo a soffermarmi su questi pensieri che Al, sbucando da dietro le mie spalle, inizia a leggerla.
« Oh. Mio. Dio, » esclama dopo aver terminato, « non vedevo una tua risposta così ben fatta da un sacco di tempo, cara mia. Sono davvero orgoglioso di te! Questo vuol dire che ti stai rimettendo in carreggiata ».
Anche Kim, dopo le parole del nostro amico, si avvicina a leggere la mia risposta e subito dopo proclama: « Hai proprio ragione Al! Questa sì che è una risposta coi fiocchi. Credimi Lex se ti dico che il tuo periodo a casa con l'assistente durerà poco ». 
« Ne siete sicuri?, » chiedo dubbiosa.
« Certo!, » continua lei, « così come sono sicura della mia pelle scura e della testa vuota di questo qui, » dice indicando Al accanto a se.
Lui che fino a quel momento aveva sfoggiato il suo sorriso migliore, dopo essersi ripreso dalla precedente discussione, contorce il viso in una strana smorfia a denotare quanto la battuta della nostra amica lo abbia indispettito, come sempre.
Nonostante questo decidono che per una volta è meglio smetterla di litigare e ritornare nei loro cubicoli per riprendere il lavoro interrotto, mentre io, dopo aver salvato tutto nell'apposita cartella, mi soffermo a pensare a ciò che mi hanno appena detto e realizzo che hanno ragione. Se riesco a mantenere accesa questa ripresa di ispirazione per le mie risposte, credo proprio che la direttrice sarà costretta a mutare nuovamente il mio piano di lavoro.
Con la testa piena di queste considerazioni noto che è scattata la pausa pranzo e, chiuso il computer, mi avvio verso l'uscita per incontrare Ken.
Devo assolutamente capire se sarà davvero lui il mio assistente.

 
 

 
 
 

Piccolo spazio... (che tanto piccolo non è... xD)
Questa volta sono stata più veloce con l'aggiornamento :) sono sorpresa anche io ^-^" 
Coooomunque.... ;)
Ecco finalmente il nuovo capitolo nel quale si parla di un nuovo personaggio che, come tutti avrete già capito, è proprio Ken ^-^ ancora non si sa molto di lui, ma spero di farlo risaltare meglio prossimamente.
Ancora una volta sono a rilento sul piano temporale e non so se col quinto riuscirò a fare qualche passo avanti. Lo spero vivamente, ma quando mi metto a scrivere sembra quasi che i personaggi, soprattutto Al ^-^", prendano vita propria e diano vita a una serie di dialoghi e situazioni che non posso fare a meno di riportare. ^^
Spero abbiate pazienza di aspettare l'arrivo dell'assistente ^^ per ora ci prepariamo al pranzo con Ken e le possibili reazioni del suo spasimante Al che in questo capitolo mi ha fatta dannare con le sue intromissioni ^-^"
Comunque... passando oltre...
È arrivata finalmente la risposta alla lettera di Tom e spero di non aver combinato disastri. In questo capitolo è il pezzo sul quale mi sono soffermata maggiormente e in questo momento sto pregando che non sia venuto male.  >_<
A questo proposito voglio assolutamente ringraziare la gentilissima Shainareth che mi ha dato lo spunto per la risposta. In essa infatti vi sono delle frasi prese proprio dalla sua recensione dopo il primo capitolo nel quale compariva la lettera di Tom ^-^ 
Così mi è sorta un'idea che ho deciso di proporre ai miei lettori/ lettrici. 
Visto che nella storia le lettere e le conseguenti risposte saranno molte, ho pensato che magari potreste proporre qualcosa voi, perché io ho qualche idea, ma dato che, come detto, le lettere saranno molte vorrei che fossero anche varie, quindi quale modo migliore se non farle scrivere da menti diverse? E poi magari se questa cosa dovesse andare bene, nel momento in cui queste verranno pubblicate in un capitolo, potreste suggerire delle possibili risposte nei commenti dello stesso, che potrei inserire come ho fatto con questa risposta. 
Naturalmente questa è solo una proposta, fate un po' voi. ^-^
Spero comunque che deciderete di farmi sapere il vostro parere per questo nuovo capitolo.
Un saluto a tutti e buon fine settimana
Ina

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


5.

 
“  L’amicizia non biasima
nel momento della difficoltà,
non dice con fredda ragionevolezza:
"se tu avessi fatto così o così".
Apre semplicemente le braccia e dice:
"non voglio sapere, non giudico,
qui c'è un cuore dove puoi riposare". ”

Malvida von Meysenburg
 

Uscita dalla redazione trovo Ken ad aspettarmi poggiato con le spalle al muro, impegnato col suo smartphone. 
« Ciao, » esclama col solito sorriso imbarazzato, appena mi vede.
Lo saluto cordialmente e, insieme, iniziamo ad incamminarci sul marciapiede verso il centro del paese. 
Finalmente, dopo un iniziale silenzio imbarazzante, lui chiede: « Dove ti va di andare? ».
« Non saprei... Tu che proponi? ». 
« Beh, da Tood's fanno una bistecca niente male e poi per dessert c'è la torta al cioccolato ».
« E, allora, torta al cioccolato sia, » ribatto con un sorriso. 
Tood's non è molto distante e, quando arriviamo, non è neanche molto affollato; ci sediamo, pertanto, ad uno dei tavoli migliori e ben illuminati, che si trovano dietro la grande vetrina del locale. 
È un posto assai particolare e caratteristico. Anche se è nato solo da pochi anni ha riscosso un grande successo grazie ai suoi piatti squisiti e alla cordialità del personale.
Una cameriera in gonnella, dall'aspetto grazioso, coi capelli biondi raccolti in una treccia si avvicina a noi sorridente. Il rossetto scarlatto spicca in contrasto col colore dei denti. Si muove in maniera provocante, mentre ci porge il menù ed estrae dalla tasca del suo grembiule un taccuino e una penna per registrare le ordinazioni. 
« Cosa volete ordinare?, » chiede dopo un po' rivolta a Ken.
Lui, senza preoccuparsi della sua presenza, si volta verso di me, attendendo che io termini di leggere il menù, mentre la biondina, nell'attesa, ha spostato il peso dalla gamba destra a quella sinistra.
« Prendo la bistecca, » dico dopo un po'.
In realtà sapevo sin da subito che sarebbe stata quella la mia scelta, ma ogni volta che mi trovo con Ken, riesce a mettermi sempre a disagio.
È da tanto che ci conosciamo. Abbiamo frequentato insieme le superiori e, già da allora non aveva mai tentato di nascondere l'interesse che provava per me, o, per lo meno, ero io l'unica, tra tutti gli alunni della mia scuola, a non essersi resa conto che per lui ero molto di più che una semplice amica.
Per molto tempo, però, eravamo stati grandi amici e nessuno dei due aveva mai tentato di cambiare questo equilibrio nel nostro rapporto, finché lui, un pomeriggio, al ritorno dalla scuola, mi aveva confessato i suoi sentimenti, spiazzandomi. 
A quel tempo ero rimasta colpita dal suo atteggiamento. Emozioni contrastanti erano nate in me. Era da un po' infatti che mi frequentavo con Dake e non capivo perché Ken avesse aspettato tutto quel tempo per decidere di dirmi una cosa del genere. Sapevo anche che i miei sentimenti non combaciavano coi suoi e questo, in un primo momento, mi aveva fatta anche arrabbiare. Temevo, infatti, che dopo di allora la nostra amicizia non sarebbe stata più la stessa e, non volendo che ciò accadesse, rimproveravo mentalmente Ken per aver rotto il nostro equilibro con le sue parole. 
Cosa sarebbe successo nel momento in cui gli avessi detto la verità? Gli volevo molto bene e non volevo farlo soffrire, ma allo stesso tempo sapevo che aveva diritto a una risposta, perché non volevo neanche illuderlo. Così non facevo che chiedermi perché avesse deciso di rovinare tutto. 
Lui era rimasto in silenzio aspettando una risposta con volto apprensivo e in evidente stato di agitazione e imbarazzo.
Alla fine, avevo preso fiato e gli avevo detto la verità. 
Dalla sua espressione avevo capito quanto ciò gli aveva fatto male, ma comunque incassò il colpo e il giorno dopo,  quando ci rincontrammo a scuola, si comportò come se nulla fosse accaduto. Cercò in tutti i modi di farmi dimenticare quell'episodio e capì che stava cercando, per quel che possibile, di far ritornare il nostro rapporto sui vecchi binari. 
Col senno di poi, però, mi sono resa conto che da allora la nostra amicizia non è stata più la stessa. È cambiato qualcosa, soprattutto perché si è insinuato  un imbarazzo costante che non era mai esistito in passato e, nonostante noi cerchiamo di non farci caso, molto spesso è essai evidente quanto siano frequenti le situazioni di disagio tra noi. 
Ricordo ancora, come fosse ieri, l'espressione rattristata che aveva sul viso, il giorno in cui seppe che mi sarei sposata. 
Rosa mi aveva confidato che aveva dato in escandescenza e, dopo essersi rabbuiato, era scappato via in malo modo.
Nonostante fossi felice per ciò che credevo mi attendesse nel futuro con Dake, quello fu uno dei giorni più tristi della mia vita. Avrei voluto condividere la mia gioia e festeggiare con i miei amici, ma l'assenza di Ken aveva reso tutto diverso. Non lo vidi per molto tempo se non dopo il mio ritorno dal viaggio di nozze.
Ci rincontrammo il giorno in cui iniziai a lavorare per il Dolce Amoris. 
Mi sorpresi non poco quando me lo trovai di fronte e capì che ciò era stato reciproco. 
Da allora, però, le cose sembrarono pian piano migliorare e, quando mi separai da Dake, nonostante non mi aspettassi nulla da lui, si presentò comunque un giorno a casa mia, durante il quale si preoccupò di sbrigare le mie commissioni. 
Non accennò a nulla che riguardasse Dake, nè una parola di rimprovero uscì dalle sue labbra. Si limitò solo a dire che lui ci sarebbe stato per me e in quel momento gli fui davvero grata.
« Per te invece?, » chiede intanto la cameriera rivolta a Ken. 
« Una bistecca anche per me, grazie ».
« Ok, due bistecche allora, » dice lei registrando tutto sul taccuino, « e da bere cosa vi porto?, » chiede ancora ammiccando nella sua direzione.
Lui la ignora nuovamente rivolgendosi a me: « Tu cosa preferisci Lex? ».
« Per me dell'acqua va più che bene, grazie ».
« Allora una bottiglia di acqua naturale, » ordina Ken. 
La ragazza annota tutto sul suo taccuino,  per poi chinarsi in modo provocante sul tavolo per prendere i menù e, mentre fa ciò, è evidente quanto cerchi il più possibile di attirare l'attenzione del mio accompagnatore su di se.
Non è la prima volta che, trovandomi in sua compagnia, noto quanto Ken riscuota successo col gentil sesso, anche se lui non sembra badare molto a tutte le giovani che ammiccano nella sua direzione e che fanno di tutto per farsi notare.
Ho sempre attribuito questo, al suo carattere timido e riservato. Infatti, anche se dall'aspetto non si direbbe, è molto timido e non riesce spesso a fare amicizia facilmente. 
Nonostante questo però, dopo aver fatto la sua conoscenza ci si accorge subito che ha un buon cuore e che è disposto a tutto per aiutare un amico; e questo lo so per esperienza personale. 
« C'è qualcosa che non va?, » mi chiede ad un tratto lui distogliendomi dai pensieri, « sembri pensierosa ».
« Oh, niente, » rispondo, « ho avuto qualche problema al lavoro, ma ora è tutto risolto ».
« Ne sono felice, » dice con un sorriso, « spero comunque che la bistecca ti aiuti a far passare i cattivi pensieri. Vedrai è molto buona. E non dimentichiamo che dopo ci attende la torta ».
« Vedo che sai benissimo di cosa stai parlando. Vieni spesso qui?, » domando.
« Ci sono venuto per la prima volta con un mio collega durante la pausa pranzo e da allora mi sono innamorato di quella torta, » risponde col solito sorriso.
Non posso fare a meno di sorridere a mia volta davanti a questa affermazione. Ken è sempre stato molto goloso e non mi stupisce che il dolce gli piaccia talmente tanto da invogliarlo a venire spesso in questo locale.
« Ho saputo in giro che la direttrice ti ha offerto una promozione, » dico sorridendo, dopo un po'.
« Oh, sì. Era da tanto che aspettavo, » risponde sporgendosi in avanti felice, « finalmente posso smetterla con le consegne ».
« E dove ti ha assegnato?, » domando sperando di capire se sarà lui il mio nuovo assistente.
« Ancora non me lo ha detto. Me lo ha comunicato solo l'altro ieri e si è limitata a dirmi che lo saprò al più presto. Chi sa, può darsi che inizierò a scrivere come te, » dice adagiandosi sullo schienale della sedia.
Queste parole mi fanno tossire. Allora vuol dire che la direttrice, nonostante non gli abbia rivelato nulla, gli ha fatto comunque intendere che dovrà scrivere sul giornale?  E se Al avesse davvero ragione, e lui fosse il mio nuovo assistente? 
Non riesco a concentrarmi su questi pensieri poiché vengo interrotta da qualcuno che bussa sul vetro accanto a noi, facendoci trasalire entrambi per lo spavento. 
Voltandoci vediamo la faccia di Alexy stampata sulla vetrina, mentre è intento a scrutarci oltre la stessa con sguardo indagatore. Accanto a lui noto il volto avvilito di Kim che cerca di staccarlo in tutti i modi da lì, evidentemente invano. 
Finalmente decide di sentire la nostra amica, ma dopo essersi allontanato dalla vetrina, permettendoci in questo modo di notare le impronte che ha lasciato sul vetro con le mani e la fronte, lo vediamo entrare a passo deciso nel locale, seguito da Kim. 
« Ma ciao ragazzi, » dice dopo essersi avvicinato al nostro tavolo ed essersi accomodato, « anche voi qui? Che coincidenza! ».
Kim si china verso di me sussurrando: « Perdonami Lex, ma non sono riuscita a tenerlo a bada. Appena sei uscita dalla redazione mi ha obbligata ad andare con lui e vi abbiamo seguiti ».
Il mio volto diviene paonazzo dall'ira, ma cerco, per quel che è possibile, di mantenere la calma per evitare di dare in escandescenza nel locale che, nel frattempo, si è riempito di gente.
« Allora, » continua intanto Al rivolgendosi a Ken, senza curarsi minimamente dell'imbarazzo che si è venuto a creare a causa della sua invadenza, « che stavate facendo di bello voi due? Ho per caso interrotto qualcosa? »; dal tono della sua voce si capisce immediatamente che sa di aver interrotto di proposito il nostro pranzo, ma tutto questo sembra non interessargli, anzi, da come guarda Ken è più che evidente che è soddisfatto della sua intrusione e questo è anche sottolineato dal sorrisetto idiota che ha stampato sul viso e dalle occhiate ebeti e allo stesso tempo indagatrici che mi lancia di tanto in tanto. Ma non voglio dargliela vinta quindi cerco di protestare: « Per la verità avevamo appena ordinato il pranzo,  non è vero Ken? » dico decisa.
Lui mi guarda imbarazzato e risponde lentamente: « Oh, sì certo ».
Guardo Al che sembra non voler capire di aver esagerato questa volta, e così mi volto verso Kim che afferra al volo il mio sguardo esclamando: « Al credo che dobbiamo andare. Mi sono appena ricordata di aver dimenticato il pranzo in ufficio e se non sbaglio anche il tuo è lì. Inoltre tra un po' dovremmo riprendere il turno quindi è meglio sbrigarsi. Allora ci vediamo dopo ragazzi » dice spostandosi leggermente invitando Al ad alzarsi.
Lui incurante delle sue parole continua con la solita espressione che lo ha accompagnato da quando ha messo piede nel locale: « Oh, ma che dici Kim, abbiamo ancora tempo! Dovresti sistemare il tuo orologio, forse si saranno spostate le lancette. E poi non preoccuparti per il pranzo; visto che ci troviamo qui possiamo fermarci per mangiare qualcosa, » così inizia a guardarsi intorno per poi scoprire magicamente che non vi è un solo tavolo libero nella sala e questa è la scusa che stava aspettando per auto-invitarsi al nostro tavolo. E infatti, quando Kim gli fa notare che purtroppo non c'è posto, invitandolo nuovamente a ritornare in ufficio, lui con nonchalance, guardando ancora verso Ken, continua: « Oh, ma non preoccuparti Kim. Sono sicuro che a Ken e Lex non dispiacerà affatto se ci uniamo a loro, non è vero ragazzi? ».
Ken mi guarda non sapendo come rispondere. Al riesce sempre a metterlo in imbarazzo con le occhiate dolci e le battute che gli lancia, senza contare gli apprezzamenti che gli fa in continuazione.
Vedendo che lui non risponde, e non curandosi minimamente delle mie proteste e delle scuse inventate da Kim, alla fine tutto soddisfatto dice di aver avuto proprio una bella idea e così riesce ad averla vinta anche questa volta ed entrambi si accomodano al nostro tavolo.
Per tutto il tempo Kim non fa che scusarsi con me per la pessima figura, mentre Al continua a mangiare tutto soddisfatto e contento del risultato dei suoi sforzi. 
Non è possibile! Per colpa sua non sono più riuscita a parlare con Ken, perché ogni volta che tento di rivolgergli la parola, quell'impiccione di Al si intromette nel discorso e così non ho avuto modo si affrontare l'argomento promozione per continuare ad indagare sul mio assistente.
Quando Al si mette d'impegno riesce ad essere davvero odioso e non so cosa sia riuscito a trattenermi sulla sedia, altrimenti sono sicura che il mio istinto omicida avrebbe avuto il sopravvento e mi sarei fiondata a strozzarlo con le mie mani.



« Ti rendi conto di quello che hai combinato questa mattina?, » gli urlo quando ci ritroviamo a casa mia, come ogni sera, in compagnia di Kim e Rosa che ha appena terminato di organizzare una delle ultime sfilate di moda.
« E che cosa ho fatto di male?, » chiede lui con nonchalance mirandosi le unghie.
« Per colpa della tua intrusione non sono riuscita a capire se Ken sarà il mio nuovo assistente. Se solo fossi riuscita a fargli qualche altra domanda in proposito avrei potuto scoprire qualcosa di più, » ribatto decisa.
« Oh, mio Dio! Mi stai descrivendo come un mostro orrendo che si intromette nelle discussioni altrui, » replica con finto volto offeso, poi continua col solito sorrisetto idiota: « Comunque non mi sembra di aver interrotto nulla. Come ho detto mi trovavo per caso a passare di lì e vi ho visti dietro la vetrina del locale, tutto qua ».
E assurdo! Sa benissimo di aver sbagliato, ma certe volte il suo carattere ostinato riesce a ripercuotersi anche sulla nostra amicizia e così finiamo per litigare per tutte le scemenze che combina.
« Cosa stai dicendo? Sai benissimo cosa mi è toccato sopportare per causa tua!, » tuona Kim nella sua direzione, « e non venirmi a dire che non è vero che mi hai trascinata fuori dall'ufficio con la sola intenzione di seguire Lex e Ken durante la pausa pranzo!? ».
« Oh... Ma perché ti scaldi tanto? Forse la regina dei ghiacci travestita da orso Grizzly non ha gradito pranzare in compagnia dei nostri amici?, » ribatte lui con un sorrisino.
Mi basta un attimo per vedere Kim saltare in piedi dal divano dove si era seduta. La sua espressione livida di rabbia è un chiaro segno di quanto sia al limite, prima di esplodere del tutto e avventarsi contro il nostro amico.
Cerco di calmarla, e anche se non è facile, riesce a convincersi che non valga la pena di sporcarsi le mani per un'isterica dai capelli turchini, come è solita soprannominare Al.
Le loro discussioni sono sempre molto accese, e anche se in fondo si voglio davvero bene, quando li capita di litigare non lesinano su qualsiasi genere di insulto. Conoscendoli ho notato però che sono due buoni amici ed entrambi si difendono sempre a vicenda qualora a uno dei due capiti di litigare con qualche estraneo. 
« Comunque, » prosegue lui dopo un po' rivolto a me, « dovresti ringraziarmi cara Lex ».
« Si? E perché mai sentiamo?, » chiedo sarcastica, « perché sei riuscito a rovinare il mio intento di scoprire l'identità del mio assistente? ».
« No, perché a differenza di te ho capito subito che non sarà lui a presentarsi domani da te, » dichiara deciso.
« Dici davvero? E come hai fatto?, » chiediamo in coro io e Rosa, che fino a quel momento era rimasta seduta su una poltrona ad ascoltare in silenzio il resoconto di quella situazione. 
« Sta mentendo ne sono sicura, » sbuffa Kim ancora arrabbiata.
« Ti sbagli mia cara. Sono più che sicuro, invece. Questo perché sono riuscito a leggere il cognome del famigerato assistente di Lex, su uno dei fogli che si trovavano sulla scrivania della direttrice, quando questa mattina le ho portato i bozzetti dei miei nuovi articoli ».
« E perché non hai parlato prima?, » chiede Kim sardonica, « sono convinta che è tutta una balla che ti sei inventato al momento per pararti il culo sulla faccenda del pranzo ».
« No, non è vero! » ribatte lui offeso, « È la pura verità! Solo che non avevo collegato il tutto finché non mi sono ricordato che nessuno al giornale porta quel cognome. Così ho pensato che la direttrice stesse assumendo nuovi giornalisti. Solo che quando Lex ci ha parlato del suo assistente, questo particolare non mi è proprio passato per la mente, ma, quando questo pomeriggio sono tornato a casa, ho avuto un'illuminazione ».
« Eureka!, » ridacchia Kim. 
« Puoi fare a meno di prendermi in giro brutta scorbutica. Almeno io ho scoperto qualcosa, » dice lui incrociando le braccia al petto indispettito.
« D'accordo e allora puoi dirci questo nome? » chiedo.
« In realtà non vi meritereste che ve lo rivelassi, ma dato che sono molto buono, nella mia infinita magnanimità ve lo dirò; si tratta di un certo Lemark » proclama lui con orgoglio.
« Lemark e poi?, » chiediamo curiose in coro io Rosa e Kim. 
« E poi cosa? » ribatte confuso.
« Vogliamo sapere il nome, idiota!, » risponde Kim.
« Mi dispiace ma non ho letto il nome. Era coperto da un altro foglio, » dichiara con un sorriso divertito portandosi una mano dietro la nuca. 
Io e le ragazze restiamo basite di fronte a questa affermazione. Nonostante tutto, finalmente gli animi si placano e riusciamo a passare una serata tranquilla all'insegna del buonumore.
Al e Kim fanno pace e alla fine lui finisce anche per scusarsi con me per il comportamento infantile che aveva avuto a pranzo e ammette di essere stato mosso dalla gelosia nei confronti di Ken.
Gli voglio molto bene e non potrei mai avercela con lui.
Ora resta solo da capire chi sarà il famoso Lemark che si presenterà domani alla mia porta.

 
 


Piccolo spazio... ^v^
Ricciao a tutti miei cari lettori/lettrici.
Questa volta sono davvero in ritardo... >W<
Questo capitolo è stato un vero e proprio parto! ç_ç" Avevo già scritto metà e non sapevo se aggiungere il pezzo della sera... alla fine mi sono decisa e unire le due parti... spero, in questo modo, di introdurre l'assistente nel prossimo capitolo ^v^
Devo, inoltre, esultare... evviva! \(^O^)/ Dopo cinque capitoli sono finalmente riuscita a progredire sul piano temporale e arrivare alla sera senza intoppi... ^-^
Spero che questo nuovo capitolo vi sia piaciuto! 
Devo ringraziare la gentilissima  Giulia908  che ha deciso di mettere nero su bianco i suoi pensieri, e anche la cara Erica19 che di recente ha deciso di spendere un po' del suo tempo iniziando a leggere la mia storia ^^ ne sono felice ^v^ e un ringraziamento sincero va anche tutti coloro che mi seguono in silenzio e che hanno aggiunto questa storia tra le preferite/ricordate/seguite ^-^ mi fa davvero molto piacere sapere che stia piacendo *^*
Anche questa volta rinnovo ciò che ho detto alla fine dello scorso capitolo, invitandovi a partecipare all'iniziativa delle lettere... spero che vi piaccia e spero che parteciperete in tanti ^-*
Per ora vi ringrazio per aver letto e vi do appuntamento al prossimo capitolo ^-^
Un saluto a tutti, e buon fine settimana... "\(^v^)/"
Ina

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